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Giurisprudenza

Diritto Urbanistico

Urbanistica e Edilizia

(Ristrutturazione - restauro - ricostruzione - distanze - strade - manutenzione - barriere architettoniche -

espropriazione - indennizzo - incarichi - responsabilità - volumi tecnici - servitù...)

 

(Abuso d'ufficio - illegittimità delibera - truffa - falso in atto pubblico - peculato -

responsabilità - termini - verbali - ricorsi - sigilli - accesso...)

 

 

2009

 

 

 Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000 - 1999-94

 

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Ristrutturazione - distanze - strade - restauro - ricostruzione - manutenzione - barriere architettoniche - espropriazione - indennizzo - responsabilità... 

DIRITTO URBANISTICO - Muro di cinta e muro di contenimento - Differenza - Assimilabilità del muro di cinta alle pertinenze - Assimilabilità del muro di contenimento alle costruzioni - Necessità di titolo abilitativo edilizio - Rispetto delle distanze dai confini. Mentre il muro di cinta può essere ricondotto alla categoria delle pertinenze, non così il muro di contenimento che viene assimilato alla categoria delle costruzioni. Nel caso in cui lo scopo della realizzazione sia la delimitazione della proprietà si ricade infatti nell'ipotesi della pertinenza, per cui non è necessario il rilascio della concessione (TAR Emilia Romagna, Parma, 12 marzo 2001, n. 106; TAR Liguria, sez. I, 14 novembre 1996, n. 492; TAR Liguria, 19 ottobre 1994, n. 345). Diversa è la situazione, allorché il muro è destinato non solo a recingere un fondo, ma contiene o sostiene esso stesso dei volumi ulteriori (tar Emilia Romagna, Parma, 27 aprile 2001, n. 246; tar Lazio, sez. II, 4 novembre 2000, n. 8923); in tal caso il manufatto ha una funzione autonoma, dal punto di vista edilizio e da quello economico (TAR Piemonte 7 maggio 2003 n. 657). Avendo il muro di contenimento la natura di costruzione, deve, tendenzialmente, rispettare le distanze dai confini stabilite dalle n.t.a. del p.r.g. Pres. Balba, Est. Morrelli - P.F. (avv. Maoli) c. Comune di Torriglia (avv. Vallerga). TAR LIGURIA, Sez. I - 31 dicembre 2009, n. 4131

 

DIRITTO URBANISTICO - Regione Emilia Romagna - L.r. n. 31/2002 - Interventi di installazione o revisione di impianti tecnologici - Realizzazione di volumi tecnici - D.I.A. L’art.8 L.R. Emilia Romagna n.31/2002 prevede che siano assoggettati a D.i.a., oltre agli interventi di manutenzione straordinaria, quelli di installazione o revisione di impianti tecnologici che comportano la realizzazione di volumi tecnici al servizio di edifici o di attrezzature esistenti. Pres. Piscitello, Est. Brini - S.D. e altro (avv. Masi) c. Comune di Bologna (avv.ti Todde e Carestia). TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 9 dicembre 2009, n. 2861

 

DIRITTO URBANISTICO - Interventi di ristrutturazione edilizia - T.U. edilizia - Modifica ex art. 1, d.lgs. n. 301/2002 - Criterio della fedele ricostruzione - Interpretazione logico-sistematica della normativa sopravvenuta - Conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente. Il T.U. dell'edilizia ha ricompreso tra gli interventi di ristrutturazione edilizia “quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica”. L'art. 1 del decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301 ha modificato l'art. 3, in parte qua, eliminando la locuzione “fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche di materiali a quello preesistente” e l’ha sostituita con l’espressione “ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente” (art. 1, lett. a). Anche escludendo il superato criterio della fedele ricostruzione, esigenze di interpretazione logico-sistematica della nuova normativa inducono tuttavia a ritenere che la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell'edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi (fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 18 marzo 2008, n. 1177). Pres. Arosio, Est. Cattaneo - C.P. s.r.l. (avv. Locatelli) c. Comune di Lissone (avv. Raimondi) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 2 dicembre 2009, n. 5268

 

