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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n.3810
RIFIUTI - CAVE E MINIERE -
Rifiuti di estrazione - Art. 10 d.lgs. n. 117/08 - Cava dismessa o abbandonata -
Recupero ambientale - Riempimento con rifiuti diversi da quelli di estrazione -
Assoggettabilità alla disciplina di cui al d.lgs. n. 36/2003 - Procedure
semplificate di recupero - D.M. 5 febbraio 1998 - Applicabilità - Esclusione.
Il riempimento di una cava abbandonata o dismessa con rifiuti diversi dai
rifiuti di estrazione deve ritenersi assoggettato -ex art. 10, comma 3, del d.
lgs. n. 117/08- alle disposizioni di cui al d. lgs. n. 36 del 2003, relativo
alle discariche di rifiuti. Nella prospettiva di prevenire la produzione di
rifiuti da destinare allo smaltimento in discarica, l’art. 10 del decreto
legislativo n. 117/08 permette infatti agli operatori di utilizzare i rifiuti di
estrazione, vale a dire i rifiuti prodotti nel corso o a seguito dell’attività
estrattiva, per il riempimento dei vuoti e delle volumetrie causati dalle
escavazioni, subordinando tale possibilità a una serie di condizioni. La scelta
del legislatore delegato concerne il riempimento, con rifiuti di estrazione, di
vuoti e di volumetrie prodotti dall’attività estrattiva. L’art. 10 non distingue
tra cave in esercizio e cave dismesse o abbandonate, tra vuoti e volumetrie (pre)esistenti
e vuoti e volumetrie conseguenti a una attività di cava in esercizio. L’unica
distinzione è quella tra rifiuti di estrazione e rifiuti diversi dai rifiuti di
estrazione. Tutte quelle situazioni nelle quali si trattano rifiuti diversi da
quelli provenienti dalle attività estrattive - relative sia alle cave in
esercizio che alle cave dismesse o abbandonate - devono pertanto essere
assoggettate , a norma del citato art. 10, c. 3, alle disposizioni di cui al d.
lgs. n. 36/03 sulle discariche di rifiuti, non invece alla più favorevole
disciplina di cui al d.m. 5 febbraio 1998 (procedure semplificate di recupero).
Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e Martelli) c.
Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto (avv.ti
Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv.
Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3810
RIFIUTI - Principio della priorità del recupero sullo smaltimento - Natura -
Principio cogente - Esclusione. Il principio di derivazione comunitaria
della priorità del recupero rispetto allo smaltimento in discarica (si vedano
gli articoli 179 e 181 del t. u. n. 152/06)non rappresenta un principio cogente
ma un semplice criterio di priorità dettato dal Legislatore delegato all’azione
della P. A. . Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti,
Peres e Martelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione
Veneto (avv.ti Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre
2009, n. 3810
RIFIUTI - Rifiuti di estrazione - Art. 10 d.lgs. n. 117/08 - Favor normativo
verso il recupero - Rifiuti prodotti durante l’escavazione - Immediato
riutilizzo. Il “favor” normativo verso il recupero di rifiuti si traduce,
nell’art. 10 del d. lgs. n. 117/08, nella possibilità che i rifiuti di
estrazione, prodotti durante l’attività estrattiva, siano, a determinate
condizioni, collocati subito, a mano a mano che l’attività estrattiva prosegue,
nei vuoti creati dall’estrazione, dato che sarebbe irragionevole avviare allo
smaltimento rifiuti di estrazione prodotti durante l’escavazione i quali possano
essere subito riutilizzati nella cava di provenienza. Pres. De Zotti, Est.
Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e Martelli) c. Provincia di Verona
(avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto (avv.ti Zanlucchi e Zanon),
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.)
- TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3810
RIFIUTI - Rifiuti di estrazione - D.lgs. n. 117/08 - D.M. 5 febbraio 1998 -
Rapporto gerarchico. Il decreto legislativo n. 117/08, recante norme sulla
gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, oltre a essere successivo al d.
m. 5 febbraio 1998, in tema di recupero di rifiuti non pericolosi, è fonte di
rango superiore rispetto alla normativa, secondaria e regolamentare, da ultimo
citata. Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e
Martelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto
(avv.ti Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre
2009, n. 3810
N. 03810/2009 REG.SEN.
N. 01063/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1063 del 2009 proposto da:
Teco s.r.l. , in persona del suo legale rappresentante “pro tempore”,
rappresentata e difesa dagli avvocati Luciano Butti, Federico Peres e Andrea
Martelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alvise Biscontin in
Venezia -Mestre, Via Lazzari n. 22/10;
contro
la Provincia di Verona, in persona del suo Presidente “pro tempore”,
rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Sartori e Fausto Scappini, con
domicilio eletto presso lo studio del primo in Venezia -Mestre, Calle del Sale
n. 33;
la Regione Veneto, in persona del Presidente “pro tempore” della Giunta
regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Zanlucchi ed Ezio
Zanon dell’Avvocatura regionale, con domicilio eletto in Venezia, Cannaregio,
23;
il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio , in persona del
Ministro “pro tempore”, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale
dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge in Venezia, San Marco, 63;
il Comune di Verona, n. c. ;
nei confronti di
Carlo Poli, e Roberto Casarin, n. c. ;
per l'annullamento
1)del provvedimento prot. n. 21496 del 26 febbraio 2006, emesso dalla Provincia
di Verona-Settore Ambiente, denominato "archiviazione comunicazione per
iscrizione nel registro provinciale delle aziende che effettuano recupero di
rifiuti non pericolosi in procedura semplificata in loc. Vajo Bisano. Ditta Teco
s.r.l.”; e
2)della nota della Regione Veneto –Direzione Geologia, in data 30 gennaio 2009,
con la quale si comunica alla ricorrente e alla Provincia di Verona che il “sito
in argomento” rientra nella categoria delle “cave abbandonate o dismesse” e che
“tale sito soggiace pertanto alle specifiche normative vigenti in materia e al
d. lgs. n. 117/08 –art. 10”;
visto il ricorso, con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Verona e della
Regione Veneto;
visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del 22 ottobre 2009 il consigliere Marco
Buricelli e uditi per le parti i difensori Federico Peres per la parte
ricorrente, Fausto Scappini per la Provincia di Verona ed Ezio Zanon per la
Regione Veneto; udita inoltre l’avvocato dello Stato Greco per il Ministero
resistente;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1.- La società TECO, impresa operante nel settore del recupero e dello
smaltimento dei rifiuti, espone:
-di avere preso in affitto, nel 2007, una cava di roccia calcarea abbandonata da
circa 25 anni, sita in località Vaio Bisano –Mizzole, nel Comune di Verona (doc.
6 fasc. ric.), e ciò al fine di procedere al recupero ambientale della stessa,
conformemente a quanto previsto dall’art. 5 del d. m. 5 febbraio 1998;
-dopo avere chiesto e ottenuto, dal Comune di Verona, un permesso di costruire
“per recupero ambientale ai sensi del d. m. 5.2.1998” (documenti 7 e 8 fasc.
