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GiurisprudenzaElettrosmog - Salute
Si veda anche: inquinamento - salute
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Inquinamento elettromagnetico, interesse primario prevalente della salute sugli altri interessi. ^
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Localizzazione delle SRB - Regolamento comunale -Tutela della salute umana dalle emissioni - Attribuzione alla legislazione concorrente Stato-Regioni. E’ illegittimo un regolamento comunale in tema di fissazione dei criteri per la localizzazione delle SRB laddove l'ente territoriale si sia posto quale obiettivo (non dichiarato, ma evincibile dal contenuto dell'atto regolamentare) quello di preservare la salute umana dalle emissioni elettromagnetiche promananti da impianti di radiocomunicazione (ad esempio attraverso la fissazione di distanze minime delle stazioni radio base da particolari tipologie d'insediamenti abitativi), essendo tale materia attribuita alla legislazione concorrente Stato-Regioni dell'art. 117 cost., come riformato dalla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 (in tal senso: Cons. Stato, Sez. VI, sent. 28 aprile 2010, n. 2436; id., Sez. VI, sent. 20 dicembre 2002, n. 7274). Pres. Barbagallo, Est. Contessa - Comune di Santa Maria a Vico (avv. Cociolovo) c. H. s.p.a. (avv.ti Calrich e Sartorio) - (Conferma T.A.R. CAMPANIA, Napoli, n. 9668/2005). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 24 settembre 2010, n. 7128
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Mero superamento dei limiti tabellari - Elettrosmog e violazione dell’art. 674 c.p. - Presupposti per la configurabilità - Idoneità delle onde elettromagnetiche ad offendere o molestare persone - Necessità - Giurisprudenza - D.M. Ambiente n. 381/1998 - D.P.C.M. 8/07/2003. In tema d'inquinamento elettromagnetico, il reato di cui all'articolo 674 c.p. non è configurabile neppure astrattamente in base al mero superamento, da provare oggettivamente, dei limiti d'esposizione o dei valori d'attenzione previsti dalle norme speciali (D.M. Ambiente 10 settembre 1998, n. 381; d.P.C.M. 8 luglio 2003), occorrendo anche l'idoneità delle onde elettromagnetiche ad offendere o molestare persone. (Cass. n. 15707 del 2009, Conf. Sez. III,15708, 15709, 15710, 15711, 15712, 15713, 15714, 15715, 15716 del 2009). (Annulla con rinvio ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli del 9/10/2009) Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Koehler. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2010 (Cc. 8/04/2010), Sentenza n.17967
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Tutela sanitaria della popolazione -
Competenze comunali - Estraneità. Non rientra nelle competenze dei Comuni la
tutela sanitaria della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici
(Cons. Stato VI, 3.6.02 n. 3095, 10.2.03 n. 673, 26.8.03 n. 4841), assicurata
dalla normativa statale mediante norme già improntate al principio di
precauzione. Pres. Arosio, Est. Spadavecchia - H. s.p.a. (avv.ti Bardelli,
Bazzani e Cerio) c. Comune di Vimercate (avv. Pintucci) e altri (n.c.).
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 6 aprile 2010, n. 999
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissioni - Tutela sanitaria della
popolazione - Competenza statale - Divieti di installazione connessi alla
destinazione urbanistica delle aree - Illegittimità - Prescrizioni di distanze
minime tra impianti e abitazioni - Illegittimità. La tutela sanitaria della
popolazione dalle emissioni elettromagnetiche esula dalle competenze dei comuni
(cfr. Cons. Stato VI, 20.12.02 n. 7274), essendo affidata dalla legge quadro (n.
36/2001) al legislatore statale, il quale ha prescelto un criterio basato
esclusivamente sui limiti di immissione delle irradiazioni nei luoghi
particolarmente protetti. Si discostano da tale criterio sia i divieti di
localizzazione e di installazione connessi alla mera destinazione urbanistica
delle aree, sia le prescrizioni di distanze minime fisse, tra impianti e
abitazioni, diverse dalle distanze ordinarie previste per gli edifici (cfr.
Cons. Stato VI, ord.za 15.1.02 n. 277; TAR Veneto 2^, 2.2.02 n. 347; TAR Lazio
2^ 6.10.01 n. 8170). Pres. Arosio, Est. Spadavecchia - H. s.p.a. (avv.ti
Bardelli, Bazzani e Cerio) c. Comune di Vimercate (avv. Pintucci) e altri (n.c.).
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 6 aprile 2010, n. 999
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Regolamenti locali - Strumenti urbanistici -
Previsione di distanze minime da insediamenti residenziali - Obiettivi di
protezione sanitaria - Illegittimità. Non possono considerarsi legittime le
norme di regolamenti locali o di strumenti urbanistici che, con obiettivi di
protezione sanitaria estesi ben oltre le specifiche ipotesi previste dalla
normativa regionale di settore, prescrive in via generalizzata, per gli impianti
di telefonia cellulare e similari, distanze minime da insediamenti residenziali,
da edifici e attrezzature di uso collettivo, ovvero dal confine delle zone
territoriali omogenee che prevedono tali destinazioni (cfr. Corte cost. 331/03;
Cons. Stato IV, 14.2.05 n. 450; TAR Lazio 2^, 6.10.01 n. 8170). Pres. Arosio,
Est. Spadavecchia - H. s.p.a. (avv.ti Bardelli, Bazzani e Cerio) c. Comune di
Vimercate (avv. Pintucci) e altri (n.c.).
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 6 aprile 2010, n. 999
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telefonia - Installazione in zone residenziali - Osservanza dei valori di campo elettromagnetico fissati dal legislatore - Principio di precauzione - Art. 3, c. 1, lett. c) del d.lgs. n. 36/2001 - Art. 3, comma 2, del D.P.C.M. dell’8 luglio 2003. La normativa attualmente vigente in materia di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici non esclude in maniera tassativa l’installazione degli impianti di telefonia nelle zone residenziali, ma piuttosto la subordina all’osservanza di valori di campo elettromagnetico fissati dal legislatore in attuazione del principio di precauzione (cfr. art. 3, c. 1, lett. c) del d.lgs. n. 36/2001 e art. 3, comma 2, del D.P.C.M. dell’8 luglio 2003). Pres. Costantini, Est. De Mattia - S.S. e altri (avv. Mormandi) c. Comune di Nardò (avv. Geusa). TAR PUGLIA, Lecce, Sez. II - 11 febbraio 2010, n. 545
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - L. r. Emilia Romagna n. 30/2000 - Piano di risanamento - Assenza - Potere del sindaco di emanare ordinanze contingibili e urgenti a tutela della salute pubblica - Sussistenza. In assenza del Piano di risanamento che i gestori devono presentare al fine di ricondurre a conformità gli impianti in caso di superamento dei limiti (L. r. Emilia-Romagna 30/2000, art. 7 c. 2), persiste il potere sindacale di emanare atti contingibili e urgenti a tutela della salute pubblica aventi la funzione di affrontare situazioni eccezionali in tempi brevi, in cui il normale esercizio delle competenze degli altri Enti locali e dei privati comporterebbe lungaggini tali da far perdere di vista i valori principali che s’intendono tutelare. Tra i presupposti per la loro emissione vi è la tutela anche preventiva della salute pubblica, purché le evidenze scientifiche e gli accertamenti di fatto evidenzino la presenza di un serio rischio per la stessa e vi sia una correlazione di causa-effetto probabilistica tra il fattore di rischio e la salute stessa. Pres. Papiano, Est. Loria - Associazione R.M. e altro (avv.ti Colombo e Ferrari) c. Comune di Parma (avv. Cugurra). TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I , 10 febbraio 2010, n. 59
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Determinazione degli obiettivi di qualità - Competenza legislativa esclusiva statale - Legge quadro n. 36/01. In materia di inquinamento elettromagnetico, la legge quadro nazionale ( l. n.36/01) affida in via esclusiva allo Stato la determinazione degli “obiettivi di qualità”, per intuibili esigenze di omogeneità dei livelli di tutela della salute umana su tutto il territorio nazionale e di efficiente gestione degli impianti di telecomunicazione. Pres. Varrone, Est. Castriota Scanderbeg - V. n.v. (avv.ti Manzi e Sica) c. Comune di Trento (avv. Stella Richter) e altro (n.c.) - (Riforma T.R.G.A. Trento n. 449/2003). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 17/12/2009, Sentenza n. 8206
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Provvedimento di rimozione degli impianti esistenti sul territorio comunale - Potere del Consiglio Comunale - Non rientra. Non rientra tra i poteri del Consiglio comunale quello di assumere un generico ed immotivato provvedimento di rimozione degli impianti di telecomunicazioni esistenti sul territorio comunale, tenuto conto che l’art. 32 della L. 142/90 limita la competenza dell’organo consiliare agli atti fondamentali espressamente indicati e tra questi non rientrano i poteri di procedere a pratiche edilizie da revocare. Pres. Corsaro, Est. Marra - O. s.p.a. (avv.ti Brizzolari e Morelli) c. Comune di Minturno (n.c.). TAR LAZIO, Latina, Sez. I - 4 novembre 2009, n. 1047
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Sistemi radiotelevisivi - Valori di immissione - Misurazione - Art. 4 D.P.C.M. 8 luglio 2003 - Aree intensamente frequentate - Impianto ubicato in area appositamente interdetta - Riduzione dell’intensità del campo elettromagnetico a tutela della salute - Necessità - Esclusione. Il D.P.C.M. 8 luglio 2003 - emanato in attuazione della legge 22 febbraio 2001, n. 36 e succeduto al decreto 10 settembre 1998, n. 381 - all’art. 4 dispone che i valori di immissione generati dall'esercizio dei sistemi radiotelevisivi devono essere misurati all'aperto nelle aree intensamente frequentate, per le quali si intendono anche superfici edificate ovvero attrezzate permanentemente per il soddisfacimento di bisogni sociali, sanitari e ricreativi. Ne discende che laddove l’impianto sia ubicato in zone inaccessibili per la particolare conformazione dei luoghi o perché appositamente interdette, la riduzione dell’intensità del campo elettromagnetico che comporta il rischio di compromettere l’attività delle emittenti si rivela non necessaria a tutelare la salute della popolazione, essendo sufficientemente idonei allo scopo un’adeguata recinzione e il posizionamento di appositi cartelli segnaletici. Pres. Antonelli, Est. Perrelli - S.T. s.r.l. (avv. Portinari) c. Regione Veneto (avv.ti Mio e Zanon). T.A.R. VENETO, Sez. III - 14/05/2009, n. 1487
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Immissioni - Antenne ad alta direttività ed omnidirezionali - Potenzialità
lesiva per la salute - Ordine di dismissione e inibizione al puntamento verso la
terrazza di un condominio. In tema di immissioni elettromagnetiche, un volta
accertata la potenzialità lesiva per la salute delle antenne (nella specie: ad
alta direttività ed omnidirezionali della Questura di Palermo), rimane valido
l’ordine emesso, con provvedimento ex art. 700 c.p.c., di dismissione delle
antenne confinanti con le proprietà dei ricorrenti e di inibizione di puntare
l'asse delle antenne direzionali verso la terrazza del medesimo edificio. Giud.
Mon. Galazzi - Sarno ed altri (avv.ti G. ed A. Palmigiano) c. Ministero
dell'Interno (Avvocatura dello Stato).
TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III CIVILE - 12/11/2008 (Ud. 7/05/2008), sentenza n.
5953
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Immissioni - Antenne ad alta direttività ed
omnidirezionali - Risarcimento del danno ipotetico alla salute - Esclusione -
Risarcimento per deprezzamento dell'immobile - Necessità della prova. Deve
essere rigettate la domanda risarcitoria relativa al danno alla salute, quando
nessuna patologia è stata né accertata, né tantomeno lamentata, non essendo
possibile procedere alla liquidazione di un danno biologico soltanto ipotetico
(cfr. Cass. Civ., sez. II, 23.1.2007 nr. 1391). Altresì, deve essere rigettata
la richiesta del danno per il deprezzamento dell'immobile, tenuto conto che,
nella specie, con la domanda risarcitoria nessuna prova è stata fornita, non
avendo, nemmeno allegato quale fosse il valore degli immobili medesimi. Infine,
in merito alla richiesta di risarcimento del danno morale, si rammenta, che il
fenomeno dell'inquinamento provocato da onde elettromagnetiche è riconducibile
alla previsione dell'art. 674 c.p., solo laddove i valori del campo
elettromagnetico superino i limiti indicati dalla normativa vigente in materia.
Nel caso di specie, è stata accertata la sola potenzialità lesiva delle
emissioni elettromagnetiche promananti dalle antenne oggetto di giudizio. Giud.
Mon. Galazzi - Sarno ed altri (avv.ti G. ed A. Palmigiano) c. Ministero
dell'Interno (Avvocatura dello Stato).
TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III CIVILE - 12/11/2008 (Ud. 7/05/2008), sentenza n.
5953
INQUINAMENTO - ELETTROSMOG - Immissioni - Tutela del diritto alla salute -
Azione inibitoria ex art. 844 c.c., azione di responsabilità aquiliana e azione
di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. - Cumulabilità. In tema
di immissioni, ormai è da tempo consolidato il principio secondo il quale a
tutela del diritto alla salute il soggetto danneggiato da immissioni può
esercitare, anche cumulativamente, l'azione inibitoria ex art. 844 c.c. - a
tutela del diritto di proprietà e quindi di natura reale -, l'azione di
responsabilità aquiliana e l'azione di risarcimento in forma specifica ex art.
2058 c.c. - vedasi Cass. sez. un. 15/10/1998 n. 10186, Cass. sez. un. 9/4/1973
n. 999 e Cass. 2/6/2000 n. 7420). Giud. Mon. Galazzi - Sarno ed altri (avv.ti G.
ed A. Palmigiano) c. Ministero dell'Interno (Avvocatura dello Stato).
TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III CIVILE - 12/11/2008 (Ud. 7/05/2008), sentenza n.
5953
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - L..R. Veneto n. 27/1993 - Superamento ad
opera della legge nazionale - D.P.C.M. 8 luglio 2003 - L. 36/2001. Il
superamento delle norme legislative regionali in materia di inquinamento
elettromagnetico (nella specie, L.R. Veneto n. 27/1993) non può ricondursi alla
disciplina di natura secondaria dettata con il D.P.C.M.8 luglio 2003, ma
piuttosto alla stessa legge quadro n. 36 del 2001 introdotta dal legislatore
nazionale per la specifica materia, cui la disciplina secondaria in parola
accede, costituendone concreta attuazione ai sensi dell’art. 4, comma 2 della
legge in parola (cfr. Corte Cost. n. 307/2003 e 331/2003, con cui la Corte ha
riscontrato la illegittimità di normative regionali in contrasto con i valori
relativi alle “soglie” di esposizione per la popolazione fissate - in attuazione
della legge quadro n. 36 del 2001 - dal predetto decreto attuativo). Pres. f.f.
Salvatore, Est. Lodi - Regione Veneto (avv.ti Morra e Caprifoglio) c. P. s.n.c.
(avv.ti Michelian e Di Morra) - (Conferma TAR Veneto n. 1735/2005).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 18 marzo 2008 (Ud. 26 febbraio 2008), sentenza n.
1159
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - L.R. Veneto n. 27/93 - Profili sanitari e di
salvaguardia ambientale - Profilo urbanistico - Rilievo secondario - Contrasto
con i parametri di cui alla legge nazionale. La legge della Regione Veneto
n. 27 del 1993, nel testo scaturito dalle modifiche successivamente intervenute,
risulta espressamente preordinata alla prevenzione dei danni derivanti da campi
elettromagnetici generati da elettrodotti “al fine di tutelare l’ambiente
coordinando le scelte urbanistiche” : non sussistono quindi dubbi sulla
effettiva discrepanza dei diversi parametri posti, rispettivamente, dalla
normativa regionale e nazionale in materia, riguardanti in entrambi casi profili
sanitari e di salvaguardia ambientale, assumendo rilievo meramente secondario ed
indiretto il profilo urbanistico (cfr., in particolare, le norme di cui all’art.
4 della legge regionale, recanti parametri differenti da quelli stabiliti
dall’art. 6 del D.P.C.M. 8 luglio 2003). Pres. f.f. Salvatore, Est. Lodi -
Regione Veneto (avv.ti Morra e Caprifoglio) c. P. s.n.c. (avv.ti Michelian e Di
Morra) - (Conferma TAR Veneto n. 1735/2005).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 18 marzo 2008 (Ud. 26 febbraio 2008), sentenza n.
