AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


 

Dottrina LegislazioneGiurisprudenzaConsulenza On Line

AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562

Giurisprudenza

 

  Lavoro

2005

(Vedi anche le voci: inquinamento - sicurezza - aria - suolo - P.A.)

 

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-96

 

Gli aggiornamenti successivi

 

sono reperibili sul nuovo sito della rivista AmbienteDiritto.it

 

 

Informazioni per la pubblicità su AmbienteDiritto.it

 

 

 <

 

 

Lavoro - Previdenza e assistenza - Diritto del lavoratore di ottenere dall'INPS, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del t.f.r. - Natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale - Conseguenze in tema di prescrizione. Il diritto del lavoratore di ottenere dall’INPS, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del T.F.R. carico dello speciale fondo di cui all’art. 2 della legge n.297 del 1982, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro (restando esclusa, pertanto, la fattispecie di obbligazione solidale), diritto che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di lavoro ma) al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva), con la conseguenza che, prima che si siano verificati tali presupposti, nessuna domanda di pagamento può essere rivolta all’INPS e, pertanto, non può decorrere la prescrizione del diritto del lavoratore anche nei confronti del Fondo di garanzia. Presidente V. Mileo, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 19 dicembre 2005, Sentenza n. 27917

 

Lavoro - Previdenza - Sgravi contributivi - Lavoratori esterni di aziende operanti nei territori del mezzogiorno. In tema di sgravi contributivi in favore delle aziende operanti nel Mezzogiorno, la S.C. riconosce, con decisione innovativa, che il beneficio non può essere escluso per quei lavoratori esterni (quali: piazzisti, manutentori, riparatori) che, pur addetti ad aziende operanti nei territori del Mezzogiorno, svolgano, necessariamente e continuativamente, le prestazioni lavorative, anche al di fuori di quei territori, in tutte le località alle quali sono destinati i prodotti delle aziende medesime. La S.C., prendendo atto del contrastante orientamento dominante, ritiene frustrata, con la diversa lettura delle disposizioni in materia, la “ratio legis”, limitando, la funzione promozionale del beneficio contributivo, pur in difetto di qualsiasi previsione in tal senso, alle sole quote di mercato, localizzate nei territori del Mezzogiorno, dei prodotti di aziende che operano, e svolgono, la propria attività produttiva, esclusivamente negli stessi territori. Presidente V. Mileo, Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 19 dicembre 2005, Sentenza n. 27915

 

Lavoro - Pensione di anzianita' - Lavoratori in possesso di contribuzioni nelle due diverse gestioni del lavoro autonomo e del lavoro dipendente - Disciplina applicabile. In tema di liquidazione della pensione di anzianità, e relativa disciplina, per i lavoratori dipendenti che perfezionano i requisiti contributivi con il cumulo di pregressa contribuzione da lavoro autonomo, (Cass. nn. 4054 e 7481 del 2003) per individuare, in relazione alle disposizioni dell’art.1, commi 25 e seguenti della legge n.335 del 1995, le regole che disciplinano la maturazione del diritto e la decorrenza della pensione di anzianità, deve farsi riferimento a quelle vigenti nella gestione previdenziale che eroga la prestazione; la regola del cumulo, anche automatico, dei contributi accreditati in più gestioni concerne esclusivamente il caso della liquidazione della pensione in una delle gestioni dei lavoratori autonomi, mentre ai fini della liquidazione di una pensione nella gestione dei lavoratori dipendenti è necessario che il requisito contributivo sussista con riferimento ai contributi alla stessa versati. Presidente V. Carbone, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 15 dicembre 2005, Sentenza n. 28261

 

Lavoro subordinato - Costituzione del rapporto - Lavoro a termine - Dipendenti postali. Non viola l’art. 1363 cod.civ., la decisione di merito che si limiti a constatare, nel rispetto della formulazione letterale e con motivazione logicamente plausibile, che il termine di scadenza dell’efficacia dell’autorizzazione alla stipulazione di contratti a termine, non contenuto nella pattuizione originaria, venne fissato con accordi sindacali “attuativi”, rilevanti alla stregua di comportamenti successivi delle parti, in connessione con la durata delle esigenze aziendali, e che, siccome stipulato coevamente alla clausola madre, esprimeva, altresì, l’intento di intervenire negozialmente sulla durata dell’autorizzazione. La diversa formulazione dell’accordo attuativo siglato il 16 gennaio 1998 giustifica l’interpretazione secondo cui la dizione “si potrà procedere” alle assunzioni a termine “fino al 30 aprile 1998” assumeva il significato univoco di autorizzazione limitata alla data anzidetta. Presidente G. Ianniruberto, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 15 dicembre 2005, Sentenza n. 27685

 

Lavoro subordinato - Lavoro domestico - Prestazione finalizzata a soddisfare un bisogno personale del datore - Precettore o istitutore che svolga la sua opera per il funzionamento dell'attività istituzionale e professionale del datore. Elemento caratterizzante il rapporto di lavoro domestico è la prestazione, finalizzata al funzionamento della vita familiare, per soddisfare un bisogno personale del datore e non già uno strumento per l’attività professionale da questi prestata, con la conseguente inapplicabilità della normativa sul lavoro domestico ove, come nella specie, il precettore o l’istitutore svolga la sua opera non per le necessità personali del datore, sibbene per il funzionamento dell’attività istituzionale e professionale da questi svolta. Presidente E. Mercurio, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 14 dicembre 2005, Sentenza n. 27578
 

Lavoro - Dirigenti degli enti parastatali - Diritto alla riliquidazione della pensione integrativa in conseguenza delle variazioni della retribuzione pensionabile del personale in servizio - Funzione nomofilattica. Le Sezioni Unite intervengono in tema di previdenza integrativa dei dirigenti degli enti parastatali con una rilettura delle norme sulle quali già hanno esercitato la funzione nomofilattica (Sezioni Unite n.17634 del 2003) - non registrandosi decisioni, successive, di segno opposto, né ius superveniens -, rimeditando le disposizioni in tema di compenso incentivante per la produttività (o assegno temporale) introdotto per i dirigenti degli enti parastatali, nel senso della esplicita previsione di pensionabilità riservata al legislatore che, supplendo alla parziale inapplicabilità sopravvenuta delle disposizioni regolamentari di previdenza del disciolto INAM, dia fondamento al diritto dei dirigenti in servizio (degli enti interessati) alla pensionabilità dei compensi ai medesimi corrisposti con carattere fisso e continuativo, ed escludendo, simile rilevanza, per il compenso incentivante la produttività, in difetto di un’esplicita previsione normativa. Presidente V. Carbone, Relatore G. Coletti. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 12 dicembre 2005, Sentenza n. 27394

 

Lavoro pubblico - Dipendenti di enti diversi dallo stato - Indennità di fine rapporto - Applicazione dell’art. 545 c.p.c.. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 4 della legge 8 giugno 1966, n. 424, nella parte in cui prevede, per i dipendenti degli enti pubblici diversi dallo Stato, la sequestrabilità e la pignorabilità delle indennità di fine rapporto di lavoro, relativamente ai crediti da danno erariale, senza osservare i limiti stabiliti dall’articolo 545 c.p.c. Sussiste disparità di trattamento ai danni dei dipendenti degli enti pubblici rispetto al regime applicabile, in analoghe fattispecie, ai dipendenti dei datori di lavoro privati ed ai dipendenti civili e militari dello Stato. Nel pervenire a tale decisione la Corte ha richiamato la sent. n. 225 del 1997, che aveva esteso l’applicabilità dell’art. 545 cit. ai dipendenti civili e militari dello Stato. Presidente A. Marini - Relatore L. Gazzella. CORTE COSTITUZIONALE, del 9 dicembre 2005, Sentenza n. 438

 

Lavoro subordinato - costituzione del rapporto - lavoro a termine - dipendenti postali. L’art. 23 della legge n.56 del 1987, ha attribuito alla contrattazione collettiva l’identificazione delle ipotesi nelle quali è ammissibile l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, si inserisce nel sistema delineato dalla legge n.230 del 1962, con la conseguenza, in tema di legittima prosecuzione del rapporto lavorativo, che le parti sindacali, nel caso in cui il contratto collettivo fissi un preciso limite temporale per la relativa assunzione, possono, nella vigenza di detto contratto, differire tale termine (ad esempio, nel caso in cui non risulti raggiunto l’obiettivo per il quale si è proceduto all’assunzione a termine), escludendo, invece, il differimento in virtù di accordi successivi alla sua vigenza, per essere tali accordi intervenuti dopo l’acquisizione del diritto del lavoratore ad un rapporto a tempo indeterminato, diritto disponibile, ad opera delle organizzazioni sindacali, solo a seguito di uno specifico preventivo mandato ad esse rilasciato dal lavoratore. Presidente G. Ianniruberto, Relatore G. Vidri. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 7 dicembre 2005, Sentenza n. 26989

 

Lavoro subordinato - Costituzione del rapporto - Lavoro a termine - Dipendenti postali. L'interpretazione dell’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, secondo cui è consentito alla contrattazione collettiva, con una sorta di "delega in bianco", individuare nuove ipotesi di legittima apposizione di un termine al contratto di lavoro, affidando, adeguatamente, la tutela del lavoratore allo strumento negoziale collettivo, non capovolge il rapporto, di regola-eccezione, tra contratto di lavoro a tempo indeterminato e lavoro temporaneo, nè una “liberalizzazione” dell’assunzione a termine (ritenuta inammissibile da Corte cost. n.41 del 2000, in forza dell’obbligo dell’Italia di rispettare la direttiva 1999/70/Ce del Consiglio dell’unione europea del 28 giugno 1999). Presidente G. Ianniruberto, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 6 dicembre 2005, Sentenza n. 26678

 

Lavoro subordinato - Licenziamento disciplinare - Intervallo temporale fra l'intimazione ed il fatto contestato - Tempestività del recesso. Ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito della tempestività del licenziamento, l'intervallo temporale fra l'intimazione del licenziamento disciplinare e il fatto contestato al lavoratore, non essendo necessario attendere l’esito del procedimento penale, assume rilievo solo in quanto rivelatore di una mancanza di interesse del datore di lavoro all'esercizio della facoltà di recesso; con la conseguenza che, nonostante il differimento di questo, l'incompatibilità degli addebiti con la prosecuzione del rapporto può essere desunta da misure cautelari (come la sospensione) adottate in detto intervallo dal datore di lavoro, giacché tali misure dimostrano la permanente volontà del datore di lavoro di irrogare, eventualmente, la sanzione del licenziamento. Presidente F. Lupi , Relatore F. Lupi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 6 dicembre 2005, Sentenza n. 26670

 

Lavoro subordinato - Assunzione obbligatoria - Invalidi affetti da minorazione fisica - Accertamento sanitario ex art. 16, comma 2, lett. b) decreto legislativo n. 626 del 1994 disposto dal datore di lavoro ed effettuato prima dell'assunzione. La Corte, muovendo dalla ratio normativa che conferisce al datore una diretta funzione di controllo preventivo nell’assegnazione del lavoratore, avviato obbligatoriamente, a mansioni compatibili con le sue condizioni fisiche e di salute, e in continuità con la precedente disciplina ( art.20, terzo comma, legge n.482 del 1968), ha delineato lo spazio temporale dell’accertamento previsto dall’art. 16, comma 2, lett. b) del decreto legislativo n.626 del 1994, affermando che può essere effettuato anche prima dell’assunzione del lavoratore ed escludendo l’obbligo, per il datore, di comunicare, contestualmente alla predisposizione dell’accertamento, la mansione specifica in relazione alla quale l’idoneità debba essere valutata. Presidente S. Mattone, Relatore P. Cuoco. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 2/12/2005, Sentenza n. 26238

 

Lavoro sicurezza - Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttiva 93/104/CE - Nozione di “orario di lavoro” - Portata. La direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, dev’essere interpretata nel senso che essa osta alla normativa di uno Stato membro che, per quanto attiene ai servizi di guardia effettuati dai lavoratori di taluni centri sociali e medico sociali secondo il regime della presenza fisica sul luogo stesso di lavoro, preveda, ai fini del computo dell’orario di lavoro effettivo, un sistema di equivalenza come quello oggetto della causa principale, qualora il rispetto integrale delle prescrizioni minime stabilite dalla direttiva stessa ai fini di un efficace tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori non sia garantito. Nell’ipotesi in cui la normativa nazionale preveda, segnatamente, ai fini della durata massima del lavoro settimanale, un tetto più favorevole ai lavoratori, i limiti massimi o tetti pertinenti nella verifica dell’osservanza delle norme di tutela previste dalla detta direttiva sono esclusivamente quelli previsti nella direttiva medesima. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità europee del 1° dicembre 2005, procedimento C-14/04

 

Lavoro - Previdenza complementare - Accesso - Condizioni - Art. 15 l. n. 335/1995 - Retroattività. In tema di accesso alle prestazioni di anzianità e di vecchiaia assicurate dalle forme di previdenza complementare, estendendo la regola introdotta dall'art. 15 della legge 8 agosto 1995 n. 335 (che ha aggiunto il comma 8 quinquies, all'art. 18, del decreto legislativo n. 124 del 1993), per cui l'accesso alle prestazioni di anzianità e di vecchiaia assicurate dalle forme di previdenza complementare è subordinato alla liquidazione del trattamento pensionistico obbligatorio, anche alle fattispecie completate prima della sua entrata in vigore. La Corte ha, inoltre, ritenuto la proposta ricostruzione del complesso quadro di riferimento conforme ai principi costituzionali. (contra: Cass. n.15821 del 2004). Presidente E. Mercurio, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 24/11/2005, Sentenza n. 24718

 

Lavoro - Pubblici dipendenti - Mansioni superiori - Compenso - Presupposti. Il compenso per lo svolgimento, da parte dei pubblici dipendenti, di mansioni superiori a quella della loro qualifica, che sia previsto dalle norme regolatrici dell’impiego (che, per i dipendenti delle unità sanitarie locali, è l’articolo 29 dello stato giuridico emanato con decreto del presidente della repubblica 20 dicembre 1979 n. 761, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale), spetta solo quando le mansioni superiori siano svolte, per espresso incarico dell’organo d’amministrazione, in un posto della pianta organica dell’ente o ufficio d’appartenenza (rimasto scoperto, naturalmente), e non già quando si tratti semplicemente delle attività lavorative concretamente svolte nel proprio posto d’impiego; perché ciò equivarrebbe ad introdurre una valutazione delle mansioni concretamente svolte nel posto occupato, tale da vanificare la previsione di piante organiche e della normativa di accesso ai posti delle varie qualifiche. (Conf.: C.d.S. Sez. V, 21/11/2005 Sent. n. 6422) Pres. Santoro - Est. Carboni - DE NICHILO (avv. Avolio) c. REGIONE LOMBARDIA (n.c.) (conferma TAR Lombardia sez. II, sentenza 4 agosto 1992 n. 536). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 21 novembre 2005 (c.c. 31 maggio 2005), Sentenza n. 6423

 

Lavoro - Redditi di lavoro dipendente - Controversie tra sostituto d’imposta e sostituito - Giurisdizione delle commissioni tributarie. Anche la controversia tra sostituto d’imposta e sostituito, avente ad oggetto la pretesa del primo di rivalersi delle somme versate a titolo di ritenuta d’acconto, non detratta dagli importi erogati al secondo, rientra nella giurisdizione delle commissioni tributarie, e non resta, in particolare, condizionata dal carattere “impugnatorio” della stessa. Presidente V. Carbone, Relatore E. Papa. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 15 novembre 2005 Sentenza n. 23019

 

Lavoro - Imprese con meno di sedici dipendenti - Tutela reale del lavoratore licenziato - Unica organizzazione aziendale - Art. 18 statuto dei lavoratori. Ai fini dell'applicabilità dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori, è necessario il c.d. requisito numerico che può dirsi verificato in presenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, pur formalmente in essere con una delle imprese - facenti parte di un'unica organizzazione aziendale - con un numero di dipendenti inferiore a sedici. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. lav., 14/11/2005, sentenza n. 22927

 

Lavoro pubblico privatizzato - Atti recanti le linee fondamentali di organizzazione degli uffici - Giurisdizione del giudice amministrativo - Fattispecie. In materia di lavoro pubblico privatizzato, dal sistema di riparto di giurisdizione delineato dall'art. 63, comma primo, d.lgs. n. 165 del 2001, risulta chiaramente che le controversie concernenti (secondo il criterio del cosiddetto "petitum sostanziale" in base al quale non è sufficiente la mera impugnazione dell'atto amministrativo) gli atti recanti le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, adottati dalle amministrazioni ai sensi dell'art. 2, c. 1 dello stesso decreto - quali atti presupposti (rispetto a quelli di organizzazione e gestione dei rapporti di lavoro) nei confronti dei quali sono configurabili astrattamente situazioni di interesse legittimo - spettano alla giurisdizione del giudice amministrativo, restando irrilevante la loro incidenza riflessa sugli atti di gestione di diritto privato dei rapporti di lavoro, ai fini dell'attrazione alla giurisdizione del giudice ordinario. (Sulla base del suddetto principio la S.C. ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della controversia avente ad oggetto l'impugnazione, da parte di organizzazioni sindacali, di un regolamento della Regione Lazio, di attuazione della legge regionale n. 25 del 1996, in materia di inquadramento del personale, che aveva consentito il conferimento della qualifica dirigenziale a numerosi dipendenti). Presidente V. Carbone, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 8 novembre 2005, Ordinanza n. 21592

 

Lavoro - Grave inadempimento del datore di lavoro - Astensione dalla prestazione lavorativa - Giusta causa di licenziamento - Esclusione. L'astensione dalla prestazione lavorativa conseguente ad un grave inadempimento del datore di lavoro non costituisce giusta causa di licenziamento. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezione Lavoro, 07/11/2005, Sentenza n. 21479

 

Lavoro subordinato - Contratto collettivo - Inderogabilità- Premio di produttività. Nei rapporti giuridici di durata, quale il rapporto di lavoro, non è interdetto al legislatore e alle parti stipulanti i contratti collettivi di modificare, "in peius", la posizione di una delle parti, anche mediante la modifica di un sistema di calcolo della retribuzione o del trattamento di quiescenza, con riguardo ad un periodo già trascorso, salvo il limite della ragionevolezza ed escluso il diritto di ripetere somme già corrisposte. Il limite all’autonomia delle parti contraenti nel dettare un nuovo regolamento dei rapporti in corso è ancor più tenue rispetto alla discrezionalità del legislatore civile atteso che il contratto non dà luogo a comandi impartiti unilateralmente e imperativamente, ma costituisce, nel suo schema normale, il punto di incontro di contrapposte esigenze e valutazioni, rimesse alla libertà delle parti ed espresse nell’atto di autonomia, sicchè l’intervento giudiziale, inteso ad alterare assetti economici-giuridici spesso raggiunti all’esito di difficili trattative, può essere più idoneo a compromettere, che a salvaguardare, i valori, di rilievo costituzionale, posti a fondamento dei cosiddetti diritti quesiti. Ciò vale ancor più ove, come nella specie, si tratta di contrattazione collettiva sviluppatasi nell’ampia cornice del Protocollo di intesa tra Governo e sindacati del 23 luglio 1993, sulla politica dei redditi e dell’occupazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto, con riferimento all’art.49 del C.C.N.L. 19 dicembre 1994, che l’attribuzione del premio di produttività non fosse correlata a meri risultati di bilancio, sibbene al raggiungimento di risultati programmati, di produttività del lavoro, di qualità e di altri elementi di competitività di cui le imprese disponessero. Per la S.C., la circostanza che le parti sociali avessero discusso fino a raggiungere l’accordo aziendale del 28 giugno 1997 con il quale decisero di escludere la corresponsione del premio aziendale per gli anni 1996, 1997 e 1998, non deponeva affatto, sul piano logico, per l’erroneità dell’interpretazione accolta dal giudice di merito, non risultando che le parti sociali si ponessero un problema interpretativo o non, piuttosto, una questione di natura “lato sensu” economica concernente i risultati di gestione e di raggiungimento di dati obiettivi sottostanti all’erogazione del premio, in relazione alla decisione della non erogaz ione dello stesso per i tre anni indicati). Presidente S. Ciciretti, Relatore L. Vigolo. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 4 novembre 2005, Sentenza n. 21379

 

