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1974-9562
T.A.R. VENETO, Sez. I - 13 marzo 2009, n. 596
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Silenzio assenso -
Potere di annullamento - Art. 20 L.n. 241/1990 - Art. 21 nonies L.
n.241/1990. Il nuovo testo dell’art. 20 della L.n. 241/1990, al comma 3,
esplicitamente accoglie il principio che il silenzio assenso, formatosi per
decorso del tempo prescritto dall'inoltro dell'istanza, non può essere
considerato dall'Amministrazione tamquam non esset, ma può formare
oggetto di provvedimenti caducatori nella via dell'autotutela (cfr. Cons. Stato
n.1339/2007). Pertanto, in una fase successiva alla formazione del
silenzio-assenso, l’amministrazione resistente può intervenire soltanto
attraverso l’esercizio di un potere di annullamento (o di revoca, art. 21-quinquies,
della legge n. 241/90), così come previsto dall’art. 20, con l’avvertenza che
tale forma di potere, in sede di autotutela decisoria, deve essere esercitata
secondo il dettato del nuovo art. 21 nonies (richiamato dal 3° comma dell’art.
20), entro un ragionevole lasso di tempo, tenendo altresì conto di uno specifico
interesse pubblico alla rimozione della situazione delineatasi con il
silenzio-assenso, nonché degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.
Pres. De Zotti, Est. Perrelli - Z. s.a.a. (avv.ti Zuccolo e Sacchetto) c. Comune
di Venezia (avv.ti Gidoni, Morino, Iannotta, Ballarin, Ongaro e Venezian).
T.A.R. VENETO, Sez. III - 13/03/2009, n. 596
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Ric. n. 280/2009
Sent.n. 596/09
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione, con
l’intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti Presidente
Elvio Antonelli Consigliere
Marina Perrelli Referendario, relatore
ha pronunciato, nella forma semplificata di cui agli artt. 21 e 26 della legge 6
dicembre 1971, n. 1034, la seguente
SENTENZA
nel giudizio introdotto con il ricorso n. 280/2009 proposto da ZAMBON S.A.S. di
A. ZAMBON & C., in persona del socio accomandatario e legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Zuccolo e Stefano Sacchetto,
con elezione di domicilio presso il loro studio, in Venezia – Mestre, via Giosuè
Carducci n. 45;
CONTRO
Il Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Giulio Gidoni, Maddalena M. Morino, Antonio Iannotta, Maurizio
Ballarin, Nicoletta Ongaro e Giuseppe Venezian della Civica Avvocatura di
Venezia, con elezione di domicilio nella sede Municipale;
e nei confronti di
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro
tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 418927 del 7 ottobre 2008, notificato in data
03.11.2008, con il quale è stata rigettata la richiesta di occupazione di suolo
pubblico per l’installazione di due ombrelloni nel plateatico esistente in
Venezia, San Polo n. 2024;
in parte qua delle deliberazioni della Giunta Comunale di Venezia n. 442 del 10
luglio 2003, n. 380 del 15 luglio 2005, n. 422 dell’ 11 luglio 2008, nonché
delle deliberazioni dei Consigli di Quartiere ivi richiamate;
in parte qua del Regolamento Comunale per il canone di occupazione spazi ed aree
pubbliche ( COSAP) approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 35
dell’8 e 9 marzo 1999, come successivamente modificato ed integrato;
dei pareri del Servizio spazi urbani prot. n. 333143 del 6 agosto 2008 e prot.
n. 410979 del 30 settembre 2008, della comunicazione ex art. 10 – bis della
Legge 241/1990, prot. n. 338793 dell’11 agosto 2008;
visto il ricorso, notificato il 30 dicembre 2008 e depositato presso la
Segreteria il 28 gennaio 2009, con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;
visti gli atti tutti di causa;
uditi all’udienza camerale dell'11 febbraio 2009 (relatore il Referendario
Marina Perrelli), l’avv. Zuccolo per la parte ricorrente e Venezian per il
Comune di Venezia;
considerato che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in
epigrafe, il Presidente del Collegio ha comunicato alle parti come, all’esito,
avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, ex artt. 21, XI
comma, e 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, e queste non hanno
espresso rilievi o riserve;
ritenuto che sussistono effettivamente i presupposti per pronunciare tale
sentenza nei termini come di seguito esposti:
FATTO E DIRITTO
La società ricorrente, titolare di un esercizio di somministrazione di alimenti
e bevande nei locali ubicati in Venezia, San Polo 2024, chiedeva il 19 marzo
2008 di potere installare due ombrelloni parasole su una porzione del plateatico
già in concessione e occupata da tavoli e sedie.