ric.), evidenzia di avere domandato alla Provincia di Verona, in data 21 agosto
2008, l’iscrizione al registro delle imprese che effettuano il recupero di
rifiuti non pericolosi in regime semplificato ai sensi degli articoli 214 e 216
del d. lgs. n. 152/06 (doc. 9 fasc. ric.), intendendo eseguire il recupero
ambientale su accennato mediante il riempimento della cava dismessa
principalmente con “fanghi disidratati e cocciame, di cui ai codici CER 010408,
010410, 010413, derivanti dai processi di lavorazione del marmo, del granito,
delle pietre naturali e adeguatamente trattati” (v. pag. 20 della relazione
tecnica sul recupero ambientale 3 maggio 2007 –doc. 9 cit.);
-che con nota in data 23 ottobre 2008 il dirigente del Settore Ambiente della
Provincia di Verona ha comunicato l’avvio del procedimento per l’iscrizione
della società nel registro richiedendo a TECO l’integrazione dei documenti e il
pagamento della tassa di iscrizione e che TECO, in data 3 novembre 2008, ha
trasmesso alla Provincia quanto richiesto;
-che con lettera in data 2 dicembre 2008 la Provincia di Verona ha domandato
alla Regione un parere sulla interpretazione da dare all’art. 10, comma 3, del
d. lgs. n. 117 del 2008, il quale recita: “il riempimento dei vuoti e delle
volumetrie prodotti dall'attivita' estrattiva con rifiuti diversi dai rifiuti di
estrazione di cui al presente decreto e' sottoposto alle disposizioni di cui al
decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, relativo alle discariche di
rifiuti”, informando TECO che avrebbe osservato una interpretazione letterale
del citato art. 10, comma 3, così “negando la possibilità di eseguire i recuperi
ambientali di cui all’art. 5 del d. m. 5.2.1998 nelle volumetrie prodotte dalla
attività estrattiva”;
-che, dopo avere acquisito le osservazioni della ricorrente, incentrate sulla
considerazione secondo cui l’art. 10, comma 3, si applicherebbe solo alle cave
in esercizio al momento della entrata in vigore del decreto 117 e non anche a
quelle che, come nel caso di specie, sono dismesse da tempo, la Regione Veneto
–Direzione Geologia, con nota del 30 gennaio 2009 (atto impugnato sub 2), ha
espresso l’avviso che il sito in argomento, il quale costituisce ex sedime di
cava e rientra nella categoria delle “cave abbandonate e dismesse”, soggiace
alla disciplina di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 117/08. A sua volta la
Provincia di Verona –Settore Ambiente, con l’atto impugnato sub 1):
-ha preso atto della nota regionale del 30 gennaio 2009, “che stabilisce che il
sito in oggetto soggiace alle specifiche normative vigenti in materia e all’art.
10 del d. lgs. n. 117/08 in quanto configurabile nella categoria delle “cave
abbandonate o dismesse”; e
-ha soggiunto che “i rifiuti che la ditta intende conferire sono principalmente
(v. relazione tecnica) fanghi disidratati e cocciame derivanti dai processi di
lavorazione del marmo, del granito, delle pietre naturali adeguatamente trattati
(filtropressatura) e terre e rocce da scavo”, tipologie di rifiuti non
ricomprese nei rifiuti da estrazione elencati nell’art. 3, comma 1, lett. d) del
d. lgs. n. 117/08”. Pertanto la Provincia ha comunicato di non potere procedere
all’iscrizione della società nel registro e di dover archiviare l’istanza.
Avverso e per l’annullamento degli atti in epigrafe la ricorrente, con il primo
motivo, sostiene, in sintesi, che Provincia e Regione avrebbero erroneamente
ritenuto di dover applicare al riempimento, con rifiuti diversi dai rifiuti di
estrazione, di una cava dismessa da parecchi anni, quale è quella in località
Vaio Bisano, l’art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 117/08, che sottopone il
riempimento in questione alle disposizioni di cui al decreto n. 36/03, relativo
alle discariche di rifiuti, violando così il principio nazionale, di derivazione
comunitaria, che individua nel recupero la scelta da preferire nella gestione
dei rifiuti. TECO afferma che il citato art. 10, comma 3, sarebbe applicabile
solo alle cave in esercizio al momento della entrata in vigore del decreto n.
117/08, e non a quelle dismesse da tempo. In via subordinata, con la censura sub
2), TECO rileva l’illegittimità dell’impugnato diniego nella parte in cui non è
stata ammessa l’iscrizione della ricorrente quantomeno per il recupero dei
rifiuti di estrazione. Tra le tipologie di rifiuti da ricollocare all’interno
dell’area figurano infatti anche rifiuti di rocce di cave autorizzate,
contraddistinti con i codici CER 10408, 10410 e 10413, rifiuti, questi ultimi,
pari a circa il 5 % del totale dei rifiuti che si volevano utilizzare per il
recupero ambientale. Nel ricorso si legge che “i rifiuti da estrazione
evidentemente sono rifiuti di rocce di cave.