1159
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - SICUREZZA SUL LAVORO - Pertinenza ad impianto industriale esistente sita in prossimità di un elettrodotto - Art.4 D.P.C.M. 8 luglio 2003 - Prevista permanenza di lavoratori oltre le quattro ore - Diniego del permesso di costruire - Legittimità. E’ legittimamente negato il permesso di costruire richiesto per un’area qualificata come pertinenziale ad un impianto industriale, da realizzare in prossimità di elettrodotto e per la quale non possano essere garantiti i valori di attenzione ex art. 4 del D.P.C.M. 8 luglio 2003, nonostante la prevista permanenza di lavoratori oltre le quattro ore. Il concetto di insediamento e di nuova area, di cui a tale disposizione, deve infatti essere inteso in conformità della finalità della norma che è quella di proteggere la popolazione dalla esposizione a campi elettromagnetici. Non rileva dunque che l’area in questione sia individuata quale pertinenza di stabilimento già funzionante perché l’art. 4 del D.P.C.M. citato definisce l’area per la quale è fissato l’obiettivo di qualità a prescindere dalla natura pertinenziale o meno della stessa. Pres. f.f. Rovis, Est. Morgantini - M. s.p.a. (avv.ti Domenichelli, Sgualdino e Zambelli) c. Comune di Mozzecane (avv. Leardini) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 22 febbraio 2008, n. 433
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Disciplina di installazione e mantenimento di impianti radio base per telefonia cellulare - Fissazione di limiti "diversi" di emissione - Tutela della salute pubblica - Competenza dell'Autorità comunale - Esclusione. La fissazione di limiti di emissione, ovvero, l'individuazione di una distanza minima delle stazioni radio base (SRB) da particolari tipologie di insediamenti abitativi, in quanto essenzialmente preordinata a garantire la tutela della pubblica salute da ipotizzabili fonti di inquinamento (o, comunque, di pregiudizio) non costituisce attribuzione che l'Amministrazione comunale possa autonomamente esercitare, ricevendo tale considerazione ulteriore conferma laddove le prescrizioni dettate in sede locale si pongano in contrasto con le indicazioni rivenienti da fonte normativa superiore; sicché l'individuazione di limiti, parametri e/o requisiti "diversi" da quelli rinvenibili nella normativa di derivazione statale non può, essere considerata legittima. All'Amministrazione comunale residua, l'esercizio di compiti di vigilanza e/o di attuazione che, con ogni evidenza, non involgono la titolarità di un'autonoma funzione decisoria. Appare pertanto evidente nella fattispecie il vizio di incompetenza nel quale è incorso il Comune di Roma nel fissare con delibera diversi limiti, invadendo così competenze statali e regionali. Pres. Ruoppolo - Est. Cafini - Comune di Roma (avv. Brigato) c. Wind Telecomunicazioni s.p.a. (avv.ti Sartorio e Di Raimondo) e nei confronti del Ministero delle Comunicazioni e dell'Autorità Garante delle Comunicazioni (n.c.) (conferma T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, n. 7024/01 in data 25 agosto 2001, resa tra le parti). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 02/11/2007 (C.C.17/04/2007), Sentenza n. 5673
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Criteri di fissazione dei limiti di esposizione - Tutela dell’ambiente Strumenti di natura edilizia-urbanistica - Compatibilità e limiti. La fissazione di limiti di esposizione ai campi elettromagnetici diversi da quelli stabiliti dallo Stato (con il D.M. 381/1998) non rientra nell’ambito delle competenze attribuite ai comuni dal citato art. 8; ma alla stregua della disposizione in esame nemmeno è consentito che il Comune, attraverso il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adotti misure che nella sostanza costituiscono una deroga ai predetti limiti di esposizione fissati dallo Stato, quali ad esempio il generalizzato divieto di installazione delle stazioni-radio base per la telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee a destinazione residenziale; ovvero introdurre misure che pur essendo tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, ecc…) non siano funzionali al governo del territorio, quanto piuttosto alla tutela dai rischi dell’elettromagnetismo (C.d.S. Sez. VI, sentenze 26.7.2005, n. 4000, 10.2.2003 n. 673 e 30.5.2003, n. 2997). Inoltre, l’attinenza della materia anche alla tutela dell’ambiente e comunque il valore di principio fondamentale della disciplina inerente ai criteri di fissazione dei limiti di esposizione costituiscono elementi in base a cui ritenere la compatibilità di una uniforme fissazione dei predetti limiti sull’intero territorio nazionale anche alla luce del mutato quadro costituzionale di riferimento, potendo comunque le competenze attribuite alle regioni ed agli enti locali essere esercitate nel rispetto dei limiti di esposizione fissati a livello centrale (C.d.S. Sez. VI, 3.6.2002, sentenza n. 3098). Pres. Ruoppolo - Est. Cafini - Comune di Roma (avv. Brigato) c. Wind Telecomunicazioni s.p.a. (avv.ti Sartorio e Di Raimondo) e nei confronti del Ministero delle Comunicazioni e dell'Autorità Garante delle Comunicazioni (n.c.) (conferma T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, n. 7024/01 in data 25 agosto 2001, resa tra le parti). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 02/11/2007 (C.C.17/04/2007), Sentenza n. 5673
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Tutela della salute - Competenza dello Stato - Insediamento degli impianti di telecomunicazione - Criteri per l’installazione - C.d. uso del territorio - Principi e discipline applicabili. La determinazione di profili di tutela della salute spetta allo Stato, non alle Regioni, tanto meno ai Comuni, i quali ultimi, nel regolare l’uso del proprio territorio, devono comunque rispettare le esigenze della pianificazione nazionale e non adottare le misure che siano tali da ostacolare in modo ingiustificato o impedire l’insediamento degli impianti di telecomunicazione. Nella specie, è stata rigettata la tesi del Comune appellante secondo cui l’installazione delle infrastrutture di telefonia mobile potrebbe essere tollerata solo nelle aree del territorio comunale scelte dall’Amministrazione, con conseguente divieto di installazione in tutte le altre zone. Siffatta tesi si pone, altresì, in contrasto anche con il sopravvenuto D.Lgs. 1°.8.2003, n. 259, che all’art. 86, comma 3, ha equiparato le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria (disposizione questa da cui si desume che, in linea generale, la collocazione di tali infrastrutture è consentita su tutto il territorio comunale) e con l’art. 87 che, in attuazione dei criteri di delega contenuti nell’art. 41 della legge n. 166 del 2002 e delle direttive comunitarie da recepire, ha previsto uno speciale procedimento autorizzatorio, che è informato ai principi di non discriminazione, di trasparenza, di riduzione dei termini e di uniformità di regolazione. Pres. Ruoppolo - Est. Cafini - Comune di Roma (avv. Brigato) c. Wind Telecomunicazioni s.p.a. (avv.ti Sartorio e Di Raimondo) e nei confronti del Ministero delle Comunicazioni e dell'Autorità Garante delle Comunicazioni (n.c.) (conferma T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, n. 7024/01 in data 25 agosto 2001, resa tra le parti). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 02/11/2007 (C.C.17/04/2007), Sentenza n. 5673
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Tutela della salute - Localizzazione degli impianti di telefonia mobile - Divieto d’installazione su specifici edifici - Legittimità - Regolamento comunale - Prescrizione generalizzate di distanze minime - Indebito impedimento - Art. 8, 6° c., L. n. 36/2001. Ai sensi dell’art. 8, 6° comma, L. n. 36/2001, i Comuni, mentre possono legittimamente vietare l’installazione degli impianti di telefonia mobile su specifici edifici (quali ospedali, case di riposo, scuole, ecc.), non possono invece stabilire <<criteri distanziali generici ed eterogenei, quali la prescrizione di distanze minime, da rispettare nella installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, e luoghi di lavoro ….>>, non essendo consentito introdurre limitazioni generalizzate alla localizzazione degli impianti. Tuttavia, come non può essere imposto, mediante il regolamento edilizio comunale, l’osservanza di determinate distanze dagli edifici esistenti, ugualmente, ed anzi a maggior ragione, non si può pretendere di localizzare gli impianti ad una determinata distanza dal confine di proprietà, trattandosi di previsione che appare priva di giustificazione alcuna, e rappresenta solo un indebito impedimento nella realizzazione di una rete completa di telecomunicazioni. (Conf.: C.d.S. Sez. VI, 13/06/2007 Sent. nn. 3159 - 3158 - 3157 - 3156). Pres. Varrone - Est. Balucani (non sottoscrivente in quanto sospeso dalle funzioni a tempo indeterminato) - Comune di Padova (Avv.ti Lorenzoni, Sichel, De Simoni e Laverda) c. Nokia Italia S.p.a. e Blu S.p.a. (nn.cc.) (conferma T.A.R. Veneto, Sez. II 24/9/2001, n. 2764). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 13 Giugno 2007, (C.C. 30/01/2007) Sentenza n. 3160
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissioni elettromagnetiche entro i limiti legali Art. 674 c.p. - Configurabilità - Esclusione - D.M. n. 381/98. E' da escludersi la configurabilità del reato di cui all'art. 674 c.p., nei casi in cui è impossibile affermare il supermento dei limiti legali di immissioni elettromagnetiche. Presidente F. Pontorieri, Relatore E. Malpica. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sezione II, 23/01/2007, Sentenza n. 1391
Inquinamento elettromagnetico - Impianti di telefonia mobile - Tutela della salute - Materia di esclusiva competenza dello Stato. La tutela della salute è di esclusiva competenza dello Stato, sicchè non può il Comune arrogarsi il potere di negare la facoltà di istallare gli impianti di telefonia mobile per proteggere la salute dei cittadini (ne conseguirebbe infatti una diversa protezione del bene salute da comune a comune, il che non è consentito). Pres. Guerriero, Est. Passarelli di Napoli - S. s.p.a. (avv. Belvini) c. Comune di Casaluce - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 11 settembre 2006, n. 8041
Inquinamento elettromagnetico - Stazioni radio base - Rispetto dei limiti di esposizione di cui alla normativa statale - Timori dei cittadini - Non legittimano l’adozione di provvedimenti in autotutela. A fronte di timori emersi nei cittadini o in associazioni rappresentative di questi, il compito dell’amministrazione è quello di adottare responsabilmente provvedimenti legittimi, rassicurando i cittadini qualora, come nel caso di specie, l’installazione di una stazione radio base, oltre a non contrastare con le previsione urbanistiche, non determina alcun superamento dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, che sono stati fissati nel nostro ordinamento sulla base del principio di precauzione. Pres. Schinaia, Est. Chieppa - O. s.p.a. (avv.ti Manzi e Sica) c. Provincia di Rovigo (avv.ti Bernecoli e Paparella) e altri (n.c.) - (Riforma T.A.R. Veneto n. 1588/2001) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 4 settembre 2006 (c.c. 6 giugno 2006), sentenza n. 5096 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo - Utilizzo di strumenti di natura urbanistico-edilizia - Esclusione. In materia di tutela dal c.d. elettrosmog, è da escludere che i Comuni, mediante la formale utilizzazione degli strumenti di natura urbanistico-edilizia, possano adottare misure che nella sostanza costituiscono una deroga ai predetti limiti di esposizione fissati dallo Stato (quali, ad esempio, il generalizzato divieto di installazione delle stazioni radio-base per la telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee a destinazione residenziale) ovvero introdurre misure tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, localizzazioni, ecc.) che, non rivelandosi funzionali al governo del territorio, ma piuttosto alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3095; id., 30 maggio 2003, n. 2997), producano l'effetto di sovrapporre una determinazione cautelativa, ispirata al principio di precauzione, alla normativa statale che ha fissato i limiti di radiofrequenza, eludendo in definitiva tale normativa che non prevede misure così radicali (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 16 novembre 2004, n. 7502). Pres. GIULIA - Est. GIORDANO - TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.p.A. (avv.ti Sanino e Celani) c. COMUNE DI RIETI (avv. Piselli). T.A.R. Lazio Sez. II bis del 19 giugno 2006 Sentenza n. 4809 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Protezione della popolazione dalle potenzialità nocive - Potere riservato in via esclusiva allo Stato - Risultanze di carattere scientifico. E’ illegittimo l’atto dell'Amministrazione comunale che indebitamente e sostanzialmente esercita un potere riservato in via esclusiva allo Stato, il quale soltanto al legislatore è demandato, per una condivisibile esigenza di uniformità ed omogeneità in ambito nazionale, il compito di fissare i criteri ed i limiti rilevanti al fine della protezione della popolazione dalle potenzialità nocive insite nell'esposizione a campi elettromagnetici (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 25 agosto 2001, n. 7015). Pertanto, alla luce dell'ulteriore funzione assegnata dalla legge all'ente locale, che è quella di "minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici" (art.8, comma 6, L. cit.), dal momento che le stesse misure di minimizzazione (distinte dalla citata norma da quelle urbanistico-edilizie) non possono in alcun modo prevedere limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli fissati dallo Stato, né possono di fatto costituire una deroga generalizzata, o quasi, a tali limiti, essendo invece consentita l'individuazione di specifiche e diverse misure, la cui idoneità al fine della "minimizzazione" emerga dallo svolgimento di compiuti e approfonditi rilievi istruttori sulla base di risultanze di carattere scientifico (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3098; id., n. 7502/04, cit.). Pres. GIULIA - Est. GIORDANO - TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.p.A. (avv.ti Sanino e Celani) c. COMUNE DI RIETI (avv. Piselli). T.A.R. Lazio Sez. II bis del 19 giugno 2006 Sentenza n. 4809 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Onde elettromagnetiche - Tutela della salute - Criteri localizzativi degli impianti - Giurisprudenza: costituzionale ed amministrativa. In tema di tutela dall’inquinamento elettromagnetico, la giurisprudenza, sia costituzionale che amministrativa, ha univocamente escluso che, in materia di funzionamento dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi, si renda necessario fissare dei criteri localizzativi diversi o ulteriori rispetto a quelli -già indicati dalla legge- fondati sul diverso limite di tolleranza, al fine di tutelare la popolazione dalle onde elettromagnetiche (cfr. Corte Cost. n. 307/2003 e n. 331/2003; Cons. Stato, Sez. VI, n. 4159 del 2005). Pres. GIULIA - Est. GIORDANO - TIM - TELECOM ITALIA MOBILE S.p.A. (avv.ti Sanino e Celani) c. COMUNE DI RIETI (avv. Piselli). T.A.R. Lazio Sez. II bis del 19 giugno 2006 Sentenza n. 4809 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Tutela della salute - Emissioni elettromagnetiche - Art. 674 c.p. - Applicabilità - Fondamento - Concetto di "cose" e "smaterializzazione" giuridica. In materia di tutela della salute dall’inquinamento elettromagnetico, si configura la sussistenza del reato di cui all'art. 674 c.p. se le emissioni possono farsi rientrare nel concetto di "cose" penalmente rilavante. L'indicata disposizione del codice penale configura come reato contravvenzionale la condotta di chi "getta o versa in un luogo pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone". Sicché, partendo del tenore letterale della norma di cui al comma 2 dell'art. 624 c.p. ("agli effetti della legge penale si considera cosa mobile anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia valore economico"), si è ritenuto d'estendere l'art. 674 c.p. (ciò anche in considerazione dell'amplissimo significato da attribuire al verbo "gettare"), in armonia con le esigenze dell'evoluzione economica e sociale, alla diffusione delle onde elettromagnetiche (cfr. Cass., Sez. I°, 13 ottobre 1999, n. 214 416 e Cass, Sez. I°, 14 ottobre 1999, n. 39). Anche la Suprema Corte, che ha ribadito la sostanziale "smaterializzazione" giuridica del concetto di cosa e l'ampio significato del verbo "gettare" (cfr., in particolare, la sentenza n. 391 del 12 marzo 2002, Pagano). Pertanto, può dirsi, ormai consolidato l'indirizzo circa l'applicabilità della fattispecie di cui all'art. 674 c.p. alle emissioni elettromagnetiche. Giud. Carpino (GIP) - H3G s.p.a.. TRIBUNALE di PAOLA 31 maggio 2006, n. 2460 (vedi: decreto per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Limiti di localizzazione degli impianti - Tutela della popolazione da immissioni radioelettriche - Esercizio della potestà regolamentare comunale - Esclusione - Art. 4 L. n. 36/2000 e art. 86, comma terzo, del d.lgs. n. 259/2003. La determinazione con la disposizione del regolamento edilizio impugnata di limiti di localizzazione degli impianti viene quindi a tradursi, per il suo carattere generalizzato ed il riferimento al dato oggettivo dell’esistenza di insediamenti abitativi, in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva invece allo Stato attraverso l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, da introdursi con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute (Cons. St., Sez. VI^, n. 4159 del 05.08.2005; n. 7274 del 20.12.2002; n. 3095 del 03.06.2002). Pertanto, è l’illegittimo l’esercizio della potestà regolamentare di cui il Comune dispone nella materia “de qua” (in fatto, “limitazioni alla localizzazione” e conseguente imposizione di una distanza non inferiore mt. 200 in alcune zone) e va dichiarata l’illegittimità in via derivata la determinazione reiettiva della domanda di autorizzazione all’installazione di una stazione radiobase per telefonia mobile. Pres. Giovannini - Est. Polito - Comune di S. Martino Sannita (avv. Perifano) c. Vodafone Omnitel (avv.ti Sartorio e Manzi) (conferma T.A.R. Campania, Sez. I^, n. 19629/2004 del 22.12.2004). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 05/06/2006 (C.C. 13/12/05), Sentenza n. 3332 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Comuni - Impianti di radiocomunicazione - Rispetto di distanze da aree intensamente frequentate - Norme regolamentari a valenza sanitaria - Illegittimità. I Comuni hanno competenza ad emanare norme regolamentari con valenza urbanistico-edilizia, non invece con valenza radioprotezionistica, cioè sanitaria. Infatti, per essere legittimo, il potere comunale non può interferire con quello riservato allo Stato che fissa i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, nel presupposto indefettibile che la tutela della salute è un’esigenza di carattere unitario; sono pertanto illegittime, nella misura in cui risultano finalizzate a disciplinare l’uso del territorio sotto un profilo non strettamente urbanistico, bensì sanitario, le norme regolamentari che introducono precise disposizioni circa la localizzazione degli impianti basate sul rispetto delle distanze dalle aree intensamente frequentate. Pres. f.f. Stevanato, Est. Farina - H. s.p.a. (Avv.ti Bardella, Bazzani, Cerio e Sacchetto) c. Comune di Rossano Veneto e Regione Veneto (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 7 ottobre 2005, n. 3639
Inquinamento elettromagnetico - Stazioni radio base - L. 36/2001 - Principio di precauzione - Competenze comunali - Individuazione. Nell’applicazione del principio di precauzione, la L. quadro n. 36/2001 - unitamente alla promozione dell’innovazione tecnologica e delle azioni di risanamento volte a minimizzare l’intensità e gli effetti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici - ha individuato i mezzi e gli strumenti per il perseguimento della tutela della salute umana, dell’ambiente e del paesaggio, nonchè gli Enti competenti a disciplinare i singoli ambiti di tutela (art. 8). Con specifico riguardo alle competenze comunali, la potestà regolamentare di cui all’art 8 configura una particolare competenza, che è distinta dalla (e si aggiunge alla) competenza urbanistica ed edilizia propria di tali Enti locali (cfr. Cons. Stato, VI Sez., n. 3095/2002 e n. 4391/2003; T.A.R. Toscana, I Sezione, n. 3016/2005). Il Comune, dovendo tuttavia esercitare tale propria competenza nel rispetto del quadro normativo di riferimento, non può adottare misure che prevedano limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli previsti dallo Stato né costituire deroghe presso che generalizzate o quasi a tali limiti, essendo, invece, consentita l’individuazione di specifiche e diverse misure, la cui idoneità al fine della “minimizzazione” emerga dallo svolgimento di compiuti ed approfonditi rilievi istruttori sulla base di risultanze di carattere scientifico(cfr. cit. VI Sez. n. 3095/2002 nonché, più recentemente, VI Sez., n. 450/2005). Peraltro, l’intervenuta assimilazione delle opere per stazioni radio base alle opere di urbanizzazione primaria (art. 86, comma 3, del D. Lgs. n.259/2003) non preclude al Comune, nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, la localizzabilità di dette opere in determinati ambiti del territorio, sempre che sia, in tal modo, assicurato l’interesse di rilievo nazionale ad una capillare distribuzione del servizio (cfr., in termini, Cons. Stato, IV Sez., Ordinanza 6.4.2004 n. 1612). Pres. Vacirca, Est. del Guzzo - T. spa (Avv. Morbidelli) c. Comune di Pistoia (Avv.ti Papa, Paci e Vitale) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 3 Ottobre 2005, n. 4572 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Elettrodotti - L.R. Veneto n. 27/93 - Previsione di limiti di esposizioni superiori rispetto a quello introdotti dalla legge statale - Implicita abrogazione - L. 62/53 - Cd. effetto ghigliottina. In seguito alla sopravvenienza della normativa statale di principio in materia di protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (legge n. 36/2001) e della disciplina applicativa (D.P.C.M. 8 luglio 2003) avente valore su tutto il territorio nazionale, le norme regionali precedentemente in vigore (L.R. Veneto n. 27/93), che fissano valori diversi e superiori, incompatibili con quelli introdotti dalla legge quadro, devono ritenersi abrogate ai sensi dell’art. 10 della legge n. 62/53; anche nel nuovo assetto costituzionale derivante dalla riforma del titolo V, infatti, la prevalenza delle norme statali di principio sulle norme regionali con esse incompatibili, permane come regola che risolve il conflitto in forza dell’effetto abrogativo (c.d. effetto ghigliottina) previsto dall’art. 10 della legge 62/53. Pres. ed Est. De Zotti - H. s.r.l. (Avv.ti A. ed M. Steccanella e Pinello) c. Comune di Vazzola (n.c.) e Regione Veneto (Avv.ti Morra e Peagno) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 19 agosto 2005, n. 3200
Inquinamento elettromagnetico - Emissioni elettromagnetiche - Tutela sanitaria della popolazione - Comune - Competenza - Esclusione. Alla luce della giurisprudenza ordinaria e costituzionale la tutela sanitaria della popolazione dalle emissioni elettromagnetiche esula dalle competenze dei comuni (cfr. Cons. Stato VI, 20.12.02 n. 7274), essendo affidata dalla legge quadro (n. 36/2001) al legislatore statale, il quale ha prescelto un criterio basato esclusivamente su limiti di immissione delle irradiazioni nei luoghi particolarmente protetti. Pres. Radesi, Est. Spadavecchia - H. s.p.a. (Avv. Bardelli, Bazzani, Recla) c. Comune di Corbetta e Regione Lombardia (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, sez. II - 27 maggio 2005, n. 1113
Inquinamento elettromagnetico - Installazione di stazioni radio base - Limitazioni e divieti generalizzati finalizzati alla tutela della salute - Competenza - Comuni - Esclusione. Non spetta ai comuni disciplinare, nei regolamenti edilizi (nella specie, si tratta di regolamenti c.d. di minimizzazione, ai sensi dell’art. 8 L.36/2001), la installazione di stazioni radio-base di telefonia cellulare, con limitazioni e divieti generalizzati riferiti alle zone territoriali omogenee o con la introduzione di distanze fisse, da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, allorché tale potere sia rivolto a disciplinare la compatibilità di detti impianti con la tutela della salute umana al fine di prevenire i rischi derivanti dalla esposizione della popolazione a campi elettromagnetici, anziché a controllare soltanto il rispetto dei limiti delle radiofrequenze fissati dalla normativa statale e a disciplinare profili tipicamente urbanistici. Pres. Trotta, Est. De Felice - R.F.I. s.p.a. (Avv.ti Cacciavillani, Cacciavillani e Manzi) c. Comune di Brasiliano (Avv. Paliotti) e altro (n.c.) - (Annulla T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 116/2004) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 14 febbraio 2005 (C.C. 23 novembre 2004), sentenza n. 450 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Residente nell’immediata vicinanze stazione radiobase - Legittimazione a ricorrere - Sussiste - Presupposti. L’art. 31, comma 9, L. 17 agosto 1942 n. 1150, come modificato dall’art. 10 L. 6 agosto 1967 n. 765, ha riconosciuto una posizione qualificata e differenziata in capo al proprietario di un immobile sito nella zona in cui la costruzione è permessa ed a coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa (C.d.S., Sez. V, 30 gennaio 2003, n. 469). Nella specie, il risiedere nella immediata vicinanze dell’installata stazione radiobase legittima un interesse qualificato a proporre ricorso per la tutela della posizione giuridica da loro ritenuta lesa. Sicché, il ricorso è ammissibile, anche a prescindere dalla concreta dimostrazione della sussistenza di un effettivo pregiudizio nei loro confronti (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 18 settembre 1998, n. 1298 e Sez. VI, 20 gennaio 2003, n. 200). - Pres. Varrone, Est. Salemi - W. S.p.A. (Avv. Sartorio) c. D.P.F. e altri (Avv. Brancaccio) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R.. Campania, Salerno, Sez. II, n. 885/2003). CONSIGLIO DI STATO, Sez., VI - 24 settembre 2004 (c.c. 28.05.2004), n. 6255 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Impianti di telefonia mobile - Proteste dei cittadini - Non integrano il requisito del pericolo per l’ordine pubblico di cui all’art. 54 d. lvo. n. 267/2000 - Ordinanza contingibile e urgente di sospensione dei lavori - Illegittimità. In tema di installazione di impianti di telefonia mobile, le proteste, pur reiterate, da parte dei cittadini non integrano il “pericolo per l’ordine pubblico” richiesto dall’art. 54 d. lvo n. 267/2000 quale requisito per l’emanazione di un’ordinanza contingibile e urgente (nella specie: di sospensione dei lavori). L’ente locale è tenuto piuttosto ad affrontare le ingiustificate ed illegali forme di opposizione della popolazione anche attraverso un’adeguata informazione volta a far comprendere la conformità dell’impianto autorizzato ai tetti di campo elettromagnetico compatibili con la salute umana come definiti dalla normativa vigente. Pres. Coraggio, Est. Carpentieri - T.I.M. S.p.A. (Avv. Zucchi) c. Comune di Striano e Ministero dell’Interno (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 12 luglio 2004, n. 10081
Inquinamento elettromagnetico - Installazione di impianto di radiotelecomunicazione - Comune - Giudizio di non compatibilità con la destinazione urbanistica di zona - Pertinenza - Finalità di protezione della salute pubblica - Estraneità. Il giudizio di non compatibilità dell’intervento di installazione di un impianto di radiotelecomunicazioni per telefonia cellulare G.S.M, con la destinazione e la normazione della zona in cui esso ricadrebbe (nella specie, “Parco urbano territoriale”) riveste carattere squisitamente urbanistico ed è conforme alla natura ed allo scopo dei provvedimenti di assenso edilizio demandati ai Comuni, senza debordare in valutazioni e/o finalità di protezione della salute pubblica dai campi di influenza delle onde elettromagnetiche. La legittimità del diniego non può non essere valutata che alla stregua del quadro legislativo esistente ed operante alla data del provvedimento dirigenziale di diniego (30 luglio 2001), dovendosi prescindere dalla normativa sopravvenuta, tra cui quelle disposizioni del D.Lgs. n.198/2002 che, in ipotesi, avrebbero consentito deroghe alla precedente L. 22.2.2001, n.36 ovvero, proprio per quanto concerne le infrastrutture di telecomunicazioni per impianti radioelettrici, agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento. Pres. Giambartolomei, Est. Tacchi - Blu spa (Avv.ti Clarizia e Paolantonio) c. Comune di Fabriano (Avv. Rossini) - T.A.R. MARCHE, Ancona, 3 febbraio 2004, n. 52
Elettrosmog - la fissazione a livello nazionale dei valori-soglia, non derogabili dalle Regioni nemmeno in senso più restrittivo - l’autonoma capacità delle Regioni e degli enti locali di regolare l’uso del proprio territorio - criteri localizzativi e standard urbanistici. La fissazione di valori-soglia risponde ad una ratio più complessa e articolata. Da un lato, infatti, si tratta effettivamente di proteggere la salute della popolazione dagli effetti negativi delle emissioni elettromagnetiche (e da questo punto di vista la determinazione delle soglie deve risultare fondata sulle conoscenze scientifiche ed essere tale da non pregiudicare il valore protetto); dall’altro, si tratta di consentire, anche attraverso la fissazione di soglie diverse in relazione ai tipi di esposizione, ma uniformi sul territorio nazionale, e la graduazione nel tempo degli obiettivi di qualità espressi come valori di campo, la realizzazione degli impianti e delle reti rispondenti a rilevanti interessi nazionali, sottesi alle competenze concorrenti di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, come quelli che fanno capo alla distribuzione dell’energia e allo sviluppo dei sistemi di telecomunicazione. Tali interessi, ancorché non resi espliciti nel dettato della legge quadro in esame, sono indubbiamente sottesi alla considerazione del “preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee” che, secondo l’art. 4, comma 1, lettera a, della legge quadro, fonda l’attribuzione allo Stato della funzione di determinare detti valori-soglia. In sostanza, la fissazione a livello nazionale dei valori-soglia, non derogabili dalle Regioni nemmeno in senso più restrittivo, rappresenta il punto di equilibrio fra le esigenze contrapposte di evitare al massimo l’impatto delle emissioni elettromagnetiche, e di realizzare impianti necessari al paese, nella logica per cui la competenza delle Regioni in materia di trasporto dell’energia e di ordinamento della comunicazione è di tipo concorrente, vincolata ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Tutt’altro discorso è a farsi circa le discipline localizzative e territoriali. A questo proposito è logico che riprenda pieno vigore l’autonoma capacità delle Regioni e degli enti locali di regolare l’uso del proprio territorio, purché, ovviamente, criteri localizzativi e standard urbanistici rispettino le esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e non siano, nel merito, tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l’insediamento degli stessi. Corte Costituzionale 7 ottobre 2003 Sentenza n. 307 (vedi: sentenza per esteso)
Impianti di emittenza radiotelevisiva e di stazioni radio base per telefonia mobile su “ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido” - art. 10, comma 1, della legge pugliese - campo elettromagnetico prescritto dal d.m. n. 381 del 1998 - criterio di localizzazione la cui definizione è rimessa alle Regioni. E’ poi impugnato l’art. 10, comma 1, della legge pugliese, ai cui sensi è vietata l’installazione di sistemi radianti relativi agli impianti di emittenza radiotelevisiva e di stazioni radio base per telefonia mobile su “ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido”. Secondo il ricorrente tale divieto assoluto avrebbe un contenuto diverso ed eccedente rispetto all’unico parametro del valore di campo elettromagnetico prescritto dal d.m. n. 381 del 1998, cui rinvia la norma transitoria dell’art. 16 della legge quadro. La questione è infondata. Il divieto in questione, riferito a specifici edifici, non eccede l’ambito di un “criterio di localizzazione”, in negativo, degli impianti, e dunque l’ambito degli “obiettivi di qualità” consistenti in criteri localizzativi, la cui definizione è rimessa alle Regioni dall’art. 3, comma 1, lettera d, e dall’art. 8, comma 1, lettera e, della legge quadro; né di per sé è suscettibile di pregiudicare la realizzazione delle reti. Corte Costituzionale 7 ottobre 2003 Sentenza n. 307 (vedi: sentenza per esteso)
La sottoposizione a valutazione
di impatto ambientale della installazione degli impianti fissi di
telecomunicazione o radiotelevisivi e di trasporto di energia - legittimità.
