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Giurisprudenza

 

 

Inquinamento

Danno ambientale

Diritto ambientale

Tutela dell'ambiente

Associazioni e comitati

Costituzione Parte Civile

 

Si veda altra: giurisprudenza massimata

2009

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 -2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-88

 

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INQUINAMENTO - A.I.A. - Art. 7 d.lgs. n. 59/2005 - BAT - Misure supplementari più rigorose - Imposizione - Limiti - Istruttoria - Fattispecie: limite per la fermentiscibilità della matrice organica dei rifiuti. L’art. 7, comma 1 del d. lgv. n. 59 del 2005 stabilisce che l’A.I.A. deve includere tutte le misure necessarie (migliori tecniche disponibili) per soddisfare un livello elevato di protezione dell’ambiente: tuttavia “misure supplementari più rigorose” possono essere inserite in un’A.I.A. solo laddove nel provvedimento via sia traccia della motivazione che ha indotto l’Amministrazione ad introdurre detta misura supplementare e sia stata espletata una relativa istruttoria (cfr. art. 8) (fattispecie relativa alla prescrizione di un limite per la fermentiscibilità della matrice organica - IRDP - nei rifiuti speciali non pericolosi smaltiti in discarica: detta prescrizione, benché ispirata a fini precauzionali o conservativi per soddisfare un livello elevato di protezione dell’ambiente, non è prevista dalla norma primaria né da norma regolamentare che nella materia ambientale è di competenza esclusiva dello Stato.). Pres. Allegretta, Est. Durante - I. s.p.a. (avv.ti Pasqualone, Sechi e Chianese) c. Regioen Puglia (avv. Lancieri). T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 30/12/2009, n. 3330

INQUINAMENTO - AIA - Art. 7, c. 4 d.lgs. n. 59/2005 - Disposizioni ulteriori a garanzia del suolo e delle acque - Emissioni odorigene - Non rientrano. La previsione dell’art. 7, co. 4 del d. lgv. n. 59 del 2005, “se necessario, l’autorizzazione integrata ambientale contiene ulteriori disposizioni che garantiscono la protezione del suolo e delle acque sotterranee” non si riferisce anche alle emissioni odorigene. Pres. Allegretta, Est. Durante - I. s.p.a. (avv.ti Pasqualone, Sechi e Chianese) c. Regioen Puglia (avv. Lancieri). TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 30 dicembre 2009, n. 3330

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Barriera idraulica - Amministrazioni procedenti - Mutamento di avviso - Opzione verso altra tipologia d'intervento - Istruttoria e motivazione - Principi di economicità e trasparenza della P.A.. In tema di interventi di bonifica, qualora emergano elementi che depongono nel senso di una sostanziale adesione delle competenti Amministrazioni in favore del modello della barriera idraulica, il mutamento di avviso da parte delle Amministrazioni stesse, con opzione verso un’altra tipologia di intervento, può avvenire soltanto in base ad una congrua ed approfondita motivazione ed all’esito di un’adeguata istruttoria, che tenga conto di tutte le circostanze rilevanti del caso: la sussistenza di tali obblighi procedimentali, prima ancora che da specifiche norme in vigore nel settore della disciplina ambientale, deriva dai principi generali di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 1, comma 1, della l. n. 241/1990, nonché dal divieto di aggravamento del procedimento amministrativo ex art. 1, comma 2, della citata l. n. 241(v. T.A.R. Puglia, Lecce. Sez. I, 11 giugno 2007, n. 2247). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - O. s.p.a. (avv.ti Peres, Chilosi e Grassi) c. Presidenza Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato). TAR TOSCANA, Sez. II - 18 dicembre 2009, n. 3973


INQIUNAMENTO - Bonifica - Barrieramento fisico - Barrieramento idraulico - Opzione tra i due interventi - Analisi comparativa - Efficacia delle diverse alternative - Tempi di esecuzione - Impatto. In tema di interventi di bonifica, l’opzione per il sistema del barrieramento fisico in luogo del barrieramento idraulico, od anche per un utilizzo combinato delle differenti tipologie di intervento, può legittimamente aver luogo solo all’esito di un’analisi comparativa tra le diverse alternative in gioco, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’area. L’analisi comparativa deve incentrarsi sull’efficacia delle diverse alternative nel raggiungere gli obiettivi finali, nonché sulle concentrazioni residue, sui tempi di esecuzione e sulla loro compatibilità con l’urgenza del provvedere, e sull’impatto rispetto all’ambiente circostante gli interventi (T.A.R. Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, cit.). In definitiva, detta analisi implica la valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi delle differenti opzioni sul campo, con necessaria precisazione, da parte della P.A., non solo dei vantaggi effettivi connessi alla misura del confinamento fisico, ma anche della comparazione con i relativi svantaggi, fornendo la prova di aver adeguatamente valutato questi ultimi. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - O. s.p.a. (avv.ti Peres, Chilosi e Grassi) c. Presidenza Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato). TAR TOSCANA, Sez. II - 18 dicembre 2009, n. 3973

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Responsabilità - Proprietario incolpevole del fondo - Intervento sostitutivo dell’Amministrazione - Recupero degli oneri di bonifica - Azione di ingiustificato arricchimento. Alla luce delle coordinate normative di cui agli artt. 242-245 e 250 del D.Lgs. n. 152/2006, l’Amministrazione è tenuta ad accertare la responsabilità dell’inquinamento e, in caso di accertamento infruttuoso, è la stessa Amministrazione che dovrà procedere alla bonifica, per poi operare il recupero delle somme a carico del proprietario del fondo incolpevole, ma salvaguardando in questo caso l’apporto partecipativo di queste ultime, in specie per quanto riguarda le modalità dell’intervento e fermo restando, comunque, che a carico del suddetto proprietario il recupero degli oneri della bonifica potrà avvenire solo nel limite dell’arricchimento di valore che il disinquinamento avrà apportato al fondo. Sotto quest’ultimo profilo il diritto dell’amministrazione al recupero delle somme va ricondotto nell’alveo delle azioni di ingiustificato arricchimento, rispetto alle quali la azione in parola si differenzia essenzialmente per l’esistenza di particolari forme di garanzia (onere reale e privilegio speciale immobiliare) che assicurano il recupero dei costi di intervento. Pres. Corasaniti, Est. Farina - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Rosati) c. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez.I - 17 dicembre 2009, n. 837

INQUINAMENTO - Responsabilità per danni all’ambiente - Natura - responsabilità aquiliana ex ar.t 2043 c.c. - Art. 311, c. 2 d.lgs. n. 152/2006.
Il D.Lgs. n. 152/2006 ha operato una scelta precisa in favore della riconduzione della responsabilità per i danni all’ambiente nel paradigma della “tradizionale” responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d. responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.), con esclusione di una qualsivoglia forma di responsabilità oggettiva(cfr. art. 311, comma 2, d.lgs. n. 152/2006). Pres. Corasaniti, Est. Farina - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Rosati) c. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez.I - 17 dicembre 2009, n. 837

INQUINAMENTO - Interventi di messa in sicurezza - Finalità - Rapporto con gli interventi di bonifica.
Gli interventi di messa in sicurezza sono finalizzati non tanto alla diminuzione del livello di inquinamento dell’area interessata (obiettivo questo che va perseguito attraverso l’attivazione delle opere di bonifica) quanto a scongiurare che la contaminazione in atto si espanda nel terreno o nella falda in attesa dell’esecuzione di interventi definitivi di bonifica del sito (Cfr. Cons. St., II, 21 novembre 2007, n. 65; VI, 5 settembre 2005, n. 4525; T.A.R. Toscana, II, 30 maggio 2008, n. 1541; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 28 gennaio 2008, n. 89; T.A.R. Sicilia, Catania, 20 luglio 2007, n. 1254). Pres. Corasaniti, Est. Farina - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Rosati) c. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez.I - 17 dicembre 2009, n. 837

 

INQUINAMENTO - CIRCOLAZIONE STRADALE - Provvedimenti limitativi della circolazione stradale - Provvedimenti istitutivi di ZTL - Discrezionalità amministrativa - Sindacato giurisdizionale - Limiti. I provvedimenti limitativi della circolazione stradale nei centri abitati e istitutivi di zone a traffico limitato sono espressione di scelte ampliamente discrezionali, devolute alla esclusiva competenza decisionale dell’autorità amministrativa e non suscettibili di sindacato in sede giurisdizionale, a meno che non si palesino vizi di forma o di procedura, ovvero che non emerga una manifesta irragionevolezza (cfr. Cons. St. , sez. V, 13/2/2009, n. 825). Pres. Guida, Est. Donadono - M. P. e altri (avv.ti Nappi e Percuoco) c. Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d’Oranges, Andreottola, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci e Romano). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 17 dicembre 2009, n. 8874

INQUINAMENTO - CIRCOLAZIONE STRADALE - Provvedimenti in materia di regolazione, disciplina e controllo - Competenza - Dirigenti - Art. 7, c. 1 d.lgs. n. 285/1992 - Art. 107 d.lgs. n. 267/2000. La competenza per l’emanazione dei provvedimenti in materia di regolazione, disciplina e controllo della circolazione stradale, che l'art. 7, co. 1, del d. lgs. n. 285 del 1992 attribuisce al sindaco, sono rimesse, di norma, alla competenza della dirigenza amministrativa, ai sensi dell’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000 (cfr. Cons. St., sez. II, parere 2/4/2003, n. 1661). Pres. Guida, Est. Donadono - M. P. e altri (avv.ti Nappi e Percuoco) c. Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d’Oranges, Andreottola, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci e Romano). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 17 dicembre 2009, n. 8874

 

INQUINAMENTO - Superamento dei valori di diossina - Comune - Richiesta di un provvedimento espresso all’Amministrazione regionale - Legittimazione - Sussistenza. Il Comune, anche in qualità di ente esponenziale della relativa comunità, è legittimato a richiedere un provvedimento espresso dell’Amministrazione regionale che rechi una considerazione concreta della situazione di emergenza sanitaria e ambientale emergente dalle rilevazioni dell’A.R.P.A. ed interessante più Comuni (fattispecie relativa alla rilevazione del superamento dei valori di diossina). Pres. Ravalli, Est. Viola - Comune di Maglia (avv. Montagna) c. regione Puglia (avv. Capoccia) e Comune di Melpignano (avv. Millefiori). TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 16 dicembre 2009, n. 3144

INQUINAMENTO - Contaminazione da diossine - Neutralizzazione dell’attività inquinante - Insufficienza - Adozione delle cautele idonee a minimizzare i rischi. Una situazione di estesa contaminazione da diossine del terreno richiede una serie di provvedimenti che non si esauriscono certo nella neutralizzazione dell’attività inquinante, ma che includono, almeno in astratto, l’adozione di tutte le cautele idonee a minimizzare i rischi per la salute umana derivanti dall’eventuale superamento dei valori limite, con riferimento al territorio di tutte le Amministrazioni comunali interessate.
Pres. Ravalli, Est. Viola - Comune di Maglia (avv. Montagna) c. regione Puglia (avv. Capoccia) e Comune di Melpignano (avv. Millefiori). TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 16/12/2009, n. 3144

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Oneri - Accollo al proprietario incolpevole - Provvedimento motivato - Specificazione delle ragioni per cui le spese non siano state fatte gravare sul responsabile dell’inquinamento - Art. 253 d.lgs. n. 152/2006. L’art. 253 del d.lgs. n. 152/2006, nel richiedere un “provvedimento motivato”, impone all’Amministrazione di specificare quale delle fattispecie ivi previste e quali presupposti di fatto legittimino l’accollo all’incolpevole proprietario delle spese conseguenti alla bonifica dell’area inquinata; occorre, quindi, che il privato e, su sua eventuale richiesta, il giudice siano messi in grado di comprendere le concrete ragioni per le quali gli oneri di bonifica non sono stati fatti gravare sul responsabile dell’inquinamento, onde consentire loro la verifica della conformità della decisione al modello legale. Pres. Papiano, Est. Caso - L.G. (avv.ti Piva e Andreoli) c. Comune di Parma (avv. Cugurra). TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 15 dicembre 2009, n. 871

 

INQUINAMENTO - Regione Lombardia - Deliberazione di giunta regionale n. VII/2839 del 27.6.06 - Divieto di utilizzo negli impianti di riscaldamento ad uso civile dell’olio combustibile - Illegittimità - Direttiva 98/34/CE - Regole tecniche o limitazioni amministrative intese a vietare la fabbricazione, la commercializzazione o l’utilizzazione di un prodotto - Effetti distorsivi sulla concorrenza - Previa comunicazione alla Commissione. Ai sensi della direttiva 98/34/CE, per verificare la necessità di provvedimenti, che attraverso regole tecniche o limitazioni amministrative intese a vietare la fabbricazione, la commercializzazione o l’utilizzazione di un prodotto generano un effetto discorsivo della concorrenza, è prevista la loro previa comunicazione alla Commissione che è posta a presidio dei principi espressi nel Trattato U.E. ( in questo caso in particolare l’art. 10 ) per controllarne la reale indispensabilità e la proporzionalità rispetto allo scopo perseguito. Ne consegue che dalla regione Lombardia con deliberazione della Giunta Regionale nr. VII/2839 del 27.6.06 rientra pienamente nel campo di applicazione dell’art. 1 nr. 9 della menzionata direttiva poiché vieta l’utilizzazione per larga parte degli impianti di riscaldamento ad uso civile dell’olio combustibile e quindi limita in maniera notevole la commerciabilità del prodotto. La delibera doveva, pertanto, essere sottoposta al previo esame della Commissione europea. Pres. Leo, Est. De Carlo - A. s.p.a. (avv.ti Invernizzi e Rossi) c. Regione Lombardia (avv. Fidani) e altro (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 15 dicembre 2009, n. 5338

INQUINAMENTO - Oli combustibili - Disciplina ex d.lgs. n. 152/2006 - Oli combustibili con percentuale di zolfo non superiore allo 0,3% - Regioni - Adozione di provvedimenti restrittivi - Esclusione - Ragioni.
La disciplina recata dal d.lgs. n. 152/2006 non vieta per nessun tipo di utilizzo l’uso di oli combustibili aventi percentuale di zolfo non superiori allo 0,3%: appare dubbio che in tale materia le regioni possano assumere provvedimenti ulteriormente restrittivi poichè le norme tuttora in vigore del D.lgs. 351\99 prevedono l’adozione di piani per ridurre l’inquinamento nelle zone che superano certe concentrazioni di agenti inquinanti sempre di concerto con il Governo nazionale ed informando la Commissione europea ( vedasi il combinato disposto degli artt. 4,8 e 9 ), mentre non sembrano autorizzare misure ulteriormente restrittive circa la commercializzazione dei combustibili. Peraltro appare rispondere ad un principio di ragionevolezza e proporzionalità che eventuale restrizioni possano essere assunte solo all’esito di studi sul tipo di emissioni causate dai singoli combustibili autorizzati che permettano di individuare il loro contributo all’inquinamento e di conseguenza il beneficio che potrebbe trarsi dal divieto del loro utilizzo. Pres. Leo, Est. De Carlo - A. s.p.a. (avv.ti Invernizzi e Rossi) c. Regione Lombardia (avv. Fidani) e altro (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 15 dicembre 2009, n. 5338

 

INQUINAMENTO - Art. 17 d.lgs. n. 22/97 - Artt. 240 e ss. d.lgs. n. 152/2006 - Interventi di recupero - Responsabile del’inquinamento - Proprietario dell’aera inquinata non responsabile della contaminazione - Onere reale - Facoltà di eseguire le opere di recupero ambientale - Imposizione delle misure di bonifica - Accertamento della responsabilità. L'art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997, la cui impostazione è stata ora confermata e specificata dagli artt. 240 e ss. del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, , impone l'esecuzione di interventi di recupero ambientale anche di natura emergenziale al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell'area interessata; a carico di quest'ultimo (proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare. La normativa citata prevede infatti che, in caso di mancata esecuzione degli interventi in argomento da parte del responsabile dell'inquinamento ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'Amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi. Ne deriva che il provvedimento di messa in sicurezza e bonifica ben può essere notificato al proprietario al fine di renderlo edotto di tale onere (che egli ha facoltà di assolvere per liberare l'area dal relativo vincolo), ma non può imporre misure di bonifica senza un adeguato accertamento della responsabilità, o corresponsabilità, del proprietario per l'inquinamento del sito (per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 29 agosto 2006 n. 5045 e Sez. VI, 5 settembre 2005 n. 4525). Pres. Corsaro, Est. Marra - T. s.r.l. (avv.ti Cinque e Di Nitto) c. Comune di San Vittore del Lazio (avv. Luminiello). TAR LAZIO, Latina, Sez. I - 14 dicembre 2009, n. 1287

 

INQUINAMENTO - Accertamenti e ispezioni a sorpresa - Comunicazione di avvio del procedimento - Successiva alle verifiche. In tema di accertamenti ed ispezioni a sorpresa, in specie in ordine alla legittimità di non far precedere detti accertamenti dal previo avviso di avvio del procedimento, per non rischiare di comprometterne la genuinità (cfr. C.d.S., Sez. VI, 18 maggio 2004, n. 3190, in una fattispecie in cui si trattava di accertare se l'attività artigianale svolta dal privato superasse o meno i limiti di emissione sonora nell'ambiente). Ciò, tuttavia, a condizione che a tali verifiche preventive segua, con il vero e proprio avvio del procedimento, l'avviso ex art. 7 ,l. n. 241/90 (così sempre C.d.S., n. 3190/2004 cit. Analogamente, T.A.R. Lombardia Milano 10 giugno 2008 n. 1961; T.A.R. Lombardia Milano 1° febbraio 2007, n. 173). Pres. Leo, Est. Plantamura - M. s.p.a. (avv. Ravizzoli) c. Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Baviera, Ferrari, Fiori, Gabigliani e Zimmitti) e altri (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 14 dicembre 2009, n. 5320

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Procedimento amministrativo - Associazioni di tutela dei consumatori - Diritto di accesso a documenti inerenti interessi di consumatori e utenti di pubblici servizi - Legittimazione astratta - Art. 22 L. n. 241/90 - Verifica della sussistenza di un interesse concreto e attuale all’accesso. Non può disconoscersi, in astratto, la legittimazione di un’associazione di tutela dei consumatori ad esercitare il diritto di accesso ai documenti dell'amministrazione o di gestori di servizi pubblici in relazione ad interessi che pervengono ai consumatori e utenti di pubblici servizi (cfr. C. Stato, sez. IV, 29.4.2002, n. 2283; C. Stato, sez. IV, 26.11.1993, n. 1036 e C. Stato, sez. VI, 27.03.1992, n. 193).Tuttavia, anche alle associazioni di tutela dei consumatori si applica l’art. 22, l. n. 241/1990, che consente l’accesso non come forma di azione popolare, bensì a tutela di “situazioni giuridicamente rilevanti”, e dunque anche per dette associazioni occorre verificare la sussistenza di un interesse concreto e attuale all’accesso (C. Stato, sez. IV, 6.10.2001, n. 5291). Pres. f.f. Guadagno, Est. Palliggiano - Codacons (avv. Rizzo) c. Comune di Acerno (n.c.) - TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 11 dicembre 2009, n.7607

INFORMAZIONE AMBIENTALE - Diritto di accesso - Associazioni di protezione ambientale - Sussistenza.
Il diritto di accesso alle informazioni possedute dall’Amministrazione in materia di ambiente spetta non solo ai cittadini ma anche alle associazioni di protezione ambientale (Tar Toscana Sez. III 19 dicembre 2000 n. 2731). Pres. f.f. Guadagno, Est. Palliggiano - Codacons (avv. Rizzo) c. Comune di Acerno (n.c.) - TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 11 dicembre 2009, n.7607

INFORMAZIONE AMBIENTALE - Accesso - Richiesta generica riferita ad un determinato contesto - Sufficienza - Amministrazione - Obbligo di acquisizione, elaborazione e comunicazione delle notizie di cui all’istanza di accesso.
In materia di tutela ambientale, ai fini dell’accesso agli atti del relativo procedimento, non solo non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma è sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto (che deve essere specificato) per costituire in capo all’amministrazione l’obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall’istanza, ad elaborarle e a comunicarle al richiedente (Cons. St. Sez. IV 7 settembre 2004 n. 5795). Pres. f.f. Guadagno, Est. Palliggiano - Codacons (avv. Rizzo) c. Comune di Acerno (n.c.) - TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 11 dicembre 2009, n.7607
 

DANNO AMBIENTALE - Responsabile di violazioni di norme ambientali - Amministrazione - Richiesta di garanzie fideiussorie - Legittimità - Condizioni - Soggetto onerato - Realizzazione degli interventi previsti a titolo di sanzione per la violazione delle norme ambientali - Potere di esecuzione in danno del responsabile. E’ vero che le norme del D. Lgs 152/2006 non prevedono espressamente la possibilità per l’amministrazione di ordinare al presunto debitore il rilascio di una fideiussione a garanzia dei danni o delle opere da eseguire in sostituzione del responsabile di violazioni di norme ambientali. Tuttavia nulla vieta che l’amministrazione possa intimare, pur senza disporre di un effettivo potere coercitivo, il deposito, in via cautelare, di garanzie su somme che la stessa amministrazione ritiene di ascrivere al danno ambientale ovvero di dover essa stessa impiegare nell’esercizio del potere sanzionatorio o surrogatorio per gli interventi che la legge le impone di eseguire in danno del responsabile (nello specifico a seguito della violazione dell’art. 192 del D.Lgs 152/2006). Ciò, beninteso, a condizione che il provvedimento cui inerisce la richiesta di garanzie fideiussorie preveda di porre a carico (o ponga a carico) del soggetto onerato la realizzazione di interventi previsti dalla legge a titolo di sanzione per la violazione delle norme ambientali e in particolare quando è previsto il potere di esecuzione in danno del responsabile, e sussista un ragionevole rapporto tra l’importo che l’amministrazione richiede e che è garantito dalla fideiussione e quello stimato dall’amministrazione come costo delle stesse operazioni o ovvero come misura del danno ambientale. Pres. ed Est. De Zotti - B. s.r.l. (avv.ti Avanzi, Calegari, Creuso, Lovisetto, Ruffo, Sala, Zambelli) c. Comune di Lavagno (avv. Longo), Provincia di Verona (avv.ti Curato e Zumerle) e A.R.P.A.V. (avv.ti Bondi', Casella e Scudier) - TAR VENETO, Sez. III - 4 dicembre 2009, n. 3460

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni di protezione ambientale - Enti esponenziali di interessi diffusi - Legittimazione ad agire - Riconoscimento ex art. 13 L. n. 349/1986 - Titolarità in astratto del potere di ricorrere in giudizio - Legittimazione in concreto - Posizione legittimante caratterizzata dalla qualificazione e dalla differenziazione. La peculiarità della legittimazione delle associazioni di protezione ambientale (ma il discorso vale anche per quelle di protezione faunistica, tanto più quando si tratta di associazione riconosciuta ex art. 13 della l. n. 349/1986) consiste nel fatto che essa è attribuita non ad un soggetto individuale, ma ad un ente esponenziale di interessi diffusi, legittimato ad impugnare qualsiasi provvedimento lesivo di un bene ambientale giuridicamente rilevante. Una volta che l’associazione è individuata con il decreto del Ministro dell’Ambiente ex art. 13 della l. n. 349 cit. ed è, quindi, titolare in astratto del potere di proporre ricorso dinanzi al giudice amministrativo, le condizioni per agire in giudizio sono uguali a quelle che devono esistere affinché ogni soggetto dell’ordinamento abbia in concreto legittimazione ad agire in giudizio. Ciò sta a dire che il soggetto dovrà essere titolare di una posizione legittimante caratterizzata dalla qualificazione e dalla differenziazione. Quest’ultima può discendere dall’atto amministrativo, non soltanto quando esso incide direttamente nella sfera giuridica del soggetto, ma anche quando vi è un collegamento tra tale sfera ed il bene della vita oggetto della potestà pubblica, in base al quale l’atto, producendo i suoi effetti, è destinato ad interferire sulla posizione sostanziale del ricorrente. La qualificazione, invece, sta a significare che l’interesse, individuale o collettivo, è considerato dalla norma attributiva del potere, nel senso che detta norma, ovvero l’ordinamento nel suo complesso, devono prendere in considerazione, oltre l’interesse pubblico che la norma stessa è precipuamente preordinata a soddisfare, anche l’interesse individuale, o, come nel caso in discorso, diffuso, facente capo al soggetto che intende agire in giudizio. Pertanto, la posizione delle suddette associazioni di protezione ambientale (o faunistica) riconosciute, certamente differenziata da quella della generalità dei consociati, è anche qualificata quando l’interesse sostanziale dedotto in giudizio dall’associazione attiene ad un bene ambientale preso in considerazione dall’ordinamento ed invece non è qualificata quando il bene che si mira a tutelare non viene individuato dall’ordinamento come rilevante sotto il profilo ambientale (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, n. 3481/2009, cit.). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - L.A.V. (avv. Felicetti) c. Comune di Marradi (n.c.). TAR TOSCANA, Sez. II - 2 dicembre 2009, n.2584

