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Giurisprudenza

Lavoro

Pubblico e Privato

 

2006

(Vedi anche le voci: inquinamento - sicurezza - aria - suolo - P.A....)

 

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 -2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-96

 

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Lavoro - Previdenza - Infortuni sul lavoro - Rendita per invalidita’ permanente - Cumulo di inabilita’ ai fini del raggiungimento della percentuale richiesta per il diritto alla rendita - Limiti. La Corte ha dichiarato non fondata - in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 38, secondo comma, e 76 della Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali a norma dell’art. 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), nella parte in cui non consente di procedere ad una valutazione complessiva dei postumi conseguenti ad infortuni sul lavoro o malattie professionali verificatisi o denunciati prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale 12 luglio 2000 (Approvazione di «Tabella delle menomazioni»; «Tabella di indennizzo danno biologico»; «Tabella dei coefficienti»; relative al danno biologico ai fini della tutela dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali) e di quelli intervenuti dopo tale data. Secondo la Corte, la separata considerazione degli eventi lesivi ricadenti sotto la disciplina del citato art. 13, rispetto a quelli pregressi, costituisce una logica conseguenza di una razionale scelta discrezionale del legislatore, nel pieno rispetto degli artt. 76, 3 e 38 Cost., fondata sull’obiettiva differenza dei parametri valutativi e delle conseguenze indennizzabili ed articolata in modo tale da non lasciare, nell’ambito di ciascuno dei diversi regimi, alcun vuoto di tutela. Presidente F. Bile - Relatore L. Gazzella. CORTE COSTITUZIONALE, 19/12/2006, Sentenza n. 426

 

Lavoro - Prestazione lavorativa in ambiente inquinato (amianto) - Risarcibilità - Onere probatorio - Risarcimento danni - Danno morale. La situazione di turbamento psichico conseguente al proseguimento della prestazione lavorativa in ambiente inquinato, se non può formare oggetto di prova diretta, al pari di qualsiasi altro stato psichico interiore del soggetto, può essere tuttavia desunta da altre circostanze di fatto esterne, quali la presenza di malattie psico-somatiche, insonnia, inappetenza, disturbi del comportamento o altro. Conseguentemente, il lavoratore che, impiegato in cantiere esposto all’inalazione di polveri di amianto, chiede il risarcimento dei danni per l’esposizione ad agenti patogeni, pur non avendo contratto alcuna malattia, non è liberato dalla prova di aver subito un effettivo turbamento psichico e la prospettata situazione di sofferenze e disagio non può essere desunta dalla mera prestazione lavorativa in ambiente inquinato. La S.C. ha affermato tale principio in controversia in cui i lavoratori deducevano che il patema d’animo, causato dalla consapevolezza della seria e concreta esposizione ultratrentennale all’amianto, non potendo essere oggetto di accertamento o di riscontro medico legale, poteva essere desunto dai dati di comune esperienza. La S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva respinto la domanda di risarcimento per non aver i lavoratori fornito alcuna prova in ordine alla gravità dell’evento ed all’asserito turbamento, né alla dipendenza causale del turbamento dall’esposizione all’agente patogeno. Presidente G. Sciarelli, Relatore G. D'Agostino. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 06/11/2006, Sentenza n. 23642

 

Lavoro - Previdenza - Controversie assistenziali - Legittimazione passiva - INPS - Art. 117 cost. - Normativa preesistente - Efficacia. In materia di controversie assistenziali, la legittimazione passiva non spetta alle Regioni, ancorché titolari delle competenze amministrative relative alla concessione dei benefici, ma all'Inps, sia per le azioni di accertamento e condanna all’erogazione delle provvidenze, sia per quelle di mero accertamento del diritto alla "concessione" del trattamento, nonostante il contestuale conferimento alle Regioni e agli enti locali, delle relative funzioni concessorie, ai sensi delle disposizioni dell'art. 130 del d.lgs. n. 112 del 1998, non modificate dalla legislazione statale sopravvenuta ed innovate solo in ordine al necessario intervento in giudizio del Ministero dell’economia e delle finanze. La perdurante, intatta, vigenza del citato art. 130, confermata dal disposto dell’art. 3, comma 121 della l. n.350 del 2003, non è stata incisa dalle competenze regionali in tema di concessione di benefici o dalla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, atteso che, anche ove si interpreti il novellato art. 117 Cost. nel senso che la materia delle provvidenze agli invalidi civili rientri nella esclusiva competenza legislativa regionale - esulando, dalla legislazione esclusiva dello Stato, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art.117, comma 1, lett. m, Cost.), - in ogni caso la modifica delle competenze tra Stato e Regione sarebbe suscettibile di tradursi soltanto in nuove e diverse possibilità di intervento legislativo in materia, senza venir meno, in forza del principio di continuità dell’ordinamento giuridico, l’efficacia della normativa preesistente conforme al quadro costituzionale in vigore all’epoca della sua emanazione (v. Corte cost. nn.376, 383,422 del 2002). Presidente E. Mercurio, Relatore G. Coletti De Cesari. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 03/11/2006, Sentenza n. 23535

 

Lavoro - Dipendenti del settore dei trasporti - Mansioni superiori - Presupposti. La materia delle mansioni superiori trova una sua specifica regolamentazione per i dipendenti del settore dei trasporti nell’art 18, n. 148/1931, secondo cui il direttore dell'azienda può adibire temporaneamente gli agenti stabili a funzioni di grado superiore a quello di cui siano provvisti, ma è tenuto, trascorsi sei mesi di reggenza in un anno, a deliberare la promozione effettiva, sempre che vi sia la vacanza del posto (cfr. Cass., sez. lav., sent. 7 gennaio 1986 n. 52, secondo cui il rapporto di lavoro del personale dipendente da imprese esercenti pubblici servizi di trasporto in concessione risulta disciplinato in modo autonomo, organico e completo, dal r.d. 8 gennaio 1931 n. 148 e dal relativo regolamento, allegato A). In base all'art. 18 citato il riconoscimento della qualifica superiore, a seguito dello svolgimento delle relative funzioni, è ammissibile nell'ambito della medesima carriera di appartenenza, in presenza dei seguenti presupposti: a) la vacanza del posto in organico di livello corrispondente alle mansioni di fatto svolte, attestabile solo dalla pianta organica; b) l'effettivo esercizio (in misura prevalente rispetto alla prestazione lavorativa), per un periodo di sei mesi, delle mansioni della qualifica superiore; c) l'avvenuto conferimento delle stesse attraverso un incarico formale, assegnato cioè dall'organo competente ed inteso a sopperire alla carenza di organico, dando atto dell'indispensabilità dell'attribuzione dei compiti di livello superiore al dipendente di cui si tratti. Pres. Schinaia - Est. Scola - Ingrosso (avv. Sticchi Damiani) c. Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Avvocatura generale dello Stato) (conferma T.a.r. Puglia, Lecce, sezione I, n. 4397/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 12/10/2006 (C.c. 4/7/2006), sentenza n. 6078

 

Lavoro - Mansioni superiori nel pubblico impiego - Modificazione definitiva dell’inquadramento professionale - Limiti - Differenza con il rapporto di lavoro privato - Art. 2103, c.c.. Lo svolgimento di mansioni superiori nel pubblico impiego non può legittimare in alcun caso la pretesa del pubblico dipendente di una modificazione definitiva dell’inquadramento professionale. A differenza del rapporto di lavoro privato (il quale conosce una norma di tutela, l'art. 2103, c.c., come modificato dall'art. 13, legge 20 maggio 70 n. 300, che attribuisce carattere definitivo allo svolgimento di mansioni superiori per un periodo superiore ai tre mesi), il rapporto di lavoro pubblico è, infatti, caratterizzato da una serie di rigidità, derivanti sostanzialmente dall'obbligo costituzionale della selezione mediante pubblico concorso e dai vincoli di spesa, che escludono in tutti i casi la possibile applicazione di meccanismi automatici di definitiva assegnazione della qualifica superiore all’impiegato. Pres. Schinaia - Est. Scola - Ingrosso (avv. Sticchi Damiani) c. Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Avvocatura generale dello Stato) (conferma T.a.r. Puglia, Lecce, sezione I, n. 4397/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 12/10/2006 (C.c. 4/7/2006), sentenza n. 6078

 

Lavoro - Rapporto di lavoro nel settore pubblico - Principio di corrispondenza della retribuzione del lavoratore alla qualità e quantità del lavoro prestato - Esercizio di mansioni superiori - Limiti. La norma costituzionale, sancendo il principio di corrispondenza della retribuzione del lavoratore alla qualità e quantità del lavoro prestato, non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendovi altri principii di pari rilevanza costituzionale, come quello dell'art. 97, posto che l'esercizio di mansioni superiori contrasta con il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, nonché con la rigida predeterminazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità proprie dei funzionari (art. 28, Cost.). La consapevolezza dell'impossibilità di applicare in modo generalizzato e indiscriminato l'art. 36, Cost., al rapporto di lavoro nel settore pubblico (che, a norma dell'art. 98, primo comma, Cost., si sottrae alla pura logica del rapporto di scambio: Corte cost., 18 maggio 1992 n. 236) è stata sempre presente, in modo incontrastato, nelle pronunce dei giudici sia costituzionali che amministrativi. Pres. Schinaia - Est. Scola - Ingrosso (avv. Sticchi Damiani) c. Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Avvocatura generale dello Stato) (conferma T.a.r. Puglia, Lecce, sezione I, n. 4397/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 12/10/2006 (C.c. 4/7/2006), sentenza n. 6078

 

Lavoro subordinato - Licenziamento individuale - Mancata impugnazione entro il termine di decadenza - Inapplicabilità dell'art. 18 l. n. 300/1970 - Azione risarcitoria da fatto illecito - Esperibilità - Atto finale di "mobbing". La mancata tempestiva impugnazione del licenziamento non comporta la liceità del recesso datoriale e il lavoratore, al quale è preclusa la tutela ex art. 18 della legge n. 300 del 1970, è legittimato ad esperire l'ordinaria azione risarcitoria in base ai principi generali che la disciplinano, sempre che ne ricorrano, e siano allegati, i relativi presupposti. Per la S.C. la normale azione risarcitoria da fatto illecito, secondo i principi generali, richiede l'indicazione e l'allegazione del fatto ingiusto che si sia accompagnato al licenziamento, richiamando, a titolo di esempio, il licenziamento ingiurioso, il licenziamento come atto finale di "mobbing", il licenziamento pubblicizzato al di fuori dell'azienda con la finalità di nuocere alla figura professionale del lavoratore. (Cass. del 21/08/2006 Sentenza n. 18216). Presidente S. Mattone, Relatore V. Di Nubila. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 12/10/2006, Sentenza n. 21833

 

Lavoro subordinato - Assunzione in prova - Specifica indicazione delle mansioni da espletare - Necessità - Conseguenze. Il patto di prova apposto al contratto di lavoro deve non solo risultare da atto scritto ma contenere, eventualmente con riferimento alle disposizioni collettive, anche la specifica indicazione delle mansioni da espletare, conseguendone, in mancanza, la nullità del patto con automatica conversione dell'assunzione in definitiva, ab origine, a prescindere dal livello contrattuale e dalla natura della mansione assegnata, atteso che la possibilità per il lavoratore di impegnarsi secondo un programma ben definito in ordine al quale poter dimostrare le proprie attitudini, e la facoltà datoriale di esprimere la propria valutazione all'esito della prova presuppongono che questa debba effettuarsi in relazione a compiti esattamente identificati sin dall'inizio. Presidente G. Sciarelli, Relatore S. Monaci. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 10/10/2006, Sentenza n. 21698
 

Lavoro - Qualificazione del rapporto di lavoro - Elementi qualificatori. L'accertamento della qualificazione del rapporto, rigorosamente fondato sul riscontro della subordinazione (quale unico elemento qualificatorio), richiede la verifica dell'esercizio del potere direttivo e di controllo in relazione sia alla natura delle prestazioni sia al ruolo del prestatore all'interno dell'impresa. Sono invece non significativi elementi comuni alle varie forme di lavoro, che assumono natura meramente sussidiaria e non decisiva. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. lav.,  09/10/2006, Sentenza n. 21646

 

Lavoro pubblico - Costituzione del rapporto con vincitore di concorso - Dimissioni volontarie - Istanza di riammissione in servizio - Diritto soggettivo - Esclusione. L'istituto della riammissione in servizio del dipendente dimissionario della PA, ai sensi dell'art. 132 del d.P.R. n. 3 del 1957, presupponendo una decisione discrezionale dell'Amministrazione, volta al soddisfacimento dell’ interesse pubblico di coprire il posto rimasto scoperto a seguito delle dimissioni, non postula un diritto soggettivo del dipendente dimissionario alla riammissione in servizio. Presidente G. Sciarelli, Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 05/10/2006, Sentenza n. 21408

 

Lavoro - Lavoratori con contratto di formazione e lavoro chiamati a funzioni pubbliche elettorali - Aspettativa non retribuita per la durata del mandato. E’ da escludere (secondo i principi affermati da Corte Cost. n. 149 del 1993) qualsivoglia incompatibilità tra il contratto di formazione e lavoro e la normativa che disciplina l’aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettorali. Qualora fatti estranei alla volontà delle parti, come il conseguimento di una carica elettorale, nella specie a sindaco, da parte del lavoratore assunto con contratto di formazione e lavoro, impediscano di realizzare, nel termine previsto, la peculiare finalità del contratto, non deve considerarsi esaurita la funzione del contratto, né legittimo il relativo recesso del datore di lavoro, dovendosi escludere che, alla stregua degli artt. 1 e 2 della legge n. 816 del 1985, il datore di lavoro possa discrezionalmente decidere se autorizzare o meno il collocamento in aspettativa del lavoratore che ne abbia fatto espressa domanda, ricorrendo le prescritte condizioni. In conclusione, il termine massimo di durata del contratto di formazione e lavoro può essere sospeso e differito in tutti i casi in cui si verifichino fatti oggettivamente impeditivi della formazione professionale che non producono un automatico effetto estintivo del rapporto ma che, ai fini dell'esaurimento della fase di formazione, ne devono consentire la proroga per un periodo pari a quello della sospensione. Presidente G. Sciarelli, Relatore V. Di Cerbo. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 05/10/2006, Sentenza n. 21396

 

Lavoro - Contratto collettivo - Indennità di bilinguismo - Accordo collettivo integrativo del ccnl per il personale non dirigente di enti pubblici non economici - Regione Trentino Alto Adige. L’indennità di bilinguismo spetta, alla stregua dell’art. 39 dell’accordo collettivo stipulato il 14 febbraio 2001 ad integrazione del ccnl per il personale non dirigente degli enti pubblici non economici del 16 febbraio 1999 nella regione Trentino Alto Adige, solo ai dipendenti INPS facenti parte degli uffici delle province di Bolzano e Trento aventi competenza regionale, nonché delle tre regioni a statuto speciale in cui vige istituzionalmente, con carattere di obbligatorietà, il sistema del bilinguismo. Ne consegue che quando il dipendente dell’Inps si trasferisce in luoghi in cui non vige, obbligatoriamente, il sistema del bilinguismo, il diritto all’indennità viene meno e non entra a far parte della retribuzione base perché indissolubilmente connessa al luogo ove si effettua la prestazione lavorativa che, per i dipendenti Inps, può variare da luoghi ove il bilinguismo vige o non vige obbligatoriamente, diversamente da quanto accade per i dipendenti della provincia di Trento e Bolzano, per i quali, invece, l’indennità entra a far parte del trattamento base perchè indifettibilmente astretti ad operare nei luoghi ove istituzionalmente vige il sistema di bilinguismo. (sentenza n.16876 del 24/7/2006). Presidente S. Mattone, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 02/10/2006, Sentenza n. 21273

