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Giurisprudenza

 

Lavoro

2003

(Vedi anche le voci: inquinamento - sicurezza - aria - suolo - P.A.)

 

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-96

 

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Lavoro - Dipendenti del servizio sanitario nazionale - Trattamento economico - Mansioni di aiuto medico preposto ad una sezione autonoma di specialità - Rilevanza retributiva - Dopo D.P.R. n. 761/1979 - Esclusione. Gli aiuti medici preposti ad una sezione autonoma di specialità, dopo l’entrata in vigore del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, che ha cristallizzato le qualifiche funzionali dei medici in quelle tipiche di primario, aiuto e assistente, non assumono una posizione equiparabile a quella primariale né ai fini giuridici né ai fini economici (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 luglio 1994, n. 741). Ne deriva che, mentre la qualifica di aiuto capo di sezione ospedaliera autonoma, prevista dall'art. 9 D.P.R. 27 marzo 1969 n. 128, identificava, prima dell'entrata in vigore del d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, una posizione di livello funzionale e retributivo superiore a quello dell'aiuto ma inferiore a quella del primario, dopo l'istituzione dei S.s.n. la qualifica anzidetta non individua più una categoria nell'ambito del personale ospedaliero ed è venuta meno anche la differenziazione retributiva rispetto al relativo trattamento, tanto che il suo conseguimento risponde solo ad un interesse morale e professionale del sanitario, dando risalto alle specialità della funzione in riferimento a quelle ordinariamente svolte dagli aiuti e per l'influenza che ne può derivare ai fini della progressione in carriera (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2000, n. 944; Cons. Stato, Sez. V, 13 marzo 2000, n. 1312). CONSIGLIO DI STATO sez. V, 31 dicembre 2003, sentenza n. 9277

 

Lavoro - Dirigenti - Compenso per lavoro straordinario. Con la sentenza di primo grado n. 4078/2001 il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sez. III, ha respinto il ricorso dell’interessato concernente la mancata corresponsione di somme per lo svolgimento di funzioni dirigenziali (il ricorrente era libero professionista assunto a tempo determinato dal Commissario straordinario per l’attuazione del programma di cui alla legge n. 219/1981 con assegnate funzioni dirigenziali). Il Consiglio di Stato riforma la decisione di primo grado ritenendo sussistente una contraddittorietà nel comportamento dell’amministrazione ìnsita nella maggiorazione riconosciuta unicamente per il forfettizzato compenso per lavoro straordinario e non per lo stipendio-base. CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 30 dicembre 2003, sentenza n. 9161

 

Lavoro - Giurisdizione - Iscrizione dei lavoratori nelle liste del collocamento obbligatorio - Grado di invalidità del privato. La sezione ribadisce che le controversie concernenti l’iscrizione dei lavoratori nelle liste del collocamento obbligatorio, come anche l’accertamento dell’effettivo grado di invalidità del privato, riguardando diritti soggettivi perfetti, spettano all’autorità giudiziaria ordinaria (sezione VI, 2 febbraio 2001, n. 428 e sezione V, 16 marzo 1999, n. 269). CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 23 dicembre 2003, sentenza n. 8509

 

Lavoro - Lavoro subordinato - Distinzione tra lavoro subordinato ed associativo - Elementi - Partecipazione dell'associato al rischio di impresa. In tema di distinzione fra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione legata agli utili dell'impresa, l'elemento differenziale tra le 2 fattispecie risiede nel contesto regolamentare pattizio in cui si inserisce l'apporto della prestazione lavorativa, dovendosi verificare l'autenticità del rapporto di associazione, che ha come elemento essenziale, connotante la causa, la partecipazione dell'associato al rischio di impresa, dovendo egli partecipare sia agli utili che alle perdite nella specie, relativa a opposizione a sanzioni amministrative per evasioni contributive, (la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che, alla luce di ulteriori elementi caratterizzanti il contratto di associazione, quali il controllo della gestione dell'impresa da parte dell'associato ed periodi rendiconto dell'associante e della circostanza che gli associati, già dipendenti con rapporto di lavoro subordinato, avevano continuato a svolgere la loro attività lavorativa, con le modalità precedenti, aveva escluso la sussistenza dell'associazione in partecipazione). CORTE DI CASSAZIONE del 19 dicembre 2003, sentenza n. 19475

 

Lavoro - Dipendenti della pubblica amministrazione in genere - Mansioni superiori. Il Collegio conferma consolidati principi in base ai quali: a) a meno che non via sia una specifica disposizione di legge che disponga altrimenti, lo svolgimento in via di mero fatto di mansioni superiori da parte del pubblico dipendente, rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento, costituisce circostanza irrilevante, oltre che ai fini della progressione in carriera, anche ai fini economici, non essendo sotto tale aspetto il rapporto di pubblico impiego assimilabile al rapporto di lavoro privato, sia perché gli interessi pubblici coinvolti sono di natura indisponibile, sia, comunque, perché l’attribuzione di mansioni superiori e del correlativo trattamento economico devono avere il loro presupposto indeffettibile nel provvedimento di inquadramento.(cfr., tra le tante, Sez. VI, 8.1.2003, n. 17; 19.9.2000, n. 4871; 22.8.2000, n. 4553; 11.7.2000, n. 3882; Ad. Pl. 23.2.2000 n. 11); b) la domanda volta ad ottenere una retribuzione superiore a quella riconosciuta dalla normativa applicabile non può essere basata sull’art. 36 Cost., che afferma il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato; tale norma, infatti, non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli previsti dall’art. 98 Cost. (che, nel disporre che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio) e quali quelli previsti dall’art. 97 Cost., contrastando l’esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita, con il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità dei funzionari (cfr. Sez. VI, 19.9.2000, n. 4871; Sez. VI, 11.7.2000, n. 3882; Sez. VI, 15.5. 2000, n. 2785; Ad. Plen. 18.11.1999, n. 22); c) per effetto degli artt. 51 e 97 Cost. le attribuzioni delle mansioni e del relativo trattamento economico non possono essere oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi (cfr. Sez. VI, 8.1.2003, n. 17; 19.9.2000, n. 4871; Sez. VI, 11.7. 2000, n. 3882; Ad Pl. 23.2.2000, n. 11); d) Il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori da parte dei pubblici dipendenti va riconosciuto con carattere di generalità soltanto a decorrere dall’entrata in vigore del D.Lgs. 29.10.1998, n. 387, che con l’art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina dell’art. 56 D.lgs. 3.2.1993 n. 29, atteso che, prima di tale data, nel settore del pubblico impiego,salvo diversa disposizione di legge, le mansioni svolte da un pubblico dipendente erano del tutto irrilevanti ai fini della progressione di carriera ovvero dell’emanazione di un provvedimento di preposizione ad un ufficio.(cfr., tra le tante, Cons. St., Ad. Plen.23.2.2000, n. 11; Sez. VI 8.1.2003, n. 17; 27.11.2001, n. 5858; 7.5.2001, n. 2520) CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 19 dicembre 2003, sentenza n. 8347

 

Lavoro - Procedimento disciplinare - Sospensione cautelare dal servizio - Eccedenza rispetto alla sospensione disciplinare successivamente irrogata - Restitutio in integrum - Spettanza. In primo grado il ricorrente - dipendente comunale con la qualifica di vigile urbano - ha chiesto l’annullamento della deliberazione di giunta di rigetto della sua domanda di corresponsione degli assegni non percepiti durante il periodo di sospensione cautelare dal servizio per il tempo eccedente la sanzione disciplinare irrogata. Il ricorrente, infatti, sottoposto a procedimento penale, era stato, nelle more, sospeso cautelativamente dal servizio dapprima per gravi motivi, successivamente per pendenza di procedimento penale per reati di particolare gravità, ed, in ultimo, fino alla definizione della vicenda penale. Il procedimento disciplinare, intrapreso dall’ente locale, era rimasto dunque per lungo tempo sospeso, fino alla irrevocabilità della condanna penale. A questo punto il Comune aveva riaperto il procedimento disciplinare ed aveva irrogato la sanzione della sospensione della qualifica per sei mesi. L’adito TAR Friuli - Venezia Giulia accoglieva il ricorso. Il Consiglio di Stato conferma tale decisione sul rilievo che, nel rapporto tra gli art. 96 e 97 del D.P.R. n. 3/57, la disposizione dell’art. 97, che prevede il diritto dell’impiegato sospeso alla restituzione degli assegni non percepiti solo qualora sia stato prosciolto o assolto con sentenza passata in giudicato perché il fatto non sussiste o l’impiegato non lo ha commesso, non è applicabile con carattere di generalità a tutti i casi di sospensione del procedimento disciplinare per procedimento penale. Esso, invece, opera quando il procedimento disciplinare, una volta iniziato, sia rimasto sospeso per la pendenza del procedimento penale e non si è mai concluso per l’intervenuta assoluzione dell’impiegato cautelarmene sospeso, per cui il venir meno della giustificazione della misura cautelare comporta la completa restituito in integrum. Ma non si applica al caso, quale quello in esame, di eccedenza della sospensione cautelare subita rispetto alla sospensione disciplinare alfine irrogata dopo la sentenza di condanna che ha chiuso il procedimento penale. Tale ipotesi trova disciplina nell’art. 96, che stabilisce la restituito in integrum per il periodo di sospensione cautelare eccedente quello di sospensione dalla qualifica o di altra minor sanzione, con norma di carattere generale, comprendente anche le ipotesi di procedimento penale con successiva condanna, imponendo l’erogazione degli emolumenti non percepiti per la parte non coperta dalla sanzione disciplinare irrogata (adunanza plenaria, 2 maggio 2002, n. 4, nonché n. 8 del 6 marzo 1997 e n. 15 del 16 giugno 1999). Viene dunque disattesa la tesi più rigorista, a mente della quale l’interruzione del rapporto sinallagmatico nel rapporto di servizio dei dipendenti pubblici dovuta alla sospensione cautelare in relazione all’instaurazione di un procedimento penale nei confronti di un dipendente pubblico è conseguenza diretta dell’illecito del dipendente e non è in alcun modo imputabile all’Amministrazione, che ne subisce gli effetti in forza di un fatto esterno al rapporto di servizio, per cui, al di fuori dell’ipotesi specificamente disciplinata dall’art. 97 del D.P.R. 3/57, nei casi di condanna nulla spetterebbe al dipendente sospeso cautelarmente dal servizio per il periodo di durata della sospensione cautelare. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 18 dicembre 2003, sentenza n. 8340

 

Concorso a pubblico impiego - Assunzione - E’ interesse legittimo e non diritto soggettivo del vincitore - L’amministrazione può annullare le procedure d’assunzione in caso di sopravvenienza di circostanze preclusive. Il vincitore di un concorso a pubblici impieghi vanta non un diritto soggettivo perfetto, bensì un interesse legittimo all'assunzione, in considerazione del rilievo secondo cui l'assunzione è rimessa a puntuali atti formali degli organi competenti ed espressione della potestà organizzatoria della pubblica amministrazione datrice di lavoro (Cons. Stato, Sez.V, 19/03/2001, n. 1632). Detto diversamente l'assunzione del vincitore di un concorso a pubblici impieghi, che costituisce una manifestazione della potestà organizzatoria dell’amministrazione datrice di lavoro, non costituisce di per sè un obbligo, giacchè, se nelle more del completamento del procedimento amministrativo concorsuale sopravvengano circostanze preclusive di natura normativa (per esempio, un blocco generalizzato delle assunzioni), organizzativa (per esempio, riordino delle dotazioni organiche) o anche solo finanziaria (per esempio, per difetto di copertura), la pubblica amministrazione può paralizzare o, se del caso, anche annullare la procedura stessa, salvo l'ovvio controllo giurisdizionale sulla congruità e la correttezza delle scelte in concreto operate. Pres. Frascione - Est. Corradino - Azienda ospedaliera di Ferrara (Avv. Solazzi) c. Raimondi (Avv.ti Caligiuri e Bogino) CONSIGLIO DI STATO, Sez.V - 18 dicembre 2003, n. 8337

 

Lavoro - Mansioni superiori - Differenze retributive - Presupposti e condizioni. La sentenza ricapitola, con utile sintesi, le posizioni consolidate della giurisprudenza amministrativa sulla questione della retribuibilità delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico ribadendo che per la retribuibilità occorrono non solo un'espressa previsione normativa ma anche altri tre presupposti e cioè un preventivo provvedimento di incarico, salvo gli obblighi sostitutivi posti dall'art. 7 D.P.R. 27.3.1969 n. 128 limitatamente al personale medico con qualifica di aiuto per la sostituzione del primario (V. Corte cost. 19.6.1990 n. 296; Sez. V, n. 1431 dell'11.12.1992, n 1514 del 30.10.1995, n. 1723 del 15.12.1995, n. 614 del 5.6.1997 e n. 282 del 17.1.2000), la disponibilità del relativo posto in organico (Sez. V n. 1447 del 12.10.1999, sez. VI n. 1119 del 18.7.1977, A.P. n. 22 del 18.11.1999), e che l’incarico concerna mansioni della qualifica immediatamente superiore (sez. V, n. 1188 del 27.9.1999), come del resto recentemente confermato dall'art. 52 D. L.vo 30.3.2001 n. 165. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 18 dicembre 2003, sentenza n. 8336

 

Lavoro - Nullità del rapporto - Differenze retributive - Mancata impugnazione singoli atti d’incarico - Esclusione. La controversia si origina dalla domanda della ricorrente volta ad ottenere le differenze retributive in relazione al rapporto d’impiego di fatto intercorso con un comune dal 1978 al 1986 (incarico di accompagno e vigilanza presso le scuole elementari, espletato sulla base di delibere della giunta municipale per la durata di ciascun anno scolastico e per tre ore al giorno, con uno stipendio inferiore a quello dovuto). In primo grado il TAR, pur avendo qualificato il rapporto come di pubblico impiego di fatto, ha respinto la domanda economica. Il Consiglio di Stato conferma la prima pronuncia e nega il diritto della ricorrente al conseguimento delle differenze retributive per la mancata tempestiva impugnazione dei formali provvedimenti con i quali le erano stati conferiti i vari incarichi temporanei con determinazione del relativo trattamento economico spettante. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 18 dicembre 2003, sentenza n. 8329

 

Lavoro - Trattamento economico - Accordi collettivi - Effetti giuridici ed economici - Diversa decorrenza - Possibilità - Effetti - Fattispecie. Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza di primo grado, nega al ricorrente, già dipendente comunale in pensione, i benefici economici previsti dall’accordo per i dipendenti degli Enti locali recepito con D.P.R. 13.5.1987 n. 268, relativo al triennio 1985-87, sul rilievo che il ricorrente era stato collocato a riposo un mese prima della decorrenza degli effetti economici del suddetto nuovo accordo collettivo. Il Consiglio osserva che nella contrattazione relativa al pubblico impiego è frequente il caso in cui i nuovi livelli retributivi riconosciuti ai dipendenti vengono fatti decorrere da una certa data ai fini giuridici e da una data successiva ai fini economici (sez. VI, dec. n. 716 dell’8.10.1992). Ed è questa l’ipotesi che si è verificata con l’art. 1 dell’accordo per i dipendenti degli Enti locali recepito con D.P.R. 13.5.1987 n. 268, relativo al triennio 1985-87, con decorrenza degli effetti giuridici dal 1°.1.1985 e degli effetti economici dal 1°.1.1986. Né, aggiunge il giudice d’appello, una simile soluzione può considerarsi in contrasto con l’art. 13 L. 29.3.1983 n. 93, che prevede un’efficacia triennale dei contratti del pubblico impiego, i quali nel caso di mancato tempestivo rinnovo mantengono provvisoria efficacia sino alla stipulazione del nuovo contratto, con efficacia retroattiva poi del nuovo contratto una volta stipulato. Tale disposizione infatti non preclude una limitazione nel tempo degli effetti economici del nuovo contratto in relazione alle esigenze connesse alla copertura della relativa spesa. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 18 dicembre 2003, sentenza n. 8328

 

Lavoro - Indennità - Consiglio nazionale delle ricerche - Contratto di formazione e lavoro - L. n. 285/1977 - L. n. 14/1989. La Sezione respinge la domanda dell’interessato e conferma la sentenza di primo grado (relativa al mancato riconoscimento, ai fini previdenziali e di quiescenza, del servizio svolto presso il Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.) a seguito della conclusione di contratti di formazione e lavoro nel settore della ricerca scientifica, ai sensi dell’articolo 26 della legge 1 giugno 1977, n. 285). La Sezione - pur dando atto dell’orientamento della Corte di Cassazione (cfr., Sez. un., 1° ottobre 1987, n. 7336) che configura il rapporto instauratosi fra il C.N.R. e gli assegnisti, a seguito della conclusione dei contratti di formazione e lavoro e fino all’eventuale superamento della prova di idoneità, quale rapporto di impiego - afferma che (per le particolari caratteristiche) non si può ipotizzare una diretta estensione della generale disciplina del pubblico impiego e che devono essere applicati esclusivamente la legge n. 285 del 1977, la legge n. 14 del 1989 e il contratto di formazione e lavoro. La Sezione afferma, altresì, che: a) le previsioni degli articoli 9 e 10 della legge n. 285 del 1977 non sono applicabili ai contratti di formazione e lavoro stipulati dalle Amministrazioni statali e dagli enti pubblici funzionali (ma sono applicabili ai soli giovani assunti con contratti di formazione e lavoro, stipulati da datori di lavoro privati o da enti pubblici economici); b) anche la previsione dell’articolo 26, ultimo comma, della legge n. 285 del 1977, non sembra esprimere un principio generale, riferibile anche ai contratti di formazione e lavoro presso il C.N.R.; c) è escluso il riconoscimento dell’anzianità relativa al periodo di servizio pre-ruolo dalla data di assunzione con contratto di formazione e lavoro, anche ai fini del computo del trattamento di quiescenza (cfr., Ad. pl., 7 febbraio 1991, n. 1). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 15 dicembre 2003, sentenza n. 8231

 

Lavoro - Retribuzione individuale di anzianità - Interesse a ricorrere - Notificazione. La Sezione dichiara inammissibile l’appello (in quanto l’oggetto della controversia non era riferibile al Presidente del Consiglio dei Ministri essendo il Ministero della Difesa l’unica parte necessaria) e conferma la sentenza di primo grado (che ha accolto i ricorsi relativamente al diritto alla corresponsione della retribuzione individuale di anzianità, prevista dall’accordo collettivo valido per il triennio 1987 - 1990; art. 9, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 44/90). Il Consiglio di Stato - premettendo, comunque, che non vi è erroneità della notifica della decisione (fatta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica in persona del Ministro in carica, che non è un soggetto inesistente) - ribadisce che l'interesse a proporre impugnazione rappresenta una species dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e si correla alla soccombenza, cioè alla concreta statuizione della sentenza che nega ad una parte (respingendone una domanda o accogliendo le eccezioni della controparte) un bene della vita. CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 15 dicembre 2003, sentenza n. 8228

 

Lavoro - Lavoro subordinato, convivenze familiari e religiose - Prestazione lavorativa - Diritto canonico. L’attività didattica svolta dal religioso non alle dipendenze di terzi ma nell’ambito della propria congregazione e quale componente di essa, non costituisce prestazione lavorativa ai sensi dell’art. 2094 c.c., soggetta, come tale, alla disciplina sulla prestazione di lavoro subordinato, bensì opera di evangelizzazione, in adempimento dei fini della congregazione stessa e regolata esclusivamente dal diritto canonico ex artt. 1 e 2 della legge n. 810/1929 e 7 della Costituzione. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Lavoro del 2 dicembre 2002, sentenza n. 17096