La sottoposizione a valutazione di impatto ambientale della installazione degli
impianti impianti fissi di telecomunicazione o radiotelevisivi e di trasporto di
energia, anche a prescindere dalla previsione analoga contenuta nella legge
statale (poi abrogata dall’art. 12 del d. lgs. n. 198 del 2002, a sua volta però
caducato dalla sentenza n. 303 del 2003 di questa Corte), afferisce alla
disciplina dell’uso del territorio, e non contrasta con alcun principio
fondamentale della legislazione statale. Corte Costituzionale 7 ottobre 2003
Sentenza n. 307 (vedi:
sentenza per esteso)
V.I.A. - i principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale -
limiti - principio di legalità sostanziale. Una procedura di valutazione di
impatto può di fatto tradursi in un ostacolo ingiustificato alla realizzazione
di impianti che sono oggetto di una programmazione nazionale, a seconda del modo
in cui venga disciplinata e degli effetti attribuiti alle determinazioni assunte
nell’ambito della stessa. La totale libertà attribuita alla Giunta nel dettare
tale disciplina, senza l’indicazione di alcun criterio da parte della legge,
viola il principio di legalità sostanziale, oltre che consentire l’emanazione di
discipline regionali eccedenti l’ambito dei poteri della Regione o contrastanti
con i principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale: e determina
pertanto l’illegittimità costituzionale della disposizione. Corte
Costituzionale 7 ottobre 2003 Sentenza n. 307 (vedi:
sentenza per esteso)
I limiti di esposizione in materia di inquinamento elettromagnetico - il punto di equilibrio fra l’esigenza di tutela della salute e dell’ambiente e quella di consentire la realizzazione di impianti di interesse nazionale. I limiti di esposizione in materia di inquinamento elettromagnetico, fissati dallo Stato, debbono ritenersi inderogabili dalle Regioni anche in melius, esprimendo essi (ove se ne postuli l’adeguatezza in assoluto a proteggere la salute, ciò che, nella specie, non è oggetto di contestazione) il punto di equilibrio fra l’esigenza di tutela della salute e dell’ambiente e quella di consentire la realizzazione di impianti di interesse nazionale. Corte Costituzionale 7 ottobre 2003 Sentenza n. 307 (vedi: sentenza per esteso)
Superamento dei valori-limite - la competenza a disciplinare le sanzioni spetta allo Stato - mancata presentazione e rispetto dei piani (anche di risanamento) - la Regione è abilitata a sostituirsi ai gestori adottando il piano per gli elettrodotti minori. La competenza a disciplinare le sanzioni per il superamento dei valori-limite non può che seguire la competenza a fissare gli stessi valori, e quindi nella specie spetta allo Stato (cfr. infatti l’art. 15 della legge quadro). Quanto agli effetti della mancata presentazione dei piani di risanamento, o del mancato rispetto delle prescrizioni dei piani, provvede l’art. 9 della legge quadro, ai cui sensi la Regione è abilitata a sostituirsi ai gestori adottando il piano per gli elettrodotti minori (comma 3, terzo periodo), mentre il mancato risanamento comporta, a titolo di sanzione, che non si riconosca al gestore inadempiente il canone per l’utilizzo della linea non risanata, nonché la disattivazione temporanea degli impianti, con provvedimento del Ministro per gli elettrodotti maggiori, della Regione per quelli minori (comma 6). Corte Costituzionale 7 ottobre 2003 Sentenza n. 307 (vedi: sentenza per esteso)
Le “aree sensibili” - tutela della popolazione nelle aree densamente abitate o frequentate, interesse storico-artistico o paesistico dell’area - la definizione e la perimetrazione di tali aree - uso del proprio territorio -competenza della Regione - la previsione di “localizzazioni alternative” - pianificazione del territorio - fissazione di valori-soglia. Le “aree sensibili” sono definite dalla legge regionale con riguardo a situazioni e interessi (tutela della popolazione nelle aree densamente abitate o frequentate, interesse storico-artistico o paesistico dell’area) di cui la Regione ha certamente titolo per occuparsi in sede di regolazione dell’uso del proprio territorio. Soprattutto, poi, la definizione e la perimetrazione di tali aree, nel sistema della legge regionale, hanno l’unico scopo di fondare la previsione di “localizzazioni alternative”, cioè un tipo di misura che, fermo restando il necessario rispetto dei vincoli della programmazione nazionale delle reti e della pianificazione del territorio, rientra appieno nella competenza regionale in tema di governo del territorio, e specificamente nella competenza regionale, riconosciuta dalla legge quadro (art. 8, comma 1, lettera a), per la “individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione”. Essa non prelude dunque alla fissazione di valori-soglia diversi e contrastanti con quelli fissati dallo Stato, ma attiene e può attenere solo alla indicazione di obiettivi di qualità non consistenti in valori di campo, ma in criteri di localizzazione, standard urbanistici, prescrizioni e incentivazioni all’utilizzo della miglior tecnologia disponibile, o alla cura dell’interesse regionale e locale all’uso più congruo del territorio, sia pure nel quadro dei vincoli che derivano dalla pianificazione nazionale delle reti e dai relativi parametri tecnici, nonché dai valori-soglia stabiliti dallo Stato. Corte Costituzionale 7 ottobre 2003 Sentenza n. 307 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Protezione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici - Competenza - Provincia autonoma di Trento - Limiti - Competenze in materia ambientale - Compresenza di competenze statali. La disciplina della protezione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici riguarda non solo la tutela ambientale, ma anche la materia della salute. La provincia autonoma di Trento deve esercitare le proprie competenze in materia, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità fissati dallo Stato e non può introdurre limiti di esposizione ai campi elettromagnetici più rigorosi rispetto a quelli fissati dallo Stato (o misure equivalenti) quanto meno in assenza di specifiche ragioni e di adeguati accertamenti istruttori. Così, la competenza legislativa esclusiva, riconosciuta alla provincia autonoma di Trento in materia di paesaggio, da un lato conferma l'attribuzione alla provincia di competenze in materia ambientale e dall'altro non può condurre ad escludere la compresenza di competenze statali sempre in materia di tutela dell'ambiente, oggi peraltro confermate dal riformato titolo V della Costituzione art. 117. Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. c. Provincia autonoma di Trento CONSIGLIO STATO, sez. VI, 26 agosto 2003, n. 4841
Obiettiva situazione di pericolo da inquinamento elettromagnetico - la sussistenza dei presupposti per l’emissione di ordinanza sindacale “extra ordinem” - superamento dei limiti previsti dal D.M. n. 381 del 1998 - legittimità - tutela della salute. E’ legittima l’ordinanza sindacale “extra ordinem” quando vi è un'obiettiva situazione di pericolo da inquinamento elettromagnetico per gli abitanti della zona residenziale in cui sono stati installati gli impianti, stante l’accertata inerzia dell’Amministrazione Regionale ad intervenire per effettuare gli specifici adempimenti di sua competenza previsti dalla legge, ricorressero tutti i presupposti per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente impugnata. (Fattispecie: l’oggettivo stato di pericolo derivante dal superamento dei limiti previsti dal D.M. n. 381 del 1998 accertato da due precedenti verifiche tecniche effettuate dall’A.R.P.A..) Tale tipologia di provvedimenti, infatti, può essere legittimamente adottata non solo nel caso in cui si debba porre rimedio a danni già accaduti, ma anche qualora, come nel caso in esame, si tratti di fronteggiare una situazione dalla quale - a causa dell'inerzia dei soggetti privati direttamente interessati nonché di altre amministrazioni competenti riguardo agli ordinari procedimenti che disciplinano la materia - possano derivare, in concreto, danni alla cittadinanza. Deve inoltre essere rilevato, al fine di sottolineare la sussistenza dei presupposti per l’emissione di ordinanza sindacale “extra ordinem” che alla data di adozione di tale provvedimento, non era ancora entrata in vigore la legge regionale 31/10/2000 n. 30 recante compiuta disciplina per la tutela della salute e per la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico. Tribunale Amministrativo Regionale Emilia-Romagna Sezione di Parma, 12 giugno 2003 - sentenza n. 303 (vedi: sentenza per esteso)
Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazione - Legge Regione Toscana 6 aprile 2000, n. 54, art. 10, comma 5 - artt. 117 e 118 cost. - manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale - competenze delle regioni in materia di tutela dell’ambiente e della salute - legge costituzionale n. 3 del 1998. E’ manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 5, della legge della Regione Toscana 6 aprile 2000, n. 54 (Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazione), sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione. L’ordinanza di rimessione muove da una carente valutazione del quadro normativo e costituzionale, non tenendo conto delle funzioni trasferite o delegate alle Regioni - anteriormente alle modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione apportate dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - in materia di tutela dell’ambiente e della salute (in particolare con il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, con la legge 23 dicembre 1978, n. 833, e con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112); tanto che questa Corte, in quel contesto, non ha mancato di riconoscere una competenza regionale, costituzionalmente garantita, in materia di protezione ambientale e di tutela dagli inquinamenti, per il collegamento funzionale che la salvaguardia dell’ambiente ha con le materie che, nella elencazione dell’originario art. 117 della Costituzione, più direttamente riguardavano il territorio ed implicavano la preservazione della salubrità delle condizioni del suolo, dell’aria e dell’acqua a fronte dell’inquinamento (sentenze n. 382 del 1999, n. 54 e n. 507 del 2000); il giudice remittente non motiva in ordine all’incidenza, nel giudizio a quo, del nuovo quadro sanzionatorio approntato dalla legge statale 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), per il superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione di cui (in via transitoria) al decreto ministeriale n. 381 del 1998 (artt. 15 e 16); infine, anteriormente alla pronuncia di rimessione, è entrata in vigore la legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha sostituito l’intero testo degli artt. 117 e 118 della Costituzione. Corte Costituzionale, del 5 giugno 2003 Ordinanza n. 200 (vedi: ordinanza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Radio Vaticana - i Patti lateranensi - limiti alla giurisdizione esclusiva della Santa Sede - sovranità giurisdizionale dello Stato italiano - principio d'indipendenza. Con i Patti lateranensi del 1929 (e col successivo Accordo del 1984) le parti hanno stabilito la non intromissione dell'Italia nella sovranità e nella giurisdizione esclusiva della Santa Sede sulla Città del Vaticano e in generale sui territori - quali sono le aree di S. Maria di Galeria e di Castel Romano in cui sono installati gli impianti della Radio Vaticana - appartenenti a tale Stato estero. Ma che lo Stato italiano non abbai inteso in alcun modo abdicare alla propria sovranità giurisdizionale, ma solo al controllo dell'attività patrimoniale degli enti centrali della Chiesa, come l'eccezione relativa agli acquisti e il richiamo delle norme sulla conversione dei beni immobili contenuti nell'articolo in esame come eloquentemente confermato (vedi anche l'articolo 7 n. 5 dell'Accordo), è stato chiaramente espresso all'epoca dei Patti lateranensi dall'allora Guardasigilli (vedi Atti della commissione mista 211) che ha in maniera in equivoca puntualizzato come l'esenzione da ogni ingerenza dello Stato si riferiva all'amministrazione dei beni della Chiesa, senza che potesse invocarsi l'obbligo negativo assunto come una rinuncia statuale comportante la dispensa dall'osservanza delle norme penali e di diritto pubblico in genere, la cui indisponibilità resta sempre assoluta in conseguenza della loro obbligatorietà e inderogabilità sul territorio dello Stato. Ciò ha poi avuto la consacrazione costituzionale nel principio d'indipendenza e sovranità dello Stato italiano nel proprio ordine (articolo 7 comma 1 Costituzione) a condizione di reciprocità con la Chiesa cattolica. Corollario di tale principio è che ove sussista una potestà d'imperio dello Stato è esclusa ogni sovranità e indipendenza della Chiesa, alla quale d'altra parte resta riconosciuta l'assoluta autonomia nell'esercizio del suo altro ministero, ovunque si esplichi. Corte di Cassazione Sezione I penale 21 maggio 2003, Sentenza n. 22516 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico degli elettrodotti - elettrodotto destinato a servizio delle linee ferroviarie - opera con rilevante impatto elettromagnetico - diritto alla salute. Fra le opere con rilevante impatto elettromagnetico rientra, e la circostanza non pare contestata, un elettrodotto pur se destinato a servizio delle linee ferroviarie: cfr. ad es. artt. 72 bis l.r. 18\99 e 2 l. 36\2001: quale che sia il criterio interpretativo adottato, legge successiva, speciale o di individuazione di principi fondamentali, tale ultima normativa assume rilievo preminente in tema di inquinamento elettromagnetico degli elettrodotti, come si desume altresì dall’art. 1 l. 36 cit. che detta le finalità in termini di attuazione di principi fondamentali connessi ad interessi di rilievo costituzionale, quale il diritto alla salute. Tribunale Amministrativo Regionale Liguria, sezione I, 30 Aprile 2003- sentenza n. 544
Elettrodotto - immissioni che pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto lesiva, anche solo potenzialmente del diritto alla salute - diritto costituzionale - la peculiarità del giudizio cautelare e la natura del pericolo - nesso eziologico - pericolo di lesione all’integrità psico-fisica - danno morale soggettivo - periculum in mora - disattivazione parziale degli impianti - messa in sicurezza delle linee elettriche - spostamento e/o interramento. Aderendo all’indirizzo espresso dalla prevalente giurisprudenza sull’analoga questione dei parametri stabiliti in tema di immissioni acustiche, che il rispetto di tali limiti normativi, anche per il loro carattere pubblicistico, non implica una presunzione assoluta di liceità delle immissioni, ben potendo sussistere una situazione che, pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto lesiva, anche solo potenzialmente del diritto alla salute (il principio è stato affermato anche dalla sentenza Cass. 27/7/2000 n. 9893 riguardante un caso di inquinamento elettromagnetico). Tale impostazione appare la più coerente con la necessità di dare piena tutela al diritto costituzionale anche in ambiti, qual è quello in esame, nei quali le conoscenze scientifiche non sono ancora giunte a risultati certi e definitivi. La peculiarità del giudizio cautelare e la natura del pericolo invocato consentono di superare le esitazioni che potrebbero sorgere in tema di accertamento del nesso di causalità che nel caso concreto non si manifesta certamente con fatti violenti o repentini, dai quali si possa evincere in maniera evidente il nesso eziologico; viceversa, si tratta di un processo lento e occulto, che allo stato può essere ricondotto alla sua causa solo attraverso gli studi statistici. Va inoltre chiarito che ai fini della tutela invocata il diritto costituzionale alla salute va inteso nel senso più ampio (come interpretato fin dalla sentenza Cass. sez. un. 6/10/1979 n. 5172), comprensivo del diritto a vivere in un contesto ambientale salubre, che va tutelato anche in via preventiva, ossia in presenza di un mero pericolo di lesione: la tutela, per essere effettiva, non può infatti essere subordinata all’insorgenza di uno stato di malattia. Oltre al pericolo di lesione all’integrità psico-fisica, e indipendentemente dallo stesso, sussistono concreti elementi - allo stato desumibili dall’omogeneità dei sintomi riferiti in occasione delle visite medico-legali effettuate su alcuni dei ricorrenti e risultanti anche da alcuni certificati medici prodotti in causa, che giustificavano il riconoscimento di un verosimile danno morale soggettivo consistente nel turbamento psichico determinato dalla preoccupazione per il rischio, con le conseguenti limitazioni del normale svolgimento della vita, danno riconosciuto da un recente indirizzo giurisprudenziale anche in ipotesi compromissione dell’ambiente (vedasi Cass. sez. un. Civ. 21/12/2002 n. 2515; Cass. 11/1/2001 n. 329; Cass. 26/2/1998 n. 2127; Appello di Milano 10/1/1997 in Foro It. Rep. 1997, voce Responsabilità Civile). Va ravvisato anche il periculum in mora, in ragione della natura dei beni dei quali si chiede la tutela, in suscettibili di integrale riparazione in caso di lesioni e della evidente gravità, attualità ed imminenza del pericolo. Il ricorso merita pertanto accoglimento, non ritenendosi di accedere all’ulteriore richiesta istruttoria di c.t.u. finalizzata ad individuare le modalità ed i termini per la messa in sicurezza delle linee elettriche, atteso che tale individuazione può essere effettuata autonomamente dalle resistenti, disponendo queste di mezzi tecnici e delle professionalità necessarie a tal fine. (In specie il giudice ha in accoglimento del ricorso, ordinato alle società resistenti, per quanto di rispettiva competenza, di mettere a sicurezza le linee elettriche indicate in ricorso entro il termine perentorio di dodici mesi, tramite lo spostamento e/o interramento delle stesse in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il limite 0,4 microtesla ai valori di carico nominale; e ordinato alle resistenti, per quanto di rispettiva competenza, per il tempo necessario allo svolgimento dei lavori, di disattivare parzialmente gli impianti in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il limite di 0,4 microtesla ai valori di carico nominale). Tribunale di Venezia - Ordinanza 14 aprile 2003 n. 214 (vedi: ordinanza per esteso)