 

Lavoro - Morte del lavoratore - Datore di lavoro - Omicidio colposo - Obblighi di protezione - Estensione - Rapporto di causalità materiale tra condotta ed evento letale - Fattispecie. Risponde del delitto di omicidio colposo in danno del lavoratore il datore di lavoro che non ha procurato lo strumentario di sicurezza necessario a prevenire eventi lesivi nel corso della prestazione lavorativa, poi verificatisi, seppure l’inadempimento sia dovuto ad una contingente indisponibilità di tale strumentario, dal momento che il diritto alla salute del lavoratore, come diritto fondamentale, non può ammettere lacune di tutela imputabili a cause indipendenti dalla volontà del soggetto titolare della posizione di garanzia. Fattispecie: Mancata fornitura del giubbotto antiproiettile alla guardia giurata. Presidente B. R. De Grazia, Relatore P. Piccialli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 29/09/2006 (Ud. 04/07/2006), Sentenza n. 32286 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Normativa antinfortunistica - Organizzazione delle attività lavorative in modo sicuro - Datore di lavoro - Responsabilità - Art. 2087 c.c., - Riduzione al minimo dei rischi - Evento lesivo - Imputazione - Art. 40, c. 2, c.p.. Il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa: tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'art. 2087 c.c., in forza del quale il datore di lavoro è comunque costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all'obbligo di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall'articolo 40, comma 2, c.p.. Tale obbligo comportamentale, che è conseguenza immediata e diretta della "posizione di garanzia" che il datore di lavoro assume nei confronti del lavoratore, in relazione all' obbligo di garantire condizioni di lavoro quanto più possibili sicure, è di tale spessore che non potrebbe neppure escludersi una responsabilità colposa del datore di lavoro allorquando questi tali condizioni non abbia assicurato, pur formalmente rispettando le norme tecniche, eventualmente dettate in materia al competente organo amministrativo, in quanto, al di là dell'obbligo di rispettare le suddette prescrizioni specificamente volte a prevenire situazioni di pericolo o di danno, sussiste pur sempre quello di agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e l'accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi un nocumento a terzi (Cass., Sez. IV, 12 gennaio 2005, Cuccu; Cass., Sez. IV, 12 dicembre 2000, Bulferetti). Presidente B. R. De Grazia, Relatore P. Piccialli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 29/09/2006 (Ud. 04/07/2006), Sentenza n. 32286 (vedi: sentenza per esteso)

 

Sicurezza sul lavoro - Normativa antinfortunistica - Indisponibilità oggettiva dello strumentario di sicurezza - Datore di lavoro - Esimente della responsabilità - Esclusione. Un'eventuale indisponibilità dello strumentario di sicurezza, dipendente da qualsiasi causa, non può infatti assurgere ad esimente, per l'ovvia e stringente considerazione che il diritto alla salute (qui del lavoratore) è un diritto fondamentale dell'individuo (articolo 32 della Costituzione) che non può ammettere eccezioni (per riferimenti, Cass., Sez. IV, 28 gennaio 2005, Ranzi). Presidente B. R. De Grazia, Relatore P. Piccialli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 29/09/2006 (Ud. 04/07/2006), Sentenza n. 32286 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro - Aggravante speciale - Configurabilità. In tema di reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro, per la configurabilità dell'aggravante speciale (qui, quella prevista dall'art. 589 cpv. c.p.) non occorre che sia integrata la violazione di norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, giacchè, per l'addebito di colpa specifica, è sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa della violazione del disposto dell'art. 2087 del c.c., che fa carico all' imprenditore di adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori (v. Cass., Sez. IV, 8 giugno 2001, Zagami). Presidente B. R. De Grazia, Relatore P. Piccialli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 29/09/2006 (Ud. 04/07/2006), Sentenza n. 32286 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Normativa antinfortunistica - Responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c., - Ipotesi di concorrente formazione - Accertamento da parte dei giudici - Nesso eziologico. La responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c., nell'ipotesi di concorrente formazione, presuppone l'accertamento da parte dei giudici che il presidio di prevenzione fosse confacente a regole di esperienza statutariamente previste o invalse nelle prassi. Proprio, in forza della disposizione generale di cui all'art. 2087 del codice civile e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40, comma 2, c.p. Presidente B. R. De Grazia, Relatore P. Piccialli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 29/09/2006 (Ud. 04/07/2006), Sentenza n. 32286 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro pubblico - Sanzioni disciplinari - Pendenza di procedimento penale - Sospensione cautelare del dipendente - Differimento della contestazione disciplinare all’esito del procedimento penale - D. Lgs. n. 165/2001. In tema di contestazione tempestiva in sede disciplinare con riferimento ai pubblici dipendenti, per il procedimento disciplinare a carico dei pubblici dipendenti trova specifica applicazione il requisito della tempestività della contestazione previsto dall'art. 55, comma quinto, del d. lgs. n. 165 del 2001; tuttavia ove, per la rilevanza penale dei fatti addebitati, sia intervenuta la sospensione cautelare del dipendente sottoposto a procedimento penale, la definitiva contestazione può essere differita all'esito del procedimento penale. Nella specie, la S.C. ha confermato l'impugnata sentenza, ribadendo la correttezza del comportamento della P.A. che aveva preferito attendere l'esito del giudizio penale di appello nei confronti di un ufficiale giudiziario imputato per reati connessi all'esercizio delle sue funzioni prima di procedere all'esercizio nei suoi confronti del potere di contestazione in sede disciplinare, sia a causa delle vicende relative alla sospensione cautelare, sia per la mancanza di lesione del diritto di difesa e la non contrarietà del comportamento stesso al precetto della buona fede, senza, peraltro, trascurare la circostanza assorbente che, nell'ipotesi dedotta in giudizio, avrebbe dovuto trovare applicazione l'antecedente normativa che consentiva, comunque, di differire la contestazione disciplinare all'esito del procedimento penale, cosicché, in nessun caso, poteva dirsi prospettabile l'intempestività della contestazione. Presidente S. Senese, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 28/09/2006, Sentenza n. 21032

 

Lavoro pubblico - Procedimento disciplinare - Mancata presentazione del pubblico dipendente a seguito di rituale convocazione - Termine per l'applicazione della sanzione - Inosservanza - Conseguenze - D. Lgs. n. 165/2001. Il disposto del quinto comma (ultimo periodo) dell'art. 55 del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, - secondo cui, con riferimento al procedimento disciplinare, "trascorsi inutilmente quindici giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi quindici giorni" - si riferisce univocamente alla sola evenienza che il dipendente non si avvalga della facoltà di difendersi e, in tal caso, prescrive di applicare la sanzione nel termine di quindici giorni dalla scadenza del primo termine, non essendo necessarie ulteriori valutazioni dell'Amministrazione. Tale disposizione non può essere, invece, estesa alla diversa ipotesi di audizione del dipendente, in forza del principio secondo cui le norme sulla decadenza, per il loro carattere eccezionale, non sono applicabili oltre i casi espressamente previsti, ai sensi dell'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale. Presidente S. Senese, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 28/09/2006, Sentenza n. 21032

Lavoro subordinato - Licenziamento - Plurime impugnazioni - Giudicato - Preclusione della impugnazione che deduca profili nuovi e diversi di illegittimità. In presenza di più impugnazioni dello stesso licenziamento, il principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile implica che il risultato di un processo, conclusosi con sentenza passata in giudicato, non possa più essere messo in discussione mediante argomentazioni che in quello stesso processo avrebbero potuto essere fatte valere dall'interessato. In particolare, con riguardo al licenziamento disciplinare, è da ritenersi preclusa, per effetto del precedente giudicato, la nuova impugnazione che deduca nuovi e diversi profili di illegittimità da parte del lavoratore, dovendo escludersi, in ogni caso, che il giudicato sulla validità sostanziale del licenziamento consenta un'altra impugnazione per ragioni formali e restando del tutto irrilevante che eventuali vizi non siano stati dedotti o siano stati tardivamente, e perciò inammissibilmente, fatti valere. Presidente S. Senese, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 28/09/2006, Sentenza n. 21032

 

Lavoro subordinato - Mansioni - Sostituzione di un lavoratore di grado più elevato da parte di altro con mansioni comprendenti anche quelle del sostituito - Diritto ex art. 2103 c.c. - Condizioni - Fattispecie. Per i presupposti di applicabilità dell’art. 2103 cod. civ., s’intende per lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, la cui sostituzione da parte di altro lavoratore avente una qualifica inferiore non attribuisce a questi il diritto alla promozione, deve intendersi soltanto quello che non sia presente in azienda a causa di una delle ipotesi di sospensione legale o convenzionale del rapporto di lavoro, e non anche quello destinato, per scelta organizzativa del datore di lavoro, al di fuori dell'azienda od in un'altra unità produttiva. In particolare, il principio secondo cui ove tra le mansioni tipiche della qualifica di appartenenza del lavoratore siano compresi compiti di sostituzione del dipendente di grado più elevato, la sostituzione di quest’ultimo non attribuisce alcun diritto ex art. 2103 cod. civ., vale purché si tratti di sostituzione occasionale, in relazione ad impedimenti temporanei, e non nel caso in cui la funzione vicaria sia travalicata in ragione del carattere permanente della sostituzione e della persistenza solo formale della titolarità in capo al superiore delle mansioni proprie della relativa qualifica, per effetto di una stabile scelta organizzativa del datore di lavoro. Nella specie, è stata cassata con rinvio l'impugnata sentenza che, disattendo gli esposti principi in controversia promossa da un aiuto medico in relazione al conseguimento del diritto ex art. 2103 cod. civ., aveva conferito determinante rilievo alla formale nomina del primario "ad interim", ritenendo irrilevante la sua effettiva presenza nella divisione sanitaria e considerando, nel contempo, che l'attività di sostituzione, svolta dal predetto aiuto medico, rientrasse nelle funzioni vicarie indipendentemente dalla relativa attività e prevalenza, così escludendo il riconoscimento del reclamato diritto. Presidente S. Ciciretti, Relatore P. Cuoco. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 28 settembre 2006, Sentenza n. 21021

 

Lavoro subordinato - Assunzione obbligatoria - Datori di lavoro destinatari dell'obbligo - Piena occupazione aziendale - Dispensa del datore di lavoro dall’obbligo - Esclusione. Il contenuto dell'obbligo legale di assumere invalidi ai sensi della legge n. 482 del 1968, applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio e ora abrogata per effetto dell'art. 22 della legge n. 68 del 1999, ha affermato che l'obbligo legale di assunzione risulta imposto soltanto a quei datori di lavoro che, in dipendenza del livello occupazionale, la legge presume dotati non solo della capacità economica necessaria per sopportarne l'onere, ma anche di una struttura capace di occupare la prescritta aliquota (quindici per cento) di lavoratori appartenenti alla categorie protette. Sicchè, al fine della collocabilità dell'invalido nell'organizzazione aziendale, non assume rilievo la vacanza dei posti in organico, presupposta al diverso scopo della riserva dei posti, non dispensando, la piena occupazione aziendale, il datore di lavoro dall’obbligo prospettato che riguarda un'aliquota dei posti in organico e non già dei posti vacanti. Nella specie è stata confermata la sentenza impugnata con la quale era stata accolta la domanda, proposta da una lavoratrice invalida, per la condanna al risarcimento del danno subito in dipendenza del rifiuto ingiustificato di assunzione a seguito dell’ avviamento al lavoro nella forma del collocamento obbligatorio, previo accertamento della sua "collocabilità" in posizioni lavorative esistenti nell'organizzazione datoriale. Presidente e Relatore E. Ravagnani. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 21/09/2006, Sentenza n. 20450

 

Lavoro subordinato - Tutela delle condizioni di lavoro - Servizio di prevenzione e protezione dai rischi - Funzione di responsabile di detto servizio e funzione di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza - Cumulabilità - Esclusione. Nel sistema delineato dal decreto legislativo n. 626 del 1994, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è un soggetto che rappresenta il datore di lavoro ed esercita prerogative proprie di quest'ultimo in tema di sicurezza del lavoro, mentre il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è chiamato a svolgere, essenzialmente, una funzione di consultazione e di controllo circa le iniziative assunte dall'azienda nel settore della sicurezza, con la conseguenza che le predette funzioni, tra loro incompatibili, non sono cumulabili nella stessa persona. La concentrazione dei due compiti in capo al medesimo soggetto implicherebbe l’eliminazione di ogni controllo da parte dei lavoratori, in contrasto, peraltro, con la ratio legis che richiede la presenza di entrambe le distinte figure per un'azione di prevenzione costantemente perseguita dal datore di lavoro e controllata dai lavoratori. Presidente G. Sciarelli, Relatore A. Cementano. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 15/09/2006, Sentenza n. 19965

 

Lavoro - Sottrazione di dati aziendali - Diffusione all'esterno della password di accesso a informazioni inerenti l'attività dell'azienda - Giusta causa di licenziamento. La sottrazione di dati aziendali da parte del lavoratore (nella specie: diffusione all'esterno della password personale idonea a consentire a tersi di accedere a informazioni attinenti l'attività aziendale e destinate a restare riservate), integra la giusta causa di licenziamento, giustificando il recesso datoriale. La valutazione della proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità della mancanza del lavoratore si risolve in un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità ove sorretto da motivazione adeguata e logica. M.T.I. s.r.l. c. M.M. Pres. Ciciretti - Est. De Matteis. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, sentenza 13 settembre 2006, n. 19554 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Infortuni sul lavoro - Datore di lavoro - Responsabilità - Esclusione - Presupposti - Condotta del lavoratore - Nesso causale - Necessità. Dell'infortunio occorso al dipendente, non risponde penalmente il datore di lavoro, laddove la condotta di quest'ultimo interrompe il nesso causale e presenta i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute. CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 12/09/2006, Sentenza n. 30039

 

