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Giurisprudenza

 

Caccia e pesca

 

 

2005 - 2004 - 2003 - 2002 - 2001 - 2000 - 1999-93

 

Anni: 2011 -2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006

 

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Caccia - Tutela della fauna - Richiami vivi a scopo venatorio - Limiti - Disciplina applicabile. In tema di caccia, L. 11/02/'92, n. 157, consente l'uso, a scopo venatorio, di richiami vivi, ma vieta che ad esseri viventi dotati di sensibilità psico-fisica, quali sono gli uccelli, siano arrecate ingiustificate sofferenze, con offesa al comune sentimento di pietà verso gli animali ed, a tal fine, elenca -con carattere meramente esemplificativo- dei comportamenti da considerarsi vietati, ma non legittima l'uso di richiami vivi con modalità parimenti offensive. Pertanto, L. n.157/92, non esaurisce la tutela completa della fauna in quanto limiti alle pratiche venatorie sono posti anche dal previgente art. 727 c.p. e dall'attuale art. 544 ter c.p., i quali hanno ampliato la sfera della menzionata tutela attraverso il divieto di condotte atte a procurare agli animali strazio, sevizie o, comunque, detenzione attraverso modalità incompatibili con la loro natura. Sicché, risulta pacifico che la legittimità delle pratiche venatorie consentite sulla base della L. 157/'92 deve essere verificata anche alla luce delle norme del codice penale sù richiamate (v. conf Cass. sez. III pen, 25/VI/'99, n. 8890 ; 191V/'98, n. 5868 e 201V/'97, n. 4703). (Presidente U. Papadia, Relatore A. Grassi). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784 (vedi: sentenza per esteso)
 

Caccia - Tutela della fauna - Uso dei richiami vivi a scopo venatorio - Limiti - Modalità incompatibili con la natura dell'animale - Sofferenze non giustificate dall'esigenza della caccia - Disciplina applicabile. L'uso di richiami vivi deve ritenersi vietato non solo nelle ipotesi previste espressamente dall'art. 21 co. 1 lett. r) L. 157/'92, ma anche quando viene attuato con modalità incompatibili con la natura dell'animale. Nella apecie non v'è dubbio che imbracare un volatile, legarlo da una fune, strattonarlo ed indurlo a levarsi in volo, per poi ricadere pesantemente a terra o su un albero, significa sottoporre Io stesso, senza necessità, a comportamenti e fatiche insopportabili e non compatibili con la natura ecologica di esso. Infine, per l'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. non è sufficiente che l'ordinamento attribuisca allo agente un diritto, ma è necessario che ne consenta l'esercizio proprio con l'attività e le modalità che, per altri, costituirebbero reato, sicché essa non ricorre nel caso in cui la pratica venatoria, pur essendo consentita, sottopone l'animale -per le concrete modalità della sua attuazione- a sofferenze non giustificate dall'esigenza della caccia (v. conti Cass. sez. III pen., 95/203300 e sez. V pen., 90/183403). (Presidente U. Papadia, Relatore A. Grassi). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - L.R. Liguria n. 14/2005 - Prelievo in deroga - Contrasto con la dir. 79/409/CEE - Disapplicazione. La Legge della Regione Liguria n. 14/2005, che ripropone in diversa veste formale il contenuto sostanziale delle delibere di Giunta Regionale n. 1085/05 e n. 1195/05, già sospese dal TAR, contrasta con le disposizioni comunitarie di cui all'art. 9 della Dir. 79/409/CEE, in quanto dispone direttamente il prelievo venatorio in deroga di due specie, senza adeguatamente evidenziare la sussistenza dei necessari presupposti legittimanti. Essa, in virtù della "primazia" del diritto comunitario vigente e direttamente eseguibile, non può trovare applicazione, incombendo peraltro l'onere della disapplicazione oltre che sull'autorità giudiziaria, anche sulla pubblica amministrazione e in genere su tutti i soggetti chiamati alla sua osservanza (Corte Cost. n. 170/1984; n. 113/1985; n. 389/1999; n. 285/1990; Corte Giust. 22 giugno 1989 nel proc. 103/89). Pres. f.f. ed Est. Bianchi - W.W.F. Onlus (Avv. Granara) e L.A.C. c. Regione Liguria (Avv.ti Crovetto e Gorlani) - T.A.R. LIGURIA, sez. I - 2 dicembre 2005, ordinanza n. 540 (vedi: ordinanza per esteso)

 

CACCIA - Nozione di esercizio venatorio - Atteggiamento di caccia - Mezzi idonei all'abbattimento o alla cattura della selvaggina - Mera disponibilità di un richiamo utile ad attirare pennuti - Configurazione sanzioni penali - Esclusione - Art. 21 lett. r) L. n. 157/1992. In materia di caccia, la nozione di esercizio venatorio rilevante per l'applicazione delle sanzioni penali previste dalla l. 11 febbraio 1992, n. 157, comprende necessariamente la disponibilità di mezzi idonei all'abbattimento o alla cattura della selvaggina. Sicché, la mera disponibilità di un richiamo utile ad attirare pennuti, per quanto lo stesso risulti di genere vietato, non integra la contravvenzione di cui all'art. 21 lett. r) della citata l. n. 157 del 1992 quando, per la mancanza di strumenti utili alla soppressione o all'apprensione degli stessi pennuti, non sia riferibile a persona in atteggiamento di caccia. Impero ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 11 novembre 2004

 

Caccia - Calendario venatorio - L.R. Umbria n. 14/94, art. 32 (come modificato dalla L.R. 17/2003) - Interpretazione - Integrale applicazione della disciplina di cui all'art. 18 della L. 157/1992 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La nuova formulazione dell'articolo 32 della legge della Regione Umbria n. 14 del 1994 (come modificata dall'art. 3 L.R.17/2003) non esclude il rinvio alle procedure, alle condizioni ed ai limiti previsti dall'art. 18, comma 2, della legge n. 157 del 1992, limitandosi a disporre che il calendario venatorio può prevedere una diversa data di inizio per il periodo venatorio relativamente ad alcune specie solo "ove ricorrano le condizioni di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157". Pertanto, la norma regionale non si discosta da quanto previsto dalla norma statale la quale, fissa uno standard minimo di tutela della fauna il cui soddisfacimento è riservato dall'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato perché l'autorizzazione all'esercizio dell'attività venatoria in periodi diversi da quelli previsti dall'articolo 18, comma 1, della legge n. 157 del 1992, deve comunque ritenersi subordinata, anche nella Regione Umbria, alla integrale applicazione della disciplina dettata dal secondo comma del medesimo articolo. Così intesa la disposizione regionale impugnata, la questione di legittimità costituzionale va dichiarata infondata anche con riferimento alla censura di mancato rispetto degli obblighi comunitari, ed in particolare della direttiva 79/409/CEE (cd. direttiva uccelli), perché la disposizione regionale, mediante il richiamo espresso all'articolo 18, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, si pone in conformità con la disciplina statale che di tale direttiva costituisce attuazione. Pres. Capotosti, red. Contri - Presidenza del Consiglio dei Ministri c. regione Umbria - CORTE COSTITUZIONALE, 21 ottobre 2005 (ud. 12 ottobre 2005), sentenza n. 393 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Piani di abbattimento destinati al controllo selettivo - Riserve di caccia - L.R. Friuli Venezia Giulia n. 30/1999, art. 7, c.3, lett. a), come integrato dalla L.R. 20/2001 - Qualificazione delle Riserve come conduttori a fini faunistico-venatori dei fondi - Illegittimità costituzionale. La previsione dell'art. 19 della legge statale n. 157 del 1992, nella parte in cui disciplina i poteri regionali di controllo faunistico, costituisce un principio fondamentale della materia a norma dell'art.117 della Costituzione, tale da condizionare e vincolare la potestà legislativa regionale: non solo per la sua collocazione all'interno della legge quadro e per il rilievo generale dei criteri in esso contenuti, frutto di una valutazione del legislatore statale di idoneità e adeguatezza di tali misure rispetto alle finalità ivi indicate, del controllo faunistico; ma anche per il suo significato innovativo rispetto alla disciplina del controllo faunistico di cui alla precedente legge cornice 27 dicembre 1977, n. 968 (Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia) ? che all'art. 12 non precludeva la partecipazione dei cacciatori (non proprietari dei fondi interessati) alla esecuzione dei piani di abbattimento destinati al controllo selettivo ? e per l'inerenza della disposizione […] a materia contemplata dalla normativa comunitaria in tema di protezione delle specie selvatiche. La rigorosa disciplina del controllo faunistico recata dall'art.19 della legge n. 157 del 1992 è infatti strettamente connessa all'ambito di operatività della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione di uccelli selvatici. L'articolo 7, comma 3, primo periodo e lettera a) della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre 1999, n. 30 così come integrato dall'art. 2, comma 2, della legge del Friuli-Venezia Giulia 4 settembre 2001, n. 20, si pone in contrasto col principio espresso dalla norma statale. Non in quanto la norma censurata prevede, alla lettera a), che le Riserve di caccia "provvedono all'attuazione dei censimenti ed alla predisposizione dei piani di abbattimento" (tale formula, così come quella usata dal successivo articolo 10 della medesima legge, deve essere intesa nel senso che alle Riserve è affidato il diverso, e più limitato, compito di porre in essere una serie di attività preparatorie che nulla hanno a che vedere con l'esecuzione dei piani), ma in quanto qualifica tali Riserve "quali conduttori a fini faunistico-venatori dei fondi", facendo così rientrare le Riserve di caccia, e per esse i cacciatori assegnati, tra i soggetti autorizzati all'esecuzione dei piani. Non trattandosi nella specie di attività venatoria, il previsto ampliamento risulta irragionevole, e in quanto tale si pone come esorbitante rispetto alla potestà integrativo-attuativa che l'art. 6, numero 3, dello statuto attribuisce al legislatore regionale in materia di tutela della fauna. Pres. Capotosti, red. Contri - Ric. LAV (Lega Anti Vivisezione) c. Provincia di Pordenone - CORTE COSTITUZIONALE, 21 ottobre 2005 (ud. 12 ottobre 2005), sentenza n. 392 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Delimitazione temporale del prelievo venatorio - Esigenza di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - Competenza esclusiva dello Stato - Art. 117 Cost. - Legge Regione Puglia 25 agosto 20003, n. 15 - Procrastinazione ad un'ora dopo il tramonto del termine di chiusura del periodo venatorio giornaliero - Illegittimità costituzionale. La delimitazione temporale del prelievo venatorio disposta dall'articolo 18 della legge n. 157 del 1992, sia con riferimento alle regioni ad autonomia ordinaria sia alle regioni (e province) ad autonomia speciale (sentenze n. 226 del 2003 e n. 536 del 2002) "è da considerare come rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, corrispondendo quindi, sotto questo aspetto, all'esigenza di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema il cui soddisfacimento l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato, in particolare mediante la predisposizione di standard minimi di tutela della fauna" (sentenza n. 311 del 2003). Analoga ratio va riconosciuta alla previsione del termine giornaliero, anch'esso fissato al fine di garantire la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili. L'articolo unico della legge della Regione Puglia 25 agosto 2003, n. 15 (Modifica della legge regionale 13 agosto 1998, n. 27 - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per la regolamentazione dell'attività venatoria), procrastinando fino ad un'ora dopo il tramonto il termine di chiusura del periodo venatorio giornaliero relativo agli acquatici da appostamento che dipendono ecologicamente dalle zone umide, incide sul nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica ed è pertanto costituzionalmente illegittima. Pres. Capotosti, red. Contri - Presidenza del Consiglio dei Ministri c. Regione Puglia - CORTE COSTITUZIONALE, 21 ottobre 2005 (ud. 12 ottobre 2005), sentenza n. 391 (vedi: sentenza per esteso)

 

Armi in genere - Armi comuni da sparo - Armi da bersaglio da sala - Detenzione - Denuncia - Autorizzazione - Limiti. A seguito dell’entrata in vigore della legge 21 dicembre 1999 n. 526 e del rispettivo regolamento contenuto nel D.M. 9 agosto 2001 n. 362, aventi ad oggetto l’armonizzazione della normativa vigente in materia di armi con quella degli altri paesi comunitari, le armi cosiddette “da bersaglio da sala”, ad emissione di gas o ad aria o a gas compressi, non rientrano nella categoria delle armi comuni da sparo se i proiettili erogano una energia cinetica non superiore a 7,5 Joule, con la conseguenza che la detenzione non comporta obbligo di denuncia e il porto non è soggetto ad autorizzazione, anche se il catalogo delle armi comuni da sparo non è stato ancora aggiornato in conformità. Presidente T. Gemelli, Relatore G. Riggi. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. I, 14 settembre 2005 (ud. 17/06/2005), Sentenza n. 33670

 

Caccia - Imbalsamazione e tassidermia - Detentore di animali impagliati od imbalsamati appartenenti a specie protette - Reato di cui all'art. 30, c. 2, L. n.157/1992 - Applicabilità. In materia di caccia, l'art. 30, comma secondo, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, che stabilisce che in materia di imbalsamazione e tassidermia si applicano le medesime sanzioni comminate per l'abbattimento degli animali le cui spoglie sono oggetto del descritto trattamento, è una norma di carattere generale che si applica a tutti i detentori di spoglie impagliate o imbalsamate di animali appartenenti a specie protette. Pres. Papadia. Est. Zumbo A. Rel. Zumbo A. Imp. Bianchizza. P.M. Salzano F. (Diff.), (Rigetta, Trib. Tolmezzo, 6 Aprile 2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10/03/2005 (Ud. 03/02/2005), Sentenza n. 9490 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia e pesca - Caccia - Ambiti territoriali di caccia - Delimitazione - Giunta regionale - Competenza - Sussistenza - L.R. Abruzzo n. 30/94. Nel contesto normativo di cui alla legge della Regione Abruzzo n. 30/94 (artt. 9 e 21), la delimitazione degli ambiti territoriali di caccia rientra nella competenza della Giunta Provinciale, mentre è riservata all’organo consiliare la sola disciplina dei piani faunistici-venatori. Pres. ed Est. Balba - Presidente regionale della Federazione della Caccia per l’Abruzzo (Avv. Consorti) c. Amministrazione Provinciale dell’Aquila (Avv. De Nicola) T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila - 4 agosto 2005, n. 710

 

Caccia e pesca - Pesca - Isole minori - Uso delle reti da posta - D.M. 19/04/2005 - Sospensione. Va accolta, sussistendone i presupposti, la domanda di sospensione cautelare del Decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 19 aprile 2005 con il quale si consente l'uso delle reti da posta nella zona di mare di 12 miglia circostante le isole minori per il periodo dal 15/04/2005 al 31/07/2005. Pres. ed Est. Scognamiglio - Legambiente, W.W.F., LAC e LAV (Avv. Petretti) c. Ministero delle politiche Agricole e Forestali - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II ter - 20 giugno 2005, Ordinanza n. 3339

 

Caccia e pesca - Caccia - Uccelli selvatici - Caccia al colombaccio durante la migrazione di ritorno nella provincia di Guipúzcoa - Dir. 79/409/CEE - Regno di Spagna - Inadempimento. Il Regno di Spagna, autorizzando nella provincia di Guipúzcoa la pratica della caccia al colombaccio «a contrapasa», è venuto meno agli obblighi incombentigli ai sensi dell'art. 7, n. 4, della direttiva del Consiglio 79/409/CEE del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Pres. Timmermans, Rel. Gulmann - Commissione delle Comunità Europee c. Regno di Spagna - CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA’ EUROPEE - 9 giugno 2005, Causa C135-04

 

Caccia - Piano faunistico venatorio - Modifica - Parere preventivo del Comitato Tecnico di cui all’art. 9 della l. Campania n. 8/96 - Necessità. Ai sensi dell’art. 11 della Legge regionale Campania n. 8 del 10.04.1996, le modificazioni del Piano faunistico venatorio devono essere precedute dal parere necessario dei Comitati Tecnici di cui all’art. 9 (nella specie, il T.A.R. ha ritenuto illegittima, in difetto del previo parere del citato organo consultivo, la mutazione, ad opera della provincia di Benevento, dell’estensione della superficie agrosilvopastorale e, di risulta, della percentuale di tale superficie destinata alla protezione della fauna selvatica) Pres. Caraggio, Est. Buonauro - W.W.F. Italia (Avv. Balletta) c. Provincia di Benevento (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 maggio 2005, n. 7270

 

Caccia - L. 157/92 - Finalità primaria - Protezione della fauna. Il fine pubblico primario e prevalente perseguito dalla L. 157/92 (anche in attuazione di obblighi comunitari e internazionali) consiste nella protezione della fauna, obiettivo prioritario al quale deve subordinarsi e aderire la regolamentazione dell’attività venatoria. Pres. Coraggio, Est. Buonauro - W.W.F. Italia (Avv. Balletta) c. Provincia di Caserta (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 maggio 2005, n. 7269 (vedi: sentenza per esteso)
 

Caccia - Ambiti territoriali di caccia - Dimensionamento - Omogeneità naturale - Requisito necessario - Ambito territoriale non omogeneo di dimensioni provinciali - Illegittimità - Art. 14, c. 1 L. 157/92. L’art. 14, co. 1 della L. 157/92, nel disciplinare gli ambiti territoriali di caccia, ne richiede espressamente dimensioni subprovinciali, al fine di garantire l’omogeneità naturale dei territori in essi inclusi. E’ pertanto illegittima la previsione di un unico ambito territoriale di estensione provinciale che ricomprenda in sé aree geograficamente disomogenee. Pres. Coraggio, Est. Buonauro - W.W.F. Italia (Avv. Balletta) c. Provincia di Caserta (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 maggio 2005, n. 7269 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Ambiti territoriali - Percentuale di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica - Aree meramente inidonee alla caccia (centri abitati o fasce di rispetto) - Non vanno computate. La corretta interpretazione del co. 3 dell’art. 10 della L. 157/92 è quella per cui nelle percentuali di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica vanno computate quelle aree in cui la caccia è vietata per ragioni prettamente ambientali e non perché meramente inidonee, quali ad esempio i centri abitati o le fasce di rispetto. Pres. Coraggio, Est. Buonauro - W.W.F. Italia (Avv. Balletta) c. Provincia di Caserta (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 maggio 2005, n. 7269 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Comitato Faunistico Provinciale - Composizione - Potere modificativo in capo alla Provincia - Esclusione. La legge regionale della Campania, n. 8/1996, nel disciplinare dettagliatamente ed esaustivamente la composizione del Comitato Faunistico Provinciale, non attribuisce alcun potere modificativo in capo all'ente provinciale. Pres. Coraggio, Est. Buonauro - W.W.F. Italia (Avv. Balletta) c. Provincia di Caserta (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 maggio 2005, n. 7269 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Ordinanza comunale - Abbattimento dei colombi di città con le modalità e i tempi di cui al calendario venatorio - Mancata indicazione della densità ottimale in rapporto alla pubblica igiene e delle modalità alternative idonee al contenimento dei volatili - Illegittimità. E’ illegittima l’ordinanza del comune che consente l’abbattimento dei colombi di città con le modalità e nei tempi previsti dal calendario venatorio regionale in difetto di previa indicazione della densità ottimale dei volatili in rapporto alle esigenze della pubblica igiene e con la prevenzione dei danni alle cose, nonché alla mancata considerazione di metodi non cruenti, diversi dall’abbattimento e potenzialmente idonei al contenimento del numero dei volatili stessi nel territorio comunale. Pres. Trivellato, Est. Rocco - L.A.C. (Avv. Rizzato) c. Comune di Thiene (Avv. Meneguzzo) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 24 maggio 2005, n. 152

 

Caccia e pesca - Guardie ecologiche volontarie - Porto di pistola - Art. 5, c. 3 l. Puglia n. 10/2003 - Legittimazione della richiesta di autorizzazione - Esclusione. Lo status di Guardia ecologica volontaria non legittima la richiesta di autorizzazione al porto di pistola, atteso che l’art. 5, c. 3, della legge reg. Puglia n. 10/2003 ha vietato espressamente che nell’espletamento dei propri compiti, le Guardie giurate ecologiche possano essere armate. Pres. ed Est. Giambartolomei - P.L. (Avv.ti Mascoli e Bove) c. Prefettura di Bari (Avv. Stato) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez.II - 19 maggio 2005, n. 2301

 

Caccia - Disturbo all’attività venatoria avvalendosi di strumenti atti all’allontanamento della selvaggina - Divieto di cui alla 51, c. 5°, L. R. Lombardia 26/93 (come inserito da art. 24 LR 7/02) - Prevalenza del diritto costituzionale di riunirsi pacificamente e di manifestare liberamente il proprio pensiero - Revoca sanzioni amministrative comminate. Nel caso in oggetto ci si trova di fronte ad un radicale conflitto tra lo svolgimento indisturbato della -pure legittima- attività venatoria, garantito dalla legislazione nazionale regionale e la contrapposta esigenza di esprimere liberamente e con efficacia il pensiero che avversa tali attività, anche attraverso manifestazioni pubbliche, come garantito rispettivamente dagli artt. 21 e 17 Cost. (che subordina la possibilità di divieto a “comprovati motivi di sicurezza ed incolumità pubblica”). Nel conflitto tra due diritti siffatti, quello che gode di garanzia costituzionale è destinato a prevalere, purché il suo esercizio sia tale da determinare un semplice affievolimento di quello contrapposto, che può subire una temporanea compressione, perché limitata non solo nel tempo, ma anche nello spazio, per poi pienamente riespandersi, senza aver subito alcun sostanziale nocumento. De Filippo ed al. contro Provincia di Milano. TRIBUNALE DI MILANO, I Sezione Civile, del 10 maggio 2005 (depositata il 31/5/2005) Sentenza n. 6309/05

 

Caccia - Aree protette - Introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, non autorizzati all'interno di un'area protetta - Divieto - Art. 30 L. n. 394/1991 - Configurabilità. A norma dell'art. 11, 3° comma, della legge 6.12.1991, n. 394, nei parchi sono vietate "le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali, tutelati con particolare riguardo alla flora ed alla fauna protette e ai rispettivi habitat." Segue, nel testo normativo, un'elencazione di divieti specifici tra i quali figura [lett. f] quello dell' "introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzati". Il divieto riguarda un'attività che si presume ope legis potenzialmente pericolosa per gli equilibri naturali della fauna protetta. E poiché il legislatore fissa con sufficiente chiarezza le condotte vietate nella citata disposizione e prevede in caso di violazione del divieto una specifica sanzione penale nel successivo art. 30, deve ritenersi che la disciplina normativa in esame sia immediatamente applicabile, pure in mancanza di ulteriori determinazioni regolamentari (Cass., sez. III, 2.6.1995, Carlino, rv. 202710). Pres. Vitalone - Rel. Petti - Ric. Marmo ed altro - P.M. Izzo - (conferma Tribunale di Salerno sez. dist. di Eboli del 20/02/2002). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 10 maggio 2005 (ud. 22 marzo 2005), Sentenza n. 17611 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Aree protette - Possesso di arma e munizioni all'interno di un'area protetta - Assenza autorizzazione - Reato di cui cui agli artt. 11 c. 3°, lett f) e 30 1° c L. 1991 n. 394 - Configurabilità - Sussiste - Diritti reali e usi civici delle collettività locali - Limiti. Ai fini della configurabilità del reato di cui agli artt. 11 comma 3°, lett f) e 30 primo comma legge 6 dicembre 1991 n. 394, è sufficiente la constatata presenza del privato, senza la prescritta autorizzazione, all'interno di un'area protetta e in possesso di arma e munizioni, a prescindere dalla flagranza dell'attività venatoria o dell'atteggiamento di caccia, costituendo il relativo divieto lo strumento prescelto dal legislatore per la radicale salvaguardia della fauna protetta del parco (Cass., sez. III, 17.5.1994, Marinelli, rv. 199337). Per realizzare tale finalità l'articolo 11 comma terzo lettera F) della legge n. 394 del 1991 vieta a tutti privati di introdurre, senza autorizzazione, armi nel territorio delle aree protette senza operare alcuna distinzione tra residenti e non residenti. Da ciò consegue che anche i residenti, se vogliono introdurre o trasportare armi nel territorio delle aree protette,devono munirsi della prescritta autorizzazione. Infine, del tutto inconferente è il richiamo al comma 5 dell'articolo 11 che fa salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali, esercitati secondo le consuetudini locali, in quanto il trasporto di armi nelle aree protette non costituisce uso civico del territorio. Anzi la norma impone di liquidare eventuali diritti esclusivi di caccia delle comunità locali o altri usi civici di prelievi faunistici da parte del competente commissario per la liquidazione degli usi civici ad istanza dell'Ente Parco. Pres. Vitalone - Rel. Petti - Ric. Marmo ed altro - P.M. Izzo - (conferma Tribunale di Salerno sez. dist. di Eboli del 20/02/2002). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 10 maggio 2005 (ud. 22 marzo 2005), Sentenza n. 17611 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Sospensione della licenza di porto di fucile - Esercizio della caccia in area protetta - Assenza di tabellazione perimetrale - Irrilevanza - Fondamento. In tema di sanzioni e/o provvedimenti cautelari (nella specie: sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia) per la pratica dell’attività venatoria all’interno di un’area protetta, è irrilevante la mancata apposizione di cartelli lungo il perimetro, atteso che ai parchi nazionali non si applica la disciplina di cui all’art. 10 l. 11 febbraio 1992 n. 157, che prevede la perimetrazione delle aree oggetto di pianificazione faunistico-venatoria. Ciò perché, essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, non necessitano della tabellazione perimetrale al fine di individuarli come aree ove sia vietata l’attività venatoria. Pres. Fedullo, Est. Sabbato - P.M. (Avv. Giuliano) c. Ministero dell’Interno - Questura di Salerno e altro (Avv. Stato) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 4 maggio 2005, n. 757

Pesca - Marittima - Novellame - Reato di cui agli artt. 15 e 24 L. n. 963/1968 - Presupposti - Commerciante - Fattispecie. In tema di disciplina della pesca, il reato di cui agli artt. 15 e 24 della legge 14 luglio 1968 n. 963, divieto di detenzione di novellame di qualunque specie marina vivente o di specie di cui sia vietata la cattura in quantità eccedente quella consentita, è ascrivibile anche al commerciante, a condizione che presso lo stesso sia rinvenuto l'intero pescato, atteso che diversamente non sarebbe possibile individuare la quantità complessiva del pescato sul quale calcolare la tolleranza del 10% di novellame. Ric. Ferro. CORTE DI CASSAZIONE Pen., sez. III, 18 aprile 2005, (ud. 10 marzo 2005), Sentenza n. 14281

Caccia - Ambiti territoriali di caccia - Comitati direttivi provvisori - Componenti designati dalle associazioni - Criterio della rappresentatività - Limiti - L.R. Emilia Romagna 8/94. L’articolo 31 della L.R. 15.2.1994, n. 8, nel disciplinare la costituzione dei comitati direttivi provvisori degli ambiti territoriali di caccia, non indica alcun criterio per determinare la rappresentatività delle associazioni che designano i componenti. La misura della rappresentatività e l’intensità del grado di espressività degli interessi andranno assunte pertanto non in funzione del solo dato quantitativo, ma anche in base alla specialità, qualità e rilevanza degli interessi collettivi espressi. Ne deriva la legittimità dell’assegnazione di un seggio ad un’associazione minoritaria che presenti carattere di rappresentatività, anche se ciò comporti una deroga al principio di proporzionalità. Pres. Papiano, Est. Di Benedetto - Federazione Italiana della caccia (Avv. Clarizia) c. Amministrazione provinciale di Forlì (Avv. Zavoli) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 4 aprile 2005, n. 598

Caccia - Aree naturali protette - Attività venatoria - Divieto di caccia in zone sottoposte a vincolo ex legge 394 del 1991 - Facoltà delle regioni di perimetrazione delle zone di divieto - Zona precedentemente perimetrata - Nuova perimetrazione con decreto regionale - Conseguente legittimità della caccia - Art. 21, L. n. 157/1992. In materia di caccia, la facoltà delle Regioni di provvedere all'eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali, ove restringere il divieto sancito dalla legge statale, ex art. 21, legge 11 febbraio 1992 n. 157, anche se esercitata con decreto dell'assessore regionale, determina la abolizione della fonte subprimaria integrativa della fattispecie ed il conseguente disvalore penale dell'attività di caccia, in quanto viene a mancare uno degli elementi costitutivi della condotta punibile. Presidente: Papadia U. Estensore: Franco A. Relatore: Franco A. Imputato: Cannilla ed altri. P.M. Galasso A. (Conf.), (Annulla senza rinvio, App. Catania, 4 Giugno 2004). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 22/03/2005 (Ud. 01/03/2005) Sentenza n. 11143 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Caccia - Aziende faunistico-venatorie - Tasse sulle concessioni regionali - Tariffe - D. Lgs. 230/91 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto legislativo 22 giugno 991, n. 230 (Approvazione della tariffa delle tasse sulle concessioni regionali ai sensi dell’art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, come sostituito dall’art. 4 della legge 14 giugno 1990, n. 158), nella parte in cui dispone, al n. 16 della tariffa delle tasse sulle concessioni regionali, che per «le aziende faunistico-venatorie per ogni 100 lire di tassa è dovuta una soprattassa di lire 100, che dovrà essere versata contestualmente alla tassa», sollevata, in riferimento agli artt. 70 e 76 della Costituzione. Pres. Contri, Red. Gallo - Ordinanza 15 febbraio 2001 Commissione tributaria provinciale di Bari - Azienda faunistico venatoria La Falca ed altri c. Regione Puglia - CORTE COSTITUZIONALE, 18 marzo 2005, Sentenza n. 110