 

Lavoro - Trattamento economico - Mansioni superiori di primario ospedaliero - Differenze retributive - Spettanza condizioni. La sentenza ribadisce e sintetizza l’attuale posizione del giudice d’appello sulla vexata quaestio della retribuibilità delle mansioni superiori svolte nell’ambito del comparto sanitario. Nel caso di specie si trattava della pretesa economica di un sanitario con la qualifica di aiuto che aveva svolto mansioni superiori di primario. In riforma della sentenza di rigetto del TAR Toscana, il Consiglio di Stato ribadisce che per la retribuibilità occorrono non solo un'espressa previsione normativa ma anche altri tre presupposti, e cioè un preventivo provvedimento di incarico, salvo gli obblighi sostitutivi posti dall'art. 7 d.P.R. 27.3.1969 n. 128 limitatamente al personale medico con qualifica di aiuto per la sostituzione del primario (V Corte cost. 19.6.1990 n. 296; Sez. V, n. 1431 dell'11.12.1992, n. 1514 del 30.10.1995, n. 1723 del 15.12.1995, n. 614 del 5.6.1997 e n. 282 del 17.1.2000), la disponibilità del relativo posto in organico (Sez. V n. 1447 del 12.10.1999, sez. VI n. 1119 del 18.7.1977, A.P. n. 22 del 18.11.1999), e che l’incarico concerna mansioni della qualifica immediatamente superiore (V la decisione di questa Sezione n. 1188 del 27.9.1999), come del resto recentemente confermato dall'art. 52 D. L.vo 30.3.2001 n. 165. Da notare la precisazione - da valere, peraltro, per il solo, speciale, caso dello svolgimento di funzioni superiori primariali - che non occorreva apposito provvedimento di incarico in quanto lo svolgimento delle funzioni primariali assume rilievo ai fini retributivi indipendentemente da ogni atto organizzativo dell’Amministrazione poiché non è concepibile che una struttura sanitaria affidata alla direzione del Primario resti priva dell’organo di vertice, che assume la responsabilità dell’attività esercitata nell’ambito della divisione (Cons. St., sez. V, n. 668 del 7.2.2000). Nello stesso senso cfr. sez. V, 29 luglio 2003, n. 4300. (Mass.Uff.) CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 1° dicembre 2003, sentenza n. 7824

 

Lavoro - Contratto di lavoro subordinato e conflitto d’interessi. Il conflitto d’interessi, se conosciuto o conoscibile dal terzo, rende annullabile il contratto concluso dal rappresentante su domanda del rappresentato, ricorre allorquando il primo sia portatore di interessi incompatibili con quelli del secondo. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Lavoro del 26 novembre 2002, sentenza n. 16708

 

Pubblica amministrazione - Inquadramento - Settima qualifica funzionale - c.d. unità operativa - dipendenti non docenti dell’università degli studi - art. 80 5º c. L. n. 312/1980 - Condizioni. Ai fini dell’inquadramento nella settima qualifica funzionale dei dipendenti non docenti dell’università degli studi, in conformità a quanto disposto dall’art. 80, 5º comma, l. 11 luglio 1980 n. 312, e dal d.p.c.m. 24 settembre 1981, è essenziale la comprovata sussistenza di due concorrenti condizioni, consistenti rispettivamente nell’espletamento delle funzioni di coordinamento e direzione di personale di collaborazione assegnato alla struttura organizzativa (c.d. unità operativa) della quale l’interessato è responsabile, nonché nella diretta esecuzione di procedure complesse, specialmente di quelle a frequente variabilità (sez. VI, 17 agosto 1999, n. 1071; sez. VI, 22 giugno 1999, n. 842; sez. VI, 17 maggio 1999, n. 648; sez. VI, 3 dicembre 1998, n. 1637; sez. VI, 20 gennaio 1998, n. 90; sez. VI, 30 settembre 1994, n. 1461; sez. VI, 28 aprile 1994, n. 593; sez. VI, 20 luglio 1993, n. 542; sez. VI, 26 marzo 1992, n. 191; sez. VI, 14 novembre 1991, n. 826; sez. VI, 13 febbraio 1991, n. 84). CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 24 novembre 2003, sentenza n. 7730

 

Riconoscimento della costituzione del rapporto di pubblico impiego - mancata impugnazione nel termine di decadenza dei provvedimenti. In materia di riconoscimento della costituzione del rapporto di impiego nel caso di una pluralità di rapporti a termine - secondo la quale la mancata impugnazione nel termine di decadenza dei provvedimenti con i quali l’amministrazione conferisce incarichi professionali, ripetutamente rinnovati, rende inammissibile il ricorso per l’accertamento della sussistenza del rapporto di impiego relativamente ai periodi di cui ai provvedimenti medesimi - (cfr. tra le dec. più recenti, C.d.S., Sez. V, 17.3.2003 n. 1368; 11.1.2002 n. 126; 2.4.2001 n. 1894), il giudice di primo grado - prescindendo anche dal considerare che, sempre secondo la citata giurisprudenza, solo la tempestiva impugnazione del provvedimento consentirebbe di procedere all’accertamento giudiziale del rapporto di pubblico impiego - ha ritenuto che la posizione della ricorrente potesse essere esaminata con decorrenza dalla data in cui le modalità di costituzione del rapporto erano state formalmente contestate. CONSIGLIO DI STATO sez. V 21 novembre 2003, n. 7601

 

Lavoro - Rapporto di subordinazione - Elementi della subordinazione. La caratteristica principale del rapporto di lavoro subordinato è la subordinazione intesa come vincolo di soggezione al potere direttivo del datore di lavoro, che deve estrinsecarsi nell’emanazione di ordini specifici, oltre che nell’esercizio di un’attività di vigilanza e controllo nell’esecuzione delle prestazioni lavorative, sia pure diversamente atteggiata rispetto alle loro peculiarità. CORTE DI CASSAZIONE, 19 novembre 2003, sentenza n. 17549

 

Lavoro - Contratto di lavoro subordinato nelle congregazioni religiose: requisito dell'onerosità. Ai fini della subordinazione, occorre che la prestazione venga retribuita: ciò non si configura nel caso di una religiosa che insegna e fa opere di assistenza all’interno di una congregazione religiosa, in conformità con le finalità della stessa. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Lavoro del 7 novembre 2003, sentenza n. 16774

 

Pubblico impiego - le funzioni superiori svolte di fatto dal pubblico dipendente - svolgimento di mansioni superiori - ordinamento sanitario. La giurisprudenza è da tempo pacificamente orientata nel senso che nel campo del pubblico impiego, salvo che esistano norme che dispongano diversamente, le funzioni superiori svolte di fatto dal pubblico dipendente sono del tutto irrilevanti sia ai fini della progressione in carriera, che a quelli economici. Ciò premesso va, peraltro, dato atto che nell’ordinamento sanitario l’art. 29 d.P.R. n. 761 del 1979 consente una variazione stipendiale conseguente allo svolgimento di mansioni superiori, purchè esse siano svolte in presenza di posto vacante e sulla base di un formale incarico proveniente dall’organo competente, senza che possano ritenersi equipollenti prese d’atto o riconoscimenti “ex post” da parte dell’amministrazione (su tale ultimo aspetto, cfr., in particolare, C.d.S. Sez. V, 13.4.200 n. 2211 e 29.5.2000 n. 3085 e Sez. VI, 22.8.2000 n. 4553). Consiglio di Stato - Sezione V, 21 Ottobre 2003, Sentenza n. 6510

 

Mansioni superiori - funzioni primariali da parte dell'aiuto - la responsabilità dell'attività esercitata nell'ambito della divisione - trattamento retributivo differenziale - le funzioni di primario all’esterno della struttura sanitaria - l’integrazione retributiva - limiti. Lo svolgimento delle funzioni primariali da parte dell'aiuto assume rilievo ai fini retributivi <<poichè non è concepibile che la struttura sanitaria affidata alla direzione del primario resti priva dell'organo di vertice, che assume la responsabilità dell'attività esercitata nell'ambito della divisione>> (Cons. Stato, Sez.V, 05/06/1997, n.614). Va inoltre ricordato che nell’accertare i giorni effettivamente lavorati dal sanitario svolgente mansioni superiori, le festività e i giorni di riposo settimanali non interrompono la necessaria continuità nell’esercizio delle predette funzioni, con la conseguenza che il relativo trattamento retributivo differenziale deve essere integralmente corrisposto anche per tali periodi, così come accade per tutti i casi in cui l’aiuto esercita le funzioni di primario all’esterno della struttura sanitaria, mentre non va concesso nel caso di congedo ordinario ed in tutte le ipotesi di congedo straordinario (Sez. V, 26 marzo 2001 n. 1722). Va infine confermato che l’integrazione retributiva non spetta per sessanta giorni di ciascun anno di applicazione alle mansioni superiori, secondo l’esplicita previsione dell’art. 29 del d.P.R. n. 761 del 1979. Consiglio di Stato - Sezione V, 15 Ottobre 2003, Sentenza n. 6303 (vedi: sentenza per esteso)

 

Lavoro - Rapporti tra diverse fonti normative in materia di pubblico impiego - Contrattazione collettiva - Inquadramento - Retribuzione. L’art. 2, comma 2°, periodo 2°, del D. Lgs. 165/2001, il quale ha attribuito espressamente alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare a leggi, regolamenti e statuti, mentre prevede che solo la legge possa sottrarre le proprie norme alla derogabilità, disponendo espressamente in senso contrario; l’art. 8, secondo comma della Legge 124/99, che non contiene alcuna previsione espressa della sua inderogabilità, è stato implicitamente derogato dall’accordo collettivo stipulato il 20.7.1999 tra l’ARAN e le OO.SS., il cui art. 3 ha disposto che l’inquadramento del predetti personale avvenga in base al solo maturato economico e non in base alla effettiva anzianità di servizio: in applicazione di tale accordo, deve pertanto essere escluso il diritto del personale ATA transitato dall’ente locale allo stato a vedersi riconoscere, nel comparto scuola, l’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza e le conseguenti differenze retributive. Contra: Tribunale di Milano, 23 aprile 2002. Corte d’Appello di Torino, Sezione Lavoro 2003 sentenza n. n. 877

 

L'inquadramento dei dipendenti delle aziende di unità sanitaria locale - presupposti - Asl - funzioni superiori - l’assenza del presupposto del posto vacante. Risulta inconferente il richiamo all’art. 1 l. n. 207/1985, posto che, come chiarito da questo Consesso ai fini dell'inquadramento dei dipendenti delle aziende di unità sanitaria locale - Asl, previsto dall'art. 1, comma 1, l. 20 maggio 1985 n. 207 (recante la disciplina transitoria per l'inquadramento diretto nei ruoli nominativi regionali del personale non di ruolo delle unità sanitarie locali), è necessario, oltre al presupposto della vacanza del posto da coprire, che le funzioni superiori svolte dall'interessato siano state conferite al dipendente con incarico formale da parte del comitato di gestione (Cons. Stato, Sez. IV, 21/06/2001, n. 3335). Orbene, prescindendo dal profilo dell’incarico formale, l’assenza del presupposto del posto vacante impedisce l’applicazione della disposizione de qua. Consiglio di Stato - Sezione V, 15 Ottobre 2003, Sentenza n. 6294

La retribuibilità delle mansioni superiori svolte da un sanitario di unità sanitaria locale - requisiti - formali provvedimenti di incarico - l'effettivo espletamento delle funzioni corrispondenti al posto vacante.
La retribuibilità delle mansioni superiori svolte da un sanitario di unità sanitaria locale non è necessariamente subordinata a formali provvedimenti di incarico, essendo sufficiente la puntuale dimostrazione dell'effettivo espletamento delle funzioni corrispondenti al posto vacante; tuttavia, nel caso di mancanza di un provvedimento formale di assegnazione alle predette mansioni, è sempre indefettibile, quanto meno, l'accertamento di una puntuale disposizione impartita dagli organi competenti dell'amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, 07/02/2000, n. 668). Dunque, requisiti indispensabili per la retribuibilità delle mansioni superiori svolte nell’ambito sanitario sono la riferibilità ad un posto previsto in pianta organica vacante e disponibile (o il cui titolare sia assente con diritto alla conservazione del posto), la presenza di un atto formale di incarico emanato dall'organo competente (o, quanto meno, l'accertamento di una puntuale disposizione impartita dagli organi competenti dell'amministrazione) e la prova dell'effettivo svolgimento di mansioni superiori (cfr. anche Cons. Stato, Sez. V, 08/04/1999, n. 390). Consiglio di Stato - Sezione V, 15 Ottobre 2003, Sentenza n. 6294

Il trasferimento del dirigente di una rappresentanza sindacale aziendale è consentito solo previo nulla - osta dell'associazione sindacale di appartenenza - la garanzia posta dall'art. 22 l. 20 maggio 1970 n. 300 - diritto a fruire dei permessi previsti all'espletamento del loro mandato. Come chiarito da Cass. civ., Sez.lav., 19/11/1997, n.11521 (cfr. anche Cass. civ., Sez.lav., 03/09/1991, n.9329), <<la garanzia posta dall'art. 22 l. 20 maggio 1970 n. 300 - per cui il trasferimento del dirigente di una rappresentanza sindacale aziendale è consentito solo previo nulla - osta dell'associazione sindacale di appartenenza - riguarda i lavoratori che, a prescindere dalla qualificazione meramente nominalistica della loro posizione nell'organismo sindacale suddetto, svolgano, per le specifiche funzioni da essi espletate, un'attività tale da poterli far considerare responsabili della conduzione della rappresentanza sindacale; la norma ha come destinatari gli stessi dirigenti titolari del diritto a fruire dei permessi previsti dall'art. 23 della stessa legge, trattandosi di coloro che per la qualità corrispondente al loro incarico debbono provvedere all'espletamento del loro mandato eseguendo le deliberazioni delle rispettive rappresentanze nonchè trattando con i terzi o con il datore di lavoro>>. Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2003, Sentenza n. 6314

 

Comportamento antisindacale - la possibilità, anche astratta, di costituire un ostacolo o un danno all'organizzazione sindacale - trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali - nulla osta delle associazioni sindacali - limitazioni alla libertà e all'attività sindacale. Il comportamento può essere ritenuto antisindacale ogniqualvolta rappresenti, in primo luogo, uno strumento per ostacolare il corretto modo di essere e di agire del sindacato essendo necessario accertare la sua possibilità, anche astratta, di costituire un ostacolo o un danno all'organizzazione sindacale. Come stabilito dalla Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez.lav., 17/02/1987, n.1713) in tema di comportamento antisindacale del datore di lavoro, ancorché non siano integrati i presupposti previsti dall'art. 22 stat. lav. che richiede il previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza per il trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali, il trasferimento all'interno dell'azienda di un rappresentante sindacale può essere lesivo degli interessi collettivi tutelati dall'art. 28 st. lav. e, quindi, essere represso con la procedura da tale ultima norma prevista, ove risulti provato il fine antisindacale perseguito dal datore di lavoro in quanto causalmente idoneo a determinare limitazioni alla libertà e all'attività sindacale. Nè d’altra parte nel caso di specie è ravvisabile l’esigenza di regolarità del servizio che, secondo una parte della giurisprudenza (Cons. Stato Sez. IV n. 510/1998), rende non necessario il nulla osta. Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2003, Sentenza n. 6314

Gli estremi della condotta antisindacale - l'obiettiva idoneità della condotta denunciata - la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero. Per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all'art. 28 l. 20 maggio 1970 n. 300 è sufficiente che tale comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro nè nel caso di condotte tipizzate perchè consistenti nell'illegittimo diniego di prerogative sindacali (quali il diritto di assemblea, il diritto delle rappresentanze sindacali aziendali a locali idonei allo svolgimento delle loro funzioni, il diritto ai permessi sindacali), nè nel caso di condotte non tipizzate ed in astratto lecite, ma in concreto oggettivamente idonee, nel risultato, a limitare la libertà sindacale, sicchè ciò che il giudice deve accertare è l'obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l'effetto che la disposizione citata intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero. (Cass. civ., Sez.un., 12/06/1997, n.5295). Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2003, Sentenza n. 6314

 

Destituzione dal rapporto di pubblico impiego - recesso dal contratto - scioglimento del rapporto. Il recesso dal contratto (e il relativo procedimento applicativo) non appare, istituto di maggiore gravità rispetto alla destituzione dal rapporto di pubblico impiego, in quanto si tratta, comunque, in entrambi i casi, di determinazioni volte a sciogliere il rapporto (sul punto, cfr. Sez.. V, n.1517 del 2001). Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2003, Sentenza n. 6313

La legittimità di un provvedimento amministrativo - causa di invalidità per effetto di eventi verificatisi successivamente alla sua emanazione. La legittimità di un provvedimento amministrativo va valutata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, non potendo quest’ultimo acquisire una causa di invalidità per effetto di eventi verificatisi successivamente alla sua emanazione (Cons. Stato, Sez. IV, 30/09/2002, n. 4994; v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 02/04/2002, n. 1815; Cons. Stato, Sez. IV, 26/09/2001, n. 5077 ; Cons. Stato, Sez. IV, 03/03/2000, n. 1126 ; Cons. Stato, Sez. IV, 03/03/1997, n. 181;Cons. Giust. Amm. Sic., Sez. Consult.,15/06/1993, n. 316; Cons. Giust. Amm. Sic., 10/05/1988, n. 87 ;Cass. Civ., Sez. I, 29/12/1994, n. 11268). Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2003, Sentenza n. 6309

La sanzione disciplinare - norme sulla competenza. In materia disciplinare, le norme sulla competenza sono di regola quelle vigenti al momento in cui viene assunta la sanzione disciplinare; tale regola generale può essere derogata solo ed esclusivamente nell’ipotesi in cui “ai fini dell’individuazione della disposizione sanzionatoria più favorevole, gli istituti procedimentali preesistenti ad essa collegabili influiscano nel dare alla disposizione un carattere di diverso rigore, in senso vantaggioso” (Cons. Stato, Sez. VI, 31/07/1987, n. 503). Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2003, Sentenza n. 6309

 

I crediti connessi ad un rapporto di lavoro - principio della cumulabilità fra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria - crediti previdenziali e retributivi tardivamente corrisposti - il divieto del cumulo tra interessi e rivalutazione - limiti. La disciplina dettata dal’art. 429, comma 3, c.p.c. riferito, secondo la giurisprudenza, a tutti i crediti connessi ad un rapporto di lavoro, prevede l’applicazione del principio della cumulabilità fra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, fino all’entrata in vigore dell’art. 16, comma 6, L. 30 dicembre 1991, n. 412, e dell’art. 22, comma 36, L. 23 dicembre 1994, n. 724, norme che hanno stabilito, rispettivamente per i crediti previdenziali e per quelli retributivi tardivamente corrisposti, che l’importo degli interessi sia portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a titolo di rivalutazione monetaria. Il divieto del cumulo tra interessi e rivalutazione, sancito, come appena visto, dalle suindicate disposizioni, non si applica, infatti, per giurisprudenza pacifica e costante (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1062 del 2001; Cons. Stato, sez. VI, n. 5091 del 2002; Cons. Stato, sez. IV, 21.5.02, n. 5948), ai crediti maturati prima dell’entrata in vigore di dette norme, ed in particolare, con riguardo al caso di specie relativo a crediti di natura retributiva, della L. 724 del 1994, in vigore dal 1/1/95. Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2003, Sentenza n. 6307 (vedi: sentenza per esteso)


