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Giurisprudenza

  

  Beni culturali e ambientali

Urbanistica - Vincoli in genere

 

 

2003

 

 

Vedi anche: aree protette

 

N.B.: La Legge 431/1985 è stata inserita in toto nel D. L.vo 1999 n. 490, che a sua volta è stato inglobato nel Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.42:

Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio continuando a produrre sostanzialmente identici effetti legislativi e giurisprudenziali.

 

 

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L. 8 agosto 1985, n. 431( C.d. L. Galasso)  - D. Lgs. 1999 n. 490 - Vincoli in genere demanio...

 

Beni culturali e ambientali - Patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (cose d'antichità e d'arte) - Ricettazione di reperti archeologici - Reato presupposto - Illecito impossessamento di beni culturali appartenenti allo Stato - Sussistenza. In tema di beni culturali, il reato presupposto del delitto di ricettazione di reperti archeologici consiste nel delitto di illecito impossessamento di beni culturali appartenenti allo Stato (c.d. furto archeologico, previsto dall'art. 125 D.Lgs. n. 490/99, in precedenza sanzionato dall'art. 67 L. n. 1089/39). PRES: Di Iorio G. EST: Fumu G. IMP: Di Luzio. P.M: Cesqui E. (Diff.). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. II, del 24/12/2003 (Ud. 10/12/2003 n.01853), Rv. 227586, Sentenza n. 49406

 

Beni Culturali e ambientali - Beni archeologici, storici o artistici nazionale - Reato di contraffazione di opere d'arte - Previgente disposizione di cui alla L. n. 1082/1971 - Nuove disposizioni di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999 - Continuità normativa. L'ipotesi di reato di cui all'art. 127 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, contraffazione di opere d'arte nelle diverse fattispecie di cui al comma 1, si pone in continuità normativa con la previgente disposizione di cui all'art. 3 della Legge 20 novembre 1971 n. 1082, atteso che trattasi dello stesso precetto, con eguale sanzione, con l'unica differenza che non si richiede piu' che il fine di trarne profitto debba essere illecito, essendo sufficiente che il fatto sia stato commesso per trarne comunque un profitto. PRES. Papadia U REL. Rizzo A COD.PAR.342 IMP. Viglietta PM. (Parz. Diff.) Albano A. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 19/12/2003, (UD.04/11/2003) RV. 226866 Sentenza n. 48695

Beni Culturali e ambientali - Beni archeologici, storici o artistici nazionale - Contraffazione di opere d'arte - Condizioni per la non punibilità - L. n. 1082/1971, artt. 3 e 8 - D. L.gs. n. 490/1999 artt. 127 e 128 - Specificazione della non autenticità. In tema di contraffazione di opere d'arte, punita dall'art. 127 del D.L.gs. 29 ottobre 1999 n. 490, la non punibilità del fatto è esclusa, ex art. 128 dello stesso decreto, soltanto in caso di dichiarazione espressa di non autenticità mediante annotazione scritta sull'oggetto, analogamente a quanto previsto nella previgente disposizione di cui all'art. 8 della Legge 20 novembre 1971 n. 1082. PRES. Papadia U REL. Rizzo A COD.PAR.342 IMP. Viglietta PM. (Parz. Diff.) Albano A.. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 19/12/2003, (UD.04/11/2003) RV. 226867, Sentenza n. 48695

 

Beni culturali e ambientali - Patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (cose d'antichità e d'arte) - In genere - Reato di impossessamento illecito di beni culturali - Accertamento del requisito dell'interesse culturale - Desumibilità solo dal provvedimento della P.A. - Esclusione - Caratteristiche intrinseche del bene - Sufficienza - Art. 67 L. n. 1089/1939 - Art. 125 D. Lg. n. 490/1999 - D. Lg. n. 41/2004. Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 125 del D. Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, non e' necessario che i beni siano qualificati come tali da un formale provvedimento della pubblica amministrazione, essendo sufficiente la desumibilità della sua natura culturale dalle stesse caratteristiche dell'oggetto, non essendo richiesto un particolare pregio per i beni culturali di cui all'art. 1, comma primo, del citato decreto n. 490. (Dal 1 maggio 2004 il decreto n. 490 del 1999 e' sostituito dal D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 41). Pres. De Maio G - Est. Novarese F - Imp. Petroni - PM. (Diff.) Passacantando G. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 16 Dicembre 2003 (CC.25/11/2003) RV. 226870, sentenza n. 47922

 

Urbanistica e edilizia - Costruzione edilizia in luogo diverso da quello individuato in progetto - Reato di cui all'art. 20 L. n. 47/1985 - Configurabilità - Fondamento - Violazione del corretto assetto del territorio - Art. 44 D. P. R. n. 380/2001. In materia edilizia la localizzazione di un fabbricato in luogo diverso da quello indicato nel progetto assentito dall'autorità comunale integra la violazione dell'art. 20, lett. a), della legge 28 febbraio 1985 n. 47, ora sostituito dall'art. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 - Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, atteso che ciò comporta una violazione attinente al corretto assetto del territorio. PRES. Papadia U REL. Postiglione A COD.PAR.368 IMP. Casa' PM. (Conf.) Hinna Danesi F. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 05/12/2003 (UD. 19/09/2003), RV. 226891, Sentenza n. 46865

 

Urbanistica - Costruzione edilizia in zona protetta - Annullamento del nulla osta paesaggistico - Perfezionamento dell’iter procedurale - Termine perentorio di 60 giorni - Art. 82 c. 9, d.P.R. n. 616/1977 - L. n. 431/1985. Il termine perentorio di 60 giorni previsto dall’art. 82, comma 9, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nel testo modificato dal d.l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 agosto 1985, n. 431, si riferisce solo all’adozione del provvedimento ministeriale di annullamento di nulla osta paesistico per la realizzazione di costruzione edilizia in zona protetta, e non anche alla successiva fase di comunicazione o notificazione. Inoltre è irrilevante che la comunicazione dell’atto di annullamento avvenga dopo la scadenza del detto termine, trattandosi di incombente esterno rispetto al perfezionamento dell’iter procedurale relativo al controllo ministeriale (sez. VI, 7 ottobre 2003, n. 5903). Detto termine perentorio di 60 giorni inizia a decorrere dalla data in cui la documentazione relativa al procedimento conclusosi con il rilascio del nulla osta giunge, completa, all’amministrazione centrale; non essendo sufficiente a tal fine il ricevimento della documentazione stessa da parte dell’organo periferico dell’amministrazione statale (sez. VI 8 marzo 2000, n. 1162 e 17 febbraio 2000, n. 885). CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 28 novembre 2003, sentenza n. 7792

 

Aree demaniale - Parchi e riserve naturali - Incompatibilità tra l’utilizzazione dei terreni demaniali e le destinazioni del Piano territoriale del Parco Fluviale - L. reg. Liguria n. 43/1982. Una volta accertata l’esistenza di una situazione di incompatibilità tra l’utilizzazione dei terreni demaniali e le destinazioni del Piano territoriale del Parco Fluviale, l’interesse non può che essere preso in considerazione secondo le regole che lo governano. Nella specie la legge regionale Liguria n. 43 del 1982 e la disciplina contenuta nel Piano Territoriale del Parco, secondo cui la tutela è realizzata attraverso forme volte a garantire che il trasferimento delle attività ritenute incompatibili avvenga secondo modalità e procedure appositamente individuate. (Il Consorzio della Magra comunicava a una concessionaria di terreni demaniali compresi nel perimetro del Piano Territoriale del Parco Fluviale che l’utilizzo del terreno demaniale non era più consentito). CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 28 novembre 2003, sentenza n. 7791

 

L’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici - L. n.1497/1939 - sanzione amministrativa - termine di cinque anni - condonabilità degli abusi commessi in zone soggette a tutela ambientale - parere favorevole dell’autorità competente. L’art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 va interpretato (Cfr., Sez. IV, 12 novembre 2002, n. 6279; Sez. V, 8 giugno 1994, n. 614; Sez. VI, 2 giugno 2000, n. 3184; 9 ottobre 2000, n. 5373) nel senso che: l’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce una vera e propria sanzione amministrativa che prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale, non rappresentando una forma di risarcimento del danno; la condonabilità degli abusi commessi in zone soggette a tutela ambientale, purchè sia intervenuto il parere favorevole dell’autorità competente ai sensi dell’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47; l’applicabilità della sanzione di cui al predetto art. 15 anche nel caso in cui sia intervenuto il previsto nulla osta, come precisato dall’art. 2, comma 46 della legge 23 dicembre 1966, n. 662, norma di natura chiaramente interpretativa; l’applicabilità dell’art. 28 legge n. 689 del 24 novembre 1981, a norma del quale “il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative punite con pena pecuniaria si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”, atteso che i principi e le norme dettati dal capo I della legge n. 689 del 1981 sono applicabili, per espresso dettato legislativo, a tutte le violazioni punite con sanzioni amministrative pecuniarie, anche se non previste in sostituzione di una sanzione penale (art. 12 legge n. 689 del 1981) e, quindi, anche agli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica puniti con sanzione pecuniaria. Pres. BARBAGALLO - Est. RULLI - Regione Basilicata (avv.ti Viggiani e Santoro) c. Leonasi (avv. Bonifacio) - (annulla T.A.R. Basilicata sentenza n. 776 del 20 dicembre 2000) CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7769 (vedi: sentenza per esteso)

 

Tutela urbanistica edilizia e del paesaggio - prescrizione quinquennale - applicazione. La regola della prescrizione quinquennale, decorrente dal giorno della commissione della violazione, pur dovendo, in astratto, trovare applicazione in materia di illeciti amministrativi puniti con pena pecuniaria previsti dalla normativa di tutela urbanistica edilizia e del paesaggio (Cass., I Sez., 25 luglio 1997 n. 6967), richiede, però, talune precisazioni. Pres. BARBAGALLO - Est. RULLI - Regione Basilicata (avv.ti Viggiani e Santoro) c. Leonasi (avv. Bonifacio) - (annulla T.A.R. Basilicata sentenza n. 776 del 20 dicembre 2000) CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7769 (vedi: sentenza per esteso)

Illeciti in materia urbanistica edilizia e paesistica - opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni - la commissione degli illeciti si protrae sino al conseguimento delle prescritte autorizzazioni - illecito amministrativo permanente. Gli illeciti in materia urbanistica edilizia e paesistica, ove consistano nella realizzazione di opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni, hanno carattere di illeciti permanenti, di talché la commissione degli illeciti medesimi si protrae nel tempo, e viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a, dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni; (cfr. C.d.S., Sez. VI, 2 giugno 2002, n. 3184). Pres. BARBAGALLO - Est. RULLI - Regione Basilicata (avv.ti Viggiani e Santoro) c. Leonasi (avv. Bonifacio) - (annulla T.A.R. Basilicata sentenza n. 776 del 20 dicembre 2000) CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7769 (vedi: sentenza per esteso)

La prescrizione dell'illecito amministrativo permanente - decorrenza - illeciti amministrativi in materia paesistica urbanistica edilizia - la prescrizione quinquennale - inizia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza. In materia di decorrenza della prescrizione dell'illecito amministrativo permanente, deve trovare applicazione il principio penalistico dettato per il reato permanente, secondo cui il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la permanenza (art. 158, comma 1, Cod. pen.); - pertanto, per gli illeciti amministrativi in materia paesistica urbanistica edilizia la prescrizione quinquennale di cui all'art. 28 legge n. 689 del 1981 inizia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza, con la conseguenza che, vertendosi in materia di illeciti permanenti, il potere amministrativo repressivo può essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nell'esercizio del potere (C. d. S., Sez. VI, 19 ottobre 1995 n. 1162; Sez. V, 8 giugno 1994 n. 614). Per quanto concerne il momento in cui può dirsi cessata la permanenza per gli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica, è stato precisato che, mentre per il diritto penale rileva la condotta commissiva (sicché la prescrizione del reato inizia a decorrere dalla ultimazione dell'abuso), per il diritto amministrativo si è in presenza di un illecito di carattere permanente, caratterizzato dall'omissione dell'obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, con l’ulteriore conclusione che se l'Autorità emana un provvedimento repressivo (di demolizione, ovvero di irrogazione di una sanzione pecuniaria), non emana un atto «a distanza di tempo» dall'abuso, ma reprime una situazione antigiuridica contestualmente contra jus, ancora sussistente. Pres. BARBAGALLO - Est. RULLI - Regione Basilicata (avv.ti Viggiani e Santoro) c. Leonasi (avv. Bonifacio) - (annulla T.A.R. Basilicata sentenza n. 776 del 20 dicembre 2000) CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7769 (vedi: sentenza per esteso)

Illeciti in materia urbanistica edilizia e paesistica - omessa richiesta della preventiva autorizzazione - la permanenza cessa (e il termine quinquennale di prescrizione comincia a decorrere) o con l’irrogazione della sanzione pecuniaria o con il conseguimento dell’autorizzazione. Nel campo dell’illecito amministrativo - che, come quello in esame, integra un’ipotesi di illecito formale consistente nell’omessa richiesta della preventiva autorizzazione - la permanenza cessa (e il termine quinquennale di prescrizione comincia a decorrere) o con l’irrogazione della sanzione pecuniaria o con il conseguimento dell’autorizzazione che, secondo pacifico orientamento, può essere rilasciata anche in via postuma (Cfr., C.d.S., Sez. VI, 12 maggio 2003, n. 2653; 30 ottobre 2000, n. 5851; Ad. Generale 11 aprile 2002, n.4 / Gab. e n. di Sezione 2340/2001). Pres. BARBAGALLO - Est. RULLI - Regione Basilicata (avv.ti Viggiani e Santoro) c. Leonasi (avv. Bonifacio) - (annulla T.A.R. Basilicata sentenza n. 776 del 20 dicembre 2000) CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7769 (vedi: sentenza per esteso)


Illeciti in materia urbanistica edilizia e paesistica - autorizzazione postuma ai fini ambientali - procedimento di sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 - la verifica postuma di compatibilità ambientale non esclude l’applicabilità della sanzione pecuniaria - preclusione della demolizione. L’autorizzazione postuma per effetto della verifica di compatibilità ambientale non preclude la possibilità di infliggere anche la sola sanzione pecuniaria di cui all’art. 15 della legge n. 1497 del 1939, dal momento che “un’autorizzazione postuma ai fini ambientali, valevole ai fini della positiva definizione del procedimento di sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 semmai indirizza, vincolandolo nell’esito, il residuo potere-dovere dell’autorità competente di procedere all’applicazione della sanzione di cui all’art. 15 della legge n. 1497 del 1939. La circostanza, infatti, che l’Amministrazione, esercitando un potere nella sostanza conferito dallo stesso art. 15, abbia verificato la compatibilità ambientale in via postuma, se da un lato esclude la compromissione sostanziale dell’integrità paesaggistica, dall’altro non cancella la violazione dell’obbligo, discendente dall’art. 7, di conseguire in via preventiva il titolo di assenso necessario per la realizzazione dell’intervento modificativo dell’assetto territoriale” (Sez. VI, n. 912 del 21 febbraio 2001). Con l’ulteriore precisazione che la verifica postuma di compatibilità ambientale e la conseguente definizione del procedimento di cui all’art. 13 della legge n. 47 del 1985 non escludono l’applicabilità della sanzione pecuniaria; e che, in presenza di una valutazione di tal fatta, l’Amministrazione ha il potere-dovere di applicare la sanzione pecuniaria, rimanendo ovviamente preclusa la possibilità di applicare la misura della demolizione e residuando il solo problema della quantificazione dell’importo alla luce dei criteri cristallizzati dall’art. 15 della legge n. 1497 del 1939 (Sez. VI, n. 912 del 2001, cit.). Pres. BARBAGALLO - Est. RULLI - Regione Basilicata (avv.ti Viggiani e Santoro) c. Leonasi (avv. Bonifacio) - (annulla T.A.R. Basilicata sentenza n. 776 del 20 dicembre 2000) CONSIGLIO DI STATO Sezione IV - 25 novembre 2003, Sentenza n. 7769 (vedi: sentenza per esteso)

 

Beni culturali e ambientali - Ministero per i beni culturali - Annullamento del nulla osta paesaggistico - termine perentorio di 60 giorni - Sospensione della decorrenza di un termine perentorio. Il termine di 60 giorni previsto per l’esercizio del potere di annullamento è perentorio (VI, n. 1267/1994, n. 558/1996, n. 1825/1996 e n. 129/1998); che esso decorre dalla ricezione da parte dell’amministrazione statale dell’autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnico - amministrativa, sulla cui base il provvedimento è stato adottato; che in caso di omessa o incompleta trasmissione di detta documentazione, il termine non decorre e il Ministero (o la Soprintendenza) legittimamente richiede gli atti mancanti (VI, n. 114/1998). Nel caso in esame, l'amministrazione ha invocato l'avvenuta sospensione del procedimento non per la non completa trasmissione dell'autorizzazione paesaggistica o della relativa documentazione, ma a causa di una richiesta di sospensione inviata dal comune al fine di una modifica da apportare al progetto in esame e sulla quale si sarebbe espressa favorevolmente la Soprintendenza. Tale richiesta ed anche il successivo assenso della Soprintendenza sono stati ritenuti elementi inidonei a sospendere la decorrenza di un termine perentorio fissato dal legislatore. CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 24 novembre 2003, sentenza n. 7723

 

Indennità per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici - natura. L’art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 va interpretato nel senso che l’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce una vera e propria sanzione amministrativa che prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale, non rappresentando una forma di risarcimento del danno. La sanzione è applicabile anche nel caso in cui sia intervenuto il previsto nulla osta, come precisato dall’art. 2, comma 46 della legge 23 dicembre 1966, n. 622. (Cfr., Sez. IV, 12 novembre 2002, n. 6279; Sez. V, 8 giugno 1994, n. 614; Sez. VI, 2 giugno 2000, n. 3184; 9 ottobre 2000, n. 5373). Conforme: Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 novembre 2003, sentenze nn. 7025 - 7027 - 7028 - 7030 - 7031 - 7033 - 7034 - 7035 - 7036 - 7037 - 7038 - 7039 - 7041 - 7042 - 7043 - 7044 - 7045 - 7046 - 7047 (vedi: sentenza per esteso). Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2003, n. 7040.

Abusi commessi in zone soggette a vincoli paesaggistici - condonabilità - parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. Sono condonabili gli abusi commessi in zone soggette a tutela ambientale, purchè sia intervenuto il parere favorevole dell’autorità competente ai sensi dell’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. (Cfr., Sez. IV, 12 novembre 2002, n. 6279; Sez. V, 8 giugno 1994, n. 614; Sez. VI, 2 giugno 2000, n. 3184; 9 ottobre 2000, n. 5373). Conforme: Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 novembre 2003, sentenze nn. 7025 - 7027 - 7028 - 7030 - 7031 - 7033 - 7034 - 7035 - 7036 - 7037 - 7038 - 7039 - 7041 - 7042 - 7043 - 7044 - 7045 - 7046 - 7047 (vedi: sentenza per esteso). Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2003, n. 7040.


Sanzione amministrativa pecuniaria - abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici - prescrizione - applicabilità della prescrizione quinquennale ex art. 28 L. 689/81 - decorrenza dei termini - illecito permanente caratterizzato dall’omissione dell’obbligo di riprestare secundum jus lo stato dei luoghi - la prescrizione quinquennale comincia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza. Nel caso di abusi edilizi commessi in zone soggette a vincolo paesaggistico è applicabile l’art. 28 legge n. 689 del 24 novembre 1981, a norma del quale “il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative punite con pena pecuniaria si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”, atteso che i principi e le norme dettati dal capo I della legge n. 689 del 1981 sono applicabili, per espresso dettato legislativo, a tutte le violazioni punite con sanzioni amministrative pecuniarie, anche se non previste in sostituzione di una sanzione penale (art. 12 legge n. 689 del 1981) e, quindi, anche agli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica puniti con sanzione pecuniaria. (Cfr., Sez. IV, 12 novembre 2002, n. 6279; Sez. V, 8 giugno 1994, n. 614; Sez. VI, 2 giugno 2000, n. 3184; 9 ottobre 2000, n. 5373). Gli illeciti in materia urbanistica edilizia e paesistica, ove consistano nella realizzazione di opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni, hanno carattere di illeciti permanenti, di talché la commissione degli illeciti medesimi si protrae nel tempo, e viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a, dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni; in materia di decorrenza della prescrizione dell'illecito amministrativo permanente, deve trovare applicazione il principio penalistico dettato per il reato permanente, secondo cui il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la permanenza (art. 158 comma 1 Cod. pen.); pertanto, per gli illeciti amministrativi in materia paesistica urbanistica edilizia la prescrizione quinquennale di cui all'art. 28 legge n. 689 del 1981 inizia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza, con la conseguenza che, vertendosi in materia di illeciti permanenti, il potere amministrativo repressivo può essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nell'esercizio del potere (C. d. S., Sez. VI, 19 ottobre 1995 n. 1162; Sez. V, 8 giugno 1994 n. 614). Per quanto concerne il momento in cui può dirsi cessata la permanenza per gli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica, è stato precisato che, mentre per il diritto penale rileva la condotta commissiva (sicché la prescrizione del reato inizia a decorrere dalla ultimazione dell'abuso), per il diritto amministrativo si è in presenza di un illecito di carattere permanente, caratterizzato dall'omissione dell'obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, con l’ulteriore conclusione che se l'Autorità emana un provvedimento repressivo (di demolizione, ovvero di irrogazione di una sanzione pecuniaria), non emana un atto «a distanza di tempo» dall'abuso, ma reprime una situazione antigiuridica contestualmente contra jus, ancora sussistente. Conforme: Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 novembre 2003, sentenze nn. 7025 - 7027 - 7028 - 7030 - 7031 - 7033 - 7034 - 7035 - 7036 - 7037 - 7038 - 7039 - 7041 - 7042 - 7043 - 7044 - 7045 - 7046 - 7047 (vedi: sentenza per esteso). Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2003, n. 7040.