Caccia e pesca - Caccia - Revoca della licenza di porto di fucile - Per i casi non contemplati dalla L. 157/92 - Limiti. La L. 11 febbraio 1992, n. 157, disciplina in dettaglio i casi in cui può disporsi la revoca e la sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia. Ne consegue che il ricorso da parte dell'Autorità di polizia agli artt. 10 e 11 (ed altrettanto vale per l’art. 43) T.U. 18 giugno 1931 n. 773 al fine dell'adozione dei detti provvedimenti di revoca e sospensione è consentito esclusivamente nei casi in cui l'infrazione commessa, pur iscrivendosi in un contesto di attività di caccia, concreti un'ipotesi di abuso della licenza ulteriore o comunque diversa e non riconducibile all'interno delle ipotesi tipizzate dalla legge n. 157 del 1992 cit. F.S. (Avv.ti Soddu e Soddu) c. Ministero dell’Interno e altri (Avv. Stato) - T.A.R. SARDEGNA, Sez. I - 14 marzo 2005, n. 296

Caccia e pesca - Caccia - Caccia al cinghiale in periodo vietato - Autorizzazione all’uso delle armi - Diniego - Legittimità - Intervenuta oblazione - Irrilevanza. La condotta di chi pratica la caccia al cinghiale in periodo di divieto e con armi non consentite ben giustifica, in una prospettiva di tutela della sicurezza pubblica, una verifica in termini negativi dei requisiti richiesti per l’autorizzazione all’uso delle armi, pur in presenza dell’intervenuta oblazione. Pres. Turco, Est. Aru - G.N. (Avv.ti Piras e Fodde) c. Questura di Sassari (Avv. Stato) - T.A.R. SARDEGNA. Sez. I - 3 marzo 2005, n. 280

Caccia e pesca - Caccia - Reato di cui all’art. 30 lett. a) L. 157/92 - Capacità di abuso nell’uso delle armi - Domanda di oblazione - Valore di implicita confessione - Esclusione - Fattispecie. La capacità di abuso nell’uso delle armi, di cui all’art. 10 del R.D. del 18 giugno 1931 n. 773, non è riscontrabile nel comportamento di chi, pur sorpreso con taluni amici in atteggiamento equivoco, non sia stato trovato in possesso del suo fucile in periodo di caccia chiusa, né è stato accusato di avere esploso colpi d’arma da fuoco, né tanto meno di avere ucciso qualche preda. Né può attribuirsi all’oblazione il valore di implicita confessione, ben potendo essa disporsi allo scopo di evitare un processo penale senza alcuna implicita ammissione di colpevolezza. (Nella specie, prima dell’apertura della stagione venatoria, il ricorrente veniva sorpreso da agenti del corpo forestale, in compagnia di un gruppo di amici ai quali veniva sequestrato il fucile da caccia; a tutti veniva contestato il reato di cui all’art. 30 lett. a) legge 11 febbraio 1992 n. 157 - caccia in periodo vietato; il ricorrente, onde evitare il processo, presentava domanda di oblazione per cui il pretore disponeva l’archiviazione del procedimento) Pres. Turco, Est. Aru - P.D. (Avv.ti R. e G. Soddu) c. Ministero dell’Interno e altri (Avv. Stato) - T.A.R. SARDEGNA. Sez. I - 3 marzo 2005, n. 278

Caccia e pesca - Caccia - Esercizio della caccia in periodo non consentito - Porto di fucile da caccia - Istanza di rinnovo - Diniego - Legittimità. L’esercizio della caccia in periodo non consentito e la fuga dinnanzi al richiamo degli agenti forestali costituisce comportamento palesemente in contrasto con i doveri scaturenti dal possesso del porto d’armi di fucile da caccia, in relazione al quale deve essere considerata senz’altro legittima la decisione dell’Amministrazione di respingere l’istanza di rinnovo della licenza. Pres. Turco, Est. Aru - G.L. (Avv.ti Aste e Rossi) c. Questura di Nuoro (Avv. Stato) - T.A.R. SARDEGNA, Sez. I - 3 marzo 2005, n. 274

Caccia e pesca - Tutela degli animali - Ispezione da parte di un rappresentante di una associazione locale di difesa degli animali - Accesso con l'inganno in un canile - Reato di violazione di domicilio - Esclusione - Art. 614 c.p. - Art. 13 c. 3 L. R.Sicilia 19/2000. In tema di tutela degli animali, l'accesso ad un canile per procedere ad una ispezione da parte di un rappresentante di una associazione locale di difesa e tutela degli animali non configura il reato di violazione di domicilio sanzionato dall'articolo 614 c.p.. Sicché, costituisce dovere dei responsabili di canili pubblici e privati consentirne l'accesso con le modalità prescritte dalle normativa in materia. In specie, l'articolo 13 comma 3 della legge della regione Sicilia 19/2000 - rubricata come “apertura al pubblico dei rifugi sanitari e dei rifugi per il ricovero”- ha previsto che i rifugi sanitari e i rifugi per il ricovero devono consentire, senza bisogno di speciali procedure o autorizzazioni, l’accesso dei responsabili dei locali delle associazioni protezionistiche o animaliste per il controllo della gestione della struttura”; tale norma (inserita in una legge diretta alla tutela degli animali da affezione ed alla prevenzione del randagismo) ha dunque istituzionalizzato, con l’espressione “devono consentire“, l’inopponibilità dello jus excludendi, da parte dei gestori dei rifugi sanitari pubblici e dei rifugi per il ricovero degli animali costituiti ed organizzati ai sensi degli articoli 11 e 12 della stessa legge), all’accesso dei responsabili locali delle associazioni protezionistiche o animaliste intesi al controllo della gestione delle strutture). Pres. Providenti - Rel. Marini - P.g. Fratialli - Ric. Battaglia. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. V, del 2 marzo 2005, Sentenza n. 8045 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Caccia - Autorizzazione all’abbattimenti di colombi di città - Provvedimento comunale - Mancata indicazione della densità ottimale dei volatili in rapporto alle esigenze di pubblica igiene - Mancata considerazione dei metodi di contenimento alternativi non cruenti - Illegittimità per difetto di motivazione. Il provvedimento comunale che consente ai tutti i cacciatori, con le modalità e nei tempi previsti dal calendario venatorio, l’abbattimento dei colombi di città mediante l’uso di fucile a canna liscia, è viziato per difetto di motivazione nel caso in cui sia carente della previa indicazione della densità ottimale dei volatili in rapporto alle esigenze della pubblica igiene e alla prevenzione dei danni alle cose e non abbia tenuto conto dei metodi non cruenti, diversi dall’abbattimento, idonei al contenimento del numero dei volatili stessi nel territorio comunale. Pres. f.f. Stevanato, Est. Rocco - LAC (Avv.ti A. ed M. Rizzato) c. Comune di Monticello Conte Otto (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 28 febbraio 2005, n. 792

Pesca - Fermo temporaneo obbligatorio della pesca - Concessione del premio di fermo o del premio di arresto definitivo - Condizioni - Fondamento - Natura c.d. partecipata del contributo - Regolamento CEE 4028/1986 - L.R. Sardegna n. 25/1991. La legge regionale sarda n. 25 del 1991, concernente provvedimenti urgenti a sostegno dell’attività di pesca, non si pone in contrasto col regolamento comunitario 4028/1986 prevedendo, ai fini della concessione del beneficio, i seguenti tre concorrenti requisiti soggettivi: a) residenza o sede legale del soggetto richiedente da almeno tre anni nella regione; b) svolgimento nella regione della prevalente attività di pesca; c) iscrizione nei compartimenti marittimi della Sardegna dei pescherecci con i quali l’attività è esercitata. Inoltre si ricava, dall'art. 22, comma 2°, del regolamento, la natura c.d. partecipata del contributo, nel senso che le risorse economiche da cui lo stesso trae fondamento sono sia comunitarie che nazionali. Ancor più chiaramente, l’art. 25, comma 2°, del medesimo regolamento stabilisce poi che “Gli Stati membri possono stabilire condizioni complementari o limitative per la concessione del premio di fermo o del premio di arresto definitivo”. Sicché, è’ la stessa fonte comunitaria, ad autorizzare la fonte nazionale o regionale a disporre ulteriori specificazioni e limitazioni volte a creare un collegamento effettivo e sostanziale tra la zona di effettuazione del fermo e l’ente territoriale erogatore del contributo. (conf. e cond. T.A.R. Sardegna sentenza n. 258 del 28 gennaio 2004). Pres. Giovannini - Est. Salemi - Manno - ( avv.ti Consolo e Ghigino) c. Regione Autonoma della Sardegna e l’Assessorato regionale della difesa dell’Ambiente (non costituitisi) (conferma TAR Sardegna n. 889 del 24 luglio 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 24 febbraio 2005 (c.c. 26 novembre 2004), Sentenza n. 686 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Caccia - Riserve di caccia - L.P. Trento 24/91 - Modifica delle riserve - Giunta provinciale - Potere tecnico-discrezionale - Giudice amministrativo - Sindacato - Limiti. L’art. 14 della L.P. 9/12/91 n. 24, riguardante norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia, prevede, in tema di regime riservistico, al comma 2, che la Giunta provinciale può modificare con provvedimento motivato, sentito il Comitato faunistico provinciale e la competente commissione permanente del Consiglio, il numero e l’estensione delle riserve di caccia di diritto di cui all’elenco allegato alla L.R. 7 settembre 1964 n. 30. Si tratta di esercizio di potere tecnico- discrezionale, comportante l’intervento dei pareri degli organi tecnici consultivi, attività censurabile avanti al giudice amministrativo solo in termini di irrazionalità o irragionevolezza. (Nella specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto non irragionevole il criterio della continuità geografica opposto dalla Giunta Regionale a supporto motivazionale del diniego all'istanza di modifica di una riserva di caccia, tenuto conto dei prevalenti principi di controllo del territorio cui è ispirata tutta l’attuale legislazione in materia di gestione faunistica) Pres. Salvatore, Est. Leoni - Sez. Comunale cacciatori Pieve di Bono (Avv. Dragona) c. Provincia Autonoma di Trento (Avv. Lorenzoni) - (Conferma T.R.G.A. Trento n. 116/96). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 21 febbraio 2005 (C.C. 19 ottobre 2004), n. 543

Caccia e pesca - Omessa custodia di armi - Applicabilità a “parti di arma” - Esclusione - Art. 20 L. 110/75. L’obbligo di custodire con particolare diligenza armi ed esplosivi, previsto dall’art. 20, comma 1, L. 110/75, non si estende anche a “ parti di arma”; infatti il legislatore, quando ha voluto riferirsi alle “parti di arma” lo ha previsto esplicitamente, come nei commi 3 e 5 dello stesso articolo, e comunque appare ragionevole ritenere che una negligente custodia di parte di arma non esponga a pericolo la sicurezza pubblica (Nella specie trattavasi di due caricatori muniti di proiettili). Presidente E. Fazzioli, Relatore M. C. Siotto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione I, 8 febbraio 2005 (UD. 21 dicembre 2004) - Sentenza n. 4659

Aree Protette - Caccia - Riserva naturale - Abusivo esercizio della caccia all'interno di una riserva regolarmente istituita - Assenza di tabellazione - Buona fede - Esclusione - Onere dell’esatta individuazione dei confini dell’area protetta. Non è invocabile la buona fede in ordine all’esercizio della caccia all'interno di una riserva regolarmente istituita (nella specie con decreto della Regione Sicilia), ma non segnalata da apposite tabelle. Sicché, i parchi nazionali, essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati nulla Gazzetta ufficiale, non necessitano della tabellazione perimetrale al fine di individuarli come aree ove sia vietata l’attività vessatoria (Cassazione Sezione terza, 4756/98, Giacometti, Rv 210516). Nella specie infatti col decreto istitutivo della riserva è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale regionale anche la relativa planimetria donde la presunzione di conoscenza dei relativi confini, pertanto l’introduzione a fini di caccia non può essere in alcun modo giustificata sussistendo a carico di chi esercita attività venatoria l’obbligo di acquisire tutti i dati conoscitivi necessari per il suo corretto esercizio desumibili oltre che dallo strumento cartografico regionale, dalla pubblicazione calendario venatorio. Ne consegue che l’abusivo esercizio della caccia è sanzionabile a titolo di colpa anche in assenza di tabellazione gravando su chi esercita la caccia l’onere dell’esatta individuazione dei confini dell’area protetta nella specie violati in profondità. CORTE DI CASSAZIONE Sez III, 26 gennaio 2005, Sentenza n. 5489

Caccia - Art. 30 c. 1, L. 152/97 - Decreto penale di condanna - Revoca di porto di fucile - Atto dovuto e vincolato. Ai sensi dell’art. 32, I comma, lett. a), della l. 157/92, l’Autorità amministrativa dispone la revoca di porto di fucile nei confronti di chi riporta decreto penale di condanna, divenuto esecutivo, per il reato di cui all’art. 30, I comma, lett. e). Tale sanzione costituisce atto dovuto e vincolato, una volta accertata l’esistenza della pronuncia irrevocabile di condanna. Pres. Zuballi, Est. Gabricci - G.C. (Avv. Guarnati) c. Amministrazione dell’Interno (Avv. Stato) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 26 gennaio 2005, n. 224

Caccia e pesca - Caccia - Piano faunistico venatorio - Associazioni faunistiche - Ricorso giurisdizionale - Legittimazione attiva - Limiti. Le associazioni venatorie non sono legittimate a far valere in giudizio motivi di censura che riguardino il procedimento di formazione del piano faunistico venatorio, in quanto la L. 157/92 non riconosce loro alcun ruolo specifico nella fase procedimentale di approvazione del piano; possono invece far valere eventuali illegittimità di aspetti contenutistici del piano che incidano direttamente sull’attività faunistica o venatoria e che, quindi, richiamino direttamente l’interesse diffuso di cui i predetti enti siano soggetti esponenziali. Pres. Tosti, Est. Lo Presti - E.P.S. (Avv. Giuffrè) c. Regione Lazio (Avv. Bottino) - T.A.R. LAZIO, Sez. I ter - 21 gennaio 2005, n. 500 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Caccia - Art. 10, c. 3 L. 157/92 - Percentuali di territorio da destinare a protezione della fauna - Aree meramente inidonee alla caccia per ragioni diverse da quelle ambientali - Non vanno computate.
Ai sensi dell’art. 10, c. 3 della L. 157/92, nelle percentuali di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica vanno computate quelle aree in cui la caccia è vietata per ragioni prettamente ambientali e non quelle aree meramente inidonee, come ad esempio le fasce di rispetto stradali o ferroviarie. Pres. Tosti, Est. Lo Presti - E.P.S. (Avv. Giuffrè) c. Regione Lazio (Avv. Bottino) - T.A.R. LAZIO, Sez. I ter - 21 gennaio 2005, n. 500 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Caccia - Piano faunistico venatorio - Aree da tutelare - Individuazione di caratteristiche dimensionali minime al fine dell’assoggettamento alla disciplina vincolistica - Legittimità - Potere di valutazione tecnico discrezionale dell’amministrazione.
Appartiene al potere di valutazione tecnico discrezionale dell’Amministrazione che predispone il piano faunistico venatorio stabilire la tutelabilità soltanto di aree che, anche in considerazione delle dimensioni, risultino tali da evidenziare una valenza precipua sul piano della salvaguardia ambientale e faunistica, con conseguente esclusione delle aree troppo ridotte sul piano dimensionale dalla percentuale complessiva di quelle assoggettabili alla disciplina vincolistica. Pres. Tosti, Est. Lo Presti - E.P.S. (Avv. Giuffrè) c. Regione Lazio (Avv. Bottino) - T.A.R. LAZIO, Sez. I ter - 21 gennaio 2005, n. 500 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Prelievo in deroga - Regione Lombardia - Esercizio della deroga - Scostamento dal parere negativo dell’INFS - Parere obbligatorio non vincolante - Indicazione specifica dei motivi di scostamento - Necessità. Il prelievo in deroga alle specie passero d’Italia, passera mattugia e storno disposto dalla Regione Lombardia per la stagione venatoria 2003/2004 è illegittimo, non essendo stato adeguatamente motivato lo scostamento dal parere negativo dell’INFS. L’art. 19 bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157, per l’esercizio della deroga al regime protettivo degli uccelli selvatici disposto dalla Direttiva 79/409/CEE, richiede infatti la previa acquisizione del parere dell’INFS: trattasi di parere obbligatorio, ma non vincolante, per cui la Regione, pur non essendo obbligata ad adeguarvisi, deve indicare specificamente i motivi per cui intende disattenderlo. Pres. Nicolosi, Est. Cacciari - W.W.F., G.O.L., L.A.C. e L.A.V. (Avv. Linzola) c. Regione Lombardia (Avv.ti Vivone e Gallonetto) e Provincia di Milano (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 21 gennaio 2005, n. 140

Caccia e pesca - Caccia - Porto di fucile ad uso caccia - Istanza di rinnovo - Diniego - Condanna penale - Intervenuta riabilitazione - Irrilevanza - Ragioni. L'intervenuta riabilitazione successiva a condanna penale del richiedente il porto di fucile ad uso caccia non rende illegittimo il provvedimento di diniego del rinnovo, trattandosi di misura idonea ad incidere sugli effetti penali della condanna, ma che non impedisce di considerare quest'ultima ai fini dell'adozione di provvedimenti amministrativi. Pres. ed Est. Monteleone - S.V. (Avv. Perla) c. Ministero dell’Interno (Avv. Stato) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. IV - 18 gennaio 2005, n. 173

Caccia e pesca - Caccia - Pianificazione faunistico venatoria - Competenza - Provincia - Insussistenza - Art. 18 L. 157/92 e art. 16 L.R. 50/93. I provvedimenti di pianificazione faunistico venatoria esulano dalla competenza dell’Amministrazione provinciale, andando ad incidere sul contenuto del calendario venatorio, ossia su di un provvedimento di carattere generale che indefettibilmente rimane, ai sensi dell’art. 18 della L. 11 febbraio 1992 n. 157 e dell’art. 16 della L.R. 50 del 1993, nell’eslcusiva competenza della Regione. Pres. f.f. Stevanato, Est. Rocco - A.C.V. (Avv. Valentini) c. Provincia di Padova (Avv.ti Pata, Carbone e Voci) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 18 novembre 2004, n. 4028

Caccia - Protezione della fauna - Limitazione temporale della caccia - Piano di abbattimento degli ungulati (caprioli e cervi) - Specie cacciabili e periodi di attività venatoria - L. n. 157/1992. In tema di caccia la legge n. 157/1992 detta una disciplina volta ad autonomamente considerare, a fini di protezione della fauna, la limitazione temporale della caccia, non solo i limiti assoluti del prelievo, ed in modo che uno dei due limiti non esclude mai l’altro. Infatti, l’art. 18 “specie cacciabili e periodi di attività venatoria” prevede che “Ai fini dell’esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle seguenti specie cacciabili dal 1 ottobre al 30 novembre: …capriolo (Capreolus Capreolus) cervo (Cervus elaphus). La modifica del periodo venatorio deve essere giustificata in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. Le regioni autorizzano le modifiche previo parere dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. I termini devono essere comunque contenuti entro il 1 settembre ed il 31 gennaio dell’anno nel rispetto dell’arco temporale massimo indicato. Pertanto, risulta pacifico che l’arco temporale massimo è di due mesi (61 giorni) mentre, in specie, l’enucleazione dall’ambito del calendario venatorio della caccia di selezione non è, avvenuta, nel rispetto dei termini massimi. Pres. VARRONE - Est. MONTEDORO - L.A.C. LEGA PER L’ABOLIZIONE DELLA CACCIA e A.D.A.A. - ASSOCIAZIONE PER LA DIFESA DI ANIMALI ED AMBIENTE (avv. Caburazzi) c. PROVINCIA DI TREVISO (avv.ti Manzi e Botteon) (Annulla, TAR Veneto II sez. - n. 5214 del 9/10/2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 16 novembre 2004 (cc. 15 giugno 2004), sentenza n. 7491 (vedi sentenza per esteso)

Caccia - Calendario venatorio - Inizio o fine dei periodi di caccia nei giorni di silenzio venatorio - Previsione - Necessità - (c.d. giornate di silenzio venatorio). Nel silenzio del calendario venatorio, che prevede alcuni giorni iniziali e finali che cadono proprio nelle due giornate della settimana precluse per legge alla caccia - le c.d. giornate di silenzio venatorio (che, come è noto, sono martedì e venerdì) - non può essere risolto sul piano interpretativo il dubbio sulla eventuale permissione o sulla vigenza del divieto di legge anche nei predetti giorni, con conseguente necessità di riformulare il calendario, in modo conforme al dettato legislativo, ( legge n. 157/1992) senza prevedere inizio o fine dei periodi di caccia nei giorni di silenzio venatorio o prevedendo che comunque deve essere assicurato il rispetto di tali giorni di astensione dalla caccia, con conseguente automatico slittamento dei termini. Pres. VARRONE - Est. MONTEDORO - L.A.C. LEGA PER L’ABOLIZIONE DELLA CACCIA e A.D.A.A. - ASSOCIAZIONE PER LA DIFESA DI ANIMALI ED AMBIENTE (avv. Caburazzi) c. PROVINCIA DI TREVISO (avv.ti Manzi e Botteon) (Annulla, TAR Veneto II sez. - n. 5214 del 9/10/2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 16 novembre 2004 (cc. 15 giugno 2004), sentenza n. 7491 (vedi sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Caccia - Uccellagione - Sanzione accessoria - Revoca della licenza di fucile da caccia - Discrezionalità amministrativa - Esclusione - Errata qualificazione da parte del giudice penale - Irrilevanza in mancanza di impugnazione della sentenza penale. Nell’applicazione della revoca della licenza del fucile da caccia, quale sanzione accessoria alla condanna per la fattispecie prevista alla lettera e) dell’art.30 della L. n. 157/92 (uccellagione), è escluso ogni margine di discrezionalità in capo all’amministrazione. Ai fini dell’applicazione non rileva l’errata qualificazione effettuata dal giudice penale, risultando applicabile alla specie non già la lettera e), bensì la lettera f) (utilizzo di mezzi vietati), ove la decisione penale non sia stata impugnata. Pres. Zuballi, Est. Savoia - R.L. (Avv. Guarnati) c. Ministero dell’Interno (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 15 novembre 2004, n. 3918

Caccia e pesca - Guardie giurate delle Associazioni ambientaliste - Potestà di coordinamento dell’Amministrazione provinciale - Interferenza con l’autonomia delle associazioni - Non è ravvisabile. Le attività di predisposizione dei programmi periodici e territoriali, di formazione delle pattuglie, di ricezione e di approvazione degli ordini di servizio inviati dalle Associazioni costituiscono naturali estrinsecazioni delle potestà di coordinamento devolute alle Amministrazioni Provinciali ai sensi dell’art. 27, comma 7, della L. 157 del 1992: potestà alle quali anche le guardie giurate delle Associazioni ambientaliste devono sottostare senza che ciò costituisca interferenza con l’autonomia delle Associazioni stesse. Pres. Trivellato, Est. Rocco - L.A.C. Onlus e L.I.P.U. (Avv. Caburazzi) c. Provincia di Treviso (Avv.ti Botteon, Sartori e Tonon) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 12 novembre 2004, n. 3913 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Guardia giurata - Obbligo di residenza - Non contrasta con il divieto di discriminazione in ordine alla cittadinanza italiana o di uno stato membro dell’Unione Europea. La disposizione contenuta nell’art. 138, comma 1, n. 1 del T.U. approvato con R.D. 773 del 1931 e modificato dall’art. 33 della L. 1° marzo 2002 n. 39, secondo la quale per svolgere le funzioni di guardia giurata risulterebbe sufficiente “essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea”, non può esimere i soggetti che si avvalgono di tali guardie dal contemplare anche particolari obblighi di residenza - ferma restando la non discriminazione in ordine alla cittadinanza - in relazione alla comprovata particolarità delle mansioni da svolgere. Pres. Trivellato, Est. Rocco - L.A.C. Onlus e L.I.P.U. (Avv. Caburazzi) c. Provincia di Treviso (Avv.ti Botteon, Sartori e Tonon) -  T.A.R. VENETO, Sez. II - 12 novembre 2004, n. 3913 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Guardie giurate volontarie faunistico-venatorie - Regolamento provinciale - Previsione di sospensione del rilascio del decreto di guardia giurata in caso di procedimento penale pendente - Legittimità - Mancata limitazione alle condanne per delitto quale causa ostativa al rilascio del decreto - Illegittimità. Risulta legittima la disposizione del Regolamento provinciale di servizio delle guardie giurate volontarie faunistico-venatorie che prevede la sospensione del rilascio o del rinnovo del decreto di guardia giurata nelle ipotesi di procedimento penale pendente a carico dell’interessato. Viceversa, contrasta con l’art. 138, comma 1, n. 4 del T.U. approvato con R.D. 773 del 1931 - sostanziando, in tal senso, un’illegittima innovazione contra legem rispetto alla disciplina statale di principio - la disposizione del Regolamento medesimo laddove non limita alle condanne per delitto la causa ostativa per il rilascio o il rinnovo del decreto. Pres. Trivellato, Est. Rocco - L.A.C. Onlus e L.I.P.U. (Avv. Caburazzi) c. Provincia di Treviso (Avv.ti Botteon, Sartori e Tonon) -  T.A.R. VENETO, Sez. II - 12 novembre 2004, n. 3913 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Guardie volontarie - Rinnovo della qualifica di agente di vigilanza volontaria - Corso istituito dalla Provincia - Necessaria partecipazione ai fini del rinnovo - Illegittimità - Nella parte in cui non è consentita alle associazioni la possibilità di organizzare detti corsi - Artt. 26 L. 157/92 e 34 L.R. 50/93.
Rientra nelle intrinseche potestà del coordinamento provinciale disporre riunioni e corsi di aggiornamento delle Guardie volontarie, soprattutto se tali iniziative sono concordate con le associazioni; tuttavia confligge con l’assetto emergente dall’art. 27, commi 6 e 8, della L. 157 del 1992 e dall’art. 34, comma 2, della L.R. 50 del 1993, la previsione nel Regolamento provinciale della necessaria partecipazione ad apposito corso istituito dalla Provincia al fine del rinnovo della qualifica di Agente di Vigilanza Volontaria. Infatti le iniziative formative previste dalla disciplina legislativa statale e regionale verrebbero in tal modo svuotate di ogni specifico contenuto in termini di riconoscimento della loro specifica valenza propedeutica all’abilitazione di cui all’art. 27, comma 4, L. 157/1992. Sono pertanto illegittimi gli articoli del regolamento nella parte in cui non consentono anche alle associazioni di cui all’art. 27 commi 6 e 8 della L. 157 del 1992 e all’art. 34 comma 2 della L.R. 50 del 1993 la possibilità di organizzare i corsi per il rilascio del decreto di nomina o di rinnovo nella qualifica di Guardia volontaria. Pres. Trivellato, Est. Rocco - L.A.C. Onlus e L.I.P.U. (Avv. Caburazzi) c. Provincia di Treviso (Avv.ti Botteon, Sartori e Tonon) -  T.A.R. VENETO, Sez. II - 12 novembre 2004, n. 3913 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Guardie giurate volontarie - Art. 27, c. 1 L. 157/1992 - Qualifica di polizia giudiziaria - Riconoscimento - Esclusione. Il comma 1, lett. a) dell’art. 27, L. 157/1992 riconosce esplicitamente agli Agenti dipendenti degli Enti Locali delegati alle Regioni la qualifica di polizia giudiziaria, mentre, in evidente contrapposizione, la lettera b) dello stesso comma non riconosce la medesima qualifica alle Guardie Giurate Volontarie. Pres. Trivellato, Est. Rocco - L.A.C. Onlus e L.I.P.U. (Avv. Caburazzi) c. Provincia di Treviso (Avv.ti Botteon, Sartori e Tonon) -  T.A.R. VENETO, Sez. II - 12 novembre 2004, n. 3913 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Guardie giurate volontarie - Accertamento delle violazioni - Competenza a formare processi verbali - Espresso riconoscimento - Regolamento provinciale - Limitazione al cd. “verbale di riferimento” - Illegittimità. Alle Guardie Giurate Volontarie è espressamente riconosciuta la competenza a formare processi verbali di diretto accertamento degli illeciti di loro competenza, sicchè è illegittima la norma del regolamento che individua tra i compiti delle Guardie quello di “accertare le violazioni delle leggi e dei regolamenti in materia venatoria redigendo gli apposti verbali di riferimento”, stante il significato tecnico assunto dal termine di “verbale di riferimento” rispetto al processo verbale di vero e proprio accertamento dell’illecito: il primo, infatti non è contemplato dall’art. 13 della L. 689 del 1981 ed implica la formazione di una mera relazione su quanto accaduto da inoltrare ad un’Autorità gerarchicamente sovraordinata che formalizzerà poi l’accertamento. Pres. Trivellato, Est. Rocco - L.A.C. Onlus e L.I.P.U. (Avv. Caburazzi) c. Provincia di Treviso (Avv.ti Botteon, Sartori e Tonon) -  T.A.R. VENETO, Sez. II - 12 novembre 2004, n. 3913 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Calendario Venatorio - Inclusione di specie protette - Illegittimità del provvedimento regionale - Obbligo a carico dell’Amministrazione di conformarsi alla pronuncia giurisdizionale - Sussiste. Qualsiasi nuovo atto dell’Amministrazione che si ponga in contrasto con la statuizione contenuta in una decisione giurisdizionale esecutiva o che dia ulteriore seguito ad atti sospesi o eliminati dal mondo giuridico è certamente affetto da antigiuridicità derivata per violazione dell’obbligo a carico dell’Amministrazione di conformarsi alla pronuncia giurisdizionale stessa. Fattispecie: adozione del calendario venatorio includendo tra le specie cacciabili specie non cacciabil. (Il CdS in sede di appello sulla relativa ordinanza del TAR, (ord. Sez VI n.1004 del 29.9.1993) accoglieva l’istanza di sospensione del calendario venatorio impugnato “nella parte in cui, in deroga alla normativa comunitaria e nazionale, consente la caccia di alcune specie protette (passero, passera mattugia, colino della Virginia, storno, fringuello, peppola, ghiandaia, gazza, taccola e cornacchia grigia)”. Pres. VARRONE - Est. CAFINI Regione dell’Umbria (Avv. Figorilli) c. Commissariato del Governo presso a Regione dell’Umbria (Avvocatura generale dello Stato) e altri (TAR Umbria n.329/99 del 29 aprile 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 29/10/2004 (Cc. 2.7.2004) Sentenza n. 7021 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Calendario Venatorio - Potestà regionale - Limiti. La Regione non può reiterare, integralmente o parzialmente, l’atto sospeso, - ordinanza di sospensione del Consiglio di Stato - al fine di ammettere la caccia nei confronti delle specie che l’ordinanza medesima considera protette sulla base di ben precise e tassative disposizioni nazionali e comunitarie. Fattispecie: adozione del calendario venatorio includendo tra le specie cacciabili specie non cacciabili). Pres. VARRONE - Est. CAFINI Regione dell’Umbria (Avv. Figorilli) c. Commissariato del Governo presso a Regione dell’Umbria (Avvocatura generale dello Stato) e altri (TAR Umbria n.329/99 del 29 aprile 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 29/10/2004 (Cc. 2.7.2004) Sentenza n. 7021 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Pesca - Novellame di sardina e rossetto - Capo del compartimento marittimo - Limitazioni in ordine all’uso degli attrezzi - Legittimità - Altre limitazioni non previste dalla normativa statale - In specie, previsione di distanza minima dalla costa - Illegittimità. In tema di pesca al novellame di sardina e rossetto, il Capo del Compartimento marittimo, sentita la commissione consultiva locale per la pesca marittima, può stabilire norme limitative che riguardano l’uso degli attrezzi e la fissazione di turni per il loro impiego. Non può invece fissare una distanza minima dalla costa per l’esercizio della pesca o prevedere altre limitazioni che non siano già preciste dalla normativa statale disciplinante la pesca professionale del novellame (legge n. 963 del 14.7.1965; regolamento di esecuzione DPR 2 .10.1968, n. 1639 e D.M. 28 agosto 1996). CO.P.A.V. s.r.l (Avv. Casati) c. Compartimento Marittimo di Viareggio e Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Avv. Stato) - T.A.R. TOSCANA, Sez. III, 27 ottobre 2004, n. 5201

