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Giurisprudenza

 

 

Inquinamento

Danno ambientale

Associazioni e comitati

Costituzione Parte Civile

 

Si veda altra: giurisprudenza massimata

2007 - 2006 - 2005

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-88

 

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DANNO AMBIENTALE - Quantificazione - Competenza - Giunta provinciale - Rimessione a consulenti esterni - Legittimità. I provvedimenti di quantificazione del danno ambientale, anche per la valenza discrezionale delle valutazioni sottese, rientrano nella sfera di competenza della Giunta provinciale, esulando dai compiti del funzionario dirigente ex art. 107 del D.lgs 267 del 2000; in considerazione della complessità degli accertamenti e dei calcoli da effettuare, è peraltro giustificabile la rimessione della quantificazione del danno a consulenti esterni all’Amministrazione. Pres. ed Est. Zuballi - C. s.r.l. (avv. Prandstraller) c. Provincia di Padova (n.c.) e Comune di San Martino in Lupari (avv.ti Borella e Stivanello Gussoni ), riunito ad altri ric. - T.A.R. VENETO, Sez. II - 18 dicembre 2007, n. 4029

DANNO AMBIENTALE - Illeciti commessi anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 18 della L. n. 349/1986 - Riconducibilità all’art. 2043 c.c.
Il danno ambientale, anche anteriormente all’art. 18 della L. n. 349/1986, era riconducibile alla previsione di cui all’art. 2043 c.c., quale illecito extracontrattuale imputabile al responsabile (nel caso di specie, correlato alla condotta negligente della ditta che non aveva proceduto alla ricomposizione ambientale - ex art. 31 L.R. Veneto n. 44/82 - dell’area in cui era subentrata ad altra impresa). Pres. ed Est. Zuballi - C. s.r.l. (avv. Prandstraller) c. Provincia di Padova (n.c.) e Comune di San Martino in Lupari (avv.ti Borella e Stivanello Gussoni ), riunito ad altri ric. - T.A.R. VENETO, Sez. II - 18 dicembre 2007, n. 4029

DANNO AMBIENTALE - Carattere permanente - Inopponibilità della prescrizione.
Le conseguenze della condotta giuridica fonte di danno ambientale hanno carattere permanente, e anzi, data la loro natura di compromissione dell’ambiente, si aggravano con il trascorrere del tempo: al provvedimento di quantificazione del danno ambientale non è pertanto opponibile la prescrizione. Pres. ed Est. Zuballi - C. s.r.l. (avv. Prandstraller) c. Provincia di Padova (n.c.) e Comune di San Martino in Lupari (avv.ti Borella e Stivanello Gussoni ), riunito ad altri ric. - T.A.R. VENETO, Sez. II - 18 dicembre 2007, n. 4029

DANNO AMBIENTALE - Sito interessato - Assenza di pregio paesaggistico - Irrilevanza.
Il danno ambientale, per sua natura, può sussistere a prescindere dal pregio paesaggistico del sito interessato. Pres. ed Est. Zuballi - C. s.r.l. (avv. Prandstraller) c. Provincia di Padova (n.c.) e Comune di San Martino in Lupari (avv.ti Borella e Stivanello Gussoni ), riunito ad altri ric. - T.A.R. VENETO, Sez. II - 18 dicembre 2007, n. 4029

DANNO AMBIENTALE - Coltivazione di cave - L.R. Veneto n. 44/82 - Sanzione degli illeciti amministrativi conseguenti alla violazione delle disposizioni ex art 33 L.R. 44/82 - Revoca ex art. 31 - Risarcimento del danno ambientale - Differenze tra i tre istituti.
In materia di coltivazione di cave, la L. R. Veneto n. 44 del 1982, demanda alla provincia la potestà di sanzionare gli illeciti amministrativi ex art. 33 conseguenti anche alla violazione delle prescrizioni dettate in sede di autorizzazione alla coltivazione o di ricomposizione ambientale. Rimane la possibilità per la Regione - in virtù del regime transitorio ex art. 43, L.R. n. 44 del 1982 - di ricorrere al diverso istituto della revoca ex art. 31, qualora il mutamento della situazione idrogeologica ed ambientale della zona di cava non possa trovare ristoro con la mera irrogazione delle sanzioni provinciali. Altra cosa dagli art. 31 e 33 ricordati è l’istituto del risarcimento del danno ambientale. Invero, mentre il decreto di revoca ex art. 31 soddisfa l’interesse pubblico alla cessazione del rapporto tra l’amministrazione concedente e la ditta titolare di cava, la liquidazione del danno ambientale mira alla "riparazione" dei danni al bene ambiente arrecati nell'esercizio dell'attività imprenditoriale: le attività non corrispondenti alle limitazioni amministrative possono infatti essere tali da ledere l'ambiente, quale res communis omnium, configurando la responsabilità extracontrattuale della ditta, con conseguente obbligo di risarcire il danno arrecato (nella specie, il Tar ha ritenuto configurabili gli estremi dell’illecito ex art. 2043 c.c. , fonte di responsabilità extracontrattuale e produttivo di danni ambientali risarcibili, nella prosecuzione dell’attività di scavo in violazione delle prescrizioni regionali, unitamente allo scarico di rifiuti non autorizzati). Pres. ed Est. Zuballi - C. s.r.l. (avv. Prandstraller) c. Provincia di Padova (n.c.) e Comune di San Martino in Lupari (avv.ti Borella e Stivanello Gussoni ), riunito ad altri ric. - T.A.R. VENETO, Sez. II - 18 dicembre 2007, n. 4029


ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell’ambiente - Condizioni - Salvaguardia dei beni di interesse storico-artistico - Rientra nel novero degli interessi ambientali.
Il giudice amministrativo può riconoscere ad associazioni locali la legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell'ambiente purchè dette associazioni, indipendentemente dalla loro natura giuridica, perseguano statutariamente e in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e presentino un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume pregiudicato, condizioni che - ove tutte sussistenti - le fanno assurgere ad enti esponenziali in via continuativa di "interessi diffusi" radicati nel territorio (v., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2007 n. 3191); al novero degli interessi "lato sensu" ambientali, peraltro, va ascritta anche la salvaguardia di beni e complessi monumentali di interesse storico-artistico,tutelati in passato dalla legge n. 1089 del 1939 (v. Cons. Stato, Sez. V,5 novembre 1999 n. 1841), e ora dal d.lgs. n. 42 del 2004. Pres. Papiano, Est. Caso - Associazione “Monumenta” (avv. Allegri) c. Comune di Parma (avv. Cugurra), Ministero per i bene e le Atitvità Culturali (Avv. Stato) , Direttore Generale del Comune di Parma e altri (nn.cc.) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 4 dicembre 2007, n. 618

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Formazione sociale - Momento costitutivo - Esistenza di provvedimenti già adottati dall’amministrazione in ordine al bene oggetto di previsioni statutarie di tutela - Preclusione dell’intervento a tutela dello specifico bene - Esclusione.
Una volta sorta una data formazione sociale non le si può poi precludere di intervenire a tutela degli interessi connessi alla sua attività per il solo fatto che, in relazione a quel determinato caso, l'Amministrazione pubblica abbia già in precedenza assunto una qualche decisione che incide negativamente sull'interesse perseguito, anche quando la formazione sociale sia nata in coincidenza con i fatti che vuole censurare, purchè essa naturalmente non sia di carattere temporaneo, ovvero con scopo specifico e limitato. Pres. Papiano, Est. Caso - Associazione “Monumenta” (avv. Allegri) c. Comune di Parma (avv. Cugurra), Ministero per i bene e le Atitvità Culturali (Avv. Stato) , Direttore Generale del Comune di Parma e altri (nn.cc.) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 4 dicembre 2007, n. 618

 

INQUINAMENTO - Prevenzione e riduzione integrati dell'inquinamento - Nozioni di ricorso alle migliori tecniche disponibili e di revisione periodica delle condizioni di un'autorizzazione di sfruttamento - Inadempimento di Stato - Trasposizione sbagliata - Dir. 96/61/CE art.9, par. 4 e art. 13, par. 1, all. I. Non recependo correttamente gli articoli 9, paragrafo 4, e 13, paragrafo 1, come pure l'allegato I della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, relativa alla prevenzione ed alla riduzione integrate dell'inquinamento, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di questa direttiva. (Testo Uff. En ne transposant pas correctement les articles 9, paragraphe 4, et 13, paragraphe 1, ainsi que l’annexe I de la directive 96/61/CE du Conseil, du 24 septembre 1996, relative à la prévention et à la réduction intégrées de la pollution, le Grand-Duché de Luxembourg a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VI, 29/11/2007, Causa C-263/07

 

INQUINAMENTO - AIA - Art. 2, D.Lgs. n. 59/2005 - Impianto - Attività connesse - Identità di sito e identità di gestore. Ai fini del rilascio dell’AIA, un impianto (nella specie, impianto di incenerimento) va valutato nella sua complessità ed unitarietà, comprendendo anche le attività che si configurino come accessorie, secondo quanto precisato dall’art. 2, lett. c) del D.Lgs. n. 59/2005 (che così definisce l’impianto: “l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento"), nel rispetto, peraltro, dei limiti dettati dall’art. 2, lett. l) del medesimo decreto legislativo relativamente all’identità di sito e di gestore ("Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore"). Per applicare correttamente la disciplina, può farsi riferimento alla circolare del Ministero dell’Ambiente 13 luglio 2004, emanata in vigenza del D.Lgs. n. 372/1999, poi abrogato dal D.Lgs. n. 59/2005; la circolare conserva tuttavia attualità, atteso che la normativa sopravvenuta non ha introdotto novità, quantomento in ordine alla definizione di “attività connessa” e di “sito”. Applicando tali principi, non può ravvisarsi identità di sito in relazione ad aree geograficamente distinte (nella specie, distanti alcuni chilometri), né è sufficiente l’identità del sito se ad essa non si accompagni l’identità del gestore (nella specie, una srl e una spa, facenti parte del medesimo gruppo societario, individuabili come soggetti giuridici distinti); diverso è il caso dell’impianto che svolge attività connessa a quella principale (nella specie, impianto di trattamento fisico-chimico connesso ad un termovalorizzatore), in cui all’identità del sito si accompagni l’identità del gestore, in relazione al quale la considerazione unitaria ex art. 2 D.Lgs. n. 59/2005 va operata ex ante. Pres. Piscitello, Est. Testori - W.W.F. e altri (avv.ti Ceruti e Minotti) c. Provincia di Modena (avv.ti Zannini e Giampietro) e Comune di Modena (avv.ti Maritan, Villani e Maini) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 26 novembre 2007, n. 3365

 

INQUINAMENTO - Norme in materia ambientale - Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente - Mancata trasposizione entro il termine prescritto - Inadempimento di uno Stato - Direttiva 2001/42/CE. Non avendo messo in vigore, entro il termine prescritto, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 giugno 2001, 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza della direttiva medesima. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 08/11/2007, Causa C‑40/07

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Ordinanza di attivazione delle misure dirette a verificare il livello d’inquinamento - Competenza comunale - Esclusione. Esorbita dalla competenza ordinamentale del Comune, in quanto rientrante nella competenza della Provincia, l’ordinanza, diretta al gestore di una discarica autorizzata, di attivare le misure finalizzate a verificare il livello di inquinamento a monte e a valle della discarica (non configurabile, nella specie, come ordinanza di bonifica di un sito inquinato e diretta al destinatario non in qualità di responsabile dell’inquinamento, ma di gestore della discarica). Pres. Borea, Est. Settesoldi - P. s.r.l. (avv.ti Pellegrini e Sbisà) c. Comune di Premariacco e altri (n.c.) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 25 ottobre 2007, n. 701

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientalistiche - Legittimazione a ricorrere - Limiti - Fattispecie - L. n. 349/1986. Le associazioni ambientalistiche, se riconosciute da appositi decreti ministeriali, sono legittimate a ricorrere nelle controversie relative a materie corrispondenti alle loro finalità istituzionali (cfr. sul punto, decisione Sez. 25/01/1995, n. 77). Ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349, infatti, solo “le associazioni individuate in base all'articolo 13 possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi”. (cfr., 5/12/2002, n. 6657). Nella specie, Legambiente Circolo Gaia, in quanto tale, non essendo un’associazione ambientalistica riconosciuta a livello nazionale (costituendo solo una struttura territoriale facente capo all’associazione nazionale) non è titolata in via autonoma nell’interesse a ricorrere. Da qui, il difetto di legittimazione a ricorrere di detta originaria ricorrente che, del resto, non ha dimostrato di patire alcun danno diretto e concreto a cagione dell’adozione dei provvedimenti impugnati in primo grado. Pres. Varrone - Est. Buonvino - A.GE.CO.S. (Azienda Generale Costruzioni e Servizi) S.P.A. (avv. Paparella e Palieri) c. PATETTA ed altri (conferma sentenze del T.A.R. della Puglia, sede di Bari, sezione terza, 10/05/2006, rispettivamente, nn. 1639 (appello n. 5519/2006), 1640 (appello n. 5520/2006) e 1638 (appello n. 5521/2006)). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 19/10/2007 (Cc. del 26/06 e 13/09 - 2007) Sentenza n. 5453
 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - PROCEDURE E VARIE - Privati - Legittimazione a ricorrere -  Dimostrazione del danno - Necessità - Fattispecie. In tema di legittimazione a ricorrere, la mera circostanza della prossimità all'opera pubblica da realizzare non è idonea a radicare un interesse all'impugnazione in assenza della congrua dimostrazione del danno che deriverebbe dall'impianto (Sez. VI, 18/07/1995, n. 754; Sez. V, 13/07/1998, n. 1088; 31/01/2001, n. 358; 20/05/2002, n. 2714; 16/04/2003, n. 1948). Nella specie, alcuni dei ricorrenti hanno dimostrato solo la proprietà dei fondi nella zona, non dimostrando quale concreto e sicuro pregiudizio la realizzazione della discarica di rifiuti speciali non pericolosi potrebbe produrre al fondo dal medesimo. Pres. Varrone - Est. Buonvino - A.GE.CO.S. (Azienda Generale Costruzioni e Servizi) S.P.A. (avv. Paparella e Palieri) c. PATETTA ed altri (conferma sentenze del T.A.R. della Puglia, sede di Bari, sezione terza, 10/05/2006, rispettivamente, nn. 1639 (appello n. 5519/2006), 1640 (appello n. 5520/2006) e 1638 (appello n. 5521/2006)). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 19/10/2007 (Cc. del 26/06 e 13/09 - 2007) Sentenza n. 5453
 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - PROCEDURE E VARIE - Enti locali - Localizzazione di una discarica di rifiuti - Legittimazione a ricorrere - Presupposti - Fattispecie. Anche se la legittimazione all'impugnazione del provvedimento di localizzazione di una discarica di rifiuti viene normalmente riconosciuta ai Comuni nel cui territorio l'impianto dovrebbe essere collocato (cfr. Sez. V, 2 ottobre 2006 , n. 5713; Sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657; Sez. V, 2 aprile 2002, n. 1797), valgono, non di meno, anche per essi, i principi in merito alla necessità che gli enti in parola dimostrino il concreto pregiudizio che la realizzazione dell’impianto sarebbe in grado di produrre negli ambiti territoriali di rispettiva competenza. Nella specie, i Comuni ricorrenti in primo grado non si sono dati cura della richiesta dimostrazione e, in particolare di fornire elementi concreti e dimostrabili utili a confortare l’assunto secondo cui la semplice vicinanza dell’impianto ai rispettivi territori comunali avrebbe potuto produrre il pregiudizio genericamente lamentato; donde il difetto di legittimazione attiva a ricorrere anche dei predetti enti locali. Pres. Varrone - Est. Buonvino - A.GE.CO.S. (Azienda Generale Costruzioni e Servizi) S.P.A. (avv. Paparella e Palieri) c. PATETTA ed altri (conferma sentenze del T.A.R. della Puglia, sede di Bari, sezione terza, 10/05/2006, rispettivamente, nn. 1639 (appello n. 5519/2006), 1640 (appello n. 5520/2006) e 1638 (appello n. 5521/2006)). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 19/10/2007 (Cc. del 26/06 e 13/09 - 2007) Sentenza n. 5453
 

INQUINAMENTO - Bonifica e interventi temporanei - Competenza regionale - Siti di interesse nazionale - L. n. 179/2002 - Artt. 242 e 252 del D.Lgs. n. 152/2006 - Competenza statale. L’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006 disciplina nel dettaglio le procedure amministrative dirette alla bonifica dei siti contaminati, che è il momento finale e conclusivo , nonché agli interventi “temporanei” quali la messa in sicurezza del sito operativa e di emergenza (cfr. comma 7). Tale norma disciplina altresì la competenza in ordine alle misure necessarie volte ad eliminare l’inquinamento, attribuendola alla Regione, che opera attraverso una Conferenza di servizi (cfr. comma 10). Quando l’area inquinata sia però inserita tra i siti di interesse nazionale da sottoporre a bonifica e ripristino ambientale, come tassativamente individuati dalla L. n. 179/2002, integrativa dalla L. n. 42/1998 (nella specie, area industriale di Porto Torres), l’art. 18, c. 2 della riferita legge e l’art. 252, c, 4 del d.lgs. n. 152/2006 operano uno spostamento della competenza regionale a favore di un organo dello Stato (Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare). Pres. Tosti, Est. Panunzio - E. s.p.a. (avv. Dell’Anno) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), regione Autonoma della Sardegna (avv.ti Picco e Campus) e altri (n.c.)- T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 8 ottobre 2007, n. 1809

INQUINAMENTO - MISE - Presupposti - Contaminazioni repentine - Art. 240 d.lgs. n. 152/2006 - Imposizione della MISE in caso di contaminazioni pregresse, senza adeguata motivazione - Illegittimità.
Ai sensi dell’art. 240 del d.lgs. n. 152/06, la MISE può essere disposta solo in caso di contaminazioni “repentine”, al fine di “contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente.” Non appare pertanto legittima l’imposizione della MISE in caso di contaminazioni pregresse, senza alcuna motivazione specifica sulla situazione di emergenza e sull’esigenza di scongiurare il rischio immediato che possano giustificare l’intervento richiesto (cfr., quanto alle differenze tra procedimento di bonifica e MISE, TAR Sicilia, Catania, sez. I, sent. n. 1254/2007). Pres. Tosti, Est. Panunzio - E. s.p.a. (avv. Dell’Anno) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), regione Autonoma della Sardegna (avv.ti Picco e Campus) e altri (n.c.)- T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 8 ottobre 2007, n. 1809

INQUINAMENTO - MISE - Prescrizioni particolarmente onerose - Istruttoria - Valutazione del rapporto costi/benefici - Necessità.
Gli interventi di MISE non possono prescindere da una valutazione di opportunità alla stregua del rapporto costi/benefici della soluzione proposta. Una prescrizione particolarmente onerosa necessita di un’istruttoria adeguata, sia per verificare il suo carattere risolutivo rispetto alla situazione di rischio accertata, sia per verificare gli effetti sulle dinamiche idriche e geologiche dell’area sottostante (fattispecie riferita ad una barriera fisica di confinamento delle acque di falda contaminate; cfr. in termini:Tar Puglia, Lecce sent. n. 2247/2007), sia infine per scongiurare il pericolo che una simile imposizione possa finire per produrre sull’ambiente più problemi di quelli che tende a risolvere. Pres. Tosti, Est. Panunzio - E. s.p.a. (avv. Dell’Anno) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), regione Autonoma della Sardegna (avv.ti Picco e Campus) e altri (n.c.)- T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 8 ottobre 2007, n. 1809

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Presentazione di esposti volti all’assoggettamento di un progetto alla valutazione di incidenza - Configurabilità delle associazioni quali controinteressate nel ricorso avverso il decreto di valutazione - Esclusione. Le associazioni ambientaliste (che, nella specie, avevano presentato esposti al fine dell’attivazione della procedura di incidenza) non possono essere considerate soggetti controinteressati. Ciò, innanzi tutto, sotto il profilo sostanziale, non potendosi riconoscere in capo ad esse un interesse giuridicamente rilevante alla conservazione del provvedimento impugnato. Difetta, d’altra parte, anche il cosiddetto profilo formale, atteso che la semplice menzione nel provvedimento non fa di esse soggetti individuati o facilmente individuabili in base allo stesso ed, in particolare, in base alle statuizioni costituenti il contenuto tipico di esso. Pres. Mastrocola, Est. Iannini - M. s.r.l. (avv.ti Benozzo e Carratelli) c. Regione Calabria (avv. Coscarella) - T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 1 ottobre 2007, n. 1420