 

INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Disciplina transitoria - Art. 256, co. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Procedimenti conclusi ma non realizzati - Applicabilità della normativa sopravvenuta - Legislatore regionale - Deroga ai livelli di tutela ambientale stabiliti dallo Stato - Illegittimità - Sent. Corte Cost. n. 214/2008. La previsione di cui all’art. 256, co. 4 del D.Lgs. n. 152/2006, che detta la disciplina transitoria in materia di bonifica di siti contaminati, esprime la volontà del legislatore statale di vedere applicata la normativa sopravvenuta non soltanto ai procedimenti in corso, ma anche a quelli già conclusi e non realizzati, dovendosi peraltro escludere che le Regioni, nell’esercizio delle prerogative e competenze loro riservate dalla Costituzione, possano in qualche misura derogare i livelli di tutela ambientale stabiliti dallo Stato, cui solo spetta di effettuare il bilanciamento fra l’interesse alla protezione dell’ambiente e gli altri interessi, di pari rilevanza costituzionale, a questo contrapposti: con la conseguenza che dovrebbe ritenersi illegittima una disciplina regionale, la quale interferisca, comprimendola, con la facoltà di rimodulazione riconosciuta dal menzionato art. 265 co. 4 per gli interventi di bonifica in corso di approvazione, ovvero approvati ma non eseguiti (cfr. Corte Cost. 18 giugno 2008, n. 214). Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Eni s.p.a. (avv.ti Anichini, Mancusi e Persico) c. Comune di Arezzo (avv.ti Pasquini e Ricciarini). TAR TOSCANA, Sez. II - 25 novembre 2009, n. 2088

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Industrie insalubri - Pianificazione urbanistica - Previsione di distanze minime dagli altri fabbricati - Comune- Potere - Sussistenza - Individuazione di un’apposita area riservata gli insediamenti produttivi - Trattamento preventivo e generalizzato peggiorativo per gli insediamenti insalubri - Illegittimità. Ai sensi del D.M. 2 aprile 1968, il Comune in sede di pianificazione urbanistica ben può stabilire le distanze minime che i singoli insediamenti consentiti (nella specie: impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti) debbono rispettare rispetto agli altri fabbricati e ciò anche tenendo conto dell’aspetto sanitario, proprio perché la pianificazione deve essere riassuntiva ed applicativa di tutte le norme che disciplinano l’uso del territorio. Tuttavia, se il Comune individua un’apposita area riservata agli insediamenti produttivi, notoriamente comprensiva delle industrie insalubri,.queste non possono essere oggetto di un preventivo e generalizzato trattamento peggiorativo rispetto agli altri insediamenti consentiti, per di più avulso da qualsiasi valutazione concreta sulla loro effettiva pericolosità. Pres. Zuballi, Est. Ranalli - M. s.r.l. (avv. Cerceo) c. Comune di Rosciano (avv. De Carolis) e altri (n.c.). TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. I- 20 novembre 2009, n.1029

 

AMBIENTE - Informazione ambientale - D.lgs. n. 195/2005 - Accesso - Puntuale indicazione degli atti richiesti - Necessità - Esclusione - Amministrazione - Obbligo di acquisire, elaborare e comunicare le notizie rilevanti. Ai fini dell'accesso agli atti in materia di tutela ambientale (D.lgs. 19.8.2005, n. 195) non solo non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma è sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto per costituire in capo all'amministrazione l'obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall'istanza, ad elaborarle e a comunicarle al richiedente. (cfr. da ultimo T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 21 maggio 2009 n. 2466). Pers. Petruzzelli, Est. Conti - L.F. (avv.ti Prati e Rosso Di San Secondo) c. Comune di Mapello (n.c.). TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 19 novembre 2009, n. 2229

 

INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Insediamenti produttivi - Autorizzazione alle emissioni - Disciplina urbanistica - Rapporti - Art. 269 d.lgs. n. 152/2006. La disciplina urbanistica della zona ove è allogato l’insediamento produttivo ed il tipo di emissioni scaturenti dal ciclo produttivo oggettivamente considerati sono elementi di fatto imprescindibili per accertare la compatibilità ambientale, non essendo revocabile in dubbio che l’autorizzazione alle emissioni richiede e presuppone che sia previamente verificato il possibile pregiudizio recato dalle emissioni agli elementi che compongono l’ambiente: ossia l’assetto topografico-urbano; la salubrità igienica dei luoghi (cfr. Tar Liguria, sez. I, 22 febbraio 2008 n. 313). Significativamente l’art. 269 d.Lgs. n.152/06, sostitutivo del d.P.R. n. 203/88, sotto l’egida di concentrare le competenze, attribuisce in capo al Comune la valutazione di compatibilità alle emissioni ai sensi della disciplina urbanistica di cui al d.P.R n. 380/01 nonché di quella sanitaria, recata dal r.d. n. 1265/34. Pres. Balba, Est. Caputo - O. s.p.a. (avv.ti Ferraris eSiboldi) c. Provincia di Genova (avv.ti Giovanetti, Manzone e Scaglia), Comune di Santa Margherita Ligure (avv. Raggi), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR LIGURIA, Sez. I - 20 ottobre 2009, n. 2796

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Impugnazione di provvedimenti lesivi dell’ambiente - Associazioni protezionistiche - Legittimazione - Poteri del giudice - Art. 13 L. n. 349/1986. In materia di impugnazione di provvedimenti amministrativi lesivi dell’ambiente da parte delle associazioni protezionistiche, il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione delle associazioni locali, avendo l'art. 13 della l. 8 luglio 1986, n. 349 creato un ulteriore criterio di legittimazione, che si è aggiunto e non sostituito a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l'azionabilità dei c.d. "interessi diffusi" in materia ambientale (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, V, 14 giugno 2007, n. 3192). Pres. f.f. Maisano, Est. Lento - W.W.F. (avv.ti Bonanno e Giudice) c. Presidenza della Regione siciliana e altro (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 19 ottobre 2009, n. 1633

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Articolazioni territoriali - Legittimazione ad agire in giudizio - Esclusione - Carattere nazionale dell’associazione - Presupposto e limite - Previsioni statutarie di conferimento della legittimazione alle articolazioni locali - Irrilevanza.
Le articolazioni territoriali di associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'art. 13, l. 8 luglio 1986 n. 349, che ripetono il loro titolo legittimante da quello conferito all'Associazione nazionale di cui fanno parte, non sono dotate di autonoma legittimazione ad agire in giudizio nemmeno per l'impugnazione di provvedimenti ad efficacia territoriale circoscritta. Il carattere nazionale (o, comunque, ultraregionale) dell'Associazione costituisce infatti, al contempo, presupposto del riconoscimento e limite della legittimazione speciale, che ha, pertanto, carattere ontologicamente unitario. Solo l'Associazione nazionale in quanto tale è, pertanto, da considerare titolare ex lege, in virtù delle caratteristiche fondanti il riconoscimento, della legittimazione alla causa e solo questa è giusta parte anche nei giudizi aventi ad oggetto provvedimenti ad effetti ambientali circoscritti. Irrilevanti appaiono, conseguentemente, eventuali specifiche previsioni statutarie di conferimento della legittimazione processuale ai rappresentanti delle articolazioni territoriali, avendo le stesse capacità di produrre effetti solo relativamente all'Ente e senza che ciò comporti una distribuzione della titolarità della situazione legittimante (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, VI, 19 ottobre 2007, n. 5453; 3 ottobre 2007, n. 5111; IV, 14 aprile 2006, n. 2151; V, 17 luglio 2004, n. 5136; IV, 11 luglio 2001, n. 3878; TAR Liguria, II, 17 marzo 2009, n. 323; TAR Lombardia Milano, IV, 15 dicembre 2008, n. 5786). Pres. f.f. Maisano, Est. Lento - W.W.F. (avv.ti Bonanno e Giudice) c. Presidenza della Regione siciliana e altro (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 19 ottobre 2009, n. 1633

 

INQUINAMENTO - Classificazione, imballaggio ed etichettatura dell’n-propil bromuro come sostanza pericolosa - Direttiva 2004/73/CE - Direttiva 67/548/CEE - Obbligo di trasposizione. L’esame delle questioni pregiudiziali non ha rivelato alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva della Commissione 29 aprile 2004, 2004/73/CE, recante ventinovesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose, nella parte in cui essa qualifica l’n-propil bromuro come sostanza facilmente infiammabile (R 11) e tossica per il ciclo riproduttivo di categoria 2 (R 60). Pres. Timmermans - Rel. Toader - Enviro Tech (Europe) Ltd c. Stato belga. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 15/10/2009, Sentenza C-425/08

 

ASSOCIAZIONE E COMITATI - Associazioni di tutela dell’ambiente - Decisioni di autorizzazione di progetti che possono avere un notevole impatto sull’ambiente - Diritto di intentare ricorso - Presupposti - Art. 10 bis dir. 85/337/CEE suc. mod. dir. 2003/35/CE. L’art. 10 bis della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, osta a una disposizione di una normativa nazionale che riserva il diritto di esperire un ricorso contro una decisione relativa a un’operazione rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva in parola, come modificata, alle sole associazioni di tutela dell’ambiente con un numero minimo di 2.000 aderenti. Pres./Rel. Bonichot - Djurgården-Lilla Värtans Miljöskyddsförening c. Stockholms kommun genom dess marknämnd. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 15/10/2009, Sentenza C-263/08

 

INQUINAMENTO - SICUREZZA SUL LAVORO - Sostanze pericolose - Controllo dei pericoli di incidenti - Creazione di un piano di emergenza esterno - Piano d'azione al di fuori dello stabilimento - Art. 11 Direttiva 96/82/CE. Per aver omesso di assicurare l'attuazione delle misure di cui all'articolo 11 della direttiva 96/82/CE del dicembre 9, 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, come ad esempio come modificata dalla direttiva 2003/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del dicembre 16, 2003, la Repubblica portoghese è venuta meno per adempiere i suoi obblighi ai sensi del presente articolo. (Testo Uff.: En n’ayant pas veillé à la mise en œuvre des mesures prévues à l’article 11 de la directive 96/82/CE du Conseil, du 9 décembre 1996, concernant la maîtrise des dangers liés aux accidents majeurs impliquant des substances dangereuses, telle que modifiée par la directive 2003/105/CE du Parlement européen et du Conseil, du 16 décembre 2003, la République portugaise a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cet article). Pres. Bonichot - Rel. Kuris Commissione delle Comunità europee c. Repubblica Portoghese. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VI, 15/10/2009, Sentenza C-30/09

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Prescrizioni - Barriera idraulica - Mutamento di avviso - Opzione verso altre tipologie di intervento - Motivazione e istruttoria - Principi di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa. Qualora emergano elementi che depongono nel senso di una sostanziale adesione delle competenti Amministrazioni in favore del modello della barriera idraulica, il mutamento di avviso da parte delle Amministrazioni stesse, con opzione verso un’altra tipologia di intervento, può avvenire solo in base ad una congrua ed approfondita motivazione ed all’esito di un’adeguata istruttoria, che tenga conto di tutte le circostanze rilevanti del caso: la sussistenza di detti obblighi procedimentali, prima ancora che da specifiche norme vigenti nel settore della disciplina ambientale, discende dai principi generali di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 1, comma 1, della l. n. 241/1990, nonché dal divieto di aggravamento del procedimento amministrativo ex art 1, comma 2, della citata l. n. 241 (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247 del 2007, cit.). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - D. s.r.l. (avv.ti Capria, Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009, n.1540

INQUINAMENTO - Bonifica - Opera di confinamento fisico delle acque - Sottoposizione a VIA. L’opera di confinamento fisico delle acque va sottoposta ad un’analisi dell’impatto che essa ha sul territorio circostante, onde scongiurare che produca sull’ambiente più problemi di quelli che tende a risolvere (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12 febbraio 2008, n. 165). Si è, anzi, specificato (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 20 luglio 2007, n. 1254) che l’opera è soggetta a procedura obbligatoria di valutazione di impatto ambientale, ai sensi sia del d.lgs. n. 152/2006, sia del precedente art. 1, comma 1, lett. l) del d.p.c.m. n. 377/1988. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - D. s.r.l. (avv.ti Capria, Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009, n.1540

INQUINAMENTO - Bonifica - Imposizione di misure di bonifica - Accertamento della responsabilità. L’imposizione di misure di bonifica deve essere preceduta da un rigoroso accertamento della responsabilità quale autore dell’inquinamento del soggetto obbligato ad adottare le misure stesse (cfr., ex multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - D. s.r.l. (avv.ti Capria, Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009, n.1540

INQUINAMENTO - Bonifica - Prescrizioni - Confinamento fisico - Indicazione degli elementi tecnici a supporto del provvedimento - Omissione - Uso arbitrario della discrezionalità tecnica - Poteri del giudice. L’omissione della doverosa indicazione degli elementi tecnici, in base ai quali si è ritenuto di prescrivere, nell’ambito degli interventi di bonifica, il confinamento fisico, si traduce nell’illegittimità della decisione assunta, giacché viziata da un uso arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (T.A.R. Sardegna, Sez. II, , n. 165/2008 cit., concernente l’imposizione, immotivata e priva di un’adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura per la messa in sicurezza d’emergenza) ha chiarito sul punto che la sindacabilità della scelta di siffatte misure si correla al principio per il quale il giudice amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che si spingono fino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del criterio tecnico e del procedimento applicativo, senza sostituirsi alla P.A. nell’effettuazione di valutazioni opinabili (cfr. C.d.S., Sez. VI, 7 novembre 2005, n. 6152). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - D. s.r.l. (avv.ti Capria, Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009, n.1540

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Terre e rocce da scavo provenienti da un sito sottoposto a bonifica - Equiparazione ai rifiuti - Art. 186, lett. e) d.lgs. n. 152/2006. L’art. 186 del d.lgs. n. 152/2006, alla lett. e) del comma 1 subordina il riutilizzo delle terre e rocce da scavo al previo accertamento della loro non provenienza da siti contaminati, ovvero sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi degli artt. 239 e segg. del medesimo decreto legislativo. Ne deriva la legittimità dell’equiparazione ai rifiuti delle terre da scavo provenienti da un sito di interesse nazionale sottoposto a bonifica , dovendosi la predetta equiparazione ritenere derivante dallo stesso dettato normativo. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - D. s.r.l. (avv.ti Capria, Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009, n.1540

 

INQUINAMENTO - Siti di interesse nazionale - Procedimento di bonifica - Atti - Competenza - Dirigenti - Art. 15 D.M. 471/99 - Art. 252 d.lgs. n. 152/2006. Gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti) poiché non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possono attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo (i quali ultimi definiscono solo gli obiettivi e programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento è riservato alla responsabilità dirigenziale). Ciò in forza del generale principio di distinzione tra attività di governo e attività di gestione che presiede l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche. L’applicazione di tale principio va del resto coordinata con quanto dispone l’art. 4 comma 3 del D.Lgs. n. 165/2001, secondo cui: “Le attribuzioni dei dirigenti....possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”. Detta conclusione è valida sia con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 15 del DM 471/99 (precedente al richiamato D.Lgs. n. 165/2001 e non avente natura legislativa), ancorché stabilisca che il progetto definitivo della bonifica venga approvato dal Ministro dell'Ambiente (di concerto con i Ministri dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e della Sanità), sia nello schema procedimentale di cui all’art. 252 del D.Lgs. n. 152/2006, che attribuisce genericamente la competenza per la procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio (sentito il Ministero delle Attività produttive) (cfr. TAR LOMBARDIA; Brescia, n. 319/09 e TAR TOSCANA n. 2287/08). Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Bonifica - Conferenza di servizi - Provvedimento conclusivo - Atto confermativo e consequenziale del verbale conclusivo - Motivazione.
Il provvedimento conclusivo, quando non ribalti le decisioni prese in sede di Conferenza di servizi , è atto meramente confermativo e consequenziale delle determinazioni assunte in sede di Conferenza: ne deriva la sufficienza di una motivazione che si limiti a richiamare o recepire quella del verbale conclusivo . Per la stessa ragione il verbale conclusivo della Conferenza di servizi è atto autonomamente impugnabile. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Art. 252, c. 4 D.lgs. n. 152/2006 - Pareri o intese - Conferenza di servizi - Provvedimento conclusivo - Nuova acquisizione - Esclusione.
Nel modulo procedimentale della conferenza di servizi i pareri o le intese di cui agli artt. 252 comma 4 del D.Lgs. 152/06 e 15 comma 4 del D.M. 471/1999 ben possono essere acquisiti all’interno della conferenza stessa, senza che in sede di adozione del provvedimento finale si debba procedere ad una nuova acquisizione. (cfr. TAR LOMBARDIA; Brescia, n. 319/09) Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Bonifica - D.M. 471/99 , Allegato 1 - Mancato inserimento di specifiche sostanze - Valori di concentrazione - Riferimento alle sostanze tossicologicamente più affini - Principio di precauzione di derivazione comunitaria.
Il mancato inserimento di specifiche sostanze nel d.m. 471/99 non impedisce all’amministrazione di imporne la ricerca in quanto è applicabile la nota, contenuta nell'Allegato 1 del citato DM n. n. 471/99, secondo cui “per le sostanze non indicate in Tabella si adottano i valori di concentrazione limite accettabili riferiti alla sostanza più affine tossicologicamente (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. I, 21.6.2006 n. 7922). La prescrizione deve essere applicata a tutte le fattispecie di cui all’Allegato 1 del predetto DM n. 471/1999, poiché conforme e sostanzialmente attuativa del generale principio di precauzione di derivazione comunitaria. Detto principio, di contenuto ampio ed atipico, obbliga le autorità competenti ad adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici: infatti, essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili - in tutti i loro ambiti d'azione - della tutela della salute, della sicurezza e dell'ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato (Corte di Giustizia CE, Sentenza 26.11.2002 T-132; Cons. Stato, Sez. VI, 5.12.2002 n. 6657; T.A.R. Lombardia Brescia, 11.4.2005 n. 304)”. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Bonifica - Valori limite relativi alle acque sotterranee - MTBE - Assimilazione tossicologica agli idrocarburi totali - Violazione del principio di proporzionalità - Parere ISS del 12.9.2006.
Con parere del 12.9.2006, l’Istituto superiore di sanità ha messo in dubbio l’assimilazione tossicologica di del MTBE agli idrocarburi totali, prima invece affermata con parere del 6.2.2001. Ne deriva che il limite 10 µg/l fissato relativamente alle acque sotterranee, appare ispirato da un ingiustificato eccesso di prudenza in violazione del principio di proporzionalità. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

INQUINAMENTO - Bonifica - MISE - Art. 240 d.lgs. n. 152/2006 - Contenimento delle sorgenti di contaminazione - Barrieramento fisico - Istruttoria e motivazione.
Nell’ambito degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza ex art. 240, d.lg. n. 152 del 3 aprile 2006, l’imposizione di una forma di barrieramento fisico al fine di di contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, deve essere preceduta, in ragione della sua invasività, da adeguata istruttoria e deve essere fondata su una motivazione che dia conto delle ragioni di inadeguatezza di altre misure poste in essere e delle valutazioni di eventuali ipotesi alternative di messa in sicurezza (cfr. TAR Sardegna n. 1809/07). Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 9 ottobre 2009, n. 1738

 

DIRITTO AMBIENTALE - Informazione ambientale - Convenzione di Aarhus - L. n. 108/2001 - Nozione di “informazione ambientale” - Art. 2 della Convenzione - Fattispecie. Gli artt. 6 e 7 della Convenzione di Aarhus - ratificata in Italia con la Legge n. 108/2001 - obbligano l’Amministrazione ad informare il “pubblico”, qualora sia iniziato un processo decisionale comportante un impatto sull’ambiente, in modo tale da garantire ai soggetti interessati la possibilità di poter partecipare all’elaborazione di piani, programmi e politiche relative all’ambiente nella fase preliminare e quindi in uno stadio in cui tutte le operazioni siano ancora pendenti, cioè all’inizio del processo decisionale. L’art. 2 della Convenzione, nel definire la nozione di “informazione ambientale”, fa riferimento unicamente allo stato dell’ambiente (aria, sottosuolo, siti naturali etc.) e ai fattori (sostanze, energie, rumore, radiazioni, emissioni) che possono incidere sull’ambiente, la salute e la sicurezza umana; ne deriva che non formano oggetto dall’informazione ambientale gli atti e i documenti relativi a fatti che non comportano un impatto ambientale (fattispecie relativa all’atto di intesa diretto a regolare le modalità del servizio di raccolta dei rifiuti già incorso di esecuzione). Pres. Ravalli, Est. Lattanzi - Codacons Onlus (avv.Russo) c. Comune di Taranto (avv. De Tommaso) e Regione Puglia (avv. Scattaglia) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 8 ottobre 2009, n. 2286

 

INQUINAMENTO - DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Prodotti fitosanitari - Sostanza attiva clorotalonil - Modifica dell’iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE - Direttiva 2006/76/CE - Retroattività - Mancanza di periodo transitorio - Certezza del diritto - Legittimo affidamento - Principio della parità di trattamento. Il principio di certezza del diritto esige che una disciplina comunitaria vigente nei confronti dei singoli sia chiara e precisa affinché questi ultimi possano conoscere senza ambiguità i loro diritti ed i loro obblighi e possano agire di conseguenza (v. sentenza della Corte 9/07/1981, causa 169/80, Gondrand e Garancini). Inoltre, il principio della certezza delle situazioni giuridiche osta a che l’efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, salvo, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato (sentenza della Corte 25/01/1979, causa 98/78, Racke; v. altresì, per quanto riguarda l’efficacia retroattiva di una direttiva, sentenza della Corte 13/11/1990, causa C-331/88, Fedesa e a.). Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-380/06

 

INQUINAMENTO - Prodotti fitosanitari - Sostanza attiva clorotalonil - Iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE - Procedimento di valutazione - Direttiva 2005/53/CE - Ricorso di annullamento - Ricorso per carenza - Ricorso per risarcimento danni. Nell’ambito di un procedimento comportante una rivalutazione di un prodotto esistente sul mercato (in specie clorotalonil) in base ad una pratica presentata dal produttore interessato, quest’ultimo deve essere strettamente associato alla valutazione e può avvalersi del diritto di essere informato delle principali lacune della sua pratica che ostano all’autorizzazione del suo prodotto e l’osservanza di siffatte garanzie procedurali è soggetta al sindacato giurisdizionale. Alla luce dei principi della certezza del diritto e del buon andamento dell’amministrazione, al di là delle situazioni di urgenza, la Commissione non può rifiutare l’autorizzazione di un prodotto esistente sul mercato senza aver messo l’interessato in condizione di fornire i dati appropriati per colmare tali lacune ( sentenza del Tribunale 21/10/2003, causa T-392/02, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio). Tuttavia, occorre ricordare che il principio del rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e idoneo a sfociare in un atto lesivo impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista (sentenza della Corte 24/10/1996, causa C-32/95 P, Commissione/Lisrestal ). In ogni caso, è di giurisprudenza costante che un’irregolarità procedurale comporta l’annullamento di una decisione soltanto se si dimostra che, in mancanza della stessa, la detta decisione avrebbe potuto avere un contenuto diverso (sentenza del Tribunale 5/04/2006, causa T-279/02, Degussa/Commissione; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 29/10/1980, cause riunite 209/78 - 215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione). Nella specie, poiché la ricorrente non ha ottemperato al suo obbligo di presentare una pratica completa, il fatto che essa non sia stata consultata nella fase finale del procedimento, ossia al momento dell’invio dei progetti di direttiva e del rapporto di riesame al comitato, non poteva incidere sul contenuto della specificazione controversa, adottata in base alla pratica dell’altro notificante e che teneva conto della specificazione pubblicata dalla FAO nel febbraio 2005. Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-420/05

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Interesse diffuso alla conservazione dell’ambiente - Tutela - Legittimazione ad agire - Riconoscimento giurisdizionale - Presupposti. Il riconoscimento giurisdizionale della legittimazione ad impugnare atti amministrativi, a tutela dell’interesse diffuso alla conservazione dell’ambiente, può avvenire caso per caso in favore di enti associativi o comitati, purché questi non soltanto abbiano fra i propri scopi statutari la tutela ambientale ed operino nell’area geografica sulla quale il provvedimento contestato incide, ma rivestano in concreto una posizione differenziata in virtù di un adeguato grado di rappresentatività, di un collegamento stabile nel tempo con il territorio di riferimento, e di un’azione dotata di apprezzabile consistenza, anche tenuto conto del numero e della qualità degli associati (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3234; id., sez. V, 23 aprile 2007, n. 1830). Pres. Nicolosi, Est. Grauso Associazione A. e altri (avv. Mariani) c. Regione Toscana (avv.ti Bora e Ciari) - TAR TOSCANA, Sez. II - 6 ottobre 2009, n. 1505