Lavoro - Sicurezza sul lavoro - Indumenti protettivi - Obbligo per il datore di lavoro di provvedere alla manutenzione - Anteriormente al D.Lgs. 626/94 - Sussistenza - Art. 379, D.P.R. n. 457/55. L’obbligo del datore di lavoro di mantenere gli indumenti di protezione (cd. D.P.I.) in piena efficienza, mediante la manutenzione, la riparazione e le sostituzioni necessarie, sussisteva anche nel periodo precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. 626/94, essendo già previsto dal disposto del D.P.R. n. 457/55, art. 379 (Cass. Sez. Lavoro, n. 11139/98). La finalità delle suddette norme si ricollega al principio di rango costituzionale che assegna al diritto alla salute il ruolo di diritto primario assoluto, per cui il datore di lavoro non solo è tenuto a fornire al lavoratore gli indumenti di lavoro, ma deve farsi carico anche della loro manutenzione per tutto il periodo di esecuzione della prestazione di lavoro (fattispecie relativa al lavaggio degli indumenti destinati agli addetti al servizio della nettezza urbana). Pres. Zuballi, Est. Farina - I.V. e altri (avv. Farina) c. Comune di Treviso (avv. Munari) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 8 settembre 2006, n. 2897 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro subordinato - Obbligo contrattuale di indossare la divisa aziendale - Diritto alla retribuzione per il tempo occorrente ad indossarla - Condizioni. In controversia antecedente all’entrata in vigore del decreto legislativo 8 aprile 2003 n. 66 di recepimento delle direttive comunitarie 93/104 e 2000/34, ha affermato che, al fine di valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale debba essere retribuito o meno, occorre far riferimento alla disciplina contrattuale specifica: in particolare, ove sia data facoltà al lavoratore di scegliere tempo e luogo ove indossarla, eventualmente anche presso la propria abitazione prima di recarsi al lavoro, la relativa attività rientra fra gli atti di diligenza preparatori allo svolgimento dell'attività lavorativa e come tale non deve essere retribuita; ove, invece, tale operazione sia diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina tempo e luogo di esecuzione, il segmento di tempo impiegato, rientrando nel lavoro effettivo, deve essere retribuito. Presidente E. Mercurio, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 08/09/2006, Sentenza n. 19273

 

Lavoro subordinato - Associazioni sindacali - Coldiretti - Qualificazione come "organizzazione di tendenza" senza fini di lucro - Configurabilità - Limiti. La partecipazione dell’associazione sindacale Coldiretti, nello svolgimento di svariati compiti associativi, a società di capitali, di cui mantiene il controllo, alle quali è strumentalmente demandata la gestione di alcuni settori di attività (quali quello editoriale, del patrimonio immobiliare e dell'assistenza tecnica degli associati), non incide sulla natura di organizzazione di tendenza "no profit", né vale a trasformarla in "impresa" ai sensi dell'art. 2082 cod. civ., ove non dimostrato che l'attività economica svolta dalle società partecipate costituisca il vero oggetto dell'associazione non riconosciuta e che lo scopo associativo risieda nella ripartizione degli utili tra gli associati. Presidente S. Mattone, Relatore G. D'Agostino. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 09/08/2006, Sentenza n. 17971

 

Lavoro - Previdenza - INPS - Omesso o ritardato pagamento dei contributi assicurativi - Somma aggiuntiva - Sanzioni civili - prescrizione decennale - Decorrenza. In tema di decorrenza della prescrizione del credito per somme aggiuntive chiarendo che l'obbligo del datore di lavoro di pagare all'INPS una somma aggiuntiva, in caso di omesso o ritardato pagamento dei contributi assicurativi, costituisce una conseguenza automatica dell'inadempimento o del ritardato pagamento dei contributi e trova la sua fonte genetica nell’inadempimento contributivo, sicché è da tale momento che inizia a decorrere la prescrizione decennale del credito e non dal diverso momento della presentazione del modello DM/10. Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto quinquennale il termine di prescrizione delle somme aggiuntive, con decorrenza dal momento di presentazione, tardiva o incompleta, dei modelli DM/10. Presidente G. Sciarelli , Relatore G. D'Agostino. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 10/08/2006, Sentenza n. 18148

 

Lavoro pubblico - Componente della commissione tributaria decaduto dall’incarico - Trattamento economico - Esclusione - Principio di corrispettività. E’ da escludere qualsiasi compenso per il componente della commissione tributaria che, prestato giuramento, non abbia partecipato alle udienze, sul presupposto che l’art. 12 del decreto legislativo n.545 del 1992 - che commina la decadenza dall’ufficio ove l’incarico non venga assunto entro trenta giorni dal decreto di nomina o il componente della commissione non partecipi, senza giustificato motivo, a tre sedute consecutive - esprime, con riferimento al compenso (mensile e aggiuntivo per ogni ricorso deciso), il principio di corrispettività enunciato, in termini generali, dall’art. 1460 cod.civ. Nella specie il ricorrente pretendeva, in forza di un’interpretazione fondata su una risoluzione del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, il compenso fisso mensile, pur non avendo partecipato alle udienze, per il solo fatto di aver prestato giuramento. Presidente S. Mattone, Relatore F. Roselli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 08/08/2006, Sentenza n. 17951

 

Lavoro - Collocamento a riposo - Risarcimento danni - Prepensionamento - Violazione - Conseguenze. Qualora il datore di lavoro ritardi indebitamente il collocamento a riposo anticipato del dipendente, che ne abbia diritto, non determina, per ciò stesso, un danno da usura psico-fisica con diritto del lavoratore al risarcimento, sia perché non corrisponde a standard sociali riconosciuti che il prolungamento dell’attività lavorativa sia di per sé fonte di pregiudizio, sia perché per ottenere il risarcimento non è sufficiente dedurre il fatto elusivo, ma occorre provare il concreto pregiudizio subito. Né può, in via analogica, farsi applicazione della regola posta dall’ordinamento per ristorare la mancata concessione del riposo settimanale o del periodo feriale, per essere l’analogia impedita dalla “ratio” specifica del diritto al risarcimento per riposo non fruito - la correlazione del riposo anche con la prestazione ancora da rendere -, e per essere il diritto al riposo periodico tutelato dall’art. 36 della Carta fondamentale, laddove la copertura costituzionale apprestata per l’invalidità e la vecchiaia non involge le situazioni sottese ai c.d. prepensionamenti. Presidente S. Mattone, Relatore F. Curcuruto. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 27/07/2006, Sentenza n. 17179

 

Lavoro - Previdenza - Infortuni sul lavoro e malattie professionali - Mezzo di trasporto privato - Infortunio in itinere - Fattispecie. In materia di indennizzabilità dell'infortunio "in itinere" occorso al lavoratore che utilizzi il mezzo di trasporto privato, affermando che non possono farsi rientrare nel rischio coperto dalle garanzie previste dalla normativa sugli infortuni sul lavoro situazioni che, senza rivestire carattere di necessità, perché volte a conciliare in un’ottica di bilanciamento di interessi le esigenze del lavoro con quelle familiari proprie del lavoratore, rispondano, invece, ad aspettative che, seppure legittime per accreditare condotte di vita quotidiana improntate a maggiore comodità o a minori disagi, non assumono uno spessore sociale tale da giustificare un intervento, a carattere solidaristico, a carico della collettività. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in relazione all'infortunio occorso ad una lavoratrice part-time, aveva evidenziato che la peculiare condizione di lavoro era volta di per sé a conciliare le esigenze lavorative con altre specifiche esigenze comprese quelle familiari e che il mancato risparmio di tempo, derivante da una soluzione diversa da quella dell’uso del proprio motociclo, non fosse di entità tale da incidere in maniera rilevante sulle sue comuni esigenze di vita familiare, sicchè non si configurava una necessità di detto uso capace di giustificare e legittimare le rivendicazioni avanzate in giudizio. Presidente E. Mercurio, Relatore G. Amoroso. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 27/07/2006, Sentenza n. 17176

 

Lavoro - Previdenza e assistenza - c.d. Mobilità lunga - Presupposti - Contribuzione minima di ventotto anni - Computo - Art. 7 c. 7° L. n. 223/1991. Al fine del riconoscimento del diritto alla c.d. mobilità lunga, di cui all’art. 7, settimo comma, della legge n. 223 del 1991, il requisito dell’anzianità contributiva va riscontrato computando anche il periodo relativo ad attività di lavoro non subordinato, ma autonomo, salva restando l’esigenza della domanda di ricongiunzione dei due rispettivi periodi per la spettanza della pensione. Presidente V. Carbone, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 21/07/2006, Sentenza n. 16749

 

Lavoro sicurezza - Urbanistica - Appalti - Prevenzione infortuni - Obblighi di prevenzione - Cantiere edile - Opere in subappalto - Individuazione dei destinatari. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all’esecuzione di lavori in subappalto all’interno di un unico cantiere edile predisposto dall’appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all’esecuzione di un’opera parziale e specialistica, che ha l’onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, pur se la sua attività si svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti, e sebbene l’organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all’appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali. (Pres. De Grazia - Est. Marzano - Imp. Clemente ed altro). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. IV, 21/06/2006 (Ud. 20/04/2006), Sentenza n. 21471 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Previdenza - Controversie - Sospensione ex art. 1, c. 3 d.l. n. 2, 2006, conv. in l. n. 81 2006 - Ambito di applicazione. Con decisione per la quale non constano precedenti specifici, la S.C. ha statuito che l’art. 1, comma 3 del d.l. n. 2 del 2006, conv. in l. n. 81 del 2006, ha disposto la sospensione solo dei giudizi concernenti debiti dei datori di lavoro agricoli e dei lavoratori autonomi agricoli verso l’INPS e non anche debiti dell’INPS derivanti dal mancato riconoscimento di uno sgravio contributivo, non potendo ipotizzarsi una lettura estensiva della citata disposizione. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 21/06/2006 Sentenza n. 14296

 

Lavoro - Agricoltura - Previdenza - Contributi assicurativi - Sgravi - Datori di lavoro agricolo. La S.C., con decisione di segno opposto rispetto al precedente costituito da Cass. n. 13485 del 2004, ha affermato che lo sgravio contributivo di cui all’art. 9 della l. n. 67 del 1988, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n.375 del 1993 e dalla l. n. 537 del 1993, è concesso ai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente, ivi compreso quello con qualifica impiegatizia. Presidente S. Senese, Relatore F. Curcuruto. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 21/06/2006 Sentenza n. 14296

 

Sicurezza sul lavoro - Carrelli semoventi per movimentazione - Pubblica amministrazione - Prescrizioni tecniche diverse o ulteriori rispetto a quelle di cui al d. lgs. 304/1991 - Illegittimità. In materia di sicurezza delle macchine (nella specie, carrelli semoventi per movimentazione), l’amministrazione non può introdurre prescrizioni tecniche diverse o ulteriori rispetto a quelle previste dal d. lgs. 10 settembre 1991, n. 304, fonte di rango primario. (Sono state pertanto ritenute illegittime le prescrizioni dell’Azienda U.L.S.S. dirette ad imporre ad un’azienda la dotazione di lampeggiante e di avvisatore acustico automatico all’inserimento della retromarcia per i carrelli elevatori). Pres. De Zotti, Est. Gabricci - E. S.p.A. (avv. ti Bianchin e Zimbelli) c. Azienda U.S.L. 18 di Rovigo (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 19 giugno 2006, n. 1807 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Inquinamento - Previdenza - Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali - Lavoratori esposti al rischio ambientale di silicosi e asbestosi - Diritto al pagamento di un premio supplementare - Criterio di calcolo. In tema di calcolo del premio supplementare di cui all'art. 153 del T.U. n. 1124 del 1965 in favore dei lavoratori esposti al rischio ambientale della silicosi e dell'asbestosi, condividendo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il premio supplementare va calcolato sull'intera retribuzione, comprensiva anche dei periodi non lavorati, quali ferie, congedi e malattie (così conformandosi alle sentenze n. 6602 del 2005 e n. 15865 del 2003; di segno opposto, escludendo, dalla base di calcolo, gli emolumenti relativi ai periodi di ferie, congedo e malattia, Cass. n. 23674 del 2004). Presidente V. Carbone, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 1/06/2006 (Ud. 27/4/2006), Sentenza n. 13025 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Previdenza - Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali - Azienda coniugale - Coniugi svolgenti una delle attività rischiose ex art. 1 d.p.r. n. 1124/1965, anche in campo commerciale. Con decisione per la quale non constano precedenti specifici, la S.C., con ampia motivazione che pone, fra l’altro i criteri discretivi tra impresa familiare ed azienda coniugale, ha statuito che i coniugi che hanno la gestione comune dell’azienda coniugale (ai sensi dell’art. 177, lett. d) cod.civ.) e svolgono una delle attività rischiose indicate nell’art. 1 del d.P.R. n.1124 del 1965, anche in campo commerciale, rientrano tra le persone tutelate dall’art. 4, comma 1, n. 7 del citato testo unico, sempre che l’obbligo assicurativo non sussista per altro titolo della medesima disposizione, alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme antinfortunistiche, secondo cui a parità di esposizione a rischio deve corrispondere parità di tutela assicurativa indipendentemente dalla natura giuridica in base alla quale il lavoro è prestato (v. Corte cost. n.476 del 1987, n.332 del 1992, n.160 del 1990, n.171 del 2002). Presidente V. Mileo, Relatore A. De Matteis. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 23/05/2006, Sentenza n. 12095

 

Lavoro - Assistenza pubblica - Indennità di accompagnamento - Minori in tenera età. Con decisione per la quale non constano precedenti specifici, la S.C. ha affermato che la situazione di inabilità (impossibilità di deambulare senza l'aiuto di un accompagnatore, ovvero necessità di assistenza continua per l'impossibilità di compiere gli atti quotidiani di vita) prevista per l'attribuzione dell'indennità "di accompagnamento" (art. 1, legge n. 18 del 1980) può configurarsi anche in riferimento ad un minore in tenera età, ancorché questi, per il solo fatto di essere tale, abbisogni comunque di assistenza, atteso che la legge, la quale attribuisce il diritto anche ai minori degli anni diciotto, non pone un limite minimo di età, tenuto conto che detti bambini possono trovarsi in uno stato tale da comportare, per le condizioni patologiche soggettive, la necessità di un’assistenza diversa, più intensa per tempi e modi, a quella occorrente per un bambino sano della stessa età. Per il compimento degli atti della vita quotidiana, cui la legge ha riguardo, non esiste identità di situazioni tra soggetti sani e soggetti inabili anche se, in un caso e nell’altro, di tenera età e, in tale fascia di età, sono proprio le cure assidue e peculiari necessarie per i bambini non diversamente abili a determinare l’alterazione del parametro medio dei bambini sani che giustifica il riconoscimento del diritto. Peraltro, ha osservato la Corte, i presupposti stabiliti per l'attribuzione dell’indennità de qua non sono stati modificati a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 467 del 2002, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma terzo, legge n. 289 del 1990, nella parte in cui non prevedeva l'attribuzione dell'indennità di frequenza ai minori, mutilati o invalidi civili, che frequentano l'asilo nido, essendo quest'ultima indennità diversa e non equiparabile a quella di accompagnamento. (Nella specie la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, con riferimento a bambina di età inferiore ai tre anni, affetta fin dai primissimi giorni di vita da “ipotonicità muscolare”, aveva riconosciuto il diritto in astratto e aprioristicamente soltanto dal compimento del terzo anno di vita sulla base delle considerazioni che un bambino di età inferiore non era in grado di compiere nessuna delle funzioni quotidiane necessarie, né poteva vivere da solo, anche se sano, per aver sempre necessità di essere assistito e accompagnato da parte degli adulti e che non rilevava l’avere il bambino diversamente abile bisogno di cure assidue e particolari che impegnano i genitori o altri soggetti). Presidente S. Mattone, Relatore V. Nobile. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 17/05/2006, Sentenza n. 11525

 

