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Giurisprudenza
Lavoro
(Vedi anche le voci: inquinamento - sicurezza - aria - suolo)
Anni 2002 -2001 - 2000-96
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Illecita intermediazione di manodopera. L’illecita intermediazione di manodopera, ai sensi della legge n. 1369/1960, sussiste nel caso in cui l’appalto abbia ad oggetto la messa a disposizione del committente di una prestazione lavorativa, lasciandosi all’appaltatore – datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (retribuzione, assegnazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione mediante le opportune sostituzioni), ma senza una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo. Cassazione sez. Lavoro, del 19 dicembre 2002, sentenza n. 18098
Le mansioni superiori e l’art. 2126 c.c. - Diverso fenomeno dello svolgimento di attività lavorativa da parte di chi non è dipendente pubblico - trattamento giuridico ed economico dei pubblici dipendenti - l’atto di inquadramento. Non è invocabile, al fine di rendere rilevanti le mansioni superiori, l’art. 2126 c.c., il quale riguarda il diverso fenomeno dello svolgimento di attività lavorativa da parte di chi non è dipendente pubblico e non può quindi incidere sui principi e la portata dei provvedimenti che individuano il trattamento giuridico ed economico dei pubblici dipendenti e non consente di disapplicare l’atto di inquadramento, emanato in conformità di leggi o regolamenti specie se divenuto inoppugnabile. (cfr. Con. Stato Ad. Plen. 18 novembre 1992, n. 22). Consiglio di Stato Sezione VI, del 12 dicembre 2002, sentenza n. 6798
La valida costituzione del contratto di lavoro a termine - forma scritta - l’apposizione del termine - sottoscrizione del lavoratore. Per la valida costituzione del contratto di lavoro a termine , pur essendo ammissibile che la dichiarazione di volontà e l’apposizione del termine siano contenuti in documenti separati, sussiste la necessità che la lettera di assunzione del datore di lavoro contenga anche la sottoscrizione del lavoratore apposta in un momento anteriore o, almeno, contemporaneo all’inizio del rapporto. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, dell’11 dicembre 2002, sentenza n. 17674
I comportamenti tenuti dal lavoratore nella vita privata - rapporto
fiduciario - licenziamento. I comportamenti tenuti dal lavoratore nella vita
privata sono, in linea di massima, irrilevanti ai fini della lesione del
rapporto fiduciario. Tuttavia, ciò non ha carattere illimitato in quanto,
allorché per la loro gravità siano tali da far ritenere il lavoratore inidoneo
alla prosecuzione del rapporto, il datore di lavoro può procedere al
licenziamento, soprattutto nell’ipotesi in cui sia richiesto un ampio margine di
fiducia esteso alla serietà dei comportamenti privati del lavoratore.
Cassazione sez. Lavoro, del 10 dicembre 2002, sentenza n. 17562
Ferie non godute - il diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva. Qualora il lavoratore non abbia goduto delle ferie e sia divenuto impossibile per il datore di lavoro, anche senza sua colpa, consentirne la fruizione, ha il diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica, in misura pari alla retribuzione. Corte di Cassazione, del 9 novembre 2002, sentenza n. 15776
La liquidazione di interessi e rivalutazione monetaria - il D.M. 1 settembre1998, n. 352 è insuscettibile di applicazione retroattiva - la disciplina vigente all'epoca della maturazione del diritto. Per quel che concerne la liquidazione di interessi e rivalutazione monetaria, sostengono gli appellanti che non andavano seguite le prescrizioni contenute nel regolamento approvato con il D.M. 1 settembre1998, n. 352, in quanto insuscettibile di applicazione retroattiva. Sennonché, la molteplicità delle argomentazioni impiegate dagli appellanti cozza contro un dato incontrovertibile: che il regolamento ha contenuto in parte procedimentale ed in parte ricognitivo della normativa esistente nei diversi periodi. Per cui è esclusa in radice la possibilità di una applicazione retroattiva di disposizioni sostanziali contenenti una diversa disciplina del rapporto di credito. Tanto è vero che l'articolo 2, comma 2, del regolamento stabilisce con chiarezza come "gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sono liquidati secondo la disciplina vigente all'epoca della maturazione del diritto. Qualora l'obbligo di pagamento comprenda più periodi diversamente regolati, la liquidazione avviene in conformità alla disciplina vigente in ciascun ambito temporale." Consiglio di Stato, Sezione V del 9 dicembre 2002, sentenza n. 6772
La nullità dell’atto costitutivo del rapporto di pubblico impiego comporta unicamente la sussistenza di un rapporto lavorativo di fatto con le conseguenze favorevoli di cui all’art. 2126 c.c. - l’elusione di cogenti norme legislative - la responsabilità personale degli amministratori. Come è noto, la questione dell’applicabilità o meno alle pubbliche amministrazione del principio secondo cui, in caso di appalto di mere prestazioni di lavoro, i prestatori di lavoro vengono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che abbia utilizzato le loro prestazioni lavorative, ha dato luogo ad orientamenti divergenti, ritenendosi solo inizialmente la piena applicabilità dell’art. 1 L. n.1369/1960 (V. le decisioni di questa Sezione n. 326 dell’8.5.1986, invocata dall’appellante, e n. 396 del 27.4.1990). Successivamente, tale applicabilità è stata limitata agli Enti pubblici economici o comunque in relazione alle attività imprenditoriali degli enti pubblici non economici (V. le decisioni di questa Sezione n. 1499 del 30.10.1995 e n. 1034 del 8.7.1998). L’indirizzo più recente, cui si aderisce, è nel senso che detto principio di favore del lavoratore non può avere la stessa portata nei confronti del datore di lavoro privato e di quello pubblico, anche se in entrambi i casi interviene l’elusione di cogenti norme legislative. Si deve tener conto nel settore pubblico della regola del pubblico concorso di cui all’art. 97 Cost. (V. recentemente, con riferimento anche ai concorsi interni, Corte cost. n.194 del 16.5.2002), a tutela non solo dell’interesse pubblico alla scelta dei migliori, mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro che siano in possesso dei prescritti requisiti, ma anche del diritto dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla relativa selezione (V. le decisioni di questo Consiglio, A.P. n.2 del 29.2.1992; Sez. IV n. 4188 del 29.7.2000; Sez. V n.1859 del 4.4.2002; sez. VI n.2272 del 29.4.2002). La regola costituzionale del pubblico concorso viene poi concretamente salvaguardata con una serie di disposizioni legislative che espressamente comminano la nullità dell’assunzione effettuata senza osservanza delle prescritte procedure selettive e la responsabilità personale degli amministratori che vi hanno provveduto con riguardo sia alle Amministrazioni statali che alle altre amministrazioni pubbliche, comprese le USL (art. 3 D.P.R. 3.1.1957 n. 3; art.12 D. Leg. C.P.S. 4.4.1947 n. n.207; art. 5 L. 8.1.1979 n. 3; art.6 L. 20.3.1975 n.70; art.9 D.P.R. 20.12.1979 n.761 ed art. 14 L. 20.5.1985 n.207; art. 36 D. L.vo 3.2.1993 e successive modificazioni; art.36 D. L.vo 30.3.2001 n. 165). ). Per cui, la nullità dell’atto costitutivo del rapporto di pubblico impiego comporta unicamente la sussistenza di un rapporto lavorativo di fatto con le conseguenze favorevoli di cui all’art. 2126 c.c.. Consiglio di Stato, Sezione V del 9 dicembre 2002, sentenza n. 6717
La questione della retribuibilità o meno delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico - presupposti. La questione della retribuibilità o meno delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico ha dato luogo ad orientamenti giurisprudenziali non sempre univoci, ma ormai può ritenersi consolidato l'indirizzo di questo Consiglio nel senso che per la retribuibilità occorrono non solo un'espressa previsione normativa ma anche altri tre presupposti e cioè un preventivo provvedimento di incarico (senza alcuna valenza per attestati successivi), la disponibilità del relativo posto in organico (Sez. V n.1447 del 12.10.1999, sez. VI n.1119 del 18.7.1977, A.P. n.22 del 18.11.1999), e che l’incarico concerna mansioni della qualifica immediatamente superiore (V. la decisione di questa Sezione n.1188 del 27.9.1999), come del resto recentemente confermato dall'art. 52 D. L.vo 30.3.2001 n.165. Consiglio di Stato, Sezione V del 9 dicembre 2002, sentenza n. 6706
L’indennità di mobilità - il termine di decadenza fissato per l’indennità di
disoccupazione. Per ottenere l’indennità di mobilità è necessario presentare
la domanda all’INPS entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. La
Corte ha, in sostanza, ritenuto applicabile anche all’indennità di mobilità il
termine di decadenza fissato per l’indennità di disoccupazione dall’art. 129 del
R.D.L. n. 1827/1935. Cassazione Sezioni Unite, del 6 dicembre 2002, sentenza
n. 17389
La disciplina del trasferimento di azienda. La disciplina del trasferimento di azienda trova applicazione in tutte le ipotesi di trasferimento anche di una singola attività d’impresa "sempre che sia riscontrabile un complesso di beni o di rapporti interessati al fenomeno traslativo" ma esclusivamente riguardo a rami di azienda dotati di autonomia funzionale e preesistenti alla vicenda traslativa. Cassazione sez. Lavoro, del 4 dicembre 2002, sentenza n. 17207
La normativa sul condono previdenziale - reato di omessa presentazione all’INPS delle denuncie obbligatorie. La normativa sul condono previdenziale è applicabile al reato di omessa presentazione all’INPS delle denuncie obbligatorie previsto dall’art. 37 della legge n. 689/1981. Cassazione penale, Sezione III del 3 dicembre 2002, sentenza n. 40563
L’attività didattica svolta dal religioso non costituisce prestazione lavorativa ai sensi dell’art. 2094 c.c., bensì opera di evangelizzazione regolata esclusivamente dal diritto canonico. L’attività didattica svolta dal religioso non alle dipendenze di terzi ma nell’ambito della propria congregazione e quale componente di essa, non costituisce prestazione lavorativa ai sensi dell’art. 2094 c.c., soggetta, come tale, alla disciplina sulla prestazione di lavoro subordinato, bensì opera di evangelizzazione, in adempimento dei fini della congregazione stessa e regolata esclusivamente dal diritto canonico ex artt. 1 e 2 della legge n. 810/1929 e 7 della Costituzione. Cassazione sez. Lavoro del 2 dicembre 2002, sentenza n. 17096
La costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato - il valore delle pronunce giurisdizionali cautelari - atti colpiti da nullità di diritto - rilevabilità d’ufficio dal giudice - gli atti genetici previsti dalla normativa di settore. Con il solo supporto di pronunce giurisdizionali cautelari, le quali espressamente non hanno inteso determinare alcuna aspettativa di riconoscimento del rapporto di pubblico impiego, non possono trovare accoglimento la pretesa dei ricorrenti di veder accertata in proprio favore la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. In ogni caso, un tale rapporto sarebbe ineludibilmente sorto sulla base di atti colpiti da nullità di diritto (per i dipendenti degli Enti locali dall’art. 5 L. n. 3/79) rilevabile d’ufficio dal giudice, con la conseguenza che, tra l’altro, il giudice amministrativo non potrebbe accertare un rapporto che non è sorto, non sussiste e non può giuridicamente sussistere. Né potrebbe comunque trovare applicazione l’art. 2 della L. n. 230/62, che ha previsto i casi in cui un rapporto di lavoro a tempo determinato si converte in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, atteso che l’art. 97, comma 3, Cost. e le leggi di settore impongono che i rapporti di cui si tratta sono configurabili solo in presenza di uno degli atti genetici previsti dalla normativa di settore (cfr. ex multis Cons. Stato, V, 1 dicembre 1997 n.1459; 23 gennaio 1998 n. 90; 28 gennaio 1998 n. 111; VI , 20 ottobre 1999 n. 1508). Consiglio di Stato Sezione V del 2 dicembre 2002 n. 6627
Modalità di svolgimento della prestazione lavorativa - accertamento della subordinazione - principi di diritto. E’ costante giurisprudenza che, ai fini dell’accertamento della subordinazione, deve attribuirsi rilevanza più che al formale contenuto del contratto ("nomen juris") alle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, tenendo conto altresì dell’evolversi dei sistemi di organizzazione del lavoro, che spesso comportano un’attenuazione della soggezione del lavoratore al datore di lavoro. Inoltre ha fissando per il giudice di rinvio i seguenti principi di diritto: 1) anche in presenza del "nomen juris" adottato dalle parti per la qualificazione del rapporto tra le stesse instaurato come rapporto di lavoro subordinato, occorre avere riguardo alla volontà effettiva delle parti medesime, di talché la qualificazione propria del rapporto deve desumersi, oltre che da tale dato formale, anche, e in misura prevalente, dalle concrete modalità della prestazione e, in generale, di attuazione del rapporto; 2) la subordinazione è elemento essenziale del rapporto di lavoro dipendente; essa, tuttavia, può essere presente anche in forme attenuate in ragione della particolare organizzazione del lavoro e del tipo di prestazione (specie ove si tratti di prestazioni semplici, dello stesso genere o ripetitive) e può essere ravvisata, in tali specifiche ipotesi concrete, nella messa a disposizione del datore di lavoro delle energie lavorative del lavoratore con continuità, fedeltà e diligenza, secondo le direttive impartite dalla controparte; 3) anche la sussistenza e la consistenza di tali direttive deve essere valutata in relazione alla specificità delle prestazioni e può essere ravvisata, in presenza di lavorazioni di particolare semplicità e retribuite in base al prodotto realizzato, in indicazioni date all’inizio del rapporto o nell’ambito di un precedente rapporto di lavoro subordinato poi solo apparentemente oggetto di successiva novazione in rapporto di lavoro autonomo; 4) l’effettività di siffatta novazione presuppone oltre alla enunciazione ad opera delle parti dell’accordo novativo di un diverso "nomen juris", quale indice della concorde volontà di mutare il regime giuridico derivante dall’accordo precedente, anche un effettivo mutamento dello svolgimento delle prestazioni lavorative come conseguenza del venir meno del vincolo di assoggettamento del lavoratore al datore di lavoro, ancorché rimanga eventualmente identico il contenuto della prestazione. Cassazione Sezione Lavoro del 27 novembre 2002 n. 16805
Criteri identificativi del rapporto di subordinazione. Il requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di specifici ordini, oltrechè dall'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni. L'esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore ed al modo della sua attuazione. Cassazione Civile, sez. lavoro del 21/11/2001 Sentenza n. 14664
Lavoro subordinato - estinzione del rapporto - in genere - sopravvenuta inidoneità totale del lavoratore - conseguente risoluzione del rapporto per impossibilità della prestazione - configurabilità - necessità di recesso da parte del datore di lavoro - esclusione - previsioni derogatorie da parte dell'autonomia privata - ammissibilità - esclusione - fattispecie relativa alla previsione del regolamento del Banco di Sicilia di dispensa dal servizio dei dipendenti divenuti totalmente inidonei. In caso di sopravvenuta inidoneità totale del lavoratore subordinato alla prestazione lavorativa, si configura un caso di impossibilità assoluta per il venir meno della causa del contratto, non riconducibile ai casi di sospensione legale previsti dagli art. 2110 e 2111 cod. civ., con la conseguenza che - al verificarsi di tale impossibilità assoluta e diversamente da quanto avviene per il caso di impossibilità relativa - si determina la risoluzione del rapporto, senza necessità che la parte interessata manifesti mediante il negozio di recesso l'assenza di un suo interesse al mantenimento del vincolo giuridico (ormai privo di valore), dovendosi anche escludere, ai sensi dell'art. 1322, secondo comma, cod. civ., che l'autonomia privata possa mantenere ugualmente in vita il rapporto contrattuale (nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, interpretando l'art. 94 del regolamento del personale del Banco di Sicilia, aveva ritenuto che la previsione, ivi contenuta, di dispensa dal servizio dei dipendenti divenuti totalmente inidonei comportasse il diritto potestativo dell'azienda di recedere o meno dal rapporto). Corte Cassione, del 20.11.2002 Sezione Lavoro, Sentenza. n. 16375
L'attività lavorativa prestata dal vigile urbano - assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali - in genere - attività protette - lavoro prestato dal vigile urbano addetto, a piedi, alla viabilità stradale - inclusione - fondamento. L'attività lavorativa prestata dal vigile urbano addetto, a piedi, alla viabilità stradale rientra tra le attività protette dall'assicurazione generale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dovendosi riconoscere un carattere meramente esemplificativo all'elencazione contenuta nell'art. 1, terzo comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965 (che considera il lavoro sulle strade intrinsecamente pericoloso e sottopone all'obbligo assicurativo le persone, ivi indicate, addette ai lavori stradali senza ausilio di macchine mosse dalla persona stessa) e dovendosi considerare che il rischio della strada grava sul vigile urbano "viabilista" in misura almeno uguale che sul vigile "automobilista" (e in maniera diversa che sul comune cittadino), sì da configurarsi anch'esso come di natura professionale e suscettibile, pertanto, della tutela antinfortunistica, in virtù del principio generale secondo cui a parità di rischio infortunistico deve corrispondere parità di tutela. Corte Cassazione, Sez. Lavoro, del 20 novembre 2002, Sent. n. 16364