Rivalutazione ed interessi - rivalutazione monetaria del credito di lavoro. Rivalutazione ed interessi, non possono essere inglobati ab origine nel contenuto del credito. In particolare, la rivalutazione monetaria del credito di lavoro assolve, rispetto alla prestazione dovuta, ad una funzione accessoria, parallela a quella degli interesi, con i quali concorre nella funzione globalmente riparatoria. Detti elementi accessori devono, dunque, essere computati separatamente sulla somma capitale, in quanto l’opposto criterio del calcolo degli interessi sul capitale rivalutato comporterebbe un’inammissibile duplicazione (così, Cons. Stato, sez. VI, n. 996 del 2002; cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 20.5.2002, n. 2715). Consiglio di Stato, Sez. V, 15 ottobre 2003, Sentenza n. 6307 (vedi: sentenza per esteso)

 

Qualifiche funzionali - reinquadramento - diritto agli interessi ed alla rivalutazione - retroattività - provvedimento che determina in modo compiuto e completo il nuovo status giuridico ed economico - determinatezza dell’inquadramento. La data di maturazione del diritto agli interessi ed alla rivalutazione trae origine dalla dimostrata tardività nella corresponsione degli emolumenti dovuti. E tali emolumenti sono dovuti dalla data di adozione della delibera che determina in modo compiuto e completo la nuova posizione giuridica ed economica. La retroattività di tale determinazione opera solo se il provvedimento che ridetermina lo status è congegnato in modo tale da consentire, anche in sede di accertamento giurisdizionale, di far retroagire tale status; di retrodatare cioè il riconoscimento del nuovo trattamento al momento in cui profili funzionali e corrispondenti profili economici fossero già contestualmente presenti e definiti, in modo tale da dar luogo al nuovo inquadramento, in tutti i suoi elementi costitutivi. In sostanza, il comportamento lesivo della PA si configura sotto il profilo del ritardo comunque non giustificato, solo a partire dalla data dell'inquadramento (Cons. di Stato, IV Sez., n.1406/2001). Ma tale inquadramento risulta completo solo nel momento in cui tutti gli elementi che lo compongono sono determinati e determinabili. Consiglio di Stato, Sez. V, 9 ottobre 2003, n. 6041
 

Concorso pubblico a posti di ricercatore universitario - insufficienza del solo punteggio - garanzia di un sindacato giurisdizionale sull’esercizio del potere amministrativo. In ordine ad un concorso pubblico a posti di ricercatore universitario, deve essere reso percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell’apprezzamento sinteticamente espresso con l’indicazione numerica. L’obbligo di far luogo alla motivazione delle valutazioni concorsuali o di gara è imposto dalla necessità di tener fede al principio, affermato a livello costituzionale, che vuole sempre garantita la possibilità di un sindacato giurisdizionale sull’esercizio del potere, non escluso circa i profili della ragionevolezza, della coerenza e della logicità delle stesse valutazioni: controllo difficile da assicurare in presenza del solo punteggio numerico e in assenza, quindi, di una pur sintetica o implicita esternazione delle ragioni che hanno indotto alla formulazione di un giudizio negativo. Consiglio di Stato, Sez. V, 6 ottobre 2003, sent. n. 5899 (vedi: sentenza per esteso)

Omesso versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali e mancata retribuzione - configurabilità del reato di appropriazione indebita. Per la configurabilità del reato di appropriazione indebita riscontrabile nell'omesso versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, occorre verificare se la retribuzione è stata corrisposta ai dipendenti. Corte di Cassazione sezioni Unite 2003 sentenza n. 27641

La direzione generale di un’azienda sanitaria locale - valutazioni discrezionali dell’amministrazione nei cui confronti l’interessato - posizioni di diritto soggettivo - inesistenza - interesse legittimo - tutela davanti al giudice amministrativo. Secondo principi già affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (IV, 16.9.1999, n. 1463, in fattispecie concernente l’A.S.L. di Cosenza), condivisi dalla Corte di Cassazione (SS.UU., 23.4.1998, n. 4215, in fattispecie analoga su ricorso della Regione Calabria), la mancata conferma da parte della Regione dell’incarico di direzione generale di un’azienda sanitaria locale a seguito della verifica dei risultati amministrativi e di gestione prevista dall’art. 1 del, comma 6, del D.L. 27.8.1994, n. 512, convertito nella legge 17.10.1994, n. 590, come già l’originario atto di nomina, consegue ad un procedimento caratterizzato da valutazioni discrezionali dell’amministrazione nei cui confronti l’interessato non vanta posizioni di diritto soggettivo ma solo di interesse legittimo tutelabili davanti al giudice amministrativo. Consiglio di Stato Sezione V - 3 ottobre 2003, Sentenza n. 5746

 

La ricostruzione della carriera - decorrenza degli interessi legali e della rivoluzione monetaria - decorrenza. La decorrenza degli interessi legali e della rivoluzione monetaria interviene dalla data del provvedimento di ricostruzione della carriera dal punto di vista giuridico ed economico ancorchè avente decorrenza retroattiva. (in giurisprudenza V. le decisioni di questo Consiglio, sez. IV n.1398 del 12.3.2001 e sez. VI n.1454 del 12.3.2002). Consiglio di Stato - Sezione V, 1° Ottobre 2003, Sentenza n. 5656

 

Legge n. 104/92 - riposo retribuito per figlio disabile, in favore dell’unico genitore che lavora - permessi retribuiti - assistenza all’handicappato. I genitori che hanno un figlio con problemi di handicap possono usufruire di permessi retribuiti anche se sono sposati e l’altro coniuge non lavora. Secondo la Corte lo scopo della legge è quello dell’assistenza all’handicappato: conseguentemente, se per una ragione qualsiasi chi vi è addetto continuamente, non può assisterlo convenientemente, la disposizione ammette una sua sostituzione almeno temporanea. Se questo soggetto è un lavoratore dipendente è “ovvio e necessario” che possa godere di brevi permessi retribuiti. Corte di Cassazione n. 7707/2003

Revoca delle dimissioni di un lavoratore sottoposto a stato d’ansia - momentanea, incapacità di intendere e di volere del lavoratore - annullamento delle dimissioni. Le dimissioni di un lavoratore sottoposto a stato d’ansia, provocato da esaurimento nervoso, possono essere ritenute sufficienti, dal giudice di merito, a determinare la totale, per quanto momentanea, incapacità di intendere e di volere del lavoratore, con il conseguente annullamento delle dimissioni per “incapacità di intendere e di volere” ex art. 428 del codice civile. Corte di Cassazione n.7485/2003

 

L’indennità differenziata di responsabilità primariale non è cumulabile con quella di dirigenza medica - differenza delle posizioni soggettive legittimanti. L’indennità differenziata di responsabilità primariale non è cumulabile con quella di dirigenza medica (C.S., Sez. VI, 31 ottobre 1997, n.1538), sulla base del decisivo rilievo della diversa funzione delle due voci retributive e della differenza delle posizioni soggettive legittimanti, sicchè, anche sotto tale profilo, va negato al ricorrente il titolo a beneficio di cui all’art. 47 d.P.R. n.348/83 (posto che, per il periodo in contestazione, egli ha certamente goduto della diversa indennità, di dirigenza medica, connessa alle sue nuove funzioni). Consiglio di Stato Sez. V, 24 settembre 2003 - sentenza n. 5449

L’amministratore straordinario in sostituzione degli organi dei comitati di gestione e dei presidenti - le presidenze delle commissioni di concorso e delle commissioni per gli appalti - dirigenti responsabili di servizio delle unità sanitarie locali e delle unità socio-sanitarie locali - commissioni di concorso - l. 111/91. La disposizione contenuta nell’art. 1, comma 9, del d.l. 35/91, convertito in l. 111/91, è nata come disposizione di carattere assolutamente straordinario, contrassegnata da peculiare ratio e destinata ad applicarsi, senza alcun margine di potenzialità estensiva, solo ed esclusivamente alla gestione transitoria delle UU.SS.LL (cfr., in tema, Cons. Stato, V, 4 aprile 2002, n. 1859). Consiglio di Stato Sez. V, 24 settembre 2003 - sentenza n. 5448
 

Funzioni di coordinamento dell’attività di polizia municipale svolte dai nuclei operativi di vigilanza - approvazione della nuova pianta organica - profilo professionale: sottufficiale VV. UU. Capo sezione - le mansioni dei coordinati e dei co-ordinatori. Il semplice criterio gerarchico, non si mostra risolutivo, occorrendo, quanto meno, indicare che gli impiegati, che vengono coordinati dai vari capi sezione, siano di livelli corrispondenti e che le mansioni dei coordinati e dei co-ordinatori siano, per loro oggettiva consistenza, corrispondenti. Consiglio di Stato Sezione V, del 18 settembre 2003, sentenza n. 5313

 

Mansioni ritenute equivalenti - reintegra - esecuzione in forma specifica - determinazione delle modalità di attuazione - in sede cautelare - non ammessa. La reintegra non ammette esecuzione in forma specifica e, conseguenzialmente, in sede cautelare, non ammette la determinazione delle modalità di attuazione. (Cassazione Sez. Lavoro 12.10.199 n. 11479). (Fattispecie, assegnazione del ricorrente a mansioni ritenute equivalenti a quelle da cui era stato rimosso: da comandante di P.M. a responsabile dell’Unità Organizzativa per la prevenzione e la repressione dell’abusivismo edilizio). TRIBUNALE DI PATTI - Giudice del Lavoro, 18.09.2003 n. 5322

 

Lavoro - Ambiente di lavoro - Protezione contro le radiazioni ionizzanti - Servizio di sorveglianza - Artt. 112 e 113 d.lvo 230/95 - Affidamento a dipendente piuttosto che a professionista esterno qualificato - Legittimità. E’ legittimo l’affidamento del servizio ex artt. 112 e 113 d.lvo 230/1995 (sorveglianza della protezione contro le radiazioni ionizzanti), ad un dipendente dell’amministrazione piuttosto che ad un professionista qualificato esterno, posto che in nessun punto del dettato normativo è stabilita alcuna forma di incompatibilità tra la qualifica di dipendente e quella di addetto alla sorveglianza; non si postula inoltre alcuna incompatibilità tra attività di controllo e rapporto di dipendenza ma, al contrario, se ne esalta la conciliabilità, potendo soggetti inseriti nell’amministrazione meglio espletare compiti (anche) di vigilanza, rispetto a soggetti ad essi estranei. - Pres. GIALLOMBARDO, Est. TAORMINA - Saccaro (Avv.ti Immordino) c. Azienda USL 6 di Palermo (Avv. Bernardini) T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 28 agosto 2003, n. 1271

Lavoro - Ambiente di lavoro - Lavoratori esposti all’amianto - Conteggio dell’anzianità contributiva - Giurisdizione - Giudice contabile.
Il giudizio relativo al conteggio dell’anzianità contributiva ai fini pensionistici per lavoratori esposti all’amianto, stante il nesso teleologico dell’accertamento circa la sussistenza del rischio espositivo, rientra nella giurisdizione del giudice contabile, attributario in via esclusiva di ogni controversia di natura pensionistica. - Pres. FINATI, Est. CASTRIOTA SCANDERBEG - Greco (Avv. E. e S. Paolini) c. Ministero della Giustizia (Avv. Stato). T.A.R. CALABRIA, Catanzaro - 11 settembre 2003, n. 2656

 

Mobilità - indennità di mobilità e lavoro autonomo - lavoratore licenziato per riduzione di personale. L’art. 7 della legge n. 223/1991 che disciplina la corresponsione anticipata di tutta l’indennità di mobilità nel caso in cui un lavoratore interessato licenziato per riduzione di personale intenda svolgere un’attività di lavoro autonomo. La Suprema Corte ha osservato che la corresponsione, in un’unica soluzione, si ha anche allorquando il lavoratore era dipendente a tempo parziale e già svolgeva nel tempo residuo altra attività di lavoro autonomo. Nulla vieta che allo stesso, anche se l’attività era già iniziata, sia corrisposta (chiaramente “pro quota” in relazione alla sua attività subordinata) l’indennità di mobilità con le modalità previste dall’art. 7 della legge n. 223/1991. Corte di Cassazione del 25 luglio 2003, sentenza n. 11539

 

L’eccesso di potere in senso relativo - avanzamento a scelta degli ufficiali - differenziazione nella parte descrittiva dei giudizi - la rinuncia di uno dei componenti della commissione. In tema di avanzamento a scelta degli ufficiali, la consonanza delle valutazioni refluite in dichiarazioni simili o uguali per tutti gli esaminati non è di per sé indice di eccesso di potere, quanto piuttosto di approfondito esame collegiale, non essendo tecnicamente possibile che a valutazioni numeriche differenziate da ridotti margini di punteggio (espressi in decimi o talora in centesimi), possa corrispondere una analoga, capillare differenziazione nella parte descrittiva dei giudizi, fatto salvo il caso in cui il non iscritto in quadro non provi rigorosamente la rinuncia di uno dei componenti della commissione di avanzamento ad emettere giudizio autonomo rispetto a quelli formulati dagli altri membri. (cfr. Corte Cost. 7 aprile 1988, n. 409; C.d.S. sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7241; sez. IV, 30 luglio 2002, n. 4074; 20 marzo 2001, n. 1681; sez. IV, 8 maggio 2000, n. 2642; 13 dicembre 1999, n. 1849; sez. IV, 18 giugno 1998, n. 951; sez. III, 21 maggio 1996, n. 726); (cfr. C.d.S. sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7241; sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7241; sez. IV, n. 2642 del 2000 cit.; n. 1849 del 1999 cit.; n. 951 del 1998 cit.; 24 marzo 1998, n. 495; sez. IV, 3 giugno 1997 n. 592). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4233. Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4236

Attribuzione dei punteggi numerici - i componenti della commissione - predeterminazione dei differenziali di punteggio - legittimità. E’ irrilevante che tutti i componenti della commissione di avanzamento mantengano, nell’attribuzione dei punteggi numerici, una differenza uniforme tra i comparandi: tale circostanza, in assenza di prova rigorosa sulla volontà dei componenti stessi di predeterminare i differenziali di punteggio, non integra alcun vizio di legittimità. (v. C.d.S. sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7241; sez. IV, 30 luglio 2002, n. 4074; n. 2642 del 2000 cit.; n. 1849 del 1999 cit., n. 951 del 1998, cit.; sez. IV, 27 novembre 1997, n. 1328); (cfr. C.d.S. sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7241; sez. IV, n. 1681 del 20 marzo 2001; n. 2642 del 2000; n. 1849 del 1999 cit.; n. 951 del 1998 cit.; n. 495 del 1998 cit.; id. 25 luglio 1997, n. 741). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4233. Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4236

La mera circostanza che un ufficiale, meritevole non più di altri colleghi non promossi di conseguire il grado superiore - quadro di avanzamento - l'automatica promozione. La mera circostanza che un ufficiale, meritevole non più di altri colleghi non promossi di conseguire il grado superiore, sia stato ugualmente iscritto nel quadro di avanzamento, non può comportare l'automatica promozione di qualsiasi altro ufficiale giudicato idoneo, ma non iscritto in quadro, il quale assuma di essere professionalmente eguale o migliore del collega promosso, tranne che non si tratti del primo o di uno fra i primi degli ufficiali collocati in graduatoria e, tuttavia, non iscritti nel quadro di avanzamento. (cfr. C.d.S. sez. IV, 30 luglio 2002, n. 4074; 11 giugno 2002, n. 3251; n. 951 del 1998 cit.; 24 marzo 1998, n. 495; 10 marzo 1998, n. 397; sez. IV, 24 marzo 1997, n. 282; sez. III n. 726\96 cit.; C.d.S. sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7241; sez. IV, n. 2642 del 2000 cit.; n. 1849 del 1999 cit.; n. 951 del 1998 cit.). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4233. Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4236

Il principio generale dell’autonomia dei singoli giudizi di avanzamento degli ufficiali - introdotto la tendenza di carriera, apprezzabile - progressione di carriera - c.d. continuità logica delle valutazioni. Fermo restando il principio generale dell’autonomia dei singoli giudizi di avanzamento degli ufficiali, sancito dall’art. 3, d. m. n. 2 novembre 1993, n. 51, fra i vari elementi di valutazione, l’art. 12 del d. m. n. 571 del 1993, ha introdotto la tendenza di carriera, apprezzabile, da un lato, mediante il raffronto fra le qualità, attitudini e capacità risultanti dalle graduatorie definitive dei concorsi per il reclutamento e dei corsi, con il rendimento dimostrato dall’ufficiale durante il successivo impiego (primo comma); dall’altro, in base all’andamento complessivo della progressione di carriera; sicché, in questo ben delimitato ambito, gioca un ruolo il principio della c.d. continuità logica delle valutazioni (cfr. sez. IV, 20 marzo 2001, n. 1681). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4233. Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4236

Legittima l’espressione: uso di numeri in decimi o centesimi del punteggio per le singole categorie di requisiti. E’ legittima l’espressione, con l’uso di numeri in decimi o centesimi, del punteggio per le singole categorie di requisiti di cui all’art. 26, l. n. 1137 del 1955. (cfr. sez. IV, n. 4074 del 30 luglio 2002). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4233. Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4236

Avanzamento ufficiali - gli ufficiali giudicati in seconda e terza valutazione - preferenze. In materia di avanzamento ufficiali, non esiste una norma, neppure di carattere consuetudinario, ovvero una prassi amministrativa vincolante, in forza delle quali, gli ufficiali giudicati in seconda e terza valutazione debbano essere preferiti a quelli scrutinati in prima valutazione. (cfr. Cass. S.U. n. 91, 8 gennaio 1997; C.d.S. sez. IV, 30 luglio 2002, n. 4074; n. 1849 del 1999 cit.; 1 settembre 1999, n. 1398; n. 951 del 1998 cit.; 6 giugno 1997, n. 623; C.d.S. sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7241; sez. IV, 30 luglio 2002, n. 4074; n. 2642 del 2000 cit.; n. 1398 del 1999 cit.; 27 novembre 1997, n. 1328; 18 marzo 1997, n. 256, 11 marzo 1997, n. 239; C.d.S. sez. IV, n. 2642 del 2000 cit.; n. 1849 del 1999 cit.; n. 495 del 1998 cit.; id., 3 giugno 1997, n. 592; C.d.S. sez. IV, 30 luglio 2002, n. 4074; n. 2642 del 2000 cit.; n. 495 del 1998 cit., n. 397 del 1998 cit.; 6 giugno 1997 n. 623). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4233. Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4236

Dirigenza medica - accesso al rapporto di lavoro a tempo parziale - preclusione. Al personale della dirigenza medica di primo e secondo livello, è precluso l’accesso al rapporto di lavoro a tempo parziale introdotto dall’art.1, commi 56 e seguenti, l. n. 662 del 1996, anche dopo l’entrata in vigore del d.lvo n. 61 del 2000.(cfr. C.d.S. sez. IV, 12 marzo 2001, n.1367;Corte costituzionale 19 ottobre 2001, n. 336). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4234. Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4235

 

Personale universitario impiegato in strutture sanitarie convenzionate - spettanza di un determinato emolumento - potestà discrezionale delle amministrazioni - assenza. La fonte del riconoscimento, al personale universitario impiegato in strutture sanitarie convenzionate, della spettanza di un determinato emolumento deve essere ricercata direttamente ed immediatamente nella normativa, primaria e secondaria, dalla quale dipende anche il conseguente radicarsi in via immediata di un diritto correlativo nel patrimonio giuridico del destinatario, in assenza di facoltà discrezionali lasciate dalla normativa in questione, alla potestà discrezionale delle amministrazioni fra le quali deve essere stipulata, in concreto, la convenzione. Consiglio di Stato, Sezione VI - 21 luglio 2003, sentenza n. 4198