DANNO AMBIENTALE - Tutela dell'ambiente - Accesso alla giustizia - Inadempimento di Stato - dir. 2003/35/CE - dir. 85/337/CEE e 96/61/CE.
Non recependo, entro il termine prescritto, tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico in occasione dell'elaborazione di alcuni piani e programmi relativi all'ambiente, e che modifica, per quanto riguarda la partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia, le direttive 85/337/CEE e 96/61/CE del Consiglio, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di questa direttiva. Il Granducato di Lussemburgo è condannato alle spese. I Granducato di Lussemburgo sono condannati alle spese. Testo Uff.: En ne prenant pas, dans le délai prescrit, toutes les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer à la directive 2003/35/CE du Parlement européen et du Conseil, du 26 mai 2003, prévoyant la participation du public lors de l’élaboration de certains plans et programmes relatifs à l’environnement, et modifiant, en ce qui concerne la participation du public et l’accès à la justice, les directives 85/337/CEE et 96/61/CE du Conseil, le Grand-Duché de Luxembourg a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive. Le Grand-Duché de Luxembourg est condamné aux dépens. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE C.E., Sez. V, 27/09/2007, Causa C‑354/06


INQUINAMENTO ATMOSFERICO - BAT - Discrezionalità tecnica dell’amministrazione - Censurabilità - Limiti.
La scelta amministrativa in ordine alla necessità di utilizzo della migliore tecnologia disponibile, in assenza di norme cogenti sul punto, incide su aspetti di discrezionalità tecnica non censurabili, se non sotto il profilo dell’eccesso di potere per manifesta illogicità o travisamento (TAR Lazio, Roma, I, 31/5/2004, n.5117; TAR Puglia, Bari, I, 21/1/2004, n.171). Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773

INQUINAMENTO - Autorizzazione Integrata ambientale - D.Lgs. n. 59/2005 - Art. 17 - Disciplina transitoria.
L’art.17 del d.lgs. n.59/2005 prevede un regime transitorio speciale per i procedimenti iniziati al momento della sua entrata in vigore, imponendo alle autorità competenti di concludere l’iter procedurale attenendosi ai principi ed alle regole di sollecita adozione del provvedimento conclusivo fissate nello stesso art.17, senza necessità di convocare apposita conferenza di servizi ai sensi dell’art.5 del d.lgs. n.59/2005. Pres. Nicolosi, Est. Bellucci - Provincia di Lodi (avv. Mariotti) c. Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Lombardia (avv. Cederle), riunito ad altro ric. - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 settembre 2007, n. 5773


INQUINAMENTO - Industrie insalubri - Installazione nell’abitato - Limiti - Industria insalubre di prima e di seconda classe - Prova del nocumento.
L’installazione nell’abitato di una industria insalubre non è di per sè vietata in assoluto, dal momento che l’art. 216 del T.u.l.s. 1265/1934 lo consente se accompagnata dall’introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute del vicinato. In particolare, l’ubicazione delle industrie insalubri di seconda classe non è sottoposta a particolari limitazioni territoriali essendo sufficiente che siano adottate idonee cautele per l'incolumità del vicinato, diversamente dalle industrie insalubri di prima classe che devono essere isolate nella campagna e tenute lontane dalle abitazioni, salvo che non sia provato che il loro esercizio non rechi nocumento alla salute del vicinato. Nel primo caso è chi lamenta un nocumento dall’attività (potenzialmente) insalubre a doverlo provare, per poter impedire l’insediamento, o pretendere la delocalizzazione o l’imposizione di dispositivi o accorgimenti tecnici volti ad eliminare ogni pregiudizio; nel secondo, è chi esercita l’attività a dover provare l’assenza di nocumento, per potersi insediare o rimanere nell’abitato (cioè, in una zona dove vi sia una significativa presenza residenziale). Pres. Lignani, Est. Ungari - T.M. e altro (avv. Colombo) c. Comune di Montefalco (avv. Marcucci) e ARPA Umbria (n.c.) - T.A.R. UMBRIA - 4 settembre 2007, n. 661


ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni riconosciute ex art. 13, L. n. 349/1986 - Legittimazione a ricorrere avverso atti a contenuto urbanistico - Sussistenza - Presupposti.
Costituisce jus receptum quello per cui le associazioni ambientaliste individuate ai sensi dell'art. 13, l. n. 349 del 1986 (significativamente ancora in vigore dopo la riforma del d.lgs. 152\2006, al pari dell’art. 18 comma 5 che riconosce espressamente la legittimazione stessa), sono legittimate ad agire in giudizio avverso qualsiasi provvedimento che leda in modo diretto e immediato l’interesse ambientale; esse sono pertanto legittimate ad impugnare anche atti a contenuto urbanistico purché idonei a pregiudicare il bene dell'ambiente come definito in termini normativi (cfr. ad es. Consiglio Stato, sez. IV, 9 novembre 2004, n. 7246), anche se lo specifico bene oggetto del provvedimento impugnato non sia stato sottoposto ad uno specifico vincolo (ad esempio, paesistico, archeologico, idrogeologico) (cfr. TAR Liguria, n. 354/2003, Consiglio Stato sez. V, 1 dicembre 1999, n. 2030). In ogni caso, in ordine all’accertamento della sussistenza della vantata legittimazione, deve ritenersi esclusa l'operatività di ogni automatismo e l'indagine sull'esistenza delle condizioni dell'azione deve essere sempre effettuata caso per caso, non solo con riferimento all’accertamento della includibilità delle associazioni ricorrenti nel novero dell'art. 13 della legge n. 349 de11986, ma anche in relazione alla individuazione dell'ambito in cui riconoscere la tutela giudiziale, seppur con la prudenza richiesta dalla necessità di non creare spazi alla giustiziabilità di interessi non motivati con solidi e concreti riferimenti alla realtà sostanziale sottostante; conseguentemente, la medesima legittimazione va concretamente verificata alla luce delle caratteristiche della fattispecie concreta e delle censure dedotte, attraverso le quali deve essere fatto valere un interesse comunque connesso alle finalità di tutela del bene ambientale. Quindi, se per un verso occorre che il provvedimento impugnato sia in grado di ledere l’interesse ambientale azionato, per un altro verso occorre altresì che il vizio dedotto se accolto consenta un’utilità alla parte ricorrente direttamente rapportata alla sua posizione legittimante, ossia un’utilità che sia in correlazione con l’interesse all’ambiente. Pres. Prosperi, Est. Ponte - V.A.S. (avv. Granara) c. Comune di Levanto (avv. Quaglia) - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 1 agosto 2007, n. 1426

 

INQUINAMENTO - Siti di interesse nazionale - Bonifica - Art. 252 d.lgs. n. 152/2006 - Coordinamento interministeriale - Conferenza di servizi - Adeguatezza. Il coordinamento interministeriale presupposto dall’art. 252 del dlgs 152/2006 è sicuramente garantito dal modulo procedimentale della conferenza dei servizi, la quale, non a caso, è convocata “Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo” (art. 14 comma 1 l. 241/90); formula, questa, che il legislatore ha coniato per ricomprendere al suo interno qualsiasi forma di collaborazione tra le Amministrazioni pubbliche, dalla quale non vi sono ragioni formali o sostanziali per escludere il “concerto” o l’”intesa” presupposti dall’art. 252 citato. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

INQUINAMENTO - Bonifica - Conferenza di servizi - Prescrizioni - Natura - Espressione di indirizzo politico - Esclusione - Incompetenza del direttore generale - Inconfigurabilità.
Le prescrizioni adottate nella conferenza di servizi convocata ai fini della determinazione degli interventi di bonifica in un sito di interesse nazionale, pur presupponendo una profonda incidenza nell’ambito dei livelli produttivi ed occupazionali dell’area interessata, non possiedono quella valenza generale tale da far loro assurgere ad espressione di indirizzo politico, posto che si prefiggono obiettivi gestionali di diretta attuazione delle previsioni normative in materia. Pertanto, tutte le prescrizioni adottate nelle Conferenze dei servizi in esame sono atti amministrativi gestionali, come tali interamente soggetti alle regole procedimentali di cui agli artt. 2 e ss. della l. 241/90, con particolare riferimento all’obbligo di motivazione ed agli istituti della partecipazione, e per essi non si può ritenere la sussistenza, ai fini dell’adozione, della competenza del Ministro: questa rimane radicata nella persona del Direttore generale. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

INQUINAMENTO - Bonifica - Costi e oneri di bonifica - Imposizione a carico del proprietario o del detentore del fondo - Responsabilità e apporto causale all’inquinamento riconducibile all’attività di questi - Accertamento - Necessità - Inquinamento diffuso - Impossibilità dell’accertamento - Bonifica a carico della P.A. - Vantaggio del proprietario del fondo in termini di aumento di valore - Azione di arricchimento - Procedimento amministrativo per l’adozione dei provvedimenti di bonifica - Partecipazione al procedimento del titolare di diritti reali sul fondo - Necessità.
Sono illegittime le determinazioni amministrative che pongono in tutto o in parte a carico del proprietario o del detentore di un fondo i costi e gli oneri, anche procedurali, di bonifica dei suoli o dell’ambiente dai danni derivanti dall’inquinamento se non ne viene accertata rigorosamente la responsabilità e quindi al di fuori dello specifico apporto causale all’inquinamento riconducibile alla sua attività; in tema di inquinamento “diffuso”, ossia in quei casi in cui detto accertamento non sia possibile, la bonifica resta a carico della P.A. ed i relativi vantaggi dei privati proprietari o detentori dei fondi bonificati, in termini di aumento di valore del fondo, potranno costituire giusta causa di recupero delle corrispondenti somme a carico dei titolari dei diritti reali sui fondi medesimi, nei limiti ordinari delle azioni di arricchimento; in ogni caso è da ritenersi necessaria ed inderogabile la partecipazione dei privati titolari di diritti reali sui fondi oggetto di bonifica (o comunque sui fondi nei quali sono localizzate o localizzabili le fonti di inquinamento) al procedimento amministrativo per l’adozione dei provvedimenti di bonifica e disinquinamento, sia al fine dell’accertamento della responsabilità, che a quello della determinazione delle modalità e dei costi della bonifica. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254


INQUINAMENTO - D.Lgs. n. 152/2006 - D.Lgs. n. 22/97 - Mutamento della norma regolatrice del potere amministrativo - Ius superveniens - Intangibilità delle situazioni giuridiche definite - Disciplina transitoria di cui al D.Lgs. n. 152/2006 - Art. 264, lett. i) d.lgs. n. 152/2006.
Nel caso di mutamento della norma regolatrice del potere amministrativo, restano soggetti alla previgente normativa solo quei sub-procedimenti che hanno prodotto effetti consolidati o comunque legittimamente esteriorizzati e portati concretamente ad esecuzione ed allorché, comunque, quest’ultima non sia più suscettibile di revisione o modificazione. Ne deriva che l’applicabilità dello ius superveniens (costituito, nella specie, dalle disposizioni di cui a D. Lgs. n. 152/2006, per un procedimento avviato sotto il vigore della disciplina di cui al d.lgs. n. 22/97) in virtù della corretta interpretazione del principio “tempus regit actum” , incontra il solo limite della intangibilità delle situazioni giuridiche ormai definite o, in altri termini, delle fasi procedimentali dotate di piena autonomia e definitività degli effetti. (Consiglio di Stato, VI, 18 giugno 2004, nr. 4163; cfr. anche TAR Trentino Alto Adige, Bolzano, 29 aprile 2003, nr. 161; Consiglio di Stato, VI, 27 dicembre 2000, n. 6890; T.A.R. Campania Napoli, 24 febbraio 1986 , n. 107). Va tuttavia osservato che il D.Lgs. n. 152/2006 contiene diverse tipologie di istituti e corrispondenti disposizioni normativa, con altrettante regole transitorie di diverso tipo in ordine alla loro entrata in vigore ed applicazione ai procedimenti in corso (ad esempio, artt. 52, 135, 146 e 149). In questo quadro generale, va osservato che l’art. 264 alla lettera “i” prevede che, alla data di entrata in vigore della parte quarta del decreto, è abrogato “il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto”. Il riferimento alla “data di entrata in vigore” rende chiaro all’interprete che continuano a trovare applicazione non già i procedimenti amministrativi (come invece è espressamente previsto, ad esempio, nel citato art. 52), ma quei “provvedimenti” correlati all’esercizio delle funzioni ed adempimenti “normativi” previsti dagli artt. 195 e ss. a carico dello Stato, Regioni, Provincie e Comuni, ed i provvedimenti pianificatori di cui agli artt. 199 - 201 in tema di piani di smaltimento dei rifiuti. In definitiva, l’art. 264 lett. “i” non consente di ritenere che possano trovare applicazione le norme di cui al dlgs 22/97 laddove queste siano riferite a procedimenti amministrativi o anche programmi, piani, o procedure amministrative contenenti ordini di bonifica veri e propri contenute in piani, programmi, obiettivi di risanamento ed atti di competenza Ministeriale, specie, poi, se non si sono neppure tradotti in un provvedimento finale vero e proprio: è, infatti, la stessa norma a presupporre, con assoluta evidenza, che - comunque si vogliano intendere - i provvedimenti esecutivi che continuano ad applicarsi sono quelli che sono entrati in vigore prima dell’aprile del 2006. A tacere di qualsiasi dubbio sulla loro natura, non potranno quindi essere presi in considerazione procedimenti di qualsiasi genere che, pur se culminati in conferenze di servizi, non si sono tradotti in nessun atto finale, posto che in ogni caso solamente quest’ultimo può conferire l’efficacia esterna alle determinazioni della conferenza (e come tale determinarne l’”entrata in vigore”). In base a questa disposizione, non può non ritenersi che sono fatti salvi solo i procedimenti che si sono conclusi con una espressa autorizzazione degli interventi di bonifica. Il provvedimento finale intervenuto in data successiva alla entrata in vigore del decreto legislativo 152/2006 deve invece essere adottato in conformità alle disposizioni di quest’ultimo. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

INQUINAMENTO - D.Lgs. n. 152/2006 - Principio “chi inquina paga” - Introduzione formale nell’ordinamento - Accollo indifferenziato delle attività e degli oneri di bonifica - Preventivo accertamento della responsabilità per l’inquinamento.
A seguito dell’ entrata in vigore del d.lgs. n. 152/2006, non può più dubitarsi della piena vigenza del principio “chi inquina paga”. Invero, prima della riforma della materia operata per mezzo del Decreto legislativo 3-4-2006, n. 152 (“Norme in materia ambientale”) emanato in attuazione alla legge delega 15.12.2004, nr. 308, non mancavano oscillazioni tra pronunce tese a sostenere che tale principio avesse meramente valore programmatico e fosse insuscettibile di trovare applicazione nell’Ordinamento statuale interno, e pronunciamenti di segno opposto, questi ultimi prevalenti soprattutto nella giurisprudenza penale (cfr. T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 03 marzo 1999 , n. 86, in tema di tassa sullo smaltimento dei rifiuti; TAR Emilia Romagna, Bologna, I, 05 aprile 2001 nr. 300; favorevole, Cass. Penale, III, 24 aprile 1995, nr. 7690; 13 ottobre 1995, nr. 11336). Essendo stato però introdotto, anche formalmente, con il predetto d.lgs 152/2006, nell’Ordinamento statuale interno, in recepimento di specifica direttiva comunitaria, (direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che, in vista di questa finalità, «istituisce un quadro per la responsabilità ambientale» basato sul principio «chi inquina paga», a sua volta fondata sull’art. 174,comma 2, del Trattato istitutivo delle Comunità Europee), il principio “chi inquina paga”, proprio in quanto principio, deve trovare applicazione in tutti i procedimenti amministrativi. Quindi anche sotto questo profilo, non può considerarsi legittimo l’accollo indifferenziato delle attività e degli oneri di bonifica di un sito contaminato sui produttori che in esso operano, senza il preventivo accertamento, con procedimento partecipato, delle relative responsabilità per l’inquinamento riscontrato. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

INQUINAMENTO - Bonifica - Art. 253 D.Lgs. n. 152/2006 - Art. 17 D.Lgs. n. 22/97 - Responsabilità del proprietario del suolo - Natura - Responsabilità aquiliana - Fondamento - Proprietario incolpevole - Onere reale - Rapporto con l’incremento di valore del fondo bonificato - Autore dell’inquinamento - Valore dell’obbligazione - Rapporto con l’effettivo costo di bonifica.
Il modello di responsabilità che il legislatore ha accolto nella disciplina della tutela ambientale dai rischi di inquinamento non e’ riconducibile alla responsabilità oggettiva, ma, al contrario, specie in virtù della nuova normativa di cui al dlgs 152/06, ma già per effetto della previgente disposizione di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 22/97, è qualificabile come vera e propria responsabilità soggettiva (pienamente di tipo aquiliano). Si deve, pertanto, affermare che, quanto alla responsabilità per l’inquinamento, il proprietario incolpevole (che non ha nessuna prova da offrire posto che spetta all’Amministrazione accertare e dunque provare la responsabilità dell’inquinamento) sarà chiamato a rifondere i costi della bonifica solo in relazione al suo rapporto con il bene, che si traduce in termini di incremento di utilità da comprovarsi (onere della prova a carico dell’Amministrazione: si tratta di una azione che rientra nell’alveo dell’art. 2041 del codice civile e, in conseguenza, la prova dell’arricchimento - sia nell’an che nel quantum - incombe sull’attore - cfr. Cass. Civile, I, 28 ottobre 2005, nr. 21096; Corte di Appello Reggio Calabria, 17 luglio 2004; TAR Puglia, Bari, I, 05 novembre 2002, nr. 4833). Più precisamente, il recupero dei costi da parte dell’Amministrazione potrà avvenire solo nei limiti del valore dell’immobile o comunque nei limiti della concreta utilità che lo stesso ha percepito (come aumento di valore del fondo bonificato): a tale fine, però, l’onere reale deve risultare dai registri immobiliari (art. 253 dlgs 152/06) se riferito ad interventi già effettuati e precedenti il titolo dell’acquisito immobiliare o della costituzione del diritto reale sul bene, e deve essere altresì iscritto in relazione al valore dell’intervento di bonifica i cui costi sono andati a vantaggio del fondo. L’autore dell’inquinamento, invece, non incontra limiti di valore nella sua obbligazione, la quale dovrà necessariamente corrispondere all’intero importo delle operazioni di bonifica per inquinamenti a lui imputabili, in relazione al nesso causale ed anche oltre i limiti della ordinaria prevedibilità dei danni (trattandosi di illecito extracontrattuale), e ciò anche se non abbia più il possesso, o la proprietà o comunque la disponibilità dei suoli inquinati, (secondo TAR Liguria, I, 12 ottobre 2005, n. 1348, e 10 febbraio 2004, nr. 141, la relativa responsabilità è imprescrittibile). Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

INQUINAMENTO - Bonifica - Procedimento amministrativo preordinato alla predisposizione degli interventi di bonifica - Responsabile dell’inquinamento e proprietario incolpevole del fondo - Interesse partecipativo - Sussistenza.
Sia il responsabile dell’inquinamento che il proprietario incolpevole hanno titolo a partecipare al procedimento amministrativo che è preordinato alla predisposizione degli interventi di bonifica ed alla loro esecuzione. Quanto al proprietario incolpevole, il suo interesse partecipativo al procedimento ove si determinano le modalità della bonifica deriva dalla possibile sottoposizione a subirne i costi, non essendo logicamente pretendibile che costi sproporzionati o inutili (in quanto connessi a procedimenti di cui si contesti l’efficacia e l’efficienza), o comunque determinati senza il responsabile apporto partecipativo del proprietario incolpevole, siano posti a carico del privato medesimo. Pertanto, non è legittimo addossare al privato incolpevole gli oneri della bonifica, per interventi resisi necessari dopo l’acquisto dell’immobile, o comunque laddove questi ultimi non risultino in tutto o in parte dalle iscrizioni immobiliari, senza che costui abbia avuto la possibilità di offrire i propri apporti collaborativi (e conseguentemente che l’Amministrazione abbia motivato in maniera idonea l’eventuale decisione difforme, in tutto o in parte, dalle proposte dell’avente interesse). Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

