AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Giurisprudenza Acqua Inquinamento idrico Inquinamento idrico, acque, tariffe, ATO, marittimo ed altro...
Anno 2010
Vedi gli anni: 2011- 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 -2000-87
Gli aggiornamenti successivi
sono reperibili sul nuovo sito della rivista AmbienteDiritto.it
Si veda anche: Urbanistica Vincoli - Aree Protette - Inquinamento - Demanio - Inquinamento - atmosferico
Informazioni per la pubblicità su AmbienteDiritto.it
|
|
Inquinamento idrico, acque, tariffe, ATO, marittimo ed altro...
Inquinamento idrico, acque in genere, tariffe, ATO ed altro ^
ACQUA - Servizio idrico integrato - Autorità d’Ambito - Organizzazione del
servizio idrico integrato - Artt. 142 e 149 d.lgs. n. 152/2006 - Co.Vi.Ri. (oggi
Commissione nazionale per la vigilanza sulle Risorse Idriche) - Art. 161 T.U.A.
- Poteri - Competenza in materia tariffaria - Limiti. Dalle disposizioni di
cui agli artt. 142, c. 3 e 149, c. 1 del d.lgs. n. 152/2006 scaturisce la chiara
attribuzione, in via esclusiva, all’Autorità d’ambito dell’organizzazione del
servizio idrico integrato, ivi compresa la determinazione della tariffa che
costituisce, a un tempo, onere per l’utenza e provento per il gestore del
servizio, fatta salva la competenza dello Stato per l’individuazione del cd.
metodo normalizzato di cui al d.m. 1 agosto 1996. Per contro, come risulta dalla
lettura dell’art. 161 del Codice dell’ambiente, il Co.Vi.Ri. (oggi Commissione
nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche ) è titolare, attraverso la
possibilità di esprimere osservazioni, rilievi e prescrizioni, di un potere
d’impulso e di indirizzo, senza però che, in una interpretazione
costituzionalmente orientata, l’esercizio di questi poteri possa sconfinare in
una attività di amministrazione attiva. In particolare, la competenza di tale
organo in materia tariffaria viene dalla legge limitata alla determinazione del
metodo tariffario dovendo, peraltro, le deliberazioni assunte in proposito
essere sottoposte alla decisione del Ministro e trasfuse in un decreto
ministeriale, adottato previa consultazione della Conferenza permanente per i
rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome. Pres. Nicolosi, Est.Massari -
Autorita' di Ambito Territoriale Ottimale n. 3 Medio Valdarno (avv.ti Farnetani
e Giovannelli) c. Comitato per la Vigilanza dell'Uso delle Risorse Idriche e
altro (Avv. Stato) e altro (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez.II - 23 dicembre 2010, n. 6863
ACQUA - Servizio idrico integrato - Poteri di vigilanza esercitati dal Co.Vi.Ri.
- Ambiti di competenza riservati alle Autorità d’Ambito - Vincolo di
subordinazione tra i due soggetti pubblici - Inconfigurabilità. I poteri di
vigilanza esercitati dal Co.Vi.Ri. (oggi Commissione nazionale per la vigilanza
sulle risorse idriche ) devono arrestarsi dinanzi alla soglia degli ambiti di
competenza normativamente riservati alle Autorità d’ambito, con particolare
riguardo ai quei profili tecnico discrezionali attinenti alla determinazione
della tariffa giacché, diversamente opinando, si finirebbe con il consentire la
sovrapposizione dell’apprezzamento di merito del primo a quello delle seconde,
determinando la creazione di un vincolo di subordinazione tra i due soggetti
pubblici di cui non è dato rinvenire traccia nel dettato normativo. Pres.
Nicolosi, Est.Massari - Autorita' di Ambito Territoriale Ottimale n. 3 Medio
Valdarno (avv.ti Farnetani e Giovannelli) c. Comitato per la Vigilanza dell'Uso
delle Risorse Idriche e altro (Avv. Stato) e altro (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez.II - 23 dicembre 2010, n. 6863
ACQUA - Servizio idrico integrato - Co.Vi.Ri. - Modifiche introdotte dal d.l. n.
39/2009 - Esercizio di poteri sostitutivi - Esclusione. Pur tenendo conto
delle modifiche introdotte dal d.l. 28 aprile 2009, n. 39 che ha, tra l’altro,
espunto il primo periodo del comma 6 dell’art. 161 e del non perfetto
coordinamento con il testo normativo che ne risulta, appare confermata la tesi
secondo cui il Co.Vi.Ri. (nel testo “la Commissione”) ove ritenga siano stati
posti in essere, da parte dei soggetti pubblici o privati deputati alla gestione
del servizio, comportamenti o atti in violazione del d.lgs. n. 152 non può
esercitare direttamente poteri sostitutivi o imporre direttamente ai medesimi di
adeguarsi ai propri rilievi, ma deve attivarsi in tal senso promuovendo le
opportune iniziative giurisdizionali. Pres. Nicolosi, Est.Massari - Autorita' di
Ambito Territoriale Ottimale n. 3 Medio Valdarno (avv.ti Farnetani e Giovannelli)
c. Comitato per la Vigilanza dell'Uso delle Risorse Idriche e altro (Avv. Stato)
e altro (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez.II - 23 dicembre 2010, n. 6863
ACQUA - Acque di balneazione - Concentrazione di sostanze nocive per la salute - Mancato rispetto delle condizioni previste dall’Accordo tra Stato e Regioni del 16 gennaio 2003 - Esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente - Legittimità. Il mancato rispetto delle condizioni igienico-sanitarie minime previste dall'Accordo tra Stato e Regioni del 16 gennaio 2003 che fissa i parametri relativi alla concentrazione di sostanze nocive per la salute all'interno delle acque destinate alla balneazione (nella specie, di una piscina) giustifica l’esercizio dei poteri di ordinanza contingibile e urgente di cui all’art. 54, comma 2, del Testo unico degli enti locali. Pres. Nicolosi, Est. Massari -T.F.S. (avv.Gironi) c. Comune di Bucine (avv. Paolini) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez.II - 23 dicembre 2010, n. 6860
ACQUA - DIRITTO URBANISTICO - Rischio idrogeologico - Individuazione delle situazioni a più elevato rischio idrogeologico - Art. 2, c. 240, L. n. 191/2009 - Mancato coinvolgimento delle Regioni - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 nella parte inerente l’individuazione delle situazioni a più elevato rischio idrogeologico, affidata alla competente direzione generale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti le autorità di bacino e il dipartimento della protezione civile: tale individuazione si risolve in attività di carattere conoscitivo, aventi natura anche tecnica, attinenti alla struttura, alla composizione, alle condizioni dei terreni, secondo metodologie e criteri uniformi, idonei a riconoscere la possibilità che un determinato territorio sia esposto a pericolo sotto il profilo idrogeologico. Si tratta, dunque, di attività finalizzate in via esclusiva alla tutela dell’ambiente, onde non è ravvisabile la necessità di un coinvolgimento regionale. Peraltro, va considerato che le Regioni non restano estranee a tali attività, dal momento che è previsto il parere delle autorità di bacino, di cui all’art. 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e successive modificazioni. Dette autorità sono istituite in ciascun distretto idrografico (art. 64 d.lgs. citato), e tra i loro organi sono contemplate le Conferenze istituzionali permanenti (art. 63, comma 2), alle quali partecipano, tra gli altri, i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli assessori dai medesimi delegati. Alle Conferenze istituzionali permanenti è affidata l’adozione degli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle autorità di bacino, sicché tramite questi enti ben possono essere rappresentati eventuali profili attinenti alle attribuzioni regionali in materia di governo del territorio (sentenza n. 232 del 2009) Pres. De Siervo, Est. Criscuolo - Regione Toscana c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 26 novembre 2010, n. 341
DIRITTO DELL'ACQUE - Scarico - Autorizzazione allo scarico -Violazione delle
prescrizioni - Art. 59 d.lgs. n. 152/99 (art. 137 d.lgs. n. 152/2006 -
Configurabilità - Presupposti - Scarico di sostanze pericolose comprese nelle
tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5. Per la configurabilità della
contravvenzione di cui all’art. 59 D.L.vo n. 152/99 (art. 137 D.L.vo n.
152/2006) non è sufficiente la mancata osservanza delle prescrizioni
dell’autorizzazione, essendo invece necessario che le acque di scarico
contengano le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di
sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5, posto che, in caso
contrario, si rientra nell’ipotesi più generale dell’art. 54, comma 3° del
D.L.vo n. 152/99, che prevede un semplice illecito amministrativo (vd. in tal
senso Cass. pen., sez. III, n. 32847 dell’8.7 - 2.9.2005, Germiniasi). Giud.
Feruglio, imp. Comelli.
TRIBUNALE DI UDINE, Sez. staccata di Palmanova - 25 novembre 2010, n. 314
DIRITTO DELL'ACQUE - ACQUA - Scarico - Sostanze cancerogene - Prova - Effetti
sull’uomo e non sugli animali in genere - punto 18, tab, 5 d.lgs. n. 152/99.
La corretta interpretazione della previsione di chiusura del punto 18 della
tabella 5 del d.lgs. n. 152/99 non richiede soltanto la possibilità o la
probabilità che una determinata sostanza possa avere un potere cancerogeno, ma
esige che questo sia provato (vd. sul punto Cass. pen. sez. II, n. 13694 del
13.1.1999, Tanghetti; sez. III, n. 12362 del 4.2.2003, Grilli, sez. III, n.