Lavoro - Iscrizione alla Cassa Nazionale geometri - Ricongiunzione del relativo periodo con quello di iscrizione alla Cassa ingegneri – Presupposti. L'iscrizione di un architetto o ingegnere all'Inarcassa non è incompatibile con l'iscrizione ad altra forma di previdenza ove quest'ultima non corrisponda all'effettivo esercizio di un'attività lavorativa. est. Conti TRIBUNALE DI MESSINA Giudice Monocratico sez. Lavoro 19/11/2002
Il contratto collettivo di lavoro - assenze per infortunio sul lavoro. Il contratto collettivo di lavoro può, legittimamente, disciplinare il controllo delle assenze per infortunio sul lavoro all’interno delle fasce orarie previste per l’assenza per malattia, nelle forme previste dall’art. 5 della legge n. 300/1970. Cassazione sez. Lavoro, del 9 novembre 2002, sentenza n. 15773
Mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche - commissioni sanitarie - assistenza continua - l'attribuzione dell’indennità come pure l'entità e la decorrenza della prestazione patrimoniale a carico dell'erario - determinazione per legge del'an e del quantum - verifica dei requisiti. La norma invocata dal ricorrente in primo grado (art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18) dispone che ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche di cui agli articoli 2 e 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nei cui confronti le apposite commissioni sanitarie, previste dall'art. 7 e seguenti della legge citata, abbiano accertato che si trovano nell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un'assistenza continua, è concessa un'indennità di accompagnamento, non reversibile, al solo titolo della minorazione, a totale carico dello Stato, di importo fisso e (art. 3, ultimo comma, legge n. 18 del 1980) con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda. Da tale disposizione si desume che la legge disciplina compiutamente i requisiti, tutti di carattere oggettivo, alla cui sussistenza è subordinata l'attribuzione dell’indennità come pure l'entità e la decorrenza della prestazione patrimoniale a carico dell'erario. Si desume quindi che, nel concorso dei requisiti prescritti, per un verso l'interesse privato è protetto in maniera incondizionata, per altro verso l'autorità decidente non esercita alcun potere discrezionale, per quanto riguarda sia l'an sia il quantum sia il quando della prestazione patrimoniale pubblica. Infatti, tassativamente determinati dalla legge il quantum ed il quando, l'an è oggetto non già di apprezzamento discrezionale bensì soltanto di verificazione di requisiti, ancorché taluno di questi (condizioni di minorazione) presupponga un accertamento (tecnico) demandato ad un organo sanitario. Il che è quanto dire che l’indennità di cui trattasi è oggetto di un'obbligazione pubblica, cui corrisponde un diritto soggettivo perfetto del privato. Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6068 (vedi: sentenza per esteso)
La controversia attinente alla concessione dell'indennità di accompagnamento agli invalidi civili inerisce a posizioni di diritto soggettivo - generale competenza del giudice del lavoro in materia di controversie previdenziali ex art. 442 Cod. proc. civ. - difetto di giurisdizione. Contrariamente da quanto affermato dal primo giudice, si deve ribadire che la controversia attinente alla concessione dell'indennità di accompagnamento agli invalidi civili, istituita dalla L. 11 febbraio 1980, n. 18, inerisce a posizioni di diritto soggettivo, atteso che l'interesse dell'invalido civile risulta protetto in forma diretta ed incondizionata e che l'autorità decidente non esercita, nella specie, alcun potere discrezionale, dovendo soltanto constatare la concreta sussistenza delle condizioni, tutte di carattere obiettivo, richieste dalla legge ai fini dell'attribuzione del diritto. Nè la natura autoritativa dell'atto di concessione del beneficio potrebbe desumersi dall'art. 22 della legge n. 118 del 1971 ed in particolare della locuzione, ivi impiegata, di tutela giurisdizionale. Come questo Consiglio di Stato (Sez. V, 19 febbraio 1982, n. 120), ha avuto modo di osservare con riferimento alla concessione della pensione di invalidità, la norma citata, ammettendo la tutela giurisdizionale dinanzi ai competenti organi ordinari e amministrativi, non costituisce norma sul riparto di giurisdizione ma soltanto norma ricognitiva del generale principio di indefettibilità della tutela giurisdizionale di cui agli artt. 24 e 113 Costituzione. Né alcun argomento in contrario è dato desumere dalla norma che prevede l'esperibilità del ricorso al Ministero dell'interno avverso le deliberazioni del comitato provinciale di assistenza e beneficenza pubblica, in quanto i ricorsi amministrativi sono ammessi a tutela non soltanto degli interessi legittimi, ma anche dei diritti soggettivi. Poichè‚ pertanto la controversia concerne diritti soggettivi ed avuto riguardo alla generale competenza del giudice del lavoro in materia di controversie previdenziali ex art. 442 Cod. proc. civ., va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (e pertanto l'inammissibilità del ricorso di primo grado), spettando la giurisdizione al giudice ordinario. Del resto, tale conclusione è confortata sia dall’orientamento della Cassazione a sezioni unite, la quale ha avuto modo di sottolineare la giurisdizione del giudice ordinario a proposito di revoca dell'indennità di accompagnamento (sentenza 13 maggio 1996, n. 4465) sia dal legislatore che, con disposizioni aventi carattere chiaramente interpretativo (cfr. art. 3, comma 2, D.L. 30 maggio 1988, n. 173, convertito con legge 26 luglio 1988, n. 291), ha attribuito al giudice ordinario la cognizione dei ricorsi contro le decisioni del Ministro dell’interno sui reclami proposti avverso le statuizioni delle commissioni sanitarie. La declaratoria di difetto di giurisdizione comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza appellata (art. 34 della legge n. 1034 del 1971). Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6068 (vedi: sentenza per esteso)
L’ambito di operatività dell’assicurazione sugli infortuni per lavoro
relativi agli artigiani - rapporto giuridico obbligatorio. La Suprema Corte
ha delimitato l’ambito di operatività dell’assicurazione sugli infortuni per
lavoro relativi agli artigiani, osservando che non sono comprese quelle attività
svolte nel proprio interesse, di quello dei congiunti ed a titolo di cortesia,
poiché non può esservi prestazione lavorativa in senso proprio al di fuori di un
rapporto giuridico obbligatorio, sia esso alla base di lavoro subordinato,
oppure autonomo, societario o di collaborazione all’impresa familiare, del quale
costituisca esecuzione. Cassazione sez. Lavoro, del 6 novembre 2002, sentenza
n. 15588
Le indennità c.d. indennità di toga - la "retribuzione pensionabile" - esclusione dalla base di calcolo. Le indennità cosiddetta indennità di toga prevista dall'art.14, 17° comma, D.P.R. n.43/1990 non possano essere incluse nella base di calcolo di cui si tratta, (computabilità nel trattamento di quiescenza e di previdenza dei dipendenti) nella considerazione della mancanza del carattere stipendiale e del mancato riconoscimento della sua computabilità con apposito provvedimento del Consiglio di Amministrazione (cfr., in tal senso, Cons. St. VI, 15 giugno 1998, n.948; 11 maggio 2000, n.2686; 17 luglio 2000, n.3938). Al riguardo questa Sezione, più volte chiamata a pronunciarsi sulle stesse questioni, ha rilevato che le disposizioni in esame – che prevedono l'attribuzione delle indennità anzidette escludendone espressamente il carattere stipendiale – debbono essere interpretate, per i fini che interessano, in correlazione con l'art.5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e di quiescenza del personale dell'INAIL approvato con D.M. 30 maggio 1969. Il quale definisce restrittivamente la "retribuzione pensionabile" limitandone il concetto alla "somma delle seguenti competenze: stipendio lordo calcolato per 15 mensilità annue; eventuali assegni pensionabili, nonché altre eventuali competenze di carattere fisso e continuativo che siano riconosciute utili ai fini di previdenza e quiescenza con deliberazione del Consiglio di Amministrazione da assoggettarsi all'approvazione del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con quello del Tesoro". Consiglio di Stato, Sezione VI, del 4 novembre 2002, sentenza n. 6013
Il riferimento alla media degli onorari percepiti nell'ultimo triennio - legittimità. La Sezione ribadito in più occasioni che la delibera n.407/1982 con la quale l'INAIL ha stabilito di far riferimento alla media degli onorari percepiti nell'ultimo triennio (e non già nell'ultimo anno di attività) deve ritenersi pienamente legittima, conformandosi al criterio sancito dall'art.2121 del Codice civile (in tal senso cfr. Cons. St. VI, 11 maggio 2000, n.2686; 10 agosto 2000, n.4406; 9 giugno 2001, n.3224). Consiglio di Stato, Sezione VI, del 4 novembre 2002, sentenza n. 6013
Computo delle settantotto
giornate di attività di lavoro per il riconoscimento dell’indennità ordinaria di
disoccupazione - presupposti. Ai fini del computo delle settantotto giornate
di attività di lavoro per il riconoscimento dell’indennità ordinaria di
disoccupazione, deve tenersi conto non solo delle giornate di effettivo lavoro,
ma anche di quelle (non lavorate) per le quali sussista l’obbligo di
contribuzione, come le giornate di ferie, ma anche quelle che, comunque maturate
in relazione all’attività lavorativa prestata nell’anno di riferimento e dunque,
in tal senso, "interne" al rapporto, non siano godute durante il periodo
lavorativo, bensì siano "sostituite" da un’indennità ( es. ferie non godute)
corrisposta alla cessazione del medesimo rapporto. Corte di Cassazione,
Sezione Lavoro, del 23 ottobre 2002, sentenza n. 14956
La regolarizzazione attuata attraverso il versamento estingue i reati in materia di versamento di contributi e premi. Soltanto la regolarizzazione attuata attraverso il versamento tempestivo, sia pure rateizzato, estingue i reati previsti da leggi in materia di versamento di contributi e premi. Cassazione Sezione Penale Sez. III del 21 ottobre 2002, sentenza n. 35184
La mancata attuazione dell’art. 39 della Costituzione - il contratto collettivo - accordi collettivi stipulati a tempo indeterminato - la facoltà di recesso unilaterale. In seguito alla soppressione dell’ordinamento corporativo e della mancata attuazione dell’art. 39 della Costituzione, il contratto collettivo spiega la propria operatività nell’area dell’autonomia privata, per cui la regolamentazione ad esso applicabile è quella dettata per i contratti in generale, e non quella dei contratti collettivi; ne consegue che deve ammettersi la possibilità che accordi collettivi vengano stipulati a tempo indeterminato, ma in questo caso va ammessa anche la facoltà di recesso unilaterale, in quanto essa è rispondente all’esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio anche in relazione ai contratti collettivi di diritto comune. Cassazione sez. Lavoro del 18 ottobre 2002, sentenza n. 14827
L’individuazione dei lavoratori da licenziare - anzianità contributiva - l’interesse primario del lavoratore all’individuazione trasparente dei criteri. L’omissione della procedura prevista dall’art. 4 della legge n. 223/1991 non può essere sanata dall’accordo sindacale che comprenda l’individuazione dei lavoratori da licenziare sulla base della sola anzianità contributiva e che la legge n. 449/1997 (il ricorso all’esame della Corte riguardava le Ferrovie dello Stato) in materia di riorganizzazione e risanamento delle Ferrovie dello Stato non esclude l’applicazione delle procedure di verifica stabilite dalla legge n. 223/1991. La Corte ha censurato il fatto sostenendo che l’omissione (non sanabile) compromette l’interesse primario del lavoratore all’individuazione trasparente dei criteri. Cassazione, Sezioni Unite del 15 ottobre 2002, sentenza n. 14616
Mobbing sessuale. Commette il delitto di atti di libidine violenti ex art. 521 c.p ora sostituito dal delitto di violenza sessuale ex art. 609 bis c.p., il dirigente che compia nei confronti di un’impiegata atti sessuali, da intendersi in senso ampio come atti connotati dalla manifestazione dell’istinto sessuale contro una persona non consenziente, posti in essere con consapevole volontà da un soggetto e aventi l’idoneità di incidere sulla libertà di disporre del proprio corpo nella sfera sessuale. Cassazione Sezione Penale Sez. III del 14 ottobre 2002, sentenza n. 34297
Ipotesi di non applicabilità dell’art. 18 della legge n. 300/1970. Nell’ipotesi di scadenza di un contratto illegittimamente stipulato e di comunicazione al lavoratore, da parte del datore di lavoro, della conseguente disdetta, non è applicabile la norma dell’art. 18 della legge n. 300/1970, sebbene la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato dia diritto al lavoratore di riprendere il suo posto. Cassazione Sezioni Unite dell’8/10/2002, sentenza n. 14381
Licenziamento del dirigente - vizi di motivazione - violazione delle regole di ermeneutica contrattuale. Anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 108/1990, la limitata tutela del licenziamento del dirigente trova fonte unicamente nella previsione generalmente contenuta nei contratti collettivi, attraverso il richiamo alla "giustificatezza" del provvedimento espulsivo, e cioè ad un requisito il cui contenuto, trattandosi di un istituto di origine contrattuale, va enucleato dal giudice di merito con indagine interpretativa della clausola collettiva ai sensi degli articoli 1362 e ss. del codice civile, censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione o per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale. Cassazione Sez. Lavoro del 5 ottobre 2002, sentenza n. 14310
Lavoratori in mobilità - diritto di precedenza - condizioni e limiti. Esiste un diritto soggettivo dei lavoratori collocati in mobilità alla precedenza nelle assunzioni decise dal loro ex datore di lavoro: se quest’ultimo procede all’assunzione degli altri lavoratori, nel periodo in cui vige il diritto di precedenza, deve dare la prova che l’inadempimento è stato determinato da causa a lui non imputabile. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, del 5 ottobre 2002, sentenza n. 14293
Assunzione obbligatoria di lavoratori invalidi - obbligo legale a contrarre - attribuzione all’invalido mansioni idonee e compatibili con la propria disabilità. In tema di assunzione obbligatoria di lavoratori invalidi discende un obbligo legale a contrarre in capo al datore di lavoro presso il quale l’invalido sia stato avviato, semprechè esistano in azienda posizioni compatibili con il grado ed il tipo di menomazioni da cui è affetto il soggetto protetto. Da ciò ne consegue che se il datore di lavoro è tenuto ad attribuire all’invalido mansioni idonee e compatibili con la propria disabilità, non potendo validamente opporre una generica incollocabilità, non è però tenuto a modificare od adeguare, sostenendo costi aggiuntivi, la sua organizzazione aziendale alle condizioni di salute del lavoratore protetto, né in particolare, a creare per lui un nuovo posto di lavoro concentrando in una sola unità mansioni non difficoltose già facenti parte, con altre più complesse, dei compiti degli altri lavoratori. Cassazione, Sez. Lavoro del 26 settembre 2002, sentenza n. 13960
La sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione determinata da un evento estraneo al rapporto e non imputabile al dipendente. La sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione determinata da un evento estraneo al rapporto e non imputabile al dipendente, autorizza il datore di lavoro a recedere dal rapporto, in mancanza di un suo interesse apprezzabile alle future prestazioni lavorative. Ciò presuppone la dimostrazione da parte del datore di lavoro sia delle ragioni tecnico produttive che rendono impossibile le rimozioni del temporaneo impedimento, che le ragioni ostative all’impiego del lavoratore, in mansioni analoghe almeno equivalenti, in luoghi diversi. Cassazione Sez. Lavoro del 19 settembre 2002, sentenza n. 13732
Licenziamento intimato oralmente - l’inefficacia dell’atto - nullità per mancanza della forma scritta "ad substantiam". In tema di licenziamento intimato oralmente l’inefficacia dell’atto consegue alla sua nullità per mancanza della forma scritta "ad substantiam", la domanda con la quale il lavoratore chieda la dichiarazione di nullità del licenziamento non si pone in contrasto con la contestazione del licenziamento per il fatto di essere stato intimato in forma orale; né il fatto che il lavoratore abbia formulato anche altre conclusioni o abbia attivato la procedura conciliativa presso la Direzione provinciale del Lavoro può ritenersi incompatibile con la volontà del lavoratore stesso di far valere l’inefficacia del licenziamento per tale ragione. Cassazione, Sez. Lavoro del 16 settembre 2002, sentenza n. 13543
La validità del termine di durata del rapporto di lavoro nella misura massima prevista per i dirigenti di azienda. E’ ammissibile la validità del termine di durata del rapporto di lavoro nella misura massima prevista per i dirigenti di azienda (5 anni per effetto dell’art. 10, comma 4, D.L.vo n. 368/2001), al di fuori dei casi consentiti per i lavoratori in possesso di qualifica inferiore, pur se la qualifica di dirigente sia stata convenuta derogando il contratto collettivo e indipendentemente dalle mansioni effettivamente svolte ex art. 2103 c.c.. Cassazione civile sez. lavoro del 12 settembre 2002, sentenza n. 13326
L’atto di dimissioni del
lavoratore - l’annullabilità dell’atto - la minaccia del licenziamento -
valutazione. Ai fini dell’annullabilità dell’atto di dimissioni del
lavoratore ottenuto con la minaccia del licenziamento, vanno valutate, oltre
all’oggettiva natura intimidatoria o meno dell’invito alle dimissioni anche, in
modo compiuto ed approfondito, le modalità fattuali del comportamento tenuto dal
datore di lavoro. Cassazione sez. Lavoro del 29 agosto 2002, sentenza n.