INQUINAMENTO - Bonifica - Titolare di diritti reali sull’area interessata - Acquisto dell’area in epoca successiva agli interventi di bonifica - Privilegio in favore dell’amministrazione - Limiti - Obblighi di intervento sorti in epoca successiva all’acquisto - Interesse alla partecipazione al procedimento preordinato all’adozione dei provvedimenti di bonifica.
Se il titolare del diritto reale sull’area ha acquistato quest’ultimo diritto in epoca successiva all’esecuzione degli interventi di bonifica, allora il limite della sua sottoposizione al privilegio in favore dell’Amministrazione sarà dato dalle risultanze dei registri immobiliari, ossia dalla esistenza della iscrizione formale e costitutiva verso terzi dell’onere reale (e del relativo importo); laddove, invece, non sia stata annotata nei registri immobiliari l’esistenza e l’importo del privilegio oppure l’evidenza dell’inquinamento ed i relativi obblighi di intervento siano sorti in un momento successivo all’acquisto dell’immobile o dei diritti su di esso, allora sussiste l’interesse alla partecipazione al procedimento preordinato all’adozione dei provvedimenti di bonifica necessari al disinquinamento, secondo gli ordinari criteri di cui alla legge 241/90. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

INQUINAMENTO - Bonifica - Procedimento amministrativo volto alla predisposizione degli interventi di bonifica - Proprietario del suolo - Titolo di responsabilità principale o sussidiaria - Partecipazione al procedimento - Diritto - Preventiva identificazione del responsabile dell’inquinamento - Amministrazione procedente - Obbligo di adeguato riscontro motivazionale sul punto.
Il proprietario del suolo deve comunque essere coinvolto nel procedimento al fine di accertare l’esistenza dei fattori di inquinamento oltre soglia e la relativa quantità, e ciò qualsiasi possa essere il titolo della responsabilità (principale o sussidiaria) che incombe in capo ad esso (Consiglio di Stato, VI, 05 settembre 2005, n. 4525). Correlativamente, l’imposizione dell’onere reale sui terreni oggetto di intervento di bonifica presuppone non solo il pieno coinvolgimento del proprietario incolpevole nel procedimento, ma, prima ancora, che sia stato compiuto ogni esigibile sforzo per identificare il responsabile dell’abuso e imporgli l’intervento di ripristino e/o il relativo costo, e di tali presupposti deve esistere nel provvedimento congrua illustrazione e corrispondente obbligo motivazionale. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

INQUINAMENTO - Bonifica - Recupero delle somme - Apporto partecipativo in punto di modalità dell’intervento di bonifica - Proprietario incolpevole - Limite dell’arricchimento di valore.
Alla luce del dlgs 152/06 (artt. 250, 253 e 245), l’Amministrazione o accerta la responsabilità dell’inquinamento o procede direttamente alla bonifica, per poi operare il recupero delle somme a carico delle imprese, in relazione al rapporto che esse hanno con il sito bonificato, ma salvaguardando in questo caso l’apporto partecipativo di queste ultime, specie in punto di modalità dell’intervento, e fermo restando, comunque, che a carico del proprietario incolpevole il recupero degli oneri della bonifica potrà avvenire solo nel limite dell’arricchimento di valore che il disinquinamento avrà apportato al fondo; aspetto questo che consente di ricondurre il diritto dell’amministrazione al recupero delle somme, nell’alveo delle azioni di ingiustificato arricchimento, rispetto alle quali essa si differenzia essenzialmente per l’esistenza di particolari forme di garanzia (onere reale e privilegio speciale immobiliare) che assicurano il recupero dei costi di intervento. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

 

DANNO AMBIENTALE - Responsabile dell’inquinamento - Natura della responsabilità - Responsabilità extracontrattuale soggettiva ex art. 2043 c.c. - Ripristino dei siti inquinati - Artt. 311 e 242 d.lgs. n. 152/2006 - Responsabilità da posizione - Responsabilità imprenditoriale da danno all’ambiente. In materia di danno ambientale, il legislatore del 2006 ha operato una scelta decisa in favore della riconduzione della responsabilità nell’alveo della “tradizionale” responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d. “responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.), con il conseguente ripudio di una qualsiasi forma di responsabilità oggettiva. Infatti, il D. Lgs. n. 152 del 2006 all’ art. 311, comma 2, nel trattare della responsabilità per danni all’ambiente, costituisce e disciplina la situazione giuridica soggettiva di responsabilità, e serve ad orientare l’interprete nella ricostruzione dell’istituto più generale del ripristino dei siti inquinati: quando nelle norme variamente in esso previste, si fa riferimento al “responsabile dell’inquinamento”, non si potrà che, logicamente, considerare tale colui il quale è “responsabile” ai sensi del citato art. 311, a meno di non voler sostenere l’illogica prospettazione della esistenza di due tipologie di responsabilità, ossia quella soggettiva ex art. 311 cit. ed una sorta di “responsabilità oggettiva parallela” ex art. 242 e ss. aventi tuttavia identico contenuto quanto all’obbligo di ripristino. Deve quindi concludersi che il nuovo quadro normativo impone sotto differenti profili di escludere che il responsabile della bonifica - ovvero del danno ambientale - possa essere individuato solo in virtù del rapporto esistente tra un determinato soggetto e l’apparato produttivo esistente nel terreno inquinato. Va quindi esclusa qualsiasi responsabilità “da posizione” che non può configurarsi surrettiziamente neppure con riferimento ai “vantaggi” connessi all’esercizio di un’impresa. Anche volendo superare la natura di risarcimento in forma specifica degli obblighi di bonifica ed accentuandone l’aspetto sanzionatorio, la disciplina dell’illecito ambientale non può essere invocata per giustificare l’eventuale qualificazione della responsabilità ambientale in termini di responsabilità oggettiva, perché, in materia di sanzioni amministrative, la legge non la prevede, a differenza del codice civile, in nessuna tipologia o forma. A norma della legge 24 novembre 1981 n. 689, infatti, la disciplina generale delle sanzioni amministrative, esclude qualsiasi forma di responsabilità oggettiva e riconduce (art. 3, 1° comma) la responsabilità amministrativa al dolo o alla colpa, con una formulazione che replica esattamente quella dettata dall’art. 42, 4° comma, del codice penale per le contravvenzioni, e che viene concordemente intesa da dottrina e giurisprudenza nel senso che l’affermazione della responsabilità richiede l’accertamento del dolo o della colpa. Sotto altro aspetto, una responsabilità imprenditoriale di stampo oggettivo si traduce in un onere reale imposto automaticamente all’imprenditore unicamente in virtù della posizione rivestita e del rapporto con la cosa inquinata ed indipendentemente dall’azione che l’amministrazione deve condurre per la preventiva individuazione del soggetto responsabile, ma si è visto sopra a quali limiti e con quali presupposti l’onere reale viene invece imposto, nel sistema del D. Lgs. n. 152 del 2006. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

DANNO AMBIENTALE - Responsabilità imprenditoriale - Natura - Responsabilità oggettiva ex artt. 2050 e 2051 c.c. - Esclusione - Ragioni - Criterio di specialità - D. Lgs. n. 152/2006.
La responsabilità imprenditoriale per danno ambientale o per bonifica non può essere ricostruita in riferimento alle responsabilità di cui agli artt. 2050 e 2051 c.c. (relativi alla responsabilità per esercizio di attività pericolose ed alla responsabilità per danni da cose in custodia), in chiave di responsabilità oggettiva: a tacere del fatto che tali disposizioni operano nel campo dei rapporti tra privati, in ogni caso, l’applicazione al campo della responsabilità per danno ambientale delle norme di responsabilità presunta stabilite dal codice civile trova comunque ostacolo nel principio di specialità (che - com’è noto - è il criterio prioritario per individuare la norma applicabile in campo civilistico, anche sul terreno della responsabilità civile: cfr. Cass. N. 19975 del 2005). A fronte di più disposizioni (apparentemente) concorrenti nella stessa fattispecie (le norme di responsabilità presunta stabilite dal codice civile e le norme sulla responsabilità ambientale previste dalla parte sesta del D. Lgs. N. 152 del 2006), il criterio di specialità porta certamente ad applicare solo ed esclusivamente le disposizioni esaustivamente dettate dalla normativa ambientale, così come oggi chiarite dal D. Lgs. n. 152 del 2006 (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 marzo 2005, n. 935; Sez. V, 16 luglio 2002, n. 3971; TAR Veneto, Sez. III, 19 gennaio 2006, n. 1443, e 6 dicembre 2006, n. 571). Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. -
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INQUINAMENTO - Imprese - Criterio di strict liability, contrapposto al sistema di due care - Accollo delle spese di bonifica ambientale a carico delle imprese per effetto della relazione con i suoli - Conseguenze - Effetti in tema di responsabilità sociale delle imprese. L’adozione di un criterio di “strict liability” (responsabilità rigorosa) in capo alle imprese, connesso a rischi oggettivi di impresa, non garantisce una migliore tutela del valore della difesa ambientale, rispetto ad un sistema di “due care” (cura doverosa). Infatti, la strict liability ed il correlativo principio, secondo cui sarebbe possibile l’ indifferenziato accollo degli oneri della bonifica ambientale a carico delle imprese per effetto della sola loro relazione con i suoli, finirebbe con l’incentivare il danno ambientale, invece di impedirlo o di portare a rimuoverne durevolmente le cause prima ancora che gli effetti, risultato che si ottiene solo promuovendo un corretto rapporto tra la produzione e l’ambiente. Infatti, la via semplice, “in discesa”, di accollare gli oneri di bonifica alle imprese incolpevoli, ma facilmente individuabili dalla loro attuale relazione con il bene, agevolerebbe, di fatto, l’impunità dei soggetti autori dell’inquinamento: questo perché, ipotizzando che la P.A. recuperi i costi integrali della bonifica a carico del proprietario-detentore incolpevole del suolo, ne deriverebbe che resterebbe a costui la rivalsa sul precedente proprietario-possessore inquinante, rivalsa che dovrebbe essere condotta sul piano della tutela civile, con l’evidente minore possibilità, mezzi e strumenti di tutela derivanti dalla natura dell’azione (che sarebbe riconducibile, in pratica, o ad una azione a tutela della compravendita, oppure, a seconda dei presupposti, ad una azione aquiliana, con relativi termini di proposizione e prescrizione), rispetto a quella che lo Stato invece può (e deve) porre in essere, a norma dell’art. 250, 252 comma 5 e 253 del dlgs 152/06. Quindi le Imprese “non attente” alle tematiche ambientali sarebbero incoraggiate nelle loro riprovevoli condotte dalla possibilità di sfuggire alla sanzione dopo aver sfruttato le risorse del suolo ed aver compromesso l’ambiente, semplicemente cedendo il sito e puntando, da un lato, sui “tempi lunghi” dell’Amministrazione e, dall’altro, sul minore rischio che per loro costituisce l’azione civile di rivalsa dei proprietari incolpevoli. In una prospettiva ancora più evoluta dell’istituto della responsabilità per danno all’ambiente, la cennata ed erronea ricostruzione dell’istituto della responsabilità per danni all’ambiente, contrasta gravemente - ledendolo - con il principio-valore della “responsabilità sociale delle imprese” che oramai si sta consolidando come lettura del combinato disposto degli artt. 2, 3 e 42 della Costituzione, nella maturata coscienza “diffusa” della società e degli operatori economici. In una amministrazione democraticamente orientata, infatti, la coazione è sempre uno strumento da “ultima risorsa”, mentre il coinvolgimento attivo, propositivo e qualificato dei privati nella tutela dell’ambiente è un “valore” prima ancora che uno strumento (di maggiore efficacia); ed esso si ottiene enfatizzando, appunto, la “responsabilità sociale” delle imprese e della produzione (nozione fondata sull’art. 41 comma 2 e 42 della Costituzione), secondo la quale le imprese hanno vantaggio (e devono essere incentivate) nel perseguire contestualmente il profitto economico, la funzione sociale della proprietà e la tutela ambientale, destinando a tale proposito adeguate risorse ed energie, poiché ne hanno un ritorno in termini di qualità della produzione e della immagine. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254


INQUINAMENTO - Tutela dell’ambiente e della salute - Valore costituzionalmente garantito - Art. 32 Cost. - Tutela di concomitanti interessi costituzionalmente protetti - Libertà di iniziativa economica e d’impresa - Adeguato contemperamento - Punto di equilibrio individuato dal legislatore nel principio “chi inquina paga”.
La tutela della salute e dell’ambiente diviene effettiva solo laddove essa sia supportata da idonea istruttoria ed adeguata ponderazione degli interventi necessari, sotto il profilo scientifico, e sia altresì coordinata e contemperata con la tutela di altri valori costituzionali come la libertà di impresa e di iniziativa economica, i quali assicurano il substrato indispensabile alla efficace tutela della salute e della integrità psicofisica, perché permettono sia l’evoluzione tecnologica e produttiva, sia il diritto al lavoro ed allo sviluppo sociale della persona umana, nelle formazioni ove essa svolge la propria personalità. La doverosa attività repressiva (così come quella innanzitutto preventiva) degli scempi ambientali, anche se prevalentemente finalizzata dall’ordinamento alla tutela della salute umana, prima ancora che alla conservazione dell’ecosistema,non può certamente realizzarsi in spregio di altri principi e valori egualmente contemplati e protetti dalla Costituzione, né violando e sovvertendo le più elementari normative generali sul procedimento amministrativo e/o quelle settoriali e specifiche in tema di tutela e risanamento ambientale. Ed invero, il valore fondamentale della salute umana (art. 32 Cost), nonostante il suo carattere primario ed assoluto, deve necessariamente confrontarsi e coordinarsi con altri valori di eguale dignità costituzionale, rispetto ai quali può porsi in conflitto, di guisa che l’assolutezza e l’incomprimibilità del diritto alla salute non può giustificare il sacrificio (a volte totale) di ogni altro valore e bene giuridico in conflitto (potenziale o reale) con esso (cfr. tra le tante, Cass. Civ. II, 6.4.1983, n. 2396), proprio perché l’esistenza di concomitanti tutele di altri interessi costituzionalmente protetti costituisce un limite oggettivo alla assoluta ed illimitata prevalenza del bene salute, rispetto a tutti gli altri indicati dalla tavola di valori costituzionali (in tal senso, sostanzialmente, Corte Cost. 18.07.1983, nr. 212). Il valore, predominante, della tutela della salute, ex art. 32 Cost. (che comprende anche il diritto alla salubrità dell’ambiente), non può essere inteso, quindi, come ragione per sopprimere o svuotare di contenuto il diritto alla libertà di iniziativa economica e di impresa, così come quest’ultimo non può essere utilizzato a pretesto per depauperare il territorio, impoverendone le risorse e infliggendo gravi sofferenze alle persone ed alle comunità che vi risiedono; né può, in alcun modo, giustificare la violazione di altri principi e normative (che esigono eguale rispetto in uno Stato di diritto) in nome di un malinteso senso di assolutezza e preminenza del diritto alla salute ed alla salubrità dell’ambiente. Il giusto punto di equilibrio tra i valori costituzionali che si sono rappresentati è, pertanto, di competenza del legislatore e, nel caso della tutela ambientale, è stato individuato nel principio di origine comunitaria “chi inquina paga” e nella relativa disciplina. La P.A. è chiamata, con azione mirata, corretta, partecipata ed efficace, ad assicurare in pratica il rispetto della gerarchia dei valori costituzionali che fonda la giusta valorizzazione di ognuno di essi, in una armonica visione di insieme (cfr. Corte Costituzionale, 7 novembre 2003, nr. 331, in materia di legislazione urbanistica regionale; Consiglio di Stato, V, 22 settembre 1999 nr. 1138; Cass. Civile, II, 6 aprile 1983, nr. 2396). Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. -
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INQUINAMENTO - Tutela ambientale - Rapporto tra indagine scientifica e poteri politici o amministrativi - Istruttoria tecnica sui progetti di bonifica - Interventi del Ministero dell’ambiente - Limiti.
Il presupposto essenziale di efficacia di una azione dei pubblici poteri nel campo della tutela ambientale, ove sono predominanti i contenuti tecnico-scientifici, è che essa nasca da una indagine del tutto autonoma dalle “direttive” politiche o amministrative: deve cioè trattarsi di una indagine scientifica “libera” di ricercare ed indagare i presupposti, le caratteristiche ed i rimedi da adottare per contrastare efficacemente le situazioni di inquinamento. E’ proprio dell’attività scientifica, infatti, ricercare le cause dei fenomeni naturali con i quali l’Uomo si confronta, e per farlo deve indagarne gli effetti, ai fini della cognizione delle cause, senza che sussistano condizionamenti del pensiero diversi da quelli propri delle sole regole del metodo scientifico. Correlativamente, spetta invece all’attività amministrativa adoperarsi affinchè si apprestino i mezzi, le risorse e le tecnologie necessarie al pubblico scopo ed interesse, avvalendosi dei risultati della ricerca, ma senza ovviamente poterne condizionare l’andamento, a pena di inaccettabili commistioni tra discrezionalità politico-amministrativa e rigore scientifico. In tal senso, è necessario che dapprima vengano posti in essere tutti gli studi necessari a fornire all’organo amministrativo o politico procedente la completa cognizione di causa, individuando cause ed effetti dei fenomeni scientifici sui quali devono essere assunte le determinazioni dell’Autorità; e poi che queste ultime vengano assunte dietro ponderata valutazione amministrativa delle risultanze degli studi scientifici, volta ad apprestare ed organizzare i mezzi tecnici e finanziari, ed a valutare altresì quegli apporti tecnici, scientifici e consultivi che le parti interessate o controinteressate possono fornire (le quali, a loro volta, devono essere messe, concretamente, in condizioni di farlo). Conseguentemente, in ordine allo svolgimento dell’istruttoria tecnica sui progetti di bonifica, (art. 15 D.M. n. 471/1999) al Ministero dell’Ambiente non è attribuito uno specifico potere di valutazione tecnica concernente l’efficacia delle previsioni progettuali prospettate dal proponente (responsabile dell’inquinamento o - come nel caso di specie - proprietario del terreno inquinato). Tale potere è invece affidato all’A.N.P.A. e alle diverse A.R.P.A. (in relazione alle regioni di volta in volta interessate) e all’Istituto Superiore di Sanità. Il Ministero, nella fase dell’istruttoria tecnica sui progetti in questione, è in una duplice posizione di natura doverosa: da un lato infatti deve necessariamente avvalersi delle figure soggettive sopra richiamate per la valutazione tecnica dei progetti; dall’altro, è tenuto ad acquisire i risultati dell’istruttoria ed a tener conto di questi nel provvedere all’approvazione definitiva degli elaborati progettuali. Non può invece interloquire attraverso la prescrizione di modifiche tecniche ai progetti presentati, modifiche che evidentemente presuppongono una preliminare valutazione tecnica che - come detto - appartiene invece agli enti di cui all’art. 15, comma 3, del d.m. n. 471/1999” (TAR Piemonte, Sez. II, 16 gennaio 2006, n. 89). Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. -
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INQUINAMENTO - Analisi e verifica dei contaminanti - Mancanza di specifici parametri normativi - Integrazione amministrativa - Modalità.
In relazione al “metodo” scientifico di analisi e di verifica dei contaminanti, laddove non siano rinvenibili nel sistema normativo specifici parametri di analisi, o, se esistenti, si ritengano solo parziali e insufficienti, detti parametri dovranno essere adottati (o integrati) dall’Amministrazione, con atto da fondarsi sulle elaborazioni scientifiche corrispondenti al migliore apporto allo stato dell’arte e della tecnica, “nel” procedimento (e quindi con possibilità di partecipazione da parte dei privati interessati). (Nella specie, si dibatteva intorno alla possibilità di utilizzare i parametri di cui all’allegato 1 del DM n. 471/1999 agli studi dei sedimenti marini, laddove la disciplina regolamentare ivi contenuta è diretta solo alla campionatura dei suoli, del sottosuolo, delle acque di falda e delle acque superficiali: l’estensione delle relative misurazioni ed applicazione dei parametri ivi previsti ai sedimenti - da un punto di vista strettamente giuridico - non è stata ritenuta illegittima, ma, si è affermato, deve essere il frutto di una apposita valutazione condotta nel procedimento). Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. -
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INQUINAMENTO - Procedimento di bonifica e M.I.S.E. - Differenza - Contaminazione repentina e contenimento della matrice compromessa - Fenomeni di inquinamento storici e recupero dell’area inquinata.
La Messa in Sicurezza di Emergenza (M.I.S.E.) non può essere utilizzata come una sorta di corsia preferenziale per ottenere nel minor tempo possibile l’intervento di disinquinamento al di fuori delle più complesse prescrizioni imposte per legge alla bonifica: l’art. 240 del d.lgs. n. 152/2006 prevede infatti che la M.I.SE. possa essere disposta solo in caso di eventi di contaminazione repentini, non invece a fronte di fenomeni di contaminazione storica. Le misure previste ai fini della bonifica sono di certo più gravose da un punto di vista procedimentale, ma lo sono perché il legislatore si pone di mira obiettivi di qualità ambientale e di recupero dell’ambiente dall’inquinamento molto più approfonditi, radicali, complessi e strutturati, di quelli ottenibili con una MISE, ossia quegli unici tipi di obiettivi che possono assicurare il reale recupero del tessuto ambientale compromesso, laddove la MISE è istituto (tecnico, prima che giuridico), volta al solo “contenimento” della matrice compromessa, ossia alla limitazione degli effetti dell’inquinamento allo scopo di impedirne l’ulteriore propagazione, non certamente idonea quindi al recupero di essa. Quindi, abusando della MISE come strumento alternativo alla procedura tipica ed effettiva, non solo si produce una attività amministrativa illegittima, ma si compromette gravemente, nel merito, la efficacia e la efficienza dell’azione amministrativa e la qualità del recupero ambientale che non può che essere gravemente sminuito da una azione affrettata e, come tale, superficiale. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. -
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INQUINAMENTO - Procedimento di bonifica ex D. Lgs. n. 152/2006 - Fasi - Individuazione.
La prescrizione diretta alla trasmissione del progetto definitivo di bonifica dei suoli e all’adeguamento degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda nel termine di trenta giorni viola le procedure di cui al D. Lgs. n. 152/2006, il quale prevede, preliminarmente, la necessaria predisposizione di un “piano di caratterizzazione”, l’obbligo di procedere poi alla determinazione dei valori soglia ed infine un termine non inferiore a sei mesi per l’esecuzione della bonifica. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. -
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INQUINAMENTO - Bonifica - Progetto di bonifica approvato con decreto interministeriale - Modifiche - Condizioni - Fattispecie: imposizione di un sistema di barrieramento fisico in luogo di quello idraulico già approvato.
Le modifiche ad un progetto di bonifica di aree ricadenti nell’ambito di un sito di interesse nazionale, già approvato con decreto interministeriale, possono essere deliberate solo con la rielaborazione degli obiettivi di bonifica, preceduta dall’analisi partecipata ed in contraddittorio con la società stessa del raggiungimento dei precedenti obiettivi (o delle cause del mancato raggiungimento) e della insufficienza di essi (poichè, se si impone un ripensamento della bonifica, è evidente che ciò può essere fatto solo laddove i precedenti obiettivi non sono stati raggiunti per insufficienza o inidoneità delle prescrizioni progettuali oppure, se sono stati raggiunti, erano gli stessi obiettivi ad essere inadeguati). (Nella specie, è stata ritenuta illegittima, relativamente ad un progetto di bonifica della falda già approvato, la richiesta modifica del barrieramento idraulico in barrieramento fisico ). Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. -
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INQUINAMENTO - RIFIUTI - Sedimenti contaminati - Natura di rifiuto anteriormente alla loro asportazione - Esclusione. I sedimenti, prima della loro eventuale asportazione, laddove eventualmente contaminati, non costituiscono ancora rifiuti, ma vanno qualificati come matrici ambientali, da sottoporre agli opportuni interventi di bonifica. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Classificazione di un rifiuto come pericoloso - Livello di concentrazione delle sostanze pericolose - Predeterminazione delle concentrazioni - Art. 252, c. 5 D.Lgs. n. 152/2006 - Interferenze decisionali ministeriali - Illegittimità.
Laddove, ai fini della classificazione dei rifiuti, la normativa di riferimento va individuata nella Decisione UE 200/532/CE, nella Direttiva MATT del 9 Aprile 2002 e nel Dlgs. 152/06 parte quarta All.D., secondo la quale un rifiuto è classificato come pericoloso solo se le sostanze pericolose raggiungono determinate concentrazioni, tali concentrazioni vanno predeterminate (e poi riscontrate) ex art. 252, comma 5, del d.lgs n. 152 del 2006 tramite appositi organi tecnici e senza possibilità di interferenze decisionali del Ministero (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. II - 16 gennaio 2006, n. 89, cit.). Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. -
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INQUINAMENTO - RIFIUTI - Gestione dei rifiuti prodotti nel corso delle opere di bonifica - Autorizzazione unica rilasciata nel decreto ministeriale di approvazione del progetto di bonifica - Sufficienza.
Tutte le autorizzazioni relative alla gestione dei rifiuti prodotti nel corso delle opere di bonifica sono da ritenersi assorbite dall’autorizzazione rilasciata con il decreto interministeriale relativo all’intervento di bonifica, ai sensi dell’art. 10, comma 10, del d.m. n. 471 del 1999, come richiamato dal successivo art. 15, comma 6. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. -
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INQUINAMENTO - Caratterizzazione dei suoli - Frazione granulometrica passante al vaglio 2 mm - Valore rappresentativo della totalità del terreno campionato - Esclusione - Illegittimità della relativa prescrizione. E’ illegittima la prescrizione con cui si imponga, in sede di caratterizzazione dei suoli, di effettuare le analisi sulla sola frazione granulometrica passante al vaglio 2 mm e di confrontare i risultati delle analisi condotte su detta frazione, ai fini della successiva bonifica, con i limiti tabellari di cui agli allegati al d.m. n. 471 del 199. Seguendo tale procedura, infatti, la quantità di inquinante presente sul sito si determinerebbe solo in relazione alla frazione più fine, in contrasto con il DM 471/99 e il DM 13.9.1999 che prescrivono che, ai fini della rappresentazione dello stato di contaminazione di un terreno, sia considerato tutto il materiale secco del terreno medesimo e non solo una sua frazione, ottenuta per effetto di una operazione di concentrazione e che può essere percentualmente piccola. Se appare quindi giusto riferire il risultato ottenuto dall’analisi della frazione granulometrica passante al vaglio di 2 mm alla sola frazione fine del terreno, è invece inappropriato considerare tale valore come rappresentativo della totalità del terreno campionato. Il terreno campionato può infatti essere costituito da diverse granulometrie: quella inferiore a 2 mm, dove può concentrarsi la maggior parte dell’inquinamento; quella compresa tra 2 mm e 2 cm, che tendenzialmente può essere meno inquinata perché ha scarso potere assorbente sulle particelle organiche ed inorganiche ed infine quella superiore ai 2 cm che viene scartata al momento della composizione del campione da analizzare. Per l’esistenza di tali tipi di suddivisione non è corretto attribuire il valore misurato nella frazione inferiore a 2mm, più suscettibile all’inquinamento, a tutto il campione, perché si opererebbe una vera e propria operazione di concentrazione, non corrispondente alla reale situazione presente nel terreno. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254