INQUINAMENTO - DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Attività inquinanti - Provvedimenti autorizzativi - Azione individuale- Legittimazione - Criterio della vicinitas - Salute - Valore economico dei beni situati nelle vicinanze dell’impianto - Dimostrazione del danno concreto ed attuale - Necessità - Esclusione.
Non può essere disconosciuto l’interesse individuale all’impugnazione di chi, risiedendo in prossimità del sito individuato per la realizzazione di impianti forieri di possibili impatti sull’ambiente, riveste una posizione qualificata dallo stabile collegamento con l’area interessata e dai rischi per l’uomo - primo dei fattori che concorrono a comporre la nozione comunitaria, ed ora nazionale, di “ambiente” - di volta in volta legati alle caratteristiche tecnico-funzionali dell’opera. Alla stregua del criterio della vicinanza alla fonte della lesione paventata, la proposizione dell’azione individuale deve ritenersi perciò consentita ogniqualvolta essa tenda a prevenire o eliminare il pregiudizio derivante al singolo dalla compromissione degli interessi ambientali, ecologici e paesaggistici coinvolti dall’azione amministrativa, fermo restando che il pregiudizio non necessariamente deve investire la salute degli interessati, ma può anche farsi consistere nella diminuzione del valore economico dei beni situati nelle vicinanze dell’impianto (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2007, n. 3192). Ai fini dell’impugnativa di un provvedimento che autorizza l’avvio di un’attività potenzialmente inquinante, peraltro, il ricorrente non è tenuto a dimostrare l’esistenza di un danno concreto ed attuale, trattandosi di questione di merito, ed essendo invece sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni sul territorio collocato nelle immediate vicinanze (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657). Pres. Nicolosi, Est. Grauso Associazione A. e altri (avv. Mariani) c. Regione Toscana (avv.ti Bora e Ciari) - TAR TOSCANA, Sez. II - 6 ottobre 2009, n. 1505

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni non riconosciute di protezione ambientale - Legittimazione ad agire in giudizio - Presupposti. Il riconoscimento della legittimazione ad agire in giudizio a favore delle associazioni non riconosciute di protezione ambientale non può che predicarsi solo là dove delle stesse sia accertato: il carattere non occasionale o strumentale alla proposizione di una determinata impugnativa; lo stabile collegamento col territorio, consolidatosi nel tempo, che deve presuntivamente escludersi in caso di associazioni costituite pochi giorni prima della proposizione del ricorso; la rappresentatività della collettività locale di riferimento, requisito quest’ultimo, che non può prescindere dalla considerazione, quanto meno indiziaria, del numero delle persone fisiche costituenti l’associazione. Pres. Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni di protezione e tutela ambientale - Legittimazione ad agire - Associazioni nazionali - Strutture e articolazioni territoriali.
La speciale legittimazione ad agire delle associazioni di protezione e tutela ambientale nei giudizi impugnatori diretti contro provvedimenti in materia di ambiente concerne le associazioni di protezione ambientale nazionali, formalmente riconosciute e non le loro strutture o articolazioni territoriali, che non rispondono ai requisiti posti dagli artt. 13 e 18, comma 5, della legge 1986 n. 349 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 14.04.2006 n. 2151; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. I, 06.07.2007 n. 1618; Consiglio di Stato, Sez. VI, 13.09.2007 n. 5453). Pres. Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292

 

DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione di quote di emissione per la Polonia per il periodo 2008-2012 - Art. 9, nn. 1 e 3, e art. 11, n. 2, dir. 2003/87/CE - Direttiva 96/61/CE. La decisione della Commissione 26 marzo 2007, C (2007) 1295 def., concernente il piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione di gas a effetto serra, notificato dalla Repubblica di Polonia per il periodo 2008-2012, conformemente alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, è annullata. Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07

DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione - Potere di controllo e di rigetto del PNA da parte della Commissione - Limiti sostanziali che temporali - Tre mesi - Artt. 9, n. 3 e 10, dir. 2003/87/CE. Il potere di controllo e di rigetto del PNA da parte della Commissione, ex art. 9, n. 3, della direttiva, è fortemente circoscritto, dato che è soggetto a limiti sia sostanziali che temporali. Tale controllo, da un lato, è limitato all’esame da parte della Commissione della compatibilità del PNA con i criteri dell’allegato III e il disposto dell’art. 10 della direttiva e, dall’altro, va effettuato entro tre mesi a decorrere dalla notifica del PNA da parte dello Stato membro (ordinanza del Tribunale 30/04/2007, causa T-387/04, EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione; in tal senso, sentenza del Tribunale 7/11/2007, causa T-374/04, Germania/Commissione). Oltretutto, quanto ai limiti temporali, va constatato che l’art. 9, n. 3, della direttiva prevede un solo termine di tre mesi nel corso del quale la Commissione può pronunciarsi sul PNA. Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07

 

DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione di quote di emissioni per l’Estonia per il periodo dal 2008 al 2012 - Competenze rispettive degli Stati membri e della Commissione - Parità di trattamento - Artt. 9, nn. 1 e 3, e 11, n. 2, della direttiva 2003/87/CE. La decisione della Commissione 4 maggio 2007, concernente il piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di gas a effetto serra notificato dalla Repubblica di Estonia per il periodo dal 2008 al 2012, conformemente alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, è annullata. Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07

DIRITTO AMBIENTALE - Trasposizione o attuazione di una direttiva in materia ambientale - Strumenti impiegati per il raggiungimento degli obiettivi - artt. 211 CE e 226 art. 249, 3° c. CE. In tema di trasposizione o attuazione di una direttiva in materia ambientale, occorre ricordare il dettato dell’art. 249, terzo comma, CE, a norma del quale «la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi». Ne consegue che, qualora la direttiva in questione non prescriva la forma e i mezzi per raggiungere uno specifico risultato, la libertà di azione dello Stato membro quanto alla scelta delle forme e dei mezzi idonei al raggiungimento del detto risultato resta in via di principio totale. Sicché, in assenza di norme comunitarie che prescrivano in modo chiaro e preciso la forma e i mezzi che devono essere impiegati dallo Stato membro, spetta alla Commissione, nell’ambito dell’esercizio del suo potere di controllo, segnatamente ai sensi degli artt. 211 CE e 226 CE, dimostrare adeguatamente che gli strumenti impiegati dallo Stato membro sono a tal riguardo in contrasto con il diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 7/11/2007, causa T-374/04, Germania/Commissione). Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07

DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di gas a effetto serra - Scambio di quote - Controllo di legittimità - Poteri del Tribunale - Valutazioni economiche ed ecologiche complesse - Poteri della Commissione - Principio di buona amministrazione. Nell’esercizio del potere di controllo del piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di gas a effetto serra, la Commissione gode di un margine di discrezionalità nei limiti in cui tale controllo implichi valutazioni economiche ed ecologiche complesse, realizzate in relazione all’obiettivo generale di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra tramite un sistema per lo scambio di quote valido in termini di costi e di efficienza economica (art. 1 e quinto ‘considerando’ della direttiva). Ne consegue che, nell’ambito del suo controllo di legittimità, il giudice comunitario svolge un pieno controllo di legittimità quanto alla corretta applicazione da parte della Commissione delle regole di diritto pertinenti. Il Tribunale non può, invece, sostituirsi alla Commissione quando quest’ultima deve svolgere in questo contesto valutazioni economiche ed ecologiche complesse. Il Tribunale deve per tale ragione limitarsi a verificare se la misura in questione non sia inficiata da errore manifesto o da sviamento di potere, se l’autorità competente non abbia palesemente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale e se le garanzie processuali, che rivestono un’importanza ancor più fondamentale in quest’ambito, siano state pienamente rispettate (v., in tal senso, sentenza 7/11/2007, Germania/Commissione; sentenze del Tribunale 11/09/2002, causa T-13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio e causa T-70/99, Alpharma/Consiglio; 21/10/03, causa T-392/02, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio). Tra le garanzie previste dall’ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi figura in particolare il principio di buona amministrazione, al quale si ricollega l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (sentenze del Tribunale 24 gennaio 1992, causa T-44/90, La Cinq/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 86; 29 giugno 1993, causa T-7/92, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II-669, punto 34, e 20 marzo 2002, causa T-31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, Racc. pag. II-1881, punto 99). Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07

 

INQUINAMENTO - Area contaminata - Artt. 244, 253 e 250 del d.lgs. n. 152/2006 - Proprietario dell’area contaminata - Onere di bonifica - Vincolo reale sul fondo e privilegio speciale in favore dell’amministrazione - Notifica dell’ordine di bonifica al proprietario incolpevole. Dal combinato disposto degli artt. 244, 253 e 250 del d.lgs. n. 152/2006, si ricava che il proprietario dell’area contaminata, ove non sia a sua volta responsabile dell’inquinamento, non ha alcun obbligo di provvedere direttamente alla verifica del livello di contaminazione ed alla bonifica, ma ha l’onere di farlo se intende evitare la costituzione del vincolo reale sul fondo e la nascita del privilegio speciale in favore dell’amministrazione; ne discende che l'ordine di eseguire quelle attività ben può essere notificato anche al proprietario incolpevole, ma al solo fine di metterlo in condizione di assolvere a tale onere e mantenere così l’area libera da vincoli (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4525). Pres. Nicolosi, Est. Grauso - I .s.r.l. (avv.ti Camero e Del Seppia) c. Comune di Lucca (avv.ti Picone e Papanicolau) - TAR TOSCANA, Sez. II - 17 settembre 2009, n. 1448

INQUINAMENTO - Sito inquinato - Pendenza di sequestro giudiziario - Effetti sull’ordine di bonifica - Art. 247 d.lgs. n. 152/2006.
La pendenza del sequestro giudiziario di un sito inquinato incide, sulla eseguibilità dell’ordine di bonifica (e dell’eventuale esecuzione in danno ad opera dell’amministrazione), e non anche sulla sua legittimità. L’art. 247 del d.lgs. n. 152/2006 prevede infatti espressamente che, laddove il sito inquinato sia sottoposto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto può comunque autorizzarvi l'accesso per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - I .s.r.l. (avv.ti Camero e Del Seppia) c. Comune di Lucca (avv.ti Picone e Papanicolau) - TAR TOSCANA, Sez. II - 17 settembre 2009, n. 1448

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Abbandono di rifiuti - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 e art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Proprietario dell’area - Imputabilità dell’abbandono a titolo di dolo o colpa.
In tema di abbandono di rifiuti, la giurisprudenza amministrativa, già con riferimento alla misura prevista dall'art. 14 del D.Lgs. n. 22/97, riteneva che il proprietario dell'area fosse tenuto a provvedere allo smaltimento, ma solo a condizione che ne fosse dimostrata la corresponsabilità almeno a titolo di colpa con gli autori dell'illecito, ed aveva conseguentemente escluso che la norma configurasse un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva, affermando l'illegittimità degli ordini di smaltimento di rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in mancanza di adeguata dimostrazione, da parte dell'amministrazione procedente, dell’imputabilità soggettiva della condotta, sulla base di un'istruttoria completa e di un'esauriente motivazione. I medesimi principi si traggono oggi dalla previsione di cui all'art. 192 del D.Lgs. n. 152/06, che non soltanto riproduce il tenore dell'art. 14 cit. circa la necessaria imputabilità dell’abbandono a titolo di dolo o colpa, ma integra il precedente precetto, precisando che l'ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente “in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. Nicolosi, Est. Grauso - I .s.r.l. (avv.ti Camero e Del Seppia) c. Comune di Lucca (avv.ti Picone e Papanicolau) - TAR TOSCANA, Sez. II - 17 settembre 2009, n. 1448

 

INQUINAMENTO - Art. 296 d.lgs. n. 152/2006 - Fase istruttoria - Conferenza di servizi - Regione siciliana - CC.PP.TT.AA. La normativa di cui all’art. 296 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n.152 ha inteso far confluire nella prevista conferenza di servizi di cui al co. 3 l’intera fase istruttoria prima demandata, nella Regione siciliana, alle CC.PP.TT.AA. (Commissioni Provinciali per la Tutela dell'Ambiente e la Lotta contro l'Inquinamento ). Pres. Giallombardo, Est. Valenti - N. s.r.l. (avv.ti Surdi e Surdi) c. Assessorato Reginale Territorio e Ambiente e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 9 settembre 2009, n. 1478

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione processuale - Qualificazione dell’interesse sostanziale - Berni ambientali in senso giuridico - Provvedimenti impugnati - Lesione immediata e diretta dell’interesse all’ambiente. L’eccezionale legittimazione processuale riconosciuta alle associazioni ambientaliste (artt. 13 e 18 della legge n. 349 del 1986) viene delimitata con riferimento alla qualificazione dell'interesse sostanziale fornita dalla legge, cosicché l'interesse in materia ambientale si radica in capo alle associazioni di protezione riconosciute, determinandone la legittimazione ad agire, nella misura in cui assume rilevanza giuridica in forza della previsione normativa (cfr., ex multis,). L'interesse all'ambiente, perciò, assume qualificazione normativa con riferimento e nei limiti tracciati dalle fonti legislative intese a identificare beni ambientali in senso giuridico ed a tale estensione oggettiva dell'interesse va necessariamente rapportata la sua titolarità, cioè la legittimazione ad agire, in capo alle associazioni ambientaliste. In ogni caso, viene richiesto che i provvedimenti che si intende impugnare ledano in modo diretto e immediato l'interesse all'ambiente (cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 3 dicembre 2003 , n. 1979, T.A.R Liguria, sez. I, 1° agosto 2007, n. 1426). Pres. Bianchi, Est. Goso - Legambiente e altri (avv.ti Dal Piaz e Servetti) c. Azienda Consortile E.M. (avv.ti Sciolla e Viale) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 4 settembre 2009, n. 2258

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione processuale - Omessa allegazione di un danno diretto all’ambiente - Art. 310 d.lgs. n. 152/2006 - Parte VI del Codice - Fattispecie.
L’omessa allegazione di un danno diretto all’ambiente non consente di ritenere sussistente la speciale legittimazione processuale delle associazioni ambientaliste: a diverse conclusioni non può pervenirsi in forza della previsione contenuta nell’art. 310 del codice dell’ambiente che, nel configurare una generale legittimazione delle associazioni di tutela ambientale, limita oggettivamente detta legittimazione all’impugnazione degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del codice medesimo (fattispecie relativa all’impugnazione di norme regolanti il servizio di gestione dei rifiuti e alla ripartizione dei relativi costi. Pres. Bianchi, Est. Goso - Legambiente e altri (avv.ti Dal Piaz e Servetti) c. Azienda Consortile E.M. (avv.ti Sciolla e Viale) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 4 settembre 2009, n. 2258

 

DIRITTO AMBIENTALE - Testo unico ambiente - Art. 1 Legge delega n. 308/2004 - Criteri e principi direttivi della delega - Attribuzioni delle regioni e degli enti locali - Principio di sussidiarietà. L’art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004 prevede, tra i criteri e principi direttivi della delega, quello per il quale «i decreti legislativi di cui al comma 1 si conformano, nel rispetto dei principi e delle norme comunitarie e delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonché delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, come definite ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e fatte salve le norme statutarie e le relative norme di attuazione delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e del principio di sussidiarietà». Al riguardo, va ribadito che l’interpretazione della legge di delega di cui si tratta, tenuto conto della eterogeneità delle fonti cui essa fa riferimento, deve basarsi sul «preminente rilievo» che, tra loro, va riconosciuto alle fonti costituzionali, rispetto al quale il richiamo alle fonti ordinarie è da intendersi «nel senso che esso è operante nella misura in cui le disposizioni delle suddette fonti subcostituzionali siano coerenti con il nuovo assetto del riparto delle competenze». In tale contesto assume particolare importanza il riferimento, contenuto nella norma delegante, al principio di sussidiarietà, utilizzando il quale può essere considerato validamente operante il precedente riparto delle competenze in materia di tutela dell’ambiente risultante tanto dalla legge n. 59 del 1997, quanto dal d.lgs. n. 112 del 1998. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251

 

INQUINAMENTO - Impianti che producono emissioni - Regime autorizzatorio - Art. 269 D.L.vo n. 152/2006 - Competenza legislativa esclusiva statale - Commi 2, 3 e 7 - Espressione di principi fondamentali della materia ambientale. L’art. 269 del D.L.vo n. 152/2006, dopo avere enunciato, al comma 1, il principio per il quale gli impianti che producono emissioni sono soggetti, salvo specifiche eccezioni, ad un regime autorizzatorio, provvede a disciplinare, tra l’altro, il procedimento di rilascio del titolo e la sua efficacia nel tempo. Si tratta di disposizioni riguardo alle quali, accanto alla tutela dell’ambiente - finalità verso cui converge l’intero impianto del codice - possono ravvisarsi le competenze relative alla tutela della salute, in quanto potenzialmente compromessa dagli agenti inquinanti che vengono rilasciati dagli impianti, e quelle concernenti il governo del territorio, con riferimento all’installazione ed al trasferimento degli impianti sul territorio regionale. Se, tuttavia, la riconduzione della disposizione censurata alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente esclude in radice che la Regione possa contestarne il carattere dettagliato, in ogni caso i commi 2, 3 e 7 di tale disposizione, quand’anche inquadrati nella prospettiva delle competenze concorrenti sopra ricordate, appaiono espressivi di principi fondamentali della materia. In particolare, il comma 2 non tratteggia un modulo da predisporre per la presentazione delle istanze, ma determina i requisiti dai quali non è consentito prescindere in sede di domanda di autorizzazione, ciascuno dei quali finalizzato a garantire la necessaria verifica delle condizioni, determinate dal legislatore nazionale, che consentono l’installazione o il trasferimento dell’impianto; il comma 3 formula il principio per il quale l’autorità competente, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, indice una conferenza di servizi e ne scandisce le fasi, per il tramite dell’indicazione di termini rispondenti ad esigenze di semplificazione amministrativa e di celerità, anche «al fine di evitare (…) che nel territorio nazionale si creino disparità di trattamento fra impresa e impresa» (sentenza n. 101 del 1989). Per tale ragione le disposizioni ora richiamate non possono ritenersi di mero dettaglio (sentenza n. 364 del 2006). Le medesime considerazioni appena svolte concernono anche il comma 8, che, disciplinando il procedimento da osservarsi ove si intenda modificare l’impianto, appare speculare al procedimento di rilascio dell’autorizzazione e risponde alla medesima esigenza di articolare unitariamente tale attività secondo principi che assicurino l’osservanza dei criteri stabiliti dalla normativa nazionale. Il comma 7, infine, determina in quindici anni la durata dell’autorizzazione, così esprimendo un’evidente scelta di principio che sintetizza l’interesse dell’impresa a proseguire nell’attività con la necessità di una nuova verifica circa la ricorrenza delle condizioni a tal fine richieste. Pres. Amirante, Est. De Siervo - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 250

 

INQUINAMENTO - Art. 269, c. 3 D.L.vo n. 152/2006 - Intervento sostitutivo - Autonomia decentrata - Rispetto. Nell’attuale quadro costituzionale di riparto delle competenze, e con riguardo alla norma di cui all’art. 269, c. 3, D.L.vo n. 152/2006, va osservato che essa può e deve interpretarsi in un senso rispettoso dell’autonomia decentrata, dal momento che vi si prevede espressamente che il gestore notifichi la richiesta di intervento sostitutivo all’autorità locale competente, e che, comunque, il Ministro dell’ambiente provveda, «sentito il Comune interessato». Tali adempimenti debbono ritenersi finalizzati a porre l’ente sostituito in grado di evitare la sostituzione attraverso un autonomo adempimento, ed in ogni caso di partecipare ed interloquire nel procedimento di sostituzione. Pres. Amirante, Est. De Siervo - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 250

 

INQUINAMENTO - Rinnovo dell’autorizzazione - Art. 269, c. 7 D.L.vo n. 152/2006 - Amministrazione competente - Privazione del potere di vigilanza sull’esercizio dell’impianto - Esclusione - Corretta interpretazione della norma - Adeguamento delle prescrizioni al sopravvenire di migliori tecniche disponibili. L’art. 269, c. 7 del D.L.vo n. 152/2006, nel determinare l’arco temporale esauritosi il quale l’autorizzazione necessita di essere rinnovata, non priva l’amministrazione competente del potere di vigilare, durante tale periodo, sull’esercizio dell’impianto, allo scopo di assicurarne costantemente la corrispondenza a quanto reso possibile dall’evoluzione della migliore tecnologia disponibile e a quanto reso necessario dall’evoluzione della situazione ambientale. Un’opposta lettura renderebbe incongrua la disciplina normativa dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera rispetto ad una linea di tendenza, maturata sul terreno del diritto comunitario, volta a garantire un costante e progressivo adeguamento delle prescrizioni concernenti gli impianti inquinanti all’evoluzione tecnologica: in tema di autorizzazione integrata ambientale, l’art. 13 della direttiva 15 gennaio 2008, n. 2008/1/CE prescrive un riesame delle condizioni del titolo, ogni qual volta le migliori tecniche disponibili abbiano registrato sostanziali cambiamenti che consentano di ridurre notevolmente le emissioni senza imporre costi eccessivi. Ugualmente, l’art. 13 della direttiva 28 giugno 1984, n. 84/360/CE (Direttiva del Consiglio concernente la lotta contro l’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali), abrogata con effetto dal 30 ottobre 2007, ma vigente al tempo della promulgazione del D.L.vo n. 152 del 2006, comporta l’adozione, a livello nazionale, di misure adeguate per adattare progressivamente gli impianti esistenti alla migliore tecnologia disponibile, pur tenuto conto dell’opportunità di evitare costi eccessivi per gli impianti. Stanti tali premesse apparirebbe manifestamente irragionevole il congelamento delle condizioni dell’autorizzazione, quanto alle prescrizioni relative all’impianto, per un periodo di quindici anni, quando la sempre più rapida evoluzione della tecnologia avrebbe invece consentito, nel frattempo, di ricorrere ad adattamenti tecnici idonei ad una più efficace salvaguardia dell’ambiente, senza nel contempo implicare costi sproporzionati rispetto all’utilità conseguita. Del resto, l’esigenza di tutelare l’affidamento dell’impresa circa la stabilità delle condizioni fissate dall’autorizzazione è certamente recessiva a fronte di un’eventuale compromissione, se del caso indotta dal mutamento della situazione ambientale, del limite «assoluto e indefettibile rappresentato dalla tollerabilità per la tutela della salute umana e dell’ambiente in cui l’uomo vive» (sentenza n. 127 del 1990). Essa, inoltre, non può prevalere sul perseguimento di una più efficace tutela di tali superiori valori, ove la tecnologia offra soluzioni i cui costi non siano sproporzionati rispetto al vantaggio ottenibile: un certo grado di flessibilità del regime di esercizio dell’impianto, orientato verso tale direzione, è dunque connaturato alla particolare rilevanza costituzionale del bene giuridico che, diversamente, ne potrebbe venire offeso, nonché alla natura inevitabilmente, e spesso imprevedibilmente, mutevole del contesto ambientale di riferimento. Difatti, il solo potere dell’autorità competente a rilasciare l’autorizzazione, che viene espressamente riservato dal legislatore alla fase del rinnovo della stessa (art. 271, comma 9), attiene all’introduzione di valori limite di emissione più rigorosi, rispetto a quelli fissati dall’Allegato I alla Parte quinta del D.L.vo n. 152 del 2006, da parte della normativa regionale di cui al comma 3 dell’art. 271 e dai piani e programmi relativi alla qualità dell’aria. Pres. Amirante, Est. De Siervo - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 250

 

