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TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. II penale - 18 maggio 2009, n. 438



URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione Calabria - L.R. n. 7/98 - Costruzioni in zone sismiche - Controllo successivo a campione - D.P.R. n. 380/2001 - Principio del controllo preventivo - Implicita abrogazione della normativa regionale - Conseguenze sul piano penale. E’ implicitamente abrogata la disciplina di cui alla legge regionale n. 7/98 (R.Calabria), "procedure semplificate per le costruzioni in zone sismiche, fra cui l'abolizione di ogni autorizzazione preventiva, sostituita dal controllo successivo alla costruzione, con metodi a campione e a sorteggio", per contrasto insanabile con la legge statale successiva (artt. 93, 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001) che introduce la regola del controllo preventivo per tutte le costruzioni eseguite in zona sismica - la cui realizzazione deve essere necessariamente preceduta da specifica autorizzazione - la cui inosservanza è sanzionata penalmente. Nei confronti del responsabile dell’Ente territoriale, sono ravvisabili gli estremi del reato di rifiuto di atti d’ufficio per ragioni di sicurezza pubblica, a cui è ovviamente sottesa la normativa statale antisismica, qualora non osservi la regola del controllo preventivo per ogni singola costruzione, così come imposto dalla legge statale. Nei confronti dell’autore dell’opera edilizia, che abbia comunque osservato la prassi applicativa, seguita dagli uffici regionali, di ritenete ancora applicabili i dettami della legge n. 7 del 1998, al più può invocarsi la buona fede. Al contrario, ove quest’ultimo abbia realizzato l’opera senza neppure formalizzare la denuncia di inizio lavori, è da escludere il ragionevole affidamento, non avendo costui neppure osservato la prassi derivante dalla protratta applicazione della disciplina ormai abrogata. Giud. Branda - Imp. Belsito. Tribunale di Cosenza, Sez.II penale - 18/05/2009, n. 438

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Lavori edili in zona sismica - Artt. 93 e 94 d.P.R. n. 380/2001 - Permanenza - Termine - Individuazione. Il reato di cui agli artt. 93 e 95 D.P.R 380/2001 permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la denuncia del lavoro con l'allegato progetto, ovvero non termina il lavoro medesimo. Sino a questo momento, infatti, persiste la lesione o l'offesa al bene giuridico protetto, perché il competente ufficio tecnico regionale - non essendo informato dei lavori - non è messo in grado di controllarne la conformità alle norme tecniche stabilite al riguardo. Per la stessa ragione, sino a questo momento persiste il carattere antigiuridico della condotta mista (commissiva/omissiva) del contravventore, il quale potrà farla cessare solo interrompendo i lavori o presentando la denuncia anche dopo l'inizio dei medesimi. In altri termini, secondo un argomento spesso utilizzato nella soggetta materia, attesa la ratio della norma, il dovere di agire imposto dall'art. 93 perdura nel tempo anche dopo l'inizio dei lavori, benché cominci a essere vincolante prima di tale inizio. Il reato di cui agli artt. 94 e 95 D.P.R. 380/2001, invece, permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica (che non sia di bassa sismicità) termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Sino a questo momento, infatti, persiste il carattere antigiuridico della condotta commissiva del contravventore, che prosegue lavori non autorizzati. Così come perdura la lesione dell'interesse pubblico ad esercitare un preventivo controllo, perché il competente ufficio tecnico regionale non è messo in grado di verificare la conformità dei lavori alle norme tecniche di sicurezza stabilite per le zone sismiche di media o alta intensità. Giud. Branda - Imp. Belsito. Tribunale di Cosenza, Sez.II penale - 18/05/2009, n. 438

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


Sentenza Tribunale di Cosenza, seconda sezione penale, n. 438/09 del 7/05/2009, depositata il 18/5/09, nei confronti di Belsito Vincenzo