 

INQUINAMENTO - Meccanismo destinato a permettere di sorvegliare le emissioni di gas a effetto serra - Attuazione protocollo di Kyoto - Inadempimento di Stato. Non avendo fatto pervenire le informazioni imposte all'articolo 3, paragrafo 2, della decisione n° 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, relative al meccanismo per sorvegliare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità ed attuare il protocollo di Kyoto, il Granducato di Lussemburgo è condannato alle spese essendo venuto meno all'obbligo che gli incombe in virtù di questa disposizione. (testo uff.: En n’ayant pas fait parvenir les informations exigées à l’article 3, paragraphe 2, de la décision n° 280/2004/CE du Parlement européen et du Conseil, du 11 février 2004, relative à un mécanisme pour surveiller les émissions de gaz à effet de serre dans la Communauté et mettre en œuvre le protocole de Kyoto, le Grand-Duché de Luxembourg a manqué à l’obligation qui lui incombe en vertu de cette disposition. Le Grand-Duché de Luxembourg est condamné aux dépens). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE SENTENZA DELLA CORTE Sez. V, 18 luglio 2007, C-61/07
 

INQUINAMENTO - AGRICOLTURA - Prodotti fitosanitari - Sostanza attiva paraquat * - Autorizzazione all'immissione in commercio - Procedura d'autorizzazione - Protezione della salute umana e degli animali - Fattispecie - Dir. 91/414/CEE - Dir. 2003, 2003/112/CE. La direttiva della Commissione 1°dicembre, 2003/112/CE, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l'iscrizione della sostanza attiva paraquat, è annullata. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sentenza del Tribunale Sez. II, 11/07/2007, causa T-229/04

 

INQUINAMENTO - AGRICOLTURA - FAUNA E FLORA - Prodotti fitosanitari - Animali esposti esposti al paraquat * - Sofferenze o dolori inaccettabili - Soglia - Dimostrazione - Necessità - Direttiva 91/414. Ancorché sia probabile che gli animali esposti al paraquat a dosi mortali subiscano forti dolori e gravi sofferenze, da ciò non deriva necessariamente che tali dolori e sofferenze comportino una violazione delle disposizioni dell’art. 4. Infatti, a differenza dell’art. 4, n. 1, lett. b), punto iv), della direttiva 91/414, che non tollera alcun effetto nocivo diretto o indiretto del prodotto contenente la sostanza attiva sulla salute degli animali, l’art. 4, n. 1, lett. b), punti iii) e v), della direttiva 91/414 si limita a vietare le sofferenze e i dolori che abbiano carattere inaccettabile. Ne discende che le disposizioni citate risultano violate solo qualora si dimostri che è superata la soglia dell’accettabile, il che, nella fattispecie, non è stato dimostrato. Così, il Regno di Svezia non si è attivato per individuare la soglia al di là della quale le sofferenze o i dolori risultino inaccettabili né per dimostrare che detta soglia sia superata nel caso di specie. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sentenza del Tribunale Sez. II, 11/07/2007, causa T-229/04

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Art. 17 D.Lgs. n. 22/1997 - Artt. 240 e ss. D.Lgs. n. 152/2006 - Interventi di recupero ambientale - Proprietario o gestore dell’aera interessata non responsabile dell’inquinamento - Obbligo di procedere agli interventi di bonifica - Esclusione. L’art. 17 del D.lgs n. 22/1997, la cui impostazione sul punto è stata ora confermata e specificata dagli artt. 240 e ss. del D.lgs n. 152/2006, impone l’esecuzione di interventi di recupero ambientale anche di natura emergenziale al responsabile dell’inquinamento che può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell’area interessata. A carico di quest’ultimo (proprietario dell’area inquinata non responsabile della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l’espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare. La normativa citata prevede infatti che, in caso di mancata esecuzione degli interventi in argomento da parte del responsabile dell’inquinamento ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall’amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi. Il proprietario, ove non sia responsabile della violazione, non ha quindi l’obbligo di provvedere direttamente alla bonifica, ma solo l’onere di farlo se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare. Pres. Arosio, Est. Dongiovanni - I. s.p.a. (avv.ti Bucello, Viola e Bassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Regione Lombardia (avv. Forloni) e altri (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 10 luglio 2007, n. 5355

INQUINAMENTO - Ordinanza di messa in sicurezza e bonifica - Notifica al proprietario - Imposizione di misure di bonifica a prescindere dall’accertamento di responsabilità - Esclusione.
L’ordinanza di messa in sicurezza e bonifica ben può essere notificata al proprietario al fine di renderlo edotto di tale onere (che egli ha facoltà di assolvere per liberare l’area dal relativo vincolo), ma non può imporre misure di bonifica senza un adeguato accertamento della responsabilità, o corresponsabilità, del proprietario per l’inquinamento del sito ( Cons. St., sez. VI, n. 4525/2005, TAR Lombardia, sez. II, n. 754/2005). Pres. Arosio, Est. Dongiovanni - I. s.p.a. (avv.ti Bucello, Viola e Bassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Regione Lombardia (avv. Forloni) e altri (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 10 luglio 2007, n. 5355

INQUINAMENTO - Interventi di messa in sicurezza - Finalità.
Gli interventi di messa in sicurezza sono finalizzati non tanto alla diminuzione del livello di inquinamento dell’area interessata (obiettivo che va perseguito attraverso l’attivazione delle opere di bonifica) quanto ad evitare che la contaminazione in atto rischi di espandersi nel terreno o nella falda in attesa dell’esecuzione di interventi definitivi di bonifica del sito. Pres. Arosio, Est. Dongiovanni - I. s.p.a. (avv.ti Bucello, Viola e Bassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Regione Lombardia (avv. Forloni) e altri (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 10 luglio 2007, n. 5355

INQUINAMENTO - D.Lgs. n. 152/2006 - Livelli differenziati di contaminazione - CSC e CSR - Disciplina.
Il D.lgs n. 152/2006 individua livelli differenziati di contaminazione che, solo in parte rispecchiano quelli fissati dal D.M. n. 471/99: esso prevede due distinte soglie di contaminazione, la prima denominata “CSC” (“concentrazione soglia di contaminazione” ex art. 240 lett. b.) e la seconda “CSR” (“concentrazione soglia di rischio” ex art. 240 lett. c.); il sito di riferimento è qualificato “contaminato” solo se sia superata la soglia “CSR” mentre se risulta superata quella “CSC” (coincidente con i valori limite prima previsti dall’allegato 1 del D.M. n. 471/99) l’area è definita “potenzialmente contaminata” e può quindi usufruire, ai sensi dell’art. 240 lett. f) del D.lgs n. 152/2006, del trattamento riservato ai terreni “non contaminati”. Pres. Arosio, Est. Dongiovanni - I. s.p.a. (avv.ti Bucello, Viola e Bassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Regione Lombardia (avv. Forloni) e altri (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 10 luglio 2007, n. 5355

ASSOCIAZIONI - Strutture territoriali - Autonoma legittimazione processuale - Difetto.
La speciale legittimazione delle associazioni di protezione ambientale a ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi, riconosciuto dall'art. 18 dalla legge n. 349/1986, riguarda l'associazione ambientalistica nazionale formalmente riconosciuta e non le sue strutture territoriali, che non possono ritenersi munite di autonoma legittimazione processuale neppure per l'impugnazione di provvedimenti ed efficacia territorialmente limitata (Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 aprile 2006 n. 2151). Pres. Piscitello, Est. Testori - P.E. e altri (avv.ti Gualandi e Minotti) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato) e Regione Emilia Romagna (avv.ti Baccolini e Rizzo) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 6 luglio 2007, n. 1618


DANNO AMBIENTALE - URBANISTICA E EDILIZIA - Inizio attività della «terza linea» di un inceneritore - Pubblicità della domanda di autorizzazione - Comunicazione - Osservazioni - Inadempimento di uno Stato (Repubblica italiana) - Direttive 75/442/CEE, 85/337/CEE e 2000/76/CE. Non avendo reso accessibile in uno o più luoghi aperti al pubblico la comunicazione di inizio attività della «terza linea» del detto inceneritore per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell’autorità competente e non avendo messo a disposizione del pubblico stesso le decisioni relative a tale comunicazione insieme ad una copia dell’autorizzazione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 5 luglio 2007, causa C‑255/05


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DANNO AMBIENTALE - Accesso del pubblico all'informazione in materia d'ambiente - Mancata trasposizione entro il termine prescrive - Inadempimento di Stato (Austria) - Direttiva 2003/4/CE. Non avendo adottato, entro il termine prescritto, tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, che riguarda l'accesso del pubblico all'informazione in materia d'ambiente e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, la repubblica dell'Austria è venuta meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di questa direttiva. La repubblica dell'Austria è condannata alle spese. (Testo uff.: En n’adoptant pas, dans le délai prescrit, toutes les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer à la directive 2003/4/CE du Parlement européen et du Conseil, du 28 janvier 2003, concernant l’accès du public à l’information en matière d’environnement et abrogeant la directive 90/313/CEE du Conseil, la République d’Autriche a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive. La République d’Autriche est condamnée aux dépens). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VI, 5 luglio 2007, Causa C-340/06


INQUINAMENTO - Serbatoi interrati - D.lgs. 152/99 e d.m. 471/99 - Sostanze inquinanti - Idrocarburi totali - Piombo tetraetile - Concentrazioni massime ammissibili - Parametri aggiuntivi introdotti dalla Regione - Illegittimità.
I parametri di riferimento fissati all’esito del procedimento di approvazione previsto dal legislatore delegato (d.lgs. n. 152/1999), riportati nell’allegato 1, tab. 1 e 2 del d.m. n. 471/99, non possono essere modificati né in sede di conferenze di servizi né in esito al solo parere dell’Istituto superiore della sanità. Sicchè, in assenza della prescritta procedimentalizzazione, sono illegittimi tutti i parametri aggiuntivi introdotti dalla Regione con delibera della giunta regionale n. 3964/2004, nonché i provvedimenti comunali applicativi, trattandosi nella specie della materia della distribuzione di carburanti che, pur rientrando nella competenza regionale, intercetta ambiti di attribuzione di materie quali quella ambientale ove insistono anche competenze statali. (Fattispecie in materia di rimozione di serbatoi interrati presso gli impianti stradali di carburanti: in conformità ad un parere ISS, la regione aveva individuato per gli idrocarburi totali un valore di concentrazione limite ammissibile nelle acque sotterranee pari a 10 µg/1 - ossia quello previsto dal d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236 per le acque potabili - , in luogo dei 350 µg/1 previsti dalla tabella 2, voce 90, dell'allegato 1 al d.m. n. 471/1999; per il piombo tetraetile era stato assunto, sempre sulla scorta delle indicazioni dell'ISS, un valore di concentrazione limite ammissibile pari a 0,5 µg/1). Pres. De Zotti, Est. Savoia - E. s.r.l. (avv.ti Zanchini, Angeloni e Pavanini ) c. Regione Veneto (avv.ti Morra, Peagno e Munari) e altro (n.c.), riunito ad altri ric. - T.A.R. VENETO, Sez. III - 2 luglio 2007, n. 2114

 
INQUINAMENTO - Bonifica - Art. 17 D.Lgs. n. 22/97 - Questione di legittimità costituzionale - Eccesso di delega - Manifesta infondatezza. E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, e del regolamento di cui al D.M. 471/1999 ( con specifico riferimento alla determinazione in concreto degli intervento di M.I.S.E., all’imposizione di misure di cautela sulla base di criteri tabellari e alla fissazione di principi di responsabilità particolarmente penetranti per danno ambientale) sollevata in riferimento agli artt. 3, 23 e 76 Cost. , per eccesso di delega, sul presupposto che nessuna disposizione di fonte UE prevedesse l’emanazione di una disciplina relativa all’obbligo di bonifica dei siti inquinati. La norma non risulta affetta dai lamentati vizi, anche alla luce dell’ampio contenuto della delega conferita con al legge n. 146/1994 (art. 36): l’espressa previsione di misure volte alla prevenzione ed alla riparazione del danno ambientale, noché la dichiarata intenzione di delineare un quadro disciplinare di riferimento che tenesse conto non solo delle direttive che ci si accingeva a recepire, bensì anche del più generale quadro comunitario di riferimento in tema di tutela dell’ambiente, sono tutti elementi idonei a confermare la correttezza dell’esercizio della delega. Peraltro, l’ampiezza della delega nella specie conferita non può ritenersi affetta da vizi di indeterminatezza, se solo si pensi che l’espressa menzione al quadro comunitario di riferimento consentiva di (rectius: obbligava a) fare diretta applicazione delle previsioni di principio rinvenibili al livello del Trattato di Roma (Tit. XIX, artt. 174 e segg.). Si tratta di previsioni che, lungi dal presentare un contenuto indeterminato, orientano in modo obiettivamente definito le scelte dei Legisaltori nazionali in tema di protezione dell’ambiente (si pensi alla previsione di cui al secondo periodo del paragrafo 2 dell’art. 174 del TCE, secondo cui «[la politica della Comunià in materia ambientale] è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché del principio ‘chi inquina paga’»: principi - questi - che il Legislatore delegato del 1997 sembra aver tenuto pienamente in considerazione). Pres. Ravalli, Est. Contessa - P. s.p.a. (avv.ti Grassi e Motta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Puglia e altri (avv. Colabianchi) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 11 giugno 2007, n. 2248