12693
La violazione delle norme antiriciclaggio e la distrazione di fondi - legittimo il licenziamento per giusta causa. La S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva giudicato legittimo il licenziamento per giusta causa di un bancario per violazione di norme antiriciclaggio. La fattispecie concerneva un caso in cui il dipendente aveva partecipato attivamente ad una serie di operazioni bancarie comportanti la violazione delle norme antiriciclaggio e la distrazione di fondi, essendo tra l'altro legato da rapporti di parentela e affinità con gli amministratori della società coinvolta nelle operazioni bancarie. Secondo la Suprema Corte: il Tribunale, sulla base di una puntuale ed analitica ricostruzione di una serie di vicende ha valutato quale personalità professionale del lavoratore licenziato emergesse in relazione ad esse, traendone il convincimento di comportamenti non segnati da trasparenza ed irreprensibilità, e tali, quindi, in relazione al contesto oggettivo ed ai soggetti che vi erano coinvolti, da determinare una più che giustificata rottura del rapporto di fiducia fra lavoratore e datore di lavoro. Cassazione sez. Lavoro del 22 agosto 2002, sentenza n. 12414
Trattamento di fine rapporto -
concetto di “retribuzione utile” ai fini del calcolo. Il comma 2 dell’art.
2120 c.c., ha disposto soltanto che debbano esser esclusi dal calcolo unicamente
i compensi aventi carattere sporadico od occasionale. Con tale definizione si
intendono solo quelli collegati a ragioni aziendali del tutto imprevedibili e
fortuite mentre, all’opposto, si devono computare ai fini della determinazione
del trattamento di fine rapporto gli emolumenti collegati al rapporto lavorativo
o connessi alla particolare organizzazione del lavoro. Cassazione del 22
agosto 2002, sentenza n. 12411
L’importo della retribuzione da assumere a base di calcolo dei contributi
previdenziali - c.d. "minimale contributivo" - c.d. "minimo retributivo
costituzionale" - determinazione della giusta retribuzione - la quattordicesima
mensilità e l’indennità "una tantum". L’importo della retribuzione da
assumere a base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore
all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta
in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni
sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. "minimale contributivo"),
secondo il riferimento ad essi fatto "con esclusiva incidenza sul rapporto
previdenziale "dall’art. 1 del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella
legge 7 dicembre 1989, n. 389, senza le limitazioni derivanti dall’applicazione
dei criteri di cui all’art. 36 della Costituzione (c.d. "minimo retributivo
costituzionale"), che sono rilevanti solo a quando a detti contratti si ricorre
"con incidenza sul distinto rapporto di lavoro" ai fini della determinazione
della giusta retribuzione. Da ciò discende che emolumenti come la
quattordicesima mensilità e l’indennità "una tantum" , previste dai contratti
collettivi nazionali, si valutano nella base imponibile sulla quale sono
commisurate le aliquote contributive, mentre sarà escluso l’emolumento quale il
"terzo elemento" contemplato dal contratto integrativo provinciale.
Cassazione Sezioni Unite del 29 luglio 2002, sentenza n. 11199
Il credito per rivalutazione monetaria ed interessi legali - prestazioni pensionistiche per invalidità civile - prescrizione - applicabilità, anche in caso di avvenuto pagamento della somma capitale - decorrenza della prescrizione - individuazione - criteri - pagamento dei ratei arretrati - effetto interruttivo "ex" art. 2944 cod. civ. - esclusione - limiti. Il credito per rivalutazione monetaria ed interessi legali, dovuti sui ratei delle prestazioni assistenziali spettanti agli invalidi civili e loro corrisposti in ritardo, si prescrive, in dieci anni a decorrere, per le somme calcolate sul primo rateo, dal centoventunesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione e, per le somme calcolate con riferimento ai ratei successivi, dalla scadenza di ciascuno di essi, senza che possa attribuirsi al mero pagamento dei ratei arretrati l'effetto interruttivo di cui all'art. 2944 cod. civ., salvo che il "solvens" non abbia considerato parziale il pagamento stesso, con riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori; e senza che possa il pagamento della sola somma capitale ritenersi sufficiente a costituire liquidazione della prestazione, tale da determinare l'applicabilità della prescrizione quinquennale. Corte di Cassazione, Sez. Unite, Sentenza del 25.7.2002, n. 10995
Trasferimento d’azienda - diritti
dei lavoratori - consenso - cessione negoziale. Nell’accezione allargata del
trasferimento d’azienda dopo il D. L.vo n. 18/2001, esso può configurarsi con
riferimento alla posizione del lavoratore come successione legale nel contratto
che, non richiedendo il consenso del contraente ceduto, non è assimilabile alla
cessione negoziale per la quale il suddetto consenso è elemento costitutivo
della fattispecie di cui ll’art. 1406 c.c.. Cassazione del 22 luglio 2002,
sentenza n. 10701
Retribuzioni varie - la festività ricorra di domenica - ulteriore
retribuzione. Qualora la festività ricorra di domenica, ai lavoratori
retribuiti in misura fissa che in tale giorno riposino, spetta anche
un’ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota giornaliera. Ciò trova
giustificazione nel fatto che, ove le suddette festività non coincidessero con
la domenica, il lavoratore fruirebbe di un giorno in più di riposo e la misura
fissa della sua retribuzione lo priverebbe, in mancanza di siffatta previsione
normativa, di un corrispondente compenso. Cassazione sez. lavoro del 16
luglio 2002, sentenza n. 10309
Licenziamento a seguito di sentenza di condanna passata in giudicato - la c.d. sentenza di "patteggiamento" ex art. 444 cpp. La contrattazione collettiva renda possibile il licenziamento a seguito di sentenza di condanna passata in giudicato, il giudice di merito, interpretando la pattuizione collettiva, può ben assimilare alla "sentenza di condanna" la c.d. sentenza di "patteggiamento" ex art. 444 cpp, atteso che in tal caso l’imputato non nega la propria responsabilità, ma esonera l’accusa dall’onere della relativa prova in cambio di una riduzione della pena. Cassazione sez. Lavoro del 16 luglio 2002, sentenza n. 10318
La durata massima della prestazione ordinaria lavorativa. L’unico reale limite alla durata massima della prestazione ordinaria lavorativa è quello settimanale e che la previsione giornaliera delle otto ore ha soltanto valore di indicazione media. Cassazione sez. Lavoro del 16 luglio 2002, sentenza n. 10312
Quietanze a saldo o liberatorie - accettazione del licenziamento - rinuncia all’impugnazione. Le quietanze a saldo o liberatorie che il lavoratore sottoscriva a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro, accettando senza riserve la liquidazione e le altre somme dovutegli, non implicano di per sé l’accettazione del licenziamento e la rinuncia ad impugnarlo; tuttavia, predetti comportamenti possono assumere tale significato negoziale, in presenza di altre circostanze precise, concordanti ed obiettivamente concludenti, che dimostrino l’intenzione del lavoratore di accettare l’atto risolutivo, in base ad un adeguato accertamento da parte del giudice di merito. Cassazione del 12 luglio 2002, sentenza n. 10193
Amianto - tutela dei lavoratori dipendenti da rischio dell’amianto tutela dei lavoratori dipendenti da rischio dell’amianto. La tutela dei lavoratori dipendenti da rischio dell’amianto si estende anche alle lavorazioni che si svolgano con modalità tali da comportare rischi di esposizione alle polveri di amianto o di materiali contenenti amianto. Cassazione Penale sezione III del 10 luglio 2002, sentenza n. 26273.
Assunzione al lavoro della donna - maternità e contratto a tempo determinato
- non vi è norma che imponga alla lavoratrice gestante di notiziare, al momento
della stipula del contratto, il datore di lavoro del proprio stato. Non si
rinviene alcuna norma che imponga alla lavoratrice gestante di notiziare, al
momento della stipula del contratto, il datore di lavoro del proprio stato. Né
un siffatto obbligo può ricavarsi, pur quando la lavoratrice viene assunta con
contratto a tempo determinato, dai canoni generali di correttezza e buona fede
di cui agli articoli 1175 e 1375 c.c. o da altro generale principio del nostro
ordinamento, considerato che l’accoglimento di una diversa opinione condurrebbe
a ravvisare nello stato di gravidanza e puerperio di cui agli articoli 16 e 17
del D. L.vo n. 151/2001 un ostacolo all’assunzione al lavoro della donna e
finirebbe, così, per legittimare operazioni ermeneutiche destinate a minare in
maniera rilevante la tutela apprestata a favore delle lavoratrici madri.
Cassazione civile sez. lavoro del 6 luglio 2002, sentenza n. 9864
Attività antisindacale - mansioni dei lavoratori in sciopero - legittimità. Non costituisce attività antisindacale il comportamento di un datore di lavoro che in caso di sciopero, disponga l’adibizione del personale rimasto in servizio alle mansioni dei lavoratori in sciopero, anche se ciò avvenga mediante l’assegnazione a mansioni inferiori. Cassazione sez. Lavoro del 4 luglio 2002, sentenza n. 9709
La reintegrazione delle energie
psico-fisiche - il risarcimento del danno non è assoggettabile a tributo.
L’indennità corrisposta in sede transattivi dal datore di lavoro, a titolo del
risarcimento del danno, per la reintegrazione delle energie psico-fisiche spese
dal lavoratore oltre l’orario massimo di lavoro da lui esigibile, non è
assoggettabile a tributo. Le somme percepite a titolo risarcitorio costituiscono
reddito imponibile solo e nei limiti in cui abbiano la funzione di reintegrare
un danno concretatosi nella mancata percezione dei redditi, in base all’art. 6,
comma 2, del DPR n. 917/1986. Cassazione sez. Lavoro del 21 giugno 2002,
sentenza n. 9111
Omissioni contributive e soggetti penalmente responsabili - retribuzioni dei
dipendenti - presidente del consiglio di amministrazione di una società -
l’adempimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali - imprese che
versino in difficoltà economiche. Nel caso in cui non vengano versate
all’INPS le ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti, il
presidente del consiglio di amministrazione di una società ne risponde
penalmente in quanto è tenuto ad accertare l’adempimento degli obblighi
previdenziali ed assistenziali che sono da considerare primari anche nelle
imprese che versino in difficoltà economiche. Cassazione penale sezione III
del 20 giugno 2002, sentenza n. 23655
L’erogazione dell’indennità di
mobilità. L’erogazione dell’indennità di mobilità è consentita anche per
intraprendere attività di natura imprenditoriale, senza sottoposizione a limiti
né a condizioni non previste dall’art. 7, comma 5, della legge n. 223/1991.
Cassazione sez. Lavoro del 20 giugno 2002, sentenza n. 9007
Contratto di formazione e lavoro - mutamento delle mansioni contrattuali -
prosecuzione del rapporto di lavoro con mansioni diverse - acquisizione di nuove
professionalità. Può ritenersi validamente concluso un contratto di
formazione e lavoro, anche durante lo svolgimento di un rapporto di lavoro a
tempo determinato, ove le finalità formative traggano origine dal comune
interesse delle parti ad un mutamento delle mansioni contrattuali o di quelle
precedentemente svolte e, quindi, alla prosecuzione del rapporto di lavoro con
mansioni diverse, in quanto in tali situazioni il contratto di formazione e
lavoro può assolvere pienamente alla sua ragione causale, quale mezzo idoneo a
promuovere l’acquisizione di nuove professionalità (nell’interesse del
lavoratore), oltre che l’esatto adempimento delle diverse mansioni
(nell’interesse del datore di lavoro). Cassazione civile sez. lavoro del 6
giugno 2002, sentenza n. 8250
Le controversie promosse da ex dipendenti in quiescenza nei confronti di enti pubblici eroganti un trattamento integrativo in aggiunta alla pensione - la riliquidazione del trattamento integrativo sorto in un periodo antecedente al 30 giugno 1998 - giurisdizione del giudice amministrativo. Le controversie promosse da ex dipendenti in quiescenza nei confronti di enti pubblici eroganti un trattamento integrativo in aggiunta alla pensione ( come avviene, ad esempio, per i dipendenti dell'INPS e dell'INAIL ), che abbiano per oggetto la riliquidazione di tale trattamento integrativo con l'inclusione nello stesso di competenze retributive non conteggiate, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, se sorte in un periodo antecedente al 30 giugno 1998, essendo le stesse relative a prestazioni che, in quanto corrisposte da un fondo costituito dal medesimo ente pubblico datore di lavoro per mezzo dell'accantonamento di una parte della retribuzione ed alimentato anche da contributi dei dipendenti, ineriscono strettamente al pregresso rapporto di pubblico impiego, con la conseguenza che non sussiste la giurisdizione della Corte dei conti, non essendo in discussione un rapporto previdenziale diverso da quello di lavoro. Corte di Cassazione Sezioni unite civili, 3 giugno 2002 n. 7981.
La concessione della c.d.
“mobilità lunga” - contributi versati. Per la concessione della c.d.
“mobilità lunga”, prevista dall’art. 7, comma 7, della legge n. 223/1991, la
locuzione “possano far valere” deve essere intesa nel senso che, al momento
della cessazione del rapporto, il lavoratore deve trovarsi nelle condizioni di
diritto che gli consentano di poter ottenere che i contributi versati sino a
quel momento in gestioni speciali gli siano computati nell’assicurazione
generale obbligatoria Ivs alfine del raggiungimento dell’anzianità contributiva
di 28 anni. Cassazione Sezione Lavoro del 18 giugno 2002, sentenza n. 8840
Datore di lavoro è tenuto a vigilare ed a supplire al comportamento
negligente. Anche in caso di delega il datore di lavoro è tenuto a vigilare
ed a supplire al comportamento negligente, a maggior ragione nel caso in cui
l'omissione sia pluriennale e relativa a somme rilevanti. Cassazione Penale
sezione III del 31 maggio 2002, sentenza n. 21414
Lavoro a domicilio - il vincolo della subordinazione - nozione. Con il
lavoro a domicilio si realizza una forma di decentramento produttivo
caratterizzato dal fatto che l’oggetto della prestazione non viene in rilievo
come risultato, ma come energie lavorative utilizzate in funzione complementare
e sostitutiva del lavoro eseguito all’interno dell’azienda. Il vincolo della
subordinazione è qualificato non tanto dall’elemento della collaborazione,
intesa come svolgimento di attività per il conseguimento dei fini dell’impresa,
quanto da quello tipico dell’inserimento dell’attività lavorativa nel ciclo
produttivo dell’azienda, di cui il lavoratore a domicilio diventa elemento
ancorchè esterno. Cassazione civile sez. lavoro del 22 maggio 2002, sentenza
n. 7328
Infortuni sul lavoro -
responsabilità del datore di lavoro - sussiste anche quando l’infortunio sia
derivato da imperizia, negligenza od imprudenza del lavoratore - pericolosità
della macchina operatrice - l'obbligo di predisporre adeguata protezione -
esonerato da responsabilità dell'imprenditore. La responsabilità del datore
di lavoro per l'infortunio occorso ad un proprio dipendente addetto ad una
macchina pericolosa non è esclusa per l'avvenuta osservanza delle specifiche
prescrizioni contenute in una norma o disciplina antinfortunistica, allorquando
l'infortunio stesso sia derivato non già dal verificarsi del pericolo previsto
dalla norma medesima e contro il quale erano dirette le prescrizioni tecniche in
essa contenute, ma per effetto della intrinseca pericolosità della macchina
operatrice, per la quale sorge l'obbligo di predisporre adeguata protezione,
ovvero della applicazione di più specifiche ed idonee misure di sicurezza. Le
norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad
impedire l'insorgenza di situazioni pericolose sono dirette a tutelare il
lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche
da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso: ne
consegue che il datore di lavoro e' sempre responsabile dell'infortunio occorso
al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia
quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso
da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per
l'imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle
relative prescrizioni l'eventuale concorso di colpa del lavoratore; con
l'ulteriore conseguenza che l'imprenditore e' esonerato da responsabilità solo
quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'abnormità,
inopinabilità e esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle
direttive ricevute, come pure dell'atipicità ed eccezionalità, così da porsi
come causa esclusiva dell'evento. Corte di Cassazione, del 21.05.2002 sent. n.7454
Contratto a termine - collocazione speciale. Anche dopo la riforma ex D.