 

Omissioni contributive - mancato versamento - il versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni di lavoratori dipendenti - reato istantaneo e continuazione. L’art. 2 della legge n. 638/1983, nel punire il datore di lavoro che abbia omesso il versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni di lavoratori dipendenti, contempla un reato omissivo istantaneo, che si consuma nel momento in cui scade il termine utile concesso al datore di lavoro per il versamento delle ritenute, con la conseguenza che ogni mancato versamento costituisce una autonoma fattispecie criminosa, eventualmente collegabile alle altre sotto il vincolo della continuazione. Corte di Cassazione Penale Sezione III, dell’11 luglio 2003, sentenza n. 29275

 

Lavoro - Normativa antinfortunistica - Infortuni sul lavoro - Responsabilità del datore di lavoro - Delega della posizione di garanzia - Condizioni - Valutazione della dimensione aziendale - Necessità - Conseguenze - Fattispecie. Il datore di lavoro può trasferire la propria posizione di garanzia circa gli obblighi di prevenzione e sorveglianza imposti dalla normativa antinfortunistica solo attraverso un provvedimento formale di delega ad altro soggetto subentrante con esplicita indicazione delle funzioni ed esplicita accettazione, principio contemperato (in caso di attuazione in un’impresa di grandi dimensioni) con la necessità di accertare, in concreto, l’effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all’interno delle posizioni di vertice, così da verificare la predisposizione, da parte del datore di lavoro, di adeguato organigramma dirigenziale ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l’imprenditore da responsabilità di livello intermedio e finale. Conf.: Cass. Sez. IV, 16 ottobre 2002, Gracagnolo; Cass. Sez. IV, 26 aprile 2000, Mantero) Pres. Olivieri - Rel. Romis - P.M. Gialanella (concl. conf.) - Boncompagni. CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV - Ud. 9 luglio 2003 (dep. 2.10.2003), n. 37470

L’assetto organizzatorio della pubblica amministrazione - discrezionalità legislativa - limiti - arbitrarietà o manifesta irragionevolezza - differenziazione del trattamento economico di categorie in precedenza egualmente retribuite - organizzazione ed inquadramento del personale delle Forze armate e di polizia. Le modifiche all’assetto organizzatorio della pubblica amministrazione, ivi comprese quelle dettate in via transitoria, rientrano nella sfera di discrezionalità riservata al legislatore, specie se afferenti all’organizzazione ed all’inquadramento del personale delle Forze armate e di polizia. La discrezionalità legislativa incontra soltanto i limiti dell’arbitrarietà o della manifesta irragionevolezza. Nessuna norma dell’ordinamento ha inteso perseguire un’assoluta identità di posizioni e trattamenti all’interno delle medesime Forze di polizia - ad ordinamento civile o militare - e fra queste ultime ed il personale delle Forze armate. Le diversità insite in ciascun Corpo di Polizia o Forza armata rendono le posizioni dei loro componenti non comparabili, si che la scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata non può dirsi palesemente arbitraria. Non sussiste neppure la violazione dei precetti della Costituzione, giacché il legislatore gode di ampia discrezionalità, nel differenziare il trattamento economico di categorie in precedenza egualmente retribuite, e, in ogni caso, lo scorrimento verso l’alto di una categoria retributiva non comporta la necessità di innalzare i livelli superiori o inferiori. Con specifico riferimento alla legittimità costituzionale del differente trattamento giuridico ed economico del personale delle Forze di polizia, anche ad ordinamento militare, e fra queste ultime ed il personale delle Forze armate (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6674; Corte cost. (ord.) 17 luglio 2000, n. 296; 9 luglio 1996, n. 241; Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 2000, n. 973; sez. III, 30 giugno 1999, n. 329\99; sez. IV, 24 febbraio 1997, n. 137; Corte dei Conti, sez. contr. Stato, 24 aprile 1998, n. 35). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV, - 8 luglio 2003, sentenze nn. 4058 - 4052. Consiglio di Stato, Sezione IV, - 8 luglio 2003, sentenza n. 4059

 

Inquadramento illegittimo di pubblici dipendenti - l'interesse pubblico ad adottare atti di autotutela amministrativa - esborso di danaro pubblico senza titolo - il danno persistente. In materia di inquadramento illegittimo di pubblici dipendenti, e di conseguente esborso di danaro pubblico senza titolo, deve ritenersi immanente l'interesse pubblico ad adottare atti di autotutela amministrativa, attesa l'esigenza di eliminare il danno persistente per l'esborso di emolumenti non dovuti ed attesa altresì l'impossibilità di ponderare tale effetto col consolidato vantaggio del dipendente, che illegittimo e ingiustificato all'origine, tale è destinato a restare. Consiglio di Stato, Sezione IV, - 8 luglio 2003, sentenza n. 4043

Atti di primo inquadramento nei ruoli nominativi regionali dei dipendenti delle Unità sanitarie locali. Gli atti di primo inquadramento nei ruoli nominativi regionali dei dipendenti delle Unità sanitarie locali ai sensi dell'art. 64 D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 hanno contenuto vincolato, nel senso che si deve tenere conto esclusivamente della qualifica formalmente rivestita dal dipendente presso l'Ente di provenienza alla data del 20 dicembre 1979, a nulla rilevando le successive delibere di reinquadramento. (cfr. Cons. giust. amm. 5 dicembre 2001, n. 649; sez. V, 18 ottobre 1996, n. 1253). La previsione di cui alla tabella 2 allegata al D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, che legittimava l'inquadramento con la qualifica di primario dei sanitari con qualifica di aiuto capo servizio autonomo, non si sottraeva alla disciplina generale, nel senso della equiparazione esclusivamente agli effetti della prima iscrizione, al fine di consentire in via transitoria a coloro che possedevano la qualifica di aiuto capo servizio autonomo di essere inquadrati nei ruoli dell'Unità sanitaria locale come primari. Consiglio di Stato, Sezione IV, - 8 luglio 2003, sentenza n. 4043

 

La prestazione di mansioni - il requisito di conferimento formale - semplici ordini di servizio - denegato inquadramento dell’interessato nella qualifica di “collaboratore coordinatore”. La prestazione di mansioni - asseritamente superiori - espletata dal dipendente è mai accompagnata da un formale atto di conferimento, bensì preceduta da semplici ordini di servizio, non soddisfa il requisito di conferimento formale richiesto dall’art. 1 della legge n. 207/1985 (sul punto, la giurisprudenza della Sezione è ferma e risalente; cfr., tra le tante: 6 febbraio 2001, n. 480; 13 aprile 2000, n. 2211; 15 febbraio 2000, n. 806; 13 aprile 2000, n. 2211; 12 ottobre 1999, n. 1446; 27 agosto 1999, n. 1008). Consiglio di Stato, Sezione V, - 3 luglio 2003, Sentenza n. 3980

Personale medico - lo svolgimento in via di mero fatto delle mansioni superiori è irrilevante ai fini giuridici e retributivi anche per il personale del servizio sanitario nazionale - organo amministrativo dell’ente - esercizio di un suo potere discrezionale, in coerenza con gli interessi pubblici rilevanti in materia e con i principi di cui all’art. 97 Cost. - atto di incarico in senso formale. Lo svolgimento in via di mero fatto delle mansioni superiori è irrilevante ai fini giuridici e retributivi anche per il personale del servizio sanitario nazionale, riferendosi il predetto art. 29 solo agli incarichi assegnati in conformità ad una disposizione impartita dall’organo amministrativo dell’ente nell’esercizio di un suo potere discrezionale, in coerenza con gli interessi pubblici rilevanti in materia e con i principi di buon andamento ed imparzialità di cui all’art. 97 Cost., essendo a questo scopo irrilevante, ad esempio, un provvedimento con cui l’ente si limita alla mera presa d’atto dell’esercizio pregresso delle mansioni (cfr., tra le tante, le decisioni della Sezione n. 587/2001, 3085/2000 e 286/2000 cit.; 13 aprile 2000, n. 2211; 10 febbraio 2000, n. 728; 26 marzo 1999, n. 333; 14 ottobre 1998, n. 1471; 3 settembre 1998, n. 1282; 18 maggio 1998, n. 608; 23 aprile 1998, n. 479; 28 gennaio 1998, n. 112). Ed è stato anche ritenuto che, se pure volesse ritenersi, in ipotesi, non necessario un atto di incarico in senso formale, è pur sempre indefettibile l’accertamento di una puntuale e preventiva disposizione impartita dagli organi competenti dell’amministrazione, perché la rilevanza di mansioni di mero fatto, in assenza di previo incarico, ancorché non formalizzato, è stata affermata unicamente nell’ambito del personale medico, con riferimento all’aiuto chiamato a svolgere le funzioni di primario, ma non può operare nell’ambito del personale amministrativo o parasanitario (cfr. la decisione n. 587/2001 cit.; nonché le decisioni della Sezione 13 aprile 2000, n. 2211; 14 settembre 1999, n. 1056; Ad. Plen., 16 maggio 1991, n. 2). Consiglio di Stato, Sezione V, - 3 luglio 2003, Sentenza n. 3980

 

Inabilità permanente del lavoratore - inidoneità fisica del lavoratore - recesso del datore per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore - riconoscimento del periodo di preavviso. Non comporta la risoluzione immediata del rapporto di lavoro, l'inabilita' permanente del lavoratore, pur implicando un'impossibilita' sopravvenuta della prestazione. Peraltro, non vi e' alcuna incompatibilità logico-giuridica tra il recesso del datore per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore ed il riconoscimento del periodo di preavviso, che inoltre deve ritenersi sospeso, nei limiti del comporto, in caso di insorgenza di malattia del lavoratore. Cassazione 27 giugno 2003, sentenza n. 10272

 

Volontà delle parti ed obbligo di contribuzione - l’obbligo di contribuzione a favore dell’INPS. La volontà delle parti, sia pure collettiva, non può derogare alla contribuzione stabilita per legge. Infatti, “il principio secondo cui l’art. 6, comma 2, della legge n. 138/1943, esonera l’INPS dal pagamento dell’indennità quando il trattamento economico di malattia venga corrisposto per legge o contratto collettivo dal datore di lavoro in misura non inferiore a quella fissata dai contratti collettivi, non vale ad escludere l’obbligo di contribuzione a favore dell’INPS”. Corte di Cassazione Penale Sezione Unite del 27 giugno 2003, sentenza n. 10232

 

Omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni dei dipendenti - mancata corresponsione della relativa retribuzione ai dipendenti. Il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni dei dipendenti di cui all’art. 2, comma 1 - bis della legge n. 638/1983 non è configurabile a carico del datore di lavoro nel caso di mancata corresponsione della relativa retribuzione ai dipendenti. Cassazione Penale Sezione Unite del 26 giugno 2003, sentenza n. 27641

Lavoro - insorgenza dell’infermità - la decorrenza del termine - presupposto di carattere soggettivo per la decorrenza del termine semestrale - piena e sicura conoscenza della natura e gravità dell’infermità. Il termine semestrale previsto dall’art. 51 del D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 “decorre non già ..… dall’insorgenza dell’infermità, bensì solo dal momento in cui la stessa abbia raggiunto quello sviluppo tale da rendere ormai sicura la sua irreversibilità e conosciute (o conoscibili) le sue conseguenze”; a) la giurisprudenza è unanime nel riconoscere che il termine semestrale previsto dall’art. 51 del D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 “decorre non già ..… dall’insorgenza dell’infermità, bensì solo dal momento in cui la stessa abbia raggiunto quello sviluppo tale da rendere ormai sicura la sua irreversibilità e conosciute (o conoscibili) le sue conseguenze”; b) la decorrenza del termine, entro il quale l’impiegato può chiedere l’equo indennizzo, presuppone la “piena capacità d’agire del soggetto”, ipotesi, questa, che dovrebbe “ritenersi sicuramente esclusa” nella fattispecie, atteso il tipo di infermità sofferta dall’interessato (psicopatologia grave); c) la mancata indicazione, nella domanda rivolta all’Autorità amministrativa e nel ricorso di primo grado, di un preciso dies a quo per la decorrenza del semestre di cui sopra, comporterebbe la logica conseguenza che “il dies a quo” va individuato in qualsiasi giorno antecedente il semestre di presentazione dell’istanza”; Se, poi, è altrettanto pacifico che presupposto di carattere soggettivo per la decorrenza del términe semestrale di cui all’art. 36, comma 1 e 51, comma 1, del D.P.R. 3 giugno 1957, n. 686, è l’acquisizione, da parte dell’interessato, della piena e sicura conoscenza della natura e gravità dell’infermità (v. Cons. St., VI, 9 aprile 1998, n. 436), è comunque da sottolinearsi che, a parere del Collegio, detto termine non possa dipendere dalla valutazione del tutto soggettiva dell’interessato stesso, quando si sia in presenza di eventi tali, che di per sé rivelano la gravità dello stato morboso (v. Cons. St., II, 19 ottobre 1994, n. 834). Consiglio di Stato, Sezione IV, - 24 giugno 2003, sentenza n. 3819

 

Lavoro - Fatti costituenti reato secondo la legge anteriore punibili secondo la legge posteriore - la c.d. “abrogatio sine abolitione” - Successione di leggi. Ricorre la c.d. “abrogatio sine abolitione” se i fatti costituenti reato secondo la legge anteriore sono punibili secondo la legge posteriore, mentre se alcuni fatti puniti dalla legge anteriore restano fuori dal perimetro normativo della nuova fattispecie penale ricorre una abrogazione con effetto parzialmente abolitivo. CORTE DI CASSAZIONE, S.U., del 16 giugno 2003 n. 25887

 

Rapporto di pubblico impiego - lo status giuridico ed economico di un soggetto - mancata impugnazione nel termine di decadenza - emolumenti in contrasto. La mancata impugnazione nel termine di decadenza del provvedimento con il quale l’amministrazione ha determinato lo status giuridico ed economico di un soggetto, perché svolga un’attività lavorativa in suo favore, rende inammissibile qualsiasi successiva richiesta di accertamento della sussistenza di un rapporto di pubblico impiego e di conseguenti emolumenti in contrasto con il medesimo provvedimento (recentemente: V, 2.4.2001, n. 1894; VI, 3.2.2000, n. 626). Consiglio di Stato Sez. V, del 13 giugno 2003, sentenza n. 3339

 

Crediti sorti in favore di pubblici dipendenti - l. n. 724 del 1994 - computo. Sui crediti sorti in favore di pubblici dipendenti successivamente all’entrata in vigore dell’art. 22, comma 36, l. n. 724 del 1994, devono essere computati gli accessori esclusivamente nella maggior somma fra interessi legali o rivalutazione monetaria (cfr. ex plurimis sez. IV, 12 febbraio 2003, n. 746; Ad. plen. 15 giugno 1998, n. 3). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 12 giugno 2003 - sentenze nn. 3326 - 3325 - 3324 - 3323 - 3322 - 3321 - 3320 - 3319. Consiglio di Stato, Sezione IV - 12-6-2003 - sentenza n. 3327

 

Compenso “a gettone” - il rapporto di lavoro prestato da sanitari compensati “a gettone” presso i policlinici universitari non può essere qualificato come rapporto di pubblico impiego - rapporto di mero fatto - i requisiti sostanziali - servizi di ruolo e non di ruolo. Va smentita la tesi enunciata, secondo la quale la giurisprudenza amministrativa riterrebbe che il rapporto di lavoro prestato da sanitari compensati “a gettone” presso i policlinici universitari sarebbe da qualificare come rapporto di pubblico impiego. Invero, anche a trascurare ogni verifica sull’ammissibilità della tesi proposta, che si configura come un mutamento, non consentito, della domanda in appello, è sufficiente rilevare che la decisione citata dalla ricorrente (V Sezione 1° febbraio 1995, n. 157) ha invece negato, nel caso esaminato, la sussistenza di un rapporto di pubblico impiego, ammettendo la sola possibilità, ove accertati i requisiti sostanziali, di configurare un rapporto di mero fatto, con effetti limitati ai profili economici e previdenziali, non già a quelli giuridici che qui s’intenderebbe far valere. Non può quindi farsi questione di applicazione delle regole d’equiparazione fra servizi di ruolo e non di ruolo stabilite dall’art. 21 del menzionato d.m. 30 gennaio 1982. Consiglio di Stato Sez. V, - 11 giugno 2003, sentenza n. 3293

Inquadramenti ai sensi dell'art. 40 d.P.R. 25 giugno 1983 n. 347 - qualifica formalmente rivestita precedentemente - contenuto funzionale tipico delle nuove qualifiche - le mansioni effettivamente espletate - incarico formale. Gli inquadramenti ai sensi dell'art. 40 d.P.R. 25 giugno 1983 n. 347 devono essere effettuati solo in base alla comparazione tra il contenuto della qualifica formalmente rivestita in base al precedente ordinamento ed il contenuto funzionale tipico delle nuove qualifiche, introdotte dal medesimo d.P.R., senza che vengano in rilievo le mansioni effettivamente espletate dagli interessati, sia di fatto che a seguito di incarico formale (Cons. Stato, Sez.V, 24/04/2002, n.2202; Cons. Stato, Sez.V, 22/05/2001, n.2826). Consiglio di Stato Sez. V, - 11 giugno 2003, sentenza n. 3292

 

Infermità da causa di servizio - liquidazione di un nuovo equo indennizzo. Recita, invero, l’art. 57 del D.P.R. n. 6866 del 1957(applicabile, ratione temporis, alla fattispecie: cfr. Cons. St. , VI Sez., n. 506/83 e V sez., n. 649/89), che nel caso in cui l’impiegato riporti per causa di servizio altra menomazione dell’integrità fisica si procede alla liquidazione di un nuovo equo indennizzo, se la menomazione complessiva dell’integrità fisica che ne deriva rientri in una delle categorie superiori a quella in base alla quale fu liquidato il primo indennizzo. Tale previsione, peraltro, non esime l’interessato dal rispetto delle prescrizioni riguardanti la tempestività della presentazione della domanda di equo indennizzo, trattandosi, comunque, di procedimento di concessione di beneficio ad istanza di parte. Al riguardo, costituisce principio consolidato che il termine di sei mesi previsto per la proposizione della domanda di equo indennizzo abbia carattere perentorio e decorra dalla data di notifica del provvedimento che riconosce la dipendenza dell’infermità da causa di servizio o da quello in cui l’interessato ha potuto effettivamente percepire la gravità delle conseguenze invalidanti della contratta infermità (cfr. Cons. St., VI Sez., n. 2678/00; IV Sez., n. 766/84) o dal giorno in cui ha avuto la possibilità di ricollegare l’infermità alla prestazione del servizio (cfr. Cons. St., V Sez., n. 200/95). Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3056

 

Trasferimento in senso tecnico - definizione - Polizia di Stato. Ai sensi dell’art. 55, d.P.R. 24 aprile 1982 n. 335, il passaggio da un ufficio all’altro, nell’ambito della stessa sede territoriale della Polizia di Stato, non costituisce trasferimento in senso tecnico, ma integra soltanto una modalità di estrinsecazione dei profili organizzativi del servizio stesso e non esige le medesime garanzie procedimentali previste per i trasferimenti in senso stretto. Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3038
 