Petizione Popolare: rimozione antenne Radio TV - la materia della salute pubblica inerente all’esposizione ai campi elettromagnetici è riservata alla competenza dello Stato e non del comune - decentramento al di fuori del centro abitato - inquinamento elettromagnetico. Ai sensi dell’art. 41a) e 2a) L. 22.2.2001 n. 36, la materia della salute pubblica inerente all’esposizione ai campi elettromagnetici è riservata alla competenza dello Stato e non del comune (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20.12.2002 n. 7274; T.A.R. Catanzaro, sez. II, 7.6.2002 n. 1851 e 1852).(Fattispecie: delibera di Consiglio Comunale n.28 del 15.07.1997, avente ad oggetto “Petizione Popolare: rimozione antenne Radio TV”, con la quale si delibera di rimuovere le antenne radio TV e il decentramento delle stesse al di fuori del centro abitato, con allegata relazione sull’inquinamento elettromagnetico, a firma dell’assessore comunale all’Ambiente del Comune di Staletti). T.A.R. Calabria, Sezione II, Sede di Catanzaro 11 febbraio 2003, Sentenza n. 159
Il controllo, con cadenza trimestrale, sugli impianti - legittimità - i comuni, possono nell’esercizio del loro potere regolamentare stabilire controlli più frequenti. Il controllo, con cadenza trimestrale, sugli impianti esistenti, non contrasta con l’art. 9, comma tre, della l.r. 54, che nello stabilire un controllo almeno annuale non impedisce che i comuni, proprio nell’esercizio del loro potere regolamentare (riaffermato dall’art. 8, ultimo comma, della legge- quadro) stabiliscano controlli più frequenti come mezzo al fine di garantire l’effettivo rispetto dei limiti d’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Nello stesso senso: TAR Toscana sez. I, del 16 gennaio 2003 sentenze nn. 10 - 11. TAR Toscana - Firenze sez. I, del 16 gennaio 2003 sentenza n. 12 (vedi: sentenza per esteso)
Competenza legislativa esclusiva delle Regioni - la competenza concorrente in materia di tutela della salute - la competenza esclusiva dello Stato. L’entrata in vigore della modifica del titolo V° della Costituzione che, invertendo il precedente criterio contenuto nell’originario testo dell’art. 117, ha riconosciuto alle Regioni competenza legislativa esclusiva in tutte le materie non riservate alla competenza esclusiva dello Stato e la competenza concorrente in materia di tutela della salute. Ed invero, come emerge dalla ricostruzione del quadro normativo, la riforma, pur ampliando indubbiamente l’ambito delle competenze regionali specie in importanti materie a legislazione concorrente, ha mantenuto ferma la riserva della legislazione dello Stato quanto alla determinazione dei principi generali. E ciò vuol dire che le regioni devono adeguarsi, nell’esercizio della loro potestà legislativa, ai principi medesimi, specialmente laddove l’intervento in un ambito di materia finisce per interferire con competenze dello Stato, coinvolgendo trasversalmente altre materie soggette a competenza esclusiva (ambiente) e concorrente (ordinamento della comunicazione e governo del territorio). Ora, anche dopo l’entrata in vigore della riforma costituzionale la legge- quadro detta i principi fondamentali in materia di protezione dalle esposizioni a campi magnetici, elettrici ed elettromagnetici e l’esercizio della competenza concorrente da parte delle regioni, sarebbe comunque subordinata all’emanazione di un’apposita legge: la Corte Costituzionale ha, in proposito, affermato che nella fase di transizione dal vecchio al nuovo sistema di riparto di competenze, la legislazione regionale concorrente dovrà svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali comunque risultanti dalla legislazione statale già vigente (sentenza 26.6.2002 n.282). Nello stesso senso: TAR Toscana sez. I, del 16 gennaio 2003 sentenze nn. 10-11. TAR Toscana - Firenze sez. I, del 16 gennaio 2003 sentenza n. 12 (vedi: sentenza per esteso)
La vigilanza sui tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana - Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - le norme comunitarie. La L. 31 luglio 1997 n.249 (istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo) ha, stabilito (art.1, comma 6, lett. a, punto 15) che l'Autorità (ovvero la commissione per le infrastrutture e le reti) "vigila sui tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana e verifica che tali tetti, anche per effetto congiunto di più emissioni elettromagnetiche, non vengano superati, anche avvalendosi degli organi periferici del Ministero delle comunicazioni"; che “il rispetto di tali indici rappresentano condizione obbligatoria per le licenze o le concessioni all'installazione di apparati con emissioni elettromagnetiche”; e, infine, che "il Ministero dell'ambiente, d'intesa con il Ministero della sanità e con il Ministero delle comunicazioni, sentiti l'Istituto superiore di sanità e l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), fissa entro sessanta giorni i tetti di cui al presente numero, tenendo conto anche delle norme comunitarie" (emanato poi con 10 settembre 1998 con il n.381, applicabile fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 4, comma 2, lettera a della L. n.36 del 2001, a norma dell’art.16 della stessa legge quadro). Consiglio di Stato, sez. VI, 20 dicembre 2002, n. 7274
Inquinamento elettromagnetico - Campi elettromagnetici - Art. 674, c.p. - Configurabilità - art. 321 c.p.p. (sequestro preventivo) - Provvedimento - Legittimità. L’attitudine, ormai dimostrata, dei campi elettromagnetici, di arrecare molestie alle persone e cagionare alterazioni fisiche anche se non qualificabili, sino ad oggi, come vere e proprie malattie permette la configurabilità dell’art. 674, c.p. (getto pericolose di cose). Risulta altresì legittimo, il provvedimento di sequestro preventivo della stazione mobile di radio base. (Fattispecie, sequestro e applicazione dell’art. 674 c.p. per la realizzazione e gestione di un impianto ripetitore di telefonia cellulare costituito da un rimorchio ancorato su di una piattaforma di base, realizzata, tramite posa di lastre prefabbricate in calcestruzzo armato). Ric. N.I. S.p.A. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione, Sezione III del 7 novembre 2002 (u.d. 26 settembre 2002) sentenza n. 37225
Per l’autorizzazione all’installazione di un’antenna di telefonia mobile nell’area di pertinenza di un condominio, occorre l’approvazione della totalità dei condomini, in quanto si tratta di “innovazione” - riduzione quantitativa dell’utilizzazione della cosa comune - pregiudizio non tollerabile - nullità - i condomini dello stabile devono essere preventivamente informati dei possibili rischi causati dall’installazione dell’impianto e delle sue emissioni - obbligo della preventiva informazione a garanzia delle esigenze di tutela della salute - annullabilità. L’oggetto della delibera impugnata riguarda una innovazione, che la giurisprudenza intende come qualunque opera nuova che alteri in tutto o in parte, nella materia e nella forma ovvero nella destinazione di fatto o di diritto, la cosa comune, eccedendo il limite della conservazione, dell’ordinaria amministrazione e del godimento con l’effetto di migliorarlo o peggiorarlo (Cass. 30.5.96 n. 5028). Che quella deliberata fosse un’innovazione e non una semplice modifica si deduce anche dalla lettura dell’art. 5 dello stesso contratto che avrebbe dovuto stipularsi tra il Condominio e la società Norton nel quale si specifica che "gli ambienti locati saranno utilizzati dalla conduttrice per la realizzazione di una stazione radio-base per le telecomunicazioni comprensiva di tutte le successive strutture e apparecchiature radio per la diffusione di segnali di telecomunicazioni per la fornitura di un servizio pubblico". Si trattava dunque di installare un impianto di dimensioni rilevanti nella parte sopraelevata dell’edificio, impianto che, non avendo in comune alcuna caratteristica stilistica con il resto dell’immobile, avrebbe comportato una indubbia disarmonia e di conseguenza un’alterazione al decoro architettonico, che nella specie assumeva maggior rilievo, avendo l’edificio particolare pregio in quanto progettato da un noto architetto. L’innovazione avrebbe comportato non solo una riduzione quantitativa dell’utilizzazione della cosa comune (parte del lastrico solare sarebbe stato occupato dall’impianto in questione), ma anche un pregiudizio non tollerabile e infatti non temporaneo (tale installazione sarebbe durata per 9 anni), né saltuario, e sarebbe rientrata nella fattispecie espressamente prevista dal comma 2, dell’art. 1120 c.c. e dunque vietata. Tale divieto sarebbe stato superabile soltanto dall’unanime volontà di ciascuno dei singoli condomini. Ne consegue che la delibera assembleare del 3.6.1999 era una delibera nulla, in quanto disponeva della proprietà comune in violazione del diritto di comproprietà dei condomini che non vi avevano consentito. Ma tale delibera sarebbe stata comunque invalida per altro motivo. Infatti è notoria la persistente incertezza scientifica riguardo agli effetti che le onde elettromagnetiche possono provocare sulla salute e sull’ambiente. I condomini dello stabile avrebbero dovuto essere preventivamente informati dei possibili rischi ed essere posti in grado di valutare tali rischi (v. Tribunale di Monza sent. 1.3.1999 n. 688) dell’installazione dell’impianto. Pertanto, non essendosi provata l’avvenuta preventiva informazione a garanzia delle esigenze di tutela della salute, oggetto di un diritto costituzionalmente protetto (art. 32 Cost.), sotto tale profilo la delibera era stata illegittimamente assunta e, pertanto, sarebbe stata annullabile. Nessuna pronuncia d’invalidità può essere, peraltro, emessa in ordine alla delibera oggetto della domanda degli attori. Infatti la delibera in esame, come concordemente affermano le parti, è stata revocata con successiva delibera dell’assemblea condominiale, senza aver avuto alcuna esecuzione, ed è pertanto cessata la materia del contendere. Tribunale Di Milano, Sez. VIII Civile Sentenza 23 ottobre 2002 n. 12663
Il disposto dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, relativo alla tutela dell'ambiente - la disciplina regionale è legittima quando prevede limiti più severi di quelli fissati dallo Stato - configurazione dell'ambiente come "valore" costituzionalmente protetto. Non tutti gli ambiti materiali specificati nel secondo comma dell'art. 117 possono, in quanto tali, configurarsi come "materie" in senso stretto, poiché, in alcuni casi, si tratta più esattamente di competenze del legislatore statale idonee ad investire una pluralità di materie (cfr. sentenza n. 282 del 2002). In questo senso l'evoluzione legislativa e la giurisprudenza costituzionale portano ad escludere che possa identificarsi una "materia" in senso tecnico, qualificabile come "tutela dell'ambiente", dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze. In particolare, dalla giurisprudenza della Corte antecedente alla nuova formulazione del Titolo V della Costituzione è agevole ricavare una configurazione dell'ambiente come "valore" costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale", in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale (cfr., da ultimo, sentenze n. 507 e n. 54 del 2000, n. 382 del 1999, n. 273 del 1998). In definitiva, si può quindi ritenere che riguardo alla protezione dell'ambiente non si sia sostanzialmente inteso eliminare la preesistente pluralità di titoli di legittimazione per interventi regionali diretti a soddisfare contestualmente, nell'ambito delle proprie competenze, ulteriori esigenze rispetto a quelle di carattere unitario definite dallo Stato. In conclusiva, quindi, il decreto n. 334 del 1999 riconosce che le regioni sono titolari, in questo campo disciplinare, di una serie di competenze concorrenti, che riguardano profili indissolubilmente connessi ed intrecciati con la tutela dell'ambiente. In questo senso, d'altronde, si è già espressa questa Corte, quando in una vicenda analoga, a proposito dei limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico, ha ritenuto non incostituzionale una disciplina regionale "specie a considerare che essa se, da un canto, implica limiti più severi di quelli fissati dallo Stato, non vanifica, dall'altro, in alcun modo gli obiettivi di protezione della salute da quest'ultimo perseguiti" (sentenza n. 382 del 1999). Corte Costituzionale Sentenza 26 luglio 2002 n. 407.
Il concreto pericolo di nocivita' delle emissioni derivanti dall'esposizione della popolazione a campi elettrici, magnetici o elettromagnetici. Il concreto pericolo di nocivita' delle emissioni derivanti dalle onde elettromagnetiche deve ritenersi sussistente per il solo fatto che siano stati superati i limiti fissati dalla specifica normativa vigente in materia (Cass. sentenza n. 391/2002). Infine, sempre la sentenza n. 391 ha chiarito come tra le norme di cui agli artt. 15 e 16 della legge 36/2001 e l'art. 674 cod. pen. non sia applicabile il principio di specialita' di cui al combinato disposto degli artt. 15 cod. pen, e 9 legge 689/1981, trattandosi di disposizioni non solo finalizzate alla tutela di beni giuridici diversi, ma che presuppongono il verificarsi di eventi differenti. Cassazione Penale sezione I del 14/06/2002 (CC.14/03/2002), Sentenza n. 23066 (vedi: sentenza per esteso)
E’ legittimo il “c.d. criterio della distanza” fissato nella misura di duecento metri dai c.d ricettori sensibili - principio di prevenzione - attuali conoscenze scientifiche - “minimizzare” il rischio di esposizione delle popolazioni. Ritiene il Collegio che il criterio della distanza, così come fissato dal Comune di Ceglie Messapica, nella misura di duecento metri dai c.d ricettori sensibili, non incorra nei vizi di legittimità denunciati in ricorso. Tale criterio, a parere del Collegio, trova la propria legittimazione nel principio di prevenzione vigente in materia, e, dal punto di vista tecnico, non appare frutto di scelte irragionevoli od arbitarie. Come noto, gli impianti di telefonia cellulare utlizzano antenne che producono onde elettromagnetiche c.d. ad alta frequenza, che si irradiano nell’ambiente circostante sia sul piano orizzontale che su quello verticale. Sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, a distanza dalla sorgente, i campi elettromagnetici si distribuiscono su superfici sempre più ampie, e l’intensità di essi diminuisce man mano che essi si propagano, secondo la legge quadratica della distanza. Attraverso il criterio della distanza si mira in sostanza a sottrarre i c.d. ricettori sensibili dal fascio, di più alta intensità, e di “diretta irradiazione”, generato dalla sorgente. In tal senso, ed, allo stato, in assenza di indicazioni di fonte normativa, trova giustificazione ed è ragionevole la imposizione da parte del Comune, delle c.d. fasce di rispetto in prossimità delle zone densamente abitate, in quanto dirette a “minimizzare” il rischio di esposizione delle popolazioni. T.A.R. Puglia - Lecce sezione I, 12 giugno 2002 n. 242 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - la impugnazione di atti amministrativi - il diritto alla salute dei cittadini - la giurisdizione amministrativa. La controversia in esame rientra indubbiamente nella giurisdizione amministrativa, posto che il ricorso ha ad oggetto la impugnazione di atti amministrativi di cui si chiede l’annullamento, mentre il diritto alla salute dei cittadini - posto a sostegno dell’eccezione rileva in via meramente consequenziale per cui non può comportare lo spostamento del presente giudizio innanzi al giudice ordinario. Va rigettata poiché infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal resistente. T.A.R. Puglia - Lecce sezione I, 12 giugno 2002 n. 242 (vedi: sentenza per esteso)
Il principio di minimizzazione - tutela della salute umana garantita dall’art. 32 Cost. - principio di “precauzione” di derivazione comunitaria - Trattato di Roma e trattato di Amsterdam - la Corte di Giustizia comunitaria ha stabilito che l’esigenza di tutela della salute umana diviene imperativa, in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati - esposizione alle c.d. radiazioni non ionizzanti promananti dagli impianti di telefonia mobile - studi epidemiologici. Il principio di minimizzazione nella materia, va applicato con particolare rigore, poiché funzionale alla tutela di un valore fondamentale della persona qual’è quello della salute umana garantita dall’art. 32 Cost.. Esso costituisce applicazione del principio di “precauzione” di derivazione comunitaria, sancito dall’art. 174 par. 2 del Trattato di Roma (art. 130R prima della entrata in vigore del trattato di Amsterdam), secondo cui la politica della Comunità in materia ambientale è fondata sui principi della “precauzione e della azione preventiva”. Trattasi di un principio di applicazione generale che, come confermato dalla giurisprudenza della Corte Comunitaria, trova applicazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione, e ciò indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano. La Corte di Giustizia comunitaria ha in particolare asserito che l’esigenza di tutela della salute umana diviene imperativa, in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati (C.G. sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; sentenza 3 dicembre 1998, causa C-67/97, Bluhme). Nella materia in esame, la applicazione del principio di precauzione non può prescindere da una considerazione fondamentale: l’assenza di conoscenze scientifiche certe sugli “effetti a lungo termine” sulla salute umana, derivanti dalla esposizione alle c.d. radiazioni non ionizzanti promananti dagli impianti di telefonia mobile. Tale aspetto del problema non può essere trascurato in un’epoca in cui si assiste ad un incremento esponenziale del numero di ripetitori per telefonia cellulare nei centri abitati. Va osservato al riguardo, che in assenza di studi scientifici certi sui detti effetti a lungo termine, non può asserirsi che i valori limite minimi fissati dalla normativa statale, siano assolutamente prudenziali. Del resto il panorama europeo in materia risulta estremamente variegato, e poco rassicurante al riguardo, posto che ad esempio, in Belgio la legislazione nazionale prevede un limite di 20,5 v/m, mentre il Belgio francofono si è attestato su un valore di 3 v/m; la Svizzera ed il Liechtenstein hanno scelto un valore di 4,0 v/m; la Francia e la Spagna hanno adottato un limite tra 41 e 58 v/m per una potenza rispettivamente di 900 e 1800 Mhz conformandosi alle linee guida elaborate dalla Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), ampiamente contestate dagli studiosi poiché adottate senza tener conto degli studi epidemiologici in corso. Da quanto esposto è evidente che, a livello europeo, non si registra un indirizzo uniforme sulla fissazione di valori limite ritenuti precauzionali, alcuni dei quali sono peraltro inferiori rispetto a quelli fissati in Italia dal d.m. 381/98 , il che induce ad escludere che essi possano, con assoluta certezza, ritenersi del tutto precauzionali. E’ noto che i primi studi compiuti, allo stato in via sperimentale, hanno già evidenziato rischi di gravi patologie, anche tumorali, in particolare per gli organismi deboli, o in via di formazione, o di crescita. Pertanto, in presenza di un pericolo anche solo potenziale per la salute umana, il principio di precauzione deve comportare una anticipazione della tutela volta a prevenire la insorgenza di possibili patologie a breve o a lungo termine, e deve altresì evitare l’insorgenza dei diffusi stati di ansia e di stress emotivo per coloro che abitano o vivono in prossimità di una sorgente che emetta onde elettromagnetiche ad alta frequenza. Del resto è noto che la salute, nell’ampia accezione adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, non si identifica con la sola assenza di malattie, ma con uno “stato di completo benessere fisico, psichico, e mentale”. Da quanto sopra esposto consegue che, rispetto alle prioritarie esigenze preventive di tutela della salute umana come rappresentate, diventa recessivo l’interesse economico della società ricorrente ad installare una stazione radio base “entro la fascia di rispetto” prevista a tutela della salute dei cittadini. Nella norma impugnata si fa riferimento ad edifici adibiti a permanenza prolungata, ed in particolare a luoghi di cura e di degenza, o destinati all’infanzia. Trattasi di luoghi utilizzati quali sedi di residenza o occupati da soggetti deboli, rispetto ai quali, la fissazione di fasce di rispetto contro la irradiazione diretta diventa una esigenza imprescindibile, allo stato delle conoscenze. La mancata predeterminazione, con legge, di fasce di rispetto valevoli erga omnes, non può interpretarsi quale indice di inutilità delle medesime a salvaguardia dal rischio di esposizione. La scelta relativa, a parere del Collegio, non può che essere rimessa alla Amministrazione competente, nella misura in cui la relativa determinazione può variare in relazione alle caratteristiche morfologiche ed orografiche del luogo, alla estensione del centro abitato, alla densità abitativa, alla dislocazione o concentrazione delle varie zone in cui sono collocati gli edifici, sedi di ricettori sensibili, o comunque alle caratteristiche proprie della comunità. T.A.R. Puglia - Lecce sezione I, 12 giugno 2002 n. 242 (vedi: sentenza per esteso)
Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità - inottemperanza all'ordine del sindaco con la quale viene imposta per ragioni di tutela della salute pubblica la disattivazione degli impianti di radiodiffusione generatori di flussi elettromagnetici che superano i valori - emissioni - superamento dei limiti - il principio di specialità - art. 674 c. p.. E’ astrattamente riconducibile alla ipotesi contravvenzionale prevista dall'art. 674 c. p. (Getto pericoloso di cose) il fenomeno della propagazione delle onde elettromagnetiche ed il concreto pericolo di nocività delle emissioni deve ritenersi sussistente per il solo fatto che sono stati superati i limiti fissati dalla normativa vigente in materia (nella fattispecie, i valori accertati in alcuni casi superavano i parametri prescritti sino al triplo). Deve esludersi che, nella specie, sia applicabile il principio di specialità di cui all'art. 15 c. p. tra le norme previste dagli artt. 15 e 16 legge n. 36/2001 e quella prevista dall'art. 674 c. p. trattandosi di norme non solo dirette alla tutela di beni giuridici diversi, ma che presuppongono anche il verificarsi di eventi diversi. Infatti nel primo caso la condotta è punita con sanzione amministrativa solo se sono superati i limiti previsti dalla legge, mentre nel secondo caso la condotta è punibile a prescindere dal superamento dei predetti limiti per il solo fatto di aver cagionato offesa o molestia alle persone. Infine, in tema di contravvenzioni concernenti l'inosservanza dei provvedimenti dell'autorità, l'inottemperanza all'ordine del sindaco con la quale viene imposta per ragioni di tutela della salute pubblica la disattivazione degli impianti di radiodiffusione generatori di flussi elettromagnetici che superano i valori di cui al D.M. n. 381/1998, integra il reato di cui all'art. 650 c. p. (Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità). Cassazione penale, sez. I, 12 marzo 2002, Sentenza n. 120302
Elettrosmog - i rischi di gravi patologie - pericolo potenziale per la salute umana - principio di precauzione - prioritarie esigenze preventive di tutela della salute umana - affievolimento dell’interesse economico. E’ noto che i primi studi compiuti, allo stato in via sperimentale, hanno già evidenziato rischi di gravi patologie, anche tumorali, in particolare per gli organismi deboli, o in via di formazione, o di crescita. Pertanto, in presenza di un pericolo anche solo potenziale per la salute umana, il principio di precauzione deve comportare una anticipazione della tutela volta a prevenire la insorgenza di possibili patologie a breve o a lungo termine, e deve altresì evitare l’insorgenza dei diffusi stati di ansia e di stress emotivo per coloro che abitano o vivono in prossimità di una sorgente che emetta onde elettromagnetiche ad alta frequenza. Del resto è noto che la salute, nell’ampia accezione adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, non si identifica con la sola assenza di malattie, ma con uno “stato di completo benessere fisico, psichico, e mentale”. Da quanto sopra esposto consegue che, rispetto alle prioritarie esigenze preventive di tutela della salute umana come rappresentate, diventa recessivo l’interesse economico della società ricorrente ad installare una stazione radio base “entro la fascia di rispetto” prevista a tutela della salute dei cittadini. TAR Puglia - Sede di Lecce, Sezione I, del 6 marzo 2002, n. 1027. (vedi: sentenza per esteso - con commento)
L’applicazione del principio di precauzione - l’assenza di conoscenze scientifiche - esposizione alle c.d. radiazioni non ionizzanti promananti dagli impianti di telefonia mobile - panorama europeo. L’applicazione del principio di precauzione non può prescindere da una considerazione fondamentale: l’assenza di conoscenze scientifiche certe sugli “effetti a lungo termine” sulla salute umana, derivanti dalla esposizione alle c.d. radiazioni non ionizzanti promananti dagli impianti di telefonia mobile. Tale aspetto del problema non può essere trascurato in un’epoca in cui si assiste ad un incremento esponenziale del numero di ripetitori per telefonia cellulare nei centri abitati. Va osservato al riguardo, che in assenza di studi scientifici certi sui detti effetti a lungo termine, non può asserirsi che i valori limite minimi fissati dalla normativa statale, siano assolutamente prudenziali. Del resto il panorama europeo in materia risulta estremamente variegato, e poco rassicurante al riguardo, posto che ad esempio, in Belgio la legislazione nazionale prevede un limite di 20,5 v/m, mentre il Belgio francofono si è attestato su un valore di 3 v/m; la Svizzera ed il Liechtenstein hanno scelto un valore di 4,0 v/m; la Francia e la Spagna hanno adottato un limite tra 41 e 58 v/m per una potenza rispettivamente di 900 e 1800 Mhz conformandosi alle linee guida elaborate dalla Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), ampiamente contestate dagli studiosi poiché adottate senza tener conto degli studi epidemiologici in corso. Da quanto esposto è evidente che, a livello europeo, non si registra un indirizzo uniforme sulla fissazione di valori limite ritenuti precauzionali, alcuni dei quali sono peraltro inferiori rispetto a quelli fissati in Italia dal d.m. 381/98 , il che induce ad escludere che essi possano, con assoluta certezza, ritenersi del tutto precauzionali. TAR Puglia - Sede di Lecce, Sezione I, del 6 marzo 2002, n. 1027. (vedi: sentenza per esteso - con commento)
Elettrosmog - potestà regolamentare - competenza dei comuni art. 8 L. 36/2001 - localizzazione di stazioni radio-base - illegittimo il generico e generalizzato divieto di autorizzazioni e concessioni motivato solo dalla mancanza di regolamento - applicabilità degli strumenti urbanistici vigenti. E’ illegittimo il generico e generalizzato divieto di autorizzazioni e concessioni in relazione alla mancanza di espressa normativa in materia di localizzazione di stazioni radio-base, posto che, le valutazioni di compatibilità urbanistico-edilizia dovranno essere assicurate dai comuni tenendo comunque conto del carattere infrastrutturale e di servizio a rete proprio di tali impianti, nella realtà normativa esistente, facendo uso degli ordinari criteri ermeneutici e di analogia delle prescrizioni esistenti, fermo restando che i comuni, fino al positivo esercizio del potere regolamentare di cui all’art. 8 L. 36/2001, per il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, devono continuare ad applicare gli strumenti urbanistici vigenti. Deve ritenersi illegittima, da parte del Comune, la generalizzata sospensione della determinazione relativa a installazioni di stazione radio-base (nella specie il provvedimento comunale impugnato, che ordina la immediata sospensione del rilascio di autorizzazioni alla installazione di strutture radio-base e fa divieto di installare nel territorio comunale nuovi dispositivi ricetrasmittenti di telefonia cellulare, determina la sospensione a termine di centottanta giorni e in ogni caso fino a quando non sarà acquisita la documentazione tecnica dei livelli di inquinamento nel territorio comunale, e fino alla normazione della materia, anche da parte della Regione Campania), motivata sulla mancata definizione, da parte della Regione, degli atti di sua competenza, in quanto, nelle more, si applicano,comunque, in quanto compatibili, le disposizioni del D.M.1998/381 (v. in tal senso sentenza di questa sezione di Tribunale Amministrativo Regionale n.4988/2001 e sentenza del TAR Puglia, Bari, sezione II, 24.5.2001, n.3136). T.a.r. Campania - Sezione I, Napoli, sentenza del 14 febbraio 2002, n. 873.
Tutela della salute - l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - il compito di vigilare sui tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana e di verificare che tali tetti - i Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. L'art. 1, sesto comma, n. 15), legge n. 249/1997 (la quale ha istituito l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dettato norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo) ha attribuito all'Autorità il compito di vigilare sui tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana e di verificare che tali tetti, anche per effetto congiunto di più emissioni elettromagnetiche, non fossero superati, all'uopo avvalendosi, se necessario, degli organi periferici del Ministero delle comunicazioni. La norma ha stabilito che il rispetto di tali indici è condizione obbligatoria per le licenze o le concessioni all'installazione di apparati con emissioni elettromagnetiche e ha disposto che il Ministero dell'ambiente, d'intesa con il Ministero della sanità e con il Ministero delle comunicazioni, sentiti l'Istituto Superiore di Sanità e l'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente, fissasse entro sessanta giorni i tetti in questione, tenendo conto anche delle norme comunitarie. Con decreto ministeriale n. 381 del 10 settembre 1998 è stato, quindi, approvato il Regolamento per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana. In data 5 marzo 2001 è stata, poi, pubblicata la legge-quadro n. 36/2001 sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. T.A.R. Sicilia - Catania, Sez. III 29 gennaio 2002, n. 140.
Il meccanismo eziologico tra l'esposizione a campi elettrici ed effetti cronici (a lungo termine) per la salute umana - "attentato" al mantenimento e conservazione dell'attuale stato di salute dei ricorrenti ex art. 700 c.p.c., - lesione del diritto sancito dall'art. 32 Cost. - il risarcimento in termini monetari - la salute quale bene primario ed assoluto dell'individuo. Seppur non ancora certo sul piano scientifico, il meccanismo eziologico tra l'esposizione a campi elettrici ed effetti cronici (a lungo termine) per la salute umana, appare comunque evidente che i valori riscontrati in concreto espongono i proprietari delle abitazioni ad una determinata e specifica situazione di rischio (come indirettamente confermato dall'indagine epidemiologica della Dr.ssa Taioli), che comporta un qualificato e (ragionevolmente) rilevante grado di probabilità di contrarre una patologia grave, comunque significativamente superiore a quella di chi si trovi invece, a vivere in luoghi dove i livelli di campo elettrico siano inferiori a 0,3 microtesla. Tale maggior rischio costituisce quindi, già di per sé, una sorta di "attentato" al mantenimento e conservazione dell'attuale stato di salute dei ricorrenti ex art. 700 c.p.c., come tale lesivo del diritto sancito dall'art. 32 Cost. La particolarità di tale bene il cui risarcimento in termini monetari, una volta che sia stato compromesso in modo significativo, appare comunque inadeguato ed insufficiente a ripristinarlo nel suo stato originario implica la necessità, ove possibile, di anticipare la soglia della tutela, minimizzando alla fonte, l'impatto che ogni iniziativa industriale ha sulla salute umana dei soggetti che vivono nelle immediate vicinanze (vd. Cass. 9893/2000). Dal momento che le immissioni risultano in concreto pericolose per la salute, essendo in grado di alterarla, devono qualificarsi come intollerabili. Dall'essere la salute un bene primario ed assoluto dell'individuo consegue la sua non compromettibilità in vista della tutela di beni ed interessi di livello inferiore, quali la produzione. Tribunale di Como 22 gennaio 2002
Inquinamento elettromagnetico - traliccio-antenna - la legittimazione ad impugnare una concessione edilizia rilasciata contra legem o in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti - interesse qualificato ad opporvisi - nulla osta sanitario - violazione dell’art. 220 del T.U. delle leggi sanitarie - la relazione tecnica dell’Ispsel - questione di legittimità costituzionale dell’art. 56 della legge reg. cal. n. 10/1997, per violazione degli articoli 3, 9, 24, 32, 117 e 118 della Costituzione. La giurisprudenza ha, acclarato che la legittimazione ad impugnare una concessione edilizia che si reputa essere stata rilasciata contra legem o in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti deve essere riconosciuta in favore dei soggetti che vantino un interesse qualificato ad opporvisi, ammissibile allorché sussista un stabile collegamento tra il soggetto agente e la zona incisa dalla assentita concessione (v., per tutte, C.G.A., 8 maggio 1997, n. 90). Analogamente, ed anzi a maggior ragione, i residenti nelle aree limitrofe a quella in cui sorge un impianto della rilevanza edilizia, ed anche “funzionale”, che caratterizzano quello in questione sono sicuramente titolari, in ordine ai provvedimenti amministrativi che lo hanno assentito, di una posizione legittimante all’impugnativa. Con ordinanza n. 1024/1999, questo tribunale ha, in via preliminare ritenuto che i ricorrenti, abitanti nelle adiacenze (v. certificati di residenza, in atti) del traliccio-antenna per la telefonia mobile realizzato dalla Telecom Italia Mobile in Pellaro, siano legittimati ad impugnare l’autorizzazione rilasciata dal Comune di Reggio Calabria per la realizzazione di detto manufatto. Per la realizzazione di antenne della specie, la normativa statale impone il rilascio di una concessione edilizia ed il rispetto della destinazione urbanistica impressa ai suoli dalla pianificazione urbanistica (v., ad esempio, C.S. V, 6 aprile 1998, n. 415, che oltre tutto ha affermato il principio in un’ipotesi in cui l’antenna misurava appena m. 8 di altezza). (Nella fattispecie la Telecom avrebbe attivato il traliccio antenna, prima di aver ottenuto il rilascio del nulla osta sanitario da parte della competente A.S.L., in violazione dell’art. 220 del T.U. delle leggi sanitarie. Inoltre, risulterebbero evidenti carenze istruttorie e di motivazione per omessa valutazione dei profili igienico-sanitari dell’opera, attesa la pericolosità delle irradiazioni elettromagnetiche da essa provocate. Mancherebbe la relazione tecnica dell’Ispsel o comunque un analogo esame eseguito da competente laboratorio dell’Istituto superiore della sanità. Sarebbero state mutate le condizioni di vivibilità del popoloso quartiere di Pellaro - Lume. La destinazione del manufatto a produzione di servizi di irradiamento di onde elettromagnetiche non sarebbe compatibile con la localizzazione attuale. Prima di consentire l’attivazione dell’antenna sarebbe stata necessaria una più completa ed approfondita verifica degli effetti sulla salute pubblica. Con successiva memoria i ricorrenti hanno ribadito ed ampliato le loro argomentazioni, richiamando il “Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana” approvato con decreto interministeriale 10 settembre 1998, n. 381 (in G.U. n. 257 del 3 novembre 1998) e sollevando pure questione di legittimità costituzionale dell’art. 56 della legge reg. cal. n. 10/1997, per violazione degli articoli 3, 9, 24, 32, 117 e 118 della Costituzione). T.A.R. Calabria, sez. dist. di Reggio Calabria, 28 novembre 2001
Elettrosmog - legittimità della potestà regolamentare da parte del Comune - tutela della salute pubblica. E’ adesso certamente legittimo, lo "spirito" del regolamento comunale di tutelare la salute pubblica, (ammesso e non concesso che un potere regolamentare a contenuto urbanistico-edilizio non potesse essere legittimamente adottato anche prima) sotto il profilo della competenza, ai sensi dell’art. 8/6 L. n. 36/2001. Infatti, secondo tale orientamento, il Comune è pienamente legittimato ex art. 8/6 L. n. 36/2001 ad emanare un regolamento che abbia per oggetto la disciplina inerente all’installazione di antenne radio base per telefonia mobile nelle zone omogenee del PRG ad esse destinate. La legge quadro, su tale potestà è chiara, infatti, all’art. 8, disciplinando i poteri delle Regioni e dei Comuni in tema di installazione degli impianti di telefonia mobile, dispone, al comma 1, lett. a), che "sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti: a) l'esercizio delle funzioni relative all'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione ai sensi della legge 31 luglio 1997, n. 249, e nel rispetto del decreto di cui all'articolo 4, comma 2, lettera a)" e, al comma 6, che "i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici".Tar Sicilia-Catania Sez. III Ordinanza 24 ottobre 2001 n. 2007.