L.vo n. 368/2001 il contratto a termine mantiene una collocazione speciale
rispetto alla tipologia tradizionale dell’obbligazione di lavoro. Cassazione
civile sez. lavoro del 21 maggio 2002, sentenza n. 7468
Socio amministratore di società e qualifica di lavoratore subordinato. E’
compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato, anche a livello
dirigenziale, la qualifica di socio ed amministratore di una società di capitali
composta da due soli soci, entrambi amministratori, ove il vincolo della
subordinazione risulti da un concreto assoggettamento del socio dirigente alle
direttive ed al controllo dell’organo collegiale amministrativo formato dai
medesimi due soci. Cassazione civile sez. lavoro del 21 maggio 2002 sentenza
n. 7465
La proporzionalità tra il
comportamento illecito del lavoratore e la sanzione irrogata sul piano
disciplinare - giudice di merito. In ordine al problema della valutazione
della proporzionalità tra il comportamento illecito del lavoratore e la sanzione
irrogata sul piano disciplinare osservando che l’apprezzamento del fatto deve
essere effettuato facendo riferimento al caso concreto, inquadrando l’addebito
nelle specifiche modalità del rapporto e valutando sia la natura del fatto
contestato che il contenuto obiettivo ed intenzionale. Il giudizio, ricorda la
Corte, è riservato al giudice di merito e, se sorretto da adeguata e logica
motivazione, è incensurabile in sede di legittimità. Cassazione sez. Lavoro
del 21 maggio 2002, sentenza n. 7462
Trasferimento d’azienda e licenziamento - l’organizzazione dei beni aziendali. L’art. 2112 c.c., il
quale regola la sorte dei rapporti di lavoro in caso di trasferimento d’azienda,
trova applicazione -ove rimanga immutata l’organizzazione dei beni aziendali,
con lo svolgimento della medesima attività- in tutte le ipotesi in cui il
cedente sostituisca a se il cessionario senza soluzione di continuità, anche nel
caso di restituzione dell’azienda da parte del cessionario per cessazione del
rapporto di affitto. Cassazione del 21 maggio 2002, sentenza n. 7458
Successione di contratti
collettivi aziendali - non iscritti al sindacato. In caso di successione di
contratti collettivi aziendali tutti i lavoratori che abbiano fatto adesione
all’originario accordo, sebbene non iscritti al sindacato, sono vincolati
dall’accordo successivo e non possono invocare soltanto l’applicazione del
primo. Cassazione sez. Lavoro del 20 maggio 2002, sentenza n. 7318
Il rapporto di lavoro subordinato sostituito da uno di lavoro autonomo - la
mutazione del “nomen iuris” - vincolo di assoggettamento - la valutazione del
giudice di merito . obbligo di motivazione. A seguito di uno specifico
negozio novativo, un rapporto di lavoro subordinato può essere sostituito da uno
di lavoro autonomo ma a tal fine è necessario che all’univoca volontà delle
parti di mutare il regime giuridico (ed il “nomen iuris”) del rapporto si
accompagni un effettivo mutamento dello svolgimento delle prestazioni lavorative
come conseguenza del venir meno del vincolo di assoggettamento del lavoratore al
datore di lavoro, sebbene rimanga identico il contenuto della prestazione
stessa. La valutazione (positiva o negativa) del giudice di merito – la cui
reale prosecuzione come rapporto di lavoro subordinato anche dopo la sua
convenzionale qualificazione come rapporto di lavoro autonomo deve essere
dimostrata dal lavoratore stesso - è incensurabile in sede di legittimità, se
adeguatamente motivata. Cassazione civile sez. lavoro del 20 maggio 2002
sentenza n. 7310
La formazione dei c.d. "usi aziendali". Per la formazione dei c.d. "usi
aziendali" occorre un ripetuto comportamento del datore di lavoro che si
inserisce direttamente ed automaticamente nel contratto individuale (comunque,
in senso migliorativo, rispetto al CCNL). Cassazione civile sez. lavoro del
17 maggio 2002, sentenza n. 7200
Lavoro subordinato - categorie e qualifiche dei prestatori di lavoro - mansioni - diverse da quelle dell'assunzione - diritto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa in conformità della qualifica - danno derivante da dequalificazione - dimostrazione della sua esistenza - onere del lavoratore - sussistenza - potenzialità lesiva del comportamento datoriale - insufficienza. Il prestatore di lavoro che chieda la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno (di qualsiasi specie), subito a causa della lesione del proprio diritto di eseguire la prestazione corrispondente alla qualifica spettante, deve fornire la prova dell'esistenza del danno stesso, quale presupposto della eventuale valutazione equitativa, alla stregua del generale criterio dettato dall'art. 2697 cod. civ., non essendo sufficiente la mera potenzialità lesiva del comportamento illecito del datore di lavoro. Corte Cassazione, Sez. L, del 14.5.2002, Sentenza. n. 6992
La differenza tra licenziamento
per giusta causa e licenziamento per giustificato motivo - licenziamento
disciplinare. La differenza tra licenziamento per giusta causa e
licenziamento per giustificato motivo soggettivo riguarda la gravità
dell’inadempimento del lavoratore e non la diversa consistenza temporale del
requisito dell’immediatezza che è rinvenibile in entrambe le ipotesi di
licenziamento disciplinare. Cassazione sez. Lavoro del 13 maggio 2002,
sentenza n. 6899
Transazione innanzi alla commissione provinciale di conciliazione, o in sede
sindacale, o in sede giudiziale e contributi assicurativi - concetto di
retribuzione imponibile ai fini contributivi - le somme corrisposte in occasione
della cessazione del rapporto di lavoro alfine di incentivare l’esodo dei
lavoratori. Sul problema relativo alla assoggettabilità a contribuzioni
obbligatorie delle erogazioni economiche del datore di lavoro previste in
occasione di transazioni, la Corte ha osservato che il principio secondo cui le
erogazioni dipendenti da transazioni aventi la finalità non di eliminare la “res
dubia” oggetto della lite, ma di evitare il rischio della lite stessa e non
contenenti un riconoscimento neppure parziale del diritto del lavoratore,
debbono considerarsi in nesso non di dipendenza ma di occasionalità con il
rapporto di lavoro e quindi non assoggettabili a contribuzione, va coordinato
con il concetto, desumibile dall’art. 12 della legge n. 153/1969, secondo cui
l’indagine del giudice di merito sulla natura retributiva o meno delle somme
erogate al lavoratore non trova alcun limite nel titolo formale di tali
erogazioni. Parimenti, esso va altresì coordinato con il principio che,
nell’ampio concetto di retribuzione imponibile ai fini contributivi, rientra
tutto ciò che in denaro, o in natura, il lavoratore riceve dal datore di lavoro
in dipendenza o a causa del rapporto di lavoro, sicchè per escludere la
computabilità di un istituto non è sufficiente la mancanza di uno stretto nesso
di corrispettività, ma occorre che risulti un titolo autonomo, diverso e
distinto dal rapporto di lavoro, che ne giustifichi la corresponsione.
Allorquando un accordo transattivo sia stato preceduto dalla manifestazione di
volontà del datore di lavoro di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro
con un proprio dipendente e dalla richiesta, da parte di quest’ultimo, di una
somma di denaro, quale condizione per addivenire alla risoluzione consensuale
del rapporto, alla corresponsione di una somma in denaro, erogata in esecuzione
di quell’accordo, deve essere riconosciuta natura retributiva, con conseguente
assoggettamento della somma stessa a contribuzione previdenziale, In tale
situazione, non può trovare applicazione l’art. 4, comma 2 bis, della legge n.
291/1998 che esclude dalla retribuzione imponibile le somme corrisposte in
occasione della cessazione del rapporto di lavoro alfine di incentivare l’esodo
dei lavoratori. Ciò che difetta nel caso di specie è il presupposto, in quanto
non sono stati interessati all’esodo una pluralità di lavoratori il cui posto di
lavoro non è esposto al rischio della precarietà e che proprio per questa
ragione devono essere incentivati a dimettersi attraverso la corresponsione di
una gratifica. Cassazione sez. lavoro del 9 maggio 2002, sentenza n. 6663
Collaborazioni coordinate e continuative - presupposti - la devoluzione della
controversia al tribunale. Gli elementi che debbono ricorrere perché si
possa invocare l’art. 409, n. 3, cpc per la devoluzione della controversia al
tribunale, inteso quale giudice del lavoro. Essi sono: a) continuità, che
ricorre quando la prestazione non sia occasionale ma perduri nel tempo ed
importi un impegno costante del prestatore a favore del committente; b)
coordinazione, intesa come connessione funzionale derivante da un protratto
inserimento nell’organizzazione aziendale; c) personalità, che si ha in caso di
prevalenza del lavoro personale del preposto sull’opera svolta dai collaboratori
e sull’utilizzazione di una struttura di natura materiale. Non è necessario che
la prestazione consti di un’attività diversa da quella abitualmente esercitata
dal prestatore, né che tale prestazione sia resa con totale esclusione di mezzi
organizzati o personale subordinato, essendo peraltro irrilevante che il
suddetto prestatore agisca in regime di autonomia o di subordinazione.
Cassazione sez. lavoro del 19 aprile 2002, sentenza n. 5698
Lavoro a domicilio - definizione - il vincolo della subordinazione. Con
il lavoro a domicilio si realizza una forma di decentramento produttivo:
l’oggetto della prestazione viene in rilievo non come risultato, ma come energie
lavorative utilizzate in maniera complementare e sostitutiva rispetto
all’attività eseguita all’interno dell’azienda. Il vincolo della subordinazione
richiamato dalla legge n. 877/1973 è quello tipico dell’inserimento
dell’attività lavorativa nel ciclo produttivo dell’azienda, di cui il lavoratore
a domicilio diventa elemento ancorchè esterno. Cassazione sez. lavoro del 22
aprile 2002, sentenza n. 5840
Obbligo assicurativo contro gli infortuni sul lavoro - soci di cooperative e
di altre società. Sono assoggettabili all’obbligo assicurativo contro gli
infortuni sul lavoro sia dei soci delle cooperative, che dei soci di ogni altro
tipo di società quando prestano attività lavorativa per lo scopo della società ,
in tutte quelle ipotesi in cui gli stessi svolgono attività lavorativa di tipo
manuale, in modo permanente o avventizio, o attività non manuale (cioè
intellettuale) di sovraintendenza al lavoro altrui. Cassazione sez. lavoro
del 15 aprile 2002, sentenza n. 5382
Conseguenze dell’inadempimento degli obblighi formativi non sanabile in tempo
utile - la trasformazione del contratto - addestramento teorico. Il
rilevante inadempimento degli obblighi formativi non sanabile in tempo utile,
comporta la trasformazione dall’inizio di un contratto di formazione e lavoro in
uno a tempo indeterminato senza vincoli formativi. Ciò discende dal fatto che la
formazione, per esplicito riferimento normativo, costituisce una vera e propria
obbligazione del datore di lavoro. Nel caso di specie la Corte aveva esaminato
un ricorso di un giovane che, assunto con contratto di formazione e lavoro da un
istituto di credito siciliano, aveva visto il proprio rapporto trasformato dopo
i due anni di durata e chiedeva il riconoscimento "ab initio" del contratto di
lavoro subordinato, con i conseguenti vantaggi economici. L’addestramento
teorico era iniziato dopo circa diciotto mesi, mentre per quel che riguardava
l’addestramento pratico il giovane non aveva ricevuto alcun insegnamento
particolare né era stato affiancato a lavoratori già qualificati ed aveva
ricevuto soltanto le normali istruzioni che la banca impartisce a tutti i neo
assunti (a prescindere dal tipo di contratto stipulato). Cassazione civile
sez. lavoro del 13 aprile 2002, sentenza n. 5363
Somme erogate da fondi aziendali - retribuzione imponibile - funzione
previdenziale - versamento dei contributi obbligatori. Le somme erogate da
fondi aziendali hanno natura retributiva e funzione previdenziale e vanno
pertanto incluse nella retribuzione imponibile ai fini del versamento dei
contributi obbligatori, dal momento che non rientrano in alcuna delle eccezioni
previste dall’art. 12 della legge n. 153/1969. Cassazione sez. lavoro dell’11
aprile 2002, sentenza n. 5202
Licenziamento, per superamento del periodo di comporto e matrimonio intimato
entro l’anno - limiti tassativi indicate dalla legge. Il licenziamento
periodo di comporto intimato entro l’anno dalla celebrazione del matrimonio è
attuato per causa di matrimonio vigendo la presunzione legale, che non può
essere superata se non al verificarsi delle ipotesi tassativamente indicate
dalla legge. Cassazione sez. lavoro del 9 aprile 2002, sentenza n. 5065
La delega dei compiti antinfortunistici - esonero della responsabilità del datore di lavoro - condizioni. La delega dei compiti antinfortunistici esonera da responsabilità il datore di lavoro, a condizione che sia inequivoca, specifica e sia accettata dal delegato. Ovviamente, quest'ultimo deve essere fornito di adeguati mezzi di spesa. La Corte ha, altresì, stabilito che la prova di tali condizioni spetta al datore di lavoro. Cassazione penale, Sezione IV del 4 aprile 2002, sentenza n. 12771
Trattamento di fine rapporto - termine di pagamento. L'art. 2120 c.c. non lascia dubbio sulla circostanza che l'obbligazione trova fonte nella cessazione del rapporto che ne rappresenta, quindi, il momento genetico a partire dal quale deve essere adempiuta. Quand'anche non si consideri tale articolo come produttivo dell'obbligo immediato, c'è sempre l'art. 1183, comma 1, c.c., che consente al creditore di esigere immediatamente il pagamento del TFR: ovviamente, da tale momento decorrono gli interessi. Nessun accordo collettivo, tendente a dilazionare il termine di pagamento, può modificare il precetto dell'art. 2120 c.c. Cassazione del 4 aprile 2002, sentenza n. 4822
L’abuso del telefono aziendale -
legittimità del controllo dei dati telefonici - c.d. controlli difensivi -
giustificato motivo soggettivo di licenziamento indipendentemente dall’entità
del danno. Il controllo dei dati telefonici non rientra nel concetto di
divieto di utilizzazione di apparecchiature per il controllo a distanza
dell’attività dei lavoratori ex art. 4 della legge n. 300/1970. Si tratta,
infatti, di controllo atti ad accertare condotte illecite del lavoratore (c.d.