Imputato
a) del reato di cui agli artt. 81 cpv, 64, commi 2 e 3, 71 DPR 380/01, per aver realizzato a ridosso di un proprio fabbricato, un terrazzo di circa 18 mq, previa messa in opera di sei pilastri in cemento armato, senza aver fatto redigere un progetto esecutivo e dirigere i lavori da un tecnico abilitato.
b) Del reato di cui agli artt. 65 e 72 DPR 380/01, per aver intrapreso i lavori descritti nel capo a), senza preventiva denuncia al competente sportello unico per l’edilizia.
c) Del reato di cui agli artt. 93 - 94 - 95 DPR 380/01 perche iniziava in zona sismica i lavori descritti nel capo a) senza denuncia alo sportello unico per l’edilizia e senza preventiva autorizzazione scritta dell’Ufficio Tecnico regionale.
Accertati in Acri, v. della Repubblica, il 7 gennaio 2006

 

Motivazione
 

In fatto e diritto. Il signor Belsito Vincenzo é stato tratto a giudizio, imputato dei reati previsti dagli articoli 93 e 94 (in relazione all'articolo 95) e 64 e 65 (in relazione all’art.72) del d.p.r. 380/01, per aver realizzato, in zona sismica, un terrazzo di mq 18, sostenuto da 6 pilastri in cemento armato, omettendo di far redigere un progetto esecutivo, affidare i lavori ad un tecnico abilitato e farne denuncia al competente sportello unico per l'edilizia e, comunque, in assenza di alcuna autorizzazione scritta da parte del competente ufficio tecnico della Regione.

Il processo è stato istruito con la testimonianza di Ventarola Antonio, in servizio presso la Polizia municipale di Acri, del geometra Pantusa Salvatore, in servizio presso il settore tecnico regionale, e di Baffi Gennaro, indicato dalla difesa; inoltre con l'acquisizione del fascicolo fotografico, dell’ordine di demolizione e del successivo permesso di costruire in sanatoria.
All'esito il Pubblico ministero ha concluso nel senso dell’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione; la difesa ha invece richiesto l'assoluzione con la formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Ritiene il Tribunale che sia stata provata la colpevolezza del Belsito in ordine ai reati a lui ascritti.
E’ pacifico, per averlo dichiarato il teste d’accusa Ventarola, e riconosciuto lo stesso teste della difesa, che Belsito Vincenzo abbia realizzato in zona sismica, un terrazzo sostenuto da sei pilastri in cemento armato in sopraelevazione del preesistente solaio accorpato al fabbricato principale di sua proprietà.
I lavori, al momento del sopralluogo in data 7 gennaio 2006 non erano ancora ultimati; il successivo 8 febbraio il Comune di Acri ha ordinato la demolizione del manufatto abusivo; quindi, in data 25 settembre 2006, lo stesso Comune ha rilasciato il permesso di costruire in sanatoria.

L’esatta consistenza delle opere è rappresentata fedelmente dalle foto allegate al verbale di udienza del 5 febbraio 2009, realizzate al momento del sopralluogo da parte della Polizia Municipale.
Dal contenuto delle testimonianze e dall’esame di tali rappresentazioni fotografiche emerge all’evidenza che si tratta di opera in conglomerato cementizio rilevante sotto il profilo statico

Orbene, prima di iniziare l’esecuzione dell’intervento sopra descritto, l’imputato non ha presentato alcuna denuncia né ha richiesto alcuna autorizzazione, tanto che il Comune di Acri, in data 10/2/2006, ne ordinò la demolizione; solo successivamente, richiese ed ottenne il permesso in sanatoria, rilasciato il 25/9/2006.

1) In diritto, va premesso innanzitutto che il permesso di costruire in sanatoria, se vale ad estinguere il reato edilizio previsto e punito dall’articolo 44 T.U. Edilizia, non ha efficacia estintiva per i reati in materia antisismica e di opere in conglomerato cementizio.
Infatti, in materia di violazione della normativa urbanistica, l'estinzione delle contravvenzioni a seguito di rilascio di concessione in sanatoria ex art.36 e 45 del citato testo unico opera solo in ordine al reato urbanistico per il quale la concessione stessa è prevista. Ne consegue che, se con il reato urbanistico concorrono altri reati di diversa natura, come la violazione della normativa antisismica o della normativa sulle opere in cemento armato, tali ultimi reati non possono ritenersi estinti
Infatti, il rilascio in sanatoria del permesso di costruire si riferisce esclusivamente alle contravvenzioni concernenti la materia che disciplina l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio, ossia alle violazioni della stessa legge, in cui sono contemplate le ipotesi tipiche suscettibili di sanatoria (opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con variazioni essenziali, ecc.). Ne deriva che la causa estintiva non é applicabile a altri reati che hanno una oggettività giuridica diversa rispetto a quella della mera tutela urbanistica del territorio, come quelli relativi a violazioni di disposizioni dettate dalla legge 2 febbraio 1974, n.64, in materia di costruzioni in zona sismica, o dalla legge 5 novembre 1971, n. 1086, in materia di opere in conglomerato cementizio, ovvero dall'art.1 sexies del D.L. 27 giugno 1985, n.312, introdotto dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n.431, in materia di tutela delle zone di particolare interesse ambientale.
Dunque, il permesso in sanatoria rilasciato al Belsito non ha estinto gli illeciti contestati in questa sede.