Lavoro - Previdenza - Contributi assicurativi - Omesso o ritardato pagamento di contributi all'istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani - Disciplina sanzionatoria ex art. 116 L. n. 388/2000 - Automatica applicabilità - Esclusione. Per la S.C., in caso di omesso o ritardato pagamento di contributi previdenziali all’ Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI), privatizzato ai sensi del decreto legislativo n.509 del 1994, la disciplina sanzionatoria prevista dall'art. 116 della legge n. 388 del 2000 non si applica automaticamente, poiché l’istituto, per assicurare l’equilibrio del proprio bilancio (obbligo previsto dall’art. 2 del citato decreto legislativo), ha il potere di adottare autonome deliberazioni in materia di regime sanzionatorio e di condono per inadempienze contributive (ed in questo quadro rientra anche la possibilità di modulare il contenuto ed il tempo iniziale di efficacia del predetto art.116) e l’obbligo, alla stregua dell’art.76 della legge n.388 cit., di coordinare l’esercizio di questo potere con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive. Presidente S. Mattone, Relatore P. Cuoco. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 12/05/2006, Sentenza n. 11023

 

Lavoro - Impiego pubblico - Reclutamento dirigenti scolastici - Incarichi di presidenza - Quote di riserva disabili - Illegittimità. E’ costituzionalmente illegittima - per violazione degli artt. 3, 38 e 97 Cost. - la disposizione (8-bis d. l. n. 136 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 186 del 2004), secondo cui le riserve di posti previste dalla legge n. 68 del 1998 si applicano alle procedure concorsuali relative al reclutamento dei dirigenti scolastici, incluse quelle per il conferimento degli incarichi di presidenza annuali. Ricostruito il quadro normativo nel senso che le quote di riserva nelle assunzioni presso le pubbliche amministrazioni postulano necessariamente lo stato di disoccupazione del soggetto interessato, anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 68 del 1999, la Corte - precisato che l'art. 8-bis deve essere riferito al personale in servizio, risultando altrimenti privo di destinatari - ritiene che lo stesso introduca una deroga al necessario stato di disoccupazione per i soli dirigenti scolastici e per i présidi incaricati. Secondo la Corte, la legge ordinaria che, oltre a favorire l'accesso dei disabili al lavoro, ne agevola la carriera, produce una irragionevole compressione dei principi dell'eguaglianza e del merito, a danno dell'efficienza e del buon andamento della pubblica amministrazione. Ed inoltre, l'equilibrio tra i due interessi pubblici - quello che riguarda l'eguaglianza e il buon andamento degli uffici pubblici e quello che attiene alla tutela dei disabili - è stabilito dall'art. 38 Cost., che consente di derogare al primo solo per favorire l'accesso dei disabili agli uffici pubblici, non la loro progressione. Un’ulteriore disuguaglianza è, infine, ravvisata nella circostanza che il regime di favore sia riservato ai soli disabili occupati nella scuola. Presidente A. Marini - Relatore A. Quaranta. CORTE COSTITUZIONALE dell'11 maggio 2006 Sentenza della n. 190

 

Lavoro - Contratto di subagenzia - Obblighi del subagente - Tutela degli interessi del preponente con rispetto dei principi di lealtà e buona fede nell'esecuzione del contratto. Con decisione per la quale non risultano precedenti specifici in ordine all’esame, funditus, degli obblighi reciproci tra agente e subagente, la S.C. ha affermato che, ai sensi dell'art. 1746 cod. civ., è imposto all'agente di tutelare gli interessi del preponente e di agire con lealtà e buona fede nell'esecuzione dell'incarico; tuttavia, tale norma non impedisce all'agente - come al subagente - vincolato da un contratto a tempo indeterminato suscettibile di disdetta, di ricercare soluzioni professionali alternative, che vengano in concreto a risultare pregiudizievoli per il preponente (come nel caso, non infrequente, dell'acquisizione di un mandato di agenzia da parte di un'impresa in concorrenza con l'originario preponente), se non impiega mezzi e modalità di per sé qualificabili come scorretti, ai fini dell'acquisizione del nuovo incarico professionale, o nell'esecuzione del medesimo, sulla base dei principi generali in materia contrattuale e, specificamente, di correttezza e buona fede nell'esecuzione del rapporto di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., ovvero delle regole in tema di concorrenza sleale tra imprenditori. Né, per la S.C., alla stregua di tali principi, può ritenersi di per sé scorretto il comportamento di un subagente il quale, intenzionato a porre fine al rapporto in corso con l'agente, ne metta al corrente l'imprenditore preponente, offrendo a questi l'occasione di valutarne le conseguenze ed a se stesso la possibilità di comunicare l’ eventuale disponibilità ad assumere un incarico diretto, sempreché non siano posti in essere mezzi di per sé scorretti. Infine, aggiunge la Corte, in difetto di precise pattuizioni in proposito, non è ravvisabile un obbligo di fedeltà in capo al subagente nei confronti dell'agente preponente che vieti iniziative di tal genere, compiute con il rispetto del principio generale della correttezza. Presidente G. Sciarelli, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 10/05/2006, Sentenza n. 10728

 

Lavoro - Previdenza - Contributi - Ricongiunzione dei periodi assicurativi - Convenzione fra l'Italia e la Svizzera del 1962 sulla sicurezza sociale. La S.C., conformandosi ad un orientamento risalente (Cass. n. 13027 del 1997) e ponendosi in contrasto con decisione più recente (Cass. n. 4649 del 2002), in tema di ricostituzione della pensione a seguito della domanda di trasferimento in Italia dei contributi versati nei periodi di lavoro in Svizzera, ha affermato l’applicazione della regola di cui all'art. 5 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 che, sostituendo retroattivamente la diversa regola di cui all'art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1957 n. 818, dispone che la riliquidazione della pensione abbia effetto dalla data di decorrenza originaria e non dal mese successivo alla domanda di trasferimento dei contributi. Presidente V. Mileo, Relatore A. Lamorgese. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 10/05/2006, Sentenza n. 11024

 

Lavoro subordinato - Sciopero - Sostituzione dei lavoratori in sciopero - Conseguenze - Condotta antisindacale - Bilanciando del diritto di iniziativa economica dell'imprenditore, costituzionalmente garantito, con il diritto di sciopero. Il datore di lavoro conserva il diritto di continuare a svolgere legittimamente la propria attività aziendale (art. 41 Cost.) purché, in concomitanza con l'astensione in atto dei dipendenti, non superi i limiti normativamente previsti, come avviene con il contingente affidamento, delle mansioni svolte da lavoratori in sciopero, a dipendenti non partecipanti allo sciopero, in violazione di norme di legge o collettive e conseguente tutelabilità dei diritto dei lavoratori attraverso il rimedio della repressione della condotta antisindacale. Nella specie, convenuta in sede di contrattazione aziendale la possibilità di stipulare (con lavoratori a tempo indeterminato dipendenti da altro datore) contratti a termine per prestazioni da rendere nei giorni di sabato e domenica, l’adibizione dei lavoratori, concretamente assunti con tali contratti, in altro giorno al fine di sostituire i lavoratori in sciopero, ha configurato, per la S.C., un comportamento lesivo del diritto di sciopero anche, peraltro, per aver adibito a lavoro supplementare, in sostituzione di lavoratori in sciopero, lavoratori "part-time" a tempo determinato, in contrasto con la norma - di cui all'art. 3, comma 13, del d.lgs. n. 61 del 2000 - che prevede tale prestazione solo per lavoratori a tempo indeterminato. Presidente V. Mileo, Relatore P. Cuoco CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 09/05/2006, Sentenza n. 10624

 

Lavoro - Ente di formazione professionale - Pagamento di spettanze retributive - Chiamata in garanzia della regione - Finanziamenti o sovvenzioni da parte della pubblica amministrazione - Giurisdizione. Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in riferimento alla domanda con la quale un ente di formazione professionale, convenuto in giudizio dagli insegnanti per il pagamento di spettanze retributive, chiami in garanzia la Regione, deducendo l'obbligo di quest'ultima di tenerlo indenne dalla pretesa retributiva, in forza della normativa regionale che fa obbligo alla Regione medesima, una volta scaduta la convenzione con l’ente incaricato della formazione, di provvedere autonomamente ai costi economici del personale formalmente ancora occupato alle dipendenze del gestore e di assegnarlo ad un diverso gestore, per essere estraneo, al fatto costitutivo dell’obbligo regionale alla manleva, qualunque discrezionale apprezzamento in ordine al rinnovo, alla proroga o ad un’ integrazione della convenzione, o all’erogazione del contributo. (La S.C. ha compiuto lo scrutinio tra giurisdizione ordinaria e amministrativa alla stregua del canone tradizionale basato sulla contrapposizione tra diritto soggettivo e interesse legittimo, trattandosi di controversia attinente ad opposizione a decreti ingiuntivi proposta nel gennaio 1997, non venendo in applicazione l’art. 33 del d.lgs. n.80 del 1998, né la successiva legge n.205 del 2000). Presidente V. Carbone, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 09/05/2006, Sentenza n. 10576

 

Lavoro subordinato - Licenziamento individuale - Risarcimento del danno - Tutela obbligatoria - Indennità di preavviso - Compatibilità. La S.C., con decisione di segno opposto rispetto al precedente costituito da Cass n.1404 del 2000, ha statuito, in tema di licenziamento illegittimo, la compatibilità tra la tutela obbligatoria e l’indennità sostituiva del preavviso. Per la S.C., mentre in relazione alla tutela reale, l’indennità sostitutiva del preavviso è incompatibile con la reintegra, perché non si ha interruzione del rapporto, per converso, in relazione alla tutela obbligatoria, il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso sorge per il fatto che il rapporto è risolto, sicché, in quest’ultimo caso, l’indennità prevista dall’art. 2 della legge n. 604 del 1966 va a compensare i danni derivanti dalla mancanza di giusta causa e giustificato motivo, mentre l’indennità sostitutiva del preavviso va a compensare il fatto che il recesso, oltre che illegittimo, è stato intimato in tronco. Conseguentemente, conclude la Corte, non solo non vi è incompatibilità tra le due prestazioni, ma sarebbe incongruo sanzionare nello stesso modo due licenziamenti, entrambi privi di giustificazione, l’uno intimato con preavviso e l’altro, invece, intimato in tronco. Presidente G. Sciarelli, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 08/06/2006, Sentenza n. 13380

 

Lavoro - Previdenza - Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali - Revisione per errore - Successione di norme - Disciplina applicabile. Con decisione per la quale non constano precedenti specifici, la S.C., intervenendo in tema di revisione per errore della prestazioni erogate dall'INAIL, ha chiarito che l'art. 14-vicies quater, del d.l. n.115 del 2005, conv. con modif., in l. n.168 del 2005, non ripristina la disciplina giuridica dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale (sent. n.191 del 2005), ma fonda, entro più restrittivi limiti di reddito, il diritto degli assicurati alla conservazione della prestazione; pertanto, la correttezza della revisione va delibata non sulla base delle disposizioni dell’art.55 della l. n.88 del 1989, vigenti al tempo della revisione, ma alla stregua dell'art.9, commi 1 e 2 del d.lgs. n.38 del 2000, vigente al tempo del riesame. Presidente V. Mileo, Relatore F.A. Maiorano. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 08/05/2006, Sentenza n. 10447

 

Lavoro - Previdenza - Contributi assicurativi - Lavoratori dello spettacolo - Prestazioni rese negli studi di incisione, senza presenza di pubblico. In tema di prestazioni rese negli studi di incisione, senza presenza di pubblico, per la realizzazione di registrazioni fonografiche, la S.C., conformandosi alla più recente giurisprudenza, ha affermato che sono soggetti a contribuzione, in favore dell’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo, anche i compensi corrisposti, ai lavoratori appartenenti alle categorie di cui all’art.3, primo comma, numeri da 1 a 14 del d.lg.C.p.S. n.708 del 1947 e succ. modif. -, per le prestazioni dirette a realizzare, senza la presenza del pubblico che ne è il destinatario finale, registrazioni, fonografiche nella specie, o in altra forma, di manifestazioni musicali o di altre manifestazioni a carattere e contenuto (artistico, ricreativo o culturale) di spettacolo. Presidente e Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 02/05/2006, Sentenza n. 10114

 

Lavoro - Lesioni personali colpose - Infortunio sul lavoro - Preposto - Responsabilità - Condizioni. La Corte precisa che la figura del preposto si caratterizza per i compiti di vigilanza sull’attività dei lavoratori e per la titolarità del potere di intervento in funzione del rispetto delle regole di sicurezza. La qualità di preposto va pertanto riconosciuta al caposquadra con compiti di direzione e sorveglianza del lavoro dei componenti la squadra. La Corte afferma quindi che la responsabilità del preposto per il fatto lesivo occorso ad un lavoratore ha come necessario presupposto che egli abbia in concreto un effettivo potere di intervenire nello svolgimento dei compiti affidati al lavoratore. Sulla base di queste premesse la Corte rigetta il ricorso avverso la sentenza di condanna per il reato di lesioni colpose addebitato al caposquadra, il quale aveva assegnato ad un lavoratore un compito (trarre dei cunei da un’asse di legno), la cui esecuzione richiede l’adozione di opportune cautele per evitare lesioni alle mani (utilizzazione di un apposito arnese, lo “spingi pezzo”), non controllando che il lavoratore facesse uso del necessario strumento di protezione e che dunque l’adempimento del compito fosse conforme alle norme antinfortunistiche. Presidente M. Battisti, Relatore G. Campanato. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sezione IV, 21/04/2006 (Ud. 14/12/2005), Sentenza n. 14192

 

Lavoro - Previdenza - Sgravi - Assunzione di lavoratori licenziati a seguito di procedura di mobilità - Rapporti tra imprese concretizzanti forme di controllo e/o collegamento non contemplate dall’art. 2359 cod.civ. - esclusione. Al riconoscimento del diritto all’indennità di cui all’art.8, comma 4-bis della l. n.223 del 1991 a favore dell’impresa che assume lavoratori collocati in mobilità ostano non soltanto i rapporti tra imprese che si concretizzino in forme di controllo e/o di collegamento espressamente regolate dall’art. 2359 cod.civ. (anche nel nuovo testo di cui al d.lgs. n.6 del 2003), sibbene anche i rapporti tra imprese che si traducano, sul piano fattuale, in condotte costanti e coordinate di collaborazione e di comune agire sul mercato, in ragione di un comune nucleo proprietario o di altre specifiche ragioni attestanti costanti legami di interessi anche essi comuni (legami di coniugio, parentela, affinità o finanche collaudata e consolidata amicizia tra soci, ecc.), che conducano ad ideare, o fare attuare, operazioni coordinate di ristrutturazione, comportanti il licenziamento da parte di un’impresa e l’assunzione di lavoratori da parte dell’altra, e che oggettivamente attestino l’utilizzazione dei benefici per finalità diverse da quelle per le quali essi sono stati concepiti. Presidente V. Mileo, Relatore G. Vidimi. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 20/04/2006, Sentenza n. 9224

 

Lavoro pubblico privatizzato - Procedura selettiva verso una qualifica superiore nell’ambito della medesima area funzionale - Giurisdizione ordinaria. La Corte identifica esattamente il criterio discretivo del riparto di giurisdizione nelle controversie aventi ad oggetto i concorsi interni nel lavoro pubblico privatizzato, effettuando un’ampia ricognizione dei provvedimenti adottati sinora e un’approfondita valutazione dei principi normativi e negoziali che regolano la materia. La sentenza ribadisce che la progressione dei dipendenti verso una qualifica superiore appartenente alla stessa area è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, mentre nel caso di suddivisione delle qualifiche in aree ad opera della legge (come per i dirigenti, suddivisi in fasce) o dei contratti collettivi, e di passaggio da un'area all'altra, opera il criterio, di carattere eccezionale, della giurisdizione del giudice amministrativo. Presidente V. Carbone, Relatore G. Amoroso. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 20 aprile 2006, Sentenza n. 9164