Si sono costituiti in giudizio sia la Provincia di Verona, sia la Regione
Veneto.
La Provincia di Verona:
-ha precisato, in fatto, di avere, nel 2003, approvato il progetto di ripristino
dell’area mediante una discarica di seconda categoria di tipo A, per fanghi
derivanti dalla segagione di pietre; che il progetto prevedeva la realizzazione
di due lotti di discarica; che solo il primo lotto è stato realizzato e che
l’area interessata dal progetto di recupero ambientale della TECO coincide con
il secondo lotto della discarica suddetta, lotto mai realizzato;
-in diritto ha eccepito, in rito, l’inammissibilità del ricorso per carenza di
interesse, in conseguenza della tardività della impugnazione del provvedimento
della Regione Veneto 30 gennaio 2009, nota regionale che, ricevuta dalla
ricorrente il 5 febbraio 2009 e impugnata con ricorso notificato il 29 aprile
2009, avrebbe, secondo la difesa provinciale, un contenuto immediatamente lesivo
dell’interesse perseguito dalla ricorrente medesima. Ad avviso della difesa
provinciale l’inoppugnabilità della nota regionale dovrebbe determinare
l’inammissibilità del ricorso proposto avverso il provvedimento provinciale di
archiviazione del 26 febbraio 2009;
-nel merito, la difesa della Provincia ha controdedotto e ha concluso chiedendo
la reiezione del ricorso.
Mentre l’Avvocatura dello Stato ha svolto una difesa di mera forma, l’Avvocatura
regionale si è costituita, ha eccepito la tardività della impugnazione della
nota regionale del 30 gennaio 2009 e, comunque, la inammissibilità della
impugnazione della nota medesima a causa del carattere non lesivo della stessa.
Nel merito, la difesa regionale ha chiesto il rigetto del ricorso che,
all’udienza del 22 ottobre 2009, è stato discusso e quindi trattenuto in
decisione.
DIRITTO
2.1.- In diritto, e in via preliminare, il collegio ritiene che non sia
necessario prendere posizione in ordine all’eccezione di tardività della
impugnazione della nota regionale del 30 gennaio 2009 (anche se al riguardo non
si potrebbe fare a meno di osservare che chi eccepisce la tardività di un
ricorso deve dimostrare in modo rigoroso che il ricorrente ha avuto piena
conoscenza dell’atto impugnato in un momento anteriore di almeno 60 giorni
rispetto alla notificazione del ricorso stesso; e che nella specie non risulta
smentita, con prova documentale, l’affermazione di TECO in base alla quale la
nota regionale 30 gennaio 2009 è stata allegata alla nota della Provincia del 26
febbraio 2009 ed è stata conosciuta dalla ricorrente solo in occasione della
trasmissione della citata nota Prov. 26 febbraio 2009).
Il collegio può fare a meno di prendere posizione sulla questione di tardività
perché dev’essere dichiarata inammissibile, per carenza di interesse,
l’impugnazione della nota regionale 30 gennaio 2009, attesa la non lesività
della nota stessa. Con la predetta nota, infatti, la Regione si è limitata a
esprimere un mero avviso sul fatto che il sito rientrerebbe nella categoria
delle “cave abbandonate o dismesse”, e sull’assoggettamento del sito medesimo
alla disciplina di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 117/08. Si tratta di
affermazioni che non sono espressione di un provvedimento finale di carattere
autoritativo ma che si concretizzano in un parere, avente natura
endoprocedimentale, che non si trova in un rapporto di presupposizione /
consequenzialità immediata, necessaria e diretta con l’atto della Provincia
impugnato in via principale. Da ciò consegue che l’eventuale annullamento della
nota regionale non arrecherebbe alla ricorrente alcun vantaggio, dato che la
lesione dell’interesse perseguito dalla società TECO discende dal motivato
provvedimento di archiviazione della istanza adottato dal dirigente del Settore
Ambiente dell’Amministrazione provinciale di Verona.