34899 del 6.6.2007, Ghisolfi ed a.); il potere cancerogeno va valutato
esclusivamente nei confronti dell’uomo, e non anche nei confronti degli animali
in genere (posto che una diversa interpretazione renderebbe la fattispecie
penale del tutto priva della necessaria chiarezza, precisione e determinatezza,
introducendo un elemento di integrazione non normativamente previsto, e
contrario al principio di tipicità). Giud. Feruglio, imp. Comelli.
TRIBUNALE DI UDINE, Sez. staccata di Palmanova - 25/11/2010, n. 314
DIRITTO DELL'ACQUE - ACQUA - Avvelenamento di acque - Artt. 439-452 c.p. -
Reato di pericolo presunto - Immissione di sostanze inquinanti di qualità e
quantità tali da determinare pericolo per la salute. Per la configurabilità
del reato di avvelenamento di acque o sostanze destinate all’alimentazione
(artt. 439 - 452 c.p.), pur dovendosi ritenere che trattasi di reato di pericolo
presunto, è tuttavia necessario che un “avvelenamento”, di per sé produttivo,
come tale, di pericolo per la salute pubblica, via sia comunque stato; il che
richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità ed in
quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti
tossico-nocivi per la salute (vd. in tal senso Cass. pen. sez. IV, n. 15216 del
13.2 - 17.4.2007, Della Torre). Giud. Feruglio, imp. Comelli.
TRIBUNALE DI UDINE, Sez. staccata di Palmanova - 25 novembre 2010, n. 314
ACQUA - Servizio idrico integrato - Art. 153, c. 1 d.lgs. n. 152/2006 - Principio di gratuità della concessione in uso al gestore - Applicabilità ai soli rapporti concessori nuovi o rinnovati. La norma di cui all’art. 153, comma1 del d.lgs. n. 152/2006 che stabilisce il principio della gratuità della concessione in uso al gestore del servizio idrico delle infrastrutture strumentali, non trova applicazione ai rapporti concessori già in essere alla data della sua entrata in vigore ma solo a quelli nuovi o rinnovati. Pres. Bianchi, Est. Graziano - F.P. e altri (avv.ti Dibitonto e Raffone) c. Autorita' D'Ambito N. 2-Biellese-Vercellese-Casalese (avv. Vivani) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 19 novembre 2010, n. 4168
ACQUA - APPALTI - Servizio idrico integrato - Natura di servizio di rilevanza
economica - Diversa qualificazione da parte di enti infrastatuali - Possibilità
- Esclusione. Il legislatore statale, in coerenza con la normativa
comunitaria e sull’incontestabile presupposto che il servizio idrico integrato
si inserisce in uno specifico e peculiare mercato (come riconosciuto da questa
Corte con la sentenza n. 246 del 2009), ha correttamente qualificato tale
servizio come di rilevanza economica, conseguentemente escludendo ogni potere
degli enti infrastatuali di pervenire ad una diversa qualificazione. Pres.
Amirante, Est. Gallo - Giudizi promossi dalle regioni Emilia Romagna, Piemonte,
Puglia, Toscana, Umbria e Marche e dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
CORTE COSTITUZIONALE - 17 novembre 2010, n. 325
ACQUA - APPALTI - Servizio idrico integrato - Competenza esclusiva dello stato
nelle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente - Art.
4, c. 1 L.r. Liguria n. 39/2008 - Attribuzione alla Giunta regionale di
competenza amministrative spettanti al CONVIRI - Illegittimità costituzionale -
Art. 161, c. 4, lett. c) d.lgs. n. 152/2006. La disciplina del servizio
idrico integrato va ascritta alla competenza esclusiva dello Stato nelle materie
«tutela della concorrenza» e «tutela dell’ambiente» (sentenza n. 246 del 2009)
e, pertanto, è inibito alle Regioni derogare a detta disciplina. E’ pertanto
costituzionalmente illegittimo il comma 1 dell’art. 4 della legge della Regione
Liguria n. 39 del 2008: la Regione è intervenuta, appunto, in tali materie,
dettando una disciplina che si pone in contrasto con quella statale, in quanto
attribuisce alla Giunta regionale una serie di competenze amministrative
spettanti al COVIRI (ora CONVIRI), ai sensi dell’art. 161, comma 4, lettera c),
del d.lgs. n. 152 del 2006. Risulta cosí violato l’ art. 117, secondo comma,
lettera s, Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa nella materia
«tutela dell’ambiente». Pres. Amirante, Est. Gallo - Giudizi promossi dalle
regioni Emilia Romagna, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Marche e dal
Presidente del Consiglio dei Ministri.
CORTE COSTITUZIONALE - 17 novembre 2010, n. 325
ACQUA - APPALTI - Servizio idrico integrato - Art. 4, c. 4 L.r. Liguria n.
39/2008 - Affidamento del servizio idrico integrato - Competenza dell’Autorità
d’Ambito - Applicazione del c. 5 dell’art. 113 TUEL - Illegittimità
costituzionale. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 4
dell’art. 4 della legge della Regione Liguria n. 39 del 2008, il quale prevede
la competenza dell’Autorità d’àmbito a provvedere all’affidamento del servizio
idrico integrato, «nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 113, comma 7,
del d.lgs. 267/2000 e delle modalità di cui agli articoli 150 e 172 del
d.lgs.152/2006». La norma censurata impone, infatti, l’applicazione del comma 5
dell’art. 113 TUEL, cioè di un comma abrogato per incompatibilità dall’art.
23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, con il quale, pertanto, si pone in
contrasto. L’art. 23-bis prevede infatti che «l’art. 113 del testo unico delle
leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267 e successive modificazioni, è abrogato nelle parti incompatibili
con le disposizioni di cui al presente articolo» (comma 11). In particolare, il
citato comma 5 dell’art. 113 è palesemente incompatibile con i commi 2, 3 e 4
dell’art. 23-bis, perché disciplina le modalità di affidamento del SPL in modo
difforme da quanto previsto da detti commi. Pres. Amirante, Est. Gallo - Giudizi
promossi dalle regioni Emilia Romagna, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e
Marche e dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
CORTE COSTITUZIONALE - 17 novembre 2010, n. 325
ACQUA - APPALTI - Servizio idrico integrato - Art. 4, cc. 5 e 6 L.r. Liguria n.
39/2008 - Illegittimtià costituzionale. Va dichiarata l’illegittimità
costituzionale dei commi 5 e 6 della legge della Regione Liguria n. 39 del 2008.
Tali norme impongono infatti l’applicazione del comma 15-bis dell’art. 113 TUEL,
abrogato per incompatibilità dall’art. 23-bis, con il quale, pertanto, si pone
in contrasto. Il citato comma 15-bis dell’art. 113 TUEL, infatti, è
incompatibile con il suddetto art. 23-bis, perché disciplina il regime
transitorio degli affidamenti diretti del servizio pubblico locale in modo
difforme da quanto previsto dal parametro interposto. Ne deriva la violazione
dell’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost. Pres. Amirante, Est. Gallo -
Giudizi promossi dalle regioni Emilia Romagna, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria
e Marche e dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
CORTE COSTITUZIONALE - 17 novembre 2010, n. 325
ACQUA - APPALTI - Servizio idrico integrato - Art. 1, c. 1 L.r. Campania n.
2/2010 - Disciplina del servizio idrico integrato regionale come servizi oprivo
di rilevanza economica - Autonoma determinazione delle forme giuridiche dei
soggetti affidatari e del termine di decadenza degli affidamenti in essere -
Illegittimità costituzionale - Artt. 141 e 154 d.lgs. n. 152/2006 - Art. 23 bis
d.l. n. 112/2008 - D.L. n. 135/2009 - Art. 113 TUEL. Il comma 1 dell’art. 1
della legge della Regione Campania n. 2 del 2010, prevede la competenza della
medesima Regione a disciplinare il servizio idrico integrato regionale come
servizio privo di rilevanza economica ed a stabilire autonomamente sia le forme
giuridiche dei soggetti cui affidare il servizio sia il termine di decadenza
degli affidamenti in essere. La norma è costituzionalmente illegittima, in
quanto essa si pone in contrasto con gli artt. 141 e 154 del d.lgs. n. 152 del
2006, l’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, il decreto-legge n. 135
del 2009 e l’art. 113 TUEL, che ricomprendono il servizio idrico integrato tra i
servizi dotati di rilevanza economica. Come visto al punto 9., infatti, la
disciplina statale pone una nozione generale e oggettiva di rilevanza economica,
alla quale le Regioni non possono sostituire una nozione meramente soggettiva,
incentrata cioè su una valutazione discrezionale da parte dei singoli enti
territoriali. Si pone altresì in contrasto con il regime transitorio
disciplinato dall’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, il quale non
può essere oggetto di deroga da parte delle Regioni Pres. Amirante, Est. Gallo -
Giudizi promossi dalle regioni Emilia Romagna, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria
e Marche e dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
CORTE COSTITUZIONALE - 17 novembre 2010, n. 325
ACQUA - Acque destinate al
consumo umano - Piano di Tutela delle Acque - Art. 94 d.lgs. n. 152/2006 - Zone
di tutela assoluta e zone di rispetto - Estensione - Fattispecie. La
normativa nazionale (art. 94 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), nel dettare le
prescrizioni alle quali si devono attenere le Regioni nella redazione del Piano
Tutela Acque (PTA), ha previsto le zone di salvaguardia distinte in zone di
tutela assoluta e zone di rispetto. Le prime, che sono costituite dall’area
immediatamente circostante le captazioni o derivazioni, devono avere un
estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione. Per la zona
di rispetto, distinta in ristretta e allargata, il comma 6 dell’articolo in
esame ha previsto che “In assenza dell’individuazione da parte delle regioni o
delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima
ha un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di
derivazione”. (Nella specie, è stato ritenuto legittimo il PTA regionale il
quale prevedeva che, nella zona A, fosse vietata l’apertura di nuove discariche
di rifiuti, ma ammesso l’esercizio di discariche già esistenti: tanto in ragione
del sostanziale rispetto della normativa nazionale, atteso che l’unica discarica
in esercizio risultava ubicata a circa un km dal pozzo più vicino e quindi non
incideva né sulla zona di tutela assoluta nè sulla zona di rispetto) Pres.