Le modalità del previo superamento di un concorso interno riservato al personale - legge regionale della Calabria. In presenza di una precisa disposizione normativa (art. 43 lettera B) della legge regionale della Calabria 30 maggio 1980, n. 15, che prevede le modalità del previo superamento di un concorso interno riservato al personale in possesso della quinta qualifica funzionale di “collaboratore” per il conseguimento della superiore qualifica di “istruttore”, non è neppure ipotizzabile un inquadramento diretto nella predetta superiore qualifica sul presupposto della impossibilità di partecipazione al concorso stesso per aver ottenuto, solo successivamente all’espletamento del concorso stesso ed in via giudiziaria, il riconoscimento del diritto all’inquadramento nella quinta qualifica funzionale di collaboratore. Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3029

 

Consiglio Superiore della Magistratura - caso di equivalenza tra più candidati concorrenti per lo stesso incarico di funzioni direttive superiori - criterio dell’esperienza specifica. Il Consiglio Superiore della Magistratura, nel caso di equivalenza tra più candidati concorrenti per lo stesso incarico di funzioni direttive superiori ben puo’ ritenere determinante, ai fini della scelta, l’esperienza specifica di uno dei candidati maturata nello stesso incarico con esito largamente positivo. Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3021

 

La competenza sulle controversie in relazione ad un concorso pubblico su base nazionale - T.A.R. del Lazio. La competenza sulle controversie nelle quali, in relazione ad un concorso pubblico su base nazionale, sia impugnato in via principale l'atto di organo centrale dello Stato che comporta l'esclusione di taluno da fase concorsuale da espletarsi in Roma, producendo l'effetto immediato di impedire la partecipazione a detto concorso, spetta infatti al T.A.R. del Lazio (cfr. IV Sez. 26 settembre 2001 n. 5084). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3004. Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3005
 

Il rapporto intercorrente tra un medico convenzionato ed il servizio sanitario nazionale ha natura libero professionale e non di lavoro subordinato - incompatibilità. Il rapporto intercorrente tra un medico convenzionato ed il servizio sanitario nazionale ha natura libero professionale e non di lavoro subordinato (v. Cass., civ., sez. unite, n.10969 e Cons. Stato, V, n.5439/2000). Da tale natura deriva che l'attività di medico convenzionato rientra nell'esercizio di libere professioni, la cui incompatibilità con lo svolgimento della docenza nella scuola deve essere valutata in concreto ai sensi del citato comma 15 dell'articolo 508 del D.Lgs. n.297/1994. Ha errato, quindi, l'amministrazione nel ritenere che tale attività rientrasse invece nel divieto di esercizio di attività commerciale, industriale e professionale, di cui al citato comma 10 della stessa disposizione (peraltro, alla presente fattispecie è chiaramente inapplicabile anche il divieto di cumulo di altro rapporto di pubblico impiego, attesa la ritenuta natura libero professionale dell’attività di medico convenzionato). Consiglio di Stato, Sezione VI - 27.05.2003, sentenza n. 2943

 

Consulenti esterni - elementi caratterizzanti il rapporto del lavoro dipendente e del rapporto di collaborazione professionale esterna - la presenza di alcuni tratti di lavoro subordinato non è sufficiente a trasformare il rapporto contrattuale in rapporto di pubblico impiego. Non rileva, ai fini della modifica della natura del rapporto, il fatto che il lavoro dei consulenti fosse necessariamente coordinato dal dirigente del Dipartimento affari giuridici e legali e che la loro attività potesse essere utilizzata in gruppi a composizione mista, apparendo del tutto normale che l’Amministrazione si avvalga dell’apporto dei consulenti esterni secondo un piano di lavoro e con modalità prefissati. A tale riguardo non può ritenersi che il fatto che gli appellanti fossero presenti, per esigenze di coordinamento del loro incarico (svolto anche, come si è detto, in gruppi a composizione mista) nella cd. fascia rigida dell’orario funzionale, integrasse l’assoggettamento dei medesimi all’orario di servizio dei dipendenti regionali, essendo l’obbligo di orario dei dipendenti pubblici articolato in maniera più complessa (servizio ordinario, straordinario, festività, ferie), e non essendo la presenza di alcuni tratti di lavoro subordinato sufficiente a trasformare il rapporto contrattuale in rapporto di pubblico impiego (Cfr. Cons. St., V sez., n. 4887/00; C.G.A. n. 621/99). Né, d’altra parte, di tale assoggettamento sussiste in atti supporto probatorio. (Nella specie gli elementi caratterizzanti il rapporto appaiono, incompatibili con la tipologia del lavoro dipendente ed, invece, riconducibili alla tipologia del rapporto di collaborazione professionale esterna, mancando, come ha affermato il giudice di prime cure, nei rapporti instaurati il requisito fondamentale per qualificare un rapporto come di pubblico impiego e cioè l’inserimento del soggetto privato nell’organizzazione burocratica pubblica). Consiglio di Stato, Sezione IV - 26 maggio 2003 sentenza n. 2837

 

Comportamento antisindacale del datore di lavoro. Va rilevato che, in tema di comportamento antisindacale del datore di lavoro, la fattispecie tipica di cui all’art. 40 cit. non richiede, per il suo perfezionamento, anche l’elemento soggettivo intenzionale diretto a comprimere l’attività antisindacale, realizzandosi oggettivamente per la sola pretermissione dell’acquisizione del prescritto nulla-osta dell’Associazione sindacale, cui appartiene il dipendente trasferito, purchè vi sia la consapevolezza che il dipendente medesimo rivesta la carica di dirigente sindacale componente di organo statutario (cfr. Cass. Civ. , Sez. lav. 4 luglio 1991 n. 7386; T.A.R. Lazio, I, n. 1065/95). Consiglio di Stato, Sezione IV - 26 maggio 2003 sentenza n. 2835

 

L’esigenza di tutelare il libero esercizio dell’attività sindacale - caso di invio in missione - allontanamento del sindacalista dal posto di lavoro. Il Collegio non può che ribadire che la norma di cui all’art. 40 del D.P.R. n. 266 del 1987 risponde all’esigenza di tutelare il libero esercizio dell’attività sindacale, il quale può essere, in concreto, compresso anche mediante semplice spostamento della sede di lavoro, ancorché non topograficamente apprezzabile (cfr. T.A.R. Lazio, I Sez., nn. 1065/95 e 1910/91) ovvero nel caso di invio in missione, quando essa, ancorché non integri gli estremi di un vero e proprio trasferimento di sede, comporti comunque l’allontanamento del sindacalista dal posto di lavoro e dalla base rappresentata per un tempo tale da far ritenere che vi sia distrazione dello stesso dal libero e pieno esercizio delle proprie attività (cfr. Cass., Sez. V, n. 1604/86). Consiglio di Stato, Sezione IV - 26 maggio 2003 sentenza n. 2835

 

Autonomo procedimento disciplinare - a seguito di sentenza irrevocabile di condanna, ex art. 9, legge 7 febbraio 1990 n. 19 - Guardia di Finanza - sottufficiali - termine perentorio infraprocedimentale di 90 giorni ex art. 120, t.u. 10 gennaio 1957 n. 3 - applicabilità. L’art. 120, t.u. 10 gennaio 1957 n. 3 (recante un unico perentorio termine infraprocedimentale di 90 giorni in materia disciplinare), è applicabile (al personale sia civile che militare) non solo nei casi d’incompleto proscioglimento in sede penale (esempi: reati prescritti o amnistiati), ma anche in quelli di condanna irrevocabile, indipendentemente dall’eventuale applicabilità anche dell’art. 9, legge 7 febbraio 1990 n. 19, contemplante invece termini solo ordinatori di 180 giorni per l’inizio e di 90 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare medesimo. Consiglio di Stato, Sezione IV - 26 maggio 2003 sentenza n. 2817

 

Interessi legali per ritardato pagamento dei crediti di lavoro - modalità di computato. Gli interessi legali per ritardato pagamento dei crediti di lavoro vanno computati sul capitale netto rivalutato e depurato delle ritenute previdenziali e fiscali, e non sul capitale al lordo delle ritenute di legge (C. Stato, ad. plen., 30-03-1999, n. 3; C. Stato, sez. VI, 05-03-1997, n. 361). Sulle somme così determinate vanno calcolati, separatamente sulla sorte capitale al valore nominale, gli interessi semplici e la rivalutazione monetaria. Consiglio di Stato sez. V del 22.05.2003 sentenza n. 2780 (vedi: sentenza per esteso)

 

Il giudizio medico legale - l'accertamento della dipendenza di un'infermità da causa di servizio - sindacato di legittimità - limiti - ricorso alla consulenza tecnica. Il giudizio medico legale reso nel corso del procedimento rivolto all'accertamento della dipendenza di un'infermità da causa di servizio si basa su nozioni scientifiche e su dati di esperienza propri della disciplina applicata, che, per il loro carattere squisitamente tecnico, non hanno bisogno di essere dimostrati; pertanto, il detto giudizio si sottrae al sindacato di legittimità, a meno che non risulti palesemente irrazionale o frutto di un manifesto travisamento dei fatti”. (Cons. Stato,Sez. V), 3 giugno 1998, n. 887). E da tale orientamento, senz’altro condivisibile a parere di questo Tribunale, si è fatto discendere quale corollario da parte della dottrina e della giurisprudenza, la esclusione del ricorso alla consulenza tecnica qual mezzo di verifica dei fatti nella disponibilità del Tribunale, se non appunto nelle ipotesi di manifesta irrazionalità del giudizio reso dall’amministrazione procedente, chè altrimenti si verificherebbe un’indebita sostituzione del giudice nei compiti di amministrazione attiva. Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, 12.05.2003 - sentenza n. 728

Natura del sindacato del giudice in tema di valutazioni tecniche - inattendibilità per insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo - rapporti tra i pareri resi dagli organi tecnici - accertamento della dipendenza da causa di servizio della patologia - annullamento del verbale della Commissione medico-ospedaliera. Il Consiglio di Stato, soffermandosi sulla natura del sindacato del giudice in tema di valutazioni tecniche rese in subiecta materia, ha avuto modo di affermare il condivisibile principio secondo il quale "non è l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici della p.a. che ne determina la sostituzione con quelli del giudice, ma unicamente la loro attendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo”. (ex plurimis, si veda Tar Piemonte, sez. II 17.11.2000 n. 1173 e Consiglio di Stato sez. V 5.3.2001 n. 1257). In punto di rapporti tra i pareri resi dagli organi tecnici in tema di accertamento della dipendenza da causa di servizio della patologia riscontrata in capo ad un pubblico dipendente, è costante l’orientamento giurisprudenziale - cui più volte ha aderito questa Sezione - secondo il quale “Il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie può negare il riconoscimento dell'equo indennizzo, senza il previo annullamento del verbale della Commissione medico-ospedaliera contenente difforme giudizio non essendo tale verbale idoneo a vincolare definitivamente l'amministrazione ai fini della concessione dell'equo indennizzo”. (Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 1999, n. 655). Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, 12.05.2003 - sentenza n. 728

Determinazione del nesso causale tra infermità contratta e servizio di lavoro prestato - il momento conclusivo ed unificante - commissione medica ospedaliera. Nella determinazione del nesso causale tra infermità contratta e servizio di lavoro prestato, l'attività consultiva del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie costituisce il momento conclusivo ed unificante delle precedenti attività valutative ed in particolare di quelle della commissione medica ospedaliera, per cui il giudizio espresso da quest'ultima sul punto può essere riesaminato e diversamente valutato dal c.p.p.o“. (ex plurimis, si veda T.A.R. Trentino-A. Adige, 1 dicembre 1998, n. 493). Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, 12.05.2003 - sentenza n. 728

Il c.p.p.o. - nozione - organo tecnico - causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti - il nesso di dipendenza - riconoscimento dell'equo indennizzo. Il c.p.p.o, è un organo tecnico cui è affidato il momento conclusivo ed unificante delle precedenti attività di valutazione, e pertanto, legittimamente può l’amministrazione richiamarsi a tale ultimo parere, purchè esso a sua volta non sia affetto da insanabili vizi di irragionevolezza. Stante la diversità e l'autonomia del procedimento da cui discende la declaratoria della dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti rispetto a quello preordinato alla concessione dell'equo indennizzo, la commissione medica ospedaliera è l'organo che l'amministrazione deve interpellare per acclarare il nesso di dipendenza ed è anche l'unico organo tecnico legittimato ad intervenire in tale procedimento, ma non in quello successivo, nel quale l'amministrazione, di fronte all'istanza del proprio dipendente rivolta ad ottenere la prestazione patrimoniale, ha l'obbligo di acquisire il parere di un solo organo consultivo che rimane il comitato per le pensioni privilegiate ordinarie e, ove permangano margini di dubbio, ha la facoltà d'interpellare il collegio medico legale; pertanto, in presenza di pareri discordi sulla dipendenza da causa di servizio, l'amministrazione non ha alcun obbligo di motivare le ragioni della preferenza accordata a quello reso dal predetto comitato, atteso che l'ordinamento non mette a disposizione dell'amministrazione una serie di pareri preordinati e resi da organi consultivi di diversa origine e competenza sui quali orientarsi, ma affida, a seconda del procedimento, ad un solo organo la competenza ad esprimere la sua valutazione; pertanto, per ciò che attiene al riconoscimento dell'equo indennizzo, è il C.p.p.o. l'unico organo competente ad esprimere un giudizio conclusivo anche sulla base dei pareri resi nei rispettivi diversi procedimenti, e il suo avviso si impone all'amministrazione, che deve solo verificare se esso, nell'esprimere le proprie valutazioni, ha tenuto conto delle considerazioni svolte dagli altri organi, con la conseguenza che un onere di motivazione a carico dell'amministrazione è concepibile solo se essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati acquisiti dal comitato, ritenga di poter esprimere un diverso avviso”. (Cons. Stato (Sez. IV), 19 aprile 1999, n. 655.) Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, 12.05.2003 - sentenza n. 728


Lavoro subordinato - donne - matrimonio - licenziamento della lavoratrice intimato nel periodo compreso tra la richiesta di pubblicazioni e il compimento di un anno dalla celebrazione - radicale nullità - configurabilità - conseguenze - diritto alla riammissione in servizio e alla relativa retribuzione - sussistenza. Il licenziamento della lavoratrice intimato - in violazione dell'art. 1 della legge 9 gennaio 1963 n. 7 - nel periodo compreso fra la richiesta delle pubblicazioni di matrimonio e il compimento di un anno dalla celebrazione è radicalmente nullo (e non temporaneamente inefficace) e comporta, perciò, il diritto della lavoratrice ad essere riammessa in servizio ed a percepire la retribuzione globale di fatto sino al giorno della effettiva riammissione. Corte di Cassazione Sezione Lavoro, del 10.5.2003 Sentenza n. 7176

 

Corresponsione continuativa di un assegno al dipendente - premio di rendimento: natura contributiva. La corresponsione continuativa di un assegno al dipendente è generalmente sufficiente a farlo considerare, anche se di ammontare variabile, come elemento della retribuzione. Corte di Cassazione del 9 maggio 2003, sentenza n. 7154

 

I requisiti per la partecipazione ad un concorso per l’accesso ai posti di pubblico impiego debbono essere posseduti dai concorrenti al momento della scadenza del termine della presentazione della domanda - irrilevanza della sopravvenienza del requisito il termine anche se con effetto retroattivo. Il Consiglio ha statuito in proposito che i requisiti per la partecipazione ad un concorso per l’accesso ai posti di pubblico impiego debbono essere posseduti dai concorrenti al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda stabilito dal bando, ed è irrilevante, a tal fine, la sopravvenienza del requisito dopo tale termine, anche se con effetto retroattivo (nella specie, si trattava di una promozione) (C. Stato, sez.IV, 23.2.1998, n.333). Consiglio di Stato, Sezione VI - 5 maggio 2003 - sentenza n. 2334

 

Lavoro - lavoro subordinato - trasferimento d'azienda - in genere - automatica caducazione delle competenze e degli "status" sindacali esistenti presso l'azienda ceduta - esclusione - fondamento. In conformità a quanto previsto nella normativa comunicativa (direttive del Consiglio CEE n. 77/187 e 2001/23), il trasferimento d'azienda, con il passaggio di una parte dei lavoratori alle dipendenze di un'impresa cessionaria, così come non comporta l'interruzione dei rapporti dei dipendenti "ceduti", neanche comporta di per sè l'automatica caducazione delle competenze e degli "status" sindacali preesistenti, i quali sono funzionali, per loro natura, alla tutela degli stessi lavoratori trasferiti. Corte di Cassazione Civile Sezione Lavoro, del 3.5.2003 Sentenza n. 6723
 

Mansioni inferiori legittime se marginali ed accessorie - i limiti esterni dello ius variandi. Una volta che l'attività prevalente ed assorbente del lavoratore rientri fra le mansioni corrispondenti alla qualifica di appartenenza, non viola i limiti esterni dello ius variandi - né frustra la funzione di tutela della professionalità, che ne risulta perseguita - l'adibizione del lavoratore stesso a mansioni inferiori, purché si tratti di mansioni che - oltre ad essere marginali ed accessorie, rispetto a quelle di competenza - non rientrino nella competenza specifica di altri lavoratori di professionalità meno elevata. Corte di Cassazione del 2 maggio 2003 sentenza n. 6714

 

Il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro è ricompreso nell'attività lavorativa - carattere di funzionalità. Il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro è ricompreso nell'attività lavorativa e va sommato al normale orario di lavoro, quando è funzionale rispetto alla prestazione. Il carattere di funzionalità sussiste allorché il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia di volta in volta inviato in diverse località per svolgere la sua prestazione. Corte di Cassazione del 11 aprile 2003 sentenza n. 5775

 

Mancata concessione del riposo settimanale - prestazione di lavoro oltre il sesto giorno consecutivo - risarcimento del danno per lesione del diritto alla salute - violazione dei diritti di cui all’art. 36 della Costituzione. La mancata concessione del riposo settimanale è illecita ed al lavoratore spetta una maggiore remunerazione ‘, in considerazione della sua superiore gravosità. Qualora il lavoratore richieda, in relazione a tali modalità di prestazione, anche il risarcimento del danno per lesione del diritto alla salute, è tenuto ad allegare e provare il pregiudizio nei suoi caratteri naturalistici e nella sua dipendenza causale dalla violazione dei diritti di cui all’art. 36 della Costituzione. Corte di Cassazione del 3 aprile 2003, sentenza n. 5207

 

Trattamento di fine rapporto - legittimità della cessazione a garanzia del finanziamento - patto compromissorio - la costituzione di ipoteca e di pegni anche di crediti. Il lavoratore che abbia ceduto, a garanzia di un finanziamento ricevuto, il proprio futuro credito per trattamento di fine rapporto, non commette frode alla legge, consistente nella violazione del patto compromissorio relativo al credito suddetto, essendo estensibile in via analogica, oltre le alienazioni dei diritti reali e la costituzione di ipoteca e di pegni anche di crediti, la disciplina di cui all’art. 2744 c.c. costituente norma di carattere eccezionale. Corte di Cassazione del 1° aprile 2003, sentenza n. 4930

 

Estratti contributivi INPS - valore probatorio - la riproduzione di un documento elettronico - piena prova pur senza la sottoscrizione del dirigente. Gli estratti contributivi su modulo a stampa fanno la sottoscrizione del dirigente, essendo la riproduzione di un documento elettronico. Corte di Cassazione del 24 marzo 2003, sentenza n. 4297
 

Periodo di prova - norme sul collocamento obbligatorio - verifica delle capacità del dipendente. Anche il personale assunto in base alla legge sul collocamento obbligatorio soggiace al periodo di prova, perché il particolare status del lavoratore rileva ai fini della costituzione del rapporto ma non sul suo svolgimento. E’ legittimo il comportamento dell’amministrazione che sottopone il dipendente, assunto in base alle norme sul collocamento obbligatorio in qualità di idraulico, ad una prova pratica di esecuzione di una prestazione tipica della mansione. La facoltà del datore di lavoro di accertare la effettiva capacità del lavoratore richiedendogli una prestazione rientrante nelle mansioni proprie di una determinata professionalità, non può essere messa in dubbio per la sola circostanza che tale prestazione ha lo scopo della verifica della capacità, anziché essere imposta da una esigenza reale. Si tratta infatti di una manifestazione legittima dell’istituto della prova, che utilizza una necessità di prestazione simulata anziché effettiva, senza ledere nella sostanza la posizione del lavoratore. La capacità dimostrata in una delle qualifiche non è sufficiente a compensare l’incapacità dimostrata nell’altra, rientrante anch’essa nella ragione del rapporto. Consiglio di Stato, Sez. V, 26 marzo 2003, sent. n. 1568

 

Lavoro subordinato - estinzione del rapporto - licenziamento collettivo - in genere - utilizzazione contemporanea di prestazioni lavorative da parte di aziende formalmente distinte ma con unica organizzazione imprenditoriale - requisiti dimensionali e quantitativi prescritti dall'art. 24 della legge n. 223 del 1991 - riferimento all'unico complesso aziendale - necessità - riferibilità di singoli licenziamenti alla medesima riduzione o trasformazione di attività - presunzione legale (ex art. 24 legge n. 223 del 1991) - condizioni". Nel caso in cui più imprese formalmente distinte, ma con un'unica organizzazione imprenditoriale (intesa anche come unico centro decisionale), utilizzino contemporaneamente le prestazioni degli stessi lavoratori, i requisiti dimensionali e quantitativi pescritti dall'art. 24 della legge n. 223 del 1991 ai fini dell'applicabilità della disciplina dei licenziamenti collettivi devono essere riferiti all'unico complesso aziendale costituito dalle predette imprese. L'art. 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223, come interpretato dall'art. 8 della legge 19 luglio 1993 n. 236, nel prevedere che i licenziamenti collettivi siano "comunque" riferibili alla medesima riduzione o trasformazione di attività, contiene una presunzione (conforme, d'altra parte, alla disciplina comunitaria: vedi Direttive CE n. 75/129 e 98/59) di riconducibilità di tutti i singoli licenziamenti ad una medesima causale, sempre che essi siano compresi nell'arco di centoventi giorni e non siano addebitabili a ragioni riguardanti il lavoratore. Corte Cassazione, Sez. L, del 24.3.2003 sent. n. 4274.