DIRITTO URBANISTICO - Nozione di ristrutturazione edilizia - Art. 31, c. 1, lett. d) L. n. 457/78 - Art. 3, co. 1, lett. d) d.P.R. n. 380/2001 - Totale demolizione e ricostruzione - Limiti. Nella nozione di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 31 co. 1 lett. d) L. n. 457/78, vanno ricomprese anche le ipotesi di totale demolizione e ricostruzione del fabbricato, a condizione che la ricostruzione porti alla realizzazione di un edificio sostanzialmente identico a quello preesistente, per sagoma, volume, superficie e caratteristiche tipologiche, potendosi giustificare la parziale diversità solo con riferimento ad elementi costitutivi secondari e tali comunque in concreto da non comportare una significativa alterazione strutturale o estetica. Anche ai sensi della nuova normativa di cui al D.P.R. n. 380/01 (art. 3 co. 1 lett. d), rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia gli interventi volti alla trasformazione dell’edificio che portino alla realizzazione di un edificio anche in tutto o in parte diverso dal precedente, attraverso la demolizione e ricostruzione, nel rispetto dei limiti di volumetria e di sagoma, oltre che ovviamente delle caratteristiche strutturali e tipologiche fondamentali e necessarie ad assicurare una continuità con la situazione preesistente. Tutte le volete in cui tali limiti non vengano rispettati, l’intervento non può che ricondursi nell’ambito della previsione di cui alla successiva lettera e) della norma citata (nuova costruzione). Pres. Morea, Est.Pasca - M.F. (avv. Palieri) c. Comune di Gioia del Colle (avv. Matarrese), Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco (Avv. Stato), Azienda Sanitaria Locale Provincia di Bari (avv.ti Di Girolamo e Trotta) e altro (n.c.). TAR PUGLIA, Bari, Sez. II - 23/11/2009, n. 2898

 

DIRITTO URBANISTICO - Distanze - Pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9 - Strumenti urbanistici contrastanti con la norma - Giudice di merito - Disapplicazione. Il D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 - là dove all’art. 9 prescrive in tutti i casi la distanza minima assoluta di metri dieci tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti - è norma che impone determinati limiti edilizi ai comuni nella formazione o revisione degli strumenti urbanistici. Da ciò deriva (cfr. ex multis Cass. Civ. Sez. II 1.11.2004 n. 21899) che l'adozione, da parte degli enti locali, di strumenti urbanistici contrastanti con la norma comporta l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata. Pres. Petruzzelli, Est. Conti - T.T. (avv. Ballerini) c. Comune di Villanuova sul Clisi (avv. Capretti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009, n.1742

DIRITTO URBANISTICO - Distanza fra costruzioni - Regime della cd. “doppia tutela”.
In tema di distanza fra costruzioni o di queste con i confini vige il regime della c.d. “doppia tutela”. Questo vuol dire che il soggetto che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell'autore dell'attività edilizia illecita e, dall'altra, dell'interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell'amministrazione, quando tale attività sia stata autorizzata. (cfr., ex multis, Cass., SS.UU., 1 luglio 2002 n. 9555). Consegue, quindi, da ciò che sussistono nel nostro ordinamento ipotesi di doppia tutela in relazione a possibili violazioni della disciplina vigente in materia di distacco delle costruzioni dai confini del fondo ovvero da altre costruzioni, a seconda che si agisca nei riguardi del confinante ovvero nei confronti dell'Amministrazione Comunale che ha rilasciato il titolo edilizio, ben potendo le azioni stesse coesistere e ben potendo il titolare dell'interesse qualificato alla legittimità dell'azione amministrativa ottenere, comunque, in sede di giurisdizione amministrativa l'annullamento ope iudicis del titolo edilizio reputato illegittimo anche a prescindere dalla sua eventuale disapplicazione da parte del giudice ordinario concomitantemente adito, a' sensi degli artt. 4 e 5 della L. 25 marzo 1965 n. 2248, all. E. (cfr. TAR Veneto Sez 2° 17.6.2005 n. 2504). Pres. Petruzzelli, Est. Conti - T.T. (avv. Ballerini) c. Comune di Villanuova sul Clisi (avv. Capretti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009, n.1742

DIRITTO URBANISTICO - Distanze tra edifici - Proprietario frontista - Diritto al mantenimento di un fabbricato preesistente costruito a distanza inferiore a quella legale - Ulteriore diritto ad apportare modifiche o aggiunte - Esclusione.
L'eventuale diritto del proprietario frontista a mantenere un fabbricato preesistente sin dall'origine costruito ad una distanza inferiore a quella legale rispetto all'immobile limitrofo non conferisce al predetto l'ulteriore diritto di apportare al manufatto aggiunte e/o modifiche di qualsiasi natura nella parte che, in base alla normativa attualmente vigente, risulti a distanza inferiore a quella minima legale, atteso che dette aggiunte o modifiche costituirebbero un'ulteriore - e non consentita - violazione della normativa in materia di distanze. (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 26 agosto 2002 , n. 12483). Pres. Petruzzelli, Est. Conti - T.T. (avv. Ballerini) c. Comune di Villanuova sul Clisi (avv. Capretti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 ottobre 2009, n.1742

 