Cavallari, Est. Lattanzi - Associazione Italia Nostra onlus e altri (avv.
Flascassovitti) c. regione Puglia (avv. Balducci) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 4 novembre 2010, n. 2616
DIRITTO DELLE ACQUE - Irregolarità in sede di campionamento - Effetti - Nullità - Esclusione - Verifica demandata al Tribunale del riesame - Limiti - Fattispecie: cumuli di fanghi provenienti dal trattamento di acque reflue industriali. La violazione delle regole da osservarsi in sede di campionamento, non determina alcuna nullità delle operazioni effettuate, trattandosi eventualmente di irregolarità la cui incidenza sul risultato delle analisi deve necessariamente essere verificata in sede di accertamento di merito. E' appena il caso di rilevare sul punto che, la verifica demandata al Tribunale del riesame, in materia di misure cautelari reali, è limitata al riscontro della sussumibilità degli elementi prospettati dalla pubblica accusa nella fattispecie di reato oggetto di indagine, mentre esula dal potere del giudice del riesame l'accertamento della concreta fondatezza dell'ipotesi accusatoria (Cass. sez. V, 18.5.2005 n. 23240, Zhu; Cass. sez. VI, 27.1.2004 n. 12118, Piscopo; Cass. sez. un. n. 23 del 1997, Bassi ed altri). (conferma ordinanza del 29.1.2010, Tribunale di Catania, con la quale è stato confermato il provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Catania in data 10.12.2009) Pres. Teresi, Est. Lombardi, Ric. Monaco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/10/2010 (Cc. 23/09/2010), Sentenza n. 38402
DIRITTO DELLE ACQUA - Acque
reflue di lavorazione agrumaria - Mancanza di un impianto di depurazione idoneo
- Controlli - Processo di preossidazione mediante esposizione all'aria aperta in
invasi - Vasche prive di protezione e impermeabilizzazione - Fattispecie:
scarico diretto sul suolo non autorizzato - D. L.vo n. 152/2006 - Art. 45 D.L.vo
n. 152/1999 - Art. 674 c.p.. In materia d’inquinamento delle acque, il
controllo deve essere effettuato non solo a valle (recapito dei reflui nel
collettore), ma anche a monte, peraltro, il Decreto Legislativo n. 152 del 1999,
articolo 45 stabilisce il principio che tutti gli scarichi debbono essere
autorizzati e nel caso di specie lo scarico dei reflui sul suolo non risultava
autorizzato, tuttavia, i reati si sono estinti per prescrizione. (annulla senza
rinvio Corte di Appello di Catania, in data 20.10.2009) Pres. Onorato, Rel.
Amoresano, Ric. T. M. A..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37192
DIRITTO DELLE ACQUE - Qualificazione e gestione delle acque - Aste fontanili - Artt. 94, 115, 134 e 144, D. Lgs. n. 152/2006 - Art. 41, D.Lgs. n. 152/1999 - Art. 96 R.D. n. 523/1904 - Art. 1, D.P.R. n. 238/1999. La qualificazione di tutte le acque come appartenenti al demanio pubblico, salvo limitatissime eccezioni ribadita dal D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, art. 1, è stata da ultimo confermata dal D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. art. 144. Ne consegue che anche alle aste fontanili resta ancora applicabile il R.D. 25 luglio 1904, n. 523, art. 96, non abrogato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, che anzi lo richiama espressamente all'art. 115, sostanzialmente riproducente il D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 41 e che prevede comunque il divieto di copertura di qualunque corso d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità. Né è possibile trarre argomento decisivo contro tale conclusione dal fatto della depenalizzazione della fattispecie penale relativa alle acque potabili di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 94, ad opera dell'art. 134 del medesimo decreto, che renderebbe incompatibile la persistenza del reato in esame relativamente a quelle non potabili, in considerazione comunque del particolare rilievo economico delle aste fontanili soprattutto nelle regioni del nord", che porta ad escluderne l'inclusione in categorie a tutela minore. (conferma, sentenza 27.4.2009 della Corte di appello di Milano) Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Comune Milano in proc. Monetti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/09/2010 (Ud. 28/04/2010), Sentenza n. 32941
ACQUA - Derivazione o utilizzazione di acqua pubblica in assenza di provvedimento di autorizzazione o concessione dell’autorità competente - Art. 23, c. 4 d.lgs. n. 152/1999 - Previsione della sanzione amministrativa in luogo della penale - Irragionevolezza - Esclusione - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La sanzione penale non è l’unico strumento attraverso il quale il legislatore può cercare di perseguire la effettività dell’imposizione di obblighi o di doveri […]. Vi può essere uno spazio nel quale tali obblighi e doveri sono operanti, ma non assistiti da sanzione penale, bensì accompagnati da controlli e da responsabilità solo amministrative o politico-amministrative. Ed è anzi rimesso alla scelta discrezionale del legislatore, purché non manifestamente irragionevole, valutare quando e in quali limiti debba trovare impiego lo strumento della sanzione penale, che per sua natura costituisce extrema ratio, da riservare ai casi in cui non appaiano efficaci altri strumenti per la tutela di beni ritenuti essenziali» (ordinanza n. 317 del 1996). Alla luce di tale principio, la scelta legislativa di sanzionare solo in via amministrativa eventuali comportamenti trasgressivi delle regole di utilizzo delle acque (art. 23, c. 4 d.lgs. n. 152/1999) non è manifestamente irragionevole, giacché deve aversi primariamente riguardo al rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione nell’accesso ad un bene che appartiene in principio alla collettività. Tale rapporto viene alterato dalla violazione di norme che non sono poste soltanto a presidio della proprietà pubblica del bene, collocato in una sfera separata rispetto a quella dei cittadini, ma soprattutto a garanzia di una fruizione compatibile con l’entità delle risorse idriche disponibili in un dato territorio e con la loro equilibrata distribuzione tra coloro che aspirano a farne uso. Se tutti hanno diritto di accedere all’acqua, l’aspetto dominicale della tutela si colloca in secondo piano, rispetto alla primaria esigenza di programmare e vigilare sulle ricerche e sui prelievi, allo scopo di evitare che impossessamenti incontrollati possano avvantaggiare indebitamente determinati soggetti a danno di altri o dell’intera collettività. Pres. Amirante. Est. Silvestri - Giudizio promosso con ordinanza del Tribunale di Firenze, Sezione staccata di Pontassieve - CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2010, n. 273
DIRITTO DELLE ACQUE - Rischi geologici, idraulici e valanghivi - Art. 15 L.r. Friuli Venezia Giulia n. 16/2009 - Contrasto con l’art. 65 d.lgs. n. 152/2006 - Piano di bacino - Materia della tutela dell’ambiente - Illegittimità costituzionale. L’art. 15 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 2009 ha ad oggetto la descrizione dello stato della stabilità del suolo e dell’equilibrio idrogeologico di taluni territori, con particolare riguardo ai rischi “geologici, idraulici e valanghivi”. In ragione di tale contenuto, essa rientra nella materia esclusiva statale della tutela dell’ambiente e non tra le competenze attribuite alla Regione Friuli-Venezia Giulia dallo statuto speciale di autonomia. La disposizione si pone in contrasto con l’art. 65 del d.lgs. n. 152 del 2006, che rimette al piano di bacino l’individuazione di dette aree. Tale piano contiene non solo «il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico» e «delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali», ma anche l’individuazione e la quantificazione «delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonché delle relative cause», l’indicazione delle «direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l’utilizzazione delle acque e dei suoli», nonché l’individuazione «delle zone da assoggettare a specifici vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell’ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici». La norma impugnata è pertanto incostituzionale in quanto reca una disciplina che viola la competenza dello Stato nella materia della “tutela dell’ambiente” (sentenze n. 378 del 2007, n. 104 del 2008 e n. 12 del 2009). Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli-Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 15 luglio 2010, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - DIRITTO AGRARIO - Protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole - Difformità delle misure nazionali rispetto alle norme disciplinanti i tempi, le condizioni e le tecniche di applicazione dei fertilizzanti ai terreni - Capacità minima di immagazzinamento dei liquami - Divieto di applicazione dei fertilizzanti ai terreni in pendenza ripida - Tecniche idonee a garantire un’applicazione uniforme ed efficace dei concimi - Inadempimento di uno Stato - Ricevibilità - Ne bis in idem - Autorità di cosa giudicata - Artt. 226 CE e 228 CE - Art. 29 del regolamento di procedura - Lingua processuale - Direttiva 91/676/CEE. Non avendo adottato tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi necessari per conformarsi agli artt. 4 e 5 della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, letti in combinato disposto con gli allegati II, parte A, punti 1, 2, 5 e 6, e III, n. 1, punti 1 e 2, della medesima direttiva, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza di quest’ultima. Pres. Skouris - Rel. Juhász - Commissione europea c. Granducato di Lussemburgo. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Grande Sez., 29/06/2010, Sentenza C-526/08
DIRITTO DELLE ACQUE - Vincolo idrogeologico - Mancata iscrizione del corso d’acqua nell’elenco delle acque pubbliche - Irrilevanza - Fattispecie: fossato di convogliamento delle acque piovane - D.P.R. n. 238/1999. Ai fini del vincolo idrogeologico è irrilevante sia la mancata iscrizione del corso d’acqua negli appositi elenchi delle acque pubbliche, stante il carattere dichiarativo e non costitutivo di detti elenchi (cfr. l’art. 1 della legge 5.1.1994, n. 36 e l’art. 1 comma 4 del D.P.R. n. 238/1999), sia la circostanza che manchi una sorgente a monte e che, pertanto, abitualmente non vi scorra acqua: anche a voler prescindere dal chiaro disposto dell’art. 93 R.D. 25.7.1904, n. 523, è infatti evidente che anche un fossato creatosi naturalmente tra due rilievi collinari, convogliando le acque meteoriche, può determinare il dilavamento dei terreni, mettendone in pericolo la stabilità e turbando il regime delle acque superficiali (art. 1 R.D. 30.12.1923, n. 3267). In tal senso è assai significativo che l’art. 1 comma 2 del D.P.R. 18.2.1999, n. 238 definisca pubbliche anche le acque piovane, non appena convogliate in un corso d’acqua. Pres. Balba, Est. Vitali - D.P. (avv.ti Acquarone, Salustri e Acquarone) c. Comune di Savona (avv. Mauceri) - TAR LIGURIA, Sez. I - 5 luglio 2010, n. 5564
INQUINAMENTO IDRICO - Scarichi
- Domanda di autorizzazione - Organo competente - Individuazione - Art. 124
d.lgs. n. 152/2006 - Regioni - Individuazione di un organo differente - Art.