Il 15 settembre 2008 l’Amministrazione comunicava, ai sensi dell’art. 10 bis
della legge n. 241/1990, i motivi ostativi all’accoglimento della domanda in
conformità con il parere negativo del Servizio spazi urbani del 6 agosto 2008
secondo il quale la richiesta era in contrasto con la delibera di Giunta n. 422
dell’11 luglio 2008 che vieta le nuove occupazioni e gli ampliamenti delle
concessioni di suolo pubblico nei percorsi turistici.
Quindi, il 3 novembre 2008, nonostante le osservazioni della società ricorrente
contenute nelle memorie difensive presentate a seguito del preavviso di rigetto,
l’Amministrazione notificava alla Zambon s.a.s. il diniego gravato.
La società ricorrente deduce l’illegittimità del richiamato diniego, nonché
delle delibere, dei regolamenti e dei pareri presupposti sotto molteplici
profili: 1) per violazione dell’art. 20 della legge n. 241/1990 in combinato
disposto con l’art. 5 del regolamento C.O.S.A.P. poiché il decorso del termine
di sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza previsto dalle richiamate
disposizioni ha determinato la formazione del silenzio assenso sulla richiesta
con la conseguente necessità di provvedere al previo annullamento, in via di
autotutela, del provvedimento implicito per potere poi emettere il diniego; 2)
per eccesso di potere per difetto del presupposto, per travisamento dei fatti e
per illogicità, nonché per falsa ed erronea applicazione delle delibere della
Giunta comunale n. 442/2003, 380/2005 e 422/2008 giacché l’accoglimento
dell’istanza non avrebbe avuto alcuna incidenza sul traffico pedonale dal
momento che gli ombrelloni sarebbero stati installati a copertura di tavoli e
sedie collocate nel perimetro del plateatico già assentito; 3) per illegittimità
derivata dalle deliberazioni della Giunta comunale n. 442/2003, 380/2005 e
422/2008, nonché per eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta
poiché la domanda presentata dalla società ricorrente non è qualificabile né
come nuova concessione di suolo pubblico, né come ampliamento della preesistente
concessione in assenza di qualsiasi aumento di superficie, quanto piuttosto
integra una rimodulazione del precedente titolo; 4) per illegittimità derivata
dalle deliberazioni della Giunta comunale n. 442/2003, n. 380/2005 e n.422/2008
e dalle delibere del Consiglio di Quartiere richiamate giacché la Giunta
comunale ha recepito i criteri elaborati dai Consigli di Quartiere per il
rilascio delle concessioni di suolo pubblico in violazione degli artt. 42 e 48
del T.U.E.L. che attribuiscono la competenza ad emanare i regolamenti al
Consiglio comunale, salvo che per le materie tassativamente elencate; 5) per
violazione degli artt. 3 e 10 bis della legge n. 241/1990 perché
l’amministrazione comunale ha omesso di indicare nel provvedimento finale le
ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate dalla società
ricorrente; 6) per violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, nonché per
eccesso di potere per contraddittorietà, per perplessità e per difetto del
presupposto poiché il diniego gravato è motivato per relationem rispetto al
parere negativo reso dal Servizio spazi urbani, senza dare conto delle ragioni
per le quali vengono disattesi i pareri favorevoli della Sopraintendenza e della
Polizia Municipale.
Il Comune di Venezia, ritualmente costituitosi in giudizio, ha concluso per la
reiezione del ricorso.
Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento per quanto rilevato nel primo
motivo di censura.