INQUINAMENTO - Disciplina statale - Margine di intervento regionale - Art. 271, c. 3, 4 e 9 - Art. 281, c. 10 - Presenza di rischio sanitario o di zone che richiedano particolare tutela ambientale - Regioni - Intesa con il Ministro dell’ambiente e della salute - Art. 118 Cost. - Principi di leale collaborazione. Il D.L.vo n. 152 del 2006 riconosce alle Regioni un ampio margine di intervento, al fine di conferire esecuzione e talora di rendere eventualmente più severa la disciplina statale concernente l’inquinamento atmosferico: in particolare, l’art. 271, comma 3, affida a Regioni e Province autonome la determinazione dei valori limite di emissione all’interno di quelli indicati dalla normativa nazionale; l’art. 271, comma 4, ammette l’introduzione in sede decentrata di valori limite di emissione e di prescrizioni più restrittivi rispetto agli standard statali, per mezzo dei piani e dei programmi previsti dall’art. 8 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351 (Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente), e dall’art. 3 del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 183 (Attuazione della direttiva 2002/3/CE relativa all’ozono nell’aria), purché ciò sia necessario al conseguimento dei valori limite e dei valori bersaglio di qualità dell’aria. Inoltre, la disposizione da ultimo citata stabilisce che «fino alla emanazione dei suddetti programmi», continuano ad applicarsi i valori di emissione e le prescrizioni contenute nei piani di cui all’art. 4 del d.P.R. n. 203 del 1988. L’art. 271, comma 9, infine, legittima l’imposizione al singolo impianto di condizioni ancora più rigide in sede di rilascio e di rinnovo dell’autorizzazione. Il ruolo e l’ampiezza delle funzioni affidate alle Regioni vanno perciò apprezzati alla luce dell’assetto complessivo del decreto legislativo impugnato e non possono viceversa divenire oggetto, come vorrebbero le ricorrenti, di una valutazione parcellizzata sulla base di una sola tra le disposizioni di cui esso si compone. L’art. 281, comma 10, si inserisce in tale più ampio contesto di valorizzazione delle competenze regionali, aprendo un ulteriore campo di intervento alle Regioni, in presenza di situazioni di rischio sanitario o di zone che richiedano una particolare tutela ambientale, ma nel contempo ne subordina la relativa azione all’intesa con il Ministro dell’ambiente e con il Ministro della salute. Nel concorso della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente con quella concorrente in materia di tutela della salute, la disposizione censurata provvede ad allocare l’esercizio della funzione in sede regionale, dimostrandosi in tal modo rispettosa dell’art. 118 Cost., mentre la previsione dell’intesa agisce da strumento di raccordo idoneo a soddisfare il canone della leale collaborazione, in presenza di una concorrenza di competenze dello Stato e della Regione (sentenze n. 88 del 2009 e n. 219 del 2005). Pres. Amirante, Est. De Siervo - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 250

 

INQUINAMENTO - Impianti termici civili - Art. 282 D.L.vo n. 152/2006 - Obiettivi di prevenzione e limitazione dell’inquinamento atmosferico - Competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente - Art. 284 - Modulo di denuncia - Principio fondamentale della materia. Le disposizioni del D.L.vo n. 152 del 2006 relative agli impianti termici civili perseguono un obiettivo di prevenzione e limitazione dell’inquinamento atmosferico (art. 282) che si inquadra nell’esercizio della competenza esclusiva statale in tema di tutela dell’ambiente; quand’anche si ritenesse che ad essa si congiunga una sfera di competenza concorrente regionale, tuttavia l’art. 284, nell’imporre l’obbligo di denuncia e nel definire, tramite il rinvio all’Allegato, le modalità di tale denuncia, deve ritenersi comunque espressivo di un principio fondamentale della materia: il “modulo di denuncia”, infatti, si limita a selezionare gli elementi tecnici necessari per constatare la corrispondenza dell’impianto ai requisiti richiesti, e in tale prospettiva fa naturalmente corpo con la previsione stessa della denuncia, che verrebbe svuotata di significato ove non si accompagnasse all’indicazione di un determinato contenuto. Pres. Amirante, Est. De Siervo - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 250

 

INQUINAMENTO - Impianti termici civili - Personale addetto alla conduzione - Art. 287, c. 1 D.L.vo n. 152/2006 - Illegittimità costituzionale - Illegittimità consequenziale dei cc. 4, 5, e 6 . Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 287, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (in materia di personale addetto alla conduzione di impianti termici civili), limitatamente alle parole «rilasciato dall’ispettorato provinciale del lavoro, al termine di un corso per conduzione di impianti termici, previo superamento dell’esame finale». L’addestramento del lavoratore, per iniziativa di un soggetto pubblico e fuori dall’ordinamento universitario, finalizzato precipuamente all’acquisizione delle cognizioni necessarie all’esercizio di una particolare attività lavorativa, rientra infatti nella materia, oggetto di potestà legislativa residuale della Regione, concernente la formazione professionale (sentenze n. 425 del 2006; n. 51 e n. 50 del 2005). L’ulteriore previsione concernente la compilazione di un registro presso l’Ispettorato, acquisendo in tal modo una mera finalità notiziale, non comporta invece lesione delle attribuzioni regionali. Ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve essere dichiarata l’illegittimità consequenziale anche del comma 4, limitatamente alle parole «senza necessità dell’esame di cui al comma 1», del comma 5, limitatamente alle parole «dall’Ispettorato provinciale del lavoro» e dell’intero comma 6, trattandosi di disposizioni intrinsecamente collegate a quella di cui al comma 1, per la parte in cui esso è stato dichiarato incostituzionale. Pres. Amirante, Est. De Siervo - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 250

 

INQUINAMENTO - Allevamenti di bestiame - Impianti ed attività scarsamente rilevanti agli effetti dell’inquinamento atmosferico - Parte I, punto 4, lettera z) Allegato IV alla parte quinta del D.L.vo n. 152/2006. La parte I, punto 4, lettera z) dell’Allegato IV alla Parte quinta del D.L.vo n. 152/2006 non si propone, né ha per effetto, di disciplinare l’attività degli allevamenti di bestiame, o comunque di interferire con il processo di produzione di vegetali ed animali destinati all’alimentazione, che costituisce il “nocciolo duro” della materia residuale dell’agricoltura (sentenza n. 12 del 2004). Essa va invece assunta nella sola prospettiva del controllo delle emissioni in atmosfera, con riguardo ad impianti ed attività “scarsamente rilevanti agli effetti dell’inquinamento atmosferico”. Pres. Amirante, Est. De Siervo - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 250

 

INQUINAMENTO - Bonifica dei siti contaminati - Aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento - Art. 241 D.L.vo n. 152/2006 - Regolamento - Omessa previsione del coinvolgimento regionale - Illegittimità costituzionale - Parere della Conferenza Unificata. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 241 del D.L.vo n. 152/2006, nella parte in cui non prevede che, prima dell’adozione del regolamento da esso disciplinato, sia sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo n. 281 del 1997. Sebbene infatti la materia della bonifica dei siti contaminati è da collocarsi nella tematica relativa alla «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», materia questa di esclusiva competenza statale, non può disconoscersi che, con riferimento alla bonifica delle aree adibite alla produzione agricola o all’allevamento del bestiame, lo stesso legislatore nazionale abbia riconosciuto la peculiarità dei siti in questione, dando rilevanza, proprio con la previsione di una normativa differenziata, alla specifica destinazione delle suddette aree. In tal senso si giustifica anche il coinvolgimento, nella emanazione del regolamento relativo agli interventi nelle indicate aree, sia del Ministro delle attività produttive che di quello delle politiche agricole e forestali, chiamati ad esprimere il “concerto”. Appare quindi certamente in contrasto col principio di leale collaborazione avere escluso nelle fasi del citato procedimento l’apporto partecipativo delle Regioni, cioè di quei soggetti che, rientrando la relativa materia nella loro competenza legislativa residuale, sono dotati di specifiche attribuzioni, costituzionalmente tutelate, in tema di agricoltura e zootecnia. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

INQUINAMENTO - Bonifica dei siti contaminati - Competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente - Art. 117 Cost. - Ambiti di competenza regionale in relazione al governo del territorio e della tutela della salute - Inconfigurabilità - Artt. 239-253 D.L.vo n. 152/2006. La disciplina della bonifica dei siti contaminati va inquadrata nell’ambito della materia tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (sentenza n. 214 del 2008). Ne consegue che gli articoli da 239 a 253 del D.L.vo n. 152 del 2006 rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato al quale spetta, anche con disposizioni di dettaglio e anche in sede regolamentare, disciplinare le procedure amministrative dirette alla prevenzione, riparazione e bonifica dei siti contaminati. Devono pertanto ritenersi infondate le rivendicazioni delle Regioni di propri ambiti di competenza in relazione al governo del territorio e alla tutela della salute, così come la rivendicazione del potere regolamentare in materia. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

INQUINAMENTO - Bonifica dei siti contaminati - Art. 242 D.L.vo n. 152/2006 - Iter procedimentale - Responsabile dell’inquinamento - Riconoscimento di una sua discrezionalità nell’avvio del procedimento di bonifica - Esclusione. L’art. 242 del D.L.vo n. 152 del 2006, che modifica il precedente art. 17 del D.L.vo n. 22 del 1997, introduce un complesso iter diretto a porre in capo al soggetto inquinatore l’obbligo di procedere alla bonifica del sito contaminato. Tale procedimento è scandito da una prima fase che ha inizio al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare un sito, allorchè il responsabile dell’inquinamento deve mettere in opera, entro ventiquattro ore, le misure necessarie di prevenzione e deve darne immediata comunicazione, ai sensi e con le modalità di cui all’art. 304, comma 2, alle amministrazioni competenti. Questo primo momento è necessariamente rimesso alla volontà del responsabile dell’inquinamento perché nell’immediatezza del verificarsi dell’evento potenzialmente lesivo egli è l’unico soggetto che certamente ne è a conoscenza. A questo proposito è bene ricordare che il legislatore ha sanzionato penalmente l’omessa comunicazione del verificarsi dell’evento potenzialmente lesivo da parte del soggetto responsabile (art. 257). In ogni caso, in mancanza della comunicazione, la contaminazione dovrà emergere mediante l’attività di vigilanza e controllo delle amministrazioni competenti. Il pieno coinvolgimento delle amministrazioni competenti risulta in modo ancora più significativo nella fase successiva, in cui è previsto che esse controllino e verifichino l’attività del soggetto responsabile. Infatti, nella seconda fase, l’art. 242 prevede che il responsabile dell’inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolga, nelle zone interessate dalla contaminazione, un’indagine preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provveda al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al Comune ed alla Provincia competenti per territorio entro quarantotto ore. Tale attività di autocertificazione è sottoposta alla verifica e al controllo degli enti locali competenti entro il ristretto termine di quindici giorni. Qualora il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione risulti invece superato, il responsabile dell’inquinamento deve immediatamente informare il Comune e la Provincia competente con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Tutte le successive fasi della procedura di bonifica devono essere approvate dalla Regione. Il piano di caratterizzazione deve essere presentato, nei successivi trenta giorni, alle amministrazioni, nonchè alla Regione territorialmente competente e, nei trenta giorni successivi, la Regione, convocata la conferenza di servizi, «autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative». Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). Entro sei mesi dall’approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla Regione i risultati dell’analisi di rischio. La conferenza di servizi, convocata dalla Regione a seguito dell’istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile - cui è dato un preavviso di almeno venti giorni - «approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso». Se gli esiti dell’analisi di rischio sono positivi, in quanto dimostrano che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è inferiore alle concentrazioni soglia di rischio, la conferenza dei servizi, con l’approvazione del documento dell’analisi del rischio, dichiara concluso positivamente il procedimento. In tal caso, la conferenza di servizi può prescrivere lo svolgimento di un programma di monitoraggio sul sito circa la stabilizzazione della situazione in relazione agli esiti dell’analisi di rischio e all’attuale destinazione d’uso del sito. A tal fine, il soggetto responsabile, entro sessanta giorni dall’approvazione di cui sopra, invia alla Provincia e alla Regione competenti per territorio un piano di monitoraggio nel quale sono individuati i parametri da sottoporre a controllo, nonchè la frequenza e la durata del monitoraggio. Se invece sono superate le soglie di concentrazione di rischio, il soggetto responsabile sottopone alla Regione, nei successivi sei mesi dall’approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale. La Regione, acquisito il parere del Comune e della Provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile, «approva il progetto, con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento». La procedura descritta rende palese l’erroneità del presupposto interpretativo secondo il quale il responsabile dell’inquinamento può influire sull’esito dell’analisi di rischio e impedire l’avvio della procedura di bonifica. E’ altrettanto evidente che non vi è alcuna violazione dei principi e criteri direttivi contenuti alle lettere b) e h) del comma 8 dell’art. 1 della legge delega n. 308 del 2004 relativi al perseguimento «di maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali», nonché alla «previsione di misure che assicurino l’efficacia dei controlli e dei monitoraggi ambientali». Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

INQUINAMENTO - Bonifica dei siti contaminati - Art. 242, c. 7 D.L.vo n. 152/2006 - Competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente - Art. 117 Cost. - Responsabile dell’inquinamento - Garanzia finanziaria - Previsione di un limite massimo - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Dovendosi inquadrare la disciplina di cui all’art. 242, c. 7 del D.L.vo n. 152/2006 nell’ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (sentenza n. 214 del 2008), ben può il legislatore statale prevedere un limite massimo della garanzia finanziaria che le Regioni possono chiedere al responsabile dell’inquinamento, trattandosi di un livello uniforme di tutela che, nel limite massimo previsto, lascia, tra l’altro, alle amministrazioni competenti il potere di imporre la percentuale più opportuna. La disposizione in esame è peraltro pienamente conforme ai principi e criteri direttivi di cui all’art. 1, comma 9, lettera a), della legge n. 308 del 2004. In particolare, laddove testualmente fra tali principi è indicato quello relativo a: «incentivare il ricorso a risorse finanziarie private per la bonifica ed il riuso anche ai fini produttivi dei siti contaminati, in applicazione della normativa vigente». Essa non è, poi, certamente contraria al principio comunitario «chi inquina paga» di cui è, anzi, specifica attuazione, ed è, infine, conforme anche ai principi e criteri direttivi di cui all’art. 1, comma 8, lettere c), e), f) ed i), della legge delega. La garanzia finanziaria, infatti, si colloca in un momento procedimentale che si potrebbe definire “virtuoso”, perché prevede un responsabile dell’inquinamento che si è già attivato e, svolte tutte le fasi preliminari di riduzione e contenimento del danno, ha presentato all’amministrazione un progetto esecutivo che quest’ultima deve approvare. Diversamente, nell’ipotesi del responsabile dell’inquinamento che si sottrae agli obblighi previsti dall’art. 242, trova applicazione la procedura di cui all’art. 250 che prevede l’obbligo per l’amministrazione di provvedere alle operazioni di bonifica. In tale ipotesi gli strumenti di garanzia predisposti dal legislatore in favore dell’ente locale sono quelli di cui all’art. 253, primo fra tutti il privilegio speciale ex art. 2748 del codice civile sul terreno da bonificare. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

INQUINAMENTO - Bonifica di siti inquinati - Siti d’interesse nazionale - Art. 252 D.L.vo n. 152/2006 - Competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente - Art. 117 Cost. La materia nella quale deve essere inquadrata la disciplina oggetto delle disposizioni di cui all’art. 252 D.L.vo n. 152/2006, riguardante le procedure di bonifica di siti “d’interesse nazionale”, è quella della tutela dell’ambiente, di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. «La disciplina ambientale, che scaturisce dall’esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, costituisce un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato (sentenza n. 62 del 2008; sentenza n. 378 del 2007). Spetta infatti alla disciplina statale tener conto degli altri interessi costituzionalmente rilevanti contrapposti alla tutela dell’ambiente. In tali casi, infatti, una eventuale diversa disciplina regionale, anche più rigorosa in tema di tutela dell’ambiente, rischierebbe di sacrificare in maniera eccessiva e sproporzionata gli altri interessi confliggenti considerati dalla legge statale nel fissare i cosiddetti valori soglia (sentenza n. 246 del 2006; sentenza n. 307 del 2003)». Pertanto, anche qualora possano rilevarsi ambiti di competenza spettanti alle Regioni, deve ritenersi prevalente il citato titolo di legittimazione statale, anche in ragione della sussistenza di un interesse unitario alla disciplina omogenea di siti che travalicano l’interesse locale e regionale. È ulteriormente da porre in evidenza che la più recente giurisprudenza costituzionale in tema (sentenze n. 12 e n. 61 del 2009) sottolinea come, qualora non vi sia dubbio che lo Stato stia utilizzando la sua competenza legislativa in materia di ambiente ed ecosistema, a quest’ultimo spetti la valutazione della idoneità del livello di coinvolgimento della Regione. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

INQUINAMENTO - Bonifica di siti contaminati - Art. 252, c. 4 D.L.vo n. 152/2006 - Mancata previsione dell’intesa con la Regione competente - Violazione dei principi contenuti nella legge delega - Esclusione - Principio di sussidiarietà. L’art. 1, c. 8 della legge delega n. 308/2004 abilitava il legislatore delegato a modificare le attribuzioni già conferite alle Regioni quando la modifica fosse coerente con uno dei principi direttivi indicati nelle lettere progressive che compongono i commi 8 e 9 dell’art. 1. La mancata previsione - in seno all’art. 252, c. 4 del D.L.vo n. 152/2006 - del ricorso all’intesa con la Regione competente da parte del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, pur prevista al comma 14 dell’art. 17 del D.L.vo n. 22/97, non configura pertanto violazione dei principi e criteri direttivi della delega. Trattandosi, infatti, della bonifica di siti (materia di competenza esclusiva statale) di interesse nazionale (siti la cui caratteristica è quella di essere portatori di un interesse che travalica quello solo regionale e locale) - la procedura prevista dalla norma censurata appare rispettosa del quadro di attribuzioni amministrative derivante dal principio di sussidiarietà (anch’esso richiamato nella delega) che costituisce un filtro necessario per il trasferimento nella nuova disciplina di quanto previsto nella precedente. Infatti, dato che requisito essenziale per la caratterizzazione di un sito come «di interesse nazionale» è che esso presenti un «particolare pregio ambientale» (lettera a), un «particolarmente elevato […] rischio sanitario e ambientale» (lettera c), un «rilevante […] impatto socio economico» (lettera d), un «rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale» (lettera e), che l’opera sia tutelata «ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42» (lettera b), che gli interventi si estendano al «territorio di più regioni» (lettera f), appare evidente il motivo che legittima, proprio in base al principio di sussidiarietà, il conferimento a livello statale delle attività amministrative di bonifica. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Valorizzazione della tematica connessa alla ricerca scientifica e tecnologica - Art. 265, c. 3 D.L.vo n. 152/2006 - Mancato coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali - Illegittimità costituzionale. Le tematiche connesse alle forme di bonifica ambientale rientrano a pieno titolo nella competenza esclusiva dello Stato, essendo esse afferenti alla materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema». Tuttavia, è lo stesso legislatore nazionale che, attraverso il coinvolgimento del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di cui all’art. 265, comma 3, del D.L.vo n. 152 del 2006, ha inteso valorizzare il profilo normativo connesso con la tematica della ricerca scientifica e tecnologica, materia questa effettivamente assegnata, ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost., alla competenza concorrente delle Regioni. In tale ottica, onde ricondurre a legittimità costituzionale la norma, diversamente in contrasto col principio di leale collaborazione attesa la obiettiva e - dallo stesso legislatore statale - riconosciuta implicazione della materia di legislazione concorrente, è necessario prevedere che nella fase di attuazione della disposizione e, quindi, sia per ciò che riguarda l’individuazione delle forme di promozione ed incentivazione sia per ciò che riguarda la loro concreta realizzazione, debba essere previsto il coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali, attraverso l’acquisizione del parere della Conferenza Unificata di cui all’art. 8 del D.L.vo n. 281 del 1997. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

DIRITTO AMBIENTALE - Art. 135, c. 2 D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. E’ infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all’art. 117 Cost. - dell’art. 135, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006. La norma non attiene infatti alla materia della polizia amministrativa locale (art. 117, c. 4, Cost.) , ma si limita ad indicare il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) quale organo competente ad accertare le violazioni amministrative, senza privare delle loro competenze gli organi di polizia amministrativa locale. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246

 

DIRITTO AMBIENTALE - D.L.vo n. 152/2006 - Delega ex L. n. 62/2005 - Abrogazione tacita della precedente legge delega n. 308/2004 - Esclusione. Deve escludersi che la delega contenuta nella legge n. 62 del 2005 e relativa all’attuazione di una ampia serie di direttive comunitarie in diverse materie, abbia tacitamente abrogato la delega precedente, conferita, invece, nella specifica materia ambientale, dalla legge n. 308 del 2004. Inoltre, la legge delega n. 62 del 2005 è diversa dalla legge delega n. 308 del 2004, che non richiede solo l’attuazione del diritto comunitario, ma anche il suo coordinamento nell’ambito della legislazione ambientale. Né si può dire che i criteri della legge n. 62 del 2005 ne restringano la portata. Pres. Amirante, Est. Cassese - Regioni Calabria, Piemonte e Puglia c. presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 235

 

DIRITTO AMBIENTALE - Materia della “tutela dell’ambiente” - Competenza legislativa esclusiva statale - Normativa regionale in materia di competenze proprie riguardanti l’utilizzazione dell’ambiente - Prevalenza della disciplina statale - Limite alla disciplina regionale - Disciplina inderogabile in pejus. In materia di rapporti fra la competenza legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell’ambiente» (nella quale certamente rientra il danno ambientale) e le competenze legislative regionali in altre materie, su cui la disciplina statale ambientale può incidere, è stato precisato che la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente deve garantire un elevato livello di tutela, come tale inderogabile dalle altre discipline di settore. La suddetta normativa, pertanto, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni in materie di competenza propria, che riguardano l’utilizzazione dell’ambiente e, quindi, altri interessi. Da ciò consegue che la disciplina statale di tutela dell’ambiente rappresenta un limite alla disciplina che le Regioni dettano in altre materie di loro competenza, salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevate nell’esercizio di competenze loro proprie. Lo Stato detta quindi, in materia di tutela dell’ambiente, una disciplina inderogabile in pejus, che si impone all’autonomia delle Regioni e le vincola, anche quando esse esercitino la potestà legislativa loro riconosciuta dalla Costituzione in altre materie. Pres. Amirante, Est. Cassese - Regioni Calabria, Piemonte e Puglia c. presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 235

 

DANNO AMBIENTALE - Art. 299 , c. 2 D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Inammissibilità. E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 299, c. 2, del Codice dell’Ambiente. La norma, in una materia nella quale non trova applicazione il principio di leale collaborazione, prevede che l’azione ministeriale debba normalmente svolgersi nel rispetto di tale principio, con ciò ampliando e non limitando le competenze delle Regioni. Pres. Amirante, Est. Cassese - Regioni Calabria, Piemonte e Puglia c. presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 235

 

DIRITTO AMBIENTALE - Tutela dell’ambiente - DANNO AMBIENTALE - Applicabilità del principio di leale collaborazione - Esclusione - Artt. 304, c. 3, 305, c. 2 e 306, c. 2 D.L.vo n. 152/2006 - Azione amministrativa di prevenzione e ripristino del danno ambientale - Attribuzione all’amministrazione statale - Ragionevolezza - Fondamento. La prevalenza della disciplina statale in materia di tutela dell’ambiente sulla disciplina dettata dalle Regioni, in materie di loro competenza, in ordine all’uso o alla fruizione dell’ambiente stesso, non consente di ravvisare, in particolare nella specifica materia del danno ambientale, il presupposto dell’applicazione del principio di leale collaborazione, cioè la «interferenza» fra competenze legislative statali e regionali. La circostanza che lo Stato non sia obbligato ad allocare le funzioni amministrative di prevenzione e riparazione del danno ambientale secondo moduli collaborativi non esclude, peraltro, che il contenuto della scelta allocativa compiuta dal legislatore statale possa essere censurato in relazione al diverso parametro rappresentato dall’art. 118 Cost. Quest’ultimo, infatti, nel vincolare naturalmente anche le scelte allocative compiute in sede di esercizio della potestà legislativa esclusiva dello Stato, esprime un criterio di preferenza a favore del livello amministrativo più vicino ai cittadini, al quale può derogarsi solo in presenza di esigenze di esercizio unitario, che giustifichino l’attribuzione della competenza all’amministrazione statale. Nel caso di cui agli artt. 304, comma 3, 305, comma 2, e 306, comma 2, del Codice dell’ambiente - i quali disciplinano l’azione amministrativa di prevenzione e ripristino del danno ambientale - la scelta di attribuire all’amministrazione statale le funzioni amministrative trova una non implausibile giustificazione nell’esigenza di assicurare che l’esercizio dei compiti di prevenzione e riparazione del danno ambientale risponda a criteri di uniformità e unitarietà, atteso che il livello di tutela ambientale non può variare da zona a zona e considerato anche il carattere diffusivo e transfrontaliero dei problemi ecologici, in ragione del quale gli effetti del danno ambientale sono difficilmente circoscrivibili entro un preciso e limitato ambito territoriale. Pres. Amirante, Est. Cassese - Regioni Calabria, Piemonte e Puglia c. presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 235

 