Lavoro - Uffici di collocamento - Processo del lavoro - Certificazioni amministrative - Fattispecie. Al fine di valutare l’incidenza probatoria delle certificazioni fornite dagli uffici di collocamento, il rilievo per cui esse sono basate su mere dichiarazioni della parte cui non può essere consentita la precostituzione di una prova a suo favore vale per l’autocertificazione, che il pubblico ufficiale riceve senza essere chiamato ad effettuare alcuna verifica, non anche per le certificazioni rilasciate da pubblici ufficiali sulla base di risultanze degli atti, formati a seguito di dichiarazioni della parte e peraltro suscettibili di verifica in qualsiasi momento. (Nella specie la S.C. ha ritenuto non adeguatamente motivata la decisione di merito che aveva affermato incombere alla lavoratrice richiedente l’indennità di astensione obbligatoria, l’onere di fornire la prova del rapporto di lavoro e che le certificazioni rilasciate dagli organi preposti al collocamento non avessero alcuna rilevanza siccome formate a seguito di dichiarazione di parte e contrastate dalle dichiarazioni rese dal datore di lavoro agli ispettori dell’istituto, consacrate nei verbali prodotti in grado di appello). Presidente S. Ciciretti, Relatore A. Spanò. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 3 novembre 2005, Sentenza n. 21304

 

Lavoro - Contratto collettivo - Efficacia - Imprenditore non iscritto al sindacato stipulante - Applicazione spontanea, costante ed uniforme di molteplici clausole di un contratto collettivo - Effetti. L'applicazione spontanea, costante ed uniforme, di molteplici clausole del contratto collettivo da parte dell'imprenditore non iscritto al sindacato stipulante, significa implicita adesione al contratto stesso non nella sua globalità, escludendo che il contratto possa spiegare efficacia vincolante nei confronti dell’imprenditore anche quanto alle clausole da questi contestate, salvo l’inscindibile nesso fra le clausole oggetto di accettazione implicita e quelle contestate. Presidente G. Ianniruberto, Relatore B. Balletti. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 3/11/2005, Sentenza n. 21302

 

Lavoro subordinato - Estinzione del rapporto - Licenziamento disciplinare - Clausole collettive - Assenza ingiustificata - Fattispecie. Il principio per cui il giudice di merito deve accertare in concreto, in relazione a clausole della contrattazione collettiva che prevedano per specifiche inadempienze del lavoratore la sanzione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente, nonché il rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione, vale ancor più per il licenziamento disciplinare. Il requisito della proporzionalità, nel licenziamento disciplinare, ha una valenza particolare in quanto, costituendo questo pur sempre un licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, le parti contrattuali, nel raccordare gli illeciti alle sanzioni e nel definire il codice disciplinare, godono di una minore autonomia negoziale considerato che la nozione di giusta causa e di giustificato motivo oggettivo è inderogabilmente fissata, seppur in termini generali, dalla legge. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che non si era data carico di distinguere tra ritardo nella giustificazione dell’assenza - sanzionato, dalla contrattazione collettiva, con la trattenuta di quote giornaliere dalla retribuzione di fatto corrispondenti alle giornate di assenza, salva l’applicazione della sanzione espulsiva - e assenza ingiustificata, nonostante che la prima ipotesi configurasse un’infrazione meno grave della seconda e sebbene l’infrazione di “assenza ingiustificata di tre giorni nell’anno solare”, tipizzata dalla contrattazione collettiva, potesse non legittimare un licenziamento disciplinare sotto il profilo della proporzionalità tra infrazione e sanzione, salvo la prova, a carico del datore di lavoro, delle obiettive conseguenze negative al ciclo produttivo aziendale a causa dell’ assenza ingiustificata per un breve periodo di tempo, per l’assoluta peculiarità della prestazione lavorativa del dipendente assente). Presidente G. Ianniruberto, Relatore B. Balletti. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 2 novembre 2005, Sentenza n. 21213

 

Lavoro subordinato - Giornalista - Telecineoperatore televisivo - Inquadramento con qualifica di caposervizio. Aspetto determinante della figura contrattuale del caposervizio, alla stregua dell’art. 11 del CCNL dei giornalisti, è la responsabilità del servizio redazionale consistente nel penetrare all’interno del lavoro del redattore, facendo proprio il servizio stesso, e il potere di revisione è una delle più significative espressioni di questa responsabilità. Conseguentemente, il telecineoperatore (TCO) coordinatore che chieda il riconoscimento della qualifica di caposervizio, non riconosciuta espressamente dalla contrattazione aziendale, deve provare la responsabilità caratterizzante tale qualifica, senza che sia necessario l’effettivo materiale esercizio di tutte le attività che ne siano potenziale espressione, essendo sufficiente l’aver svolto mansioni che prevedano il diritto-dovere di esercitarle. Presidente V. Mileo, Relatore P. Cuoco. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 2 novembre 2005, Sentenza n. 21212

 

Lavoro - Giudizio di rinvio - Principio di diritto e statuizione ulteriori - Fattispecie: Trasferimento di dipendente da un'agenzia all'altra. La Corte rafforza i vincoli, per il giudice di rinvio, derivanti dalla sentenza di cassazione che dispone il rinvio anche nell'ipotesi in cui essa non si limiti ad accertare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto o il vizio di motivazione che inficiano la sentenza cassata e ad adottare le pronunce conseguenziali - quali, nel primo caso, l'enunciazione del principio di diritto - ma anche quando essa contenga statuizioni ulteriori. (Nel caso di specie, la sentenza di rinvio, oltre ad offrire al giudice di rinvio l’interpretazione corretta dell’accordo, indicava quali conseguenze avrebbero dovuto verificarsi nel caso di illegittimità del dedotto trasferimento della dipendente da un'agenzia all'altra su piazza. La Corte ha, quindi, ritenuto esente da vizi la sentenza del giudice di rinvio che ha dichiarato l'illegittimità del trasferimento stabilendo, altresì, le conseguenze da essa derivanti, ovvero l'impossibilità di includere il rapporto di lavoro con la dipendente illegittimamente trasferita tra quelli riconducibili alla cessione di ramo di azienda effettuata in relazione alla sola agenzia per la quale era stato dichiarato illegittimo il trasferimento). Presidente V. Mileo, Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 28/10/2005, Sentenza n. 21006

 

Lavoro - Periodo di prova - Esito della prova - Procedimento autonomo di risoluzione del rapporto. Nell’ambito del periodo di prova non è individuabile un procedimento autonomo di risoluzione del rapporto e la pretesa di introdurre un fase di contraddittorio, destinata a permettere al dipendente di far valere i propri interessi e le proprie ragioni, non è compatibile con la natura dell’istituto in quanto il giudizio sull’esito della prova deve essere emesso dall’organo competente, senza che possa concorrervi l’apporto del valutando (C.d.S., VI, 21 maggio 1994 n. 830). Pres. PATRONI GRIFFI - Est. RULLI - Terrin (avv.ti Curini e Panariti) c. Ministero di Grazia e Giustizia (Avv. Gen. Stato.) (T. A. R. Veneto sentenza n. 1188 del 25 giugno 1998). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 27 ottobre 2005 (c.c. 5/07/2005), Sentenza n. 6053

 

Lavoro - Periodo di prova - Risoluzione del rapporto - Artt. 7 e 8 L. n. 241/1990. Nei rapporti di lavoro la comunicazione di cui agli articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo consente al dipendente, per il tramite del principio del contraddittorio, una efficace tutela delle ragioni e contestualmente di fornire all'Amministrazione elementi di conoscenza utili all'adozione di un atto che viene ad incidere lesivamente sul destinatario. Ciò non di meno, se la specifica normativa di settore prevede che il periodo di prova sia destinato a concludersi o con la conferma in ruolo o con la risoluzione del rapporto di lavoro, non vi è necessità che il dipendente, già a conoscenza delle date di conclusione del periodo di prova che riguardano il suo rapporto di lavoro, debba essere ulteriormente notiziato dei possibili esiti dello specifico procedimento. Pres. PATRONI GRIFFI - Est. RULLI - Terrin (avv.ti Curini e Panariti) c. Ministero di Grazia e Giustizia (Avv. Gen. Stato.) (T. A. R. Veneto sentenza n. 1188 del 25 giugno 1998). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 27 ottobre 2005 (c.c. 5/07/2005), Sentenza n. 6053

 

Lavoro subordinato - Retribuzione - Determinazione - Minimi salariali. In tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell'art. 36 Cost., il giudice del merito, anche se una o entrambe le parti del rapporto non abbiano aderito alle associazioni sindacali stipulanti, ben può ricorrere ai minimi salariali stabiliti dalla contrattazione collettiva, quali parametro della retribuzione proporzionata e sufficiente, con facoltà di adottare eventuali criteri correttivi suggeriti dal caso concreto. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto che lo stesso datore di lavoro avesse fatto applicazione, nella redazione delle buste paga, degli istituti contrattuali, con adesione di fatto alla contrattazione collettiva, sicchè se le buste paga non valevano a dimostrare l’avvenuto pagamento della somma indicata a titolo di retribuzione, esse testimoniavano, tuttavia, la sussistenza delle prestazioni lavorative della lavoratrice nella misura, con le garanzie e previa applicazione degli istituti contrattuali riconosciuti dal datore di lavoro medesimo). Presidente G. Sciarelli, Relatore L. Vigolo. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 26/10/2005, Sentenza n. 20765

 

Lavoro - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Rapporto tra medici convenzionati esterni ed unità sanitarie locali - Tutela dei diritti scaturenti dal rapporto - Fattispecie. Le Sezioni unite confermano l’orientamento consolidato che devolve alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie in tema di rapporti tra medici convenzionati esterni ed Unità sanitarie locali, disciplinati dall'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e dagli accordi collettivi nazionali stipulati in attuazione di tale norma, affermando che pur se costituiti in vista dello scopo di soddisfare le finalità istituzionali del servizio sanitario nazionale, dirette a tutelare la salute pubblica, corrispondono a rapporti libero - professionali "parasubordinati" che si svolgono di norma su un piano di parità, non esercitando l'ente pubblico nei confronti del medico convenzionato alcun potere autoritativo, all'infuori di quello di sorveglianza, ne' potendo incidere unilateralmente, limitandole o degradandole ad interessi legittimi, sulle posizioni di diritto soggettivo nascenti, per il professionista, dal rapporto di lavoro autonomo. Pertanto, costituito il detto rapporto di lavoro, le controversie che hanno ad oggetto i diritti dei quali il medico lamenti la lesione da parte della ASL, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, la quale non trova deroga a favore del giudice amministrativo per il fatto che la domanda del professionista denunci, quale mezzo al fine della tutela dei diritti scaturenti dal rapporto, l'illegittimità di atti regolamentari o provvedimenti emessi dalla p.a., spettando al giudice ordinario la loro eventuale disapplicazione. (Nel caso di specie il medico convenzionato aveva chiesto l’accertamento del diritto ad una corretta applicazione della Convenzione Nazionale ed, in particolare, il diritto a restare unico titolare di convenzione per la medicina generale, e un bacino minimo di utenza, contrattualmente garantito, infine a non vedersi sviare i propri pazienti da un collega già titolare di altri due incarichi in un diverso ambito territoriale). Presidente V. Carbone, Relatore C. Ciuffi. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 21 ottobre 2005, Sentenza n. 20344

 

Lavoro - Previdenza - Controversie - Competenza e giurisdizione - Sanzione pecuniaria ex art. 18, c. 7, l. n.300/1970. In tema di competenza terrioriale, alla speciale sanzione pecuniaria prevista dall’art. 18, comma 7, legge 20 maggio 1970, n.300, da versare al fondo adeguamento pensioni, quale effetto della mancata reintegrazione dei lavoratori licenziati, ove la “ratio decidendi” sia costituita dalla funzione, dai poteri e dalla competenza dell’ufficio periferico nella struttura dell’ente, e non dalla natura della somma pretesa, va applicata la giurisprudenza formatasi in materia contributiva, per la quale, per ufficio dell’ente, rilevante ai sensi dell'art. 444, terzo comma, cod. proc. civ., si deve intendere quello dotato di rappresentanza esterna, che gestisce il rapporto in questione, cioè l'ufficio legittimato a ricevere i contributi, a pretenderne il pagamento e a restituirne l'eventuale eccedenza, in considerazione della sede dell'impresa. Presidente V. Mileo, Relatore A. De Matteis CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 20/10/2005, Ordinanza n. 20262

 

Lavoro - Impresa familiare - Lavoro subordinato e compartecipazione all'impresa - Distinzione - Conseguenze. Il carattere residuale dell'impresa familiare, quale risulta dall'art. 230 bis cod. civ., mira a coprire le situazioni di apporto lavorativo all'impresa del congiunto - parente entro il terzo grado o affine entro il secondo - che non rientrino nell'archetipo del rapporto di lavoro subordinato o per le quali non sia raggiunta la prova dei connotati tipici della subordinazione, con l'effetto di confinare in un'area limitata quella del lavoro familiare gratuito. Di conseguenza, ove un'attività lavorativa sia stata svolta nell'ambito dell'impresa ed un corrispettivo sia stato erogato dal titolare, il giudice di merito dovrà valutare le risultanze di causa per distinguere tra la fattispecie del lavoro subordinato e quella della compartecipazione all'impresa familiare, escludendo comunque la causa gratuita della prestazione lavorativa per ragioni di solidarietà familiare. Presidente S. Senese, Relatore G. Amoroso. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 18/10/2005, Sentenza n. 20157

 

Lavoro - Contratti di formazione e lavoro - Intervento straordinario della C.I.G. - Contratto “di lavoro subordinato” - Disciplina applicabile. In tema di lavoro, la disciplina legislativa dell’intervento straordinario della C.I.G., di cui alle leggi n. 1115/1968, n. 464/1972, n. 164/1975 e della legge n. 675/1977, si applica anche ai contratti di formazione e lavoro introdotti con l’art. 3 del d.l. 30 ottobre 1984 n. 726 (conv. nella l. n. 863/1984), attesa la sostanziale identità della disciplina di tale contratto con il contratto “di lavoro subordinato” in senso stretto. Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio Sez. III-bis, 10 ottobre 2005 (c.c. 27 gennaio 2005), Sentenza n. 8138 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Assenza ingiustificata - Licenziamento del lavoratore - Giusta causa - Garanzie procedimentali - Necessità. L'ingiustificata e prolungata assenza dal lavoro comporta un'ipotesi tipica di giusta causa di licenziamento, tuttavia, tale effetto non può realizzarsi automaticamente ma deve essere necessariamente preceduto dalle garanzie procedimentali previste dallo Statuto dei lavoratori, ex art. 7 Legge n. 300/1970, in materia di sanzioni disciplinari. Dott.ssa C. De Lellis. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. lav., 06/10/2005, Sentenza n. 19418

 

Lavoro pubblico privatizzato - Contratti collettivi - Efficacia derogatoria rispetto alla L. ex art. 2 d.lgs. n. 29/1993 - Limiti - Personale scolastico di enti locali passato nei ruoli statali. In materia di rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni l'efficacia derogatoria riconosciuta al contratto collettivo rispetto alla legge (dall'art. 2, c. 2, seconda parte del d.lgs. n. 29 del 1993, come modificato dal d.lgs. n. 80 del 1998, ora trasfuso nell'art. 2 d.lgs. n. 165 del 2001) presuppone che la legge della cui deroga si tratti non investa la fonte collettiva del compito della propria attuazione, poichè ove ciò accada viene meno il presupposto stesso di operatività della disciplina concernente la suddetta efficacia. (Nella specie la Corte ha cassato la sentenza di merito che - in riferimento all'ipotesi del trasferimento del personale scolastico A.T.A. dagli enti locali allo Stato, ai sensi dell'art. 8 legge 3 maggio 1999, n. 124 - aveva ritenuto legittimo il diritto al solo cosiddetto "maturato economico" sulla base dell'accordo ARAN-OO.SS. del 20 luglio 2000, recepito con decreto interministeriale 5 aprile 2001, riconoscendo a tale accordo la possibilità di derogare a norme di legge, prevista dal suddetto art. 2, nonostante la legge derogata, che riconosce al personale l'anzianità maturata presso l'Ente di provenienza ai fini giuridici ed economici, rinvii al contratto collettivo la disciplina di dettaglio). Presidente S. Mattone, Relatore F. Curcuruto. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 27 settembre 2005, Sentenza n. 18829

 

Lavoro pubblico privatizzato - Licenziamento individuale - Termine di decadenza ex art. 6 L. n. 604/1966 - Applicabilità. Pronunciandosi per la prima volta sull’argomento con ampia motivazione fondata sull’art. 2, c. 2, d.lgs. n. 29 del 1993 (ora art. 2 d.l.gs. n. 165 del 2001), la Corte ha ritenuto che il termine di decadenza per l’impugnazione del licenziamento, di cui all'art. 6 legge n. 604 del 1966, trova applicazione anche al licenziamento del dipendente di una pubblica amministrazione, non essendo di ostacolo le disposizioni (art. 59, c. 7 e art. 59 bis d.lgs. n. 29 del 1993, come modificato dal d.lgs. n. 80 del 1998, ora artt. 55 e 56 d.l.gs. n. 165 del 2001), che prevedono un termine più breve per le impugnazioni di tutte le sanzioni disciplinari in sedi di carattere arbitrale (collegio arbitrale di disciplina o collegio di conciliazione), le quali non sono incompatibili con il citato art. 6, atteso che l'applicazione di tale termine non restringe le facoltà previste dalla disciplina speciale. Presidente E. Ravagnani, Relatore F. Curcuruto CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 22 settembre 2005, Sentenza n. 18621

 

Lavoro - Procedure e varie - Accordi sindacali conclusi sulla base della l. n.93/1983 - Definizione dell’assetto giuridico od economico del rapporto di impiego - Ambito cognitivo del giudice amministrativo - Esclusione. Gli accordi sindacali conclusi sulla base della legge n.93 del 1983 risultano sindacabili solo per profili di stretta legittimità, e cioè limitatamente agli aspetti direttamente contrastanti con i principi che regolano (con effetto immediatamente vincolante) la contrattazione, restando esclusa dall’ambito cognitivo del giudice amministrativo ogni contestazione riferita a scelte di merito o di opportunità, nella definizione dell’assetto giuridico od economico del rapporto di impiego, pertinenti ad ambiti riservati alla disponibilità delle parti contraenti e, quindi, ascrivibili al libero esercizio della loro autonomia negoziale (Cons. St., sez.V, 15 aprile 1996, n.430). Pres. Patroni Griffi - Est. Deodato - S.U.N.A.S. - Sindacato Unitario Nazionale degli Assistenti Sociali (avv. Di Filippo) c. Presidenza della Repubblica (n.c.) ed altri (conferma T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, n.532/97, in data 1 aprile 1997). CONSIGLIO DI STATO 20 settembre 2005 (c.c. 21/06/2005), Sentenza n. 4833

 

Lavoro - Previdenza - Contributi assicurativi - Società cooperativa - Natura del rapporto - Onere della prova. Atteso che dopo la legge n. 142 del 2001 - anche con riferimento al regime anteriore all'entrata in vigore della stessa - l'obbligo contributivo nei confronti dei soci è direttamente rapportato alla disciplina sostanziale della prestazione (subordinata o autonoma), grava sull'ente previdenziale l'onere di provare la natura del rapporto, quale fatto costitutivo della prestazione, non essendo sufficiente la prova della qualità di socio con conseguente onere della cooperativa di provare un diverso rapporto. Presidente S. Senese, Relatore A. De Matteis. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 19 settembre 2005, Sentenza n. 18481

 

Lavoro subordinato  indennita’ di fine rapporto - insolvenza del datore di lavoro - fondo competente all'erogazione  giornalisti. Ai fini dell'erogazione dell'intero trattamento di fine rapporto nell'ipotesi di lavoratori assicurati nel tempo presso istituti diversi, assume rilievo la responsabilità del fondo competente in relazione alla natura giuridica del rapporto di lavoro in essere al momento della sua cessazione, atteso che l'obbligo posto a carico del fondo è l'effetto di un accollo cumulativo "ex lege" e l'assunzione dell'obbligazione è subordinata alla verificazione dell'evento protetto costituito dall'insolvenza del datore di lavoro. (Nella specie, la Corte ha cassato la sentenza di merito che, con riferimento a giornalisti dipendenti di una società fallita, i quali avevano lavorato come impiegati nei primi anni, aveva condannato l'INPS e non l'INPGI al pagamento della relativa quota di t.f.r.). Presidente S. Senese, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 16 settembre 2005, Sentenza n. 18294