DIRITTO URBANISTICO - Lavori di rifacimento di ruderi - Titolo abilitativo - Nuova costruzione - Concetto giuridico di rudere - Fattispecie: organismo edilizio dotato di sole mura perimetrali. I lavori di rifacimento di ruderi, di un edificio già da tempo demolito o diruto sono qualificabili come nuova costruzione, con necessità di un'apposita concessione edilizia o titolo corrispondente, secondo la vigente normativa. Nel concetto giuridico di rudere rientra, senza dubbio, il caso relativo al rifacimento di un organismo edilizio dotato di sole mura perimetrali, e privo di copertura, con conseguente non invocabilità della disposizione urbanistica che consente il mantenimento dei volumi preesistenti, e quindi la mera ristrutturazione e non la nuova costruzione. Pres.d’Alessandro, Est. Pappalardo - F. s.r.l. (avv. Parisi) c. Comune di Crispano (avv.ti Barbagallo e Barone) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez II - 11 settembre 2009, n.4949

 

DIRITTO URBANISTICO - Nozione di volume tecnico - Parametri. Per l'identificazione della nozione di volume tecnico assumono valore tre ordini di parametri: a) il primo, positivo, di tipo funzionale, relativo al rapporto di strumentalità necessaria tra il manufatto con l'utilizzo della costruzione; b) il secondo ed il terzo, negativi, ricollegati da un lato all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse, nel senso che tali costruzioni non devono poter essere ubicate all'interno della parte abitativa, e dall'altro lato ad un rapporto di necessaria proporzionalità fra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti: ne deriva che tale nozione può essere applicata solo alle opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, ed invece esclusa rispetto a locali, in specie laddove di ingombro rilevante, tali da mutare la consistenza dell'edificio, in quanto oggettivamente incidenti in modo significativo sui luoghi esterni (cfr., ex multis, T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 30 gennaio 2007, n. 101; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 22 novembre 2007, n. 3963; T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 3 agosto 2006, n. 1119; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 28 febbraio 2006, n. 2451). Pres. f.f. Portoghese, Est. Grasso - N.F. (avv. Pecora) c. Comune di Agropoli (n.c.). TAR CAMPANIA, Salerno, sez. II - 13/07/2009, n. 3987

 

DIRITTO URBANISTICO - Varianti in corso d’opera - Modifica della destinazione d’uso - Alterazione delle volumetrie - Aumento delle superfici utili - Comunicazione preventiva - Necessità - Sanatoria di opere realizzate in contrasto con lo strumento urbanistico - Illegittimità - Art. 44 lett. a) e b) d.P.R. n.380/2001 - L. n. 5453/1999 - Art. 20, L. n. 47/1985. In materia edilizia, l'attività in variante non è ammessa per la modifica della destinazione d'uso né per l'alterazione delle volumetrie né per l'aumento delle superfici utili e che non è consentita una richiesta di approvazione successiva all'esecuzione delle opere, essendo stato imposto ex legge n. 5453/1999 l'obbligo della comunicazione preventiva dell'intento di procedere alle varianti. Pertanto, la concessione di varianti a permessi di costruire illegittimi costituisce lo sviluppo necessario dell'originaria attività illecita, (cfr. Cass. Sez. III n. 09735/1993: "Qualsiasi modifica, che comporti un mutamento della sagoma, delle superfici utili o la destinazione d'uso della costruzione o delle singole unità immobiliari, non rientra nella nozione di variante e determina l'applicazione delle sanzioni stabilite dall'articolo 20, legge n. 47 del 1985" (Cass. Sez. VI n. 910/2000; Cass. Sez. III n. 7601/1989). Nella specie, è stata esattamente rilevata l’illegittimità del provvedimento rilasciato per sanare opere realizzate in contrasto con lo strumento urbanistico, quanto alla modificata della destinazione d’uso e al mancato rispetto dei parametri della superficie e della volumetria, sicché la variante, espressamente adottata, non può porsi come presupposto valido per la successiva attività. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Tavarilli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 07/04/2009), Sentenza n. 20151

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Opere interne, interventi di ristrutturazione edilizia, manutenzione ordinaria o straordinaria - Disciplina applicabile - Mutamento di destinazione d'uso tra categorie d'interventi funzionalmente autonome - Centro storico - Permesso di costruire - Necessità - Mutamento di destinazione d'uso nell'ambito di categorie omogenee - Realizzati fuori del centro storico - Denuncia di inizio attività (DIA) - Lottizzazione cd. Materiale - Modificazione della destinazione d'uso di un edificio già esistente - Configurabilità. Le opere interne e gli interventi di ristrutturazione edilizia, come pure quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria, ogniqualvolta comportino mutamento di destinazione d'uso tra categorie d'interventi funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e, qualora debbano essere realizzati nei centri storici, anche nel caso in cui comportino mutamento di destinazione d'uso all'interno di una categoria omogenea, come ad esempio quella industriale o residenziale, richiedono il permesso di costruire. Gli stessi interventi di ristrutturazione o manutenzione, comportanti modificazioni della destinazione d'uso nell'ambito di categorie omogenee, qualora siano realizzati fuori del centro storico richiedono solo la denuncia di inizio attività. Inoltre, la c.d. lottizzazione cd. materiale non presuppone necessariamente il compimento di opere su un suolo inedificato, ma può verificarsi anche attraverso la modificazione della destinazione d'uso di un edificio già esistente (Cass. sez. III, sentenza n.6990 del 2006). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149