Con tale motivo viene dedotta la violazione dell’art. 20 della legge n. 241/90
poiché, essendo stata presentata l’istanza per la concessione del plateatico in
data 19 marzo 2008, e cioè quasi sette mesi prima dell’atto di diniego
impugnato, emesso il 7.10.2008, la società ricorrente ritiene che, in
considerazione del decorso del termine di 60 giorni previsto dall’art. 5, 7 °
comma, del Regolamento comunale COSAP, il detto procedimento si sia
positivamente concluso con la formazione implicita dell’atto concessorio.
Conseguenza immediata e diretta di tale affermazione è l’impossibilità per
l’amministrazione di pronunciarsi una seconda volta sulla medesima istanza,
residuando in capo ad essa, semmai, le eventuali determinazioni riconducibili al
potere di autotutela, esercitabile secondo le prescrizioni dell’art. 21
quinquies e dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990.
Come già affermato da questo stesso Tribunale nella recente sentenza
n.1400/2008, attraverso l’istituto del c.d. silenzio-assenso, previsto dall’art.
20 della legge sul procedimento amministrativo, l’ordinamento fa discendere
dall’inerzia dell’amministrazione la formazione di quell’assetto di interessi
previsto soltanto in astratto dalla legge e al quale il privato concretamente
aspira con la propria istanza.
Il meccanismo che è sotteso a tale istituto prevede, com'è noto, che la
presentazione da parte del privato di un’istanza alla P.A., ove non seguita
entro un termine prestabilito dall’adozione da parte di quest’ultima di un
provvedimento espresso, si converta in un assenso all’istanza medesima.
Invero, la generale applicazione del silenzio-assenso introdotta con la novella
della legge n. 80/2005 ha radicalmente capovolto la prospettiva risultante dal
quadro normativo precedente, nel quale si era demandato ad un atto di normazione
secondaria (il DPR n. 300/92) la individuazione delle fattispecie alle quali
applicare il meccanismo di semplificazione amministrativa di cui si tratta, con
la conseguenza che, nelle ipotesi non espressamente previste, il privato che
aspirasse ad un provvedimento esplicito, a fronte dell’inerzia
dell’amministrazione, conservava la possibilità di proporre ricorso avverso il
c.d. silenzio-rifiuto (o silenzio-inadempimento).
Se dunque, dapprima, il meccanismo di cui all’art. 20 poteva essere considerato
un’eccezione al principio della conclusione del procedimento mediante
provvedimento espresso (art. 2, c. 1, legge n. 241/90) ed era ammesso solo in
ipotesi tassativamente determinate, ora con la legge n. 80/2005, esso diviene
una regola generale, mentre sono divenute tassative le eccezioni a tale regola.
Del resto tale sovvertimento di prospettiva, in forza del quale il comportamento
omissivo della P.A. viene equiparato all’atto di accoglimento dell’istanza del
privato, si inferisce agevolmente dalla piana lettura del novellato art. 20
della legge n. 241/90, che prevede l’applicazione del silenzio – assenso “nei
procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti
amministrativi” (comma 1), di guisa che il riferimento alla macrocategoria del
“provvedimento amministrativo” appare comprensivo di tutti gli atti di natura
autorizzatoria, con la sola esclusione di quelle fattispecie relative a beni
sottoposti al vincolo storico-artistico e al vincolo paesaggistico,
all’adempimento di obblighi internazionali e alla tutela di interessi pubblici
fondamentali, legati all’igiene, all’incolumità ed alla sicurezza pubblica (
art. 20, 4° comma).
Ne consegue che la generale applicazione del silenzio-assenso, introdotta con la
novella della legge n. 80/2005, nonché la sicura esclusione del provvedimento
gravato da quelli oggetto della deroga prevista dal comma 4 dell’art. 20 della
legge n. 241/1990, consentono di ritenere che nella fattispecie in esame con il
decorso del termine previsto dall’art. 5, comma 7, del Regolamento C.O.S.A.P. si
sia formato il provvedimento concessorio.
Né valgono ad inficiare tale conclusione le obiezioni dell’Amministrazione
comunale resistente secondo la quale, nel caso di specie, il silenzio assenso
non si sarebbe formato poiché il termine di sessanta giorni di cui al citato
art. 5 del Regolamento C.O.S.A.P. sarebbe stato sospeso una prima volta dal 28
marzo 2008, data di richiesta del parere alla Sopraintendenza, al 2 luglio 2008,
data di ricezione del predetto parere, ed una seconda volta per la presentazione
delle osservazioni ai sensi dell’art. 10 bis, avvenuta il 24 settembre 2008.