Caccia - Prelievo in deroga - Autorizzazione al prelievo venatorio - Misura eccezionale - Perseguimento degli interessi generali di cui all’art. 9.1 dir. 79/409/CE - Necessità - Piano faunistico venatorio - Esplicita motivazione in ordine all’assenza di misure alternative - Necessità. Il “potere di deroga” è esercitabile solo in via eccezionale per consentire non tanto la caccia, quanto, piuttosto l'abbattimento o la cattura di uccelli selvatici in vista della tutela dei fini di interesse generale indicati dall'art. 9.1 della direttiva 79/409/CEE (cfr. Corte Cost. 14 maggio 1999 n. 168). I provvedimenti di deroga vanno pertanto preferibilmente soddisfatti attraverso misure diverse dall’eccezionale autorizzazione al prelievo venatorio di specie altrimenti protette: invero, sia la direttiva 79/409 che la legge quadro 157/1992 introducono espressamente una clausola di riserva legata all’assenza di altre soluzioni soddisfacenti. Ne consegue l’illegittimità del piano faunistico venatorio nella parte recante la disciplina venatoria in deroga, in mancanza di specifica motivazione in ordine agli obiettivi di interesse generale a giustificazione dell’introdotta deroga e alla mancanza di misure alternative. Pres. Mezzacapo, Est. Maiello - L.I.P.U. Onlus (Avv. Balletta) c. Regione Calabria (Avv. Spanti) - T.A.R. CALABRIA, Sez. I - 26 ottobre 2004, sentenza n. 1995 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Associazioni ambientaliste - Legittimazione a ricorrere - Sussiste - Principio di legalità - artt 18, comma 5, e 13 L. n. 349/1986 - Fondamento. L’art. 18, comma 5, della legge n. 349 del 1986 (per il quale “le associazioni individuate in base all’art. 13 della presente legge possono ... ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi”) ha attribuito la legittimazione a ricorrere alle associazioni ambientalistiche individuate dal Ministro (così concorrendo alla affermazione del principio di legalità), ma non ha inciso sulle altre regole del processo amministrativo, riguardanti la figura del controinteressato o la fase d’appello (cfr. Sez. VI, 6 giugno 2003, n. 3165). In altri termini, ha inteso unicamente evitare che nel corso del processo amministrativo si faccia questione della legittimazione a ricorrere di una delle associazioni ambientalistiche individuate, ma non ha ampliato il novero delle parti necessarie del giudizio. Pres. Giovannini, Est. Maruotti - Regione Veneto (avv.ti Cacciavillani e Manzi) c. World wildlife fund (WWF Italia) (n.c.), (Conferma T.A.R. Veneto, Sez. II, 19 maggio 1998, n. 689, e per il rigetto dei ricorsi di primo grado n. 2564 e n. 3784 del 1996). CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - 19 ottobre 2004 (C.C. 4 giugno 2004), Sentenza n. 6757 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Associazione venatoria - Può intervenire nel giudizio, ma non è parte necessaria - Notifica del ricorso a pena di inammissibilità - Esclusione. Non è qualificabile come parte necessaria o come controinteressata una associazione venatoria, quando una associazione ambientalistica abbia impugnato un atto incidente sullo svolgimento della attività venatoria: l’associazione venatoria, secondo le regole generali, può intervenire nel giudizio, ma non va considerata parte necessaria cui va notificato il ricorso a pena di inammissibilità. Pres. Giovannini, Est. Maruotti - Regione Veneto (avv.ti Cacciavillani e Manzi) c. World wildlife fund (WWF Italia) (n.c.), (Conferma T.A.R. Veneto, Sez. II, 19 maggio 1998, n. 689, e per il rigetto dei ricorsi di primo grado n. 2564 e n. 3784 del 1996). CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - 19 ottobre 2004 (C.C. 4 giugno 2004), Sentenza n. 6757 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Tesserino di caccia - Elenco delle specie indicate nel tesserino - Non ha valore per conoscere le specie cacciabili - Attività vietate dalla normativa di settore - Applicazione. L’elenco delle specie, indicate nel tesserino, “non ha alcun valore dispositivo”, sicché il cacciatore non può attribuirgli valore per conoscere le specie cacciabili. Tuttavia, il contenuto del tesserino venatorio va redatto, dalla giunta regionale, tenendo conto della normativa vigente e sulla base del fondamentale principio per cui esso non può far ritenere consentite le attività che invece sono vietate dalla normativa di settore. Pres. Giovannini, Est. Maruotti - Regione Veneto (avv.ti Cacciavillani e Manzi) c. World wildlife fund (WWF Italia) (n.c.), (Conferma T.A.R. Veneto, Sez. II, 19 maggio 1998, n. 689, e per il rigetto dei ricorsi di primo grado n. 2564 e n. 3784 del 1996). CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - 19 ottobre 2004 (C.C. 4 giugno 2004), Sentenza n. 6757 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Redazione del tesserino venatorio - Ambito territoriale di caccia e relative forme di esercizio - Contenuto - Chiarezza per evitare lo svolgimento di attività illecite. Nel determinare il contenuto del tesserino venatorio - al fine di consentire i relativi controlli e l’irrogazione delle sanzioni in caso di illecito, la giunta regionale deve disporre l’annotazione dei dati considerati rilevanti dalla legge e non può introdurvi ‘spazi’ riguardanti l’abbattimento di specie che non possono essere abbattute, perché protette". Infine, rileva l’esigenza che il cacciatore sia ab origine consapevole dell’ambito territoriale di caccia e delle relative forme di esercizio, affinché egli sia posto in grado di evitare lo svolgimento di attività illecite. Pres. Giovannini, Est. Maruotti - Regione Veneto (avv.ti Cacciavillani e Manzi) c. World wildlife fund (WWF Italia) (n.c.), (Conferma T.A.R. Veneto, Sez. II, 19 maggio 1998, n. 689, e per il rigetto dei ricorsi di primo grado n. 2564 e n. 3784 del 1996). CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - 19 ottobre 2004 (C.C. 4 giugno 2004), Sentenza n. 6757 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Caccia - Cinghiale - Delibera di pianificazione del prelievo venatorio - Consiglio provinciale - Competenza - Sussiste. Il Consiglio Provinciale è competente all’adozione della delibera di programmazione e pianificazione del prelievo venatorio di una specie (cinghiale), mediante destinazione differenziata del territorio, in quanto espressione delle potestà spettanti in materia di caccia alle Province in base agli art.19.1, lett.f) L.267/2000; artt. 1.3, 9.1 e 10.2 L.157/1992; artt.2.3, 8.2 e 26.3 L.R. 28.1.2004, n.10. Pres. Balba, Est. Rasola - A.M. e altri (Avv. Bruni) c. Provincia di Teramo (Avv. Zecchini) - T.A.R. Abruzzo, L’Aquila - 18 ottobre 2004, n. 1138

Caccia e pesca - Caccia - Diritto soggettivo - Inconfigurabilità - Interesse legittimo - Principio della libertà di caccia - E’ stato sostituito da quello della caccia controllata e programmata. In materia di caccia, non può parlarsi di “diritti soggettivi”, in quanto, essendo stato il principio della “libertà di caccia” sostituito da quello della “caccia controllata e programmata”, la posizione dei privati non può che essere di mero interesse legittimo. Pres. Balba, Est. Rasola - A.M. e altri (Avv. Bruni) c. Provincia di Teramo (Avv. Zecchini) - T.A.R. Abruzzo, L’Aquila - 18 ottobre 2004, n. 1138

Caccia e pesca - Caccia - Porto d'armi - Affidabilità del soggetto - Garanzie di sicurezza - Necessità - Fattispecie: uso di stupefacenti. Il soggetto al quale venga consentita l’utilizzazione (sia pure per diporto) di un’arma da fuoco (nella specie, fucile da caccia) deve essere un soggetto affidabile in ordine al corretto e non improprio uso dell’arma stessa, ed è del pari evidente che chi sia dedito all’uso di sostanze stupefacenti, per l’alterazione tipica che queste producono, può trovarsi appunto nelle condizioni di non poter fornire queste garanzie di sicurezza in ordine al corretto uso dell’arma. Episodio isolato ed occasionale esclusione. Pres. PATRONI GRIFFI - Est. MELE - Normile (Avv. Centore) c. QUESTURA DI NAPOLI (Avvocatura generale dello Stato) (riforma Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sez. IV, n. 526 del 5 settembre 1996). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 14/10/2004 (C.c. 8 luglio 2004), Sentenza n. 6672

Caccia - Abbattimento della fauna - Mezzi ausiliari - Esercizio della caccia con furetto senza munirlo di museruola - Divieto - Sussiste - L.R. Sicilia n. 33/1997 - Reato di cui all'art. 30 lett. h) L. n. 157/1992 - Configurabilità. In materia di esercizio venatorio, integra il reato di cui all'art. 30, lett. h) della legge 11 febbraio 1992 n. 157, chi utilizza per l'esercizio della caccia un furetto senza munirlo di museruola, come previsto anche dalla legge regionale 1 settembre 1997, n. 33 della Regione Sicilia. Infatti, la leicità di utilizzo di mezzi ausiliari, ossia impiegati per ricercare, braccare e stanare la fauna, non esclude il divieto di uso di alcuni mezzi diretti all'abbattimento della selvaggina; in particolare, è vietato dalla legge n. 157 del 1992, l'impiego nell'esercizio venatorio del furetto, carnivoro dei mustelidi, in quanto lo stesso è animale predatore che può stanare la preda solo a seguito di addestramento. Presidente: Papadia U. Estensore: De Maio G. Imputato: Basile e altro. P.M. D'Angelo G. (Conf.) (Rigetta, Trib.Enna, 10 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez III, 24 settembre 2004, (Ud. 22/06/2004) Sentenza n. 37881 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Caccia - Prelievo venatorio in deroga - Fringuello - Motivazione - Tradizioni locali - Non rientrano tra i fini di interesse generale indicati dalla direttiva n. 409/79 - Illegittimità. La delibera regionale con cui si esercita il potere di deroga (previsto in via eccezionale dalla direttiva n. 409/79, che consente l’abbattimento o la cattura di specie protette alle condizioni e ai fini di interesse generale indicati dall’art. 9.1 e secondo le procedure e le modalità di cui al punto 2 dello stesso art. 9), motivata da asserite “tradizioni locali”, non risponde alle condizioni richieste dalla disciplina comunitaria. Né può ritenersi che la caccia risponda ad un interesse generale di quelli che la normativa comunitaria ha inteso perseguire (cfr. Sent. Corte Cost. n. 168/1999) (Nella specie, la Regione Toscana aveva introdotto, in deroga, il prelievo venatorio del fringuello). Pres. Lazzeri, Est. Colombati - W.W.F. Onlus e LAV Onlus (Avv. Passalacqua) c. Regione Toscana (Avv. Fantappiè) - T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 14 settembre 2004, n. 3781

Caccia e pesca - Caccia - Piano di prelievo - Previsione di traslocazione di caprioli in altri territori a fine di ripopolamento - Contrasto con la normativa in materia di caccia - Insussistenza. La previsione, nell’ambito del piano di prelievo, di meccanismi alternativi di riduzione dei capi attraverso la traslocazione in altri territori di un numero minimo di caprioli, rispetto alla massa di capi cacciabili, non contrasta con le finalità indicate dalla legge in materia di caccia (L. n. 157/1992 e l’art. 35 della L.R. Liguria n. 29/1994). Tali finalità si estrinsecano in un equilibrio tra esigenze di conservazione e protezione di alcune specie animali e il libero esercizio dell’attività venatoria e, dunque in funzione del perseguimento dell’anzidetto obiettivo, non è pregiudizievole la scelta di sottrarre alla caccia una parte dei capi ritenuta eccedente per destinarla al ripopolamento di altri territori montani. Pres. Arosio, Est. Fina - U.R.C.A. (Avv.ti Gerbi e Greco) c. Provincia di Genova - T.A.R. LIGURIA, Sez. II - 6 settembre 2004, n. 1342

Caccia - Volatili in stato di cattività - Aree destinate all’addestramento dei cani - Autorizzazione all’abbattimento oltre le previsioni del calendario venatorio - Illegittimità. Anche nelle zone riservate all’addestramento dei cani, i volatili in stato di cattività conservano la qualità di fauna selvatica: il loro abbattimento non può pertanto essere indiscriminato, essendo ricompreso tra le attività venatorie. E’ conseguentemente illegittima l’estensione dei periodi di sparo rispetto al calendario venatorio relativo alla specie cacciata (fattispecie: il Piano faunistico venatorio provinciale aveva autorizzato nelle zone riservate all’addestramento dei cani, l’abbattimento per tutto l’anno di quaglie e fagiani appositamente liberati). Pres. Arosio, Est. Morbelli - W.W.F., L.A.V., L.A.C., E.N.P.A. (Avv. Granara) c. Provincia di Genova (Avv.ti Giovanetti, Scaglia e Manzone) - TAR LIGURIA, Sez. II, 1° settembre 2004 (C.C. 1 luglio 2004), Sentenza n. 1340 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Incendi - Piano faunistico venatorio - Omessa individuazione delle aree percorse dal fuoco - Illegittimità. Viola l’art. 10, comma 1, L. 353/2000, il piano faunistico venatorio che ometta di indicare le aree e le superfici percorse da incendio ove vige divieto di caccia per 10 anni. La subordinazione dell’inclusione delle aree percorse da incendi nell’ambito delle zone in cui vige il divieto di caccia all’espletamento della mappatura da parte dei Comuni realizza una sostanziale vanificazione del termine di divieto previsto dalla legge 353/2000. Pres. Arosio, Est. Morbelli - W.W.F., L.A.V., L.A.C., E.N.P.A. (Avv. Granara) c. Provincia di Genova (Avv.ti Giovanetti, Scaglia e Manzone) - TAR LIGURIA, Sez. II, 1° settembre 2004 (C.C. 1 luglio 2004), Sentenza n. 1340 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Ambiti Territoriali di Caccia - Previsione di due soli ATC comprendenti aree costiere, collinari e montane - Disomogeneità - Omogeneità richiesta dalla legge venatoria ligure - Concetto. Non è legittima la riduzione da tre a due degli ambiti territoriali di caccia sub-provinciali (ATC) ricomprendenti aree costiere, collinari e montane, in presenza di norme regionali che prevedono la loro estensione su comprensori omogenei e mirano alla limitazione del nomadismo venatorio. Detta omogeneità deve essere riferita alla conformazione del terreno e dei vari habitat naturali che sullo stesso insistono ed alle tipologie di attività venatoria che sullo stesso e negli stessi habitat naturali siano esercitabili. Pres. Arosio, Est. Morbelli - W.W.F., L.A.V., L.A.C., E.N.P.A. (Avv. Granara) c. Provincia di Genova (Avv.ti Giovanetti, Scaglia e Manzone) - TAR LIGURIA, Sez. II, 1° settembre 2004 (C.C. 1 luglio 2004), Sentenza n. 1340 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Furto venatorio - Applicazione - Fondamento - Esclusione - Reato di furto aggravato di fauna ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato - Applicabilità - Presupposti - L. n. 157/1992. La disciplina sulla caccia L. n. 157/1992 non esclude in via assoluta l’applicabilità del cosiddetto “furto venatorio”; (Pret. Terni, 14.4.1995). In realtà al contrario prevede tale esclusione solamente in relazione ai casi specificamente previsti dagli artt. 30 e 31, che non esauriscono tutti quelli di apprensione della fauna da ritenersi vietati in base ad altri precetti contenuti nella legge stessa ed infatti la norma che proibisce l’applicazione del “furto venatorio” è l’art. 30 n. 3 il quale recita: “nei casi di cui al comma 1 (dell’art. 30) non si applicano gli artt. 624, 625 e 626 c.p.” ed analoga previsione è contenuta nell’art. 31 per le sanzioni amministrative. Si deduce quindi che il reato di furto è stato espressamente escluso soltanto nei casi circoscritti dalla prima parte dell’art. 30 ed in tutto l’articolo 31 in questione e cioè quelli riguardanti il cacciatore munito di licenza che viola la stessa e caccia di frodo, mentre il bracconiere senza licenza non rientra in questa prima parte dell’art. 30 ed in tutto l’articolo 31 e non rientra in nessun altra previsione specifica e dunque il furto venatorio appare ancora applicabile a suo carico, perché la fauna resta pur sempre patrimonio indisponibile dello Stato (art. 1 L. cit.) e restano dunque intatti i vecchi presupposti giuridici sul “furto venatorio”. Il reato di furto aggravato di fauna ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato è dunque ancora oggi applicabile nel regime della legge n. 157 del 1992 con riferimento al caso in cui l’apprensione o il semplice abbattimento della fauna sia opera di persona non munita di licenza di caccia. Pres. D’Urso - Rel. Bianchi - Pm Geraci - Imp. Peano e altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. IV, 11.08.2004 (ud. 24.05.2004), sentenza n. 34352 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Esercizio dell’attività venatoria - Fauna selvatica - Patrimonio indisponibile dello Stato - La mancanza della abilitazione fa scattare la responsabilità per furto - Licenza di caccia - L. n. 157/1992. Legge 157 del 1992 il cui articolo 1 testualmente stabilisce l’appartenenza della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato e con le norme successive regola le modalità attraverso le quali (concessione da parte dello Stato, art. 12) è consentito l’esercizio dell’attività venatoria, specificando luoghi, tempi, modi e oggetto della stessa e prevedendo, correlativamente, agli artt. 30 e 31 sanzioni penali ed amministrative per i comportamenti difformi ivi specificamente ed analiticamente elencati, per i quali è espressamente esclusa la possibilità di applicare le norme di cui agli artt. 624, 625, e 626 cp. Mentre dunque sono regolate minuziosamente le conseguenze dell’inosservanza della disciplina positiva dettata per l’esercizio della caccia, manca del tutto all’interno della legge la prevenzione delle conseguenze che derivano dall’esercizio della caccia in assenza della stessa licenza, e cioè del presupposto - la licenza appunto - che rende lecito un comportamento altrimenti non consentito. Ora, proprio l’impianto complessivo della legge, fondato sul principio che é il possesso della licenza a rendere lecita l’appropriazione da parte del cacciatore di una fauna appartenente allo Stato, porta a ritenere che la mancanza della abilitazione faccia scattare la responsabilità per furto secondo le regole generali del codice penale, la cui esclusione è della abilitazione faccia scattare la responsabilità per furto secondo le regole generali del codice penale, la cui esclusione è dalla legge stessa prevista solo con riguardo ai comportamenti di cui agli artt. 31 e 31 che, per il loro stesso contenuto di dettaglio, presuppongono il possesso di parte di chi li pone in essere della licenza di caccia. Pres. D’Urso - Rel. Bianchi - Pm Geraci - Imp. Peano e altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. IV, 11.08.2004 (ud. 24.05.2004), sentenza n. 34352 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Abbattimento della fauna - Danni al patrimonio indisponibile dello Stato - Furto aggravato di fauna - Reato - Applicabilità - Licenza di caccia - Differenza. Il reato di furto aggravato di fauna ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato è ancora oggi applicabile nel regime della legge n. 157 del 1992 con riferimento al caso in cui l’apprensione o il semplice abbattimento della fauna sia opera di persona non munita di licenza di caccia. Pres. D’Urso - Rel. Bianchi - Pm Geraci - Imp. Peano e altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. IV, 11.08.2004 (ud. 24.05.2004), sentenza n. 34352 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Aree protette - Parco nazionale - Commissario straordinario - Abbattimenti selettivi - Autorizzazione alla caccia del cinghiale tramite “braccata” - In assenza del regolamento del parco - Illegittimità. E’ illegittima, in mancanza del regolamento del parco, l’autorizzazione alla caccia al cinghiale entro i confini dell’area protetta “Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano” mediante la c.d. tecnica della “braccata”, disposta dal Commissario Straordinario dell’Ente con ordinanza contingibile e urgente. Essa viola infatti la legge n. 394/91 (artt. 9, 11 e 21) che prevede la possibilità di dettare le misure relative ai prelievi faunistici e abbattimenti selettivi di animali, in deroga al generale divieto di caccia nei parchi nazionali, solo attraverso il regolamento del parco e non autorizza forme diverse di deroga, né può ritenersi normativamente autorizzato il sistema della braccata, tecnica di disturbo per le ulteriori specie animali e per l’ecosistema dell’area protetta. Pres. Lazzeri, Est. Colombati - Legambiente Comitato Toscano O.N.L.U.S. e W.W.F. ITALIA O.N.L.U.S. (Avv. Nocentini) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (Avv. Stato), e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 11 agosto 2004, n. 3180

Caccia e pesca - Caccia - Istituzione di nuova azienda faunistico-venatoria - Ambito territoriale gestito da un a.t.c. - A.t.c. - Partecipazione al procedimento - Diritto. L’istituzione di una nuova azienda faunistico-venatoria nell’ambito territoriale gestito ai fini venatori da un ambito territoriale di caccia, che determina una riduzione del territorio venabile di competenza, attribuisce a detto a.t.c. il diritto a partecipare al procedimento e l’obbligo all’amministrazione procedente di tener conto delle osservazioni da esso eventualmente introdotte nel procedimento stesso. Pres. Gomez de Ayala, Est. Peruggia - Atc di Cherasco e Atc. Cn. 5 di Cortemilia e Consiglio regionale della Federazione Italiana Caccia della Regione Piemonte(Avv. Scaparone) c. Regione Piemonte (Avv. Magliona) e Provincia di Cuneo (n.c.) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 11 agosto 2004, n. 1500

Caccia e pesca - Caccia al cinghiale in periodo di divieto con armi non consentite - Sospensione della licenza di porto di fucile - Legittimità. La condotta di chi pratica la caccia al cinghiale in periodo di divieto e con armi non consentite (nella specie: munizioni spezzate) ben giustifica, in una prospettiva di tutela della sicurezza pubblica, una verifica in termini negativi dei requisiti richiesti per l’autorizzazione all’uso delle armi e la conseguenziale sospensione della licenza di porto di fucile. Pres. Turco, Est. Aru - G.N. (Avv.ti Piras e Fodde) c. Questura di Sassari (Avv. Stato) - T.A.R. SARDEGNA, sez. I - 3 agosto 2004, n. 1292

Associazioni e comitati  - Associazioni ambientaliste - Legittimazione attiva - Artt. 13 e 18 L 349/86 - Accertamento del grado di rappresentatività - Potere concorrente del Giudice - Sussistenza. Gli artt. 13 e 18 L.349/86 hanno introdotto un duplice sistema di accertamento del grado di rappresentatività delle Associazioni ambientalistiche, nel senso che l'esistenza del potere di individuazione del Ministro non esclude il concorrente potere del Giudice di accertare, caso per caso, la sussistenza della legittimazione dell'Associazione che abbia proposto l'impugnativa. - Pres. PAPIANO, Est. MOZZARELLI - L.A.C. e L.A.V. (Avv. Simoneschi) c. Regione Emilia Romagna (Avv.ti Mastragostino e Lista) e Provincia di Bologna (Avv. Neri) T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 2 agosto 2004, n. 2374

Caccia e pesca - Caccia - Regime derogatorio ex Dir. 79/409/CEE - Regioni - Competenza - Esclusione - Sino all’entrata in vigore della L. 221/02. Prima dell’entrata in vigore della L. n. 221/02, le regioni non erano legittimate ad introdurre un regime derogatorio che il legislatore comunitario - per la generalità e complessità degli interessi che concernono la disciplina della protezione della fauna selvatica e che impongono un carattere unitario della normativa in materia - ha devoluto esclusivamente ai legislatori nazionali; tale principio permane anche dopo la riforma dell’art. 117 della Costituzione. (Nella specie, la L.R. 15/02 ha disciplinato autonomamente in difetto di una previa normativa nazionale la deroga ex art. 9 della Direttiva n. 79/409 CEE, laddove invece quest’ultima norma contiene una disciplina diretta, più che a regolare l’attività venatoria, a consentire deroghe al regime di protezione della fauna selvatica per la salvaguardia di interessi generali. L’esercizio di tale potere di deroga, andando ad incidere sul nucleo minimo di protezione della fauna selvatica, non può prescindere da una previa disciplina di carattere nazionale). - Pres. PAPIANO, Est. MOZZARELLI - L.A.C. e L.A.V. (Avv. Simoneschi) c. Regione Emilia Romagna (Avv.ti Mastragostino e Lista) e Provincia di Bologna (Avv. Neri) T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 2 agosto 2004, n. 2374

Caccia e pesca - Caccia - Regime derogatorio ex Dir. 79/409/CEE - L. 221/02 - Direttiva 79/409/CEE - Contrasto - Configurabilità. La legge nazionale 3.10.2002 n. 221, nel delegare in via generale alle Regioni l'esercizio della facoltà di deroga di cui all'art. 9 della Direttiva n. 79/409/CEE, appare incompatibile con la Direttiva medesima, dovendo essere finalità costitutiva della normativa nazionale di recepimento l'idoneità a garantire su tutto il territorio nazionale un uniforme ed adeguato livello di salvaguardia. - Pres. PAPIANO, Est. MOZZARELLI - L.A.C. e L.A.V. (Avv. Simoneschi) c. Regione Emilia Romagna (Avv.ti Mastragostino e Lista) e Provincia di Bologna (Avv. Neri) T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 2 agosto 2004, n. 2374

Caccia e pesca - Caccia - Regime derogatorio ex Dir. 79/409/CEE - Legge introduttiva del regime di deroga - Analitica valutazione delle soluzioni alternative - Necessità. La normativa che introduce la facoltà di deroga di cui alla Direttiva n. 79/409/CEE, deve, ai sensi dell’art. 9, primo comma, valutare in modo analitico e specifico la possibilità di soluzioni alternative dall’autorizzare il prelievo venatorio in deroga. - Pres. PAPIANO, Est. MOZZARELLI - L.A.C. e L.A.V. (Avv. Simoneschi) c. Regione Emilia Romagna (Avv.ti Mastragostino e Lista) e Provincia di Bologna (Avv. Neri) T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 2 agosto 2004, n.2374