2) La violazione della normativa antisismica (articoli 93, 94 e 95 DPR 380/01).
Al riguardo occorre innanzitutto escludere l’applicabilità alla fattispecie della legge regionale numero 7 del 1998 , rubricata “Disciplina per le costruzioni ricadenti in zone sismiche . Snellimento delle procedure in attuazione dell'art. 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741.”
In particolare all’articolo 2 comma 1 è previsto che “ Chiunque intenda procedere a nuove costruzioni, ristrutturazioni o sopraelevazioni, a lavori di adeguamento e miglioramento sismico , nonché alla realizzazione di opere o ad interventi di qualsiasi tipo su strutture rientranti nel campo di applicazione delle norme sismiche , prima dell'inizio dei lavori, è tenuto a farne denuncia, depositando in triplice copia presso il Settore tecnico decentrato regionale (ex ufficio del Genio Civile), competente per territorio, il progetto esecutivo delle opere e gli allegati, secondo le modalità precisate nei successivi articoli 3 e 4”.
Dunque non è prevista alcuna autorizzazione preventiva, bensì esclusivamente una denuncia iniziale, con la previsione di controlli successivi del tutto eventuali.
Infatti il successivo articolo 5 espressamente prevede che “ Il Settore tecnico decentrato regionale competente esercita il controllo sulle realizzazioni in corso d'opera e sulle opere ultimate, per accertare il rispetto delle norme tecniche sulle costruzioni e per verificare che siano stati seguiti corretti criteri di progettazione e di esecuzione, con specifico riferimento alla legge 2 febbraio 1974, n. 64. Il controllo è eseguito con il metodo a campione, mediante sorteggi … “
Al contrario la legislazione statale, introdotta con il DPR 380/01, richiamata in imputazione, prevede all’articolo 93, che “ Nelle zone sismiche di cui all'articolo 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e dell'appaltatore.” ; e soprattutto, all’art. 94, dispone che “ Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”.
Il successivo articolo 95 prevede le sanzioni, per il caso di inosservanza ai precetti appena richiamati, sancendo che “ Chiunque violi le prescrizioni contenute nel presente capo e nei decreti interministeriali di cui agli articoli 52 e 83 è punito con l'ammenda da L. 400.000 a L. 20.000.000.
In sintesi , la legislazione regionale prevede "procedure semplificate per le costruzioni in zone sismiche, fra cui l'abolizione di ogni autorizzazione preventiva, sostituita dal controllo successivo alla costruzione, con metodi a campione e a sorteggio".
La disciplina statale, ben più rigorosa, introduce la regola del controllo preventivo per tutte le costruzioni eseguite in zona sismica, la cui realizzazione deve essere necessariamente preceduta da specifica autorizzazione.
In tale contesto, l'argomentazione favorevole alla impostazione difensiva, tendente ad ottenere una pronuncia assolutoria - quantomeno per il reato previsto e punito dagli articoli 94 e 95, si basa sul seguente ragionamento: se la legge regionale, in ipotesi applicabile al caso di specie, non richiede l'autorizzazione, allora, non sarebbe applicabile la norma sanzionatoria introdotta dall'articolo 95 del testo unico sull'edilizia (per chi costruisce in zona sismica senza autorizzazione), difettando un elemento integrativo della fattispecie, e precisamente la subordinazione dell'intervento edilizio ad autorizzazione, che seppur regolato da una norma extrapenale, incide indubbiamente sulla doverosa tassatività della norma incriminatrice ed anche sul giudizio di disvalore della condotta incriminata.
Occorre chiarire come si risolve il contrasto tra le due discipline.
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che eventuali deroghe della normativa regionale possono applicarsi limitatamente alla materia dell'urbanistica e non possono quindi essere estese alla diversa disciplina edilizia antisismica e a quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, attenendo tali materie alla sicurezza statica degli edifici, come tale rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, comma secondo, Cost.; ne consegue che tali opere continuano ad essere soggette ai controlli preventivi previsti dalla legislazione nazionale ed in particolare dal Testo Unico dell’Edilizia .
L’argomentazione è certamente condivisibile nella soluzione finale, ancorchè non del tutto pacifica nell’iter argomentativo.
Il rischio è quello di una disapplicazione di una legge regionale, operata dai giudici di merito, eludendo la via maestra della sottoposizione a scrutinio di costituzionalità.
Molte volte il Giudice delle leggi ha censurato tale procedimento ermeneutico, osservando che la disapplicazione da parte dei giudici di merito delle leggi regionali, effettuata considerando le stesse alla stregua di un atto amministrativo, costituisce esercizio di potere del tutto abnorme, non previsto dal nostro ordinamento costituzionale, con palese violazione degli artt. 101, secondo comma, e 117, primo comma Cost.. Inoltre, la pretesa di sindacare la legittimità costituzionale della predetta normativa, integra violazione dell'art. 134 Cost. (non essendo il caso assimilabile al conflitto di leggi statali o regionali con regolamenti comunitari, nei cui confronti l'ordinamento interno non è più operante) atteso che, il principio, tra i basilari del nostro sistema costituzionale - per il quale il giudice, ove dubiti della legittimità di una legge deve adire la Corte costituzionale, che sola può esercitare tale sindacato, pronunciandosi, se la questione sia riconosciuta fondata, con sentenze aventi efficacia erga omnes - non può soffrire eccezione alcuna.
Tuttavia, ritiene questo Tribunale di poter pervenire allo stesso risultato della soluzione adottata dalla Cassazione, sia pure attraverso una via diversa e più agevole, segnata dai principi in materia di successione di leggi.
