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Giurisprudenza Acqua Inquinamento idrico Inquinamento idrico, acque, tariffe, ATO, marittimo ed altro...
Anno 2009
Vedi gli anni: 2011- 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 -2000-87
Si veda anche: Urbanistica Vincoli - Aree Protette - Inquinamento - Demanio - Inquinamento - atmosferico
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Inquinamento idrico, acque, tariffe, ATO, marittimo ed altro...
Inquinamento idrico, acque in genere, tariffe, ATO ed altro ^
DIRITTO DELLE ACQUE - Cava a cielo aperto - Piazzale di frantumazione,
stoccaggio e trasporto del materiale estratto - Componente coessenziale
dell'impianto - Acque meteoriche di dilavamento - Qualificazione di acque reflue
industriali - Esclusione - Ragioni - Art. 2 d.lgs. n. 152/99 - Art. 74, lett. h)
d.lgs. n. 152/2006, come modificato dal d.lgs. n. 4/2008 - Provenienza
"funzionale". Nel caso di una cava a cielo aperto, il piazzale dove avviene
la frantumazione, lo stoccaggio, il caricamento ed il trasporto del materiale
estrattivo costituisce una componente coessenziale dell’impianto utilizzato per
l’esercizio dell’attività produttiva; l’attività complessiva in questione trova,
infatti, in tali operazioni dei momenti di ineliminabile svolgimento del ciclo
produttivo e quindi il piazzale finalizzato a tali essenziali lavorazioni
rientra a titolo primario nel concetto di “impianto..in cui si svolge
attività…di produzione di beni” utilizzato nella definizione di acque reflue
industriali posta dall’art.2 del d.lgs. n. 152/99 e ribadita dall’attuale
art.74, lettera h) del D.lgs. 3 aprile 2006, n.152. Tale connotazione, tuttavia,
non risulta sufficiente a trasformare le acque meteoriche di dilavamento in
“acque reflue industriali”, giacchè il principale ostacolo a tale qualificazione
è frapposto dalla stessa definizione di queste ultime, quale ricavabile
dall’art.2 del D.lgs. n.152\99, conforme, nella sua integralità, al testo
attualmente vigente dell’art.74, comma 1, lett.h), del D.lgs. 3 aprile 2006,
n.152, quale interpolato dall’art.2, comma 1, del D.lgs. 16 gennaio 2008, n.4.
(Quest’ultimo ha infatti soppresso l’inciso finale precedentemente inserito nel
testo dell’art.74, comma 1, lett.h) medesimo, secondo il quale si intendevano
come acque meteoriche di dilavamento “anche quelle venute in contatto con
sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate
nello stabilimento”). In sostanza, per il legislatore assume importanza
dirimente, ai fini della qualificazione in parola, la circostanza che le acque
reflue siano immesse nel ciclo produttivo in conseguenza dell’iniziativa umana
ascrivibile all’attività economica esercitata, risultando cioè l’immissione un
momento costitutivo del processo produttivo, come conferma altresì la pari
eccettuazione dal regime prevista per le “acque reflue domestiche” (oltre che,
appunto, per quelle “meteoriche di dilavamento”). Non può perciò condividersi il
riferimento alla giurisprudenza di merito dell’A.G.O. relativa ad acque che,
ancorchè meteoriche, siano da ritenersi comunque “provenienti dall’insediamento
produttivo”; ciò perché, da un lato, la provenienza dall’impianto non è
considerata elemento di qualificazione di per sé sufficiente alla stregua della
stessa evidente ed obiettiva formulazione legislativa, dall’altro, le acque
derivanti da eventi atmosferici non possono neppure, a rigore, considerarsi,
“comunque” provenienti dall’insediamento produttivo, perché la loro origine
rimane essenzialmente atmosferica e la provenienza dall’impianto deve ritenersi
incidentale, cioè ascrivibile al “luogo” ma indipendentemente dalla natura
produttiva di questo e dalla (dovuta) funzionalità e strumentalità
dell’utilizzazione delle acque rispetto al ciclo produttivo. La provenienza
presa in considerazione dalla legge, nel complesso della formulazione
legislativa qui in rilievo, deve quindi ritenersi “funzionale” in relazione al
ciclo produttivo e non solo “spaziale” in relazione all’ubicazione di un
impianto, come attesta l’eccettuazione delle acque meteoriche di dilavamento
unitamente a quelle “reflue domestiche”. Pres. Barbagallo, Est. Barra Caracciolo
- B. s.p.a. (avv. Narese) c. Regione Toscana e altri (avv. Bianchi), Comune di
Barberino di Mugello (avv. Padoa), Autorita' di Bacino del Fiume Arno e altro
(Avv. Stato) e Arpat (avv.ti Bora, Ciari e Lorenzoni) - (Riforma TAR Toscana, n.
1044/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 4 dicembre 2009, n. 7618
DIRITTO DELLE ACQUE - Acque meteoriche di dilavamento - Relazione di
contrapposizione con le acque reflue industriali - Materiali risultanti da
attività industriali - Contatto e trascinamento - Fenomeno del dilavamento -
Riconducibilità alle acque reflue industriali - Esclusione. Nel concetto
normativo di “acque meteoriche di dilavamento”, -posto in relazione di
contrapposizione con l’enunciato delle “acque reflue industriali”, intese come
quelle provenienti da edificio od impianto di esercizio di attività
industriali-, è insito e connaturato sia che le acque “dilavino” cioè entrino in
contatto e trascinino i materiali che si trovano sul suolo, sia che questi
materiali possano essere quelli risultanti da attività industriali svolte presso
l’impianto di volta in volta considerato. Le acque meteoriche non quindi sono
ontologicamente riconducibili, nella considerazione normativa, alle acque reflue
industriali, mentre la circostanza che esse, ricadendo all’interno dell’area
dell’insediamento produttivo, entrino a contatto con i prodotti di lavorazione e
si arricchiscano di tali elementi, non descrive altro che il fenomeno del
“dilavamento”, perfettamente compatibile con il carattere proprio e tipico delle
“acque meteoriche”, appunto, “di dilavamento”; tale fenomeno, nella stessa
concettualizzazione normativa, non può comportare che le stesse “perdano” tale
natura “assumendo quella di acque reflue industriali o, quanto meno, quella di
“acque dilavanti contaminate”. Pres. Barbagallo, Est. Barra Caracciolo - B.
s.p.a. (avv. Narese) c. Regione Toscana e altri (avv. Bianchi), Comune di
Barberino di Mugello (avv. Padoa), Autorita' di Bacino del Fiume Arno e altro
(Avv. Stato) e Arpat (avv.ti Bora, Ciari e Lorenzoni) - (Riforma TAR Toscana, n.
1044/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 04/12/2009, n. 7618
DIRITTO DELLE ACQUE - Servizio idrico integrato - Disciplina statale -
D.lgs. n. 152/2006 - Competenze esclusive statali in materia di funzioni
fondamentali degli enti locali, concorrenza, tutela dell’ambiente,
determinazione dei servizi essenziali delle prestazioni. La disciplina
statale in materia di servizio idrico integrato è stata dettata, essenzialmente,
dal d.lgs. n. 152 del 2006, il cui art. 141 evidenzia come lo Stato, per
regolare tale oggetto, abbia fatto ricorso a sue competenze esclusive in una
pluralità di materie: funzioni fondamentali degli enti locali, concorrenza,
tutela dell’ambiente, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Deve, in altri termini, parlarsi di un concorso di competenze statali, che
vengono esercitate su oggetti diversi, ma per il perseguimento di un unico
obiettivo, quello dell’organizzazione del servizio idrico integrato. Pres.
Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione
Lombardia.
CORTE COSTITUZIONALE - 20 novembre 2009, n. 307
DIRITTO DELLE ACQUE - Servizio idrico integrato - Gestione della rete idrica
ed erogazione del servizio - Principio di non separabilità - Art. 147 d.lgs. n.
152/2006 ante e post novella ex d.lgs. n. 4/2008 - Unicità e unitarietà -
Principio vincolante per il legislatore regionale - Art. 49, comma 1, della L.R.
Lombardia n. 26 del 2003, novellato dalla L.R. n. 18 del 2006 - Illegittimità
costituzionale. In materia di servizio idrico integrato, la cui disciplina è
recata da d.lgs. n. 152 del 2006, sono riscontrabili chiari elementi normativi
nel senso della loro non separabilità della gestione della rete idrica da quella
di erogazione del servizio idrico (cfr. art. 147, c. 2, lett. b) nel testo ante
novella di cui al decreto correttivo n. 4/2008 , vigente alla data di
promulgazione della legge regionale impugnata: la successiva modifica, che ha
sostituito l’espressione “unicità” della gestione con “unitarietà” della
gestione non appare rilevante, atteso che parlare di «unitarietà», anziché di
«unicità» delle gestioni, non vale a consentire l’opposto principio della
separazione delle gestioni stesse. In altri termini, le due gestioni, quella
delle reti e quella dell’erogazione, alla luce della sopravvenuta disciplina
statale, potranno anche essere affidate entrambe a più soggetti coordinati e
collegati fra loro, ma non potranno mai fare capo a due organizzazioni separate
e distinte. Cfr. altresì gli artt. 150, 151, commi 2 e 4, e 153, sia prima che
dopo la novella recata dal decreto correttivo n. 4 del 2008) Il principio della
non separabilità tra gestione della rete e gestione del servizio idrico
integrato è vincolante per il legislatore regionale, in quanto le competenze
comunali in ordine al servizio idrico devono essere considerate quali funzioni
fondamentali degli enti locali, la cui disciplina è stata affidata alla
competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost..
Ciò non toglie che la competenza in materia di servizi pubblici locali resti una
competenza regionale, la quale, risulta tuttavia limitata dalla competenza
statale suddetta, ma può continuare ad essere esercitata negli altri settori,
nonché in quello dei servizi fondamentali, purché non sia in contrasto con
quanto stabilito dalle leggi statali. L’art. 49, comma 1, della L.R. Lombardia
n. 26 del 2003, novellato dalla L.R. n. 18 del 2006, dunque, ponendo il
principio della separazione delle gestioni, violava specificamente la competenza
statale in materia di funzioni fondamentali dei comuni, laddove, in contrasto
con la disciplina statale, consentiva ed anzi imponeva una separazione non
coordinata tra la gestione della rete e l’erogazione del servizio idrico
integrato. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei
Ministri c. Regione Lombardia.
CORTE COSTITUZIONALE - 20 novembre 2009, n. 307
DIRITTO DELLE ACQUE - Servizio idrico integrato - Affidamento - Tutela della
concorrenza - Norme regionali più rigorose rispetto a quelle statali -
Legittimità costituzionale. La Costituzione pone il principio, insieme
oggettivo e finalistico, della tutela della concorrenza, e si deve, pertanto,
ritenere che le norme regionali più rigorose delle norme interposte statali,ed
in quanto emanate nell’esercizio di una competenza residuale propria delle
Regioni (nella specie, quella relativa ai “servizi pubblici locali), non possono
essere ritenute in contrasto con la Costituzione. Pres. Amirante, Est. Maddalena
- Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Lombardia.
CORTE COSTITUZIONALE - 20/11/2009, n. 307
DIRITTO DELLE ACQUE - Servizio idrico integrato - Organizzazione - D.lgs. n. 152/2006 - Autorità d’Ambito - Regioni - Competenze - Individuazione - Comune - Potere di autodeterminazione sull’organizzazione e sulla gestione del servizio - Esclusione. In tema di organizzazione del servizio idrico integrato, il D. Lgs. 3/4/2006 n. 152 ha completato il percorso delineato dai precedenti provvedimenti legislativi mediante il riconoscimento della personalità giuridica in capo all’Autorità d’Ambito, la previsione della partecipazione obbligatoria degli Enti locali del territorio (salvo per i Comuni con popolazione inferiore a 1000 abitanti facenti parte di una Comunità montana) e l’espresso trasferimento all’Autorità delle competenze spettanti ai Comuni in materia di programmazione delle infrastrutture e di gestione delle risorse idriche (art. 148 comma 1). Spetta invece alle Regioni e alle Province autonome la disciplina delle forme e dei modi della cooperazione tra gli Enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, assolto l’obbligo di costituire l’Autorità “cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato” (art. 148 comma 2). Lo strumento cui avvalersi per la programmazione degli interventi anche sotto il profilo economico-finanziario e per la definizione del modello gestionale e organizzativo è il Piano d’ambito, approvato dall’Autorità ai sensi dell’art. 149 del D. Lgs. In definitiva la scelta del legislatore è quella di superare le frammentazioni e di attribuire ad un unico Ente l’esercizio delle funzioni in materia di servizio idrico integrato, secondo le regole proprie della collegialità elaborate dalla Regione (art. 48 comma 3 L.r. Lombardia 26/2003 così come modificato dalla L.r. 18/2006). Non può pertanto essere riconosciuto ad alcun Comune il potere di autodeterminarsi sull’organizzazione e sulla gestione del servizio idrico integrato, in quanto ogni decisione in tal senso deve avvenire all’interno dell’Autorità d’ambito e secondo le sue regole di funzionamento: in buona sostanza, le determinazioni dell’Autorità assumono portata vincolante sull’intero territorio provinciale in virtù di una precisa scelta legislativa. La singola amministrazione locale non può quindi intraprendere percorsi autonomi e scegliere modalità di gestione diverse da quelle individuate dall’Autorità. Pres. Calderoni, Est. Tenca - Comune di Adro (avv. Soncini) c. Conferenza dell’Ambito Territoriale Ottimale della Provincia di Brescia (avv. Farnetani), Provincia di Brescia (avv.ti Bugatti, Donati e Poli) e altro (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 19 novembre 2009, n. 2238
DIRITTO DELLE ACQUE - RIFIUTI - Acque di scarico domestiche evacuate tramite pozzi settici in ambiente rurale - Rifiuti non coperti da un'altra legislazione - Mancata trasposizione di norme - Inadempimento di Stato (Irlanda) - Direttiva 75/442/CEE. Non avendo adottato, ad eccezione della contea di Cavan, qualsiasi disposizione legislativa regolamentare ed amministrativa necessaria per conformarsi agli articoli 4 e 8 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio del 18 marzo 1991, per quanto riguarda le acque di scarico domestiche eliminate in ambiente rurale tramite pozzi settici e di altri sistemi di trattamento individuali delle acque di scarico, l'Irlanda è venuta meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di questa direttiva. L'Irlanda è condannata ai tre quarti dei costi della Commissione delle Comunità europee e sopporta le sue spese. La Commissione delle Comunità europee sopporta il quarto dei suoi costi. (Testo Uff.: En n’ayant pas pris, sauf dans le comté de Cavan, toutes les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer aux articles 4 et 8 de la directive 75/442/CEE du Conseil, du 15 juillet 1975, relative aux déchets, telle que modifiée par la directive 91/156/CEE du Conseil, du 18 mars 1991, en ce qui concerne les eaux usées domestiques éliminées en milieu rural au moyen de fosses septiques et d’autres systèmes de traitement individuels des eaux usées, l’Irlande a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive. L’Irlande est condamnée aux trois quarts des dépens de la Commission des Communautés européennes et supporte ses propres dépens. La Commission des Communautés européennes supporte le quart de ses propres dépens). Pres. Bonichot (relatore), Commissione delle Comunità europee c. Irlanda. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 29/10/2009, Sentenza C-188/08
DIRITTO DELLE ACQUE - Servizio idrico integrato - Gestore -
Infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali - Affidamento in
concessione d’uso gratuito - Artt. 153 e 143 d.lgs. n. 152/2006 - Oggetto
dell’affidamento - Nozione di proprietà pubblica - Interpretazione estensiva -
Esclusione. Ai sensi dell’art. 153, comma 1, del Testo unico ambientale
(d.lgs. n. 152/2006) “le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali
ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per
tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato”.