 

Maternità - lavoratrici in centro di assistenza e riabilitazione per malattie infezione, nervose o mentali - astensione del lavoro fino sette mesi dopo il parto - interpretazione del concetto di lavoro “pericoloso, faticoso, e insalubre”. L’art.3, co. 1 , L 30 dicembre 1971, n.1204, dispone che “è vietato adibire al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto (…)”. L’art. 5, D.P.R. 25 novembre 1976, n.1026, regolamento di esecuzione della detta legge, dispone che “I lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, vietati ai sensi dello stesso articolo, sono i seguenti: (…) I) I lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali: durante la gestazione e per sette mesi dopo il parto”. Dall’analisi combinata del regolamento e la legge il Consiglio di Stato afferma che la norma usa una espressione ampia e generica e che non richiede la gravità e la pericolosità in nessun modo. Le malattie nervose o mentali non sono necessariamente quelle che comportano aggressività fisica nel malato, potendo rientrare nella categoria le patologie in cui il malato non è aggressivo. E scientificamente dimostrato che la madre nei primi mesi successivi al parto attraversa un periodo di particolare vulnerabilità psichica, e lo scopo del legislatore è stato quello di proteggere la lavoratrice-madre, in questo senso deve considerarsi la attività di cura di carattere socio assistenziale come insalubre, a prescindere della pericolosità, dovuto alle possibilità di essere una fonte di stress fisico e psichico per la madre. (conforme: Consiglio di Stato, sezione VI, 24 marzo 2003, n. 1500, 1501 e 1502). Consiglio di Stato, sezione VI, 24 marzo 2003, n. 1499.

 

Ipotesi di pagamenti in "nero" ai dipendenti - violazione previdenziale - sanzione penale. Nella ipotesi di pagamenti in "nero" ai dipendenti, pur con l'accordo degli stessi, il datore di lavoro commette il reato previsto dall'art. 2 della legge n. 638/1983. Corte di Cassazione sez. III penale del 20 marzo 2003, sentenza n. 12858

 

Legge n. 104/92 - lo scopo della legge - riposo retribuito, per figlio disabile, in favore dell’unico genitore che lavora. I genitori che hanno un figlio con problemi di handicap possono usufruire di permessi retribuiti anche se sono sposati e l’altro coniuge non lavora. Secondo la Corte lo scopo della legge è quello dell’assistenza all’handicappato: conseguentemente, se per una ragione qualsiasi chi vi è addetto continuamente, non può assisterlo convenientemente, la disposizione ammette una sua sostituzione almeno temporanea. Se questo soggetto è un lavoratore dipendente è “ovvio e necessario” che possa godere di brevi permessi retribuiti. Corte di Cassazione 2003 n. 7707

Le dimissioni di un lavoratore sottoposto a stato d’ansia - revoca delle dimissioni - incapacità di intendere e di volere. Le dimissioni di un lavoratore sottoposto a stato d’ansia, provocato da esaurimento nervoso, possono essere ritenute sufficienti, dal giudice di merito, a determinare la totale, per quanto momentanea, incapacità di intendere e di volere del lavoratore, con il conseguente annullamento delle dimissioni per “incapacità di intendere e di volere” ex art. 428 del codice civile. Corte di Cassazione 2003 n. 7485
 

Il trattamento economico corrispondente all’esercizio di mansioni superiori - personale del servizio sanitario nazionale - presupposti. La Sezione, sulla base delle pronunzie della Corte Costituzionale aventi ad oggetto l’art. 29 del DPR 20 dicembre 1979 n. 761 (sentenze n. 101/1995, 286/1990 e 57/1989), si è orientata nel senso di ritenere sussistente il diritto del personale del servizio sanitario nazionale a percepire il trattamento economico corrispondente all’esercizio di mansioni superiori a condizione che ricorra nelle singole fattispecie un duplice presupposto: che le mansioni superiori siano riferite ad un posto vacante previsto dalla pianta organica e che siano state attribuite con atto formale di incarico da parte dell’organo competente ad assegnarle con il conseguente obbligo per il dipendente di esercitarle (cfr. n. 1056 del 14 settembre 1999; n. 857 del 20 luglio 1999 e 2626 del 9 marzo 2000). Consiglio di Stato, V sezione, del 17 marzo 2003 sentenza n. 1373

 

Lavoro a tempo parziale - modificazione dell’orario a seguito di accordo collettivo - limiti. E’ esclusa dal potere gestionale del datore di lavoro una modifica unilaterale (non concordata con il dipendente) dei tempi della prestazione, sebbene autorizzata dalla contrattazione aziendale. Cassazione sez. Lavoro, del 17 marzo 2003, sentenza n. 3898
 

I lavori socialmente utili rientrano nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali - si tratta di attività non assimilabili ad un rapporto d’impiego - titolo per partecipare alla procedura concorsuale - assenza. I lavori socialmente utili rientrano, nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali, con la conseguenza che spetta al legislatore, nell’ambito della sua discrezionalità, disciplinare i modi e tempi di eventuali possibilità di stabilizzazione, come effettuato con le riserve e i diritti di precedenza previsti; resta però fermo che si tratta di attività non assimilabili ad un rapporto d’impiego e tale mancata equiparazione non comporta alcun dubbio di costituzionalità, trattandosi, come dimostrato, di una fattispecie diversa (e con finalità differenti) dal rapporto di impiego. Pertanto, in assenza dell’equiparazione ad un rapporto di impiego, i lavoratori socialmente utili non avevano titolo per partecipare alla procedura concorsuale in questione e risulta così legittimo l’impugnato provvedimento di esclusione. Tale interpretazione risulta peraltro in linea con la giurisprudenza di primo grado (vedi Tar Calabria, I, n. 127/2002; Tar Campania, II, n. 3560/2002; Tar Sicilia - Palermo, II, n. 1426/2002; Tar Puglia - Bari, n. 1969/2002; Tar Toscana, n. 373/2002). Consiglio di Stato, Sezione VI del 10.3.2003, sentenza n. 1288


Previdenza (assicurazioni sociali) - assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti - contributi - ricongiunzione dei periodi assicurativi - disciplina ex legge n. 29 del 1979 - ricongiunzione presso gestioni speciali per lavoratori autonomi - presupposti - esistenza di un periodo di contribuzione nell'assicurazione generale obbligatoria (oppure in altre gestioni previdenziali) per lavoratori dipendenti di almeno cinque anni immediatamente antecedente alla domanda - conseguenze - diritto alla ricongiunzione in caso di versamento della contribuzione esclusivamente presso gestioni previdenziali per lavoratori autonomi - esclusione - questione di legittimità costituzionale - non manifesta infondatezza. L'art. 2 della legge 7 febbraio 1979 n. 29, nel prevedere la ricongiunzione dei periodi assicurativi presso gestioni speciali per lavoratori autonomi gestite dall'INPS in cui il lavoratore risulti iscritto all'atto della domanda ovvero nella quale possa far valere almeno otto anni di contribuzione versata in costanza di effettiva attività lavorativa, presuppone - in forza del rinvio all'art. 1, quarto comma, della stessa legge - che l'interessato possa far valere, altresì, un periodo di contribuzione di almeno cinque anni immediatamente antecedente alla data della domanda nell'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti oppure in due o più gestioni diverse dalla predetta a.g.o. (ma parimenti per lavoratori dipendenti), con la conseguenza che resta esclusa - in quanto non prevista - la ricongiunzione dei periodi assicurativi ove la contribuzione sia stata versata esclusivamente presso diverse gestioni previdenziali per lavoratori autonomi. In relazione a tale mancata previsione, risultante da un'interpretazione letterale e sistematica che preclude una diversa interpretazione "adeguatrice", non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del predetto art. 2, in relazione agli artt. 3 e 38 Costituzione, considerata l'oggettiva discriminazione, rispetto a tutti gli altri lavoratori, che ne deriva in pregiudizio dei lavoratori autonomi che siano stati iscritti soltanto a gestioni previdenziali autonome e tenuto conto che l'esclusione dal diritto alla ricongiunzione comporta per questi ultimi una irragionevole deroga dello "standard" di adeguatezza che - mediante la ricongiunzione - è garantito, invece, a tutti gli altri lavoratori che siano stati iscritti a diverse gestioni previdenziali. Corte di Cassazione, Sez. L, del 6.3.2003, Sent. n. 3386
 

Indennità di maternità per le lavoratrici agricole “autonome” - periodo di astensione obbligatoria - limiti. L’indennità giornaliera spettante per il periodo di astensione obbligatoria, non può essere erogata in epoca anteriore a quella in cui è stata presentata la domanda di iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli. Cassazione sez. Lavoro, del 6 marzo 2003, sentenza n. 3364
 

Gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dovuti per il ritardato pagamento dei crediti di lavoro - computo. Gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dovuti per il ritardato pagamento dei crediti di lavoro debbono essere computati sul capitale netto depurato dalle ritenute previdenziali e fiscali, e non sul capitale lordo (Sez.VI, nn.361/97, 295/95 e, da ultimo, 832/2001; Sez. IV, 1993/.54). In particolare, con la decisione n. 831/2001, la Sezione ha avuto modo di esaminare a fondo il problema anche avendo riguardo all’art.1, lett. A), del D.L. 30 dicembre 1993, n.557, convertito dalla legge 26 febbraio 1994, n.133, che rimodula l’art.6, comma 2, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.917, nel senso di parificare ai fini fiscali gli accessori dovuti per effetto della tardiva corresponsione di un reddito al reddito medesimo da cui deriva il credito su cui gli accessori stessi sono maturati. E’ stato precisato che la circostanza che il legislatore abbia decretato l’assoggettamento, al medesimo prelievo fiscale previsto per il reddito base, degli accessori dovuti in relazione alla tardiva corresponsione della somma oggetto del credito, nulla sposta in merito alla circostanza che le ritenute fiscali, al pari di quelle contributive, non avrebbero dovuto in ogni caso essere corrisposte all’interessato allo spirare fisiologico del termine legale e, quindi, non possono assumere rilievo ai fini della quantificazione del danno da risarcire per compensare il prestatore della tardiva soddisfazione del credito. Consiglio di Stato, Sezione VI del 6 marzo 2003, sentenza n. 1241

 

Il ricorso alle procedure di mobilità trattamento - straordinario di integrazione salariale - esclusione di un reimpiego - il prepensionamento. Il ricorso alle procedure di mobilità, di cui all’art.4 l. n.223/1991 presuppone che l’impresa ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale non sia in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi; dall’altro, anche il prepensionamento di cui all’art.8 d.l. n.40/1994 ed alla l. n.451/1994 trova fondamento nell’esclusione di un reimpiego dei lavoratori, in contemplazione di un nuovo piano di ristrutturazione. Consiglio di Stato, Sezione VI del 6 marzo 2003, sentenza n. 1240

La proroga del piano di ristrutturazione aziendale - lo scioglimento del rapporto di lavoro - il prepensionamento. La proroga del piano di ristrutturazione aziendale, con conseguente riconoscimento del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria, ai sensi dell'art.1, 3° comma, l. n.223/1991, si giustifica con la prospettiva di una ripresa dell'attività lavorativa, per i dipendenti beneficiari della cassa integrazione, mentre l'iscrizione nelle liste di mobilità, così come il predetto prepensionamento, implicano lo scioglimento del rapporto di lavoro (Corte Cost. 9 giugno 2000, n.184). Pertanto, la richiesta di proroga del piano di ristrutturazione aziendale è superata, sotto il profilo dell’interesse ad avvalersi della cassa integrazione guadagni straordinaria, dal conseguimento del prepensionamento degli stessi lavoratori interessati. Consiglio di Stato, Sezione VI del 6 marzo 2003, sentenza n. 1240

 

Lavoro subordinato - costituzione del rapporto - assunzione - concorsi - in genere - procedure concorsuali della pubblica amministrazione per l'assunzione di dipendenti - candidati risultati idonei e non vincitori - diritto all'assunzione per il c.d. "scorrimento della graduatoria" a prescindere da una specifica previsione legislativa (o del bando originario) e dall'interesse della p.a. alla copertura del posto - esclusione. In materia di procedure concorsuali della pubblica amministrazione preordinate all'assunzione dei dipendenti (in ordine alla quale la c.d. "privatizzazione" del rapporto non ha prodotto innovazioni rispetto al precedente regime normativo), l'istituto del c.d. "scorrimento della graduatoria", che consente a candidati semplicemente idonei di divenire vincitori effettivi precludendo l'apertura di nuovi concorsi, presuppone necessariamente una decisione dell'amministrazione di coprire il posto; pertanto, salvo che - per specifica disposizione di legge o del bando - tra i posti messi a concorso originariamente debbano essere compresi anche quelli che si dovessero rendere vacanti entro una certa data, l'obbligo di servirsi della graduatoria entro il termine di efficacia della stessa preclude all'amministrazione di bandire una nuova procedura concorsuale ove decida di reclutare personale, ma non la obbliga all'assunzione dei candidati non vincitori in relazione a posti che si rendano vacanti e che l'amministrazione stessa non intenda coprire. Corte di Cassazione, Sez. L, del 5.3.2003, Sent. n. 3252
 

Avanzamento ufficiali - litisconsorti necessari - l’annullamento dell’intero procedimento concorsuale o dell’intera graduatoria. In tema di avanzamento ufficiali, sono litisconsorti necessari, sia gli ufficiali iscritti in quadro che quelli dichiarati idonei ma non iscritti, allorquando rimangano tutti travolti dall’accoglimento della censura di macroscopica illogicità dell’operato complessivo della commissione di avanzamento o di altra censura a carattere procedimentale che tenda all’annullamento dell’intero procedimento concorsuale o dell’intera graduatoria, comprensiva anche degli idonei non promossi al grado superiore. A mente dell’art. 40, comma 4, d.lgs. n. 490 del 1997, tutti gli ufficiali iscritti in quadro sono litisconsorti necessari nel giudizio instaurato contro il relativo quadro di avanzamento da altro ufficiale dichiarato idoneo ma non promosso. Consiglio di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1198

 

Apprendista adolescente - orario di lavoro - limiti. Nel caso di apprendista adolescente (età compresa tra i 15 ed i 18 anni) l’orario di lavoro non può superare i limiti di orario previsti dall’art. 18, comma 2, della legge n. 977/1967, più rigorosi di quelli ipotizzati, in via generale, dall’art. 10 della legge n. 35/1955, e che l’orario di istruzione non può aggiungersi a quello di lavoro, senza comportare il superamento dei particolari limiti prescritti “ratione aetatis”, che invece devono ritenersi riferiti al tempo complessivamente impiegato, sia per l’esecuzione delle prestazioni lavorative vere e proprie, sia per l’apprendimento teorico del lavoro. Cassazione Penale Sezione III, del 3 marzo 2003, sentenza n. 9516

 

Impiego pubblico - giurisdizione civile - giurisdizione ordinaria e amministrativa - in genere - controversie relative alle procedure di contrattazione collettiva (anche integrativa) - devoluzione al giudice ordinario, ex art. 63 d.lgs. n. 165 del 2001 - controversie sulla validità o efficacia di determinate clausole collettive - inclusione - fondamento. La devoluzione al giudice ordinario delle controversie relative alle "procedure" di contrattazione collettiva (ivi compresa quella integrativa), secondo la previsione dell'art. 63, terzo comma, del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, include anche quelle controversie in cui venga in contestazione la validità o l'efficacia di determinate clausole collettive, atteso che, da una parte, la menzione delle "procedure" non può essere intesa in senso restrittivo, così come si desume dalla disposizione di cui al successivo art. 64 del citato D.Lgs., che attribuisce allo stesso giudice ordinario l'accertamento pregiudiziale sull'efficacia, la validità e l'interpretazione dei contratti collettivi nazionali, e che, d'altronde, la "ratio" di tale devoluzione si ricollega al tipo di situazioni giuridiche soggettive implicate dalle vicende dell'autonomia contrattuale collettiva, la cui natura, a questi fini, rileva sia nella fase procedimentale e precontrattuale sia, a maggior ragione, una volta che il contratto sia effettivamente concluso. Corte di Cassazione, Sez. Unite, del 3.3.2003 Sentenza n. 3145

 

Contratto di formazione e lavoro - forma scritta - la comunicazione di assunzione - la qualificazione del rapporto sul libretto di lavoro. La forma scritta nel contratto di formazione e lavoro non è surrogabile da dichiarazioni unilaterali delle parti, come la comunicazione di assunzione al servizio per l’impiego o la qualificazione del rapporto sul libretto di lavoro. Da ciò ne consegue che il rapporto deve intendersi costituito a tempo indeterminato. Cassazione sez. Lavoro, del 3 marzo 2003, sentenza n. 3120
 