E’ indubbio che la legge statale - art. 94 e 95 DPR 380 del 2001 -, che sancisce il principio della necessaria autorizzazione preventiva, sanzionandone penalmente l’inosservanza, sia entrata in vigore successivamente alla legge regionale - artt. 2 e seguenti l.r. n. 7 del 1998.
Orbene è principio consolidato nella giurisprudenza della Corte Costituzionale quello che - come ha chiarito la sentenza n. 498 del 1993 -, anche in considerazione dell'art. 10, primo comma, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, allorquando una legge regionale sia in contrasto con una legge dello Stato che stabilisca una norma di principio e detta legge regionale sia precedente alla legge statale, la sopravvenienza di quest'ultima deve interpretarsi come abrogativa della legge regionale .
Nel caso in esame, le due norme sono effettivamente in insanabile contrasto, quella statale prevedendo la necessità del controllo preventivo sotteso alla necessaria autorizzazione, laddove quella regionale non richiede alcuna autorizzazione ma si limita a prevedere, al più, controlli successivi, a campione, o addirittura a sorteggio, in relazione alle opere di cui è stato soltanto denunciato l’inizio di esecuzione.
Inoltre, alla legge regionale non può essere riconosciuto neppure uno spazio residuale a livello di normazione di dettaglio; torna utile l’argomentazione - suindicata - secondo cui la materia antisismica è riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
Di conseguenza, in applicazione del principio affermato dalla stessa Corte Costituzionale nella decisione appena richiamata, si deve ritenere che la legge statale, successiva, ha dunque implicitamente abrogato quella regionale, sicchè è indubbio che anche per la Regione Calabria è pienamente applicabile il disposto di cui agli articoli 94 e 95 del testo unico edilizia, essendo perciò sempre necessaria l’autorizzazione preventiva, in difetto della quale è configurabile il reato sanzionato dallo stesso articolo 95.
Di certo, si tratta di una sanzione soltanto pecuniaria, ma l’efficacia preventiva della disciplina applicabile è assolutamente rilevante, se è vero - come è vero - che impone un controllo preventivo connaturato al regime autorizzatorio, per ogni singola costruzione, superando le discutibili "procedure semplificate per le costruzioni in zone sismiche, fra cui l'abolizione di ogni autorizzazione preventiva, sostituita dal controllo successivo con metodi a campione o addirittura a sorteggio".
Anzi, incidentalmente, si evidenzia che nei confronti del responsabile dell’Ente territoriale, sarebbero ravvisabili gli estremi del reato di rifiuto di atti d’ufficio per ragioni di sicurezza pubblica, a cui è ovviamente sottesa la normativa statale antisismica, qualora non osservi la regola del controllo preventivo per ogni singola costruzione, così come imposto dalla legge statale.
Si discute inoltre se la prassi, apparentemente finora seguita dalla Regione Calabria, che continuerebbe a non ritenere necessaria l’autorizzazione, possa avere rilevanza sotto il profilo della buona fede del soggetto che ha realizzato l’opera in zona sismica, adeguandosi ai dettami dell’ufficio regionale.
Occorre premettere che, in materia di errore scusabile, a seguito della sentenza 23 marzo 1988, n. 364 della Corte Costituzionale, l'ignoranza della legge penale, a cagione della sua inevitabilità, scusa l’autore dell'illecito soltanto se incolpevole.
Le Sezioni Unite hanno poi affermato alcune linee direttrici per stabilire i limiti di tale inevitabilità, affermando che per il comune cittadino tale condizione è sussistente, ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell'ordinaria diligenza, al cosidetto "dovere di informazione", attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia. Tale obbligo è particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell'illecito anche in virtù di una "culpa levis" nello svolgimento dell'indagine giuridica. Per l'affermazione della scusabilità dell'ignoranza, occorre, cioè, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l'agente abbia tratto il ragionevole convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto .
In sintesi, al più potrebbe invocare la buona fede il soggetto che abbia comunque osservato la prassi applicativa, seguita dagli uffici regionali, di ritenete ancora applicabili i dettami della legge n. 7 del 1998.
Al contrario, - e con specifico riferimento al concreto caso -, nella prospettiva dell’imputato che ha realizzato l’opera sopra descritta senza neppure formalizzare la denuncia di inizio lavori, è da escludere il ragionevole affidamento, non avendo costui neppure osservato la prassi derivante dalla protratta applicazione della disciplina ormai abrogata.
Ciò è puntualmente accaduto nel caso di specie.
Invero, sotto il profilo oggettivo, come è stato dimostrato attraverso la testimonianza di Pantusa Salvatore, in servizio presso l’ufficio regionale, l’odierno imputato ha realizzato la struttura in cemento armato, omettendo altresì di denunciare l’inizio dell’opera e di presentare i relativi elaborati all’ufficio competente.
La considerevole struttura portante necessitava certamente della preventiva autorizzazione di cui al citato articolo 94. Infatti, ai sensi degli articoli 83 e 94 del d.p.r. 380/01, la predetta disciplina riguarda tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità in zone dichiarate sismiche, così che in queste zone non si possono iniziare lavori edilizi di qualsiasi genere senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale.
La riconducibilità dei fatti al prevenuto, si ricava, indiscutibilmente, oltre che dalla proprietà del fabbricato a cui il terrazzo aderisce, anche dalla richiesta di permesso in sanatoria dallo stesso presentata.
Sotto il profilo soggettivo, come si è già detto, non avendo l’odierno imputato neppure osservato la prassi seguita dall’ufficio regionale, conformata alla disciplina della legge n. 7 del 1998 - ormai implicitamente abrogata -, è da escludersi un ragionevole affidamento o, quantomeno, l’intima convinzione di aver osservato la legge.