 

Lavoro subordinato - Bando di concorso - Offerta al pubblico - Inadempimento - Conseguenze - Responsabilità contrattuale e obbligo risarcitorio del datore di lavoro - Fattispecie: dipendenti postali. Deve essere confermato, in via generale, il principio sulla responsabilità delle aziende private per la mancata ottemperanza alle procedure di mobilità indette con bando di selezione interna. (L’iter argomentativo della decisione si snoda sottolineando che, nei rapporti di lavoro regolati dal diritto privato, il bando di concorso indetto per l'assunzione, la promozione o il riconoscimento di determinati trattamenti o benefici a favore del personale all'esito di determinate procedure selettive, costituisce un'offerta contrattuale al pubblico (ovvero ad una determinata cerchia di destinatari potenzialmente interessati), caratterizzata dalla circostanza che l'individuazione del soggetto o dei soggetti, tra quanti, con l'iscrizione al concorso, hanno manifestato la loro adesione e devono ritenersi, concretamente, destinatari e beneficiari della proposta, avverrà per mezzo della stessa procedura concorsuale e secondo le regole per la medesima stabilite). Il datore di lavoro è, pertanto, tenuto a comportarsi, come nell’adempimento di ogni obbligazione contrattuale, con correttezza e secondo buona fede nell'attuazione del concorso incorrendo in responsabilità contrattuale per inadempimento, ed esponendosi al relativo risarcimento del danno, ove il lavoratore subisca la lesione del suo diritto conseguente all'espletamento della procedura concorsuale. Il principio è stato in fattispecie in cui una dipendente della s.p.a. Poste Italiane, risultata vincitrice ed utilmente collocata nella graduatoria per aver diritto alla mobilità volontaria, non si era vista riconoscere il suo diritto dal datore di lavoro che, non obbligato a trasferirla immediatamente, nell’impossibilità di sguarnire la sede di provenienza, aveva tuttavia l'obbligo di effettuare il trasferimento appena possibile, rispetto alle esigenze di copertura dell'organico della sede di destinazione, attesa la prevalenza della mobilità a domanda rispetto a quella per esigenze organizzative dell'azienda. Presidente S. Senese, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 19/04/2006, Sentenza n. 9049

 

Lavoro subordinato - Medici incaricati presso gli istituti di prevenzione e pena - Trattamento economico - Indennità di piena disponibilità - Esclusione. In materia di trattamento economico dei medici che svolgono, a qualsiasi titolo, attività sanitaria all’interno degli istituti di prevenzione e pena, alla stregua dell’art.2 della l. n.740 del 1970 (come modificata dall’art. 6 del d.l. n.187 del 1993, conv. in l. n.296 del 1993), le limitazioni per i medici di medicina generale convenzionati, previste dai contratti e dalle convenzioni con il Servizio Sanitario Nazionale, inapplicabili ai medici che svolgono attività negli istituti penitenziari, non comprendono specifici aspetti economici, condizioni e limiti di godimento di singole indennità. La particolare penosità del servizio prestato dai sanitari addetti agli istituti penitenziari, sottesa alla ratio legis dell’esclusione delle norme relative alle incompatibilità ed alle limitazioni dell’incarico (art. 6 l. n.740 cit.), non giustifica che all’effettivo godimento di questo beneficio (svolgimento di altro incarico, incompatibile, invece, per altri) si riconosca l’aggiuntivo beneficio dell’indennità di piena disponibilità (prevista dall’art.45, comma 2, lett. b) del d.P.R. n.484 del 1996), espressamente esclusa per coloro che abbiano altro tipo di rapporto di dipendenza o convenzione con istituzioni pubbliche o private e con il Servizio Sanitario Nazionale, ed in contrasto con la funzione stessa dell’indennità, di compensare la piena disponibilità del sanitario. Presidente V. Mileo, Relatore P. Cuoco. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 19/04/2006, Sentenza n. 9046

 

Lavoro - Invalidi civili di eta' inferiore agli anni diciotto - Diritto all’assegno di frequenza di cui alla L. n. 289/1990 - Presupposti. In materia di indennità di frequenza che la l. 11 novembre 1990, n. 289 riconosce ai minori affetti da difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della loro età, che frequentino scuole pubbliche o private di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, nonché centri di formazione o di addestramento professionale finalizzati al reinserimento sociale, purchè la frequenza sia continua o anche periodica e con certi requisiti di reddito.Il diritto soggettivo al beneficio nasce e termina nell’ambito temporale di ogni corso e di effettiva frequenza della scuola, purché i documenti allegati comprovino i requisiti di età, sanitari e reddituali, mentre si è ritenuto non fondato il motivo di impugnazione in ordine all’efficacia meramente accertativa, e non costitutiva del diritto, della domanda amministrativa antecedente l’inizio di ciascun anno scolastico. Presidente G. Sciarelli, Relatore F.Roselli CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 04/04/2006, Sentenza n. 7847

 

Lavoro subordinato - Centralinisti non vedenti - Indennità di mansione. L’indennità di mansione prevista dall’art. 9, c. 1, l. n. 113 del 1985 (Aggiornamento della disciplina del collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti) per i centralinisti non vedenti occupati in base alle norme relative al collocamento obbligatorio, spetta anche a quelli assunti in via ordinaria, sulla base di un’interpretazione della norma impugnata coerente con gli artt. 3 e 36 della Costituzione. L’indennità di mansione di cui è questione, secondo la Corte, si pone essenzialmente quale “corrispettivo” dell’obiettiva gravosità della prestazione lavorativa connessa alla menomazione visiva, oltre che della particolare natura delle mansioni espletate, nonché dell’impossibilità per i non vedenti di essere adibiti a mansioni alternative. Il che rende del tutto irrilevante la particolare modalità di accesso all’occupazione dei centralinisti non vedenti. (Presidente A. Marini - Relatore L. Mazzella). CORTE COSTITUZIONALE, 07/04/2006, Sentenza n. 140

 

Lavoro - Previdenza - Geometri - Pensioni anzianità. E’ costituzionalmente illegittima, in riferimento all’art. 4 Cost., la disposizione (art. 3, c. 2, l. n. 773 1982, “Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei geometri”) che, nel disciplinare la pensione di anzianità, prevede che «la corresponsione….è subordinata alla cancellazione dall’albo dei geometri ed è incompatibile con l’iscrizione a qualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi attività di lavoro dipendente». La Corte ha richiamato la propria precedente giurisprudenza (sentenze n. 73 del 1992 e n. 437 del 2002) concernente disposizioni analoghe a quella in esame, relative alla disciplina della pensione di anzianità di altre categorie professionali, e non ha rinvenuto argomenti nuovi per discostarsene. (Presidente A. Marini - Relatore F. Amirante). CORTE COSTITUZIONALE, 07/04/2006 Sentenza n. 137

 

Lavoro - Malattia - Assenza all'atto della visita fiscale - Configurazione del giustificato motivo - Principio. In tema di valutazione del giustificato motivo in ordine all'assenza all'atto della visita fiscale disposta nei confronti del dipendente dal suo datore di lavoro, pur dovendosi esigere ordinariamente che il lavoratore debba rendersi reperibile al proprio domicilio nelle fasce orarie previste per il controllo, la mera assenza nei relativi intervalli temporali non costituisce automaticamente causa di irrogazione di sanzione disciplinare, ovvero a prescindere dal motivo dell'assenza medesima (C. Cost. sent. n. 78/1988). CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. lav., 06/04/2006, Sentenza n. 8012

 

Lavoro - Licenziamento disciplinare - Preventiva contestazione dell'addebito - Specificità della contestazione - Necessità. La preventiva contestazione dell'addebito - che costituisce un passaggio necessario in funzione dell'intimazione del licenziamento disciplinare - ha lo scopo di consentire al lavoratore l'esplicazione immediata del suo diritto di difesa e, a tal proposito, deve rivestire il carattere della specificità, il quale deve ritenersi sufficientemente integrato quando vengano fornite le indicazioni indispensabili ed essenziali per risalire, nella loro concretezza, ai fatti nei quali il datore di lavoro riscontri i connotati di condotte disciplinarmente rilevanti ovvero, nella maggior parte dei casi, di singoli comportamenti che implicano la violazione degli obblighi di diligenza e di fedeltà imposti al dipendente. (Cass., sez. lav., n. 11933 del 2003 e n. 11045 del 2004). CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. lav., 06/04/2006, Sentenza n. 8000

 

Lavoro - Previdenza - Contributi assicurativi - Omesso o ritardato pagamento - Disciplina sanzionatoria ex art. 1, c. 217 L. n.662/1996 - Applicabilità. In tema di omesso o ritardato pagamento di contributi previdenziali, la Corte, con decisione per la quale non constano precedenti specifici, ha affermato che il regime sanzionatorio più grave previsto dall’art. 1, comma 217 della l. n.662 del 1996, si applica, alla stregua dell’art. 116, comma 18, della l. n.338 del 2000, ai “crediti accertati e in essere al trenta settembre 2000”, considerando come crediti accertati quelli ammessi espressamente nella denuncia resa dal contribuente prima di detta data. Presidente V. Mileo, Relatore F. Roselli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 05/04/2006, Sentenza n. 7981

 

Lavoro - Salute - Responsabilità del titolare dell'azienda - Delega di funzioni - In azienda a struttura semplice - Legittimità - Esclusione - Fattispecie. In tema di operatività della delega di funzioni in azienda, rientra tra i compiti dell'amministratore della società l'organizzazione dell'impresa e la vigilanza sull'intero andamento aziendale all'interno di una struttura semplice, atteso che in tali ipotesi non sussiste la necessità di decentrare, in funzione partecipativa di professionalità ed esperienze differenziate, l'esercizio dei poteri di direzione e controllo dell'attività produttiva. (Nella specie la Corte ha ritenuto la responsabilità dell'amministratore di un supermercato con 24 dipendenti per la violazione della L. n. 283 del 1962 per avere detenuto alimenti in cattivo stato di conservazione in quanto con termine di validità già scaduto). Pres. Grassi A. Est. Ianniello A. Rel. Ianniello A. Imp. Mastromartino. P.M. Passacantando G. (Conf.), (Rigetta, Trib. Salerno, 13 Maggio 2004). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 04/04/2006 (Ud. 22/02/2006), Sentenza n. 11909 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Responsabilità del titolare dell'azienda - Delega di funzioni - In azienda a struttura complessa. In materia di delega di funzioni, espressa (cfr., ad es. Cass. sez. 3^ 26 maggio 2003 n. 22931) o implicita (cfr., tra le altre, Cass. sez. 3^ 28 aprile 2003 n. 19642), all'interno delle aziende, dai vertici verso le strutture intermedie e periferiche, assume normalmente rilievo sul piano della individuazione della responsabilità penale unicamente all'interno di strutture complesse, corrispondendo allora alla necessità di decentrare, in funzione partecipativa di professionalità ed esperienze differenziate, l'esercizio dei poteri di direzione e controllo dell'attività produttiva (così, implicitamente, anche le sentenze citate; come espressa condizione di legittimità della delega, cfr., tra le altre, Cass. sez. 3^ 17 gennaio 2000 n. 422 e sez. 6^ 29 ottobre 1997 n. 9715). Pres. Grassi A. Est. Ianniello A. Rel. Ianniello A. Imp. Mastromartino. P.M. Passacantando G. (Conf.), (Rigetta, Trib. Salerno, 13 Maggio 2004). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 04/04/2006 (Ud. 22/02/2006), Sentenza n. 11909 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Tutela della salute - Istituti scolastici - Infortunio ad un alunno - Lesioni personali colpose - Procedibilita' d’ufficio - Fattispecie. È procedibile d’ufficio secondo il disposto dell’art. 590, terzo comma, c.p., dovendosi ritenere commesso con violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il reato di lesioni colpose in danno di un soggetto che, pur estraneo a qualsiasi rapporto di lavoro, si trova legittimamente a frequentare un luogo ove si svolge un’attività lavorativa, sempre che il fatto lesivo abbia causa nella violazione delle predette norme. (La Corte ha ritenuto la procedibilità d’ufficio del reato di lesioni colpose ascritto al dirigente scolastico ed al sindaco del Comune proprietario dell’edificio scolastico, per l’infortunio occorso ad un alunno, durante la lezione di “educazione motoria” all’interno della palestra annessa alla scuola, in conseguenza dell’incauto spostamento di una porta per il gioco della pallamano). Presidente G. D'Urso, Relatore G. Foti. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. IV, 31/03/2006 (Ud.10/11/2005), Sentenza n. 11360

 

Lavoro - Rapporti di pubblico impiego - Giurisdizione - Translatio iudicii - Eslcusione. In materia di rapporti di pubblico impiego, il giudice ordinario, qualora dichiari il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo, non può disporre la rimessione delle parti dinanzi a detto giudice, con gli effetti ricollegabili alla translatio iudicii. Presidente G. Nicastro, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 31/03/2006, Sentenza n. 7581

 

Lavoro - Foto con il cellulare (mms) - Interferenze illecite nella vita privata - Mms scattati nell’ambiente di lavoro - Art. 615 bis c.p.. La Corte ha affermato che anche scattare una foto con il cellulare (mms) all'insaputa o contro la volontà di chi ha lo 'ius excludendi” sul luogo di lavoro può integrare il reato di cui all’art. 615 bis c.p. Il legislatore - ha chiarito la Corte - avrebbe con tale norma inteso sanzionare le incursioni abusive (ancorché non fisiche) nella vita privata altrui, fissate con strumenti tecnici suscettibili di riprodurre la violazione di ambiti riservati e preclusi all'osservazione indiscreta dei terzi. La lesione della riservatezza può pertanto consumarci, attraverso illecite interferenze, anche nei locali ove si svolge il lavoro dei privati (studio professionale, ristorante, bar, osteria, negozio in genere). La facoltà di accesso da parte del pubblico - ha evidenziato la Corte - non fa venire meno nel titolare il diritto di escludere singoli individui non autorizzati ad entrare o a rimanere. Presidente G. Lattanzi, Relatore A. Amato. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. V, 27 marzo 2006 (ud. 5/12/2005), Sentenza n. 10444

 

Lavoro - Previdenza - Disoccupazione - Part-time verticale annuo. Non è fondata la questione di costituzionalità della disposizione (art. 45, c. 3, r.d.l. n. 1827 del 1935, convertito, con modificazioni, nella l. n. 1155 del 1936), che prevede l’indennità di disoccupazione, prospettata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost. e al lavoro stagionale, nella parte in cui - nell'interpretazione delle Sezioni Unite della Corte di cassazione - «non contempla tra i lavoratori disoccupati involontari aventi diritto, alle altre condizioni di legge, all'indennità di disoccupazione ordinaria, i lavoratori occupati con contratto a tempo parziale verticale su base annua ultrasemestrale che abbiano chiesto di essere tenuti iscritti nelle liste di collocamento per i periodi di inattività». La Corte - che ha richiamato e dato conto delle pronunce precedenti (sent. n. 160 del 1974, che aveva ritenuto spettante l’indennità di disoccupazione al lavoratore stagionale; sent. n. 132 del 1991, in materia di indennità giornaliera di maternità, nella quale il lavoro a tempo parziale verticale era stato considerato analogo a quello stagionale) - ha rigettato la questione sulla base dei sicuri elementi di differenziazione tra lavoro stagionale (che cessa a fine stagione) e lavoro a tempo parziale verticale, che prosegue, pur con la sospensione delle corrispettive prestazioni, anche durante il periodo di sosta. (Presidente A. Marini - Relatore F Bile). CORTE COSTITUZIONALE, 24/03/2006, Sentenza n. 121