URBANISTICA ED EDILIZIA - Intervento di "ristrutturazione pesante” - Permesso di costruire - Necessità - Ristrutturazione edilizia di portata minore - DIA. In materia edilizia sono realizzabili con denuncia di inizio attività gli interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore, ovvero che comportano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti dell'immobile, e con conservazione della consistenza urbanistica iniziale, classificabili diversamente dagli interventi di ristrutturazione edilizia descritti dall'art.10, comma primo lett.c) DPR n.380 del 2001, che portano ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente con aumento delle unità immobiliari o modifiche del volume, sagoma, prospetti o superfici e per i quali è necessario il preventivo permesso di costruire. (Cass. pen. sentenza n.1893 del 13.12.2006; conf. Cass. pen. sez.3 del 25.2.2003, n.12369). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149

URBANISTICA ED EDILIZIA - Organismo edilizio e "autonoma utilizzabilità" - Nozione. Nella previsione normativa il riferimento alla "autonoma utilizzabilità" non impone, infatti, che l’organismo edilizio abusivamente realizzato sia separato dal principale, ma soltanto che determini la creazione di una struttura precisamente individuabile e suscettibile di uso indipendente, anche se l'accesso sia comune (cfr. Cass. sez.3, del 5.7.2005, n.34142). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149

 

DIRITTO URBANISTICO - Attività di ristrutturazione edilizia - Connessione finalistica delle opere eseguite. La ristrutturazione edilizia non è vincolata, al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, né modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato). La stessa attività di ristrutturazione, nel reato, può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate partitamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Stirpe. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9894

 

DIRITTO URBANISTICO - Destinazione di un immobile - Concetto di uso urbanistico. La destinazione di un immobile non si identifica con l'uso che in concreto ne fa il soggetto che lo utilizza, ma con quella impressa dal titolo abilitativo assentito. Ciò significa che "il concetto di uso urbanisticamente rilevante è ancorato alla tipologia strutturale dell'immobile, quale individuata nell'atto di concessione, senza che esso possa essere influenzato da utilizzazioni difformi rispetto al contenuto degli atti autorizzatori e/o pianificatori" (T.a.r. Lombardia-Milano, Sez. 1, 7.5.1992, n. 219; C.d.S. Sez. V, 9.2.2001, n. 583). Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Stirpe. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9894

DIRITTO URBANISTICO - Cambio della destinazione d'uso di un fabbricato - Strumento urbanistico - Alterazione di equilibri prefigurati - Insanabilità. La richiesta di cambio della destinazione d'uso di un fabbricato, qualora non inerisca all'ambito delle modificazioni astrattamente possibili in una determinata zona urbanistica, ma sia volta a realizzare un uso del tutto difforme da quelli ammessi, si pone in insanabile contrasto con lo strumento urbanistico, posto che, in tal caso, si tratta non di una mera modificazione formale destinata a muoversi tra i possibili usi del territorio consentiti dal piano, bensì in un'alternazione idonea ad incidere significativamente sulla destinazione funzionale ammessa dal piano regolatore e tale, quindi, da alterare gli equilibri prefigurati in quella sede. (Consiglio di Stato Sez. V, 3.1.1998, n. 24). Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Stirpe. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9894
 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione Campania - L.R. n. 15/2000 - Recupero abitativo dei sottotetti - Altezza media interna di m 2,40 - Altezza della parete minima non inferiore a m 1,40 - Interpretazione. Ai sensi della L.R. Campania n. 15/2000, come modificata dalla L. R. 28 novembre 2001, n. 19, è possibile procedere al recupero abitativo dei sottotetti, esistenti alla data della entrata in vigore delle legge, a condizione che l'edificio sia destinato in tutto o in parte alla residenza; che l'edificio in cui è ubicato il sottotetto sia stato realizzato legittimamente ovvero, ancorché realizzato abusivamente, sia stato preventivamente sanato; e che il sottotetto abbia un'altezza media interna non inferiore a m. 2,40. In caso di soffitto non orizzontale, fermo restando le predette altezze medie, l’altezza della parete minima non può essere inferiore a metri 1,40. Il requisito dell’altezza minima media interna, fissato nella legge regionale in m. 2,40, non è un prerequisito necessariamente immanente nello status quo ante dell’immobile interessato dall’intervento, ma è una condizione di progetto, vale a dire un risultato che deve essere sussistere in esito all’intervento stesso e che può realizzarsi - come prevede lo stesso art. 3, comma 2 della legge regionale in esame - con l’abbassamento della quota dell’ultimo solaio; l’altezza di m. 1,40 non rappresenta la misura inderogabile della parete minima, ma il minimo inderogabile della altezza della parete interna, di tal che tale altezza ben può assumere altre misure oltre a quella minima, convenzionalmente fissata dal legislatore, purchè ad essa superiori. Pres. Nappi, Est. Perna - G. s.p.a. (avv.ti Allodi e Starace) c. Comune di Napoli. T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. IV - 23/04/2009, n. 2135