Caccia e pesca - Caccia - L.R. 15/02 - Possibilità di detenzione e uso di richiami vivi appartenenti alle specie storno, passero e passera mattugia - Contrasto con la Dir. 79/409/CEE - Configurabilità. La Legge regionale 12.7.2002 n. 15 - nella parte in cui stabilisce che sono consentiti la detenzione e l'uso di richiami vivi provenienti da allevamenti o da catture svolte antecedentemente al DPCM del 21.3.1997, appartenenti alle specie Storno, Passero, Passera mattugia è in contrasto con la Direttiva comunitaria 79/409 CEE, la quale prescrive il divieto di cattura con qualsiasi metodo e di detenzione delle specie di cui è vietata la caccia (ivi compresi Storno, Passero e Passera mattugia) - Pres. PAPIANO, Est. MOZZARELLI - L.A.C. e L.A.V. (Avv. Simoneschi) c. Regione Emilia Romagna (Avv.ti Mastragostino e Lista) e Provincia di Bologna (Avv. Neri) T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 2 agosto 2004, n. 2374

Caccia e pesca - Caccia - Divieto di cattura e detenzione di storni, passeri e passere mattugie - Decorrenza - Dalla data di entrata in vigore della Direttiva 79/409/CEE. Il divieto di cattura e detenzione a qualunque titolo delle specie storno, passero e passera mattugia decorre dalla data di adozione della Direttiva 79/409/CEE e non già dall'entrata in vigore del DPCM del 21.3.1997 e della Legge 1.3.2002 n. 39 (Legge comunitaria 2001) che - all'art. 34 - ha modificato l'art. 4, quarto comma, della L. 11.2.1992 n. 157 depennando dall'elenco delle specie catturabili per la cessione a fini di richiamo lo storno, il passero e la passera mattugia. - Pres. PAPIANO, Est. MOZZARELLI - L.A.C. e L.A.V. (Avv. Simoneschi) c. Regione Emilia Romagna (Avv.ti Mastragostino e Lista) e Provincia di Bologna (Avv. Neri) T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 2 agosto 2004, n. 2374

Caccia - Uccellagione - Sentenza ex art. 444 c.p.p. - Art. 32 L. 157/92 - Revoca della licenza di porto di fucile e divieto di rilascio per 10 anni - Legittimità - Motivazione - Necessità - Insussistenza - Ragioni. Alla pratica dell’uccellagione accertata in sede penale con sentenza ex art. 444 c.p.p., segue legittimamente l’irrogazione della sanzione amministrativa di cui all’art 32, comma 1, lett. b) della L. 157/92 (revoca della licenza di porto di fucile per uso di caccia e divieto di rilascio per un periodo di 10 anni), che il questore adotta senza necessità di motivazione. Invero, la scelta della sanzione amministrativa è già stata compiuta dal legislatore, il quale ha individuato all’art. 32 varie fattispecie criminose, tutte accomunate della violazione di principi fondamentali della caccia, così che alla commissione di siffatti reati segue ragionevolmente la lunga espulsione dalla titolarità della licenza di porto d'arma da caccia. Pres. Numerico, Est. Tomaselli - S.G. (Avv. Osele) c. Amministrazione dell’Interno Commissariato del Governo e Questua di Trento (Avv. Stato) - T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento - 9 luglio 2004, n. 249

Caccia - Piano faunistico venatorio - Autorizzazione alla cattura dei camosci tramite reti a caduta - Legittimità. L’autorizzazione alla cattura di camosci mediante le c.d. “reti a caduta”, non invalida il piano faunistico venatorio provinciale, dal momento che l’uso di tale mezzo, pur non essendo tra quelli raccomandati dall’I.N.F.S. per la cattura di una specie di ungulati particolarmente delicata, non risulta vietato da alcuna normativa di livello statale o regionale in materia di fauna selvatica o di prelievo venatorio. Pres. Cicciò, Est. Giovannini - E.N.P.A. (Avv.ti Ognibene e Grisendi) c. Provincia di Reggio Emilia (Avv. Coli) e altri (n.c.) - T.A.R EMILIA - ROMAGNA, Parma - 9 luglio 2004, n. 405

Caccia - Regione Emilia Romagna - Individuazione della superficie agro-silvo-pastorale - Competenza - Regione - Criteri di calcolo - Indici ISTAT - Provincia - Non può determinare la superficie, né basarsi su criteri di calcolo diversi. L’individuazione della superficie agro - silvo - pastorale di ogni provincia (sulla base del quale calcolare gli indici di densità venatoria) e degli elementi (dati ISTAT) che devono essere presi a base per il suddetto calcolo, sono di esclusiva competenza del Consiglio Regionale, ex art. 5 della L.R. n. 8 del 1994, per cui l’Amministrazione Provinciale non può determinare tale superficie, né può basarsi su elementi diversi (nella specie, Carta Tecnica Regionale) da quelli specifici previsti dalla normativa regionale. Pres. Cicciò, Est. Giovannini - E.N.P.A. (Avv.ti Ognibene e Grisendi) c. Provincia di Reggio Emilia (Avv. Coli) e altri (n.c.) - T.A.R EMILIA - ROMAGNA, Parma - 9 luglio 2004, n. 405

Caccia - Piano faunistico venatorio - Siti di importanza comunitaria - D.P.R. 357/1997 - Relazione sugli effetti del piano sui S.I.C. - Necessità - Mancanza della relazione - Illegittimità del piano. A norma del D.P.R. n. 357 del 1997, i proponenti i piani faunistici venatori d’importanza regionale o provinciale debbono presentare alle Regioni una relazione documentale per individuare e valutare i principali effetti che il piano stesso può avere sui siti di importanza comunitaria e di protezione speciale. In mancanza di detta relazione, il Piano Faunistico è illegittimo. Pres. Cicciò, Est. Giovannini - E.N.P.A. (Avv.ti Ognibene e Grisendi) c. Provincia di Reggio Emilia (Avv. Coli) e altri (n.c.) - T.A.R EMILIA - ROMAGNA, Parma - 9 luglio 2004, n. 405

Caccia - Art. 98, c. 2, L. R. Sardegna n. 23/98 - Sospensione transitoria del rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio della caccia per i non residenti - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 98, comma 2, della legge della Regione Sardegna 29 luglio 1998, n. 23 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna), sollevata in riferimento agli articoli 3 e 120, primo comma, della Costituzione. La sospensione del rinnovo delle autorizzazioni all’esercizio della caccia per i non residenti, anche in ragione della transitorietà, trova la propria ratio nel principio del collegamento del cacciatore con il territorio - principio affermato dalla legislazione statale (art. 14, comma 5, della legge n. 157 del 1992) - e può pertanto considerarsi frutto di una scelta discrezionale del legislatore regionale che non trasmoda in manifesta irrazionalità. Pres. ZAGREBELSKY, Red. CONTRI - CORTE COSTITUZIONALE, 9 luglio 2004 (dec. 7 luglio 2004), Sentenza n. 220

Caccia - Istituzione di azienda faunistico-venatoria - Comprensorio Alpino o Ambito Territoriale di Caccia - Diritto di partecipare al procedimento - Sussistenza - Presentazione di osservazioni - Mancata considerazione - Illegittimità del provvedimento regionale di concessione. L’istituzione di una nuova azienda faunistico-venatoria nell’ambito territoriale gestito ai fini venatori da un Comprensorio Alpino (o, in pianura, da un Ambito Territoriale di Caccia) determina una riduzione del territorio venabile di competenza; ciò comporta l’inclusione di tali soggetti tra coloro nei cui confronti il provvedimento istitutivo della nuova azienda è destinato a spiegare effetti; tale circostanza, oltre ad attribuire a detti organismi il diritto a partecipare al procedimento, obbliga l’Amministrazione procedente a tenere conto delle osservazioni da essi eventualmente introdotte nel procedimento stesso; la mancata considerazione di tali osservazioni comporta l’illegittimità della determina regionale di concessione di azienda faunistico-venatoria. Presidente Gomez de Ayala, Est. Peruggia - Comitato di gestione del comprensorio alpino to 2 “Alta Valle Susa”, Consiglio Regionale della Federazione Italiana Caccia - Regione Piemonte e Associazione Libera Cacca - Regione Piemonte (Avv. Scaparone) c. Regione Piemonte (Avv. Magliona) e Provincia di Cuneo (n.c.) T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 7 luglio 2004, n. 1247

Caccia - Comitato Faunistico Provinciale - Approvazione delle prescrizioni tecniche - Inclusione di specie cacciabili diverse e periodi venatori più ampi rispetto alle previsioni della l. 157/1992 - Illegittimità. E’ illegittima, anche a seguito della Sent. Corte Cost. 227/2003, la deliberazione del Comitato Faunistico Provinciale di approvazione delle prescrizioni tecniche per l’esercizio della caccia, nella parte in cui include specie cacciabili diverse da quelle previste dall’art. 18 della legge 157/1992 (fattispecie: gallo cedrone) ed estende, per le specie di cui al comma 1 lett. c) (fattispecie: pernice bianca, fagiano di monte e coturnice), il periodo venatorio oltre i limiti temporali della stessa legge. Pres. Numerico, Est. La Guardia - E.P.P.A.A. (Avv. Devigili) c. Provincia Autonoma di Trento (Avv.ti Pedrazzoli, Spinelli e Falferi) e altri (n.c.) - T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento - 2 luglio 2004, n. 247

Caccia - Attività venatoria - Esercizio della caccia in periodo consentito - Uccisione di esemplare escluso - Reato di caccia in periodo non consentito - Configurabilità - Fondamento. In tema di attività venatoria, si configura il reato di esercizio della caccia in periodo di divieto previsto dall'art. 30, comma primo lett. a), della legge 11 febbraio 1992 n. 157, anche nel caso in cui, pur essendo aperta la caccia in via generale, venga abbattuto un esemplare per il quale lo specifico esercizio venatorio non sia consentito ex art. 18 della citata legge n. 157. Pres. Zumbo A. Est. Gentile M. Imp. Filippi. P.M. Iacoviello F. (Conf.) - (Rigetta, Trib. L'Aquila, 18 febbraio 2002). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 18/06/2004 (Ud. 14/05/2004) Sentenza n. 27485

Caccia - Esercizio della caccia con mezzi vietati - Uso di richiami acustici - Sequestro probatorio esteso alle armi - Legittimità. E’ legittimo il sequestro probatorio quale corpo del reato, dei richiami acustici a funzionamento elettromagnetico con amplificazione del suono insieme ai fucili, atteso che la caccia viene esercitata non soltanto con l’uso del richiamo ma anche con l’arma occorrente ad abbattere gli uccelli attratti dal suddetto richiamo ex art. 30, comma 1 let. h), della legge 11 febbraio 1992, n. 157. CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. III, 15 giugno 2004 (ud. 22 aprile 2004), Sentenza n. 268837

Caccia - Esercizio - Limitazione all'esercizio - Atteggiamento venatorio - Divieto di sparare da autoveicoli, natanti e aeromobili - Contravvenzione - Attività di caccia - Nozione. Integra la contravvenzione prevista dall'art. 30 comma primo, lett. i) della legge 11 febbraio 1992, n. 157 - che punisce chi esercita la caccia sparando da autoveicoli, natanti a motore o aeromobili - non chi utilizza il mezzo di trasporto per lo spostamento nei luoghi di esercizio venatorio o per il recupero della preda, ma colui il quale, come nel caso di specie, compie dal natante l'atto tipico della caccia, rappresentato dallo sparo contro la selvaggina, in ciò agevolato dal mezzo di trasporto, sia per l'appostamento, sia per il raggiungimento della preda anche in zone impervie, essendo irrilevante l'uccisione di animali, in quanto l'abbattimento e l'impossessamento di specie cacciabili non costituiscono elementi costitutivi della fattispecie. Pres. Savignano G. Est. Squassoni C. Imputato: Bordiga. P.M. Meloni VD. (Conf.) (Rigetta, Trib.Sal, 19 settembre 2001). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III del 14 maggio 2004 (Ud. 17/03/2004), Sentenza n. 22785 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Pesca marittima - Datteri di mare - Pesca, detenzione, trasporto o commercio non autorizzati - Reato - Configurabilità - Sussistenza. La pesca, la detenzione, il trasporto o il commercio dei datteri di mare (di cui è vietata la cattura senza la preventiva autorizzazione del Ministro delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, in forza del Regol. Cons. C.E. n. 1626/1994 e del D.M. 16 ottobre 1998) integrano il reato contravvenzionale di cui alla lettera c) dell'art. 15, comma primo, legge 963 del 1965, e non l'ipotesi di illecito amministrativo prevista dalla lett. a) della medesima disposizione (pesca in zona e tempi variati). CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite, 11.5.2004, Sentenza n. 22645

Pesca - Esercizio della pesca - Datteri di mare - Pesca, detenzione, trasporto, commercio - Reato di cui agli artt. 15, c. 1, lett. c) e 2 L. n. 963/1965 - Sussiste. In tema di esercizio della pesca, l’esercizio della pesca, la detenzione, il trasporto o il commercio dei datteri di mare, senza la preventiva autorizzazione ministeriale non costituiscono ipotesi di illecito amministrativo, ex artt. 15, c. 1, lett. a), e 26 L. n. 963 del 1965, (pesca in zona e tempi vietati), ma integrano l'ipotesi di reato prevista dagli artt. 15, c. 1, lett. c) e 2 della stessa legge, il cui combinato disposto costituisce una norma penale in bianco. - Pres. MARVULLI - Est. GRASSI - Kokoshi. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezioni Unite 11 Maggio 2004 (Ud. 28 aprile 2004), Sentenza n. 22645

Caccia - Aree protette - Parco - Piano di controllo faunistico del cinghiale - Previsione di cattura non selettiva - Violazione delle finalità di protezione delle aree protette - L. 349/91 - Preliminare monitoraggio - Necessità - Rispondenza tra il numero dei capi da abbattere e i danni da questi cagionati - Necessità. E’ illegittimo il piano di controllo faunistico del cinghiale approvato dall’Ente Parco di Portofino in quanto dà luogo ad una cattura di capi in termini tutt’altro che selettivi, la cui estensione e le cui modalità appaiono incompatibili con le finalità di protezione delle aree protette di cui alla l. 394\91 e alla l.r. Liguria 12\95. La violazione di tali finalità emerge dalle modalità di abbattimento indiscriminato collegato alla cattura, dall’assenza di un’adeguata rispondenza tra il numero dei capi di cui è previsto l’abbattimento e le denunce dei danni causati dagli animali e dall’assenza di un preliminare monitoraggio, necessario al fine di riconoscere alla successiva determinazione il carattere della selettività. Pres. Vivenzio, Est. Ponte - EN.P.A. Camogli, Legambiente Circ. Tigullio Verde, V.A.S. (Avv. Granara) c. Ente Parco di Portofino (Avv. Mottola) - T.A.R. LIGURIA, Genova, Sez. I - 9 maggio 2004, n. 833 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico - Direttiva 79/409/CEE - Mezzi, impianti e metodi di cattura o uccisione autorizzati - Deroga - Limiti. La direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico, detta negli artt. 5, 6, 7 e 8 prescrizioni rigorose e puntuali in materia di prelievo venatorio. All'art. 9 stabilisce che gli Stati membri possono derogare a tali disposizioni per le seguenti ragioni: a) nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica, nell'interesse della sicurezza aerea, per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque, per la protezione della flora e della fauna; b) ai fini della ricerca e dell'insegnamento, del ripopolamento e della riproduzione nonché per l'allevamento connesso a tali operazioni; c) per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità. Lo stesso art. 9, al secondo paragrafo, stabilisce che le deroghe devono menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di cattura o uccisione autorizzati, le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse devono essere fatte, l'autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono realizzate e a decidere quali mezzi, impianti e metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone, nonché i controlli che saranno effettuati. Dopo aver imposto agli Stati membri l'invio alla Commissione di una relazione annuale sull'applicazione delle deroghe (paragrafo 3), l'art. 9 attribuisce alla medesima Commissione il compito di vigilare costantemente affinché le conseguenze delle deroghe non si rivelino incompatibili con i beni tutelati dalla direttiva. Pres. ZAGREBELSKY - Red. MEZZANOTTE - Regione Lombardia (avv. Caravita) c. (GIP) del Tribunale di Cremona. CORTE COSTITUZIONALE - 28/04/2004, (Ud. 26.04.2004), Sentenza n.129 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Protezione della fauna selvatica e prelievo venatorio - Conservazione delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico - Direttiva 79/409/CEE - Art. 2 L. R. Lombardia, n. 18/2002 - Soggetti abilitati - Deroga - Limiti - Ambiti territoriali di caccia (ATC) - Istituto nazionale della fauna selvatica - Contrasti della legge regionale con la legge nazionale o con la direttiva comunitaria - Annullamento in sede governativa - legittimità. La Regione Lombardia, con l'art. 2 della legge regionale n. 18 del 2002, ha dato attuazione al regime di deroga previsto nella direttiva, autorizzando il prelievo venatorio di alcune specie: talune ai sensi della lettera a), ed altre ai sensi della lettera c), del citato art. 9. Successivamente il legislatore statale, con l'art. 1 della legge 3 ottobre 2002, n. 221, recante “Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell'art. 9 della direttiva 79/409/CEE”, ha introdotto l'art. 19-bis nella legge n. 157 del 1992, il quale stabilisce, al primo comma, che le Regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe di cui alla direttiva sopra menzionata, conformandosi alle prescrizioni e alle finalità previste in questa, nonché a quelle indicate di seguito nella medesima legge. I commi successivi ricalcano la disciplina comunitaria delle deroghe con alcune precisazioni: i soggetti abilitati al prelievo devono essere individuati dalle Regioni d'intesa con gli ambiti territoriali di caccia (ATC) ed i comprensori alpini; le deroghe devono essere applicate sentito l'Istituto nazionale della fauna selvatica o altri istituti riconosciuti a livello regionale e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione. Dei provvedimenti adottati dalle Regioni e contrastanti con la legge nazionale o con la direttiva comunitaria può essere disposto l'annullamento in sede governativa. Pres. ZAGREBELSKY - Red. MEZZANOTTE - Regione Lombardia (avv. Caravita) c. (GIP) del Tribunale di Cremona. CORTE COSTITUZIONALE - 28/04/2004, (Ud. 26.04.2004), Sentenza n.129 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Protezione della fauna selvatica e prelievo venatorio - Riforma del Titolo V della Costituzione - Competenza dello Stato ad introdurre deroghe alla comune disciplina delle specie cacciabili - Legislazione esclusiva statale sulla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - Legge regionale illegittima - Non disapplicabilità da parte del giudice comune e sindacabilità dalla sola Corte costituzionale. Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, quel nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica che giustificherebbe una disciplina di livello nazionale sarebbe ascrivibile, ad avviso dell'ordinanza impugnata, all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che riserva alla legislazione esclusiva statale la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Giunto a tal punto, l'atto che ha dato origine al conflitto, anziché concludere nel senso della illegittimità costituzionale della legge regionale, fonte assunta come incompetente, nega ad essa il valore suo proprio, inteso questo nel suo significato tradizionale di non disapplicabilità da parte del giudice comune e sindacabilità dalla sola Corte costituzionale. Proprio restando coerente con il suo itinerario logico, che procede dalla premessa della sussistenza della esclusiva competenza dello Stato ad introdurre deroghe alla comune disciplina delle specie cacciabili, (nella specie, il GIP di Cremona non avrebbe potuto esimersi dal rimettere gli atti alla Corte, alla quale soltanto spetta giudicare in ordine all'eventuale vizio di incompetenza della legge regionale). Pres. ZAGREBELSKY - Red. MEZZANOTTE - Regione Lombardia (avv. Caravita) c. (GIP) del Tribunale di Cremona. CORTE COSTITUZIONALE - 28/04/2004, (Ud. 26.04.2004), Sentenza n.129 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Fauna selvatica e prelievo venatorio - Disapplicazione della legge regionale da parte del giudice in contrasto con l’art. 9 della Direttiva 79/409/CEE - Denuncia di una incompatibilità - Sviluppo argomentativo - Necessità.
L’efficacia diretta dell'art. 9 della direttiva 79/409/CEE, che, se dimostrata, rende plausibile la disapplicazione della legge regionale, al pari, del resto, di qualsiasi atto legislativo nazionale contrastante con norme di diritto comunitario compiute e immediatamente applicabili dal giudice interno (secondo la giurisprudenza costituzionale inaugurata dalla sentenza n. 170 del 1984). Nella specie, si afferma dapprima che la direttiva comunitaria, “per il suo contenuto incondizionato e sufficientemente preciso in riferimento ai divieti di cui agli artt. 5, 6, 7, 8”, deve “ritenersi direttamente efficace o applicabile da parte del giudice nazionale, senza la necessità di uno specifico provvedimento di attuazione”, e con ciò, quanto alle nozioni generali, ci si attiene al costante insegnamento della giurisprudenza della Corte di giustizia CE, secondo il quale una direttiva può dirsi incondizionata quando le relative disposizioni possono essere applicate senza bisogno di alcuna misura attuativa da parte degli Stati membri. Subito dopo però, affrontando specificamente il tema delle deroghe consentite in sede comunitaria, l'ordinanza prosegue denunciando il contrasto fra la legge regionale n. 18 del 2002 e l'art. 9 della direttiva, così come attuato dall'art. 1 della legge statale n. 221 del 2002, e ritiene di risolverlo con la disapplicazione della fonte regionale; ma in questo modo il GIP di Cremona non risolve affatto la questione del valore della parte della direttiva concernente la deroga. Infatti fa propria, riguardo all'art. 9, una nozione di autoapplicatività opposta rispetto a quella enunciata poco prima a proposito degli artt. da 5 a 8, mostrando di attribuire tale carattere, in contrasto con la stessa giurisprudenza comunitaria richiamata nell'ordinanza, anche a disposizioni di direttive attuate da una legge nazionale, senza chiarire come sia possibile far convivere una attuazione con legge e insieme una autoapplicatività che presuppone l'assenza di ogni ulteriore misura attuativa da parte dello Stato. Le incertezze riscontrabili in ordine al profilo della efficacia diretta dell'art. 9, che il giudice non dimostra e nemmeno afferma, e la denuncia di una incompatibilità che non si risolve unicamente nel rapporto tra la direttiva e la legge regionale, ma richiede la necessaria intermediazione legislativa statale, confermano che tale sviluppo argomentativo ha carattere meramente servente rispetto alla effettiva ratio decidendi, che consiste nel denunciato vizio di incompetenza della legge regionale. La disapplicazione operata su tale premessa è pertanto illegittima e menoma le attribuzioni costituzionali della Regione Lombardia. Pres. ZAGREBELSKY - Red. MEZZANOTTE - Regione Lombardia (avv. Caravita) c. (GIP) del Tribunale di Cremona. CORTE COSTITUZIONALE - 28/04/2004, (Ud. 26.04.2004), Sentenza n.129 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia e pesca - Pesca detenzione e il commercio dei "datteri di mare" - artt. 15 lett. c) e 24 L. n. 963/1965 - Contravvenzione - Sussiste. La pesca, la detenzione e il commercio dei "datteri di mare" integrano la contravvenzione prevista dagli artt. 15 lett. c) e 24 della legge 14 luglio 1965 n. 963. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite, Udienza del 28 aprile 2004, (R.G. 6762/03)

 

Caccia e pesca - Caccia - Uccellagione - Caccia con mezzi vietati ed uccellagione - Diversità - Individuazione - Conseguente differente trattamento sanzionatorio. In tema di caccia, la linea di demarcazione fra caccia con mezzi vietati ed uccellagione è data dal mezzo usato, atteso che con la fattispecie di cui all'art. 30, comma primo lett e), della legge 11 febbraio 1992 n. 157 (relativa all'uccellagione) il legislatore ha inteso punire i sistemi di cattura che comportano sofferenza per i volatili e possono determinare un depauperamento della fauna indipendentemente dall'abbattimento o meno degli animali, diversamente l'ipotesi di cui alla lett. h) dello stesso articolo 30 si riferisce allo abbattimento ed alla cattura di volatili effettuata con mezzi diversi da quelli previsti dall'art. 13 della stessa legge. Pres. Zumbo - Est. Squassoni - Imputato Marrucci - Pm Iacoviello F. (Parz. Diff.) (Rigetta, Trib. Pontedera, 4 maggio 2001). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III del 27 aprile 2004 (Ud. 16 marzo 2004) Rv. 228459 sentenza n. 19506 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Uccellagione - Attività venatoria - Esercizio - Mezzi di abbattimento e cattura illegale - Art. 13, L. 157/1992 - Art. 30 c. 1 lett. h) L. 157/1992, e lett. e). L'attività venatoria consentita e legale è solo quella diretta "all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impegno dei mezzi di cui all'art. 13 della L. 157/1992 (fucili con canna liscia o rigata con le limitazioni e specificazioni previste nello stesso articolo); per esclusione, deve intendersi attività venatoria illegale quella, sempre diretta all'abbattimento o alla cattura, ma effettuata mediante mezzi diversi dai ricordati. Tale condotta è sanzionata con la sola pena pecuniaria dall'art. 30 c. 1 lett. h) L. 157/1992, mentre la lett. e) dello stesso articolo punisce con arresto ed ammenda chi "esercita l'uccellagione". Pres. Zumbo - Est. Squassoni - Imputato Marrucci - Pm Iacoviello F. (Parz. Diff.) (Rigetta, Trib. Pontedera, 4 maggio 2001). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III del 27 aprile 2004 (Ud. 16 marzo 2004), sentenza n. 19506 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Porto di fucile per l'esercizio venatorio o il tiro a volo - Uso dell'arma per fini diversi - Reato di porto abusivo - Esclusione - Rilevanza su piano dell'illiceità amministrativa - Sussistenza - Fattispecie. L'autorizzazione al porto di fucile rilasciata per l'esercizio venatorio o per lo sport del tiro a volo rende legittimo il porto di detta arma, nonostante quest'ultima venga usata per fini diversi, anche se illeciti, ferma restando la sanzionabilità in via amministrativa dell'eventuale abuso accertato, cui possono conseguire provvedimenti sospensivi o ablativi dell'autorizzazione. In specie il fucile era stato utilizzato per minacciare una persona. (Contra: Cass. Sez. V, 15/04/1993, Iachino, Cass. Sez. I, 29/01/1990. Valtriani). Pres. SOSSI - Rel. FABBRI - P.M. CESQUI (concl. diff.) - Pardini. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. I 8 aprile 2004 (Ud.26 marzo 2004), n. 16790

 

Caccia - Regolamento provinciale di attuazione di deliberazione di giunta regionale - Coordinamento vigilanza volontaria in materia venatoria - Mancata impugnazione della delibera regionale - Inammissbilità del ricorso. Devono ritenersi inammissibili le censure contro un regolamento con cui la provincia abbia dettato norme per l’attuazione la deliberazione della giunta regionale in materia di coordinamento della vigilanza volontaria in campo venatorio, quando non sia stata tempestivamente impugnata la deliberazione regionale, atto presupposto. Pres. Gomez de Ayala, Est. Peruggia - Lega per l’Abolizione della Caccia (Avv. Fenoglio) c. Provincia di Vercelli (Avv. Rosci) e Regione Piemonte (Avv. Magliona) - T.A.R. PIEMONTE, Torino, Sez. I - 10 marzo 2004, n. 397

 

Caccia - Lega per l’abolizione della caccia - Regolamento adottato da un ente locale, riguardante la disciplina del volontariato in materia di caccia - Legittimazione a ricorrere - Sussistenza. La lega per l’abolizione per la caccia è un ente di diritto privato, che si propone statutariamente su basi di solidarietà sociale l’abolizione della caccia, la difesa della fauna, il riconoscimento dei diritti soggettivi degli animali, la conservazione ed il ripristino dell’ambiente; su tali presupposti essa è stata accreditata dal ministero dell’ambiente come associazione ambientalista, e risulta essere attiva nella preparazione ed inquadramento dei volontari per la vigilanza venatoria. Ne consegue che l’associazione è titolare della legittimazione e dell’interesse a proporre l’impugnazione nei confronti di un regolamento adottato da un ente locale, riguardante la disciplina del volontariato in materia di caccia. Pres. Gomez de Ayala, Est. Peruggia - Lega per l’Abolizione della Caccia (Avv. Fenoglio) c. Provincia di Vercelli (Avv. Rosci) e Regione Piemonte (Avv. Magliona) - T.A.R. PIEMONTE, Torino, Sez. I - 10 marzo 2004, n. 397

 

Pesca - Utilizzazione per la pesca di una "draga vibrante" in zone vietate - Reato di danneggiamento - Sussiste. Integra gli estremi del reato di danneggiamento l'utilizzazione di una attrezzatura, nella specie "draga vibrante", in maniera difforme da quella prevista nell'autorizzazione rilasciata dall'Autorità competente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto la sussistenza del reato di danneggiamento nell'utilizzazione per la pesca di una "draga vibrante" al di fuori delle zone consentite, diverse da quelle di basso fondale ove invece è stata impiegata). CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. II, 25 febbraio 2004, Sentenza n. 9556

 