 

Lavoro - Inadempimento datoriale - Risarcimento del danno - Presupposti - Distinzione tra “inadempimento” e “danno risarcibile”. Dall’inadempimento datoriale non deriva automaticamente l’esistenza del danno, ossia questo non è, immancabilmente, ravvisabile a causa della potenzialità lesiva dell’atto illegittimo. L’inadempimento infatti è già sanzionato con l’obbligo di corresponsione della retribuzione, ed è perciò necessario che si produca una lesione aggiuntiva, e per certi versi autonoma, non può infatti non valere, anche in questo caso, la distinzione tra “inadempimento” e “danno risarcibile” secondo gli ordinari principi civilistici di cui agli articoli 1218 e 1223, per i quali i danni attengono alla perdita o al mancato guadagno che siano “conseguenza immediata e diretta” dell’inadempimento, lasciando così chiaramente distinti il momento della violazione degli obblighi di cui agli articoli 2087 e 2103 Cc, da quello, solo eventuale, della produzione del pregiudizio (in tal senso chiaramente si è espressa la Corte costituzionale 372/94). D’altra parte - mirando il risarcimento del danno alla reintegrazione del pregiudizio che determini una effettiva diminuzione del patrimonio del danneggiato, attraverso il raffronto tra il suo valore attuale e quello che sarebbe stato ove la obbligazione fosse stata esattamente adempiuta - ove diminuzione non vi sia stata (perdita subita e/o mancato guadagno) il diritto al risarcimento non è configurabile. In altri termini la forma rimediale del risarcimento del danno opera solo in funzione di neutralizzare la perdita sofferta, concretamente, dalla vittima, mentre l’attribuzione ad essa di una somma di denaro in considerazione del mero accertamento della lesione, finirebbe con il configurarsi come somma-castigo, come una sanzione civile punitiva, inflitta sulla base del solo inadempimento, ma questo istituto non ha vigenza nel nostro ordinamento. Presidente Carbone - Relatore La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Unite Civile, del 24/03/2006, Sentenza n. 6572 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Danno da dequalificazione - Risarcimento - Limiti - Onere di allegazione della prova dell’entità del danno - Sussiste. In materia di danno da dequalificazione, non è sufficiente prospettare l’esistenza della dequalificazione, e chiedere genericamente il risarcimento del danno, non potendo il giudice prescindere dalla natura del pregiudizio lamentato, e valendo il principio generale per cui il giudice - se può sopperire alla carenza di prova attraverso il ricorso alle presunzioni ed anche alla esplicazione dei poteri istruttori ufficiosi previsti dall’articolo 421 Cpc - non può invece mai sopperire all’onere di allegazione che concerne sia l’oggetto della domanda, sia le circostanze in fatto su cui questa trova supporto (tra le tante Cassazione Su 1099/98). Pertanto, è sempre necessaria la prova ulteriore dell’entità del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha prodotto una perdita di tipo analogo a quello indicato dall’articolo 1223 Cc, costituita dalla diminuzione o privazione di un valore personale (non patrimoniale) alla quale il risarcimento deve essere (equitativamente) commisurato. (Presidente Carbone - Relatore La Terza). CORTE DI CASSAZIONE Sez. Unite Civile, del 24/03/2006, Sentenza n. 6572 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Risarcimento del danno per attribuzione al lavoratore di mansioni inferiori - Prova del danno - Giurisprudenza. In materia di risarcimento del danno per attribuzione al lavoratore di mansioni inferiori rispetto a quelle in relazione alle quali era stato assunto, l’ammontare di tale risarcimento può essere determinato dal giudice facendo ricorso ad una valutazione equitativa, ai sensi dell’articolo 1226 Cc, anche in mancanza di uno specifico elemento di prova da parte del danneggiato, in quanto la liquidazione può essere operata in base all’apprezzamento degli elementi presuntivi acquisiti al giudizio e relativi alla natura, all’entità e alla durata del demansionamento, nonché alle altre circostanze dal caso concreto. (si veda: Cassazione 13299/92, 11727/99, 14443/00, 13580/01, 15868/02, 8271/04, 10157/04). Diverso invece l’indirizzo che richiede la prova del danno Cassazione 7905/98, 2561/99, 8904/03, 16792/03, 10361/04, le quali enunciano il seguente principio: «Il prestatore di lavoro che chieda la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno (anche sulla sua eventuale componente di danno alla vita di relazione e di cosiddetto danno biologico) subito a causa della lesione del proprio diritto di eseguire la prestazione lavorativa in base alla qualifica professionale rivestita, lesione idonea a determinare la dequalificatine del dipendente stesso, deve fornire la prova dell’esistenza di tale danno e del nesso di causalità con l’inadempimento, prova che costituisce presupposto indispensabile per procedere ad una valutazione equitativa. Tale danno non si pone, infatti, quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo al lavoratore che denunzi il danno subito di fornire la prova in base alla regola generale di cui all’articolo 2697 Cc». Con dette pronunzie si sono generalmente confermate le sentenze di merito che avevano rigettato la domanda di risarcimento del danno per essere stata la dequalificazione fatta genericamente derivare dalla privazione di compiti direttivi, per non essere stati precisati i pregiudizi di ordine patrimoniale ovvero non patrimoniale subiti, e per non essere stati forniti elementi comprovanti una lesione di natura patrimoniale, non riparata dall’adempimento dell’obbligazione retributiva, ovvero una lesione di natura non patrimoniale. Presidente Carbone - Relatore La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Unite Civile, del 24/03/2006, Sentenza n. 6572 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Tutela della salute - Danno esistenziale - Nozione - Alterazione delle abitudini di vita - Mezzi di prova - Ricorso alla presunzione - Danno biologico - Differenza. Il danno esistenziale si fonda sulla natura non meramente emotiva ed interiore (propria del cosiddetto danno morale), ma oggettivamente accertabile del pregiudizio, attraverso la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso. Sicché, il danno esistenziale necessita imprescindibilmente delle specifiche allegazioni che solo il soggetto danneggiato può fornire, indicando le circostanze comprovanti l'alterazione delle sue abitudini di vita. L'onere probatorio può assolversi attraverso tutti i messi che l'ordinamento processuale pone a disposizione: dal deposito di documentazione alla prova testimoniale su tali circostanze di congiunti e colleghi di lavoro. Considerato peraltro che il pregiudizio attiene ad un bene immateriale, precipuo rilievo assume rispetto a questo tipo di danno la prova per presunzioni, mezzo peraltro non relegato dall’ordinamento in grado subordinato nella gerarchia delle prove, cui il giudice può far ricorso anche in via esclusiva (tra le tante Cassazione 9834/02) per la formazione del suo convincimento, purché, secondo le regole di cui all’articolo 2727 Cc venga offerta una serie concatenata di fatti noti, ossia di tutti gli elementi che puntualmente e nella fattispecie concreta (e non in astratto) descrivano: durata, gravità, conoscibilità all’interno ed all’esterno del luogo di lavoro della operata dequalificazione, frustrazione di (precisate e ragionevoli) aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti la avvenuta lesione dell’interesse relazionale, gli effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto. Il danno biologico invece non può prescindere dall'accertamento medico legale. Presidente Carbone - Relatore La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Unite Civile, del 24/03/2006, Sentenza n. 6572 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Tutela della salute - Danno esistenziale - Obbligo di decidere iuxta alligata e provata - Art. 115 Cpc.. Il danno esistenziale va sempre e ineluttabilmente allegato dal danneggiato. Se manca l'allegazione, il giudice non potrà ritenere verificati fatti tali da integrare danno esistenziale. Inoltre ciò di cui si da conto è, non già - come si dovrebbe -, il danno conseguenza della lesione, e cioè l’esistenza dei riflessi pregiudizievoli prodotti nella vita attraverso una negativa alterazione dello stile di vita, ma l’esistenza della lesione medesima, essendosi fatto ricorso ad una formula standardizzata, tale da potersi utilizzare in tutti i casi di dedotta dequalificazione, con conseguente rischio di risolvere dette controversie con l’apposizione di un formulario “fisso” e quindi con elusione delle specificità delle singole fattispecie. (Presidente Carbone - Relatore La Terza). CORTE DI CASSAZIONE Sez. Unite Civile, del 24/03/2006, Sentenza n. 6572 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Ripetibilità delle prestazioni assistenziali indebite per mancanza del requisito di incollocazione al lavoro - Disciplina applicabile. In difetto di una specifica disciplina, trovano applicazione le norme sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza dei requisiti di legge in via generale, con esclusione delle disposizioni che regolano, espressamente, la mancanza del requisito sanitario o di quello reddituale. Conseguentemente, accertata la mancanza del requisito della incollocazione al lavoro, i ratei indebitamente erogati vanno restituiti a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta. Presidente S. Senese, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 18/03/2006, Sentenza n. 7048

 

Lavoro - Impresa familiare - Convivente di fatto - Inquadramento. L'attività lavorativa e di assistenza svolta all’interno di un contesto familiare in favore del convivente di fatto trova abitualmente la sua causa nei vincoli di solidarietà ed affettività esistenti, che di regola sono alternativi ai vincoli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive, qual è il rapporto di lavoro subordinato, mentre talvolta è possibile inquadrare il rapporto stesso nell'ipotesi dell’impresa familiare, applicabile anche alla famiglia di fatto in quanto essa costituisce una formazione sociale atipica a rilevanza costituzionale ex art. 2. Presidente E. Ravagnani, Relatore G. Amoroso. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 15 marzo 2006, Sentenza n. 5632

 

Lavoro - Datore di lavoro - Responsabilità per gli infortuni sul lavoro del proprio dipendente - Esonero. Il datore di lavoro è responsabile ordinariamente per gli infortuni sul lavoro del proprio dipendente che si verifichino qualora venga osservato il procedimento lavorativo tipico ed il lavoratore si attenga alle direttive ricevute, salvo il caso fortuito. Non incorre, invece, in responsabilità allorquando provi che il lavoratore abbia adottato un comportamento abnorme che esorbiti dal ciclo ordinario lavorativo e si configuri come causa esclusiva della produzione dell'evento dell'infortunio. CORTE DI CASSAZIONE Civile, 08/03/2006, Sentenza n. 4980

 

Lavoro subordinato - Dirigente politico o sindacale - Dipendente dell’organizzazione di appartenenza - Ammissibilità. Una volta accertati i requisiti della collaborazione e della subordinazione, nulla osta a che un dirigente politico o sindacale sia anche lavoratore dipendente dell’organizzazione alla quale appartiene. Presidente E. Mercurio, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 7 marzo 2006, Sentenza n. 4841

 

Lavoro - Previdenza - Contributi assicurativi - Indebito - Disciplina applicabile. La Corte riconferma il principio per cui l’obbligazione di restituire i contributi versati dal datore di lavoro in misura maggiore di quella dovuta (anche in dipendenza dal suo diritto al beneficio dello sgravio o della fiscalizzazione) costituisce l’oggetto di una obbligazione pecuniaria di fonte legale (art.2033 cod.civ.), soggetta alle regole proprie dell’art. 1224 cod.civ., in tema di interessi moratori e risarcimento del maggior danno per il ritardo nell’adempimento e non già, per la radicale difformità con i crediti di previdenza sociale e di assistenza sociale obbligatoria, alle disposizioni sul cumulo di interessi legali e rivalutazione monetaria. Presidente E. Mercurio, Relatore G. Coletti De Cesare. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 6 marzo 2006, Sentenza n. 4775

 

Lavoro subordinato - Mobbing - Modalità - Idoneità offensiva della condotta - Caratteristiche oggettive. Sono individuabili i connotati della condotta datoriale idonei ad integrare l’illecito del datore di lavoro nei confronti del lavoratore, consistente nell'osservanza di una condotta protratta nel tempo e con le caratteristiche della persecuzione finalizzata all'emarginazione del dipendente, cosiddetto “mobbing”, affermando che può realizzarsi con comportamenti datoriali, materiali o provvedimentali, indipendentemente dall'inadempimento di specifichi obblighi contrattuali o dalla violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato. Sicchè, la sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata - procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi - considerando l'idoneità offensiva della condotta, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa (nella specie, i comportamenti datoriali erano consistiti in provvedimenti di trasferimento, ripetute visite mediche fiscali nell’arco di dieci mesi, attribuzione di note di qualifica di insufficiente, irrogazione di sanzioni disciplinari, privazione della abilitazione necessaria per operare al terminale). Presidente E. Mercurio, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 6 marzo 2006, Sentenza n. 4774

 

Lavoro - Condizione di "mobbing" - Accertamento in sede giudiziale - Intenti persecutori finalizzati all'emarginazione del dipendente - Valutazione complessiva degli episodi assunti come lesivi e vessatori. Si può accertare anche in sede giudiziale, attraverso una valutazione complessiva degli episodi assunti come lesivi e vessatori, la condotta datoriale idonea a determinare una condizione di "mobbing" del lavoratore che si risolve, fondamentalmente, in un'azione protratta nel tempo e caratterizzata da intenti persecutori finalizzata all'emarginazione del dipendente. CORTE DI CASSAZIONE Civile 06/03/2006, Sentenza n. 4774

 

Lavoro subordinato - Demansionamento - Datore di lavoro - Onere della prova - Art. 2103 c.c.. In tema di demansionamento ex art. 2103 c.c., che valorizza precedenti in tema di ripartizione dell’onere probatorio relativo all’inesatto adempimento delle obbligazioni in generale, (Cass. Sezioni Unite n. 13533 del 2001), la Corte ha statuito che, in caso di allegazione di una dequalificazione o deduzione del demansionamento riconducibile ad un inesatto adempimento dell'obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2103 cod. civ., incombe al datore di lavoro l’onere probatorio in ordine all'esatto adempimento, provando la mancanza, in concreto, di qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero che l'una o l'altro siano stati giustificati dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali, disciplinari o da un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. (Vedi Cass. S.U. Sentenza n. 6572 del 2006). Presidente S. Senese, Relatore V. Nobile. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 6 marzo 2006, Sentenza n. 4766

 

Lavoro subordinato - Contrattazione collettiva - Contratto a termine - Apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro - “Delega in bianco” a favore dei sindacati. Le assunzioni disposte ai sensi dell’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare - oltre le fattispecie tassativamente previste dalla legge - nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria “delega in bianco” a favore dei sindacati, i quali, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere oggettivo ed anche - alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale - per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, consentendo (vuoi in funzione di promozione dell’occupazione o anche di tutela della fasce deboli di lavoratori) l’assunzione di speciali categorie di lavoratori, costituendo anche in questo caso l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficace salvaguardia dei loro diritti. Presidente V. Carbone, Relatore G. Vidimi. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 2 marzo 2006, Sentenza n. 4588

 