Oggetto di affidamento, normativamente previsto, sono pertanto soltanto “gli
acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture
idriche di proprietà pubblica” individuati dall’art. 143 citato. La nozione di
proprietà pubblica di cui alla ricordata norma deve essere interpretata in senso
letterale, non potendosi ricomprendere nel suo significato anche quei beni
appartenenti a soggetti privati, affidatari di un servizio pubblico oppure
partecipati, in misura anche totalitaria, da un soggetto pubblico. Trattandosi
difatti del trasferimento coattivo di un bene da un soggetto ad un altro, quindi
di una procedura di tipo ablatorio, non sembra possibile procedere ad
interpretazioni estensive che determinino un sacrificio - in evidente violazione
del principio di legalità - del diritto di proprietà di soggetti non contemplati
espressamente dalla normativa. Pres. Lao, Est. De Vita - A.s.p.a. (avv. Scoca)
c. Consorzio Autorità dell’Ambito Territoriale Ottimale della Provincia di Pavia
(avv.ti Guffanti e Mazzocco) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 26 ottobre 2009, n. 4896
ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO - Disciplina degli scarichi - Principi generali - Artt. 101 e 108 d.lgs. n. 152/2006 - Rispetto dei limiti tabellari - Conseguimento - Divieto di diluizione. Dalla lettura in combinato disposto dell’art. 101 e dell’art. 108 del d.lgs. n. 152/2006, anche a seguito della modifica di cui al d.lgs. n. 4/2008, si evince che la disciplina in materia di tutela delle acque dall’inquinamento annovera, tra i criteri generali della disciplina degli scarichi, il principio che prevede che il rispetto dei limiti tabellari di scarico non deve essere conseguito mediante la diluizione, sia che essa avvenga con acque prelevate esclusivamente per questo scopo, sia che avvenga con acque di raffreddamento e di lavaggio. Pres. De Zotti, Est. Perrelli - A. s.p.a. (avv.ti Casali e Venturi) c. Provincia di Verona (avv.ti Scappini e Sartori) - TAR VENETO, Sez. III - 20 ottobre 2009, n. 2624
DIRITTO DELLE ACQUE - Aggiudicazione di appalti pubblici - Attribuzione del
servizio idrico a una società a capitale misto - Procedura a evidenza pubblica -
Designazione del socio privato incaricato della gestione del servizio -
Attribuzione al di fuori delle norme relative all’aggiudicazione degli appalti
pubblici - Artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE. Gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE non
ostano all’affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l’esecuzione
preventiva di determinati lavori a una società a capitale misto, pubblico e
privato, costituita specificamente al fine di fornire e gestire il servizio
idrico integrato, e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato
sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei
requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da
svolgere e delle caratteristiche dell’offerta in considerazione delle
prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i
principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento
imposti dal Trattato per le concessioni. Pres./Rel. Rodrigues - Acoset SpA c.
Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. ATO Idrico Ragusa ed altri.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 15/10/2009, Sentenza C-196/08
DIRITTO DELLE ACQUE - Drenaggio delle acque infiltrate in un tunnel che accoglie cavi elettrici - Autorizzazione di progetti che possono avere un notevole impatto sull’ambiente - Partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia ambientale - Punto 10, lett. l), all. II dir. 85/337/CEE suc. mod. dir. 2003/35/CE. Il drenaggio delle acque infiltrate in un tunnel che accoglie cavi elettrici e l’introduzione di acqua nel suolo o nella roccia al fine di compensare un eventuale abbassamento del livello delle acque freatiche nonché la realizzazione e la manutenzione di impianti per il drenaggio e l’introduzione di acqua, rientra nel punto 10, lett. l), dell’allegato II della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, a prescindere dalla destinazione finale delle acque freatiche e, in particolare, indipendentemente dal fatto che esse facciano oggetto o meno di un successivo utilizzo. Pres./Rel. Bonichot - Djurgården-Lilla Värtans Miljöskyddsförening c. Stockholms kommun genom dess marknämnd. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 15/10/2009, Sentenza C-263/08
DIRITTO DELLE ACQUE - Trattamento delle acque reflue urbane - Eutrofizzazione - Omessa imposizione di un trattamento più spinto dell’azoto in tutti gli impianti di trattamento di acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti c.d. trattamento terziario - Inadempimento di uno Stato (Repubblica di Finlandia) - Mancanza di prove - Direttiva 91/271/CEE. La «situazione locale» di cui alla tabella 2 dell’allegato I della direttiva 91/271 si limita alle aree acquatiche nelle quali le emissioni degli impianti di trattamento possono causare il danno previsto da tale direttiva. Per di più, il requisito secondo il quale il carico di azoto dovrebbe in ogni caso essere ridotto conformemente ai valori indicati in tale tabella, a prescindere dal suo impatto sull’ambiente acquatico, sarebbe contrario al principio di proporzionalità. In specie, nella maggior parte delle acque interne, costituite da laghi e corsi d’acqua, l’azoto non influisce sull’eutrofizzazione in quanto il nutriente che regola l’eutrofizzazione è il fosforo. Inoltre, l’azoto non è neanche un nutriente che regola l’eutrofizzazione in tutte le aree marine. In più, le acque reflue urbane di tutti gli agglomerati finlandesi vengono trattate in impianti biochimici e che tali impianti di trattamento devono ottenere una concessione ambientale. Pres. Rosas - Rel. Arabadjiev - Commissione delle Comunità europee c. Repubblica di Finlandia. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 06/10/2009, Sentenza C-335/07
DIRITTO DELLE ACQUE - Parte III del D.L.vo n. 152/2006 - Materia di appartenenza - Tutela dell’ambiente. Le disposizioni di cui alla parte III del D.L.vo n. 152 del 2006, intitolata «Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche» sono riconducibili alla materia «tutela dell’ambiente». Si tratta, infatti, di disposizioni aventi finalità di prevenzione e riduzione dell’inquinamento, risanamento dei corpi idrici inquinati, miglioramento dello stato delle acque, perseguimento di usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, mantenimento della capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici e della capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e diversificate, mitigazione degli effetti delle inondazioni e della siccità, protezione e miglioramento dello stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico. Sono scopi che attengono direttamente alla tutela delle condizioni intrinseche dei corpi idrici e che mirano a garantire determinati livelli qualitativi e quantitativi delle acque. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 30 luglio 2009, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - Politiche dei prezzi - Artt. 119 e 121, c. 4, lett. h) D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Art. 118 Cost. - Infondatezza. E’ infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all’art. 118 Cost. - degli artt. 119 e 121, c. 4, lett. h) del D.L.vo n. 152/2006. Le norme nulla dicono a proposito della distribuzione delle competenze in materia di politiche dei prezzi dell’acqua, limitandosi a dettare alcuni dei criteri che le competenti autorità dovranno rispettare e, pertanto, non sono idonee ad operare alcuna attribuzione o sottrazione di competenze. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 30 luglio 2009, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - Bacino idrografico - Regioni - Programmi di rilevamento - Art. 120, c. 2, D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Art. 118 Cost. - Infondatezza. E’ infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all’art. 118 Cost. , dell’art. 120, comma 2, del D.L.vo n. 152 del 2006. L’attività conoscitiva che la norma attribuisce alle Regioni si affianca a quella, di identica natura, prevista dal precedente art. 118 (che assegna alle Regioni il compito di attuare appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico, a valutare l’impatto antropico esercitato sul medesimo e di quelli necessari all’analisi economica dell’utilizzo delle acque). Essa è strettamente funzionale all’elaborazione dei piani di tutela delle acque previsti dal successivo art. 121 che le Regioni debbono adottare e che debbono contenere, tra l’altro, anche i risultati di tali attività conoscitive. Vertendosi in materia di tutela dell’ambiente, lo Stato è legittimato a fissare i criteri che le Regioni debbono osservare nella predisposizione dei programmi in questione, appunto perché i dati acquisiti grazie alle attività conoscitive sono decisivi per l’individuazione e la predisposizione degli strumenti di tutela dei corpi idrici. Non è contestabile che la specificazione delle caratteristiche da monitorare attenga direttamente alla tutela dell’ambiente, poiché la scelta di un aspetto piuttosto che di un altro influisce direttamente nella definizione del tipo e del grado della tutela del segmento dell’ecosistema rappresentato dalle acque. Anzi, la stessa attività di monitoraggio costituisce in sé e per sé una misura di tutela dell’ambiente. Si aggiunga che una disposizione analoga a quella oggetto della presente questione era già contenuta nell’art. 43 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 30 luglio 2009, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - Piani di tutela delle acque - Criteri generali di pianificazione - Controllo Ministeriale - Art. 121, c. 2 D.L.vo n. 152/2006 - Lesione dei limiti posti dalla legge delega n. 308/2004 - Esclusione - Ragioni. L’art. 121, comma 2, del D.L.vo n. 152 del 2006 non è lesivo dei limiti posti dalla legge di delega n. 308 del 2004. Anzitutto, la norma in esame non sopprime alcun organo e non ne crea di nuovi. La previsione di un controllo da parte del Ministero dell’ambiente circa il rispetto dei criteri generali cui si deve attenere la pianificazione, lungi dal confliggere con i princìpi della legge delega, si pone esattamente nel senso precisato dall’art. 1, comma 9, lettera c), della legge n. 308 del 2004, che indicava, tra le finalità degli emanandi decreti legislativi, quello di «rimuovere i problemi di carattere organizzativo, procedurale e finanziario che ostacolino il conseguimento della piena operatività degli organi amministrativi e tecnici preposti alla tutela e al risanamento del suolo e del sottosuolo, superando la sovrapposizione tra i diversi piani settoriali di rilievo ambientale e coordinandoli con i piani urbanistici», imponendo così un coordinamento tra gli strumenti di pianificazione e le autorità coinvolte. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 30 luglio 2009, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - Piano di tutela delle acque - Art. 121, c. 2, D.L.vo n. 152/2006 - Ambito materiale - Tutela dell’ambiente. L’art. 121, comma 2, del D.L.vo n. 152 del 2006 è riconducibile all’àmbito materiale della tutela dell’ambiente: essa dispone, rispetto ad uno strumento di pianificazione (il piano di tutela delle acque) che si collega ad altri più ampi (il piano di bacino e quello di gestione) di competenza di altre autorità, una forma di verifica diretta ad accertare la conformità del primo a criteri generali indispensabili per assicurare la necessaria coerenza tra i vari strumenti di pianificazione. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 30 luglio 2009, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - Attuazione della parte terza del D.L.vo n. 152/2006 - Iniziative regionali - Art. 122 D.L.vo n. 152/2006 - Ambito materiale - Tutela dell’ambiente - Competenza legislativa esclusiva statale - Art. 14 dir. 2000/60/CE. L’art. 122 del T.U. Ambiente - individua le iniziative che le Regioni debbono intraprendere al fine di promuovere l’informazione e la partecipazione di tutte le parti interessate all’attuazione della parte terza del D.L.vo n. 152 del 2006 e, in particolare, all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di tutela. La norma in oggetto, dunque, disciplinando gli strumenti attraverso i quali i cittadini e gli altri soggetti interessati possono interloquire nella procedura di emanazione del piano di tutela, è strettamente connessa con il piano medesimo perché disciplina un segmento del procedimento all’esito del quale viene emanato il piano. Dato che quest’ultimo è un fondamentale strumento di tutela ambientale, anche la disciplina dettata dall’art. 122 del D.L.vo n. 152 del 2006 appartiene all’ambito materiale della tutela dell’ambiente. Si aggiunga che la norma trova un preciso corrispondente nell’art. 14 della direttiva 2000/60/CE che da essa si differenzia solamente per il fatto di riferire i medesimi oneri di informazione e consultazione ai piani di gestione dei bacini idrografici (mentre invece l’art. 122 li riferisce ai piani di tutela delle acque). Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 30 luglio 2009, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - Adempimenti ex art. 123 D.L.vo n. 152/2006 - Piani di tutela - Art. 15 dir. 2000/60/CE. Gli adempimenti accessori previsti dall’art. 123 del D.L.vo n. 152/2006 sono connessi con l’attuazione dei piani di tutela e degli altri programmi di misure di tutela delle acque, onde la materia è quella della tutela dell’ambiente. La norma prescrive inoltre che la documentazione inviata dalle Regioni al Ministero venga poi inoltrata da quest’ultimo alla Commissione europea. Tale adempimento trova corrispondenza nella direttiva 2000/60/CE che, all’art. 15, impone agli Stati membri di trasmettere alla suddetta Commissione copia dei piani di gestione dei bacini idrografici, relazioni sintetiche circa le caratteristiche del distretto idrografico, dell’impatto antropico, dell’analisi economica dell’utilizzo idrico, relazioni circa i programmi di monitoraggio, relazioni relative ai progressi realizzati nell’attuazione del programma di misure previsto. Gli oneri - gravanti sulle Regioni - di trasmissione al Ministero della documentazione in questione sono, dunque, la conseguenza (inevitabile perché derivante dagli obblighi comunitari) dell’attribuzione (non contestata dalle Regioni) delle competenze amministrative in tema di predisposizione del piano di tutela delle acque e di accertamenti conoscitivi relativi ai vari dati rilevanti per la predisposizione dei piani medesimi. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 30 luglio 2009, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - Controlli previsti dalla parte III del T.U. Ambiente - Regioni - Mancata effettuazione - Potere sostitutivo statale - Art. 132 D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Art. 120 Cost. - Infondatezza. L’esistenza di una disciplina generale del potere sostitutivo statale - cioè: l’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) -, di per sé non esclude l’operatività di disposizioni speciali che quel potere disciplinano per specifiche materie (sentenza n. 240 del 2004). Onde la previsione contenuta nel citato art. 8 della legge n. 131 del 2003 non deve necessariamente applicarsi ad ogni ipotesi di potere sostitutivo previsto dalla legge ove quest’ultima disciplini espressamente in maniera diversa l’esercizio (pur sempre da parte del Governo) del potere sostitutivo. L’art. 132 del D.L.vo n. 152/2006, conferendo i poteri sostitutivi statali in caso di mancata effettuazione, da parte delle Regioni, dei controlli previsti dalla parte terza del D.L.vo n. 152 del 2006, ad un Ministro, prevede comunque che il Ministro dell’ambiente possa provvedere in luogo della Regione solamente previa delibera in tal senso del Consiglio dei ministri. È, pertanto, pienamente soddisfatta la condizione richiesta dall’art. 120 Cost., secondo cui «Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni» in caso di loro inadempienze. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 30 luglio 2009, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - Restituzione delle acque - Parere del Ministero dell’Ambiente - Art. 114, c. 1 D.L.vo n. 152/2006 - Interpretazione conforme a Costituzione. Sulla base del canone dell’interpretazione conforme a Costituzione, non solo non può essere riconosciuta natura vincolante al parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in materia di restituzione delle acque, di cui all’art. 114, c. 1, d.lgs. n. 152/2006, ma, soprattutto, esso deve intendersi riferito alla sola funzione amministrativa e non già anche a quella normativa. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251
DIRITTO DELLE ACQUE - Aree sensibili - Art. 91. D.L.vo n. 152/2006 - Duplice potere, statale e regionale, di individuazione - Coerenza con il principio di sussidiarietà. L’art. 91 del d.lgs. n. 152/2006 ha assegnato un ruolo primario alla funzione statale di individuazione delle cosiddette «aree sensibili», precedentemente riconosciuta solo alle Regioni sulla base del sistema normativo delineato dai decreti legislativi n. 112 del 1998 e n. 152 del 1999. In particolare, l’art. 80, comma 1, lettera n), del d.lgs. n. 112 del 1998 assegnava allo Stato compiti di «normazione generale e tecnica», nonché di «elaborazione sistematica delle informazioni e dei dati conoscitivi raccolti dalle pubbliche amministrazioni», mentre il successivo art. 81, comma 1, disponeva il conferimento «alle Regioni e agli enti locali» di «tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate negli articoli che precedono». Inoltre, l’art. 18 del d.lgs. n. 152 del 1999 assegnava alle Regioni il potere di identificazione delle aree sensibili, prescrivendo che avvenisse, «sulla base dei criteri stabiliti nell’allegato 6» dello stesso decreto n. 152 del 1999 «e sentita l’Autorità di bacino». La scelta operata con il decreto legislativo n. 152 del 2006 è stata, invece, quella di introdurre un duplice potere di individuazione delle aree sensibili: quello statale, disciplinato ai commi 2 e 6 dell’art. 91, e quello regionale, stabilito al comma 4 del medesimo articolo, secondo il quale «le Regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l’Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all’interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili». Premesso che l’ambito di intervento della norma è ascrivibile alla materia dell’ambiente, attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., l’allocazione delle funzioni amministrative operata con la disposizione impugnata risulta, invero, coerente anche con il principio di sussidiarietà. Al riguardo, si rileva, infatti, che la funzione di individuazione delle aree maggiormente esposte al rischio di inquinamento deve rispondere a criteri uniformi ed omogenei, dovendo, al contempo, tener conto anche delle peculiarità territoriali sulle quali viene ad incidere. Sotto entrambi i profili, l’art. 91 offre una soluzione non costituzionalmente illegittima, posto che la citata funzione amministrativa statale di individuazione (da esercitarsi previa acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni) si affianca a quella delle Regioni le quali, oltre a poter designare a propria volta «ulteriori aree sensibili» rispetto a quelle indicate dallo Stato, possono altresì indicare, nell’ambito delle aree definite ai sensi del comma 2, i corpi idrici che, secondo propria valutazione, non possono rientrare in detta categoria. Quanto al potere statale di «reidentificazione» delle aree medesime, disciplinato al successivo comma 6, esso risulta connotato da una natura eminentemente ricognitiva a cadenza periodica, che non comporta, pertanto, alcuna modifica sostanziale dell’assetto allocativo delineato dai commi 2 e 4 che lo precedono. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251