2.2.-Nel merito, il ricorso proposto contro il provvedimento della Provincia è
infondato e va respinto.
La questione principale da risolvere con la presente controversia consiste nello
stabilire se il recupero ambientale di una cava, abbandonata o dismessa, di
roccia calcarea, recupero da eseguire utilizzando rifiuti non pericolosi (fanghi
derivanti dalla lavorazione di marmi), possa essere attuato con procedura
semplificata, come prevede l’art. 5 del d. m. 5 febbraio 1998, o se il
riempimento della cava anzidetta con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione
debba ritenersi assoggettato –ex art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 117/08- alle
disposizioni di cui al d. lgs. n. 36 del 2003, relativo alle discariche di
rifiuti.
La Provincia è dell’avviso che l’art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 117/08,
recante norme sulla gestione dei rifiuti prodotti dalle industrie estrattive,
secondo il quale “il riempimento dei vuoti e delle volumetrie prodotti dall'attivita'
estrattiva con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione di cui al presente
decreto e' sottoposto alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 gennaio
2003, n. 36, relativo alle discariche di rifiuti”, trovi applicazione sia per le
discariche in esercizio al momento della entrata in vigore del decreto, sia per
le cave dismesse. Ad avviso della ricorrente, invece, la disciplina dettata dal
sopra trascritto art. 10, comma 3, non si applica alle cave dismesse, nei
riguardi delle quali continua ad applicarsi la procedura semplificata di cui
all’art. 5 del d. m. 5 febbraio 1998. L’art. 10, comma 3, trova invece
applicazione, in via esclusiva, alle cave in esercizio al momento della entrata
in vigore del decreto n. 117/08, e una sua eventuale applicazione anche alle
cave “dismesse o abbandonate” comporterebbe un’abrogazione implicita del d. m. 5
febbraio 1998 e una violazione del principio, di derivazione comunitaria, che
stabilisce il carattere prioritario del recupero dei rifiuti rispetto allo
smaltimento.
Per una migliore comprensione della questione dibattuta vanno trascritte le
norme rilevanti del d. lgs. n. 117 del 2008. L’art. 10 del decreto citato
dispone che:
-comma 1 “L’utilizzo, a fini di ripristino e ricostruzione, dei rifiuti di
estrazione per la ripiena di vuoti e volumetrie prodotti dall'attività
estrattiva superficiale o sotterranea e' possibile solo qualora:
a) sia garantita la stabilità dei rifiuti di estrazione ai sensi dell'articolo
11, comma 2;
b) sia impedito l'inquinamento del suolo e delle acque di superficie e
sotterranee ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 4;
c) sia assicurato il monitoraggio dei rifiuti di estrazione e dei vuoti e
volumetrie prodotti dall'attività estrattiva ai sensi dell'articolo 12, commi 4
e 5”;
-comma 2 “Il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 deve risultare dal
piano di gestione dei rifiuti di estrazione di cui all'articolo 5, approvato
dall'autorità competente”;
-comma 3 “Il riempimento dei vuoti e delle volumetrie prodotti dall'attività
estrattiva con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione di cui al presente
decreto e' sottoposto alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 gennaio
2003, n. 36, relativo alle discariche di rifiuti”.
Nella prospettiva di prevenire la produzione di rifiuti da destinare allo
smaltimento in discarica, l’art. 10 del decreto n. 117/08 permette agli
operatori di utilizzare i rifiuti di estrazione, vale a dire i rifiuti prodotti
nel corso o a seguito dell’attività estrattiva, per il riempimento dei vuoti e
delle volumetrie causati dalle escavazioni, subordinando però tale possibilità a
una serie di condizioni. La scelta del legislatore delegato concerne il
riempimento, con rifiuti di estrazione, di vuoti e di volumetrie prodotti
dall’attività estrattiva.