Lavoro - Pubblica Amministrazione - Rapporti di lavoro pubblico privatizzato - Procedimento disciplinare - Termine - Inerzia della p.a. - Conseguenze - D.P.R. 10 gennaio 1957, n.3. In tema di sanzioni disciplinari nei rapporti di lavoro pubblico privatizzato, il procedimento disciplinare si estingue, ai sensi dell’art. 120, primo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n.3, ove l’ inerzia dell’amministrazione si protragga oltre i novanta giorni (non rilevando in alcun modo le giustificazioni dell’impiegato, fra l’altro soltanto facoltative, né costituendo, detta iniziativa del dipendente, un atto del procedimento). Presidente S. Senese, Relatore A. Spanò. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 2 marzo 2006 Sentenza n. 4605

 

Lavoro subordinato - Dipendenti postali - Concorso interno - Conclusione anteriormente alla privatizzazione - Poteri dell’ago. Rivestono natura autoritativa gli atti delle procedure concorsuali per la promozione ad una qualifica superiore dei dipendenti postali conclusi, con l’approvazione della graduatoria e la proclamazione dei vincitori, anteriormente alla privatizzazione dell’amministrazione postale, traendone la conseguenza che, nel giudizio instaurato davanti al giudice ordinario a seguito di detta trasformazione, il giudice deve conformarsi al loro contenuto, salvo che non ricorrano gli estremi per disapplicarli. Presidente F. Miani Canevari, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 1° marzo 2006, Sentenza n. 4531

 

Lavoro subordinato - Licenziamento collettivo - Impresa di pulizie - Fattispecie: cessazione di un contratto di appalto. Ove il contratto collettivo preveda, per l'ipotesi di licenziamento collettivo dei dipendenti delle imprese di pulizie in seguito alla cessazione di un contratto di appalto, una procedura per il passaggio diretto dei lavoratori licenziati alle dipendenze dell'impresa subentrante nell'appalto, la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro degli stessi soggetti con tale impresa non implica di per sé rinuncia al diritto di impugnare il licenziamento intimato dall'originario datore di lavoro. Presidente E. Mercurio, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 24 febbraio 2006, Sentenza n. 4166

 

Lavoro - Previdenza - Diritto ai contributi - Prescrizione - L. n. 335/1995. In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ed in relazione all'intervenuta riduzione del termine di prescrizione da decennale a quinquennale, in virtù del disposto della legge n. 335 del 1995, in relazione ai contributi per i quali il quinquennio dalla scadenza si era integralmente maturato prima dell'entrata in vigore della legge, la denuncia del lavoratore è idonea a mantenere il precedente termine decennale solo quando intervenga o prima o comunque entro il 31 dicembre 1995. Quanto agli altri contributi, parimenti dovuti per periodi anteriori alla entrata in vigore della legge, ma per i quali, a quest'ultima data, il quinquennio dalla scadenza non si era integralmente maturato, il termine decennale può operare solo mediante una denuncia intervenuta nel corso del quinquennio dalla data della loro scadenza. (contra, Cass.n.18540 del 2004). Presidente G. Sciarelli, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 24 febbraio 2006, Sentenza n. 4153

 

Lavoro subordinato - Lavoro agricolo giornaliero - Erogazione dell'assegno per il nucleo familiare - Art. 14 D.P.R. n.797/1955. Per valutare la sussistenza del diritto dei lavoratori agricoli giornalieri all'erogazione dell'assegno per il nucleo familiare, non può applicarsi la disposizione contenuta nell'art. 14 del d.P.R. n.797 del 1955, che prevede la continuazione del diritto agli assegni solo in favore di quei lavoratori che risultino alle dipendenze di un datore di lavoro da un periodo di tempo non inferiore ad una settimana (con ciò dovendosi intendere sei giorni lavorativi consecutivi), data la particolarità della loro prestazione lavorativa, priva del carattere della continuità e abitualmente prestata alle dipendenze di più datori di lavoro. Presidente G. Sciarelli, Relatore P. Cuoco. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 22 febbraio 2006, Sentenza n. 3864

 

Lavoro - Contratti - Propagandista di testi scolastici - Assimilabilità al rapporto di agenzia - Esclusione. Il rapporto intercorrente fra la casa editrice ed il propagandista di testi scolastici, che si esplica in visite a dirigenti scolastici ed insegnanti di una determinata zona, allo scopo di favorire l'adozione dei testi stessi e il conseguente acquisto dei libri da parte dei librai, è un rapporto atipico, non inquadrabile nello schema del rapporto di agenzia poiché il propagandista non stipula alcun contratto con i clienti della casa editrice e non svolge neppure attività volta alla conclusione di contratti, ponendosi tale evento con un fatto esterno ed eventuale rispetto all'attività di pubblicità. Presidente V. Mileo, Relatore F. Roselli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 21 febbraio 2006, Sentenza n. 3709

 

Lavoro - Assistenza pubblica - Controversie - Spese di consulenza. La Corte ritorna, nelle controversie di assistenza sociale, sull’opzione ermeneutica secondo cui il disposto dell’art. 37, comma 5, della legge n.448 del 1998, nel riconoscere la legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha finito per derogare al principio generale della corrispondenza tra titolare del diritto e soggetto abilitato a farlo valere, introducendo una forma di sostituzione processuale ex art. 81 cod.proc.civ. dell’obbligato sostanziale che continua a rimanere l’INPS alla stregua dell’art.130, comma 1, del decreto legislativo n.112 del 1998. La S.C., in forza di tale opzione ermeneutica, ha confermato la decisione di merito che, in controversia in cui si instava per il ripristino della pensione e del relativo trattamento economico, ha riconosciuto la legittimazione passiva dell’INPS e onerato il Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese di consulenza tecnica espletata nel primo grado di giudizio. (si veda sentenza n. 748 del 16 gennaio 2006). Presidente S. Ciciretti, Relatore G. Vidiri CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 20 febbraio 2006, Sentenza n. 3595

 

Lavoro - Fatto illecito commesso dal dipendente - Responsabilità civile - Rapporto di occasionalità - Fatto dannoso e mansioni esercitate dal dipendente - Art. 2049 c.c. - Fattispecie. Ai fini della responsabilità civile per fatto illecito commesso dal dipendente (art. 2049 c.c.)., è sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e le mansioni esercitate dal dipendente, che ricorre quando l'illecito è stato compiuto sfruttando comunque i compiti da questo svolti, anche se il dipendente ha agito oltre i limiti delle sue incombenze e persino se ha violato gli obblighi a lui imposti. Fattispecie: il Casinò Municipale di Venezia è stato convenuto in giudizio da un cliente, il quale, dopo aver vinto allo chemin de fer una somma cospicua, ha scoperto che parte del denaro era costituito da banconote false. TRIBUNALE VENEZIA, Sentenza, Sez. III, 16/02/2006

 

Lavoro - Previdenza - Contributi assicurativi - Condono ex d.l. n. 6/1993 conv. L. n.63/1993 - Estinzione degli oneri accessori. La Corte consolida l’orientamento più recente secondo cui tra gli oneri accessori, estinti per effetto della regolarizzazione degli oneri contributivi alla stregua del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6, convertito in legge n.63 del 1993, non rientra anche la decadenza dal beneficio della fiscalizzazione degli oneri sociali, diversamente da altri provvedimenti di condono che hanno previsto, espressamente, tra gli altri benefici, anche la sanatoria della decadenza dalla fiscalizzazione degli stessi. Presidente S. Mattone, Relatore S. Monaci. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 16 febbraio 2006, Sentenza n. 3376

 

Lavoro - Assistenza pubblica - Ripristino del beneficio assistenziale revocato - Accertamento giudiziale dei requisiti - Opzione ermeneutica. In tema di ripristino dei benefici assistenziali revocati per la sopravvenuta insussistenza del requisito sanitario, bisogna seguire la c.d. opzione ermeneutica, secondo cui il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione, verificandone le condizioni alla stregua dei requisiti richiesti ex lege, ritenuta più conforme al dettato costituzionale che induce a preferire soluzioni volte a riconoscere le prestazioni assistenziali solo in presenza di effettivi bisogni ed a rifuggire da soluzioni suscettibili di creare ingiustificate disparità di trattamento (quale quella che si creerebbe tra coloro che chiedono, per la prima volta, dette prestazioni e quanti, invece, avendo di queste già goduto, ne pretendono un perdurante godimento in presenza di mutate, e più favorevoli, condizioni reddituali). Presidente G. Ianniruberto, Relatore G. Vidiri. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 16 febbraio 2006, Sentenza n. 3404

 

Lavoro - Previdenza - Enpals - Lavoratori dello spettacolo - Animatori turistici. Nuova decisione della Corte che ripercorre l’evoluzione normativa del concetto di spettacolo ai fini dell’assicurazione ENPALS, per includervi, a pieno titolo, l’attività degli animatori dei villaggi turistici. Per la S.C. la tendenza alla cosiddetta spettacolarizzazione di settori in passato estranei allo spettacolo è culminata con la modifica della disposizione fondamentale in materia (il d.l.C.p.S. n.708 del 1947) sicché, attualmente, alla stregua della legge n.289 del 2002, l’estensione della tutela avviene al di fuori dello stretto limite della categoria dei lavoratori dello spettacolo, abbracciando figure professionali “operanti nel campo dello spettacolo e dello sport”. Il d.P.R. n.203 del 1993, che ha esteso l’obbligo di assicurazione agli animatori turistici, non può, pertanto, reputarsi illegittimo, per eccesso di delega rispetto al citato decreto n.708 del 1947, né disapplicarsi in fattispecie concernenti un periodo anteriore alle modifiche introdotte in materia (con il decreto legislativo n.182 del 1997, la citata legge n.289 del 2002, il decreto ministeriale 15 marzo 2005), stante la progressiva estensione dell’assicurazione ENPALS a figure professionali che “operano” nel settore dello spettacolo, in consonanza con l’evoluzione del costume. (Vedi sentenza n. 1089 del 20 gennaio 2006). Presidente E. Ravagnani, Relatore M. La Terza. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 14 febbraio 2006, Sentenza n. 3219

 

Lavoro - Pubblico impiego - Trasferimento per incompatibilità ambientale - Interesse morale al ricorso. E’ bastevole l’interesse morale per sorreggere la proposizione del gravame avverso il provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale. (Conf. T.A.R. Lombardia, Milano sez. II, 7/7/2004, n. 3085, contra C.d.S. sez. IV, 4/05/2004, n. 2785. Pres. Corsaro - Est. Dell’Utri - T. c. C.O.N.I.. T.A.R. LAZIO, Roma Sez. ter, 13/02/2006 Sentenza n. 1056

 

Lavoro - Previdenza - Fondo di previdenza per il clero - Ministri di culto. La Corte ha riconosciuto il diritto alla ricongiunzione, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 29 del 1979, presso una unica gestione, di tutti i periodi di contribuzione obbligatoria versata al Fondo previdenza per il clero dai sacerdoti secolari ed all' INPS dai sacerdoti successivamente ridotti allo stato laicale, indipendentemente dallo svolgimento, o meno, delle relative modalità lavorative all’interno dell’ordinamento canonico, sulla scia della giurisprudenza che ha ricondotto l'attività' dei sacerdoti secolari a quella dei lavoratori in generale e alla stregua del carattere obbligatorio dell’iscrizione al Fondo di previdenza per il clero (art. 5, primo comma, legge n. 903 del 1973) e di un’interpretazione adeguatrice dell’art. 2 della legge n. 29 del 1979. Presidente E. Ravagnani, Relatore A. De Renzis. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, dell'8 febbraio 2006, Sentenza n. 2757

 

Lavoro - Previdenza - Strutture sanitarie del sovrano militare ordine di malta - Gestione mediante l’Acismom - Equiparazione ai soggetti di diritto pubblico. Con decisione per la quale non constano precedenti, la S.C. ha statuito che le strutture sanitarie del Sovrano Militare Ordine di Malta che svolgono attività sanitaria sul territorio nazionale (gestite dall’ACISMOM, ente di diritto pubblico melitense, attraverso il quale l’Ordine persegue le sue finalità istituzionali e pubblicistiche), regolate, sul piano internazionale, da accordi e convenzioni realizzati tra lo Stato italiano e l’Ordine, sono poste su un identico piano rispetto alla pubblica amministrazione sanitaria italiana ed equiparate ai soggetti del sistema pubblico, non appartenendo all’amministrazione pubblica italiana, né alla sanità privata (principio affermato dalla S.C. escludendo l’inquadramento dell’ACISMOM, ai fini contributivi, alla stregua degli enti privati italiani che gestiscono case di cura private). Presidente S. Senese, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, dell'8 febbraio 2006, Sentenza n. 2755

 

Lavoro - Previdenza - Versamento indebito di contributi - Consapevolezza dell’indebito da parte dell’ente previdenziale - Iniziativa giudiziaria del solvens e resistenza in giudizio dell’accipiens - Mala fede ex art. 2033 cod.civ. Con decisione nuova in tema di indebito contributivo, stante il particolare atteggiarsi della vicenda, la Corte non ha dato seguito all’orientamento per cui deve escludersi che la presunzione di buona fede dell’accipiens venga pregiudicata dall’atteggiamento assunto dal solvens. Per la S.C, la resistenza in giudizio dell’INPS, anche in sede di legittimità, a fronte dell’iniziativa giudiziaria del solvens per l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato successiva all’offerta di restituzione dei contributi da parte dell’ente di previdenza, è incompatibile con una situazione di inconsapevolezza del carattere indebito del pagamento perchè fondata sulla contestazione del presupposto per ricevere i contributi, con conseguente situazione di mala fede rilevante ai fini della regolazione del debito per la restituzione degli interessi, ex art. 2033 cod.civ. Presidente S. Senese, Relatore F. Curcuruto. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 6 febbraio 2006, Sentenza n. 2460

 

Lavoro - Pubblico impiego - Mansioni superiori - Retribuibilità - Disciplina - Artt. 36, 97, 98 Cost. - Art. 2126 c.c. - Giurisprudenza amministrativa. Nessuna norma o principio generale dell’ordinamento consente, la retribuibilità, in via di principio, delle mansioni superiori comunque svolte nel campo del pubblico impiego, le quali, salvo che una disposizione di legge non disponga altrimenti (come in campo sanitario) sono del tutto irrilevanti, sia dal punto di vista giuridico che da quello economico. L’art. 36 Cost., che sancisce il principio della corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato, non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli previsti dall’art. 98 Cost. e dall’art. 97 Cost., contrastando l’esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita con il buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, nonchè con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità proprie dei funzionari. Anche l’art. 2126 c.c. non è invocabile in tema di esercizio di mansioni superiori svolte in via di fatto nel pubblico impiego, atteso che esso riguarda il principio di retribuibilità del lavoro prestato sulla base di un contratto o di un atto nullo o annullato (da ultimo in tal senso Consiglio di Stato, V, 5 aprile 2005, n.1534). In proposito (C.d.S. Sez. IV, n.1213 del 22 marzo 2005), si ritiene che nel pubblico impiego (Ad. Pl. C. di Stato, n.22 del 18 novembre 1999) sia “la qualifica e non le mansioni, il parametro al quale la retribuzione è ….riferita, considerato anche l’assetto rigido della p.a. sotto il profilo organizzatorio….con la conseguenza che la amministrazione è tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori solo quando una norma speciale consenta tale assegnazione e tale maggiorazione”. Pres. SALTELLI - Est. DE FELICE - Pritoni (avv.ti Clarizia, Carullo e Belli) c. Ministero delle Finanze (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sezione prima, sentenza n.245/1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 3 febbraio 2006 (c.c. 28/10/2005), Sentenza n. 474