Condono edilizio - autorizzazione postuma per effetto della verifica di compatibilità ambientale - versamento dell’oblazione - non esclude l’obbligo di applicare la sanzione pecuniaria amministrativa. L’art. 2, comma 46, della L. n. 662 del 23 dicembre 1996 in base al quale il “versamento dell’oblazione non esime dall’applicazione dell’indennità risarcitoria di cui all’art. 15 della L. n. 1457 del 1939”, attesa la peculiarità della sua funzione di riparare alla lesione di uno specifico interesse pubblico violato, lesione che perdura fintanto che esso non sia risarcito per equivalente. Infatti oblazione e sanzione pecuniaria hanno finalità diverse, si inseriscono in procedimenti differenti e colpiscono comportamenti diversi, così che il pagamento dell’una non fa venir meno il dovere di agire per la riscossione dell’altra. Del resto, questo Consiglio ha espressamente chiarito che l’autorizzazione postuma per effetto della verifica di compatibilità ambientale non preclude la possibilità di infliggere anche la sola sanzione pecuniaria di cui all’art. 15 della legge n. 1497 del 1939, dal momento che “un’autorizzazione postuma ai fini ambientali, valevole ai fini della positiva definizione del procedimento di sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 semmai indirizza, vincolandolo nell’esito, il residuo potere-dovere dell’autorità competente di procedere all’applicazione della sanzione di cui all’art. 15 della legge n. 1497 del 1939. La circostanza, infatti, che l’Amministrazione, esercitando un potere nella sostanza conferito dallo stesso art. 15, abbia verificato la compatibilità ambientale in via postuma, se da un lato esclude la compromissione sostanziale dell’integrità paesaggistica, dall’altro non cancella la violazione dell’obbligo, discendente dall’art. 7, di conseguire in via preventiva il titolo di assenso necessario per la realizzazione dell’intervento modificativo dell’assetto territoriale” (Sez. VI, n. 912 del 21 febbraio 2001). Con l’ulteriore precisazione che la verifica postuma di compatibilità ambientale e la conseguente definizione del procedimento di cui all’art. 13 della legge n. 47 del 1985 non escludono l’applicabilità della sanzione pecuniaria; e che, in presenza di una valutazione di tal fatta, l’Amministrazione ha il potere-dovere di applicare la sanzione pecuniaria, rimanendo ovviamente preclusa la possibilità di applicare la misura della demolizione e residuando il solo problema della quantificazione dell’importo alla luce dei criteri cristallizzati dall’art. 15 della legge n. 1497 del 1939 (Sez. VI, n. 912 del 2001, cit.). Conforme: Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 novembre 2003, sentenze nn. 7025 - 7027 - 7028 - 7030 - 7031 - 7033 - 7034 - 7035 - 7036 - 7037 - 7038 - 7039 - 7041 - 7042 - 7043 - 7044 - 7045 - 7046 - 7047 (vedi: sentenza per esteso). Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2003, n. 7040.

Abuso edilizio in zona sottoposta a vincolo paesaggistico - natura della sanzione amministrativa - applicabilità anche in caso di parere favorevole alla condonabilità da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. La sanzione prevista dall'art. 15 non costituisce un’ipotesi di risarcimento del danno ambientale, ma rappresenta una sanzione amministrativa applicabile sia in caso di illeciti sostanziali (compromissione dell’integrità paesaggistica) sia nella ipotesi di illeciti formali (mancanza del titolo autorizzatorio) e trova applicazione anche nella ipotesi in cui sia intervenuto, ai sensi dell’art. 32 della L. n. 47 del 1985, parere favorevole alla condonabilità da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. Conforme: Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 novembre 2003, sentenze nn. 7025 - 7027 - 7028 - 7030 - 7031 - 7033 - 7034 - 7035 - 7036 - 7037 - 7038 - 7039 - 7041 - 7042 - 7043 - 7044 - 7045 - 7046 - 7047 (vedi: sentenza per esteso). Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2003, n. 7040.

Indennità per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici - quantificazione dell’importo - parametro di valutazione - 3% del valore d’estimo della unità immobiliare. Fermo restando il principio che l’indennità risarcitoria è pari alla maggior somma tra il danno paesaggistico arrecato ed il profitto conseguito, nel decreto si è precisato, sul punto, che: “l'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, si applica a qualsiasi intervento realizzato abusivamente nelle aree sottoposte alle disposizioni della legge medesima e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, ad esclusione delle opere interne e degli interventi indicati dal comma dodicesimo dell'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come integrato dalla legge 8 agosto 1985, n. 431. L'indennità risarcitoria di cui all'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, è determinata previa apposita perizia di valutazione del danno causato dall'intervento abusivo in rapporto alle caratteristiche del territorio vincolato ed alla normativa di tutela vigente sull'area interessata, nonché mediante la stima del profitto conseguito dalla esecuzione delle opere abusive. In via generale è qualificato quale profitto la differenza tra il valore dell'opera realizzata ed i costi sostenuti per la esecuzione della stessa, alla data di effettuazione delle perizia. Il profitto è pari, in via ordinaria al tre per cento del valore d'estimo dell'unità immobiliare come determinato ai sensi dell'art. 2 della legge 24 marzo 1993, n. 75, del decreto legislativo 28 dicembre 1993, n. 568, e della legge 23 dicembre 1996, n. 662…..” La disposizione in esame, quindi, abbandonato ogni riferimento al valore di mercato del bene, assume quale parametro di valutazione il 3% del valore d’estimo della unità immobiliare (o il diverso incremento della predetta aliquota eventualmente determinata dalla Regione). Conforme: Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 novembre 2003, sentenze nn. 7025 - 7027 - 7028 - 7030 - 7031 - 7033 - 7034 - 7035 - 7036 - 7037 - 7038 - 7039 - 7041 - 7042 - 7043 - 7044 - 7045 - 7046 - 7047 (vedi: sentenza per esteso). Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2003, n. 7040

 

Beni Ambientali - Vincoli di inedificabilità - Protezione delle bellezze naturali - Esecuzione di lavori su beni ambientali - In difetto di autorizzazione - Reato di cui all'art 163 del D.L.gs. n. 490/1999 - Vincolo di inedificabilita' assoluta o relativa - Rilevanza - Esclusione - Fondamento. Ai fini della configurabilita' della fattispecie di cui all'art. 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, esecuzione di opere senza autorizzazione dell'amministrazione proposta alla tutela del vincolo su beni ambientali, non rileva la distinzione tra zone soggette e vincolo di inedificabilita' assoluta o relativa, atteso che il citato art. 163 sanziona i comportamenti sui beni individuati dall'art. 138 dello stesso decreto, ovvero sia i beni tutelati per legge ex art. 146, sia i beni soggetti a tutela in ragione del loro notevole interesse pubblico ex art. 139. PRES. Savignano G REL. Lombardi AM COD.PAR.342 IMP. Mollo PM. (Parz. Diff.) La Valva L CORTE DI CASSAZIONE Penale. Sez. III del 22/10/2003 (UD.11/07/2003) RV. 226584. Sentenza n. 39965

 

Beni culturali e ambientali - Condannabilità dell'abuso edilizio - Applicabilità delle sanzioni in materia paesistica. La condannabilità dell'abuso edilizio, lascia immutata l'applicabilità delle sanzioni previste in materia paesistica dall'art. 15 l. 29 giugno 1939 n. 1497, così dovendosi interpretare l'art. 2, comma 46, l. 23 dicembre 1996 n. 662. M. c. Regione Puglia CONSIGLIO DI STATO, sez. VI, 17 ottobre 2003, n. 6348
 

P.R.G. - scadenza del termine quinquennale di durata dei vincoli di inedificabilità - c.d. zona bianca - aree prive di disciplina urbanistica. La scadenza del termine quinquennale di durata dei vincoli di inedificabilità previsti da un piano regolatore generale, alle aree rimaste prive di destinazione si applica la disciplina dettata dalla legge per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali (art. 4, ultimo comma l. 28 gennaio 1977, n. 10) - Adunanza Plenaria n. 7/1984. Invero, come affermato dalla giurisprudenza, solo un piano regolatore generale privo dei contenuti essenziali di cui all'art. 7 l. 17 agosto 1942 n. 1150 può rendere un'area - nell'ipotesi di sopravvenuta inefficacia del vincolo - assimilabile ad una c.d. zona bianca, disciplinata alla stregua delle aree prive di disciplina urbanistica. (In specie il criterio sussidiario dettato per le cd. zone bianche, pertanto, non può trovare applicazione proprio perché difetta il presupposto essenziale della lacuna nella normativa urbanistica, versandosi, invece, nel regime giuridico concorrente). Consiglio di Stato - Sezione V, 9 Ottobre 2003, Sentenza n. 6071 (vedi: sentenza per esteso)

 

Le “aree sensibili” - tutela della popolazione nelle aree densamente abitate o frequentate, interesse storico-artistico o paesistico dell’area - la definizione e la perimetrazione di tali aree - uso del proprio territorio -competenza della Regione - la previsione di “localizzazioni alternative” - pianificazione del territorio - fissazione di valori-soglia. Le “aree sensibili” sono definite dalla legge regionale con riguardo a situazioni e interessi (tutela della popolazione nelle aree densamente abitate o frequentate, interesse storico-artistico o paesistico dell’area) di cui la Regione ha certamente titolo per occuparsi in sede di regolazione dell’uso del proprio territorio. Soprattutto, poi, la definizione e la perimetrazione di tali aree, nel sistema della legge regionale, hanno l’unico scopo di fondare la previsione di “localizzazioni alternative”, cioè un tipo di misura che, fermo restando il necessario rispetto dei vincoli della programmazione nazionale delle reti e della pianificazione del territorio, rientra appieno nella competenza regionale in tema di governo del territorio, e specificamente nella competenza regionale, riconosciuta dalla legge quadro (art. 8, comma 1, lettera a), per la “individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione”. Essa non prelude dunque alla fissazione di valori-soglia diversi e contrastanti con quelli fissati dallo Stato, ma attiene e può attenere solo alla indicazione di obiettivi di qualità non consistenti in valori di campo, ma in criteri di localizzazione, standard urbanistici, prescrizioni e incentivazioni all’utilizzo della miglior tecnologia disponibile, o alla cura dell’interesse regionale e locale all’uso più congruo del territorio, sia pure nel quadro dei vincoli che derivano dalla pianificazione nazionale delle reti e dai relativi parametri tecnici, nonché dai valori-soglia stabiliti dallo Stato. Corte Costituzionale 7 ottobre 2003 Sentenza n. 307 (vedi: sentenza per esteso)

 

Beni culturali e ambientali - Realizzazione di opere autorizzate, in un luogo diverso della stessa area - Reato di cui all’art. 1 sexies L. n. 431/1985 - Sussiste - Condizioni. Si configura il reato di cui all’art. 1 sexies legge 8 agosto 1985, n. 431, nei casi di realizzazione di opere (in zona sottoposta a vincolo), sia pure autorizzate, in un luogo diverso della stessa area rispetto a quello previsto nella concessione in quanto anche la diversità dell’ubicazione è suscettibile di incidere negativamente sull’assetto del territorio. (Cass., sez. III, 5 agosto 1998 n. 9164, Ric. Portella).PRES. Sansone L REL. Mannino SF COD.PAR.342 IMP. Sangalli PM. (Diff.) Galati G. CORTE DI CASSAZIONE Penale, SEZ. VI, 04/09/2003 (UD.24/06/2003), Sentenza n. 35122

 

Beni culturali e ambientali - Interventi idonei a ledere il paesaggio o l'ambiente - Reati di pericolo - Reato di cui all'art. 1 sexies L. n. 431/1985 - Configurabilità - Condizioni - Idoneità alla lesione dell'ambiente o del paesaggio - Necessità - Fattispecie: costruzione "ex novo" di un muro di confine non in pietra con diversa collocazione. La contravvenzione prevista dall'art. 1-sexies della legge n. 431 del 1985 ha natura di reato di pericolo, per la cui commissione si richiede un intervento idoneo a ledere il paesaggio o l'ambiente oggetto della tutela legislativa, sicché essa non si realizza, e la prescritta autorizzazione preventiva non è necessaria, solo allorché la condotta materiale che costituisce l'intervento non sia neppure astrattamente idonea a pregiudicare il bene paesaggistico-ambientale. (Nella specie si è ritenuta la sussistenza del reato nella costruzione "ex novo" di un muro di confine non solo diverso - perché sormontato da una rete metallica di 1,5 metri di altezza per tutta la sua lunghezza - dal precedente, esclusivamente in pietra, ma anche perche' spostato di tre metri rispetto alla originaria collocazione). PRES. Sansone L REL. Mannino SF COD.PAR.342 IMP. Sangalli PM. (Diff.) Galati G. CORTE DI CASSAZIONE Penale, SEZ. VI, 04/09/2003 (UD.24/06/2003), RV. 226325, SENT. 35122

 

Il termine per la formazione del silenzio assenso sulle domande di condono - decorrenza - il parere favorevole dall’autorità preposta alla tutela del vincolo - necessità - Sovrintendenza - demolizione delle opere abusive - potestà sanzionatoria interamente vincolata - esercizio dell’autotutela - assenza - opere di manutenzione - nuova costruzione - zonizzazione di P.R.G. - fabbricato in contrasto con l’ambiente: baracca - N.T.A. - interventi di ristrutturazione o sostitutivi o di ricostruzione - limiti. Il termine per la formazione del silenzio assenso sulle domande di condono non può decorrere ove non si sia conseguito il parere favorevole dall’autorità preposta alla tutela del vincolo. E si è già visto che sul primo abuso la Sovrintendenza si era espressa in senso negativo. Sotto altro riguardo, in fine, il richiamo alla mancanza di motivazione circa l’interesse pubblico alla demolizione delle opere abusive, non appare sostenuto da apprezzabili argomenti. Si rammenta che non si verte in materia di esercizio dell’autotutela, ma nella manifestazione di una potestà sanzionatoria interamente vincolata. (nella specie il Comune, ha raccolto la segnalazione della Sovrintendenza, e ha motivato il diniego di condono osservando che l’art. 23 delle Norme tecniche di attuazione del P.R.G., per le opere abusive ed in contrasto con l’ambiente (leggi, “la baracca”), ammette soltanto opere di manutenzione, e che, d’altra parte, una nuova costruzione non era assentibile per l’assenza di strumenti urbanistici di dettaglio. Il provvedimento, infatti, si richiama alla zonizzazione di P.R.G. ed alla qualificazione attribuita al fabbricato basso F.43 n. 97 come “fabbricato in contrasto con l’ambiente”. La proposizione successiva afferma, come si è sopra osservato, che a norma dell’art. 23 delle N.T.A.. i fabbricati in contrasto con l’ambiente non possono essere oggetto di interventi di ristrutturazione o sostitutivi o di ricostruzione. Il progetto presentato nel gennaio 1987, consistendo in un ampliamento del piano seminterrato e nella realizzazione al piano superiore del deposito in assi e lamiere, doveva essere considerato, ai fini del condono come un intervento di ristrutturazione, in sé non condonabile). Consiglio di Stato Sezione V - 3 ottobre 2003, Sentenza n. 5745 (vedi: sentenza per esteso)

 

Danno ambientale - Vincolo paesaggistico - Intervento edilizio in difetto dell’autorizzazione preventiva - Indennità di cui all’art. 15 L.1497/1939 - Assenza di danno all’ambiente - E’ dovuta. L’indennità di cui all’art. 15 della L. 29.6.1939 n. 1497 (ora, art. 164 del D.L.vo 29.10.1999, n. 490) è dovuta anche in assenza di un danno sostanziale all’ambiente, non costituendo un’ipotesi di risarcimento del danno, ma rappresentando una sanzione amministrativa applicabile sia nel caso di compromissione dei valori paesaggistici, sia nel caso di esecuzione di un intervento edilizio eseguito in difetto della prescritta autorizzazione preventiva. - Pres. CAMOZZI, Est. BUSCICCHIO - Ponzo (Avv.ti Laino e Cirigliano) c. Regione Basilicata (n.c.). T.A.R. Basilicata - 19 settembre 2003, n. 903

 

Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico - Costruzioni eseguite in mancanza di nulla-osta - sanzione ex art. 15 L.n.1497/1939 - Art. 28 L. 689/81 - Prescrizione quinquennale - Illecito permanente - Dies a quo - Autorizzazione postuma - Mancanza - Il termine prescrizionale non decorre. In materia di sanzione pecuniaria irrogata ai sensi dell’art.15 L.n.1497 del 1939 per costruzioni eseguite senza nulla osta sono applicabili le disposizioni dettate dal primo comma dell’art.28 L.24 novembre 1981 n.689, secondo il quale “il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”. L’art. 28 individua come dies a quo del termine prescrizionale “il giorno in cui è stata commessa la violazione”. Nelle ipotesi in cui l’illecito ha carattere permanente la prescrizione comincia a decorrere solo dalla cessazione di detta permanenza. Detto momento può essere individuato in quello in cui l’Autorità preposta alla tutela del vincolo ha espresso parere favorevole al mantenimento dell’opera abusiva realizzata, giacché viene meno l’antigiuridicità del fatto e l’illecito ambientale cessa di essere tale. Qualora non sa mai stata rilasciata l’autorizzazione postuma al mantenimento dell’opera, non essendo venuto a cessare l’illecito, il termine quinquennale di prescrizione del diritto alla sanzione paesaggistica non comincia a decorrere. Pres. CAMOZZI, Est. FERRARI - Ricciardi e altro (Avv.ti Cirigliano e Laino) c. Regione Basilicata (Avv.ti Salvia e Viggiani) - T.A.R. Basilicata - 19 settembre 2003, n. 884

 

Beni culturali e ambientali - annullamento della autorizzazione paesistica - obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento - D.M. 495/1994. Il regolamento approvato col decreto ministeriale 13 giugno 1994, n. 495 (non rilevando ratione temporis la sua modifica disposta col regolamento 19 giugno 2002, n. 165) ha determinato l’obbligo per il Ministero di trasmettere all’originario richiedente - prima del formale annullamento della autorizzazione paesistica - la comunicazione dell’avvio del procedimento, qualora non risulti - dalla stessa autorizzazione o aliunde - che egli abbia avuto notizia dell’inoltro della pratica all’organo statale. Nel caso di omessa comunicazione, è violato l’art. 7 della legge n. 241 del 1990, reso applicabile in materia dal regolamento citato. Pres. SCHINAIA, Est. MARUOTTI - Ministero per i Beni e le Attività Culturali e altro (Avv. Stato) c. Manoco s.r.l. (Avv.ti Cochetti e Onofri) - (Conferma T.A.R. Lombardia, Brescia, 5 agosto 1999, n. 732) CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 2 settembre 2003, n. 4866

 

Beni culturali e ambientali - Zona agricola sottoposta a vincolo ambientale - Realizzazione abusiva di pertinenza - Sanzione pecuniaria. Una baracca, utilizzata come ricovero di ovini, realizzata abusivamente in zona agricola sottoposta a vincolo ambientale, rientra nel concetto di pertinenza, in virtù dell’art. 7 della legge n. 94 del 1982, se è oggettivamente a servizio della casa colonica e non altera in modo significativo l’assetto del territorio agricolo circostante. In tal caso, la costruzione è soggetta ad autorizzazione gratuita e non a concessione edilizia, con la conseguenza che, in mancanza della prescritta autorizzazione, può essere inflitta soltanto la sanzione pecuniaria e non la demolizione. Pres. CATONI, Est. DI GIUSEPPE - Pasquarelli (Avv. Cipolla) c. Comune di Pizzoferrato (n.c.). T.A.R. Abruzzo, Pescara - 28 agosto 2003, n.781

 

Parchi, Riserve, Aree protette - Parchi - Progetti di costruzioni insistenti nel territorio del Parco - Nulla osta ex art. 13 L. 394/1991 - Sussistenza in capo all’Ente Parco del potere-dovere di verificare la congruenza con le previsioni urbanistiche dei Comuni. In virtù della sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 1976, l’Ente Parco, ai fini del rilascio del nulla osta di cui all’art. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, nell’esame dei progetti di costruzioni insistenti nel proprio territorio, ha il potere-dovere di verificare la congruenza degli interventi sia con le norme istitutive del Parco che con le previsioni urbanistiche dei Comuni di cui trattasi, contenute nei piani regolatori generali e nei piani attuativi di questi (piani particolareggiati, programmi pluriennali di attuazione, etc.). Pres., Est. BALBA - s.r.lo. Le Viole (Avv.ti Lucci e Piccone) c. Ente Autonomo Parco Nazionale d’Abruzzo (Avv.ti Iannotta e Di Felice) T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila - 18 agosto 2003, n. 590 (vedi: sentenza per esteso)