Emissioni elettromagnetiche - superamento dei limiti di esposizione causato da una pluralità di impianti - attuazione del metodo proporzionale di riduzione a conformità - è irrilevante che la singola emittente generi un campo elettromagnetico inferiore ai limiti - tutte le emittenti che contribuiscono al campo elettromagnetico superiore alla norma devono essere ridotte a conformità. La normativa prevista dall’allegato “C” al d.m. 381 del 1998 (che determina i tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana) prevede un criterio proporzionale in base al quale la riduzione dei contributi dei campi elettromagnetici generati da diverse sorgenti che concorrono in un dato punto al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di riferimento deve essere eseguito secondo il procedimento e il sistema di calcolo indicati nell’allegato C che, in sintesi, possono compendiarsi nei seguenti termini: dopo aver misurato il campo elettromagnetico complessivo generato nel sito ed aver accertato il superamento dei valori di norma (6 V/m per il campo elettrico), deve procedersi con analizzatore di spettro alla misurazione del campo elettromagnetico generato da ciascuna emittente; si procede dunque alla normalizzazione di tutti i singoli contributi (indipendentemente dal fatto che la singola emittente rispetti il limite di 6 V/m) dividendo il quadrato del campo elettrico generato dalla singola emittente per il quadrato del corrispondente limite di norma e sommando i quoti così ottenuti; se la somma è superiore ad 1 (è, cioè, superiore al valore limite), allora si procederà alla individuazione del coefficiente di riduzione di ciascuna emittente al fine di ridurre la somma complessiva a un livello almeno pari a 0,8 “a fini di maggior tutela della popolazione” (come previsto nell’allegato C) mediante soluzione dell’equazione riportata al secondo periodo dell’allegato C. In base a tale sistema, allorquando la somma dei contributi superi in un determinato sito il limite di esposizione o il valore di riferimento, è irrilevante il fatto che la singola emittente generi un campo elettromagnetico inferiore a tali valori, e tutte le emittenti che contribuiscono al campo elettromagnetico superiore alla norma devono essere ridotte a conformità mediante individuazione dei coefficienti di riduzione a ciascuna riferiti secondo l’equazione prevista dall’allegato C. T.A.R. Campania - Sezione I, sentt. N.1426 e 1427 del 2001 (vedi: sentenza per esteso)
Tutela della salute - campi elettromagnetici - edifici destinati alla permanenza prolungata di soggetti c.d. sensibili - limiti - principio di precauzione. I limiti massimi fissati dal D.P.C.M. del 1992 (campo elettrico 5 Kv/m ed induzione magnetica 100 microtesla) sono assai elevati, perché riferiti alle esposizioni istantanee; dunque si tratta di limiti che non garantiscono alcuna sicurezza nel caso di esposizioni prolungate e dagli effetti a lungo termine. Tali norme erano e sono tuttora concepite esclusivamente per la protezione dagli effetti acuti, che derivano dall’interazione con il campo elettromagnetico a bassa frequenza. Nello stesso DPCM venivano, infatti, delineati anche obiettivi di protezione dalle esposizioni nel lungo periodo mediante la previsione del rispetto di distanze tra elettrodotti ed edifici destinati alla residenza tali da ridurre i limiti di esposizione da 50 a 200 volte rispetto a quelli fissati dall’art. 4. Gli organismi competenti in materia sanitaria suggeriscono (nella specie, l’ISPEL di Venezia su richiesta del Comune di Mirano) di collocare prudenzialmente: in 0,5 microtesla il massimo livello di esposizione da consentire nelle aree destinate all’infanzia, alle strutture sanitarie e nelle aree residenziali a seguito della costruzione di nuovi elettrodotti e in 0,2 microtesla l’obiettivo di sicurezza da raggiungere con riferimento alle nuove linee elettriche ed alla costruzione di nuovi edifici rispetto a linee elettriche già presenti sul territorio. Questo indirizzo, ispirato al principio di precauzione, coincide e precorre quello recepito dal Governo negli schemi di decreto che sono stati approntati in attesa dell’approvazione della legge quadro in materia di riduzione e prevenzione dall’inquinamento elettromagnetico. Nella relazione che accompagna la bozza di decreto relativo alla disciplina dei campi a bassa frequenza si legge che il rapporto congiunto ISS-ISPEL del 29 gennaio 1998, in merito alla esposizione prolungata ai campi elettromagnetici a bassa frequenza ha rilevato: che “i livelli per i quali è stato rinvenuto un rischio relativo (per leucemia infantile) maggiore dell’unità sono identificati nella maggior parte degli studi epidemiologici semplicemente nei termini di >0,2 microtesla”; che i risultati delle ultime ricerche epidemiologiche comunicate dalla International Epidemic Association (Firenze 30 agosto -4 settembre 1999) mettono in evidenza che l’insieme delle esposizioni categorizzate in passato per motivi pratici “superiori a 0,2 microtesla comprende una fascia fra 0,2-0,5 microtesla nella quale il rischio di leucemia infantile è invariato rispetto alla fascia inferiore a 0,2 microtesla, ed un fascia superiore a 0,5 microtesla nella quale il rischio è all’incirca raddoppiato. Nella relazione si aggiunge che “vi è un certo consenso nella comunità scientifica sul fatto che il rischio di leucemia infantile, ancorché da intendersi in termini di probabilità e non di certezza, riguardi coloro che vivono per periodi prolungati in abitazioni nelle quali i livelli di campo elettromagnetico sono costantemente o prevalentemente superiori ad una soglia dell’ordine di 0,5 microtesla. Ed è movendo da queste considerazioni, ispirate al principio di precauzione, che la bozza di decreto prevede al punto 2 dell’art. 3 (intitolato: limiti di esposizione, valori di attenzione) che, al fine di tenere conto anche dei possibili effetti a lungo termine connessi con l’esposizione continua ai campi generati da sorgenti operanti alla frequenza industriale di rete, in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere non deve essere superato, come misura di cautela, il valore di 0,5 microtesla per l’induzione magnetica, da intendersi come valore medio annuale di esposizione. Non deve essere superato in ogni caso il valore di 2 microtesla per ogni intervallo di 0,1 secondi. Si prevede poi all’art 4 (intitolato: obiettivi di qualità) che “nella progettazione di nuove linee ed installazioni elettriche e nella costruzione di nuovi edifici in prossimità di linee ed installazioni elettriche già presenti nel territorio, nonché in corrispondenza di spazi dedicati all’infanzia quali scuole, asili nido e parchi giochi, l’obiettivo di qualità per il valore dell’induzione magnetica alla frequenza nominale di 50 Hz è fissato in 0,2 microtesla, da intendersi come valore medio annuale di esposizione". Le conclusioni che si possono trarre sono dunque le seguenti: che il valore di 0,5 microtesla, come media, rappresenta il valore di attenzione che non può essere superato in alcun caso di esposizione continua in edifici adibiti a permanenza non inferiore a quattro ore giornaliere; che il valore di 0,2 microtesla, da intendersi come valore medio annuale di esposizione, non potrà essere superato in tutti i nuovi insediamenti che presentano caratteristiche corrispondenti a quelle sopradelineate, tra cui le scuole. Trattandosi di trasferire una scuola elementare (ossia una popolazione di soggetti particolarmente esposti al tipo di patologia maggiormente temuta e scientificamente correlata al rischio di emissioni elettromagnetiche) creando di fatto un nuovo insediamento, il principio di precauzione correttamente inteso avrebbe imposto di considerare l’opzione del trasferimento da sede a sede solo avendo presente il limite di sicurezza più rigoroso, vale a dire quello di 0,2 microtesla, previsto per i nuovi insediamenti ed in particolare per gli edifici e gli spazi dedicati all’infanzia, quali scuole, asili nido e parchi gioco. Per valutare davvero la variabilità del campo magnetico presso gli edifici scolastici è necessario condurre un'analisi statistica della corrente transitante nell’elettrodotto in un arco di tempo significativo (almeno un semestre). Si sarebbero dovuti valutare espressamente anche due dati, vale a dire quello relativo al tempo medio di permanenza giornaliera degli alunni (e degli altri soggetti esposti al campo elettromagnetico) e quello del tempo stimato necessario dall'amministrazione per riportare a norma, con ulteriori interventi, i valori di campo esistenti. Trattandosi di valutare gli effetti di lungo periodo, questi dati rappresentavano sicuramente un elemento essenziale per applicare correttamente il principio di precauzione. T.a.r. Veneto, II sez., Sent. n. 236 del 13/02/2001
Tutela della salute - ordinanza del sindaco contingibile e urgente - limiti - attualità della situazione di pericolo - ricorso al principio di cautela - l’ordinanza contingibile e urgente "ultra legem" - carattere dell'idoneità. Il potere di ordinanza in materia sanitaria, previsto dagli articoli 50 e 54 del decreto legislativo 267 del 2000, costituisce il singolare riflesso organizzativo di un episodio di esercizio del potere che, pur richiedendo eccezionalmente l'intervento di organi incardinati presso enti diversi dallo Stato, mantiene la propria indole statale, così comportando l'attrazione funzionale dell'organo dell'ente locale nell'organizzazione dello Stato (Consiglio Stato sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844). L’ordinanza contingibile e urgente va considerata come eccezionale al sistema; essa, come dice anche il nomen, si caratterizza per l’urgenza raffrontata al pericolo che essa mira a fronteggiare. L’eccezionalità si riverbera anche sul suo contenuto, che può risultare, se necessario, extra ordinem. Il pericolo, per definizione, è una probabilità consistente del verificarsi di un evento dannoso, per cui ovviamente esso non si deve essere necessariamente già verificato. In sostanza, l’ordinanza contingibile mira non tanto - e comunque non sempre - a fronteggiare un danno già in atto, quanto a prevenirlo. In particolare, per quello che riguarda la tutela della salute, va osservato che essa comporta il potere di intervenire non solo per porre rimedi a danni già verificatisi alla salute, ma anche e soprattutto per evitare che tali danni si verifichino. Ne consegue che possono essere emanati provvedimenti urgenti a tutela della salute pubblica anche quando questa sia minacciata da fenomeni di inquinamento ambientale (Consiglio Stato sez. V, 19 maggio 1998, n. 623). Va rilevato che il danno non può essere solo ipotetico o meramente ipotizzabile, ma deve avere un certo grado di consistenza. In altri termini, pur nell’alea inevitabile relativa alla previsione di accadimenti futuri, il giudizio probabilistico deve risultare, sulla base delle cognizioni scientifiche e tecniche disponibili, di una certa qual consistenza. L’utilizzo di una soglia elevata di cautela significa che la probabilità dell’evento dannoso viene valutata anche se notevolmente ridotta, proprio in rapporto al bene che si intende tutelare, nel caso la salute dei bambini. La probabilità peraltro non può certo divenire insignificante. In altri termini, il ricorso al principio di cautela ovvero di precauzione altro non significa che prendere in considerazione una bassa probabilità del verificarsi dell’evento dannoso. Ne consegue che, qualora la normativa abbia essa stessa stabilito una soglia di cautela, ponendo alcuni parametri dichiaratamente in tal senso, l’utilizzo di soglie più restrittive rispetto a quelle che, per scelta normativa, risultano già probabilisticamente basse, deve risultare sorretto da indagini istruttorie e scientifiche particolarmente accurate. Quale ovvio corollario del carattere eccezionale delle ordinanze contingibili e urgenti, si pone il requisito relativo alla mancanza di mezzi alternativi forniti dall’ordinamento per fronteggiare la situazione; in altri termini, il potere del sindaco di emettere provvedimenti contingibili e urgenti va esclusivamente riferito ad evenienze di carattere eccezionale determinate da un fatto imprevisto, per le quali sia impossibile - e non già meramente difficoltosa - l'utilizzazione dei normali mezzi predisposti dall'ordinamento giuridico (Consiglio Stato sez. V, 30 novembre 1996, n. 1448). In sostanza, il potere di ordinanza del sindaco ex art. 38 legge n. 142 del 1990 (ora articoli 50 e 54 del decreto legislativo 267 del 2000), può esercitarsi soltanto se non esistano altri strumenti giuridici per la tutela dell'interesse pubblico sulla sfera giuridica dei destinatari. Il carattere d’urgenza delle ordinanze sindacali risulta poi connaturato allo strumento. In generale il sindaco può intervenire con l’ordinanza contingibile e urgente, strumento "extra ordinem", senza dover rispettare il normale "iter" procedimentale, adottando le misure del caso, anche, se necessario, "ultra legem". Nell'evenienza, ciò che conta è l'attualità della situazione di pericolo che deve sussistere nel momento in cui il sindaco interviene, a nulla rilevando invece il tempo trascorso dal momento in cui detta situazione si è per la prima volta manifestata, posto che il decorso del tempo in alcune ipotesi può solo aggravare e non certo sanare il riscontrato pericolo. L'accertamento, da parte dell'organo tecnico, di situazioni suscettibili di recare danno alla salute pubblica, costituisce una valutazione tecnica che sfugge al sindacato di legittimità e che, una volta fatta propria dal sindaco, soddisfa l'obbligo di motivazione per legittimare l'esercizio del potere d'ordinanza contingibile ed urgente (Consiglio Stato sez. V, 14 aprile 1997, n. 351). L'ordinanza contingibile ed urgente del sindaco deve possedere il carattere dell'idoneità, nel senso che essa deve prescrivere misure effettivamente atte ad eliminare la situazione di pericolo che costituisce il presupposto della sua emanazione, per cui tali misure saranno provvisorie o definitive a seconda del tipo di rischio cui devono far fronte (Consiglio Stato sez. V, 29 luglio 1998, n. 1128). Ovviamente, se, come visto, in casi peculiari, le ordinanze possono imporre anche misure non provvisorie, data la loro idoneità a fronteggiare la situazione di pericolo a seconda del tipo di rischio che in concreto si vuole prevenire, ciò però implica la presenza di un’adeguata istruttoria e conseguente motivazione (Consiglio Stato sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844). Nel caso di esposizione a campi elettromagnetici, il pericolo deriva dal fattore temporale, dal prolungarsi cioè di detta esposizione. Trattandosi di bambini esposti per ore alle induzioni magnetiche, è evidente che quanto prima detta esposizione viene ridotta tanto più efficace risulta la tutela della salute. In sostanza, trattandosi di un pericolo che deriva dal fattore temporale, un intervento urgente riduce il pericolo non solo in via immediata ma in assoluto, e quindi l’utilizzo dell’ordinanza sindacale contingibile appare sotto tale aspetto giustificato. Va poi verificato, sempre alla luce dei principi che imperniano le ordinanze d’urgenza, se l’ordinamento non preveda sistemi alternativi per ovviare all’esposizione a campi elettromagnetici: il DPCM 23 aprile 1992, che ha ad oggetto "limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici generati alla frequenza industriale nominale (50 hz) negli ambienti abitativi e negli ambienti esterni". I limiti massimi fissati (campo elettrico 5 kv/m ed induzione magnetica 100 microtesla) sono assai elevati, perchè riferiti alle esposizioni istantanee; dunque si tratta di limiti che non garantiscono alcuna sicurezza nel caso di esposizioni prolungate e quindi inidonei a far fronte agli effetti a lungo termine. Il legislatore veneto ha introdotto una disciplina, caratterizzata da esplicite finalità cautelari, che, proprio con riguardo agli effetti a lungo termine dell'esposizione al campo elettrico, prevede limiti di emissione di distanze di rispetto tra le linee elettriche ad alto voltaggio ed abitazioni assai superiori a quelle fissate dal D.P.C.M. del 1992; uno di questi è il limite di campo magnetico, che non può essere superiore a 0,2 microtesla. Va ricordato che, sulla legittimità costituzionale della citata legge regionale, ebbe a pronunciarsi la Corte costituzionale, la quale dichiarò inammissibile la questione sollevata. Il quadro normativo è stato recentemente innovato tramite la legge sulla protezione dalla esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici 22 febbraio 2001, n. 36 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 2001. Tale legge - al fine di “assicurare la tutela della salute ... e di promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione ... (art. 1) attribuisce alla competenza statale (art. 3) la fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità (si tratta cioè dei parametri che dovranno aggiungersi e/o integrarsi con i 100 microtesla dell'art. 4 del D.P.C.M. 23 aprile 1992) secondo la definizione degli stessi data al precedente art. 3. In particolare l'art. 3, 1 ° comma, lett. b), definisce limite di esposizione “il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori per le finalità di cui all'art. 1, comma 1, lett. a)”. Va in particolare osservato che l'art. 4, 1° comma, lett. d), della ripetuta legge n. 36 del 2001 stabilisce che lo Stato esercita le funzioni relative “alla determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento di cui all'art. 9, comma 2 (cioè quelli che riguardano gli elettrodotti), con particolare riferimento alle priorità di intervento, ai tempi di attuazione ed alle modalità di coordinamento delle attività riguardanti più regioni nonché alle migliori tecnologie disponibili per quanto attiene alle implicazioni di carattere economico ed impiantistico”. Sulla base della normativa vigente, compresa la legge 36 del 2001, non esistono parametri normativamente fissati relativi alle esposizioni a lungo termine. Infatti, quelli fissati dal DPCM riguardano le emissioni a breve termine, quelli della LR 27 del 1997 riguardano gli elettrodotti costruendi e non quelli esistenti, la legge 36 del 2001 rimanda da un lato ad un futuro decreto attuativo la fissazione dei parametri e d’altro lato codifica transitoriamente i parametri del DPCM (che, come visto, non concernono l’esposizione a lungo termine). Ne discende che - allo stato - non esistono nell’ordinamento strumenti ordinari - alternativi alle ordinanze contingibili e urgenti - per intervenire a difesa della salute, al fine di tutelare i bambini dai pericoli derivanti dall’esposizione a lungo termine alle onde elettromagnetiche, in relazione ad un elettrodotto già operante. Il Sindaco risulta quindi legittimato ad intervenire con lo strumento giuridico dell’ordinanza contingibile e urgente. Peraltro a proposito di un orientamento giurisprudenziale discordante, va sottolineato come in altre situazioni esaminate non vigeva una legge regionale quale la n. 27 del 1993 del Veneto, che pone espressamente il limite di 0,2 microtesla. La legge 36 del 2001 evidenzia anche un’illegittimità dell’ordinanza gravata, questa volta nella sua interezza; invero, la legge statale, se non fissa direttamente i parametri, stabilisce che essi verranno fissati da una norma regolamentare da emanarsi a cura del governo, entro un termine ordinatorio, peraltro non rispettato. Risulta quindi evidente che, nel momento in cui verranno fissati detti parametri, eventuali parametri difformi verranno automaticamente a cadere. Ne consegue che l’ordinanza contingibile e urgente avrebbe dovuto perlomeno limitare temporalmente la propria efficacia, fino cioè alla fissazione dei parametri da parte della normativa statale, stabilendo che, qualora essi fossero diversi e meno restrittivi rispetto a quelli fissati nell’ordinanza medesima, l’ordinanza stessa dovesse perdere efficacia. Il Sindaco, nell’esercizio del suo potere d’urgenza, poteva ben sopperire alle carenze di previsione normativa, ma, alla luce della legge 36 del 2001, doveva limitarne temporalmente la portata fino alla fissazione di detti parametri. L’illegittimità si riverbera sulla natura contingibile e urgente dell’ordinanza de qua, in quanto non solo si prevedono effetti permanenti (il che di per sé risulta consentito, anche se con un aggravio di motivazione) ma si precostituisce una surrogazione prima e sostituzione poi - senza limiti temporali - rispetto ad un potere definitorio da esercitarsi da parte dello Stato e stabilito dalla legge 36 del 2001.Tribunale Amministrativo Regionale - Veneto, Sezione III, Sentenza del 28.11.2001, n. 4131. (vedi: sentenza per esteso)