 

Lavoro pubblico - Medici convenzionati - Contratti a termine - Trasformazione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato - Esclusione. Si esclude che, in tema di convenzioni stipulate dall’Amministrazione della Difesa, ai sensi dell’art. 1, comma secondo, della legge n. 304 del 1986, con i medici civili, generici o specialistici, “ove le esigenze della sanità non possono essere soddisfatte con il personale medico militare o con quello delle unità sanitarie locali e degli enti ed istituti di cui al comma primo”, sia configurabile la trasformazione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato ovvero un diritto alla continuazione, in ogni caso, del rapporto lavorativo dopo il recesso dell’amministrazione, in attuazione dell’art. 9, n. 7, d.P.R. n. 316 del 1990. (Conf. Cass. Sez. Un., 31/01/2006, Sentenza n. 2044). Presidente V. Carbone, Relatore G. Vidimi. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 31 gennaio 2006, Sentenza n. 2045

 

Lavoro - Previdenza - Vari tipi di assicurazione o copertura assicurativa dello stesso tipo di eventi distinti verificatisi nel corso del tempo - Identita' di rapporto fondamentale - Esclusione - Conseguenze in tema di giudicato. Con due decisioni, n. 2027 del 30.1.2006 e n. 2897 del 10.2.2006, la Corte, intervenendo in tema di previdenza obbligatoria, non ravvisa identità di rapporto fondamentale né tra i vari tipi di assicurazione, né in caso di copertura assicurativa dello stesso tipo di eventi distinti verificatisi nel corso del tempo, affinché la sentenza passata in giudicato faccia stato nell’ulteriore giudizio tra le stesse parti anche riguardo alla statuizione incidentale relativa a rapporti pregiudiziali o alla soluzione di singole questioni di fatto o di diritto. In particolare, esclude detto rapporto fondamentale tra l’assicurazione contro la disoccupazione e la tutela previdenziale della maternità, differenti per oggetto e per disciplina (sent.n.2897), ravvisandolo, invece, in caso di giudizi separati riguardanti le indennità per astensione facoltativa e obbligatoria per maternità, atteso il collegamento tra le diverse prestazioni accomunate dalla stessa funzione e correlate allo stesso “rischio” assicurato (gravidanza e parto). Presidente S. Senese, Relatore S. Toffoli. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 30 gennaio 2006, Sentenza n. 2027

 

Lavoro subordinato - Infortunio occorso al lavoratore intervenuto per sedare una lite nell’ambiente di lavoro - Tutela assicurativa - Esclusione. La Corte ribadisce l’indirizzo consolidato che esclude l’indenizzabilità dell’infortunio, collegato topograficamente e temporalmente all’attività lavorativa, ma derivante da una scelta arbitraria del lavoratore, con riferimento all’infortunio occorso al lavoratore intervenuto per sedare un lite insorta nell’ambiente lavorativo. Per la S.C. la condotta del lavoratore non è giustificata né dai doveri imposti dall’art. 593 cod.pen., riferiti ad un dovere di soccorso e di collaborazione con le forze dell’ordine rispetto a fatti già avvenuti e non in corso di svolgimento, né è riconducibile ai doveri di solidarietà costituzionalmente previsti, prospettando, anzi, per chi partecipa con le apparenti sembianze di paciere ad una colluttazione tra due soggetti, la possibilità di essere incriminato per rissa ai sensi dell’art. 588 cod.pen. (Nella specie, il lavoratore era intervenuto per sedare un lite tra la guardia addetta al servizio di vigilanza ed un terzo. La S.C. ha confermato la decisione di merito). Presidente V. Mileo, Relatore N. Capitanio. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 27 gennaio 2006, Sentenza n. 1718

 

Lavoro - Previdenza sociale dei lavoratori migranti - Lavoratori distaccati in un altro stato membro - Legge applicabile. Una società di costruzione belga aveva concluso con una ditta irlandese, per l’esecuzione di un’opera in Belgio, dei contratti di subappalto. Gli ispettori del Ministero del lavoro belga avevano richiesto alla società belga il versamento dei contributi previdenziali anche per i lavoratori della ditta irlandese, ancorché distaccati da quest’ultima con apposito certificato E 101. Nel corso della controversia sorta in merito alla spettanza di tale richiesta, il giudice belga ha chiesto alla Corte di giustizia di stabilire se, e in quale misura, un modello E 101 (c.d. certificato di distacco), rilasciato al lavoratore distaccato in altro Stato membro, conformemente all’art. 11, n. 1, lett. a), del regolamento n. 574/72, vincoli l’ordinamento giuridico interno dello Stato di accoglienza in ordine all’esistenza, durante il periodo di distacco, del legame organico tra l’impresa che effettua il distacco ed il lavoratore distaccato. Secondo la Corte di giustizia, il modello E 101, in quanto crea una "presunzione di regolarità" dell’iscrizione dei lavoratori distaccati al regime previdenziale dello Stato membro in cui ha sede l’impresa che ha effettuato il distacco di tali lavoratori, è vincolante per l’organo competente dello Stato membro in cui gli stessi lavoratori sono distaccati. La soluzione contraria - ha sottolineato la Corte - potrebbe pregiudicare il principio dell’iscrizione dei lavoratori subordinati ad un unico regime previdenziale, come pure la prevedibilità del regime applicabile e, quindi, la certezza del diritto. Invero, se il regime applicabile fosse di difficile determinazione, ciascuno degli organi competenti dei due Stati membri interessati sarebbe portato a ritenere il proprio regime previdenziale applicabile ai lavoratori interessati, a scapito di questi ultimi. Quindi, fintantoché il modello E 101 non venga revocato o invalidato, l’organo competente dello Stato membro nel quale i lavoratori sono distaccati deve tener conto del fatto che questi ultimi sono già assoggettati alla normativa previdenziale dello Stato in cui l’impresa che li occupa ha sede e tale organo non può, di conseguenza, assoggettare i lavoratori di cui trattasi al proprio regime previdenziale. La Corte ha peraltro precisato che incombe sull’organo competente dello Stato membro che ha rilasciato tale certificato l’obbligo di verificare la correttezza di tale rilascio e, eventualmente, di revocare il certificato qualora l’organo competente dello Stato membro nel quale i lavoratori sono distaccati manifesti riserve in ordine all’esattezza dei fatti che ne sono alla base (in particolare, in relazione ai requisiti di cui all’art. 14, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1408/71). Nell’ipotesi in cui gli organi interessati non riescano a conciliare le diverse posizioni in merito alla normativa applicabile al caso di specie, essi hanno facoltà di investire della questione la commissione amministrativa e, ove neppure quest’ultima riesca a trovare un accordo tra le parti, lo Stato membro nel cui territorio i lavoratori di cui trattasi sono distaccati ha la facoltà, senza pregiudizio degli eventuali rimedi giurisdizionali esistenti nello Stato membro a cui appartiene l’organo emittente, di promuovere un procedimento per dichiarazione d’inadempimento ai sensi dell’art. 227 CE, al fine di consentire alla Corte di esaminare, nell’ambito di un tale ricorso, la questione della normativa applicabile ai detti lavoratori e, di conseguenza, l’esattezza delle indicazioni figuranti nel modello E 101. Non è consentito, invece, che l’organo nazionale competente si rivolga direttamente all’autorità giudiziaria dello Stato membro che ospita il lavoratore distaccato al fine di far dichiarare l’invalidità del modello E 101. Pertanto, il modello E 101, fintanto che non venga revocato o invalidato dalle autorità dello Stato membro che lo hanno rilasciato, vincola l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro in cui sono distaccati lavoratori interessati. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità europee del 26 gennaio 2006, procedimento C-2/05

 

Lavoro - Previdenza - Contributi assicurativi - Retribuzione imponibile - Temporanea sospensione consensuale del rapporto di lavoro - Conseguenze. Si esclude, in caso di accordo tra datore di lavoro e lavoratore per una consensuale temporanea sospensione del rapporto di lavoro, nel quale non sorge né l’obbligazione di prestare lavoro, né quella di corrispondere la retribuzione, sia dovuta alcuna contribuzione all’ente previdenziale per il predetto periodo, neppure nella misura corrispondente al minimale contributivo. Presidente E. Mercurio, Relatore M. De Luca. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 24 gennaio 2006, Sentenza n. 1301

 

Lavoro - Previdenza - Infortuni sul lavoro - Agricoltura - Familiari dell’ imprenditore che prestano lavoro subordinato per il genitore. La Corte, con decisione per la quale non constano precedenti, ha esteso la tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro in agricoltura anche ai figli degli imprenditori che prestano lavoro subordinato per il genitore, onerando il richiedente la prestazione della prova della sussistenza dei requisiti del lavoro dipendente, onde superare la presunzione di gratuità che assiste le prestazioni lavorative infraparentali. Presidente S. Mattone, Relatore A. De Matteis. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 19 gennaio 2006, Sentenza n. 959

 

Lavoro - Previdenza - Contributi - Riscossione mediante ruolo - Termine di decadenza. La Corte, richiamando la giurisprudenza costituzionale, è intervenuta, per la prima volta, in tema di riscossione dei contributi mediante ruolo e di decadenza dall’iscrizione al ruolo, statuendo che, alla stregua di un’interpretazione conforme a Costituzione della disciplina transitoria recata dall’art. 36, sesto comma, del decreto legislativo n. 46 del 1999, deve escludersi la retroattività del termine di decadenza (v. Corte Cost. n. 191 del 2005, n. 446 del 2002, n. 416 del 1999). Presidente S. Mattone, Relatore M. La Terza CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 17 gennaio 2006, Sentenza n. 781

 

Lavoro - Invalidi civili - Assistenza pubblica - Procedimenti giurisdizionali concernenti pensioni, assegni e indennita' introdotti prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003 - Legittimazione passiva. La Corte, dando continuità agli orientamenti espressi con le sentenze nn. 15347, 15607, 17070 del 2004, conferma che nei procedimenti giurisdizionali concernenti pensioni, assegni e indennità spettanti agli invalidi civili e posti a carico dell’apposito fondo di gestione istituito presso l’INPS, introdotti anteriormente all’entrata in vigore del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito in legge n. 326 del 2003, la legittimazione passiva non spetta alle regioni, ancorché titolari delle competenze amministrative relative alla “concessione” dei benefici, ma unicamente - fatta salva la legittimazione del Ministero dell’economia e delle finanze per le controversie di cui all’art. 37, commi 5 e 6, della legge n. 448 del 1998 - all’INPS, sia per le azioni di accertamento e condanna, sia per quelle di mero accertamento del diritto (di “concessione” del trattamento), e ciò ai sensi delle disposizioni dell’art. 130 d.lgs. n. 112 del 1998, non modificate, sul punto, dalla successiva normativa statale, fatti salvi gli eventuali interventi legislativi delle regioni in materia di invalidità civile, nell’esercizio delle competenze attribuite dal nuovo testo dell’art. 117 Cost.. Presidente E. Mercurio, Relatore P. Picone. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 16 gennaio 2006, Sentenza n. 748

 

Lavoro subordinato - Lettori di lingua straniera - Mobilita' ed esubero dei dipendenti della p.a. - Inapplicabilita'. Hanno natura privatistica dei rapporti fra le università e i lettori di lingua straniera, di cui al d.P.R. n. 382 del 1980, e i collaboratori ed esperti linguistici, di cui al decreto-legge n. 120 del 1995, convertito in legge n. 236 del 1995, escludendo l’estensione delle norme in tema di mobilità ed esubero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ricadendo, dette disposizioni, interamente nell’ambito dell’ordinamento speciale di fonte pubblicistica. Presidente S. Senese, Relatore F. Miani Canevari CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, del 12 gennaio 2006 Sentenza n. 430

 

Lavoro - Previdenza - Avvocato - Cassa di previdenza - Unione europea. L’avvocato, cittadino di un paese dell’Unione Europea, iscritto ad un Albo italiano degli avvocati e all’Albo degli avvocati nel paese di provenienza e alla relativa Cassa di previdenza, non ha alcun obbligo di comunicazione, alla Cassa di Previdenza italiana, dell’ammontare del reddito professionale. Presidente S. Senese, Relatore G. Amoroso CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, dell'11 gennaio 2006, Sentenza n. 233

 

Lavoro subordinato - Denunzia all'autorià giudiziaria dell'illecito penale commesso dal dipendente - Contestazione dell'addebito in sede disciplinare dopo la definizione del processo penale. Il datore di lavoro che ha notizia di un illecito penale commesso dal dipendente e lo denunzia all’autorità giudiziaria deve, nel contempo, contestare l’addebito in sede disciplinare. La contestazione eseguita dopo la definizione del processo penale deve ritenersi tardiva, se non si è provveduto alla sospensione cautelare del dipendente. Presidente V. Mileo , Relatore F. Curcuruto. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, dell'11 gennaio 2006, Sentenza n. 241

 

Lavoro - Previdenza - Contributi assicurativi - Retribuzione imponibile - Minimale retributivo ai fini contributivi - Part-time - Sistematico ricorso a prestazioni oltre l'orario pattuito. La Corte, con decisione per la quale non constano precedenti specifici, ha ritenuto che, ove un contratto part-time sia stato regolarmente stipulato per iscritto, ma nella fase della sua attuazione presenti il sistematico ricorso a prestazioni eccedenti l’orario pattuito, non competono al datore di lavoro le agevolazioni contributive di cui all’art. 5, comma 2, del decreto legge n. 726 del 1984, convertito in legge n. 863 del 1984, e successive modificazioni, così richiamandosi i principi enunciati, in tema di contratto di lavoro a tempo parziale, da Cass., sez.un., n. 12269 del 2004 e da Corte cost. n. 210 del 1992. Presidente S. Mattone , Relatore V. Di Nubila. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 10 gennaio 2006, Sentenza n. 168

 

Lavoro - Giudizio di cassazione - Ricorso - Forma e contenuto - Esposizione sommaria - Rinvio alla sentenza impugnata - Motivazione carente e insufficiente - Nullità della sentenza - Prevalenza sulla inammissibilità del ricorso. Il disposto dell'art. 366, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l'esposizione sommaria dei fatti di causa, risponde non ad un'esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e processuali, sicché tale prescrizione può ritenersi osservata quando nel ricorso sia stata integralmente riportata l'esposizione dei fatti di causa contenuta nella sentenza impugnata. Tuttavia, ove dal contesto complessivo dell’atto non sono enucleabili i motivi in fatto e in diritto della decisione ( nella specie, concernente sanzioni amministrative per violazioni in materia di lavoro e previdenza, le violazioni ascritte alle parti private, il complessivo numero dei partecipanti all’attività della cooperativa, la loro rispettiva veste giuridica di socio, socio lavoratore, lavoratore, ecc.), si impone la dichiarazione di nullità della sentenza impugnata, prevalendo, il relativo vizio, sulla inammissibilità del ricorso. Presidente S. Mattone , Relatore G. Celerino. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 10 gennaio 2006, Sentenza n. 164

 

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

(N.B.: queste pagine continueranno ad essere aggiornate)