DANNO AMBIENTALE - Art. 306, cc. 1, 2 e 5 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza - Criteri di uniformità e unitarietà. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., dell’art. 306, cc. 1, 2 e 5 del d. lgs. n. 152/2006. Con riguardo all’art. 117 Cost., infatti, va osservato che in materia di danno ambientale non può sussistere alcuna «interferenza» fra competenza legislativa statale e regionale, attesa la prevalenza della prima, finalizzata alla tutela dell’ambiente, sulla seconda, che inerisce invece all’uso e alla fruizione del bene ambiente. Con riferimento alla asserita violazione dell’art. 118 Cost., deve ritenersi che la scelta di attribuire all’amministrazione statale le funzioni amministrative relative al ripristino ambientale trovi una ragionevole giustificazione nell’esigenza di assicurare che lo svolgimento di esse risponda a criteri di uniformità e unitarietà. Tale scelta, pertanto, non si pone in contrasto con i principi di sussidiarietà e differenziazione dettati dall’art. 118 Cost. Pres. Amirante, Est. Cassese - Regioni Calabria, Piemonte e Puglia c. presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 235

 

DANNO AMBIENTALE - Art. 309, c. 1 D.L.vo n. 152/2006 - Prevenzione e riparazione del danno ambientale - Potere di sollecitazione dell’esercizio dei poteri ministeriali - Soggetti diversi dagli enti locali - Lesione delle prerogative regionali - Esclusione. La circostanza che il potere di sollecitazione dell’esercizio dei poteri ministeriali per la prevenzione e riparazione del danno ambientale, oltre che agli enti territoriali, sia riconosciuto anche alle «persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all’adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino» (art. 309, c. 1, d.lgs. n. 152/2006), non è suscettibile di tradursi in una lesione sostanziale delle prerogative della Regione. Pres. Amirante, Est. Cassese - Regioni Calabria, Piemonte e Puglia c. presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 235

 

DANNO AMBIENTALE - Risarcimento per equivalente patrimoniale - Stato e Regioni - Legittimazione a proporre l’azione risarcitoria - Art. 311 D.L.vo n. 152/2006. In base alla disciplina del Codice dell’ambiente, è pacifico, da un lato, che il risarcimento per equivalente patrimoniale è dovuto allo Stato (le relative somme sono versate in entrata del bilancio dello Stato e confluiscono in un apposito fondo di rotazione istituito nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio) e, dall’altro lato, che le Regioni hanno diritto, oltre che di agire in giudizio in qualità di soggetti danneggiati nei beni di loro proprietà dal fatto produttivo di danno ambientale (art. 313, comma 7), anche di ricorrere al giudice amministrativo per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione, da parte dell’amministrazione statale, delle misure di precauzione, prevenzione o contenimento del danno ambientale (art. 310, comma 1). Quanto, invece, alla legittimazione delle Regioni e degli enti locali a proporre l’azione risarcitoria per danno ambientale, va osservato che l’art. 311 del d.lgs. n. 152/2006, nel regolare in termini di alternatività il rapporto fra i due strumenti (amministrativo e giurisdizionale) con i quali l’amministrazione statale può reagire al danno ambientale, non riconosce tale legittimazione, ma neppure la esclude in modo esplicito. Pres. Amirante, Est. Cassese - Regioni Calabria, Piemonte e Puglia c. presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 235

 

DANNO AMBIENTALE - Artt. 312 e 313 D.L.vo n. 152/2006 - Ingiunzione di risarcimento al responsabile del danno - Potere ministeriale - Criteri di uniformità e unitarietà. La scelta legislativa di attribuire all’amministrazione statale, anziché alle diverse amministrazioni regionali, il potere di adottare l’ordinanza che ingiunge al responsabile del danno ambientale il risarcimento (artt. 312 e 313 Codice dell’ambiente) trova una ragionevole giustificazione nell’esigenza di assicurare che tale speciale potere amministrativo venga esercitato secondo criteri di uniformità e unitarietà. Pres. Amirante, Est. Cassese - Regioni Calabria, Piemonte e Puglia c. presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 235

 

DIRITTO AMBIENTALE - Materia di esclusiva competenza dello Stato - Dicotomia “norme di principio/norme di dettaglio” - Irrilevanza. Ove si verta in una materia (quale è quella della tutela ambientale) di esclusiva competenza dello Stato, non viene in rilievo la dicotomia “norme di principio - norme di dettaglio”, dal momento che tale differenziazione opera soltanto nei confronti delle materie di competenza concorrente, con esclusione, dunque, delle materie tanto di competenza esclusiva dello Stato, quanto di competenza residuale delle Regioni (sentenza n. 401 del 2007). Pres. Amirante, Est. Quaranta - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Umbria, Emilia-Romagna, Puglia e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 234

 

INFORMAZIONE AMBIENTALE - Art. 75, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 - Divulgazione dello stato di qualità delle acque - Regioni - D.lgs. n. 195/2005 - Rispetto dell’autonomia regionale - Intesa con la conferenza permanente - Questione di legittimità costituzionale - Infondantezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 119 Cost., dell’art. 75, c. 5 del d.lgs. n. 152/2006. La norma riguarda la divulgazione, da parte delle Regioni, delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e la trasmissione al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) dei dati conoscitivi e delle informazioni relative all’attuazione del d.lgs. n. 152 del 2006, e di quelli prescritti dalla disciplina comunitaria. Tali obblighi vanno inquadrati, quanto al primo, nell’ambito della normativa in tema di informazione ambientale, che grava sulla pubblica amministrazione, ed è disciplinato dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale; il secondo rimette le informazioni sullo stato di attuazione della Parte III del Codice dell’ambiente al coordinamento esercitato dallo Stato, non in quanto titolare della potestà legislativa esclusiva in materia ambientale, bensì nell’ambito della tutela del diritto di accesso del pubblico ai documenti amministrativi, riguardo ai quali lo Stato fissa i livelli essenziali delle prestazioni, ma la cui attuazione compete a tutti gli organi di amministrazione (sentenza n. 399 del 2006). Il rispetto dell’autonomia delle Regioni, senza dubbio necessario anche sotto il profilo della provvista di mezzi finanziari per fronteggiare nuovi oneri, è assicurato dalla previsione circa l’attuazione di tale forma di collaborazione previa intesa con gli enti interessati o con gli organismi rappresentativi degli stessi (sentenza n. 408 del 1998). E’ il caso della norma in esame, che demanda le modalità di diffusione e di trasmissione dei dati e delle informazioni ad un decreto ministeriale adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano: il decreto, avendo ad oggetto gli aspetti organizzativi, ben potrà regolare i costi delle operazioni. Pres. Amirante, Est. Finocchiaro - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Liguria e Marche c. presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 233

 

DIRITTO AMBIENTALE - D.lgs. n. 152/2009 - Legge delega n. 308/2004 - Coordinamento, riordino e integrazione della normativa ambientale - Carattere innovativo. La delega di cui alla L. n. 308/2004, pur mirando al riordino della materia ambientale, consentiva al Governo di emanare norme innovative. Ciò si ricava dal comma 1 dell’art. 1 della legge n. 308 del 2004, che attribuiva agli emanandi decreti legislativi, non solo il compito di «coordinamento» delle previgenti disposizioni, ma anche quello di «riordino» e di «integrazione» della normativa relativa ai settori elencati nello stesso comma 1. Il carattere innovativo della delega è confermato dai princìpi e criteri direttivi indicati nei successivi commi 8 e 9 dello stesso art. 1, molti dei quali, implicitamente o esplicitamente, presuppongono o impongono la modifica sostanziale della normativa ambientale all’epoca vigente. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232

 

TUTELA DELL'AMBIENTE - Contenuto oggettivo e finalistico - Competenze - Stato - Fissazione di livelli adeguati e non riducibili di tutela - Limite all’esercizio delle competenze regionali - Livelli di tutela più elevati. La materia “tutela dell'ambiente” ha un contenuto allo stesso tempo oggettivo, in quanto riferito ad un bene, l'ambiente (sentenze n. 367 e n. 378 del 2007; n. 12 del 2009), e finalistico, perché tende alla migliore conservazione del bene stesso (vedi sentenze n. 104 del 2008; n. 10, n. 30 e n. 220 del 2009). Sullo stesso bene (l'ambiente) (sentenze n. 367 e n. 378 del 2007) “concorrono” diverse competenze (sentenza n. 105 del 2008), le quali, tuttavia, restano distinte tra loro, perseguendo autonomamente le loro specifiche finalità attraverso la previsione di diverse discipline (vedi sentenze n. 367 e n. 378 del 2007, n. 104 e n. 105 del 2008, n. 12 e n. 61 del 2009). Secondo il disegno del legislatore costituzionale, da una parte sono affidate allo Stato la tutela e la conservazione dell'ambiente, mediante la fissazione di livelli «adeguati e non riducibili di tutela» (sentenza n. 61 del 2009) e dall'altra compete alle Regioni, nel rispetto dei livelli di tutela fissati dalla disciplina statale (sentenze n. 62 e n. 214 del 2008), di esercitare le proprie competenze, dirette essenzialmente a regolare la fruizione dell'ambiente, evitando compromissioni o alterazioni dell'ambiente stesso. In questo senso può dirsi che la competenza statale, quando è espressione della tutela dell'ambiente, costituisce “limite” all'esercizio delle competenze regionali (sentenze n. 180 e n. 437 del 2008 nonché n. 164 del 2009). E’ peraltro necessario precisare che, se è vero che le Regioni, nell'esercizio delle loro competenze, non debbono violare i livelli di tutela dell'ambiente posti dallo Stato, è altrettanto vero, che, una volta che questi ultimi siano stati fissati dallo Stato medesimo, le Regioni stesse, purché restino nell'ambito dell'esercizio delle loro competenze, possono pervenire a livelli di tutela più elevati (sentenze n. 104 del 2008, n. 12, n. 30 e n. 61 del 2009), così incidendo, in modo indiretto sulla tutela dell'ambiente. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2009, n. 225

TUTELA DELL'AMBIENTE - DIRITTO SANITARIO - Salubrità dell’ambiente e salute umana - Competenze - Oggetti differenti - Stato e Regione. Strettamente collegata alla tutela dell'ambiente è la tutela della salute, poiché è indubbio che la salubrità dell'ambiente condiziona la salute dell'uomo. E' da sottolineare, comunque, che le due competenze hanno oggetti diversi: per l'appunto, l'ambiente e la salute, e che la fissazione, da parte delle Regioni, di livelli più elevati di tutela ambientale ai fini della tutela della salute umana solo indirettamente produce effetti sull'ambiente, che è già adeguatamente tutelato dalle norme statali. Tale possibilità è, peraltro, esclusa nei casi in cui la legge statale debba ritenersi inderogabile, essendo frutto di un bilanciamento tra più interessi eventualmente tra loro in contrasto. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 22/07/2009, n. 225

TUTELA DELL'AMBIENTE - T.u. Ambiente (d.lgs. n. 152/2006) - Questione di legittimità costituzionale - Conferenza unificata - Esame della bozza - Insufficienza del tempo a disposizione - Termine non incongruo - Esercizio dell’attività legislativa - Rapporto con il principio di leale collaborazione. L'esercizio dell'attività legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione (cfr. sentenze n. 159 del 2008 e n. 401 del 2007). Non è pertanto fondata la questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 152/2006 che fa leva sull’insufficienza del tempo concesso alla Conferenza unificata per l’esame del testo del decreto legislativo. Il termine concesso alla Conferenza per l'esame della bozza del decreto legislativo, pari a sedici giorni, è stato peraltro breve, ma non al punto da essere incongruo, né da rendere impossibile alla Conferenza di dare il proprio contributo consultivo nel procedimento di formazione del decreto stesso. In assenza di un preciso termine legale (minimo o massimo) ed una volta stabilito che quello in concreto concesso alla Conferenza unificata sia stato non incongruo, deve, d'altra parte, escludersi che tale Conferenza possa rifiutarsi di rendere il parere e con ciò procrastinare il termine, giacché si verrebbe a configurare un potere sospensivo o addirittura di veto in capo alla Conferenza, non conciliabile con la attribuzione costituzionale al Governo del potere legislativo delegato. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 22/07/2009, n. 225

TUTELA DELL'AMBIENTE - T.U. Ambiente (d.lgs. n. 152/2006) - Questione di legittimità costituzionale - Eccesso di delega - L. n. 308/2004 - Carattere innovativo. La delega in di cui all'art. 1, comma 1, della legge n. 308 del 2004 ha contenuto innovativo e consente non solo il coordinamento, ma anche il riordino e l'integrazione della normativa in materia ambientale. Il carattere innovativo della delega è imposto al fine di assicurare il rispetto dei criteri direttivi e dei principi generali dettati dal comma 8 e, soprattutto, di quelli specifici recati dal comma 9 dell'art. 1 della legge n. 308 del 2004, che in maniera implicita o esplicita presuppongono o impongono la modifica sostanziale della normativa ambientale, anche per quanto riguarda l'assetto delle competenze in materia (vedi sentenze n. 350 del 2007 e n. 303 del 2005). Pres. Amirante, Est. Maddalena - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2009, n. 225

TUTELA DELL'AMBIENTE - Art. 117 Cost. - Competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente - Competenza regolamentare - Coinvolgimento delle regioni nella fase di esercizio della potestà regolamentare - Necessità - Esclusione. Ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, mentre ai sensi dell'art. 117, sesto comma, Cost. esso ha competenza regolamentare nelle materie di propria esclusiva competenza. Se non è, pertanto, possibile negare la sussistenza in capo allo Stato del potere regolamentare relativo a regolamenti di attuazione ed integrazione in materia ambientale, deve anche ribadirsi (cfr. sentenze n. 401 del 2007 e n. 134 del 2006) che non sussiste un obbligo di coinvolgimento delle Regioni nella fase di esercizio della potestà regolamentare dello Stato nelle materie riservate alla sua competenza esclusiva. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2009, n. 225

TUTELA DELL'AMBIENTE - D.lgs. n. 152/2006 - Legge delega n. 308/2004 - L. n. 62/2005 - Tacita abrogazione della L. n. 308/2004 - Esclusione - Esercizio della delega oltre il termine definito dal legislatore - Inconfigurabilità. La delega contenuta nella legge n. 308 del 2004 (art. 1, comma 8, lettera f) non può ritenersi abrogata tacitamente né da parte dell'art. 19, né da parte del combinato disposto dell'art. 1 e dell'allegato B della legge n. 62 del 2005, posto che essa ha un oggetto sostanzialmente diverso riguardando non solo il recepimento della direttiva 2001/42/CE in materia di VAS, ma la complessiva ridefinizione di tutte le valutazioni di compatibilità ambientale ed il loro reciproco coordinamento o accorpamento. Non può di conseguenza sostenersi che, con il d.lgs. n. 152/2006, la delega sia stata esercitata dal Governo oltre il termine definito dal legislatore. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2009, n. 225

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Ordine di rimozione, smaltimento e riduzione in pristino - Proprietario - Colpa - Amministratore della società proprietaria -Deposito di detriti - Rapporto con la responsabilità penale - Fatto illecito dell’ausiliario o del preposto - Culpa in eligendo e in vigilando. A fronte della presenza di una certa fonte di inquinamento è indiscusso ed indiscutibile che l’amministrazione possa ordinarne la rimozione, lo smaltimento e la riduzione in pristino dell’area anche al proprietario, in solido con il responsabile dell’inquinamento, qualora in capo al primo sia ravvisabile un profilo di dolo o di colpa, a prescindere dalla diretta responsabilità per l’inquinamento ovvero l’accumulo sul luogo. Ovviamente il profilo di colpa rilevante ai fini per cui è causa non è necessariamente coincidente con la commissione di un fatto penalmente rilevante; al di là del fatto che sia o meno ascrivibile all’amministratore della società una fattispecie di reato per il materiale deposito dei detriti, ben potrebbe comunque ravvisarsi una responsabilità colposa omissiva sotto il profilo civilistico, non solo nel proprietario che tollera il deposito di materiale ignoto da parte di ignoti pure colti sul fatto sul proprio terreno, ma ancor di più di colui che civilisticamente risponde del fatto illecito del proprio ausiliario o preposto per non averne controllato debitamente l’operato, e quindi per culpa vuoi in eligendo vuoi in vigilando. Pres. Bianchi, Est. Malanetto - I. s.r.l. (avv.ti Rollero e Scancarello) c. Comune di Cameri (avv.ti Inserviente e Monteverde). TAR PIEMONTE, Sez. I - 21/07/2009, n. 2067

 

INQUINAMENTO - CIRCOLAZIONE STRADALE - Comune di Milano - Ecopass - Veicoli dotati di filtro antiparticolato (FAP)- Libera circolazione per l’anno 2009 - Carattere embrionale del mercato dei filtri retrofit - Legittimità. Tenuto conto del carattere ancora embrionale del mercato dei filtri retrofit e della necessità conseguente di attendere gli sviluppi e le evoluzioni dello stesso, prima di adottare provvedimenti definitivi in relazione ai veicoli con FAP omologato, la scelta del Comune, relativa peraltro al solo anno 2009, di inserire in classe II di inquinamento i veicoli diesel dotati di FAP omologato, pur prescindendo dalla fascia di appartenenza dei tipi di motore, non appare né illogica né arbitraria, trattandosi di veicoli (quelli con filtro retrofit), con scarsissima diffusione e per i quali non vi sono ancora conclusioni certe sui tipi di filtri che saranno concretamente installati e quindi sull’impatto effettivo degli stessi sull’inquinamento dell’aria. La delibera inserisce nella classe di inquinamento II, a libera circolazione e quindi con esclusione del pagamento, i veicoli per il trasporto persone fino a 9 posti e per il trasporto merci alimentati a diesel, purché con filitro antiparticolato (FAP) omologato. Pres. Leo, Est. Zucchini - G.A. e altri (avv.ti Gerometta, Mazzola e Murtula) c. Comune di Milano (avv.ti Ceccoli, Savasta e Surano). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 16/07/2009, n. 4393

 

INQUINAMENTO - CIRCOLAZIONE STRADALE - Comune di Milano - Ecopass - Veicoli diesel euro 4 ed euro 5 - Anno 2009 - Libera circolazione - Legittimità. Tenuto conto della necessità, nella regolazione peraltro ancora provvisoria del sistema Ecopass, di contemperare i differenti interessi coinvolti, fra cui quello alla libertà di circolazione e di iniziativa economica, non appare illogica la scelta del Comune di consentire ancora per l’anno 2009 la libera circolazione dei veicoli diesel euro 4 ed euro 5 senza filtro antiparticolato. Pres. Leo, Est. Zucchini - G.A. e altri (avv.ti Gerometta, Mazzola e Murtula) c. Comune di Milano (avv.ti Ceccoli, Savasta e Surano). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 16/07/2009, n. 4393

 

INQUINAMENTO - Ordinanze contingibili e urgenti ex art. 217 R.D. n. 1265/1934 - Motivazione - Impossibilità di tempestiva adozione degli strumenti di intervento ordinari - Situazioni di pericolo. Ciò che rileva, ai fini della legittimità delle ordinanze contingibili e urgenti ex art. 217 R.D. 1265/1934, è che il Sindaco dia contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad adottare un simile strumento, con la precisazione che la ragioni giustificatrice attiene non tanto all’imprevedibilità dell’evento, quanto piuttosto all’impossibilità di adottare tempestivamente i normali rimedi offerti dall’ordinamento (si veda, fra le decisioni più recenti, Consiglio di Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3765, con la giurisprudenza ivi richiamata). Di conseguenza sono consentiti tali provvedimenti anche quando un’apposita disciplina regola in via ordinaria determinate situazioni, laddove la necessità di provvedere risulti tanto urgente da non consentirne il tempestivo utilizzo. L’ordinanza può essere adottata anche a fronte di sole situazioni di pericolo, allo scopo di evitare la produzione di un danno per la salute pubblica, senza che si debba attendere che si sia verificato il danno medesimo. (cfr. T.R.G.A. Trentino Alto Adige Bolzano n. 117/2008). Pres. Leo, Est. Zucchini - E.s.p.a. (avv.ti Invernizzi e Clerici) c. Comune di Melegnano (avv. Borasi), Regione Lombardia (avv. Cederle), Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Baviera, Ferrari, Fiori, Gabigliani, Zimmitti), Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare (avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 16/07/2009, n. 4379

 

INQUINAMENTO - Ordinanza contingibile e urgente - Interventi sull’area inquinata - Responsabilità del proprietario - Irrilevanza - Diversa disciplina ex d.lgs. n. 152/2006. Il provvedimento contingibile ed urgente che impone interventi su un’area inquinata prescinde dalla responsabilità del proprietario nel cagionare l’inquinamento, a differenza di quanto previsto per i provvedimenti bonifica di cui al D.Lgs. 152/2006, che ha sostituito il D.Lgs. 22/1997. (cfR. Cons. Stato n. 4718/2007; TAR Puglia, Bari, n. 2087/2007). Pres. Leo, Est. Zucchini - E.s.p.a. (avv.ti Invernizzi e Clerici) c. Comune di Melegnano (avv. Borasi), Regione Lombardia (avv. Cederle), Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Baviera, Ferrari, Fiori, Gabigliani, Zimmitti), Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare (avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 16/07/2009, n. 4379

 

INQUINAMENTO - Ordinanza contingibile e urgente - Risalenza nel tempo dell’inquinamento - Pericolo attuale - Cessazione dell’attività industriale - Permanenza degli effetti nocivi. Non costituisce ostacolo al provvedimento urgente, la circostanza che l’inquinamento duri da tempo, se il pericolo resta attuale (cfr. TAR Sardegna, n. 728/2007). L’esercizio del potere di intervento è pertanto possibile in ogni tempo, quindi anche in caso di intervenuta cessazione dell’attività, purché ne permangano gli effetti nocivi. (cfr. T.A.R. Valle d'Aosta Aosta, 14 aprile 2003 , n. 52). Pres. Leo, Est. Zucchini - E.s.p.a. (avv.ti Invernizzi e Clerici) c. Comune di Melegnano (avv. Borasi), Regione Lombardia (avv. Cederle), Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Baviera, Ferrari, Fiori, Gabigliani, Zimmitti), Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare (avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 16/07/2009, n. 4379

 

INQUINAMENTO - Artt. 216 e 217 d.P.R. n. 1265/1934 - Industrie insalubri - Poteri comunali. Gli art. 216 e 217 r.d. 27 luglio 1934 n. 1265, conferiscono al comune ampi poteri in materia di industrie insalubri, anche prescindendo da situazioni di emergenza e dall'autorizzazione a suo tempo rilasciata, a condizione però che siano dimostrati, da congrua e seria istruttoria, gli inconvenienti igienici e che si sia vanamente tentato di eliminarli (Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2005 , n. 1794; T.A.R. Umbria, 18 ottobre 2004, n. 604 e T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 04 luglio 2008 , n. 882). Pres. Leo, Est. Zucchini - E.s.p.a. (avv.ti Invernizzi e Clerici) c. Comune di Melegnano (avv. Borasi), Regione Lombardia (avv. Cederle), Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Baviera, Ferrari, Fiori, Gabigliani, Zimmitti), Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare (avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 16/07/2009, n. 4379

 

INQUINAMENTO - Ordinanza contingibile e urgente - Obblighi di attivazione - Regola della cd. successione economica - Soggetto non responsabile dell’inquinamento - Benefici economici tratti dalla condotta del dante causa. Nelle ordinanze contingibili ed urgenti gli obblighi di attivazione possono essere imputati , come del resto messo in evidenza del, anche in base alle regole della c.d. successione economica, che consentono di porre oneri economici a carico del soggetto che, pur non avendo una responsabilità diretta ed immediata a fronte di situazioni di danno o pericolo, ha in ogni caso tratto benefici economici dalla condotta del suo dante causa, a sua volta effettivo responsabile delle situazioni stesse. (cfr. Consiglio di Stato n. 6055/2008) (fattispecie relativa alla società successore a titolo universale delle industrie responsabili dei gravi fenomeni di inquinamento cagionati nel territorio circostante). Pres. Leo, Est. Zucchini - E.s.p.a. (avv.ti Invernizzi e Clerici) c. Comune di Melegnano (avv. Borasi), Regione Lombardia (avv. Cederle), Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Baviera, Ferrari, Fiori, Gabigliani, Zimmitti), Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare (avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 16/07/2009, n. 4379

 

INQUINAMENTO - Industrie insalubri - Poteri del Sindaco ex artt. 216 e 217 TUS - Discrezionalità - Presupposti - Mancato esercizio - Sanzioni penali - Presenza di norme specifiche in materia di inquinamento - Rilievo - Esclusione. Ai sensi degli art. 216 e 217 t.u. n. 1265/1934, il sindaco è titolare di un generale potere di vigilanza sulle industrie insalubri e pericolose che può anche concretarsi nella prescrizione di accorgimenti relativi allo svolgimento dell'attività, volti a prevenire, a tutela dell'igiene e della salute pubblica, situazioni di inquinamento: tale potere è ampiamente discrezionale ed esercitabile in qualsiasi tempo, sia nel momento in cui è richiesta l'attivazione dell'impianto, sia in epoca successiva (T.A.R. Veneto, sez. II, 16 dicembre 1997, n. 1754). Presupposto per l’esercizio di siffatto potere è la sussistenza di un concreto pericolo per l’ambiente e dunque per la salute pubblica, da valutare complessivamente previa consultazione ed avviso degli organismi competenti in materia sanitaria ed ambientale (ASL, ARPA), nei sensi ed alle condizioni previste dall’art. 16 della legge n. 241 del 1990. Tale potere, il cui mancato esercizio in presenza dei prescritti presupposti determina tra l’altro i reati di danneggiamento e di omissione di atti d’ufficio, è tuttora esercitabile anche in presenza di norme specifiche in materia di inquinamento. Pres. Ravalli, Est. Santini - Comitato C. (avv. Russo) c. Comune di Taranto (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 07/07/2009, n. 1786
 