 

Lavoro - Beneficio dell’indennità di disoccupazione giovanile - Condizioni discriminatorie - Indicazione - Lavoratore migrante. L’art. 39 CE si oppone a che uno Stato membro rifiuti il beneficio dell’indennità di disoccupazione giovanile ad un cittadino di un altro Stato membro alla ricerca di una prima occupazione che non è, in qualità di figlio, a carico di un lavoratore migrante residente nel primo Stato, per il solo motivo che l’interessato ha terminato i suoi studi secondari in un altro Stato membro. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE Sentenza del 15 settembre 2005, procedimento C-258/04

 

Lavoro  Lavoratori dello spettacolo  Prestazioni rese da cantanti - Previdenza - Contributi assicurativi - Soggetti obbligati. La tutela previdenziale e il relativo obbligo contributivo (di cui all'art. 3 del d.l.C.p.S n. 708 del 1947, ratificato con modifiche dalla legge n. 2388 del 1952) comprende anche le prestazioni rese da cantanti in sala registrazione, senza presenza di pubblico - trattandosi di attività artistica di cui il pubblico gode attraverso le moderne tecniche di registrazione - e la disposizione sopravvenuta (art. 43, l. n. 289 del 2002), che concerne direttamente il compenso imponibile, conferma tale interpretazione presupponendo l'assoggettamento all'obbligo contributivo della cessione del diritto a riprodurre in supporti fonografici la prestazione canora. Presidente S. Senese, Relatore A. Cementano. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 12 settembre 2005, Sentenza n. 18074

 

Lavoro subordinato - Distacchi  Differenze nel lavoro pubblico e privato - Conseguenze in tema di trattamento di fine rapporto. Il distacco di un dipendente di un'azienda municipalizzata, con rapporto di lavoro di natura privatistica, presso un'amministrazione pubblica (nella specie Commissario di Governo per il terremoto), disposto con provvedimento di quest'ultima prescindendo dall'interesse della prima, determina una modificazione oggettiva del rapporto di lavoro e l'amministrazione di destinazione assume tutti i poteri di gestione in forza dell'imperatività del provvedimento. Al contrario, nel rapporto di lavoro subordinato privato, - stante il principio ricavabile dall'art. 2127 cod. civ. e dalla legge n. 1369 del 1960 - il distacco deve realizzare un interesse proprio del datore di lavoro e, determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, conserva allo stesso il potere direttivo, con i conseguenti obblighi retributivi e previdenziali. Dalla suddetta differenza discende che nella prima ipotesi non possono gravare sul datore di lavoro distaccante, oltre agli oneri economici direttamente connessi all'attività prestata presso l'amministrazione di destinazione (nel caso di specie l'indennità speciale e il compenso per lavoro straordinario, pacificamente erogati dal Commissario di Governo), gli ulteriori oneri connessi alla corresponsione dei suddetti emolumenti, quali l'accantonamento ai fini del trattamento di fine rapporto. Presidente S. Ciciretti, Relatore V. Di Cerbo. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, dell’8 settembre 2005, Sentenza n. 17842

 

Lavoro - Rapporto di impiego pubblico qualificato come nullo dalla legge - Domanda di riconoscimento giudiziale - Inammissibilità - Retribuzione propria della qualifica rivestita di fatto e del relativo trattamento previdenziale - Presupposti - Profili inequivocabili dell’impiego - Inserimento stabile nella struttura dell’ente - Status tipico del dipendente pubblico. E' inammissibile la domanda di riconoscimento giudiziale di un rapporto di impiego pubblico qualificato come nullo dalla legge (ad. Pl. n. 2 e n. 6 1992; C.S., VI 4892/03). Nè può trovare accoglimento l’orientamento secondo cui un rapporto di impiego, pur nullo per contrasto con il divieto suddetto, assume rilevanza ai fini del diritto alla retribuzione propria della qualifica rivestita di fatto e del relativo trattamento previdenziale, ai sensi dell’articolo 2126 c.c., in quanto, a tal fine, il rapporto deve presentare i profili inequivocabili dell’impiego, che la giurisprudenza ha individuato nell’inserimento stabile nella struttura dell’ente, nello status tipico del dipendente pubblico, con l’avvertenza che non è sufficiente che il rapporto presenti caratteristiche analoghe a quelle del lavoro subordinato, in quanto anche la prestazione libero professionale è destinata al perseguimento dei fini dell’ente e può essere retribuita in misura predeterminata, senza per questo dar vita a un rapporto di lavoro subordinato. Inoltre, l’atto con cui l’amministrazione regola la posizione di lavoro del privato deve essere impugnato tempestivamente, se ritenuto lesivo, ai fini dell’accertamento giudiziale, di un diverso rapporto per cui, in caso di omessa tempestiva impugnazione, il rapporto resta inoppugnabilmente regolato dall’atto medesimo. (Conf. C.d.S. sez. V, 05/09/2005, sentenza n.4490). Pres. Santoro - Est. Metro - Munno (avv.to Natale) c. Comune di MARCIANISE (n.c.) (conferma TAR Campania, sede di Napoli, V Sezione, n. 1120, pubblicata in data 7/04/1998. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 5 settembre 2005 (c.c. 28/01/2005), sentenza n. 4491

 

Lavoro subordinato  Lettori di madrelingua straniera presso le universita’  Natura del rapporto. In riferimento ai contratti di lavoro dei lettori di lingua straniera presso le Università, stipulati ai sensi dell'art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980, la Corte (diversamente da quanto ritenuto nella sent. n. 5805 del 2004) ha affermato che dalla sentenza della Corte di Giustizia, n. 212/99 del 26 giugno 2001 (che ha valore di fonte di diritto comunitario efficace "erga omnes"), e dal d.l. n. 2 del 2004, conv. con modificazioni dalla l. n. 63 del 2004 (che a tale sentenza ha dato attuazione), risulta imposta la qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato a tempo indeterminato, che è presupposto indefettibile del trattamento economico riconosciuto ai suddetti lavoratori; qualificazione che non può essere negata dall'autonomia delle parti contraenti. (In applicazione di tale principio è stata cassata con rinvio la sentenza di merito che aveva negato la natura di lavoro subordinato a contratti stipulati nel periodo dal 1983 al 1990). Presidente E. Ravagnini, Relatore S.M. Evangelista. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 5 settembre 2005, Sentenza n. 17759

 

Lavoro - Previdenza - Sistema della integrazione salariale - Calcolo del requisito dimensionale - Estensione alle imprese commerciali - Indennità di mobilità. Pronunciandosi con riferimento ad una fattispecie relativa all'indennità di mobilità, la Corte ha affermato che il criterio della media del semestre precedente all'apertura della procedura (previsto dall'art. 1, c. 1, legge n. 223 del 1991 per le imprese industriali, ed esteso dal successivo art. 12, c. 1 alle imprese artigiane) è applicabile anche alle imprese commerciali, atteso che esso tende ad identificare con effettività il requisito numerico, il quale avrebbe carattere aleatorio se verificato al momento dell'apertura della procedura. Presidente S. Mattone, Relatore F. Lupi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 30 agosto 2005, Sentenza n. 17517

 

Lavoro - Ferrovie dello stato - Equo indennizzo - Natura retributiva  Conseguenze. Atteso che l'equo indennizzo ha natura retributiva (e non risarcitoria, nè previdenziale) inerendo al rapporto di lavoro, non è estensibile ad esso il disposto dell'art. 2, c. 13, 14 e 15, d.l. n. 510 del 1996, convertito nella l. n. 608 del 1996, che, realizzando una successione "ex lege", ha trasferito all'INAIL (o all'IPSEMA per il personale navigante) la titolarità dei rapporti aventi ad oggetto gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei lavoratori dipendenti delle Ferrovie dello Stato SpA. Presidente G. Sciarelli, Relatore G. Vidimi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 26 agosto 2005, Sentenza n. 17353

 

Lavoro (procedimento civile) - Impugnazioni - ricorso per cassazione - Procedimento in camera di consiglio. Il ricorso per cassazione può essere deciso con sentenza adottata all’esito del procedimento in camera di consiglio qualora la Corte ne ritenga la manifesta fondatezza, anche se le conclusioni del P.G., pur formulate nello stesso senso, siano però argomentate con ragioni del tutto diverse. Presidente E. Mercurio, Relatore V. Nobile. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 25 agosto 2005, Sentenza n. 17342

 

Lavoro - Previdenza - Infortuni sul lavoro  Insegnanti scuola materna. La Corte - riprendendo un principio già affermato (sent. n. 3126/1994 e n. 7671/1996) e sul quale si era determinato un contrasto (sent. n. 4417/1997) - ha ritenuto che non sono esclusi dalla copertura assicurativa gli insegnati di scuola materna (pubblica e privata) che svolgono attività assimilabili alle esperienze tecnico scientifiche (quali pittura, scultura, cosiddetti "lavoretti" in genere), alle esercitazioni pratiche (la totalità dei giochi attraverso i quali un bambino acquisisce consapevolezza delle attitudini mentali e fisiche), ai lavori (quali la pulizia delle spiagge). La sentenza, con ampia motivazione, propone un’interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata - alla luce della giurisprudenza costituzionale relativa agli artt. 3 e 38 Cost. - delle disposizioni (art. 1, n. 28 e art. 4, n. 5, d.P.R. n. 1124 del 1965) che disciplinano l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. Presidente V. Mileo, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 25 agosto 2005, Sentenza n. 17334

 

Lavoro - Previdenza - Contributi assicurativi - Retribuzione imponibile  Illegittimo collocamento in CIG  Somme liquidate. Atteso che qualora il datore di lavoro sospenda illegittimamente il rapporto e collochi i dipendenti in cassa integrazione guadagni questi hanno diritto ad ottenere la retribuzione piena e non già il minore importo delle integrazioni salariali, la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno in dipendenza della suddetta illegittimità costituisce retribuzione imponibile ai fini contributivi e tributari. Presidente V. Mileo, Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 23 agosto 2005, Sentenza n. 17136

 

Lavoro pubblico  Dipendenti stato e enti locali  Trattamento di fine rapporto  Unicità  Maturazione del diritto. Con riferimento ai dipendenti che hanno prestato servizio presso lo Stato e enti locali, la legge n. 523 del 1954 prevede il cumulo o ricongiunzione dei due servizi ai fini del trattamento spettante alla fine del rapporto, con conseguente maturazione di un unico trattamento - indennità di buonuscita se il lavoratore è definitivamente cessato dal servizio quale dipendente statale, indennità premio di servizio, se la cessazione definitiva si è verificata quale dipendente di ente locale - corrispondente all'anzianità complessivamente maturata presso entrambi. Peraltro, si ha diritto a percepire tale trattamento solo alla cessazione definitiva del rapporto di lavoro. Presidente G. Sciarelli, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 19 agosto 2005, Sentenza n. 17057

 

Lavoro pubblico - Ferrovie dello stato - Indennità di buonuscita  termine dilatorio di 90 giorni - Limiti temporali. La sentenza  intervenuta dopo la decisione delle S.U. n. 12496/2004 nella quale rileva un errore materiale in ordine alla data di applicazione del termine dilatorio  afferma che, in relazione alla liquidazione dell'indennità di buonuscita spettante ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato, il termine dilatorio di novanta giorni - previsto dall'art. 7 della legge n. 75 del 1980 - trova applicazione per i dipendenti, iscritti all'Opafs alla data del 31 maggio 1994 coincidente con la sua soppressione, collocati a riposo entro il 31 dicembre 1995, atteso che dal 1° gennaio 1996 - essendo terminato, per effetto dell'art. 13, d.l. n. 98 del 1995, convertito nella legge n. 204 del 1995, il regime transitorio previsto dall'art. 21 della legge n. 210 del 1985 a seguito della trasformazione del rapporto di lavoro dei ferrovieri da pubblico a privato - vale il principio desumibile dall'art. 2120 cod. civ., secondo cui i crediti per le spettanze di fine rapporto maturano e sono esigibili alla data di cessazione dello stesso. Presidente S. Mattone, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 19 agosto 2005, Sentenza n. 17043

 

Lavoro - Esenzione per enti pubblici - Privatizzazione - Previdenza - Assegni familiari - Contributi. L'esenzione dall'obbligo di versamento dei contributi per gli assegni familiari prevista (dall'art. 79 del d.P.R. n. 797 del 1955) per i lavoratori dipendenti di enti pubblici, il cui trattamento di famiglia sia disciplinato per legge, regolamento o atto amministrativo, che è applicabile anche agli enti creditizi pubblici, persiste, per i lavoratori già dipendenti, dopo la trasformazione di questi in società per azioni. Gli artt. 3, comma 2, l. n. 218 del 1990 e 16, comma 1, d. lgs. n. 356 del 1990, infatti, fanno in generale salvi i diritti quesiti dei lavoratori e le situazioni giuridiche corrispondenti in capo ai datori di lavoro e, nel caso di specie (relativo all'Istituto Nazionale di Credito Agrario, trasformato in S.p.A., avente un trattamento di famiglia disciplinato da regolamento interno), l’esenzione trova giustificazione nella esistenza di un trattamento di famiglia aziendale rispetto al quale l'obbligo di versare i contributi all'INPS è alternativo. Presidente V. Mileo, Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 18 agosto 2005, Sentenza n. 16999

 

Lavoro - Previdenza - Maternita’ - Indennita’ - Misura. In materia di indennità giornaliera per il periodo di astensione obbligatoria per maternità ai sensi della legge n. 1204 del 1971, nell'ipotesi in cui il rapporto di lavoro è cessato ed il periodo di astensione obbligatoria è iniziato entro i successivi sessanta giorni, l'indennità di maternità va calcolata facendo riferimento alla retribuzione percepita nel mese immediatamente precedente alla cessazione del rapporto e non a quella del mese precedente l'inizio dell'astensione obbligatoria, dovendosi interpretare gli artt. 16 e 17 della suddetta legge alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale, secondo i quali l'indennità è diretta ad assicurare alla lavoratrice la possibilità di vivere l'evento senza una radicale riduzione del tenore di vita. Presidente G. Sciarelli, Relatore L. Vigolo CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 18 agosto 2005, Sentenza n. 16998

 

Lavoro - Classificazione dei datori di lavoro a fini previdenziali - Provvedimenti di variazione - INPS - L. n. 335/1995 - L. n. 88/1989. Il principio che l’art. 3, comma 8, della legge n. 335 del 1995, nella parte in cui stabilisce che i provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, adottati dall’INPS di ufficio (o su richiesta dell’azienda) producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione (ovvero dal periodo di paga in corso alla data della richiesta aziendale), ha valenza generale ed è, quindi, applicabile ad ogni ipotesi di rettifica di precedenti inquadramenti operata dall’Istituto previdenziale dopo la data di entrata in vigore della predetta legge - o anche prima, nel caso in cui la modifica, così come attuata, formi oggetto di controversia in corso a quella stessa data - indipendentemente dai parametri adottati, si tratti cioè dei nuovi criteri di inquadramento introdotti dai primi due commi dell’art. 49 della legge n. 88 del 1989, ovvero di quelli applicabili secondo la normativa previgente. Presidente V. Carbone, Relatore G. Coletti. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 12 agosto 2005, Sentenza n. 16875

 

Lavoro - Pubblico impiego - Mansioni superiori - Qualifiche corrispondenti alle funzioni proprie delle qualifiche rivestite dai singoli dipendenti - Fondamento. L’inquadramento dei dipendenti degli enti locali, nelle qualifiche previste dall’articolo 40 del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, non postula affatto il riconoscimento di eventuali mansioni superiori svolte (ex plurimis C.d.S., sez. V, 24 maggio 1996, n. 587; 17 febbraio 1999, n. 169; 5 novembre 1999, n. 1833), ma deve avvenire soltanto nelle qualifiche corrispondenti alle funzioni proprie delle qualifiche rivestite dai singoli dipendenti sulla base delle relative declaratorie (C.d.S., sez. V, 29 marzo 2004, n. 1656; 23 marzo 2004, n. 1523; 11 giugno 2003, n. 3288; 20 maggio 2003, n. 627; 27 luglio 2002, n. 4055). Pres. - Est. SALTELLI - MINISTERO DELL’INTERNO (Avvocatura di Stato) c. COMUNE DI CAMERINO (avv.ti Felici e Del Vecchio) (riforma TAR Marche, n. 199 del 9 maggio 1996). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 12 agosto 2005 (c.c. 16.03.2005), Sentenza n. 4372

 

Lavoro - Previdenza - Settore dell’edilizia - Contributi assicurativi - Retribuzione imponibile. Con riferimento al settore dell'edilizia, l'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all'importo di quella che ai lavoratori sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dei relativi contratti integrativi territoriali di attuazione (c.d. "minimale contributivo"), secondo la regola generale stabilita - con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale - dall'art. 29 del d.l. n. 244 del 1995, convertito nella l. n. 341 del 1995, il quale elenca, altresì, i casi, da considerarsi tassativi, in cui la suddetta regola del minimale è esclusa e delega l'individuazione di altri casi ad un decreto ministeriale (d.m. di attuazione 16 dicembre 1996), che rinvia a sua volta alle previsioni dei contratti. Presidente G. Sciarelli, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, dell'11 agosto 2005, Sentenza n. 16873

 

Lavoro - Domanda di riconoscimento della prestazione previdenziale o assistenziale  Domanda giudiziale  Contenuto  Conseguenze in tema di spese - Art. 149 disp. att. cod. proc. civ. - Art. 91 c.p.c.. Atteso che la domanda di riconoscimento della prestazione previdenziale o assistenziale ha come contenuto non il solo diritto, bensì la relativa decorrenza, la parte che, in applicazione dell'art. 149 disp. att. cod. proc. civ., ottenga il riconoscimento del diritto con una decorrenza posteriore a quella richiesta con la domanda non è integralmente vittoriosa; ne consegue che il giudice - il quale ai sensi dell'art. 91 cod. proc. civ. incontra come unico limite l'impossibilità di condannare al pagamento delle spese la parte integralmente vittoriosa - può disporre la compensazione, anche integrale, delle spese per giusti motivi. Presidente V. Mileo, Relatore P. Cuoco. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 10 agosto 2005, Sentenza n. 16821

 

Lavoro - Disciplina contrattuale collettiva dei rapporti di lavoro  Canoni legali di ermeneutica contrattuale - Funzione nomofilattica. Con riferimento all'interpretazione della disciplina contrattuale collettiva dei rapporti di lavoro, censurabile in cassazione per vizi di motivazione e violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, nell'ipotesi di orientamento giurisprudenziale costante, pur non potendosi configurare la ricorrenza di un precedente in senso tecnico controvertendosi di una "quaestio voluntatis", è pertinente il richiamo al dovere di fedeltà ai propri precedenti sul quale si fonda l'assolvimento della funzione - ordinamentale, ai sensi dell'art. 65 del r.d. n. 12 del 1941, e di rilevanza costituzionale, ai sensi dell'art. 111 Cost. - di assicurare l'uniforme interpretazione della legge. Presidente E. Ravagnini, Relatore S.M. Evangelista. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 9 agosto 2005, Sentenza n. 16771

 

Lavoro - Giornalisti - Previdenza - Pensionamento anticipato - Presupposti. Ai sensi dell'art. 37, comma primo, lett. b), e comma secondo, della legge n. 416 del 1981, il diritto al pensionamento anticipato a favore dei giornalisti presuppone l'ammissione al trattamento straordinario di integrazione salariale. Presidente V. Mileo, Relatore P. Cuoco. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 9 agosto 2005, Sentenza n. 16763

 

Lavoro - Pubblica Amministrazione - Sanzioni amministrative - Procedimento - Opposizione - Tempi di accertamento della p.a. - Valutazione giudiziale. In tema di sanzioni amministrative, il giudice dell'opposizione - dinanzi al quale sia stata eccepita la tardività della notificazione degli estremi della violazione - nell'individuare la data dell'esito del procedimento di accertamento di più violazioni connesse, dalla quale decorre il termine per l’opposizione, deve valutare il complesso degli accertamenti compiuti dalla amministrazione procedente e la congruità del tempo impiegato in relazione alla complessità degli accertamenti compiuti, anche in vista dell'emissione di un'unica ordinanza ingiunzione per violazioni connesse, ma non può sostituirsi alla stessa amministrazione nel valutare l'opportunità di atti istruttori collegati ad altri e compiuti senza apprezzabile intervallo temporale. Presidente E. Mercurio, Relatore A. Cementano. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 8 agosto 2005, Sentenza n. 16642