 

Beni culturali e ambientali - Cave - Distruzione o deturpamento di bellezze naturali - Art. 734 c.p. - Natura - Momento di consumazione - Natura di reato istantaneo con effetti permanenti - Individuazione - Cessazione dell’attività vietata - Fattispecie: coltivazione di una cava in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. In tema di tutela dei beni paesaggistici, il reato di distruzione, alterazione o deturpamento di bellezze naturali ha natura di reato istantaneo con effetti permanenti, ed allorché consti di atti plurimi frazionati e protratti nel tempo si consuma al momento della cessazione dell’attività vietata. (Fattispecie relativa a coltivazione di una cava in zona sottoposta a vincolo paesaggistico). Conf. Cass. Sez. lI, 2 luglio 1994, Silvestri, Contra, Sez. III, 21 giugno 1993, Fregonese. es. Savignano - Rel. Franco - P.M. Favalli (concl. conf.) - Dell’Amico e altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale - Sez. III - dep. 7 agosto 2003 (Ud. 5 giugno 2003), Sentenza n. 33550

 

Beni culturali e ambientali - L. 241/1990 - conferenza di servizi - dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela del paesaggio - delibera del Consiglio dei Ministri - non occorre quando la maggioranza dei partecipanti alla conferenza si sia espressa in senso negativo - area boschiva sottoposta a vincolo idrogeologico e paesistico e ricadente nel Parco Nazionale del Gargano - realizzazione di un albergo - non può considerarsi impianto di interesse pubblico - variante allo strumento urbanistico - apprezzamento discrezionale dell’amministrazione. L’art.14 quater, legge 7 agosto 1990, n.241, nel prevedere al comma 2 che la conferenza di servizi delibera a maggioranza e al comma 3 che occorre la delibera del Consiglio dei Ministri, se il dissenso è espresso in conferenza di servizi da un’amministrazione statale preposta alla tutela del paesaggio, ambiente, territorio, patrimonio storico-artistico, salute, va interpretato nel senso che la delibera del Consiglio dei Ministri occorre solo nell’ipotesi in cui vi sia in conferenza di servizi una maggioranza favorevole e l’amministrazione statale preposta alla cura di interessi ambientali - paesistici sia rimasta in minoranza; laddove invece l’amministrazione statale non sia l’unica dissenziente perché la maggioranza dei partecipanti alla conferenza di servizi si esprima in senso negativo, il procedimento si conclude con la determinazione negativa della conferenza di servizi, e non occorre l’intervento del Consiglio dei Ministri. Nel caso di area boschiva sulla riva del mare, sottoposta a vincolo idrogeologico e paesistico, e ricadente nel Parco Nazionale del Gargano, la possibilità di approvare una variante dello strumento urbanistico per consentire la realizzazione di un albergo, che non può considerarsi impianto di interesse pubblico, rientra nell’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione, sindacabile solo in caso di manifeste illogicità e travisamenti. Non è ravvisabile illogicità, travisamento, carenza di motivazione, nella scelta dell’amministrazione di privilegiare la tutela del paesaggio e dell’ambiente in una zona di particolare pregio ambientale, non avente destinazione urbanistica a strutture recettive. Pres. SCHINAIA, Est. DE NICTOLIS - Edil partners s.r.l. (Avv. Medina) c. Comune di Peschici (n.c.), Regione Puglia (Avv. De Robertis), Ente Parco Nazionale del Gargano (Avv. Mescia), Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e altro (Avv. Stato), e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. Puglia, Bari, 21 dicembre 2001, n. 5677) CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 7 agosto 2003, n. 4568

 

Beni culturali e ambientali - vincolo paesaggistico - sanatoria - valutazione di compatibilità ambientale - il Ministero non può sostituirsi nelle valutazioni di competenza dell’autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo. In caso di richiesta di sanatoria, in ordine alla compatibilità degli abusi commessi rispetto ai valori paesistici tutelati in area sottoposta a vincolo paesaggistico, al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali non è consentito, nel ritenere il contrasto con il paesaggio, sostituirsi alla valutazione di competenza dell’autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo ambientale (nella specie, il Comune). - Pres. GIOVANNINI, Est. VOLPE - Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (Avv. Stato) c. Gambardella Cosimo (Avv. Terracciano) - (Conferma T.A.R. Campania, Salerno 28 febbraio 1997, n. 108). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 7 agosto 2003, n. 4564

 

Beni culturali e ambientali - Beni storici e artistici - Patrimonio storico della Prima guerra mondiale - Interventi che non cagionino alterazioni - inapplicabilità della L.78/2001 - Provvedimento ministeriale di sospensione di lavori già autorizzati - illegittimità. La legge 7 marzo 2001, n. 78 (art. 1, commi 2, lett. c, e 5), la quale fa espresso divieto di procedere a “interventi di alterazione delle caratteristiche materiali e storiche” dei “cippi, monumenti...” che costituiscano il “patrimonio storico della Prima guerra mondiale”, è inapplicabile nel caso di interventi che non cagionino alterazioni, autorizzati dal Ministero per i beni e le attività culturali (art. 2, comma 2). Qualora un progetto di spostamento di un monumento ai caduti sia stato approvato dalla Soprintendenza ed autorizzato dal Ministero (art. 23 d.lgs. n. 490/1999), non sia soggetto a valutazione di impatto ambientale (art. 26) e non siano stati eseguiti lavori provvisori urgenti (art. 27), né i lavori siano difformi rispetto al progetto approvato, un provvedimento ministeriale che ordini la sospensione dei lavori già autorizzati, senza disporre l’annullamento o la revoca dei provvedimenti già emessi, interferisce illegittimamente sul procedimento amministrativo già concluso. - Pres. GIOVANNINI, Est. VOLPE - Comune di Imola (Avv.ti Napoletano, Solazzi e Trombetti) c. Ministero per i Beni e le Attività Culturali e altro (Avv. Stato) - (Riforma T.A.R. Lazio, Sez. II, 20 febbraio 2002, n. 1215) CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 7 agosto 2003, n. 4562

 

Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico - abusi edilizi - indennità prevista dall’art. 15 L.1497/1939 - natura di sanzione amministrativa - prescinde dalla sussistenza di danno ambientale - necessità del parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo - applicabilità della sanzione di cui all’art. 15 L.1497/1939 - prescrizione quinquennale del diritto a riscuotere la sanzione amministrativa - carattere di illecito permanente - la prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della permanenza. L’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici, ex art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, costituisce una vera e propria sanzione amministrativa che prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale, non rappresentando una forma di risarcimento del danno. Sono condonabili gli abusi commessi in zone soggette a tutela ambientale, purchè sia intervenuto il parere favorevole dell’autorità competente ai sensi dell’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ma anche in tal caso è applicabile la sanzione di cui al predetto art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, come precisato dall’art. 2, comma 46 della legge 23 dicembre 1966, n. 662, norma di natura chiaramente interpretativa. A norma dell’art. 28 legge n. 689 del 24 novembre 1981, “il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative punite con pena pecuniaria si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”. Per gli illeciti amministrativi in materia paesistica urbanistica edilizia, vertendosi in materia di illeciti permanenti, la prescrizione quinquennale inizia a decorrere solo dalla cessazione della permanenza, con la conseguenza che il potere amministrativo repressivo può essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nell'esercizio del potere (C. d. S., Sez. VI, 19 ottobre 1995 n. 1162; Sez. V, 8 giugno 1994 n. 614). Nel campo dell’illecito amministrativo la permanenza cessa (e il termine quinquennale di prescrizione comincia a decorrere) o con l’irrogazione della sanzione pecuniaria o con il conseguimento dell’autorizzazione rilasciata anche in via postuma (Cfr., C.d.S., Sez. VI, 12 maggio 2003, n. 2653; 30 ottobre 2000, n. 5851; Ad. Generale 11 aprile 2002, n.4/Gab e n. di Sezione 2340/2001).- Pres. SALVATORE, Est. RULLI - Regione Basilicata (Avv.ti Viggiani e Santoro) c. Limongi (Avv. Araneo) - (Annulla T.A.R. Basilicata, 23 dicembre 1999, n. 717) CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 agosto 2003, n. 4531

 

Beni culturali e ambientali - Adozione di variante al PRG - Osservazioni - Onere motivazionale a carico dell’amministrazione - Margini - Rilevanza paesaggistica e archeologica - Facoltà edificatoria - Ricaduta in termini restrittivi. In ordine alle osservazioni degli interessati a seguito dell’adozione del testo preliminare di variante al P.R.G., qualificabili come forma di collaborazione alla formazione del piano, è sufficiente una motivazione, pur succinta, congrua rispetto agli elementi di fatto e di diritto posti alla base dell'osservazione, la quale dimostri che si è tenuto presente l’apporto critico e collaborativo dei privati, in comparazione con gli interessi pubblici coinvolti. Ciò stante, deve ritenersi assolto l’onere motivazionale in relazione ad una destinazione agricola di zona per la quale l’amministrazione abbia evidenziato la rilevanza paesaggistica e archeologica, che non può non avere una ricaduta in termini restrittivi sull’ampiezza della facoltà edificatoria di privata iscrizione. - Pres. GUIDA, Est. SABBATO - David e altro (Avv. Carnelli) c. Comune di Saint Pierre (Avv. Santilli) T.A.R. VALLE D’AOSTA, Aosta - 4 agosto 2003, n. 162

 

Beni culturali e ambientali - Protezione delle bellezze naturali - In genere - Sequestro preventivo delle cose che risultano utilizzate per la sua commissione - Legittimità - Fondamento - Art. 1 sexies L. n. 431/1985 - Art. 163 cost. D. lg. n. 490/1999. In tema di reati contro il paesaggio e le bellezze naturali, la sussistenza del protrarsi della lesione determinata dall'uso della cosa con la quale venne commessa la violazione legittima, nonostante la natura istantanea del reato di cui all'art. 163 del D. Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, l'adozione del sequestro preventivo delle stesse, atteso che tale uso si mostra idoneo a deteriorare ulteriormente l'ecosistema protetto dal vincolo. Pres. Savignano G - Est. Lombardi AM - Imp. Berardi - PM. (Conf.) Di Zenzo C. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 31 Luglio 2003 (cc. 12/06/2003) RV. 226158, sentenza n. 32247

 

La individuazione di bellezze naturali e paesaggistiche meritevoli di tutela - inedificabilità relativa - ricognizione legislativa dei vincoli paesistici - l’attività trasformazione urbanistica ed edilizia - potere riservato alle regioni - delega. Con l’entrata in vigore della L. n. 431 del 1985, è stato individuato un complesso eterogeneo di beni e di aree, ritenute dallo stesso legislatore di particolare interesse ambientale, in ragione delle loro specificità. Tuttavia, tale ricognizione legislativa dei vincoli paesistici, che di per sé determina una inedificabilità relativa, in quanto l’attività trasformazione urbanistica ed edilizia, in tale ambito, è comunque subordinata ad autorizzazione (art. 7 L. n. 1497/39) è destinata a coesistere con il sistema che riserva la individuazione dei beni a valenza ambientale e paesaggistica all’apposito procedimento di cui alla legge n. 1497 del 1939. Attualmente tale potere è riservato alle regioni in forza della delega conferita con l’art. 82 del D.P.R. n. 616 del 1977, che consente tuttavia all’autorità statale di concorrere nell’esercizio della relativa funzione, anche per quanto attiene alla individuazione di bellezze naturali meritevoli di tutela (cfr. Corte cost., n. 94/1985; Cons. St., VI Sez., n. 740/90). Consiglio di Stato, Sezione IV, 29 luglio 2003, sentenza n. 4351 (vedi: sentenza per esteso)

La differenza fra piano paesistico e piano urbanistico territoriale - protezione delle bellezze naturali - fase di pianificazione della tutela delle zone dichiarate di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico - strumento di attuazione e specificazione del contenuto precettivo del vincolo paesaggistico - pianificazione del territorio vincolato anche sotto la successiva attività urbanistica - il piano urbanistico territoriale può anche riguardare ambiti non vincolati. E’ nota la differenza fra piano paesistico e piano urbanistico territoriale: il primo è finalizzato alla protezione delle bellezze naturali e più precisamente alla fase di pianificazione della tutela delle zone dichiarate di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico, al fine di programmare la salvaguardia dei valori paesistico- ambientali con strumenti idonei ad assicurare il superamento dell’episodicità, inevitabilmente connessa a semplici ed isolati interventi autorizzatori (cfr. Cons. Stato, VI Sez., n. 25/01; n. 450/94; n. 29/93). Il piano paesistico costituisce, pertanto, uno strumento di attuazione e specificazione del contenuto precettivo del vincolo paesaggistico, mediante l’individuazione delle incompatibilità assolute e dei criteri e dei parametri di valutazione delle incompatibilità relative, condizionando, prevalentemente in negativo, la successiva attività di pianificazione del territorio vincolato anche sotto il profilo urbanistico (cfr. Cons. St., VI Sez. n. 25/01; Corte cost. n. 417/95; Cons. St., II Sez., n. 548/98). Al contrario, il piano urbanistico territoriale, pur avendo anche valenza paesistico - ambientale, non presuppone necessariamente un preesistente vincolo e può anche riguardare ambiti non vincolati (cfr. Cons. St., VI Sez., n. 25/01 cit.). Consiglio di Stato, Sezione IV, 29 luglio 2003, sentenza n. 4351 (vedi: sentenza per esteso)

I piani territoriali paesistici - i piani territoriali urbanistici - le funzioni concernenti l’adozione e l’approvazione dei piani paesistici - gli artt. 97 e 128 Cost.. I piani territoriali paesistici di cui all’art. 5 della L. n. 1497/39, nati come unico strumento di regolazione dei beni assoggettati a vincolo panoramico, nel corso degli anni sono stati attratti nell’orbita urbanistica: ne costituisce riprova l’art. 1 del D.P.R. n. 8 del 1972 in base al quale, in sede di trasferimento alle regioni delle funzioni in materia urbanistica, sono state trasferite anche le funzioni concernenti l’adozione e l’approvazione dei piani paesistici. La successiva legge n. 431 del 1985 li ha posti, poi, su un piano di assoluta equivalenza con i piani territoriali urbanistici, sicchè tale riconosciuta reciproca integrazione di strumenti pianificatori può dar luogo, in determinate situazioni, ad imposizioni di condizionamenti alla sottostante programmazione urbanistica comunale in grado di risolversi, per il loro contenuto totalmente vincolante, in veri e propri vincoli di inedificabilità, con effetti giuridici indirettamente proiettati sulle posizioni dei privati. Del resto, dalla elencazione del contenuto del piano paesistico, quale risulta dall’art. 23 R.D. n. 1357/40, si evince la possibilità di limitare il diritto dei privati di utilizzazione dei beni vincolati, sino al punto di consentire anche l’esclusione dell’edificazione quando essa risulti in grado di compromettere la conservazione dei valori paesaggistici ed ambientali presidiati dal vincolo (cfr. Cass. II Sez. n. 1512/82; Cons. St., IV Sez., n. 682/92). Consegue dalla impostazione su riportata che il piano paesistico territoriale ben può individuare i beni che siano ritenuti meritevoli di tutela, né si può ritenere che nel dettare la disciplina di tutela primaria, posto che si muove su un livello sovraordinato alla programmazione urbanistica, debba tener conto delle modifiche che questa ultima deve necessariamente subire per assicurare al paesaggio una tutela tale da non essere incisa nel tempo da singole scelte di gestione del territorio, che comunque trovano nella pianificazione di rango superiore un limite e un indirizzo. Fissata entro tali limiti la portata del piano paesistico territoriale, appare evidente la manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 L. n. 1497/39, 23 R.D. n. 1357/40 e 1 bis L. n. 431/85 per contrasto con gli artt. 97 e 128 Cost. Consiglio di Stato, Sezione IV, 29 luglio 2003, sentenza n. 4351 (vedi: sentenza per esteso)

Il compito di tutela del paesaggio della Repubblica fra i principi fondamentali della nostra Costituzione - la programmazione della salvaguardia dei valori paesistico-ambientali - il piano paesistico - la procedura di imposizione del vincolo sulle bellezze individuali. Lo strumento predisposto dall’art. 5 della L. n. 1497/39 (e richiamato dall’art. 1 bis della L. n. 431 del 1985) per il compito di tutela del paesaggio della Repubblica, previsto fra i principi fondamentali della nostra Costituzione (cfr. Corte cost., sentt. nn. 151, 152 e 153 del 1986) attiene ad una fase diversa e successiva da quella di imposizione del vincolo paesaggistico cui la censura fa riferimento, e cioè alla fase di pianificazione della tutela delle zone dichiarate di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico, al fine di programmare la salvaguardia dei valori paesistico- ambientali di tali zone con strumenti idonei ad assicurare il superamento dell’episodicità inevitabilmente connessa ai semplici interventi autorizzatori (cfr. Cons. Stato, VI Sez., n. 873/92). Il piano paesistico, infatti, riguarda le località incluse negli elenchi dei nn. 3 e 4 dell’art. 1 della L. n. 1497 del 1939 (le cd. bellezze di insieme ex art. 10 R.D. n. 1357 del 1940) ed obbedisce alla scopo di “impedire che le aree di quelle località siano utilizzate in modo pregiudizievole alla bellezza panoramica”. Il piano paesistico si collega, pertanto, espressamente alla protezione di determinate bellezze naturali specificamente individuate ed è volto a disciplinare ulteriormente l’operatività del vincolo paesistico di cui alla L. n. 1497/39 (cfr. Corte cost., n. 327/90; Cons. St., VI Sez., n. 873/92 cit.). Invece, molto diversa è la procedura di imposizione del vincolo sulle bellezze individuali e diverso è, altresì, il momento di insorgenza del vincolo. Consiglio di Stato, Sezione IV, 29 luglio 2003, sentenza n. 4351 (vedi: sentenza per esteso)

Il piano paesistico suppone l’esistenza e la permanenza del vincolo paesaggistico. Il piano paesistico suppone l’esistenza e la permanenza del vincolo paesaggistico (cfr. dec. N. 873 cit.), come pure di eventuali altri vincoli, precedentemente imposti, di finalità concorrente, quale quello di carattere archeologico di cui alla L. n. 1089 del 1939, insistenti nelle medesime zone, sicchè la relativa adozione non può, in ogni caso, comportare il venir meno di tali vincoli. Consiglio di Stato, Sezione IV, 29 luglio 2003, sentenza n. 4351 (vedi: sentenza per esteso)

Approvazione dei piani territoriali paesistici - legittimità costituzionale - le sentenze della Corte cost. nn. 225 e 226 del 1999. Irrilevanti le questioni di legittimità costituzionale sollevate dall’appellante in memoria, relativamente alla L. reg. n. 24/98 di approvazione dei piani territoriali paesistici, sollevate in subordine nell’ipotesi in cui il Collegio non intendesse aderire a quanto affermato nelle sentenze della Corte cost. nn. 225 e 226 del 1999, con riferimento alla legge quadro n. 394/91 sui parchi, sulla non ostatività della legge al sindacato del giudice amministrativo sugli atti amministrativi posti a base della legge stessa. Presupposto delle sentenze citate è, invero, che vi siano sentenze del giudice amministrativo di accoglimento con annullamento del piano adottato, in grado di rimuovere totalmente o parzialmente il contenuto del piano adottato, ancorché approvato con legge, presupposto insussistente nella fattispecie, attesa la reiezione del gravame. (La legge regionale interviene, secondo le citate sentenze della Corte, esclusivamente sulla approvazione del piano e non vale né come conversione dell’atto contenente la sostanziale programmazione pianificatoria, né come forma di validazione legislativa, né come sanatoria del piano stesso, né fa assumere al complesso del piano valore di legge). Consiglio di Stato, Sezione IV, 29 luglio 2003, sentenza n. 4351 (vedi: sentenza per esteso)

 

P.R.G. - opere preesistenti in contrasto con le nuove destinazioni di zona gli interventi - interessi urbanistici ed ambientali. Gli strumenti urbanistici, in quanto atti di pianificazione dello sviluppo urbanistico, sono essenzialmente rivolti a disciplinare la futura attività di trasformazione del territorio per cui le relative prescrizioni non riguardano le opere già eseguite in conformità alla disciplina previdente, per cui debbono ritenersi in linea di massima consentiti sulle opere preesistenti attualmente in contrasto con le nuove destinazioni di zona gli interventi necessari per integrarne o mantenerne la funzionalità (V. la decisone di questa Sezione n. 176 del 19.2.1997). (Nella specie si trattava di armonizzare tra di loro contrastanti interessi urbanistici ed ambientali essendosi modificata nel tempo la destinazione di zona dell’area da industriale ad attrezzature distributive). Consiglio di Stato, Sezione V, 29 luglio 2003, sentenza n. 4321

 