INQUINAMENTO - Art. 3-ter d.lgs. n. 152/2006, introdotto dal d.lgs. n. 4/2008 - Governance ambientale - Gestione dei beni ambientali caratterizzata dalla cooperazione tra poteri pubblici e attori non statuali - Coinvolgimento dei soggetti interessati - Fattispecie: legittimazione di un comitato alla richiesta di attivazione dei poteri ex art. 217 T.U.S. L’art. 3-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice dell’ambiente), come introdotto dal decreto legislativo n. 4 del 2008, rubricato “principio dell’azione ambientale” consacra il modello di “governance ambientale”, ossia di un modello di gestione dei beni ambientali non più ispirato al classico modello gerarchico ma ad un nuovo stile di governo diversamente caratterizzato da un maggior grado di cooperazione ed interazione tra poteri pubblici da una parte ed attori non statuali dall’altra parte (realtà economica e realtà sociale). La governance ambientale presuppone, in chiave di progressiva democratizzazione dei processi decisionali in subiecta materia e nell’ottica del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art., 118, quarto comma, Cost., necessità di visione comune intorno ad un problema, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati per raggiungere risultati migliori (nella specie, il Tar ha ritenuto che un comitato cittadino fosse pienamente legittimato a richiedere l’attivazione dei poteri sindacali di cui all’art. 217 TUS). Pres. Ravalli, Est. Santini - Comitato C. (avv. Russo) c. Comune di Taranto (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 07/07/2009, n. 1786

 

INQUINAMENTO - Principio comunitario “chi inquina paga” - Imputazione del costo del danno - Cost-benefit analysis. Il principio comunitario “chi inquina paga”, piuttosto che ricondursi alla fattispecie illecita integrata dal concorso dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa e dall’elemento materiale, imputi il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi, cioè imputa il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della “cost-benefit analysis”, per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente. Pres. Onorato, Est. Nunziata - E. s.r.l. (avv.ti Costagliola, Taglialatela e Covelli) c. Comune di Orta di Atella (avv. Savastano), ASL Caserta 2 (avv. Perifano), Provincia di Caserta (avv. Testa), Regione Campnia (avv. Palma), Ministero della Difesa e altro (Avv. Stato) e ARPA Campania (avv. Scotto Di Carlo). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 03/07/2009, n. 3727

 

INQUINAMENTO - Principio “chi inquina paga” - Interpretazione anteriore al d.lgs. n. 152/2006 - Valore programmatico - Parere Cons. Stato n. 3838/2007 - Piena vigenza del principio. Prima della riforma della materia operata per mezzo del Decr. Legisl. n.152/2006, non mancavano oscillazioni tra pronunce tese a sostenere che il principio “chi inquina paga” avesse valore programmatico e fosse insuscettibile di trovare applicazione nell’Ordinamento statuale interno. Tuttavia, dopo l’auspicio espresso in sede di parere (Cons. Stato, sez. consult., 5.11.2007, n.3838) circa l’inserimento nel Codice dell’ambiente dei principi di prevenzione e correzione alla fonte dei danni causati all’ambiente, del principio “chi inquina paga” nonché del principio precauzionale, nessuno più dubita della piena vigenza del principio “chi inquina paga” in tutti i procedimenti amministrativi in corso laddove non si sono prodotti diritti quesiti o comunque effetti definitivi. Pres. Onorato, Est. Nunziata - E. s.r.l. (avv.ti Costagliola, Taglialatela e Covelli) c. Comune di Orta di Atella (avv. Savastano), ASL Caserta 2 (avv. Perifano), Provincia di Caserta (avv. Testa), Regione Campnia (avv. Palma), Ministero della Difesa e altro (Avv. Stato) e ARPA Campania (avv. Scotto Di Carlo). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 03/07/2009, n. 3727
 

INQUINAMENTO - d.LGS. N. 152/2006 - Principio della sostenibilità dei costi - Principio di proporzionalità - Principio di precauzione - Decisioni adottate dalle autorità competenti in materia ambientale - Attività istruttoria e apparato motivazionale. Il Decr. Legisl. n.152/2006 rimarca, sotto il versante delle tecniche di intervento, l’importanza del principio comunitario della sostenibilità dei costi, che è correlato al principio di proporzionalità. Similmente, alla stregua del principio di precauzione che trova origine nei procedimenti comunitari posti a tutela dell’ambiente, è consentito all’Amministrazione procedente adottare i provvedimenti necessari laddove essa paventi il rischio di una lesione ad un interesse tutelato anche in mancanza di un rischio concreto: è evidente che questo secondo principio deve armonizzarsi, sul versante della concreta applicazione, con il principio di proporzionalità, non potendo prefigurarsi la prevalenza di uno sull’altro, ma dovendosi ricercare un loro equilibrato bilanciamento in relazione agli interessi pubblici e privati in giuoco. Conseguentemente tutte le decisioni adottate dalle competenti autorità in materia ambientale devono essere assistite - in relazione, per l’appunto, alla pluralità ed alla rilevanza degli interessi in giuoco - da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di una attività istruttoria parimenti ineccepibile. Pres. Onorato, Est. Nunziata - E. s.r.l. (avv.ti Costagliola, Taglialatela e Covelli) c. Comune di Orta di Atella (avv. Savastano), ASL Caserta 2 (avv. Perifano), Provincia di Caserta (avv. Testa), Regione Campnia (avv. Palma), Ministero della Difesa e altro (Avv. Stato) e ARPA Campania (avv. Scotto Di Carlo). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 03/07/2009, n. 3727

 

INQUINAMENTO - Maleodoranze - Regione Campania - Sistema di abbattimento - Linee guida. La legislazione italiana non prevede un valore limite negli ambienti di vita per le maleodoranze, mentre la Regione Campania contempla un sistema di abbattimento attraverso Linee guida pubblicate sul BURC del 16/2/2004. Pres. Onorato, Est. Nunziata - E. s.r.l. (avv.ti Costagliola, Taglialatela e Covelli) c. Comune di Orta di Atella (avv. Savastano), ASL Caserta 2 (avv. Perifano), Provincia di Caserta (avv. Testa), Regione Campnia (avv. Palma), Ministero della Difesa e altro (Avv. Stato) e ARPA Campania (avv. Scotto Di Carlo). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 03/07/2009, n. 3727

 

DANNO AMBIENTALE - Responsabilità oggettiva e responsabilità per colpa - Presupposto causale - Inquinamento imputabile all’impresa e alla sua attività - Bonifica - Responsabilità “da posizione”. In tema di danno ambientale, si è sostenuto che la responsabilità oggettiva sarebbe più efficace nel tutelare il valore dell’ambiente, rispetto al modello tradizionale della responsabilità per colpa; in altri termini, considerato l’attuale livello di sviluppo tecnologico e commerciale, sarebbe necessario addossare i rischi per danni in capo a coloro che possiedono i mezzi per farvi fronte e, soprattutto, hanno un potere di controllo sulle fonti produttive di rischi, effettivi o anche solo potenziali, per rendere effettiva la prevenzione e, in caso di accadimenti lesivi, la ristorazione delle posizioni soggettive, private o pubbliche, eventualmente incise. Tuttavia la natura “oggettiva” della responsabilità non esclude certamente che si debba verificare ed accertare il presupposto causale della stessa, ossia l’avvenuto inquinamento “imputabile” come nesso eziologico all’impresa ed alla sua attività, tanto più che il nuovo quadro normativo impone sotto differenti profili di escludere che il responsabile della bonifica - ovvero del danno ambientale - possa essere individuato solo in virtù del rapporto esistente tra un determinato soggetto e l’apparato produttivo esistente nel terreno inquinato. Va quindi esclusa qualsiasi responsabilità “da posizione” che non può configurarsi surrettiziamente neppure con riferimento ai “vantaggi” connessi all’esercizio di un’impresa (T.A.R. Sicilia, Catania, I, 20.7.2007, n.1254). Pres. Onorato, Est. Nunziata - E. s.r.l. (avv.ti Costagliola, Taglialatela e Covelli) c. Comune di Orta di Atella (avv. Savastano), ASL Caserta 2 (avv. Perifano), Provincia di Caserta (avv. Testa), Regione Campnia (avv. Palma), Ministero della Difesa e altro (Avv. Stato) e ARPA Campania (avv. Scotto Di Carlo). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 03/07/2009, n. 3727

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Obblighi - Risarcimento in forma specifica - Sanzioni amministrative - Responsabilità oggettiva - Esclusione. Anche volendo superare la natura di risarcimento in forma specifica degli obblighi di bonifica ed accentuandone l’aspetto sanzionatorio, la disciplina dell’illecito ambientale non può essere invocata per giustificare l’eventuale qualificazione della responsabilità ambientale in termini di responsabilità oggettiva, perché, in materia di sanzioni amministrative, la legge non la prevede, a differenza del codice civile, in nessuna tipologia o forma. Pres. Onorato, Est. Nunziata - E. s.r.l. (avv.ti Costagliola, Taglialatela e Covelli) c. Comune di Orta di Atella (avv. Savastano), ASL Caserta 2 (avv. Perifano), Provincia di Caserta (avv. Testa), Regione Campnia (avv. Palma), Ministero della Difesa e altro (Avv. Stato) e ARPA Campania (avv. Scotto Di Carlo). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 03/07/2009, n. 3727

 

INQUINAMENTO - Diritto alla salute - Diritto di libertà economica e di iniziativa d’impresa - Equo contemperamento. Il diritto alla salute, sebbene rivesta un predominante valore costituzionale, nel campo della tutela dell’ambiente dall’inquinamento va realizzato e tutelato previo adeguato contemperamento con il diritto di libertà economica e di iniziativa di impresa, che, nella gerarchia dei valori costituzionali viene immediatamente dopo l’art. 32 Cost. Tale tutela va assicurata non con una ingiustificata compromissione del diritto di impresa, bensì con l’equo contemperamento degli interessi costituzionalmente rilevanti, in attenta adesione alle scelte operate dal Legislatore in materia. Pres. Onorato, Est. Nunziata - E. s.r.l. (avv.ti Costagliola, Taglialatela e Covelli) c. Comune di Orta di Atella (avv. Savastano), ASL Caserta 2 (avv. Perifano), Provincia di Caserta (avv. Testa), Regione Campnia (avv. Palma), Ministero della Difesa e altro (Avv. Stato) e ARPA Campania (avv. Scotto Di Carlo). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 03/07/2009, n. 3727

 

DANNO AMBIENTALE - RIFIUTI - Reati in materia di smaltimento di rifiuti - Risarcimento - Sequestro conservativo in favore delle parti civili. E’ legittimo il provvedimento con il quale il Tribunale, all’esito di sentenza emessa in primo grado nei confronti di soggetto condannato (nella specie: alla pena di anni sei di reclusione)  in riferimento a molteplici reati in materia di smaltimento di rifiuti, su richiesta delle parti civili disponga il sequestro conservativo avente per oggetto vari beni immobili sino alla concorrenza dei crediti vantati dalle parti civili medesime. Pres. Onorato, Est. Gentile, Ric. Lancellotti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/06/2009 (Ud. 06/05/2009), Sentenza n. 26107

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Danno ambientale - Legittimazione processuale - Associazioni ambientaliste, anche non riconosciute ex art. 13 L. n. 349/86 - Costituzione di parte civile - Requisiti - Continuità dell’azione, aderenza al territorio, rilevanza del loro contributo. Poiché nel danno ambientale è inscindibile l’offesa ai valori naturali e culturali e la contestuale lesione dei valori umani e sociali di ogni persona, la legittimazione processuale non spetta solo ai soggetti pubblici, come Stato, Regione, Province, Comuni, Enti autonomi Parchi Nazionali ecc. (in nome dell’ambiente come interesse pubblico) ma anche alla persona singola od associata (in nome dell’ambiente come diritto soggettivo fondamentale di ogni uomo). Ne deriva che le Associazioni di protezione dell’ambiente, ivi comprese quelle a carattere locale non riconosciute ex art. 13 legge 8 luglio 1986, n. 349, possono intervenire nel processo e costituirsi parti civili, in quanto abbiano dato prova di continuità della loro azione, aderenza al territorio, rilevanza del loro contributo, ma soprattutto perché formazioni sociali nelle quali si svolge dinamicamente la personalità di ogni uomo, titolare del diritto umano all’ambiente. (v. Cass. Sez. 3, n. 9837 dell’1 ottobre 1996, Locatelli). Pres. Loforti. Tribunale di PALERMO, Sez.III penale - ordinanza 22/06/2009

 

INQUINAMENTO - Curatore fallimentare - Potere di disporre dei beni fallimentari - Immobili destinati alla bonifica - Dovere del curatore di adottare comportamenti attivi - Inconfigurabilità. Il potere del curatore di disporre dei beni fallimentari (secondo le particolari regole della procedura concorsuale e sotto il controllo del giudice delegato) non comporta, necessariamente, il dovere di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (CdS V n. 4328/2003). Pres. Branca, Est. Montedoro - A.L. (avv.ti Carozzo e Menghini) c. Comune di Ciriè (avv.ti Montanaro e Romanelli) e ARPA Piemonte (avv.ti Villata e Vivani), riunito ad altri ricorsi - Conferma TAR Piemonte n. 2207/2004. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 16/06/2009, n. 3885

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Obbligo di bonifica dei siti inquinati - Art. 17 d.lgs. n. 22/97 - Artt. 242 e ss. d.lgs. n. 152/2006 - Principio comunitario “chi inquina paga”. Nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile dell'inquinamento stesso, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato non implica di per sé l'obbligo di effettuazione della bonifica. In tal senso disponeva la disciplina anteriore all'attuale Codice dell'Ambiente, vale a dire il D.Lgs. 22/1997 (c.d. decreto "Ronchi") ed il DM 471/1999, ed allo stesso modo era orientata la giurisprudenza. La fattispecie del mero abbandono o deposito di rifiuto -che coinvolge anche i proprietari delle aree - va distinta da una situazione di vero e proprio inquinamento di un determinato sito, che è invece disciplinata dall'art. 17 dello stesso decreto legislativo. L’assetto normativo sul dovere di bonifica è stato confermato dal vigente D.Lgs. 152/2006: l'obbligo di bonifica è posto pertanto in capo al responsabile dell'inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244 D.Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (art. 245); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253). Il complesso di questa disciplina è rispondente ai dettami del diritto comunitario ed, in particolare, al principio “chi inquina paga” che va interpretato in senso sostanzialistico, in modo da non pregiudicare l’efficacia del diritto comunitario. Pres. Branca, Est. Montedoro - A.L. (avv.ti Carozzo e Menghini) c. Comune di Ciriè (avv.ti Montanaro e Romanelli) e ARPA Piemonte (avv.ti Villata e Vivani), riunito ad altri ricorsi - Conferma TAR Piemonte n. 2207/2004. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 16/06/2009, n. 3885


INQUINAMENTO - Principio del “chi inquina paga”- Nozione - Imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha cagionato la compromissione ecologica illecita - Logica risarcitoria e logica preventiva. Il principio “chi inquina paga” consiste nell’imputazione dei costi ambientali (c.d. esternalità ovvero costi sociali estranei alla contabilità ordinaria dell’impresa) al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita (poiché esiste una compromissione ecologica lecita data dall’attività di trasformazione industriale dell’ambiente che non supera gli standards legali). Ciò, sia in una logica risarcitoria ex post factum, che in una logica preventiva dei fatti dannosi, poiché il principio esprime anche il tentativo di internalizzare detti costi sociali e di incentivare - per effetto del calcolo dei rischi di impresa - la loro generalizzata incorporazione nei prezzi delle merci, e, quindi, nelle dinamiche di mercato dei costi di alterazione dell’ambiente (con conseguente minor prezzo delle merci prodotte senza incorrere nei predetti costi sociali attribuibili alle imprese e conseguente indiretta incentivazione per le imprese a non danneggiare l’ambiente). Pres. Branca, Est. Montedoro - A.L. (avv.ti Carozzo e Menghini) c. Comune di Ciriè (avv.ti Montanaro e Romanelli) e ARPA Piemonte (avv.ti Villata e Vivani), riunito ad altri ricorsi - Conferma TAR Piemonte n. 2207/2004. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 16/06/2009, n. 3885

 

INQUINAMENTO - Imputabilità dell’inquinamento - Doverosità degli accertamenti istruttori - Amministrazione preposta alla tutela ambientale - Ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2727 c.c. - Legittimità - Art. 2729 c.c. - Principio generale applicabile all’attività di indagine della pubblica amministrazione. Alla luce dell’esigenza di effettività della protezione dell’ambiente, ferma la doverosità degli accertamenti indirizzati ad individuare con specifici elementi i responsabili dei fatti di contaminazione, l’imputabilità dell’inquinamento può avvenire per condotte attive ma anche per condotte omissive, e la prova può essere data in via diretta od indiretta, ossia, in quest’ultimo caso, l’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale si può avvalere anche delle presunzioni semplici di cui all’art. 2727 cod. civ, prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l’ “id quod plerumque accidit” che sia verificato un inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori. Ai sensi dell’art. 2729 del cod. civ. “le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti.” Tale norma - che spiega il proprio effetto diretto nel giudizio civile - pone un principio generale che consente alla pubblica amministrazione , specie quando deve svolgere complesse attività di indagine su fatti che non sono a sua diretta conoscenza ma che, per essere illeciti, sono conosciuti dai privati, il ricorso alla prova logica, alle presunzioni semplici, ad indizi gravi precisi e concordanti per la prova di determinati fatti. Né il difetto della prova testimoniale nel processo amministrativo ( arg. ex art. 2729 comma 2 cod. civ. ) esclude la possibilità per la pubblica amministrazione di ricorrere a presunzioni semplici, poiché il canone costituzionale dell’imparzialità della pubblica amministrazione e la previsione del sindacato giudiziario sugli atti della medesima (artt. 97 e 113 Cost.) nonché delle preventive garanzie procedimentali (artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990) sono sufficienti per ritenere che vi sia un sistema equilibrato di pesi e contrappesi nel riconoscimento del potere - sindacabile dal giudice amministrativo - della p.a. di ricostruzione dei fatti rilevanti ai fini dell’adozione di provvedimenti amministrativi sfavorevoli ai privati , anche a mezzo di presunzioni semplici ove ciò sia imposto dalla natura degli accertamenti da espletare (come nel caso di illeciti anticoncorrenziali, di lottizzazioni abusive , di gravi fatti di inquinamento et similia). Pres. Branca, Est. Montedoro - A.L. (avv.ti Carozzo e Menghini) c. Comune di Ciriè (avv.ti Montanaro e Romanelli) e ARPA Piemonte (avv.ti Villata e Vivani), riunito ad altri ricorsi - Conferma TAR Piemonte n. 2207/2004. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 16/06/2009, n. 3885

 

DIRITTO AMBIENTALE - Autorizzazione ambientale e verifiche - Campionatura dei prodotti vernicianti - Accesso ispettivo presso azienda - Declaratoria di nullità del verbale di (art. 606 lett c) c.p.p. in rel agli artt. 220 e 223 disp att c.p.p. - Rigetto.  In tema di autorizzazione ambientale, nel corso un accesso ispettivo presso un'azienda mirato a verificare le caratteristiche di un nuovo impianto (nella specie privo di autorizzazione), è legittimo il prelievo di un campione del materiale utilizzato in una fase di lavorazione in funzione di un’attività ispettiva e di vigilanza che non mira all’accertamento del limite di una determinata sostanza (procedura di cui all’art. 223 disp. att. c.p.p.). Pres. Onorato, Est. Mulliri, Ric. Bettanin. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 24640

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Custodia di autoveicoli e motoveicoli sequestrati - Attività di realizzazione e gestione di discarica - Presupposti - Fattispecie e quadro normativo - Rifiuti inquinanti destinati all'abbandono - Art. 256, D.Lvo n. 152/2006. In tema di gestione dei rifiuti, non configura attività di realizzazione e gestione di discarica la custodia di autoveicoli e motoveicoli sequestrati e tenuti a disposizione dell'autorità giudiziaria o amministrativa, non essendo detti beni destinati all'abbandono, a meno che non vi sia spargimento sul terreno di carcasse di veicoli in pessime condizioni, di pneumatici o altro materiale (quale olio o liquidi refrigeranti) poiché in tal caso i veicoli sequestrati si trasformano in rifiuti inquinanti destinati all'abbandono costituendo una discarica con assoluto degrado ambientale. TRIBUNALE NAPOLI 10/06/009

 

INQUINAMENTO - Art. 275 d.lgs. n. 152/2006 - Fase di lavaggio delle attrezzature - Equiparazione alla pulizia di superfici - Fase del ciclo produttivo - Esclusione. La fase di lavaggio delle attrezzature non può essere fatta rientrare tra quelle che, come la pulizia di superfici, rientrano nel ciclo produttivo per cui si applica l’art.275 del Decr. Legisl. n.152/2006, laddove invece la ditta abbia dimostrato di non esercitare alcuna delle attività di cui all’Allegato III alla Parte III del citato Decr. Legisl. e di non essere assoggettabile all’ex direttiva solventi. Pres. Onorato, Est. Nunziata - S. s.r.l. (avv. Moreno) c. Regione Campania (avv. Marzocchella). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 28/05/2009, n. 2987

 

AMBIENTE - Impianti potenzialmente forieri di impatti significativi - Residenti in prossimità del sito individuato per la realizzazione - Interesse individuale all’impugnazione - Sussistenza. Non può essere disconosciuto l’interesse individuale all’impugnazione di chi risiede in prossimità del sito individuato per la realizzazione di impianti potenzialmente forieri di impatti significativi sull’ambiente, rivestendo perciò una posizione differenziata e qualificata in virtù dello stabile collegamento con l’area interessata e dei rischi per l’uomo - quale primo dei fattori che concorrono a comporre la nozione comunitaria, ed ora nazionale, di “ambiente” - di volta in volta legati alle caratteristiche tecnico-funzionali dell’opera. Alla stregua del criterio della vicinanza alla fonte della lesione paventata, ed a prescindere dalla prova di uno specifico pregiudizio, le temute ripercussioni sul territorio circostante legittimano la proposizione dell’azione nella misura in cui le censure svolte tendono a far valere l’insufficienza dell’attività istruttoria espletata dalle amministrazioni coinvolte nel procedimento autorizzatorio, in relazione alle esigenze di adeguata raccolta e ponderazione degli interessi ambientali, ecologici e paesaggistici implicati (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 ottobre 2001, n. 5411; T.A.R. Toscana, sez. II, 30 luglio 2008, n. 1869). Pres. Nicolosi, Est. Grauso - P.G. e altri (avv. Zuccaro) c. Regione Toscana (avv.ti Bora e Ciari), Comune di Montecatini Val di Cecina (avv. Biondi) e Co.Svi.G. (avv.ti Manneschi e Paolini). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 25 maggio 2009, n. 888

 

AMBIENTE - VIA - Assenza di preventiva pianificazione urbanistica - Conseguenza - Divieto generale di approvare progetti per opere suscettibili di impatto ambientale - Inconfigurabilità - Obbligo di sottoporre a procedura di VIA i progetti. Deve escludersi che dall’assenza di una preventiva pianificazione territoriale ed urbanistica possa farsi discendere un divieto generale di dare corso all’approvazione e realizzazione di progetti relativi ad opere suscettibili di potenziale impatto sull’ambiente, ovvero un altrettanto generale obbligo di sottoporre a procedura di VIA i progetti stessi: nessuna indicazione in tal senso si trae dalla normativa statale e regionale di rango primario e, segnatamente, dagli artt. 23 D.Lgs. n. 152/06 e 11 l.r. Toscana n. 79/98, che, nel disciplinare la verifica di assoggettabilità a VIA, implicano una valutazione di conformità dei progetti alla pianificazione territoriale esistente, ma non per questo presuppongono in via di principio alcuna incompatibilità ambientale in assenza di pianificazione. Se, in altre parole, il giudizio circa l’impatto ambientale del progetto, ai fini del c.d. “screening”, deve prendere in considerazione eventuali profili di incompatibilità fra il progetto e la pianificazione territoriale ed urbanistica vigente, non per questo si può legittimamente sostenere che l’assenza di pianificazione territoriale ed urbanistica abbia come conseguenza necessitata l’esito negativo della verifica, laddove il progetto superi il vaglio condotto alla luce di tutti gli altri elementi indicati dal legislatore per determinare la sensibilità ambientale delle aree geografiche interessate. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - P.G. e altri (avv. Zuccaro) c. Regione Toscana (avv.ti Bora e Ciari), Comune di Montecatini Val di Cecina (avv. Biondi) e Co.Svi.G. (avv.ti Manneschi e Paolini). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 25 maggio 2009, n. 888