controlli difensivi). L’abuso del telefono aziendale, conclude la Corte, può
costituire giustificato motivo soggettivo di licenziamento indipendentemente
dall’entità del danno creato dal lavoratore. Cassazione sez. Lavoro del 3
aprile 2002, sentenza n. 4746
Gli elementi distintivi del rapporto di lavoro subordinato. Il cardine
degli elementi distintivi del rapporto di lavoro subordinato è rappresentato
dall’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del
datore, peraltro configurabile con intensità ed aspetti diversi in relazione
alla maggiore o minore elevatezza delle mansioni e alla natura delle stesse. Gli
altri elementi quali l’assenza di rischio, la continuità della prestazione,
l’osservanza di un orario e la forma della retribuzione assumono natura
meramente sussidiaria e non decisiva. Cassazione civile sez. lavoro del 2
aprile 2002 sentenza n. 4682
Trattamento di fine rapporto - termine di pagamento - interessi e rivalutazione. Il pagamento del TFR alla data di cessazione del rapporto è condizionato dal fatto che il datore sia a conoscenza di tutti gli elementi di calcolo. Da ciò ne consegue che il TFR produce interessi e rivalutazione su tutto ciò che può essere determinato ed esigibile. In caso contrario, produce gli accessori dal giorno in cui il credito può esser liquidato nel suo ammontare integrale, anche se ciò si realizza, per la successiva acquisita conoscenza di tutti gli elementi di calcolo, dopo la cessazione del rapporto. Conseguentemente, osserva la Corte, che il termine inderogabile per il pagamento del TFR è il momento in cui può esser liquidato nel suo ammontare integrale e, quindi, il momento della cessazione del rapporto di lavoro se in tale momento il TFR è determinabile. Cassazione del 25 marzo 2002, sentenza n. 4222
Contestazione dell’addebito - le giustificazioni - condotta tenuta dal
lavoratore. Nell’ambito del procedimento di contestazione ex art. 7 della
legge n. 300/1970, ove il lavoratore abbia presentato nel prescritto termine di
cinque giorni dalla contestazione dell’addebito le proprie giustificazioni ed
abbia contestualmente richiesto di essere sentito anche oralmente, il datore di
lavoro è obbligato a dar seguito a tale richiesta soltanto quando la stessa
risponda ad obiettive esigenze di difesa non altrimenti tutelabili e non quando,
invece, la richiesta appaia dettata da fini meramente dilatori o sia stata
avanzata in modo equivoco, generico o immotivato ovvero emerga, anche in base
alla condotta tenuta dal lavoratore, che la sua difesa sia stata già esercitata
esaustivamente attraverso giustificazioni scritte non suscettibili, per la loro
compiutezza, di essere completate o solo convalidate da nuove e significative
circostanze. Cassazione sez. Lavoro del 23 marzo 2002, sentenza n. 4187
Protezione dei disabili - periodo di prova - controllo giudiziario sul corretto
esercizio del potere di recesso da parte del datore di lavoro. Il sistema
legislativo di protezione dei disabili, pur consentendo il controllo giudiziario
sul corretto esercizio del potere di recesso da parte del datore di lavoro, non
richiede che l’indicazione dei motivi del licenziamento sia contestuale alla
manifestazione della volontà di recesso dal rapporto durante il periodo di
prova, sicchè l’assenza di un motivo contestuale all’atto della risoluzione non
può, di per sé, incidere sulla validità e l’efficacia del medesimo.
Cassazione sez. lavoro del 18 marzo 2002, sentenza n. 3920
L’assoluta incapacità del sistema
del collocamento pubblico a soddisfare la domanda esistente sul mercato del
lavoro - disapplicazione della normativa nazionale. Nel caso in cui il
giudice di merito accerti l’assoluta incapacità del sistema del collocamento
pubblico a soddisfare la domanda esistente sul mercato del lavoro, è tenuto a
disapplicare la normativa nazionale (Nel caso di specie si trattava di una
sanzione amministrativa irrogata dalla Direzione provinciale del Lavoro di Udine
per l’assunzione di lavoratori avvenuta non per il tramite dell’Ufficio di
collocamento). Cassazione sez. Lavoro del 15 marzo 2002, sentenza n. 3841
Trasferimento d’azienda - nozione - collegamento economico-finanziario fra le imprese - volontà dei contraenti - complesso dei beni ceduti. Per la configurabilità del trasferimento di azienda, così come previsto dall’art. 2112 c.c., occorre verificare, oltre all’eventuale collegamento economico-finanziario fra le imprese e la continuità delle prestazioni lavorative dei lavoratori nelle due aziende interessate, anche la volontà dei contraenti. Va accertato, inoltre, se il complesso dei beni ceduti siano stati considerati autonomamente o nella loro funzione unitaria e strumentale. Cassazione dell’11 marzo 2002, sentenza n. 3469
Società in nome collettivo la rappresentanza spetta a ciascun socio a meno di
eventuali limitazioni rinvenibili nell'atto costitutivo od in una procura -
responsabilità di ciascun socio verso l'esterno e nei confronti dell'INPS.
Nelle società in nome collettivo la rappresentanza spetta a ciascun socio a meno
di eventuali limitazioni rinvenibili nell'atto costitutivo od in una procura. Da
ciò ne consegue la responsabilità di ognuno verso l'esterno e nei confronti
dell'INPS per l'omesso versamento dei contributi previdenziali. Cassazione
Penale sezione III del 7 marzo 2002, sentenza n. 8775
Lavoro subordinato non eseguito con continuità quotidiana - sicurezza sul
lavoro. In materia di sicurezza sul lavoro si può parlare di lavoratore
subordinato anche in quelle ipotesi in cui il lavoro non sia eseguito con
continuità quotidiana ma avvenga nelle esecuzioni di ordini impartiti dal datore
di lavoro, senza alcuna autonomia discrezionale. Cassazione Penale Sezione IV
del 27 febbraio 2002, sentenza n. 7726
Società cooperativa a responsabilità - qualificazione del rapporto
dell’amministratore - prestazioni professionali. autonome limitata In tema
di società cooperativa a responsabilità limitata, il rapporto che lega
l’amministratore, cui è affidata la gestione sociale, alla società è un rapporto
di immedesimazione organica, che non può essere qualificato né come rapporto di
lavoro subordinato, né come rapporto di collaborazione coordinata e
continuativa, orientandosi le prestazioni piuttosto nell’area delle prestazioni
professionali autonome. E’, pertanto, legittima la previsione statutaria della
gratuità. Cassazione civile sez. lavoro del 26 febbraio 2002, sentenza n.
2861
Distinzione tra rapporto di lavoro subordinato e rapporti di lavoro autonomo
- l'accertamento dell'obbligo contrattuale - il perseguimento dei fini propri
del datore di lavoro. Ai fini della distinzione, tra rapporto di lavoro
subordinato e rapporti di lavoro autonomo, assume valore determinante
l'accertamento dell'obbligo contrattuale di porre a disposizione del datore le
proprie energie lavorative e di impiegarle con continuità, fedeltà e diligenza,
secondo le direttive di ordine generale impartite dall'imprenditore e in
funzione dei programmi cui è destinata la produzione, per il perseguimento dei
fini propri del datore di lavoro. Cassazione sez. lavoro del 26 febbraio
2002, sentenza n. 2842
L’irrogazione della sanzione
disciplinare (ivi compreso il licenziamento) - il termine di cinque giorni dalla
contestazione dell’addebito. Il termine di cinque giorni dalla contestazione
dell’addebito, previsto dall’art. 7, comma 5, della legge n. 300/1970 per
l’irrogazione della sanzione disciplinare (ivi compreso il licenziamento)
persegue un triplice obiettivo:
a) consente al lavoratore di presentare le proprie giustificazioni;
b) consente al datore di lavoro di adottare la sanzione dopo aver conosciuto le
difese dell’incolpato;
c) consente al datore di lavoro di fruire di un tempo, anche se molto breve, di
ripensamento e di raffreddamento, tale da fargli adottare i provvedimenti più
gravi con la necessaria ponderazione.
Da ciò ne consegue, secondo la Corte, che il datore di lavoro non può irrogare
il provvedimento, prima della decorrenza di tale termine. C’è da sottolineare,
tuttavia, come tale orientamento non sembri in linea con quello espresso dalle
Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 3965 del 26 aprile 1994. Con
tale decisione si affermava che, nel caso in cui il lavoratore avesse fornito le
proprie giustificazioni prima della scadenza, senza manifestare alcuna
intenzione di produrne di ulteriori, il datore di lavoro poteva procedere alla
irrogazione della sanzione senza attendere il decorso della residua parte del
termine. Cassazione sez. Lavoro del 23 febbraio 2002, sentenza n. 2610
Mobbing sessuale. Commette il
delitto di violenza sessuale previsto dall’art. 609-bis c.p. il datore di lavoro
che, in maniera subdola, tocca, seppur fugacemente, la coscia di una dipendente,
trattandosi di parte “del corpo femminile rientrante nella vasta gamma della
c.d. appetibilità sessuale. Cassazione Sezione Penale Sez. III del 14
febbraio 2002, sentenza n. 6010
Retribuzione - minaccia indiretta finalizzata alla corresponsione di un
salario inferiore al CCNL - reato di estorsione - ingiusto profitto. La
sussistenza di un accordo individuale tra datore e dipendente finalizzato a
corrispondere una retribuzione inferiore al CCNL non è di per sé sufficiente ad
escludere il reato di estorsione: il giudice di merito deve accertare se la
condotta dell’indagato sia stata posta in essere nella sola prospettiva di
conseguire un ingiusto profitto con altrui danno attraverso un comportamento
che, al di là dell’aspetto contrattuale, ponesse concretamente la vittima in uno
stato di soggezione. Cassazione Penale dell’11 febbraio 2002, sentenza n.
5166
Contratto di associazione in partecipazione - rapporto sinallagmatico -
elemento costitutivo essenziale - utili d’impresa. Nel contratto di
associazione in partecipazione il quale mira, nel quadro di un rapporto
sinallagmatico con elementi di aleatorietà, al perseguimento di finalità in
parte analoghe a quelle dei contratti societari, è elemento costitutivo
essenziale, come si evince chiaramente dall’art. 2549 c.c., la pattuizione a
favore dell’associato di una prestazione correlata agli utili d’impresa e non ai
ricavi, i quali ultimi rappresentano in se stessi un dato non significativo
circa il risultato economico effettivo dell’attività dell’impresa. Cassazione
sez. lavoro del 4 febbraio 2002, sentenza n. 1420
Indennità sostitutiva per ferie
non godute: assoggettabilità all’IRPEF. La Cassazione ha ritenuto la piena
assoggettabilità all’IRPEF della indennità corrisposta al lavoratore in
sostituzione delle ferie non godute. Le motivazioni risiedono nelle seguenti
considerazioni: a)assenza di perdita patrimoniale e, quindi, impossibilità di
attribuire a tele compenso natura risarcitoria; b)natura e funzione di compenso
in denaro percepito in dipendenza del rapporto di lavoro. Cassazione Sezione
Lavoro del 2 febbraio 2002, sentenza n. 1713
Processo del lavoro - mancata contestazione dei conteggi - conseguenza
l'integrale accoglimento della domanda. Nelle cause di lavoro la mancata
contestazione dei conteggi da parte del datore di lavoro convenuto comporta
l'integrale accoglimento della domanda solo per i fatti posti a base dei
calcoli. Cassazione Sezioni Unite del 23 gennaio 2002, sentenza n. 761
Nullità assoluta della clausola di un bando di concorso di un Ente pubblico
il quale subordini l’assunzione dei vincitori alla inesistenza di vincoli di
parentela con propri dipendenti. E’ affetta da nullità assoluta la clausola
di un bando di concorso di un Ente pubblico il quale subordini l’assunzione dei
vincitori alla inesistenza di vincoli di parentela con propri dipendenti. La
motivazione addotta è che tale "status" è estraneo alla professionalità dei
lavoratori. Cassazione civile sez. lavoro del 19 gennaio 2002, sentenza n.
570
Nell'esecuzione, di uno scavo, o manualmente o con mezzo meccanico, il datore
di lavoro, nel caso si accerti che il terreno non dia sufficienti garanzie di
stabilità, deve provvedere, o dare ordini delle necessarie armature di sostegno
- il pericolo l'incolumità dei lavoratori - inosservanza di precise disposizioni
antinfortunistiche. Mentre l'art. 12, del d.p.r. n. 164/1956 interessandosi
dello splateamento e dello sbancamento, distingue a seconda che i lavori vengano
eseguiti manualmente o con escavatori meccanici, l'art. 13 non distingue e non
v'è una sola proposizione nello stesso dalla quale possa desumersi che la misura
antinfortunistica ivi prevista vada rispettata soltanto quando si proceda allo
scavo manualmente e non quando vi si proceda avvalendosi di escavatori
meccanici. E la ragione di questa indifferenza del legislatore rispetto alle
modalità di esecuzione dello scavo sta, indubbiamente, nel fatto che, pur quando
lo scavo si effettui con l'ausilio di un escavatore, è tutt'altro che remota la
possibilità che un lavoratore, per una qualsiasi ragione, debba scendere o
scenda, magari disobbedendo agli ordini ricevuti, nella trincea, correndo il
rischio, nel caso di insufficiente consistenza del terreno, di essere travolto.
Nell'esecuzione, dunque, di uno scavo, o manualmente o con mezzo meccanico, il
datore di lavoro, nel caso si accerti che il terreno non dia sufficienti
garanzie di stabilità, deve provvedere, o dare ordini delle necessarie armature
di sostegno non appena sia stata raggiunta, scavando, la profondità di oltre m.
1.50 e ciò al fine di prevenire pericoli per l'incolumità del lavoratore o dei
lavoratori che, per una qualsiasi ragione, scendano nella trincea. Corte di
Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza del 16 gennaio 2002 n. 1588
Rischi conseguenti ad eventuali
imprudenze e disattenzioni dei lavoratori - condotta del lavoratore - rilevanza
- inosservanza di precise disposizioni antinfortunistiche - la colpa
dell'infortunato nella produzione dell'evento - esclusione, in tutto o in parte,
della responsabilità penale del datore di lavoro. La prevalente
giurisprudenza di questa Suprema Corte è, invero, nel senso che "le norme sulla
prevenzione degli infortuni hanno la funzione propria di evitare che si
verifichino eventi lesivi della incolumità, intrinsecamente connaturati alla
esecuzione di talune attività lavorative, anche nelle ipotesi in cui siffatti
rischi siano conseguenti ad eventuali imprudenze e disattenzioni dei lavoratori,
la cui incolumità deve essere sempre protetta con appropriate cautele". "Solo se
il lavoratore ponga in essere una condotta inopinabile, imprevedibile,
esorbitante dal procedimento di lavoro ed incompatibile con il sistema di
lavorazione oppure si concreta nella inosservanza, da parte sua, di precise
disposizioni antinfortunistiche, solo in questa evenienza è configurabile la
colpa dell'infortunato nella produzione dell'evento, con esclusione, in tutto o
in parte, della responsabilità penale del datore di lavoro". (Cass., 3 marzo
1980, Pedrotti; 104 dicembre 1984, D'Amico; 5 novembre 1986, Amadori). Corte
di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza del 16 gennaio 2002 n. 1588
Violazione di norme
antinfortunistiche - la recidiva quale insuperabile ostacolo ai fini del
riconoscimento delle attenuanti generiche - il pericolo l'incolumità dei
lavoratori. Può essere anche vero che l'unico precedente in tema di
violazione di norme antinfortunistiche sia risalente nel tempo, anche se
all'imputato è stata contestata la recidiva infraquinquennale; ma, è pur sempre
un precedente che, proprio perché attinente alla violazione delle norme che
pongono in pericolo l'incolumità dei lavoratori, la Corte di Appello ha
correttamente sottolineato ritenendolo, con assoluta ragionevolezza, parametro
negativo e, quindi, di insuperabile ostacolo ai fini del riconoscimento delle
attenuanti generiche. Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza
del 16 gennaio 2002 n. 1588
L'obbligo di provvedere all'applicazione di armature di sostegno delle pareti
nello scavo di pozzi o di trincee profonde più di metri uno e cinquanta -
responsabilità del datore di lavoro - sicurezza sul lavoro - la misura
antinfortunistica. L'obbligo di provvedere all'applicazione di armature di
sostegno delle pareti, nello scavo di pozzi o di trincee profonde più di metri
uno e cinquanta, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia
di stabilità, sussiste a partire dal momento in cui lo scavo raggiunge la
profondità di metri uno e cinquanta e deve essere adempiuto prima di procedere
oltre nell'escavazione in profondità e, man mano che procede lo scavo, si deve
proseguire nel contemporaneo armamento; risponde, pertanto, di violazione della
norma predetta, il datore di lavoro che, soltanto dopo avere ultimato lo scavo,
a mezzo di escavatrice meccanica, di profondità superiore a metri uno e
cinquanta, inizi le operazioni di applicazione delle armature di sostegno (Cass.,
16 novembre 1971, n. 471). Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza
del 16 gennaio 2002 n. 1588
Disparità di trattamento tra lavoratori della medesima posizione - titoli per
ottenere la differenza economica o il risarcimento del danno - il c.d. E.D.R
"elemento distinto della retribuzione". La eventuale disparità di
trattamento tra lavoratori della medesima posizione, una volta che sia stato
rispettato il dettato del CCNL, non costituisce titoli per ottenere la
differenza economica o il risarcimento del danno. Nel caso di specie, la Corte
ha ritenuto legittimo l'accordo sindacale in vigore presso l'azienda che aveva
escluso i lavoratori neo-assunti dal diritto di percepire il c.d. E.D.R
"elemento distinto della retribuzione". Cassazione sez. lavoro dell'8 gennaio
2002, sentenza n. 132
Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali -
applicazione. Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed
assistenziali previsto dall’art. 2, comma 1 bis, della legge n. 638/1983, trova
applicazione anche quando il datore di lavoro, pur essendovi tenuto, non abbia
corrisposto la retribuzione. Cassazione Penale sezione III del 3 gennaio
2002, sentenza n. 32
Demansionamento - risarcimento del danno. La modifica "in peius" delle
mansioni incide oltre che sulla potenzialità economica del lavoratore, anche
sulla libera esplicazione della personalità, sulla vita professionale e di
relazione, con conseguente diritto al risarcimento. Cassazione del 2 gennaio
2002 sentenza n. 10
Lavoro straordinario degli autotrasportatori - i dischi cronotachigrafi - la
prova - la presunzione semplice - giudice del lavoro poteri istruttori. In
tema di accertamento del lavoro prestato da un autotrasportatore e, quindi,
dello straordinario eventualmente svolto da tale dipendente i dischi
cronotachigrafi, in originale od in copia fotostatica, ove da controparte ne sia
disconosciuta la conformità ai fatti in essi registrati e rappresentati, non
possono fornire da soli piena prova, stante la preclusione sancita dall'art.