Beni culturali e ambientali - Vincolo storico-artistico - Vincolo diretto e vincolo indiretto - differenza - Comunicazione di avvio del procedimento - Occorre - Discrezionalità tecnica della Amministrazione - Sindacato giurisdizionale - Limiti - Vincolo storico artistico - Provvedimento di imposizione - Equivocità nella definizione del vincolo - Illegittimità. In materia d’imposizione di vincolo storico-artistico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089, vige il principio sancito dall’art. 7 L. 241/1990, per cui occorre previamente procedere a comunicare l’avvio del procedimento ai soggetti interessati, a pena di invalidità del provvedimento di vincolo. Il principio trova applicazione sia nell’ipotesi di vincolo diretto, di cui agli artt. 1, 2 e 3 della L.1089/1939, sia nel caso di imposizione del c.d. vincolo indiretto, di cui all’art. 21 del medesimo testo normativo. Il vincolo diretto incide sul bene avente valore storico o artistico e non oltrepassa i confini esterni dell’opera tutelata, esplicando un maggiore effetto limitativo dei poteri di disposizione, godimento e manutenzione del bene; il vincolo indiretto, in quanto riguarda gli immobili compresi nella fascia di rispetto, ha una minore forza di penetrazione giuridica nella sfera della proprietà privata, atteso che tale tipologia di vincolo si esplica attraverso l’esercizio della facoltà, da parte dell’Amministrazione preposta alla tutela del bene, di emettere prescrizioni idonee a salvaguardare l’integrità delle cose immobili soggette alla disciplina della legge in esame. La valutazione in ordine alla necessità di apposizione del vincolo storico o archeologico è rimessa alla discrezionalità di carattere tecnico dell’Amministrazione, non sindacabile dal giudice amministrativo, se non sotto il profilo dell’errore di fatto, della congruità della motivazione e della logicità ( C.S., Sez.VI, 12.12.1992, n.1055; 29.9.1998, n. 1034 ) E’ illegittimo per genericità ed equivocità, oltre che di carenza di motivazione, il provvedimento di vincolo dal quale non sia chiaramente evincibile se il vincolo stesso sia finalizzato a tutelare in modo diretto tutti gli immobili o se il provvedimento sia volto all’imposizione di un vincolo indiretto, ex art.21 della legge L.1089/1939. Pres. BALBA, Est. RASOLA - Adamoli e altro (Avv.ti Vasile e Silvestri) c. Comune di Teramo (n.c.), Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo (Avv. Stato) e Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (Avv. Stato). T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila - 25 luglio 2003, n. 523 (vedi: sentenza per esteso)

 

Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico - Non ancora in vigore - L.P. 16/70 - Effetti - Applicazione delle misure di salvaguardia dalla pubblicazione della deliberazione della prima commissione. In materia di vincolo paesaggistico non ancora in vigore, stante la mancata conclusione del relativo procedimento di approvazione, ai sensi dell’art. 7 della L.P. n. 16/70, gli effetti del vincolo paesaggistico scattano già dalla pubblicazione della deliberazione della prima Commissione, sotto il profilo della necessaria applicazione delle misure di salvaguardia. - Pres. ROSSI DORDI, Est. DEMATTIO - PFÖSTL Alois, PFÖSTL Alois & Co. OHG (Avv. Dragogna) e Comune di Merano (Avv. Gartner) T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Sez. Aut. Bolzano - 25 luglio 2003, n. 321
 

Autorizzazione paesaggistica - annullamento - l’esercizio del potere di annullamento - il termine perentorio di sessanta giorni - fase della comunicazione o della notificazione. Per la costante giurisprudenza di questo Consiglio, che il collegio condivide e fa propria, il termine perentorio di sessanta giorni riguarda l’esercizio del potere di annullamento e non anche la successiva fase della comunicazione o della notificazione (Ad. Plen., 22 luglio 1999, n. 20; Sez. VI, 6 luglio 2000, n. 3793; Sez. VI, 24 maggio 2000, n. 3010; Sez. VI, 28 gennaio 2000, n. 403; Sez. VI, 15 dicembre 1999, n. 2073; Sez. VI, 1° dicembre 1999, n. 2069; Se. VI, 3 novembre 1999, n. 1693; Sez. IV, 4 dicembre 1998, n. 1734; Sez. VI, 17 giugno 1998, n. 967; Sez. VI, 9 aprile 1998, n. 460; Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 968; Sez. VI, 22 febbraio 1995, n. 207). Infatti, l’art. 82, nono comma, del decreto legislativo n. 616 del 1977 ha disciplinato un provvedimento che, secondo i principi generali, è immediatamente efficace e non ha natura recettizia: l’espressione «può annullare in ogni caso» va intesa nel senso che il termine di sessanta giorni si riferisce alla emanazione dell’atto di annullamento, in quanto esso produce immediatamente i suoi effetti. Consiglio di Stato, Sezione VI - 21 luglio 2003, sentenza n. 4192 (vedi: sentenza per esteso)

Il rilascio della autorizzazione in sanatoria (per gli abusi commessi su aree sottoposte al vincolo paesistico) - condizioni - peculiarità procedimentali - l’autorizzazione in sanatoria non costituisce un “equipollente perfetto” dell’autorizzazione preventiva - mancata produzione di effetti pregiudizievoli in relazione allo stato dei luoghi antecedente all’edificazione - assenza dell’impatto negativo - pregiudizio ambientale - la demolizione dell’opera abusiva - sanzione equivalente alla maggiore somma tra il danno arrecato e il profitto - la reintegrazione dello stato dei luoghi. In assenza di una normativa espressa in materia, la più recente giurisprudenza (cfr. Ad. Gen., 11 aprile 2002, n. 4; Sez. VI, 19 giugno 2001, n. 3242; Sez. VI, 9 ottobre 2000, n. 5373) ha precisato che il potere di autorizzazione in sanatoria (per gli abusi commessi su aree sottoposte al vincolo paesistico) va esercitato tenendo conto dei seguenti principi: - l’Amministrazione delegata (o subdelegata) deve verificare la mancata produzione di effetti pregiudizievoli in relazione allo stato dei luoghi antecedente all’edificazione; - costituisce onere dell’interessato la dimostrazione dell’assenza dell’impatto negativo, con la produzione della documentazione relativa alla situazione precedente dei luoghi, per consentire la comparazione con la situazione venutasi a verificare a seguito dell’abuso; - poiché l’autorizzazione in sanatoria non costituisce un “equipollente perfetto” dell’autorizzazione preventiva (poiché è stato commesso un fatto illecito, punito con la sanzione prevista dall’art. 15 della legge n. 1497 del 1939), l’Amministrazione deve valutare la consistenza del pregiudizio ambientale e valutare se sia il caso di disporre la demolizione dell’opera abusiva, ovvero di disporre la sanzione equivalente alla maggiore somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la commessa trasgressione. Sulla base di tale giurisprudenza (che la Sezione condivide e fa propria), si deve ritenere che in base al diritto vivente il rilascio della autorizzazione paesaggistica in sanatoria si caratterizza per le seguenti peculiarità procedimentali: - l’interessato ha l’onere di produrre tutta la documentazione volta a comparare l’attuale stato dei luoghi con quello originario, prima che l’abuso avesse luogo; - l’Amministrazione, nel valutare motivatamente l’istanza e la documentazione prodotta, o ritiene che il pregiudizio cagionato non possa condurre all’accoglimento della domanda di sanatoria (e allora deve disporre la reintegrazione dello stato dei luoghi) oppure, previa istruttoria sul danno arrecato e sul profitto conseguito mediante la commessa trasgressione, può rilevare la compatibilità paesistica di quanto realizzato, contestualmente irrogando la prescritta sanzione. Consiglio di Stato, Sezione VI - 21 luglio 2003, sentenza n. 4192 (vedi: sentenza per esteso)

 

Beni culturali e ambientali - Edilizia e urbanistica - Icompatibilità dell’opera abusiva con il contesto paesaggistico - Artt. 32 e 33 L. n. 47/85 - L. n.1429/1939 - Caratteristiche strutturali, architettoniche ed estetiche dell’edificio - Danno effettivamente subito dai valori paesaggistici tutelati. Il giudizio d’incompatibilità dell’opera abusiva con il contesto paesaggistico in cui essa di fatto è inserita, non si sottrae alla regola della tassatività delle ipotesi in cui la concessione in sanatoria può essere negata (art.33), ed impone di ribadire semmai l’esigenza, nell’ambito del procedimento disciplinato dall’art. 32 L. n. 47, di un giudizio di comparazione particolarmente penetrante e ricco di riferimenti concreti, sia sul versante del contesto ambientale che di quello delle caratteristiche strutturali, architettoniche ed estetiche dell’edificio, volto a far emergere il danno effettivamente subito dai valori paesaggistici tutelati, in relazione al contrasto con tale contesto ambientale delle caratteristiche tipologiche dell’opera da condonare, che deve essere di intensità tale da escludere l’applicabilità dell’art.15 della legge n.1429/1939, norma richiamata dall’art. 2 comma 46 L. 23 dicembre 1996 n. 662 (Cons. Stato Sez.VI, 3184 - 2 giugno 2000; n.5373 - 9 ottobre 2000; n. 6130 - 16 novembre 2000). Diversamente il vincolo d’inedificabilità assoluta (art.33) e quello d’inedificabilità relativa (art.32) finirebbero per coincidere, pur essendo quest’ultimo rimuovibile attraverso il parere favorevole dell’Amministrazione preposta alla cura dell’interesse tutelato. Pres. BIANCHI - Est. AURELI - D’Onofrio (avv. De Simone) c. Ministero dei B.B. C.C. A.A. (Avvocatura Generale dello Stato). T.A.R. LAZIO Sezione Staccata di Latina del 10 luglio 2003, (Ud. 23 maggio 2003) Sentenza n. 653
 

Beni culturali e ambientali - Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio - Nulla-osta - Atto di autoannullamento - Comunicazione di avvio del procedimento - Occorre. E’ illegittimo l’atto di autoannullamento di nulla-osta della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio nel caso di mancata comunicazione di avvio del procedimento, posto che la giurisprudenza del C.S.A.P. ha perspicuamente individuato in una situazione di sola “urgenza qualificata”, la condizione che può esentare la P.A. dal derogare all’istituto partecipativo (cfr C.S.A.P. 15. 15.9.99, n.14). Peraltro il provvedimento che incide negativamente nella sfera giuridica del ricorrente ampliata dal provvedimento oggetto del potere di autotutela, richiede ancor di più il rispetto dell’art.7 della L. 241/1990. - Pres. BALBA, Est. RASOLA - Ditta Nuccitelli G. & A. s.n.c. (Avv. Del Bono) c. Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio (Avv. Stato). T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila - 10 luglio 2003, n. 499

 

Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico - Art. 82 d.P.R. 616/77 - Termine perentorio di sessanta giorni - Riguarda solo l’esercizio del potere di annullamento. Il termine perentorio di sessanta giorni di cui all'art. 82 d.P.R. 616\77 riguarda l’esercizio del potere di annullamento e non anche la successiva fase della comunicazione o notificazione (cfr. ad es. Consiglio Stato sez. VI, 13 maggio 2002, n. 2549 e 6 febbraio 2003 n. 592). Di conseguenza, è irrilevante in termini di illegittimità la circostanza della mera comunicazione all’interessato dell’annullamento oltre il termine suddetto. - Pres. VIVENZIO, Est. PONTE - Paoleschi (Avv. Giannini) c. Ministero per i beni culturali ed ambientali (Avv. Stato) e Comune di Vernazza (n.c.) - T.A.R. LIGURIA, Genova - 9 luglio 2003, n. 864

 

Beni culturali e ambientali - Permanenza del reato - Protezione delle bellezze naturale - In genere - Reato di cui al decreto n. 490/1999 - Natura di reato permanente - Momento di cessazione della permanenza - Individuazione - Art. 163 cost. D. Lg. n. 490/1999. Il reato di cui all'art. 163 del Decreto Legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, che ha sostituito il precedente reato di cui all'art. 1 sexies del D.L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431, allorquando sia realizzato attraverso una condotta che si protrae nel tempo, come nel caso di realizzazione di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo, ha natura permanente e si consuma con l'esaurimento totale dell'attività' o con la cessazione della condotta per qualsiasi motivo. Pres. Savignano G - Est. Fiale A - Imp. Grilli - PM. (Diff.) Fraticelli M. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 02/07/2003 (UD.30/04/2003) RV. 225385 sentenza n. 28338

 

Beni Ambientali - Opere in aree protette - Aree protette - Interventi di realizzazione di opere - Preventivo rilascio di concessione edilizia, autorizzazione paesaggistica e nulla osta dell'Ente Parco - Necessità - L. n. 431/1985 - Art. 1 sexies D. L. n. 312/1985 - Art. 163 cost. D. L. n. 490/1999 - Art. 20 L. n. 47/1985 - L. n. 394/1991. Gli interventi per la realizzazione di opere e costruzioni in aree protette necessitano di tre distinti provvedimenti: la concessione edilizia (ora sostituita dal permesso di costruire), l'autorizzazione paesaggistica ed il nulla osta dell'Ente Parco. Questi due ultimi provvedimenti possono essere attribuiti con legge regionale anche ad un unico organo il quale e' in questo caso chiamato a compiere una duplice valutazione, in difetto può configurarsi sia la violazione dell'art. 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490 che quella degli artt. 6 e 30 della legge 6 dicembre 1991 n. 394 Pres. Postiglione A - Est. Lombardi AM - Imp. Pasca ed altri - PM. (Conf.) Meloni V. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 20/06/2003 (UD.30/05/2003) RV. 225392 sentenza n. 26863

 

Beni culturali e ambientali - Edilizia - Costruzione edilizia - Manufatto avente carattere precario - Requisiti - Individuazione - L. n. 47/1985 - D. P. R. n. 380 /2001. In materia edilizia al fine di ritenere sottratta al preventivo rilascio della concessione edilizia (ora permesso di costruire con l'entrata in vigore del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) la realizzazione di un manufatto per la sua asserita natura precaria, la stessa non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell'opera ad un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione. CED. Pres. Toriello F. - Est. Fiale A. - Imp. Nagni - PM. (Conf.) Aizzo G. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 10/06/2003 (UD.04/04/2003) RV. 225380 sentenza n. 24898
 

Demanio - l’art. 49 del codice della navigazione - la concessione, delle opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato - la demolizione - la restituzione del bene demaniale - il pristino dello stato dei luoghi. L’art. 49 del codice della navigazione dispone:”Salvo che sia diversamente disposto nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”. Come ripetutamente affermato da questa Sezione (cfr., 31 dicembre 1988, n. 1345; 26 giugno 1990, n. 664; 16 marzo 1993, n. 244 e , più di recente, 8 aprile 2000, n. 2035), la disciplina legislativa depone nel senso dell’automaticità della produzione dell’effetto traslativo al tempo dello spirare della concessione, con la conseguenza che l’atto di incameramento (redazione del testimoniale e del verbale di constatazione) delle opere valutate come inamovibili assume carattere puramente ricognitivo di un effetto ope legis prodottosi, indipendentemente dalla determinazione in parola, al venire in rilievo dei descritti presupposti fattuali. Allo stesso modo non rilevano le norme che prevedono l’iscrizione dei beni di proprietà dello Stato in appositi registri di consistenza o di inventario, trattandosi di formalità non costitutive, la cui omissione è incapace di incidere sulla produzione di un effetto traslativo automatico (cfr. sentenza n. 2035 del 2000, cit.). Consiglio di Stato Sez. VI, - 6 giugno 2003, sentenza n. 3187

 

I vincoli paesaggistici sopravvenuti devono essere considerati a fronte della richiesta di autorizzazione di un’opera completamente abusiva - la mancata adozione dei piani paesistici - effetti. I vincoli paesaggistici sopravvenuti devono essere considerati a fronte della richiesta di autorizzazione di un’opera completamente abusiva; mentre la mancata adozione dei piani paesistici non determina il venir meno dei vincoli preordinati alla tutela di interessi costituzionalmente primari come quelli ambientali, stante anche la possibilità per lo Stato di esercitare poteri sostitutivi. Consiglio di Stato Sez. VI, - 6 giugno 2003, sentenza n. 3186 (vedi: sentenza per esteso)

Studi d’artista - misure di protezione - valore storico-artistico - art. 52 del T.U. SUI Beni Culturali e Ambientali - inassoggettabilità degli studi d’artista ai provvedimenti di rilascio di cui alla normativa sulla locazione - sacrificio dei diritti del locatore -  illegittimità costituzionale. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 52, comma 1, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), nella parte in cui prevede che non sono soggetti a provvedimenti di rilascio gli studi d’artista ivi contemplati Il d.lgs. n. 490 del 1999 ha previsto nell’art. 52 forme di protezione analoghe a quelle stabilite nell’art. 4-bis del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 832 (Misure urgenti in materia di contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione), convertito nella legge 6 febbraio 1987, n. 15; la predetta norma già tutelava gli studi d’artista di riconosciuto valore storico con la previsione di varie misure, tra cui la non assoggettabilità del relativo immobile a provvedimenti di rilascio, il vincolo di inamovibilità dallo stabile e il divieto di modificazione della destinazione d’uso. La nuova normativa, oltre a dettare un regime analogo per i beni in questione, ha voluto espressamente inserire gli studi d’artista nelle categorie speciali di beni culturali, indicate nell’art. 3 dello stesso testo unico, indipendentemente dalla loro inclusione nelle categorie elencate nell’art. 2, soggette alle disposizioni di tutela contenute nel Titolo I.  Per effetto di tale riconoscimento, gli studi d’artista che vantano le prescritte caratteristiche fruiscono delle particolari ed incisive misure di protezione atte a mantenere integro il loro dichiarato valore storico-artistico, tra le quali, il divieto di adibire il bene ad usi incompatibili con il suo carattere storico o artistico, la necessità della preventiva autorizzazione del ministro o del soprintendente per eseguire opere, l’obbligo per il proprietario, possessore o detentore di realizzare gli interventi necessari ad impedire il deterioramento del bene.  Alle menzionate disposizioni protettive, si aggiunge poi la previsione di ulteriori specifici strumenti di tutela, quali quelli indicati nell’art. 52 del decreto, consistenti nella non assoggettabilità dello studio ai provvedimenti di rilascio previsti dalla normativa vigente in materia di locazione di immobili urbani, nella prescrizione di inamovibilità del contenuto dello studio dallo stabile in cui esso è situato e nella immutabilità della destinazione d’uso. Mentre le prescrizioni di inamovibilità e di immutabilità della destinazione d’uso, contenute nella norma impugnata, appaiono come integrazione e specificazione dei generali obblighi di conservazione dei beni culturali e sono quindi misure coerenti all’attuazione di questi obblighi, la esenzione degli studi d’artista dai provvedimenti di rilascio previsti dalla normativa vigente in materia di locazione di immobili urbani si rivela invece una misura assolutamente esuberante rispetto alla finalità di tutela perseguita. Per effetto della disposizione in esame, benché possa essere dedotto in giudizio l’inadempimento delle obbligazioni derivanti da contratti di locazione aventi ad oggetto i predetti beni, non essendo consentita l’emanazione dell’ordine di rilascio si verifica la protrazione forzata di un rapporto nato come contrattuale, la cui causa è venuta meno. Analoga situazione ricorre allorché si giunga alla scadenza contrattualmente prevista e sia stata idoneamente manifestata la volontà di non rinnovare il contratto. Nei casi considerati, si manifesta un evidente sacrificio dei diritti del locatore, poiché l’assoluta indeterminatezza del periodo di tempo nel quale gli studi d’artista non sono soggetti ai provvedimenti di rilascio genera una illimitata continuazione del rapporto. La scelta del legislatore è nella fattispecie irragionevole, dal momento che l’intento perseguito in attuazione dell’art. 9 della Costituzione poteva già considerarsi attuato mediante le numerose altre previsioni contenute nella medesima norma, che costituiscono mezzi ampiamente idonei a rendere immodificabile l’ambiente e i luoghi nei quali operò l’artista, al fine di conservare intatta la testimonianza dei valori culturali in esso insiti. Non essendo consentita, già in forza dei predetti vincoli, la rimozione di alcuno dei beni contenuti nello studio né tanto meno l’attuazione di una diversa destinazione dell’immobile, risultano evidenti per un verso la ridondanza della prescrizione di non soggezione degli studi a provvedimenti di rilascio, che nulla aggiunge alle modalità di salvaguardia già previste, ma soprattutto per l’altro verso la eccessiva compressione dei diritti del locatore, costretto a subire la protrazione nel tempo, persino in assenza di un corrispettivo, sino a perdere indefinitamente la disponibilità dell’immobile. La disposizione in esame, discostandosi dal proprio fine ispiratore per la compresenza di pari ed altrettanto efficaci misure di difesa e garanzia, di cui si è fatto cenno, che permangono a tutela della conservazione dei beni culturali, si rivela dunque irragionevole e lesiva del diritto di proprietà e perciò illegittima. Corte Costituzionale,  del 4 giugno 2003, sentenza n. 185