 

Lavoro - Geometri - Previdenza - Pensione di anzianità - Incompatibilità con attività lavorativa. Con riferimento al regolamento della Cassa previdenza e assistenza geometri in materia di incompatibilità tra attività lavorative e pensione di anzianità, l'iscrizione nel registro dei revisori contabili non è riconducibile alla previsione del suddetto regolamento che ravvisa l'incompatibilità nel caso di iscrizione ad albo professionale, costituendo solo titolo di abilitazione o requisito per lo svolgimento di certe attività e può comportare un'attività saltuaria e occasionale, che di regola non si riscontra nelle attività professionali. Nè, ai fini della revoca della pensione di anzianità in essere, assume rilievo la modifica del citato regolamento nel senso dell'incompatibilità con qualsiasi attività di lavoro autonomo, anche occasionale, essendo tale deliberazione privatistica inidonea a cancellare una prestazione conseguita prima della sua adozione, per contrarietà all’art. art. 38 cost., come interpretato dal giudice delle leggi (sent. n. 211 del 1997), secondo cui non è possibile eliminare un trattamento già conseguito dall'assicurato, così frustrando l'affidamento nel quadro normativo esistente nel momento del pensionamento. Presidente V. Mileo, Relatore F. Roselli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 8 agosto 2005, Sentenza n. 16650

 

Lavoro - Permanenza nel pubblico impiego - Diritto di opzione - Termini - Diritti soggettivi alla permanenza nel pubblico impiego - Esclusione - Azione amministrativa - Espletamento di tutte le fasi della procedura - Poteri e limiti. E' da escludere che i pubblici dipendenti versanti in situazioni come quelle in esame (natura perentoria del termine entro cui esercitare il diritto di opzione per l’eventuale permanenza nel pubblico impiego), potessero vantare diritti soggettivi alla permanenza nel pubblico impiego, le quante volte oggettive esigenze di servizio avessero impedito il reperimento dei necessari posti vacanti, entro od oltre i confini provinciali o regionali, salva comunque l’esigenza di un previo e tempestivo esercizio della discussa opzione. Risulta così, che, l'azione amministrativa rimane vincolata a parametri e criteri predeterminati in base ai quali l'amministrazione è tenuta in primo luogo a verificare se sia possibile la mobilità dell'interessato nell'ambito del territorio provinciale, individuando i posti vacanti in relazione alla qualifica funzionale o categoria professionale corrispondente, in assenza, la stessa deve verificare la possibilità di far ricorso alla procedura di trasferimento d'ufficio su base provinciale, regionale e, residualmente, nell'intero territorio nazionale, ma, qualora si ometta l'espletamento di tutte le fasi della procedura si verifica l'inadempimento dell'amministrazione e va riconosciuto l'interesse ad agire per l'accertamento del diritto all'esatta applicazione delle norme di legge che disciplinano la mobilità tra le pubbliche amministrazioni negli ordinari termini di prescrizione senza che stipulazione del contratto di diritto privato, nel frattempo intervenuta con l'ente di destinazione, atteso il suo carattere di atto necessitato, possa implicare rinunzia implicita al menzionato diritto. (Cons. St., Sezione VI, nn. 659, 660, 661, 662 e 663, tutte del 6 febbraio 2002).Pres. SALVATORE - Est. SCOLA - PAUDICE (avv. Spagnuolo Vigorita) ed altri c. Ministero della Funzione pubblica ed il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (n.c.) (conferma TAR Campania, Napoli, Sezione I, n. 2036/1998). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 20 luglio 2005 (C.c. 10 maggio 2005) sentenza n. 3912

 

Lavoro - Previdenza - Pensioni regolate da convenzioni internazionali - riassorbimento dell’integrazione al minimo - Presupposto - Conseguenze. Nell'ipotesi di trattamenti pensionistici liquidati, in virtù di convenzioni internazionali, per effetto del cumulo dei contributi versati in Italia con quelli corrisposti in un Paese estero, e pagati "pro rata", affinchè operi - ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della legge n. 153 del 1969, prima delle successive modificazioni - il riassorbimento dell'integrazione al minimo delle somme risultanti non più dovute a seguito dell'erogazione della pensione estera, è necessario presupposto che entrambe le prestazioni siano state conseguite con il cumulo dei periodi assicurativi. Conseguentemente, sono escluse dal riassorbimento altre prestazioni conseguite all'estero. (Sulla base di tale principio la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il riassorbimento dell'integrazione al minimo relativa alla pensione di reversibilità rispetto alla pensione percepita dall'estero in virtù dello stato vedovile). Presidente S. Mattone, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 19 luglio 2005, Sentenza n. 15175

 

Lavoro - Previdenza - Prestazioni INPS - Indennità disoccupazione agricola - Decadenza. In tema di controversie concernenti prestazioni erogate dall'INPS (nella specie, indennità di disoccupazione agricola), sul termine di decadenza per l'esercizio del diritto alla prestazione previdenziale - previsto per la proposizione dell'azione in giudizio dall'art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come sostituito dall'art. 4 del d.l. n. 384 del 1992, convertito nella legge n. 438 del 1992 - non incide la mancata iscrizione negli elenchi, atteso che la sussistenza di tale elemento costitutivo del diritto alla prestazione previdenziale può essere chiesta e dimostrata nel giudizio avente ad oggetto la stessa prestazione. Presidente S. Senese, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 15 luglio 2005, Sentenza n. 14994

 

Lavoro - Assistenza - Pensione e assegno sociale - Incremento - Condizioni reddituali in caso di trasformazione. Nell'ipotesi di trasformazione - al compimento del sessantacinquesimo anno di età - della pensione di inabilità, dovuta agli invalidi civili, nella pensione sociale (di cui all'art. 26 della legge n. 153 del 1969) o nell'assegno sociale (di cui all'art. 3, sesto comma, della legge n. 335 del 1995), l'aumento degli importi mensili di tali prestazioni sociali (previsto dall'art. 67 della legge n. 448 del 1998), compete a condizione che sussista il requisito reddituale richiesto per l'accesso alle stesse e non quello per la pensione di inabilità. Presidente G. Ianniruberto, Relatore P. Pasquale. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 15 luglio 2005, Sentenza n. 14194

 

Lavoro - Pensione reversibilità - Famiglia - Divorzio - Ex coniuge e coniuge superstite - Litisconsorzio con l’istituto erogatore. La Corte - in contrasto con quanto affermato nella sent. sez. 1, n. 6272/2004 - ha ritenuto che la controversia tra l'ex coniuge e il coniuge superstite per l'accertamento della ripartizione del trattamento di reversibilità deve necessariamente svolgersi in contraddittorio con l'ente erogatore atteso che, essendo il coniuge divorziato, al pari di quello superstite, titolare di un autonomo diritto di natura previdenziale, l'accertamento concerne i presupposti affinché l'ente assuma un'obbligazione autonoma, anche se nell'ambito di una erogazione già dovuta, nei confronti di un ulteriore soggetto. Presidente G. Sciarelli, Relatore C. Di Iasi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 18 luglio 2005, Sentenza n. 15111

 

Lavoro - Part time - Forma scritta - Mancanza - Effetti - Interpretazione conforme a costituzione. La Cassazione aveva sollevato, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, secondo comma, del d.l. n. 726 del 1984, convertito, con modificazioni, nella legge n. 863 del 1984, nella parte in cui - nel regime precedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 61 del 2000, che richiede la forma ad probationem - prescriveva che il contratto di lavoro a tempo parziale dovesse stipularsi per iscritto, con la conseguenza che il mancato rispetto di tale requisito, previsto ad substantiam, comportava la nullità del contratto ed escludeva la sua conversione in contratto di lavoro a tempo pieno. La Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione, sottolineando in motivazione - mediante il richiamo alla propria giurisprudenza (sent. n. 210 del 1992) e ad alcune sentenze della stessa Cassazione (S.U. n. 12269 del 2004) - che l’obiettivo di tutelare il lavoratore può perseguirsi attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata della suddetta disposizione alla luce della disciplina ordinaria della nullità parziale. In particolare, secondo la Corte, dalla mancanza della forma scritta discende l’inapplicabilità della disciplina speciale dettata per il rapporto a tempo parziale dalla disposizione censurata, con la conseguenza che si deve aver riguardo esclusivamente alla disciplina ordinaria, in base alla quale la nullità della clausola non implica necessariamente, ai sensi dell’art. 1419 cod. civ., l’invalidità dell’intero contratto (a meno che non risulti che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte che è colpita da nullità) e comporta che il rapporto di lavoro in tali casi deve considerarsi a tempo pieno. Presidente P. A. Capotosti - Relatore F. Bile. CORTE COSTITUZIONALE 15/07/2005 Sentenza n. 283

 

Lavoro subordinato - Salute - Licenziamento individuale - Obbligo di reperibilità del medico. Il contenuto della condizione di “reperibilità” prevista per il personale medico implica l’obbligo per il medico di mettersi in condizione di poter essere reperito con mezzi ordinari e con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico, estesa anche al controllo del corretto funzionamento degli strumenti a sua disposizione - teledrin e telefono, fisso o mobile, etc. -, nonchè delle proprie condizioni fisiche (eventualmente con richiesta di sostituzione, in caso di eccessiva stanchezza), dovendosi escludere la legittimità di una prassi che consenta il reperimento del medico di turno a mezzo delle forze dell'ordine o del servizio 118. Presidente G. Sciarelli, Relatore C. Di Iasi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 14 luglio 2005, Sentenza n. 14816

 

Lavoro - Impiego pubblico - Comparto ministeri - Indennità di amministrazione - Computo nella tredicesima mensilità - Esclusione. E’ escluso che la tredicesima mensilità per i dipendenti del Ministero della giustizia sia comprensiva dell’indennità di amministrazione. Presidente V. Carbone, Relatore M. La Terza CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 13 luglio 2005 Sentenza n. 14698
 

 Lavoro - Pubblico impiego - Procedure di promozione - Giurisdizione G.O. - Controversie in materia di concorsi - Concorsi riservati agl’interni per il passaggio da un’area funzionale a un’altra - Giurisdizione G.A. - Sussiste - Progressione verticale - Procedure selettive per il passaggio degl’impiegati da una qualifica a un’altra nell’ambito della medesima area funzionale - Giurisdizione residuale - G.O. - Art. 97 Cost.. Le controversie in materia di concorsi nel pubblico impiego ricadono nella giurisdizione del giudice amministrativo quando si tratti di concorsi per soli candidati esterni, di concorsi “misti” (ai quali possono partecipare gl’impiegati aventi una data posizione di carriera, anche se non in possesso di tutti i requisiti previsti per i concorrenti “esterni”), e di concorsi riservati agl’interni per il passaggio da un’area funzionale a un’altra; mentre appartengono alla giurisdizione residuale del giudice ordinario le controversie attinenti a procedure selettive per il passaggio degl’impiegati da una qualifica a un’altra nell’ambito della medesima area funzionale. Tali ultime procedure, infatti, ancorché denominate concorso, non sono i concorsi per l’accesso al pubblico impiego di cui tratta l’articolo 97 della Costituzione, le controversie sui quali sono affidate al giudice amministrativo, bensì procedure di promozione, attinenti quindi allo svolgimento del rapporto d’impiego, sul quale sussiste ora la giurisdizione del giudice ordinario (Cassazione, sezioni unite, 26 febbraio 2004 n. 3948). (Nel caso in esame si tratta appunto di una procedura, denominata selezione interna, per la “progressione verticale”, come dice la stessa appellante, a posti di istruttore direttivo dell’area di vigilanza, riservata a impiegati della medesima area. Pertanto, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, pronunciato dal giudice di primo grado, va confermato). Pres. Iannotta - Est. Carboni - CAMICIA (avv. Ricciardi) c. comune di MONTEFIASCONE (avv. Mezzetti) (conferma TAR Lazio, Roma, sezione seconda bis, sentenza 22 marzo 2003 n. 2439). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 12 LUGLIO 2005 (Ud. 15.03.2005), Sentenza n. 3778

 

Lavoro - Pubblico impiego privatizzato - Disciplina transitoria - Distribuzione di fondo incentivante - art. 45, c. 17, d.lgs. n. 80/1998 ora, art. 69 d.lgs. n. 165/2001. Il discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria e amministrativa posto dal legislatore (art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80 del 1998, ora, art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001), nel trasferire al giudice ordinario le controversie del pubblico impiego privatizzato, va riferito, non ad un atto giuridico o al momento d'instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste alla base della pretesa avanzata, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta controversia, ha nella specie - relativa alla distribuzione di un fondo incentivante previsto dalla contrattazione collettiva - ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario dando rilievo alla data dell'atto con cui si era provveduto all'erogazione delle somme e non ad atti preparatori, intervenuti in epoca anteriore al 30 giugno 1998, di cui il ricorrente era venuto a conoscenza in quanto rappresentante sindacale. Presidente G. Nicastro, Relatore G. Vidimi. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 7 luglio 2005, Sentenza n. 14258

 

Lavoro pubblico privatizzato - Categorie e qualifiche - Disciplina privatistica - Inapplicabilità. Al rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, dopo la cosiddetta privatizzazione, non è applicabile la disciplina prevista in materia di categorie e qualifiche per il settore privato, con la relativa individuazione dei quadri (art. 2095 cod. civ. e legge n. 190 del 1985). La Corte ha messo in rilievo la specialità del regime giuridico previsto per il primo (quale emerge dal complesso normativo del d.lgs. n. 165 del 2001, testo che ora costituisce lo "statuto" di tale rapporto di lavoro), soprattutto con riferimento al sistema delle fonti, precisando in generale che la contrattazione collettiva può intervenire senza incontrare il limite dell'inderogabilità delle norme concernenti il lavoro subordinato privato. Con riferimento al caso di specie, la Corte ha precisato che il suddetto d.lgs., dettando regole peculiari solo per i dirigenti e per i vicedirigenti, attribuisce per il resto delega piena alla contrattazione collettiva, senza che possa desumersi un obbligo di prevedere la categoria dei quadri dall'art. 40, che rinvia ad eventuali distinte discipline dei contratti collettivi per peculiari posizioni lavorative. Presidente G. Ianniruberto, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 5 luglio 2005, Sentenza n. 14193

 

Lavoro - Previdenza - Assicurazione INAIL - Revisione per errore - Illegittimita’ costituzionale - Effetti. Intervenendo per la prima volta dopo la dichiarazione di illegittimità - pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 191 del 2005 - dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, del d.lgs. n. 38 del 2000, che consentiva di impugnare i provvedimenti di rettifica, emanabili senza limiti di tempo, adottati nel vigore dell'art. 55, comma 5, della legge n. 88 del 1989, al fine di far valere retroattivamente la violazione del termine decadenziale decennale introdotto dalla nuova disciplina contenuta nello stesso art. 9, la Cassazione ha ritenuto che, non essendo più possibile l'applicazione retroattiva del termine decadenziale, ai provvedimenti di revisione per errore si applica la legge del tempo vigente al momento della loro emanazione e, nel caso di specie, l'art. 55 cit., che consentiva all'INAIL di rettificare, in qualunque momento senza limiti temporali, le prestazioni erogate, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione delle prestazioni. Presidente S. Mattone, Relatore A. De Matteis CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 5 luglio 2005, Sentenza n. 14191

 

Lavoro - Pubblico impiego - Svolgimento di mansioni superiori a quelle della posizione di inquadramento - Dipendente pubblico - Retribuibilità delle mansioni superiori - D.Lgs n. 29/1993 - Art. 15, D.Lgs. n. 387/1998 - Art. 36 Cost.. Prima dell’entrata in vigore dell’art. 15 del D.Lgs. 29.10.1998, n. 387, le mansioni svolte da un dipendente pubblico, di livello superiore rispetto a quelle dovute in base al provvedimento di nomina o di inquadramento, erano del tutto irrilevanti, non solo ai fini di progressione di carriera, ma anche ai fini esclusivamente economici, salvo che non vi fosse una specifica norma che ne prevedesse la retribuibilità (Consiglio di Stato, VI, 23.1.2004, n. 2211; 2.2.2001, n. 426; V, 17.4.2003, n. 2008; V, 24.3.1998, n. 354; IV, 28.10.1996, n. 1157; Cons. Gius. Amm. 25.10.1996, n. 363; V, 24.10.1996, n. 1282; V, 24.5.1996, n. 597; 24.5.1996, n. 587; V, 2.2.1996, n. 120; Comm. Spec. pubbl. impiego 20.11.1995, n. 345; V, 22.3.1995, n. 452; V, 9.3.1995, n. 307; V, 18.1.1995, n. 89; V, 23.11.1994, n. 1362). Soltanto la più recente normativa introdotta dal citato art. 15 del D.Lgs. n. 387 del 1998 (modificativo dell’art. 56, ultimo capoverso, del D.Lgs 3.2.1993, n. 29, nel senso che ne ha stabilito l’anticipata operatività), ha previsto la generalizzata retribuibilità, a determinate condizioni, dello svolgimento di mansioni superiori a quelle della posizione di inquadramento, a partire ovviamente dal momento della entrata in vigore della disposizione medesima, che, secondo i principi generali, non ha efficacia retroattiva. L’accenno all’art. 36 della Costituzione come fonte normativa di immediata applicazione per la retribuibilità delle mansioni superiori è anch’esso inconferente. L’art. 36 della Costituzione enuncia solo un principio - “ il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro svolto” - che deve presiedere alla predisposizione delle norme, legislative o regolamentari, dirette alla disciplina della retribuzione dei lavoratori. La norma ha come suoi destinatari, il legislatore ordinario e l’amministrazione, nell’esercizio del suo potere regolamentare, e vincola esclusivamente l’esercizio dell’attività normativa. Pres. Iannotta - Est. Marchitiello - Aldi (Avv. Sandulli) c. Comune di Roma (avv. Sportelli) - (conferma T.A.R. Lazio, II Sezione bis, del 1.12.2000, n. 10751) CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 5 luglio 2005 (c.c. 25.2.2005), sentenza n. 3699

 

Lavoro - Contratti collettivi - Interpretazione - Fattispecie relativa a contratto dei giornalisti. Nell'interpretazione della disciplina contrattuale collettiva dei rapporti di lavoro, deve farsi applicazione, oltre che del criterio dell'interpretazione letterale di cui all'art. 1362 cod. civ., anche del principio di coerenza con l'ordinamento statale, comportante la necessità che gli accordi stessi siano letti in coerenza con gli istituti legali su cui vengono ad incidere, con il conseguenziale rifiuto di opzioni dirette a contraddire la disciplina legale. (Nella specie, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, interpretando l'art. 33 del CCNL dei giornalisti, aveva trascurato il dato letterale e non aveva tenuto conto del carattere unitario del trattamento pensionistico risultante da contribuzioni differenti, quale configurato dalla disciplina dettata dall'art. 3 della legge n. 1122 del 1955, valorizzando, invece, una norma regolamentare emanata dall'I.N.P.G.I.; conseguentemente, al contrario di quanto ritenuto dal giudice di merito, l'anzianità contributiva che consente, in caso di crisi aziendale, il licenziamento al raggiungimento di una determinata età anagrafica è quella complessiva risultante dal cumulo delle due contribuzioni presso l'I.N.P.G.I. e presso l'INPS). Presidente S. Ciciretti, Relatore A. Spanò. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 4 luglio 2005, Sentenza n. 14158

 

Lavoro - Dipendenti della pubblica amministrazione in genere personale soppressa azienda di stato per i servizi telefonici - Termine. Il termine entro il quale il personale dell'Azienda di Stato per i servizi telefonici poteva optare per la permanenza nel pubblico impiego (art. 4, comma 3, legge n. 58/1992) ha natura perentoria. Tale termine decorre indipendentemente dall’adozione del decreto individuante i posti da utilizzare per la mobilità del personale, dovendosi computarlo dalla data di adozione della deliberazione del C.I.P.E. di cui al comma 6 dell'articolo 1 della legge n. 58/1992, dato che il presupposto legittimante risulta costituito solo dal tempestivo esercizio del diritto di opzione, in difetto di che si avranno esclusivamente rapporti ormai esauriti e non idonei a sorreggere alcuna pretesa, a nulla rilevando le diffide successivamente inoltrate dai singoli interessati (Sez. IV, n. 1793/2000). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 giugno 2005, n. 3640

 