INQUINAMENTO - Bonifica - Art. 17 D.lgs. n. 22/97 - Determinazioni sulla tipologia di interventi di M.I.S.E. - Variazioni - Approfondita motivazione e adeguata istruttoria - Art. 1, cc. 1 e 2 L. n. 241/1990. Se è vero che ai fini degli interventi di cui all’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997 (poi: Parte IV del d.lgs. 152 del 2006) non può considerarsi irretrattabile l’opzione manifestata da parte delle Amministrazioni competenti in favore di una determinata tipologia di interventi di M.I.S.E., di bonifica e ripristino ambientale, è pur vero che una volta palesata con atti espressi un’opzione in tal senso (ed una volta avviata la realizzazione delle conseguenti attività, di rilevante impatto economico per le imprese interessate) le Amministrazioni interessate possono mutare il proprio avviso soltanto in base ad una congrua ed approfondita motivazione ed all’esito di un’adeguata istruttoria che tenga conto di tutte le circostanze rilevanti del caso. La sussistenza di siffatti obblighi procedimentali, prima ancora che da specifiche norme valevoli nel particolare settore della disciplina ambientale, discende dai generali principi di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa (comma 1 dell’articolo 1 della l. 241 del 1990), nonché dal principio del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo, “se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria” (comma 2 dell’art. 1, l. cit.). Pres. Ravalli, Est. Contessa - P. s.p.a. (avv.ti Grassi e Motta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Puglia e altri (avv. Colabianchi) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 11 giugno 2007, n. 2248

INQUINAMENTO - Bonifica - Attività di M.I.S.E. - Prescrizioni - Canone di proporzionalità nell’esercizio dell’azione amministrativa - Osservanza - Necessità.
La prescrizione della conferenza di servizi che, nelle more del completamento delle attività di M.I.S.E. e di caratterizzazione delle matrici ambientali, vieta tutti gli interventi che comportano scavi anche di modeste dimensioni, è irragionevole, in quanto contraria al generale canone di proporzionalità nell’esercizio dell’azione amministrativa, che deve trovare applicazione, pur con le necessarie cautele del caso, anche in caso di situazioni di emergenza ambientale. Va annullata, pertanto, nella parte in cui non consente la realizzazione in loco di attività comportanti movimentazioni di terreno le quali, per la loro consistenza obiettiva, non risultino idonee in alcun modo ad interferire in modo negativo con le attività di bonifica in corso, secondo una valutazione da effettuarsi caso per caso in contraddittorio fra i soggetti interessati. Pres. Ravalli, Est. Contessa - P. s.p.a. (avv.ti Grassi e Motta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Puglia e altri (avv. Colabianchi) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 11 giugno 2007, n. 2248

INQUINAMENTO - Acque trattate nel corso di un intervento di bonifica - Limiti di emissione applicabili - D.lgs. n. 152/1999 - D.M. 471/1999 - Destinazione delle acque: scarico in corpo idrico superficiale o reimmissione in falda. Al fine di determinare il regime dei limiti di emissione applicabili alle acque trattate con il sistema di emungimento, nel corso di un intervento di bonifica ex art. 17 d.lgs. n. 22/97, occorre stabilire quale sia la destinazione delle acque trattate, ovvero: a) se esse siano destinate, a seguito dell’emungimento e del trattamento, ad essere scaricate nei corpi idrici superficiali (secondo le previsioni di cui all’art. 30, comma 6 del d.lgs. 152 del 1999): in tale ipotesi i limiti di emissione dovrebbero effettivamente coincidere con quelli (meno rigidi) previsti per gli scarichi idrici nei corpi recettori, oppure b) se esse siano destinate alla reimmissione in falda, a seguito dei trattamenti di disinquinamento, secondo le previsoini di cui all’Allegato 3 al D.M. 471 del 1999: in tale ipotesi i limiti di emissione dovrebbero invece coincidere con quelli (più rigidi) previsti dall’Allegato 1 - Tabella ‘Acque sotterranee’ del D.M. 471 del 1999. Pres. Ravalli, Est. Contessa - P. s.p.a. (avv.ti Grassi e Motta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato) e Regione Puglia e altri (avv. Colabianchi) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 11 giugno 2007, n. 2248

 

INQUINAMENTO AMBIENTALE - Funzione pianificatoria dell’Amministrazione comunale - Governo del territorio - Verifica di fattori inquinanti o di mero disagio per la popolazione - Competenza - Sussistenza - Fattispecie. La possibilità di programmazione dell’assetto del territorio tenendo conto di fattori inquinanti o di mero disagio per la popolazione ben può convivere, senza entrare in rapporto di esclusione reciproca, con i poteri-doveri dell’autorità sanitaria in materia; in altri termini, l’esclusione della vocazione edificatoria di una data zona e la previsione di un’area a verde in ragione della presenza di rischio di inquinamento ambientale non appare ragionevolmente estranea all’ambito della funzione pianificatoria. Fattispecie: competenza dell’Amministrazione comunale alla verifica della compatibilità degli insediamenti produttivi con la tutela della salute e dell’ambiente in funzione di limite all’attività edilizia. Pres. Riccio - Est. Mollica - Prefabbricati Pascazio & C. s.a.s. ed altri (avv.ti Leone e Notaristefano) c. Comune di Modugno (avv. Maulucci) e Regione Puglia, (avv. Sacchetti) - (conferma T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, n. 141 del 28/02/1998). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19/06/2007 (C.c. 13/03/2007), Sentenza n. 3300

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione ad impugnare atti amministrativi - Presupposti - Stabilità e rappresentatività - Comitati - Forme associative temporanee - Legittimazione a ricorrere avverso atti di localizzazione di impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti - Difetto. Il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell’ambiente ad associazioni locali purchè queste perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un adeguato gradi di rappresentatività e stabilità e un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso, anche se non ricomprese nell’elenco della associazioni a carattere nazionale individuale dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art. 13 della L. n. 349/1986, poiché tale norma ha creato un ulteriore criterio di legittimazione che si è aggiunto e non sostituito a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l’azionabilità dei c.d. “interessi diffusi” in materia ambientale (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 26.7.2001, n. 4123; TAR Liguria, sez. I, 18.3.2004, n. 267). Il mero scopo associativo, a prescindere dalla verifica circa l’esistenza dei requisiti giuridici di rappresentatività e stabilità, non basta a rendere differenziato un interesse diffuso o adespota facente capo alla popolazione nel suo complesso, quale interesse alla salvaguardia dell’ambiente, specie quando tale scopo associativo si risolva, senza mediazione alcuna di altre finalità, nell’utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non consentire la realizzazione di un determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità di proporre l’azione giurisdizionale (cfr. Cons.St., sez. VI, 5.12.2002, n. 6657). Sicchè, un comitato di cittadini caratterizzato da una forma associativa temporanea, volta alla protezione degli interessi dei soggetti che ne sono parte, non ha legittimazione a ricorrere avverso gli atti di localizzazione di impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti, essendo privo - oltre che del riconoscimento ministeriale di cui all’art. 13 L. n. 349 del 1986 - del carattere di ente esponente in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati nel territorio. Pres. Santoro, Est. Russo - Comitato “Vigiliamo per la discarica” e altri (avv. Lupo) c. Provincia di Taranto (n.c.), Regione Puglia e altro (Avv. Stato) e altri (n.c.) - (Conferma TAR PUGLIA, Lecce, sent. n. 3829/2006) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 14 giugno 2007 (C.C. 04/05/2007), sentenza n. 3192

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Degrado ambientale connesso all'abbandono dei rifiuti - Costituzione di parte civile - Proprietari limitrofi - Legittimità. Sono legittimati a costituirsi parti civili, lamentando il danno derivante dal degrado ambientale connesso all'abbandono dei rifiuti sul terreno, i proprietari dei terreni limitrofi. Pres. Papa Est. Onorato Ric. Cantelmi ed altro. (conferma Tribunale Monocratico di Tivoli sentenza 9.12.2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 04/06/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 21677

 

INQUINAMENTO - ACQUE - Nozione di acque reflue industriali - Fattispecie: versamento di sostanza chimica allo stato liquido destinata a fissare le fibre d'amianto che componevano la copertura di un capannone industriale. Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche. Conseguentemente rientrano tra le acque reflue industriali quelle provenienti da attività artigianali e da prestazioni di servizi. [Cassazione Sezione III, n. 42932/2002, 24/10/2002 - 19/12/2002, Ribattoni, RV. 222966]. Nella specie deve escludersi il carattere occasionale dello scarico essendo stato accertato che lo stesso è avvenuto nel corso di un'attività rientrante nel ciclo di lavorazione dell'impresa richiedente l'impiego di liquidi inquinanti. In tal contesto è stata versata una sostanza chimica allo stato liquido destinata a fissare le fibre d'amianto che componevano la copertura di un capannone industriale. Pres. Lupo Est. Teresi Ric. Bentivoglio. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29 Maggio 2007 (Ud. 12/04/2007), Sentenza n. 21119

 

DANNO AMBIENTALE - Cd. perdite provvisorie - Risarcibilità - D.Lgs. n. 152/2006. In tema di risarcimento per danno ambientale, rientra nell’ambito del danno risarcibile anche il danno derivante medio tempore dalla mancata disponibilità di una risorsa ambientale intatta, ovvero le cd. perdite provvisorie, già previste quali componenti del danno risarcibile dalla Direttiva 2004/35/CE. Sicché, le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza di legittimità in tema di risarcimento per danno ambientale, in particolare il superamento della funzione compensativa del risarcimento, vanno ribadite anche dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia ambientale, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, che ha espressamente abrogato l’art. 18 della legge 394 del 1986 (istitutiva del Ministero dell’Ambiente). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Antonini. (annulla e rinvia Corte di Appello di Firenze - con sentenza del 29.9.2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2 maggio 2007, Sentenza n. 16575
 

DANNO AMBIENTALE - Fonte del risarcimento - Cost. artt. 2, 3. 9, 41 e 42 - Art. 2043 cod. civ. - D.Lgs. n. 152/2006 - Dir. 2004/35/CE. La configurabilità del bene-ambiente e la risarcibilità del danno ambientale, pur specificamente regolato dall'art. 18 della legge n. 349/1986, trovano "la fonte genetica direttamente nella Costituzione, considerata dinamicamente e come diritto vigente e vivente, attraverso il combinato disposto di quelle disposizioni (artt. 2, 3. 9, 41 e 42) che concernono l'individuo e la collettività nel suo habitat economico, sociale e ambientale" ed ha ritenuto, pertanto, che, anche prima della legge n. 349/1986, la Costituzione e la norma generale dell'art. 2043 cod. civ. "apprestavano all'ambiente una tutela organica" [così Cass., 19.6.1996, n. 5650 (relativa alla catastrofe del Vaiont del 1963)]. Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Antonini. (annulla e rinvia Corte di Appello di Firenze - con sentenza del 29.9.2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2 maggio 2007, Sentenza n. 16575
 

DANNO AMBIENTALE - Autonoma legittimazione al risarcimento - Triplice dimensione. Il danno ambientale presenta una triplice dimensione: personale (quale lesione del diritto fondamentale dell'ambiente di ogni uomo); sociale (quale lesione del diritto fondamentale dell'ambiente nelle formazioni sociali in cui si sviluppa la personalità umana - art. 2 Cost.); pubblica (quale lesione del diritto-dovere pubblico delle istituzioni centrali e periferiche con specifiche competenze ambientali). In questo contesto persone, associazioni ed anche gli enti territoriali non fanno valere un generico interesse diffuso, ma dei diritti, ed agiscono in forza di una autonoma legittimazione (così Cass., sez. III, 19.1.1994, n. 439, ric. Mattiuzzi). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Antonini. (annulla e rinvia Corte di Appello di Firenze - con sentenza del 29.9.2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2 maggio 2007, Sentenza n. 16575
 

DANNO AMBIENTALE - Contenuto del danno ambientale - Pregiudizio ai valori ambientali - situazioni di irreversibilità. Il contenuto del danno ambientale coincide con la nozione non di danno patito bensì di danno provocato ed il danno ingiusto da risarcire si pone in modo indifferente rispetto alla produzione di danni conseguenze, essendo sufficiente per la sua configurazione la lesione in se di quell'interesse ampio e diffuso alla salvaguardia ambientale, secondo contenuti e dimensione fissati da norme e provvedimenti. Il legislatore, invero, in tema di pregiudizio ai valori ambientali, ha inteso prevedere un ristoro quanto più anticipato possibile al rispetto al verificarsi delle conseguenze dannose, che presenterebbero situazioni di irreversibilità. Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Antonini. (annulla e rinvia Corte di Appello di Firenze - con sentenza del 29.9.2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2 maggio 2007, Sentenza n. 16575
 

DANNO AMBIENTALE - Modifiche temporanee dello stato dei luoghi - Risarcibilità. Integra il danno ambientale risarcibile anche il danno derivante, medio tempore, dalla mancata disponibilità di una risorsa ambientale intatta, ossia le c.d. "perdite provvisorie", previste espressamente come componente del danno risarcibile dalla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale) (vedi Cass., Sez. III,15,10.1999, n. 13716). Sicché, la risarcibilità delle perdite temporanee è giustificata dal fatto che qualsiasi intervento di ripristino ambientale, per quanto tempestivo, non può mai eliminare quello speciale profilo di danno conseguenze alla perdita di fruibilità della risorsa naturale compromessa dalla condotta illecita, danno che si verifica nel momento in cui tale condotta viene tenuta e che perdura per tutto il tempo necessario a ricostituire lo status quo. Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Antonini. (annulla e rinvia Corte di Appello di Firenze - con sentenza del 29.9.2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2 maggio 2007, Sentenza n. 16575
 

DANNO AMBIENTALE - Risarcimento - Soggetti legittimati. Ai sensi dell'art. 310 del D.Lgs. n. 152/2006, pure i soggetti di cui all'art. 309, comma 1 (le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse alla partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino) sono legittimati ad agire, secondo i principi generali, anche per il risarcimento del danno subito a cause del ritardo nell'attivazione, da parte del Ministero, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, avanti al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Antonini. (annulla e rinvia Corte di Appello di Firenze - con sentenza del 29.9.2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2 maggio 2007, Sentenza n. 16575
 

DANNO AMBIENTALE - Condanna generica al risarcimento del danno Parte civile - Risarcimento dei danni - Nesso di causalità. Ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile, non è necessario che il danneggiato dia la prova della effettiva sussistenza dei danni e del nesso di causalità tra questi e l'azione dell'autore dell'illecito, ma è sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose: la suddetta pronuncia, infatti, costituisce una mera declaratoria iuris, da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale a rimesso al giudice della liquidazione (vedi Cass. pen.: Sez. I, 18.3.1992, n. 3220; Sez. IV, 15.6.1994, n. 7008; Sez. VI, 26.8.1994, n. 9266). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Antonini. (annulla e rinvia Corte di Appello di Firenze - con sentenza del 29.9.2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2 maggio 2007, Sentenza n. 16575
 

DANNO AMBIENTALE - Condanna generica al risarcimento del danno - Facoltà del giudice penale - Artt. 539 e 651 c.p.p.. La facoltà del giudice penale di pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno, prevista dall'art. 539 c.p.p., non incontra restrizioni di sorta in ipotesi di incompiutezza della prova sul quantum, bensì trova implicita conferma nei limiti dell'efficacia della sentenza penale nel giudizio civile per la restituzione e il risarcimento del danno fissati dall'art. 651 c.p.p., escludendosi, perciò, l'estensione del giudicato penale alle conseguenze economiche del fatto illecito commesso dall'imputato (vedi Cass. pen., Sez. IV, 26.1.1999, n. 1045). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Antonini. (annulla e rinvia Corte di Appello di Firenze - con sentenza del 29.9.2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2 maggio 2007, Sentenza n. 16575

 

DANNO AMBIENTALE - Parte civile - Danno risarcibile - Condanna generica al risarcimento - Liquidazione del quantum. La condanna generica al risarcimento dei danni, contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice riconosca che la parte civile vi ha diritto, non esige alcun accertamento in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, ma postula soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, salva restando nel giudizio di liquidazione del quantum la possibilità di esclusione dell'esistenza stessa di un danno unito da rapporto eziologico con il fatto illecito (vedi Cass. civ., Sez, III, 11.1.2001, n. 329). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Antonini. (annulla e rinvia Corte di Appello di Firenze - con sentenza del 29.9.2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2 maggio 2007, Sentenza n. 16575

 

INQUINAMENTO - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Risarcimento del danno ambientale - Legittimazione esclusiva del Ministero dell'Ambiente - Legittimazione degli enti territoriali - Fattispecie - D. L.vo n. 156/06 c.d. Codice dell'ambiente - Art. 18, c. 3°, L. n. 349/86. L’art. 18, co. 3°, della L. n. 349/86, che prevedeva la legittimazione anche degli enti territoriali, sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo, all'azione per il risarcimento del danno ambientale è stato abrogato dall'art. 318 d.lg. 3.4.06.n.152 (c.d. codice dell'ambiente), che ha lasciato in vigore solo il co. 5° dell'art. 18 L 349/86 (relativo al diritto di intervento delle associazioni ambientaliste nei giudizi per il risarcimento del danno). Lo stesso d.lg. n. 152/06 ha previsto, quindi, la legittimazione esclusiva del Ministro dell'Ambiente a far valere in giudizio il danno ambientale (art 311), attribuendo al medesimo anche penetranti poteri di intervento e di tutela dell'ambiente, sia in via preventiva e ripristinatoria (artt. 311-310), che in via sanzionatoria e riparatoria (artt. 311-316). Tuttavia al fine di chiarire l'effettiva portata di detta legittimazione esclusiva del Ministero dell'Ambiente, deve farsi riferimento alla nozione di danno ambientale annunciata nel art. 300 comma 1° del d.lg. n. 152/06, a tenore del quale tale pregiudizio si concreta in "qualsiasi deterioramento significativo o misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima". Nella specie, è stato ritenuto che un evento pericoloso per la salute dell'intera comunità territoriale, come l'installazione di una unica discarica, per le possibili ripercussioni sul territorio e per le potenziali devastazioni ambientali che possono scaturirne, possa configurare una lesione allo stesso diritto costituzionale dell'ente territoriale esponenziale alla propria identità culturale, politica ed economica alla cui tutela Comune è sicuramente legittimato (Cass. 15.4.98 n. 3807). Ric. Comune di Serre. TRIBUNALE DI SALERNO, Sez. I, 28 aprile 2007, Ordinanza n. 1189
 

INQUINAMENTO - Ente comunale - Interessi riconducibili nella sfera della fruizione della comunità locale - Legittimazione processuale. E’ riconosciuto al Comune "che rappresenta la propria comunità, né cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo" (art. 3, co. 2°, del d.lg. 267/00), l'accesso alla tutela giurisdizionale allorché venga dedotta, come nella specie, la lesione - ad opera di altra autorità - di interessi riconducibili nella sfera della fruizione della comunità locale, che nell'ente territoriale in questione trova la prima e immediata occasione di aggregazione ed omogeneizzazione (Cons. St. 18.3.03 n. 1407). Ric. Comune di Serre. TRIBUNALE DI SALERNO, Sez. I, 28 aprile 2007, Ordinanza n. 1189

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni venatorie e di protezione dell'ambiente - Guardie giurate - Compiti e poteri - Qualifica di Polizia Giudiziaria - Esclusione - Artt. 27 lett. b), 28, 1° 2° e 5° L. 157/92. Alle guardie giurate delle associazioni venatorie e di protezione ambientali nazionali (nella specie, appartenenti al Nucleo di Vigilanza WWF), spetta, ai sensi degli artt. 27 lett. b), 28, 1° 2° e 5° comma, L. n.157/92, la vigilanza sull'applicazione della legge sulla caccia e delle leggi regionali attinenti alla materia venatoria. Nell'ambito dei poteri e dei compiti degli addetti alla vigilanza venatoria, è prevista per tutti soggetti indicati nell'art. 27 citata legge), il potere di chiedere - nei confronti di qualsiasi persona trovata in possesso d'armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o attitudine di caccia - la esibizione della licenza di porto di fucile per uso caccia, del tesserino di cui all'art. 12, comma 12: del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata. Tuttavia, non esercitando funzioni di polizia giudiziaria, non possono effettuare il sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia (artt. 30 e 28, 2° comma, Legge citata). Pres. De Maio - Est. Gentile - Ric. Zanola. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 13/04/2007 (Cc. 27/02/2007), Sentenza n. 15074