Tutela ambientale del territorio - è pienamente conforme agli indirizzi di tutela del territorio contenuti nella normativa regionale il prg che impone obbligatoriamente all’ente locale di individuare nel piano regolatore generale le zone di tutela e le fasce di rispetto - l’individuazione nel piano regolatore generale delle zone di tutela, “le golene, i corsi d’acqua, gli invasi dei bacini naturali ed artificiali, nonché le aree ad essi adiacenti per una profondità adeguata” - le aree soggette a dissesto idrogeologico, a pericolo di valanghe ed esondazioni o che presentano caratteristiche geologiche o morfologiche tali da non essere idonee a nuovi insediamenti - inclusione in un costituendo Parco Agrario - recupero e riqualificazione degli insediamenti industriali esistenti - prevalenza degli interessi ambientali - la modificabilità delle aree sulle quali preesistano insediamenti produttivi. Deve evidenziarsi, infatti, come costituisca circostanza pacifica il fatto che le aree, la cui classificazione urbanistica è oggetto di contestazione, ricadono nell’area golenale del fiume Brenta: orbene, proprio, l’articolo 27 della invocata legge regionale del Veneto 27 giugno 1985, n. 61, disciplinando in particolare le zone di tutela e le fasce di rispetto, impone obbligatoriamente all’ente locale di individuare nel piano regolatore generale tra le zone di tutela, “le golene, i corsi d’acqua, gli invasi dei bacini naturali ed artificiali, nonché le aree ad essi adiacenti per una profondità adeguata”. Pertanto, la scelta operata dall’Amministrazione comunale di Fontaniva di classificare tale zona come agricola (zona E, sottozona E2) è pienamente conforme agli indirizzi di tutela del territorio contenuti nella indicata normativa regionale, volta evidentemente a preservare dall’attività edilizia alcune zone non solo per il loro particolare valore ambientale, ma anche al fine di evitare eventuali danni alle persone o alle cose (tra le zone di tutela infatti sono espressamente comprese, per esempio, le aree soggette a dissesto idrogeologico, a pericolo di valanghe ed esondazioni o che presentano caratteristiche geologiche o morfologiche tali da non essere idonee a nuovi insediamenti; gli arenili e le aree di vegetazione dei litorali marini; le aree umide, le lagune e le relative valli; le aree comprese fra gli argini maestri e il corso d’acqua dei fiumi e nelle isole fluviali, etc.). Ciò tanto più se si tiene conto che, come emerge dalle Norme Tecniche di Attuazione, all’articolo 28, disciplinando la sottozona E2, in cui specificamente ricade l’area in esame, ne ha previsto la inclusione in un costituendo Parco Agrario, da realizzare mediante un progetto di sistemazione ambientale finalizzato, oltre che alla tutela, al ripristino e alla riqualificazione dei caratteri e dei valori naturali e culturali dell’ambiente (lett. a), anche al recupero e alla riqualificazione degli insediamenti esistenti, eliminando le situazioni di degrado ambientale, consentiti per le aree interessate dalle escavazioni anche mediante sistemazioni innovative. Dall’esame di tale norma emerge, altresì, la ragionevole certezza che l’Amministrazione comunale di Fontaniva abbia effettuato le contestate scelte urbanistiche nella piena consapevolezza dell’esistenza delle attività industriali delle società appellanti e con l’intenzione, come si ricava dalla lettura della relazione di accompagnamento al piano regolatore nel capitolo relativo agli obiettivi della pianificazione, di porre rimedio alla situazione di degrado ambientale esistente nella zona, ritenendo che la esistenza di tali attività in loco, per un verso, non potesse automaticamente legittimare la creazione di una vera e propria zona di insediamenti industriali, incompatibile con i valori ambientali e naturali del luogo, e, per altro verso, assicurando in ogni caso, anche nell’ambito dell’istituendo Parco agrario, il recupero e la riqualificazione degli insediamenti esistenti, proprio nel rispetto della salvezza dei prevalenti interessi ambientali. E’ significativo, al riguardo, ricordare l’avviso della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 79 del 10 marzo 1994, pronunziando sulla questione di legittimità costituzionale proprio dell'art. 24, terzo comma, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 della Regione Veneto sollevata, con riferimento agli artt. 5, 32, 97 e 128 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sulla base della stessa interpretazione sostenutane dalle società appellanti, l’ha respinta, evidenziando che il predetto articolo 24 si limita a descrivere le caratteristiche delle zone territoriali omogenee in cui il piano regolatore generale deve suddividere il territorio, prevedendo, al terzo comma, soltanto che nelle zone di tipo D "vanno comprese anche le parti del territorio già destinate, totalmente o parzialmente, a insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati". Una simile disposizione - secondo il giudice delle leggi - non impone alcun obbligo per il comune di rendere immodificabili le aree comprese nelle stesse zone sulle quali preesistano insediamenti produttivi, come si ricava peraltro dalla lettura del successivo articolo 30, il quale stabilisce che il piano regolatore generale individua le zone territoriali omogenee di tipo D, indicando fra le altre componenti (al punto 3), gli impianti esistenti "che si confermano nella loro ubicazione". Secondo la Corte Costituzionale, quindi, resta pur sempre nella disponibilità del comune, in sede di redazione del piano, di confermare o meno nella loro ubicazione gli impianti industriali esistenti, per cui solo dopo tale conferma assume rilievo la previsione dell'art. 24, terzo comma, della legge regionale 27 giugno 1985, n 61, della Regione Veneto, circa l'inclusione nelle zone di tipo D delle parti del territorio già destinate ad insediamenti industriali. Consiglio di Stato, Sezione IV - 26 maggio 2003 sentenza n. 2827 (vedi: sentenza per esteso)

E’ legittima l’inclusione delle aree protette “zone umide” su cui insistono attività industriali - convenzione di Ramsar - tutela ambientale del piano territoriale regionale di coordinamento. Infondato è l’altro motivo di gravame, con il quale le società appellanti hanno lamentato l’illegittima inclusione delle aree su cui insistono le loro attività industriali nelle zone umide, in violazione delle previsioni contenute nello stesso piano territoriale regionale di coordinamento e della convenzione di Ramsar, di cui al D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448. In realtà, come hanno correttamente evidenziato i primi giudici, sebbene non sia contestato che l’area di cui si discute non rientra all’interno delle zone umide indicate dall’art. 21 del piano territoriale regionale di coordinamento, tale circostanza non è di alcun rilievo ai fini della legittimità del provvedimento in esame. Le norme del predetto piano, sovraordinato rispetto al piano regolatore generale, si impongono a quest’ultimo nel senso di individuare il “minimun” essenziale della relativa tutela ambientale, non potendo ovviamente impedire all’ente locale, nel concreto esercizio della sua propria funzione urbanistica, di prevedere per alcune zone ovvero per le stesse zone contemplate nel piano sovraordinato una tutela territorialmente più ampia e/o qualitativamente più incisiva, allargando l’ambito territoriale delle cc.dd. zone umide ad ambiti non previsti dal piano territoriale regionale di coordinamento, salvo evidente il limite della manifesta irragionevolezza o irrazionalità ovvero l’abnormità o l’illogicità della previsione, in relazione alla concreta situazione di fatto: ciò proprio in relazione alla tutela costituzionale prevista dall’articolo 9, secondo comma, che non può non inerire anche alla pianificazione urbanistica, in senso lato. Nel caso di specie, quindi, correttamente - proprio nel quadro della dichiarata tutela dei valori ambientali perseguita dal piano regolatore generale, secondo gli obiettivi indicati nella relativa relazione di accompagnamento, il Comune di Fontaniva ha ricompresso nelle zone umide gli ambiti golenali in cui ricadono le attività industriale delle società appellanti, zone, peraltro, che, come emerge dalla documentazione in atti, secondo le previsioni dello stesso piano territoriale regionale di coordinamento, rientrano pur sempre all’interno dell’ambito per l’istituzione del Parco del Medio Corso del Brenta e sono quindi oggetto di specifica attenzione e tutela ambientale. Inconferente, ad avviso della Sezione, è il richiamo ad una presunta violazione del D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448, recante “Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide d’importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971”, non solo perché, trattandosi di una convenzione internazionale, è fonte di obbligo degli stati nei confronti degli altri stati contraenti, ma anche per quanto non può ragionevolmente contestarsi che le aree in cui insistono le attività industriali delle società appellanti rientrano nella ampia definizione delle zone umide di cui all’articolo 1 (quale bacino naturale con acqua corrente dolce), richiamato - a fini meramente indicativi - dall’articolo 21 del piano territoriale regionale di coordinamento, secondo cui “le zone umide sono costituite da particolari ambiti naturalistico - ambientali e paesaggistici rientranti nella più ampia definizione dettata dal D.P.R. n. 448 del 1976”. Consiglio di Stato, Sezione IV - 26 maggio 2003 sentenza n. 2827 (vedi: sentenza per esteso)

 

Beni culturali e ambientali - Urbanistica - Interventi in regime di D.I.A. - In zone sottoposte a vincoli - Preventivo parere o autorizzazione dell'autorità proposta alla tutela del vincolo - Necessità - Assenza - Nuove disposizioni di cui al D.Lg. n. 301/2003 - Illecito penale - L. n. 47/1985 - L. n. 443/2001 - Art. 44D. P. R. n. 380/2001. A seguito della entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001 n. 443 (cd legge obiettivo), la realizzazione degli interventi minori in regime di D.I.A. (denuncia di inizio attività) non e' più subordinata all'assenza di vincoli, ma solo al preventivo rilascio del parere favorevole o dell'autorizzazione da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo. In difetto, a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 21 gennaio 2003 n. 301, di modifica del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative regolamentari in materia edilizia), tali interventi sono penalmente sanzionati, atteso che il comma 2 bis dell'art. 44 del citato T.U. estende l'applicazione delle sanzioni penali anche agli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia di inizio attività ed eseguiti in assenza o in totale difformità dalla denuncia stessa. Pres. Savignano G - Est. Onorato P - Imp. Piemontese - PM. (Conf.) Galasso A. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 21 Maggio 2003 (UD.28/02/2003) RV. 225292, sentenza n. 22589

 

Autorizzazione paesaggistica - autorizzazione postuma a carattere sanante - legittimità - presupposti - assenza di veto normativo e possibilità che la verifica alla base del titolo possa realizzarsi in un momento successivo - verifica di compatibilità ambientale. Sono legittime le autorizzazioni postume a carattere totalmente o parzialmente sanante, con le quali si duplichino, in un lasso di tempo successivo, le medesime valutazioni che, secondo una sequenza fisiologica, avrebbero dovuto costituire oggetto di verifica a carattere preventivo; il differimento, nel tempo, del momento nel quale il legislatore colloca l’atto di assenso legittimamente, è subordinato, oltre all’assenza di un veto normativo, alla possibilità che, in relazione alla specificità della materia ed alla particolarità degli elementi di fatto e degli interessi toccati, la verifica alla base del titolo legittimamente possa realizzarsi in un momento successivo (Sez. VI, 31 ottobre 2000 n. 5851; 21 febbraio 2001 n. 912). L’esame sistematico della disciplina di cui agli artt. 7 e 15 della legge n. 1497 del 1939 e dell’art. 13 della legge n. 47 del 1939 consente di “concludere nel senso della possibilità di formalizzare attraverso una autorizzazione postuma, in parte equipollente alla fattispecie di cui all’art. 7, la verifica di compatibilità ambientale implicita nel meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 15, così conferendo alla legittimazione paesaggistica una veste formale spendibile ai fini della favorevole definizione del separato procedimento di cui all’art. 13 della legge n. 47 del 1985. Sarebbe irrazionale un meccanismo che, per via dell’impossibilità di favorevole definizione del procedimento di cui all’art. 13, imponga la demolizione di un edificio conforme alla normativa urbanistica ed al contesto paesaggistico e quindi realizzabile tal quale in un torno di tempo successivo per effetto del conseguimento di titoli formali originariamente omessi (Cons. Stato, Sez. VI, n. 5851 del 2000 e n. 912 del 2001, cit.). Consiglio di Stato, Sezione VI, 15.05.2003, sentenza n. 2653

 

Autorizzazione paesaggistica postuma - sanzione pecuniaria di cui all’art. 15 L. 1497/1939 - applicabilità - compromissione dell’integrità paesaggistica - violazione dell’obbligo discendente dall’art. 7 legge cit. - risarcimento del danno ambientale - sanzione amministrativa - illecito sostanziale - illecito formale - profitto conseguito con l’abuso. L’autorizzazione postuma per effetto della verifica di compatibilità ambientale non preclude la possibilità di infliggere anche la sola sanzione pecuniaria di cui all’art. 15 della legge n. 1497 del 1939, dal momento che “un’autorizzazione postuma ai fini ambientali, valevole ai fini della positiva definizione del procedimento di sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 semmai indirizza, vincolandolo nell’esito, il residuo potere-dovere dell’autorità competente di procedere all’applicazione della sanzione di cui all’art. 15 della legge n. 1497 del 1939. La circostanza, infatti, che l’Amministrazione, esercitando un potere nella sostanza conferito dallo stesso art. 15, abbia verificato la compatibilità ambientale in via postuma, se da un lato esclude la compromissione sostanziale dell’integrità paesaggistica, dall’altro non cancella la violazione dell’obbligo, discendente dall’art. 7, di conseguire in via preventiva il titolo di assenso necessario per la realizzazione dell’intervento modificativo dell’assetto territoriale” (Sez. VI, n. 912 del 2001, cit.). La misura pecuniaria prevista dall’art. 15 della legge n. 1497 del 1939, nonostante il riferimento al termine “indennità”, non costituisce un’ipotesi di risarcimento del danno ambientale ma rappresenta una sanzione amministrativa, applicabile sia nel caso di illeciti sostanziali, ovvero in caso di compromissione dell’indennità paesaggistica, sia nell’ipotesi di illeciti formali, quale è, appunto, da ritenersi il caso di violazione dell’obbligo di conseguire l’autorizzazione a fronte di un intervento compatibile con il contesto paesistico oggetto di protezione (Sez. VI, n. 912 del 2001, cit. n. 3184 del 2000). Il danno ambientale non è criterio esclusivo di commisurazione dell’indennità, essendo alternativo al profitto conseguito dalla violazione; con la conseguenza che, nel caso di realizzazione di un’opera senza la prescritta autorizzazione paesistica, ove tale opera sia conforme alle prescrizioni ambientali, e dunque non sia produttiva di danno, l’indennità dovrà essere commisurata al profitto conseguito con l’abuso (Sez. VI, n. 912 del 2001, cit.). Consiglio di Stato, Sezione VI, 15.05.2003, sentenza n. 2653

 

Beni Ambientali - Autorizzazioni - Protezione delle bellezze naturali - In genere - Aree protette - Realizzazione di opere - Preventivo rilascio di concessione edilizia, autorizzazione paesistica e nulla osta dell'Ente parco - Necessità - L. n. 394/1991 - L. n. 431/1985 - L.n. 47/1985. Per la realizzazione di interventi, opere e costruzioni in aree protette (parchi nazionali, regionali e riserve naturali) occorrono tre distinti autonomi provvedimenti: la concessione edilizia, l'autorizzazione paesaggistica e, ove previsto, il nulla osta dell'Ente parco. Questi ultimi due atti amministrativi possono essere attribuiti da legge regionale anche ad un organo unico, ma chiamato a compiere una duplice valutazione, mantenendo la loro autonomia ad ogni effetto, ivi compreso quello sanzionatorio. Pres. Vitalone C - Est. Teresi A - Imp. Fechino - PM. (Diff.) Di Zenzo C. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 12/05/2003 (UD.11/03/2003) RV. 225298 sentenza n. 20738

 

Beni culturali e ambientali - Bellezze naturali - Reato di cui all'art. 163 del D.L.G. n. 490/1999 - Esecuzione di opere in difetto di autorizzazione - Nozione di opere - Individuazione. Con la previsione di cui all'art. 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, che punisce l'esecuzione di opere eseguite in assenza dell'autorizzazione dell'autorita' proposta alla tutela del vincolo storico-artistico o paesaggistico-ambientali, vengono sottoposti alla preventiva autorizzazione non soltanto i lavori edilizi compiuti in zone vincolate, ma i lavori di qualsiasi genere su beni ambientali, secondo una dizione ampia che il giudice di merito deve adeguare al caso concreto. Pres. Savignano G - Est. Postiglione A - Imp. Sabbieti G ed altro - PM. (Conf.) Mura A. CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. III, 29 Aprile 2003 (UD.28/02/2003) RV. 224729, Sentenza n. 19790

 

Beni Ambientali - Patteggiamento e rimessione in pristino - Procedimenti speciali (Cod. proc. pen. 1988) - In genere - Sospensione condizionale della pena - Concessione con la sentenza di "patteggiamento" - Subordinazione "ex officio" al l'adempimento di un obbligo (rimessione in pristino; demolizione) - Possibilità - Esclusione - Artt. 163 e 165 Cod. pen. - Artt. 444 cost., 445 e 448 Nuovo Cod. proc. Pen. - Art. 7 L. n. 47/1985 - Art. 164 D. Lg. 490/1999. Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice, nel ratificare il contenuto dell'accordo intervenuto tra l'imputato ed il pubblico ministero, non può alterare i dati della richiesta e subordinare il beneficio della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena all'adempimento di un obbligo la cui determinazione e' considerata dalla legge come facoltativa, ma che e' rimasto del tutto estraneo alla pattuizione (nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che l'operatività' del beneficio sospensivo non potesse essere subordinata alla demolizione del manufatto abusivamente realizzato, fermo l'obbligo del giudice di ordinare la demolizione anche a seguito di sentenza ex artt. 444 - 448 cod. proc. pen.). Pres. Savignano G - Est. Vitalone C - Imp. Leto Di Priolo - PM. (Conf.). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 29/04/2003 (CC.28/02/2003) RV. 224887 sentenza n. 19788

 

Beni culturali e ambientali - Reato di pericolo astratto - Protezione delle bellezze naturali - In genere - Reato di cui all'art. 163 del D.L.G. n. 490/1999 - Natura - Fondamento - Reato di pericolo astratto - Fondamento -  Necessità di autorizzazione - Art. 1 sexies D. Lg. n. 312/1985 - L. n. 431/1985. Il reato di cui all'art. 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n.490 ha natura di reato di pericolo astratto e, pertanto, per la sua configurabilità non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendosi escludere dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici, atteso che il legislatore, imponendo la necessità dell'autorizzazione ha inteso assicurare una immediata informazione e la preventiva valutazione da parte della P.A. dell'impatto sul paesaggio di interventi intrinsecamente capaci di comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche, in quanto la fattispecie incriminatrice è volta a tutelare sia l'ambiente sia, strumentalmente e mediatamente, l'interesse a che la P.A. proposta al controllo venga posta in condizioni di esercitare efficacemente e tempestivamente detta funzione, così che la salvaguardia del bene ambiente viene anticipata mediante la previsione di adempimenti formali finalizzati alla protezione finale del bene sostanziale. Pres. Papadia U - Est. Fiale A - Imp. Greco G ed altri - PM. (Diff.) Ciampoli L. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 29/04/2003 (CC.25/02/2003) RV. 224725 sentenza n. 19761

 

Beni culturali e ambientali - Protezione delle bellezze naturali - Reato di cui all'art. 163 D. l. 490/1999 - Autorizzazione paesistica postuma - Estinzione del reato - Esclusione. In tema di tutela ambientale il rilascio dell'autorizzazione da parte dell'autorità proposta alla tutela del vincolo successivamente alla avvenuta integrazione del reato di cui all'art 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490 non determina la estinzione del reato de quo, atteso che tale conseguenza non è contenuta in alcuna disposizione legislativa Pres. Papadia U - Est. Fiale A - Imp. Greco G ed altri - PM. (Diff.) Ciampoli L. CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. III, 29 Aprile 2003 (CC.25/02/2003) RV. 224726, Sentenza n. 19761

 

Zone sottoposte al vincolo paesaggistico - cessazione di validità del nulla osta ambientale - decorrenza del termine quinquennale - legittimità. La cessazione di validità del nulla osta ambientale si verifica ope legis per il solo fatto obiettivo del decorso del termine quinquennale ex art. 16 R.D. 3 giugno 1940, n. 1357. (Pres. Trivellato - Est. Rocco - Pollini (Avv.ti Zampini, Botticini e Motta) c. Comune di Verona (Avv.ti Caineri, Squadroni, Moretto, Mondadori e Michelon). TAR VENETO - sez. II 29 aprile 2003, n. 2491

 

Impianto idroelettrico su un torrente - parere sfavorevole alla compatibilità ambientale - giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e non del TAR. Le controversie sui provvedimenti inerenti alla realizzazione di opere dirette all’utilizzo e allo sfruttamento delle acque e, in generale, agli interessi attinenti al loro uso, spettano al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e non al TAR. Parimenti è giurisdizione piena del Tribunale anche sugli atti ablatori e di occupazione di urgenza conseguenti alla dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere. (In specie, il Tar Veneto ha dichiarato il difetto di giurisdizione, devolvendo gli atti al T.S.A.P., in merito al provvedimento con il quale la giunta provinciale esprimeva parere sfavorevole alla compatibilità ambientale relativa al progetto di un impianto idroelettrico su un torrente; il parere negativo preclude la realizzazione dell’opera ai sensi dell’art. 19 L.R. Veneto 26 marzo 1999 n.10) (Pres. Baccarini - Est. Gabbicci - Comune di San Nicolò di Comelico (Avv.ti Fant e Bianchini) contro Provincia di Belluno (Avv. Gaz). TAR VENETO sez. I 23 aprile 2003, n. 2446