Caccia - Attività venatoria - Accesso in un ambito territoriale di caccia diverso da quello di residenza - Principio di esclusività - Opzione caccia vagante in "zona Alpi” - Esclusione esercizio venatorio in un ambito territoriale di caccia - Artt. 12, e14 cc. 5 l. n. 157/92; Art. 35, c.1, l. reg. Lombardia n. 26/93. L’ottenimento dell'accesso in un ambito territoriale di caccia diverso da quello di residenza, ex art. 14, comma 5, legge n. 157 del 1992, va coordinato con il principio di esclusività stabilito dall'art. 12, comma 5, di detta legge e dall'art. 35, comma 1, legge regione Lombardia n. 26 del 1993, e quindi deve escludersi che il cacciatore il quale abbia optato per l'esercizio della caccia vagante in "zona Alpi", possa praticare l'esercizio venatorio anche in un ambito territoriale di caccia. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 25 febbraio 2004, (Cc. 20.10.2003) Sentenza n. 3748 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Legittimità giuridica degli atti - Principi e disposizioni vigenti - Verifica e applicabilità - Fattispecie: Classificazione di un intero territorio come "zona Alpi" - Legittimità. La legittimità degli atti giuridici va accertata sulla base dei principi e delle disposizioni vigenti al tempo della loro formazione, salvo che le norme successivamente emanate abbiano efficacia retroattiva. In specie, in materia di disciplina della caccia, la delibera del 21 luglio 1977, con la quale il Consiglio regionale della Lombardia, allo scopo di rafforzare la tutela della tipica fauna alpina, ha classificato l'intero territorio della provincia di Sondrio come "zona Alpi" non può ritenersi viziata da invalidità sopravvenuta, per il fatto che le norme successivamente emanate hanno attribuito alla Giunta regionale il potere di delimitare detta zona, introducendo criteri più restrittivi per la sua identificazione. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 25 febbraio 2004, (Cc. 20.10.2003) Sentenza n. 3748 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Esercizio dell'attività venatoria - Atto di opzione ex art. 12 e 14, legge n. 157/1992 - Leggi regionali - Natura non contrattuale - Inapplicabilità art. 1362, c.c. - Inapplicabilità criterio ermeneutico. L'atto di opzione di cui all’art. 12 e 14, legge n. 157 del 1992 e dalle norme regionali che a tale disposizione si richiamano (in specie, art. 35, legge reg. 26/93) per l’esercizio di una delle forme di caccia previste da dette norme non ha natura contrattuale e, quindi, ad esso non è applicabile l'art. 1362, c.c., che concerne l'interpretazione dei contratti, trattandosi, d'altro canto, di atto soggetto ad obblighi di forma, risulta inapplicabile agli atti formali (Cass. 4 giugno 2002, n. 8080; 2 giugno 2000, n. 7416, 21 giugno 1999, n. 6214) il criterio ermeneutico, in quanto nell'identificazione della volontà della parte può tenersi conto della condotta successiva alla formazione dell'atto. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 25 febbraio 2004, (Cc. 20.10.2003) Sentenza n. 3748 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pesca - Fermo biologico della pesca - Requisiti soggettivi - Disciplina Regione Sardegna - Materia riservata. La L.R. 22 luglio 1991 n. 25, Regione Sardegna disciplina la concessione del premio a seguito di fermo biologico della pesca, materia riservata alla Regione. Sicché, ai fini della concessione dei «premi di arresto temporaneo», capoverso dell'art. 1, devono sussistere cumulativamente tre requisiti soggettivi: a) residenza o sede legale del soggetto richiedente da almeno tre anni nella regione; b) svolgimento nella regione della prevalente attività di pesca; c) iscrizione nei compartimenti marittimi della Sardegna dei pescherecci con i quali l'attività è esercitata. Pres. SCHINAIA - Est. SANTORO - Salvini (avv.ti Faa e Labriola) c. Regione autonoma Sardegna (avv.ti Campus e Trincas) - (conferma T.A.R. della Sardegna n. 886 del 12 ottobre 2000). CONSIGLIO DI STATO sez. VI 28 gennaio 2004 (c.c. 7 novembre 2003), Sentenza n. 258

 

Caccia - Distinzione giuridica tra fauna selvatica e fauna domestica - Fauna selvatica - Nozione - Nocività dell'animale - Irrilevanza - Art. 2 L. n.157/1992 - Fauna domestica - Nozione - Fattispecie. Per la definizione della fauna selvatica non è rilevante la nocività dell'animale. È noto anzi che alcune specie protette della fauna selvatica sono nocive: si pensi al cinghiale, che reca gravi danni alle colture. L'unico elemento giuridicamente rilevante è dato dallo stato di libertà naturale, atteso che secondo l'art. 2 della legge 11.2.1992 n. 157 fanno parte della fauna selvatica, oggetto di tutela della legge, "le specie di mammiferi e uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di libertà naturale nel territorio nazionale". Sotto il profilo giuridico lo stato di libertà naturale coincide con una condizione di vita indipendente dall'uomo per quanto attiene alla riproduzione, alla alimentazione e al ricovero. La fauna diventa domestica solo quando la sua condizione di vita è interamente governata dall'uomo in ordine ai profili riproduttivi, alimentari e abitativi. Sotto questo aspetto non può dirsi che il piccione torraiolo appartenga a una specie animale domestica, giacché - pur vivendo prevalentemente in città - si riproduce, si alimenta e si ricovera in modo autonomo, indipendente dall'intervento umano (neppure per i piccioni di Piazza S. Marco a Venezia l'alimentazione è totalmente dipendente dal mangime offerto dai turisti, e comunque questa tradizionale abitudine non li consegna al completo controllo dell'uomo). Ne deriva che la distinzione giuridica tra fauna selvatica e fauna domestica non coincide con la classificazione in uso nella scienza zoologica, che tendenzialmente assegna alla fauna selvatica solo la specie Columbia livia. Al contrario, secondo la nozione positiva adottata dal legislatore, anche il colombo o piccione torraiolo va incluso tra gli animali selvatici, in quanto "vive in stato di libertà naturale nel territorio nazionale", mentre appartengono alle specie domestiche o addomesticate il piccione viaggiatore e quello allevato per motivi alimentari o sportivi. (Conforme Cass. Sezioni Unite sentenza n. 25 del 28.12.1994, Bettolini, rv. 199390). Pres: De Maio G. Est: Onorato P. Imputato: Pizzi. P.M. Passacantando G. (Conf.) CORTE DI CASSAZIONE Sez.III Penale, del 26 gennaio 2004 (Ud. 25/11/2003), Sentenza n. 2598 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Attività venatoria - Colombo o piccione torraiolo - Animali selvatici. In tema di attività venatoria, il colombo o piccione torraiolo va incluso tra gli animali selvatici in quanto vive in stato di libertà naturale nel territorio nazionale, sicché ne è vietata la caccia o la cattura. Pres: De Maio G. Est: Onorato P. Imputato: Pizzi. P.M. Passacantando G. (Conf.) CORTE DI CASSAZIONE Sez.III Penale, del 26 gennaio 2004 (Ud. 25/11/2003) Rv. 228555 Sentenza n. 2598  (vedi: sentenza per esteso)

 

Pesca - D.M. 23 maggio 1997 - Spadare - Indennità di riconversione - Peschereccio non abilitato all’esercizio della pesca con reti da posta derivante - Reiezione dell’istanza di indennità - Legittimità. La corresponsione delle indennità di riconversione e di attesa previste dal D. M. 23 maggio 1997 per gli armatori delle unità abilitate alla pesca con reti da posta derivante (“spadare”) è assentibile soltanto in presenza di un soggetto autorizzato all’esercizio di tale attività ed intenzionato a dismetterla. La mancata abilitazione di un peschereccio all’esercizio dell’attività di pesca con rete da posta derivante, è pertanto valida ragione per la reiezione dell’istanza intesa ad ottenere dette indennità. Pres. Fedullo, Est. Gaudieri - Grasso (Avv.ti Generoso e Bove) c. Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, Ministero dei Trasporti e della Navigazione e Capitaneria di Porto di Salerno (Avv. Stato) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 20 gennaio 2004, n. 46

 

Caccia - Abbattimento dei colombi con le modalità proprie della disciplina sulla caccia - Ordinanza contingibile e urgente - Tutela della salute pubblica - Omessa motivazione in ordine all’urgenza, all’indifferibilità e al nesso causale tra la presenza dei colombi e il pericolo per la salute - Illegittimità. E’ illegittima l’ordinanza contingibile ed urgente con la quale il sindaco, sulla scorta del combinato disposto dagli artt. 32 legge n. 833/78 e 54 legge n. 267/2000, consenta l’abbattimento dei colombi tramite armi da fuoco e con le modalità proprie della disciplina sulla caccia, qualora venga omessa ogni motivazione inerente all’urgenza ed all’indifferibilità del fenomeno che si vuol contrastare, la cui estrinsecazione è necessaria al fine di giustificare l’uso di tale eccezionale potere e qualora non risulti fondata su alcun approfondimento del nesso causale tra la presenza dei colombi e il pericolo per la salute. La previsione dell’abbattimento “nel territorio comunale, ma al di fuori del centro abitato” risulta inoltre incongrua e illogica sia che il termine centro abitato venga inteso in senso tecnico (l’utilizzo delle armi da fuoco in periferia comporterebbe infatti un grave pericolo per l’incolumità pubblica), sia in senso atecnico (in questo caso sarebbe vanificato lo scopo dell’ordinanza, posto che i colombi si insediano proprio in prossimità degli edifici). Pres. Zuballi - Ministeri delle Politiche Agricole, dell’Ambiente e del Territorio, dell’Interno (Avv. Stato) c. Comune di Due Carrare (n.c.) e altro (n.c.) - T.A.R. VENETO, Venezia, Sez. III - 14 gennaio 2004, n. 54

 

Caccia - Piano faunistico venatorio provinciale - Carenza di motivazioni - Illegittimità - Sussistenza. La generica affermazione contenuta in un piano faunistico venatorio provinciale, “che il flusso migratorio tende a disperdersi su un fronte di grande ampiezza a causa della quota relativamente bassa delle linee di cresta” e la mancata coerenza con quanto affermato in linea di principio nello studio, lo rende viziato. Pres. AROSIO - Est. PUPILELLA - Ass. WWF, Italia Nostra e LIPU (avv. Granara) c. Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e Pellerano). TAR LIGURIA, Sez. II - 06 dicembre 2003, Sentenza n. 1629 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Piano faunistico venatorio provinciale - Computo delle aree in cui la caccia è vietata. Nelle percentuali di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica vanno computate quelle aree in cui la caccia è vietata per ragioni prettamente ambientali (centri urbani, fasce di rispetto stradali o ferroviarie)” (TAR Liguria Sez. II 22\11\2002 n.1124); più in generale la caccia va esclusa per tutte le aree antropizzate che ne rendono pericoloso l’esercizio essendo ormai destinate ad altri usi prevalenti ad opera della trasformazione del suolo. (Cfr. C. Cost. N.488\97 in relazione alla necessità di comprensori omogenei nei quali articolare la destinazione dell’uso venatorio o faunistico del territorio). Pres. AROSIO - Est. PUPILELLA - Ass. WWF, Italia Nostra e LIPU (avv. Granara) c. Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e Pellerano). TAR LIGURIA, Sez. II - 06 dicembre 2003, Sentenza n. 1629 (vedi: sentenza per esteso)


Caccia - Nelle zone riservate all’addestramento dei cani i volatili in stato di cattività conservano la qualità di fauna selvatica - Attività venatorie - sussiste. Anche nelle zone riservate all’addestramento dei cani i volatili in stato di cattività conservano la qualità di fauna selvatica e pertanto il loro abbattimento non può essere indiscriminato ma deve ricomprendersi nelle attività venatorie, con la conseguenza della illegittimità della estensione dei periodi di sparo rispetto al calendario venatorio relativo alla specie cacciata. (CdS VI 21\5\2002 n.717; Tar Liguria II 22\11\2002 n.1124). Pres. AROSIO - Est. PUPILELLA - Ass. WWF, Italia Nostra e LIPU (avv. Granara) c. Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e Pellerano). TAR LIGURIA, Sez. II - 06 dicembre 2003, Sentenza n. 1629 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Incendi - Aree percorse dal fuoco - Divieto di caccia per 10 anni - Sussiste - L. n. 353\2000 - mancanza di mappatura - Ininfluenza - P.F.V.P. - Illegittimo. E’ illegittima l’esclusione, dal piano faunistico venatorio provinciale (P.F.V.P.), delle aree percorse dal fuoco per mancanza di mappatura delle zone da sottrarre alla caccia per 10 anni ai sensi della legge 353\2000: in primo luogo perché l’intervento per lo spegnimento dell’incendio cui la provincia è parte fondamentale per le competenze attribuite le dalla legge fa sì che la stessa non possa non conoscere il territorio da sottrarre alla caccia perché danneggiato dal fuoco; in secondo luogo la indeterminatezza della previsione (in attesa della mappatura delle aree) oltre a denunciare il difetto di istruttoria e di motivazione del piano, lascia prive di destinazione le stesse cioè con un’assenza di regolamentazione voluta invece dal legislatore. Pres. AROSIO - Est. PUPILELLA - Ass. WWF, Italia Nostra e LIPU (avv. Granara) c. Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e Pellerano). TAR LIGURIA, Sez. II - 06 dicembre 2003, Sentenza n. 1629 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - P.F.V.P. - Mancanza di istruttoria - Riduzione della tutela a tre specie di rapaci - Illegittimità. La riduzione della tutela nei siti di nidificazione rocciosa a sole tre specie di rapaci, prevista nel piano faunistico venatorio provinciale è in contrasto, in mancanza d’istruttoria, con la individuazione delle stesse compiute dalla convenzione di Berna (all.2). Pres. AROSIO - Est. PUPILELLA - Ass. WWF, Italia Nostra e LIPU (avv. Granara) c. Provincia di Imperia (Avv.ti Romani e Pellerano). TAR LIGURIA, Sez. II - 06 dicembre 2003, Sentenza n. 1629 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia e pesca - Art. 727 C.p. - Maltrattamento animali - Lesione fisica all’animale - Non è necessaria. Per la configurabilità dell’articolo 727 C.p. non è richiesta la lesione fisica all’animale, essendo sufficiente una sofferenza, poiché la norma mira a tutelare gli animali quali esseri viventi capaci di percepire con dolore comportamenti non ispirati a simpatia, compassione ed umanità. (In specie, è stata determinante la dettagliata deposizione della persona offesa, la quale ha riferito di più calci all’animale, inferti volontariamente e senza alcuna necessità). Lo Sinno - CORTE DI CASSAZIONE Sez. III penale, 3 dicembre 2003, sentenza n. 46291

 

Caccia e pesca - Animali - Detenzione di specie protette (zanne di elefante) - Art. 1 L. n.150/92 - Convenzione di Washington - Certificazione dell’Autorità competente - Art. 8, Reg. Ce 338/1997. La detenzione di “zanne di elefante”, attualmente incluse nell’allegato A, Appendice I del regolamento Cee 338/1997 costituisce illecita detenzione di esemplari di specie protetta ed integra il reato ex articolo 1 150/92 (Cass. sez. III, 3088/99, imp. Morosini). Poiché le deroghe previste dalla Convenzione di Washington e dalla normativa comunitaria hanno carattere limitato ed eccezionale, non basta che gli interessi assumano che si tratti di esemplari lavorati acquisiti da oltre cinquanta anni, essendo necessaria al riguardo una certificazione dell’Autorità competente. Convince in tal senso la Convenzione di Washington: «quando un’autorità amministrativa dello Stato di esportazione o di riesportazione avrà verificato che uno specimen fu acquistato anteriormente alla data in cui entrarono in vigore le disposizioni della presente convenzione rispetto a detto specimen, le disposizioni degli articoli III, IV, V non si applicano a questo specimen, se la detta autorità emette un certificato a tale effetto». La Convenzione responsabilizza in modo formale gli Stati firmatari anche per il periodo anteriore alla sua entrata in vigore. Analogamente il Regolamento Ce 338/1997 (articolo 8) stabilisce che l’esenzione dai divieti può essere decisa solo dall’organo di gestione dello Stato membro e non genericamente ed arbitrariamente dallo stesso interessato. - Imp. Carlessi ed altro - CORTE DI CASSAZIONE Sez. III penale, 3 dicembre 2003, n. 46296 (vedi: sentenza per esteso)


Caccia e pesca - Animali - Detenzione di specie protette lavorati ed acquisiti da lungo tempo - Certificazione - Necessità. Anche gli esemplari di specie protetta lavorati ed acquisiti da lungo tempo devono essere certificati da una autorità pubblica, per essere ammessi alla libera detenzione e commercializzazione. Il giudice non è tenuto di ufficio a disporre una perizia, perché il sistema normativo impone agli interessati l’onere di acquisire la documentazione sulla regolarità del possesso, vigendo il principio del divieto generale di commercializzazione di specie protette al di fuori di un controllo rigido, incrociato e formale delle autorità competenti. (Nella specie, mancava la documentazione per la detenzione di “zanne di elefante”). - Imp. Carlessi ed altro - CORTE DI CASSAZIONE Sez. III penale, 3 dicembre 2003, n. 46296 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Tutela della fauna selvatica - Patrimonio indisponibile dello Stato - Regioni - Poteri di gestione, tutela e controllo - Province - Funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna - Animali selvatici - Danni provocati a persone o a cose - Responsabilità - Regione - L. 157/1992 - L. 140/1990 Art. 2043 c.c.. In tema di tutela della fauna selvatica, pur rientrando nel patrimonio indisponibile dello Stato, la disciplina contenuta nella legge n. 157 del 1992, attribuisce alle regioni a statuto ordinario l'emanazione di norme relative alla gestione e alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica e affida alle medesime i poteri di gestione, tutela e controllo, riservando alle province le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna a esse delegate ai sensi della legge n. 142 del 1990. Ne consegue che la regione, in quanto obbligata ad adottare tutte le misure idonee a evitare che la fauna selvatica arrechi danni a terzi, è responsabile ex articolo 2043 del Cc dei danni provocati da animali selvatici a persone o a cose, il cui risarcimento non sia previsto da norme specifiche. - Martinelli c. Provincia La Spezia. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III 04-11-2003, n. 16520

 

Caccia e pesca - Agricoltura - Azienda faunistico venatoria - Danno - Soggetto obbligato a risarcire - Nesso eziologico - Elementi costitutivi - Fattispecie: responsabilità dell’A.F.V. cagionati dai passeri alle coltivazioni di un privato. In tema di responsabilità oggettiva, il nesso eziologico tra il soggetto obbligato a risarcire il danno ed il danno stesso scaturisce da una fattispecie complessa, costituita, da un lato, dalla causazione del danno ricollegabile ad una cosa, ad un animale o ad una persona, dall’altro, da un rapporto giuridico (e/o eccezionalmente di mero fatto) tra detto soggetto obbligato e la cosa, l’animale o la persona. Fattispecie: responsabilità riconosciuta all’azienda faunistico venatoria competente per territorio per danni alle coltivazioni di un privato cagionati dai passeri. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. III, 29 ottobre 2003, Sentenza n. 16226

 

Caccia - Deroghe alla disciplina generale nazionale - L. n. 157/1992 - Deroghe regionali - Validita' temporanea - Presupposti - Condizioni contingenti relative all'equilibrio ambientale e faunistico - accertamento periodico - Fattispecie: cattura di fringillidi in numero superiore a cinque. In tema di esercizio della caccia, le eventuali deroghe alla disciplina generale nazionale, di cui alla legge 11 febbraio 1992 n. 157, stabilite con leggi regionali hanno portata ed efficacia temporanea, atteso che l'adozione delle deroghe e' subordinata ad una serie di condizioni contingenti relative all'equilibrio ambientale e faunistico da accertarsi di anno in anno. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto integrato il reato di cui all'art. 30 della legge n. 157 nella cattura di fringillidi in numero superiore a cinque non ritenendo applicabile a stagione venatoria diversa la delibera della giunta regionale Lombardia adottata in esecuzione della legge regionale lombarda n. 34 del 1997). PRES. Savignano G REL. Grillo C COD.PAR.358 IMP. Richiedei PM. (Parz. Diff.) Izzo G . CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 22/10/2003 (UD.11/07/2003) RV. 226583 Sentenza n. 39961

 

Caccia - Stagione venatoria - Proroga oltre i termini fissati dalla legge - Violazione dello standard di tutela uniforme valido per il territorio nazionale - Competenza esclusiva dello Stato - Illegittimità costituzionale - L. r. Campania n. 15/1999. La proroga della stagione venatoria oltre i termini fissati dalla legge statale equivale ad incidere sul nucleo minimo - comprensivo anche delle modalità della caccia - di salvaguardia della fauna selvatica, violando in questo modo uno standard di tutela uniforme valido per l'interno territorio nazionale e pertanto riservato alla competenza esclusiva dello Stato. E' pertanto fondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 49, 1 comma, lett. f), della L.R. 26 luglio 1999, n. 15, Regione Campania. CORTE COSTITUZIONALE, 15/10/2003, Sentenza n. 311

 

Pesca - Esercizio della pesca - Divieto di pesca imposto dai regolamenti, decreti, ordini legittimamente emanati dall'autorità amministrativa - Pesca in zone e tempi vietati - Attività diretta a catturare - Delitto tentato - Configurabilità - Sussiste. In tema di esercizio della pesca, la condotta vietata dall'art. 1 della legge n. 963 del 1965 (oggi parzialmente abrogato dai D.L.vi 2004, nn. 153 e 154) - è da considerare quella che rientra in zone e tempi vietati, nella nozione di pesca marittima e cioè attraverso ogni attività diretta a catturare esemplari di specie il cui ambiente abituale o naturale di vita siano le acque, indipendentemente dai mezzi adoperati e dal fine perseguito - comprende non soltanto l'azione materiale attraverso la quale si compie la cattura degli esemplari marini, ma anche quella preordinata a questo risultato, purché connotata dai requisiti dell'idoneità e dell'univocità, secondo quanto dispone l'art. 56 c.p. in tema di delitto tentato. Sicché, ai fini della configurazione degli illeciti amministrativi, l'attività riguardante la pesca è stata suddivisa - ai sensi dell'art. 7, comma 1, d.P.R. n. 1639 del 1968, in rapporto al fine perseguito - in tre classi, denominate "pesca sportiva", "pesca professionale" e "pesca scientifica", che non rilevano in relazione al generale divieto di pesca, stabilito dall'art. 15, comma 1, lett. a) della legge n. 963 del 1965, nel testo sostituito dall'art. 8 della legge n. 381 del 1988 ("secondo il quale è fatto divieto di pescare in zone e tempi vietati dai regolamenti, decreti, ordini legittimamente emanati dall'autorità amministrativa e detenere, trasportare e commerciare il prodotto di tale pesca, nonché pescare quantità superiori a quelle autorizzate per ciascuna specie, da regolamenti, decreti ed ordini legittimamente emanati dall'autorità amministrativa"), e sanzionato dall'art. 26, comma 1, della stessa legge. Tale divieto si riferisce anche all'attività di colui il quale eserciti la "pesca sportiva" in zone e tempi vietati dalla normazione secondaria o dai provvedimenti amministrativi, cui rimanda l'art. 15, comma 1, lett. a), per l'integrazione del precetto. In relazione allo svolgimento concreto di tale attività, è ben possibile l'applicazione, anche congiunta con questo, dell'altro divieto, stabilito dall'art. 17 della legge n. 963, il quale, nel rinviare al regolamento di cui al d.P.R. n. 1639 del 1968 per la disciplina della "pesca sportiva", autorizza la fonte secondaria a dettare una serie di regole particolari per il legittimo esercizio di tale classe di pesca, la cui violazione è autonomamente sanzionata dall'art. 26, comma 3, della legge citata (nel testo sostituito dall'art. 8 della legge n. 381 del 1988). Pres. SAGGIO - Est. DI PALMA - Ministero dei Trasporti (Avvocatura Generale Stato) c. Di Marco - P.M. MACCARONE CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 17 settembre 2003, Sentenza n. 13662

 

Pesca - Disciplina della pesca marittima - Divieto di pesca - Nozione di pesca - Esercizio della pesca sportiva - Attività esercitata a scopo ricreativo o agonistico - Pesca sportiva - Pesca professionale - Pesca scientifica - Tutela delle risorse biologiche e dell'attività di pesca - Disciplina - Normazione secondaria o dai provvedimenti amministrativi - Applicabilità - Fattispecie: esercizio di pesca sportiva "in zone e tempi vietati. La nozione di pesca contenuta all'art. 1 comma 2 della legge n. 963 del 1965 e s.m. (oggi parzialmente abrogato dai D.L.vi 2004, nn. 153 e 154) considera “pesca marittima ogni attività diretta a catturare esemplari di specie il cui ambiente abituale o naturale di vita siano le acque [comma 1: "acque rientranti nelle attribuzioni conferita dalle leggi vigenti al Ministero della Marina Mercantile e...mare libero"], indipendentemente dai mezzi adoperati e dal fine perseguito"), nonché dall'art. 17 della stessa legge ("Il regolamento [d.P.R. n. 1639 del 1968 e successiva modificazioni] stabilisce le norme da osservarsi nell'esercizio della pesca sportiva [artt. 137 - 144 del d.P.R. n. 1639 del 1968] e determina i casi nei quali è consentito l'uso di attrezzi non individuali"), la "pesca sportiva" (definita dall'art. 7 comma 4 del d.P.R. n. 1639 del 1968, nel testo sostituito dall'art. 1 del d.P.R. n. 219 del 1983, come "attività esercitata a scopo ricreativo o agonistico", relativamente alla quale "sono vietati, sotto qualsiasi forma, la vendita ed il commercio dei prodotti di tale tipo di pesca") costituisce, insieme alla "pesca professionale" ed alla "pesca scientifica", una delle tre "classi di pesca" in cui viene legislativamente suddivisa "l'attività di pesca...in rapporto al fine perseguito" (art. 7 comma 1 del d.P.R. n. 1639 del 1968). B) - l'art. 15 comma 1 lett. a) della legge n. 963 del 1965, testo sostituito dall'art. 5 della legge n. 381 del 1998, (che reca la rubrica: "Tutela delle risorse biologiche e dell'attività di pesca"), sanzionato dall'art. 26 comma 1 della stessa legge (nel testo sostituito dall'art. 8 della legge n. 381 del 1988) - nel disporre che, "al fine di tutelare la risorse biologiche delle acque marine ed assicurare il disciplinato esercizio della pesca, è fatto divieto di: a) pescare in zone e tempi vietati dai regolamenti, decreti, ordini legittimamente emanati dall'autorità amministrativa e detenere, trasportare e commerciare il prodotto di tale pesca, nonché pescare quantità superiori a quelle autorizzate, per ciascuna specie, da regolamenti, decreti ed ordini legittimamente emanati dall'autorità amministrativa" - per la latitudine delle condotte vietate che ivi vengono prefigurate (con la tecnica della norma precettiva c.d. "in bianco") e per il chiaro riferimento generale contenuto nella rubrica della disposizione ("tutela dell'attività di pesca") è certamente applicabile, in linea di principio, a qualsiasi attività di pesca, vale a dire ad una qualsiasi delle predette "classi di pesca", in cui essa viene legislativamente suddivisa; sicché, ad esempio, è sicuramente sanzionabile, ai sensi della disposizione in esame, la condotta di chi eserciti la pesca sportiva "in zone e tempi vietati" dalla normazione secondaria o dai provvedimenti amministrativi, cui rimanda l'art. 15 comma 1 lett. a) per l'integrazione del precetto. C). Pres. SAGGIO - Est. DI PALMA - Ministero dei Trasporti (Avvocatura Generale Stato) c. Marà - P.M. MACCARONE CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 17 settembre 2003, Sentenza n. 13661

 

Pesca - Esercizio di pesca sportiva - Violazione di diversi precetti autonomamente sanzionati - Applicabilità congiunta - Sussiste - L. n. 963/1965. L'art. 17 cit. della legge n. 963 del 1965 e s.m., il quale, nel rinviare al regolamento (d.P.R. n. 1639 del 1968) per la disciplina della pesca sportiva, autorizza la fonte secondaria a dettare una serie di regole particolari per il legittimo esercizio di tale "classe di pesca", la cui violazione è autonomamente sanzionata dall'art. 26 comma 3 della legge (nel testo sostituito dall'art. 8 della legge n. 381 del 1988); sicché, è ben possibile, in relazione alla concreta fattispecie, che le due diverse discipline, precettiva e sanzionatoria (combinato disposto degli artt. 15 comma 1 lett. a e 26 comma 1 della legge; combinato disposto del d.P.R. n. 1639 del 1968 e 26 comma 3 della legge), siano applicabili congiuntamente. - Pres. SAGGIO - Est. DI PALMA - Ministero dei Trasporti (Avvocatura Generale Stato) c. Marà - P.M. MACCARONE. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 17 settembre 2003, Sentenza n. 13661
 

Caccia e pesca - licenza per l’uso di reti derivanti - variazione della categoria di pesca da locale a ravvicinata - nuova richiesta di licenza - diniego - legittimità - nel “santuario per la protezione dei cetacei” non è assentibile il rinnovo della licenza di pesca entro le sei miglia marine. La variazione della categoria di pesca da “locale” (entro le 6 miglia marine) a “ravvicinata” (entro le 20 miglia marine), con uso di reti derivanti, costituisce una nuova richiesta di licenza di pesca e non il mero rinnovo della licenza già posseduta. Deriva da ciò che la licenza non può essere concessa, a ciò ostandovi l’espresso divieto contenuto nell’art.1 del D.M. 20 luglio 1989, di rilascio di “nuove licenze di pesca per l’uso di reti derivanti”, con salvezza, esclusivamente, di quelle per le quali il Ministero già abbia rilasciato l’apposita attestazione circa l’inesistenza di limiti al rilascio delle licenze medesime. Nell’ambito del “santuario per la protezione dei cetacei”, non è consentito neanche il rinnovo della licenza per l’esercizio della pesca con le reti da posta derivanti entro le sei miglia marine, a ciò ostandovi il D.M. del 22 maggio 1991, di istituzione della zona di tutela biologica. - Pres. SCHINAIA, Est. PAJNO - Cara e altro (Avv.ti Telmon e Sanino) c. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Avv. Stato) - (Conferma T.A.R. Liguria - Sez. II - 31 dicembre 1996, n. 583) CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 9 settembre 2003, n. 5038