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - CACCIA - Violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria - Organi di vigilanza - Guardie volontarie - Funzioni - Compiti di P.G. - Esclusione. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono i relativi verbali e li trasmettono all'Ente da cui dipendono; nonché all'Autorità competente secondo le disposizioni vigenti (art. 28, 5° comma, citata legge). Pertanto, va affermato che le guardie volontarie del WWF non sono agenti /o ufficiali di P.G. [conformi:Cass. Sez. III Sent. n. 4408 del 16/02/97, rv209862; Cass. Sez. III Sent. n. 1519 del 27/03/96, rv 205449; Cass. Sez. III Sent. n. 613 del 27/02/1995 rv 201998; Cass. Sez. V Sent. n. 4898 del 23/05/97, rv 207896; contra: Cass. Sez. III Sent. n. 6454 del 2006 rv 233561]. Pres. De Maio - Est. Gentile - Ric. Zanola. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 13/04/2007 (Cc. 27/02/2007), Sentenza n. 15074

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO - Operazioni di M.I.S.E. e bonifica - Proprietario dell'area inquinata - Responsabilità per danno cagionato da cose in custodia. Il proprietario, secondo le regole civilistiche, si presume responsabile dei danni cagionati a terzi dalle cose in custodia, salvo che non provi il caso fortuito. E' pertanto correttamente individuata nella persona del proprietario dell'area inquinata la responsabilità ai fini dell'imposizione dell'obbligo di attivare le operazioni di M.I.S.E., a prescindere dalla sua dichiarazione di non aver avuto conoscenza dell'esistenza di una fonte di inquinamento (nella specie, cisterna interrata utilizzata per il deposito di idrocarburi). Pres. Petruzzelli, Est. Spiezia - B.M. (avv. Formichini) c. Comune di Capannori (avv. Masi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 marzo 2007, n. 393
 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Bonifica di siti contaminati - D.M. 471/1999 - Parametri previsti per le aree residenziali - Obiettivo - Immobile adibito ad attività produttiva ubicato in area residenziale - Parametri applicabili. In materia di bonifica dei siti inquinati, i limiti più severi (rispetto a quelli dettati per le zone industriali) previsti dal D.M. n. 471/1999, all. 1, tab. A per le aree residenziali sono riconducibili all’obiettivo di tutelare non il singolo immobile, ma l’intera area circostante. Ne deriva la legittimità dell’ordinanza di bonifica che faccia riferimento alla classificazione urbanistica residenziale della zona, richiamandone i relativi parametri, senza tener conto che l’immobile interessato è adibito ad attività produttiva. Pres. Petruzzelli, Est. Spiezia - B.M. (avv. Formichini) c. Comune di Capannori (avv. Masi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 marzo 2007, n. 393

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica di un sito di interesse nazionale - Artt. 17 del D.Lgs. n. 22/97, 10 e 15 del D.M. n. 471 del 1999 - Conferenza di servizi decisoria - Natura endoprocedimentale - Verbale di conclusione dei lavori - Rango di provvedimento conclusivo - Esclusione. La conferenza di servizi (nella specie convocata per la messa in sicurezza, la caratterizzazione e la bonifica di un sito di interesse nazionale, ex artt. 17, del D.Lgs. n. 22/97, 10 e 15 del D.M. n. 471 del 1999) non costituisce un ufficio speciale della Pubblica amministrazione, autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano, ma un modulo procedimentale; essa riverbera i propri effetti (che sono di natura procedimentale), sull’atto finale (cfr. Cons. St. IV sez., 9 luglio 1999 n. 1193), ma non assurge alla dignità di organo “ad hoc”, nè acquista soggettività giuridica autonoma, essendo solo uno strumento procedimentale di coordinamento di Amministrazioni che restano diverse tra loro e mantengono la rispettiva autonomia soggettiva. La conferenza costituisce, dunque, un momento di comparazione di interessi e di valutazione preventiva, il cui espletamento non è rigidamente formalizzato e le cui conclusioni si inscrivono nel percorso endoprecedimentale della formazione della volontà dell’Amministrazione (cfr. Cons. St. sez. IV, 6 ottobre 2001 n. 5296 e sez. V, 2 marzo 1999 n. 212). Ne deriva che il verbale di conclusione dei lavori di conferenza di servizi, seppur decisorio, non assurge a rango di provvedimento conclusivo idoneo a pregiudicare la posizione giuridica del privato interessato. Pres. Petruzzelli, Est. Fiorentino - C. s.p.a. (avv.ti Giampietro e Fonderico) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute (Avv. Stato), Conferenza di Servizi decisoria (Avv. Stato) e altro (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 marzo 2007, n. 383
 

TUTELA DELL’AMBIENTE - ASSOCIAZIONI E COMITATI - PROCEDURE E VARIE - Reati ambientali e rimessione del processo - Elementi. L'istituto della rimessione del processo ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, e - come tale - va interpretato restrittivamente. Per "grave situazione locale", non altrimenti eliminabile, atta a turbare lo svolgimento del processo, e quindi a giustificarne la rimessione ad altro giudice, deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l'ambiente nel quale si svolge il processo, connotato da tale abnormità e consistenza da pregiudicare concretamente: a) l'imparzialità del giudice (dell'ufficio giudiziario) titolare del processo; b) ovvero la libera determinazione delle persone che partecipano al processo; c) ovvero la sicurezza e la incolumità pubblica. Non presentano tali requisiti i fatti che non esorbitano dai limiti della vivace dialettica sociale che accompagna in moltissimi casi il negativo impatto ecologico di certi fenomeni produttivi, dividendo l'opinione pubblica tra i difensori della esigenza produttiva e i difensori dell'ambiente e della salute dei cittadini, trattandosi comunque di fatti che certamente non posseggono quel carattere di abnormità, correttamente richiesto dalla giurisprudenza di legittimità per giustificare la deroga al principio del giudice naturale. Pres. Papa - Est. Onorato - Ric. Delle Foglie. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8/3/2007 (c.c. 5/12/2006), Sentenza 9800

 

ENERGIA ELETTRICA - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Centrali termoelettriche - Autorizzazione all’esercizio e fissazione dei limiti di emissione - Potestà legislativa statale - Provincia - Accordo transattivo - Ambito oggettuale sottratto alla competenza provinciale - Conseguenze - Fattispecie: “Polo brindisino”. La definizione della disciplina di esercizio delle centrali termoelettriche e dei relativi limiti di emissione rientra fra le materie di potestà legislativa statale; del pari, rientrano nell’ambito delle competenze statali i profili della gestione amministrativa (con riferimento alla materia delle autorizzazioni e della fissazione di limiti di emissione) ed essi risultano, pertanto, sottratti in toto alla disponibilità da parte dei livelli di governo comunale e provinciale, residuando in capo alla provincia solo limitati poteri - essenzialmente, in sede di controllo (cfr. articoli 29, comma 2, lett. g) ed 83, comma 1, lett. o) del d.lgs. 112 del 1998, nonché l’art. 1 del d.l. 7 del 2002; cfr. inoltre la sent. Cort. Cost. n. 6/2004, quanto alla compatibilità del citato riparto di competenze con il nuovo tit. V della Cost.). Ne deriva l’impossibilità per l’Ente locale di includere in un accordo transattivo un ambito oggettuale (quello della fissazione dei limiti di emissione delle centrali termoelettriche) sottratto alla propria sfera di competenza. Un eventuale accordo in tal senso andrebbe incontro alla conseguenza (di ordine civilistico) della radicale nullità per impossibilità dell’oggetto (artt. 1418, c. 2 c.c.), in relazione alla previsione di cui all’art. 1966 c.c., secondo cui per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della composizione di interessi cui essa è finalizzata; nonché alla conseguenza (di ordine pubblicistico) del surrettizio quanto inammissibile ampliamento delle sfere di competenza dei vari livelli di governo, in violazione del principio di legalità in ordine alla definizione delle sfere di competenza delle amministrazioni pubbliche (fattispecie in materia di determinazione dei limiti delle emissioni massiche di una centrale termoelettrica nell’ambito del cd. “polo brindisino”). Pres. Ravalli, Est. Contessa - E.P. s.p.a. (avv. Sticchi Damiani) c. Provincia di Brindisi (avv.ti Durano, Giampietro e Portaluri) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, sez. I - 22 febbraio 2007, n. 617
 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Articolazione territoriale di un’associazione riconosciuta ex art 13 L. n. 349/86 - Impugnazione di atti ad efficacia territoriale circoscritta - Legittimazione ad agire in giudizio - Sussistenza - Esclusione. La legittimazione ad agire in giudizio è da escludere, anche in caso di impugnazione di atti ad efficacia territoriale circoscritta, per le articolazioni territoriali di associazioni già riconosciute ex art. 13 della legge 8.6.1986, n. 349, “…e cioè di soggetti associativi i quali….non agiscono allegando una propria ed autonoma legittimazione fattuale ma ripetono, per così dire, il titolo legittimante da quello ex lege conferito all’Associazione nazionale di cui fanno parte”(C.d.S. n. 2151/06.). Sulla base di tale assunto, le previsioni contenute nello statuto possono unicamente disciplinare il potere di stare in giudizio in rappresentanza dell’associazione, ma non possono “distribuire verso le articolazioni interne la titolarità della situazione legittimante, che resta in capo all’Ente che ne è titolare” (C.d.S. n. 2151 cit.). Pres. Zuballi, Est. Farina - Associazione Legambiente Veneto (avv.ti Scappini e Sartori) c. Comune di San Zeno di Montagna (avv.ti Sala, Sandri e Zimbelli) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 26 febbraio 2007, n. 513

 

INQUINAMENTO - Autorizzazione integrata ambientale - Regione Friuli Venezia Giulia - L.R. 25/2005 - Procedimenti in corso - Atto autorizzatorio della conferenza tecnica di cui all’art. 6 del D.P.G.R. n.01/1998/Pres. - Conferenza tecnica e conferenza di servizi - Mancata partecipazione del rappresentante della struttura regionale competente - Valenza di autorizzazione integrata ambientale - Esclusione. La L.R. Friuli Venezia Giulia 18/8/2005 n. 25, nel prevedere (art. 20) per i procedimenti in corso la possibilità che il provvedimento autorizzatorio emesso possa costituire anche autorizzazione integrata ambientale, richiede la condizione necessaria della partecipazione effettiva del rappresentante della struttura regionale competente alla conferenza tecnica, con esclusione di qualsiasi equipollente. Sicchè, l’atto autorizzatorio della conferenza tecnica di cui all’art. 6 del D. P. G. R. n. 01/1998/Pres. - organo permanente, non assimilabile ad una conferenza di servizi - , non può costituire autorizzazione integrata ambientale, ove il rappresentante del Servizio tutela da inquinamento atmosferico acustico e ambientale (struttura regionale competente nel caso di specie, relativo ad impianti di smaltimento/recupero di rifiuti e loro varianti sostanziali), pur invitato, non abbia ritenuto di partecipare alla deliberazione della conferenza. Pres. Borea, Est. Settesoldi - G. s.p.a. (avv.ti Pellegrini e Sbisà) c. Provincia di Udine (avv.ti Raffa e Raccaro) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA - 23 febbraio 2007, n. 136

 

INFORMAZIONE AMBIENTALE - D.Lgs. n. 195/05 - Nozione - Dichiarazione in ordine all’interesse all’accesso - Necessità - Esclusione. Si definisce “informazione ambientale”, di cui al D.Lg. 195/05, qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi; 2) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente, individuati al numero 1); 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi; 4) le relazioni sull'attuazione della legislazione ambientale; 5) le analisi costi-benefìci ed altre analisi ed ipotesi economiche, usate nell'àmbito delle misure e delle attività di cui al numero 3); 6) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d'interesse culturale, per quanto influenzabili dallo stato degli elementi dell'ambiente di cui al punto 1) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui ai punti 2) e 3). L’informazione può essere richiesta da qualsiasi persona fisica o ente “senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”, ad ogni Autorità pubblica che ne abbia il possesso “in quanto dalla stessa prodotta o ricevuta o materialmente detenuta”. Pres. De Zotti, Est. De Piero - Comitato Bassopolesano Antiterminal (avv.ti Ceruti e Acerboni) c. Regione Veneto (avv.ti Cusin e Zanlucchi) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 7 febbraio 2007, n. 294
 

DANNO AMBIENTALE - V.I.A. - PROCEDURE E VARIE - T.A.V. - Microeffetti - Giurisdizione. La competenza sugli effetti riguardanti le conseguenze ambientali, derivanti dall’inserimento di un’opera in un particolare territorio di rilievo nazionale e quelli radicati localmente (“microeffetti”), appartiene al TAR Lazio, sede di Roma. Pres. Varrone - Est. Balucani - Trento ad alta velocita' - TAV - S.P.A., (Avv. D'Amelio) c. Comune di Poncarale, Comune di Montirone, (n.c.) (annulla TAR di Brescia del 22 febbraio 2005 sentenza n. 91). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 07/02/2007 (C.C. 12/12/2006), Sentenza n. 513

 

ASSOCIAZIONE E COMITATI - CACCIA - Vigilanza venatoria - Guardie zoofile volontarie dell’ENPA - Qualifica di agenti di polizia giudiziaria - Esclusione. Le guardie zoofile volontarie dell’ENPA non rivestono la qualifica di agenti di polizia giudiziaria. Avendo l'ENPA perduto la personalità giuridica di diritto pubblico, i suoi agenti sono oggi guardie giurate volontarie di un'associazione protezionistica nazionale riconosciuta e ad essi la legge sulla caccia conferisce espressamente i poteri di vigilanza e di accertamento indicati nei commi 1 e 5 dell'art. 28, della legge n. 157/92, ma non anche quello di procedere al sequestro penale previsto dal 2 comma dello stesso articolo, riservato agli ufficiali ed agenti di P.G.. La stessa legge n. 157/92 ha espressamente riconosciuto la qualifica di agenti di polizia giudiziaria agli agenti dipendenti dagli Enti locali delegati dalle Regioni (art. 27, comma 1, lett. a), senza estendere tale riconoscimento alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, menzionate alla lettera b) dello stesso comma. L’assenza dell’espresso riconoscimento della qualifica costituisce chiaro indice della volontà del legislatore, trattandosi di una disposizione speciale avente ad oggetto proprio i compiti e le qualifiche in materia di vigilanza venatoria. Pres. Ricci - Est. Chieppa - E.N.P.A., Ente Nazionale Protezione Animali (avv.to Petrivelli) c. Ministero dell’interno, Ministero di grazie e giustizia e Consiglio di Stato in sede consultiva (Avvocatura Generale dello Stato), (conferma, Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I ter, n. 6368/2001). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 26/01/2007 (C.C. 28/11/2006), Sentenza n. 298

ASSOCIAZIONE E COMITATI - CACCIA - Vigilanza venatoria - Guardie venatoria volontarie - Qualifica di polizia giudiziaria - Esclusione - L. n. 157/92 - Artt. 57, 3 c., 55 e 57 c.p.p.. Ai sensi della legge n. 157/92, la qualifica di polizia giudiziaria non può essere riconosciuta, agli agenti dell'E.N.P.A., a norma del combinato degli artt. 57, 3 comma, e 55 c.p.p., argomentando dal fatto che ad essi sono conferiti dalla legge sulla caccia poteri di vigilanza e di accertamento di eventuali reati, in quanto l'art. 57 c.p.p., nell'indicare le categorie di soggetti cui va riconosciuta la qualifica di ufficiali o di agenti di P.G., fa espressamente salve "le disposizioni delle leggi speciali" e la legge sulla caccia si pone sicuramente con carattere di specialità rispetto alle norme, anche sostanziali, contenute nel codice di rito. Pres. Ricci - Est. Chieppa - E.N.P.A., Ente Nazionale Protezione Animali (avv.to Petrivelli) c. Ministero dell’interno, Ministero di grazie e giustizia e Consiglio di Stato in sede consultiva (Avvocatura Generale dello Stato), (conferma, Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I ter, n. 6368/2001). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 26/01/2007 (C.C. 28/11/2006), Sentenza n. 298

ASSOCIAZIONE E COMITATI - CACCIA - Vigilanza venatoria - Guardie venatoria volontarie - Qualifica di polizia giudiziaria - Esclusione - Disciplina vigente. L’art. 27, comma 1, della legge 11 febbraio 1992 n. 157 ha affidato la vigilanza venatoria: a) agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni. b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata. Ai soli agenti, di cui alla lett. a) è stata riconosciuta la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Pres. Ricci - Est. Chieppa - E.N.P.A., Ente Nazionale Protezione Animali (avv.to Petrivelli) c. Ministero dell’interno, Ministero di grazie e giustizia e Consiglio di Stato in sede consultiva (Avvocatura Generale dello Stato), (conferma, Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I ter, n. 6368/2001). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 26/01/2007 (C.C. 28/11/2006), Sentenza n. 298

 

DANNO AMBIENTALE - Risarcimento danni - Associazioni e comitati - Associazioni ecologiste - Legittimazione processuale - Presupposti - Art. 13 L. 349/1986 - C.d. sostituzione processuale. Le associazioni ecologiste, ancorché non riconosciute ex art. 13 L. 349/1986, sono legittimate in via autonoma e principale all'azione di risarcimento per il danno ambientale e, quindi, a costituirsi parte civile nel processo penale quando siano, in base al loro statuto, portatrici di interessi ambientali, territorialmente delimitati, in modo concreto lesi dalla attività illecita (ex plurimis Cass. Sezione terza, sentenza 33887/2006). Pres. Papa - Est. Squassoni - Ric. V.A.S.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15 Gennaio 2007 (Ud. 14/11/2006), Sentenza n. 554

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste, partecipazione al processo penale - Due differenti istituti - Presupposti di legge - Art. 91 c.p.p.. Sussistono due differenti istituti che consentono l'accesso al giudizio penale di formazioni sociali ambientaliste portatrici di interessi superindividuali tali sodalizi, quando sussistano i presupposti di legge, possano costituirsi parti civili oppure possono intervenire nel processo a sensi dell'art. 91 cpp, con poteri identici a quelli della persona offesa al cui consenso è subordinato l'esercizio dello intervento stesso. Pres. Papa - Est. Squassoni - Ric. V.a.s.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15/01/2007 (Ud. 14/11/2006), Sentenza n. 554

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - PROCEDURE E VARIE - Indagini preliminari - Richiesta di archiviazione - Reato ambientale - Associazione ambientalista - Diritto all’avviso - Limiti. Le associazioni ambientaliste portatrici di interessi superindividuali possono intervenire nei procedimenti per reati di danno ambientale, con poteri identici a quelli della persona offesa, della quale è però necessario il costante consenso come requisito della loro legittimazione processuale, sicché, ove questo manchi, l’avviso circa la richiesta di archiviazione non è dovuto. Presidente E. Papa, Relatore C. Squassoni.  CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15/01/2007 (Ud. 14/11/2006), Sentenza n. 554

 

Impianti per la produzione di energia elettrica - Energia - Autorizzazione integrata ambientale - Opere già autorizzate - Ottimizzazioni progettuali - Necessità di nuova autorizzazione integrata - Limiti - Modifiche sostanziali. Anche dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 59/2005, non è prescritto alcun obbligo di acquisizione dell’autorizzazione integrata ambientale a carico di quelle opere già autorizzate ai sensi della Direttiva 96/61/CE o mediante autorizzazione unica. Solo nel caso in cui le ottimizzazioni progettuali siano riconducibili alla natura di modifica sostanziale ai sensi dell’articolo 2, 1° comma, lettera n) d. lgs. n.59/2005, rappresentata da una modifica dell’impianto che, secondo un parere motivato dell’autorità competente, possa avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l’ambiente, sarà necessario non solo riaprire il procedimento autorizzatorio di cui alla l. n. 55/02, ma anche ottenere una nuova autorizzazione ambientale integrata secondo quanto disposto dall’art. 10 2° comma d. lgs. n.59/2005 (alla cui stregua “nel caso in cui le modifìche progettate, ad avviso del gestore o a seguito della comunicazione di cui al comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia all’autorità competente una nuova domanda di autorizzazione”). Pres. Fedullo, Est. Grasso - Italia Nostra ONLUS (avv. Cantillo) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Ente Parco Regionale dei Monti Picentini (avv. Laperuta), Regione Campania (avv. Consolazio) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 12 gennaio 2007, n. 12 