3) Le violazioni delle norme per le costruzioni in conglomerato cementizio (artt. 64, 65 e 72 DPR 380/01).
Va premesso che la disciplina in materia di opere in conglomerato cementizio armato e a struttura metallica si applica certamente quando tali opere costituiscano elementi strutturali dell'edificio.
Nel concreto caso, è indubbio che il terrazzo sostenuto dai sei pilastri in cemento armato abbia rilevanza statica e si inserisca nella struttura dell’edificio, cosicchè l’autore, prima di dar luogo ai lavori, avrebbe dovuto far redigere un progetto esecutivo, affidare i lavori ad un tecnico abilitato e denunciare l’inizio dei lavori; in difetto, risultano integrate le relative contravvenzioni sanzionate dall’art. 72 DPR 380/01.

4) Natura permanente dei reati e conseguente infondatezza della eccezione di prescrizione.
La Suprema Corte, ha affermato che, il reato di cui agli artt. 93 e 95 D.P.R 380/2001 permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la denuncia del lavoro con l'allegato progetto, ovvero non termina il lavoro medesimo. Sino a questo momento, infatti, persiste la lesione o l'offesa al bene giuridico protetto, perché il competente ufficio tecnico regionale - non essendo informato dei lavori - non è messo in grado di controllarne la conformità alle norme tecniche stabilite al riguardo. Per la stessa ragione, sino a questo momento persiste il carattere antigiuridico della condotta mista (commissiva/omissiva) del contravventore, il quale potrà farla cessare solo interrompendo i lavori o presentando la denuncia anche dopo l'inizio dei medesimi. In altri termini, secondo un argomento spesso utilizzato nella soggetta materia, attesa la ratio della norma, il dovere di agire imposto dall'art. 93 perdura nel tempo anche dopo l'inizio dei lavori, benché cominci a essere vincolante prima di tale inizio.
L’identità di struttura consente di estendere tale argomentazione anche alle violazioni relative alla disciplina sulle costruzioni in conglomerato cementizio.
Il reato di cui agli artt. 94 e 95 D.P.R. 380/2001, invece, permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica (che non sia di bassa sismicità) termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Sino a questo momento, infatti, persiste il carattere antigiuridico della condotta commissiva del contravventore, che prosegue lavori non autorizzati. Così come perdura la lesione dell'interesse pubblico ad esercitare un preventivo controllo, perché il competente ufficio tecnico regionale non è messo in grado di verificare la conformità dei lavori alle norme tecniche di sicurezza stabilite per le zone sismiche di media o alta intensità
Alla luce di questi principi, i reati contestati al Belsito devono ritenersi commessi sino al 25/9/06 (data in cui è stata l’opera, ancora in fase di ultimazione, è stata regolarizzata con sanatoria); come tali non sono ancora estinti per prescrizione.