 

Caccia e pesca - pesca - indennità per il blocco della pesca del pesce spada - necessità della licenza per la pesca con reti derivanti. L’indennità prevista dalla legge n. 361 del 1990 per il blocco della pesca del pesce spada, finalizzata ad agevolare la riconversione delle unità adibite alla pesca con «reti da posta derivante», può essere corrisposta alle sole imprese, obbligate a sospendere l'attività di pesca, titolari di licenza comprensiva dell’autorizzazione all'uso dell'attrezzo denominato “rete da posta derivante”, a tal fine rilevando non la richiesta, bensì la licenza effettivamente rilasciata. - Pres. GIACCHETTI, Est. CHIEPPA - Rosa dei Venti s.n.c. (Avv. Pinto) c. Ministero delle Politiche Agricole, Direzione Generale della pesca e dell’acquicoltura (Avv. Stato) - (Conferma T.A.R. Campania, Sez. III, n. 1422/1999). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 31 luglio 2003, n. 4422

 

Giudizio di legittimità costituzionale - Intervento in giudizio - Associazione italiana W.W.F. World Wide Fund for Nature - deposito dell'atto fuori termine - inammissibilità. ricorso governativo in via principale - motivazione - sufficienza - eccezione contraria della resistente regione - rigetto. regione puglia - caccia - disciplina regionale - delimitazione del periodo venatorio oltre il termine del 31 gennaio previsto dalla legge statale - contrasto con il principio di tutela uniforme della fauna selvatica nell'intero territorio nazionale in attuazione di normativa comunitaria - illegittimità costituzionale. (Legge della Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7, art. 38, comma 2); (Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); (Legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 18). Caccia - disciplina statale - termine di chiusura del periodo venatorio - ritenuta non derogabilità da parte delle regioni - questione incidentale di legittimità costituzionale - richiesta della regione puglia - manifesta infondatezza. (Legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 18, comma 2); (Costituzione, art. 117, primo e secondo comma, lettera s), quarto e quinto comma). "Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 38, comma 2, della legge della Regione Puglia 21 maggio 2002, n. 7 (Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2002 e bilancio pluriennale 2002-2004)". Corte Costituzionale del 19 giugno-4 luglio 2003 Sentenza n. 226

Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale - rilevanza della questione - sussistenza - eccezione di sopravvenuta carenza, per effetto di pronuncia del giudice amministrativo - infondatezza - intervento in giudizio - Associazione World Wide Fund for Nature e Federazione italiana della caccia - soggetti non rivestenti la qualità di parte del giudizio a quo - inammissibilità. provincia di trento - competenza in materia di caccia - limite del rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali - necessaria intermediazione delle norme statali attuative del diritto comunitario. (Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8); (Legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 18); (D.lgs. 16 marzo 1992, n. 267, art. 5). Provincia di Trento - caccia - norme provinciali per l'esercizio della caccia - specie cacciabili e periodo venatorio - determinazione in misura diversa e più ampia rispetto a quella fissata nella legge statale - mancata previsione dell'obbligatorietà del parere dell'infs nella fase preliminare all'adozione di provvedimenti sulla caccia - contrasto con norma statale di grande riforma economico-sociale - illegittimità costituzionale in parte qua. (Legge della Provincia di Trento 9 dicembre 1991, n. 24, art. 29, commi 2 e 4); (Statuto Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8); (Legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 18, comma 1). "Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 29, commi 2, 4, 7 e 9, della legge della Provincia autonoma di Trento 9 dicembre 1991, n. 24 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia), come sostituito dall'art. 32 della legge provinciale 23 febbraio 1998, n. 3 (Misure collegate con la manovra di bilancio di previsione per l'anno 1998), nella parte in cui prevede specie cacciabili diverse e periodi venatori più ampi di quelli previsti dall'art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e nella parte in cui non prevede l'obbligatorietà del parere dell'INFS preliminare all'adozione di provvedimenti sulla regolazione della caccia". Corte Costituzionale del 19 giugno-4 luglio 2003 Sentenza n. 227

 

Caccia e pesca - Caccia - Regione Basilicata - L. R. 2/1995 - Comitato direttivo d’ambito - Limitazione delle specie cacciabili - In mancanza di approvazione del calendario venatorio - Illegittimità. Nell’ambito del potere attribuitogli dall’art. 26, comma 5, della L. reg. Basilicata gennaio 1995, n. 2, il Comitato direttivo d’ambito regionale, può limitare le specie cacciabili solo successivamente all’approvazione del calendario venatorio regionale, ed entro i margini da questo previsti. Sicchè, illegittimamente il Comitato direttivo d’ambito della provincia di Matera, introduce il divieto di caccia (nella specie a quaglia e beccaccia), in difetto dei presupposti richiesti dalla norma citata. - Pres. CAMOZZI, Est. BUSCICCHIO - Pompilio e altro (Avv. Vitale) c. Comitato Direttivo dell’Ambito Territoriale denominato A.T.C. “A” della Provincia di Matera (n.c.) e Provincia di Matera (n.c.) T.A.R. Basilicata - 1 luglio 2003, n. 676

 

Caccia e pesca - Parchi nazionali - Perimetrazione tabellare al fine del divieto di caccia - Necessita' - Esclusione - Fondamento - art. 10 L. n. 157/1992 - Artt. 11, 21 e 22 L. n. 394/1991. Ai parchi nazionali non si applica la disciplina di cui all'art. 10 della legge 11 febbraio 1992 n. 157 che prevede la perimetrazione delle aree oggetto di pianificazione faunistico-venatoria, atteso che essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati sulla gazzetta ufficiale, non necessitano della tabellazione perimetrale al fine di individuarli come aree ove sia vietata l'attivita' venatoria. Pres. Zumbo A. - Est. Squassoni - Imp. Fiorelli ed altro PM. (Parz. Diff.) Geraci V. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 06/06/2003 (UD.10/04/2003) RV. 225314 sentenza n. 24786

 

Caccia - potere del Sindaco a vietare l’esercizio della caccia con ordinanza contingibile e urgente - legittimità - tutela dell’incolumità pubblica dei turisti di una zona in un determinato periodo dell’anno. Va riconosciuto il potere del Sindaco a vietare l’esercizio della caccia per un limitato periodo di tempo e in una zona circoscritta, con ordinanza contingibile e urgente ai sensi dell’art. 38, co. 2, L. 8 giugno 1990, n. 142, a tutela dell’incolumità pubblica (in termini, T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, 18 settembre 1991, n. 1368), e, in particolare, della salute dei turisti della zona in un determinato periodo dell’anno, ove l’urgenza sia tale da non consentire il ricorso tempestivo ad altri rimedi. Consiglio di Stato, Sezione VI del 26/05/2003, Sentenza n. 2387 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - mezzi di cattura non selettivi, vietati dalla convenzione di Berna - l’uso delle reti non può essere aprioristicamente considerato un mezzo di cattura non selettivo. L’uso delle reti non può essere aprioristicamente considerato un mezzo di cattura non selettivo ricadente nel divieto di cui all’art. 8 della convenzione di Berna 19 settembre 1979, attuata in Italia con l. 5 agosto 1981, n. 503. Ciò in quanto la convenzione si limita genericamente a vietare i mezzi di cattura non selettivi. Le reti non sono intrinsecamente mezzi non selettivi, ma, al contrario, divengono mezzi selettivi se rispettano determinate caratteristiche e vengono utilizzate sotto adeguata vigilanza. L’uso di reti per la cattura di volatili per la cessione come richiami vivi costituisce strumento adeguatamente selettivo se, per le caratteristiche tecniche delle reti impiegate e per la presenza di personale specializzato, sia garantita la sopravvivenza e la tempestiva liberazione dalle reti degli esemplari appartenenti a specie protette, la cui cattura non è consentita. Consiglio di Stato, Sezione VI, 19.05.2003, sentenza n. 2698

 

Caccia e pesca - Pesca Marittima - Tolleranza percentuale di novellame sul totale pescato - Tolleranza del 10% - Riferibilità anche alle confezioni di molluschi detenute per il commercio - Preventiva autorizzazione - Necessità - Artt. 15 - art. 24, L. n. 963/1965 - Art. 5L. n. 381/1988. Il commerciante presso il quale è rinvenuta solo parte del prodotto pescato risponde del reato di cui agli artt. 15, comma 1, lett. c ) e 24, comma 1, della L. 14 luglio 1965 n. 963, in relazione all'art. 89 del D.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, per avere detenuto, al fine di commercio, molluschi eduli lamellibranchi allo stato di novellame senza la preventiva autorizzazione, in quanto a seguito dell'entrata in vigore del D.M. 21 luglio 1998 il reato sussiste anche in relazione alle confezioni detenute per il commercio ove non sia stata rispettata la tolleranza del 10% ai sensi dell'art. 91 del citato D.P.R.. Ric. Conventi. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 29 aprile 2003, (c.c. 25 febbraio 2003), n. 19766

 

Caccia - Presenza di precedenti penali - Diniego di rinnovo della licenza di porto d’armi - Legittimità - Fattispecie: reato collegato all’abuso (con minaccia) delle armi e art. 444 c.p.p. c.d. patteggiamento. Il diniego di rinnovo della licenza di porto d’armi non richiede un oggettivo e accertato abuso delle armi, ma è sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne, onde la presenza di precedenti penali, a maggior ragione se specifici, perché collegati all’abuso (con minaccia) delle armi, che siano state il mezzo della commissione del reato, è sintomatica di pericolosità sociale del soggetto, sotto il profilo della proclività al delitto, e come tale correttamente ritenuta ostativa al rilascio o al rinnovo del titolo abilitativo all’uso di un’arma. Pertanto, è legittimo il provvedimento di diniego del rinnovo della licenza di porto di fucile ad uso caccia, congruamente motivato con riferimento ai precedenti penali, in quanto ritenuti incompatibili con il necessario requisito della buona condotta. Pres. Trotta - Est. De Felice - Sasso (Avv. Totera) c. MINISTERO DELL'INTERNO - PREFETTURA e QUESTURA DI BELLUNO (n.c.) - (conferma TAR VENETO - VENEZIA: SEZIONE III 2980/2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 29 aprile 2004 (C.c. 27/04/2004), Sentenza n. 2616

 

Caccia - divieto di metodo di cattura di massa non selettivo - deroga - necessità non altrimenti satisfattibili - carenza di specie di allevamento utilizzabili per richiami vivi - illegittimità dell’autorizzazione - direttiva comunitaria. La direttiva comunitaria 2 aprile 1979 n. 409 vieta, all’art. 8, il ricorso a qualsiasi mezzo, impianto, metodo di cattura in massa o non selettivo, consentendo, al successivo art. 9, in deroga a tale divieto, “in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità”, purché “non vi siano altre soluzioni soddisfacenti”. Secondo la logica della normativa comunitaria la deroga al divieto di cattura di uccelli selvatici è consentita nei limiti strettamente necessari per sopperire a necessità non altrimenti satisfattibili (cfr., per un utile riferimento al riguardo, Corte Giust. CE, Causa n. 10/96, Sent. del 12 dicembre 1996). Non è pertanto sufficiente a giustificare l’autorizzazione alla cattura degli esemplari selvatici costituenti il fabbisogno di ciascuna provincia una qualunque carenza di specie di allevamento utilizzabili per richiami vivi. E’ immotivata la determinazione del numero (qual che ne sia l’entità) di esemplari catturabili, in assenza di qualunque istruttoria circa il fabbisogno effettivo di ciascuna specie. Il vizio del provvedimento risiede nel non aver tenuto conto dei mezzi alternativi alla cattura, al fine di perseguire correttamente, nell’ambito delle disposizioni vigenti, l’interesse venatorio di cui sopra. Consiglio di Stato, Sezione VI, 18.04.2003, sentenza n. 2091

 

Caccia - Esercizio della caccia - Nozione - Effettiva cattura o uccisione di selvaggina - Attività preliminare o atto desumibile - Fattispecie: perlustrazione notturna con uso di strumenti di puntamento - L. n. 157/1992. La nozione di esercizio di attività venatoria contenuta nella legge 11 febbraio 1992, n. 15 non va intesa in senso riduttivo, ricomprendendo non soltanto l'effettiva cattura o uccisione della selvaggina, ma altresì ogni altra attività preliminare o atto desumibile dall'insieme delle circostanze di tempo e di luogo e che si mostri diretto a tale fine. Ric. Febi M. - CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 16/04/2003 (CC. 6 marzo 2003) sentenza n. 18088

 

Caccia e pesca - Fauna selvatica in generale - Detenzione di animali pericolosi per la salute e l'incolumità pubblica - Cinghiali - Sussistenza - Autorizzazione all'allevamento per scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale - Necessità - L. n. 157/1992 - L. n. 150/1992. E' vietata la detenzione di mammiferi che costituiscano pericolo per la salute o la pubblica incolumità, tra i quali sono contemplati i cinghiali, a meno che non si sia in possesso di una autorizzazione all'allevamento di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale rilasciata dalla regione ai sensi dell'art. 17 legge 11 febbraio 1992 n. 157. Pres. Toriello F - Est. Piccialli L - Imp. D'Andrea - PM.(Conf.) Favalli M. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 09/04/2003 (CC.20/02/2003) RV. 224071 sentenza n. 16674

 

Caccia - Regolamento in materia di armi - Sanzioni amministrative - Sanzioni accessorie - Confisca di armi - Reati venatori - Artt. 28, 30 L. n. 157/1992 - Art. 240 Cp - Art. 6 L. n. 152/1975. L'art. 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, nello stabilire che «salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi», comporta che la sola norma applicabile, in materia di confisca di armi, le quali, legittimamente detenute e portate, siano state tuttavia utilizzate per commettere reati venatori, è quella costituita dall'art. 28, comma 2, della stessa legge n. 157/1992, in base alla quale la confisca può essere disposta solo in caso di condanna per le contravvenzioni ivi richiamate,con esclusione, quindi, dell'operatività del combinato disposto di cui agli artt. 240 cpv. c.p. e 6 della legge 22 maggio 1975, n. 152, in forza della quale può darsi luogo a confisca, quando trattasi di reati concernenti le armi, anche in assenza di una pronuncia di condanna. Ric. Filippone G.. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 1/04/2003 (UD. 28/01/2003) sentenza n. 15166

 

Caccia - Esercizio - Armi e mezzi di caccia - Vietati - Richiamo acustico elettromagnetico - Reato di caccia con mezzi vietati - Configurabilità - Necessaria compresenza di richiami vivi - Esclusione. L'uso di un richiamo acustico elettromagnetico integra il reato di caccia con mezzi vietati, ai sensi dell'art. 21, comma primo, lett. r) della legge 11 febbraio 1992, n. 157, senza che sia necessaria la contestuale presenza di richiami vivi del tipo vietato dalla medesima fattispecie: infatti il legislatore ha utilizzato la particella congiuntiva "e" quale collegamento tra le distinte categorie alternative dei mezzi di richiamo vietati, ossia in senso disgiuntivo. Pres. Papadia U - Est. : Lombardi AM. - Imp: Degli Atti. P.M. Izzo G. (Conf.).(Annulla senza rinvio, Trib.Lecce, 13 novembre 2002). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 24 marzo 2004 (Ud. 20/02/2004) Rv. 228534. Sentenza n. 14451 (vedi: sentenza per esteso)

Stagione venatoria - l’esaurimento della stagione venatoria non rende improcedibile il ricorso per effetto della sopravvenuta carenza di interesse - permanenza dell’interesse alla definizione del giudizio di appello. Non è suscettibile di positiva valutazione l’eccezione con la quale la Regione Lombardia eccepisce l’improcedibilità del ricorso giurisdizionale per effetto della sopravvenuta carenza di interesse collegata all’esaurimento della stagione venatoria in relazione alla quale la deliberazione impugnata ha disposto il prelievo di alcune specie di uccelli facendo utilizzo della facoltà di deroga contemplata dall’articolo 9 della direttiva comunitaria sopra citata. Osserva, infatti, il Collegio che a suffragio della permanenza dell’interesse alla definizione del giudizio di appello depongono: a) l’interesse morale alla declaratoria dell’illegittimità del provvedimento gravato, testimoniato dalla sensibilità, anche costituzionale, dell’interesse alla protezione dalle fauna, vista come componente essenziale dell’equilibrio ambientale tutelato dagli articoli 2 e 9 della Carta Fondamentale; b) la possibilità che all’annullamento della statuizione gravata faccia seguito l’esperimento dell’azione risarcitoria in relazione ai danni medio tempore prodotti; c) la rilevanza della sentenza di annullamento in relazione alla riproduzione della deroga in esame nei provvedimenti adottati per le stagioni venatorie successive a quelle in rilievo. Consiglio di Stato, sezione VI, 24 marzo 2003, n. 1493. (vedi: sentenza per stesso)

Caccia - la competenza statale in tema di specie cacciabili non si esaurisce nella individuazione di tali specie e nel potere di variazione dei relativi elenchi - specie ammesse al prelievo venatorio - nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica - la sopravvivenza e la riproduzione delle specie selvatiche - generale regime di protezione. “La competenza statale in tema di specie cacciabili non si esaurisce nella individuazione di tali specie e nel potere di variazione dei relativi elenchi, a norma dell’art. 18, comma 3, della legge n.157 del 1992”. Nel ribadire il carattere di norma fondamentale di riforma economico-sociale proprio delle disposizioni legislative statali che individuano le specie cacciabili, riconosciuto da una costante giurisprudenza (sentenze nn.272 del 1996, 35 del 1995, 577 del 1990, 1002 del 1988), la Corte ha precisato che tale carattere compete anche alle “norme strettamente connesse con quelle che individuano le specie ammesse al prelievo venatorio” (sentenza n.323 del 1998). Sussiste infatti un interesse unitario, non frazionabile, alla uniforme disciplina dei vari aspetti inerenti al nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica: dall’individuazione delle specie cacciabili alla variazione dei relativi elenchi; dalla disciplina delle modalità di caccia, nei limiti in cui prevede misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie selvatiche, alla delimitazione dei periodi venatori, alla disciplina delle deroghe, ex art.9 della direttiva 79/409/CEE, al generale regime di protezione. Consiglio di Stato, sezione VI, 24 marzo 2003, n. 1493. (vedi: sentenza per stesso)

Caccia - direttiva 79/409/CEE - interpretazione - l’abbattimento o la cattura di uccelli selvatici - i provvedimenti di deroga - condizioni ed ai fini di interesse generale indicati dall’art.9.1, e secondo le procedure e le modalità di cui al punto 2 dello stesso art.9. Un’interpretazione della direttiva 79/409/CEE nell’esclusiva prospettiva di un’eccezionale autorizzazione di attività venatorie altrimenti vietate sarebbe tuttavia parziale e fuorviante. L’art. 9 della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, prevede che gli Stati membri - "sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti" - possono derogare alle misure di protezione disposte dalla medesima direttiva per le seguenti ragioni: a) nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica; nell’interesse della sicurezza aerea; per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque; per la protezione della flora e della fauna; b) ai fini della ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni; c) per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità. Si tratta di un potere di deroga esercitabile in via eccezionale per consentire non tanto la caccia, quanto, piuttosto, più in generale, l’abbattimento o la cattura di uccelli selvatici appartenenti alle specie protette dalla direttiva medesima, alle condizioni ed ai fini di interesse generale indicati dall’art.9.1, e secondo le procedure e le modalità di cui al punto 2 dello stesso art.9. Gli interessi a garanzia dei quali l’art.9 consente di adottare i provvedimenti di deroga - alcuni dei quali di indubbia pertinenza statale: sicurezza aerea, sicurezza pubblica - possono essere soddisfatti anche attraverso misure diverse dall’eccezionale autorizzazione al prelievo venatorio di specie altrimenti protette. L’art.19, comma 2, della legge n.157 del 1992, prevede infatti che le Regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. La disposizione specifica che tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici, su parere dell’Istituto nazionale della fauna selvatica. Qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le Regioni possono autorizzare piani di abbattimento destinati ad essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l’esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l’esercizio venatorio. Consiglio di Stato, sezione VI, 24 marzo 2003, n. 1493. (vedi: sentenza per stesso)

Caccia - le deroghe al regime di protezione introdotto dalla direttiva 79/409/CEE - potere eterogeneo - condizioni, limiti e finalità. Le deroghe al regime di protezione introdotto dalla direttiva 79/409/CEE configurano - come sottolineano anche le Regioni resistenti - un potere eterogeneo rispetto alla competenza attribuita al Presidente del Consiglio dei ministri in materia di variazione degli elenchi delle specie cacciabili ai sensi dell’art.18, comma 3, della legge n.157 del 1992. Quest’ultima disposizione prevede l’adozione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di provvedimenti diretti a modificare in modo tendenzialmente stabile - nei limiti imposti o consentiti dalla normativa internazionale e comunitaria (da ultimo, v. la sentenza n.277 del 1998) - gli elenchi delle specie cacciabili. Si tratta di provvedimenti in linea di principio destinati a spiegare efficacia su tutto il territorio nazionale e volti piuttosto a restringere, anche "tenendo conto della consistenza delle singole specie sul territorio", il novero delle specie che alla stregua della normativa internazionale e comunitaria possono essere ammesse al prelievo venatorio. Diversamente dalle deroghe ex art.9 della direttiva 79/409/CEE, i decreti emanati a norma dell’art.18, comma 3, della legge n.157 del 1992 appaiono inidonei a consentire in via eccezionale o derogatoria l’abbattimento o la cattura delle specie protette dalla direttiva, alle condizioni e per le finalità da quest’ultima indicate. Nondimeno, non può essere condiviso l’assunto delle Regioni resistenti, che basano la propria rivendicazione di competenza - a disciplinare legislativamente il potere di deroga in questione, e ad esercitarlo in via amministrativa - sulla non assimilabilità del potere di deroga di cui all’art.9 della direttiva comunitaria al potere di variazione degli elenchi delle specie cacciabili e sulla natura solo formale del recepimento, da parte del legislatore statale (con l’art.1, comma 4, della legge n.157 del 1992), dell’art.9 della direttiva 79/409/CEE, interpretato come autoapplicativo. Consiglio di Stato, sezione VI, 24 marzo 2003, n. 1493. (vedi: sentenza per stesso)

Caccia - art.9 della direttiva 79/409/CEE - nucleo minimo di protezione della fauna selvatica - disciplina di carattere nazionale - la Corte di giustizia delle Comunità europee - l’interpretazione dell’art.69, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112 - la tutela dell’ambiente. L’art.9 della direttiva 79/409/CEE contiene una disciplina volta (più che a regolare l’attività venatoria) a consentire deroghe al regime di protezione della fauna selvatica previsto dalla medesima direttiva, per la salvaguardia di interessi generali. L’esercizio di tale potere di deroga può incidere sul nucleo minimo di protezione della fauna selvatica e non può quindi prescindere da una previa disciplina di carattere nazionale, secondo i principi costantemente accolti dalla giurisprudenza di questa Corte. La disciplina del potere di deroga - che secondo la Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza 15 marzo 1990, causa C-339/87) deve tradursi in norme nazionali precise ("i criteri in base ai quali gli Stati membri possono derogare ai divieti sanciti dalla direttiva devono essere riprodotti in disposizioni nazionali precise") - può, e non già deve, trattandosi di una facoltà, trovare attuazione nel nostro ordinamento, come chiarisce anche la sentenza di questa Corte, pronunciata in pari data, che ha definito i conflitti nn. 56 e 61 del 1997 e nn.2, 3 e 5 del 1998, attraverso una normativa nazionale di recepimento - non rintracciabile nella legge n.157 del 1992 - idonea a garantire su tutto il territorio nazionale un uniforme e adeguato livello di salvaguardia. In questo senso deve interpretarsi anche l’art.69, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n.59), che annovera tra i compiti di rilievo nazionale per la tutela dell’ambiente, ai sensi dell’art.1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n.59 - accanto a quelli relativi alle variazioni degli elenchi delle specie cacciabili - quelli attinenti alla "tutela...della fauna e della flora specificamente protette da accordi e convenzioni e dalla normativa comunitaria". Consiglio di Stato, sezione VI, 24 marzo 2003, n. 1493. (vedi: sentenza per stesso)

 

Pesca - Interruzione tecnica dell’attività di pesca (nello Ionio, nel Tirreno e nell’Adriatico) - Benefici connessi con le misure sociali - Navi iscritte nei compartimenti - Pesca dei gamberi - Erogazioni dei benefici - Modalità - Reintegrazione in forma specifica del danno subito ex D.M. 3/8/2000 - Esclusione - D.M. 16/6/1998. Il D.M. 3 agosto 2000 riguarda i benefici connessi con le misure sociali relative alle navi che abbiano effettuato l’interruzione tecnica nello Ionio, nel Tirreno e nell’Adriatico, appare evidente che il decreto ha voluto esplicitamente rendere palese che esso non regola i benefici connessi con le misure sociali previste per l’interruzione effettuata dalle navi iscritte nei compartimenti dell’Adriatico e che per consuetudine effettuino la pesca dei gamberi nel Mar Tirreno e nello Ionio. Per tali navi trovano applicazione le specifiche misure sociali di accompagnamento previste dal D.M. 16 giugno 1998 (pubblicato nella Gazz. Uff. 8 luglio 1998 n. 157), da riconoscersi ed erogarsi secondo le modalità ivi previste: come, appunto, dispone l’art. 5, comma 3, ultima parte, del D.M. 19 luglio 2000. Pertanto, in linea di stretta conseguenzialità, appare erroneo, il riconoscimento delle misure sociali e delle relative indennità ex D.M. 3 agosto 2000, “quale reintegrazione in forma specifica del danno subito”. Pres. GIOVANNINI - Est. PAJNO - Ministero delle Politiche Agricole e Forestali - Direz. Generale della Pesca e dell’Acquacoltura e della Capitaneria di Porto di Bari (Avvocatura Generale dello Stato) c. Società Peconio Maria, Carmelo Filomena e Costantini Livia s.n.c. (avv. Lorusso) (riforma TAR Puglia Sede di Bari, Sez. II, n. 4331 del 4 ottobre 2002). Conforme: CdS Sez. VI, 18/03/2004, Sentenza n. 1451. CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 18/03/2004, Sentenza n. 1450

 

Pesca - Potere interruttivo dell’attività di pesca - Presupposti - Impugnazione. Il cattivo uso del potere interruttivo dell’attività di pesca, ed in genere del potere connesso con l’effettuazione dell’interruzione tecnica dell’attività di pesca, deve essere tempestivamente contestato, attraverso la specifica proposizione di apposite censure. Nella specie, sia l’illegittimo esercizio del potere interruttivo che l’eventuale mancato rispetto del dovere di cooperazione avrebbero dovuto essere dedotti nella fase amministrativa della tutela. Pres. GIOVANNINI - Est. PAJNO - Ministero delle Politiche Agricole e Forestali - Direz. Generale della Pesca e dell’Acquacoltura e della Capitaneria di Porto di Bari (Avvocatura Generale dello Stato) c. Società Peconio Maria, Carmelo Filomena e Costantini Livia s.n.c. (avv. Lorusso) (riforma TAR Puglia Sede di Bari, Sez. II, n. 4331 del 4 ottobre 2002). Conforme: CdS Sez. VI, 18/03/2004, Sentenza n. 1451. CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 18/03/2004, Sentenza n. 1450

 

Caccia e pesca - Agenti di vigilanza - Potere di sequestro delle armi e dei mezzi di caccia - Legittimità - Fondamento - Artt. 28 e 30 L. n. 157/1992 - Art. 354 Nuovo Cod.Proc.Pen. In tema di caccia, la polizia giudiziaria può legittimamente procedere al sequestro probatorio delle armi e delle cartucce appartenenti a chi sia stato trovato in atteggiamento venatorio in violazione dell'art. 30 della legge 11 febbraio 1992 n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio), atteso che l'art. 28 della citata legge attribuisce espressamente agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria il potere di sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia. Pres. Vitalone C - Est. Franco A - Imp. Fiorito E - PM. (Parz. Diff.) Geraci V. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 17/03/2003 (UD.04/02/2003) RV. 224351 sentenza n. 12360

 