 

Accesso - Informazione ambientale - Art. 117 Cost. - Tutela dell’ambiente - Non rientra - Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali - Competenza dello Stato - Competenze Regionali - Rapporti - L. 241/90 e ss. mm. - D. Lgs. 195/2005 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La disciplina delle informazioni in tema di ambiente non appartiene alla materia «tutela dell’ambiente», di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ma si inserisce nel vasto ambito della tutela del diritto di accesso del pubblico ai documenti amministrativi. Ciò non vale tuttavia ad escludere la competenza legislativa dello Stato in materia, giacché l’accesso ai documenti amministrativi attiene, di per sé, ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. In questo senso si esprime l’art. 22, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa), che fa salva «la potestà delle regioni e degli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela». Dalla norma costituzionale e dalla legge statale citate emerge un sistema composito di tutela del diritto all’accesso, che si articola nella necessaria disciplina statale dei livelli essenziali e nella eventuale disciplina regionale o locale di livelli ulteriori. Su questi presupposti, si deve escludere che non spettasse allo Stato dare attuazione alla direttiva comunitaria 2003/4/CE in materia di informazione ambientale, proprio perché sullo Stato incombe il dovere di fissare i livelli essenziali di tutela, validi per l’intero territorio nazionale, anche in questo settore. Ne deriva l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento allo Statuto della Regione Friuli Venezia Giulia (legge cost. n. 1/63) e all’art. 117 Cost., del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195. Pres. Bile, Red. Silvestri - Regione Friuli Venezia Giulia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 1 dicembre 2006 (Ud. 20 novembre 2006), sentenza n. 399

 

Accesso - Informazione ambientale - Art. 117 Cost. - Tutela dell’ambiente - Non rientra - Competenze regionali - Limiti di cui alla L. 241/90 e ss. mm. - L.R. Friuli Venezia Giulia n. 11/2005 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’accesso all’informazione ambientale non rientra propriamente nell’ambito della materia “tutela dell’ambiente”, trattandosi di un aspetto specifico della più generale tematica del diritto di accesso del pubblico ai dati ed ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni. L’art. 22, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa), dopo aver stabilito che l’accesso ai documenti amministrativi costituisce principio generale dell’attività amministrativa ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., precisa: «Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela». L’art. 29, comma 2, della medesima legge aggiunge: «Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente legge». Sicchè è infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all’art. 117 della Cost., del capo II della L.R. Friuli Venezia Giulia n. 11/2005 che si attiene ai limiti tracciati dalla legislazione statale in materia di diritto di accesso del pubblico alle informazioni, prevedendo specifiche norme sull’informazione ambientale, non rivolte alla tutela dell’ambiente, ma ad una migliore conoscenza, da parte dei cittadini, dei problemi ambientali concreti. Pres. Bile, Red. Silvestri - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 1 dicembre 2006 (Ud. 20 novembre 2006), sentenza n. 398

 

Inquinamento (Amianto) - Attività di smaltimento di rifiuti pericolosi - Smaltimento amianto - Senza autorizzazione - Lavori di bonifica - Concetto di smaltimento - Iscrizione all'Albo Nazionale Fattispecie. Nel concetto di smaltimento dei rifiuti rientrano tutte le operazioni aventi ad oggetto i rifiuti comprese tra il momento della produzione e quello della definitiva eliminazione dei rifiuti. Tra tali operazioni rientrano, le attività di prelievo e di trattamento fisico-chimico dell'amianto, in attesa di avviarlo alla discarica. Sicché, sussiste l'obbligo di iscrizione all'Albo Nazionale da parte di impresa di bonifica dall’amianto o, in mancanza, di munirsi della prescritta autorizzazione sul presupposto che l’attività di recupero dell’amianto di altri materiali e di successiva messa in sicurezza rientra nella nozione di raccolta dei rifiuti. Nella specie, la ditta avrebbe dovuto iscriversi all’albo nazionale delle imprese previsto dal citato art. 30 del D.L.vo n. 22/97 e, in attesa delle norme tecniche per la istituzione dell'albo, avrebbe dovuto iscriversi all’albo previgente istituito dall’art. 10 del D.L. n. 361/87, convertito in L. n. 441/87, ovvero munirsi dell'autorizzazione prevista dell'art. 6 Iett. d) del D.L.R. n. 915/32. Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Ric. Lo Bello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 novembre 2006 (Ud. 26/10/2006), Sentenza n. 39360

 

Associazioni e comitati - Associazioni di promozione sociale - L. 383/2000 - Diritto di accesso ai documenti amministrativi attinenti agli scopi statutari - Iscrizione nel registro di cui all’art. 7 L. 383/2000 - Necessità. Le associazioni di promozione sociale, per poter usufruire dei benefici previsti dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383, tra i cui il diritto all’informazione nei termini di cui al’art. 26 (“diritto di accedere ai documenti amministrativi attinenti al perseguimento degli scopi statutari), devono essere iscritte nei registri di cui all’art. 7 della stessa legge. Pres. Catoni, Est. Eliantonio - A.I.D.A.A. (avv. Clemente) c. Comune di Catignano (avv. Russi) - T.A.R. ABRUZZO, Pescara - 18 novembre 2006, n. 714 (vedi: sentenza per esteso)

 

Associazione e comitati - Procedura e varie - Pubblica Amministrazione - Accesso ai documenti amministrativi - Appello - Termini - Art. 25, l. n. 241/1990. In materia di accesso ai documenti amministrativi, l’appello, ai sensi dell’art. 25, l. n. 241/1990, va proposto entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza. Pres. Giovannini - Est. De Nictolis - A.I.D.A.A. (associazione italiana difesa animali e ambiente) (avv. Masciocco) c. Comune di Ariccia (avv. Magistri) ( Ric. irricevibile T.A.R. per il Lazio - Roma, sez. I quater, 27 aprile 2006, n. 2979). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 14 Novembre 2006 (C.C. 10/10/2006), Sentenza n. 6709 (vedi: sentenza per esteso)

 

Inquinamento - Prestazione lavorativa in ambiente inquinato (amianto) - Risarcibilità - Onere probatorio - Risarcimento danni - Danno morale. La situazione di turbamento psichico conseguente al proseguimento della prestazione lavorativa in ambiente inquinato, se non può formare oggetto di prova diretta, al pari di qualsiasi altro stato psichico interiore del soggetto, può essere tuttavia desunta da altre circostanze di fatto esterne, quali la presenza di malattie psico-somatiche, insonnia, inappetenza, disturbi del comportamento o altro. Conseguentemente, il lavoratore che, impiegato in cantiere esposto all’inalazione di polveri di amianto, chiede il risarcimento dei danni per l’esposizione ad agenti patogeni, pur non avendo contratto alcuna malattia, non è liberato dalla prova di aver subito un effettivo turbamento psichico e la prospettata situazione di sofferenze e disagio non può essere desunta dalla mera prestazione lavorativa in ambiente inquinato. La S.C. ha affermato tale principio in controversia in cui i lavoratori deducevano che il patema d’animo, causato dalla consapevolezza della seria e concreta esposizione ultratrentennale all’amianto, non potendo essere oggetto di accertamento o di riscontro medico legale, poteva essere desunto dai dati di comune esperienza. La S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva respinto la domanda di risarcimento per non aver i lavoratori fornito alcuna prova in ordine alla gravità dell’evento ed all’asserito turbamento, né alla dipendenza causale del turbamento dall’esposizione all’agente patogeno. Presidente G. Sciarelli, Relatore G. D'Agostino. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 06/11/2006, Sentenza n. 23642

 

Associazioni e comitati - Art. 18 L. 349/1986 - Articolazioni territoriali dell’associazione - Legittimazione a ricorrere e ad intervenire - Insussistenza. La speciale legittimazione delle associazioni di protezione ambientale a ricorrere innanzi alla giurisdizione amministrativa riconosciuta dall’art. 18 della L. 349 del 1986 riguarda in via esclusiva l’associazione ambientalistica nazionale formalmente riconosciuta, e non già le sue articolazioni territoriali, con la conseguenza che queste ultime non possono reputarsi munite di autonoma legittimazione processuale, neppure per l’impugnazione di atti amministrativi ad efficacia territorialmente limitata (cfr., da ultimo: C.S., sez. V, n 2151/06, nonché Tar Veneto n. 3170/04). Lo stesso ovviamente vale anche per l’intervento in giudizio (Tar Lombardia - Brescia n. 1177/02). Pres. ff. ed Est. De Piero - Comune di Cologna Veneta (avv.ti Scappini e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 30 ottobre 2006, n. 3591 (vedi: sentenza per esteso)

 

Associazioni e comitati - Comitati - Interessi diffusi - Autonoma impugnativa - Legittimazione - Presupposti - Intervento ad adjuvandum - Legittimazione di un comitato costituito ad hoc - Sussistenza. Gli interessi diffusi di cui sono portatori i Comitati, o altre analoghe figure, possono avere ingresso nel processo amministrativo - con autonoma impugnativa - solo se i soggetti che li rappresentano hanno una duratura e non occasionale presenza nel territorio e vi sia uno stabile criterio di collegamento; la costituzione ad hoc per opporsi alla realizzazione di un’opera, pur non legittimando il comitato a proporre autonomo ricorso, è però sufficiente a legittimarlo all’intervento ad adjuvandum del ricorso principale proposto da altri. Pres. ff. ed Est. De Piero - Comune di Cologna Veneta (avv.ti Scappini e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 30 ottobre 2006, n. 3591 (vedi: sentenza per esteso)

 

Associazioni e comitati - Interessi esponenziali radicati sul territorio - Legittimazione a ricorrere in giudizio - Sussistenza, a prescindere dal riconoscimento ministeriale. La legittimazione a ricorrere in giudizio si riconosce non soltanto alle associazioni ambientaliste di cui all’art. 13 della L. 349 del 1986, ma anche agli organismi - comitati o associazioni - espressioni di interessi esponenziali radicati localmente di agire a tutela della salute e della qualità della vita in genere nel territorio in cui gli organismi medesimi svolgono la loro attività (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. IV, 11 luglio 2006 n. 5760). Pres. Amoroso, Est. Rocco - Italia Nostra onlus e altri (avv.ti Ceruti e Acerboni) c. Regione Veneto (avv.ti Morra e Cusin), Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato) e Comune di Porto Viro (avv. Barzazi) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 27 ottobre 2006, n. 3587 (vedi: sentenza per esteso)

 

Associazione, comitati, popolazioni residenti - Legittimazione a ricorrere - Posizioni variegate - L. n. 349/1986 - Non tassatività del riconoscimento ministeriale - Accertamento, caso per caso   Potere del giudice - Art. 118 Cost. - Principio di sussidiarietà orizzontale e allontanamento dal criterio della entificazione - Tutela degli interessi ambientali in senso lato - Nozione allargata di ambiente. Sussiste la legittimazione a ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa delle associazioni ambientalistiche riconosciute, ai sensi della l. n. 349 del 1986, laddove le doglianze sollevate impingano in profili legati all'interesse alla tutela dell'ambiente. Tuttavia, sussistono posizioni variegate anche in ordine alla tassatività o meno del riconoscimento operato dal ministero dell’Ambiente (se essa sia o meno condicio juris della legittimazione ad agire con esclusione di un concorrente potere del giudice amministrativo; nel senso della tassatività, C. Stato, VI, 16.7.1990, n.728). Nel senso della non tassatività del riconoscimento ministeriale e della esistenza nel nostro ordinamento di un duplice sistema di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, e quindi nel senso che il potere di individuazione ministeriale conferito dall’art. 13 L.349 del 1986 non esclude al giudice il potere di applicare direttamente la norma di cui all’art. 18, accertando, caso per caso, la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione, si veda Consiglio di Stato, VI; 7.2.1996, n.182. In proposito, più di recente, il Consiglio di Stato ha osservato che l’ultimo comma dell’art. 118 Cost.   in particolare il principio di sussidiarietà orizzontale - sancisce e conclude un percorso di autonomia non più collegato al fenomeno della entificazione, ma correlato più semplicemente alla società civile e al suo sviluppo democratico a livello quasi sempre volontario (C. Stato, Sez. Consultiva per gli atti normativi, 25 agosto 2003, n.1440/2003). Inoltre, non può ritenersi che la legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste e/o comitati spetti solo per la tutela degli interessi ambientali in senso stretto, in quanto essa, in senso lato, comprende la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali, l’ambiente in senso ampio, e quindi il paesaggio urbano, rurale e naturale, i monumenti e i centri storici e quindi la qualità della vita. Infatti, solo attraverso la nozione allargata di ambiente è possibile raggiungere l’effettiva tutela del patrimonio ambientale, culturale, storico e artistico, patrimonio che sarebbe esposto a gravissimi rischi di sopravvivenza se la legittimazione ad agire fosse circoscritta ai singoli cittadini direttamente e autonomamente lesi da provvedimenti amministrativi. Pertanto, non deve escludersi, ritenendo la non tassatività del riconoscimento ambientale, l’esistenza nel nostro ordinamento di un duplice sistema di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste (e dei comitati), la possibilità del giudice di valutare caso per caso l’applicabilità dell’art. 18 l. 349/86, ovvero stabilire la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione ad impugnare provvedimenti lesivi di interessi ambientali. Pres. Venturini - Est. De Felice - Agazzani ed altri (avv.ti Ceruti e Petretti) c. PROVINCIA DI MANTOVA ed altri (avv.ti Sperati e Colombo) (riforma TAR Lombardia sentenza n. 738/2004, dep. in data 8/07/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 2 ottobre 2006 (C.C. 11/07/2006), Sentenza n. 5760 (vedi: sentenza per esteso)

 

Associazione, comitati e popolazioni residenti - Pubblica Amministrazione - Legittimazione ad agire - Riconoscimento - Tutela della salute pubblica e/o all'ambiente - Portatori di interessi diffusi - La partecipazione al procedimento genera la legittimazione processuale - Criterio della "vicinitas" - Legittimazione ad agire dei singoli - Sussiste - Artt. 13 e 18 l. n. 349/1986 - Artt. 9 e 10 l. n. 241/1990. L'esplicita legittimazione, ai sensi degli artt. 13 e 18 l. 8 luglio 1986 n. 349, delle associazioni ambientalistiche di dimensione nazionale e ultraregionale all'azione giudiziale non esclude, di per sè sola, analoga legittimazione ad agire ai sensi della stessa normativa, in un ambito territoriale e comunitario ben circoscritto, agli organismi - comitato o associazioni - che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere l'ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su tale circoscritto territorio e non intendano estendere il raggio della propria azione oltre la comunità e l'ambito territoriale ove si collocano e cui riferiscono i loro programmi e la propria attività, altrimenti verificandosi che le località e le relative popolazioni, interessate da "attentati" alla salute pubblica e/o all'ambiente di ambito locale e circoscritto, ove questi ultimi non siano presi in considerazione da associazioni riconosciute ma assenti "in loco", rimarrebbero prive di quelle suscettibilità di protezione che possono assicurare le associazioni ambientalistiche e similari. Inoltre, ai sensi degli artt. 9 e 10 l. 7 agosto 1990 n. 241, i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati hanno facoltà di intervenire nel procedimento, di prendere visione degli atti dello stesso, di presentare memorie scritte e documenti; pertanto, poiché la partecipazione al procedimento genera la legittimazione processuale, deve riconoscersi la legittimazione ad agire ai sensi della l. 7 luglio 1986 n. 349, dell'associazione ambientalistica che opera localmente in ambito circoscritto, la quale abbia partecipato al procedimento poi oggetto della controversia. Anche sulla base del criterio della "vicinitas", sussiste, la legittimazione ad agire dei singoli per la tutela del bene ambiente, in particolare a tutela di interessi incisi da atti e comportamenti dell'amministrazione che li ledono direttamente e personalmente, unitamente all'intera collettività che insiste sul territorio locale. Pres. Venturini - Est. De Felice - Agazzani ed altri (avv.ti Ceruti e Petretti) c. PROVINCIA DI MANTOVA ed altri (avv.ti Sperati e Colombo) (riforma TAR Lombardia sentenza n. 738/2004, dep. in data 8/07/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 2 ottobre 2006 (C.C. 11/07/2006), Sentenza n. 5760 (vedi: sentenza per esteso)

 

Danno ambientale - Associazioni di protezione ambientale - Intervento nei giudizi - Legittimazione - Azione per il risarcimento del danno - Art. 318, c. 2, lett. a) del D. Lgs. n. 152/2006. L’art. 318, comma 2, lett. a) del D.Lv. 152/2006 ha lasciato il vita in comma 5 dell’art. 18 della legge n. 349 del 1986 (che riguarda l’intervento nei giudizi per danno ambientale delle associazioni di protezione ambientale, a fianco del quale dovrebbe altresì persistere la azione per il risarcimento del danno patrimoniale proprio in base ad una giurisprudenza ormai consolidata; v. per tutte Cass. sez. 3 n. 46746 deI 2004, Rv 231306). Per cui, nella specie, l’intervento di Lega Ambiente nel presente giudizio resta indiscutibile anche in base alla nuova disposizione, per quanto riguarda la legittimazione degli enti territoriali occorre rilevare che le nuove disposizioni si applicheranno al futuro e cioè ai giudizi promossi dopo la entrata in vigore della nuova disciplina. Peraltro, non potrebbe negarsi neppure per il futuro la possibilità per gli enti locali e per gli altri soggetti pubblici o privati di agire per il risarcimento dei propri danni patrimoniali o non patrimoniali derivanti dalla azione inquinante, diversi da quelli dell’inquinamento del sito, come nel caso in esame in esame in cui la azione degli enti locali ha riguardato un danno più esteso ed anche diverso da quello strettamente ambientale. Pres. Chieffi - Est. Corradini - Ric. Pezzoti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. I, 8 settembre 2006 (Ud. 13/06/2006), Sentenza n. 29855

 

Danno ambientale - Parte civile - Legittimazione - Soggetti pubblici e persone singole e associate. Il danno ambientale presenta, oltre a quella pubblica, una dimensione personale e sociale quale lesione del diritto fondamentale all'ambiente salubre di ogni uomo e delle formazioni sociali in cui si sviluppa la personalità; il danno in oggetto, in quanto lesivo di un bene di rilevanza costituzionale, quanto meno indiretta, reca una offesa alla persona umana nella sua sfera individuale e sociale. Tale rilievo porta alla conclusione che la legittimazione a costituirsi parte civile per danno ambientale non spetta solo ai soggetti pubblici, in nome dell'ambiente come interesse pubblico, ma anche alle persone singole o associate in nome dell'ambiente come diritto fondamentale di ogni uomo. Di conseguenza la legittimazione in oggetto spetta anche alle associazioni ecologiche quando hanno subito dal reato una lesione di un diritto di natura patrimoniale (ad esempio, per i costi sostenuti nello svolgimento della attività dirette ad impedire pregiudizio al territorio o per la propaganda) o non patrimoniale (ad esempio, attinente alla personalità del sodalizio per il discredito derivante dal mancato raggiungimento dei fini istituzionali che potrebbe indurre gli associati a privare l'ente del loro sostegno personale e finanziario). Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sez. I penale - 24 luglio 2006, Sentenza n. 1104 (vedi: sentenza per esteso)

 

Danno ambientale - Danno alle singole componenti ambientali - Differenza. Il danno ambientale costituisce un surplus rispetto al danno alle singole componenti materiali dell'ambiente. Infatti, l'ambiente in senso giuridico, quale bene unitario ma anche immateriale ..., rappresenta ... un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, si distingue ontologicamente da questi e si identifica in una realtà, priva di consistenza materiale, ma espressione di un autonomo valore collettivo, specifico oggetto, come tale, di tutela da parte dell'ordinamento, rispetto ad illeciti, la cui idoneità lesiva va valutata con riguardo a siffatto valore e indipendentemente dalla particolare incidenza verificatasi su una o più della dette singole componenti, secondo un concetto di pregiudizio che, sebbene riconducibile a quello di danno patrimoniale, si connota tuttavia per una più ampia accezione di danno svincolata da una concezione aritmetico-contabile. Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sez. I penale - 24 luglio 2006, Sentenza n. 1104 (vedi: sentenza per esteso)