5) La pena. Sotto il profilo sanzionatorio, i reati sono legati dal vincolo della continuazione, in quanto evidentemente espressivi di un medesimo disegno criminoso.
Orbene, posto che i reati sub A) e B) sono puniti con pena alternativa, si deve scegliere il trattamento sanzionatorio considerato più adeguato alla fattispecie concreta ed aumentare la corrispondente pena stabilita per il reato più grave (o soltanto la pena detentiva o soltanto la pena pecuniaria).
Nel caso concreto, tenuto conto della intervenuta sanatoria, si ritiene di poter applicare solo quella pecuniaria; inoltre, possono concedersi al prevenuto, le attenuanti generiche, per ragioni di adeguamento della sanzione alla concreta gravità del fatto. Pertanto, si stima di giustizia la pena di euro 1000,00 di ammenda (pena base per il reato sub a: euro 950,00; - 62 bis = euro 700,00 ; + artt. 81 cpv in misura di euro 100,00 per ciascuna violazione in continuazione e perciò complessivamente = euro 1000,00 ).
Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
Tenuto conto del solo precedente non ostativo e della funzione di emenda conseguente alla presente condanna, si ritiene di poter formulare una prognosi favorevole alla concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione.
Ai sensi degli articoli 76 e 100 T.U. Edilizia va disposta la trasmissione di copia della sentenza al Comune ed alla Regione in cui è stata
commessa la violazione
 

P.Q.M.
 

Letti gli articoli 533 e 535 c.p.p.

dichiara Belsito Vincenzo colpevole dei reati a lui ascritti, riuniti per continuazione e, concesse le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di euro 1000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa e non menzione.
Ordina la trasmissione di copia della sentenza al Comune ed alla Regione in cui è stata commessa la violazione.
Cosenza, 7/5/09

Il Giudice
Dr. Francesco Luigi Branda



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