 

Urbanistica - Beni culturali e ambientali - D.i.a. e autorizzazione paesaggistica - Protezione delle bellezze naturali - In genere - Immobili sottoposti a vincoli - Interventi edilizi minori - Procedura di denuncia di inizio attività - Autorizzazione dell'autorità' proposta alla tutela del vincolo - Necessità - L. n. 47/1985 - L. n. 431/1985 - Art. 1 cost. L. n. 443/2001 - Art. 163 cost D. Lg. n. 490/1999. In materia edilizia, anche a seguito delle nuove disposizioni contenute del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e nella legge 21 dicembre 2001 n.443. gli interventi assoggettabili al regime della denuncia di inizio attività che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale sono subordinati al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo. Pres. Papadia U - Est. Fiale A - Imp. Guido P - PM. (Conf.) D'Ambrosio L. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 17/04/2003 (UD.17/01/2003) RV. 224720 sentenza n. 18304

 

Beni Ambientali - Patteggiamento e rimessione in pristino - Sanità Pubblica - Produttore-detentore di rifiuti speciali - Consegna dei rifiuti a terzi autorizzati - Obbligo di verificare che si tratti di terzi autorizzati - Sussistenza - Violazione - Responsabilità a titolo di concorso in ordine al reato di cui all'art.51, c.1, D.L.G. 22/1997 - Configurabilità - D. LG. 22/1997 art. 10. Il produttore-detentore di rifiuti speciali non pericolosi (nella specie pneumatici usati), qualora non provveda all'autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il pubblico servizio, può, ex art.10 D.L.G. n.22 del 1997, consegnarli ad altri soggetti ma, in tal caso, ha l'obbligo di controllare che si tratti di soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento; ove, per contro, tale doverosa verifica sia omessa, il produttore-detentore risponde a titolo di concorso con il soggetto qualificato (nella specie smaltitore), nella commissione del reato di cui all'art. 51, comma 1, D.L.G. n.22 del 1997(attività di gestione non autorizzata). Pres. Toriello F - Est. Squassoni C - Imp. Battaglino - PM. (Conf.) Siniscalchi A. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 17 aprile 2003 (UD.19/02/2003) RV.224249, Sentenza n. 16016

 

Beni culturali e ambientali - Alienazioni a titolo oneroso di cose di interesse artistico e storico - Interesse pubblico - Prelazione a favore dello Stato - Termine - Scadenza - Tutela del diritto soggettivo di proprietà del privato - Giurisdizione del giudice ordinario. Costituisce in giurisprudenza ius receptum il principio secondo cui il diritto di prelazione a favore dello Stato, previsto dall’articolo 31 legge 1089/39, nelle alienazioni a titolo oneroso di cose di interesse artistico e storico, è espressione di un potere statale di supremazia per il conseguimento dell’interesse pubblico alla conservazione ed al generale godimento di determinati beni e si esercita mediante l’emanazione di un provvedimento amministrativo, avente natura e finalità ablatorie, e la comunicazione, nel termine di due mesi dalla denuntiatio, fissato a pena di decadenza dell’articolo 32, comma 1, legge citata, del provvedimento stesso all’interessato. Tale comunicazione assume, pertanto, essa stessa valore di elemento costituito della fattispecie ablatoria, non già di mero strumento conoscitivo dell’avvenuto esercizio della prelazione (cfr., Cassazione 8079/92; 1950/96). Da tale principio deriva, in conformità a quanto comunemente si ritiene in tema di procedimenti ablatori, che, ove si deduca la carenza, in capo alla pubblica amministrazione, del diritto di prelazione ovvero l’acquisizione del diritto di proprietà sul bene senza l’esercizio del diritto di prelazione nel termine per esso stabilito, il che equivale alla deduzione della carenza di potere ablatorio dopo la scadenza dello stesso termine, la relativa controversia spetterà alla giurisdizione del giudice ordinario, venendo in rilievo la tutela del diritto soggettivo di proprietà del privato. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. Un. Ord. 17 aprile 2003, Sentenza n. 6221 (vedi: sentenza per esteso)

 

Revoca o modificazione dei provvedimenti dichiarativi del notevole interesse pubblico dell’immobile - regime di tutela paesaggistica, in assenza della previa acquisizione del parere del Consiglio Nazionale per i Beni culturali - regime di tutela “relativo” sotto il profilo del contenuto - il procedimento di sanatoria - il disposto annullamento. L’art. 82, terzo comma, del D.P.R. n. 616 del 1977 vieta ogni revoca o modificazione dei provvedimenti dichiarativi del notevole interesse pubblico dell’immobile, con conseguente sottoposizione del medesimo al regime di tutela paesaggistica, in assenza della previa acquisizione del parere del Consiglio Nazionale per i Beni culturali. Nel caso in esame l’Amministrazione comunale si è limitata ad esprimere il proprio avviso, in ordine al rilascio di una concessione edilizia in sanatoria nei confronti dell’odierno appellante, valutando positivamente la compatibilità della realizzazione dell’opera con le esigenze paesaggistiche della zona. Di conseguenza, non essendovi stata, nella fattispecie, né una revoca né una modificazione della dichiarazione di particolare interesse della zona sotto il profilo paesaggistico, la quale comporta un regime di tutela “relativo” sotto il profilo del contenuto, consistente appunto, nell’onere di munirsi dell’autorizzazione per chi intenda effettuare interventi modificativi dello stato dei luoghi (e, per quanto riguarda il procedimento di sanatoria, del parere di compatibilità dell’opera realizzata con i valori tutelati), la norma appare erroneamente invocata e inidonea a sorreggere il disposto annullamento (Sez. VI, 6 ottobre 1998 n. 1348). Consiglio di Stato Sezione VI, del 27 marzo 2003 sentenza n. 1594 (vedi: sentenza per esteso)

Rilascio dell’autorizzazione paesaggistica - la sindacabilità nel merito, da parte dell’autorità ministeriale, delle valutazioni espresse da parte dell’organo regionale - potere discrezionale - mero accertamento tecnico - infondatezza. La costante giurisprudenza amministrativa (Sez. VI, n. 1348 del 1998, cit..), ha escluso la sindacabilità nel merito, da parte dell’autorità ministeriale, delle valutazioni espresse da parte dell’organo regionale. Tale indirizzo giurisprudenziale presuppone, logicamente, l’esistenza di un potere discrezionale in senso proprio, e non limitato al mero accertamento tecnico, in capo all’Autorità emanante, poiché, se si trattasse di un mero accertamento tecnico, questo non potrebbe sottrarsi al sindacato di legittimità dell’organo di controllo statale, fornito di specifica competenza al riguardo (Sez. VI, n. 1348 del 1998, cit.). Le valutazioni effettuate dall’Amministrazione - nella specie, quella comunale - in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica sono, dunque, espressione di un apprezzamento discrezionale sulla compatibilità dell’interessato rispetto al quale si richiede la sanatoria con l’interesse pubblico, che può essere difforme dalle valutazioni dell’organo statale di controllo, senza per questo configurarsi come violazione di regole tecniche derivanti dal regime di tutela paesaggistica generante sul bene: con conseguente infondatezza della dedotta violazione dell’art. 82, terzo comma, del D.P.R. n. 616 del 1977. Consiglio di Stato Sezione VI, del 27 marzo 2003 sentenza n. 1594 Consiglio di Stato Sezione VI, del 27 marzo 2003 sentenza n. 1594 (vedi: sentenza per esteso)

 

Vincolo storico artistico su immobile del 1800 - complesso immobiliare in totale stato di degrado - ricorso per mancata comprovazione del valore - provvedimento carente di vizi logici - inammissibilità del ricorso. L’art. 2, L. 1° giugno 1939, n.1989 (oggi nel testo unico: Decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490) permette di sottoporre a vincolo storico - artistico le “cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, siano state riconosciute di interesse particolarmente importante e come tali abbiano formato oggetto di notificazione in forma amministrativa, del ministero per la educazione nazionale”. Lo stato di degrado dell’immobile non può costituire un ostacolo all’imposizione del vincolo, motivato logica e congruamente, al fine di garantire quanto meno la conservazione del valore residuo. Consiglio di Stato, sezione VI, 24 marzo 2003, n. 1496

 

Beni Ambientali - Offensività della condotta - Protezione delle bellezza naturale - In genere - Opera realizzata in zona sottoposta a vincolo paesaggistico - Attitudine dell'opera, secondo valutazione ex ante, a porre in pericolo il bene protetto - Sussistenza - Fattispecie - Art. 163 cost. D. Lg. n. 163/1999. La contravvenzione di cui all'art. 163 D.L.G. 490/1999 costituisce un reato di pericolo, la cui offensivita' consiste nell'attitudine dell'opera, alla stregua di una valutazione ex ante, di porre in pericolo il bene pro- tetto. (Fattispecie relativa ad una recinzione in paletti e rete metallica, con cancello e pilastri di ferro, della lunghezza di m. 700 e altezza di m. 2, realizzata in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico). Pres. Zumbo A - Est. Piccialli L - Imp. Abbate - PM. (Conf.) Di Zenzo C. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 20/03/2003 (UD.13/02/2003) RV. 224896 sentenza n. 12863

 

Beni culturali e ambientali - Autorizzazione paesaggistica - Rilascio - Effetti. In materia ambientale l'autorizzazione paesaggistica deve essere rilasciata prima e non dopo l'esecuzione dei lavori. In tale ultimo caso l'effetto del provvedimento postumo non e' l'estinzione del reato, ma soltanto l'esclusione della rimessione in pristino dello stato dei luoghi, poiche' l'amministrazione ha valutato l'opera e la ha ritenuta compatibile con l'assetto paesaggistico dell'area impegnata dall'opera realizzata. Cassazione penale sez. III, 20 ottobre 1998, n. 12697 Boscarato. Tribunale di Roma Sezione distaccata di Ostia Sentenza del 10.3.2003 (vedi: sentenza per esteso)

 

La concessione in sanatoria - i reati edilizi ed urbanistici e quelli ambientale - natura - rapporto tra la concessione in sanatoria e la cd. Legge Galasso - l'esclusione dell'applicazione dell'effetto estintivo - il rilascio successivo dell'autorizzazione paesaggistica non determina l'estinzione del reato - l'autorizzazione paesaggistica deve essere rilasciata prima e non dopo l'esecuzione dei lavori - giurisprudenza. Se va de plano che la concessione in sanatoria di cui all'art.13 della l.47/1985 estingue il reato edilizio, non può dirsi altrettanto per quanto riguarda il reato previsto dall'art.1 sexies della l.431/1985 (cd. Legge Galasso) oggi trasfuso nell'art.163 del succitato testo unico. In tale ambito infatti la giurisprudenza è concorde nel negare l'estensibilità della norma (art.13) anche ai reati previsti dalla l.431/1985 (oggi art.163 T.U.cit.). Le argomentazioni presentate a sostegno dell'esclusione dell'applicazione dell'effetto estintivo dell'art.13 anche ai reati ambientali prendono in considerazione l'asserita diversità dell'oggetto tutelato dalle norme (quelle dettate in materia edilizio-urbanistica e quelle previste in materia di tutela ambientale) ed il fatto che solo nella legge urbanistica (l.47/1985) è previsto tale meccanismo di estinzione del reato (artt.13 e 22). In particolare Cassazione penale sez. III, 18 novembre 1998, n. 13608 Marcheschi afferma che la concessione in sanatoria ex art. 13 e 22 l. 28 febbraio 1985 n. 47, estingue i reati edilizi ed urbanistici, ma non quello ambientale - di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985 - avente oggettivita' giuridica diversa dalla mera tutela urbanistica del territorio e condonabile solo "ex lege" n. 724 del 1994. Difatti la c.d. legge Galasso, a differenza della l. n. 47 del 1985, non prevede espressamente tale effetto estintivo, che e' stato introdotto solo dall'art. 39 della citata l. n. 724 del 1994, alle condizioni dalla stessa poste. E Cass. sez. III, 27 marzo 2000 Scotti lo ribadisce precisando che il rilascio successivo dell'autorizzazione paesaggistica non determina l'estinzione del reato di cui all'art. 1 sexies l. n. 431 del 1985, poiche' in tale legge e nel d.lg. n. 490 del 1999 non sussiste una previsione analoga a quella di cui agli art. 13 e 22 l. n. 47 del 1985. E secondo Cassazione penale sez. III, 30 aprile 1996, n. 5404 l'inapplicabilita' della speciale causa estintiva stabilita dall'art. 22 l. n. 47 del 1985 al reato previsto dall'art. 1 sexies l. n. 431/85 si fonda sui connotati peculiari di due discipline difformi e differenziate, legittimamente e costituzionalmente distinte, e sulla tutela prodromica del paesaggio cui e' deputata la contravvenzione in esame, sicche' non si vuole consentire alcuna modificazione senza il preventivo controllo dell'autorita' amministrativa, escludendo di porre la pubblica amministrazione competente dinnanzi al fatto compiuto, e sulla natura di reato formale o di disobbedienza riconosciuto in maniera uniforme da dottrina e giurisprudenza. Infine Cassazione penale sez. III, 20 ottobre 1998, n. 12697 Boscarato afferma che in materia ambientale l'autorizzazione paesaggistica deve essere rilasciata prima e non dopo l'esecuzione dei lavori. In tale ultimo caso l'effetto del provvedimento postumo non e' l'estinzione del reato, ma soltanto l'esclusione della rimessione in pristino dello stato dei luoghi, poiche' l'amministrazione ha valutato l'opera e la ha ritenuta compatibile con l'assetto paesaggistico dell'area impegnata dall'opera realizzata. Tale interpretazione della norma è stata ritenuta non in contrasto con la Costituzione da ultimo da Corte costituzionale 21 luglio 2000, ord. n. 327 Ottavi. Tribunale di Roma Sezione distaccata di Ostia Sentenza del 10.3.2003 (vedi: sentenza per esteso)

 

L'autorizzazione in sanatoria non può che dispiegarsi in un ambito in cui l'opera non abbia violato alcuna norma sostanziale - l'opera non conforme agli strumenti urbanistici fra i quali rientrano anche tutti gli strumenti di tutela ambientale - divieto di sanatoria - assenza di discrezionalità amministrativa - l'inapplicabilita' della speciale causa estintiva stabilita dall'art. 22 l. n. 47 del 1985 al reato previsto dall'art. 1 sexies l. n. 431/85 - contra. L'autorizzazione in sanatoria non può che dispiegarsi in un ambito in cui l'opera non abbia violato alcuna norma sostanziale. Se, in ipotesi, l'autorizzazione ambientale fosse condizionata ad opere ed interventi sull'immobile da effettuarsi, l'art.13 l.47/1985 sarebbe fuori gioco perché ciò implicherebbe che così com'è l'opera non è conforme agli strumenti urbanistici fra i quali rientrano anche tutti gli strumenti di tutela ambientale (quali piani paesistici, piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, decreti istitutivi dell'area vincolata,leggi statali e regionali, regolamenti, piani dei parchi, norme di salvaguardia, e quant'altro disciplina l'uso di un bene vincolato); sicché il meccanismo di cui all'art.13 non potrebbe comunque operare. Da tutto ciò si trae la conferma che anche l'autorizzazione ambientale, allorché concerne opere edilizie e a differenza di altri ambiti (nei quali valutazioni di opportunità possono trovare spazio), così come accade sempre per la concessione edilizia, si muove in un ambito di scarsa se non del tutto assente discrezionalità amministrativa nel senso che il richiedente ha un vero e proprio diritto ad ottenere sia l'una che l'altra (formalmente si tratta, per quanto oggi la distinzione non sia più rilevante come in passato viste le recenti leggi in materia di giurisdizione del giudice amministrativo in materia urbanistica, di un interesse legittimo, ma connotato come detto da scarsa o assente discrezionalità dell'amministrazione, tutt'al più - ove prevista- di natura tecnica). Ulteriore corollario di quanto sopra è la non condivisibilità dell'argomento secondo cui l'inapplicabilita' della speciale causa estintiva stabilita dall'art. 22 l. n. 47 del 1985 al reato previsto dall'art. 1 sexies l. n. 431/85 deriva dal fatto che non si vuole consentire alcuna modificazione senza il preventivo controllo dell'autorita' amministrativa, escludendo di porre la pubblica amministrazione competente dinnanzi al fatto compiuto (Cassazione penale sez. III, 30 aprile 1996, n. 5404). In realtà o quell'opera edilizia poteva essere legittimamente realizzata (alla stregua degli strumenti urbanistici ed ambientali vigenti) in zona vincolata o non lo poteva: nel primo caso non si vede perché l'art.13 non potrebbe estinguere il reato formale ambientale insieme a quello edilizio, nel secondo non vi sono spazi né per l'art.13 né per il rilascio della autorizzazione ambientale. Tribunale di Roma Sezione distaccata di Ostia Sentenza del 10.3.2003 (vedi: sentenza per esteso)

 

Concessione in sanatoria per reato edilizio commesso in zona vincolata - la concessione edilizia e' priva di efficacia qualora il sindaco l'abbia rilasciata in assenza del c.d. nulla osta - la tutela dell'ambiente. Va considerato che il rilascio della concessione in sanatoria per reato edilizio commesso in zona vincolata postula necessariamente che sia stata previamente attinta da parte del Comune l'autorizzazione dell'organo preposto alla tutela del vincolo (o degli organi preposti alla tutela dei vincoli, se molteplici e di diversa natura ed origine). In particolare in tema di reati edilizi, qualora la zona sia sottoposta a vincolo paesaggistico, la relativa autorizzazione si inserisce nel procedimento di rilascio della concessione e ne condiziona l'emanazione, assumendo il ruolo di presupposto. Ne consegue che la concessione e' priva di efficacia qualora il sindaco l'abbia rilasciata in assenza del c.d. nulla osta (Cassazione penale sez. III, 4 maggio 1998, n. 6671 Losito; Cassazione penale sez. VI, 11 novembre 1999). Sicché, la tutela dell'ambiente rientra a pieno titolo nella materia urbanistica (così fra le moltissime Cassazione penale sez. III, 28 maggio 1998, n. 8578 Colombini; ed in analoghi termini Cassazione penale sez. III, 10 novembre 1998, n. 2950 Sanna). Tribunale di Roma Sezione distaccata di Ostia Sentenza del 10.3.2003 (vedi: sentenza per esteso)

 

L’esercizio del potere di annullamento della autorizzazione paesaggistica - il termine. Il termine di sessanta (cfr. tra le ultime Cons. St. VI, 4 settembre 2001, n.4639 e 29 maggio 2002 n.2984) giorni stabilito dall'art.82, 9° comma, D.P.R. n.616/1997 (nel testo modificato dall'art.1 D.L. n.312/1985 conv. in L. n.431/1985), ancorchè perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento della autorizzazione, sia perchè è estranea alla previsione normativa l'ulteriore fase della comunicazione o notificazione, sia perchè l'atto di annullamento ministeriale non può essere considerato di natura recettizia. Quanto a quest'ultimo profilo è stato infatti evidenziato che il provvedimento ministeriale incide su una sfera giuridica non ancora definita giacchè la sola autorizzazione regionale (o subregionale) ex. art.7 L. n. 1497/1939 non produce di per sè alcuna espansione dello"jus aedificandi", ma una semplice aspettativa all'esito della ulteriore fase procedimentale di competenza dell'Amministrazione statale (cfr. sul punto Cons. St. VI, 10 agosto 1999, n.1027; 29 settembre 1999, n.1274; 1 dicembre 1999, n.2069). Consiglio di Stato, Sezione VI del 6 marzo 2003, sentenza n. 1249

 

Vincolo archeologico - l'amministrazione può disporre legittimamente l'estensione del vincolo su immobili non direttamente interessati da reperti archeologici ma limitrofi ai fondi nei quali tali reperti sono stati individuati - motivazione. Il provvedimento con il quale l'amministrazione dispone l'estensione del vincolo su immobili non direttamente interessati da reperti archeologici ma limitrofi ai fondi nei quali tali reperti sono stati individuati richiede una specifica motivazione in merito all'esigenza d'imposizione del vincolo (C. Stato, sez. VI, 03-11-1997, n. 1565). Ciò posto, ritiene il Collegio che siffatto obbligo motivazionale possa ritenersi assolto nel caso di specie. Ed invero, il riferimento, in uno al dato costituito dal rinvenimento dei reperti, e quale ulteriore fattore comprovante la probabile importanza archeologica di un’area dalle dimensioni più estese, all’adiacenza della stessa alla cinta muraria di epoca romana non può essere certo sminuito nella sua valenza indiziante: si tratta di circostanze all’evidenza convergenti nel denotare la presenza di un tessuto urbano di più ampie dimensioni e comunque idonee ad escludere che il provvedimento possa ritenersi affetto dal denunciato vizio di eccesso di potere per macroscopica illogicità. Consiglio di Stato, Sezione VI del 6 marzo 2003, sentenza n. 1233