 

DANNO AMBIENTALE - Risarcimento dei danni ambientali - Principio di “chi inquina paga” - Inadempimento di Stato (Grecia) - Direttiva 2004/35/CE. Non avendo adottato, entro il termine prescritto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, la Repubblica ellenica è venuta ad adempiere ai suoi obblighi ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2004/35/CE. (Testo Uff.: En ne prenant pas, dans le délai prescrit, les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer à la directive 2004/35/CE du Parlement européen et du Conseil, du 21 avril 2004, sur la responsabilité environnementale en ce qui concerne la prévention et la réparation des dommages environnementaux, la République hellénique a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de l’article 19, paragraphe 1, de cette directive). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VI, 19/05/2009 Sentenza C-368/08

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Deposito abusivo di rifiuti speciali - Bonifica - Ordinanza diretta al proprietario incolpevole - Illegittimità - Responsabilità - Individuazione - Artt. 17 d.gls. n. 22/97 e 3,9 3 13 D.P.R. n. 915/82. Ai sensi degli artt. 3 comma 3, 9 e 13 del D.P.R. 915/82 il proprietario dell'area sulla quale siano stati depositati rifiuti speciali non è tenuto allo smaltimento degli stessi ed alla bonifica dell'area stessa laddove non abbia in alcun modo contribuito a causare il danno ambientale. Ne discende l’illegittimità delle ordinanze con cui la bonifica è stata imposta alla proprietà senza alcuna valutazione dei comportamenti intrapresi e del loro collegamento causale con l'evento dannoso, e senza svolgere alcuna indagine tesa ad accertarne la responsabilità dell'illecito. In assenza di uno specifico accertamento di responsabilità del proprietario, infatti, il Comune avrebbe dovuto limitarsi a portare a conoscenza di questi la necessità di procedere alla bonifica dell’area, al fine di consentirgli la possibilità di esercitare la facoltà di porre in essere gli interventi di recupero ambientale, in modo tale da evitare l'esproprio connesso all'onere reale gravante sul suo terreno (cfr. art. 17 d.lgs. n. 22/97). Pres. Conti, Est. Bertagnolli - M.R. (avv.ti Bini e Onofri) c. Comune di Asola (avv.ti Giannone e Nicolini). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 15/05/2009, n. 1038

 

DANNO AMBIENTALE - DIRITTO SANITARIO - Risarcimento del danno non patrimoniale - Mezzi di prova - Fattispecie. Il danno non patrimoniale consistente nel patema d'animo e nella sofferenza interna ben può essere provato per presunzioni e che la prova per inferenza induttiva non postula che il fatto ignoto da dimostrare sia l'unico riflesso possibile di un fatto noto, essendo sufficiente la rilevante probabilità del determinarsi dell'uno in dipendenza del verificarsi dell'altro secondo criteri di regolarità causale. Fattispecie: fuoriuscita da una fabbrica (in Seveso) di una nube tossica composta da diossina e risarcimento del danno morale. Presidente Preden, Relatore Amatucci, Ricorrente Icmesa s.p.a.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, Dep. 13/05/2009 (Ud. 7/04/2009), Sentenza n. 11059
 

DANNO AMBIENTALE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - Legittimazione nel processo per reati ambientali - Risarcimento del danno ambientale - Annullamento di atti illegittimi - Art. 318 d.L.vo n. 152/2006 - Art. 18 c. 5 L. n. 349/1986 - Art. 9 c. 3 D. L.vo n. 267/2000. L’art. 318 decreto legislativo n. 152 del 2006 ha abrogato, sia l'articolo 18 della legge n. 349 del 1986 in materia di risarcimento che in materia di la legittimazione degli enti territoriali, in aggiunta a quella dello Stato, sia l'articolo 9 comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000 che riconosceva alle associazioni ambientaliste un potere sostitutivo generale degli enti territoriali in caso di inerzia di questi ultimi nelle azioni a tutela dell'ambiente, ma non è stata esclusa per le associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 349 del 1986, la possibilità di intervenire nel giudizio per danno ambientale e di ricorrere in sede giurisdizionale per l'annullamento di atti illegittimi emessi nella stessa materia, ancorché da autorità diverse dal Ministero dell'Ambiente, in quanto il legislatore ha fatto espressamente salvo il comma 5 dell'articolo 18 della legge n 349 del 1986. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

DANNO AMBIENTALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Risarcimento del danno - Associazioni ambientaliste - Legittimazione alla costituzione di parte civile per danni ambientali - Nuove regole - Applicazione - Art. 318 d.L.vo n. 152/2006. Anche dopo il decreto legislativo n. 152 del 2006, le associazioni ambientaliste sono legittimate alla costituzione di parte civile "iure proprio" nel processo per reati ambientali, dal momento che l'espressa previsione legislativa della possibilità di costituzione di parte civile per lo Stato e per gli enti pubblici territoriali non esclude l'applicabilità delle regole generali in materia di risarcimento del danno e di costituzione di parte civile (Cass. n 35393/2008; n.20681/2007; n.33887/2006). In ogni caso le nuove regole sulla costituzione di parte civile per danni ambientali, avendo natura processuale, si applicano solo alle costituzioni effettuate dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, ma restano salve quelle già ammesse in base alla precedente disciplina. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

DANNO AMBIENTALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Costituzione di parte civile - Associazione ambientalista - Sede regionale - Legittimità - Presupposti - Accertamento - Potestà del giudice - Fattispecie: liquidazione del c.d. danno morale. La sede regionale di una associazione ambientalista, è legittimata a costituirsi parte civile se il bene leso si trova nell'ambito della regione (Cass. n 8699/1996). Anzi uno stabile collegamento di interessi con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della possibile sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale. Prima della legge istitutiva del Ministero dell'ambiente, il criterio della vicinitas era pacificamente utilizzato dalla giurisprudenza per riconoscere la legittimazione ad agire alle associazioni ambientaliste locali. Accertata la legittimazione ad agire iure proprio, alle associazioni ambientaliste spetta il diritto al risarcimento conseguente al danno ambientale, sia come titolari di un diritto della personalità connesso al perseguimento delle finalità statutarie, sia come enti esponenziali del diritto assoluto alla tutela ambientale. (Cass. n 35393/2008; n.38748/2004; n.33887/2006). L'accertamento della reale sussistenza del pregiudizio è rimessa alla valutazione del giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato. Nella fattispecie è stato liquidato soprattutto il danno morale, peraltro in misura assai modesta e la relativa liquidazione non è stata specificamente contestata nel ricorso, posto che il ricorrente si è soffermato soprattutto per negare in generale la legittimazione a costituirsi parte civile di Legambiente ed in particolare per negare la legittimazione alle articolazioni locali. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

 

ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - Associazioni di protezione ambientale - Costituzione di parte civile per conto degli enti territoriali - Disciplina applicabile - Fattispecie - Art. 318 c.2° D. L.vo n. 152/2006 - Art. 9 c. 3 D. L.ivo n 267/2000. L'articolo 318 comma secondo del decreto legislativo n 152 del 2006, abrogando l'articolo 9 comma 3 del decreto legislativo n 267 del 2000, il quale autorizzava le associazioni di protezione ambientale a costituirsi parte civile per conto degli enti territoriali, in caso di inerzia degli stessi, non incide sulle costituzioni già effettuate prima dell'entrata in vigore della legge, trattandosi di norma di natura processuale, si osserva che la costituzione in giudizio di tali associazioni era subordinata alla semplice inerzia dell'ente territoriale a prescindere dalle ragioni dell'inerzia. Nella specie, il fatto che il comune abbia rilasciato il certificato di compatibilità paesaggistica non impediva la costituzione di parte civile da parte dell’associane ambientalista (W.W.F), stante l'obiettiva inerzia del comune. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Bucciarelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19081

 

DIRITTO AMBIENTALE - Indagini e sollecitazioni delle Agenzie tecniche preposte alla tutela dell’ambiente - Ente locale - Provvedimenti conseguenti - Avvio del procedimento - Garanzie di cui alla L. n. 241/90 - Contraddittorio con il soggetto interessato. In materia ambientale, se è vero che l’ente locale competente è tenuto a promuovere ogni iniziativa prevista dalle normative vigenti a tutela del bene collettivo in questione sulla base di indagini e sollecitazioni delle Agenzie tecniche preposte, è pur vero che ciò non sta a significare che l’ente locale debba pedissequamente conformarsi ai suggerimenti dell’organo tecnico ma solo che debba avviare il relativo procedimento, con tutte le garanzie previste dalla l.n. 241/1990, sempre, beninteso, che non sussistano ragioni di celerità e urgenza, da richiamare comunque nel relativo provvedimento. L’”atto dovuto” in questa materia non è quindi il provvedimento invocato dall’Agenzia tecnica ma è l’avvio del procedimento che porta all’adozione del relativo provvedimento, dando luogo comunque al necessario contraddittorio con il soggetto interessato, soprattutto se il provvedimento in questione culminerebbe in specifiche e, spesso, gravose incombenze e imposizioni (TAR Toscana, 30.7.87, n. 647). Pres. Nicolosi, Est.Correale - I. spa (avv.ti Morbidelli e Petrocelli) c. Comune di Capannori e altro (n.c.). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 06/05/2009, n. 766

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Procedimento - Attività istruttoria - Partecipazione del soggetto interessato - Accertamenti analitici - Contraddittorio. L’'attività istruttoria del procedimento di bonifica deve prevedere la partecipazione del soggetto interessato e, in particolare, gli accertamenti analitici devono essere effettuati in contraddittorio (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 27 luglio 2001, n. 488). Pres. Nicolosi, Est. Massari - Soc. Co.Sv.A.P e altri (avv.ti Andreani e D'Addario) c. Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio (Avv. Stato). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 06/05/2009, n. 762

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Art. 252, c. 5, d.lgs. n. 152/2006 - Responsabilità dell’autore dell’inquinamento - Proprietario dell’area - Onere reale. L’art. 252, c. 5, del d.lgs. n. 152/2006, in tema di bonifica dei siti di interesse nazionale, non può che essere interpretato nel senso che l'obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento incombe solamente a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa (nello stesso senso, l’art. 252 bis in tema di “Siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale”). La norma individua, perciò, dal punto di vista di soggettivo nella responsabilità dell'autore dell'inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la fonte dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica del sito inquinato. Ne consegue che l'amministrazione non può imporre ai privati che non hanno alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengono individuati solo in quanto proprietari del bene, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento (T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002, n. 320). A carico del proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione, invero, non grava alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale, assistite anche da privilegio speciale immobiliare (art. 253 d.lgs. n. 152/2006). Pres. Nicolosi, Est. Massari - Soc. Co.Sv.A.P e altri (avv.ti Andreani e D'Addario) c. Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio (Avv. Stato). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 06/05/2009, n. 762

 

INQUINAMENTO - Messa in sicurezza d’emergenza - Finalità - Contaminazioni “repentine” - Stato di contaminazione pregressa - Imposizione della m.i.s.e. - Illegittimità. La messa in sicurezza d'emergenza (cd. m.i.s.e.) può essere disposta solo in presenza di contaminazioni «repentine» al fine di contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e rimuoverle in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente, con la conseguenza che è illegittimo il provvedimento che impone la m.i.s.e. in presenza di uno stato di contaminazione pregressa, senza alcuna specifica motivazione sulla situazione di emergenza e sull'esigenza di scongiurare il rischio immediato che possano giustificare tale tipologia di intervento richiesto (T.A.R. Sardegna, sez. II, 8 ottobre 2007, n. 1809). Invero, il procedimento di bonifica è soggetto a procedure e tempi che ne assicurano la ponderazione e quindi la qualità, nel mentre la m.i.s.e. si caratterizza per essere un intervento di contenimento immediato di situazioni improvvise e quindi è regolata da una procedura di urgenza, come tale limitata, puntuale e non estensibile oltre i suoi limiti naturali, a pena del rischio di interventi frettolosi ed inappropriati che, nel tema della tutela ambientale sono, intuibilmente, completamente esclusi dal novero delle previsioni legislative (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. I, n. 1254/2007). Pres. Nicolosi, Est. Massari - Soc. Co.Sv.A.P e altri (avv.ti Andreani e D'Addario) c. Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio (Avv. Stato). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 06/05/2009, n. 762

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Art. 13 L. n. 349/1986 - Legittimazione ad agire in giudizio - Concetto di beni o valori ambientali - Diverse accezioni di ambiente. Nell’ottica dell’art.13 della legge n.349 del 1986, la legittimazione ad agire in giudizio delle associazioni ambientaliste riconosciute con decreto del Ministero dell’Ambiente, per far valere interessi diffusi, sussiste quando l’interesse all’ambiente assume qualificazione normativa nei limiti tracciati positivamente dalla legge n. 349/86, ovvero da altre fonti legislative, intese ad identificare beni ambientali in senso giuridico: il concetto di “beni ambientali o valori ambientali”, pur in mancanza di specifiche indicazioni da parte della legislazione statale e regionale, viene riferito sia a quello di “ambiente”, quale risulta dalla disciplina relativa al paesaggio (oggetto della tutela conservativa), che a quello di “ambiente” preso in considerazione dalle norme poste a protezione contro fattori aggressivi (difesa del suolo, dell’aria, dell’acqua) ed anche a quello di “ambiente”, oggetto di disciplina urbanistica e di tutela del territorio. L’elemento unificante di tutte queste elaborazioni consiste nel fatto che l’ambiente, in senso giuridico, va considerato come un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, quali flora, fauna, suolo, acqua, etc.., si distingue ontologicamente da questi in quanto si identifica in una realtà priva di consistenza materiale. (Fattispecie relativa all’impugnazione del “piano spiaggia” comunale). Pres. Mastrocola, Est. Anastasi - F.A.I. e altro (avv. Altilia) c. Comune di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio (avv. Calabretta) - T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 30/04/2009, n. 381
 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Legittimazione ad agire in giudizio - Disciplina urbanistica - Art. 310, c. 1 d.lgs. n. 152/2006. L’indirizzo giurisprudenziale più restrittivo (Cons. Stato sez. IV, 9.11.2004 n. 7246) che considerava eccezionale la legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, risulta attualmente superato in conseguenza della nuova disposizione introdotta al riguardo dall’art. 310 comma 1 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (“Norme in materia ambientale”). Ed invero, in base alla precitata disposizione, la legittimazione ad agire, anche con riferimento alla problematica sulla proponibilità delle singole censure, va valutata secondo i principi generali, per cui vanno ritenute ammissibili tutte le censure astrattamente proponibili, purché siano funzionali al soddisfacimento di uno specifico interesse ambientale, mentre non possono essere ritenute ammissibili le censure il cui accoglimento comporti l’annullamento di una parte scindibile dello strumento urbanistico, ove non sia stato evidenziato, in ricorso, un interesse ambientale connesso all’eliminazione di detta parte della disciplina urbanistica. Pres. Mastrocola, Est. Anastasi - F.A.I. e altro (avv. Altilia) c. Comune di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio (avv. Calabretta) - T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 30/04/2009, n. 381

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Atti d’indirizzo o di programmazione - Interesse processuale al ricorso - Contrasto con gli interessi ambientali. Nei confronti degli atti amministrativi d'indirizzo e/o di programmazione non si ravvisa, di regola, un interesse processuale al ricorso, in quanto in questo tipo di atti difetta, per sua natura, di un'immediata capacità lesiva di situazioni giuridiche soggettive. Tuttavia, quando ad agire sono associazioni ambientali per la tutela di un interesse “diffuso” e di un bene complessivamente determinato, la peculiarità dell’azione intrapresa impone la verifica in astratto di un denunziato contrasto fra un determinato criterio prescrittivo e l’interesse alla tutela di uno specifico interesse ambientale, rivolto alla cura ed alla conservazione del paesaggio o di un determinato “habitat” naturale. Non può, infatti, escludersi in astratto che le censure proposte avverso i criteri enunciati dall’atto di indirizzo comunale non siano espressamente volte a dimostrare la loro potenzialità lesiva del valore ambiente e paesaggio dei territori presi in considerazione. Pres. Mastrocola, Est. Anastasi - F.A.I. e altro (avv. Altilia) c. Comune di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio (avv. Calabretta) - T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 30/04/2009, n. 381

 

INQUINAMENTO - Procedimento di bonifica - Provvedimento conclusivo - natura - Atto di indirizzo politico - Esclusione - Atto di natura gestionale - Competenza dirigenziale. Il procedimento di bonifica, per sua natura, è attività di contenuto “tecnico-amministrativo”, da esercitarsi al solo fine di ricondurre la situazione ambientale nell'ambito di parametri di sicurezza prefissati dal legislatore, per cui deve escludersi che la stessa possa essere influenzata da valutazioni che involgano “l'indirizzo politico” (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 11 ottobre 2007, n. 1278). Ne consegue che il provvedimento di approvazione della conferenza di servizi deve inquadrarsi nell’ambito degli atti di natura gestionale, la cui competenza è attribuita ai dirigenti, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001: l’Amministrazione procedente non può infatti che basare le proprie valutazioni (discrezionali sì, ma non certamente politiche) alle risultanze e valutazioni tecniche della conferenza di servizi. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549

INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 240 d.lgs. n. 152/2006 - Allegato III al Titolo V - Protocolli operativi - Previsioni normative funzionali - Obiettivo - Isolamento delle sorgenti di inquinamento dagli obiettivi sensibili - Misure da adottare - Discrezionalità amministrativa. L’attività di messa in sicurezza permanente trova definizione all’art. 240, lett. 0), del dlgs. 152/2006 e ai protocolli operativi contenuti nell’Allegato III al Titolo V dello stesso d.lgs., ove sono contenute tanto indicazioni di carattere generale quanto modalità operative specificamente relative alla messa in sicurezza permanente. Tali previsioni normative, a prescindere da un’analisi di dettaglio, definiscono la messa in sicurezza permanente in chiave sostanzialmente funzionale, nel senso che descrivono solo in generale le modalità operative, per concentrarsi essenzialmente sugli obiettivi che la misura deve perseguire. Il legislatore richiede, in particolare, che, all’esito della messa in sicurezza permanente, le sorgenti di possibile inquinamento risultino effettivamente isolate rispetto ai potenziali obiettivi sensibili. Deve, quindi ritenersi che tale disciplina lasci all’Amministrazione ampia discrezionalità nell’individuazione delle misure ritenute necessarie alla luce delle caratteristiche del sito e delle aree circostanti, e la vincoli, soltanto, a perseguire l’obiettivo di una effettiva e completa messa in sicurezza degli stessi. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549


INQUINAMENTO - Messa in sicurezza permanente - Art. 242 d.lgs. n. 152/2006 - Scansione procedimentale - Mancata approvazione dell’analisi di rischio - Prescrizioni per la messa in sicurezza - Possibilità. Se è vero che l’art. 242 d.lgs. 152/2006 prevede una scansione procedimentale che si articola nelle procedure di caratterizzazione, elaborazione dell’analisi di rischio e predisposizione del progetto di messa in sicurezza permanente del sito, ciò non significa che quest’ultimo non possa essere disposto prima di una formale elaborazione dell’analisi. E, difatti, nei casi, come quello in esame, ove abbia esaminato il relativo documento e non l’abbia condiviso nei suoi contenuti, l’Amministrazione ben potrà formulare, comunque, le proprie prescrizioni per la messa in sicurezza permanente del sito, tenendo conto, ovviamente, anche di ciò che risulta dal documento di analisi che ha esaminato e non approvato. Ciò che rileva è, in definitiva, che le misure di messa in sicurezza permanente siano ricollegate ad un obiettivo stato di inquinamento, puntualmente accertato. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549


INQUINAMENTO - RIFIUTI - Acque di falda emunte nel corso del procedimento di bonifica - Natura di rifiuto liquido - Fondamento - Rifiuto liquido e scarico - Differenza - Disciplina comunitaria e nazionale - Nozione di rifiuto - Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Regime derogatorio - Inconfigurabilità. Secondo l’insegnamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa e penale, la presenza di uno iato - materiale e temporale - tra la fase di emungimento e quella di trattamento già di per sé depone per la qualificabilità delle acque in termini di “rifiuto liquido”. E, difatti, l’alternativa nozione di “scarico” ontologicamente implica la sussistenza di una continuità tra la fase di “generazione” del refluo e quella della sua “immissione” nel corpo recettore, mentre l’esistenza di una fase intermedia, in cui le acque sono stoccate in attesa della loro destinazione finale, richiama direttamente i noti concetti di “trattamento” e “smaltimento”, tipici della disciplina dei rifiuti. Ma, anche a prescindere da queste considerazioni di ordine generale, le acque emunte da una falda inquinata rientrano a buon diritto nella nozione comunitaria e nazionale di “rifiuto liquido”. Detta nozione è, infatti, elastica e comprensiva di qualunque sostanza, non più direttamente utilizzabile, idonea ad arrecare un danno all’ambiente, come si evince, in primo luogo, dal tenore della disciplina comunitaria vigente, dettata da ultimo dall’art. 1, lett. a), della Direttiva 2006/12/CE (cfr. altresì la sentenza della Corte di Giustizia CE, 7 settembre 2004, in causa C-103 Van de Walle e a.). Tale impostazione trova ulteriore riscontro nella definizione di bonifica recata dall'art. 2, comma 1, lettera e), del d.m. 471/1999 (ribadita dalla successiva normativa di settore): tale definizione conferma che i limiti di soglia individuati dal d.m. 471/1999 sono riferibili anche alle acque di falda emunte in sede di bonifica, come dimostra l’espresso riferimento normativo alle “acque sotterranee”. Né la tesi trova smentita nella nuova disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, la cui lettura complessiva depone per il sostanziale favor del legislatore nazionale - sulla falsariga delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario - ad una notevole estensione del concetto di “rifiuto liquido”, quanto meno laddove sussistano i “requisiti sostanziali” della non riutilizzabilità e della potenzialità inquinante. Ed è sulla base di queste premesse sistematiche che devono leggersi le disposizioni di cui all’ art. 243 del d.lgs. 152/2006: non è condivisibile quindi, per le ragioni esposte ed anche in base al generale principio di prevenzione e cautela, la tesi secondo cui tale disposizione avrebbe introdotto, per le acque di falda emunte per finalità di disinquinamento, un regime derogatorio rispetto alla normale disciplina dei rifiuti liquidi. Una simile interpretazione, infatti, non tiene conto della particolare natura delle stesse, certamente contaminate e normalmente destinate allo smaltimento senza riutilizzo; per di più non direttamente derivanti da ordinari cicli produttivi, il che ne rende ancor più insostenibile l’omologazione ai reflui industriali, come definiti chiaramente dal comma 1, lett. h), dell’art. 74 del d.lgs. 152/2006. Una interpretazione, infine, che ove accolta comporterebbe il contrasto della normativa nazionale con la vigente disciplina comunitaria, con inevitabile disapplicazione della prima. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Bonifica - Art. 17 d.lgs. n. 22/97 - Responsabilità del proprietario dell’area inquinata - Limiti - Artt. 240 e ss. d.lgs. n. 152/2006. L’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997 impone l'obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento solamente a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa. La norma individua, perciò, dal punto di vista soggettivo nella responsabilità dell'autore dell'inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la fonte dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica del sito inquinato. Ne consegue che l'amministrazione non può imporre ai privati che non hanno alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengono individuati solo in quanto proprietari del bene, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento (T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002, n. 320). Tale impostazione è confermata e specificata dagli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, che impongono l'esecuzione di interventi di recupero ambientale, anche di natura emergenziale, al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario. A carico di quest'ultimo, invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare. La normativa citata prevede, infatti, che, in caso di mancata esecuzione degli interventi da parte del responsabile dell'inquinamento ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile, nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi (T.A.R. Lombardia, Brescia, 16 marzo 2006, n. 291; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355). Pres. Nicolosi, Est. Massari - F.I. s.r.l. (avv. Giampietro) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 665

 

INQUINAMENTO - Bonifica - Obblighi di messa in sicurezza d’emergenza e di predisposizione del piano di caratterizzazione - Soggetto responsabile - Presupposti - Superamento delle CSC. Secondo gli artt. 142, c. 3, e 244 del d.lgs. n. 152/2006, gli obblighi di messa in sicurezza d'emergenza e quelli relativi alla predisposizione del piano di caratterizzazione sono imposti in capo al soggetto responsabile “qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC (concentrazione soglia di contaminazione) anche per un solo parametro” con riferimento ai suoli, alle acque superficiali e alle acque sotterranee, in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti, come specificato dall'allegato 5 al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152/06. Pres. Nicolosi, Est. Massari - F.I. s.r.l. (avv. Giampietro) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 665