DIRITTO DELLE ACQUE - Autorità di bacino - Parere - Art. 116 D.L.vo n. 152/2006 - Contrasto con i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione - Esclusione. L’art. 116 del d.lgs. n. 152 del 2006 consente allo Stato di concorrere, attraverso il parere delle Autorità di bacino al quale la Regione si deve conformare, alla determinazione di scelte fortemente incidenti sul «governo del territorio», e, più in generale, sulle politiche del territorio, di competenza regionale. Tale previsione, nondimeno, non risulta in contrasto né con i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, né con il riparto di competenze fra Stato e Regioni. Infatti, occorre considerare che i programmi di misure di tutela dei corpi idrici integrano i più ampi piani di tutela delle acque, ponendosi con essi in un rapporto di stretto collegamento. La previsione della sottoposizione di detti programmi ad una approvazione da parte dell’Autorità di bacino, dunque, risponde alla duplice necessità di demandare ad un organo idoneo - per struttura e composizione - a valutare la coerenza del quadro complessivo dell’attività di programmazione derivante dai concorrenti strumenti di pianificazione in materia di tutela delle acque, nonché di assicurare una adeguata partecipazione, al relativo procedimento di formazione, delle Regioni nel cui territorio debbono essere attuate le misure di tutela in questione. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251
ACQUA - Art. 136, D.L.vo n. 152/2006 - Sanzioni amministrative - Regolamentazione della destinazione del gettito - Scarichi e tutela della qualità dei corpi idrici - Competenza legislativa dello Stato. La disciplina delle sanzioni amministrative non costituisce una materia a sé, ma rientra nell’àmbito materiale cui le sanzioni stesse si riferiscono (ex multis, sentenze n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004). Nel caso di cui all’art. 136 d.lgs. n. 152/2006, la regolamentazione della destinazione del gettito delle sanzioni è funzionale alla disciplina «delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza», e cioè alle sanzioni previste dal precedente art. 133, le quali si riferiscono a violazioni in materia di scarichi e di tutela della qualità dei corpi idrici, come tali ascrivibili alla materia della tutela dell’ambiente di competenza legislativa esclusiva dello Stato (come affermato da questa Corte con la sentenza n. 233 del 2009). Trattandosi di entrata statale, il potere di disporre l’immediata riassegnazione di tali somme ad individuate unità previsionali di base rientra nella competenza legislativa dello Stato. Il fatto che ciò avvenga attraverso il versamento delle somme «all’entrata del bilancio regionale» non significa che queste costituiscono “risorse autonome” delle Regioni alle quali non è apponibile un vincolo di destinazione. Il versamento all’entrata del bilancio regionale costituisce, infatti, una mera appostazione contabile, al fine di realizzare la destinazione al risanamento e alla riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici, cioè a finalità meramente ambientali. La circostanza che siano le Regioni a provvedere alla ripartizione delle somme fra gli interventi di prevenzione e di risanamento costituisce unicamente un’attribuzione di ulteriore autonomia alle Regioni stesse in una materia di esclusiva competenza legislativa statale. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Artt. 144-146 D.L.vo n. 152/2006 - Legge delega n. 308/2004 - Criteri per la gestione del servizio idrico integrato - Materie di competenza legislativa esclusiva statale - Ordinamento civile e tutela dell’ambiente. Gli artt. da 144 a 146 del d.lgs. n. 152 del 2006 rispettano il riparto delle competenze stabilito dalla legge delega n. 308/2004, perché, nel fissare «criteri per la gestione del servizio idrico integrato» (art. 88, comma 1, lettera h, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112), sono riconducibili a materie di competenza legislativa esclusiva statale. Infatti: a) l’art. 144, comma 1, nel prevedere che «Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato», disciplina il regime proprietario delle acque, che è sicuramente riconducibile alla materia dell’ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.; b) i successivi commi dell’art. 144 attengono a materie riconducibili all’ordinamento civile e alla tutela dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), perché disciplinano i criteri dell’uso delle acque, in relazione alla finalità di evitare sprechi, favorire il rinnovo delle risorse, garantire i diritti delle generazioni future e tutelare, tra l’altro, «la vivibilità dell’ambiente»; c) l’art. 145 è anch’esso riconducibile alla materia della tutela dell’ambiente, perché disciplina l’equilibrio del bilancio idrico, richiamando, al comma 1, i criteri e gli obiettivi di tutela di cui al precedente art. 144 e prevedendo, al comma 3, per i «bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti», la necessità di garantire «la vita negli alvei sottesi» e di «non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati»; d) l’art. 146 disciplina specificamente una materia senza dubbio riconducibile alla tutela dell’ambiente, quale il risparmio della risorsa idrica. La rilevata riconducibilità delle norme ai titoli di competenza legislativa esclusiva statale sopra indicati vale anche a far ritenere insussistente la violazione dell’art. 117, quarto e sesto comma, Cost. e del principio della leale collaborazione, perché esclude sia la competenza residuale regionale in materia di servizi pubblici locali (art. 117, quarto comma, Cost.) sia l’obbligo di prevedere strumenti di leale cooperazione con le Regioni, consentendo al legislatore statale di prevedere un potere regolamentare ministeriale (art. 117, sesto comma, Cost.). Non sussiste infine violazione dell’art. 118 Cost., perché la disciplina in esame non attribuisce funzioni amministrative, ma, in attuazione della legge di delegazione, si limita a precisare - nell’àmbito delle sopra indicate competenze legislative esclusive dello Stato - i «criteri di gestione del servizio idrico», cui le Regioni e gli altri enti interessati devono attenersi, senza che abbia alcun rilievo la generalità o la specificità di detti criteri. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Autorità d’ambito - Artt. 8 e 9 L. n. 36/1994 - Artt. 24-26 bis L. n. 142/1990 - Art. 148 D.L.vo n. 152/2006 - Razionalizzazione della gestione del servizio idrico. Le autorità d’àmbito erano già previste dagli artt. 8 e 9 della legge n. 36 del 1994 e dagli articoli da 24 a 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), che ne consentivano l’istituzione, da parte delle Regioni, con strutture e forme giuridiche diverse alle quali pure partecipavano necessariamente gli enti locali, come le convenzioni, i consorzi, le unioni di comuni, l’esercizio associato delle funzioni. Tali disposizioni sono state attuate dalla legislazione regionale mediante l’adozione di moduli organizzativi scelti tra quelli consentiti dalle disposizioni stesse, seppure diversamente denominati (agenzie, consorzi, autorità). L’art. 148 d.lgs. n. 152/2006 razionalizza tale quadro normativo, superando la frammentazione della gestione del servizio idrico, nel rispetto delle preesistenti competenze degli enti territoriali. In particolare, unifica le modalità di esercizio della gestione delle risorse idriche, prevedendo espressamente il trasferimento delle relative competenze dagli enti locali all’autorità d’àmbito; autorità della quale - come visto - gli enti locali necessariamente fanno parte. Tale razionalizzazione è, dunque, avvenuta - come richiesto dalla legge di delegazione - senza privare gli enti territoriali dei poteri amministrativi loro conferiti dal d.lgs. n. 112 del 1998. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Art. 148 D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Art. 117 Cost. - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all’art. 117 Cost - dell’art. 148 d.lgs. n. 152/2006. Invero, i poteri legislativi esercitati dallo Stato con la norma censurata attengono all’esercizio delle competenze legislative esclusive statali nelle materie della tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.) e della tutela dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), materie che hanno prevalenza su eventuali titoli competenziali regionali ed, in particolare, su quello dei servizi pubblici locali. La disposizione attiene, infatti, alla tutela della concorrenza, laddove prevede il superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche attraverso l’individuazione di un’unica Autorità d’àmbito, allo scopo (come meglio si vedrà al punto 17.4.) di consentire la razionalizzazione del mercato, con la determinazione della tariffa del servizio secondo un meccanismo di price cap, diretto a garantire la concorrenzialità e l’efficienza delle prestazioni. La stessa disposizione attiene anche alla tutela dell’ambiente, perché l’allocazione all’Autorità d’àmbito territoriale ottimale delle competenze sulla gestione serve a razionalizzare l’uso delle risorse idriche e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della “biosfera” intesa «come “sistema” [...] nel suo aspetto dinamico» (sentenze n. 168 del 2008, n. 378 e n. 144 del 2007). Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Art. 148, c. 3 D.L.vo n. 152/2006 - Trasmissione al Ministero dell’ambiente dei bilanci consuntivi - Art. 117 Cost. - Obbligo di affissione dei bilanci - Illegittimità costituzionale. Premesso che la trasmissione dei bilanci consuntivi di cui all’art. 148, c. 3, d.lgs. n. 152/2006 è oggi riferibile al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e non all’Autorità di vigilanza, perché quest’ultima è stata soppressa dall’art. 1, c. 5 d.lgs. n. 284/2006, va rilevato che lo Stato può fissare obblighi di trasmissione ai fini di eventuali controlli, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., che assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia del «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale regionale e locale» (sentenze n. 417 e n. 35 del 2005, n. 376 del 2003, secondo le quali obblighi di questo tipo devono essere ritenuti legittimi, perché «espressione di un coordinamento meramente informativo»). La questione di legittimità costituzionale è, invece, fondata, in relazione alla previsione dell’obbligo di affissione dei bilanci. Si tratta, infatti, di una disciplina - peraltro di minuto dettaglio - che regola una specifica modalità di pubblicità, incidente sulla materia dei servizi pubblici locali, senza che possano essere invocati titoli competenziali statali quali la tutela della concorrenza o la tutela dell’ambiente. Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 148, comma 3, nella parte in cui prevede che «I bilanci preventivi e consuntivi dell’Autorità d’ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell’ente. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Art. 148, c. 5 D.L.vo n. 152/2006 - Comuni appartenenti alle comunità montane - Deroga alla gestione unica del servizio idrico integrato - Questione di legittimità costituzionale - Art. 117 Cost. - Infondatezza. L’art. 148, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 attiene alla tutela dell’ambiente, con prevalenza rispetto alla materia dei servizi pubblici locali, perché giustifica la possibilità di deroghe all’unicità della gestione del servizio sul piano soggettivo, in ragione dell’elemento tipicamente ambientale costituito dalla peculiarità idrica delle zone comprese nei territori delle comunità montane. Se infatti le modalità dell’organizzazione del servizio idrico, nelle loro linee generali, sono riconducibili alla materia della tutela dell’ambiente, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, rientra in tale competenza anche stabilire le condizioni in presenza delle quali i Comuni minori appartenenti alle comunità montane possono non partecipare alla gestione unica del servizio idrico integrato, e cioè che la gestione del servizio sia operata direttamente da parte dell’amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico controllata dallo stesso Comune. Ne consegue l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 117 Cost. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 246
ACQUA - Servizio idrico integrato - Art. 148, c. 5 D.L.vo n. 152/2006 - Superamento della frammentazione delle gestioni - Questione di legittimità costituzionale - Art. 76 Cost. - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all’art. 76 Cost. - dell’art. 148, c. 5 d.lgs. n. 152/2006. Tanto il comma 5 dell’art. 148 quanto la legge n. 36 del 1994, richiamata dall’art. 8, comma 1, lettera b), della legge di delegazione, fissano infatti il principio del «superamento della frammentazione delle gestioni», che può realizzarsi, indifferentemente, sia con l’«unitarietà» delle gestioni, sia con l’«unicità». E ciò, a prescindere dalla considerazione che - anche a voler ritenere che la norma censurata abbia carattere innovativo - la delega legislativa avrebbe comunque consentito l’innovazione al fine della razionalizzazione della disciplina (sentenza n. 225 del 2009). Infatti, all’art. 1, comma 1, la delega prevede che il legislatore delegato provveda al «riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative […] anche mediante la redazione di testi unici»; e non pare dubbio che l’uso dei termini «riordino» e «integrazione» sia sufficiente a consentire interventi innovativi del legislatore. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Servizio idrico integrato - Art. 149 D.L.vo n. 152/2006 - Materia di appartenenza - tutela della concorrenza - Competenza legislativa esclusiva dello Stato. L’attività pianificatoria disciplinata dall’art. 149 d.lgs. n. 152/2006 deve essere ricondotta alla materia della tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, perché è strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio idrico e ha, perciò, lo scopo di consentire il concreto superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche, al fine di inserire armonicamente tale gestione in un piú ampio quadro normativo diretto alla razionalizzazione del mercato del settore. Data l’organizzazione del servizio in àmbiti territoriali ottimali gestiti ciascuno da un’autorità d’àmbito, il livello piú adeguato a cui allocare le funzioni amministrative di pianificazione è proprio quello dell’autorità d’àmbito medesima, cui partecipano obbligatoriamente i Comuni e le Province ai sensi dell’art. 148, comma 1. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti - Soppressione ad opera dell’art. 1, c. 5 D.L.vo n. 284/2006 - Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche - Differenze. Sussistono rilevanti diversità tra l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (soppressa dall’art. 1, comma 5, del d.lgs. n. 284 del 2006) e il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche (art. 161 del d.lgs. n. 152 del 2006), quanto a struttura, composizione e competenze. In particolare: quanto alla struttura, l’art. 159, comma 2, prevede che sono organi dell’Autorità il presidente, il comitato esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni denominate “Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche” e “Sezione per la vigilanza sui rifiuti”, mentre il nuovo art. 161 non prevede per il Comitato alcuna specifica suddivisione in organi; quanto alla composizione, l’Autorità ha quattordici membri, tutti nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, di cui dieci sono designati da ministri e quattro dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome (art. 159, comma 2), mentre il Comitato ha sette membri, tutti nominati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui tre sono designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome (nuovo art. 161, comma 2); quanto alle competenze, quelle dell’Autorità comprendono il settore delle risorse idriche e quello dei rifiuti (art. 160), mentre quelle del Comitato sono limitate al settore delle risorse idriche e sono diverse da quelle dell’Autorità anche in tale settore (nuovo art. 161, comma 4). Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Piani d’ambito - Trasmissione alla Regione e al Ministero - Art. 117 Cost. - Obblighi informativi legittimamente fissati da legge statale. La trasmissione del piano d’àmbito alla Regione e al Ministero rientra fra i normali obblighi informativi, che possono legittimamente essere fissati dalla legge statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Servizio idrico integrato - Art. 150 D.L.vo n. 152/2006 - Gestione e procedure di affidamento del servizio - Tutela della concorrenza. Il richiamo ai commi 5 e 7 dell’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, effettuato dall’art. 150 d.lgs. n. 152/2006, esprime la chiara volontà del legislatore di disciplinare aspetti generali attinenti alla tutela della concorrenza, quali la forma di gestione e le procedure di affidamento del servizio idrico integrato. Tali regole sono dirette ad assicurare la concorrenzialità nella gestione del servizio idrico integrato, disciplinando le modalità del suo conferimento e i requisiti soggettivi del gestore, al precipuo scopo di garantire la trasparenza, l’efficienza, l’efficacia e l’economicità della gestione medesima. In questo quadro, anche il superamento della frammentazione della gestione, perseguito attraverso l’affidamento unitario di quest’ultima in àmbiti territoriali ottimali, concorre alla piena realizzazione di tali finalità. La riconducibilità della norma censurata alla materia della tutela della concorrenza è, del resto, confermata dalla formulazione letterale del comma 1 dello stesso art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, il quale prevede espressamente che le disposizioni che «disciplinano le modalità di affidamento e di gestione dei servizi pubblici locali», come quelle di cui ai commi 5 e 7 dello stesso articolo, «concernono la tutela della concorrenza […]». Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Autorità d’ambito - Art. 88 D.L.vo n. 11/1998 - Aggiudicazione della gestione - Tutela della concorrenza - Competenza legislativa esclusiva statale. L’art. 88 del d.lgs. n. 112 del 1998 non preclude che la legge statale attribuisca all’autorità d’àmbito le funzioni amministrative in tema di aggiudicazione. Infatti, detto articolo, al comma 1, lettera h), fa espressamente rientrare, fra i «compiti di rilievo nazionale» attribuiti allo Stato, quelli relativi «ai criteri per la gestione del servizio idrico integrato come definito dall’articolo 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 36»; e non vi è dubbio che tra tali criteri rientri quello relativo all’aggiudicazione della gestione, che è un tipico strumento di tutela della concorrenza. Essendo l’aggiudicazione lo strumento attraverso il quale si realizza l’affidamento del servizio, rientra a pieno titolo nella materia della tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva statale. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Gestori del servizio idrico integrato - Dotazione - Art. 153 D.L.vo n. 152/2006 - Autonomia negoziale - Competenza legislativa esclusiva statale. La disciplina della dotazione dei gestori del servizio idrico integrato recata dall’art. 153 d.lgs. n. 152/2006, è riconducibile in prevalenza alla competenza legislativa esclusiva statale. La disposizione, infatti, nel riferirsi alle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali, che sono beni senza dubbio funzionali alla gestione del servizio idrico quale servizio pubblico locale, esclude in radice l’onerosità della concessione d’uso di tali infrastrutture al gestore del servizio ed incide, perciò, sulla tipologia contrattuale. Essa attiene, dunque, all’esercizio dell’autonomia negoziale in tema di concessioni-contratto e deve perciò essere ricondotta, secondo un criterio di prevalenza, alla materia dell’ordinamento civile, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e, quindi, all’esclusiva sfera di competenza legislativa dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 160 del 2009, n. 411 del 2008, n. 95 del 2007, n. 234 e n. 50 del 2005, n. 282 del 2004). Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Servizio idrico integrato - Tariffa - Natura - Corrispettivo contrattuale - Artt. 154 e 155 D.L.vo n. 152/2006. La tariffa del servizio idrico integrato, di cui agli artt. 154 e 155 d.lgs. n. 152/2006 ha natura non tributaria, ma di «corrispettivo contrattuale» (cfr. Sent. n. 335/2008). Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Servizio idrico integrato - Tariffa - Artt. 154 e 155 D.L.vo n. 152/2006 - Tutela dell’ambiente - Tutela della concorrenza - Competenza legislativa esclusiva statale. La disciplina degli artt. 154 e 155 d.lgs. n. 152/2006 è ascrivibile, in prevalenza, alla tutela dell’ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Attraverso la determinazione della tariffa nell’àmbito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato, infatti, livelli uniformi di tutela dell’ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l’uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell’ambiente e «le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale» e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico). La finalità della tutela dell’ambiente viene, inoltre, in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare. Tra tali costi il legislatore ha, infatti, incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare «anche secondo il principio “chi inquina paga”» (art. 154, comma 2). I profili della tutela della concorrenza vengono poi in rilievo perché alla determinazione della tariffa provvede l’Autorità d’àmbito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all’utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante (sentenze nn. 335 e 51 del 2008). Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Autorità di bacino - Art. 166 D.L.vo n. 152/2006 - Intervento autorizzatorio - Tutela dell’ambiente - Competenza legislativa esclusiva dello Stato. L’autorizzazione dell’Autorità di bacino (art. 166 d.lgs. n. 152/2006) è connessa alla funzione di difesa del suolo svolta da tale ente, perché è diretta a verificare che gli usi delle acque d’irrigazione regolati dalla norma ne consentano l’effettiva restituzione e la successiva utilizzazione. Sotto tale profilo, l’intervento autorizzatorio dell’Autorità di bacino mira a garantire la realizzazione delle finalità, riconducibili alla tutela dell’ambiente ed espresse, in particolare, dall’art. 63, comma 5, lettere b) e c), della difesa del suolo, della lotta alla desertificazione, della tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, del controllo sull’impatto delle attività umane sullo stato delle acque (sentenza n. 232 del 2009). La disposizione attiene, dunque, alla materia della tutela dell’ambiente, di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Consorzi di bonifica e irrogazione - Contributo - Art. 164, cc. 3 e 4 D.L.vo n. 152/2006 - Natura tributaria - Competenza legislativa esclusiva statale. Il contributo previsto dall’art. 164 d.lgs. n. 152/2006 ha natura assimilabile a quella del contributo ordinariamente dovuto dagli associati al consorzio e, pertanto, ha anch’esso natura di tributo, istituito e disciplinato dalla legge statale, con la conseguenza che il suo pagamento si impone a tutti gli utilizzatori degli impianti consortili, siano essi soggetti comuni od enti locali, senza che sussista alcuna «compressione dell’autonomia negoziale» degli enti locali stessi. Pres. Amirante, Est. Gallo - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri. CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 246
ACQUA - Acque superficiali, marine e sotterranee - Art. 73, c. 2, d.lgs. n.
152/2006 - Previsione degli strumenti per il raggiungimento degli obiettivi di
cui al comma 1 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non
è fondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art.
117 Cost., dell’art. 73, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, il quale, indica gli
strumenti attraverso i quali raggiungere, nell’ambito della tutela delle acque
superficiali, marine e sotterranee, gli obiettivi di cui al comma 1. La
previsione di strumenti per il raggiungimento degli obiettivi di tutela
ambientale è formulata infatti a livello generale, organizzativo, al fine di
assicurare standard omogenei sul territorio nazionale, in ordine alle modalità
di conseguimento degli obiettivi. Il carattere generale, unitario, non
interferente su specifiche realtà territoriali, si ritrova nella disposizione di
chiusura della norma (comma 3), in cui si prevede che «il perseguimento delle
finalità e l’utilizzo degli strumenti contribuiscono a proteggere le acque
territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali
in materia». Del resto, nella materia ambientale, di potestà legislativa
esclusiva, lo Stato non si limita a porre principi (come nelle materie di
legislazione concorrente): il fatto che tale competenza statale non escluda la
concomitante possibilità per le Regioni di intervenire, nell’esercizio delle
loro competenze in tema di tutela della salute e di governo del territorio, non
comporta che lo Stato debba necessariamente limitarsi, allorquando individui
l’esigenza di interventi di questa natura, a stabilire solo norme di principio
(sentenze n. 62 del 2005, n. 12 e n. 61 del 2009). Pres. Amirante, Est.
Finocchiaro - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Liguria e Marche c.
presidente del Consiglio dei Ministri -
CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 233
ACQUA - Art. 75, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Modifica degli allegati alla Parte
III per dare attuazione alle direttive comunitarie - Strumento - Decreto
ministeriale - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non è
fondata la questione di legittimità costituzionale ,per violazione degli
articoli 117 e 118 Cost., dell’art. 75, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, nella
parte in cui stabilisce che, con decreto dei Ministri competenti, si modifichino
gli Allegati alla Parte III dello stesso decreto legislativo, per dare
attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui queste modifichino
modalità esecutive e caratteristiche tecniche delle direttive, recepite nella
Parte III. Nelle materie di potestà legislativa esclusiva, quale è quella di
tutela dell’ambiente, lo Stato ha infatti il potere di dare attuazione alle
direttive comunitarie, in particolare riguardo all’assolvimento di obblighi
comunitari generali per tutto il territorio dello Stato (sentenza n. 412 del
2001, in materia di disciplina degli scarichi). Riguardo al possibile contenuto
esecutivo e di dettaglio delle modifiche, nella materia della tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema, lo Stato non si limita a dettare norme di
principio, anche riguardo alle funzioni amministrative, la cui attribuzione può
essere disposta in base ai criteri generali dettati dall’art. 118, primo comma,
Cost. (sentenze n. 88 del 2009 e n. 62 del 2005), del resto compatibile con la
disciplina dell’ambiente (sentenza n. 401 del 2007). Gli allegati alla Parte III
del d.lgs. n. 152 del 2006, inoltre, danno attuazione alla Parte II dello stesso
decreto legislativo, che si muove nella materia ambientale, pur se i correttivi
da inserire, demandati a decreti ministeriali, riguardino modalità di ordine
esecutivo e caratteristiche tecniche per le quali si impone una disciplina
unitaria a carattere nazionale. A parte il fatto che il potere di emanare
regolamenti nelle materie di competenza statale esclusiva, di cui al sesto comma
dell’art. 117 Cost., discende direttamente dalla Costituzione (sentenza n. 401
del 2007), sono sussistenti ragioni di unitarietà ed uniformità ordinamentali
tali da richiedere l’allocazione a livello statale delle funzioni amministrative
in materia, tanto più che la fissazione delle modalità tecniche generali era
assegnata allo Stato già dagli artt. 80 e 88 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112. Pres. Amirante, Est. Finocchiaro - Regioni Calabria, Toscana,
Piemonte, Liguria e Marche c. presidente del Consiglio dei Ministri -CORTE
COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 233
ACQUA - INFORMAZIONE AMBIENTALE - Art. 75, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 -
Divulgazione dello stato di qualità delle acque - Regioni - D.lgs. n. 195/2005 -
Rispetto dell’autonomia regionale - Intesa con la conferenza permanente -
Questione di legittimità costituzionale - Infondantezza. Non è fondata la
questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 119 Cost.,
dell’art. 75, c. 5 del d.lgs. n. 152/2006. La norma riguarda la divulgazione, da
parte delle Regioni, delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e la
trasmissione al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell’Agenzia
per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) dei dati
conoscitivi e delle informazioni relative all’attuazione del d.lgs. n. 152 del
2006, e di quelli prescritti dalla disciplina comunitaria. Tali obblighi vanno
inquadrati, quanto al primo, nell’ambito della normativa in tema di informazione
ambientale, che grava sulla pubblica amministrazione, ed è disciplinato dal
decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva
2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale; il secondo
rimette le informazioni sullo stato di attuazione della Parte III del Codice
dell’ambiente al coordinamento esercitato dallo Stato, non in quanto titolare
della potestà legislativa esclusiva in materia ambientale, bensì nell’ambito
della tutela del diritto di accesso del pubblico ai documenti amministrativi,
riguardo ai quali lo Stato fissa i livelli essenziali delle prestazioni, ma la
cui attuazione compete a tutti gli organi di amministrazione (sentenza n. 399
del 2006). Il rispetto dell’autonomia delle Regioni, senza dubbio necessario
anche sotto il profilo della provvista di mezzi finanziari per fronteggiare
nuovi oneri, è assicurato dalla previsione circa l’attuazione di tale forma di
collaborazione previa intesa con gli enti interessati o con gli organismi
rappresentativi degli stessi (sentenza n. 408 del 1998). E’ il caso della norma
in esame, che demanda le modalità di diffusione e di trasmissione dei dati e
delle informazioni ad un decreto ministeriale adottato d’intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano: il decreto, avendo ad oggetto gli aspetti
organizzativi, ben potrà regolare i costi delle operazioni. Pres. Amirante, Est.
Finocchiaro - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Liguria e Marche c.
presidente del Consiglio dei Ministri -
CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 233
ACQUA - Acque marine costiere e salmastre - Molluschicoltura - Intesa Regioni
/Ministero delle politiche agricole e forestali - Principio di leale
collaborazione - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non
è fondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt.
117 e 118 Cost, dell’art. 87 de d.lgs. n. 152/2006, ove prevede l’intesa con il
Ministero delle politiche agricole e forestali nella designazione, da parte
delle Regioni, delle acque marine costiere e salmastre richiedenti protezione e
miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo di banchi e di popolazioni
naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, per contribuire alla buona qualità
dei prodotti della molluschicoltura commestibili per l’uomo. La norma,
nell’ambito del Capo II della Sezione II, dedicato alle acque a specifica
destinazione, ha ad oggetto le acque marine e costiere, ed è per questo che, a
differenza delle acque dolci interne, che hanno un preciso collegamento al
bacino territoriale di riferimento, in cui si configura la competenza regionale,
coinvolgono interessi cui sovrintendono organi statali. La molluschicoltura deve
a sua volta essere ascritta all’ambito materiale della pesca, di competenza
legislativa residuale delle Regioni. Concorrono, però, con essa anche competenze
statali, connesse principalmente, ma non esclusivamente, alla tutela
dell’ecosistema e competenze concorrenti (sentenza n. 213 del 2006: tutela della
salute, alimentazione, tutela e sicurezza del lavoro, commercio con l’estero,
ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione delle imprese per
il settore produttivo della pesca, porti, previdenza complementare e
integrativa, governo del territorio). Occorre applicare il principio di leale
collaborazione, postulandosi la necessità di intese a livello attuativo,
nell’individuazione degli ambienti marini in cui tutelare le popolazioni
naturali di molluschi e garantire la buona qualità dei prodotti della
molluschicoltura. La questione non è fondata neanche con riferimento all’art. 76
Cost. Se la designazione, nell’àmbito delle acque marine costiere e salmastre,
di quelle da tutelare, anche ai fini del miglioramento dei prodotti della
molluschicoltura (con formulazione normativa anche testualmente coincidente con
il nuovo art. 87 del d.lgs. n. 152 del 2006), era attribuita alle Regioni
dall’abrogato art. 14 del d.lgs. n. 152 del 1999, il compito del Codice
dell’ambiente è proprio quello del «riordino, coordinamento e integrazione delle
disposizioni legislative nei seguenti settori e materie», e tra queste (lettera
b), la «tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche»
(cfr. legge delega n. 308/2004). Pres. Amirante, Est. Finocchiaro - Regioni
Calabria, Toscana, Piemonte, Liguria e Marche c. presidente del Consiglio dei
Ministri -
CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 233
ACQUA E SUOLO - D.lgs. n. 152/2006/, Parte III - Finalità - Materia di appartenenza - Tutela dell’ambiente. Le disposizioni di cui alla Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006, intitolata «Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche» e, segnatamente quelle comprese nella sezione I «Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione» sono riconducibili alla materia «tutela dell’ambiente». Si tratta infatti di norme miranti non già a disciplinare come e secondo quali regole l’uomo debba stabilire propri insediamenti (abitativi, industriali, eccetera) sul territorio, bensì a garantire un certo stato del suolo, così come le norme contro l’inquinamento delle acque mirano a garantire un determinato standard qualitativo dei corpi idrici, quelle contro l’inquinamento atmosferico uno specifico livello qualitativo dell’aria, e così via. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Difesa del suolo - Art. 55 d.lgs. n. 152/2006 - Sistema informativo - Raccolta ed elaborazione dei dati rilevanti nel settore della difesa del suolo - Ambito materiale riservato alla competenza esclusiva dello stato - Principio di leale collaborazione - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’art. 55, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 mira appunto alla creazione di un sistema informativo avente ad oggetto la raccolta e l’elaborazione (secondo criteri e metodi diretti ad assicurare l’omogeneità necessaria per la loro proficua elaborazione ed utilizzazione) dei dati rilevanti nel settore della difesa del suolo. Trattandosi di norma appartenente ad un ambito materiale riservato alla competenza esclusiva dello Stato e considerata la natura eminentemente tecnica della disciplina di coordinamento statale, va escluso che il principio di leale collaborazione imponga nella fattispecie una forma di coinvolgimento delle Regioni. Si aggiunga che obblighi costituenti espressione di un coordinamento meramente informativo gravanti sulle Regioni non sono di per sé idonei a ledere sfere di autonomia costituzionalmente garantite (sentenza n. 376 del 2003). Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Informazione ambientale - Art. 55, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Compiti dell’ANCI in materia di tutela del suolo e informazione ambientale - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 55, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui verrebbe demandata ad una associazione di categoria (l’ANCI) un’attività che dovrebbe invece trovare la sua sede naturale nella Conferenza Stato-città, non è fondata. La norma, infatti, si limita a prevedere che l’ANCI «contribuisce» allo svolgimento dell’attività conoscitiva, senza sottrarre alle Regioni alcuna competenza. Essa, dunque, è priva di idoneità lesiva delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 57 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza - Materia di competenza statale esclusiva - Attività di indirizzo in settori di competenza statale. L’art. 57 - al pari delle altre norme che compongono la sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006 - appartiene, non ad un ambito materiale di potestà legislativa concorrente, bensì alla materia della tutela dell’ambiente (di competenza statale esclusiva). Conseguentemente, da un lato, esso prevede legittimamente, in capo allo Stato, l’attività di indirizzo e coordinamento e, dall’altro, per l’esercizio di quest’ultima attività, non è costituzionalmente imposta, quale forma di collaborazione istituzionale, l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Deve poi essere escluso il rischio che il compito, assegnato dall’art. 57, comma 4, al Comitato dei ministri, di proporre gli indirizzi delle politiche settoriali riguardi anche piani di settore di competenza regionale; infatti, la norma si riferisce esclusivamente alle politiche settoriali che rientrano nelle materie di competenza statale. Va infine precisato come il riconoscimento di un potere di indirizzo e coordinamento in capo allo Stato è connaturato all’attribuzione allo stesso Stato della competenza legislativa esclusiva in materia. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Piani di bacino - Materia della tutela dell’ambiente - Interessi regionali - Conferenza Stato-Regioni. I piani di bacino, costituendo il fondamentale strumento di pianificazione in materia di difesa del suolo e delle acque, anche al fine di assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative, rientrano a pieno titolo nell’ambito materiale della tutela dell’ambiente. Pertanto gli interessi regionali risultano adeguatamente tutelati dalla forma di collaborazione prevista dall’ art. 57 d.lgs. n. 152/2006 (parere della Conferenza Stato-Regioni). Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 57, c. 1 lett. a), n. 3, d.lgs. n. 152/2006 - Attività sostitutiva del Governo - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera a), n. 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui prevede l’attività sostitutiva del Governo «in caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione», non è fondata. La norma in oggetto si limita ad attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di compiere gli atti volti a provvedere in via sostitutiva in caso di persistente inattività dei soggetti tenuti a provvedere, ma non configura una distinta fattispecie di potere sostitutivo statale esercitabile al di fuori delle condizioni previste dall’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 57, c. 1, lett. b) d.lgs. n. 152/2006 - Approvazione del programma nazionale di intervento - Illegittimità costituzionale - Necessità del previo parere della Conferenza unificata. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia approvato previo parere della Conferenza unificata. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 57, cc. 3 e 4, d.lgs. n. 152/2006 - Funzioni di vigilanza - Questione di legittimità costituzionale - Lesione delle prerogative regionali - Infondatezza. Per principio generale, la competenza in tema di funzioni di vigilanza coincide con quella relativa all’attività oggetto di vigilanza. Nei commi 3 e 4 dell’art. 57 del d.lgs. n. 152/2006 non è contenuto alcun riferimento che possa indurre a ritenere che i compiti di vigilanza da essi attribuiti al Comitato dei ministri riguardino anche attività rientranti nelle attribuzioni delle Regioni. Pertanto, dovendosi ritenere che quei compiti di vigilanza abbiano ad oggetto esclusivamente attività di competenza statale, la norma non lede le prerogative garantite alle Regioni dalla Costituzione. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Difesa del suolo - Funzioni di programmazione e finanziamento ex art. 58, c. 3, lett. a), d.lgs. n. 152/2006 - Ministro dell’Ambiente - Illegittimità costituzionale - Previo parere della Conferenza unificata. Precisato che gli interventi in tema di difesa del suolo appartengono a pieno titolo alla materia della tutela dell’ambiente, le generali funzioni di programmazione e finanziamento che l’art. 58, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 152/2006 assegna al Ministro dell’ambiente, sono tali da produrre effetti significativi sull’esercizio delle attribuzioni regionali in materia di governo del territorio. Il principio di leale collaborazione impone pertanto un coinvolgimento delle Regioni e la norma va dichiarata illegittima nella parte in cui non stabilisce che la programmazione ed il finanziamento degli interventi in difesa del suolo avvengano sentita la Conferenza unificata, analogamente a quanto disposto in precedenza - per le stesse funzioni - dall’art. 88, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998. La declaratoria di illegittimità costituzionale non riguarda il potere di controllo, anch’esso attribuito al Ministro dell’ambiente, perché si deve ritenere che le funzioni di controllo del Ministro dell’ambiente riguardino esclusivamente attività di competenza statale. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Difesa del suolo - Materia di appartenenza - Tutela dell’ambiente - Competenza esclusiva statale - Utilizzo del territorio - Esclusione - Invasione delle competenze regionali in tema di protezione civile - Esclusione - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 58, c. 3, lett. b) del d.lgs. n. 152/2006, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione, non è fondata. La norma attiene ad un particolare aspetto della più generale attività di difesa del suolo, e precisamente alla parte relativa ai rischi derivanti dal dissesto idrogeologico che spesso interessano più regioni. Rientra pertanto essa nell’àmbito materiale della tutela dell’ambiente. La disposizione non può invece essere ricondotta alla materia del governo del territorio, perché essa non attribuisce al Ministro dell’ambiente le funzioni in tema di utilizzazione del territorio, ma competenze dirette ad assicurare la salvaguardia dello stato del suolo, come affermato espressamente dalla stessa norma che individua il fine delle attribuzioni ministeriali in quello di «garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee». Né l’art. 58, comma 3, lettera b) del d.lgs. n. 152 del 2006 invade le attribuzioni regionali in materia di protezione civile, perché esso fa salve le competenze del Dipartimento della protezione civile e, quindi, anche le corrispondenti attribuzioni delle Regioni. Quanto al principio di leale collaborazione, la sua salvaguardia è assicurata dalla necessità del parere della Conferenza unificata per l’esercizio delle funzioni di programmazione e finanziamento, quale risulta a seguito della declaratoria di parziale illegittimità della lettera a) dello stesso art. 58, comma 3. Infatti, il parere sarà richiesto anche in caso di programmazione e finanziamento riguardanti la prevenzione del rischio idrogeologico. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 58, c. 3 lett. d) d.lgs. n. 152/2006 - Illegittimità costituzionale - Previo parere della Conferenza unificata. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 3, lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che le funzioni in esso indicate siano esercitate previo parere della Conferenza unificata. I compiti attribuiti al Ministro dell’ambiente dalla norma in questione sono infatti sicuramente tali da produrre effetti indiretti sulla materia del governo del territorio e dunque il loro esercizio richiede un cointeressamento delle Regioni che deve essere realizzato nella forma del parere della Conferenza unificata. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Tutela del territorio - Art. 58, c. 2, lett. c) d.lgs. n. 152/2006 - Poteri di coordinamento del Ministero dell’ambiente. La lettera c) del comma 2 dell’art. 58 del d.lgs. n. 152/2006 dispone che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio «opera, ai sensi dell’articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l’utilizzazione delle acque e per la tutela dell’ambiente». Si tratta, pertanto, di un potere non riconducibile a quello di indirizzo, bensì a quello di coordinamento proprio del Ministro dell’ambiente in virtù della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale). Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Bacini idrografici - D.lgs. n. 152/2006 - Riallocazione a livello centrale di funzioni attribuite alle regioni - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La mancata previsione, nel d.lgs. n. 152 del 2006, delle competenze regionali a delimitare i propri bacini idrografici, ad attivare la costituzione di comitati per i bacini di rilievo regionale e di rilievo interregionale ed a stabilire le modalità di consultazione di enti, organismi, associazioni e privati interessati, in ordine alla redazione dei piani di bacino è l’inevitabile conseguenza della modifica del sistema di pianificazione in materia di difesa del suolo e tutela delle acque introdotta dal d.lgs. n. 152 medesimo e, soprattutto, della modificazione dell’ambito territoriale cui si riferiscono gli strumenti di pianificazione. Una volta che, in conformità con la normativa comunitaria, il precedente sistema di ripartizione del territorio nazionale in bacini idrografici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, è stato sostituito dalla ripartizione per distretti idrografici, non è più ragionevole l’attribuzione alle Regioni delle riferite competenze. Tale considerazione consente di escludere, oltre alla sussistenza della lesione delle attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117 e 118 Cost., anche quella della violazione dell’art. 76 della Costituzione. Richiamando quanto detto a proposito della corretta interpretazione del generalissimo criterio enunciato all’inizio del comma 8 dell’art. 1 della legge delega n. 308 del 2004, la fattispecie costituisce un’ipotesi di riallocazione al livello centrale di funzioni attribuite alle Regioni dal d.lgs. n. 112 del 1998 imposta dalla necessità di assicurarne l’esercizio unitario e coordinato. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Artt. 63 e 64 d.lgs. n. 152/2006 - Riorganizzazione del sistema delle autorità di bacino - Disciplina previgente - Coerenza con la normativa comunitaria - Direttiva 2000/60/CE. Gli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152/2006 attuano una riorganizzazione del sistema delle autorità di bacino. In precedenza, ai sensi dell’art. 13 della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), l’intero territorio nazionale era ripartito in bacini idrografici che potevano essere di tre tipi: bacini di rilievo nazionale, bacini di rilievo interregionale e bacini di rilievo regionale. La legge individuava 11 bacini di rilievo nazionale (art. 14) e 18 bacini di rilievo interregionale (art. 15); i bacini di rilievo regionale erano quelli non ricompresi nelle altre due categorie (art. 16). Nei bacini di rilievo nazionale era istituita l’Autorità di bacino (art. 12), anche se, a tal fine, alcuni bacini erano raggruppati sotto un’unica Autorità (art. 14, comma 2). Nei bacini di rilievo interregionale, le Regioni definivano d’intesa la formazione del comitato istituzionale di bacino e del comitato tecnico (art. 15, comma 3). L’art. 64 del d.lgs. n. 152 del 2006, individuando otto distretti idrografici, procede all’accorpamento dei precedenti bacini nazionali, interregionali e regionali. Un’analoga riorganizzazione interessa automaticamente anche le Autorità di bacino, proprio perché l’art. 63 istituisce in ciascun distretto un’unica Autorità di bacino. Tale riorganizzazione è stata attuata in coerenza con la normativa comunitaria (cfr. dir. 2000/60/CE). Tale conclusione non è contrastata dal fatto che la direttiva 2000/60/CE ha ad oggetto specifico la tutela delle acque e non anche la difesa del suolo. Infatti, posto che la delega interessava tanto la tutela delle acque dall’inquinamento, quanto la difesa del suolo e la desertificazione, è ragionevole che il legislatore delegato abbia configurato un unico sistema di distribuzione delle competenze amministrative per i due settori, i quali, tra l’altro, sono intimamente connessi. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 63 d.lgs. n. 152/2006 - Struttura e funzioni delle Autorità di bacino distrettuale - Violazione delle attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117 e 118 Cost. - Esclusione. L’art. 63 del d.lgs. n. 152 del 2006, definendo struttura e funzioni delle Autorità di bacino distrettuale, istituisce nuovi organismi per la tutela del suolo e delle acque, vale a dire in un àmbito materiale di competenza esclusiva statale. Se è vero che le competenze di tale nuovo organismo possono indirettamente avere conseguenze su àmbiti materiali di competenza concorrente (come il governo del territorio), è anche vero che il coinvolgimento delle Regioni è assicurato dalla norma in esame che prevede la partecipazione dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico di cui di volta in volta si tratta, alla Conferenza istituzionale permanente (art. 63, comma 4), principale organo dell’Autorità di bacino che assomma le vaste competenze elencate nel comma 5 dello stesso art. 63. Non sussiste, pertanto, la violazione delle attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Artt. 63 e 64 d.lgs. n. 152/2006 - Materia di appartenenza - Tutela dell’ambiente - Autorità di bacino distrettuale - Governo del territorio - Estraneità. Gli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152/2006 attengono pienamente alla materia della tutela dell’ambiente, le Autorità di bacino distrettuale essendo preposte a compiti rientranti in quelli previsti in generale dalla sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006, non alla materia del governo del territorio. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Piani di bacino - Autorità di bacino distrettuale - Art. 65 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’attribuzione delle competenze in ordine alla elaborazione ed all’adozione dei piani di bacino alle nuove Autorità di bacino distrettuale è la conseguenza del riordino del sistema di ripartizione del territorio nazionale in distretti idrografici e il coinvolgimento delle Regioni nella procedura di emanazione dei piani di bacino è adeguatamente assicurato dalla partecipazione dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è interessato dal distretto di cui si tratta (o degli assessori dagli stessi delegati) alla Conferenza istituzionale permanente che ha il compito di stabilire gli indirizzi, i metodi ed i criteri di elaborazione del piano di bacino (art. 65, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006) e, poi, di adottare il piano medesimo (art. 66, comma 2). Ne consegue l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale , per violazione dell’art. 117 Cost., dell’art. 65 d.lgs. n. 152/2006. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 65, cc. 3, 4 e 5 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. I commi 3, lettere d) ed e), 4 e 5 dell’art. 65 d.lgs. n. 152/2006 sono inidonei a produrre effetto sulle competenze regionali. Essi non violano pertanto gli artt. 117, 118 e 67 Cost. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 65, c. 7 d.lgs. n. 152/2006 - Misure di salvaguardia - Materia della tutela dell’ambiente - Coinvolgimento delle Regioni - partecipazione dei rappresentanti negli organi delle autorità di bacino - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Le misure di salvaguardia di cui all’art. 65, c. 7 hanno la stessa natura e la stessa funzione degli interventi previsti in generale dal piano di bacino. Si tratta di misure, per così dire, cautelari, dirette a tutelare le condizioni di suolo ed acque nelle more dell’approvazione del piano di bacino. La relativa disciplina, pertanto, appartiene a pieno titolo alla materia della tutela dell’ambiente e, anche in questo caso, vale il rilievo secondo il quale la necessità del coinvolgimento delle Regioni derivante dall’indiretto riflesso che tali misure possono avere in materia di governo del territorio è adeguatamente soddisfatta dalla partecipazione dei rappresentanti delle Regioni il cui territorio è interessato dai provvedimenti in questione negli organi delle Autorità di bacino, competenti anche all’adozione delle misure previste dall’art. 65, comma 7. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 69, c. 2 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, stabilendo la quota minima complessiva degli stanziamenti che deve essere destinata a determinate categorie di interventi ed attività, non lede i precetti costituzionali di cui agli artt. 117 e 119, perché esso interviene in materia di competenza esclusiva statale e il coinvolgimento delle Regioni è assicurato dal parere della Conferenza unificata che deve essere richiesto a norma dell’art. 58, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, quale risulta a seguito della dichiarazione della sua parziale illegittimità (supra, n. 9.3). Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 69, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’art. 69, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 non è lesivo di attribuzioni regionali. Le opere e gli interventi che le Regioni intendano realizzare utilizzando propri stanziamenti sono compresi nella generale pianificazione contenuta nel piano di bacino e, dunque, appartengono ad un ambito di competenza materiale statale. Le possibili interrelazioni tra le opere che la singola Regione propone di realizzare con propri stanziamenti e gli altri interventi previsti dal medesimo piano di bacino giustifica la previsione della necessità del parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente, al fine di garantire l’indispensabile coerenza complessiva dell’attività di pianificazione. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Piani di bacino - Programmi di intervento - Art. 70, c. 1 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. I programmi di intervento sono atti finalizzati alla concreta attuazione delle misure previste nei piani di bacino e la loro disciplina, al pari di quella di questi ultimi, appartiene alla materia della tutela dell’ambiente. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 70, c. 1 d.lgs. n. 152/2006, per violazione del principio di leale collaborazione e delle attribuzioni regionali, non è pertanto fondata. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Interventi a difesa del suolo - Finanziamenti erogati dallo Stato - Art. 72, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Gli interventi previsti a difesa del suolo dalla sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 «sono a totale carico dello Stato» (art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006). Gli stanziamenti che, a norma dell’art. 72, comma 3, sono ripartiti tra amministrazioni statali e Regioni dal programma nazionale di intervento sono quindi finanziamenti erogati dallo Stato per l’esecuzione di attività riconducibili ad una materia rientrante nella sua competenza esclusiva (la tutela dell’ambiente). Il principio di leale collaborazione è rispettato mediante la previsione della necessità del parere della Conferenza Stato-Regioni. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 72, c. 5, d.lgs. n. 152/2006 - Opere di grande rilevanza tecnico-idraulica - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La questione concernente il comma 5 dell’art. 72 del d.lgs. n. 152 del 2006 non è fondata. La norma, pur prevedendo che le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, siano individuate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, stabilisce che ciò avvenga «su proposta della Conferenza Stato-Regioni». Non sussiste, pertanto, la lesione delle competenze regionali e del principio di leale collaborazione, perché la disposizione impugnata, pur imputando formalmente l’individuazione delle opere in questione all’atto ministeriale, attribuisce alle Regioni un ruolo condizionante il contenuto dell’atto stesso. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
DIRITTO DELLE ACQUE - DIRITTO DEMANIALE - DIRITTO URBANISTICO - Costruzioni abusive su golene - Violazione dell'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento amministrativo - Effetti che per legge debbono intervenirvi - Distinzione se il provvedimento finale sia o meno vincolato - Necessità - Art. 21-octies, L. n. 241/1990, aggiunto dall'art. 14 L. n. 15/2005 - Art.7 L. n. 241/1990. Ai sensi dell'artt. 21 octies e 7 della legge n. 241 del 1990, per i provvedimenti di natura vincolata, l'annullabilità è esclusa nel caso di evidenza della inidoneità dell'intervento dei soggetti ai quali è riconosciuto un interesse ad interferire sul loro contenuto; per quelli di natura non vincolata, subordinatamente alla prova, da parte dell'Amministrazione, che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso anche in caso di intervento di detti interessi (fattispecie: ordine di demolizione (e ripristino dello stato originario dei luoghi) di immobili occupanti un’area demaniale senza titolo, costruiti in area esondabile con un grave pericolo per la pubblica e privata incolumità). Pres. Vittoria, Rel. Oddo. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, SS. UU., 25/06/2009 (Ud. 21/04/2009), Sentenza n. 14878
INQUINAMENTO IDRICO -
RIFIUTI - CAVE - Fango e limo - Prima pulitura mediante lavaggio - Disciplina
applicabile - Artt. 256 c.1, lett. a) e 185, c. 1, lett. b n. 4 D.L.vo n.152/06
- Art. 137 D.Lg.vo 152/06. I fanghi e di limi, derivanti dalla prima
pulitura mediante lavaggio del materiale ricavato dallo sfruttamento delle cave,
non rientrano nel campo di applicazione della disciplina sui rifiuti, di cui
alla parte quarta del D.Lgs. n. 152 del 2006, in quanto l'art. 185, comma 1,
lett. b n. 4 esclude dalla disciplina in questione i rifiuti risultanti dallo
sfruttamento delle cave, tra i quali rientrano quelli risultanti dalla pulitura
effettuata sia mediante setacciatura o grigliatura sia mediante lavaggio. Ciò
non deve indurre alla conclusione di un disinteresse dell'ordinamento per le
ricadute che l'attività di lavaggio può avere sull'ambiente circostante, posto
che - in caso di eventuali modalità di trattamento del materiale che comportino
ricadute negative sulle acque fluviali interessate - la normativa a tutela delle
acque e della loro qualità può costituire punto di riferimento. Pres. Onorato,
Est. Mulliri, Ric. Pichler.
CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/05/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 22468
INQUINAMENTO IDRICO - RIFIUTI - CAVE - Fango e limo - Natura di rifiuto - Sottoprodotto - Necessità
tecniche - Caso d’esclusione - Applicabilità della disciplina sulla tutela delle
acque - Art. 137 D.Lg.vo n. 152/06 - Artt. 183 lett. f) e 185, D.L.vo n.152/06. Quando si verte in materia di rifiuti è necessario anche la verifica in
concreto della sussistenza dei requisiti grazie ai quali, nella specie, il limo,
possa essere riconducibile alla nozione di "sottoprodotto" di cui all'art. 183
lett. f) D.L.vo n.152/06. Una volta escluso, che il materiale fangoso esula dal
ciclo estrattivo autorizzato non si vede la ragione per la quale escludere la
sua riconducibilità nell'ambito dei casi di esclusione di cui all'art. 185
D.L.vo n.152/06 come se la "prima pulitura" del materiale estratto, necessaria
per separare il materiale commerciale, debba avvenire esclusivamente mediante
setacciatura o grigliatura e non possa avvenire, quando necessità tecniche lo
richiedano o lo rendano opportuno, mediante lavaggio... il quale costituirebbe,
a differenza della setacciatura o grigliatura, attività ontologicamente
successive alla estrazione vera a propria". Tuttavia, l'attività di lavaggio può
avere ricadute sull'ambiente circostante sanzionabili ai sensi dell’art. 137
D.Lg.vo n. 152/06. Pres. Onorato, Est. Mulliri, Ric. Pichler.
CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/05/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 22468
ACQUA - Acqua destinata al consumo umano - Comune - Controlli effettuati ai sensi del d.lgs. n. 31/2001 - Accesso ai sensi del d.lgs. n. 195/2005 - Informazione ambientale. I controlli che il Comune deve effettuare ai sensi degli artt. 6 e ss. del D.l.vo 2 febbraio 2001 n. 31, possono annoverarsi tra le misure amministrative che incidono sullo stato dell’acqua: deve quindi esserne garantito l’accesso in applicazione del d.lgs. n. 195/2005. L’art. 2 di tale normativa chiarisce infatti che per “informazione ambientale” si intende “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio … 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2)”. Il successivo art. 3 precisa inoltre che l'autorità pubblica deve rendere disponibile, l'informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse, nella specie, peraltro, manifestato e sussistente nel fatto di aver stipulato contratto di somministrazione di acqua potabile con il Comune. Pres. Vitellio, Est. Criscenti - D.F. (avv. Nucara) c. Comune di Reggio Calabria (n.c.) - T.A.R. CALABRIA, Reggio Calabria - 20/05/2009, n. 344
ACQUA - Funzionalità o assenza di impianti di depurazione delle acque - Informazione ambientale - Accesso ai sensi del d.lgs. n. 195/2005 - Puntuale indicazione degli atti richiesti - Necessità - Esclusione - Obbligo, in capo all’amministrazione, di acquisire tutte le notizie. La funzionalità o l’eventuale assenza di impianti di depurazione delle acque può annoverarsi tra le misure incidenti sullo stato dell’acqua o comunque tra le misure finalizzate a proteggere il suddetto elemento e deve, pertanto, considerarsi informazione accessibile in applicazione del d.lgs. n. 195/2005. L’art. 2 di tale normativa chiarisce infatti che per “informazione ambientale” si intende “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio … 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2)”. Il successivo art. 3 precisa inoltre che l'autorità pubblica deve rendere disponibile, l'informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse. E’ poi pacifico che in materia di accesso ambientale non è necessaria la puntuale indicazione degli atti richiesti, ma è sufficiente una generica richiesta di informazioni sulle condizioni di un determinato contesto ambientale per costituire in capo all'amministrazione l'obbligo di acquisire tutte le notizie relative allo stato della conservazione e della salubrità dei luoghi interessati dall'istanza, ad elaborarle ed a comunicarle al richiedente (Tar Genova, I, 27 ottobre 2007 n. 1870). Pres. Vitellio, Est. Criscenti - G.V. (avv.ti Messineo e Colella) c. Comune di Reggio Calabria (n.c.) - T.A.R. CALABRIA, Reggio Calabria - 20/05/2009, n. 343
ACQUA - Quadro per una politica comunitaria nel settore dell'acqua - Designazione delle autorità competenti per zone idrografiche - Inadempimento di Stato (Spagna) - Direttiva 2000/60/CE. Attraverso la mancata nomina delle autorità competenti adibiti all’applicazione delle disposizioni contenute nella direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro unitario per una politica comunitaria in materia di acque che riguardano le Comunità autonoma della Galizia, del Paese Basco, dell’Andalusia, delle isole Baleari e delle isole Canarie, il regno di Spagna è venuto meno ai suoi obblighi ai sensi dell'articolo 3, paragrafi 2, 7 e 8 della direttiva 2000/60/CE. (Testo Uff.: En n’ayant pas désigné les autorités compétentes pour appliquer les dispositions de la directive 2000/60/CE du Parlement européen et du Conseil, du 23 octobre 2000, établissant un cadre pour une politique communautaire dans le domaine de l’eau concernant les Communautés autonomes de Galice, du Pays basque, d’Andalousie, des Baléares et des Canaries, le Royaume d’Espagne a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de l’article 3, paragraphes 2, 7 et 8, de cette directive). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VII, 7/05/2009, Sentenza C-516/07
ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico di pubblica fognatura in acque
superficiali di reflui civili - Responsabilità del Sindaco - Sussistenza -
Poteri d'indirizzo e di controllo - Fattispecie - Art. 51, c. 2, L. n.142/1990 e
s.m.. Per il disposto dell'art. 51, comma 2, della legge 8 giugno 1990,
n.142 e s.m., spettano agli organi elettivi (tra cui il sindaco) i poteri
d'indirizzo e di controllo [negli stessi rientrando il compito di predisporre
presidi necessari per l'assolvimento degli obblighi in materia di tutela
ambientale], mentre soltanto la gestione amministrativa è attribuita ai
dirigenti. Pertanto, sussiste la responsabilità del Sindaco quando egli non
eserciti efficacemente tali poteri in materia ambientalistica. Fattispecie: in
tema di scarichi in acque superficiali di reflui civili provenienti da rete
fognaria comunale. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. De Matteis.
CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19884
ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico di reflui - Campionamento ed analisi -
Modalità di prelievo e garanzie difensive - Attività di polizia amministrativa -
Tutela della salute pubblica. Anche in tema di scarico di reflui, le
modalità di prelievo dei campioni da analizzare e le metodiche di analisi
riguardano attività di polizia amministrativa volta a stabilire se sostanze
prelevate siano conformi alle prescrizioni di legge, sicché l'eventuale
inosservanza da parte dell'autorità procedente delle prescritte modalità e
metodiche non determina la nullità delle operazioni compiute. Inoltre,
l'acquisizione agli atti degli esiti delle analisi rende superflua quella dei
campioni analizzati. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881
ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico di reflui - Ispezioni, prelievi dei
campioni, analisi - Garanzie difensive - Vigilanza amministrativa a tutela della
salute pubblica. Soltanto se le operazioni di prelievo siano state eseguite
su disposizione del magistrato o se sia stato individuato un soggetto
determinato, indiziabile di reati, trovano applicazione le garanzie difensive
previste dal cod. proc. pen. stante che, le ispezioni, i prelievi dei campioni e
la loro prima analisi s'inquadrano nella vigilanza amministrativa a tutela della
salute pubblica e, in quanto intervengono prima che ci sia un indiziato di
reato, non possono essere considerati atti d'indagine preliminare. Qualora
l'analisi dei campioni abbia dato esito sfavorevole sorgono indizi di reato e da
quel momento vanno applicate le norme procedurali per l'intervento del
difensore. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881
ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Ispezioni, campionamento, analisi - Attività di
polizia giudiziaria Garanzie difensive - Art. 223 disp. att. c.p.p. - Preavviso
all'interessato senza particolari formalità. L'ispezione dello stabilimento
industriale, il prelievo e il campionamento, le analisi dei campioni,
configurano attività amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme
del codice di procedura penale stabilite a garanzia degli indagati per le
attività di polizia giudiziaria, atteso che l'unica garanzia richiesta per le
anzidette attività ispettive è quella prevista dall'art. 223 disp. att. c.p.p.
che impone il preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si
svolgeranno le analisi dei campioni [cfr. Cassazione Sezione III, n.15170/2003,
Piropan]. Pertanto, il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni
costituisce l'unico requisito di utilizzabilità delle analisi dei campioni per
le quali non è possibile la revisione e può esser dato senza particolari
formalità, anche oralmente, non solo al titolare dello scarico, ma anche a un
dipendente del titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo dei
campioni essendo solo necessario che esso sia idoneo al raggiungimento dello
scopo [Cassazione Sezione VI n. 9994/1992, 08/09/1992 - 17/10/1992, Rinaldi].
Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881
ACQUE - AGRICOLTURA - RIFIUTI - Materie fecali - Fertirrigazione e rifiuti -
Disciplina applicabile - Testo unico n. 152/2006 (codice dell’ambiente).
Le
materie fecali sono sottratte dalla disciplina sui rifiuti se vengono utilizzate
nell'agricoltura. L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamenti deve
avvenire nel rispetto delle prescrizioni regionali adottate a norma del comma
secondo dell'articolo 112 del testo unico n 152 del 2006. Il mancato rispetto di
tali disposizioni ovvero dei divieti di esercizio o della sospensione a tempo
determinato delle attività è sanzionato a norma dell'articolo 137 comma 14.
Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Crema.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n.
19880
INQUINAMENTO IDRICO - RIFIUTI - Effluenti di allevamento - Smaltimento -
Fattispecie: smaltimento di un rifiuto e non una fertirrigazione - D.L.vo
n.152/2006. Gli effluenti di allevamento, se non vengono utilizzati nella
fertirrigazione, danno luogo ad uno scarico, parificato a quello domestico a
tutti gli effetti se vengono smaltiti tramite condotta nel rispetto delle
prescrizioni imposte dalla legge. Mancando invece la condotta, lo sversamento
sul suolo o nel sottosuolo, al di fuori della fertirrigazione dà luogo allo
smaltimento di un rifiuto. Nella fattispecie si è accertato che i reflui erano
smaltiti al di fuori di qualsiasi pratica di fertirrigazione mediante
spandimento sul suolo. Si è compiuta cioè un' attività di smaltimento di un
rifiuto e non una fertirrigazione. Di conseguenza legittimamente è stata
applicata la disciplina sui rifiuti. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Crema.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n.
19880
INQUINAMENTO IDRICO - Trattamento delle acque reflue urbane di scarico -
Trattamento secondario o trattamento equivalente - Inquinamento e seccature -
Inadempimento di Stato (Portogallo) - Artt. 3 e 4, Direttiva 91/271/CEE.
Omettendo di equipaggiare i sistemi di raccolta, conformemente alle disposizioni
dell'articolo 3 della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991,
relativa al trattamento delle acque reflue urbane di scarico, le agglomerazioni
di do Rio Uima (Fiães S. Jorge), de Costa de Aveiro, de Covilhã, d’Espinho/Feira,
de Ponta Delgada, de Póvoa de Varzim/Vila do Conde ainsi que de Santa Cita ed
omettendo di sottoporre ad un trattamento secondario o ad un trattamento
equivalente, conformemente all'articolo 4 della direttiva n.91/271/CEE, le acque
urbane di scarico provenendo dalle agglomerazioni d’Alverca, de Bacia do Rio
Uima (Fiães S. Jorge), de Carvoeiro, de Costa de Aveiro, de Costa Oeste, de
Covilhã, de Lisbonne, de Matosinhos, de Milfontes, de Nazaré/Famalicão, de Ponta
Delgada, de Póvoa de Varzim/Vila do Conde, de Santa Cita, de Vila Franca de Xira
et de Vila Real de Santo António, la repubblica portoghese è venuta meno agli
obblighi che gli incombono ai sensi degli articoli 3 e 4 della suddetta
direttiva. (Testo Uff.: En omettant d’équiper de systèmes de collecte,
conformément aux dispositions de l’article 3 de la directive 91/271/CEE du
Conseil, du 21 mai 1991, relative au traitement des eaux urbaines résiduaires,
les agglomérations de Bacia do Rio Uima (Fiães S. Jorge), de Costa de Aveiro, de
Covilhã, d’Espinho/Feira, de Ponta Delgada, de Póvoa de Varzim/Vila do Conde
ainsi que de Santa Cita et en omettant de soumettre à un traitement secondaire
ou à un traitement équivalent, conformément à l’article 4 de cette directive,
les eaux urbaines résiduaires provenant des agglomérations d’Alverca, de Bacia
do Rio Uima (Fiães S. Jorge), de Carvoeiro, de Costa de Aveiro, de Costa Oeste,
de Covilhã, de Lisbonne, de Matosinhos, de Milfontes, de Nazaré/Famalicão, de
Ponta Delgada, de Póvoa de Varzim/Vila do Conde, de Santa Cita, de Vila Franca
de Xira et de Vila Real de Santo António, la République portugaise a manqué aux
obligations qui lui incombent en vertu des articles 3 et 4 de ladite directive).