Autorizzazione paesaggistica - potere di annullamento - il termine di sessanta - la comunicazione. Il termine di sessanta giorni di cui all'art.82, 9° comma, D.P.R. n.616/1977, ancorchè perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento della autorizzazione, sia perchè è estranea alla previsione normativa l'ulteriore fase della comunicazione o notificazione, sia perchè l'atto di annullamento ministeriale non può essere considerato di natura recettizia. (cfr. tra le ultime Cons. St., 4 settembre 2001, n.4639 e 29 maggio 2002, n.2984) Quanto a quest'ultimo profilo è stato infatti evidenziato che il provvedimento ministeriale incide su una sfera giuridica non ancora definita perchè la sola autorizzazione regionale (o subregionale) ex art.7 L. n.1497/1939 non produce di per sè alcuna espansione dello "jus aedificandi", ma una semplice aspettativa all'esito della ulteriore fase procedimentale di competenza della Amministrazione statale (cfr. sul punto Cons. St. VI, 10 agosto 1999, n.1027; 29 settembre 1999, n. 1274; 1 dicembre 1999, n. 2069). Ciò posto, poichè nella fattispecie in esame l'annullamento ministeriale della delibera regionale recante la autorizzazione paesaggistica, datata 27/2/1995, è stato assunto con decreto del 28/4/1995, e dunque nel rispetto del prescritto termine di sessanta giorni, lo stesso deve ritenersi tempestivo, non rilevando in alcun modo la circostanza che la comunicazione di tale decreto sia stata effettuata oltre l'anzidetto termine di sessanta giorni. Consiglio di Stato, Sezione VI del 6 marzo 2003, sentenza n. 1231

Autorizzazione paesaggistica - potere di annullamento - competenza sostitutiva del Ministero per i beni culturali e ambientali - competenza della Regione - decorrenza del termine. La decorrenza del termine entro il quale, ai sensi dell'art.1 D.L. 27 giugno 1985, n.312, conv. in L. 8 agosto 1985, n.431, la Regione deve determinarsi sulla richiesta di autorizzazione ex art.7 L. n.1497/1939, pur comportando l'insorgenza della competenza sostitutiva del Ministero per i beni culturali e ambientali, non determina l'estinzione della competenza della Regione stessa (in tal senso Cons. St. IV , 21 dicembre 1989, L. 927 e VI, 10 agosto 1999, n.1025). Alla stregua delle considerazioni che precedono il decreto ministeriale di annullamento oggetto dell'impugnativa deve ritenersi illegittimo. Consiglio di Stato, Sezione VI del 6 marzo 2003, sentenza n. 1231

 

Beni culturali e ambientali - Nozione di alterazione del paesaggio - Protezione delle bellezze naturali - Alterazione del paesaggio - Nozione - Fattispecie: utilizzabilità ed abitabilità dei sottotetti - T.U. n. 490/1999 - Art. 1 Sexies n.431/1985. Ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all'art. 1 sexies L. 8/8/85 n. 431 la nozione di alterazione del paesaggio deve essere valutata in relazione alle modifiche, anche minime, ma apprezzabili. (Fattispecie nella quale le opere eseguite erano esterne e utilizzate per rendere abitabili i sottotetti). Pres. Toriello F - Est.. Novarese F - IMP. Pedrazzini e altri PM. (Conf.) Hinna Danesi F. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 03/03/2003 (UD.28/01/2003) RV. 223817 sentenza n. 09538

 

Beni culturali e ambientali - Protezione delle bellezze naturali - Interventi in immobili sottoposti a vincolo paesistico ambientale - Difformità dall'autorizzazione paesistica - Variazione essenziale - Direttore dei lavori - Illecito penale - Responsabilità - Sussistenza - Artt. 8 e 20 c. let. c L. n. 47/1985 - rinuncia all'incarico. Integra il reato previsto dall'art. 20 lett. C) L. 28/2/1985 n. 47 ogni intervento effettuato su immobili sottoposti a vincolo paesistico e ambientale eseguito in difformità dall'autorizzazione paesistica, dovendosi considerare come variazione essenziale indipendentemente dal fatto che sia considerata come tale dalla legge regionale. Il direttore dei lavori e' responsabile dell'inosservanza della legge urbanistica indipendentemente dall'epoca in cui la violazione e' stata commessa, infatti solo l'attivazione della procedura di comunicazione e rinuncia all'incarico prevista dall'art. 6 della L. 28/2/1985 n. 47 può determinare un'esenzione da responsabilità. Pres. Toriello F - Est. Novarese F - Imp. Pedrazzini e altri - PM. (Conf.) Hinna Danesi F. CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. III, 03 Marzo 2003 (UD.28/01/2003) RV. 223816, Sentenza n. 09538

 

Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico - Interventi di manutenzione straordinaria - Nulla osta - Casi si esonero - Limiti. Gli interventi di manutenzione straordinaria, ai sensi dell’art. 1, comma 8, legge n. 431/1985 (ora art. 152 Decreto legislativo n. 490/1999), non richiedono il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, solo nel caso in cui non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici. Haggiag e altri - CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. Del 23 gennaio 2003) RV 224175 Sentenza n. 9519 (vedi: sentenza per esteso)


Beni culturali e ambientali - Immobili sottoposti a vincolo paesaggistico - Interventi di manutenzione straordinaria - D.P.R. n. 380/2001 - Autorizzazione - Casi si esonero - Limiti - art. 31, comma 1 lett. b), l. n. 457/1978. La qualificazione d’interventi di manutenzioni straordinaria (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 testo unico in materia edilizia) e il relativo esonero dell’autorizzazione paesaggistica per gli immobili sottoposti a vincolo è previsto solo per interventi contemplati dall’art. 31, comma 1 lett. b), della Legge n. 457/1978 a condizione che la realizzazione delle opere non producano, in nessun caso, alterazione dello stato dei luoghi. Haggiag e altri - CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. Del 23 gennaio 2003) RV 224175 Sentenza n. 9519 (vedi: sentenza per esteso)

Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico - La concessione in sanatoria estingue i reati edilizi ed urbanistici, ma non quello ambientale - Art. 13 L. 47/1985 - Configurabilità dell’illecito - Sussistenza. La concessione in sanatoria ex art. 13 Legge 47 del 1985 estingue i reati edilizi ed urbanistici, ma non quello ambientale avente oggettività giuridica diversa dalla mera tutela urbanistica del territorio. Haggiag e altri - CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. Del 23 gennaio 2003) RV 224175 Sentenza n. 9519 (vedi: sentenza per esteso)

 

Annullamento ministeriale di nulla osta paesistico rilasciato dal Comune - destinazione urbanistica e compatibilità ambientale. La compatibilità di un intervento (un impianto perfettamente aderente alla destinazione di zona, che era adibita proprio alla realizzazione di un tale tipo di impianto, con caratteristiche dimensionali previamente stabilite) viene già effettuata dal Comune, anche sotto il profilo dell’impegno volumetrico, in sede di programmazione urbanistica. Il nulla osta comunale, oltre a considerare la conformità del progetto alla destinazione urbanistica della zona, prescrivendo specifiche cautele per la sua realizzazione, tiene conto sia della destinazione specifica della zona sia degli aspetti di impatto ambientale del nuovo impianto. Un provvedimento statale di annullamento dell’autorizzazione paesistica non può sostituire la propria valutazione degli interessi in conflitto a quella effettuata dal Comune e non può limitarsi ad asserire in modo generico che la realizzazione del progetto pregiudica i valori ambientali e paesistici anche in considerazione della notevole incidenza planivolumetrica, dovendo invece tener conto delle specifiche circostanze di fatto, da indicare nella motivazione, che non sarebbero state esaminate dall’Autorità locale ovvero esaminate in modo irrazionale. Consiglio di Stato, sez. V, del 25 febbraio 2003, sent. n. 1070

 

L. n. 431/1985 - domanda di condono - per valutare l’esistenza del vincolo e l’andamento del fiume va fatto riferimento al momento della domanda. Il vincolo di cui alla L. n.431/1985 deve essere definito per una fascia di m. 150 dall’argine del fiume secondo l’andamento che aveva alla data della domanda di condono. Anche se l ’art. 32 L. n.47/85 ha dato luogo in passato ad orientamenti contrastanti, oramai la giurisprudenza di questo Consiglio è ferma nel ritenere che deve tenersi conto del vincolo esistente al momento in cui deve essere esaminata la domanda di condono, a prescindere dall’epoca di introduzione del vincolo, per poterne valutare l’attuale compatibilità con i manufatti realizzati (V. A.P. n.20 del 22 .7.1999; sez. V n. 1761 del 27.3.200 e Sez. VI n. 181 del 22.1.2001). Inoltre, il vincolo per una fascia di m.150 dalle sponde o piede dei fiumi e torrenti inclusi nei prescritti elenchi, ai sensi dell’art. 82, comma 5°, D.P.R. 24.7.1977 n. 616, come modificato dal D.L. 27.1.1985 n. 312 (convertito dalla L. 8.8.1985 n.431) non può che tener conto dell’andamento attuale del fiume, trattandosi di vincolo imposto direttamente ex lege e che le carte catastali si limitano a registrare senza alcun carattere costitutivo. Una volta precisato che occorre aver riguardo unicamente all’andamento attuale del fiume, viene ad essere privo di fondamento il rilievo fondato su carte catastali non aggiornate. Consiglio di Stato, Sez. V, del 25 febbraio 2003 sent. n. 1065

 

Nulla osta paesistico - carenza di istruttoria e carenza di motivazione nel caso di nulla osta paesaggistico rilasciato con la formula “parere favorevole” - l’assenza di un “minimo di motivazione” rende legittimo l’annullamento - la ratio dell’atto e la necessità di ricostruire l’iter logico seguito nell’adozione di esso dall’autorità emanante - la riserva all’autorità statale del potere di riesame della determinazione dell’ente delegato - vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione. Non possono condividersi le censure di eccesso di potere mosse dagli interessati contro la sentenza appellata, la quale ha ritenuto correttamente legittimo l’operato del Ministero, concretizzatosi nel riscontro dell’assenza di un “minimo di motivazione” nella predetta delibera n.1747/1989, con annullamento, quindi, della delibera medesima in quanto ritenuta viziata da eccesso di potere sotto il profilo sintomatico della carenza di istruttoria e della carenza di motivazione. Sarebbe impossibile, invero, risalire alla ratio dell’atto e ricostruire l’iter logico seguito nell’adozione di esso dall’autorità emanante qualora il provvedimento stesso assumesse un tenore apodittico e non si potrebbe di certo verificare, in tale ipotesi, se l’autorità predetta abbia o non valutato correttamente gli interessi in gioco. Peraltro, avendo l’ordinamento riservato all’autorità statale un potere di riesame della determinazione dell’ente delegato, deve ritenersi anche che una mancanza di motivazione di detta determinazione renderebbe irrealizzabile il compito ad essa attribuito. Del resto, in tal senso si è espressa pure la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui il Ministro dei beni culturali e ambientali può annullare il nulla osta paesistico quando è affetto da vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione, dovendo i nulla osta del genere essere congruamente motivati, anche se hanno natura di atti ampliativi della sfera dei destinatari (cfr. Cons. St., Ad. Plen. 22.7.1999, n.20; Sez.VI, 10.8.1999 n.1025; 2.3.2000, n.1096; 8.3.2000, n.1162; 13.2.2001, n.685). (Nella specie, si riteneva che il Comune di Siena, a fronte del legittimo parere tecnico della Commissione beni ambientali avrebbe operato correttamente nel concedere, con la delibera n.1747/1989, la sanatoria richiesta e che tale delibera, come anche il parere della Commissione predetta a cui si richiamava, era sufficientemente motivato con la semplice espressione “parere favorevole”, essendo evidente che “tutti i pareri favorevoli avrebbero avuto identica e stereotipata motivazione”, diversamente da quelli sfavorevoli per i quali era necessario motivare approfonditamente. Invece il Collegio ha ritenuto che, con riguardo al nulla osta di cui all’art.7 della legge n.1497/1939, sussista sempre un obbligo indifferenziato di motivazione; e ciò al fine di consentire la tutela sia in favore dell’interesse collettivo sia di quello riferito a possibili controinteressati, non assumendo alcun rilievo la natura di atto favorevole e positivo di tale nulla osta). Consiglio di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 841 (vedi: sentenza per esteso)

 

L’annullamento ministeriale di un’autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di una costruzione edilizia in zona protetta - le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere per difetto di motivazione - la domanda di sanatoria. L’annullamento ministeriale di un’autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di una costruzione edilizia in zona protetta, potendo riguardare tutti i vizi di legittimità, comprese le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere, ben può essere pronunciato per difetto di motivazione, in quanto in sede di autorizzazione regionale o di organo delegato dalla regione, a norma dell’art.7. della legge n.1497 del 1939, anche l’atto positivo di assentimento richiede un’adeguata motivazione sulla compatibilità effettiva dell’opera con gli specifici valori paesistici dei luoghi. (In specie, i ricorrenti, con gravame proposto davanti al TAR della Toscana, impugnavano l’ordinanza 9.4.1990, n.77, con la quale il Sindaco di Siena non aveva accolto la loro domanda di sanatoria per due manufatti costruiti abusivamente disponendone la demolizione, nonché gli atti ad essa presupposti, connessi e conseguenti, tra cui il decreto in data 9.2.1990, con il quale il Ministero per i beni culturali e ambientali aveva annullato la delibera della Giunta Municipale di Siena 9.11.1989, n.1747 che aveva autorizzato il rilascio della concessione in sanatoria per i predetti due manufatti, e la relazione in data 3.3.1990 del Servizio edilizia e concessioni del medesimo Comune). Non ogni contraddittorietà costituisce figura sintomatica di eccesso di potere, ma soltanto quelle che non hanno una valida ragione giustificatrice; mentre nella specie il diverso orientamento dell’Amministrazione è giustificato dall’intervenuto provvedimento ministeriale di annullamento, al quale il Sindaco di Siena di è dovuto poi adeguare respingendo la domanda di sanatoria degli interessati ordinandone la demolizione. Non vi è dubbio, quindi, che nella vicenda di cui trattasi il Sindaco, in relazione allo specifico provvedimento in questione, dovesse ad esso adeguarsi, non potendo ritenersi che egli, come assunto dai ricorrenti, non ne avesse l’obbligo. Consiglio di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 841 (vedi: sentenza per esteso)

 

La necessità dell’adeguata motivazione deve essere rispettata anche nell’ipotesi di nulla osta edilizio in area soggetta a vincolo paesistico - i provvedimenti amministrativi c.d. positivi - l’attuazione del principio costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa. Anche i provvedimenti amministrativi c.d. positivi, devono basarsi su un’idonea motivazione, giacché l’indicazione delle ragioni su cui si fondano gli stessi agevola l’attuazione del principio costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa; a maggior ragione tale esigenza di adeguata motivazione deve essere rispettata nell’ipotesi di nulla osta edilizio in area soggetta a vincolo paesistico, attesa la tendenziale irreversibilità dell’alterazione dello stato dei luoghi ai fini dell’adeguata gestione dei vincoli paesistici. Consiglio di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 841 (vedi: sentenza per esteso)

 

Il provvedimento di annullamento di nulla osta paesistico - il termine perentorio di sessanta giorni - fase di comunicazione o notificazione - irrilevanza della notifica dell’atto di annullamento dopo la scadenza termine. Costituisce orientamento consolidato di questa Sezione, da ultimo fatto proprio dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 22 luglio 1999, n.20), quello secondo cui il termine perentorio di sessanta giorni, previsto dall’art.82, comma 9, del citato D.P.R. n. 616/1977, si riferisce solo all’adozione del provvedimento di annullamento di nulla osta paesistico, e non anche alla successiva fase di comunicazione o notificazione. In particolare, il procedimento col quale il Ministero per i beni culturali e ambientali controlla la legittimità delle autorizzazioni a costruire rilasciate dalla Regioni ai sensi dell’art.7 L. 29 giugno 1939 n.1497 si conclude o con l’inutile scadenza del termine all’uopo previsto ovvero con l’emanazione nel suddetto termine del decreto di annullamento. Pertanto, è irrilevante che la successiva notifica dell’atto di annullamento al privato titolare dell’autorizzazione regionale avvenga dopo la scadenza del detto termine, trattandosi di incombente del tutto esterno rispetto al perfezionamento dell’iter procedimentale relativo al controllo ministeriale (cfr., di recente, C.d.S., Sez.VI, 4 settembre 2001, n.4639 e 23 settembre 2002, n.4812). Nel caso di specie, la delibera regionale n.8166 del 22 novembre 1994 è pervenuta alla Soprintendenza il successivo 19 dicembre e il provvedimento di annullamento è stato adottato il 16 febbraio 1995 (e comunicato alla società interessata il successivo 7 marzo), dunque entro il termine di sessanta giorni. Consiglio di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 839 (vedi: sentenza per esteso)

 

L’insorgere della competenza sostituiva di un’autorità superiore non determina di per sé l’estinzione della competenza dell’organo che ordinariamente ne è titolare - zona soggetta a vincolo paesistico. L’insorgere della competenza sostituiva di un’autorità superiore non determina di per sé l’estinzione della competenza dell’organo che ordinariamente ne è titolare, sicché la decorrenza del termine di sessanta giorni entro il quale la Regione deve determinarsi sulla richiesta di autorizzazione a costruzione edilizia in zona soggetta a vincolo paesistico, pur comportando l’insorgenza della competenza sostitutiva del Ministero dei beni culturali ed ambientali, non determina l’estinzione della competenza della Regione stessa (cfr. C.d.S., Sez.IV, 21 dicembre 1989, n.927 e Sez.VI, 10 agosto 1999, n.1025). Consiglio di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 839 (vedi: sentenza per esteso)


Beni culturali e ambientali - Annullamento dell’autorizzazione paesaggistica - Potere di annullamento - Fase endoprocedimentale. Il potere di annullamento, attribuito al Ministro per i beni culturali ed ambientali dall'art. 82, ultimo comma, del D.P.R. n. 616/1977 (oggi art. 151 del D. Lgs. n. 490/99), è esercitato in una successiva fase endoprocedimentale, che ha natura di secondo grado e che è di competenza di un diverso organo rispetto a quello che ha rilasciato l'autorizzazione. CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, 13 febbraio 2003 (C.c. 17.12.2002), Sentenza n. 790 (vedi: sentenza per esteso)

Beni culturali e ambientali - Annullamento dell’autorizzazione paesaggistica - Avvio del procedimento - Comunicazione - Obbligo. L'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica è anche espressamente previsto dal regolamento del Ministero dei beni culturali ed ambientali di attuazione delle disposizioni della Legge n. 241/90 (D.M. 13-6-94 n. 495). CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, 13 febbraio 2003 (C.c. 17.12.2002), Sentenza n. 790 (vedi: sentenza per esteso)

Beni culturali e ambientali - Esercizio del potere di annullamento statale delle autorizzazioni paesistiche - C. Cost. sent. n. 383/1996 - Autonome fasi endoprocedimentali - Sistema di concorrenza di poteri - Effetti - Responsabile del procedimento - Avvio del procedimento - Comunicazione - Obbligo. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 383/1996, ha ritenuto sussistente l'obbligo, di cui all'art. 7 della Legge n. 241/90, anche per le successive ed autonome fasi endoprocedimentali, con la sola esclusione dell'ipotesi, in cui la fase successiva sia dovuta all'iniziativa dell'interessato. (Corte Cost. n. 437/2000). Pertanto, l'esercizio del potere di annullamento statale delle autorizzazioni paesistiche come espressione di sistema di concorrenza di poteri, realizzato non attraverso un atto complesso o una intesa, costituisce sempre una fase di secondo grado (rispetto ad una autorizzazione regionale perfetta ed efficace), nella quale vi è possibilità di introdurre - d'ufficio o su iniziativa dei soggetti portatori di interessi qualificati - documentazione ed elementi di fatto ulteriori rispetto all'istruttoria regionale. Questa speciale fase di secondo grado si caratterizza per l'autorità (statale) diversa da quella di primo grado (regionale), con un diverso responsabile del procedimento. CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, 13 febbraio 2003 (C.c. 17.12.2002), Sentenza n. 790 (vedi: sentenza per esteso)

Beni culturali e ambientali - Esercizio del potere di annullamento statale delle autorizzazioni paesistiche - Autonome fasi endoprocedimentali - Responsabile del procedimento - Avvio del procedimento - Comunicazione - Obbligo. La comunicazione dell'avvio del procedimento è strumentale alla partecipazione del destinatario dell'atto al procedimento stesso, dovendo essere indicati l'amministrazione procedente, l'oggetto ed il responsabile del procedimento e l'ufficio, presso cui si può prendere visione degli atti. Le due fasi (la prima di competenza delle Regioni o dei Comuni e la seconda di competenza del Ministro o dei Soprintendenti delegati), sebbene connesse, hanno una tale diversità sotto il profilo dei soggetti competenti che gli elementi relativi alla prima fase, conosciuti dal privato, sono del tutto diversi da quelli inerenti la seconda fase, destinata a svolgersi presso uffici statali e che non è dovuta all'iniziativa dell'interessato, che è solo edotto della sua eventualità. CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, 13 febbraio 2003 (C.c. 17.12.2002), Sentenza n. 790 (vedi: sentenza per esteso)

 