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Fasce di rispetto autostradali - Artt. 16, 17 e 18 d.lgs. n. 285/2002 - Disciplina ex art. 6 L.R. Campania n. 19/2001 - Applicabilità - Esclusione. L’esistenza di limiti di edificazione da rispettare con riferimento al nastro di autostrade e strade, tanto fuori del centro abitato che nell’ambito di quest’ultimo, deriva direttamente dalla normativa del Codice della Strada (artt. 16, 17 e 18 d.lvo 285/2002) e del suo Regolamento di attuazione), nonché per le sole autostrade dall’art. 9 della l. 729/1961. Il divieto in oggetto è finalizzato a mantenere una fascia di rispetto , utilizzabile per l’esecuzione di lavori, l’impianto di cantieri, l’eventuale allargamento della sede stradale, nonché per evitare possibili pregiudizi alla percorribilità della via di comunicazione; per cui le relative distanze vanno rispettate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (cfr. Cass. n. 6118 dell’1-6-1995; Cons. Stato, IV, n. 7275/2002, n. 5716/2002, n. 3731/2000; TAR Calabria, Catanzaro, n. 130/2003; TAR Campania, Napoli, n. 5226/2001). Alla luce di quanto sopra deve allora escludersi che, con riferimento alla fascia di rispetto autostradale, possa trovare applicazione la speciale disciplina regionale dettata dall’art. 6 della L.R.Campania n. 19/2001, atteso che il comma 8 ne contempla la prevalenza rispetto alle sole disposizioni dei regolamenti edilizi comunali , ma non può imporsi rispetto a previsioni che promanino direttamente da norme primarie anch’esse speciali. Pres. Esposito, Est. Mele - S.R. e altro (avv.ti Crescenzi e Feleppa) c. Anas spa e altro (Avv. Stato), Comune di Salerno (avv.ti Mea, Piscitelli e Rinaldi) e altro (n.c.). T. A. R. CAMPANIA, Salerno, sez. II - 09/04/2009, n. 1383

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione Siciliana - Art. 15, lett. a), LR. n. 78/76 - Vincolo posto a tutela delle coste - Natura urbanistica - Valutazione di compatibilità - Competenza - Comune. Rientra nella competenza del Comune la valutazione della compatibilità di un progetto con il vincolo posto a tutela delle coste dalla disposizione di cui all’art. 15, lett. “a” della L.R. Siciliana 78/1976, posto che tale norma ha natura urbanistica, essendo principalmente rivolta a disciplinare la formazione degli strumenti di pianificazione generale dei Comuni e si differenzia,come tale, dalla disciplina di cui al Dlgs 42/2004 che, all’art. 142, comma 1, lett. “a”, sottopone a vincolo paesaggistico i territori costieri compresi entro i 300 metri dalla spiaggia. Pres. Zingales, Est. Gatto Costantino - B.P. (avv. Sammartino) c. Comune di Ispica (avv. Paterniti La Via). T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 6 aprile 2009, n. 673

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione Siciliana - Art. 15, lett. a), LR. n. 78/76 - Vincolo posto a tutela delle coste - Distanza di 150 metri dalla spiaggia - Rapporti con il vincolo di 300 metri di cui all’art.146 d.lgs. n. 42/2004 - Comune e Soprintendenza. La verifica di compatibilità di un progetto con la disposizione di cui all’art. 15, lett. “a” della L.R. Siciliana 78/1976 non implica, da parte del Comune, alcun giudizio di discrezionalità nell’apprezzamento dell’interesse pubblico protetto, essendo tale giudizio interamente già formulato dal legislatore che ha ammesso nell’ambito della distanza di 150 metri dalla spiaggia solo determinate tipologie di opere (quelle connesse alla fruizione del mare). In conseguenza, l’apprezzamento del Comune ha natura di esercizio vincolato del potere, non ha contenuti specializzati ed è limitato ad una mera valutazione tecnica della finalità del progetto proposto e delle sue caratteristiche, in funzione delle quali, laddove si riconoscano sussistere i presupposti di legge, il rilascio della concessione è atto dovuto, mentre, laddove tali presupposti non sussistano, l’istanza andrà respinta. Pertanto, differente è l’oggetto dell’apprezzamento dell’interesse pubblico da parte del Comune, ex art. 15 L.R. cit. e da parte della Soprintendenza, ex art. 146 Dlgs 42/2004: quest’ultima dovrà valutare la compatibilità del manufatto progettato, nelle sue caratteristiche tipologiche e conformative, al “bene-valore” del paesaggio e dunque ne considererà l’inserimento nella costa in relazione al rapporto con il contesto, potendo formulare un giudizio di compatibilità o di incompatibilità congruamente motivato, a seconda di “come” l’intervento è progettato. Il Comune, invece, è chiamato ad accertare solo la circostanza relativa al “se” l’intervento progettato corrisponda a quelli ammessi dal legislatore e dunque a tutelare, così, il “bene-territorio” (anche se, tramite esso, sarà tutelato parimenti l’ambiente ed il paesaggio che ne fanno parte) applicando gli strumenti della pianificazione urbanistica. I due tipi di poteri amministrativi in esame non sono assimilabili, sebbene concorrano, evidentemente, alla tutela “unitaria” dell’”unico” bene giuridico avente, però, duplice e distinto rilievo di interesse generale. Pres. Zingales, Est. Gatto Costantino - B.P. (avv. Sammartino) c. Comune di Ispica (avv. Paterniti La Via). T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 6 aprile 2009, n. 673