4, c. 25 L.r. Friuli Venezia Giulia n. 12/2009 - Questione di legittimità
costituzionale - Infondatezza. La questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 25, della L.R. Friuli Venezia Giulia n. 12
del 2009, sollevata in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., non è
fondata. La norma regionale, difatti, non contrasta con quanto stabilito dal
comma 7 dell’art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale autorizza
espressamente le Regioni a prevedere forme diverse da quelle da esso stesso
individuate per la scelta dell’organo al quale presentare la domanda di
autorizzazione agli scarichi.È, quindi, da disattendere l’interpretazione in
base alla quale le Regioni non potrebbero attribuire a privati il potere
autorizzatorio in questione, ma solo ad un ente locale o, comunque, ad un
soggetto pubblico; tale interpretazione conduce ad una erronea restrizione,
non sussistendo nel nostro ordinamento un insuperabile divieto di affidare a
soggetti privati lo svolgimento di funzioni amministrative (cfr. sentenze n.
322/2009, 165/2007) Pres. Amirante, Est. Napolitano - Presidente del
Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli Venezia Giulia -
CORTE COSTITUZIONALE - 1 luglio 2010, n. 234
INQUINAMENTO IDRICO - Scarichi - Art. 4, c. 25 L.r. Friuli Venezia Giulia n.
12/2009 - Art. 16-bis L.r. Friuli Venezia Giulia n. 16/2008 -
Interpretazione - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, c. 25 L.r. Friuli
Venezia Giulia n. 12/2009, nella parte in cui inserisce l’art.16-bis nella
L.R. n. 16/2008, sollevata in riferimento all’aer. 117 Cost. non è fondata.
Con tale disposizione, il legislatore regionale non ha previsto la
concessione di un’autorizzazione, generalizzata ed indiscriminata, agli
scarichi che dovrebbe essere rilasciata dal gestore del servizio idrico
integrato a chiunque la richieda, ma ha inteso solo sottolineare che ogni
richiesta di autorizzazione relativa ad attività di scarico è soggetta alla
procedura ivi indicata, cioè che deve essere attribuita alla competenza del
gestore del servizio idrico integrato. È evidente che deve essere concessa
solo previa positiva verifica della esistenza dei requisiti necessari al
rilascio della stessa, come dimostra il successivo comma che detta la
disciplina provvisoria per il «rilascio delle autorizzazioni» in attesa
dell’adozione di quella definitiva. Pres. Amirante, Est. Napolitano -
Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli Venezia Giulia -
CORTE COSTITUZIONALE - 1 luglio 2010, n. 234
INQUINAMENTO IDRICO - Scarichi - Acque reflue conferite a soggetti terzi -
Esonero dall’autorizzazione - Esistenza di condotte - Art. 124, c. 2 d.lgs.
n. 152/2006 - Art. 4, c. 25 l.r. Friuli Veneiza Giulia n. 12/2009 - Art. 16
ter L.r. n. 16/2008 - Regime di tutela inferiore rispetto alla disciplina
statale - Illegittimità costituzionale. Il comma 2 dell’art. 124 del
d.lgs. n. 152 del 2006 definisce la titolarità dell’autorizzazione allo
scarico, regolando tale materia in modo uniforme su tutto il territorio
nazionale e prestando particolare attenzione ai casi più complessi, in cui
le acque reflue vengono conferite a soggetti terzi. Il soggetto obbligato ad
ottenere il rilascio dell’autorizzazione allo scarico è identificato dal
legislatore nazionale in colui che svolge l’attività che produce lo scarico
stesso, come definito dall’art. 74, comma 1, lettera ff), del d.lgs. n. 152
del 2006. Il legislatore statale, nel prevedere la possibilità di effettuare
scarichi in comune, stabilisce che sia identificato il soggetto terzo
titolare dello scarico. Il predetto comma 2 dell’art. 124 del d.lgs. n. 152
del 2006 prevede, altresì, che - in presenza di conferimento degli scarichi
ad un soggetto terzo (anche qualora esso sia un consorzio) con propria
responsabilità giuridica - le responsabilità dei singoli consorziati, se ve
ne sono, non vengano meno. L’art. 4, c. 25 L.r. Friuli Venezia Giulia n.
12/2009, nella parte in cui inserisce l’art.16-ter nella L.R. n. 16/2008
consente invece ai soggetti che conferiscono gli scarichi ad un depuratore
di non richiedere l’autorizzazione, ritenendosi sufficiente quella richiesta
e concessa al titolare dello scarico finale. Risulta evidente che la
disposizione regionale presenta una disciplina diversa da quella statale, la
quale, con l’art. 124, c. 2 del d.lgs. n. 152/2006, consente l’esonero
dell’autorizzazione solo se esistono opere materiali (le «condotte») che
colleghino direttamente le acque reflue all’impianto deputato allo scarico
finale, permettendo, in questo modo, anche una precisa individuazione di
ogni singolo produttore di acque reflue. La norma censurata è, pertanto,
illegittima, recando una disciplina afferente alla materia tutela
dell’ambiente, attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che eccede la competenza
regionale, accordando, peraltro, al predetto bene ambientale una tutela
inferiore rispetto a quella statale. Pres. Amirante, Est. Napolitano -
Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli Venezia Giulia -
CORTE COSTITUZIONALE - 1 luglio 2010, n. 234
INQUINAMENTO IDRICO - AGRICOLTURA - V.I.A. - Protezione delle acque - Applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti - Capacità dei depositi per effluenti di allevamento - Impianti destinati all’allevamento intensivo - Valutazione ambientale prevista dalla direttiva 85/337 - Direttiva 2001/42/CE - Art. 5, n. 1, Dir. 91/676/CEE. In merito al contenuto dei programmi d’azione, emerge dall’art. 5 della direttiva 91/676, in combinato disposto con l’allegato III della stessa, che i citati programmi contengono misure concrete e obbligatorie, le quali riguardano segnatamente i periodi in cui è proibita l’applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti, la capacità dei depositi per effluenti di allevamento, le procedure di applicazione al terreno ed il quantitativo massimo di effluenti di allevamento contenente azoto che può essere sparso (C.G.E. sentenza 8/09/2005, causa C-416/02, Commissione/Spagna). Tali misure garantiscono in particolare, come previsto dal punto 2 dell’allegato III della direttiva 91/676, che, per ogni azienda o allevamento, la quantità di effluenti di allevamento applicata annualmente, ivi compresa quella applicata direttamente dagli animali, non superi un massimale stabilito per ogni ettaro, corrispondente alla quantità di effluenti contenenti 170 chilogrammi di azoto. Pertanto, relativamente alla portata della valutazione ambientale prevista dalla direttiva 85/337, occorre rammentare previamente che le misure contenute nei programmi d’azione hanno ad oggetto gli impianti di allevamento intensivo elencati nei punti 17 dell’allegato I e 1, lett. e), dell’allegato II della direttiva 85/337. Inoltre, nell’ambito della valutazione ambientale prevista dalla direttiva 85/337, le autorità nazionali devono prendere in considerazione non solo gli effetti diretti dei lavori previsti, ma anche l’impatto ambientale che può essere provocato dall’uso e dallo sfruttamento delle opere derivanti da tali lavori (C.G.E. sentenze 28/02/2008, causa C-2/07, Abraham e a. e 25/07/2008, causa C-142/07, Ecologistas en Acción-CODA). In particolare, per quanto riguarda gli impianti destinati all’allevamento intensivo, una siffatta valutazione ambientale deve prevedere l’impatto di tali impianti sulla qualità dell’acqua (C.G.E., sentenza 8/09/2005, causa C-121/03, Commissione/Spagna). (domande di decisione pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Conseil d’État (Belgio). Pres. Bonichot - Rel. Toader - Terre wallonne ASBL ed altri c. Région wallonne. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 17/06/2010, Sentenza C-105/09 - C-110/09
INQUINAMENTO IDRICO - AGRICOLTURA - Protezione delle acque
dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole -
Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente -
Programmi d’azione relativi alle zone vulnerabili - Art. 3, n. 2, lett. a),
Direttiva 2001/42/CE - Art. 5, n. 1, Dir. 91/676/CEE - Dir. 85/337/CEE. Un
programma d’azione adottato in forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva del
Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque
dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, è, in
linea di principio, un piano o un programma ai sensi dell’art. 3, n. 2, lett.