L’art. 10 sopra trascritto, intitolato, in modo assai generico, “vuoti e
volumetrie prodotti dall’attività estrattiva”, non sembra distinguere in alcun
modo, nemmeno nel comma 3, tra cave in esercizio e cave dismesse o abbandonate,
tra vuoti e volumetrie (pre)esistenti e vuoti e volumetrie conseguenti a una
attività di cava in esercizio. L’unica distinzione presente nell’art. 10 è
quella tra rifiuti di estrazione e rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione. La
norma che assoggetta il riempimento alle disposizioni del decreto n. 36 del 2003
sulle discariche di rifiuti si applica perciò ai “vuoti di cava” relativi sia
alle cave in esercizio, sia alle cave dismesse o abbandonate. Del resto,
parrebbe illogico, oltre che contrario alla lettera della norma, interpretare
l’espressione “riempimento” (o “ripiena”) “di vuoti o di volumetrie prodotti
dall’attività estrattiva” (cfr. art. 10, commi 1 e 3) ritenendo l’espressione
stessa riferibile, in via esclusiva -e in maniera restrittiva- a una attività
estrattiva in corso: è invece vero che i rifiuti in questione devono essere
prodotti della attività estrattiva, e ciò indipendentemente dal periodo in cui
tale attività sia stata svolta.
La tesi interpretativa propugnata dalla ricorrente condurrebbe alla
irragionevole conclusione secondo cui, mentre durante l’attività di cava i
rifiuti di estrazione dovrebbero –e devono, difatti- essere trattati nel
rispetto delle condizioni previste dal d. lgs. n. 117/08, una volta terminata la
coltivazione il sito di cava dismesso potrebbe essere recuperato con rifiuti
anche diversi dai rifiuti di estrazione, potendosi fare ricorso alla procedura
semplificata di cui al d. m. 5 febbraio 1998. In altre parole, seguendo
l’impostazione argomentativa della ricorrente si finirebbe con il riconoscere
l’applicabilità di una normativa di favore (il d. m. del 1998 sulle procedure
semplificate di recupero) a situazioni che riguardano rifiuti diversi da quelli
conseguenti alle attività estrattive. Invece, come correttamente osserva la
difesa provinciale, è vero il contrario, vale a dire che tutte quelle situazioni
nelle quali si trattano rifiuti diversi da quelli provenienti dalle attività
estrattive devono essere assoggettate alle disposizioni di cui al d. lgs. n.
36/03 sulle discariche di rifiuti.
Non appare inutile aggiungere che l’art. 2, comma 6, del d. lgs. n. 117/08
prevede che ai rifiuti disciplinati dallo stesso decreto n. 117/08 (vale a dire
ai rifiuti di estrazione) non si applicano le disposizioni di cui al d. lgs. n.
36 del 2003, relativo alle discariche di rifiuti. Argomentando a contrario, se i
rifiuti disciplinati dal decreto n. 117/08 sono solo i rifiuti di estrazione (conf.
art. 2, comma 1, e art. 3, comma 1, lett. d) d. lgs. cit.), se ne deduce che a
tutti gli altri rifiuti, compresi quelli, diversi dai rifiuti di estrazione,
oggetto della domanda della ricorrente, si applica la disciplina sulle
discariche.
Quanto all’asserito contrasto con il principio, di derivazione comunitaria,
volto a preferire il recupero rispetto allo smaltimento in discarica (si vedano
gli articoli 179 e 181 del t. u. n. 152/06), si ritiene che la priorità del
recupero non rappresenti un principio cogente ma un semplice criterio di
priorità dettato dal Legislatore delegato all’azione della P. A. . E’ l’art. 178
del t. u. n. 152 del 2006, al comma 3, che elenca quelli che sono i principi in
materia ambientale: principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità,
di responsabilizzazione e di cooperazione, e il principio “chi inquina paga”. Il
“favor” normativo verso il recupero si traduce, nell’art. 10 del d. lgs. n.