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Fascia di rispetto cimiteriale - Art. 338 R.D. n. 1265/1934 - Interventi edificatori in deroga - Riduzione della fascia - Potere discrezionale del Consiglio comunale. L’art. 338 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge 1° agosto 2002 n. 166, attribuisce al consiglio comunale il potere di consentire, se non vi ostino ragioni igienico-sanitarie accertate dalla competente Azienda USL, la riduzione della zona di rispetto cimiteriale, tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area: l’anzidetta attribuzione del potere decisorio all’organo consiliare non deve intendersi nel senso di riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà di pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere che, fermo restando l’obbligo di adottare un tempestivo provvedimento in risposta alle istanze all’uopo presentate, il Consiglio comunale disponga di un ampio potere discrezionale, da esercitarsi attraverso l’esplicazione in motivazione delle ragioni delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità di interventi edificatori in deroga rispetto alla fascia di rispetto sanitario. Pres. Panunzio, Est. Aru - I. s.r.l. (avv.ti Macciotta e Martelli) c. Comune di Iglesias (avv. Mangioni). T.A.R. SARDEGNA, Sez.II - 20/03/2009, n.322

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Muri di cinta tra fondi a dislivello - Modifica dello stato naturale dei luoghi - Idoneità a creare intercapedini nocive con le altrui costruzioni - Distanze legali - Equiparazione ai muri di fabbrica - Necessità di verifica di ciascuna concreta fattispecie. I muri di cinta tra fondi a dislivello che, oltre ad essere destinati alla delimitazione e alla difesa del fondo, assolvono anche all’ulteriore funzione di contenere e sostenere la scarpata o il terrapieno, e che danno luogo al dislivello tra i due fondi limitrofi non rientrano, come accade normalmente per i muri di cinta, nella categoria dei muri isolati o liberi da entrambe le facce. Essi, pertanto, facendo corpo con il terreno che contengono e modificando, in particolare, attraverso l’opera dell’uomo, lo stato naturale dei luoghi con la costruzione di un manufatto, sono idonei a creare intercapedini nocive con l’altrui costruzione, con conseguente necessità di verificare in ciascuna concreta fattispecie se, avuto riguardo allo loro particolari caratteristiche strutturali e dimensioni, siano da considerare o meno alla stregua di un muro di fabbrica agli effetti delle distanze legali (Cass. 15.10.1983, n.6060). Pres. Catoni, Est. Abbruzzese - B.F. (avv. Romano) c. Comune di Civitella Roveto (n.c.). T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila, Sez. I - 10/03/2009, n. 140

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Ristrutturazione edilizia - Demolizione e ricostruzione - Art. 3, comma 1, lettera d) del T.U. n. 380/2001 - Fedele ricostruzione - Identità di sagoma, superficie e volume - D.I.A. - Lieve traslazione dell’immobile - Violazione dell’art. . 44 lett. b) del T.U. n. 380/2001 - Inconfigurabilità. L’art. 3, comma 1, lettera d) del T.U. n. 380/2001 ha espressamente ricondotto nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di un edificio preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per lì adeguamento alla normativa antisismica; in altri termini, identità di volumetria e sagoma con riferimento al preesistente edificio sono i requisiti che consentono di ricondurre nella nozione di ristrutturazione edilizia l’intervento ricostruttivo che si ricolleghi ad una integrale demolizione. Tali interventi sono subordinati alla presentazione di denuncia di inizio attività e, unicamente qualora comportino aumenti di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici sono subordinati al previo rilascio del permesso a costruire (fattispecie relativa alla demolizione e successiva ricostruzione di un capannone, senza mutamento di sagoma, superficie e volume, ma con una lieve traslazione rispetto alla posizione planimetrica originaria: la riconducibilità dell’intervento all’ipotesi di cui all’art. 3, c. 1, lett. d) del T.U. n. 380/2001, per la quale è sufficiente la D.I.A., ha escluso la violazione dell’art. 44 lett. b) del T.U. n. 380/2001, anche in ragione del fatto che la lieve traslazione non aveva compromesso l’assetto del territorio).Giud. Perrotta - I.E. (avv.ti Rago e De Vita) - TRIBUNALE DI SALERNO, Sezione staccata di Eboli - 6 marzo 2009, n. 195