Lavoro - Forze Armate e di Polizia - Inquadramento del personale. Le modifiche dell’assetto organizzatorio della pubblica amministrazione, ivi comprese quelle di natura transitoria, rientrano nella sfera di discrezionalità riservata al legislatore, afferenti alla organizzazione e all’inquadramento del personale delle Forze Armate e di Polizia. La discrezionalità legislativa incontra soltanto i limiti di arbitrarietà o della manifesta irragionevolezza che non sono stati superati nella specie (Sez. IV, 23 dicembre 2000, n. 6889. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 giugno 2005, n. 3636

 

Lavoro - Militari - Lesioni ed infermità. Ai sensi del terzo comma dell’art. 20 della L. n. 187 del 1976 i benefici previsti dagli articoli 1, 2 e 3 della L. n. 536 del 1971 si applicano con le stesse modalità a favore degli ufficiali e sottufficiali i quali, divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o deceduti per ferite, lesioni o infermità, provenienti da causa di servizio o riportate o aggravate per causa di servizio di guerra, cessano dal servizio nell’anno in cui, pur avendo maturato la anzianità necessaria per essere compresi nelle aliquote di ruolo per la formazione dei quadri di avanzamento, ne sarebbero stati esclusi per non avere raggiunto le condizioni di scrutinio, volute dalla legge di avanzamento, per motivi di salute dipendenti da causa di servizio. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30/06/2005, n. 3632

 

Lavoro - Trattamento economico e indennità - Militari (Forze Armate e di Polizia). E’ manifestamente infondata (Corte Cost. 296/2000; 241/1996; Cons. Stato, IV, 973/2000; n.137/1997) la questione di legittimità costituzionale per preteso contrasto con gli articoli 3 e 36 della Costituzione, del D.L.469/1992, convertito con modifiche dalla L.23/1993, nella parte in cui ha previsto la attribuzione dei miglioramenti economici in favore dei sottufficiali delle Forze Armate solamente dal 1° gennaio 1992, anziché dalla entrata in vigore della L. 1 aprile 1981 n. 121, come, invece, per i sottufficiali della Arma dei carabinieri e per il personale della Polizia di Stato, atteso che: a) la discrezionalità del legislatore incontra solo i limiti della arbitrarietà e della non manifesta irragionevolezza nell’operare le modifiche all’assetto organizzatorio della P.A., ivi comprese quelle dettate in via transitoria, nella specie non superati; b) nessuna norma dell’ordinamento ha inteso perseguire una assoluta identità di posizioni e trattamenti all’interno delle medesime forze di Polizia - ad ordinamento civile o militare- e fra queste ultime e il personale delle Forze Armate; infatti i compiti commessi ai sottufficiali dei carabinieri (ora esplicitati dalla L.78/2000 e nei decreti legislativi di attuazione) differiscono sensibilmente da quelli previsti dal D.Lgs.196/1995 e affidati ai sottufficiali delle altre Forze Armate; c) tali diversità rendono le posizioni non comparabili, sì che la scelta compiuta dal legislatore con la norma contestata non può ritenersi palesemente arbitraria; d) non sussiste la violazione dell’art. 36 Cost., poiché la legge gode di ampia discrezionalità nel differenziare il trattamento economico di categorie in precedenza ugualmente retribuite, e, in ogni caso, lo scorrimento verso l’alto di una categoria retributiva non comporta la necessità di innalzare i livelli superiori o inferiori (Sez. IV, 23 dicembre 2000, n. 6889). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 giugno 2005, n. 3636

 

Lavoro - Dipendenti della pubblica amministrazione in genere -Mansioni superiori. Per il riconoscimento dell’esercizio di fatto di mansioni superiori occorre che il dipendente abbia svolto le mansioni di fatto, ma sulla base di un formale incarico, e che vi sia il posto in organico vacante (Sez.. V, 7 aprile 2004, n. 1960). CGARS, 24 giugno 2005, n. 390

 

Lavoro - Dipendenti comunali e provinciali - Inquadramento. In sede di attribuzione del trattamento di cui all’art. 40 del D.P.R. 347/1983 deve necessariamente farsi riferimento alle qualifiche formali già possedute dal dipendente e non alle eventuali mansioni superiori svolte di mero fatto (Sez. V, 29 marzo 2004, n. 1656; CGARS, 8 maggio 1997, n. 87). CGARS, 24 giugno 2005, n. 390

 

Lavoro - Previdenza - Indennità di disoccupazione. L'indennità di disoccupazione con requisiti contributivi ridotti - prevista dall'art. 7 del d.l. n. 86 del 1988, convertito in legge n. 160 del 1988 - non è incompatibile con l'erogazione per lo stesso anno dell'indennità di disoccupazione con requisiti ordinari, come risulta dalla ratio della disciplina che ha introdotto la prima al fine di ampliare l'ambito della tutela contro la disoccupazione involontaria, mentre il trattamento di disoccupazione ordinaria eventualmente goduto - lungi dall'incidere sul diritto a quello con requisito ridotto - concorre solo a delimitarne la misura. Presidente V. Mileo, Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 17/06/2005, Sentenza n. 13049

 

Lavoro - Processo civile - Notificazioni - Procuratore domiciliatario e procuratore costituito. La notifica della sentenza effettuata al procuratore domiciliatario, indicato erroneamente come procuratore mentre era solo domiciliatario, e non al procuratore costituito, non determina la nullità dell'atto, atteso che l'errore formale nell'individuare la qualità di procuratore - peraltro correttamente risultante dall'intestazione della sentenza - non integra un requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo; conseguentemente, tale notifica e' idonea a far decorrere il termine breve d'impugnazione. Presidente G. Sciarelli, Relatore P. Pasquale. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 16 giugno 2005, Sentenza n. 12947

 

Lavoro previdenza - Pensione di anzianità - Erronee comunicazioni all’assicurato della posizione contributiva - Risarcimento del danno - Art. 1223 c.c. - Applicabilità - Effetti. Con riferimento al danno risarcibile da parte dell'INPS nei confronti dell'assicurato in seguito ad erronee comunicazioni relative alla posizione contributiva, applicandosi l'art. 1223 cod. civ., nell'ipotesi in cui con le erronee comunicazioni l'assicurato era stato indotto a ritenere di aver maturato ad una certa data la contribuzione minima obbligatoria idonea per il godimento, al sessantesimo anno, della pensione di vecchiaia, nonchè a non chiedere di essere autorizzato al versamento dei contributi volontari mancanti, il danno risarcibile è individuato nelle maggiori somme da corrispondere per il versamento dei contributi volontari a decorrere dalla data in cui sono stati autorizzati contestualmente al rigetto della domanda di pensione, rispetto a quelle che avrebbe dovuto versare se avesse potuto effettuare tempestivamente i versamenti, mentre non vi rientra la mancata maturazione del diritto a pensione, la quale, essendo collegabile all'autonoma scelta dell'assicurato di non versare comunque i contributi dovuti, non costituisce più una conseguenza immediata e diretta del comportamento dell'INPS. Presidente S. Ciciretti, Relatore V. Di Cerbo CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 15 giugno 2005 Sentenza n. 12823

Lavoro previdenza - Contributi figurativi - Riscatto di corsi di formazione - Art. 6 d.lgs. n. 564/1996 - Art. 2 nonies d.l. n. 30/1974 conv. L. n. 114/74.
Il riscatto a fini pensionistici dei periodi impiegati nei corsi di formazione professionale gestiti dalle Regioni - possibile per il tempo successivo al 31 dicembre 1996, secondo quanto disposto dall'art. 6 del d.lgs. n. 564 del 1996, che estende, con disposizione non retroattiva, la riscattabilità ai corsi di formazione professionale e, in genere, ai periodi di formazione, studio, ricerca e inserimento nel mercato del lavoro - è escluso nella vigenza della disciplina precedente, contenuta nell'art. 2 nonies del d.l. n. 30 del 1974, convertito nella legge n. 114 dello stesso anno. Quest'ultima, prevedendo la riscattabilità del periodo di corso di laurea - pur intesa estensivamente (sulla base delle pronunce della Corte costituzionale) come comprensiva dei periodi di corsi di studio diversi da quelli di laurea - presuppone come necessaria la natura universitaria dei corsi, desumibile dalla istituzione e gestione da parte delle istituzioni universitarie ed equiparate. Presidente E. Mercurio, Relatore M. De Luca CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 14 giugno 2005 Sentenza n. 12774

 

Lavoro - Insegnanti universitari - Trattamento economico e indennità - Indennità integrativa speciale - C.d. “scala mobile” - Art. 23 L. n. 448/2001. L’art. 23 della legge n. 448/2001, ha fornito una interpretazione autentica dell’art. 1 del D.L. 27 dicembre 1989, n. 413, come modificato dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 37, ed ha stabilito che: “l’art. 1, comma 1, della l. 28 febbraio 1990, n. 37, si interpreta nel senso che per effetto del conglobamento della quota di indennità integrativa speciale di euro 558,29 annui lordi, nello stipendio iniziale delle categorie di personale ivi indicate e della contestuale riduzione della misura dell’indennità integrativa speciale sono conseguentemente modificati tutti i rapporti percentuali fissati tra gli stipendi delle qualifiche dei docenti e ricercatori universitari anche in relazione al regime di impegno già previsti dall’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 e dall’art. 2 della l. 22 aprile 1987, n. 158. E’ fatta salva l’esecuzione dei giudicati alla data di entrata in vigore della presente legge”. Tale disposizione, dichiaratamente interpretativa, ha una naturale efficacia retroattiva, con evidente riferimento al rapporto tra i docenti universitari a tempo pieno e quelli a tempo definito. D’altra parte, la tesi interpretativa incentrata sulla esclusione dalla predetta maggiorazione del 40% della quota di euro 558,29 (pari a lire 1.081.000 ) appare indubbiamente la più conforme alle finalità perseguite dall’art. 15 del D.P.R. 17 settembre 1987, n. 494, relativo all’accordo per il personale del comparto Ministeri (il cui comma 1° ha previsto il conglobamento nello stipendio iniziale del livello in godimento di una quota dell’indennità integrativa speciale pari a lire 1.081.000 annue lorde), esteso, poi, dalla menzionata legge n. 37/90 anche ai docenti universitari. Invero, tali finalità sono legate al meccanismo di funzionamento dell’indennità integrativa speciale, la quale - a differenza della c.d. “scala mobile” vigente nell’impiego privato - non è commisurata allo stipendio, ma è costituita da una somma fissa (variabile in ragione dell’incremento del costo della vita) che si aggiunge alla retribuzione (Ad. plen. 25 ottobre 2002, n. 7). Nel D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, di recezione del richiamato accordo n. 494/87, è stata introdotta la norma di cui all’art. 54, con la quale è stato esteso il citato conglobamento ad altri dipendenti, tra i quali coloro che godono di trattamento economico commisurato o rapportato a quello dei dirigenti, e, quindi, anche ai professori di prima fascia. Tale estensione al personale pubblico non soggetto alla contrattazione collettiva deve essere interpretata alla luce delle finalità originarie della norma e con i limiti propri del conglobamento operato per il restante personale pubblico. (Conf. CGARS, 13 giugno 2005, nn. 373 - 375 - 376 - 377 - 378 - 379). C.G.A.R.S., 13 giugno 2005, Sentenza n. 374

 

Lavoro - Insegnanti universitari - Tecnici laureati (ora funzionari tecnici e collaboratori tecnici) - Area tecnico-scientifica e sociosanitaria in possesso del diploma di laurea in medicina e chirurgia - Inquadramento nella qualifica di ricercatore universitario - Art. 8, c. 10 l. n. 370/1999. Per stabilire se ai tecnici laureati (ora funzionari tecnici e collaboratori tecnici) dell’area tecnico-scientifica e sociosanitaria in possesso del diploma di laurea in medicina e chirurgia spetti l’inquadramento nella qualifica di ricercatore universitario, ai sensi dell’art. 8, comma 10 della legge n. 370 del 1999, soccorre ora la richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 160 del 2003, che si è pronunciata nel senso della manifesta infondatezza del presunto contrasto di tale disposizione con gli artt. 3 e 97 Cost., già peraltro dichiarata in precedenza con ordinanza della stessa Corte n. 262 del 2002, nel senso di escludere, come già statuito nell'ordinanza n. 94 del 2002 della Corte medesima, che abbia fondamento la piena fungibilità tra le due categorie di personale (di tecnico laureato e di ricercatore), sotto il profilo delle funzioni svolte da ognuna di esse, poiché, al contrario, dal quadro normativo complessivo, a una parziale coincidenza di compiti per quanto riguarda l'attività didattica, si contrappone una essenziale differenziazione per quanto riguarda i compiti primariamente assegnati a ciascuna categoria, cioè la ricerca, che è propria ed esclusiva dei ricercatori, e la direzione e gestione di laboratori, che è propria ed esclusiva dei tecnici laureati, con la conseguenza che non è possibile disporre l’inquadramento dei primi nella categoria dei secondi. Del resto nello stesso senso si era pronunciato il CGARS con sentenza n. 67 dell’8 febbraio 2002, nella considerazione che, limitandosi la legge n. 370 del 1999 a dire che i medici di ruolo delle cliniche universitarie, svolgono funzioni didattiche, da questa prescrizione non vi è ragione di dedurre che essi debbano essere inquadrati come ricercatori, più di quanto ve ne sia per dedurre che debbono essere inquadrati come professori. (Conf. C.G.A.R.S., 13 giugno 2005, n. 363). CGARS, 13 giugno 2005, n. 364

 

Lavoro previdenza - Infortunio sul lavoro - Aumento premi assicurativo - Tasso specifico aziendale - INAIL. Qualora l'INAIL - per aver pagato un'indennità in seguito ad infortunio in itinere al lavoratore assicurato - intenda aumentare il premio assicurativo attraverso il tasso specifico aziendale, ha l'onere di provare un proprio pregiudizio economico, che non sussiste se abbia conseguito l'integrale rimborso dell'indennizzo agendo in surroga contro il terzo responsabile dell'infortunio. Conseguentemente, se l'Istituto riceve dal terzo una somma minore per effetto di transazione ha diritto all'aumento del premio, mentre spetta all'assicurante - che tale diritto neghi - provare la manifesta sproporzione nell'accordo transattivo, sfavorevole all'Istituto, tale che possa imputarsi allo stesso il suddetto pregiudizio economico. Presidente E. Mercurio, Relatore F. Roselli CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 13 giugno 2005, Sentenza n. 12648

 

Lavoro previdenza - Infortuni sul lavoro - Assicurazione - Clausola di regolazione del premio - Clausola richiedente sollecitazione di adempimento - Interpretazione - Artt. 1367 e 1366 cod.civ.. Qualora in un contratto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro sia inserita una clausola di regolazione del premio - in virtù della quale l'assicurato è tenuto, oltre al pagamento di un premio minimo fisso da versarsi in via provvisoria ed anticipata, ad un maggior premio definitivo alla scadenza di ciascun periodo assicurativo ancorato ad elementi variabili da comunicarsi all'assicuratore - nell'ipotesi di mancata comunicazione, se nel contratto è prevista una clausola, in base alla quale l'assicuratore "può" fornire un ulteriore termine all'assicurato per le comunicazioni suddette, la stessa deve interpretarsi (al contrario di quanto ritenuto, da ultimo, con sent. n. 4612 del 1997) nel senso della previsione di un onere a carico dell'assicuratore finalizzato al conseguimento dell'effetto sospensivo della garanzia assicurativa ai sensi dell'art. 1901, secondo comma, cod. civ. Altrimenti, se operasse immediatamente la sospensione, l'assicuratore avrebbe scarso interesse alla fissazione del termine e la clausola sarebbe sostanzialmente inefficace, in contrasto con il canone di cui all'art. 1367 cod.civ.; inoltre, in violazione del successivo art. 1370, la clausola dubbia verrebbe interpretata in favore del contraente che la predispone; ed infine, l'attribuzione ad un contraente di una facoltà arbitraria contrasterebbe con l'art. 1366 cod. civ., che prescrive l'interpretazione del contratto secondo buona fede. Conseguentemente, in caso di mancato assolvimento dell'onere, la sospensione della garanzia è esclusa. Presidente E. Mercurio, Relatore F. Roselli CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 13 giugno 2005, Sentenza n. 12647

 

Processo del lavoro - Procedimento ex art. 28 dello statuto dei lavoratori - Ricorso incidentale del lavoratore. Nel procedimento ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori sono legittimati attivi solo gli organismi sindacali, mentre il singolo lavoratore, pure interessato all'accoglimento del ricorso, non è legittimato ad impugnare autonomamente la sentenza; conseguentemente, è tempestivo il ricorso per cassazione proposto dal lavoratore nel termine di cui agli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., qualificato come incidentale adesivo, poichè lo stesso ha acquisito la legittimazione ad intervenire solo in seguito al ricorso principale. Presidente V. Mileo, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 6 giugno 2005 Sentenza n. 11741

Lavoro subordinato - Condotta antisindacale - Attualita’ della condotta e perdurare degli effetti. La Corte, con sentenza ampiamente motivata resa in una fattispecie relativa ai diritti di informazione del sindacato previsti dal ccnl dei giornalisti, fa il punto sul requisito essenziale della condotta antisindacale, di cui all'art. 28 della legge n. 300 del 1970, ritenendo irrilevante la tendenza del procedimento all'emanazione di pronunce costitutive o di mero accertamento. L'attualità di tale condotta o il perdurare dei suoi effetti deve intendersi nel senso che: da un lato, il mero ritardo della proposizione del ricorso non ne determina di per sè l'inammissibilità in presenza della permanenza degli effetti lesivi; dall'altro, l’esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non può precludere l'ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo ove questo, alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente ed idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell'attività sindacale. Presidente V. Mileo, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 6 giugno 2005 Sentenza n. 11741
 

Lavoro subordinato - Licenziamento disciplinare - Specifica contestazione preventiva degli addebiti - Difesa del lavoratore. I principi di specifica contestazione preventiva degli addebiti e di necessaria corrispondenza fra quelli contestati e quelli addotti a sostegno del licenziamento disciplinare (o di ogni altra sanzione), posti dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori in funzione di garanzia del lavoratore, non escludono in linea di principio modificazioni dei fatti contestati concernenti circostanze non significative rispetto alla fattispecie, come quando le modificazioni non configurano elementi integrativi di una diversa fattispecie di illecito disciplinare, non risultando in tal modo preclusa la difesa del lavoratore. Presidente E. Mercurio, Relatore F. Roselli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 13/06/2005, Sentenza n. 12644

 

Lavoro - Pubblico impiego - Cumulo di impieghi - Indennità integrativa speciale e la tredicesima mensilità - Retribuzione. Ai sensi degli artt. 69 e 70 della l. 11 luglio 1980, n. 312, in caso di cumulo di impieghi, l’indennità integrativa speciale e la tredicesima mensilità possono essere percepite una sola volta (Sezione VI, 17 febbraio 1996, n. 216 e 21 novembre 1992, n. 911). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31 maggio 2005, n. 2851
 

Lavoro - Regolarizzazione della posizione previdenziale - Accertamento della esistenza di un rapporto di pubblico impiego - Giurisdizione. La domanda avente ad oggetto la regolarizzazione della posizione previdenziale rientra nella cognizione del giudice amministrativo solo quando venga proposta contestualmente alla domanda di accertamento della esistenza di un rapporto di pubblico impiego. CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31 maggio 2005, n. 2850

 

Lavoro - Dipendenti degli enti pubblici - Trattamento di fine rapporto, buonuscita. Non sono illegittime le delibere n. 1316 del 30 ottobre 1995 e n. 340 del 31 luglio 1996, con cui il consiglio di amministrazione dell’I.N.A.I.L. ha approvato alcune modifiche al regolamento di previdenza dell’Istituto, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 15 della legge 23 dicembre 1994, n. 724. In base all’art. 15, comma 3, l’indennità integrativa speciale è stata inclusa nella ‘retribuzione pensionabile’ solo per i dipendenti collocati a riposo dopo il 1° gennaio 1995; viceversa, per i dipendenti collocati a riposo sino a tale data, il comma 5 non ha esteso la regola di tale inclusione nella ‘retribuzione pensionabile’, perché essi altrimenti avrebbero cumulato il beneficio della perdurante percezione dell’indennità integrativa speciale (spettante in base al comma 5), con l’altro beneficio (spettante ai dipendenti collocati in pensione dopo il 1° gennaio 1995) derivante dalle più favorevoli modalità del computo del trattamento pensionistico complessivo, in quanto comprendente anche la medesima indennità. Le diverse disposizioni dell’art. 15 - per le due categorie di pensionati - non hanno comportato alcuna incidenza sulla normativa riguardante la variazione delle retribuzioni, perché la cd. clausola oro (di cui all’art. 30 del Regolamento del 1969) si riferisce agli aumenti di carattere generale apportati alle retribuzioni del personale di pari grado in servizio, ma non anche ai più favorevoli criteri di calcolo per le pensioni integrative, da applicare per i soli dipendenti collocati a riposo dopo il 1° gennaio 1995. I pensionati collocati a riposo prima e quelli dopo la data del 1° gennaio 1995 versano in situazioni non omogenee, che il legislatore ha discrezionalmente ritenuto di diversificare (Sez. VI, 5 giugno 2001, nn. 3011-3014). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31 maggio 2005, n. 2844
 