Lavoratore assente per malattia - godimento delle ferie maturate - imputazione a ferie di un periodo di malattia per evitare il superamento del periodo di comporto - scadenza del periodo di comporto - armonizzazione delle esigenze aziendali e degli interessi del datore di lavoro. Non può configurarsi un'incondizionata facoltà del lavoratore assente per malattia e ulteriormente impossibilitato a riprendere servizio di sostituire alla malattia il godimento delle ferie maturate quale titolo della sua assenza,, tuttavia il datore di lavoro, nell'esercizio del suo diritto alla determinazione del tempo delle ferie, dovendo attenersi alla direttiva dell'armonizzazione delle esigenze aziendali e degli interessi del datore di lavoro (art. 2109 c.c.), è tenuto, se sussiste una richiesta del lavoratore ad imputare a ferie un'assenza per malattia, a prendere in debita considerazione il fondamentale interesse del richiedente ad evitare la perdita del posto di lavoro a seguito della scadenza del periodo di comporto (Cass. 28 gennaio 1997 n. 873, 19 novembre 1998 n. 11691. 17 febbraio 2000 n. 1774, Cass. 11 maggio 2000 n. 6043, 8 novembre 2000 n. 14490). In altre pronunce è stata sottolineata l'inesistenza di un obbligo del datore di lavoro di accordare le ferie al fine di evitare il superamento del periodo di comporto (Cass. 2 ottobre 1998 n. 9797) o si è comunque ribadita la non configurabilità di un automatico prolungamento del periodo di comporto per malattia per il tempo corrispondente ai giorni di ferie maturati e non goduti, in assenza di richiesta del lavoratore (Cass. 4 giugno 1999 n. 5528). In linea generale, gli interessi particolari dei singoli prestatori di lavoro possono essere presi in considerazione dal datore di lavoro, al fine di determinare il periodo di fruizione delle ferie, solo se gli sono portati a conoscenza. Inoltre, la fruizione delle ferie durante la malattia si pone potenzialmente in contrasto con il principio di (possibile) incompatibilità tra godimento delle ferie e malattia, di modo che solo ove sussista una richiesta del lavoratore, che intenda privilegiare l'interesse a prevenire l'esaurimento del periodo di comporto, può ipotizzarsi la sua collocazione in ferie in costanza di denunciata malattia. Corte di Cassazione del 27 febbraio 2003 Sentenza n. 3028

 

Lavoratori interinali - la correlazione esistente tra il contratto di fornitura ed il contratto che lega l'Agenzia interinale ed il dipendente temporaneo - il rapporto di lavoro trasformato. Nel caso in cui le date di utilizzazione del lavoratore fissate nei due contratti non corrispondano ed il lavoratore continui a prestare la propria opera presso l'impresa utilizzatrice dopo la data fissata nel contratto stipulato con l'agenzia interinale, il rapporto di lavoro è trasformato a tempo indeterminato presso il datore di lavoro che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione. Corte di Cassazione del 27 febbraio 2003, sentenza n. 3020

 

Lavoro subordinato - costituzione del rapporto - durata del rapporto - a tempo determinato - forma - rapporto interinale" - nozione - disciplina ex legge n. 196 del 1997 - trasformazione in rapporto a tempo indeterminato per superamento del termine convenuto - riferimento al contratto di prestazione di lavoro temporaneo (cosiddetto contratto-base) e non a quello di fornitura concluso con l'impresa utilizzatrice - necessità - fondamento. Il rapporto di lavoro "interinale", disciplinato dalla legge 24 giugno 1997 n. 196, ha luogo attraverso due distinti contratti, quello di fornitura di lavoro temporaneo ad un'impresa utilizzatrice e quello di prestazione di tale lavoro, con la scissione fra la gestione normativa e quella tecnico-produttiva del lavoratore; in tale ambito, peraltro, il contratto di lavoro temporaneo costituisce per il lavoratore la fonte esclusiva della disciplina normativa del suo rapporto di lavoro (cosiddetto contratto-base) ed al suo contenuto va fatto riferimento per accertare l'assoggettamento dell'impresa utilizzatrice alla sanzione - prevista dall'art. 10, terzo comma, della citata legge - della trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato, in caso di superamento del termine convenuto; ne consegue che, nell'ipotesi di contrasto fra il termine finale contenuto nel contratto di prestazione di lavoro e quello contenuto nel contratto di fornitura, ha rilievo, ai fini predetti, unicamente il termine di cui al primo contratto, il cui contenuto è rilevante anche nei confronti dell'impresa utilizzatrice perchè ad essa si estende per effetto di una fattispecie caratterizzata da due autonomi negozi - ontologicamente fra loro collegati - che danno luogo ad un rapporto - indivisibile - trilaterale, mentre sul lavoratore, attesa la sua posizione nel rapporto di fornitura, non incombe alcun obbligo di conoscenza del contenuto dello stesso. Corte di Cassazione, Sez. L, del 27.2.2003, Sent. n. 3020

 

Il rapporto di lavoro interinale - due distinti contratti - fornitura di lavoro temporaneo - prestazione di tale lavoro - c.d. contratto base - contratto di fornitura. Il rapporto di lavoro interinale si realizza attraverso due distinti contratti, quello di fornitura di lavoro temporaneo e quello di prestazione di tale lavoro. Esso è caratterizzato da una scissione fra gestione normativa e gestione tecnico produttiva del lavoratore; in tale ambito il contratto di prestazione di lavoro temporaneo costituisce per il lavoratore la fonte esclusiva della disciplina normativa del suo rapporto di lavoro (c.d. contratto base) ed al suo contenuto va fatto riferimento per accertare l'assoggettamento della impresa utilizzatrice alla sanzione prevista dal comma 3 dell'art.10 l. 196/97, con la conseguenza che in caso di contrasto fra il termine finale contenuto nel contratto di prestazione di lavoro e quello contenuto nel contratto di fornitura, ai fini predetti, ha rilievo unicamente il termine contenuto nel primo contratto; il contenuto di detto contratto è rilevante anche nei confronti dell'impresa utilizzatrice perché ad essa si estende per effetto di una fattispecie caratterizzata da due autonomi negozi ontologicamente fra loro collegati che danno luogo ad un rapporto indivisibile trilaterale; sul lavoratore, attesa la sua posizione nel contratto di fornitura, non incombe alcun obbligo di conoscenza del contenuto dello stesso. Corte di Cassazione del 27 febbraio 2003, sentenza n. 3020

 

Trasferimento di azienda per provvedimento dell’autorità pubblica. La disciplina del trasferimento di azienda non è applicabile nei casi in cui il trasferimento di azienda derivi non da atto negoziale, ma avvenga in forza di provvedimento autoritativo. Cassazione, del 26 febbraio 2003, sentenza n. 2936

 

Il criterio del limite differenziale - limiti di applicazione - lavoro a ciclo continuo - rappresentanze sindacali. Ai sensi del combinato disposto degli articoli 6 del DPCM 1 marzo 1991 e 4 del DPCM 14 novembre 1997, il criterio del limite differenziale non si applica, allorquando le previsioni del C.C.N.L. per i lavoratori dell’industria della gomma e della plastica- seppure non disciplinanti in maniera automatica e diretta il lavoro sulle ventiquattro ore per cicli settimanali- consentono, tuttavia, di organizzare, nei relativi stabilimenti, il lavoro a ciclo continuo, quale scelta di specie dell’imprenditore, da concordare con appositi accordi con le rappresentanze sindacali. Consiglio di Stato Sezione IV, - 18 febbraio 2003 - Sentenza n. 880 (vedi: sentenza per esteso)
 

Ferie e risoluzione del rapporto - obbligo di corresponsione dell’indennità sostitutiva. La norma contrattuale che attribuisce al lavoratore, in caso di risoluzione del rapporto, il diritto al periodo completo annuale di ferie alla condizione che nell’anno le stesse possano essere godute, prima della risoluzione, non esclude l’obbligo di corresponsione dell’indennità sostitutiva qualora la integrale fruizione sia risultata impossibile. Cassazione sez. Lavoro, del 17 febbraio 2003, sentenza n. 2360

 

Prescrizione dei crediti contributivi - il termine di prescrizione. L’art. 3, comma 9, della legge n. 335/1995 ha ridotto il termine di prescrizione decennale delle contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni obbligatorie a cinque anni, con decorrenza dal 1° gennaio 1996, senza comprendere le contribuzioni maturate prima di quella data. L’art. 3, comma 10, ha, invece, eliminato la sospensione triennale del corso della prescrizione (introdotto dalla legge n. 683/1983), salvo il caso di atti interrottivi già validamente compiuti o di procedure in corso al momento dell’entrata in vigore della legge n. 335/1995. Cassazione, del 12 febbraio 2003, sentenza n. 2100
 

Il ricorso contro il provvedimento col quale un ente pubblico a carattere ultraregionale colloca a riposo un proprio dipendente - competenza territoriale. Il ricorso contro il provvedimento col quale un ente pubblico a carattere ultraregionale colloca a riposo un proprio dipendente, rientra nella competenza territoriale (non del T.A.R. del Lazio, ma) del T.A.R. nella cui circoscrizione tale dipendente aveva la sua sede di servizio (cfr. Cons. St., VI, 14 luglio 1978, n.974; Cons. St., IV, 24 novembre 1978, n.1042; Cons. St., VI, 14 luglio 1982, n.379). Conforme: Consiglio di Stato, Sezione IV - 11 febbraio 2003 - Sentenze nn. 714 - 713 - 711. Consiglio di Stato, Sezione IV - 11 febbraio 2003 - Sentenza n. 724

 

Trattamento di fine rapporto - computo del premio aziendale di anzianita'. Non si può, non conformarsi a quell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui l'originaria spontaneità del premio si è trasformata, per effetto dell'inequivoco comportamento delle parti, consistente nell'attribuzione della erogazione da parte del datore di lavoro in occasione della maturazione di un servizio pluriannuale prestabilito e nella corrispettiva legittima attesa dei lavoratori a conseguirla, in un vincolo obbligatorio, sì che il premio perdendo l'originaria natura di liberalità, è infine divenuto un corrispettivo per la fedeltà della prestazione resa per un certo numero di anni: corrispettivo che ha assunto, per effetto del gradimento dei dipendenti, natura di compenso riconosciuto dall'uso aziendale, inserito, come tale, nel contratto di lavoro, di cui completa il contenuto in senso modificativo o derogativo (in melius) della contrattazione collettiva (cfr. Cass. Sez. Un. n. 8573 del 1990). Tali considerazioni, d'altra parte, questa Corte ha già espresso, in analoga controversia, con la recente sentenza n. 11607 del 2002, le cui conclusioni devono perciò essere ribadite in questa sede. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, del 5 febbraio 2003, Sentenza n. 1693

 

Il premio aziendale - computo del TFR - liberalità in “fedeltà della prestazione”.. Qualora il premio aziendale dall’originaria spontaneità si sia trasformato per effetto dell’inequivoco comportamento delle parti da iniziale liberalità in “fedeltà della prestazione”, resa per un certo numero di anni, rientra nel computo del TFR. Cassazione sez. Lavoro, del 5 febbraio 2003, sentenza n. 1693

 

La scelta discrezionale del responsabile del servizio di Polizia Municipale da parte del Sindaco - la nomina di comandante del corpo di P.M. - la durata dell’incarico - mansioni superiori. Il Sindaco che ha esercitato la scelta discrezionale del responsabile del servizio di P.M. (nella specie eretto in corpo) deve rispettare appieno la disposizione dell’art. 51 comma 3 bis L. 142/90, fissando la durata dell’incarico nei termini di cui all’art. 24 del regolamento dei servizi). In difetto di tale indicazione, sempre ai sensi del citato art. 24 le funzioni si intendono attribuite fino al termine del mandato elettivo del sindaco, il quale potrà revocare tuttavia l’incarico medesimo per una delle specifiche ragioni stabilite nel detto regolamento. Di mansioni superiori può parlarsi allorché si attribuiscano ad un dipendente compiti ed attività proprie di un’altra fascia (ad esempio conferimento di funzioni di fascia D a dipendente di fascia C) mentre nella specie le funzioni ed i compiti di comandante del corpo di Polizia Municipale, come funzioni dirigenziali, sono state attribuite a soggetto di fascia D che, dunque, espletava mansioni di livello di appartenenza. Tribunale del Lavoro - di Patti - Ordinanza del 31 gennaio 2003.

 

Contratti collettivi di lavoro - svolgimento di mansioni superiori - atti di inquadramento. A norma dei vari contratti collettivi di lavoro per il personale dipendente degli enti locali e segnatamente dell’art. 50 D.P.R. 3 agosto 1990 n. 333, la rilevanza giuridica ed economica dello svolgimento di mansioni superiori presuppone sia la vacanza del relativo posto in organico sia il conferimento con atto formale proveniente dall’Organo a ciò competente ( Cfr. per tutte, Cons. giust. Sicilia 6 marzo 1998, n. 128). I presupposti necessari per il richiesto reinquadramento sono l’assegnazione di mansioni superiori da parte del organo competente in materia e l’inerenza di dette mansioni ad un posto vacante in pianta organica. Gli atti di inquadramento sono di natura vincolata e, pertanto, sono immuni dai vizi di eccesso di potere per disparità di trattamento, carenza di motivazione e ingiustizia manifesta (cfr. per tutte Cons. Stato, VI Sez. 26 gennaio 1993 n. 100). T.A.R. Campania- Napoli , sezione IV, 31 gennaio 2003, n. 520

 

Artigianato - impresa artigiana iscrizione all'albo - in genere - società in accomandita semplice - configurabilità come impresa artigiana ai sensi dell'art. 3 della legge n. 443 del 1985 - condizioni. In tema di iscrizione all'albo delle imprese artigiane, perchè una società in accomandita semplice possa acquisire tale qualità, occorre che i soci accomandatari siano tutti in possesso dei requisiti dell'imprenditore artigiano e che nessuno di essi sia socio di una società a responsabilità limitata o socio di altra società in accomandita semplice. Invece non rileva - ne come condizione ulteriore, ne autonomamente come presupposto per un modello alternativo e concorrente di società artigiana in accomandita semplice - il fatto che la maggioranza dei soci, accomandatari ed accomodanti, svolga in prevalenza lavoro personale nel processo produttivo. Corte Cassazione, Sez. Lavoro, del 30.1.2003 Sent. n. 1499

 

Il compenso per lavoro straordinario - prova in giudizio - valutazione equitativa del giudice. Il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per lavoro straordinario ha l’onere di dimostrare di aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro, senza che l’assenza di tale prova possa essere supplita dalla valutazione equitativa del giudice. Cassazione sez. Lavoro, del 29 gennaio 2003, sentenza n. 1389
 

Lo svolgimento delle funzioni superiori e quello di mera sostituzione vicaria dell’organo di vertice del titolare - Servizio Sanitario Nazionale - rapporto di impiego - i compiti e i doveri propri del dipendente. Nell’ambito del rapporto di impiego concernente il S.S.N., ai sensi della normativa vigente (e in particolare di quella di cui agli articoli 7, quinto comma, del D.P.R. n.128/1969 e 29, terzo comma, del D.P.R. n.761/1979) la sostituzione “vicaria” del titolare dell’organo di vertice, legittimamente impedito all’esercizio delle sue funzioni, rientra (come più volte affermato dalla giurisprudenza del giudice amministrativo) tra i compiti e i doveri propri del dipendente, a cui, quindi non spetta alcuna maggiorazione stipendiale per l’esercizio delle superiori funzioni. In altri termini deve ribadirsi come sia ben diverso il caso (qualora ne ricorrano i rigidi presupposti normativi) dell’incarico formale di svolgimento delle funzioni superiori e quello di mera sostituzione vicaria del titolare, caso quest’ultimo in cui, le funzioni suppletive rientrano in quelle globali attinenti al rapporto di impiego. Consiglio di Stato, Sez. V - 29 gennaio 2003 - Sentenza n. 452

 

Giudizio di responsabilità amministrativa - intervento ad adiuvandum - consentito senza introduzione di domande nuove o ampliative del thema decidendum - indebite erogazioni di prestazioni assicurative - danno erariale - sussiste - impiegato INPS - condotte operative mosse da intento doloso per conseguire tornaconto personale - obblighi di natura contabile - responsabilità - sussiste - la lesione all’immagine dell’ente pubblico - sussiste. È consentito, nel giudizio di responsabilità amministrativa, l'intervento ad adiuvandum, quando questo sia diretto a sostenere le ragioni di una delle parti in lite, senza introdurre domande nuove od ampliare il thema decidendum, purché possa essere individuato l'interesse concreto dell'interveniente, interesse meritevole di protezione giuridica. L’indebita erogazione di prestazioni assicurative a carico dell’INPS costituisce una precisa ipotesi di danno erariale, inteso quale perdita certa, concreta ed attuale di somme di pertinenza dell’ente pubblico. Sussiste la responsabilità amministrativa dell'impiegato dell’INPS, sul quale incombevano obblighi di natura contabile, addetto alla liquidazione ed erogazione di prestazioni assicurative, a causa di irregolari e ripetute condotte operative mosse da grave intensità dolosa, dirette a conseguire, sul piano personale, somme di pertinenza dell’ente pubblico. Sussiste la lesione all’immagine dell’ente pubblico, indipendentemente dalla eventuale spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso, quando sussista un’eccezionale gravità del comportamento del responsabile, dovuta sia alla peculiare posizione rivestita dallo stesso, sia dall'entità del danno patrimoniale e, infine, dalla durata della situazione di irregolarità amministrativa. Corte dei Conti Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo - del 28.01.2003 Sentenza n. 32

 

Calcolo della riliquidazione dell’indennità - il complessivo servizio prestato - il diritto all’indennità di buonuscita. Ai sensi dell’art. 4, D.P.R. n. 1032/73, “al dipendente statale, che abbia conseguito il diritto all’indennità di buonuscita e venga riassunto, spetta la riliquidazione dell’indennità per il complessivo servizio prestato, purché il nuovo servizio sia durato almeno due anni consecutivi. La riliquidazione viene effettuata sull’ultima base contributiva. Dal nuovo importo viene detratto quello dell’indennità già conferita e dei relativi interessi composti al saggio annuo del 4,24 per cento per il periodo, computato in anni interi per difetto, intercorrente tra la prima attribuzione e quella definitiva”. Consiglio di Stato, Sez. VI - 27 gennaio 2003 - Sentenza n. 415

 

Mobbing - trattamenti retributivi deteriori e non corrispondenti alle effettive prestazioni lavorative. E’ ipotizzabile il delitto di estorsione di cui all’art. 629 c.p. nella ipotesi in cui nel settore delle imprese di pulizia si registrino casi in cui i responsabili adottino comportamenti tali da far accettare ai dipendenti trattamenti retributivi deteriori e non corrispondenti alle effettive prestazioni lavorative. Cassazione Penale Sezione II, del 24 gennaio 2003, sentenza n. 3779

 