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Impugnazione di provvedimenti amministrativi lesivi di interessi ambientali - Associazioni non comprese nell’elenco di cui all’art. 13 L. n. 349/1986 - Legittimazione - Requisiti. La legittimazione di una associazione non compresa nell’elenco ministeriale di cui all’art. 13 legge n. 349/1986 ad impugnare provvedimenti amministrativi lesivi di interessi ambientali è condizionata al possesso dei seguenti requisiti che debbono sussistere cumulativamente (e ciò al fine di evitare il configurarsi di un’azione popolare): 1) perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale; 2) avere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità; 3) avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 aprile 2007, n. 1830). Pres. Urbano, Est. Cocomile - A.C.I.D. e altri (avv. Maggi) c. Autorità Portuale di Bari (avv.ti Mezzina e Clarizio), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare e del Territorio e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 15/04/2009, n.866

 

INQUINAMENTO - SICUREZZA SUL LAVORO - Pericoli legati agli incidenti gravi che implicano sostanze pericolose - Elaborazione dei piani esterni per le misure da adottare fuori degli stabilimenti - Mancata trasposizione entro il termine prescritto - Inadempimento di Stato (Austria) - Direttiva 96/82/CE - Dir. 2003/105/CE. Non avendo garantito, entro il termine prescritto, l'elaborazione di un piano esterno per tutti gli stabilimenti sottoposti alle disposizioni dell'articolo 9 della direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativa al controllo dei pericoli legati agli incidenti gravi che implicano sostanze pericolose, come modificata dalla direttiva 2003/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2003, la repubblica dell'Austria ha mancato agli obblighi che gli incombono ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 1, sotto c), della suddetta direttiva. (Testo uff.: En n’ayant pas assuré l’élaboration d’un plan d’urgence externe pour tous les établissements soumis aux dispositions de l’article 9 de la directive 96/82/CE du Conseil, du 9 décembre 1996, concernant la maîtrise des dangers liés aux accidents majeurs impliquant des substances dangereuses, telle que modifiée par la directive 2003/105/CE du Parlement européen et du Conseil, du 16 décembre 2003, la République d’Autriche a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de l’article 11, paragraphe 1, sous c), de ladite directive). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 2 Aprile 2009 Sentenza C-401/08

 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni di protezione ambientale riconosciute - Legittimazione ad agire - Presupposti - Posizione differenziata e qualificata - Provvedimenti incidenti su aree vincolate - Legittimazione - Sussistenza - Aree su cui non insistono vincoli paesaggistico-ambientali - Legittimazione - Difetto - Posizione non qualificata. La posizione delle associazioni di protezione ambientale riconosciute, certamente differenziata da quella della generalità dei consociati, è anche qualificata quando l’interesse sostanziale dalla stessa dedotto in giudizio attiene ad un bene ambientale preso in considerazione dall’ordinamento, mentre non può ritenersi qualificata quando il bene che mira a tutelare non è individuato dall’ordinamento come rilevante sotto il profilo ambientale. Le associazioni ambientaliste riconosciute, quindi, sono legittimate ad agire in giudizio (art. 8, c. 5 L. 349/1986) a tutela di aree sulle quali sono posti vincoli di tipo paesaggistico - ambientale, mentre sono prive di legittimazione ad agire, in quanto la loro posizione è differenziata ma non è qualificata, quando l’interesse dedotto in giudizio attiene ad aree su cui non insistono vincoli di tal genere. La qualificazione della posizione, infatti, non può avere la sua fonte nella generica valutazione degli effetti ambientali che possono derivare da una qualunque trasformazione del territorio, ma sorge quando l’intervento urbanistico insiste su un bene qualificato dalla normativa ambientale come giuridicamente rilevante, attraverso l’apposizione di specifici vincoli preordinati alla tutela ambientale. Né, può ritenersi che l’eventuale partecipazione al procedimento possa determinare di per sé l’acquisizione della legittimazione ad agire e, quindi, ad impugnare il provvedimento conclusivo del procedimento, se il partecipante non è titolare di una posizione giuridica sostanziale differenziata da quella dalla generalità degli appartenenti alla collettività e qualificata dall’ordinamento giuridico ("ex multis": Cons. Stato, VI, 14 giugno 2004, n. 3865). Pres. Giovannini, Est. Caponigro - Legambiente ONLUS e altro (avv.ti Vaccaro e Fiorella) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario delegato per i Mondiali di ciclismo su strada 2008 (Avv. Stato), Comune di Varese (avv.ti Losa e Sannino), I. s.p.a. (avv.ti Villa e Degli Espositi) e altri (n.c.) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 1 Aprile 2009, n. 3481

 

INQUINAMENTO - Mercato dei detersivi e degli agenti di superficie destinati a fare parte di detersivi - Sanzioni in caso d'inosservanza - Inadempimento di Stato (Lussemburgo) - Art. 18 Reg. (CE) n.648/2004. Non avendo recepito, entro il termine prescritto, di sanzioni a norma dell'articolo 18 del regolamento (CEE) n. 648/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativo ai detersivi, i Granducato di Lussemburgo sono venuti meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di quest'articolo. (Testo Uff.: En n’ayant pas adopté, dans le délai prescrit, de sanctions en application de l’article 18 du règlement (CE) n° 648/2004 du Parlement européen et du Conseil, du 31 mars 2004, relatif aux détergents, le Grand-Duché de Luxembourg a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cet article). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 24/03/2009, Sentenza C-184/08

 

DANNO AMBIENTALE - Responsabilità ambientale - Prevenzione e risarcimento dei danni ambientali - Inadempimento di Stato (Granducato di Lussemburgo) - Direttiva 2004/35/CE. Non recependo, entro il termine prescritto, le disposizione legislative, regolamentare ed amministrative necessari per conformarsi alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale per quanto riguarda la prevenzione ed il risarcimento dei danni ambientali, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono ai sensi dell'articolo 19 di questa direttiva. (Testo Uff.: En ne prenant pas, dans le délai prescrit, toutes les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer à la directive 2004/35/CE du Parlement européen et du Conseil, du 21 avril 2004, sur la responsabilité environnementale en ce qui concerne la prévention et la réparation des dommages environnementaux, le Grand-Duché de Luxembourg a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de l’article 19 de cette directive). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. V, 24/03/2009, Sentenza C-331/08

 

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Acque di falda emunte nell’ambito di interventi di bonifica - Rifiuti liquidi - Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Gestione ed autorizzazione degli impianti di trattamento - Parificazione del regime giuridico a quello proprio delle acque reflue industriali - Esclusione - Ragioni. L’art. 243 del D.Lgs. n. 152/06 introduce un peculiare regime diversicato per le acque di falda emunte nell’ambito di interventi di bonifica di siti inquinati, di per sé non idoneo tuttavia a parificarene il regime giuridico -per quanto attiene alla gestione e autorizzazione dei relativi impianti di trattamento- a quello proprio delle acque reflue industriali. Una lettura sistematica della previsione normativa in esame, in combinato disposto con le norme di cui agli artt. 185 e 108 del d.lgs. n. 152/2006 e con le ulteriori disposizioni di cui agli artt.210, 242, 124 e 125 D.Lgs.152/06, non può infatti non tenere conto della particolare natura dell’oggetto dell’attività posta in essere, siccome individuati dal legislatore quali rifiuti liquidi (cfr. codici CER 19.13.07* e 19.13.07). Le acque di falda emunte nell’ambito dell’attività di disinquinamento non derivano certamente ed in via diretta dagli ordinari cicli produttivi delle aziende, con ciò rendendone improbabile una aprioristica omologazione alle acque reflue industriali, come definite chiaramente dal co.1 lett.h) art.74 D.Lgs.cit.. Ferma restando quindi la specifica natura del prodotto oggetto di trattamento (emungimento), con le connesse implicazioni in ordine al regime autorizatorio dei relativi impianti, l’art.243 cit. si limita ad autorizzarne lo scarico nelle acque di superficie purché siano rispettati gli stessi limiti di emissione delle acque reflue industriali. Pres. Giallombardo, Est. Valenti - I. s.p.a. (avv.ti Anile, Giampietro e Pitruzzella) c. Agenzia Regionale Rifiuti e Acqua (Avv. Stato), riunito ad altro ricorso - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 marzo 2009, n. 540

 

DIRITTO AMBIENTALE - Accesso alle informazioni ambientali - L.R. Friuli Venezia Giulia n. 43/90 - Questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 117 - Manifesta infondatezza. La questione di legittimità costituzionale della L.R. Friuli Venezia Giulia n. 43/90, per violazione dell’art. 117 Cost., è manifestamente infondata. La materia “ambiente” è infatti trasversale e la Corte Costituzionale (in specie con la sentenza n. 398/06) ha riconosciuto che la competenza esclusiva dello Stato non è incompatibile con un intervento di dettaglio della Regione negli ambiti che le sono propri; l’accesso alle informazioni ambientali, peraltro, non accede alla materia “ambiente”, bensì a quella dell’accesso ai documenti, le cui disposizioni non risultano violate. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - W.W.F. (avv.ti Ceruti e Tudor) c. Regione Friuli - Venezia Giulia (avv.ti Bevilacqua e Di Danieli), Comune di Carlino, Comune di Torviscosa, Comune di San Giorgio di Nogaro (avv.ti Pascolat e Pesce). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 12 marzo 2009, n. 112

TUTELA DELL'AMBIENTE - Accesso alle informazioni ambientali - L.R. Friuli Venezia Giulia n. 43/90 - Convenzione di Aarhus - Contrasto - Inconfigurabilità. La L.R. Friuli Venezia Giulia n. 43/90 non appare violare la convenzione di Aarhus (ratificata con la L. 108/01), sul diritto di accesso alle informazioni di carattere ambientale. Tale Convenzione ha trovato attuazione in sede comunitaria con la direttiva CE 2003/4, recepita in Italia con il D.Lg. 195/05, e che è stata attuata direttamente (per la parte di propria competenza) dalla Regione Autonoma F. - V.G. con la L.r. 11/05 (riconosciuta conforma a Costituzione dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 308/06). L’art. 15 affida ai soggetti di cui all’art. 14 (enti locali nonchè enti pubblici, anche economici) il compito di realizzare le opportune misure organizzative per garantire la disponibilità e la diffusione delle informazioni ambientali; misure che - allo stato - nella Regione F. - V.G. sono quelle previste dalla L.r. 43/90. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - W.W.F. (avv.ti Ceruti e Tudor) c. Regione Friuli - Venezia Giulia (avv.ti Bevilacqua e Di Danieli), Comune di Carlino, Comune di Torviscosa, Comune di San Giorgio di Nogaro (avv.ti Pascolat e Pesce). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 12 marzo 2009, n. 112

 

DANNO AMBIENTALE - Responsabilità ambientale - Prevenzione e risarcimento dei danni ambientali - Mancata trasposizione entro il termine prescritto - Inadempimento di Stato (Slovenia) - Direttiva 2004/35/CE. Non adottando, entro il termine prescritto, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessari per conformarsi alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale per quanto riguarda la prevenzione ed il risarcimento dei danni ambientali, la repubblica della Slovenia è venuta meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di questa direttiva. (Testo uff. En n’adoptant pas, dans le délai prescrit, les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer à la directive 2004/35/CE du Parlement européen et du Conseil, du 21 avril 2004, sur la responsabilité environnementale en ce qui concerne la prévention et la réparation des dommages environnementaux, la République de Slovénie a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII 12/03/2009, Sentenza C-402/08

 

INQUINAMENTO - URBANISTICA ED EDILIZIA - Pianificazione urbanistica comunale - Industrie insalubri ex art. 216 T.U.LL.SS. - Divieto di realizzazione in determinate aree - Legittimità - Esigenze di carattere sanitario-ambientale - Limiti. Nulla vieta che in sede di pianificazione urbanistica venga esclusa, in via generale, la realizzabilità in una determinata zona di industrie insalubri di cui all’art. 216 del T.U.LL.SS (Cfr., ex multis, C.d.S., IV, 30 giugno 2004, n. 4804; T.A.R. Lombardia, Brescia 12 gennaio 2001 n. 2; T.A.R. Emilia-Romagna, sez. staccata di Parma, 9 febbraio 2001, n. 60; T.A.R. Veneto, Sez. III, 23 marzo 2005, n. 1117). La funzione urbanistica delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore non esclude infatti che nelle stesse possano trovare riscontro esigenze di carattere sanitario o comunque di correttezza dei diversi insediamenti, proprio a ciò essendo rivolta la funzione della zonizzazione (Cfr., C.d.S., IV, 24 ottobre 1994, n. 825), ed anzi è “legittima la norma di regolamento comunale che, nel disciplinare gli insediamenti delle imprese insalubri, fissi un parametro più rigoroso di quello dell’art. 216, t.u. sanitario (r.d. 27 luglio 1934 n. 1265) nel senso di vietarli nell’ambito delle aree collocate nel “centro edificato” del territorio comunale (Cfr., C.d.S., V, 1 aprile 1996, n. 338). Ciò che conta al fine di evitare che questa possibilità sconfini nell'arbitrio, è che esista un parametro normativo preesistente al quale fare riferimento onde verificare se un determinato tipo di insediamento industriale possa considerarsi insalubre e che la scelta pianificatoria trovi adeguata giustificazione anche nel tessuto territoriale esistente. Pres. Corasaniti, Est. Farina - G.D.M. (avv.ti Carbone e Missera) c. Provincia di Udine (avv. Morandini), Comune di San Giovanni al Natisone (avv. Iervolino) e altri (n.c.). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 27/02/2009, n. 103

 

AMBIENTE - Accesso in materia ambientale - Art. 3 d.lgs. n. 195/2005 - Disciplina speciale rispetto alla L. n.241/90 - Estensione dei soggetti legittimati all’accesso e delle cognizioni accessibili - Controllo diffuso sulla qualità ambientale - Dir. 2003/4/CE - Illegittimità di ogni limitazione della legittimazione a pretendere l’accesso. L’art. 3 D.L.vo 19 agosto 2005 n. 195, ha introdotto una fattispecie speciale di accesso in materia ambientale, che si connota, rispetto a quella generale prevista nella L n. 241 del 1990, per due particolarità: l'estensione del novero dei soggetti legittimati all'accesso ed il contenuto delle cognizioni accessibili. Sotto il primo profilo, la norma in commento chiarisce che le informazioni ambientali spettano a <chiunque> le richieda, senza necessità, di dimostrare un suo particolare e qualificato interesse. Quanto al secondo aspetto, la medesima disposizione estende il contenuto delle notizie accessibili alle «informazioni ambientali» (che implicano anche un'attività elaborativa da parte dell'Amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste), assicurando, così, al richiedente una tutela più ampia di quella garantita dall'art. 22 L. n. 241 del 1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi già formati e nella disponibilità dell'Amministrazione. Detta disciplina speciale della libertà d'accesso alle informazioni ambientali risulta, quindi, preordinata, in coerenza con le finalità della direttiva 2003/4/CE, di cui costituisce attuazione, a garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale. Tale esigenza viene, in particolare, realizzata mediante la deliberata eliminazione, resa palese dal tenore letterale dell'art. 3, di ogni ostacolo, soggettivo od oggettivo, al completo ed esauriente accesso alle informazioni sullo stato dell'ambiente (Cfr. TAR Lazio III Sez. 28 giugno 2006 n. 5272). Ogni indebita limitazione della legittimazione a pretendere l'accesso alle informazioni ambientali risulta pertanto preclusa sia dal tenore letterale della disposizione, sia dalla sua finalità. Pres. ed Est. Onorato - R. s.a.s. (avv. Molinaro) c. Comune di Serrara Fontana (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez.V - 25 febbraio 2009, n. 1062

 

INQUINAMENTO - Attività di panificazione - Attività a ridotto inquinamento atmosferico - Parte II dell’allegato IV alla parte V del d.lgs. n. 152/2006 - Autorizzazione generale - Regione Puglia - Deliberazione di G.R. n. 1497/2002. L’attività di panificazione (nella specie, lavorazione di 1500 kg di farina al giorno) rientra fra le attività a ridotto inquinamento atmosferico di cui alla parte II dell’allegato IV alla parte V del D.Lgs. n. 152/2006, per le quali è previsto il sistema della c.d. autorizzazione generale (in sostanza, è stato confermato il meccanismo di cui all’art. 5 del DPR 25.7.1991). Nella Regione Puglia, l’autorizzazione generale è stata data con la deliberazione di G.R. n. 1497/2002. Pres. Cavallari, Est. Capitanio - V.L. (avv. Lippolis) c. Comune di Ginosa (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. III - 21 febbraio 2009, n. 254

 

INQUINAMENTO - Bonifica dei siti di interesse nazionale - Competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi - Art. 15 D.M. 471/99 - Art. 252 d.lgs. n. 152/2006. Gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti) poiché non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possono attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo (i quali ultimi definiscono solo gli obiettivi e programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento è riservato alla responsabilità dirigenziale). Ciò in forza del generale principio di distinzione tra attività di governo e attività di gestione che presiede l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Detta conclusione è valida sia con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 15 del DM 471/99 (precedente al D.Lgs. n. 165/2001 e non avente natura legislativa), ancorché stabilisca che il progetto definitivo della bonifica venga approvato dal Ministro dell'Ambiente (di concerto con i Ministri dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e della Sanità), sia nello schema procedimentale di cui all’art. 252 del D.Lgs. n. 152/2006, che attribuisce genericamente la competenza per la procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio (sentito il Ministero delle Attività produttive). Pres. Mosconi, Est. Morri - P. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 18 febbraio 2009, n. 317

INQUINAMENTO - Bonifica - Pareri o intese di cui agli artt. 252, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 e 15, c. 4 D.M. 471/99 - Acquisizione nell’ambito della conferenza di servizi - Obbligo motivazionale.
Nel modulo procedimentale della conferenza di servizi i pareri o le intese di cui agli artt. 252 comma 4 del D.Lgs. 152/06 e 15 comma 4 del D.M. 471/1999 ben possono essere acquisiti all’interno della conferenza stessa, senza che in sede di adozione del provvedimento finale si debba procedere ad una nuova acquisizione. Del resto lo scopo del modulo procedimentale in esame è proprio quello di concentrare in un unico momento l’acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, delle amministrazioni coinvolte. Di ciò dovrebbe tuttavia essere adeguatamente dato atto nello stesso provvedimento, adempiendo così all’obbligo motivazionale di cui all’art. 14-ter, c. 6bis della L. n. 241/1990, in combinato disposto con l’art. 252, c. 6 d.lgs. n. 152/2006. Pres. Mosconi, Est. Morri - P. s.p.a. (avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 18 febbraio 2009, n. 317

 

AMBIENTE - Informazione ambientale - D.Lgs. n. 195/2005 - Nozione - Esecuzione di un’opera pubblica - Atti e documenti riguardanti il procedimento di gara - Elaborati progettuali. Il d.lgs. n. 195/2005, nel dare attuazione alla direttiva n. 2003/4/CE, ha inteso garantire il diritto d'accesso all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche e stabilire i termini, le condizioni fondamentali e le modalità per il suo esercizio. Ai sensi degli artt. 2 e 3 l’informazione ambientale riguarda qualsiasi informazione circa lo stato dell’ambiente (aria, suolo, territorio, siti naturali ecc.), nonché i fattori (sostanze, energia, rumore, radiazioni, emissioni ecc.) che possono incidere sull’ambiente stesso (TAR Abruzzo, Pescara, 11 aprile 2007 n. 450). Non ogni dato inerente l’ecosistema, peraltro, può costituire oggetto dell’istanza di informazione ambientale, ma solo quelle attinenti a valori che l’ordinamento imputa all’ambiente come bene giuridico distinto dalle sue componenti materiali (in questi termini, TAR Puglia, Bari, sez. II, 27 gennaio 2006 n. 265). Discende da quanto sopra che esulano dall’informazione ambientale gli atti ed i documenti riguardanti un procedimento di gara relativo all’esecuzione di un’opera pubblica. Le relative informazioni, infatti, non attengono propriamente alla materia ambientale, nel senso sopra delineato (TAR Abruzzo, Pescara, Pescara, 11 aprile 2007 n. 450, cit.). Per ragioni analoghe deve considerarsi non attinente all’oggetto dell’informazione ambientale la richiesta relativa ai pareri e nulla osta acquisiti ed in genere agli altri atti del procedimento, fatta eccezione per i pareri, nulla osta ed autorizzazioni attinenti alla tutela ambientale. Sono invece compresi nel concetto di informazione ambientale gli elaborati progettuali e le relative delibere di approvazione. Gli elaborati progettuali, infatti, delineando le caratteristiche dell’opera da eseguire, concernono aspetti che coinvolgono in modo diretto la tutela dell’ambiente, consentendo di prendere contezza dell’impatto che l’opera stessa è destinata a sortire sull’ecosistema. Pres. Mastrocola, Est. Iannini - W.W.F. Onlus (avv. Spinelli) c. Comune di Scalea (avv. Longo) - T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 6 febbraio 2009, n. 122


INQUINAMENTO - Valori CSC - Accertamento - Screening iniziale prodromico alla individuazione dei valori di CSR - Analisi di rischio specifica. I valori di CSC sono stabiliti in modo fisso e predefinito dalla legge (Tabelle 1 e 2 contenute nell’allegato 5 del Tiolo V del d.lgs. n. 152/2006). Il relativo accertamento costituisce una sorta di screening iniziale prodromico alla individuazione dei valori di CSR (Contaminazione soglia di rischio), i quali vengono definiti - in caso di superamento di CSC - dall’analisi di rischio specifica, che a sua volta rappresenta attività valutativa svolta all’interno di un determinato procedimento amministrativo cui partecipano gli enti pubblici competenti per materia. Pres. Ravalli, Est. Santini - S. s.r.l. (avv.ti Relleva e Camposano) c. Comune di Taranto (avv. Fischetti) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29 gennaio 2009, n.123


INQUINAMENTO - Principio del “chi inquina paga” - Imputazione del danno - Cost-benefit analysis. Il principio comunitario “chi inquina paga”, piuttosto che ricondursi alla fattispecie illecita integrata dal concorso dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa e dall’elemento materiale, imputa il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi, cioè imputa il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della “cost-benefit analysis”, per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente. Pres. Onorato, Est. Nunziata - Commissariato di Governo per l’Emergenza bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania (Avv. Stato) c. Comune di Giugliano (n.c.) e Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta Articolazione Territoriale Napoli 3 (avv. Di Stefano) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V- 27 gennaio 2009, n. 403


INQUINAMENTO - AGRICOLTURA E ZOOTECNIA - FAUNA E FLORA - Nozione di «pollame» (comprende le quaglie, le pernici e i piccioni) Direttiva 96/61/CE - Reg. n. 1882/2003. La nozione di «pollame» che figura al punto 6.6, lett. a), dell'allegato I della direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, deve essere interpretata nel senso che comprende le quaglie, le pernici e i piccioni. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez.II, 22/01/2009, causa C‑473/07

INQUINAMENTO - ZOOTECNIA - Pollame ed animali-equivalenti - Impianti di allevamento intensivo - Soglie per l'autorizzazione - Punto 6.6, lett. a), all. I dir. n. 61/96 - Reg. n. 1882/2003. Il punto 6.6, lett. a), dell'allegato I della direttiva 96/61, come modificata dal regolamento n. 1882/2003, osta a una normativa nazionale, come quella in questione nella causa principale, che porti a calcolare le soglie per l'autorizzazione di impianti di allevamento intensivo a partire da un meccanismo di animali-equivalenti fondato su una ponderazione di animali per posto secondo le specie al fine di prendere in considerazione il tenore di azoto effettivamente prodotto dai vari volatili. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez.II, 22/01/2009, causa C‑473/07

 

TUTELA DELL'AMBIENTE - RIFIUTI - Gestione rifiuti e gerarchia delle fonti normative - Competenza esclusiva dello Stato (Art. 117 Cost.) - Legge regionale, circolare o altro - Competenza - Esclusione - Art. 51, c. 3, D.Lgs. 22/1997. In materia di autorizzazione per la gestione dei rifiuti, una legislazione regionale e a maggior ragione una circolare o qualsiasi atto amministrativo generale della Regione, non può derogare alla disciplina legislativa dello Stato, giacché lo Stato ai sensi dell'art. 117 Cost. ha competenza esclusiva nella tutela dell' ambiente. Pres. Grassi, Est. Onorato, Ric. Cavalli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2009 (Ud. 04/11/2008), Sentenza n. 1824

 

 

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