Caccia e pesca - Fauna selvatica in generale - Controllo - Aree protette - prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi - conformità al regolamento del parco - l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. La materia del controllo delle specie della fauna selvatica è regolata dalla legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, modificata dalla legge n, 426/1998, che all'art. 22, comma 6 sancisce il divieto dell'attività venatoria nei parchi naturali e nelle riserve naturali regionali "salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici" e stabilisce che tali prelievi ed abbattimenti devono essere eseguiti in conformità al regolamento del parco e, in mancanza, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta sorveglianza dell'organismo di gestione del parco. Ragioni di ordine razionale, testuale e sistematico, impongono di ritenere che la stessa materia sia regolata anche dalla successiva legge sulla caccia del 1992 che, all'art. 19, attribuisce alle regioni "il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento". Pres. SAVIGNANO - Est. TERESI - Riserva naturale del lago di Vico - Comune di Caprarola. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 Marzo 2003 (ud. 12.02.2003), sentenza n. 12365 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Fauna selvatica in generale - Aree protette - Divieto di caccia - intervento selettivo - parere obbligatorio dell'INFS - necessità - autorizzazione regionale senza parere INFS - illegittima. L'affermazione del principio di divieto di caccia anche nelle zone protette di cui alla legge quadro e la portata onnicomprensiva della locuzione "zone vietate alla caccia " portano a ritenere che la legge del 1992 abbia inteso, non già delimitare l'ambito territoriale del divieto, ma disciplinare gli interventi di riequilibrio della popolazione della fauna selvatica nell'ambito delle zone protette, stabilendo che l'eventuale ed eccezionale superamento del principio di divieto di caccia in tali zone non possa prescindere dalla esplicita constatazione, da parte di un organismo specializzato, della necessità e congruità dell'intervento selettivo e dal rispetto della normativa procedimentale per il rilascio dell'autorizzazione regionale. Pertanto, correttamente è stata ritenuta illegittima l'autorizzazione regionale de qua perché adottata senza il previo parere obbligatorio (Cass. Sez. III n. 1655, 12.12.1998, Zito, RV 212601) dell'INFS e, quindi, senza l'imprescindibile supporto tecnico, che la giustifichi. Pres. SAVIGNANO - Est. TERESI - Riserva naturale del lago di Vico - Comune di Caprarola. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 Marzo 2003 (ud. 12.02.2003), sentenza n. 12365 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Caccia esercitata con mezzi vietati - Esercizio abusivo della caccia - abbattimento non selettivo - Violazione delle direttive stabilite nell'autorizzazione regionale. L'esercizio abusivo della caccia è astrattamente configurabile anche in riferimento alla condotta di abbattimento non selettivo dei cinghiali in violazione delle direttive stabilite nell'autorizzazione regionale che prevedeva soltanto il ricorso al metodo della girata o dell'appostamento. Pres. SAVIGNANO - Est. TERESI - Riserva naturale del lago di Vico - Comune di Caprarola. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 Marzo 2003 (ud. 12.02.2003), sentenza n. 12365 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia e pesca - Attività di pesca marittima - Nozione - Art. 15 L. n. 963/1965 - Fattispecie: Attività di pesca senza la cattura di esemplari di specie marina - Integrazione del reato - Sussistenza. La fattispecie prevista dall'art.15 legge n. 963 del 1965 si integra con la semplice attività di pesca allorché, pur senza la cattura di esemplari di specie marina, sia iniziata o sia in corso l'azione materiale diretta alla loro cattura, che si manifesta nel compimento di atti idonei e univoci diretti allo scopo indicato, da individuare con giudizio di fatto riservato al giudice di merito censurabile in sede di legittimità soltanto per vizi motivazionali. Ric. Min. Trasporti e della Navigazione Capitaneria di Porto - c. Peluso. (L, 14 luglio 1965, n. 963, art. 15; cp, art. 56; L, 24 novembre 1981, n. 689; L, 14 luglio 1965, n. 963, art. 15). CORTE DI CASSAZIONE Civile, sez. I, 14 febbraio 2003, n. 2202

 

Caccia e pesca - Ordine di esibizione dell'autorizzazione all'uso di apparecchio ricetrasmittente - Inosservanza - Configurabilità del reato - Esclusione - Ragione - Guardia venatoria - Incompetenza - Art. 650 Cod.Pen - Art. 28 L. 157/1992 - Art. 193 D. P. R. n. 156/1973 - Art. 57 comma 3 Nuovo Cod.Proc.Pen. Non integra il reato di inosservanza di provvedimento dell'autorità previsto dall'art. 650 cod. pen. il rifiuto di esibizione, da parte del soggetto destinatario di esso, dell'autorizzazione amministrativa all'uso di apparecchio ricetrasmittente, non potendo considerarsi il relativo provvedimento dato per alcuna delle ragioni indicate nella citata disposizione. (Nella specie, peraltro, la richiesta di esibizione, rivolta al privato da personale addetto alla vigilanza venatoria, è stata ritenuta dalla Corte illegittima, esulando tale potere dalle attribuzioni delle guardie venatorie e rientrando, invece, nell'esclusiva competenza della polizia postale). Pres. Sossi M - Est. Campo SSR - Imp. Esposito - PM. (Diff.) Palombarini G. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. I, del 13/03/2003 (UD.31/01/2003) RV. 223698 sentenza n. 11912
 

Caccia - Esercizio illegittimo della caccia - Specie protetta (istrice) - Concorso di reati - Art. 18 l. n. 157/92 - Art. 30 lett. a) l. n. 157/92. Nel caso di caccia chiusa ex art. 18 l. 157-92 l'esercizio della caccia integra il reato ex art. 30 lett. a) stessa legge (cass. Sez. III, 5-4-1993, 3157, Batia e Cass. Sez. III, 15-4-1998, n. 4454, imp. Perfetto). I reati contestati agli imputati (art. 30 lett. a art. 30 letta h) possono concorrere tra loro e possono trovare la base di prova in testimonianza e riscontri obiettivi (istrice, di specie protetta, uccisa e trovata sul posto), come è avvenuto nel caso in esame alla luce della dettagliata disposizione del teste, agente del Corpo Provinciale di Polizia. Fattispecie, configurabilità del reato di esercizio illegittimo della caccia, tenendo conto di tutte le circostanze di tempo e luogo, nonché dei mezzi utilizzati (fucili da caccia, fuoristrada nell'area interessata, sparo, effettivo ritrovamento di un'istrice morta, di specie protetta). Trattasi di un apprezzamento di merito ben motivato, come tale incensurabile in Cassazione, perché aderente agli indirizzi molto chiari più volte enunciati da questa Corte (cass. Sez. III, 23-7-1994, N. 8322, Scilironi; Cass. Sez. III, 24-9-1999, n. 1930 Gasperi; Cass. Sez. III, 15-1-1999, n. 452, Giovagnoli). Pres. TORIELLO - Est. POSTIGLIONE - P.M. ALBANO Ric. G. M. e N. A. - CASSAZIONE PENALE, Sezione III, 5 febbraio 2003 (Ud. 19 dicembre 2002), n. 5441 (vedi: sentenza per esteso)

Caccia - Esercizio illegittimo della caccia - Condanna al risarcimento dei danni ambientali a favore dell'Ente Pubblico - Sussistenza - l. 1999 n. 265 - l. 349/86 - Associazioni - Risarcimento dei danni ambientali (WWF) - Non sussiste - Legittimazione processuale e rimborso spese - Sussiste. La condanna al risarcimento dei danni ambientali (per esercizio di caccia in periodo chiuso e a specie di fauna protetta - istrice) a favore dell'Ente Pubblico, Provincia di Firenze, ha una chiara base legale non solo nell'art. 18 legge 349/86 - come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria - ma anche nella legge 3 agosto 1999 n. 265. Questa legge ha modificato per un verso la legge 142 del 1990 sulle autonomie locali e per l'altro la stessa legge citata 349/86, (che parlava di risarcimento solo a favore dello Stato), nel senso di precisare che ciascuno elettore può far valere in giudizio le azioni ed ricorsi che spettano al Comune (ivi compresi quelli ambientali, data la portata generale del principio) e che le associazioni di protezione dell'ambiente possono proporre le azioni ed ricorsi che spettano ai Comuni ed alle Province, in caso di loro inerzia, ed il risarcimento compete a favore dell'ente pubblico, mentre privati ed associazioni non hanno diritto ad alcun risarcimento in proprio, ma solo al rimborso delle spese processuali sostenute. In specie è stato escluso, il risarcimento a favore del WWF, riconoscendo soltanto la legittimità della costituzione ed il diritto al rimborso delle sole spese processuali per l'opera promozionale espletata nell'interesse generale, Corte di Cassazione Sez. III, 3-12-2002, Veronese). Pres. TORIELLO - Est. POSTIGLIONE - P.M. ALBANO Ric. G. M. e N. A. - CASSAZIONE PENALE, Sezione III, 5 febbraio 2003 (Ud. 19 dicembre 2002), n. 5441 (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia e pesca - Fauna selvatica in generale - Controllo della fauna selvatica - Abbattimento selettivo di specie nocive - Potere - Regione - art. 19 L.157/92. Il controllo della fauna selvatica, ai sensi degli artt. 7 e 19 della Legge 11 febbraio 1992 n.157, nella cui nozione rientra la previsione dell’abbattimento selettivo di specie nocive o l’adozione di misure atte a determinare la riduzione numerica di alcune specie in favore di altre incompatibili con le prime e ritenute meritevoli di maggiore tutela, è attribuito in via esclusiva alle Regioni. Ric. SPAGNESI - CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. III - 31 gennaio 2003 (ud. 11 dicembre 2002) n. 4694  (vedi: sentenza per esteso)

Caccia e pesca - Fauna selvatica in generale - Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica - Attribuzioni e compiti - art.7 L.157/92 - abbattimento o eradicazione di una specie ritenuta nociva - divieto - autorizzazione - necessità. All’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica sono attribuite - art. 7 Legge 11 febbraio 1992 n.157 - esclusivamente funzioni di studio e di consulenza dell’Ente Regione o dello Stato o degli altri organismi ed enti cui sono attribuiti compiti in qualche modo correlati con la disciplina della tutela della fauna selvatica. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che non rientra tra i compiti dell’I.N.F.S. l’abbattimento o l’eradicazione di una specie ritenuta nociva (scoiattolo grigio del nord America) in mancanza di una specifica delibera della Regione competente per territorio). Ric. SPAGNESI - CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. III - 31 gennaio 2003 (ud. 11 dicembre 2002) n. 4694  (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio - Esercizio della caccia - Compiti dell'I.N.F.S. - Abbattimento selettivo di specie nocive - Artt. 4, 7, 19 L. n. 157/1992. In tema di reati venatori, la legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), è rivolta ad apprestare le più ampie forme di tutela della fauna selvatica, nell'ambito di una normativa che disciplina anche l'attività venatoria quale mezzo consentito di cattura e di abbattimento delle specie protette nei limiti imposti dalla stessa legge; sicché la fauna selvatica, in quanto appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato, può essere sottratta alla sua destinazione naturale solo nei limiti e con le modalità previste dalla legge. Ne consegue che ai sensi degli artt. 7 e 19 della detta legge il potere deliberante in materia di controllo della fauna selvatica, nella cui nozione rientra la previsione di abbattimento selettivo di specie nocive o l'adozione di misure atte a determinare la riduzione numerica di alcune specie in favore di altre incompatibili con le prime e ritenute meritevoli di maggior tutela, è attribuito in via esclusiva alle Regioni. Ric. Spagnesi. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 31/01/2003 (UD. 11/12/2002) sentenza n. 4694  (vedi: sentenza per esteso)

 

Caccia - Specie cacciabili e specie protette - Nozione di fauna selvatica - Fattispecie. La nozione di fauna selvatica rilevante ai fini della tutela apprestata dalla l. 11 febbraio 1992, n. 157 è riferita a specie di mammiferi ed uccelli intese come categorie generali, le cui popolazioni vivano in stato di naturale libertà, stabilmente o temporaneamente, nel territorio nazionale. Le specie analiticamente indicate nella seconda parte dell’art. 2 della legge citata sono “particolarmente protette” sotto il profilo sanzionatorio, ed è punito con l’arresto o l’ammenda, ai sensi del successivo art. 30 lett. B), chiunque abbatta, catturi o detenga esemplari ad esse riconducibili, senza che rilevi in alcun modo l’eventuale, loro provenienza da allevamenti. (Fattispecie relativa alla detenzione di quattro esemplari di “fistione turco”, asseritamene acquistati presso una uccelleria). Pres. Zumbo - Rel. Grassi - P.M. Meloni (concl. Pars. Diff. ) - Fabris. CORTE DI CASSAZIONE Penale - Sez. III - 31 gennaio 2003 (Ud. 10 dicembre 2002), Sentenza n. 4683

 

Caccia - Fauna e flora - Nozione di fauna selvatica - L. n. 157/92 - Normativa comunitaria ed internazionale. La nozione di fauna selvatica è riferita ex art. 2 l. n. 157 del 1992 a tutte le "specie", intese come categorie generali, di mammiferi ed uccelli, dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà, sul territorio nazionale. Oggetto di "particolare" tutela, ai sensi dell'art. 2, l. n. 157/92, sono alcune specie di mammiferi ed uccelli, espressamente indicate, nonché tutte le altre specie di mammiferi "minacciate di estinzione" in base alla normativa comunitaria ed internazionale espressamente richiamata, per le quali esiste un divieto assoluto ed incondizionato di abbattimento, cattura e detenzione ex art. 30 lett. b) legge citata, senza che possa essere eccepita la provenienza da allevamento. Pres. Zumbo - Rel. Grassi - P.M. Meloni (concl. Pars. Diff. ) - Fabris. CORTE DI CASSAZIONE Penale - Sez. III - 31 gennaio 2003 (Ud. 10 dicembre 2002), Sentenza n. 4683

 

Caccia e pesca - Pesca Marittima - Divieto di detenere novellame in quantità eccedente la quantità consentita - Percentuale di novellame del 10% sul totale del pescato - Riferimento al complesso del pescato - Artt. 91- 89 -15 DPR n. 1639/1968. Il divieto di detenere novellame in quantità eccedente la quantità consentita, previsto dall'art. 15 della legge 14 luglio 1968 n. 963, e sanzionato dall'art. 24 della stessa legge, si riferisce sia a chi esercita la pesca e sia al commerciante. Atteso che ai sensi del D.P.R. 2 ottobre 1968 n. 1639 (regolamento di esecuzione della legge n. 639) è prevista una tolleranza di novellame del 10% sul totale del pescato, il commerciante risponde del reato in questione solo qualora presso di lui sia rinvenuto l'intero pescato, in quanto diversamente non è possibile individuare la quantità complessiva originariamente pescata né quella del novellame in essa presente. Ric. Valastro G. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 20 dicembre 2002, (ud. 20 novembre 2002) n. 43235

 

Il termine di chiusura della stagione venatoria contenuta nella legge n. 157 del 1992 - è vincolante anche per le regioni a statuto speciale - azioni di conservazione di specie di fauna selvatica - invasione della competenza esclusiva statale. La violazione della disposizione relativa al termine di chiusura della stagione venatoria contenuta nella legge n. 157 del 1992, già ritenuta vincolante da questa Corte anche per le regioni a statuto speciale dotate di competenza primaria nella materia caccia, si tradurrebbe in un pregiudizio alle azioni di conservazione di numerose specie di fauna selvatica e nella invasione della competenza esclusiva statale nella materia di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Il mutato assetto delle competenze delineato dal novellato art. 117 della Costituzione non consentirebbe alla Regione di portare il termine di chiusura della stagione venatoria ad una data diversa da quella stabilita dalla legge n. 157 del 1992, che il ricorrente configura come "legge posta a tutela dell’ambiente". Peraltro, se può ritenersi che, anche alla luce dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, gli aspetti più strettamente connessi alla regolamentazione dell'esercizio venatorio rientrino nella competenza esclusiva regionale, da esercitarsi comunque in osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, non potrebbe dubitarsi che la competenza attribuita allo Stato nella tutela dell'ambiente e dell'ecosistema costituisca limite alla potestà regionale nella materia. Corte Costituzionale, del 20 dicembre 2002, sentenza n. 536. (vedi: sentenza per esteso)

Il mutato assetto delle competenze delineato dal novellato art. 117 della Costituzione - la tutela dell’ambiente non può ritenersi propriamente una "materia", essendo invece l’ambiente da considerarsi come un "valore" costituzionalmente protetto - , lo Stato può dettare standards di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale. L’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione esprime una esigenza unitaria per ciò che concerne la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ponendo un limite agli interventi a livello regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali. Come già affermato da questa Corte, la tutela dell’ambiente non può ritenersi propriamente una "materia", essendo invece l’ambiente da considerarsi come un "valore" costituzionalmente protetto che non esclude la titolarità in capo alle Regioni di competenze legislative su materie (governo del territorio, tutela della salute, ecc.) per le quali quel valore costituzionale assume rilievo (sentenza n. 407 del 2002). E, in funzione di quel valore, lo Stato può dettare standards di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale anche incidenti sulle competenze legislative regionali ex art. 117 della Costituzione. Già prima della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, la protezione dell’ambiente aveva assunto una propria autonoma consistenza che, in ragione degli specifici ed unitari obiettivi perseguiti, non si esauriva né rimaneva assorbita nelle competenze di settore (sentenza n. 356 del 1994), configurandosi l’ambiente come bene unitario, che può risultare compromesso anche da interventi minori e che va pertanto salvaguardato nella sua interezza (sentenza n. 67 del 1992). La natura di valore trasversale, idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti nella forma degli standards minimi di tutela, già ricavabile dagli artt. 9 e 32 della Costituzione, trova ora conferma nella previsione contenuta nella lettera s) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, che affida allo Stato il compito di garantire la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Corte Costituzionale, del 20 dicembre 2002, sentenza n. 536. (vedi: sentenza per esteso)

Lo statuto speciale e la potestà esclusiva statale. Lo statuto speciale della Regione Sardegna attribuisce la materia caccia alla competenza primaria della regione, prevedendo limiti specifici, quali il rispetto dei "principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica", delle "norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica", nonché degli "obblighi internazionali" (art. 3, primo comma, dello statuto speciale per la Sardegna). La previsione per cui il nuovo regime stabilito dalla riforma si applica anche alle Regioni a statuto speciale ove sia più favorevole all’autonomia regionale (art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001) non implica che, ove una materia attribuita dallo statuto speciale alla potestà regionale interferisca in tutto o in parte con un ambito ora spettante in forza del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione alla potestà esclusiva statale, la regione speciale possa disciplinare la materia (o la parte di materia) riservata allo Stato senza dovere osservare i limiti statutari imposti alla competenza primaria delle Regioni, tra cui quelli derivanti dall’osservanza degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali.In questo quadro, la disciplina statale rivolta alla tutela dell'ambiente e dell’ecosistema può incidere sulla materia caccia, pur riservata alla potestà legislativa regionale, ove l'intervento statale sia rivolto a garantire standard minimi e uniformi di tutela della fauna, trattandosi di limiti unificanti che rispondono a esigenze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva dello Stato. Entro questi limiti, la disciplina statale deve essere applicata anche nella Regione Sardegna, fermo restando che altri aspetti connessi alla regolamentazione dell'esercizio venatorio rientrano nella competenza di quest’ultima. Corte Costituzionale, del 20 dicembre 2002, sentenza n. 536. (vedi: sentenza per esteso)

La delimitazione temporale del prelievo venatorio disposta dall’art. 18 della legge n. 157 del 1992 - nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica - esigenza di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema - illegittimità dell’estensione del periodo venatorio in deroga alla previsione legislativa statale. La delimitazione temporale del prelievo venatorio disposta dall’art. 18 della legge n. 157 del 1992 è rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili e risponde all’esigenza di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema per il cui soddisfacimento l’art. 117, secondo comma, lettera s) ritiene necessario l’intervento in via esclusiva della potestà legislativa statale. Come già affermato da questa Corte nella sentenza n. 323 del 1998, vi è un "nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, nel quale deve includersi - accanto all’elencazione delle specie cacciabili - la disciplina delle modalità di caccia, nei limiti in cui prevede misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili. Al novero di tali misure va ascritta la disciplina che, anche in funzione di adeguamento agli obblighi comunitari, delimita il periodo venatorio". La legge regionale impugnata ha inciso proprio su questo nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, procrastinando la chiusura della stagione venatoria oltre il termine previsto dalla legge statale. In base alla legge impugnata, la stagione di caccia è stata così prolungata per diverse specie di fauna selvatica (alzavola, cesena, colombaccio, beccaccia, beccaccino, marzaiola, pavoncella, tordo bottaccio e tordo sassello) oltre il termine del 31 gennaio, secondo quanto risulta dal calendario venatorio 2002/2003 contenuto nel decreto dell’Assessore della difesa dell’ambiente della Regione Sardegna del 3 luglio 2002, n. 19/V. L’estensione del periodo venatorio operata in tal modo dalla regione costituisce una deroga rispetto alla previsione legislativa statale, non giustificata da alcun elemento peculiare del territorio sardo, anche in considerazione del fatto che l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, organismo tecnico scientifico cui lo Stato italiano ha affidato compiti di ricerca e consulenza sulla materia, ha espresso in proposito un valutazione negativa. Né essa può farsi rientrare tra le deroghe al regime di protezione della fauna selvatica che la direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, consente all’art. 9 solo per le finalità ivi indicate, rivolte alla salvaguardia di interessi generali (sentenza n. 168 del 1999), fra le quali non possono essere comprese quelle perseguite dalla legge regionale impugnata. Corte Costituzionale, del 20 dicembre 2002, sentenza n. 536. (vedi: sentenza per esteso)

Comunità europee - limiti allo scaglionamento delle date di chiusura della caccia. La deroga stabilita dalla Regione Sardegna non trova alcuna giustificazione nemmeno nella normativa comunitaria e internazionale in materia di protezione della fauna selvatica che richiede, rispettivamente, che gli Stati membri provvedano, in relazione alle specie migratrici, "a che le specie soggette alla legislazione della caccia non vengano cacciate durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione" (art. 7.4 della direttiva 79/409/CEE), e che debbano essere protetti, "almeno durante il periodo della riproduzione, tutti gli uccelli, e, inoltre, i migratori durante il loro percorso di ritorno verso il luogo di nidificazione e in particolare in marzo, aprile, maggio, giugno e luglio" [art. 2, lettera a) della Convenzione di Parigi per la protezione degli uccelli del 18 ottobre 1950, resa esecutiva in Italia con la legge n. 812 del 1978].  Nella sentenza del 7 dicembre 2000, causa C-38/99, la Corte di giustizia ha ribadito quanto già affermato nella sentenza del 19 gennaio 1994 (causa C-435/92), e cioè che, per quanto riguarda lo scaglionamento delle date di chiusura della caccia, "le autorità nazionali non sono autorizzate dalla direttiva sugli uccelli a fissare siffatte date scaglionate in ragione delle specie di uccelli, a meno che lo Stato membro interessato possa fornire la prova, avallata da dati tecnico-scientifici appropriati a ciascun caso specifico, che uno scaglionamento delle date di chiusura della caccia non sia di ostacolo alla protezione completa delle specie di uccelli che da tale scaglionamento possono essere interessati". Corte Costituzionale, del 20 dicembre 2002, sentenza n. 536. (vedi: sentenza per esteso)

Termine per l’attività venatoria il 31 gennaio - legittimità della disciplina statale - tutela dell’ambiente e dell’ecosistema demandate allo Stato - obbligo per le Regioni a statuto speciale di uniformarsi. La disciplina statale che prevede come termine per l’attività venatoria il 31 gennaio si inserisce, in un contesto normativo comunitario e internazionale rivolto alla tutela della fauna migratoria che si propone di garantire il sistema ecologico nel suo complesso. La suddetta disciplina risponde senz’altro a quelle esigenze di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema demandate allo Stato e si propone come standard di tutela uniforme che deve essere rispettato nell’intero territorio nazionale, ivi compreso quello delle Regioni a statuto speciale. Corte Costituzionale, del 20 dicembre 2002, sentenza n. 536. (vedi: sentenza per esteso)

Illegittimità costituzionale della legge della Regione Sardegna 7 febbraio 2002, n. 5, recante "Modifica dell'art. 49 della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23. La legge della Regione Sardegna, privilegiando un preteso "diritto di caccia" rispetto all’interesse della conservazione del patrimonio faunistico che è stato più volte riconosciuto come prevalente da questa Corte (sentenze n. 1002 del 1988; n. 35 del 1995; n. 169 del 1999), non rispetta il suddetto standard di tutela uniforme e lede, pertanto, i limiti stabiliti dallo Statuto della Regione Sardegna (art. 3, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3). Per questi motivi la C. C. dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Sardegna 7 febbraio 2002, n. 5, recante "Modifica dell'art. 49 della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23 - Norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia in Sardegna -, concernente il periodo di caccia". Corte Costituzionale, del 20 dicembre 2002, sentenza n. 536. (vedi: sentenza per esteso)

 

Determinazione mare territoriale ed il fondo e sottofondo marino (la c.d. piattaforma continentale) - res communes omnium - diritto internazionale - pesca o concessione anche ad altri fini di tratti di mare territoriale - pesca di specie marina di cui è vietata la cattura e danneggiamento - danneggiamento aggravato. La Corte territoriale ha esattamente inquadrato la questione sotto il profilo giuridico e ritenuto il fatto perseguibile d’ufficio, dovendosi considerare il mare territoriale ed il fondo e sottofondo marino (la c.d. piattaforma continentale) quali “cose destinate a pubblica utilità” rilevanti ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 625 n. 7 Cp, richiamato dall’articolo 635 Cp; ed invero mare territoriale e fondale marino, pur qualificabili come res communes omnium, sono soggetti, anche sotto il profilo del diritto internazionale (convenzioni di Ginevra del 1958), alla sovranità dello Stato che è portatore di un interesse diretto alla loro integrità (sezione seconda, 10.2.1984, Mento, rv 164776/7), sia per garantirne la conservazione come risorse naturali e la duratura fruizione da parte di tutti, sia per poterne disporre iure imperii nei casi previsti dalla legge (ad esempio in materia di pesca o di concessione anche ad altri fini di tratti di mare territoriale, ovvero in materia di esplorazione e sfruttamento del fondo e sottofondo marino). Del tutto corretta si palesa poi la motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, fondata su ineccepibili argomentazioni logiche, ed al trattamento sanzionatorio (in relazione al quale è richiamata l’esistenza di un precedente penale specifico), sicché, a prescindere dalla considerazione che anche in ordine a tale censura i motivi di ricorso riproducono per la gran parte quelli di ricorso, con conseguente genericità degli stessi, le censure sul punto sono comunque manifestamente infondate. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge. (Nella specie, Corbacio Giuseppe impugna la sentenza della Corte di appello di Lecce - sezione di Taranto, confermativa della decisione di primo grado con la quale è stato dichiarato colpevole dei reati - unificati nel vincolo della continuazione - di pesca di specie marina di cui è vietata la cattura e danneggiamento aggravato ai sensi dell’articolo 635, terzo comma, e 625 n. 7 Cp, per avere deteriorato i fondali della relativa zona di mare, mediante frantumazione degli scogli in cui la predetta specie vive incastonata. Come emerge dai provvedimenti di merito, l’imputato era stato sorpreso dalla polizia giudiziaria in zona di bassa scogliera lungo il litorale mentre, ancora interamente bagnato, si trovava in possesso senza giustificazione di un retino contenente il predetto pescato, un martello ed una pinza). Corte di Cassazione Sezione II sentenza 16 dicembre 2002 (Ud. 19 novembre 2002) n. 42119

 

Caccia e pesca - Caccia in area protetta (Parco dei Nebrodi) - Divieto assoluto - l.n.394/1991. L’esercizio della caccia all’interno di un area protetta (nella specie Parco dei Nebrodi - Sicilia) integra la contravvenzione prevista dagli articoli 11,comma 3 lett. a) e f), e 30, comma 1, L.n.394/1991 (legge-quadro sulle aree protette), che vieta, nei parchi, l’uccisione delle specie animali e l’introduzione a qualsiasi titolo, da parte di privati, di armi ed altri mezzi di cattura. - Pres. TORIELLO - Est. GRILLO - P.M. FRATICELLI - Imp. Mirabile. CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. III - 2 dicembre 2002 (c.c. 23 ottobre 2002) n. 40518

 

Caccia e pesca - Caccia in area protetta - Rinvenimento di armi da fuoco all’interno di un’area protetta - Reato ex art. 21, comma 1, lett. b), L. n. 157/1992 - Sussistenza. L’immediatezza temporale tra gli spari ed il rinvenimento degli indagati, nell’ambito di un Parco regionale o di un’area protetta in genere, con adeguati mezzi di caccia a disposizione e gli animali appena uccisi con armi da fuoco, sono elementi di fatto più che sufficienti per ipotizzare il reato di esercizio venatorio vietato ai sensi dell’art. 21 comma 1, lett.b) L.157/92. - Pres. TORIELLO - Est. GRILLO - P.M. FRATICELLI - Imp. Mirabile. CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. III - 2 dicembre 2002 (c.c. 23 ottobre 2002) n. 40518

Caccia e pesca - Fauna selvatica in genere - abbattimento di un animale di fauna selvatica protetta - Contravvenzione ex artt. 2lett c), e 30, comma 1 lett. b), L. n. 157/1992 - Sussistenza. L’abbattimento di un animale che rientra tra le specie di fauna selvatica protetta (nella specie ghiri) concretizza l’ipotesi di contravvenzione prevista dagli artt. 2lett c), e 30, comma 1 lett. b), L. n. 157/1992. (Cassazione Sez.III, 25 settembre 1995, n. 10352, Brasacchio). (Fattispecie: sono stati cacciati all’interno di un’area protetta ben 15 esemplari di ghiri). - Pres. TORIELLO - Est. GRILLO - P.M. FRATICELLI - Imp. Mirabile. CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. III - 2 dicembre 2002 (c.c. 23 ottobre 2002) n. 40518

Caccia e pesca - armi munizioni e selvaggina - sequestro probatorio - ex art. 253 c. 2, c.p.p.. Quando i provvedimenti di sequestro e convalida, ex art. 253 c. 2, c.p.p., hanno ad oggetto il “corpo del reato”, (in specie armi, munizioni “cose mediante le quali il reato è stato commesso” e selvaggina “prodotto del reato”) essi, nel loro momento genetico, sono sempre legittimi, essendo necessario e sufficiente che risulti giustificata tale qualificazione, senza che occorra specifica motivazione sulla sussistenza - nel concreto - delle finalità proprie del sequestro probatorio, e cioè la tutela delle esigenze probatorie, in quanto il rapporto con il reato non è mediato dalla finalità della prova, ma è immediato, tant’è che in via generale ne è prevista la confisca. - Pres. TORIELLO - Est. GRILLO - P.M. FRATICELLI - Imp. Mirabile. CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. III - 2 dicembre 2002 (c.c. 23 ottobre 2002) n. 40518