Lavoro - Rapporto relativo ai medici c.d. gettonati - Caratteristiche - Servizio sanitario nazionale - Sanitari convenzionati - Art. 2126 Cod. civ.. Quando il rapporto di lavoro avente le caratteristiche del pubblico impiego sia sorto in violazione di norme imperative che ne sanzionavano la nullità di diritto e la improduttività di effetti a carico dell’Amministrazione, il rapporto stesso viene comunque a rilevare come rapporto di fatto per il quale trova applicazione, ai fini retributivi e previdenziali, l’art. 2126 Cod. civ. <<salvo che la nullità derivi dalla illiceità dell’oggetto o della causa>> (come specificato nell’inciso contenuto nello stesso art. 2126). Ma poiché la illiceità che priva il rapporto di lavoro di fatto della tutela apprestata dal Codice civile non può essere ravvisata nella violazione della mera legalità, bensì nel contrasto con <<norme fondamentali e generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento>> non v’è dubbio che il rapporto relativo ai medici c.d. gettonati non configura una illiceità di tal genere, essendo anzi incontestabile che a tale personale si è fatto ricorso per uno scopo meritevole, vale a dire per fronteggiare le carenze endemiche di organico che si registravano nelle strutture assistenziali dei Policlinici universitari (Sez. VI, 26 luglio 2001 n. 4134; Adunanza Plenaria nn. 5 e 6 del 5 marzo 1992). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31 maggio 2005, n. 2850

 

Lavoro subordinato - Licenziamento individuale - Superamento del periodo di comporto. La sentenza, contrapponendosi a Cass. n. 18199 del 2002, ritiene assimilabile il licenziamento individuale per superamento del periodo di “comporto” non al licenziamento disciplinare, ma al licenziamento per giustificato motivo obiettivo, e ne trae la conseguenza che il datore di lavoro non ha l’obbligo di contestare analiticamente le singole assenze al lavoratore, potendosi limitare ad indicare il numero totale delle assenze verificatesi in un determinato periodo. Presidente S. Mattone, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 26 maggio 2005, Sentenza n. 11092
 

Lavoro - Lavoro pubblico - Inquadramento - Nona qualifica - Art. 3 c. 2 L. n. 254/1988 - Interpretazione. In tema di inquadramento di pubblici dipendenti, l’art. 3, comma secondo, della l. n. 254 del 1988 (secondo cui, nella nona qualifica sono, altresì, inquadrati gli appartenenti alla ex carriera direttiva assunti mediante concorso per l’esercizio di attività tecnico-professionali per le quali è richiesto il possesso di apposito diploma di laurea e relativo titolo di abilitazione professionale, nonché il personale tecnico laureato, inquadrato nei ruoli ove è richiesta l’abilitazione professionale suddetta, con almeno cinque anni di effettivo servizio nell’esercizio della predetta attività) nella parte in cui disciplina il primo inquadramento nella nona qualifica funzionale del personale dipendente da Aziende o Amministrazioni dello Stato, va interpretato nel senso che l’anzianità quinquennale di effettivo servizio non è richiesta al personale assunto per pubblico concorso per l’esercizio di specifica attività tecnico-professionale per cui era prescritta oltre alla laurea, anche l’abilitazione professionale, e che l’inquadramento decorre dal 12 luglio 1988, data di entrata in vigore della citata legge. Pres. VENTURINI, Est. POLI; Ministero dell’Interno (avv. gen. Stato) c. Cippone (n.c.). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 25 maggio 2005, Sentenza n. 2696

 

Lavoro - Pubblico impiego - Ricostruzione della carriera del pubblico dipendente - Interessi legali e rivalutazione monetaria dei crediti retributivi - Decorrenza. La decorrenza degli interessi legali e della rivalutazione monetaria dei crediti retributivi derivanti dalla ricostruzione della carriera del pubblico dipendente, risale alla data in cui sono venuti ad essere tutti gli elementi costitutivi del credito stesso e ne è stato determinato l’ammontare e, quindi dalla data dei decreti di reinquadramento ancorché aventi effetto retroattivo (C.S., IV, 13 aprile 1992, n. 405 e 4 giugno 1990, n. 457, VI, 16 novembre 2004, n. 7481 e 12 novembre 1990, n. 952). Ne deriva che gli interessi e la rivalutazione monetaria devono essere corrisposti solo dalla data di effettivo inquadramento e fino a quella di effettivo pagamento. Pres. Salvatore - Est. Pellicanò - Regione Campania (Avvocatura Regionale) c. Zara (avv. Miani) (riforma TAR della Campania, Sede di Napoli, Sez. IV del 16 febbraio 1995, n. 71). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 25 maggio 2005 (c.c. 2.12.2004), Sentenza n. 2695

 

Lavoro - Giudici di pace - Tributi - Irpef - Compenso dei assoggettamento a tassazione - Redditi di lavoro e assimilati. Il compenso percepito dai giudici di pace va assoggettato ad IRPEF. Pres. B. Saccucci, Rel. B. Virgilio. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. V, 16 maggio 2005, Sentenza n. 10230

 

Lavoro - Professioni e mestieri - Albi ed elenchi professionali - Ammissione ai pubblici concorsi - Titolo di studio superiore di quello inferiore prescritto dal relativo bando - Fattispecie: ingegneri e quello dei geometri. Mentre può al limite considerarsi assorbente ai fini dell’ammissione ai pubblici concorsi il titolo di studio superiore di quello inferiore prescritto dal relativo bando, questo non è predicabile relativamente alla iscrizione ad albi professionali (nella specie quello degli ingegneri e quello dei geometri) per loro natura infungibili in quanto calibrati su profili professionali specifici alle singole professioni. CGARS, 9 maggio 2005, n. 335

 

Lavoro - Pubblica Amministrazione - Mansioni superiori - Dipendenti della pubblica amministrazione. Nell’ambito del pubblico impiego le norme sul riconoscimento di funzioni superiori o di “incarichi” capaci di far maturare nei destinatari pretese patrimoniali di qualsiasi tipo, debbono essere interpretate in senso restrittivo. Ciò, non solo per le evidenti implicazioni sulla finanza pubblica (di cui nessun organo monocratico o collegiale ha la piena disponibilità), ma anche per lo stretto legame esistente tra la struttura organizzatoria degli uffici e quella del pubblico impiego (che non consente di dissociare disinvoltamente i due momenti). CGARS, 9 maggio 2005, n. 318

Lavoro - Pubblica Amministrazione - Mansioni superiori - Dipendenti della pubblica amministrazione. Nel pubblico impiego (a differenza che nel lavoro privato), l’espletamento da parte del dipendente di funzioni superiori rispetto a quelle proprie della qualifica di appartenenza, non ha mai di regola comportato il diritto a conseguire passaggi a qualifiche superiori, né a differenze retributive (art. 31 T.U. n. 3/1957). Una eccezione a tale principio è tuttavia contenuta nell’art. 29 D.P.R. 20.12. 1979, n. 761, limitatamente al settore della sanità e in presenza di determinati presupposti (C.C. sent. n. 236/92). La suddetta impostazione restrittiva era stata mantenuta, in un primo momento, anche nel nuovo pubblico impiego “privatizzato”. Infatti, l’art. 56 del d. lgs. n. 29/1993 (sostituito poi dall’art. 25 d. lgs. n. 80/1998) vietava, nella sua formulazione originaria, non solo qualsiasi ipotesi di passaggio verticale da una qualifica all’altra connessa all’espletamento di funzioni superiori, ma anche il riconoscimento di “differenze retributive”, fino (almeno) alla “nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi”. Ma, successivamente l’art. 15 del d. lgs. n. 387/1998 ha soppresso dall’anzidetto testo normativo l’inciso “differenze retributive”. Ciò ha fatto maturare tutto un filone giurisprudenziale favorevole al riconoscimento delle anzidette “differenze retributive”, in presenza di talune condizioni: la vacanza del posto in organico; l’atto formale di incarico; o comunque la effettività dello svolgimento delle anzidette funzioni superiori (CGARS n. 583/02 del 23 marzo 2000; Cass. Civ. Sez. Lavoro, 8 gennaio 2004, n. 91). CGARS, 9 maggio 2005, n. 315

Lavoro - Pubblica Amministrazione - Rapporto di lavoro dipendenti pubblici - Indennità di amministrazione di dipendenti - Peculiarità del servizio prestato - Giurisdizione del giudice amministrativo. Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo su una controversia relativa l’accertamento del diritto a percepire l’adeguamento della indennità di amministrazione di dipendenti dall’Ente Poste s.p.a. hanno prestato servizio presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato. Il criterio decisivo per il riconoscimento dell’indennità giudiziaria (e quindi anche per la individuazione della giurisdizione) è dato dalla peculiarità del servizio prestato presso le amministrazioni giudiziarie che sono pubbliche amministrazioni; non rilevando al riguardo la posizione del soggetto nei confronti dell’ente di appartenenza (Ente Poste s.p.a.) (CGARS 2.10.1997, n. 386; Cons. St., IV, 15.2.2002, n. 942). Inoltre ai fini dell’accesso alla giurisdizione del giudice amministrativo può essere rilevante accertare la natura pubblica o privata del soggetto da cui l’atto promana; non è invece assolutamente significativa la natura pubblica o privata del soggetto che accede alla giurisdizione. CGARS, 9 maggio 2005, n. 314

 

Lavoro - Militari - Infermita’ per causa di servizio - Speciale elargizione per i familiari - Fattispecie. Il regime di particolare favore previsto per il personale militare dall’art. 6 l. 308/1981 - che prevede una speciale elargizione per i familiari del personale militare e di pubblica sicurezza “deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni causate da eventi di natura violenta” - trova spiegazione in quel dovere di solidarietà e di riconoscenza dovuta a una categoria al servizio della società, esposta a rischi peculiari, non comparabili con quelli gravanti sul comune personale impiegatizio (così Cass. Civ. III, 11.2.1994, n. 1375). Chiarita la ratio legis (e giustificata soprattutto la cumulabilità dei diversi benefici, altrimenti incomprensibile), ai fini del riconoscimento della elargizione del predetto art. 6, la distinzione tra rischio “specifico” e “rischio generico” perde valore, avendo tra l’altro chiarito la giurisprudenza della Cassazione che l’anzidetta elargizione trova la sua causa genetica nella lesione “avvenuta in dipendenza o in occasione dell’adempimento di un dovere istituzionale” (Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 1994, n. 1375). Tale lettura estensiva consente di applicare la norma non solo nell’ipotesi tipica del “conflitto a fuoco”, ma anche in quella più comune dell’“incidente stradale” (fattispecie relativa ad un appuntato dei Carabinieri deceduto per essere stato travolto da una vettura della Celere nello spazio antistante alla Caserma in cui prestava servizio). CGARS, 9 maggio 2005, n. 306

 

Lavoro - Insegnanti universitari - Trattamento economico e indennità - Art. 23 della l. n. 448/2001 - Legittimità. E’ manifestamente infondata la illegittimità costituzionale dell’art. 23 della l. n. 448/2001. L’intervento legislativo in questione, si è innestato correttamente su un quadro normativo tutt’altro che certo e definito ed è inteso a garantire il riequilibrio del sistema retributivo, in astratto sbilanciabile a favore dei docenti a tempo pieno, in tal senso interpretando le disposizioni precedenti, secondo le loro effettive finalità e portata, che appaiono del tutto ragionevoli (la Corte costituzionale con la sentenza n. 376/1988 ha già stabilito che non è incostituzionale il non aver calcolato l’indennità integrativa speciale nella retribuzione al fine del distacco stipendiale del 40% fra docenti optanti o meno per il tempo pieno). (Conf. C.G.A.R.S., 5 maggio 2005, nn. 301  302  304 - 305) CGARS, 5 maggio 2005, n. 303

 

Lavoro - Insegnanti universitari - Trattamento economico e indennità. L’art. 23 della legge n. 448/2001, ha fornito una interpretazione autentica dell’art. 1 del D.L. 27 dicembre 1989, n. 413, come modificato dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 37, ed ha stabilito che: “l’art. 1, comma 1, della l. 28 febbraio 1990, n. 37, si interpreta nel senso che per effetto del conglobamento della quota di indennità integrativa speciale di euro 558,29 annui lordi, nello stipendio iniziale delle categorie di personale ivi indicate e della contestuale riduzione della misura dell’indennità integrativa speciale sono conseguentemente modificati tutti i rapporti percentuali fissati tra gli stipendi delle qualifiche dei docenti e ricercatori universitari anche in relazione al regime di impegno già previsti dall’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 e dall’art. 2 della l. 22 aprile 1987, n. 158. E’ fatta salva l’esecuzione dei giudicati alla data di entrata in vigore della presente legge”. Tale disposizione, dichiaratamente interpretativa, ha una naturale efficacia retroattiva, con evidente riferimento al rapporto tra i docenti universitari a tempo pieno e quelli a tempo definito. D’altra parte, la tesi interpretativa incentrata sulla esclusione dalla predetta maggiorazione del 40% della quota di euro 558,29 (pari a lire 1.081.000 ) appare indubbiamente la più conforme alle finalità perseguite dall’art. 15 del D.P.R. 17 settembre 1987, n. 494, relativo all’accordo per il personale del comparto Ministeri (il cui comma 1° ha previsto il conglobamento nello stipendio iniziale del livello in godimento di una quota dell’indennità integrativa speciale pari a lire 1.081.000 annue lorde), esteso, poi, dalla menzionata legge n. 37/90 anche ai docenti universitari. Invero, tali finalità sono legate al meccanismo di funzionamento dell’indennità integrativa speciale, la quale - a differenza della c.d. “scala mobile” vigente nell’impiego privato - non è commisurata allo stipendio, ma è costituita da una somma fissa (variabile in ragione dell’incremento del costo della vita) che si aggiunge alla retribuzione (Ad. plen. 25 ottobre 2002, n. 7). Nel D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, di recezione del richiamato accordo n. 494/87, è stata introdotta la norma di cui all’art. 54, con la quale è stato esteso il citato conglobamento ad altri dipendenti, tra i quali coloro che godono di trattamento economico commisurato o rapportato a quello dei dirigenti, e, quindi, anche ai professori di prima fascia. Tale estensione al personale pubblico non soggetto alla contrattazione collettiva deve essere interpretata alla luce delle finalità originarie della norma e con i limiti propri del conglobamento operato per il restante personale pubblico. (Conf. C.G.A.R.S., 5 maggio 2005, nn. 301  302  304 - 305) C.G.A.R.S., 5 maggio 2005, n. 303

 

Lavoro - Appalto e subappalto di prestazioni lavorative - Abrogazione della l. n. 1369/1960 ad opera del d.lgs. n. 276/2003 (c.d. "Decreto Biagi") - Continuità normativa. La c.d. “riforma Biagi” di cui al d.lgs. n. 276 del 2003 si pone in rapporto di continuità con la normativa previgente (l. n. 1369 del 1960, espressamente abrogata dall’art. 85, comma 1, lett. c d.lgs. n. 276 del 2003), che vietava l’appalto e il subappalto di mere prestazioni di lavoro, di modo che resta assoggettato a sanzione penale non solo chi, nel vigore della precedente disciplina, abbia esercitato attività non autorizzata di somministrazione di lavoro, ma anche colui che abbia fatto ricorso alla somministrazione di lavoro fornita da soggetti non abilitati o al di fuori dei casi previsti dalla legge (art. 18, commi 1 e 2, d.lgs. n. 276 del 2003). Presidente M. Sossi, Relatore G. De Nardo. CORTE DI CASSAZIONE Sezione I Penale, 26 aprile 2005 (ud. 1/02/2005), Sentenza n. 15579

 

Lavoro - Pubblico impiego privatizzato - Contratti collettivi - Procedimento pregiudiziale ex art. 64 d.lgs. n. 165/2001 - Accordo - Validità/interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale - Condizioni - Rappresentatività sindacale. Con riferimento alla risoluzione in via pregiudiziale (ai sensi dell'art. 64 d.lgs. n. 165 del 2001) di una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale del pubblico impiego privatizzato, la Corte ha per la prima volta affermato la necessità del consenso di tutte le parti firmatarie del contratto collettivo da interpretare, stante il carattere sostanzialmente novativo di tale attività negoziale rispetto al contratto vigente, escludendo la legittimità di un'interpretazione della norma volta a dare rilievo alla rappresentatività sindacale (ex art. 43 dello stesso testo normativo). Presidente G. Sciarelli, Relatore B. Balletti. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 18 aprile 2005, Sentenza n. 7932

 

Lavoro - Previdenza - Commercialisti - Pensione di vecchiaia - Presupposti. Ai fini del conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti, atteso che - secondo l'art. 22, comma 3, della legge n. 21 del 1986 - l'accertamento del requisito dell'esercizio della professione deve essere compiuto dalla Cassa periodicamente e, comunque, prima dell'erogazione dei trattamenti previdenziali ed assistenziali, in caso di accertamento negativo, effettuato (come nella specie) prima dell'erogazione, è legittima la cancellazione dell'assicurato con riferimento all'intero periodo, senza limiti temporali, non trovando applicazione l'art. 8 del d.P.R. n. 818 del 1957 (secondo il quale debbono essere accreditati agli effetti del diritto alle prestazioni assicurative i contributi indebitamente versati allorché l'accertamento dell'indebito versamento intervenga dopo oltre cinque anni), che presuppone l'esistenza di un rapporto di assicurazione generale obbligatoria con l'Inps. Presidente G. Sciarelli, Relatore A. De Matteis. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 15 aprile 2005, Sentenza n. 7830

Lavoro - Previdenza dottori commercialisti - Indebito versamento di contributi - Indebito oggettivo - art. 2033 cod. civ.. Nell'ipotesi di indebito versamento di contributi alla Cassa di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti (nella specie per sopravvenuta cancellazione conseguente all'accertamento negativo del requisito dell'esercizio della professione), trova applicazione la regola generale di cui all'art. 2033 cod. civ., in base alla quale - mancando la mala fede - il debito non produce interessi dal momento del pagamento ma dalla proposizione della domanda giudiziale, e non la disposizione speciale (art. 21, comma 1, l. n. 21 del 1986), secondo cui gli interessi decorrono dal 1° gennaio successivo alla data dei versamenti, che riguarda solo l'ipotesi di coloro che cessano dall'iscrizione alla Cassa senza aver maturato i requisiti per il diritto a pensione. Presidente G. Sciarelli, Relatore A. De Matteis. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 15 aprile 2005, Sentenza n. 7830

 

Lavoro - Pubblico impiego privatizzato - Contratto collettivo enti pubblici non economici - Diretta Interpretazione - Procedimento - Termini. Il termine di venti giorni tra conoscenza del fatto e contestazione dell'addebito, previsto dall'art. 27, comma 2, del contratto collettivo del comparto enti pubblici non economici del 6 luglio 1995, non è perentorio, atteso che il carattere della perentorietà non è rinvenibile in tutti i termini che cadenzano l'andamento del procedimento, ma solo nel termine stabilito per la conclusione. Presidente S. Mattone, Relatore F. Curcuruto. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 13 aprile 2005, Sentenza n. 7601

Lavoro - Assistenza - Invalidita’ civile - Malattie coesistenti - Danno globale - Valutazione. Con riferimento alle controversie relative al riconoscimento del diritto alla pensione di invalidità civile, nell'ipotesi di malattie coesistenti, il danno globale va valutato nella sua incidenza reale sulla validità complessiva del soggetto, ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 509 del 1988, nè la previsione nella stessa disposizione della tecnica valutativa a scalare deroga al suddetto principio generale; conseguentemente, dopo aver ottenuto il danno globale con la tecnica valutativa a scalare, è necessario valutare come esso incida nella realtà sulla validità complessiva del soggetto. Presidente S. Mattone, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 12 aprile 2005, Sentenza n. 7465