2712 c.c., né dell’effettuazione del lavoro e dell’eventuale straordinario, né
dell’effettiva entità degli stessi, occorrendo a tal fine che la presunzione
semplice costituita dalla contestata registrazione o rappresentazione anzidetta
sia supportata da ulteriori elementi, pur se anch’essi di carattere indiziario o
presuntivo, offerti dall’interessato o acquisiti dal giudice del lavoro
nell’esercizio dei propri poteri istruttori. Cassazione sez. lavoro del 20
dicembre 2001, sentenza n. 16098
Periodo di comporto - sospensione per fruizione delle ferie - lavoratore
assente per malattia può mutare il titolo dell’assenza richiedendo ferie già
maturate - aspettativa non retribuita. Il principio secondo il quale un
lavoratore assente per malattia può mutare il titolo dell’assenza richiedendo
ferie già maturate. Ciò sospende il decorso del periodo di comporto anche se
dopo tale richiesta il dipendente abbia fatto richiesta, in costanza di
malattia, di un periodo di aspettativa non retribuita con decorrenza anteriore
al godimento delle ferie stesse. Cassazione sez. lavoro del 17 dicembre 2001,
sentenza n. 15594
Lavoratore disabile - patto di prova - licenziamento individuale - capacità
residua dell'invalido. Il recesso del datore di lavoro durante il periodo di
prova è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale, non
richiedendo una formale comunicazione delle ragioni del recesso. Il lavoratore
può, tuttavia, contestare l'illegittimità dell'atto, sostenendo in giudizio che
l'esito negativo è stato determinato o influenzato dall'obbligo di assunzione
previsto dalla legge. Vale la pena di ricordare che le Sezioni Unite della
Cassazione con sentenza n. 1766 del 27 marzo 1979, ritenendo ammissibile il
patto di prova, hanno precisato che l'oggetto dello stesso deve essere limitato
alla capacità residua dell'invalido, senza alcun riferimento al rendimento medio
del lavoratore valido. Cassazione sez. lavoro del 17 dicembre 2001, sentenza
n. 15943
Contratto a termine e forma scritta. L'indicazione del termine iniziale
della prestazione deve esser precedente o contestuale all'inizio della
prestazione lavorativa e non può esser sostituito da singoli atti relativi alla
procedura di avviamento o da un contratto stipulato successivamente all'inizio
della stessa. Cassazione del 14 dicembre 2001, sentenza n. 15801
Mansioni superiori - modalità del calcolo per il compimento del periodo di
assegnazione - riposi settimanali - ferie - assenze per malattia. Ai fini
del compimento del periodo di assegnazione a mansioni superiori, necessario per
la previsione dell’art. 2103 C.C., si deve tenere conto dei riposi settimanali.
La decisione della Corte trova il proprio fondamento nel fatto che i riposi
settimanali, strettamente correlati alla prestazione lavorativa, sono pause
insopprimibili e non procrastinabili (salvo casi eccezionali): essi cadenzano
l’attività lavorativa e, in loro mancanza, lo stesso espletamento delle mansioni
superiori può risultare pregiudicato. Diverso è, invece, il discorso relativo
alle ferie ed alle assenze per malattia. Nel primo caso la Corte afferma che,
l’assenza prolungata dal servizio per periodo feriale, non può far ritenere che
in quel lasso di tempo maturi quella esperienza professionale in base alla quale
si matura il diritto alla promozione automatica. Nella seconda ipotesi, le
motivazioni sono analoghe e trovano riferimento in una precedente pronuncia
dello stesso organo (Cass., 21 ottobre 1992, n. 11494). Cassazione del 13
dicembre 2001, sentenza n. 15766
Retribuzione proporzionata - imprenditorialità. Il principio
costituzionale relativo al diritto del lavoratore ad una retribuzione
proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, oltrechè
sufficiente alle esigenze minime personali e familiari, è indubbiamente
inapplicabile a quelle prestazioni che pur prevalentemente personali e
coordinate, siano caratterizzate dalla imprenditorialità, sotto il profilo del
ruolo svolto da fattori produttivi non riconducibili alla mera attività
lavorativa del contraente, e della determinante influenza dei rischi tipici di
impresa sul risultato economico rilevante ai fini del compenso. Cassazione
del 12 dicembre 2001, sentenza n. 15661
Il patto di prova - forma e contenuto. Il patto di prova apposto al
contratto di lavoro deve risultare non solo da atto scritto, ma anche contenere
la specifica indicazione delle mansioni da espletare, in relazioni alle quali il
datore di lavoro dovrà esprimere la propria valutazione sull’esito della prova;
a tal fine, mentre non può ritenersi sufficiente la mera indicazione del reparto
aziendale ove si svolgerà la prova del lavoratore, il riferimento al sistema
classificatorio contenuto nella contrattazione collettiva può integrare la
necessaria specificazione delle mansioni, ove le classificazioni contengano una
nozione dettagliata del profilo professionale, idonea a specificare l’effettiva
struttura delle mansioni e non si limitino ad un’indicazione positiva o negativa
della preparazione professionale necessaria allo svolgimento delle mansioni
medesime. Cassazione del 4 dicembre 2001, sentenza n. 15307
Mancato accantonamento per la Cassa Edile delle somme dovute ai lavoratori
edili - reato di appropriazione indebita aggravata. Commette il reato di
appropriazione indebita aggravata il datore di lavoro che, anziché accantonare
presso un istituto di credito le percentuali da lui trattenute sulle somme
spettanti ai lavoratori per ferie, gratifica natalizia e festività soppresse,
mantenga le stesse, di proprietà dei dipendenti, nella sua materiale
disponibilità. (Nella specie il datore di lavoro non solo ha omesso di
accantonare le quote trattenute da versarsi alla Cassa Edile, ma le ha
trattenute nella propria disponibilità). Cassazione Penale sezione II, del 22
novembre 2001, sentenza n. 41826
Part-time - contratto a tempo parziale. Il contratto a tempo parziale è
compatibile con il sistema del collocamento obbligatorio, purchè lo stesso sia
riferibile alla libera volontà del lavoratore, restando irrilevanti le esigenze
produttive dell’impresa. Cassazione del 22 novembre 2001, sentenza n. 14823
I requisiti identificativi della subordinazione. Il requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di specifici ordini, oltrechè dall'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni. L'esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore ed al modo della sua attuazione. Cassazione sez. lavoro del 21 novembre 2001, sentenza n. 14664
Periodo di preavviso - efficacia reale - diritto alle ferie. Secondo il principio il quale il preavviso ha efficacia reale, discende la conseguenza che durante il suo decorso proseguono gli effetti previsti dal contratto. Conseguentemente, il lavoratore ha diritto di godere delle ferie durante il preavviso e che quest'ultimo, se lavorato, comporta la maturazione del diritto al numero proporzionale correlato di giorni di ferie, sicchè lo spostamento del termine finale del preavviso avviene "ope legis". Cassazione del 21 novembre 2001, sentenza n. 14646
Malattia grave - comunicazione prima della scadenza del periodo di comporto -
limite massimo - comporto ordinario. In caso di tubercolosi o altra malattia
grave per la quale la legge o il contratto prevedono la conservazione del posto
per periodo eccedenti il limite massimo di comporto, incombe sul lavoratore
l'onere della comunicazione della natura della malattia al proprio datore di
lavoro, prima che lo stesso eserciti la facoltà di recesso ex art. 2110 C.C.
alla scadenza del comporto ordinario. Cassazione del 19 novembre 2001,
sentenza n. 14475
La determinazione della giusta retribuzione ex art. 36 della Costituzione.
La determinazione della giusta retribuzione ex art. 36 della Costituzione,
nei casi in cui le parti non aderiscono ai contratti collettivi di settore
stipulati, non comporta l'automatica adesione alle tariffe minime previste dagli
stessi. Infatti, secondo la Corte, si può procedere anche alla loro riduzione in
ragione delle modeste dimensioni dell'impresa. Tale sentenza si pone in linea
con il principio già affermato nella sentenza n. 12528 del 12 novembre 1998,
secondo la quale in tema di adeguamento della retribuzione ex art. 36 Cost., la
disciplina collettiva adottata come parametro non può trovare applicazione
automatica soprattutto per quanto concerne speciali istituti retributivi
riservati all'autonomia contrattuale (come i compensi aggiuntivi, integrativi
dei minimi salariali o la 14^ mensilità). Cassazione del 15 novembre 2001,
sentenza n. 14211
Mansioni diverse da quelle dell’assunzione - inadempimento contrattuale -
risarcimento del danno da dequalificazione professionale - competenza del
giudice di merito - liquidazione in via equitativa. Dall’art. 2103 c.c.
discende non soltanto il diritto del lavoratore all’effettivo svolgimento della
propria prestazione professionale, ma anche il diritto, in caso di inadempimento
contrattuale, al risarcimento del danno da dequalificazione professionale. Tale
danno può assumere aspetti diversi perché può essere correlato sia
all’impoverimento della capacità professionale già acquisita che alla mancata
acquisizione di maggiore professionalità, che nella perdita di ulteriori
opportunità di guadagno che, infine, nella lesione di un diritto all’immagine,
alla salute o, più semplicemente, alla vita di relazione. La Suprema Corte
conclude affermando che spetta al giudice di merito accertare lo stesso,
individuarne l’ammontare e procedere alla sua liquidazione anche in via
equitativa. Cassazione del 14 novembre 2001, sentenza n. 14199
Indennità di mensa e retribuzione. La mensa, come istituto contrattuale, rientra nella busta paga, anche per quel che concerne gli istituti correlati, soltanto allorché è accompagnato da una indennità sostitutiva e solo in misura corrispondente al valore dell’indennità. Cassazione del 14 novembre 2001, sentenza n. 14198
Trasferimento d’azienda - natura transattiva degli accordi sindacali - riconoscimento dell’anzianità - principio di continuità del lavoro. L’accordo collettivo con il quale, in caso di passaggio d’azienda e nella prospettiva di salvaguardare i livelli occupazionali, si preveda la risoluzione dei singoli rapporti di lavoro con l’impresa cedente e la costituzione di nuovi rapporti con il cessionario, è pienamente valido. Esso ha efficacia vincolante nei confronti dei lavoratori iscritti alle associazioni stipulanti o che abbiano aderito successivamente all’accordo anche nella parte in cui esso libera il nuovo datore di lavoro dall’onere del riconoscimento dell’anzianità pregressa di servizio, contenendo esso una deroga convenzionale, pienamente valida, al principio di continuità del lavoro stabilito dall’art. 2112, comma 1, c.c. Cassazione del 13 novembre 2001, sentenza n. 14091
Disciplina delle visite mediche di controllo "ex lege" n. 638/1983 -
cognizione del giudice ordinario. La disciplina delle visite mediche di
controllo "ex lege" n. 638/1983 prevede prestazioni d'opera professionale
nell'ambito di una attività autonoma continuativa svolta in regime convenzionale
e, quindi, estranea, data l'assenza di subordinazione, alla fattispecie del
pubblico impiego. Da ciò ne consegue che le relative controversie sono devolute
alla cognizione del giudice ordinario. Cassazione Sezioni Unite del 12
novembre 2001, sentenza n. 14026
Maturazione delle ferie durante la malattia - il diritto alle ferie - le
condizioni fisiche compatibili con la funzione di riposo e di ricreazione.
La maturazione delle ferie non trova limiti ostativi nella sospensione del
rapporto dovuta a malattia e che l’autonomia privata trova un limite
insuperabile, per quel che riguarda la loro durata, nella necessità di
parificare ai periodi di servizio quelli dell’assenza per malattia. L’accoglibilità
della richiesta, (nella specie relativa alla circostanza che dopo una lunga
malattia il lavoratore richieda un periodo di ferie) in base alla necessità che
il diritto alle ferie, irrinunciabile, sia esercitato in condizioni di salute, o
almeno in condizioni fisiche compatibili con la funzione di riposo e di
ricreazione. Cassazione Sezioni Unite del 12 novembre 2001, sentenza n. 14020
Illecito contrattuale - risarcimento del danno - prescrizione ordinaria
(cinque anni). Il comportamento del datore di lavoro il quale non consenta
ad un proprio dipendente di rientrare in servizio dopo un periodo di
integrazione salariale, seguendo il criterio prefissato della rotazione,
costituisce un illecito contrattuale. Da ciò ne consegue che il lavoratore ha
diritto a chiedere il risarcimento del danno ex art. 1218 c.c.. Tale diritto è
assoggettato alla prescrizione ordinaria (cinque anni), anche nella ipotesi in
cui sia stato quantificato sulla base delle retribuzioni non percepite.
Cassazione del 9 novembre 2001, sentenza n. 13926
Lavoratore inadempiente - il risarcimento del pregiudizio sofferto. Ai
sensi dell'art. 2119 c.c. così come al datore di lavoro che licenzi un
lavoratore inadempiente è precluso di domandare il risarcimento del pregiudizio
sofferto per trovarsi costretto a reperire sul mercato un nuovo collaboratore a
condizioni meno vantaggiose, non è consentito al lavoratore dimissionario per
giusta causa ottenere altro che l'indennità di preavviso a compenso del
pregiudizio specifico determinato dalla risoluzione del rapporto. Cassazione
del 7 novembre 2001, sentenza n. 13782
La prestazione giornalistica di un soggetto privo dell’iscrizione all’albo.
La prestazione giornalistica di un soggetto privo dell’iscrizione all’albo è da
considerare come resa da un soggetto privo del requisito e l’eventuale
iscrizione dell’organismo professionale non può avere effetti retrodatati.