In realtà, dato per certo che la domanda di installazione dei due ombrelloni è
stata presentata il 19 marzo 2008, e per pacifica l’interruzione del termine dal
28 marzo 2008 al 2 luglio 2008 per attendere il parere della Sopraintendenza e
dal 15 settembre 2008, data di notifica del preavviso di rigetto ex art. 10 bis
della legge 241/1990, al 24 settembre 2008, data di presentazione delle relative
osservazioni, il termine di sessanta giorni, sommando i periodi intermedi,
risulta ampiamente decorso.
Ne discende, dunque, che il tardivo diniego risulta tecnicamente inconfigurabile
alla luce del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art 20 più volte
menzionato, e ciò a prescindere dalla valutazione sulla conformità a legge o
meno della domanda del privato. In tal caso, infatti, come correttamente
sostenuto da parte ricorrente, l’unica strada percorribile dall’amministrazione
è, in astratto, quella dell’annullamento d’ufficio degli effetti del silenzio.
Manifestazione di volontà che, in ogni caso, non potrebbe essere incorporata in
un tardivo provvedimento di diniego poiché come ribadito anche recentemente dal
Consiglio di Stato “il nuovo testo (dell’art. 20) al comma 3 esplicitamente
accoglie il principio, già enunciato dalla giurisprudenza, che il silenzio
assenso, formatosi per decorso del tempo prescritto dall'inoltro dell'istanza,
non può essere considerato dall'Amministrazione tamquam non esset, ma può
formare oggetto di provvedimenti caducatori nella via dell'autotutela” (cfr.
Cons. Stato n.1339/2007).
Pertanto, in una fase successiva alla formazione del silenzio-assenso,
l’amministrazione resistente sarebbe potuta intervenire soltanto attraverso
l’esercizio di un potere di annullamento (o di revoca, art. 21-quinquies, della
legge n. 241/90), così come previsto dall’art. 20, con l’avvertenza che tale
forma di potere, in sede di autotutela decisoria, deve essere esercitata secondo
il dettato del nuovo art. 21 nonies (richiamato dal 3° comma dell’art. 20),
entro un ragionevole lasso di tempo, tenendo altresì conto di uno specifico
interesse pubblico alla rimozione della situazione delineatasi con il
silenzio-assenso, nonché degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.
Infatti, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, sin da prima
della citata novella alla legge n. 241/1990, gli atti di autotutela (sia
l’annullamento che la revoca) sono stati in generale assoggettati ad alcune
limitazioni fra le quali la necessità dell’esistenza e della puntuale
indicazione in motivazione di specifiche ragioni di interesse pubblico alla
rimozione dell’atto, nonché della considerazione, in sede di ponderazione degli
interessi pubblici e privati coinvolti, del legittimo affidamento del
destinatario dell’atto successivamente rimosso in via di autotutela (Cons.
Stato., Sez. IV, 31 ottobre 2006 n. 6465; Cons. Stato, Sez. V, 11 ottobre 2005
n. 5479; Cons. Stato, Sez. V, 24 settembre 2003, n. 5444; Cons. Stato, Sez. V, 2
settembre 2002, n. 3492.).
Alla luce delle premesse sin qui svolte deve, quindi, dichiararsi illegittimo il
diniego emanato dall’amministrazione resistente in quanto tardivamente adottato,
dovendosi a tal fine considerare perentorio il termine indicato dal regolamento
C.O.S.A.P. di 60 giorni.
Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso discende, per il suo effetto
dirimente, l’annullamento del provvedimento di diniego gravato, con la
conseguenza che risultano assorbite le ulteriori censure sollevate dalla società
ricorrente.
Appaiono sussistere, infine, giusti motivi, in considerazione della relativa
novità delle questioni giuridiche affrontate, per compensare integralmente tra
le parti le spese di lite.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per
l’effetto, annulla il provvedimento prot. 418927, emesso il 7.10.2008.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio dell'11 febbraio 2009.
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