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. V, 7\05\2009, Sentenza C-530/07
ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico sul suolo - Divieto - Deroga -
Condizioni - Artt. 137 c. 11, 103 e 104 D.L.vo n. 152/2006 - Artt. 29, 30 e 59
c. 8 d. L.vo n 152/1999. In materia di scarichi, il legislatore con
l'articolo 137 comma 11, D.L.vo n. 152 del 2006 conformemente alle direttive
comunitarie, ha voluto ribadire in maniera chiara e precisa il divieto di
scarichi nel suolo e nel sottosuolo, per la natura impermeabile di tale corpo
recettore e per l'impossibilità di controllare le sostanze immesse. Tale divieto
può essere derogato nelle sole ipotesi tassative previste dalla legge tra le
quali rientra quella di cui alla lettera c) dell'articolo 103 decreto
legislativo n. 152/2006. La norma, per potere scaricare sul suolo, richiede tre
condizioni che devono essere puntualmente rispettate dall'autorità
amministrativa. La prima è obbligatoria e riguarda il rispetto dei limiti che le
regioni dovranno indicare per tale specifico scarico al suolo. Le altre due
condizioni sono costituite dall'impossibilità tecnica o dall'eccessiva onerosità
rispetto ai benefici ambientali conseguibili con lo scarico diretto in altro
corpo recettore. L'impossibilità tecnica indica un criterio oggettivo nel senso
che sotto il profilo tecnico sussiste tale condizione quando non è attuabile un
altro scarico. Con riferimento all'eccessiva onerosità, il legislatore non ha
specificato in relazione a cosa l'onere debba considerarsi eccessivo: se con
riferimento alla capacità economica del privato in relazione alla grandezza
dell'insediamento ovvero con riferimento al pregiudizio che si arreca scaricando
sul suolo. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Bornigia.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/04/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n.
17862
ACQUA - RIFIUTI - Servizio idrico integrato e di gestione RSU - Gestione diretta in economia - Esclusione - Quadro normativo. L’inequivocità del quadro normativo statale e regionale di riferimento (artt. 8 e 9 legge “Galli” del 1994, art. 23 Decreto “Ronchi” del 1997, art. 113 comma 5 T.U. Enti locali del 2000, art. 148 D. Lgs. n. 152/2006, artt. 10 e 16 L.R. Emilia Romagna n. 25/1999), esclude qualsiasi attuale possibilità di gestione diretta in economia del servizio idrico integrato e del servizio di gestione RSU. Pres. Piscitello, Est. Calderoni - Comune di Montese (avv. Graziosi) c. Agenzia d'ambito per i Servizi pubblici di Modena (avv. Vaccari), M. s.p.a. (avv.ti Aicardi e Caia) e altro (n.c.) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 24/04/2009, n. 543
ACQUA - Servizio idrico integrato - A.T.O. - Principi normativi ex L. n. 36/94 e L.R. Piemonte n. 13/2007 - Sistemi gestori ammissibili - Comuni - Costituzione di una società ad hoc in concorrenza con l’Autorità d’Ambito - Illegittimità. L’art. 9 della L. n. 36/1994 e gli artt. 4,5 e 7 della coerente Legge Regionale del Piemonte n. 13/2007 hanno delineato un sistema accentrato a livello di ambito territoriale ottimale per la gestione ed erogazione del servizio idrico integrato. I cardini del nuovo impianto normativo sono sostanzialmente due: il primo consiste nella visione unitaria della risorsa idrica, per la quale viene delineato un ciclo completo, che si diparte dalla fase della captazione, dell’emungimento per giungere alla depurazione, attraverso la fase intermedia dell’adduzione; il secondo caposaldo della legge è il superamento della polverizzazione territoriale che contrassegnava le pregresse gestioni, per lo più condotte in amministrazione diretta o economia dai vari enti locali. Si è optato per una gestione associata ed integrata, polarizzata su centri unificati a livello sub regionale (gli ambiti territoriali ottimali) al cui governo sono state preposte Autorità infra - provinciali, le c.d. A.T.O. A queste il legislatore ha commesso compiti di regolazione, indirizzo, controllo e definizione dei moduli gestionali. Le figure gestorie ipotizzabili sono costituite dal modello societario, o di capitali, previa individuazione attraverso procedure ad evidenza amministrativa, o a capitale misto pubblico - privato o a capitale interamente pubblico. Il nuovo assetto ordinamentale ha privato il Comune dei suoi poteri di regolazione e di definizione del modulo gestionale più appropriato alle necessità erogative del servizio. L’ente locale non è più quindi competente e legittimato a costituire alcuna società a cui affidare, con gara o meno, la gestione del servizio idrico, il quale è totalmente di competenza dell’Autorità di Ambito. Ne consegue che l’avvenuta costituzione, in concorrenza con l’Autorità, di una società ad hoc da parte dei Comuni, quantunque a totale partecipazione pubblica locale, integra un vulnus del dettato legislativo di riferimento. Pres. Bianchi, Est. Graziani - Autorita' D'Ambito N. 3 Torinese (avv.ti Cavallo Perin e Savatteri) c. Comune di Quagliuzzo e altri (n.c.). T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 10/04/2009, n. 1019
ACQUA - Servizio idrico integrato - Art. 148 d.lgs. n. 152/2006 - Comuni - Mancata adesione alla gestione unica d’ambito - Possibilità - Requisiti - Gestione diretta o in house - Poteri residui dell’Autorità d’ambito - Individuazione. L’art. 148 del Codice ambiente autorizza i Comuni a non aderire alla gestione unica d’ambito, in presenza dei richiesti presupposti (comuni inseriti in comunità montane e avanti popolazione non superiore a 1.000 abitanti), a condizione che il comune gestisca direttamente il servizio o in affidamento a società a capitale interamente pubblico soggetta al suo controllo. Non prevede la norma de qua che la decisione se gestire il servizio in via diretta o affidarlo invece alla predetta società pubblica sia di competenza dell’autorità d’Ambito. In altri termini l’Autorità è competente ad individuare le formule gestorie del servizio, conformemente all’art. 113 del TUEl, solo qualora un Comune aderisca alla gestione unica d’ambito. Ove invece non intenda aderirvi, non v’è ragione fattuale e giuridica per incardinare in capo all’Autorità di ambito la competenza a decidere circa le modalità di gestione del servizio, il quale rimane nella titolarità del Comune. I poteri generali di regolazione e controllo residuano invece in capo all’Autorità (il potere di fissazione di standard di qualità, di livelli tariffari, di controllo sulla corretta gestione del servizio e sul rispetto degli standard e quant’altro). Ciò è coerente con la configurazione dei siffatte Autorità quali titolari di funzioni regolative e di controllo sulla gestione del servizio idrico integrato. Pres. Bianchi, Est. Graziani - Autorita' D'Ambito N. 3 Torinese (avv.ti Cavallo Perin e Savatteri) c. Comune di Quagliuzzo e altri (n.c.). T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 10/04/2009, n. 1019
ACQUA - Acque reflue industriali - Nozione - Giurisprudenza - Fattispecie - Art. 74 lett. H) D.L.vo 152/06 (già art. 2 lett. h) D.L.vo 152/99). Nella nozione di acque reflue industriali, ex art. 74 lett. H) D.L.vo 152/06 (già art. 2 lett. h) D.L.vo 152/99) rientrano tutti i tipi di acqua derivante dallo svolgimento di attività produttive, poiché detti reflui non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche di cui alla nozione di acque reflue domestiche prevista dal citato art. 74 lett. g) D.L.vo 152/06, già art. 2 lett. g) D.L.vo 152/99. Fattispecie relativa ad acque di condensa provenienti da frigoriferi ove erano conservati prodotti ittici, nonché di quelle prodotte dal lavaggio dei locali e dei macchinari. [Giurisprudenza di legittimità consolidata; Cass. Sez. III Sent. n. 35870; Cass. Sez. III Sent. n. 42932 del 19/12/02; Cass. Sez. III Sent. n. 978 del 20/01/04, ric. Marmo; Cass. Sez. III Sent. n. 24892 del 10/06/03]. Pres. De Maio, Est. Gentile, Ric. Bonaffini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12865
ACQUE - Distribuzione acqua potabile potenzialmente pregiudizievole per la
salute pubblica - Provvedimenti contingibili ed urgenti - Rifiuto di atti
d'ufficio - Art. 328, c. 1°, cod. pen. - Configurabilità - Art. 19, c. 4°,
D.Lgs. n. 31/2001 - Illecito amministrativo - Esclusione. La condotta inerte
del sindaco di un comune il quale, a fronte di una situazione potenzialmente
pregiudizievole per la salute pubblica in relazione all’assenza dei requisiti
previsti per la potabilità dell’acqua erogata per il consumo, ometta di
adottare, nonostante le ripetute segnalazioni pervenutegli dalle competenti
autorità sanitarie, i necessari provvedimenti contingibili ed urgenti volti ad
eliminare il rischio del superamento dei parametri stabiliti dalla legislazione
speciale in materia, integra il reato di rifiuto di atti d’ufficio di cui
all’art. 328, comma primo, cod. pen., e non l’illecito amministrativo previsto
dall’art. 19, comma quarto, del D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 31, (che disciplina
la materia della distribuzione di acqua potabile in attuazione della direttiva
CEE 98/83 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano). Pres. De
Roberto, Est. Matera, Ric. Sodano.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. VI, 19/03/2009 (Ud.
12/02/2009), Sentenza n. 12147
INQUINAMENTO IDRICO - Acque destinate al consumo umano - Distribuzione di
acqua potabile - Requisiti minimi - Superamento dei parametri - Potenziale
pericolo per la salute umana - Provvedimenti cautelativi - Adozione - Obbligo -
D. L.vo n. 31\2001 - Direttiva CEE 98\83 CE. Il decreto legislativo n.
31\2001, che disciplina la materia della distribuzione di acqua potabile in
attuazione della direttiva CEE 98\83 CE sulla qualità delle acque destinate al
consumo umano, stabilisce una serie di rigorosi parametri al fine di garantire
la salubrità e la pulizia delle acque, preoccupandosi di fissare una serie di
requisiti minimi. Nel caso di superamento di tali parametri, fissati a norma
dell'allegato 1, è previsto che l'azienda unità sanitaria locale interessata
proponga all'"autorità d'ambito", e quindi al Sindaco, l'adozione degli
eventuali provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica. In
particolare, l'art. 10 comma 2 dispone che "sia che si verifichi, sia che non si
verifichi un superamento dei valori di parametro, qualora la fornitura di acque
destinate al consumo umano rappresenti un potenziale pericolo per la salute
umana, l'azienda unità sanitaria locale informa l'autorità d'ambito, affinché la
fornitura sia vietata o sia limitato l'uso delle acque ovvero siano adottati
altri idonei provvedimenti a tutela della salute, tenendo canto dei rischi per
la salute umana che sarebbero provocati da un'interruzione
dell'approvvigionamento o da un uso limitato delle acque destinate al consumo
umano". Pres. De Roberto, Est. Matera, Ric. Sodano.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. VI, 19/03/2009 (Ud.
12/02/2009), Sentenza n. 12147
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - INQUINAMENTO IDRICO - Tutela della salute
pubblica - Rifiuto di atti d’ufficio - Art. 328 c. 1° c.p. - Natura - Reato di
pericolo - Art. 444 c.p. - Fattispecie. Il reato di cui all'art. 328 comma
primo c.p. è un reato di pericolo, che si perfeziona ogni qual volta venga
denegato un atto non ritardabile, incidente su beni di valore primario tutelati
dall'ordinamento, indipendentemente dal nocumento che in concreto possa
derivarne (Cass. Sez. 6, 19-9-2008 n. 38386; Cass. Sez. 6, 4-7-2006 n. 34066).
Nella specie, è immune da vizi logici e giuridici, il giudizio espresso dai
giudici di merito, secondo cui la mancanza di una concreta pericolosità delle
acque, risultante dall'accertamento ex post compiuto dal perito, può rilevare
esclusivamente ai fini dell'imputazione di cui all'art. 444 c.p. (per la quale,
infatti, il prevenuto è stato assolto), ma non vale di per sé ad elidere la
potenziale pericolosità delle stesse acque, rivelata dai risultati delle analisi
all'epoca compiute, e il conseguente dovere, per le autorità preposte per legge
alla tutela della salute pubblica, di intervenire senza ritardo e in modo
adeguato onde rimuovere le cause dell'inquinamento. Pres. De Roberto, Est.
Matera, Ric. Sodano.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. VI, 19/03/2009 (Ud.
12/02/2009), Sentenza n. 12147
DIRITTO DELLE ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico sul suolo - Autorizzazione -
Necessità - Mancanza - Sanzioni - Artt. 29, 45 c. 1 e 59 c. 1 D. L.vo 152/99.
L'art.29 D. L.vo 152/99 vieta in modo assoluto lo scarico sul suolo o negli
strati superficiali del sottosuolo, con alcune eccezioni tra cui quelle previste
dalla lett.d) vale a dire "scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di
rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché
i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e
non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli”. In
tale ipotesi eccettuata lo scarico non è, però, rimesso alla mera
discrezionalità dell'autore, essendo comunque necessaria l'autorizzazione ex
art.45 comma 1 medesimo D.lgs. secondo cui tutti gli scarichi debbono essere
autorizzati; e la mancanza della stessa, come nel caso di specie, è sanzionata
dal successivo art.59. Pres. Lupo, Est. Amoresano, Ric. Pozzali ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/03/2009 (Ud. 25/02/2009), Sentenza n.
10532
DIRITTO DELLE ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Acque reflue industriali -
Nozione - Art.2 lett.h) D. L.vo 152/99. Nella nozione di acque reflue
industriali rientrano, sulla base del disposto dell'art.2 lett.h) del D.L.vo
n.152/99, qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o installazioni in
cui si svolgono attività commerciali o produzioni di beni, diverse dalle acque
reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento (Cass. 6.4.2004,
n.21045; Cass. 21.6.2006 n.29126; Cass. 3.3.2004, n.35870; Cass. 19.12.2002,
n.49932; Cass. 13.5.2003, n.21004). Pres. Lupo, Est. Amoresano, Ric. Pozzali ed
altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/03/2009 (Ud. 25/02/2009), Sentenza n.
10532
INQUINAMENTO IDRICO - ACQUE - Scarico abusivo - Responsabilità del titolare
dell'insediamento e del gestore dell’impianto - Fondamento - Art. 59 d.lgs
n.152/1999 ora D. L.vo n. 152/2006 e s.m.. Il reato di cui all'art. 59 del
d.lgs 11 maggio 1999 n.152 (effettuazione di scarichi senza autorizzazione), si
configura non solo a carico del titolare dell'insediamento, ma altresì nei
confronti del gestore dell'impianto, atteso che su quest'ultimo grava l'onere di
controllo che l'impianto da lui gestito sia dotato di autorizzazione,
configurando tale autorizzazione il presupposto della legittimità della gestione
[Cassazione Sezione III n. 4535/2002]. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric.
Martinengo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9497
INQUINAMENTO IDRICO - Tutela delle acque dall'inquinamento - Domanda di
autorizzazione allo scarico - Competenza - Delega - Effetti - D. L.vo n.
152/2006 e s.m.. In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, tenuto a
presentare all'autorità competente la domanda di autorizzazione allo scarico è
il legale rappresentante dell'insediamento o chi ne faccia giuridicamente le
veci [Cassazione Sezione III n. 05533/1997]. Inoltre, l'identificazione
dell'oggetto e del contenuto della delega deve essere, in linea di principio,
resa possibile sulla base di specifiche determinazioni, difettando le quali, il
potere concernente l'attività delegata non può ritenersi dismesso dal delegante.
Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Martinengo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9497
INQUINAMENTO IDRICO - Fanghi e limi - Disciplina giuridica - Tutela delle acque - Art.256, c. 3° d.lgs. n.152/2006 - Art.181 d.lgs. n.42/2004. I fanghi ed i limi derivanti dalla prima pulitura del materiale di cava, ai sensi della lett.d) del primo comma dell'art.185 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, non possono essere considerati rifiuti. Tuttavia, va considerato, che l'escludere come "rifiuto" i fanghi di primo lavaggio non comporta un disinteresse dell'ordinamento per le ricadute che l'attività di lavaggio può avere sull'ambiente circostante, posto che la normativa a tutela delle acque e della loro qualità può costituire riferimento in caso di eventuali modalità di trattamento del materiale che comportino ricadute negative sulle acque fluviali interessate. Pres. Onorato, Est. Marini, Ric. PM in proc. Acco ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9491
ACQUA - Ricorsi proposti avverso provvedimenti definitivi in materia di acque pubbliche - Art. 143, c. 1, lett. a) r.d. 1775/1933 - Giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche. L’art. 143, comma 1, lett. a), del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, devolve alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche i ricorsi per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge proposti avverso provvedimenti definitivi in materia di acque pubbliche. La disposizione è stata costantemente interpretata dalle sezioni unite della Cassazione, nel senso che rientrano nel suo ambito applicativo i provvedimenti amministrativi caratterizzati da incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, in quanto concorrenti - in concreto - a disciplinare la gestione, l'esercizio delle opere idrauliche, i rapporti con i concessionari, oppure a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse, o, ancora, a stabilire o modificare la localizzazione di esse, ovvero ad influire nella loro realizzazione mediante sospensione oppure a revocare i relativi provvedimenti. Per converso si ritiene che restino fuori da tale competenza giurisdizionale tutte le controversie aventi ad oggetto atti soltanto strumentalmente inseriti in procedimenti finalizzati ad incidere sul regime delle acque pubbliche (tra le tante, vedi le sentenze 24 aprile 2007, n. 9844; 30 marzo 2007, n. 781; 27 aprile 2005, n. 8696; 13 gennaio 2003, n. 337; 14 luglio 2000, n. 493). Pres. Monteleone, Est. Di Paola - D.C.A. (avv. Di Giovanni) c. Assessorato Reg.Le dei Lavori Pubblici e altro (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II - 15 gennaio 2009, n. 82
ACQUA - INFORMAZIONE AMBIENTALE - Analisi dell’acqua potabile - Istanza di accesso - Artt. 2 e 3 d.lgs. n. 195/2005 - Comune - Obbligo di ostensione. L’art. 3, primo comma, del decreto legislativo n. 195/2005, precisa che l’informazione in materia ambientale prescinde dall’individuazione di uno specifico interesse in capo al richiedente. A sua volta, l’art. 2 dispone che per “informazione ambientale” si intende “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente, tra l’altro, lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, etc.”. Ne consegue l’obbligo, per il Comune, di esibire le informazioni e i documenti relativi alle analisi dell’acqua destinata al consumo umano, dei quali sia stata avanzata richiesta d’accesso. Pres. f.f. Caruso, Est. Burzichelli - C.C. (avv. Nucara) c. Comune di Reggio Calabria (n.c.) - T.A.R. CALABRIA, Reggio Calabria, Sez. I - 14 gennaio 2009, n. 19
ACQUA - Servizio idrico integrato - Tariffa- Sussistenza di gestioni frazionate attuate in economia dai singoli comuni dell’A.T.O. - Applicazione della tariffa media d’ambito - Illegittimità - Disciplina di cui agli artt. 149 e 150 d.lgs. n. 152/2006 - Presupposto - Funzionamento a regime del servizio idrico integrato - D.M. 1 agosto 1996, artt. 1, c. 5 e 4, c. 3. La “ratio” della tariffa media d’ambito - e quindi il principio di connessione tra la tariffa e l’esigenza di garantire l’equilibrio economico-finanziario della gestione del servizio idrico integrato - è incrinata allorché quest’ultimo non sia operativo, per il sussistere di gestioni frazionate attuate in economia dai singoli Comuni dell’A.T.O.: in tal caso la pretesa di applicare ugualmente la tariffa media d’ambito si fonderebbe non sull’esigenza di remunerare adeguatamente il servizio, così come concretamente erogato, ma su parametri meramente ipotetici ed inattuali. In simili ipotesi non è d’altra parte invocabile la disciplina di cui agli artt. 149 e 150 del d.lgs. n. 152/2006, che è incentrata sul funzionamento a regime del servizio idrico integrato, sfuggendo del tutto alla considerazione legislativa l’ipotesi che il gestore unitario possa assumere solo alcune delle gestioni preesistenti. A favore della tesi esposta, poi, militano le disposizioni di cui agli artt. 1, c. 5 e 4, c. 3 del D.M. 1° Agosto 1996, relative al calcolo della tariffa di riferimento del servizio. A ritenere diversamente, si finirebbe con l’imporre agli utenti residenti nei Comuni che hanno superato la fase transitoria di tariffazione prevista dalla norma da ultimo citata di sostenere i costi relativi alla integrazione nel servizio idrico unitario delle gestioni successivamente trasferite al gestore unico (presumibilmente più elevati in occasione della fase iniziale di integrazione delle gestioni frazionate nella gestione unitaria), laddove gli utenti di queste ultime ne sarebbero esenti (versando, essi, nella fase “iniziale” di applicazione della tariffa media d’ambito) in forza del limite tariffario derivante dalla disposizione in parola. Pres. De Leo, Est. Fedullo - T.G. e altri (avv.ti Ferrara e Lipani) c. Ente d’Ambito Sele (avv. Lentini) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 12 gennaio 2009, n. 24
DIRITTO DELLE ACQUE - Giurisdizione speciale in materia di acque pubbliche -
Art. 143, c. 1, lett. a), T.U. n. 1175/1933 - Giurisdizione amministrativa di
legittimità - Ipotesi - Giurisdizione del T.S.A.P. - Atti che incidono
direttamente sul regime delle acque pubbliche. La giurisdizione speciale in
materia di acque pubbliche, prevista dall'art. 143, primo comma, lettera a), del
testo unico n. 1175 del 1933 riguarda gli atti che, ancorché emanati da autorità
non specificamente preposte alla tutela delle acque pubbliche, abbiano sul
regime di queste ultime una “incidenza immediata e diretta”, con esclusione
dunque degli atti che non abbiano tale incidenza, sicché sussiste la
giurisdizione amministrativa di legittimità nel caso di impugnazione:
- di una concessione edilizia di un immobile, sia pure posto in prossimità di un
corso d'acqua (Sez. VI, 12 maggio 2008, n. 2162);
- di una sanzione amministrativa, emessa per lo svolgimento di attività nei
pressi di un corso d'acqua, in assenza della prescritta autorizzazione
paesaggistica (Sez. IV, 12 ottobre 2006, n. 6070);
- di atti concernenti una gara per la scelta dell'appaltatore di lavori
riguardanti corsi d'acqua (Sez. V, 18 settembre 2006, n. 5442);
- delle norme riguardanti il rilascio di concessioni, contenute in un
regolamento della pesca (Sez. VI, 20 maggio 2005, n. 2536).
Viceversa, sussiste la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque quando
siano impugnati atti che incidano direttamente sul regime delle acque pubbliche
(Sez. Un., 12 aprile 2005, n. 7444; Sez. Un., 13 gennaio 2003, n. 337), in
quanto il legislatore - nel determinare la giurisdizione caratterizzata da una
particolare composizione del collegio giudicante - ha tenuto conto delle
peculiarità delle posizioni giuridiche coinvolte e delle questioni di ordine
tecnico che si propongono ordinariamente. Pres. Corsaro, Est. Marra - O. (avv.
Ambroselli) c. Agenzia Regionale per la Difesa del Suolo e altro (avv.ti Sanino
e Santo) -
TAR LAZIO, Latina, Sez. I - 23 novembre 2009, n. 1135
DIRITTO DELLE ACQUE - Acque pubbliche - Giurisdizione del TSAP - Limiti -
Fattispecie - Servizio idrico integrato - Pubblici servizi - Giurisdizione
esclusiva del TAR - Art. 7, c. 1, L. n. 205/2000. La giurisdizione del
T.S.A.P. sussiste soltanto nei casi in cui “i provvedimenti amministrativi
impugnati siano caratterizzati da incidenza diretta sulla materia delle acque
pubbliche (…), mentre restano fuori da tale competenza giurisdizionale tutte le
controversie che abbiano ad oggetto atti solo strumentalmente inseriti in
procedimenti finalizzati ad incidere sul regime delle acque pubbliche”
(Consiglio di Stato, V, 21 novembre 2003, n. 7614). (fattispecie relativa alla
controversia in ordine alla possibilità di ricomprendere tra le infrastrutture
del soggetto gestore del servizio idrico a livello provinciale anche un impianto
di trattamento rifiuti. In rapporto a tale fattispecie, il TAR ha ritenuto
applicabile anche l’art. 7, comma 1, della legge n. 205 del 2000 che ha
attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva per tutte le
controversie in materia di pubblici servizi, nell’ambito del quali va
sicuramente ricompresso il servizio idrico integrato). Pres. Lao, Est. De Vita -
A.s.p.a. (avv. Scoca) c. Consorzio Autorità dell’Ambito Territoriale Ottimale
della Provincia di Pavia (avv.ti Guffanti e Mazzocco) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 26 ottobre 2009, n. 4896
DIRITTO DELLE ACQUE - Attuazione della parte
terza del D.L.vo n. 152/2006 - Iniziative regionali - Art. 122 D.L.vo n.
152/2006 - Ambito materiale - Tutela dell’ambiente - Competenza legislativa
esclusiva statale - Art. 14 dir. 2000/60/CE. L’art. 122 del T.U. Ambiente -
individua le iniziative che le Regioni debbono intraprendere al fine di
promuovere l’informazione e la partecipazione di tutte le parti interessate
all’attuazione della parte terza del D.L.vo n. 152 del 2006 e, in particolare,
all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di tutela. La norma
in oggetto, dunque, disciplinando gli strumenti attraverso i quali i cittadini e
gli altri soggetti interessati possono interloquire nella procedura di
emanazione del piano di tutela, è strettamente connessa con il piano medesimo
perché disciplina un segmento del procedimento all’esito del quale viene emanato
il piano. Dato che quest’ultimo è un fondamentale strumento di tutela
ambientale, anche la disciplina dettata dall’art. 122 del D.L.vo n. 152 del 2006
appartiene all’ambito materiale della tutela dell’ambiente. Si aggiunga che la
norma trova un preciso corrispondente nell’art. 14 della direttiva 2000/60/CE
che da essa si differenzia solamente per il fatto di riferire i medesimi oneri
di informazione e consultazione ai piani di gestione dei bacini idrografici
(mentre invece l’art. 122 li riferisce ai piani di tutela delle acque). Pres.
Amirante, Est. Mazzella - Regioni Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e
Puglia c. Presidente del Consiglio dei Ministri -
CORTE COSTITUZIONALE
- 30 luglio 2009, n. 254
DIRITTO DELLE ACQUE - Aree sensibili - Art. 91. D.L.vo n. 152/2006 - Duplice potere, statale e regionale, di individuazione - Coerenza con il principio di sussidiarietà. L’art. 91 del d.lgs. n. 152/2006 ha assegnato un ruolo primario alla funzione statale di individuazione delle cosiddette «aree sensibili», precedentemente riconosciuta solo alle Regioni sulla base del sistema normativo delineato dai decreti legislativi n. 112 del 1998 e n. 152 del 1999. In particolare, l’art. 80, comma 1, lettera n), del d.lgs. n. 112 del 1998 assegnava allo Stato compiti di «normazione generale e tecnica», nonché di «elaborazione sistematica delle informazioni e dei dati conoscitivi raccolti dalle pubbliche amministrazioni», mentre il successivo art. 81, comma 1, disponeva il conferimento «alle Regioni e agli enti locali» di «tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate negli articoli che precedono». Inoltre, l’art. 18 del d.lgs. n. 152 del 1999 assegnava alle Regioni il potere di identificazione delle aree sensibili, prescrivendo che avvenisse, «sulla base dei criteri stabiliti nell’allegato 6» dello stesso decreto n. 152 del 1999 «e sentita l’Autorità di bacino». La scelta operata con il decreto legislativo n. 152 del 2006 è stata, invece, quella di introdurre un duplice potere di individuazione delle aree sensibili: quello statale, disciplinato ai commi 2 e 6 dell’art. 91, e quello regionale, stabilito al comma 4 del medesimo articolo, secondo il quale «le Regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l’Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all’interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili». Premesso che l’ambito di intervento della norma è ascrivibile alla materia dell’ambiente, attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., l’allocazione delle funzioni amministrative operata con la disposizione impugnata risulta, invero, coerente anche con il principio di sussidiarietà. Al riguardo, si rileva, infatti, che la funzione di individuazione delle aree maggiormente esposte al rischio di inquinamento deve rispondere a criteri uniformi ed omogenei, dovendo, al contempo, tener conto anche delle peculiarità territoriali sulle quali viene ad incidere. Sotto entrambi i profili, l’art. 91 offre una soluzione non costituzionalmente illegittima, posto che la citata funzione amministrativa statale di individuazione (da esercitarsi previa acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni) si affianca a quella delle Regioni le quali, oltre a poter designare a propria volta «ulteriori aree sensibili» rispetto a quelle indicate dallo Stato, possono altresì indicare, nell’ambito delle aree definite ai sensi del comma 2, i corpi idrici che, secondo propria valutazione, non possono rientrare in detta categoria. Quanto al potere statale di «reidentificazione» delle aree medesime, disciplinato al successivo comma 6, esso risulta connotato da una natura eminentemente ricognitiva a cadenza periodica, che non comporta, pertanto, alcuna modifica sostanziale dell’assetto allocativo delineato dai commi 2 e 4 che lo precedono. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251
DIRITTO DELLE ACQUE - Tutela quantitativa della risorsa idrica - Competenza legislativa esclusiva statale. La materia della «tutela quantitativa della risorsa idrica e della pianificazione dell’utilizzazione di essa» rientra senz’altro nella materia «tutela dell’ambiente», di competenza legislativa esclusiva statale. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251
DIRITTO DELLE ACQUE - Utilizzazioni in atto del medesimo corpo idrico - Censimento - Criteri ministeriali - Art. 95, c. 5 D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Art. 76 Cost. - Infondatezza. E’ infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all’art. 76 Cost. - dell’ 95, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006. La disposizione subordina infatti l’adozione dei criteri ministeriali finalizzati al censimento delle utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico ad una «previa intesa» con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Conseguentemente, risulta assicurata la partecipazione del sistema delle autonomie regionali al procedimento di elaborazione dei criteri medesimi nella forma della codecisione paritaria, secondo i criteri indicati nella legge delega. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251
DIRITTO DELLE ACQUE - Restituzione delle acque - Parere del Ministero dell’Ambiente - Art. 114, c. 1 D.L.vo n. 152/2006 - Interpretazione conforme a Costituzione. Sulla base del canone dell’interpretazione conforme a Costituzione, non solo non può essere riconosciuta natura vincolante al parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in materia di restituzione delle acque, di cui all’art. 114, c. 1, d.lgs. n. 152/2006, ma, soprattutto, esso deve intendersi riferito alla sola funzione amministrativa e non già anche a quella normativa. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251
DIRITTO DELLE ACQUE - Autorità di Bacino - Organo di natura statale - Competenze - Coinvolgimento delle Regioni - Art. 96, c. 1, D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Art. 76 Cost. - Infondatezza. Se è vero che le competenze della Autorità di bacino (organo, oggi, di natura statale in quanto privo di alcuna rappresentanza regionale), ex artt. 96, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, possono indirettamente avere conseguenze su ambiti materiali di competenza concorrente (come il governo del territorio), è anche vero che il coinvolgimento delle Regioni è assicurato da quanto previsto dall’art. 63 del d.lgs. n. 152 del 2006, in base al quale è necessaria «la partecipazione dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico di cui di volta in volta si tratta, alla Conferenza istituzionale permanente (art. 63, comma 4), principale organo dell’Autorità di bacino, che assomma le vaste competenze elencate nel comma 5 dello stesso art. 63 (sentenza n. 232/2009). Non sussiste, pertanto, la denunziata violazione dell’art. 76 Cost. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251
DIRITTO DELLE ACQUE - Autorità di bacino - Parere - Art. 116 D.L.vo n. 152/2006 - Contrasto con i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione - Esclusione. L’art. 116 del d.lgs. n. 152 del 2006 consente allo Stato di concorrere, attraverso il parere delle Autorità di bacino al quale la Regione si deve conformare, alla determinazione di scelte fortemente incidenti sul «governo del territorio», e, più in generale, sulle politiche del territorio, di competenza regionale. Tale previsione, nondimeno, non risulta in contrasto né con i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, né con il riparto di competenze fra Stato e Regioni. Infatti, occorre considerare che i programmi di misure di tutela dei corpi idrici integrano i più ampi piani di tutela delle acque, ponendosi con essi in un rapporto di stretto collegamento. La previsione della sottoposizione di detti programmi ad una approvazione da parte dell’Autorità di bacino, dunque, risponde alla duplice necessità di demandare ad un organo idoneo - per struttura e composizione - a valutare la coerenza del quadro complessivo dell’attività di programmazione derivante dai concorrenti strumenti di pianificazione in materia di tutela delle acque, nonché di assicurare una adeguata partecipazione, al relativo procedimento di formazione, delle Regioni nel cui territorio debbono essere attuate le misure di tutela in questione. Pres. Amirante, Est. Saulle - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 251
Inquinamento idrico - Acqua
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