117/08, consentendo che rifiuti di estrazione, prodotti durante l’attività
estrattiva possano, a determinate condizioni, essere collocati subito, a mano a
mano che l’attività estrattiva prosegue, nei vuoti creati dall’estrazione, dato
che sarebbe irragionevole avviare allo smaltimento rifiuti di estrazione
prodotti durante l’escavazione i quali possano essere subito riutilizzati nella
cava di provenienza. In ogni caso, l’interpretazione data dalla Provincia di
Verona al citato art. 10, comma 3, comporta, tutt’al più, una riduzione del
campo di applicazione del d. m. 5 febbraio 1998, atteso che il riempimento dei
vuoti e delle volumetrie prodotti dalla attività estrattiva con rifiuti di
estrazione potrà continuare a costituire attività di recupero di rifiuti
soggetta a una disciplina diversa da quella delle discariche.
Ancora sull’asserzione secondo la quale l’interpretazione seguita dalla
Provincia implicherebbe “una implicita e tacita parziale abrogazione del d. m. 5
febbraio 1998”, occorre poi rilevare che il decreto n. 117/08, recante norme
sulla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, oltre a essere successivo
al d. m. 5 febbraio 1998, in tema di recupero di rifiuti non pericolosi, è fonte
di rango superiore rispetto alla normativa, secondaria e regolamentare, da
ultimo citata.
Neppure il richiamo alla disciplina transitoria di cui all’art. 21, commi da 1 a
3, del decreto n. 117/08, appare pertinente alla fattispecie in esame, atteso
che le disposizioni transitorie suindicate si riferiscono in via esclusiva alle
strutture di deposito dei rifiuti di estrazione e non a strutture di deposito di
rifiuti diversi da quelli di estrazione, con riferimento ai quali l’art. 10,
comma 3, del decreto medesimo rimanda alla disciplina sulle discariche.
Ugualmente erronea appare la rilevata contraddizione con la Direttiva
2006/21/CE, in quanto anche tale normativa si riferisce in via esclusiva alla
gestione dei rifiuti di estrazione.
In sostanza, ad avviso del collegio la società ricorrente procede in maniera
indebita a circoscrivere l’ambito applicativo del citato art. 10, comma 3.
Il richiamo, fatto dalla difesa della ricorrente, alla violazione del principio
di irretroattività di cui all’art. 11 delle preleggi (“la legge non dispone che
per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”), principio che “preclude la
possibilità di applicare una disciplina sopravvenuta a situazioni che abbiano
già esaurito i loro effetti al momento della entrata in vigore”, è improprio.
Nella specie non si tratta di applicare una disciplina sopravvenuta a situazioni
che hanno esaurito i propri effetti, ma di regolamentare una attività attuale
(quella di riempimento). Appare evidente che, qualora un soggetto intendesse
riempire vuoti estrattivi con rifiuti (di estrazione, o diversi dai rifiuti di
estrazione, qui poco importa), l’azione e i suoi effetti inizierebbero a
prodursi a partire dal conferimento, e verrebbero quindi assoggettati alla
disciplina del tempo in cui l’azione si compie. L’applicazione dell’art. 10 del
decreto n. 117/08 non presuppone quindi una verifica sulla circostanza che
l’attività estrattiva sia ancora in corso al momento della entrata in vigore
della norma, ma implica unicamente la verifica che i rifiuti (di estrazione –v.
commi 1 e 2-, o diversi dai rifiuti di estrazione –v. comma 3) vadano a riempire
vuoti creati da un’attività estrattiva, indipendentemente dal periodo in cui
tale attività sia stata svolta.