Lavoro - Licenziamenti - Normativa limitativa - Inapplicabilità - Ambito - L. n. 604/1966. La non applicabilità della disciplina limitativa dei licenziamenti in ragione dell'età o della condizione pensionistica (art. 4 della legge n. 108 del 1990) deve riferirsi all’intera legge n. 604 del 1966, a prescindere dalla dimensione occupazionale del datore di lavoro, ed in particolare, è esclusa l'applicabilità della norma (rilevante nel caso di specie) che prevede l'inefficacia del licenziamento per violazioni delle prescrizioni formali (art. 2 della legge n. 604 del 1966). Presidente E. Mercurio, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, dell'11 aprile 2005, Sentenza n. 7359

 

Lavoro pubblico privatizzato - Clausole dei contratti collettivi del pubblico impiego privatizzato - Ricorso immediato per cassazione - Sentenze ricorribili - Art. 64 d.lgs. n. 165/2001. Il ricorso immediato per cassazione, previsto dall’art. 64 del d.lgs n. 165 del 2001, è esperibile avverso la sentenza del giudice di primo grado che abbia deciso solo su questioni concernenti l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole dei contratti collettivi del pubblico impiego privatizzato, e non avverso la sentenza di primo grado che abbia deciso anche sul merito della domanda. Presidente E. Mercurio, Relatore V. Di Cerbo. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 7 aprile 2005, Sentenza n. 7208

Lavoro - Licenziamenti - Servizi di tipo alberghiero ad ecclesiastici - art. 18 dello Statuto dei lavoratori - Applicabilità. Non sono sussistenti le condizioni (stabilite dall’ art. 4 della legge 11 maggio 1990, n. 108) per escludere l’operatività della tutela reale prevista dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori - quindi va applicato l'art. 18 cit. alla Casa Internazionale del Clero, la cui attività essenziale consiste nel fornire servizi di tipo alberghiero ad ecclesiastici residenti a Roma per lavoro o transitanti, restando irrilevante l'attività svolta dagli ospiti e le modalità di offerta del servizio, quali la possibilità di svolgere all'interno della Casa attività di culto, ai fini di far rientrare l'attività in questione tra quelle di religione o di culto. Presidente E. Mercurio, Relatore S. Toffoli CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 7 aprile 2005, Sentenza n. 7207

 

Lavoro - Procedure e varie - Selezioni interne per l’accesso a profili professionali di una fascia superiore - Giurisdizione - G.A. - Sussiste. Ha la giurisdizione il giudice amministrativo in materia di selezioni interne per l’accesso a profili professionali di una fascia superiore (Cass. SS.UU. 15 ottobre 2003, n. 15403). In giurisprudenza (Cass. 10 dicembre 2003 n. 8143) risulta confermata dalle più recenti decisioni delle Sezioni Unite (26 febbraio 2004 n. 3948). Fattispecie: passaggio ad una categoria superiore del personale del servizio sanitario nazionale. Pres. Elefante - Est. Branca - Velotti (avv. Miani) c. Azienda USL Napoli 4 (avv. Auletta) - (annulla TAR Campania, Sez. V, Napoli, 4 luglio 2003 n. 7993) - Conf.: C. di S. Sez. V, 30 marzo 2005 (c.c. 1°/02/2005), Sent. nn. 1356 - 1355. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 30 marzo 2005 (c.c. 1°/02/2005), Sentenza n. 1357

 

Lavoro pubblico - Procedimento disciplinare - Rapporto con il giudizio penale - Sentenze di patteggiamento. Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 394 del 2002 - che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 10, comma 1, della legge n. 97 del 2001 - le sentenze di patteggiamento, pronunciate anteriormente all'entrata in vigore della suddetta legge (la quale, innovando la disciplina relativa all'efficacia di tale sentenza nel giudizio disciplinare, ne ha previsto l'efficacia quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso), non hanno efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare, con la conseguenza che in questo giudizio l'accertamento dei fatti e la loro riferibilità all'incolpato deve avvenire in modo autonomo. Presidente G. Sciarelli, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 29 marzo 2005, Sentenza n. 6601

 

Lavoro subordinato - Assunzione diretta dei lavoratori - Collocamento - Obbligo di comunicazione all'ufficio di collocamento dei nominativi dei lavoratori assunti - Compatibilità con l’ordinamento comunitario - Fondamento. L'art. 9 - bis, del d.l. n. 510 del 1996, convertito nella legge n. 608 del 1996, che - innovando la disciplina previgente - ha consentito ai datori di lavoro l'assunzione diretta dei lavoratori e imposto l'obbligo di comunicazione all'ufficio di collocamento dei nominativi dei lavoratori assunti, non è in contrasto con l'ordinamento comunitario, ed in particolare con l'art. 86 del Trattato istitutivo della Comunità Europea ed i principi affermati dalla Corte di Giustizia della Comunità europea (decisione 11 dicembre 1997, resa nella causa n. 55/96, e 8 giugno 2000, resa nella causa n. 258/98), atteso che non interferisce con la libertà di intermediazione nel mercato del lavoro e risponde, invece, a pubbliche esigenze di informazione e controllo del suddetto mercato. Presidente R. Erminio, Relatore G. D'Agostino. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 23 marzo 2005, Sentenza n. 6255

 

Lavoro - Previdenza - Diritto dei lavoratori di essere informati sulla quantità di retribuzione condono - Ambito di applicazione. Dal condono previdenziale previsto dall'art. 2 del decreto legge n. 538 del 1996 (non convertito, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dalla legge n. 662 del 1996) sono escluse le violazioni di norme dirette a regolare alcuni aspetti del lavoro subordinato - quali il diritto dei lavoratori di essere informati sulla quantità di retribuzione (art. 1 della legge n. 4 del 1953), o il diritto a non essere impiegati oltre determinati limiti di orario (art. 5 del R.d.l. n. 692 del 1923) - non avendo tali illeciti natura previdenziale, atteso che le suddette norme non sono finalizzate al versamento di premi e contributi. Presidente S. Senese, Relatore G. D'Agostino. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 23 marzo 2005, Sentenza n. 6230

 

Lavoro - Licenziamento - Superamento periodo di comporto - Calcolo. Ai fini del superamento del periodo di comporto, non può tenersi conto delle assenze non contestate nella lettera di licenziamento, sempre che il lavoratore abbia contestato il superamento del periodo di comporto e che si tratti di ipotesi di comporto per sommatoria, essendo esclusa l'esigenza di una specifica indicazione nel caso di assenze continuative. Presidente S. Mattone, Relatore A. Lamorgese CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 22 marzo 2005, Sentenza n. 6143

 

Lavoro subordinato - Trasferimento di dipendente - Motivazione - Principio di correttezza e buona fede - Prova - Artt. 1175 e 1375 del c.c.. In tema di trasferimento di dipendente, dal principio secondo cui il controllo giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento datoriale a norma dell'art. 2103 del c.c. - volto all'accertamento della sussistenza delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive affermate dal datore di lavoro e di cui lo stesso è tenuto a dimostrarne la sussistenza - deve effettuarsi anche alla luce dei principi generali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 del c.c., discende che, qualora il datore di lavoro abbia allegato l'esistenza di una pluralità di ragioni, ordinate secondo una scala di priorità, non può limitarsi a provare solo la ragione secondaria omettendo la prova di quella principale. Presidente S. Senese, Relatore G. D'Agostino CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 22 marzo 2005, Sentenza n. 6117

 

Lavoro subordinato - Dipendenti postali a tempo determinato - Casi previsti dalla contrattazione collettiva - Autonomia sindacale - Operatività delle ipotesi di contratti a termine da introdurre. Con riferimento alla previsione di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione, contenuta nel contratto del 25 settembre 1997 dei dipendenti postali, integrativo del CCNL del 26 novembre 1994, legittimanti le assunzioni a termine, (in fattispecie sottratta "ratione temporis" al D.Lgs. n. 368 del 2001) si afferma l'attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del 1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine, rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962, l'intento del legislatore di considerare l'esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti e prescinde, pertanto, dalla necessità che - anche quando le nuove ipotesi di contratto a termine siano dotate di particolare ampiezza - la norma contrattuale abbia, di per sè, una efficacia temporale limitata, atteso che l'autonomia sindacale non trova limiti nella legge con riferimento alla tipologia e all'ambito temporale di operatività delle ipotesi di contratti a termine da introdurre. Presidente G. Sciarelli, Relatore B. Balletti. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 21 marzo 2005, Sentenza n. 6029

 

Lavoro pubblico privatizzato - Contratti collettivi - Diretta interpretazione - Criteri. La diretta interpretazione dei contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego privatizzato, ad essa demandata dall’art. 63 del D.Lgs. n. 165 del 2001, deve essere compiuta secondo i criteri di cui agli artt. 1362 e ss. del c.c., e non sulla base degli artt. 12 e 14 delle disposizioni della legge in generale, stante la natura negoziale di tali contratti. (conf. Cass. n. 4714/2005) CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 17 marzo 2005, Sentenza n. 5892

Lavoro pubblico privatizzato - Contratti collettivi - Ricorso ex art. 64 d.lgs. n. 165/2001 - Altre questioni di diritto - Esclusione. Atteso che il procedimento speciale disciplinato dall'art. 64 del D.Lgs. n. 165 del 2001 è diretto esclusivamente all'accertamento pregiudiziale della corretta interpretazione dei contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego privatizzato, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza non definitiva, previsto dal citato articolo, se contiene questioni di diritto che non attengono alla interpretazione della clausola contrattuale controversa. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 17 marzo 2005, Sentenza n. 5892

Lavoro pubblico privatizzato - Contratto collettivo del comparto ministeri - Diretta interpretazione - Posizione economica C3 - Profilo lavorativo. Il profilo lavorativo relativo alla posizione economica C3, di cui all'allegato A del ccnl del Comparto Ministeri del 16 febbraio 1999, non ricomprende tra le proprie funzioni l'espletamento di quelle di reggenza della superiore posizione lavorativa dirigenziale per vacanza del relativo posto, atteso che - in base all'art. 1362 cod. civ. - deve ritenersi che i contraenti, omettendo l'indicazione della reggenza tra le mansioni proprie della qualifica della posizione economica C3, abbiano inteso consapevolmente escludere tale figura dalla relativa declaratoria. Presidente E. Ravagnani, Relatore G. D'Agostino. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 17 marzo 2005, Sentenza n. 5892

 

Lavoro - Responsabilità conseguente ad infortunio sul lavoro - Processo del lavoro - Appello - Chiamata in causa per garanzia impropria dell'INAIL. In ipotesi di giudizio per accertamento della responsabilità conseguente ad infortunio sul lavoro, nel caso di chiamata in causa per garanzia impropria dell'INAIL, qualora - per effetto della mancata impugnazione della pronuncia sulla causa principale da parte del soggetto rimasto soccombente - si formi il giudicato sul rapporto principale, questo non estende i suoi effetti al chiamato in garanzia in ordine al rapporto con il chiamante ed il chiamato può impugnare la statuizione del rapporto principale solo nell'ambito del rapporto di garanzia e per i riflessi che la decisione può avere su di essa. Presidente S. Ciciretti, Relatore C. Filadoro. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 16 marzo 2005, Sentenza n. 5671

 

Lavoro - Licenziamento - Risarcimento del danno - D.d. aliunde perceptum - Carattere di eccezione - Rilevabilità d'ufficio dal giudice d'appello - Presupposti. In tema di impugnativa di licenziamento in grado di appello, l'eccezione cosiddetta dell'"aliunde perceptum" - cioè la deduzione della rioccupazione del lavoratore licenziato al fine di limitare il danno da risarcire a seguito di licenziamento illegittimo - ha carattere di eccezione in senso lato, con la conseguenza che i fatti suscettibili di formare oggetto di tale eccezione sono rilevabili d'ufficio dal giudice d'appello, sempre che l'appellato non abbia tacitamente rinunciato ad avvalersene non avendovi fatto riferimento in alcuna delle proprie difese del grado. Presidente S. Ciciretti, Relatore F. Roselli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 15 marzo 2005, Sentenza n. 5610

 

Lavoro - Licenziamenti - Dipendente di banca - Licenziamento per giusta causa - Accertamento autonomo rispetto al giudizio penale - Fattispecie. Nell’ipotesi di licenziamento per giusta causa, l'accertamento - compiuto autonomamente e senza vincoli derivanti dall'esito del giudizio penale - dell'idoneita' del comportamento contestato a ledere il rapporto fiduciario deve essere effettuato con particolare rigore ed a prescindere dalla sussistenza di un danno effettivo per il datore di lavoro, qualora si tratta di dipendente di istituto di credito, con la conseguenza che correttamente il giudice ha ritenuto giustificato per colpa gravissima il licenziamento di un cassiere di banca per aver versato l'importo di un mutuo ad uno solo dei due cointestatari. Presidente S. Ciciretti, Relatore C. Filadoro CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 14 marzo 2005, Sentenza n. 5504

 

Lavoro subordinato - Concessione unilaterale del datore di lavoro - Condotta antisindacale - Esclusione - Minimi retributivi inderogabili. Non configura di per sè condotta antisindacale, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori, la concessione unilaterale del datore di lavoro, ad una percentuale elevata di dipendenti, di aumenti retributivi riassorbibili con quelli futuri derivanti dalla contrattazione collettiva. Infatti, l'alto numero dei lavoratori coinvolti ed il meccanismo del riassorbimento non appaiono idonei a determinare alcuna limitazione del ruolo del sindacato nella contrattazione dei minimi retributivi inderogabili, sempre che siano assenti finalità discriminatorie nella scelta dei destinatari del beneficio. Presidente V. Mileo, Relatore V. Di Cerbo CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, dell'11 marzo 2005, Sentenza n. 5343

 

Lavoro - Cooperative di lavoro - Socio lavoratore - Rinuncia al compenso per lavoro straordinario - Art. 2379 c.c. - Estinzione del credito del socio - Limiti. Se il socio di una società cooperativa di lavoro non ha partecipato alla deliberazione con la quale si ripianava il debito della società mediante rinuncia da parte dei soci al compenso per lavoro straordinario svolto, non avendo l’assemblea alcun potere di disporre di quei diritti con atto unilaterale, la delibera è nulla per impossibilità dell’oggetto, ai sensi dell’art. 2379 c.c., essendo inidonea a produrre l’effetto di estinguere il credito del socio, o di obbligarlo alla cessione del suo diritto, e la nullità è rilevabile d’ufficio ex art. 1421 c.c. Presidente E. Mercurio, Relatore F.A. Maiorano. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 7 marzo 2005 Sentenza n. 4822

Lavoro - Cooperative di lavoro - Socio lavoratore - Rinuncia al pagamento del tfr - Lavoratore subordinato - Accantonamento delle somme - Limiti. Atteso che il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, la rinuncia - mediante partecipazione alla deliberazione dell’assemblea e sottoscrizione del relativo verbale - effettuata dal socio lavoratore di una società cooperativa, allo stesso modo di quella effettuata dal lavoratore subordinato al quale è equiparato ex art. 24 della legge n. 196 del 1997, è radicalmente nulla ai sensi degli artt. 1418, secondo comma, e 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del soggetto e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato. Presidente E. Mercurio, Relatore F.A. Maiorano. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 7 marzo 2005 Sentenza n. 4822

 

Lavoro pubblico privatizzato - Contratti collettivi - Diretta interpretazione - Decisione della causa nel merito. In accoglimento, del ricorso per violazione o falsa applicazione di disposizioni dei contratti collettivi del pubblico impiego privatizzato, se la decisione nel merito della causa dipende interamente dall’interpretazione di una clausola contrattuale, la Corte di cassazione, decide la causa nel merito applicando in via analogica l’art. 384, comma primo, c.p.c.. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 3 marzo 2005, Sentenza n. 4714

Lavoro pubblico privatizzato - Contratto collettivo sanità - Diretta interpretazione - Retribuzione ferie - Computo dell’indennità per lavoro notturno - Esclusione. L’art. 19, comma 1, del Contratto collettivo del comparto Sanità del 26 luglio 1995 comprende nella retribuzione delle ferie soltanto le indennità erogate in misura fissa mensile e non anche quelle con base diversa e, tra queste, quella su base oraria per lavoro notturno prestato continuativamente in turni avvicendati, di cui all’art. 44, comma 11 dello stesso contratto collettivo Presidente U.R. Panebianco, Relatore C. Piccininni. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 3 marzo 2005, Sentenza n. 4714

 

Lavoro pubblico privatizzato - P.A. - Contratti collettivi - Diretta interpretazione - Criteri - Art. 63 del d.Lgs. n. 165/2001 - Dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Ai sensi dell'art. 63 del d.Lgs. n. 165 del 2001 (applicabile anche ai contratti precedenti in quanto norma processuale), secondo il quale nelle controversie di lavoro concernenti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni il ricorso per cassazione può essere proposto anche per violazione e falsa applicazione dei contratti e degli accordi collettivi nazionali di cui all'art. 40 del medesimo decreto, la Corte può procedere alla diretta interpretazione di tali contratti con i criteri di cui agli artt. 1362 e ss c.c., esaminando l’intero contratto ex art. 1363 c.c. e non le sole clausole denunciate, restando irrilevante l’erronea denuncia con il ricorso del vizio di interpretazione. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 3 marzo 2005, Sentenza n. 4714

 

Lavoro - Rinuncia agli atti del giudizio - Notifica alla controparte - Necessità. L’atto di rinuncia al ricorso per cassazione si perfeziona solo a seguito della notifica di esso alla controparte, ove costituita, o della comunicazione di esso ai suoi procuratori, con apposizione del visto dei medesimi: solo in questo caso può essere dichiarata l’estinzione del processo (contra: Cass. n. 679 del 2001). Presidente S. Ciciretti, Relatore D. Figurelli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 22 febbraio 2005 Sentenza n. 3525

Lavoro - Enti lirici - Rapporto di lavoro - Disciplina privatistica - Fondazioni di diritto privato. Gli enti autonomi lirici e le istituzioni concertistiche hanno assunto dal 1998 la veste di fondazioni di diritto privato, e pertanto la legittimità degli atti e dei provvedimenti da essi adottati in relazione ai rapporti di lavoro subordinato deve essere valutata esclusivamente secondo le regole privatistiche, e non secondo le regole che disciplinano la legittimità del procedimento amministrativo. Presidente F. Pontorieri, Relatore F. Trombetta CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 18 febbraio 2005, Sentenza n. 3360

Lavoro - Procedure e varie - Processo civile - Principio di diritto - Interpretazione. L'interpretazione del principio di diritto fissato nella sentenza di cassazione con rinvio, specie quando non risulti espressamente enunciato ma debba essere enucleato, deve farsi attraverso i criteri di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. e non mediante estensione dei principi fissati dalle preleggi. (conf.: sent. n. 46 del 2004) (diff.: sent. n. 17564 del 2004). Presidente G. Sciarelli, Relatore G. Vidimi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 18 febbraio 2005, Sentenza n. 3352

 

Lavoro - Lavoratori extracomunitari - Regolarizzazione - Esclusione in caso di denuncia per alcuni reati (arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza) - Incostituzionalità - Fondamento. Le disposizioni (art. 33, comma 7, lett. c, l. n. 189 del 2002 e art. 1, comma 8, lett. c d.l. n. 195 del 2002, conv. in l. n. 222 del 2002) che vietano la regolarizzazione della posizione lavorativa degli stranieri extracomunitari, denunciati per uno dei reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza (artt. 380 e 381 c.p.p.), sono incostituzionali perché non conformi ai criteri di intrinseca ragionevolezza che limitano la discrezionalità del legislatore nello stabilire i requisiti per ottenere l’autorizzazione a lavorare nel territorio dello Stato. Presidente F. Contri - Relatore F. Amirante. CORTE COSTITUZIONALE del 18/02/2005, Sentenza n. 78

 