Beni culturali e ambientali - Beni storici e artistici - Patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (cose d'antichità e d'arte) - in genere - Possesso di beni di interesse artistico, storico o archeologico - Art. 67 l. n.1089 del 1939 in relazione all'art.624 cod. pen. - Configurabilita' - Ragioni. Il possesso di oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, che deve ritenersi illegittimo in quanto tali beni appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato fin dalla loro scoperta, integra il reato di cui all'art.67 della legge n.1089 del 1939 in relazione all'art.624 cod. pen. Cass. 1995 n. 12087 riv. 203105; Cass. 1998 n. 12716 riv. 212786; Cass. 1999 n. 07131 riv. 213740; Cass. 2000 n. 05714 riv. 216567. Pres. Vitalone - Est.. Quitadamo - PM. (Conf.) Albano A - IMP. Di Marco. CASSAZIONE PENALE, Sezione III, del 30/01/2003 (UD.22/11/2002) RV. 223554 Sentenza n. 04266

 

Possesso di beni di interesse artistico, storico o archeologico - reato di cui all'art. 67 legge n. 1089 del 1939 in relazione all'art. 624 cod. pen. - configurabilita' - ragioni. Il possesso di oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, che deve ritenersi illegittimo in quanto tali beni appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato fin dalla loro scoperta, integra il reato di cui all'art. 67 della legge n. 1089 del 1939 in relazione all'art. 624 cod. pen.. Vedi anche: Cass. 1995 n. 12087; Cass. 1998 n. 12716; Cass. 1999 n. 07131; Cass. 2000 n. 05714. Cassazione Penale Sezione III, del 30/01/2003 (UD.22/11/2002), sentenza n. 04266

 

Beni culturali e ambientali - Protezione delle bellezze naturali - In genere - Ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi - Sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. - Previsione - Fondamento - Art. 1 sexies D. L. n. 312/1985 - L. n. 431/1985 - D. LG. n. 490/1999. L'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, previsto attualmente dall'art. 163, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490 ed in precedenza dall'art. 1 sexies, comma 2, del d.l. n. 312 del 1985, convertito in legge n. 431 del 1985, va disposto dal giudice anche in caso di sentenza emessa ex art. 444 c.p.p., attesa la sua natura di sanzione amministrativa. Pres. Vitalone C - Est. Fiale A - Imp. P.M. in proc. Saracino S PM. (Conf.). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 28/01/2003 (CC.22/11/2002) RV. 223366 sentenza n. 04028

 

L’annullamento ministeriale del nulla osta paesaggistico - mansarda in un area prossima al mare - domanda di sanatoria - incremento dimensionale - nuova opera edilizia - illegittimità - la sufficiente motivazione. E’ stato annullato legittimamente il rilasciato nulla osta paesaggistico in quanto l’incremento dimensionale del fabbricato, conseguente alla realizzazione della mansarda in un area prossima al mare, è di impatto ambientale negativo con particolare riferimento alla visibilità. Con la conseguenza che l’impugnato decreto di annullamento si regge legittimamente sul “rilevato negativo impatto ambientale”. L’incremento dimensionale del fabbricato e la sua prossimità al litorale, come anche la visibilità dello stesso dal mare, sono tutti elementi che hanno trovato conferma negli atti del giudizio. Per la sufficiente motivazione basta rimandare quanto affermato nel decreto ministeriale impugnato in primo grado, secondo cui il Comune “non ha affatto tenuto conto dello stato attuale effettivo del manufatto, abusivamente realizzato con materiali precari (copertura in legno, pannelli in alluminio, ecc...) e del fatto che l’intervento assentito prevedendo la demolizione dell’esistente e la ricostruzione di una nuova struttura con materiali diversi (solaio latero-cemento inclinato con soprastante manto di tegole poggiante su muratura portante di blocchi di tufo e malta cementizia di cm. 40) concretizza una nuova opera edilizia la quale determinerebbe e sancirebbe un incremento dimensionale dell’immobile che - ubicato in area molto prossima al mare - risulterebbe estremamente visibile”. (Nella specie, l’abuso consisteva nella realizzazione di un piano mansarda e la domanda al Comune era presentata per la sanatoria del manufatto abusivo - all’epoca realizzato con materiali precari - la sua demolizione e la successiva ricostruzione di un nuovo volume. L’annullamento ministeriale era disposto per eccesso di potere sotto i profili sintomatici della carenza di istruttoria e di motivazione, nonché della violazione del giusto procedimento e dell’art. 82, comma 3, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616). Consiglio di Stato, Sez. VI - 27 gennaio 2003 - Sentenza n. 399 (vedi: sentenza per esteso)

 

Beni culturali e ambientali - Modifiche dello stato dei luoghi - Alterazione del paesaggio - Nozione - Art. 1-sexies L. n. 431/1985 - Fattispecie. Le modifiche anche minime dello stato dei luoghi, pur¬ché apprezzabili, rientrano nella nozione di alterazione del paesaggio e configurano il reato di cui all’art. 1-sexies l. 8 agosto 1985, n. 431. Fattispecie: le opere eseguite comprendevano un minimo rialzo del piano di campagna ed una maggiore altezza di alcuni mu¬ri perimetrali. Pres. Savi¬gnano - Rel. Novarese - P.M. Gerace (concl. conf.) - Gentili. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 23 gennaio 2003 (28 novembre 2002), n. 3159
 

Delimitazione del lido e della spiaggia - l'estensione del mare territoriale. Ai fini della linea ideale tracciata tra limiti estremi della costa per determinare l'estensione del mare territoriale oltre il normale limite delle sei miglia, vengono in considerazione i promontori e, in genere, le punte estreme della costa, Corte di Cassazione (Sezioni Unite 2 maggio 1962, n. 849). Non appartengono al demanio marittimo (art. 822 c.c. e 28 c.n.), i promontori e le punte estreme della costa che non delimitano porti e rade, salvo che per quella striscia di terreno che, essendo ad immediato contatto con il mare, costituisce il lido e la spiaggia. Lido del mare è qualunque porzione della costa (anche non sabbiosa) compresa nello spostamento delle acque (tenendo conto anche delle zone bagnate dalle maree invernali), mentre spiaggia è quella fascia di terreno degradante compresa fra il lido e l'entroterra, variabile con riferimento alle esigenze concrete per il pubblico uso del mare. Cassazione civile, sez. I, 2 giugno 1978, n. 2756. Conforme: Consiglio di Stato, VI Sezione 19 gennaio 2003 nn. 944 - 943. Consiglio di Stato, VI Sezione 19 gennaio 2003, Sentenza n. 945

 

Nulla osta paesaggistico - necessità di adeguata motivazione anche quando viene espresso “parere favorevole” - motivazione per relationem - legittimità - la carenza di motivazione rende illegittimo il nulla osta favorevole - limiti al potere di riesame. Alcun difetto di motivazione sussiste in relazione all’autorizzazione paesaggistica, che è stata invece annullata attraverso l’esercizio del potere ministeriale, tradottosi nella specie in un evidente sindacato di merito del profilo paesaggistico, che, come è noto, non è consentito, in quanto il potere di riesame è limitato ad un vaglio sulla legittimità dell’autorizzazione rilasciata (cfr., Cons. Stato, Ad. Plen. n.9/2001) ed è censurabile solo per errata o incompleta considerazione degli elementi di fatto o per una palese illogicità del giudizio (cfr., Cons. St., Sez.IV, 7.5.2002, n.2442; 18.10.1999, n.1438). In specie, l’autorizzazione rilasciata dalla Regione è infatti motivata per relationem agli atti del procedimento e la richiamata Relazione del competente ufficio per l’urbanistica e per l’assetto del territorio contiene, un motivato giudizio sulla compatibilità ambientale delle opere di cui trattasi. Può ritenersi, dunque, che nella specie l’organo regionale - cui, ai sensi dell’art.82 del DPR n.616/1977, è stata attribuita in via esclusiva la funzione di rilasciare il nulla osta in questione - abbia assolto, in modo adeguato, al relativo obbligo motivazionale nell’emanazione del provvedimento di propria competenza, sicché non possono essere accolti i rilievi dell’Amministrazione appellante in ordine all’erroneità della sentenza gravata nella parte in cui essa ha ritenuto illegittimo il provvedimento regionale in quanto carente di motivazione. Vedi: Consiglio di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 841. Consiglio di Stato, VI Sezione 19 gennaio 2003, Sentenza n. 936 (vedi: sentenza per esteso)

 

La nullità delle “deliberazioni che comportino deroga o violazione dei vincoli posti da autorità sovracomunali, anche se recepite dallo strumento urbanistico” - limiti dell’art. 1, commi 1 e 4, della legge n. 556/88 - la deliberazione consiliare di approvazione del progetto - la compatibilità urbanistica e paesaggistica - il rilascio della concessione edilizia. Non appare condivisibile l‘affermazione secondo la quale il complesso ricettivo turistico da realizzarsi dai ricorrenti debba iscriversi fra le opere di interesse pubblico, cui fa riferimento la norma citata, (l’art. 1, comma 4, lett. l) del D.L. n. 465/1988 (riprodotto dall’art. 5, lett. m, del Decreto del Ministro del Turismo 31.12.1988) aveva previsto che i progetti recanti iniziative per tale evento calcistico avrebbero dovuto indicare “la dichiarazione di compatibilità con i vincoli ambientali, paesaggistici, archeologici, artistici e storici e con gli strumenti urbanistici o, in mancanza, la deliberazione del consiglio comunale adottata ai sensi dell'articolo 1, quarto comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, nel caso di opere pubbliche o di interesse pubblico”, ne conseguirebbe che, essendo la struttura, da essi proposta, da considerare di interesse pubblico ed essendo intervenuta la suddetta deliberazione, risultava dichiarata ope legis la compatibilità della stessa sia dal punto di vista urbanistico sia da quello paesaggistico, onde la concessione edilizia sarebbe stato un atto dovuto). Si deve argomentare sia dalla soppressione, in sede di conversione, del quinto comma dell'art. 2 del medesimo D.L. n. 465 del 1988 - secondo cui le opere per l'attuazione dei progetti, limitatamente a quelle finalizzate ai campionati mondiali del 1990, erano considerate di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili -, sia dal disposto di cui all'art. l, 3° comma, della legge sugli interventi strutturali sulle aree interessate dai campionati mondiali di calcio (D.L. 10 aprile 1989, n. 121, convertito con modificazioni, in legge 29 maggio 1989, n. 205), a norma del quale sono state dichiarate di preminente interesse nazionale, di pubblica utilità e di somma urgenza solo le opere, di cui all’elenco ivi allegato, nelle città sedi delle gare mondiali. Ed anzi, proprio con riguardo a queste ultime opere, certamente di ben maggiore importanza per lo svolgimento dei campionati di cui trattasi, l'art. 6-bis, primo comma, afferma espressamente che “la deliberazione del consiglio comunale, adottata ai sensi dell'articolo 1, quarto comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, ai fini della dichiarazione di compatibilità di cui all'articolo 1, comma 4, lettera 1), del decreto-legge 4 novembre 1988, n. 465, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1988, n. 556, può incidere solamente sulle prescrizioni dello strumento urbanistico comunale”, comminando, al secondo comma, addirittura la nullità delle “deliberazioni che comportino deroga o violazione dei vincoli posti da autorità sovracomunali, anche se recepite dallo strumento urbanistico” (cfr., del resto, per conclusioni conformi, Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 12928 del 11-11-1999). E, nel caso di specie, la deliberazione consiliare finirebbe per derogare, ove le fosse riconosciuta la portata asserita dagli appellanti, proprio al vincolo posto dall’Autorità statale all’isola di Procida con D.M. 26 marzo 1956 e al piano territoriale paesistico approvato con D.M. 1.3.1971. Consiglio di Stato, VI Sezione 19 gennaio 2003, Sentenza n. 935
 

Nulla osta paesaggistico - l’esercizio del potere di annullamento ministeriale della autorizzazione - il termine di sessanta giorni - la sola autorizzazione regionale (o subregionale) non produce di per sè alcuna espansione dello "jus aedificandi" - nullità della sanatoria di lavori abusivi, consistenti nell'adeguamento di un fabbricato rurale. Costituisce orientamento consolidato di questa Sezione (Cfr. tra le ultime: Cons. St. VI 4 settembre 2001, n. 4639 e 29 maggio 2002, n.2984) quello secondo cui il termine di sessanta giorni stabilito dall'art.82, 9° comma, D.P.C. n.616/1997 (nel testo modificato dall'art.1 D.L. n.312/1985), ancorchè perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento della autorizzazione, sia perchè estranea alla previsione normativa l'ulteriore fase della comunicazione o notificazione, sia perchè l'atto di annullamento ministeriale non può essere considerato di natura recettiva. Quanto a quest'ultimo profilo è stato infatti evidenziato che il provvedimento ministeriale incide su una sfera giuridica non ancora definita perchè la sola autorizzazione regionale (o subregionale) ex art. 7 L. n.1497/1939 non produce di per sè alcuna espansione dello "jus aedificandi", ma una semplice aspettativa all'esito della ulteriore fase procedimentale di competenza della Amministrazione statale (cfr. sul punto Cons. St. VI, 10 agosto 1999, n.1027; 29 settembre 1999, n.1274, 1 dicembre 1999, n. 2069). (Nella specie, l’appello trattava, la sanatoria di lavori abusivi, consistenti nell'adeguamento di un fabbricato rurale, in giudizio è stata confermata la legittimità del decreto ministeriale di annullamento della autorizzazione). Consiglio di Stato, VI Sezione 19 gennaio 2003, Sentenza n. 933 (vedi: sentenza per esteso)

 

Beni culturali e ambientali - Realizzazione di discarica in zona sottoposta a vincolo - In difetto di autorizzazione - Reato di cui all'art. 163 del D.L.G. n. 490 del 1999 - Configurabilità. In tema di protezione delle bellezze naturali, integra il reato di cui all'art. 163 del Decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490 la realizzazione di una discarica in zona vincolata in assenza dell'autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del vincolo. PRES. Postiglione A - REL. Novarese F - PM. (Conf.) Hinna Danesi F - IMP. Ferretti E. CASSAZIONE PENALE, Sezione III, del 17/01/2003 (UD.27/11/2002) RV. 223293 Sentenza n. 02125

 

Reati commessi in violazione del vincolo paesistico - nulla-osta in sanatoria rilasciato dall'autorita' preposta alla tutela del vincolo - estinzione dei reati prevista dagli artt. 13 e 22 della legge n. 47 del 1985 - applicabilita' - esclusione - inapplicabilità sanatoria - fattispecie. Il nulla-osta in sanatoria rilasciato dall'autorita' preposta alla tutela del vincolo paesaggistico non produce effetti estintivi sul reato commesso per l'esecuzione di lavori in sua assenza, applicandosi la causa di estinzione dei reati prevista dagli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985 n.47 (norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia) esclusivamente a quelli contemplati dalla medesima legge. (Fattispecie relativa alla realizzazione, in assenza di concessione edilizia e di autorizzazione dell'Amministrazione competente in ordine alla tutela del vincolo paesaggistico, di una strada in battuto e conglomerato cementizio di lunghezza pari a 120 metri e di larghezza variabile tra i due metri e i due metri e mezzo). Cassazione Penale sezione III del 17/01/2003 (UD. 26/11/2002), Sentenza n. 02109

 

Natura del provvedimento relativo alla concessione edilizia e quello relativo al nulla osta ambientale - il nulla osta regionale costituisce un mero requisito di efficacia (e non, dunque, un presupposto di legittimità) della concessione edilizia - la legittima esecuzione dell’attività edilizia è condizionata dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. E’ stato, infatti, affermato, con orientamento qui condiviso, che il provvedimento relativo alla concessione edilizia e quello relativo al nulla osta ambientale sono tra loro autonomi ed indipendenti, realizzando interessi distinti e fondandosi su presupposti diversi, e che, quindi, il rilascio della prima non risulta condizionato dalla previa emanazione del secondo (Cons. Stato, Sez. VI, 19 giugno 2001, n.3242). Si è, inoltre, chiarito, in coerenza con il predetto principio, che il nulla osta regionale costituisce un mero requisito di efficacia (e non, dunque, un presupposto di legittimità) della concessione edilizia, nel senso che solo la realizzazione dell’opera assentita con quest’ultima, in zona soggetta a vincolo paesaggistico, postula il previo conseguimento dell’assenso ambientale (Cons. Stato, Sez. VI, 20 novembre 2000, n.6193). E’solo la legittima esecuzione dell’attività edilizia ad essere condizionata dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, e non anche, come infondatamente sostenuto dal ricorrente, l’adozione della concessione. Diversamente opinando, peraltro, si perverrebbe all’inaccettabile conseguenza di giudicare illegittima una concessione edilizia espressamente condizionata al conseguimento del nulla osta regionale, quando questo è stato rilasciato prima dell’inizio dei lavori assentiti. Appare, in definitiva, chiaro che, nella situazione appena descritta, risultano compiutamente soddisfatti tutti gli interessi pubblici sottesi alla normativa edilizia ed ambientale di riferimento, puntualmente valutati dagli organi rispettivamente competenti e ritenuti compatibili con l’intervento assentito, e che solo un eventuale diniego di autorizzazione paesaggistica avrebbe potuto fondare un giudizio di inefficacia (non di illegittimità) della concessione edilizia in questione. Va, quindi, negata ogni fondatezza alle censure rivolte contro i provvedimenti adottati dal Commissario ad acta e la conseguente conferma degli stessi con la sentenza. Consiglio di Stato, V Sezione del 14 gennaio 2003 sentenza n. 87

 

Necessità di un atto formale del Ministero per i beni culturali e ambientali ai fini della sottoposizione di un bene di proprietà pubblica al regime vincolistico di cui alla legge n.1089 - la necessità di un provvedimento costitutivo - le disposizioni del Codice Civile artt. 822 - 824. La materia del contendere sottoposta all'esame del Collegio si incentra sulla necessità (o meno) di un atto formale del Ministero per i beni culturali e ambientali ai fini della sottoposizione di un bene di proprietà pubblica al regime vincolistico di cui alla legge n.1089. Si tratta di questione sulla quale la Sezione ha avuto occasione di pronunciarsi con due recenti decisioni (2 novembre 1998, n.1479 ed 8 febbraio 2000, n.678), ove si è ritenuta la necessità, anche per i beni di proprietà pubblica, di un apposito atto diretto ad accertare la valenza storico-artistica del bene. Il giudice di prime cure ha tratto argomento dal tenore dell’art.4 L. n.1089/1939 per sostenere che, contrariamente a quanto avviene per i beni di interesse storico-artistico di proprietà privata, i beni omologhi appartenenti agli enti pubblici territoriali sono ex lege assoggettati al regime proprio dei beni demaniali ed alle norme protettive dettate dalla legge n.1089 senza che sia all’uopo necessario un atto costitutivo di accertamento del pregio del bene. In realtà la citata disposizione normativa, se è vero che sancisce la funzione puramente dichiarativa assolta dagli “elenchi” (nei quali i rappresentanti degli Enti debbono ricomprendere “le cose indicate nell’art.1...”), non contiene però alcuna statuizione da cui possa escludersi la necessità di un provvedimento costitutivo volto alla verifica dell’interesse storico-artistico del bene ed alla conseguente imposizione del regime vincolistico. Anzi la previsione contenuta all’ultimo comma dell’art.4, laddove richiama “le disposizioni della presente legge” per affermare che queste trovano applicazione per le cose di proprietà degli enti pubblici territoriali, a prescindere dall’inclusione negli elenchi descrittivi, va riferita certamente anche alle norme (della L. n.1089) che prescrivono di accertare la natura del bene e di riscontrarne l’interesse culturale ai sensi degli artt.1 e 2. Né può assumere alcun rilievo in senso contrario la circostanza che l’art.3 della L. n.1089/1939 imponga la “notifica” per i soli beni di proprietà privata. Siffatta limitazione - come ha osservato la Sezione nelle pronunce soprarichiamate - riguarda infatti il solo momento della partecipazione o comunicazione dell’atto, “mentre non vi è traccia alcuna di una distinzione tra beni pubblici e privati per quanto afferisce al momento prodromico dell’accertamento circa l’interesse da tutelare, esplicazione di discrezionalità tecnica di pertinenza dell’Amministrazione dei beni culturali...” (così VI, 8 febbraio 2000, n.678). La necessità di un provvedimento costitutivo anche per i beni di interesse storico-artistico appartenenti agli Enti pubblici territoriali è in ogni caso postulata - secondo l’orientamento giurisprudenziale soprachiamato - anche dalle disposizioni del Codice Civile ove, ai sensi del combinato disposto degli artt.822-824 fanno parte del demanio gli immobili di proprietà di Stato, Province e Comuni, “riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia”: con ciò evidenziandosi che la qualificazione di beni sottoposti al regime della legge n.1089 presuppone un apposito atto di riconoscimento che accerti l’interesse alla tutela. Occorre aggiungere che le conclusioni cui perviene la ricostruzione del dato normativo qui delineata si pone in perfetta coerenza: da un lato, con l’opportunità di ricondurre ogni valutazione al Ministero per i beni culturali, vale a dire all’organo tecnicamente qualificato ed istituzionalmente deputato all’accertamento della valenza storico-artistica del bene; dall’altro, con l’esigenza non meno importante di dare certezza al regime vincolistico onde agevolare gli Enti pubblici proprietari in sede di gestione e di disposizione del bene. Consiglio di Stato Sezione VI, 8 gennaio 2003 sentenza n. 20

 

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