Sempre con il primo motivo la ricorrente deduce, poi, la violazione del
principio del legittimo affidamento in quanto, con nota del 23 ottobre 2008 (sub
doc. 10 fasc. ric.), il Settore Ambiente dell’Amministrazione provinciale,
nonostante fosse già entrato in vigore il decreto n. 117/08, aveva chiesto a
TECO di integrare il pagamento dei diritti di iscrizione nel registro, richiesta
che –sostiene la ricorrente- “si pone(va) in contrasto con la determinazione poi
adottata”. “Ciò ha ingenerato –prosegue TECO- un legittimo affidamento sulla
possibilità di ottenere l’iscrizione nel registro … affidamento poi frustrato”
dalla comunicazione del 2 dicembre 2008 dei motivi ostativi all’iscrizione al
registro suddetto.
Per superare anche il profilo di censura appena riassunto è sufficiente
rilevare:
-che la ricorrente avrebbe potuto, caso mai, porre una questione di tutela
dell’affidamento soltanto se la Provincia, dopo avere iscritto TECO nel
registro, avesse deciso di revocare l’iscrizione;
-che l’invito della Provincia a integrare la documentazione e a pagare i diritti
di iscrizione, oltre a essere intervenuto poco tempo dopo l’entrata in vigore
del decreto n. 117/08, presupponeva che l’affare si trovasse, come difatti è
rimasto, in fase istruttoria, il che non consente di parlare fondatamente di
legittimo affidamento frustrato in modo ingiustificato.
Appare quasi inutile rilevare, inoltre, che il fatto che altre amministrazioni
provinciali (Ravenna, a quanto consta –v. allegati 4 e 5 fasc. ric.) abbiano
interpretato la norma in modo differente da quanto è stato fatto dalla Provincia
di Verona non rende per ciò solo illegittime decisioni di segno diverso prese
dalla Provincia di Verona.
Circa la questione di legittimità costituzionale alla quale TECO accenna a
pagina 20 del ricorso, si osserva che la difesa della ricorrente non ha
descritto la fattispecie in modo sufficientemente preciso e non ha indicato con
esattezza le norme che ritiene violate, il che è di ostacolo a un esame della
questione nel merito.
In subordine la ricorrente sostiene che, anche aderendo alla interpretazione
proposta dalla Provincia, quest’ultima avrebbe perlomeno dovuto autorizzare in
via semplificata l’iscrizione della TECO nel registro per consentire alla stessa
di riempire i vuoti e le volumetrie della ex cava almeno con rifiuti di
estrazione, tra i quali figurano anche i rifiuti di rocce di cave autorizzate.
Nel ricorso si osserva che i rifiuti di rocce di cave autorizzate,
contraddistinti con i codici CER nn. 010408, 010410 e 010413, sono rifiuti da
estrazione. In base a quanto si legge a pag. 20 ss. della relazione tecnica sub
alleg. 9 fasc. ric. , i rifiuti suddetti rappresentato il 5 % circa del totale
dei rifiuti che TECO intende utilizzare per il recupero ambientale (circa 15.000
t/a su un totale di “quantità massime impiegabili” di circa 282.000 t/a).
Quantomeno con riferimento a questa categoria di materiali l’attività di TECO
avrebbe dovuto essere autorizzata in via semplificata.
Il profilo di censura sopra riassunto va respinto non provenendo, i rifiuti da
ultimo menzionati, dallo stesso sito estrattivo del cui recupero si tratta o,
comunque, non risultando che i rifiuti suddetti provengano proprio dal sito
interessata dalla proposta di recupero ambientale.
In conclusione, il recupero ambientale potrà avvenire osservando la normativa
prevista per le discariche di rifiuti.
Per tutte le ragioni su esposte il ricorso dev’essere in parte dichiarato
inammissibile (v. p. 2.1. ) e in parte respinto (v. p. 2.2.).
Le spese di causa possono essere integralmente compensate, attesa la novità
della questione.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione terza,
definitivamente decidendo sul ricorso in premessa, in parte lo dichiara
inammissibile (v. p. 2.1. ) e in parte lo rigetta (v. p. 2.2.).
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 22 ottobre 2009 con
l’intervento dei magistrati
Angelo De Zotti, Presidente
Elvio Antonelli, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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