Lavoro subordinato - Lavoro giornalistico - Iscrizione a praticante presso una testata giornalistica - Condizioni - Minimo di quattro giornalisti professionisti - Necessità. Per poter essere iscritti quali praticanti presso una testata giornalistica è sempre necessario che presso tale testata lavori il numero minimo di quattro giornalisti professionisti previsto dall’art. 34 della legge n. 69 del 1963, che non può considerarsi non più richiesto in conseguenza della evoluzione tecnologica degli ultimi anni, anche se questa consente, grazie all’uso del computer e degli strumenti informatici, di svolgere le stesse attività utilizzando un minor numero di persone. Presidente A. Spanò, Relatore C. Di Iasi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 17 febbraio 2005, Sentenza n. 3194

Lavoro - Cosa giudicata civile - Sentenza straniera passata in giudicato preclusione per il giudice italiano - Litispendenza internazionale - Nozione - Convenzione di Bruxelles 27.9.1968, come modificata dalla convenzione di San Sebastian 26.5.1989. La nozione di litispendenza internazionale, alla luce della convenzione di Bruxelles 27.9.1968, come modificata dalla convenzione di San Sebastian 26.5.1989, afferma la preclusione per il giudice italiano successivamente adito ad esaminare nel merito una controversia già decisa dal giudice straniero con sentenza passata in giudicato. Presidente E. Mercurio, Relatore A. De Matteis. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 17 febbraio 2005, Sentenza n. 3192

 

Lavoro - Contratto di solidarietà a zero ore - Previdenza e assistenza - Indennità di maternità. Le lavoratrici che hanno accettato, per conservare il posto di lavoro, di sottoscrivere con il datore di lavoro un contratto di solidarietà a zero ore della durata di oltre sessanta giorni non perdono il diritto alla indennità di maternità. Presidente E. Ravagnani, Relatore A. Lamorgese. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 16 febbraio 2005, Sentenza n. 3050

 

Lavoro - Docenti di religione cattolica - Espletamento dell’attivita’ didattica - Poteri dell’autorita’ ecclesiastica - Limiti di tutela del docente. E’ di esclusiva competenza dell’ordinario diocesano la scelta delle concrete modalità dell’espletamento dell’attività didattica e l’autorità scolastica è tenuta ad aderire alle indicazioni dello stesso, spazi di tutela del docente sussistono solo in presenza di condotte - adottate d’intesa tra le due autorità - che ledano valori e principi costituzionali, arrecandogli ingiusti danni; Nella specie la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di un’insegnante di religione, volta ad ottenere l’assegnazione di una cattedra completa anziché ore frammentate in diverse località, in contrasto con la designazione dell’autorità ecclesiastica che aveva preferito altri insegnanti per esigenze di continuità didattica. Presidente G. Sciarelli, Relatore G. Vidiri CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 4 febbraio 2005, Sentenza n. 2243
 

Lavoro - Riforma del mercato del lavoro - Attività di somministrazione di lavoro - Limiti - Condizioni di liceità, di un contratto di diritto privato - Intermediazione abusiva e non autorizzata - Regime sanzionatorio civilistico e penalistico - Somministrazione di lavoro e l'appalto di opera o di servizio - Differenza. La più recente riforma del mercato del lavoro, attuata dal D.Lgs. a. 267/2003, lungi dall'introdurre una totale deregolamentazione del settore della somministrazione di manodopera da parte di imprese private verso altre imprese private: ha identificato un unico regime di autorizzazione per i soggetti che svolgono attività di somministrazione di lavoro, di intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale (artt. 4-6); ha consentito che la somministrazione di lavoro possa essere oggetto, in forme più ampie rispetto al passato ma pur sempre a determinate condizioni di liceità, di un contratto di diritto privato (artt. 20-21); ha continuato comunque a sanzionare l'intermediazione abusiva e non autorizzata (art. 18). La nuova normativa, pertanto, ha solo ampliato il previgente sistema derogatorio ad una attività generalmente illecita, prevedendo che tale attività possa essere lecitamente svolta purché nel rispetto di plurime e specifiche condizioni. Il D.Lgs. n. 276/2003, a tal riguardo, si è perfettamente conformato alle prescrizioni della legge di delega n. 30/2003, ove era stato precisato all'art. 1, comma 2, lett. m), n. 6 - che doveva esservi "conferma del regime sanzionatorio civilistico e penalistico previsto per i casi di violazione della disciplina della mediazione privata nei rapporti di lavoro". L'art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003 ha ribadito i criteri distintivi tra la somministrazione di lavoro e l'appalto di opera o di servizio di cui all'art. 1655 cod. civ., prevedendo che sussiste l'appalto solo nel caso in cui l'organizzazione dei mezzi produttivi, la direzione dei lavoratori e l'assunzione del rischio d'impresa restano in capo all'appaltatore e non al committente o utilizzatore delle prestazioni. Presidente G. Savignano, Relatore A. Fiale - Ric. Infante - (conferma Tribunale di Lodi). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 3 febbraio 2005 (Ud. 20 dicembre 2004), Sentenza n. 3714 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Mobbing - Definizione - Risarcimento danni (danno biologico, morale ed esistenziale) - Configurabilità. Si configura il c.d. mobbing, legittimando da parte di chi subisce la condotta illecita il ristoro dei danni non patrimoniali, nelle tre componenti del danno biologico, morale ed esistenziale, in tutti quei casi si è in presenza di attacchi sistemateci e reiterati che hanno lo scopo di danneggiare la salute, i canali di comunicazione e informazioni, la professionalità e la reputazione della vittima. Giud. Gatto - F. c. Ist. Compr. S. Agostani. TRIBUNALE DI AGRIGENTO 1 febbraio 2005

 

Lavoro - Autonomia contrattuale collettiva - Statuto dei lavoratori - Diritti sindacali - Rappresentanze sindacali aziendali R.S.A. - Accordo interconfederale R.S.U.. L’autonomia contrattuale collettiva può prevedere organismi di rappresentatività sindacale in azienda (quali le r.s.u. dell’accordo interconfederale del 20 dicembre 1993) diversi rispetto alle rappresentanze sindacali aziendali di cui all’art. 19 dello Statuto dei lavoratori e può assegnare prerogative sindacali - quali il diritto di indire l’assemblea - non necessariamente identiche a quelle delle r.s.a., con il limite, previsto dall’art. 17 dello stesso Statuto, del divieto di riconoscere ad un sindacato un’ingiustificata posizione differenziata che lo collochi quale interlocutore privilegiato del datore di lavoro. Presidente S. Mattone - Relatore G. Amoroso. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 1° febbraio 2005, Sentenza n. 1892

 

Lavoro - Competenza civile - Preclusione nel rito del lavoro - Trattazione prima udienza - Nozione. Nel processo civile novellato dalla legge n. 353 del 1990, le questioni relative alla competenza possono essere esaminate non oltre la prima udienza di trattazione, che nel rito ordinario è quella disciplinata dall’art. 183 c.p.c., e nel rito del lavoro deve intendersi la prima udienza di discussione fissata nel decreto di cui all’art. 415 c.p.c., e non quella di cui all’art. 420 c.p.c. Presidente A. Spanò, Relatore A. Spanò. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 1° febbraio 2005, Ordinanza n. 1866

 

Lavoro - Pubblico impiego - Dipendente - Domanda di risarcimento in forma specifica e/o per equivalente - Competenza territoriale - Applicazione dell’art. 413 c.p.c. - Esclusione. In tema di pubblico impiego, nell’ipotesi di proposizione di domanda di risarcimento in forma specifica e/o per equivalente da parte di un pubblico dipendente non è invocabile, ai fini dell’individuazione del giudice territorialmente competente, l’art. 413 c.p.c. (sede dell’ufficio nel quale il dipendente della pubblica amministrazione presta servizio) perché non si è in presenza di una causa di lavoro; né possano essere utilizzati gli artt. 19 e 20 c.p.c., posta l’esistenza di una soluzione normativa nell’ambito delle norme che regolano il processo amministrativo, quanto meno nel caso di giudizio risarcitorio autonomo, seguente ad annullamento di provvedimento illegittimo; rispetto ai giudizi risarcitori ha, infatti, carattere pregiudiziale necessario il giudizio di annullamento dell’atto amministrativo, e la pregiudizialità necessaria tra giudizio di annullamento e giudizio risarcitorio comporta una intima connessione tra i due giudizi, in base alla quale la competenza per il giudizio principale di annullamento attira anche il giudizio consequenziale di risarcimento. Pres. VENTURINI, Est. AURELI; Ministero dell’Interno (avv. Gen. Stato) c. Rodolico. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 31 gennaio 2005, Sentenza n. 200

 

Lavoro - Inquadramento - Rapporti di impiego - l’A.U.S.L. assume la veste di avente causa a titolo universale delle disciolte UU.SS.LL. - Fattispecie. Nel sistema designato dall'articolo 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994 n. 724, come integrato dall'art. 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995 n. 549, "è la nuova Azienda Unità Sanitaria Locale ad assumere la veste di avente causa a titolo universale delle disciolte UU.SS.LL., subentrando in tutti i rapporti giuridici in atto (diritti personali e reali sui beni, obbligazioni ad esecuzione periodica, continuata e differita, potestà di carattere pubblicistico, rapporti di impiego, ecc.), mentre la Regione, attraverso la Gestione liquidatoria, succede, a titolo particolare …, solo nei rapporti individuati dalla norma istitutiva." Cioè per le pregresse poste debitorie e creditorie sorte in capo alle ex UU.SS.LL., (Consiglio di stato, Sez. V, 25 giugno 2002, n. 3446). Fattispecie: inquadramento professionale, e riconoscimento del corrispondente trattamento economico, con rivalutazione ed interessi - esecuzione del giudicato. Pres. Elefante - Est. Fera - Minei (avv. Pinto) c. ASL Na/1 (avv. Militerni e Nardone). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 25 gennaio 2005 (cc 24 settembre 2004), Sentenza n. 151 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Lavoro pubblico - Infortunio sul lavoro - Equo indennizzo - Procedimento di concessione - Parere del C.P.P.O. - Valenza - Conseguenze. In materia di infortunio sul lavoro del pubblico dipendente, l’organo di amministrazione attiva che interviene a conclusione del procedimento diretto alla concessione dell’equo indennizzo può esprimere il proprio giudizio finale con rinvio ob relationem al parere espresso dal Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie; il giudizio valutativo di detto Comitato, per effetto della novella introdotta dall’art. 5 bis della l. 20 novembre 1987 n. 472 ha, invero, carattere pieno ed investe tutte le questioni inerenti all’insorgenza della patologia ed alle condizioni in cui è stata resa la prestazione lavorativa e non soffre limitazioni in relazione al contenuto del precedente parere della Commissione Medica Ospedaliera; in quanto organo di sintesi e ponderazione di ogni precedente giudizio formulato sulla dipendenza della malattia dal servizio, il parere del C.P.P.O. si impone all’amministrazione, la quale, nell’esercizio dei poteri ad essa peculiari di amministrazione attiva, è tenuta unicamente alla verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente “iter” valutativo e non ad attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito più strettamente tecnico/sanitario della vicenda; per espresso disposto dell’art. 8, comma quinto, del d.P.R. 20 aprile 1994 n. 349, recante norme di semplificazione del procedimento de quo, una specifica e puntuale motivazione è infatti dovuta nei soli casi in cui l’Amministrazione, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal C.P.P.O., ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del predetto consesso (parere obbligatorio ma non vincolante). Pres. GIOVANNINI, Est. POLITO; Loseto (avv. Garofalo) c. Ministero P.I. (avv. Gen. Stato). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 24 gennaio 2005, Sentenza n. 108

 

Lavoro - Previdenza sociale - Omissione contributiva e sanzioni civili - Procedimento - Irrogazione e sanzioni amministrative ex l. n. 689/1981 - Inapplicabilità. I crediti degli istituti previdenziali per i contributi e le sanzioni civili dovuti in caso di omesso o ritardato pagamento contributivo discendono dalla legge e non hanno natura di sanzione affittiva; pertanto ad essi non si applica la disciplina dettata per l’irrogazione e la contestazione delle sanzioni amministrative dalla l. n. 689 del 1981, né è necessaria la previa contestazione degli addebiti. Presidente S. Mattone, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 21 gennaio 2005, Sentenza n. 1257

 

Lavoro - Stranieri - Assistenza pubblica - Possesso di un regolare permesso di soggiorno di durata almeno annuale - Assegno sociale di cui all'art. 3, 6° c., L. n. 335/1995 - D.lgs. n. 388 del 2000. Anche il cittadino straniero in possesso di un regolare permesso di soggiorno di durata almeno annuale può aver diritto all’assegno sociale di cui all’art. 3, sesto comma, della legge n. 335 del 1995, mentre dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 388 del 2000 (che non ha efficacia retroattiva) questa prestazione assistenziale può spettare soltanto al cittadino italiano o allo straniero che sia in possesso della carta di soggiorno (che può essere rilasciata agli stranieri che si trovino regolarmente in Italia da almeno cinque anni). Presidente E. Ravagnani, Relatore V. Di Cerbo. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 20 gennaio 2005 Sentenza n. 1117

 

Lavoro - Appropriazione indebita - Datore di lavoro - Trattenute cassa edile - Omesso versamento - Insussistenza del reato. Il mancato versamento alla Cassa Edile delle somme "trattenute" dal datore di lavoro sulla retribuzione del dipendente per ferie, gratifica natalizia e festività non integra il reato di appropriazione indebita, bensì solo l'illecito amministrativo previsto dall'art. 13 d.lgs. 19/12/1994, n. 758. Presidente N. Marvulli, Relatore E. Fazzioli CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Penale, 19 gennaio 2005 (Ud. 27 ottobre 2004) Sentenza n. 1327

 

Lavoro - Lavoro subordinato - Versamento dei contributi previdenziali - Inadempimento del datore di lavoro - Tutela nei confronti dell’insolvenza del datore di lavoro - Prova. In caso di inadempimento del datore di lavoro rispetto al proprio obbligo di versamento dei contributi previdenziali, il lavoratore che agisce per la costituzione di una rendita vitalizia sostitutiva è tenuto a fornire la prova scritta dell’esistenza del rapporto di lavoro subordinato. Presidente V. Carbone, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE CIVILI, Sezioni Unite 18 gennaio 2005, Sentenza n. 840 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Critiche del dipendente al datore di lavoro - Licenziamento per giusta causa - Esclusione - Presupposti. Non costituisce giusta causa di licenziamento (ma può giustificare il recesso del datore di lavoro) il comportamento del dirigente che critichi anche duramente l’operato dei suoi superiori, se tali critiche non superano i limiti della correttezza e non si traducono in un atto illecito, quale l’ingiuria o la diffamazione. Presidente G. Sciarelli, Relatore A. Lamorgese. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 17 gennaio 2005, Sentenza n. 775

 

Lavoro - Sicurezza sul lavoro - Servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali - Componente del servizio - Omessa rimozione della situazione di pericolo a seguito di infortunio occorso ad un dipendente - Sanzione disciplinare - Legittimità. Tra i compiti del servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali, il D.Lgs. 19.9.1994 n. 626 include - all’art. 9, primo comma, lett. a) - l’individuazione dei fattori di rischio, la valutazione dei rischi e la individuazione delle misure per la sicurezza degli ambienti di lavoro, postulando una condotta attiva da parte dei componenti del servizio predetto; parimenti, all’art. 5, c.2, punto d), prescrive tra gli obblighi dei dipendenti anche l’adoperarsi direttamente, in caso di urgenza, per eliminare o ridurre situazioni di pericolo, non consentendo situazioni d’inerzia. Ne deriva la legittimità della sanzione disciplinare irrogata nei confronti del componente del servizio di prevenzione e protezione che, a seguito di infortunio accorso ad un dipendente, non si sia attivato per la verifica e rimozione della situazione di pericolo. Pres. Perricone, Est. Mozzarelli - P.P. (Avv. Virgilio) c. Ministero dell’Interno (Avv. Stato) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 17 gennaio 2005, n. 35 (vedi: sentenza per esteso)

 

Inquinamento - Amianto - Tutela della salute - Lavoro subordinato - Obblighi del datore di lavoro - Tutela delle condizioni di lavoro. Le Ferrovie dello Stato sono responsabili per non aver saputo prevenire e evitare i danni alla salute dei dipendenti dovuti alla prolungata esposizione all’amianto negli anni ’50 e ’60. Presidente S. Mattone, Relatore G. Celerino. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 14 gennaio 2005, Sentenza n. 644

 

Lavoro - Licenziamento disciplinare - Obbligo di audizione - Esclusione - Condizioni. Con riferimento all’obbligo di audizione nel procedimento per l’irrogazione del licenziamento disciplinare (art. 7 dello statuto dei lavoratori), (Cass. n. 4187 del 2002), è principio affermato che se il lavoratore abbia chiesto di essere sentito contestualmente alla presentazione delle proprie giustificazioni per iscritto, il datore di lavoro è obbligato a dar seguito alla richiesta di integrare le proprie giustificazioni solo se la stessa risponda ad esigenze di difesa non altrimenti tutelabili, in quanto non sia stata possibile la piena realizzazione della garanzia apprestata dalla legge. Presidente E. Mercurio - Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 13 gennaio 2005, Sentenza n. 488

 

Lavoro - Contratti a termine - Nullita’ per violazione della L. n. 230/1962 - Configurabilità di unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato - Esclusione - Fattispecie: passaggio dall’attività di programmista regista a quella di giornalista senza iscrizione all’albo. Nel caso di più contratti a termine stipulati in violazione della legge n. 230 del 1962, qualora si sia verificata una modificazione contrattuale dell’oggetto della prestazione comportante la nullità, come nell’ipotesi di passaggio dall’attività di programmista regista a quella di giornalista senza iscrizione all’albo, l’accertamento della nullità del termine non può comportare il riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto a tempo indeterminato con mansioni temporalmente diversificate. Presidente S. Ciciretti, Relatore F. Lupi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 3 gennaio 2005 Sentenza n. 48

 

Lavoro - Pubblico impiego - Invalidi civili - Elenchi - Diritto all’iscrizione - Conservazione - Presupposti. Nel pubblico impiego, gli invalidi civili iscritti negli elenchi di cui all’art. 19 della l. 2 aprile 1968 n. 482, il cui grado di invalidità sia stato riconosciuto in base alla tabella in vigore anteriormente a quella di cui all’art. 2, comma 1, della l. 26 luglio 1988 n. 291, conservano il diritto all’iscrizione negli elenchi stessi se hanno un grado di invalidità superiore al 45 per cento, mentre gli invalidi civili con un grado di invalidità inferiore al 46 per cento conservano tale diritto solo per un periodo di dodici mesi, decorrente dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 2 comma 1 su detto. Pres. GIOVANNINI, Est. MONTEDORO; Sollazzo (avv. Panuccio) c. Ministero P.I. ed altri (avv. Gen. Stato), Tropiano ed altri (avv. Tropiano), Trimarchi ed altri. CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 10 gennaio 2005, Sentenza n. 3

 

Lavoro giornalistico - Mancata iscrizione all’albo - Prestazione di fatto - Effetti. Nell’ipotesi di lavoro giornalistico di persona non iscritta all’albo professionale, la nullità del contratto per violazione di legge non produce effetti per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione. Sorgono, conseguentemente, sia il diritto al trattamento economico e normativo, sia il diritto al risarcimento dei danni per la mancata contribuzione previdenziale; inoltre, questi sono posti a carico del datore di lavoro per il solo fatto che ha utilizzato le prestazioni, a prescindere dalla imputabilità a sua colpa della omessa iscrizione all’albo. Presidente G. Sciarelli, Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 3 gennaio 2005, Sentenza n. 28

Lavoro giornalistico - Previdenza - Prepensionamento - Danno da mancata contribuzione. Il giornalista professionista che abbia usufruito del pensionamento anticipato subisce, in caso di mancata contribuzione, un danno pensionistico simile a quello subito da chi gode del trattamento previdenziale ordinario. Presidente G. Sciarelli, Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 3 gennaio 2005, Sentenza n. 28

 

Lavoro subordinato - Licenziamento del dirigente - Giusta causa e giustificato motivo - Nozione di “giustificatezza” del licenziamento - Ricostruzione autonoma. La Corte, ponendosi in contrasto con quanto affermato con la sentenza n. 15322 del 7 agosto 2004, afferma che in caso di licenziamento del dirigente, anche se la nozione di “giustificatezza” del licenziamento non coincide con quelle di giusta causa e giustificato motivo, il contenuto di tale nozione deve essere però ricostruito non in modo autonomo ma facendo riferimento ad esse. Presidente E. Mercurio, Relatore R. Foglia CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 3 gennaio 2005, Sentenza n. 27