a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 giugno 2001,
2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e
programmi sull’ambiente, in quanto costituisce un «piano» o un «programma» ai
sensi dell’art. 2, lett. a), di quest’ultima direttiva e include misure il cui
rispetto condiziona il rilascio dell’autorizzazione che può essere accordata per
la realizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva del
Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla
direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE. (domande di decisione
pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Conseil d’État
(Belgio). Pres. Bonichot - Rel. Toader - Terre wallonne ASBL ed altri c. Région
wallonne.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 17/06/2010, Sentenza C-105/09 - C-110/09
INQUINAMENTO IDRICO - Frantoio oleario - Scarico di reflui non trattati - Prelievo di campioni e di esecuzione delle analisi - Fattispecie - Art. 59, c. 1, d. lgs. n. 152/1999 e s.m.. Sono palesemente infondate le eccezioni sollevate in tema di prelievo di campioni e di esecuzione delle relative analisi [effettuati nel rispetto delle norme procedimentali di riferimento] qualora sia stato accertato, con motivazione incensurabile, come in specie, che le acque di lavorazione delle olive venivano immesse, senza trattamento depurativo, attraverso un tubo, direttamente in corso d'acqua superficiale. Fattispecie: scarichi di acque reflue industriali non autorizzati in un fiume, da parte del titolare di un frantoio oleario. (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del Tribunale di Palmi del 29.11.2006) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Borgese. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22758
INQUINAMENTO IDRICO - INQUINAMENTO - Depuratore delle acque - Cattivo funzionamento delle elettropompe - Sversamento di liquidi fognari su terreno - Idoneità lesiva della condotta ex art.674 c.p.. La fattispecie prevista dall'art.674 cp è collocata nello ambito delle contravvenzioni di polizia ed è posta a tutela della incolumità pubblica. I nocumenti, più o meno gravi, che la norma intende evitare devono essere messi in relazione alla loro capacità lesiva nei confronti delle persone che dal getto pericoloso di cose vengono imbrattate, offese nella loro integrità fisica o molestate e turbate nella loro tranquillità. L'idoneità lesiva della condotta è correlabile anche ad oggetti, ma in questo caso il fatto (danni solo alle colture senza riflessi negativi sulle persone) non ha rilevanza penale. Di conseguenza, il reato non si perfeziona quando i comportamenti enucleati nella norma sono idonei a danneggiare esclusivamente delle res. (annulla senza rinvio, sentenza n. 835/2007 TRIBUNALE di L'AQUILA, del 24/03/2009) Pres. Onorato, Est. Squassoni, Ric. Chelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/06/2010 (Ud. 22/04/2010), Sentenza n. 22032
INQUINAMENTO IDRICO - Gestione dei rifiuti messi illegalmente in scarico Inadempimento di Stato - Protezione delle acque sotterranee - Tutela dell’ambiente - Direttiva 2006/12/CE - Direttiva 80/68/CEE. Non avendo adottato le misure necessarie nel quadro della gestione dei rifiuti depositati illegalmente nelle vecchie carriere di limasti e Linos, situate nel comune di Lourosa, la repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi che gli incombono in virtù rispettivamente degli articoli 4 e 8 della direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti, che codificano la direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, e degli articoli 3, sotto b), e 5 della direttiva 80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, relativa alla protezione delle acque sotterranee contro l'inquinamento causato da alcune sostanze pericolose. (Testo .Uff. En n’ayant pas adopté les mesures nécessaires dans le cadre de la gestion des déchets entreposés illégalement dans les anciennes carrières des Limas et des Linos, situées dans la commune de Lourosa, la République portugaise a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu respectivement des articles 4 et 8 de la directive 2006/12/CE du Parlement européen et du Conseil, du 5 avril 2006, relative aux déchets, codifiant la directive 75/442/CEE du Conseil, du 15 juillet 1975, relative aux déchets, et des articles 3, sous b), et 5 de la directive 80/68/CEE du Conseil, du 17 décembre 1979, concernant la protection des eaux souterraines contre la pollution causée par certaines substances dangereuses). Pres. Lenaerts - Rel. Šváby - Commissione Europea c. Repubblica portoghese. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 10/06/2010, Sentenza C-37/09
ACQUA - MARE E COSTE - Regione Campania - Linee guida approvate con Delibera di giunta regionale n. 1426/2009 - Interventi di ripascimento - Interventi di realizzazione di scogliere, moli e pennelli già sottoposti a VIA - Sottoposizione ad autorizzazione - Illegittimità - Contrasto con l’art. 109 d.lgs. n. 152/2006 - Incompetenza della Giunta regionale. L’autorizzazione di cui all’art. 109 del d.lgs. n. 152/2006 non è prevista per gli interventi di ripascimento della fasce costiere, né per i manufatti già sottoposti a valutazione di impatto ambientale. Ne deriva l’illegittimità delle linee guida approvate con delibera di giunta regionale della Campania n. 1426 del 3 settembre 2009, nella parte in cui assoggettano ad autorizzazione gli interventi di ripascimento delle fasce costiere (punto 1.2.b) e quelli tesi alla realizzazione di scogliere, moli, pennelli ed altri manufatti, già sottoposti a procedura da valutazione di impatto ambientale (punto 1.2.f). detto linee guida, infatti, ampliando il novero degli interventi soggetti ad autorizzazione, modificano la normativa introdotta con legge statale. Vale appena rammentare, in ogni caso, che gli atti aventi natura regolamentare non rientrano nella competenza Giunta regionale, in quanto l’adozione di atti della specie resta devoluta al Consiglio regionale in base agli artt. 19 e 20 dello Statuto della Regione Campania. Pres. f.f. Donadono, Est. Buonauro - Provincia di Napoli (avv.ti Cosmai e Di Falco) c. Regione Campania (avv. Gaudino) e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Avv. Stato) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 19 maggio 2010, n. 7161
ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO - Acque di dilavamento dei parcheggi Assimilabilità a scarichi industriali - Esclusione. Le acque di dilavamento dei parcheggi non sono assimilabili a scarichi industriali. Pres. Onorato, Est. Pannone -C.P. (avv.ti Esposito) c. Comune di Piano di Sorrento (avv. Pontecorvo) e Regione Campania (avv. De Gennaro) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 11 maggio 2010, n. 3772
ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, art. 4, c. 1,
lett. b) - Pianificazione d’ambito - Competenza amministrative di controllo -
Attribuzione alla Regione - Illegittimità costituzionale - Artt. 149 e 161
d.lgs. n. 152/2006. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 4, comma 1,
lettera b), della L.R. Lombardia n. 1 del 2009, nella parte in cui aggiunge la
lettera h-ter) al comma 1 dell’art. 44 della l.r. n. 26/2003. La norma
attribuisce alla Regione le competenze amministrative di controllo relative alla
pianificazione d’ambito che sono invece attribuite dagli artt. 149, comma 6, e
161, comma 4, lettera b), del decreto legislativo n. 152 del 2006, al Comitato
per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche. La pianificazione d’ambito deve
essere ricondotta alla materia della “tutela della concorrenza”, di competenza
legislativa esclusiva dello Stato, perché strettamente funzionale alla gestione
unitaria del servizio e ha, perciò, lo scopo di consentire il concreto
superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche, al fine
di inserire armonicamente tale gestione in un piú ampio quadro normativo diretto
alla razionalizzazione del mercato del settore» (Sent. n. 246 del 2009). Pres.
Amirante, Est. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione
Lombardia -
CORTE
COSTITUZIONALE - 23.04.2010, n. 142
ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, artt. 5 e 8 -
Tariffa del servizio idrico integrato - Determinazione - Prescrizioni regionali
- Illegittimità costituzionale - Art. 154 d.lgs. n. 152/2006. Gli artt. 5 e
8 della legge reg. n. 1 del 2009, modificando gli artt. 48 e 51 della legge reg.
n. 26 del 2003, prevedono che la tariffa del servizio idrico integrato sia
determinata sulla base delle prescrizioni dell’amministrazione regionale, mentre
i commi 2 e 4 dell’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 attribuiscono al Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio la definizione delle componenti di
costo per la determinazione della tariffa in questione e all’Autorità d’àmbito
la determinazione della tariffa di base. La disciplina della tariffa del
servizio idrico integrato contenuta nell’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 è
ascrivibile, «in prevalenza, alla tutela dell’ambiente e alla tutela della
concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato» (Sent. n.