 

Danno ambientale - Mero sfruttamento economico del territorio abusivamente trasformato - Lesione dell’interesse alla razionale gestione e miglioramento delle condizioni naturali. Anche la sola attività di utilizzo con profitto economico di opere edilizie può costituire fonte di danno ambientale perchè se quest'ultimo si identifica nella lesione dell'interesse, costituzionalmente protetto, alla "conservazione, ... razionale gestione e ... miglioramento delle condizioni naturali (aria, acqua, suolo e territorio), l'esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini, di tutte le specie animali o vegetali che in esse vivono allo stato naturale ed in definitiva della persona umana in tutte le sue estrinsecazioni" (Corte Cost. 87/210), è evidente la sussistenza di tale tipo di danno anche in relazione al mero sfruttamento del territorio abusivamente trasformato, in quanto anche tale sfruttamento esclude la "razionale gestione e il miglioramento delle condizioni naturali" nonchè "l'esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini". Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sez. I penale - 24 luglio 2006, Sentenza n. 1104 (vedi: sentenza per esteso)

 

Danno ambientale - Attività di edificazione e gestione abusiva del territorio - Natura - Illecito permanente - Risarcibilità - Azione - Dies a quo. L'attività di edificazione e gestione abusiva del territorio assume la veste di "illecito permanente", il quale, a differenza dell'"illecito istantaneo ad effetti permanenti", è risarcibile mediante un'azione il cui dies a quo decorre dalla cessazione della permanenza. Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sez. I penale - 24 luglio 2006, Sentenza n. 1104 (vedi: sentenza per esteso)

 

Inquinamento - Energia elettrica - D. lgs. 79/1999, art. 11 - Immissione nel sistema elettrico nazionale - Quota di energia prodotta da fonti rinnovabili - Certificati verdi - L. 481/1995 - Autorità per l’Energia Elettrica - Delibera n. 8/2004 - Recupero parziale dei costi - Legittimità. La legge n. 481/1995 non sancisce alcun principio giuridico che imponga il recupero integrale dei costi sostenuti dalle imprese elettriche per l’adempimento agli obblighi di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 79/1999 (immissione nel sistema elettrico nazionale di una quota di energia elettrica pari al 2% prodotta da fonti rinnovabili, raggiungibile eventualmente con il sistema dei “certificati verdi”). Pertanto, l’Autorità per l’Energia Elettrica, nel garantire il recupero dei costi, deve mirare al contemperamento delle esigenze di equilibrio economico - finanziario delle imprese con altri obiettivi generali tra i quali assume particolare rilievo quello della tutela ambientale. Il riconoscimento dei costi mediante un parametro di media ponderata è diretto proprio a garantire economicità e redditività degli operatori stimolando comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale, ed incentivando la produzione di energia “pulita” o “eco-compatibile”, da sfruttamento di fonti rinnovabili. Ne deriva quindi la piena legittimità del recupero parziale di cui alla delibera n. 8/2004. Pres. Varrone, Est. Montedoro - E. s.p.a. (avv.ti Travi e Romanelli) c. Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (Avv. Stato) e altri (n.c.) - (conferma T.A.R. Lombardia, Milano, n. 6100/2004) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 6 luglio 2006 (c.c. 21 marzo 2006), sentenza n. 4290 (vedi: sentenza per esteso)

 

Inquinamento - Energia - Impianto fotovoltaico - Autorizzazione ex D. Lgs. 387/03 - Necessità. Per la realizzazione di un impianto fotovoltaico autonomo è necessaria l’autorizzazione regionale ex D Lgs 387/03. Pres. ed Est. Zuballi - M.V. e altro (avv. Cacciavillani) c. Comune di Camponogara (avv. Michelon) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 29 giugno 2006, n. 1929

 

Codice dell’Ambiente - D. Lgs. 152/2006 - Norme in materia ambientale - Regione Emilia Romagna - Istanza di sospensione ex artt. 35 e 40 L. 87/1953 - Non luogo a provvedere. La Corte Costituzionale dichiara non luogo a provvedere sull’istanza di sospensione degli artt. 63, 64, 101, comma 7, 154, 155, 181, commi da 7 ad 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 214, commi 3 e 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) proposta dalla Regione Emilia-Romagna, atteso che la ricorrente, nel sollecitare l’esercizio del potere di sospensione delle norme impugnate, ha tuttavia prospettato in maniera sostanzialmente assertiva la sussistenza dei relativi presupposti, omettendo di svolgere argomenti in grado di indurre questa Corte ad eventualmente adottare, d’ufficio, i provvedimenti di cui agli artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953. Pres. Bile, Red. Tesauro - Regione Emilia Romagna c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE, 22 giugno 2006 (ud. 21 giugno2006), ordinanza n. 245 (vedi: ordinanza per esteso)

 

CIRCOLAZIONE STRADALE - Ordinanze di sospensione della circolazione - Art. 7, c. 1, lett. a) C.d.S. - Ordinanza contingibile e urgente a tutela dell’incolumità pubblica - Art. 7, c. 1, lett. b) C.d.S. - Disciplina della circolazione veicolare con finalità di tutela dell’ambiente - Pubblicità - Differenza. Le norme di cui all’art. 7 comma 1 lett. a) e b) del Codice della Strada disciplinano due distinti strumenti di intervento e disciplina della regolamentazione del traffico: il primo assume quale oggetto tipico l’adozione, in presenza di ragioni contingenti ed urgenti, di specifiche misure di sospensione della circolazione per gravi motivi di salute ed a tutela della incolumità pubblica che possono essere rese note mediante pubblici proclami; il secondo tipo di intervento assume una portata diversa, trattandosi di un potere di disciplina della circolazione veicolare con finalità di tutela della salute e dell’ambiente. Nel primo caso, trattandosi di provvedimenti a contenuto inibitorio della circolazione, devono essere sempre preceduti dalle forme di pubblicazione proprie degli atti amministrativi ed essere seguiti, in caso di mancata pubblicità tramite segnaletica, da adeguata pubblicità-informazione che gli odierni strumenti di comunicazione consentono, senza alcun bisogno di ricorrere alla apposizione di segnali stradali. Non è sufficiente l’eventuale diffusione della notizia tramite i quotidiani, imputabile al diritto-dovere di cronaca dei giornalisti, che, peraltro, non impone la generale osservanza da parte degli utenti della strada. GdP Valenti - R.B. e altro (avv. Palmigiano) c. Comune di Palermo. GIUDICE DI PACE DI PALERMO, Sez. VII - 20 giugno 2006 (Ud. 31/05/2005), n. 6248

CIRCOLAZIONE STRADALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Adozione di ordinanze con tingibili e urgenti a tutela della salute - Presupposti - Art. 7, c. 1, lett. a) C.d.S. e dell’art. 54 D.L.G. n. 267/00 - inquinamento a carattere non occasionale - Ordinanza di limitazione della circolazione - Apposizione di idonea segnaletica - Necessità. Dal combinato disposto dell’art. 7, c. 1, lett. a) C.d.S. e dell’art. 54 D.L.G. n. 267/00, si ricava che i presupposti richiesti per l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente di limitazione della circolazione a tutela della salute e dell’incolumità pubblica sono, da un lato, l’impossibilità di differire l’intervento ad altra data in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente, da qui il carattere dell’urgenza, e, dall’altro, l’impossibilità di provvedere con mezzi e poteri ordinari, da qui la contingenza. Ne deriva che, a fronte di una situazione di carattere non occasionale, ma che al contrario riveste il carattere dell’abitualità e della cronicità (superamento delle soglie di allarme normativamente previste per l’inquinamento atmosferico), l’ordinanza di limitazione della circolazione è connotata dall’ordinarietà e dalla tipicità dei contenuti e, pertanto, resta disciplinata dalla normativa del codice della strada ex art. 7, c. 1, lett. b). In virtù della citata disposizione, gli enti proprietari della strada devono rendere noto agli utenti i limiti e i divieti di circolazione ed a tal fine devono provvedere a proprie spese a far collocare idonea segnaletica. GdP Valenti - R.B. e altro (avv. Palmigiano) c. Comune di Palermo.
GIUDICE DI PACE DI PALERMO, Sez. VII - 20 giugno 2006 (Ud. 31/05/2005), n. 6248

 

Inquinamento - Salute - Amianto - Applicazione delle misure di salvaguardia - Presupposti - Rilascio di fibre aerodisperse nell’ambiente. La normativa volta a prevenire i rischi derivanti dall’amianto individua la pericolosità di tale sostanza in riferimento all’eventualità del rilascio di fibre aerodisperse nell’ambiente, che costituisce, pertanto, il presupposto per l’applicazione delle misure di salvaguardia ivi previste (cfr. art. 2 L. n. 257/92; art. 1 dell’allegato 1 del D.M. del 06/09/94; art. 7 dell’allegato n. 1 al D.M. del 06/09/94). Ne consegue l’illegittimità dell’ordinanza dell’ASL che prescriva la rimozione dell’amianto non in ragione del cattivo stato del materiale rinvenuto nel corso del sopralluogo ma a causa del pericolo conseguente alle modalità dell’intervento di demolizione parziale del fabbricato. Pres. D’Alessandri, Est. Francavilla - G.U. (avv. Violante) c. Comune di Grumo Nevano (avv. Liguori) e altro (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 7 giugno 2006, n. 6786 (vedi: sentenza per esteso)

 

Inquinamento - Lavoro - Previdenza - Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali - Lavoratori esposti al rischio ambientale di silicosi e asbestosi - Diritto al pagamento di un premio supplementare - Criterio di calcolo. In tema di calcolo del premio supplementare di cui all'art. 153 del T.U. n. 1124 del 1965 in favore dei lavoratori esposti al rischio ambientale della silicosi e dell'asbestosi, condividendo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il premio supplementare va calcolato sull'intera retribuzione, comprensiva anche dei periodi non lavorati, quali ferie, congedi e malattie (così conformandosi alle sentenze n. 6602 del 2005 e n. 15865 del 2003; di segno opposto, escludendo, dalla base di calcolo, gli emolumenti relativi ai periodi di ferie, congedo e malattia, Cass. n. 23674 del 2004). Presidente V. Carbone, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, 1/06/2006 (Ud. 27/4/2006), Sentenza n. 13025 (vedi: sentenza per esteso)

 

Inquinamento - Amianto - Salute e sicurezza sul lavoro - Accertamento di violazioni delle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza - Art. 34 D.Lgs. 277/91 - Natura - Atto di polizia giudiziaria - Accertamento di illecito penale - Giurisdizione del TAR - Difetto. L’atto emesso dal Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro, ex art. 34 D.Lgs. 15.8.91 n. 277, relativo ai lavori di demolizione e rimozione dell’amianto, con cui siano state accertate violazioni delle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza, costituisce il primo passo del procedimento delineato dall’art. 20 del D.Lg. 578/94; ad esso va attribuita natura di atto di polizia giudiziaria diretto all’accertamento di un illecito penale, rispetto al quale il Giudice amministrativo difetta di giurisdizione. Pres. De Zotti, Est. De Piero - R. s.a.s. (avv.ti Ceci, Fregni e Mezzani) c. Regione Veneto (avv.ti Morra e Parisi) e U.S.L.L. n. 21 di Legnago (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez.III - 5 aprile 2006, n. 789

Inquinamento - Energia - Risorse rinnovabili - Finanziamenti - Legge finanziaria 2005, art. 1, c. 248 - Mancata previsione dell’Intesa con la Conferenza Stato-Regioni - Illegittimità costituzionale. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 248, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), recante finanziamenti per la promozione delle risorse rinnovabili, nella parte in cui non prevede che la sua attuazione e l’erogazione delle risorse avvengano d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Pres. Marini, Red. Amirante - Regione Friuli Venezia Giulia c. Presidenza del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE, 31 marzo 2006 (Ud. 29 marzo 2006), Sentenza n. 133

Inquinamento - Industrie insalubri - Classificazione - Funzione - Effettiva nocività delle strutture - Accertamento diretto da parte dell’amministrazione - Dovere. La classificazione delle industrie insalubri assolve alla semplice funzione di segnalare le potenziali fonti di rischio, fermo restando il dovere dell’Autorità amministrativa di accertare direttamente in sede locale l’esistenza in concreto di siffatta potenzialità; pertanto l’astratta individuazione di un’attività produttiva come insalubre non preclude l’effettuazione di verifiche in sede locale circa l’effettiva nocività delle strutture”(T.A.R. Veneto, 3.12.2003, n. 6004). Pres. f.f. Rovis, Est. Savoia - D.G.T. s.n.c. (avv. Pellegrini) c. Comune di Cortina d’Ampezzo e altro (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 17 marzo 2006, n. 612

Inquinamento - Industrie insalubri - Autorizzazione all’esercizio - Concreta verifica della nocività dell’impianto - Necessità - Art. 216 T.U. Leggi Sanitarie. In materia di autorizzazioni all’esercizio di industrie insalubri, il Comune, ai sensi dell’articolo 216 del t.u. delle leggi sanitarie n. 1265/1934, è tenuto a verificare la nocività dell’impianto in concreto, con la specifica valutazione dei metodi e delle cautele offerte dall’interessato. (nella specie, il sindaco negava l’autorizzazione sul presupposto dell’appartenenza dell’attività di autocarrozzeria alle industrie insalubri di prima classe, pur in presenza di una relazione tecnica del privato tendente a dimostrare l’introduzione di cautele tali da non recare nocumento al vicinato. Il tar ha censurato il difetto di istruttoria). Pres. f.f. ed Est. Colombati - A.R. (avv. Scripelliti) c. Comune di Scarperia (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 15 marzo 2006, n. 947

Inquinamento - Impiego dell’energia nucleare a fini militari - Riparazione di un sottomarino nucleare - Emergenza radioattiva - Tutela della salute delle popolazioni e dell’ambiente - Trattato CEEA - Sfera d’applicazione - Direttiva 89/618/Euratom - Inadempimento di uno Stato - Radiazioni ionizzanti. L’applicabilità delle disposizioni del Trattato CEEA alle attività ricomprese nel settore militare dipenderebbe dalla natura e dalla portata degli obblighi che tali disposizioni impongono agli Stati membri. Occorrerebbe quindi valutare, caso per caso, il pregiudizio che l’esecuzione di tali obblighi potrebbe arrecare agli interessi essenziali di difesa nazionale degli Stati medesimi. Infatti, l’impiego dell’energia nucleare a fini militari esula dalla sfera d’applicazione di tutte le disposizioni del Trattato CEEA e non solo di alcune di esse. Atteso che la sfera di applicazione di disposizioni di diritto secondario non può, a pena di nullità, eccedere quella del rispettivo fondamento normativo, l’inapplicabilità dell’art. 31 EA alle attività militari implica, giocoforza, l’inapplicabilità della direttiva alle dette attività. Si deve tuttavia rammentare che tale rilievo non diminuisce affatto l’importanza cruciale che riveste l’obiettivo di proteggere la salute delle popolazioni e dell’ambiente contro i pericoli connessi all’impiego dell’energia nucleare, compreso quello a fini militari. Nei limiti in cui il detto Trattato CEEA non fornisce alla Comunità uno strumento specifico per perseguire questo obiettivo, non si può escludere che misure appropriate possano essere adottate sulla base delle disposizioni pertinenti del Trattato CE (v. sentenza Commissione/Regno Unito, citata supra, punto 44). Ciò premesso, si deve dichiarare che in occasione della riparazione di un sottomarino nucleare a propulsione nucleare, l’art. 5, n. 3, della direttiva non imponeva al Regno Unito l’obbligo di provvedere all’informazione della popolazione esposta alle eventuali conseguenze di un’emergenza radioattiva in merito ai provvedimenti di protezione sanitaria ad essa applicabili. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, sez. I - 9 marzo 2006, causa C-65/04 (vedi: sentenza per esteso)

Associazione e comitati - Tutela dell’ambiente - Abbandono di un cane - Tutela di interessi generali - Costituzione parte civile (ENPA) - Risarcimento del danno ad associazione - Esclusione - Rifusione delle spese processuali. Sussiste, la possibilità di costituirsi parte civile o, comunque di intervenire in giudizio per esercitare facoltà analoghe a quelle della parte civile (nella specie l’ENPA) di intervenire nel procedimento ex art. 91 c.p.p.. Tuttavia, perseguendo tale ente finalità di tutela di interessi generali non si configura in suo favore alcun diritto al risarcimento del danno ma solo alla rifusione delle spese processuali. (cfr. sez. III, 26.2.1991 n. 2603, Contento; conf. sez. III, 200243238, Veronese, riv. 223040). Pres. Postiglione - Est. Lombardi - Imp. Spataro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 1/2/2006 (Ud 12/1/2006), Sentenza n. 3969 (vedi: sentenza per esteso)

Inquinamento - Pericoli di incidenti rilevanti - Rischio industriale - Attuazione della direttiva 96/82/CE - Regione Marche n. 18/2004 - Questione di legittimità - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 3, in relazione all’art. 3, comma 1, lettera a), della legge della Regione Marche 4 ottobre 2004, n. 18 (Norme relative al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 sul rischio industriale attuazione della direttiva 96/82/CE), promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere a), f) e s), e terzo comma, e all’art. 118 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri. CORTE COSTITUZIONALE, del 1 FEBBRAIO 2006 (ud. 23/01/2006) Sentenza n. 32 (vedi: sentenza per esteso)

Inquinamento - Progetti di bonifica - Istruttoria tecnica - Ministero dell'Ambiente - Competenza - Esclusione - A.N.P.A., A.R.P.A.E e I.S.S. - Art. 15 D.M. 471/1999. Al Ministero dell’Ambiente non è attribuito alcuno specifico potere di valutazione tecnica in ordine all'efficacia delle previsioni prospettate dal proponente del progetto di bonifica (responsabile dell’inquinamento o - come nel caso di specie - proprietario del terreno inquinato). Tale potere, i sensi dell'art. 15 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471, è invece affidato all’A.N.P.A., alle diverse A.R.P.A. (in relazione alle regioni di volta in volta interessate) e all’Istituto Superiore di Sanità. Pres. Calvo, Est. Manca - I. s.p.a. (Avv. Dell'Anno) c. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) altro (n.c.) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 16 gennaio 2006, n. 89 (vedi: sentenza per esteso)

Inquinamento - Aree protette - Zona di protezione speciale (ZPS) - C.d. "patto d'area" - Misure idonee a prevenire l'inquinamento o il deterioramento degli habitat - Fauna e flora - Conservazione degli uccelli selvatici - Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche - Dir. 79/409/CEE - Dir. 92/43/CEE. La Repubblica italiana, omettendo di adottare misure idonee a prevenire l'inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli con conseguenze significative, in riferimento al piano denominato "patto d'area" ed ai progetti ivi previsti, nella zona poi designata come Zona di protezione speciale (ZPS) "Valloni e steppe pedegarganiche", è venuta meno agli obblighi derivanti dall'art. 4, paragrafo 4, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, nonché successivamente al 28 dicembre 1998, agli obblighi derivanti dagli artt. 6, paragrafi 2, 3 e 4, e 7 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Commissione delle Comunità europee contro la Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE, 13 GENNAIO 2006 Ricorso del 24/10/2005, Causa C-388/05

Inquinamento - Ambiente e consumatori - Reg. n. 304/2003 - Esportazione di prodotti chimici pericolosi - Annullamento. La Corte di giustizia ha annullato il Regolamento del 28 gennaio 2003, n. 304/2003, sull’esportazione ed importazione di prodotti chimici pericolosi, in quanto l’adozione di tale atto imponeva il ricorso congiunto agli artt. 133 CE e 175, n. 1, CE. Peraltro, ha stabilito che gli effetti di tale regolamento devono essere mantenuti sino all’adozione, entro un termine ragionevole, di un nuovo regolamento basato su fondamenti normativi adeguati. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sentenza del 10 gennaio 2006, causa C-178/03

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