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Destinazione d’uso - Modifica mediante opere - Interventi soggetti a permesso di costruire - Disciplina applicabile - Art.3, c. 1, lett. d); b); c); ed e) del T.U. n.380/2001. In ordine al mutamento di destinazione d'uso di un immobile attraverso la realizzazione di opere edilizie si configura in ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia (secondo la definizione fornita dall'art.3, comma 1, lett. d) del T.U. n.380/2001), in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di modesta entità, porta pur sempre alla creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. L'intervento rimane assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa destinazione. Non ha rilievo l'entità delle opere eseguite, allorché si consideri che la necessità del permesso di costruire permane per gli interventi: - di manutenzione straordinaria, qualora comportino modifiche delle destinazioni d'uso (art.3 comma 1 lett. b) T.U.380/200l; - di restauro e risanamento conservativo, qualora comportino il mutamento degli "elementi tipologici" dell'edificio, cioè di quei caratteri non soltanto architettonici ma anche funzionali che ne consentano la qualificazione in base alle tipologie edilizie (art.3 comma 1 lett. c T.U. n.380/2001). Gli interventi anzidetti, invero, devono considerarsi "di nuova costruzione" ai sensi dell'art.3 comma 1 lett. e) del T.U. n.380/2001. Ove il necessario permesso di costruire non sia stato rilasciato, sono applicabili le sanzioni amministrative di cui all'art.31 del T.U. n.380/2001 e quella penale di cui all'art.44 lett. b). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Pirozzi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/02/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 8847

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Mutamento della destinazione d'uso - Difformità totale - Configurabilità. Difformità totale può aversi, inoltre, anche nel caso di mutamento della destinazione d'uso di un immobile o di parte di esso, realizzato attraverso opere implicanti una totale modificazione rispetto al previsto. Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Puddu ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3593

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - Volumi tecnici - Nozione e funzione - Fattispecie: ampliamento del vano cucina. I "volumi tecnici' sono i volumi - non utilizzabili né adattabili ad uso abitativo - strettamente necessari a contenere ed a consentire l'eccesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione all’interno della parte abitativa dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche. Fattispecie: ampliamento del vano cucina di un appartamento su un terrazzino a livello costituente parte della stessa unità immobiliare. Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Silvestro ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3590

URBANISTICA ED EDILIZIA - Modifica della destinazione d’uso - Permesso di costruire e/o denuncia d'inizio attività - Potere regionale - Immobili compresi nelle zone omogenee A) - Disciplina applicabile - Art. 44 lett. c) D.P.R. 380/2001. Per la modifica della destinazione d'uso, a parte il potere attribuito alle regioni di stabilire quali mutamenti debbano essere sottoposti al permesso di costruire e quali alla denuncia d'inizio attività, è comunque richiesto il permesso di costruire allorché il mutamento si riferisce ad immobili compresi nelle zone omogenee A) o comunque allorché comportino interventi che modifichino la sagoma o il volume del manufatto preesistente. Pres. Altieri, Est. Petti, Ric. Criscuolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/01/2009 (Ud. 17/12/2008), Sentenza n. 3445

URBANISTICA ED EDILIZIA - Mutamento di destinazione d'uso con realizzazione di opere edilizie - Permesso di costruire - Necessità - Fattispecie: serra trasformata in deposito rimessa di velivoli. In ordine al mutamento di destinazione d'uso di un immobile attraverso la realizzazione di opere edilizie, si configura in ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia (secondo la definizione fornita dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d)), in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di modesta entità, porta pur sempre alla creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. L'intervento rimane assoggettato, al previo rilascio del permesso di costruire con pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa destinazione. Fattispecie: modifica della destinazione d'uso di una serra in un deposito adibito a rimessa di velivoli. Pres. Vitalone, Est. Amoresano, Ric. Zaccari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/01/2009 (Ud. 11/12/2008), Sentenza n. 2877