246 del 2009).. Ne consegue l’illegittimità costituzionale delle norme regionali
impugnate. Pres. Amirante, Est. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c.
Regione Lombardia -
CORTE
COSTITUZIONALE - 23 aprile 2010, n. 142
ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, art. 3, c. 1,
lett. p) ed r) - Tariffa del servizio idrico integrato - Determinazione -
Prescrizioni dell’amministrazione regionale - Illegittimità costituzionale -
Art. 154 d.lgs. n. 152/2006. Le lettere p) ed r) del comma 1 dell’art. 3
della legge reg. Lombardia n. 10 del 2009 recano una disciplina della tariffa
del servizio idrico integrato, prevedendo, seppure nel particolare caso della
separazione della gestione delle reti dall’erogazione del servizio, che detta
tariffa sia determinata sulla base delle prescrizioni dell’amministrazione
regionale, mentre i parametri interposti dei commi 2 e 4 dell’art. 154 del
d.lgs. n. 152 del 2006 attribuiscono al Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio la definizione delle componenti di costo per la determinazione
della «tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego
dell’acqua» e all’Autorità d’àmbito la determinazione della tariffa di base.
Poiché la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato è ascrivibile
alla tutela dell’ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza
legislativa esclusiva dello Stato, è precluso al legislatore regionale
intervenire nel settore, con una disciplina difforme da quella statale. Pres.
Amirante, Est. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione
Lombardia -
CORTE
COSTITUZIONALE - 23-4-2010, n. 142
ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, art. 3, c. 1, lett
q) - Pianificazione d’ambito - Competenze amministrative di controllo -
Attribuzione alla Giunta regionale - Illegittimità costituzionale. La
lettera q) del comma 1 dell’art. 3 della legge reg. Lombardia n. 10 del 2009
attribuisce alla Giunta regionale le competenze amministrative di controllo
relative alla pianificazione d’àmbito, che sono, invece, attribuite dagli
evocati parametri interposti al Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse
idriche. Poiché la disciplina della pianificazione d’àmbito rientra nella
materia della tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva
dello Stato, le disposizioni regionali denunciate sono illegittime, perché
intervengono in un settore, quello della pianificazione d’àmbito, che è precluso
alla Regione. Pres. Amirante, Est. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri
c. Regione Lombardia -
CORTE
COSTITUZIONALE - 23-04-2010, n. 142
ACQUA - Servizio idrico integrato - L.r. Lombardia n. 1/2009, art. 15, c. 9 -
Atti di determinazione della tariffa e piani d’ambito già adottati - Salvezza -
Illegittimità costituzionale - Disciplina ascrivibile alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato. L’art. 15, comma 9, della legge reg. n.
10 del 2009 reca una disciplina della tariffa del servizio idrico integrato,
facendo «salvi» e dichiarando «approvati», «ai sensi e per gli effetti delle
prescrizioni regionali di cui all’articolo 51 della L.R. n. 26/2003, come
modificato dall’articolo 8 della legge regionale 29 gennaio 2009, n. 1», gli
atti di determinazione della tariffa delle Autorità d’àmbito e i piani d’àmbito
già adottati; i citati parametri interposti dei commi 2 e 4 dell’art. 154, del
d.lgs. n. 152 del 2006 attribuiscono, invece, al Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio la definizione delle componenti di costo per la
determinazione della «tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di
impiego dell’acqua» e all’Autorità d’àmbito la determinazione della tariffa di
base. Poiché la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato è
ascrivibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, va dichiarata
l’illegittimità costituzionale della disposizione denunciata, perché essa
interviene in settori, quelli della tariffa del servizio idrico integrato e
della pianificazione d’àmbito, la cui disciplina è preclusa alla Regione. Pres.
Amirante, Est. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione
Lombardia -
CORTE COSTITUZIONALE - 23/04/2010, n. 142
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarico di reflui senza autorizzazione provenienti da attività d’allevamento di bestiame (suini) - Spandimento di reflui zootecnici, utilizzabili a scopo agronomico, in assenza della prescritta autorizzazione - Art. 59, c.11 ter, D. Lgs. n. 152/1999, come sostituito dall'art. 137, c. 14, D. Lgs n. 152/2006. In materia d'inquinamento, anche a seguito della depenalizzazione della condotta di scarico senza autorizzazione di reflui provenienti da attività d'allevamento del bestiame per effetto delle modifiche introdotte dal D. L.vo 16 gennaio 2008 n. 4 all'art. 101, comma settimo lett. b), del D. L.vo 3 aprile 2006 n. 152, l'utilizzazione agronomica dei reflui medesimi, al di fuori dei casi o dei limiti consentiti, continua ad integrare il reato previsto dall'art. 137, comma quattordicesimo, del D. L.vo 152 del 2006. (sez. III, 2.7.2008 n. 26532, Calderone). Sicché, il più grave trattamento sanzionatorio comminato per l'ipotesi di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, al di fuori dei casi e delle procedure previste, è evidentemente dettato dalla considerazione, da parte del legislatore, della maggiore pericolosità dell'impiego, nella produzione di sostanze alimentari, di materiali potenzialmente nocivi se utilizzati al di fuori delle prescrizioni imposte. La deroga, peraltro, trova piena rispondenza nella clausola di salvezza "salvo che il fatto costituisca reato" prevista dall'art. 137, comma terzo, del medesimo decreto legislativo, che punisce con sanzione amministrativa l'effettuazione o il mantenimento di uno scarico senza l'osservanza delle prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione. (Conferma sentenza dell’11.7.2008 del Tribunale di Crema) Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Premoli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n. 11256
DIRITTO DELLE ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Pozzetto fiscale per il
campionamento - Art. 101 d.lgs. n. 152/2006 - Criterio generale - Posizionamento
- Disposizioni speciali - Funzione integrativa del principio - Scarichi
contenenti sostanze pericolose - Individuazione di punti fiscali di
campionamento ulteriori rispetto allo scarico finale - Legittimità. Secondo
il criterio generale stabilito dal legislatore nella disciplina degli scarichi -
cfr. art. 101 del d.lgs. n. 152/2006 - il pozzetto fiscale per il campionamento
va di regola fissato subito prima dello scarico finale nel corpo recettore.
Tuttavia, una serie di disposizioni speciali, puntualmente individuate dal
legislatore, hanno funzione integrativa di tale criterio (cfr. cc. 4 e 5 del
medesimo art 101 e art. 108, in materia di scarichi di sostanze pericolose). Il
combinato di tutte le disposizioni richiamate induce a ritenere che - a fronte
di scarichi interni al processo produttivo che contengano sostanze pericolose -
l’autorizzazione integrata ambientale che abbia identificato tali scarichi come
punti di controllo, campionamento, misura e registrazione in continuo -
individuando quindi punti fiscali di campionamento dei reflui ulteriori rispetto
allo scarico finale dell’insediamento produttivo - deve ritenersi legittima
(fattispecie relativa a scarichi contenenti cromo, nichel, piombo, rame e zinco
- sostanze pericolose elencate nella Tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza
del testo unico). Pres. Turco, Est. Filippi - C. s.p.a. (avv.ti Perri, Rapini e
Tubere) c. Regione Valle d’Aosta (avv. Landi).
TAR VALLE D’AOSTA - 10 marzo 2010, n. 23
DIRITTO DELLE ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarichi - Art. 101, c. 4 d.lgs.
n. 152/2006 - Scarichi parziali - “Trattamenti particolari” - Indeterminatezza -
Specifico trattamento da imporre - Prudente apprezzamento dell’amministrazione.
Il legislatore, con il riferimento all’ampia e generica categoria del
“trattamento particolare”, che l’articolo 101, comma 4, espressamente consente
di prescrivere con riguardo agli scarichi parziali, prima della loro confluenza
nello scarico generale, ha inteso rimettere al prudente apprezzamento
dell’Amministrazione, sulla scorta di una adeguata valutazione compiuta dai
competenti tecnici di settore, la scelta in ordine allo specifico trattamento da
imporre agli scarichi parziali, prima della loro confluenza nello scarico
generale. Pres. Turco, Est. Filippi - C. s.p.a. (avv.ti Perri, Rapini e Tubere)
c. Regione Valle d’Aosta (avv. Landi).
TAR VALLE D’AOSTA - 10 marzo 2010, n. 23
DIRITTO DELLE ACQUE - Servizio idrico integrato - Gestore - Affidamento in
concessione delle opere e degli impianti di proprietà degli enti locali -
Conseguenza ex lege dell’affidamento del servizio - Artt. 74, 143
e 153 d.lgs. n. 152/2006. L’affidamento in concessione al Gestore del
servizio idrico integrato (articolo 4, comma 1, lettera f della legge 36 del
1994) delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni di proprietà degli enti
locali, opera giuridicamente in forza dall'articolo 12 della legge e consegue
all'affidamento del servizio stesso (cfr., oggi, gli artt. 74, lett. r, 143 e
153 del d.lgs. n. 152/2006). Pres. Piscitello, Est. Trizzino - H. s.p.a. (avv.
Belli) c. Provincia di Forlì Cesena (avv.ti Giampietro e Dacci), Agenzia di
Ambito per i Servizi Pubblici di Forlì - Cesena (avv. ti Celli e Santi), Comune
di Cesena (avv. Ghezzi), Comune di Forlì (avv. Balli) e altri (n.c.).
TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 12 febbraio 2010, n. 1010
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarichi - Autorizzazione - Titolare dell’attività da
cui origina lo scarico - Servizio idrico integrato - Convenzione di affidamento
- Gestore del servizio - Possibilità di non assumere la titolarità di scarichi
non conformi alla normativa - Esclusione - Art. 124 d.lgs. n. 152/2006. A
norma del secondo comma dell’articolo 124 del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152 (la
norma sancisce innanzitutto che tutti gli scarichi devono essere preventivamente
autorizzati), l'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui
origina lo scarico (nella specie, al soggetto gestore del servizio idrico
integrato che è cosa ben diversa dal soggetto proprietario dello scarico e dal
soggetto titolare della funzione -l’ATO cui per legge è inibita l’attività di
gestione degli impianti). In ragione di ciò è assolutamente destituita di
fondamento la pretesa di attribuire a una disposizione pattizia (nella specie,
la Convenzione stipulata per la gestione del servizio idrico integrato tra il
gestore e l’AATO) la capacità di derogare al precetto legislativo riconoscendo
al Gestore (cui è affidato il Servizio Idrico Integrato in via esclusiva) la
possibilità di non assumere la titolarità degli scarichi di acque reflue non
conformi alla normativa vigente. La convenzione è infatti atto di autonomia
privata e come tale non può in alcun modo essere interpretata in deroga alle
previsioni legislative oggi contenute nel Codice dell’Ambiente. Pres. Piscitello,
Est. Trizzino - H. s.p.a. (avv. Belli) c. Provincia di Forlì Cesena (avv.ti
Giampietro e Dacci), Agenzia di Ambito per i Servizi Pubblici di Forlì - Cesena
(avv. ti Celli e Santi), Comune di Cesena (avv. Ghezzi), Comune di Forlì (avv.
Balli) e altri (n.c.).
TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 12 febbraio 2010, n. 1010
DIRITTO DELLE ACQUE - Servizio idrico integrato - Canone per lo scarico e la depurazione delle acque - Controversie - Attribuzione alla giurisdizione del giudice tributario - Art. 2, c. 2 d.lgs. n. 546/1992 e ss. mm. - Illegittimità costituzionale - Art. 102 Cost. - Artt. 144 e 145 d.lgs. n. 152/2006. L’art. 2, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546/1992 - come modificato dall’art. 3-bis, comma 1, lettera b), del D.L. n. 203/2005, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della L. n. 248/2005, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 13 e 14 della L. n. 36/94 è costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 102 Cost. Il canone in questione non ha infatti natura tributaria, dovendosi identificare nel “corrispettivo ad una prestazione commerciale complessa” (Sent. Corte Cost. 335/2008). Il medesimo art. 2, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, è altresì illegittimo nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 29 aprile 2006, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 154 e 155 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). Anche questi ultimi due articoli - analogamente alle disposizioni abrogate - precisano che le somme dovute dall’utente per i servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono componenti della tariffa che costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato. Pres. Amirante, Est. Gallo - q.l.c. sollevata dalla Corte di Cassazione nel procedimento tra P. c. G. s.p.a.. CORTE COSTITUZIONALE - 11 febbraio 2010, n. 39
DIRITTO DELLE ACQUE - Servizio idrico integrato - Determinazione della tariffa - Art. 117 Cost. - Tutela dell’ambiente e della concorrenza - Materie di competenza esclusiva dello Stato - L. r. Emilia Romagna n. 10/2008, art. 28, cc. 2 e 7 - Previsione di componenti tariffarie ulteriori rispetto alla normativa nazionale - Illegittimità costituzionale. Dall’interpretazione letterale e sistematica degli artt. 154, 155 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006 si desume che la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua è ascrivibile alla materia della tutela dell’ambiente e a quella della tutela della concorrenza, ambedue di competenza legislativa esclusiva dello Stato (cfr. sentenza Corte Cost. n. 246/2009). L’uniforme metodologia tariffaria, adottata con l’interposta legislazione statale, e la sua applicazione da parte delle Autorità d’àmbito è finalizzata, dunque, a preservare il bene giuridico “ambiente” dai rischi derivanti da una tutela non uniforme ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore del servizio idrico integrato. Tali finalità non potrebbero essere realizzate se dovessero trovare applicazione normative regionali con le quali sia prevista la determinazione di oneri tariffari ulteriori o diversi. L’art. 28, commi 2 e 7, della legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10, nel prevedere una specifica componente di costo che prescinde da quanto stabilito dal decreto ministeriale di cui al comma 2 dell’art. 154 del d.lgs. n. 152/2006, è conseguentemente illegittima per violazione dell’art. 117, c. 2, lett. e) Cost. Pres. Amirante, Est. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Emilia Romagna - CORTE COSTITUZIONALE - 4 febbraio 2010, n.29
DIRITTO DELLE ACQUE - Acque minerali e termali - Concessioni di derivazioni - Principio di temporaneità - Fissazione del limite massimo di durata in trenta anni - Art. 96 d.lgs. n. 152/2006 - Art. 44, c. 8 Lr. Campania n. 8/08 - Fissazione della durata in cinquant’anni - Illegittimità costituzionale - Interferenza con la normativa in materia di VIA. Il principio di temporaneità delle concessioni di derivazione e la fissazione del loro limite massimo ordinario di durata in trenta anni (salvo specifiche ed espresse eccezioni), senza alcuna proroga per le concessioni perpetue in atto, rappresentano livelli adeguati e non riducibili di tutela ambientale individuati dal legislatore statale e che fungono da limite alla legislazione regionale (sentenze n. 61 del 2009 e n. 225 del 2009). Ne deriva l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 8, della legge della Regione Campania n. 8 del 2008, il quale fissa la durata delle concessioni che all’atto di entrata in vigore della legge regionale n. 8 del 2008 erano “perpetue” in cinquanta anni e non già in trenta anni, secondo quanto previsto dalla normativa statale di cui all’art. 96, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006. Una dilatazione eccessiva del termine di durata trentennale urta peraltro con la necessità, in sede di rinnovo della concessione, di procedere alla valutazione sia di impatto ambientale (VIA), sia di incidenza, la cui riconduzione alla competenza esclusiva dello Stato, di cui alla lettera s) del secondo comma dell’art. 117 Cost., è stata di recente ribadita (sentenza n. 225 del 2009). Pres. Amirante, Est. Maddalena -Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Campania. CORTE COSTITUZIONALE - 14/01/2010, sentenza n.1
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarico giornaliero inferiore a 20 mc. di acque reflue assimilabili a quelle domestiche - Autocertificazione - Mancanza - Illecito amministrativo - Art. 133, c.2°, D.L.vo 152/06 - Art. 101, c. 7° lett. e), D.L.vo 152/06 - Art. 5, c.4°, Reg. R. Lombardia n. 3/06. Nel caso di scarico giornaliero inferiore a 20 mc. di acque reflue assimilabili a quelle domestiche in virtù degli artt. 101, comma 7° lett. e), .D.L.vo 152/06; 5, comma 4°, del regolamento Regione Lombardia n. 3 del 24/03/06 è sufficiente un'autocertificazione della ditta esercente l'attività (nella specie di lavanderia). La mancanza, all'epoca del sopralluogo di tale autocertificazione (che poi fu subito redatta nei giorni successivi) non determina, l'illiceità penale dello scarico di acque reflue, stante la sussistenza dei requisiti intrinseci di assimilabilità delle predette acque reflue a quelle domestiche. Pertanto, nella fattispecie non ricorrono gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 137, comma 1°, D.L.vo 152/06; con particolare riferimento all'elemento soggettivo. La mancanza dell'autocertificazione determina, tutt'al più, l'illecito amministrativo di cui all'art. 133, comma 2°, D.L.vo 152/06. (Annulla senza rinvio, Sentenza Tribunale di Milano, del 12/03/09) Pres. Grassi, Est. Gentile, Ric. Ruffo Di Calabria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/01/2010 (Ud. 25/11/2009), Sentenza n. 772
ACQUA - Giurisdizione del
Tribunale superiore delle acque pubbliche - Giurisdizione del TAR - Discrimine -
Incidenza diretta del provvedimento sul governo delle acque pubbliche.