Ovviamente, secondo un indirizzo gia espresso dalla Suprema Corte il 1° giugno
1998, il contratto di lavoro stipulato con un soggetto non iscritto all’albo è
invalido ma non illecito nell’oggetto e nella causa e, pertanto, il lavoratore
ha diritto, per il periodo in cui il contratto ha avuto esecuzione, al
trattamento economico relativo all’attività espletata. Cassazione del 7
novembre 2001, sentenza n. 13778
Periodo di preavviso di licenziamento - accettazione dell’indennità sostitutiva. L’accettazione dell’indennità sostitutiva del preavviso, con conseguente esonero dalle prestazioni per il periodo contrattualmente previsto, comporta la immediata interruzione del rapporto di lavoro. Da ciò ne consegue che al lavoratore non competono gli eventuali nuovi emolumenti introdotti da disposizioni legislative intervenute successivamente all’accettazione dell’indennità sostitutiva ed anteriormente alla scadenza del periodo di preavviso. (Nel caso di specie il lavoratore licenziato era un dirigente di una società finanziaria controllata dall’EFIM a cui la Corte non ha ritenuto applicabile la legge n. 738/1994, che aveva esteso a tali dirigenti i trattamenti supplementari previsti per i dirigenti EFIM). Cassazione del 2 novembre 2001, sentenza n. 13581
Preavviso di licenziamento - la prosecuzione del rapporto di lavoro - l'immediata interruzione del rapporto. Il preavviso di licenziamento comporta la prosecuzione del rapporto di lavoro e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine di preavviso previsto dal contratto solo nell'ipotesi in cui il lavoratore continui nella prestazione della sua attività, mentre si verifica l'immediata interruzione del rapporto quando intervenga fra le parti un accordo in proposito, come nell'ipotesi di accettazione da parte del lavoratore dell'indennità sostituiva del preavviso; ne consegue che allo stesso lavoratore non competono, in quest'ultimo caso, nuovi emolumenti che siano introdotti da disposizioni legislative intervenute successivamente all'accettazione dell'indennità sostitutiva e anteriormente alla scadenza del periodo di preavviso. Cassazione civile, sez. lav., 2 novembre 2001, n. 13580
Demansionamento professionale - tutela giudiziale in via equitativa. In caso di accertato demansionamento professionale del lavoratore in violazione dell'art. 2103 c.c., il giudice di merito possa, con un apprezzamento adeguatamente motivato, desumere l’esistenza di un danno derivante da un demansionamento, stabilendone l’entità, anche in via equitativa, sulla base di elementi di fatto relativi alla durata della qualificazione e di altre circostanze riferite al caso concreto. Cassazione del 2 novembre 2001, sentenza n. 13580
La sussistenza del reato di omissioni contributive - presupposti. Per
effetto della sostituzione dell'art. 37 della legge n. 689/81 con l'art. 116,
comma 19, della legge n. 388/00, la sussistenza del reato è condizionata da due
presupposti: a) l'omesso versamento non deve essere inferiore a Euro 2582.28
mensili; b) l'omesso versamento non deve tener conto del maggiore importo tra
questi e la metà dei contributi dovuti complessivamente. Cassazione Penale
sezione III del 30 ottobre 2001 sentenza n. 38781
Lavoratore disabile o protetto (orfano, coniuge superstite, profugo) - patto
di prova - il "controllo giudiziale". Con la nel confermare la legittimità
del patto di prove in tutti quei casi nei quali l’assunzione avviene per effetto
della normativa sul collocamento obbligatorio dei disabili, ha affermato due
principi: a) il giudice di merito può verificare la validità o meno del recesso
del datore di lavoro, impedendo che quest’ultimo basi l’esito negativo della
prova, attraverso un riscontro con il rendimento dei c.d. lavoratori "sani"; b)
il patto di prova è apponibile anche ai rapporti dei lavoratori che, seppur non
invalidi, sono ugualmente protetti dalla legge (profughi, orfani, coniugi
superstiti) ed anche rispetto ad essi si applica il "controllo giudiziale"
correlato ad una eventuale elusione dell’obbligo di legge. Cassazione del 30
ottobre 2001, sentenza n. 13525
L’onere probatorio relativo al pagamento delle prestazioni lavorative
effettuate oltre il normale orario di lavoro, è a carico del lavoratore.
L’onere probatorio relativo al pagamento delle prestazioni lavorative effettuate
oltre il normale orario di lavoro, è a carico del lavoratore. L’altra parte,
infatti, non ha l’onere di dimostrare l’insussistenza di circostanze non dedotte
dal ricorrente, né di fornire la prova contraria se l’attore viene meno
all’onere probatorio. Cassazione del 17 ottobre 2001, sentenza n. 12695
Reintegrazione - natura risarcitoria delle somme dovute ed eccezione di "aliunde
perceptum" - altro reddito percepito dal lavoratore. Le somme dovute dal
datore di lavoro a seguito di sentenza di reintegra hanno natura risarcitoria.
Dopo aver affermato tale principio la Corte ha, altresì, sostenuto che
l’eventuale eccezione avanzata dal datore di lavoro circa la percezione di altro
reddito di lavoro da parte del lavoratore (perché, nel frattempo, ha trovato
un’altra occupazione c.d. aliunde perceptum) presenta caratteristiche di mera
difesa ed è proponibile anche in appello, in quanto non si configura come un
allargamento della materia su cui si deve decidere. Ovviamente, spetta al datore
di lavoro provare, con i mezzi che la legge gli mette a disposizione, che il
lavoratore ha percepito un altro reddito. Cassazione del 15 ottobre 2001,
sentenza n. 12534
Lavoro parasubordinato - determinazione della retribuzione dovuta -
valutazione equitativa del corrispettivo. Nella determinazione del compenso
per un’attività di lavoro parasubordinata, una volta accertata l’inesistenza del
rapporto subordinato, il giudice possa liquidare il compenso facendo riferimento
ai criteri individuati dall’art. 2225 c.c.. Ciò è possibile, tuttavia, al
termine di un iter logico motivato attraverso il quale il giudice di merito
abbia accertato l’impossibilità oggettiva di una determinazione certa
dell’importo dovuto. Da qui la valutazione equitativa che trae spunto dalla
norma sopra riportata secondo la quale il corrispettivo, se non è convenuto
dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli
usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro
necessario per ottenerlo. Cassazione del 22 agosto 2001, sentenza n. 11210
La normativa sui condoni sia contributivi che tributari - effetti finanziari
e processuali - facoltà di dilazione - decadenza dai benefici. La normativa
sui condoni sia contributivi che tributari ha come scopo principale quello di
consentire l’immediata percezione di entrate altrimenti sospese e di eliminare
il contenzioso con tutto ciò che ad esso è correlato (aggravi economici ed
organizzativi). L’accoglimento della domanda comporta l’estinzione di ogni
contestazione sull’esistenza del debito contributivo, senza che sia perciò
configurabile una lesione del diritto di difesa. Infatti, il condono è una via
discrezionale e non obbligata, tanto è vero che chi ritiene di non essere tenuto
all’obbligo contributivo conserva la possibilità di far valere le proprie
ragioni. Da ciò, discendono conseguenze diverse per il giudice di merito adito:
a) rigetto della domanda di accertamento negativo dell’obbligo contributivo
proposta dopo l’adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina del
condono; b) dichiarazione di cessata materia del contendere se l’adempimento è
avvenuto nel corso del procedimento giudiziale; provvedimento meramente
processuale qualora il beneficiario si sia avvalso della facoltà di dilazione:
ciò consente di non pregiudicare l’originaria pretesa dell’Ente previdenziale
nel caso in cui il soggetto obbligato dai benefici del condono decada per una
qualsiasi ragione (es. mancato pagamento delle rate successive). Cassazione
del 22 agosto 2001, sentenza n. 11205
Indebito contributivo - decorrenza degli interessi. La cassazione ha
confermato, risolvendo un problema di restituzione di somme a titolo di indebito
contributivo nei confronti dell’INAIL, derivante da erroneo classamento delle
lavorazioni ai fini della tariffa dei premi, che la decorrenza degli interessi e
la rivalutazione delle somme dovute, spetta dal momento della domanda
amministrativa, attesa la sostanziale equiparabilità di quest’ultima alla
domanda giudiziale ex art. 2033 C.C. Cassazione, del 10 agosto 2001, sentenza
n. 11033
Potere discrezionale del datore di lavoro - l'accertamento sulla capacità
professionale - correttezza complessiva. Nel potere discrezionale del datore
di lavoro in ordine alla valutazione del comportamento del lavoratore, rientri
non soltanto l'accertamento sulla capacità professionale, ma anche quello
relativo alla correttezza complessiva ed al modo con il quale si manifesta la
sua personalità (nel caso di specie la Corte ha ritenuto pienamente legittimo il
recesso dell'imprenditore il quale aveva valutato negativamente la circostanza
che il lavoratore, nella domanda di assunzione, avesse "negato" la sussistenza
di precedenti penali a suo carico). Cassazione del 21 luglio 2001, sentenza
n. 9948
Lavoratori stranieri e contratto a termine - scadenza del permesso di
soggiorno non comporta la risoluzione del rapporto ma soltanto una sospensione -
giustificato motivo di licenziamento. La normativa sui contratti a termine
non può trovare ostacolo nel fatto che sulla conclusione del rapporto possa
incidere un provvedimento dell’autorità amministrativa (es. Questura) con il
quale sia stata, a priori, fissata la scadenza del permesso di soggiorno. La
Suprema Corte ha argomentato tale indirizzo sostenendo che il principio di
parità di trattamento e di diritti con i cittadini italiani non può essere
precarizzato. Il requisito del termine con atto scritto non può, quindi, essere
surrogato dall’atto dell’autorità amministrativa: da ciò ne consegue che non è
legittima la tesi secondo cui alla scadenza del permesso il rapporto si conclude
automaticamente per impossibilità sopravvenuta della prestazione. E’ pur vero
che è vietata l’occupazione del lavoratore extracomunitario privo del permesso
di soggiorno e della autorizzazione al lavoro in corso di validità, ma da ciò la
Corte non fa discendere automaticamente la risoluzione del rapporto, in quanto
l’atto amministrativo può essere rinnovato. La Suprema Corte evidenzia, una
distinzione giuridica affermando che la cessazione della validità del permesso
non comporta la risoluzione del rapporto ma soltanto una sospensione da ogni
effetto giuridico ed economico e può costituire giustificato motivo di
licenziamento ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966. Cassazione
dell’11 luglio 2001, sentenza n. 9407
Trasferimento di azienda - i rapporti di lavoro - disciplina dell’art. 2120 c.c.. Si ha trasferimento di azienda assoggettato per i rapporti di lavoro alla disciplina dell’art. 2120 c.c., quando l’oggetto del trasferimento risulta essere un complesso funzionale di beni idoneo a consentire l’inizio o la prosecuzione dell’attività imprenditoriale. L’accertamento della sussistenza di queste condizioni è demandata al giudice di merito che, tuttavia, non può sindacarne la legittimità se congruamente motivata. Deve escludersi che una regola contraria possa desumersi dall'art. 47, quinto comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, perché la norma si limita a consentire modifiche peggiorative del trattamento dei lavoratori in deroga all'art. 2112 c.c., al fine di salvaguardare le opportunità occupazionali, quando venga trasferita l'azienda di un'impresa insolvente, purché - ferma restando la continuazione dei rapporti di lavoro - l'imprenditore cessionario eserciti il potere modificativo sulla base di un contratto collettivo o individuale (Cass. 12 maggio 1999, n. 4724). Cassazione civile, sez. lav., 23 giugno 2001, n. 8621
Direttiva Cee 14 febbraio 1977, n. 77-187 - i limiti della salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di aziende di imprese insolventi - presupposto dell'obbligo risarcitorio. Non è pertinente il richiamo della direttiva Cee 14 febbraio 1977, n. 77-187, come interpretata dalle sentenze della Corte di giustizia 25 luglio 1991, n. C -362-1989 e 7 dicembre 1995, n. C - 472-1993, in quanto precisa i limiti della salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di aziende di imprese insolventi, con il solo effetto di rendere conformi alla direttiva le suddette limitazioni ad opera dei diritti nazionali, non certo di impedire che siano previste dalle legislazioni interne livelli di tutela eventualmente maggiori ancorché comportanti maggiori rigidità del sistema. Ciò premesso in diritto, il problema se, nella fattispecie concreta, sia stata trasferita un'azienda ovvero soltanto beni aziendali, costituisce indagine di fatto, riservata al giudice del merito e sottratta al sindacato di legittimità se congruamente motivata (cfr.Cass. 30 dicembre 1999, n. 14755). La giurisprudenza della Corte ha da tempo tratto il convincimento che la norma costituisce una specificazione del generale principio della responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.), sicché al lavoratore compete, per il periodo in cui è stato allontanato dal posto di lavoro e le prestazioni sono state rifiutate senza un motivo legittimo, un risarcimento commisurato alle retribuzioni non percepite, quale lucro cessante presunto iuris tantum (art. 1223 c.c.). Ne costituiscono puntuale applicazione le decisioni che richiedono, quale indefettibile presupposto dell'obbligo risarcitorio del datore di lavoro, l'imputabilità a costui dell'inadempimento secondo il precetto generale dell'art. 1218 c.c., fatta eccezione per la misura minima di cinque mensilità di retribuzione, la quale è assimilabile ad una sorta di penale avente la sua radice nel rischio di impresa e può assumere la funzione di un assegno di tipo, in senso lato, assistenziale nel caso di assenza di responsabilità di tipo soggettivo in capo al datore di lavoro (cfr. Cass., 21 settembre 1998, n. 9464; 2 maggio 2000, n. 5499; 11 maggio 2000, n. 6041); nonché, la rilevanza, in senso riduttivo del danno, degli incrementi economici conseguiti dal lavoratore a causa del rifiuto opposto dal datore di lavoro di ricevere le prestazioni (cd. aliunde perceptum), ai sensi degli art. 1223 c.c. (cfr. Cass., sez. un., 22 marzo 1995, n. 3319; Cass. 29 marzo 1996, n. 2906; 5 giugno 1996, n. 5228; 4 febbraio 1998, n. 1150). Discende da tali premesse che non può operare la presunzione semplice di danno coincidente con la perdita delle retribuzioni in tutte quelle ipotesi in cui deve escludersi che, nella situazione concreta, il lavoratore abbia diritto al corrispettivo della prestazione lavorativa, in quanto la mancata esecuzione non risulta imputabile al datore di lavoro. Cassazione civile, sez. lav., 23 giugno 2001, n. 8621
Caso di invalidità del licenziamento - principio della responsabilità contrattuale - misura minima del risarcimento del danno - autotutela del lavoratore. L'art. 18, comma 4, l. 20 maggio 1970 n. 300, (sostituito dall'art. 1 l. 11 maggio 1990 n. 108), nel prevedere, in caso di invalidità del licenziamento, la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per effetto del licenziamento stesso, mediante corresponsione di una indennità commisurata alla retribuzione non percepita, stabilisce una presunzione "iuris tantum" di lucro cessante. Presupposto indefettibile per l'applicabilità di tale disposizione, che costituisce una specificazione del generale principio della responsabilità contrattuale, è l'imputabilità al datore di lavoro dell'inadempimento, fatta eccezione per la misura minima del risarcimento, consistente in cinque mensilità di retribuzione, la quale è assimilabile ad una sorta di penale, avente la sua radice nel rischio di impresa. Ne consegue che ove il licenziamento sia intervenuto in un periodo di sospensione del rapporto di lavoro per effetto dell'esercizio, ex art. 1460 c.c., dell'autotutela del lavoratore, che abbia rifiutato di eseguire la propria prestazione a fronte dell'inadempimento di quella del datore di lavoro, non essendo configurabile, per tale periodo, il diritto alla retribuzione, in considerazione della forma di tutela scelta dal lavoratore in sostituzione della normale tutela giurisdizionale, non può operare la predetta presunzione di lucro cessante. Pertanto, in tale ipotesi, correttamente la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, in caso di invalidità del licenziamento dallo stesso intimato al lavoratore, è limitata al minimo di legge delle cinque mensilità di retribuzione. Cassazione civile, sez. lav., 23 giugno 2001, n. 8621
Trasferimento dell'azienda coattivo - il mezzo giuridico in concreto impiegato. Nel trasferimento dell'azienda non osta, il fatto che si sia in presenza di un trasferimento coattivo, poiché la fattispecie "trasferimento" prescinde dall'esistenza di un rapporto contrattuale, assumendo esclusivo rilievo non il mezzo giuridico in concreto impiegato ma soltanto che il nuovo imprenditore diventi titolare del complesso organizzato di beni nel suo nucleo essenziale (cfr., fra le più recenti decisioni, Cass., 27 dicembre 1999, n. 14568). Cassazione civile, sez. lav., 23 giugno 2001, n. 8621
La nozione di azienda intesa in senso oggettivo - gli sgravi contributivi per
le nuove assunzioni - onere della prova. La nozione di azienda va intesa in
senso oggettivo. Di conseguenza, il problema del riconoscimento degli sgravi
contributivi non spettano allorché si è in presenza di elementi di permanenza
della precedente struttura aziendale, come nel caso in cui vi sia una
sostanziale identità tra l'impresa che ha proceduto ai licenziamenti e quella
che ne ha disposto l'assunzione. L'onere della prova ricade, in ogni caso, sul
datore di lavoro richiedente. Cassazione sez. lavoro del 22 giugno 2001,
sentenza n. 8537
L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro esonera il
datore di lavoro dalla responsabilità civile - danno biologico e morale -
risarcimento dei danni non patrimoniali - danno differenziale - responsabilità
del datore di lavoro. L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per i danni
occorsi al lavoratore e limita l'azione risarcitoria di quest'ultimo al danno
differenziale nel caso di esclusione di detto esonero per la presenza di
responsabilità penali ex. art. 10 DPR n. 1124/1965: in sostanza, l'assicurazione
copre il danno patrimoniale legato alla riduzione della capacità lavorativa e
non il danno alla salute o quello morale di cui all'art. 2059 C.C. che il
lavoratore, in armonia con i principi ricavabili dalle sentenze della Corte
Costituzionale n. 356 e n. 485 del 1991, può rivendicare ove sussistano i
presupposti di responsabilità del datore di lavoro. Cassazione del 16 giugno
2001 sentenza n. 8182
Mancato godimento delle ferie -
l'onere della prova. Grava sul lavoratore l'onere della prova del mancato
godimento delle ferie. Cassazione del 3 giugno 2000, sentenza n. 7445
La maggiorazione del periodo lavorativo ai fini pensionistici. La
maggiorazione del periodo lavorativo ai fini pensionistici, riconosciuta
dall'art. 13 della legge 257/1992 e succ. mod., in favore dei "lavoratori" del
settore dell'amianto esposti al rischio di malattia per oltre dieci anni, spetta
soltanto ai lavoratori tuttora in servizio anche se titolari di pensione o
assegno di invalidità e non a coloro che già usufruirono della pensione di
vecchiaia o di anzianità. Cassazione sez. lavoro del 19 aprile 2001, sentenza
n. 5764
Mansioni superiori - sostituzione di lavoratore assente - non attribuisce
diritto alla promozione - le c.d. "sospensioni legali". La Suprema Corte
offre una qualificazione della definizione di "lavoratore assente con diritto
alla conservazione del posto", la cui sostituzione non attribuisce diritto alla
promozione ex art. 2103 C.C. Le ipotesi di sostituzione che non danno diritto
sono le c.d. "sospensioni legali" (sciopero, funzioni pubbliche elettive,
infortunio, malattia, gravidanza, puerperio, servizio civile o militare) o
convenzionali del rapporto di lavoro, e non anche quello destinato, per scelta
organizzativa del datore di lavoro, a lavorare in un altro reparto, o invitato a
partecipare ad un corso di formazione. Cassazione sez. lavoro del 5 marzo
2002, sentenza n. 3145
Malattia - certificato e luogo di degenza - INPS - l’obbligo di verificare.