DIRITTO URBANISTICO - Costruzione abusiva non sanata - Esecuzione di lavori assoggettabili a DIA - Applicabilità - Esclusione - Categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione - D.P.R. n. 380/2001, art. 44, lett. c) - D.Lgs. n. 42/2004, e reati satelliti. In materia edilizia, non è applicabile il regime della D.I.A. (denuncia di inizio attività) a lavori edilizi che interessino manufatti abusivi che non siano stati sanati né condonati, in quanto gli interventi ulteriori (sia pure riconducigli, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente (Cass. pen. sez. 3 19.4.2006, n. 21490). Pres. Grassi, Est. Amoresano, Ric. P.M. in proc. Cardito. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2009 (Ud. 02/12/2008), Sentenza n. 1810

DIRITTO URBANISTICO - Ristrutturazione edilizia - Interventi rivolti a trasformare i manufatti - Permesso di costruire – Necessità – Fattispecie: Apertura di una porta al posto di una preesistente finestra - Art. 3, c. 1, lett. d) D.P.R. n. 380/2001, (mod. dal D.Lgs. n. 301/2002). Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d) (modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002) definisce ristrutturazione edilizia gli interventi rivolti a trasformare i manufatti attraverso un insieme sistematico di opere che possono condurre ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi possono comportare il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio e la eliminazione, la modifica, l'inserimento di nuovi elementi o impianti. Nella specie, l'apertura di una porta al posto di una preesistente finestra necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire, non essendo sufficiente la mera denuncia d'inizio attività poiché si tratta d'intervento edilizio comportante una modifica dei prospetti, in quanto tale non qualificabile come ristrutturazione edilizia "minore". Pres. Lupo, Est. Squassoni, Ric. P.M. in proc. Della Monica. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/01/2009 (Ud. 04/12/2008), Sentenza n. 834

Abuso d'ufficio - illegittimità delibera - truffa - falso in atto pubblico - peculato - verbali - procedure - sigilli - azioni in genere...     ^

DIRITTO URBANISTICO - Immobile abusivo ultimato - Apposizione dei sigilli ex art.260 c.p.p. - Sequestro preventivo e necessità di sgombero dell’immobile abusivo - Nomina degli stessi occupanti a custode - Aggravio del carico urbanistico - Sgombero - Necessità. In tema di abusi edilizi su immobili già ultimati, l'esigenza cautelare che il sequestro intende perseguire è che essi non vengano abitati per evitare l’aggravio (in modo apprezzabile) del carico urbanistico. La mera apposizione dei sigilli ex art.260 c.p.p. costituirebbe misura del tutto inidonea a salvaguardare le finalità cautelari del sequestro. Tale apposizione, invero, può tutelare le finalità del sequestro probatorio (assicurare le cose necessarie per l’accertamento dei fatti). Pertanto, la nomina del custode e l’apposizione dei sigilli, senza lo sgombero dell’immobile da coloro che lo occupano, non impedirebbe di certo il determinarsi dell’aggravio del carico urbanistico (che deriva proprio dalla persistenza della occupazione). E’, assolutamente, evidente quindi che tale aggravio non potrebbe essere evitato con la nomina degli stessi occupanti a custode (a meno di non prevedere comunque lo sgombero). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Orlando ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 24662

DIRITTO URBANISTICO - Violazione di sigilli - Responsabilità del custode - Presupposti - Reato urbanistico - D.P.R. n. 380/2001. Qualora sia riscontrata la violazione di sigilli, senza che il custode abbia avvertito dell’accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso dimostri di essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o per forza maggiore. Nella specie, il proprietario/custode è stato ritenuto responsabile del reato per avere avuto la disponibilità di fatto dell'immobile (di sua proprietà) e, dopo il sequestro preventivo, affidato alla sua custodia, sicché logicamente è stato osservato che non è individuabile alcun soggetto diverso, che abbia avuto interesse e possibilità materiale di eseguire i lavori abusivi. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Santoro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19075

URBANISTICA ED EDILIZIA - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Competenza ad adottare atti in materia edilizia - Dirigente comunale. La competenza ad adottare atti in materia edilizia, ai sensi degli art. 107 e 109 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, è del dirigente comunale - ovvero nei comuni sprovvisti di detta qualifica, dei responsabili degli uffici e dei servizi - al quale spetta di risolvere le questioni interpretative attinenti al rispetto delle norme urbanistiche - e non del Sindaco, trattandosi di un tipico potere gestionale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2004, n. 2694; Tar Abruzzo, L'Aquila, 2 dicembre 2002, n. 879; Tar Lazio, Roma, sez. II, 28 giugno 2005, n. 5370; idem, sez. I, 17 aprile 2007, n. 3321), né tanto meno del Presidente del Consiglio comunale al quale, a mente dell’art.39 del d.legs. 267/2000, è attribuito il solo compito di riunire il Consiglio comunale,” in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste”, assicurando ”una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio”. Pres. Cavallari, Est. Moro - D.N.G. e altri (avv. Liviello) c. Comune di Ugento (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. III - 05/06/2009, n. 1445