Appartengono alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche
tutti i ricorsi contro provvedimenti che siano caratterizzati dall'incidenza
diretta sulla materia delle acque pubbliche, ancorché adottati da autorità
diverse da quelle specificamente preposte alla tutela delle acque. Il discrimine
quindi ai fini della giurisdizione è l'incidenza diretta del provvedimento
amministrativo sul governo delle acque pubbliche (cfr. ex multis Consiglio Stato
, Sezione V, 12 giugno 2009 , n. 3678, richiamata da Consiglio di Stato, Sezione
V, 25 maggio 2010 , n. 3325). Pres. f.f. Pasca, Est. Giansante - A.C. Coop. e
altri (avv. Loiodice) c. Regione Puglia e altro (avv. D’Innella) -
TAR PUGLIA, Bari, Sez. III - 2 dicembre 2010, n. 4059
ACQUA - Giurisdizione speciale in
materia di acque pubbliche - Presupposti - Incidenza immediata e diretta sul
regime delle acque pubbliche. La giurisdizione speciale in materia di acque
pubbliche riguarda gli atti che, anche se emanati da autorità non
specificatamente preposte alla tutela delle acque pubbliche, abbiano sul regime
di queste ultime un’incidenza immediata e diretta, con esclusione dunque degli
atti che non abbiano tale incidenza (Cons. St., sez. IV, 6 luglio 2009, n. 4306;
Cass., sez. un., 17 aprile 2009, n. 9149). Pres. Cavallari, Est. Lattanzi -
Associazione Italia Nostra onlus e altri (avv. Flascassovitti) c. regione Puglia
(avv. Balducci) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 4 novembre 2010, n. 2616
ACQUA - Giurisdizione del
Tribunale superiore delle acque pubbliche - Estensione - Fattispecie: Esclusione
da una gara di appalto per la realizzazione di opere idrauliche - Cognizione del
giudice amministrativo. La giurisdizione di legittimità in unico grado del
Tribunale superiore delle acque pubbliche ex art. 143, comma 1, lett. a), del
R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, sui ricorsi per incompetenza, eccesso di potere
e violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi dell’amministrazione in
materia di acque pubbliche, sussiste solo allorquando i provvedimenti impugnati
incidono direttamente ed immediatamente sulla materia delle acque, concorrendo
in concreto a disciplinare la gestione, l’esercizio delle opere idrauliche, i
rapporti con i concessionari ovvero a determinare i modi di acquisto dei beni
necessari all’esercizio e/o alla realizzazione delle opere stesse o a stabilirne
e/o a modificare la localizzazione di esse o influire sulla loro realizzazione
mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimento. Non rientrano per
contro in tale speciale competenza giurisdizionale le controversie che hanno per
oggetto atti solo strumentalmente inseriti in procedimenti finalizzati ad
incidere sul regime delle acque, così che appartiene alla cognizione del giudice
amministrativo la controversia con cui si dubita della legittimità di un
provvedimento di esclusione dalla gara di appalto per la realizzazione di opere
idrauliche. Pres. f.f. Lamberti, Est. Saltelli - Comune di Caltavuturo e altri
(avv.ti Corso, D'Amico e Scardina) c. ATO 1 Palermo (avv. Pitruzzella), A:
s.p.a. (avv.ti Acquarone, Anselmi, Bertone , Di Gioia), Regione Sicilia (avv.
Mari) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. Lazio, Sez. I n. 10719/2009) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 1 ottobre 2010, n. 7276
ACQUA - Acque pubbliche - Giurisdizione del TSAP - Ambito - Individuazione. La giurisdizione del TSAP, prevista dal R.D. n 1775 del 1933, art. 143 ha ad oggetto i ricorsi avverso provvedimenti amministrativi che - pur se promananti da autorità diverse da quelle specificamente preposte alla tutela delle acque - siano caratterizzati dall'incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, restandone invece escluse le controversie che solo in via di riflesso o indirettamente abbiano una tale incidenza (Cassazione civile , sez. un., 12 maggio 2009 , n. 10845; Cassazione civile , sez. un., 08 aprile 2009 , n. 8509) Pres. Mozzarelli, Est. Di Benedetto - B.O. (avv.Rizzo) c. Ministero dei Lavori Pubblici - Magistrato Per il Po (Avv. Stato) - TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 8 giugno 2010, n. 5484
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarico
diretto in corpo irriguo - Controversie - Regime delle acque pubbliche -
Giurisdizione del TAR - Esclusione. La controversia in materia di scarico
non riversantesi in una rete fognaria o in un depuratore, ma direttamente in un
corpo irriguo, con tutte le conseguenze relative alla sua utilizzazione,
incidendo direttamente sul regime delle acque pubbliche, esula dalla
giurisdizione del TAR (Trib. sup.re acque, 13 marzo 2009, n. 39, e 7 novembre
2008, n. 172). Pres. Zuballi, Est. Eliantonio - Comune di Ortona (avv. Polidori)
c. Provincia di Chieti (avv. Manso) -
TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. I - 30 marzo 2010, n. 220
DIRITTO DELLE ACQUE -
ESPROPRIAZIONE - Provvedimenti in materia di acque pubbliche - Cognizione del
Tribunale superiore delle acque pubbliche - Art. 140 R.D.. n. 1175/33 -
Provvedimenti espropriativi o di occupazione di urgenza delle aree occorrenti
per la realizzazioni di opere idrauliche. Tra i provvedimenti in materia di
acque pubbliche che il R.D. 11.12.1933, n. 1175, all’art. 140, lett. a) e d),
devolve alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, devono
includersi tutti quelli che influiscono sul regime delle acque pubbliche e che,
per effetto della loro incidenza sulla realizzazione, modificazione, sospensione
o eliminazione di un’opera idraulica riguardante un’acqua pubblica, concorrono,
in concreto, a disciplinare le modalità di utilizzazione di quell’acqua; sicché
vi sono compresi anche i provvedimenti espropriativi o di occupazione d’urgenza
delle aree occorrenti per la realizzazione dell’opera idraulica, compresi quelli
successivi aventi ad oggetto la loro sospensione o la loro revoca, nonché i
provvedimenti comunque influenti sulla localizzazione dell’opera idraulica o il
suo spostamento (cfr. da ultimo, Cass., SS.UU., 12 maggio 2009, n. 1846). Pres.
Giovannini, Est. Martino - S.P. (avv. Simeoni) c. Commissario Delegato per
l’emergenza inquinamento e crisi idrica nei territori dei Comuni serviti dal
Consorzio per l’acquedotto del “Simbrivio” (Avv. Stato), A.A. s.p.a. (avv. Puca)
e altro (n.c.).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 18/01/2010, n. 304
ACQUA - ESPROPRIAZIONE - Provvedimenti espropriativi delle aree occorrenti
per la realizzazione di opere idrauliche - Giurisdizione del Tribunale superiore
delle acque pubbliche - Rapporto con la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo in materia di espropriazione per pubblica utilità - Art. 53
d.P.R. n. 328/2001 - Abrogazione della giurisdizione del TSAP - Esclusione.
L’art. 53 del d.P.R. n. 328/2001, prevede la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo sulla generale materia delle espropriazioni per pubblica utilità,
senza nulla innovare circa la devoluzione alla giurisdizione speciale delle
controversie in materia di opere idrauliche. Anche l’art. 58 si limita ad
abrogare solo alcune norme, sostanziali, del T.U. n. 1775 del 1993, senza
incidere, come pure avrebbe potuto, sugli artt. 138 e ss. riguardanti la
giurisdizione. Non può pertanto dedursi che tali disposizioni, articolate
unicamente sul riparto di giurisdizione ordinario e giudice amministrativo,
abbiano abrogato la giurisdizione del Tribunale Superiore della Acque Pubbliche
(cfr. Cass. SS.UU. n. 1846/2009). In difetto di un’abrogazione espressa, la
disciplina delle funzioni attribuite al Tribunale Superiore delle Acque
Pubbliche dal R.D. n. 1775 del 1933, deve ritenersi ancora in vigore. Pres.
Giovannini, Est. Martino - S.P. (avv. Simeoni) c. Commissario Delegato per
l’emergenza inquinamento e crisi idrica nei territori dei Comuni serviti dal
Consorzio per l’acquedotto del “Simbrivio” (Avv. Stato), A.A. s.p.a. (avv. Puca)
e altro (n.c.).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 18 gennaio 2010, n. 304
DIRITTO DELLE ACQUE - Acque minerali e termali - Riparto di competenze tra Stato e Regioni - Distinzione tra uso e tutela ambientale delle acque - Art. 97 d.lgs. n. 152/2006 - Artt. 144 e 145 d.lgs. n. 152/2006. In materia di “acque minerali e termali”, il riparto delle competenze tra Stato e Regioni dipende dalla distinzione tra uso delle acque minerali e termali, di competenza regionale residuale, e tutela ambientale delle stesse acque, che è di competenza esclusiva statale, ai sensi del vigente art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione. Di detta tutela ambientale dà inconfutabile conferma l’art. 97 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ai sensi del quale le concessioni di acque minerali e termali, e cioè i provvedimenti amministrativi che riguardano la loro utilizzazione, devono osservare i limiti di tutela ambientale posti dal Piano di tutela delle acque, in modo che non sia pregiudicato il patrimonio idrico, secondo quanto dispone il comma 3 del citato art. 144 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e sia assicurato l’equilibrio del bilancio idrico, come prevedono l’art. 145 ed il comma 6 dell’art. 96 dello stesso decreto legislativo. Si tratta di un evidente concorso di competenze sullo stesso bene (le acque minerali e termali), competenze che riguardano, per quanto attiene alle Regioni, l’utilizzazione del bene e, per quanto attiene allo Stato, la tutela o conservazione del bene stesso (da ultimo: sentenze nn. 225 del 2009, 105 del 2008 e 168 del 2008). Pres. Amirante, Est. Maddalena -Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Campania. CORTE COSTITUZIONALE - 14 gennaio 2010, sentenza n. 1
DIRITTO DELLE ACQUE - Provvedimenti amministrativi aventi ad oggetto solo indirettamente l’acqua - Giurisdizione del TAR - Fattispecie: autorizzazione all’esercizio di acquacoltura. L’impugnazione di provvedimenti amministrativi che solo indirettamente hanno a che fare con l’acqua, rientra pacificamente nella giurisdizione del giudice amministrativo (fattispecie relativa all’autorizzazione all’esercizio di acquacoltura, che soltanto si esercita in un bacino imbrifero e non ha, invece, ad oggetto l’acqua in sé). Pres. De Zotti, Est. Franco – A. s.r.l. (avv. Grimani) c. Comune di Carmignano di Brenta (avv. Testa). TAR VENETO, Sez. II – 12 gennaio 2010, n. 53
Inquinamento idrico - Acqua
2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 -2000-87