La repressione della condotta antisindacale nel settore del pubblico impiego - la giurisdizione del giudice ordinario nel nuovo sistema - l'atto antisindacale del datore di lavoro pubblico ha la connotazione di atto privatistico. In tema di repressione della condotta antisindacale nel settore del pubblico impiego, le regole di riparto della giurisdizione, anche prima delle modificazioni introdotte dalla legge 12 luglio 1990 n. 146, sono state sempre fondate sul riconoscimento delle situazioni soggettive proprie ed esclusive delle associazioni sindacali (cosiddetti diritti sindacali in senso stretto), quali diritti soggettivi perfetti, tutelabili dinanzi al giudice ordinario. In applicazione di tali regole, è stato considerato irrilevante il fatto che il comportamento lesivo addebitato all'ente pubblico si sostanzi in un formale provvedimento o invece si traduca in una qualsiasi condotta materiale o in qualsiasi fatto che, per la sua intrinseca essenza o per il suo modo di essere e di manifestarsi, sia tale da assumere carattere antisindacale (Cass. ss. uu. 26 luglio 1984, n. 4390; 28 novembre 1990, n. 11461) o che l'ordine di cessazione della condotta antisindacale emesso dal giudice ordinario comporti l'imposizione alla pubblica amministrazione di un facere o di un pati (Cass. 14 agosto 1999, n. 592). L'art. 63, terzo comma, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, confermando l'avvenuta privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, una cognizione incondizionata in materia di condotta antisindacale delle pubbliche amministrazioni. In coerenza con questi dati, l'art. 4 della legge 11 aprile 2000 n. 83 aveva già abrogato il sesto e settimo comma dell'art. 28 legge n. 300/1970, aggiunti con l'art. 6 della legge 12 giugno 1990 n. 146, con i quali era stabilito il frazionamento di tutela fra giudice ordinario e giudice amministrativo, correlata, la prima, a condotte lesive del solo sindacato e la seconda a quelle lesive, oltre che di interessi sindacali, di situazioni soggettive inerenti al pubblico impiego. Le riforme da ultimo intervenute non lasciano spazio neppure alla tesi che appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia nella quale sia chiesta anche la rimozione dei provvedimenti lesivi che investono la sfera dei singoli lavoratori. Nel nuovo sistema, infatti, anche l'atto antisindacale del datore di lavoro pubblico ha la connotazione di atto privatistico, omologo a quello scorretto del datore di lavoro privato, come tale suscettibile di cognizione da parte del giudice ordinario, anche se sia richiesta l'eliminazione dell'atto stesso e dei suoi effetti. Corte di Cassazione del 24 gennaio 2003 Ordinanza n. 1127

 

Lo svolgimento dell’attività formativa - criteri per la formazione. Lo svolgimento dell’attività formativa deve essere adeguata ed effettivamente idonea ad attuare una sorta di ingresso guidato del giovane nel mondo del lavoro. Cassazione sez. Lavoro, del 23 gennaio 2003, sentenza n. 1006

 

Assicurazione contro la disoccupazione - contributi e prestazioni - indennità - in genere - diritto alla c.d. mobilità lunga ex art. 7, settimo comma, legge n. 223 del 1991 - requisito dell'anzianità contributiva di ventotto anni nell'assicurazione generale obbligatoria - computo di periodi contributivi relativi ad attività di lavoro autonomo - ammissibilità - fondamento - ricongiunzione di tali periodi nella gestione dei lavoratori dipendenti - necessità - esclusione - fattispecie". Ai fini del conseguimento del diritto alla c.d. mobilità lunga, di cui all'art. 7, settimo comma, della legge n. 223 del 1991, il requisito dell'anzianità contributiva di ventotto anni nell'assicurazione generale obbligatoria può essere raggiunto anche mediante il computo di periodi di contribuzione versata presso le gestioni speciali dei lavoratori autonomi, ben potendo il lavoratore - che abbia versato i contributi in parte nella gestione speciale e in parte in quella dei lavoratori dipendenti - raggiungere i trentacinque anni di contribuzione necessari per il pensionamento nella gestione speciale, previo cumulo "pro quota" dei contributi versati nelle due diverse gestioni, ai sensi dell'art. 16 della legge n. 233 del 1990, senza necessità di dover domandare la ricongiunzione della posizione contributiva presso la gestione dei lavoratori dipendenti (nella specie, la S.C., confermando la sentenza di merito che aveva riconosciuto il diritto alla c.d. mobilità lunga mediante computo dei contributi versati nella gestione speciale degli artigiani, ha dato conto del contrasto di giurisprudenza esistente sulla questione e, nell'enunciare il principio di cui in massima, ha altresì rilevato come la sottrazione dei lavoratori all'onere della ricongiunzione sia coerente con la tendenza dell'ordinamento alla realizzazione di un sistema di "totalizzazione" alternativo alla "ricongiunzione", alla stregua della sentenza della Corte costituzionale n. 61 del 1999). Corte di Cassazione, Sez. L., del 20.1.2003 Sent. n. 771

 

Provvedimento illegittimo interruttivo del rapporto lavorativo - il principio della restitutio in integrum - il giudicato di annullamento di un provvedimento negativo - diniego di nomina a qualifica superiore. La giurisprudenza, con costante ed univoco orientamento (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2001, n. 2286), ha affermato il principio per cui la restitutio in integrum a fini economici è configurabile nei soli casi in cui la prestazione è stata impedita per l’adozione di un provvedimento illegittimo interruttivo del rapporto (sospensione, destituzione ecc.), mentre il giudicato di annullamento di un provvedimento negativo della costituzione del rapporto, cui è equiparabile quello del diniego di nomina a qualifica superiore in esito ad un concorso giudicato illegittimo, dà diritto, in applicazione del principio generale della sinallagmaticità, alla sola retrodatazione della nomina a fini giuridici ma non economici. Consiglio di Stato, Sezione V del 20 gennaio 2003, n. 169

 

Contratto a termine - termine prescrizionale dei crediti retributivi di lavoro derivanti da distinti contratti a termine - decorrenza per i crediti che sorgono nel corso del rapporto lavorativo - la "tassatività" delle elencazione delle cause sospensive.. Nel caso che tra le stesse parti si succedano due o più contratti a termine, ciascuno dei quali legittimo ed efficace, il termine prescrizionale dei crediti retributivi di cui agli artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1, c.c. inizia a decorrere per i crediti che sorgono nel corso del rapporto lavorativo dal giorno della loro insorgenza e per quelli che si maturano alla cessazione del rapporto a partire da tale momento, dovendo - ai fini della decorrenza della prescrizione - i crediti scaturenti da ciascun contratto considerarsi autonomamente e distintamente da quelli derivanti dagli altri e non potendo assumere alcuna efficacia sospensiva della prescrizione gli intervalli di tempo intercorrenti tra un rapporto lavorativo e quello successivo, stante la "tassatività" delle elencazione delle cause sospensive di cui agli artt. 2941 e 2942 c.c. e la conseguente impossibilità di estendere tali cause al di là delle fattispecie da quest’ultime norme espressamente previste. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, del 16 gennaio 2003, sentenza n. 575

 

Determinazione del minimale contributivo e retribuzione imponibile - il contratto collettivo di settore - c.d. "minimo retributivo costituzionale". Ai fini della determinazione del minimale contributivo occorre prendere quale parametro di riferimento il contratto collettivo di settore stipulato dalle Associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, quandanche il datore di lavoro, ai fini della retribuzione, faccia riferimento all’art. 36 della Costituzione (c.d. "minimo retributivo costituzionale"). Corte di Cassazione del 14 gennaio 2003, sentenza n. 456

 

I presupposti indefettibili per la configurabilità dell’esercizio delle mansioni superiori - termine di utilizzo. Presupposti indefettibili per la configurabilità dell’esercizio delle mansioni superiori sono, da un lato, l’esistenza in organico di un posto vacante corrispondente alle mansioni che si vanno a svolgere e, dall’altro, l’attribuzione dell’incarico di svolgere le predette mansioni con un preventivo atto formale (Cfr. Cons. Stato: fra tante Sez. V - 18 aprile 2001, n. 2324; 8 aprile 1999, n. 390). Si richiede inoltre, accanto alle due suindicate condizioni, che l’Amministrazione utilizzi nell’anno solare l’opera del dipendente in mansioni superiori a quelle di appartenenza per un periodo superiore ai sessanta giorni sulla base dell’art. 29 - comma secondo - del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761. E tale termine è posto in ragione di specifiche esigenze poste nell’interesse pubblico dell’assistenza (Nella specie l’Unità Sanitaria Locale di Crotone, con deliberazione n. 16 del 4 dicembre 1982, ha provveduto ad assegnare all’interessato le funzioni superiori in via temporanea su un posto vacante e senza variazione del trattamento economico. Né risulta l’adozione di deliberazioni, neanche di carattere ricognitivo, attestanti in modo diverso). Conforme: Consiglio di Stato, V Sezione 2001 sentenza n. 3995. Consiglio di Stato, V Sezione del 14 gennaio 2003 sentenza n. 91

 

La giurisdizione sul rapporto di lavoro degli appartenenti al Corpo forestale dello Stato è del giudice amministrativo. Il primo giudice, dopo avere rilevato che il ricorso di primo grado era stato notificato il 28 settembre 2000, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, sul rilievo che: “ai sensi dell’art.45, punto 17, parte seconda D.L.vo 31 marzo 1988 n.80 le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti anteriore alla data del 30 giugno 1998 restano riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ove i relativi ricorsi siano stati proposti, a pena di decadenza, entro e non oltre il 15 settembre 2000”. L'eccezione accolta dal primo giudice è tuttavia infondata, atteso che, il D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 (recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), all’art. 1 comma 2°, dispone che sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Il successivo art.3 1° comma dispone inoltre che in deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287. Dispone inoltre il terzo comma dell'articolo 16 della L. 1 aprile 1981 n.121 (nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), che sono altresì forze di polizia e possono essere chiamati a concorrere nell'espletamento di servizi di ordine e sicurezza pubblica il Corpo degli agenti di custodia e il Corpo forestale dello Stato. Dalle disposizioni richiamate si evince agevolmente che la giurisdizione sul rapporto di lavoro degli appartenenti al Corpo forestale dello Stato è del giudice amministrativo. Non vi è dubbio inoltre che le controversie attinenti la legittimità del procedimento e della sanzione disciplinare siano comprese nella materia oggetto delle controversie sul rapporto di lavoro. Consiglio di Stato Sezione VI, 8 gennaio 2003 sentenza n. 25

 

L’attribuzione delle mansioni e del relativo trattamento economico - i requisiti costituzionali di proporzionalità e di sufficienza della retribuzione. Resta fermo, per il periodo antecedente l'entrata in vigore del d.lgs. n. 387/98, che lo svolgimento di mansioni superiori alla qualifica formalmente ricoperta non dà diritto alle differenze retributive (Cons. Stato Ad. plen., 28 gennaio 2000, n. 10 e 23 febbraio 2000, n. 11). Va richiamata la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (che il collegio condivide e fa propria, in quanto ancora di recente ribadita dall’Adunanza Plenaria), per la quale: - salvo che una legge disponga altrimenti (anche in sanatoria delle situazioni già verificatesi), le mansioni svolte da un dipendente, se sono di livello superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento, sono del tutto irrilevanti, sia ai fini economici che ai fini della progressione di carriera, ovvero della emanazione di un provvedimento di preposizione ad un ufficio (Cons. giust. Amm., 20 dicembre 2000, n. 491; Sez. IV, 20 ottobre 2000, n. 5626; Sez. VI, 19 settembre 2000, n. 4871; Sez. V, 24 agosto 2000, n. 4601; Sez. VI, 22 agosto 2000, n. 4553; Sez. VI, 11 luglio 2000, n. 3882; Sez. V, 24 marzo 1998, n. 354; Sez. IV, 28 ottobre 1996, n. 1157; Cons. giust. amm., 25 ottobre 1996, n. 363; Sez. V, 24 ottobre 1996, n. 1282; Sez. V, 24 maggio 1996, n. 597; Sez. V, 24 maggio 1996, n. 587; Sez. V, 2 febbraio 1996, n. 120; Comm. spec. pubblico impiego, 20 novembre 1995, n. 345; Sez. V, 22 marzo 1995, n. 452; Sez. V, 9 marzo 1995, n. 307; Sez. V, 18 gennaio 1995, n. 89; Sez. V, 23 novembre 1994, n. 1362); - la pretesa ad una retribuzione superiore a quella attribuita dalla normativa applicabile non può fondarsi sull’art. 36 Cost. (Sez. VI, 19 settembre 2000, n. 4871; Sez. V, 11 settembre 2000, n. 4805; Sez. VI, 11 luglio 2000, n. 3882; Sez. VI, 15 maggio 2000, n. 2785; Sez. IV, 3 maggio 2000, n. 2611; Ad. Plen., 23 febbraio 2000, n. 11; Ad. Plen., 18 novembre 1999, n. 22; Comm. spec. pubb. imp., 15 marzo 1999, n. 431/99; Sez. IV, 28 ottobre 1996, n. 1157; Sez. V, 24 ottobre 1996, n. 1282; Comm. spec. pubblico impiego, 20 novembre 1995, n. 345; Sez. IV, 15 ottobre 1990, n. 768; Ad. Plen., 5 maggio 1978, n. 16; Ad. Plen., 4 novembre 1977, n. 17), che non impone al legislatore di emanare periodicamente leggi di sanatoria ed invece costituisce il parametro per verificare (in sede costituzionale o amministrativa, se il quantum è determinato rispettivamente con leggi o con regolamenti) se le scelte del conditor iuris hanno violato il principio costituzionale (Sez. V, 24 maggio 1996, n. 587; Sez. V, 22 marzo 1995, n. 452); - gli artt. 51 e 97 Cost. comportano che l’attribuzione delle mansioni e del relativo trattamento economico non possono costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi (Sez. VI, 19 settembre 2000, n. 4871; Sez. VI, 11 luglio 2000, n. 3882; Sez. IV, 3 maggio 2000, n. 2611; Sez. V, 17 maggio 1997, n. 1219; Sez. V, 24 maggio 1996, n. 587; Sez. V, 22 marzo 1995, n. 452); - i requisiti costituzionali di proporzionalità e di sufficienza della retribuzione devono essere valutati, secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, «non già in relazione ai singoli elementi che compongono il trattamento economico, ma considerando la retribuzione nel suo complesso» (Corte Cost., ord. 12 febbraio 1996, n. 33; ord. 30 marzo 1995, n. 98; sentt. 19 gennaio 1995, n. 15; 28 aprile 1994, n. 164), sicché non può essere considerata sproporzionata o insufficiente la retribuzione prevista da una norma per il pubblico dipendente in possesso di una certa qualifica, se questi svolga mansioni il cui esercizio è di regola consentito sulla base del previo superamento del concorso. E’ pertanto irrilevante, anche ai fini economici, il dedotto svolgimento delle mansioni superiori, così come è irrilevante l’effettiva sussistenza di un formale incarico e di un posto di qualifica superiore, come anche confermato dalla disciplina specificamente riguardante i presupposti per attribuire rilevanza alle mansioni superiori (Ad. Plen., 23 febbraio 2000, n. 11; Ad. Plen., 18 novembre 1999, n. 22, citate). Consiglio di Stato Sezione VI, 8 gennaio 2003 sentenze nn. 17 - 18

I presupposti e i procedimenti indefettibili per attribuire rilievo alle mansioni superiori - trattamento giuridico ed economico. I presupposti e i procedimenti indefettibili per attribuire rilievo alle mansioni superiori, ribadendo che sono irrilevanti atipiche certificazioni o generici ordini di servizio ovvero eventuali testimonianze, in quanto il loro svolgimento nei casi non previsti dalla norma è del tutto irrilevante e non dà luogo ad alcuna conseguenza in ordine al suo trattamento giuridico ed economico (Sez. V, 24 maggio 1996, n. 587; Sez. V, 22 marzo 1995, n. 452; Sez. V, 9 marzo 1995, n. 307; Sez. V, 18 gennaio 1995, n. 89). Consiglio di Stato Sezione VI, 8 gennaio 2003 sentenza n. 17 e 18

Le mansioni superiori svolte dai dipendenti pubblici sono giuridicamente rilevanti nei limiti sanciti da una legge speciale. Le mansioni superiori svolte dai dipendenti pubblici sono giuridicamente rilevanti nei limiti sanciti da una legge speciale ovvero nei limiti previsti dalla normativa generale di cui all’art. 56 (la cui portata operativa è stata differita dal legislatore, dapprima a far data dal 31 dicembre 1996 per ragioni anche concernenti le finanze pubbliche, ai sensi dell’art. 1 della legge 11 luglio 1996, n. 365, di conversione del decreto legge n. 254 del 1996, e poi alla data individuata dal comma 6, nel testo modificato con l’art. 25 del decreto legislativo n. 80 del 1998), tenuto anche conto che: a) nessuna sentenza additiva, di accoglimento di questioni di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale e dunque innovativa del quadro normativo, ha modificato il contenuto precettivodel medesimo art. 56; b) l’art. 56, nel disporre una normativa che compone tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti, si pone comunque in coerenza con i principi evincibili dall’art. 97 e dall’art. 36 della Costituzione (cfr. Corte Cost., ord. 22 luglio 1996, n. 289; sent. 31 marzo 1995, n. 101). Consiglio di Stato Sezione VI, 8 gennaio 2003 sentenze nn. 17 - 18

La domanda di riconoscimento del diritto alla maggior retribuzione per lo svolgimento di mansioni superiori a quelle proprie della qualifica di appartenenza - termine di decadenza - prescrizione. La domanda di riconoscimento del diritto alla maggior retribuzione (anche a titolo, come nella specie, differenze retributive) per lo svolgimento di mansioni superiori a quelle proprie della qualifica di appartenenza, configura l'esercizio di un'azione di accertamento nell'ambito della giurisdizione esclusiva sul pubblico impiego e non un giudizio di impugnazione di un provvedimento amministrativo; pertanto, la proposizione del ricorso, con il quale un pubblico impiegato contesta esclusivamente gli aspetti retributivi del proprio rapporto con l’amministrazione, in relazione all'esercizio di mansioni superiori, non è soggetta al termine di decadenza, ma a quello quinquennale di prescrizione (Cons. Stato, sez.V, 20 agosto 1996, n.935; 12 ottobre 1995, n.1412; 9 aprile 1994, n.297; 30 settembre 1992 n.891; 26 ottobre 1990 n.735). Consiglio di Stato Sezione VI, 8 gennaio 2003 sentenze nn. 17 - 18

 

I diversi meccanismi sanzionatori - il contratto di formazione e lavoro - la revoca dei benefici contributivi. Nel nostro ordinamento esistono due diversi meccanismi sanzionatori (art. 3, comma 9, legge n. 863/1984 e art. 8, comma 8, legge n. 407/1990) per i casi in cui il contratto di formazione e lavoro sia posto in essere fuori dalle ipotesi previste ovvero non possa raggiungere i risoltati per i quali è stato introdotto nel nostro ordinamento. L’ipotesi della conversione è attivabile soltanto dal lavoratore con un’azione giudiziaria di natura "civilistica". La revoca dei benefici contributivi fin dalla costituzione del rapporto con diffida dell’ispettore del lavoro è un potere che per legge è riconosciuto soltanto a lui e non all’ispettore dell’INPS e si pone sul piano "amministrativo". La diffida, dunque, non ha alcun nesso necessario con la conversione, nel senso che non occorrono la stessa e la successiva inottemperanza del datore di lavoro per poter operare la conversione ai soli fini civilistici. Cassazione sez. Lavoro, del 7 gennaio 2003, sentenza n. 29

 

INPS: recupero dei contributi per i contratti di formazione lavoro nulli. In caso di Contratti di formazione lavoro nulli (in quanto il lavoratore era già stato formato per quella qualifica), non è necessaria la preventiva diffida dell'ispettore del lavoro prevista dall'art. 8, comma 8, della legge 407/90, in quanto si tratta di contratto "ab origine" nullo per i quali è ininfluente il discorso formativo. Cassazione sez. Lavoro del 7 gennaio 2003 sentenza n. 23