 

Caccia e pesca - Sequestro delle armi e dei mezzi di caccia - Reati ex art. 28, comma 2, lett. lettere a), b), c), d), ed e), dell’art. 30 L. n. 157/1992 - Confisca obbligatoria delle armi e dei mezzi di caccia quando sia stata inflitta una condanna - Sussistenza - Contravvenzione punita dalla lettera h) L. n. 157/1992 e art. 240 c.p. - Confisca facoltativa. L’art. 28, comma 2, della legge 11 febbraio 1992 n. 157 prevede la confisca obbligatoria delle armi e dei mezzi di caccia quando sia stata inflitta una condanna per le contravvenzioni punite dalle lettere a), b), c), d), ed e) dell’art. 30 stessa legge. Di conseguenza nei casi previsti dall'articolo 30, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. Non è invece prevista analoga confisca obbligatoria in caso di condanna per la contravvenzione punita dalla lettera h) dello stesso articolo. In tali casi la confisca delle armi utilizzate non è prevista come obbligatoria neppure in base all’art. 240, 2° comma, del c.p.; ma è semmai solo facoltativa ex art. 240, 1° c. del c.p.. In tale circostanza il Giudice deve motivare sulle ragioni per le quali intende fare uso del suo potere discrezionale di confisca. - Pres. POSTIGLIONE; Est. ONORATO; P.M. FAVALLI; Ric. FRANCINELLI. CORTE DI CASSAZIONE, sez. III penale - 28 novembre 2002 (3 ottobre 2002) n. 40265

 

Caccia con mezzi vietati - costituzione di parte civile dell'amministrazione provinciale - legittimita' - danno all'immagine dell'ente locale - risarcibilita' - fondamento. In materia di caccia e' legittima la costituzione di parte civile dell'Amministrazione provinciale in un procedimento per violazione dell'art. 30 della legge 11 febbraio 1992 n. 157, in caso di caccia esercitata con mezzi vietati, atteso che l'esercizio della caccia con mezzi diversi da quelli consentiti determina una illegittima sottrazione al servizio pubblico della tutela dell'ambiente faunistico. Il conseguente danno all'immagine della Provincia, cui compete il dovere di assicurare il corretto esercizio della caccia, legittima la risarcibilita' del danno patito dall'ente locale. Corte di Cassazione Sezione III sentenza del 25/10/2002 (UD.01/10/2002) n. 35868

 

Le controversie in materia di esistenza od estinzione di un diritto esclusivo di pesca appartengono alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche. Le controversie in materia di esistenza od estinzione di un diritto esclusivo di pesca appartengono alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche (v. Cass., sez. un., 28 aprile 1993, n.4994, che configura la giurisdizione del Tribunale superiore come giurisdizione esclusiva sul rapporto, tale da non implicare la necessità di impugnazione del provvedimento amministrativo. Consiglio di Stato Sezione IV, 16 ottobre 2002 n. 5651

 

Caccia in periodo consentito - abbattimento di esemplare escluso - reato di cui all'art. 30 della legge n. 157 del 1992 - configurabilita'. In materia di caccia,integra il reato contravvenzionale di cui all'art. 30, comma 1, lett. a) della legge 11 febbraio 1992 n. 157, e non semplice infrazione amministrativa, l'abbattimento di un esemplare di fauna in periodo nel quale, pur essendo generalmente consentita la caccia, essa e' tuttavia vietata con riguardo alla specie cui appartiene l'esemplare abbattuto. Vedi: Cass. 1999 n.2499. Corte di Cassazione Sezione III sentenza del 14/10/2002 (UD.07/06/2002) n. 34293

 

Caccia e pesca - Art. 18 L. n. 157/1992 - Distinzione tra una stagione venatoria generale e stagioni venatorie particolari per singole specie - Insussistenza. La corretta interpretazione dell’art. 18 della L. n. 157/1992, secondo criteri letterali e sintetici, porta a concludere che la norma non intende introdurre una distinzione tra stagione venatoria generale e stagioni venatorie particolari per le singole specie. Ciò in quanto le date fissate dall’art. 18 sono sempre riferite alle singole specie cacciabili. - Pres. SAVIGNANO, Est. ONORATO - Imp. Signorini. CORTE DI CASSAZIONE, sez. III penale - 14 ottobre 2002 (7 giugno 2002) n. 34293

 

Caccia e pesca - Caccia esercitata con mezzi vietati - Costituzione di parte civile dell'amministrazione provinciale - Legittimità - Risarcibilità del danno patito dall'ente locale. In materia di caccia è legittima la costituzione di parte civile dell'amministrazione provinciale in un procedimento per violazione dell'art. 30 l. 11 febbraio 1992 n. 157, in caso di caccia esercitata con mezzi vietati, atteso che l'esercizio della caccia con mezzi diversi da quelli consentiti determina una illegittima sottrazione al servizio pubblico della tutela dell'ambiente faunistico. Il conseguente danno all'immagine della Provincia, cui compete il dovere di assicurare il corretto esercizio della caccia, legittima la risarcibilità del danno patito dall'ente locale. CORTE DI CASSAZIONE penale, sez. III, 1 ottobre 2002, n. 35868

 

Caccia e pesca - Fauna selvatica in generale - Controllo - Attribuzioni alle Regioni - danni provocati da animali selvatici a persone o a cose - Risarcimento - art. 2043 c.c. - L.157/92. Lo Stato conferisce alle regioni la potestà di emanare le norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica (patrimonio indisponibile dello Stato, ex l. 11 febbraio 1992 n. 157) e affida alle medesime i poteri di gestione, tutela e controllo, riservando invece alle province le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna ad esse delegate ai sensi della legge n. 142 del 1990 (art. 9, comma 1). Pertanto, la regione, è obbligata ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrechi danni a terzi, è responsabile ex art. 2043 c.c. dei danni provocati da animali selvatici a persone o a cose, il cui risarcimento non sia previsto da specifiche norme. Regione Toscana c. Bartolucci ed altri CORTE DI CASSAZIONE, Civile Sez. III, 24 settembre 2002, sentenza n. 13907

 

Caccia e pesca - Abbattimenti selettivi - Disciplina della caccia controllata autorizzata dalle regioni. La disciplina della caccia controllata autorizzata dalle regioni, ai sensi dell'art. 19 l. n. 157 del 1992, impone che gli abbattimenti selettivi vengano posti in essere da soggetti specificamente individuati (guardie venatorie provinciali e, eventualmente, i proprietari o i conduttori dei fondi sui quali si attuano gli stessi piani di abbattimenti selettivi) e previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. (Calopardi e altro) TRIBUNALE VITERBO, 4 settembre 2002

 

Caccia e pesca - Stagione venatoria - Vigenza di divieti di caccia per una specie - Abbattimento di esemplare della specie di cui al divieto - Reato ex art. 30, comma 1, lett. a), L. n. 157/1992 - Sussistenza - Art. 18 L. n. 157/1992 - Distinzione tra una stagione venatoria generale e stagioni venatorie particolari per singole specie - Insussistenza. L'abbattimento di un esemplare di fauna in periodo in cui, pur essendo generalmente consentita la caccia, essa è tuttavia vietata con riguardo alla specie cui appartiene l'esemplare ucciso, realizza il reato contravvenzionale, ai sensi dell'art. 30 comma 1 lett. a), l. 11 febbraio 1992 n. 157, e non la semplice infrazione amministrativa. Una corretta interpretazione dell’art. 18 della L. n. 157/1992 secondo criteri letterali e sintetici porta a concludere che la norma non intende introdurre una distinzione tra stagione venatoria generale e stagioni venatorie particolari per le singole specie. Ciò in quanto le date fissate dall’art. 18 sono sempre riferite alle singole specie cacciabili. (Pres. SAVIGNANO, Est. ONORATO - Imp. Signorini e altro) CORTE DI CASSAZIONE penale, sez. III, 7 giugno 2002, n. 34293

 

La richiesta di concessione edilizia per l’attività di tiro a segno - profili esclusivamente sportivi - legittimità del diniego della concessione sul rilievo del contrasto con il vigente P.R.G.. L'attività di tiro a segno ha perso nel tempo ogni implicazione militare per assumere contenuti e profili esclusivamente sportivi; per ciò la realizzazione delle relative opere non rientra nella speciale disciplina derogatoria di cui all'art. 10, L. 6 agosto 1967, n. 765, dovendosi escludere qualsiasi collegamento tra la medesima attività e la difesa militare dello Stato. La richiesta di concessione edilizia (per la costruzione di un manufatto (ricovero per segnalatori) al servizio del poligono di tiro) è legittimamente respinta dal Comune sul rilievo del contrasto con il vigente P.R.G., in quanto per l’area in questione lo strumento urbanistico prevede la destinazione a verde pubblico. Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 maggio 2002, n. 2930. (vedi: sentenza per esteso)

 

 La disciplina normativa dei poligoni di tiro a segno nel nostro ordinamento - destinazione urbanistica dei poligoni di tiro ed interessi costituzionalmente protetti, come quelli urbanistici, edilizi e paesaggistici - la qualificazione di un’opera come destinata alla difesa militare. La disciplina derogatoria per le “opere destinate alla difesa nazionale “ trova giustificazione nelle particolari esigenze che tali opere sono destinate a soddisfare, esigenze che non possono essere apprezzate e limitate dalle autorità locali. Peraltro manca nel nostro ordinamento un’enunciazione in termini normativi e generali della definizione di siffatte opere, riferendosi le sporadiche indicazioni che si rinvengono in proposito ad ambiti e finalità di volta in volta determinati (per esempio, l. 18 agosto 1978 n. 497, art. 5). Per ciò, in considerazione che la menzionata destinazione delle opere (domanda di concessione edilizia per la costruzione di un manufatto ( ricovero per segnalatori ) al servizio del poligono di tiro) può determinare la compressione di altri interessi costituzionalmente protetti, come quelli urbanistici, edilizi e paesaggistici, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha sottolineato l'esigenza che, tanto in sede legislativa che amministrativa, siano precisati con il dovuto rigore i criteri suscettibili di qualificare l’opera come destinata alla difesa nazionale. Pertanto, è stata esclusa la validità del riferimento al solo profilo soggettivo, cioè alla natura “ militare “ dell’Amministrazione interessata ai lavori ed è stato affermato che, in ogni caso, tali criteri devono investire sia le caratteristiche oggettive che le finalità dell’opera (Corte cost., 1° aprile 1992, n. 150). L’individuazione delle opere in argomento, quindi, deve essere effettuata in concreto sulla base della loro effettiva ed inequivoca destinazione alla difesa militare che si riveli mediante un chiaro nesso teologico che a questa le ricolleghi. Dal canto suo, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di osservare che il concetto di opera destinata alla difesa militare non può essere riferito esclusivamente alle opere realizzate o utilizzate dal Ministero della difesa, potendo comprendere anche quelle di altre Amministrazioni, purchè siano considerate tali da un’apposita norma definitoria o intervenga un formale atto di riconoscimento. E’ stato aggiunto che la qualificazione di un’opera come destinata alla difesa militare richiede sempre una manifestazione di volontà del Ministero dei lavori pubblici, dal momento che, per effetto dell’art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, essa comporta la sottrazione dell’opera stressa al controllo del Ministero, altrimenti competente ad accertare la conformità alla disciplina urbanistica o comunque a stabilirne la localizzazione, d’intesa con la Regione e gli enti locali interessati ( Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 1999, n. 1712 ). Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 maggio 2002, n. 2930. (vedi: sentenza per esteso)

 

Inclusione da parte delle Regioni di specie sottratte dagli elenchi delle specie cacciabili (legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157) - illegittimità. Illegittimità costituzionale della delibera legislativa recante "Ulteriori modificazioni alla legge regionale 1° luglio 1994 n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio)", riapprovata a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale della Liguria, per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 19 della legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157. Le legge regionale consentiva - sia pure in via derogatoria e allo scopo di prevenire danni alle colture e altri eventi dannosi - la caccia alle specie selvatiche enumerate al comma 2 dell’art. 34, il quale include più di una specie sottratta dagli elenchi delle specie cacciabili dal citato D.P.C.M. 21 marzo 1997. La rigorosa disciplina del controllo faunistico recata dall'art. 19 della legge n. 157 del 1992 è strettamente connessa all'ambito di operatività della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Corte Cost. Sentenza 17 maggio 2001 n. 135. (vedi: Sentenza per esteso)

 

Liceità di negozi riguardanti armi ad uso scenico, venatorio o sportivo - condizioni - locazione e comodato di armi da guerra o comuni da sparo. In tema di locazione e comodato di armi da guerra o comuni da sparo, la illiceita' della condotta e' esclusa solo alla doppia condizione che l'oggetto materiale sia obiettivamente qualificabile quale arma per uso scenico o destinata ad uso sportivo o di caccia, e che l'arma concessa in locazione od in comodato sia effettivamente destinata dal ricevente all'uso scenico, sportivo o venatorio. Corte di Cassazione Sez. I del 14 marzo 2002, sentenza n. 10650

 

Caccia e pesca - Armi - Fucili da caccia - Immatricolazione - Obbligo - Iscrizione nel catalogo. L'obbligo stabilito nell'art. 11 l. n. 110 del 1975, d’immatricolazione delle armi comuni da sparo (art. 11), sussiste per tutte le armi comuni da sparo e, quindi, anche per i fucili da caccia ad anima liscia, per i quali, tuttavia, non vige l'obbligo di iscrizione nel catalogo delle armi comuni da sparo previsto dall'art. 7 della medesima legge. Lattuada CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. I - 1 marzo 2002, n. 16127

 

Pesca - Marittima - Pesca dei datteri di mare - Reato previsto ex artt. 15 e 24 legge n. 963 del 1965. La pesca e la detenzione dei cd. datteri di mare sono da considerare rientranti nelle previsioni di cui all'art. 15, comma 1, lett. c), della legge 14 luglio 1965 n. 963 - recante la disciplina della pesca marittima - penalmente sanzionate dall'art. 24 della stessa legge, in virtù della avvenuta integrazione, da parte della competente autorità amministrativa, del precetto della norma penale in bianco, contenuta nel citato art. 15, nella parte in cui si riferisce a quelle specie di cui sia vietata la cattura, in qualunque stadio della crescita, senza preventiva autorizzazione del Ministero della marina mercantile e, successivamente, di quello delle risorse agricole, alimentari e forestali, ex art. 32 della stessa legge. (Nel caso di specie la Corte ha richiamato la vigenza al momento del fatto del D.M. 26 settembre 1996). Ric. Zampi M. (L, 14 luglio 1963, n. 963, art. 15; L, 14 luglio 1963, n. 963, art. 24; L, 14 luglio 1963, n. 963, art. 32). [RV218353] - CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 11 dicembre 2000, (ud. 7 novembre 2000) n. 12955

 

Costituisce esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla anche se il cacciatore abbia il fucile scarico ed aperto. Costituisce esercizio venatorio, sanzionabile amministrativamente, anche il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla, tale attitudine non può considerarsi esclusa dal fatto che il cacciatore abbia il fucile scarico ed aperto, potendo essere, proprio perché aperto, rapidamente caricato ed utilizzato per abbattere la selvaggina. Cassazione civile sez. III, 15 novembre 2000, n. 14824. (Vedi anche Cassazione Civile 1997 n. 8890 in: Sentenze per esteso).

 

Pesca - c.d. datteri di mare - Divieto assoluto di pesca, detenzione e commercio - L. n. 963/1965 - Norma penale in bianco. L'esistenza di un divieto assoluto di pesca, detenzione e commercio dei datteri di mare ritenendo "l'avvenuta integrazione, da parte della competente Autorita' amministrativa, del precetto della norma penale in bianco, contenuta nel citato art. 15 della L. 14 luglio 1965, n. 963, nella parte in cui si riferisce a quelle specie di cui sia vietata la cattura, in qualunque stadio della crescita, senza preventiva autorizzazione del Ministero della Marina mercantile (e, successivamente, di quello delle Risorse agricole, alimentari e forestali), ex art. 32 della L. n. 963 del 1965". (ric. Zampi) CORTE DI CASSAZIONE Sezione Terza Penale sentenza 7 novembre 2000, n. 12955

 

Divieto di introduzione e di attraversamento nei parchi e nelle riserve, da parte di privati, di armi (anche se scariche e riposte nell'apposita custodia), esplosivi e mezzi distruttivi o di cattura in genere senza apposita autorizzazione “Il reato di cui al combinato disposto degli artt. 11, comma 3, lett. f), e 30, comma 2, della legge 6 dicembre 1991 n.394, consistente nella violazione del divieto di introduzione nei parchi nazionali, da parte di privati, di armi, esplosivi e mezzi distruttivi o di cattura in genere senza apposita autorizzazione - divieto operante, per il disposto di cui all'art.6, comma 4, della citata legge n.394/1991 anche per ogni altra area protetta, quale definita e classificata seconda la deliberazione del Ministero dell'ambiente in data 2 dicembre 1996, in G.U. n.139 del 17 giugno 1997 - è configurabile anche nel caso in cui l'arma venga trasportata, scarica, chiusa nella sua custodia ed a bordo di un veicolo, durante l'attraversamento dell'area protetta da parte di soggetti diretti altrove; e ciò senza che in contrario possa farsi richiamo, trattandosi di un fucile da caccia, all'art.21, lett. g), della legge il febbraio 1992 n.157, in base al quale è consentito il trasporto delle armi da caccia purché scariche e chiuse in custodia, anche in zone in cui è vietata l'attività venatoria, atteso che tale disposizione, riferendosi alle "altre" zone in cui opera il detto divieto, non vale relativamente ai luoghi specificamente indicati alle lettere da a) ad e) dello stesso art. 21 (tra i quali figurano i parchi nazionali e le riserve naturali), nei quali il divieto in questione si correla ad interessi ulteriori rispetto a quelle di mera protezione della fauna selvatica”. Corte di Csassazione - Sez. III Penale , 5 gennaio 2000, n. 30 - ud. 22 ottobre 1999  

 

Divieto di caccia nei Parchi - non necessitano le tabellazioni. Ai sensi del combinato disposto degli art. 21 comma 1 lett. b) e 30 comma 1 lett. d) l. n. 157 del 1992 e dell'art. 22 comma 6 l. n. 394 del 1991, l'attività venatoria è vietata all'interno di tutti i parchi nazionali, naturali regionali e delle riserve naturali ed è irrilevante il caso in cui in epoca successiva alla commissione del reato, nel medesimo luogo, la caccia sia stata consentita a causa della nuova perimetrazione operata da una legge regionale, risultando inapplicabile in tal caso il principio del "favor rei". I parchi nazionali, essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati su Gazzette e Bollettini Ufficiali, non necessitano della tabellazione perimetrale al fine di essere individuati come aree ove sia vietata l'attività' venatoria e pertanto non può essere riconosciuta la buona fede degli imputati del reato di esercizio venatorio in area protetta in caso di assenza di tabellazione. Cassazione penale sez. III, 19 marzo 1999, n. 5457

 

Divieto di uccellagione. Costituisce uccellaggione, penalmente sanzionata dall'art. 30 lett. e) l. 11 febbraio 1992 n. 157, e non il meno grave reato di esercizio della caccia con mezzi vietati, previsto e punito dalla lett. h) del medesimo art. 30 l'installazione di trappole munite di lacci di crine, per la cattura e lo strangolamento di volatili, atteso che in tal modo si realizza la possibilità, caratteristica appunto dell'uccellaggione rispetto all'altra ipotesi di reato, di un depauperamento, sia pure parziale, della fauna selvatica, riconducibile alle modalità indiscriminate dell'esercizio venatorio. Cassazione penale sez. III, 2 giugno 1999, n. 9607.

 

Violazione del divieto di caccia in fondo chiuso - irrilevanza della notifica regionale e della mancata opposizione di cartelli di divieto. Ai fini della configurabilità della violazione divieto di caccia in fondo chiuso di cui all'art. 17 della l. n. 968 del 1997 (norma poi sostituito dalla l. n. 157 del 1992, ma applicabile, "ratione temporis", alla fattispecie), è sufficiente che il fondo risulti recintato con rete metallica o con struttura muraria, senza che assuma rilievo, per converso, ne' la mancata apposizione di cartelli di divieto ne' l'omessa notifica (prevista dal ricordato art. 17) ai competenti organi regionali. Cassazione civile sez. I, 12 gennaio 1999, n. 249.

 

Deroga al prelievo venatorio da parte delle Regioni alla L. n. 157/1992, illegittimità costituzionale - Patrimonio indisponibile dello Stato - Affievolimento del "diritto" di caccia - Perentorietà dell'elenco delle specie cacciabili. La l. 11 febbraio 1992 n. 157, pur avendo recepito espressamente la direttiva comunitaria 2 aprile 1979 n. 409 Cee sulla conservazione degli uccelli selvatici, non ha disciplinato la facoltà di deroga ai divieti di prelievo venatorio come introdotta dall'art. 9 stessa direttiva; pertanto, sono illegittimi gli atti regionali di autonoma attivazione in via amministrativa della detta deroga, senza attendere la necessaria legge nazionale che, in materia, deve valutare organicamente i vari interessi in gioco (non soltanto quelli di carattere venatorio), con la conseguente legittimità costituzionale,  sul piano dell'incisione sulle competenze regionali, delle decisioni degli organi di controllo statale recanti annullamento di quegli atti.

 Anche quando sussista la possibilità di coesistenza di fonti statali con quelle regionali, la fonte nazionale è legittimata ad intervenire secondo modalità procedurali e sulla base di presupposti prescritti dall'ordinamento; pertanto, il d.P.C.M. 27 settembre 1997, recante modalità di esercizio delle deroghe ai divieti di caccia, di cui all'art. 9 1 lett. c) direttiva comunitaria 2 aprile 1979 n. 409 Cee, sulla conservazione degli uccelli selvatici, è costituzionalmente illegittimo, tanto se si tratti di regolamento, quanto se si configuri come atto di indirizzo e coordinamento, per il fatto di essere stato adottato in assenza di supporto legislativo e senza il rispetto del giusto procedimento richiesto, ivi incluso il mancato intervento della conferenza Stato - Regioni. 

 Le attribuzioni delle regioni in tema di caccia, pur tenendo conto degli ulteriori trasferimenti di competenze operato in loro favore dal d.l.g. 4 giugno 1997 n. 143, non implicano il disconoscimento delle competenze rimaste affidate, in materia di tutela della fauna selvatica, allo Stato e tali da riflettersi anche sulla disciplina delle modalità della caccia stessa, nei limiti in cui siano dettate misure indispensabili ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione di specie selvatiche.

 In considerazione del carattere di norme di riforma economico - sociale proprio delle disposizioni protettive della fauna selvatica, nonché del carattere unitario ad esse sottostanti, attualmente le regioni hanno la facoltà di modificare gli elenchi delle specie cacciabili soltanto in senso ulteriormente limitativo delle eccezioni al divieto generale di caccia. 

 In tema di prelievo venatorio e di protezione della fauna selvatica omeoterma, il quadro dell'ordinamento interno (specie l. 11 febbraio 1992 n. 157), in adesione a quello comunitario, si basa sui seguenti principi: a) appartenenza della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato; b) affievolimento del diritto di caccia, subordinato alle precedenti istanze di conservazione del patrimonio faunistico e di salvaguardia della produzione agricola; c) regime di caccia programmata; d) elencazione delle specie soggette a prelievo venatorio, aggiornabile al seguito delle discipline comunitarie ed internazionali. Corte costituzionale 14 maggio 1999, n. 169

 

Pesca - Tutela dell'ambiente marino - Pesca dei datteri di mare - Reato configurabile. La pesca e la detenzione dei c.d. "datteri di mare" sono da considerare rientranti nelle previsioni di cui all'art. 15, comma 1, lett. c), della L. 14 luglio 1965 n. 963 (penalmente sanzionate dall'art. 24, comma 1, di detta legge), nella parte in cui esse si riferiscono alle "specie di cui sia vietata la cattura in qualunque stadio di crescita, senza la preventiva autorizzazione del Ministero della marina mercantile", dovendosi invece escludere la inquadrabilità della condotta in questione nell'ambito della lett. a) del citato art. 15 (sanzionata soltanto in via amministrativa) che proibisce la pesca "in zone e tempi vietati da regolamenti, decreti, ordini legittimamente emanati dall'autorità amministrativa"; e ciò essenzialmente in considerazione del fatto che, pur risultando la pesca, la detenzione e la commercializzazione dei "datteri di mare" oggetto di un divieto contenuto in decreti ministeriali validi ciascuno per il limitato periodo di due anni, emanati ai sensi dell'art. 32 della legge n. 963/65, il susseguirsi ininterrotto di tali decreti a far tempo da oltre nove anni addietro ha, di fatto, introdotto un regime di stabilità di detto divieto, da considerare ormai finalizzato alla salvaguardia di permanenti esigenze di tutela dell'ambiente marino. Ric. Rispo. (L, 14 luglio 1965, n. 963, art. 15; L, 14 luglio 1965, n. 963, art. 24; L, 14 luglio 1965, n. 963, art. 32). [RV209384] CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 30 gennaio 1998, (ud. 21 novembre 1997) n. 1213

 

Pesca - Detenzione dei c.d. datteri di mare - Disciplina applicabile - Salvaguardia di permanenti esigenze di tutela dello ambiente marino - Artt. 15 c. 1, lett. c, 24, c. 1 e 32, L. n. 963/1965. La pesca e la detenzione dei c.d. datteri di mare sono da considerare rientranti nelle previsioni di cui all'art. 15 della L. 14 luglio 1965, n. 963, comma 1, lett. c) (penalmente sanzionate dall'art. 24, comma 1, della L. n. 963 del 1965), nella parte in cui esse si riferiscono alle specie di cui sia vietata la cattura in qualunque stadio di crescita, senza la preventiva autorizzazione del Ministero della Marina mercantile, dovendosi invece escludere la inquadrabilita' della condotta in questione nell'ambito della lett. a) del citato art. 15 della L. n. 963 del 1965, sanzionata soltanto in via amministrativa, che proibisce la pesca in zone e tempi vietati da regolamenti, decreti, ordini legittimamente emanati dall'Autorita' amministrativa; e cio' essenzialmente in considerazione del fatto che, pur risultando la pesca, la detenzione e la commercializzazione dei datteri di mare, oggetto di un divieto contenuto in decreti ministeriali, emanati ai sensi dell'art. 32 della L. n. 963 del 1965 e validi ciascuno per il limitato periodo di due anni, il susseguirsi ininterrotto di tali decreti a far tempo da oltre nove anni addietro ha, di fatto, introdotto un regime di stabilità del divieto, sostanzialmente finalizzato alla salvaguardia di permanenti esigenze di tutela dello ambiente marino". (ric. Rispo), CORTE DI CASSAZIONE - Sezione Terza Penale sentenza 21 novembre 1997, Sentenza n. 1213

 

Elementi presuntivi che provano l’esercizio della caccia - legittimità della sanzione amministrativa. L'esercizio della caccia può essere provato anche in base ad elementi presuntivi, che rivelino unicamente il proposito di attività venatoria. Tale è la situazione di chi si trova con fucile e cartucciera in evidente atteggiamento di caccia, a nulla rilevando che il fucile sia scarico ed aperto. (Pretura Perugia, 24 aprile 1995). In tema di sanzioni amministrative, costituisce esercizio venatorio anche il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla, senza che tale attitudine possa considerarsi esclusa dal fatto che il cacciatore abbia il fucile scarico ed aperto, potendo essere, proprio perché aperto, rapidamente caricato ed utilizzato per abbattere la selvaggina. Cassazione civile sez. I, 10 settembre 1997, n. 8890. (vedi: sentenza per esteso)

 

Pesca marittima - Tutela delle risorse biologiche - Art. 15 lett. c) legge n. 963 del 1965 - Norma primaria in bianco sanzionata dal successivo art. 24. L'art. 15 lett. c) L. 14 luglio 1965, n. 963 (tutela delle risorse biologiche e dell'attività di pesca) costituisce una norma primaria in bianco, la cui sanzione è assicurata dal successivo art. 24. Essa, al fine di assicurare la tutela delle risorse biologiche, si applica a tutti i comportamenti in contrasto con divieti che, non potendo essere previsti in modo onnicomprensivo nella legge stessa, vengono dettati con apposito decreto del Ministro della marina mercantile, ai sensi dell'art. 32 della legge medesima, sentita la commissione consultiva centrale per la pesca marittima. (Nella specie, relativa ad annullamento con rinvio di sentenza di assoluzione, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato di imputato che aveva detenuto presso la sua pizzeria «datteri di mare» di cui era vietata la detenzione ex D.M. 20 agosto 1988, n. 401, la S.C. ha precisato che il principio della riserva di legge dettato dall'art. 25 Cost. è stato rispettato perché la legge dello Stato ha indicato con sufficiente chiarezza i presupposti, i caratteri ed il contenuto del precetto penale, mentre al decreto ministeriale è affidato soltanto il limitato ruolo di specificare nei dettagli le modalità delle suddette annotazioni). Ric. Porcelli. (L, 14 luglio 1965, n. 963, art. 15; L, 14 luglio 1965, n. 963, art. 24). CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 27 maggio 1993, (ud. 21 aprile 1993) n. 5366