In materia di assenza per malattia che incombe sul lavoratore, nel momento in
cui invia ed al proprio datore, l’obbligo di verificare che sia stato indicato
(ed, in difetto, lo deve indicare lui stesso) il luogo del proprio domicilio
durante la malattia e di rendersi reperibile alle visite di controllo disposte
dall’INPS. Cassazione del 4 aprile 2001, sentenza n. 5023
Mobbing - delitto di
maltrattamento. Commette il delitto di maltrattamento previsto dall'art. 572
c.p. il datore di lavoro che realizzi nei confronti di lavoratori dipendenti
ripetute e sistematiche vessazioni atte a produrre in essi uno stato di abituale
sofferenza fisica e morale. Cassazione Penale Sezione VI, del 12 marzo 2001,
sentenza n. 10090
Responsabilità per
l'igiene e la sicurezza dei luoghi di lavoro relativi agli uffici giudiziari
si ripartisce tra il titolare del potere di controllo (capi degli uffici
giudiziari) e il titolare del potere di spesa, spettante all'organo del comune
(sindaco o assessore delegato o direttore dell'ufficio tecnico dotato di
poteri decisori).
In materia di responsabilità per l'igiene e la sicurezza dei luoghi di lavoro
relativi agli uffici giudiziari, il dovere di sicurezza si ripartisce tra il
titolare del potere di controllo, attribuito, dall'art. 2 d.lg. 19 marzo 1996
n. 242 e, sulla base di questo, dal decreto del Ministro della giustizia 18
novembre 1996 di attuazione, ai capi degli uffici giudiziari (che in tal modo
hanno assunto la qualità di datori di lavoro ai sensi dell'art. 2 comma 1
lett. b) d.lg. 19 settembre 1994 n. 626), e il titolare del potere di spesa,
spettante all'organo del comune (sindaco o assessore delegato al patrimonio
immobiliare o direttore dell'ufficio tecnico dotato di poteri decisori) che
eserciti in concreto la potestà di decisione e di spesa, atteso che, in forza
dell'art. 1 l. 24 aprile 1941 n. 392, l'ente territoriale ha l'obbligo di
provvedere a quanto necessita per "i locali ad uso degli uffici giudiziari"
(Nella specie è stata annullata dalla Corte, con rinvio, la sentenza di
condanna del dirigente dell'ufficio tecnico comunale, perché il giudice aveva
omesso l'indagine e l'accertamento in ordine all'esistenza di una richiesta di
intervento del Comune da parte del capo dell'ufficio giudiziario interessato
e, ove vi fosse stato un positivo riscontro, anche in ordine
all'individuazione dell'organo comunale titolare del potere di decisione e di
spesa). Cassazione penale, sez. III, 2 marzo 2001, sentenza, n.
20904
Truffa aggravata nei confronti dello Stato e dell'INPS - simulazione nei
contratti di formazione e lavoro. Commette il delitto di truffa aggravata
nei confronti dello Stato e dell'INPS chi, dopo aver denunciato l'instaurazione
di contratti di formazione e lavoro, di fatto ponga in essere con i propri
dipendenti normali rapporti di lavoro subordinato, versando i contributi in
misura inferiore al dovuto. Cassazione penale 1 marzo 2001, Sezione II
sentenza n. 8562
Gli obblighi previsti dal programma di formazione - finalità. Il
discostamento (anche non lieve) dagli obblighi previsti dal programma di
formazione non comporta la conversione del contratto ai sensi dell'art. 3 della
legge n. 863/1984, qualora si accerti in concreto il raggiungimento della sua
prevalente finalità, che è quella di consentire al giovane un ingresso "guidato"
nel mondo del lavoro, con il superamento del "gap" determinato dalle precedenti
esperienze esclusivamente scolari. Cassazione civile sez. lavoro del 9
febbraio 2001, sentenza n. 1907
Sono penalmente responsabili il sindaco e il capo dell’ufficio tecnico per inosservanza delle norme relative alla prevenzione antinfortunistica e di sicurezza. E' penalmente responsabile un sindaco che, pur avvertito, non si curi di far rimuovere possibili violazioni a norme relative alla prevenzione antinfortunistica. E’ ininfluente se il provvedere richieda una maggiore spesa non preventivata, in quanto il sindaco ha sempre il potere di chiedere le ''necessarie variazioni in bilancio'', o di attingere ''al fondo di riserva''. Le stesse responsabilita' riguardano anche il capo dell'Ufficio Tecnico del Comune, se, avvertito della violazione, ''non si avvalga dell'opera dei dipendenti comunali per effettuare le opere richieste''. Nella specie il sindaco e il capo dell’ufficio tecnico sono stati condannati dal Pretore di Lucera per inosservanza delle norme di sicurezza durante l'esecuzione di lavori ad una scuola elementare. Corte di Cassazione Sentenza del 20 gennaio 2001 sentenza, n. 257
Responsabilità del
dirigente per ogni violazione di specifiche norme antinfortunistiche - la
nozione di datore di lavoro pubblico nel dirigente - la posizione di garanzia
assunta dal sindaco e dagli assessori in materia di prevenzione.
In tema di norme per la prevenzione dagli infortuni, non si può ascrivere al
dirigente ogni violazione di specifiche norme antinfortunistiche atteso che,
sebbene l'art. 2, lett. b), seconda parte, D. Lgs. n. 626 del 1994, individua
la nozione di datore di lavoro pubblico nel dirigente al quale spettano i
poteri di gestione, l'art. 4, comma 12, D. Lgs citato ribadisce il principio
fondamentale in materia di delega di funzioni secondo cui, attesa la posizione
di garanzia assunta dal sindaco e dagli assessori in materia di prevenzione,
la delega in favore del dirigente assume valore solo ove gli organi elettivi e
politici siano incolpevolmente estranei alle inadempienze del delegato e non
siano stati informati, assumendo un atteggiamento di inerzia e di colpevole
tolleranza. (Nella specie la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei
giudici di merito i quali avevano affermato, oltre quella del dirigente che
non si era avvalso dei dipendenti comunali per effettuare le opere minimali
necessarie, anche la responsabilità penale del sindaco il quale, messo a
conoscenza delle violazioni esistenti e delle misure da adottare, non aveva
provveduto a richiedere le necessarie variazioni in bilancio per una partita
relativa a poche opere provvisionali e neppure azionato i poteri di
impegnativa di spese del cd. fondo di riserva). Cassazione penale, sez. III,
24 novembre 2000, sentenza n. 257
Distinzione tra lavoro autonomo e subordinato - "nomen iuris" - gli elementi
principali della subordinazione - elementi sussidiari. Ai fini della
distinzione tra lavoro autonomo e subordinato occorre andare oltre il "nomen
iuris" e riferirsi al concreto atteggiarsi del rapporto fin dal momento della
sua instaurazione e sino a quello del successivo suo svolgimento. Gli elementi
che determinano la sussistenza della subordinazione, in tale prospettiva, sono
l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale, il suo
assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare. Vi sono poi altri elementi
sussidiari da valutare globalmente come la retribuzione predeterminata da pagare
a scadenze fisse, l'assenza di una sia pur minima struttura imprenditoriale in
capo al lavoratore o l'inserimento della prestazione lavorativa offerta
nell'ambito della organizzazione imprenditoriale. Cassazione civile sez.
lavoro del 19 maggio 2000, sentenza n. 6570
Espropriazione forzata dei crediti - procedimento di esecuzione - competenza appartenente al giudice del luogo di residenza del terzo debitore - terzo privo di legittimazione passiva. In tema di espropriazione forzata di crediti, la competenza territoriale per il procedimento di esecuzione appartiene al giudice del luogo di residenza del terzo debitore, e, ove questo sia un istituto di credito, al giudice del luogo ove ha sede l'agenzia che ha in carico il rapporto da dichiarare; tuttavia, la circostanza che il creditore abbia indicato un'agenzia che non ha in carico il suddetto rapporto attiene al merito e non incide sulla competenza del giudice adito, giacchè la scelta del terzo debitore spetta al creditore procedente e, ove questi individui un terzo privo di legittimazione passiva, il terzo ben può dichiarare di non essere debitore dell'esecutato, senza che ciò rilevi ai fini della competenza territoriale del giudice dell'esecuzione. Cassazione civile, sez. lav., 3 novembre 1999, n. 12256
Inquinamento da rumore - obbligo per il datore di lavoro di ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione al rumore mediante le misure concretamente attuabili - i mezzi di protezione dell'udito. In virtù della legge 29 dicembre 1990 n. 428, è stato emanato dal Governo il decreto legislativo n. 277 del 15 agosto 1991, con il quale si è data attuazione alle direttive C.E.E. comprese nell'elenco allegato alla legge suddetta. Per quanto qui interessa, l'art. 41 di tale decreto - legislativo, premesso che il datore di lavoro deve ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione al rumore mediante le misure concretamente attuabili, ha fissato talune prescrizioni (esposizione di una appropriata segnaletica, ecc.) in relazione ai luoghi di lavoro che possono comportare un'esposizione personale quotidiana superiore a 90 dBA; l'art. 42 ha precisato il contenuto della "informazione e formazione" che deve essere portato a conoscenza dei lavoratori esposti, rispettivamente, ad un rumore superiore a 80 od a 85 dBA; gli artt. 43 e 44 hanno indicato i mezzi di protezione dell'udito da fornire ai lavoratori che siano verosimilmente esposti ad oltre 85 decibel ed i controlli sanitari cui essi devono essere sottoposti; e l'art. 45, infine (Superamento dei valori limite di esposizione), ha stabilito che, se nonostante le misure di applicazione previste dall'art. 41, comma primo, l'esposizione al rumore risulta superiore a 90 dBA, il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza le misure tecniche ed organizzative applicate, informando i lavoratori ovvero i loro rappresentanti. Dalla lettura coordinata di tali disposizioni emerge, quindi, che i c.d. valori - limite di esposizione al rumore rappresentano una soglia intollerabile, in presenza del cui superamento incombono sul datore di lavoro specifici oneri, e che tuttavia l'esposizione a rumori che raggiungono soglie inferiori (ma superiori, in particolare, ad 85 decibel), richiede pur sempre l'adozione di adeguati mezzi di protezione e l'assoggettamento del lavoratore a controllo sanitario, per cui è da ritenersi, in definitiva, che anche l'esposizione ad una rumorosità inferiore ai 90 decibel sia idonea a pregiudicare l'apparato uditivo. Secondo quanto affermato da questa Corte in un una fattispecie sostanzialmente analoga a quella in esame (Cass. 26 agosto 1992, n. 9860), può quindi affermarsi che l'accertamento che la rumorosità lavorativa svolta non supera i valori indicati dall'art. 45 del d.l.vo n. 277 del 19919 non può costituire idonea fonte di valutazione della richiesta diretta ad ottenere la prestazione prevista per la malattia professionale denunciata, nè quindi esime il giudice dall'indagine medico - legale in ordine alla sussistenza o meno della malattia, atteso che la tabella delle malattie professionali contempla la sola esposizione al rischio della lavorazione e che, del resto, la diversa capacità di resistenza di ciascun organismo esposto al rischio non può influire sul riconoscimento della tecnopatia. Cassazione civile, sez. lav., 7 aprile 1998, n. 3582
Inquinamento acustico - esposizione dei lavoratori a rumori dannosi - l'adempimento dell'obbligo di legge da parte del datore di lavoro - natura del reato. La omessa valutazione del rischio da rumore configura il reato di cui agli art. 40 e 50 d.lg. 15 agosto 1991 n. 277; questo ha natura permanente e la permanenza cessa con l'adempimento dell'obbligo di legge da parte del datore di lavoro, ovvero con la sentenza di primo grado. Cassazione penale, sez. III, 18 febbraio 1998, n. 4133
Assunzione di lavoratori senza il prescritto tramite dell'Ufficio di collocamento - la legge di depenalizzazione del reato - i provvedimenti di trasformazione di reati in illeciti amministrativi - la trasmissione degli atti agli enti competenti per l'applicazione delle sanzioni amministrative - obbligato da parte del giudice - opposizione all'ordinanza ingiunzione - limite intrinseco al principio di irretroattività della norma di depenalizzazione. Anche le disposizioni della legge n. 689 del 1981 dettate, diversamente dai principi generali di cui ai primi dodici articoli, in riferimento agli specifici casi di depenalizzazione operati dalla medesima legge, possono trovare applicazione nelle depenalizzazioni disposte da leggi successive, nelle quali sia ravvisabile una lacuna normativa contrastante con le loro finalità. In particolare l'art. 40 della legge n. 689 del 1981, secondo cui le sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni (già penalmente sanzionate) commesse anteriormente all'entrata in vigore di detta legge di depenalizzazione, é analogicamente applicabile anche alla depenalizzazione, attuata dall'art. 26 della legge 28 febbraio 1987 n. 56, dell'assunzione di lavoratori senza il prescritto tramite dell'Ufficio di collocamento (fattispecie già sanzionata penalmente dall'art. 33, dodicesimo comma, e dall'art. 38 della legge n. 300 del 1970). Infatti una simile depenalizzazione non ha la finalità di sanare i precedenti illeciti, ma quella di alleggerire la punizione dei responsabili e alleviare i compiti della oberata giurisdizione penale. Su tale retroattività della legge di depenalizzazione peraltro prevale - come in ogni altro caso analogo - la precedente estinzione del recato per amnistia o prescrizione che sia invocata dall'interessato in sede di opposizione all'ordinanza - ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa. Cassazione Sez. Lav. del 9.9.1996, sent. n. 92