Elettrosmog - la valenza anche filosofica del “principio precauzionale” parimenti citato nella suddetta ordinanza sindacale, non può sottrarsi, alla stregua della normativa vigente, alla statuizione di annullamento dei provvedimenti impugnati. Nell’ambito della Regione siciliana, l’Assessorato del territorio e dell’ambiente, con Circolare n. 2818 del 17 aprile 2000 (in G.U.R.S. 12 maggio 2000, parte I, n. 22), facendo esplicito riferimento ai “tetti delle radiofrequenze compatibili con la salute umana” ed ai “valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici” fissati dal D.M. n. 381 del 10 settembre 1998 nonché al documento, elaborato da un apposito gruppo di lavoro interministeriale, denominato "Linee guida applicative" del medesimo decreto n. 381/98 (documento pubblicato a cura dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente), si è limitato a precisare che “nelle more che la Regione siciliana regolamenti l’installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione, nonché le modalità ed i tempi di esecuzione per le azioni di risanamento, così come previsto dagli artt. 4 e 5 del decreto n. 381/98, si ritiene utile la divulgazione delle predette "Linee guida applicative" al fine di contribuire a chiarire i vari aspetti contemplati dalla nuova disciplina e consentire una coerente applicazione delle norme nell'ambito dei procedimenti autorizzatori da parte delle pubbliche amministrazioni interessate o nella definizione di più specifiche regolamentazioni locali. Con riferimento al punto 5 delle "Linee guida applicative", appare infine opportuno precisare che il rilascio da parte dei comuni dell'eventuale autorizzazione o concessione edilizia, deve avvenire, oltre che a seguito di una valutazione del rispetto dei limiti di emissione fissati dal suddetto decreto n. 381/98 e degli aspetti ambientali, anche tenuto conto delle previsioni e prescrizioni urbanistiche ed edilizie fissate dagli strumenti urbanistici generali ed attuativi per le vane zone territoriali omogenee di cui al decreto ministeriale n. 1444/68. Ne consegue che, in assenza di ulteriori limiti stabiliti in sede regionale, il Collegio, pur apprezzando - in un ambito di eccezionale delicatezza costituito dal bene primario della salute - la valenza anche filosofica del “principio precauzionale” parimenti citato nella suddetta ordinanza sindacale, non può sottrarsi, alla stregua della normativa vigente, alla statuizione di annullamento dei provvedimenti impugnati. E tali conclusioni, del resto, trovano conforto nel costante indirizzo giurisprudenziale che, in fattispecie analoghe alla presente, si è espresso nel senso che:
- il potere del sindaco, quale ufficiale di governo, di emettere provvedimenti contingibili e urgenti in materia di sanità e igiene al fine di prevenire pericoli per l'incolumità dei cittadini non può giustificare l'emissione di una ordinanza di sospensione dei lavori d'installazione, nel territorio comunale, d'un elettrodotto d'interesse statale, motivata con generico riferimento a studi su nesso di causalità tra esposizione a campi elettromagnetici e insorgenza di fenomeni cancerosi (T.A.R. Basilicata 24 giugno 1996, n. 146);
- con riguardo alla presunta nocività dei campi elettromagnetici di un elettrodotto ad alta tensione, laddove siano rispettate le previsioni del D.P.C.M. 23 aprile 1992, recante una specifica normativa a tutela della salute umana in relazione ai predetti campi, non sussiste un pericolo per l'interesse tutelato, ed è conseguentemente illegittimo il provvedimento sindacale contingibile ed urgente ex art. 38 della l. n. 142 del 1990 (T.A.R. Basilicata 24 giugno 1996, n. 147);
- ai fini della tutela del diritto alla salute dai campi elettromagnetici derivanti dagli elettrodotti ad alta tensione, il rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992, che ha fissato normativamente i limiti massimi di esposizione dai campi elettrici e le condizioni che devono essere rispettate per la costruzione di nuovi elettrodotti, e' sufficiente ai fini della legittimità dell'atto autorizzativo che approva il tracciato dell'elettrodotto (T.A.R. Lombardia sez. II, Milano, 14 maggio 1994, n. 302; 3 novembre 1994, n. 618);
- in presenza del rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992 - che prevede i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici degli elettrodotti ad alta tensione, recependo (al pari del D.P.R. 27 aprile 1992 concernente la V.I.A.) quelli indicati, in via prudenziale, dalle più autorevol organizzazioni scientifiche internazionali e nazionali - va respinto il ricorso volto alla sospensione della realizzazione di una linea in base a presunti pericoli per la salute umana (Tribunale Reggio Emilia, 5 dicembre 1994);
- con il rispetto delle prescrizioni limitative dettate dal D.P.C.M. 23 aprile 1992 si esauriscono i doveri imposti in materia di localizzazione degli elettrodotti, dalla tutela della salute dai rischi generati dai campi elettromagnetici (T.A.R. Campania sez. V, Napoli, 21 dicembre 1994, n. 485);
- come emerge da una apposita relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, “i risultati della ricerca scientifica attualmente noti non suffragano alcuna ipotesi di effetti a lungo termine dell’esposizione a campi elettromagnetici, che abbiano frequenza ed intensità confrontabili con quelle dei campi generali dei normali ambienti di vita dalle stazioni radio-base”. Nel caso in cui siano stati osservati i limiti di esposizione stabiliti dal D.M. n. 381 del 10 settembre 1998 ed anche le raccomandazioni, scaturite dal Convegno internazionale tenutosi a Trento il 25 e 26 novembre 1999, contenute nella “lettera indirizzata all’on. Edo Ronchi”, non può essere sospesa una autorizzazione rilasciata per un impianto di telefonia mobile situato nei pressi di una scuola” (Tribunale di Parma, ordinanza 22 luglio 2000). TAR Sicilia sez. II 14 novembre 2000, n. 1877
E’ legittimo il regolamento comunale che disciplina l’istallazione e l’adeguamento delle stazioni radio base per la telefonia cellulare e servizi similari - Rigetto dell’impugnativa. E’ legittimo il regolamento predisposto dal Comune di Corato che garantisce la tutela della salute attraverso la previsione di valori di cautela, di obiettivi di qualità e di una diversa e più consona localizzazione degli impianti per la teleradiodiffusione e per la telefonia mobile, sempre nel rispetto della garanzia di funzionalità dei servizi di telefonia cellulare e di teleradiocomunicaioni. Pertanto va respinta la richiesta dell’annullamento previa sospensiva proposta contestualmente al ricorso n. 2414/2000, diretto contro la delibera con cui il Comune di Corato ha regolamentato l’installazione, nell’ambito del territorio municipale, delle antenne per la telefonia cellulare e ripetitori radio-tv. E’ nella facoltà dell’autonomia dell’ente predisporre una normazione urbanistica attinente alla collocazione di impianti per la telefonia cellulare e per le radiotelecomunicazioni. Si conferma il potere di gestione e di programmazione del territorio da parte degli enti locali, in merito all’inquinamento elettromagnetico ai fini della tutela sanitaria della popolazione. E' perfettamente legittimo, quindi, da parte di un Ente il conseguimento attraverso un regolamento comunale di più elevati livelli di tutela della salute pubblica e della salubrità dell’habitat residenziale dai rischi dell’inquinamento elettromagnetico. TAR Puglia-Bari, Sez. II - Ordinanza 9 novembre 2000 n. 1287
Diritto alla salute - tutela del risarcimento del danno e tutela preventiva - l'attribuzione di poteri ablatori ordinati a procurare alla pubblica amministrazione la disponibilità di beni - messa in pericolo della salute. Contrariamente a quanto ha affermato la corte d'appello, non è necessario che il danno si sia verificato, perché il titolare del diritto possa reagire contro la condotta altrui, se essa si manifesta in atti suscettibili di provocarlo. In termini generali, può dirsi che la protezione apprestata dall'ordinamento al titolare di un diritto si estrinseca prima nel vietare agli altri consociati di tenere comportamenti che contraddicano il diritto e poi nel sanzionare gli effetti lesivi della condotta illecita obbligando il responsabile al risarcimento del danno. Con specifico riferimento al diritto alla salute, sarebbe contraddittorio affermare che esso non tollera interferenze esterne che ne mettano in discussione l'integrità e ammettere che alla persona sia data la sola tutela del risarcimento del danno e non anche quella preventiva. La Corte costituzionale, nella sentenza 30 dicembre 1987 n. 641, ha espressamente affermato che, in tema di lesione della salute umana, è possibile il ricorso all'art. 2043 cod. civ. e che si è così in grado di provvedere non solo alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato, ma anche di prevenire e sanzionare l'illecito. D'altro canto, dalla promessa che l'attribuzione di poteri ablatori ordinati a procurare alla pubblica amministrazione la disponibilità di beni, non può derivare l'effetto che ne risulti compromesso il diritto alla salute, questa Corte ha già in altre occasioni tratto l'enunciazione del principio per cui il privato può chiedere al giudice ordinario provvedimenti non di sola condanna al risarcimento del danno (Sez. Un. 16 luglio 1983 n. 4889; 10 dicembre 1984 n. 6476), ma anche di condanna ad un fare (Sez. Un. 20 febbraio 1992 n. 2092), in confronto della pubblica amministrazione o di concessionari di pubblici servizi. E perciò può essere chiesto al giudice di inibire all'amministrazione il comportamento costituito dal porre in esercizio un impianto che, iniziando a funzionare con le modalità previste, è accertato possa determinare una situazione di messa in pericolo della salute. L'inibitoria, d'altro canto, può tradurre in comando un accertamento dal quale risulti in quali condizioni e con quali accorgimenti l'opera può essere posta in esercizio ed il pericolo per la salute può essere evitato. Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2000, n. 9893. (vedi sentenza per esteso)
Sono da considerare prive di efficacia giuridica le determinazioni contenute nei provvedimenti della pubblica amministrazione, per la parte in cui possano risultare lesive della conservazione dello stato di salute, anche quando i provvedimenti adottati costituiscano in sé manifestazione di un potere ad altri fini previsto dalla legge. Il diritto alla salute, posto a base della domanda, è infatti un diritto fondamentale dell'individuo, che l'art. 32 Cost. protegge direttamente (Corte cost. 26 luglio 1979 n. 88; 14 luglio 1986 n. 184; 18 dicembre 1987 n. 559; 27 ottobre 1988 n. 992; 22 giugno 1990 n. 307; 18 aprile 1996 n. 118). La Corte costituzionale, nella sentenza 22 giugno 1990 n. 307, ha in particolare considerato che un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiono normali in ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili. Ha aggiunto, con riferimento all'ipotesi di ulteriore danno alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio, compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica, che a giustificare la misura sanitaria non è da solo sufficiente il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività, per tale rilievo 'esige che in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato, restando così limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo comporti un rischio specifico, ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri. Da ciò è conseguita l'affermazione che la legge deve prevedere un equo ristoro del danno alla salute subito dal singolo in conseguenza dell'essersi dovuto sottoporre ad un trattamento obbligatorio. Se ne trae, logicamente, la conclusione, che siano da considerare prive di efficacia giuridica le determinazioni contenute nei provvedimenti della pubblica amministrazione, per la parte in cui possano risultare lesive della conservazione dello stato di salute, anche quando i provvedimenti adottati costituiscano in sé manifestazione di un potere ad altri fini previsto dalla legge (Sez. Un. 6 ottobre 1979 n. 5172). Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2000, n. 9893. (vedi sentenza per esteso)
I limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici generati dagli elettrodotti - protezione costituzionale del diritto alla salute inerisce sul piano sostanziale al diritto dell'individuo. L'ordinamento non manca di una disciplina specifica circa i limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici generati dagli elettrodotti: essa è stata dettata con il D.P.C.M. 23 aprile 1992, emanato in base all'art. 4, secondo comma, della L. 23 dicembre 1978, n. 833. Che una disciplina di questo tipo ci sia mostra che, allo stato delle conoscenze scientifiche, l'esposizione ai campi elettrici e magnetici generati da elettrodotti, se siano superati determinati limiti massimi, è considerata fonte di possibili effetti negativi sulla conversazione dello stato di salute. Essa costituisce d'altro canto espressione di uno degli obiettivi del sistema sanitario, la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita, oltre che di lavoro (art. 2 della legge 833 del 1978). Dato il presupposto che è alla loro base, e data la natura di normazione secondaria che loro propria, discipline di questo tipo hanno il valore di impedire che possa essere tenuta una condotta che vi contrasti. Non hanno quello di rendere per sé lecita la condotta che vi uniformi. Queste discipline ritraggono il fondamento della loro legittimità dell'essere adeguate allo stato delle conoscenze circa i possibili effetti negativi dei fenomeni presi in considerazione ed è la stessa legge primaria a prevedere che debbano essere oggetto di periodica revisione. Dunque, la presenza di tali discipline costituisce conferma del fatto che alla protezione costituzionale del diritto alla salute inerisce sul piano sostanziale il diritto dell'individuo a che sia impedito agli altri consociati, ma anche alla pubblica amministrazione, di tenere condotte, che possono ingenerare il sorgere di patologie, come risultato dell'immissione nell'ambiente di fattori inquinanti. E perciò rientra nei poteri del giudice ordinario, in un processo iniziato sulla base di una domanda quale quella proposta dall'attore, accertare se, sulla base delle conoscenze scientifiche acquisite nel momento in cui si tratta di decidere sulla domanda, avuto riguardo anche alla situazione del caso concreto, vi sia pericolo per la conservazione dello stato di salute nella esposizione al fattore inquinante di cui si tratta, ancorché tale esposizione si determini nel rispetto dei limiti massimi stabiliti dalla disciplina di rango secondario vigente al momento della decisione. Momento essenziale di tale accertamento, perché se positivo ad esso consegue che la condotta debba essere inibita, è che la condotta contraria, se lasciata svolgere, determinerà una situazione di esposizione al fattore inquinante suscettibile di compromettere la conservazione dello stato di salute. Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2000, n. 9893. (vedi sentenza per esteso)
Elettrosmog - installazione antenne basi - obblighi dei Comuni - accertamento compatibilità sanitaria e urbanistica. Per l’installazione di antenne trasmettitori (nella specie telefonia mobile) trattandosi di opera potenzialmente dannosa per l’emissione di onde magnetiche conseguente all’attivazione della stazione radio l’Amministrazione comunale ha il compito di accertare la sua compatibilità con le disposizioni vigenti in materia e considerare la compatibilità della struttura con la destinazione residenziale del luogo in cui è allocata. TAR Emilia-Romagna, SEZ. II - Sentenza 4 aprile 2000 n. 432 Vedi: Sentenza per esteso
Sindaco - competenza ad adottare provvedimenti con tingibili e urgenti per
esigenze di carattere sanitario - excursus normativo - Disciplina Regione
Siciliana. L’art. 69
dell’O.R.E.L. attribuisce al Sindaco, quale Ufficiale di Governo, la
competenza ad adottare provvedimenti contingibili ed urgenti per fronteggiare
anche esigenze di carattere sanitario (da ultimo, C.G.A. 20 luglio 1999, n.
367); e non par dubbio che la tutela della salute rientri tra tali esigenze.
Le onde elettromagnetiche generate dagli elettrodotti ad alta tensione sono riconducibili al getto pericoloso di cose di cui all'art. 674 c.p.. Le onde elettromagnetiche generate dagli elettrodotti ad alta tensione devono farsi rientrare nella nozione di "cose" penalmente rilevante e poiché sono teoricamente idonee a ledere o ad infastidire persone sono riconducibili al getto pericoloso di cose di cui all'art. 674 c.p. Pertanto, in difetto di prova circa l'idoneità di dette onde a recare in concreto danni apprezzabili agli individui, deve escludersi la configurabilità, di fatto, del reato di cui alla norma predetta. Cassazione penale, sez. I, 14 ottobre 1999, n. 5626.
Il sequestro preventivo - l'ipotizzabilità in astratto della commissione di un reato. Il sequestro preventivo può essere disposto solo in relazione a cose pertinenti al reato, per impedirne la protrazione o l'aggravamento, o l'agevolazione alla commissione di altri reati, secondo la previsione dell'art. 321 c.p.p.; occorre dunque che la richiesta di tale misura prospetti l'esistenza del "fumus commissi delictì", ovvero l'ipotizzabilità in astratto della commissione di un reato - che è cosa diversa dalla ricorrenza di indizi di colpevolezza, ma deve, in ogni caso, riferirsi ad ipotesi penale certa (cfr. Sez. I, 25.3.1997, n. 2396). Cassazione penale, Sezione I, 13 ottobre 1999, n. 5592.
La pericolosità del cosiddetto inquinamento elettromagnetico artt. 674 e 675 c.p.. L'elemento materiale contenuto nell'art. 674 (gettare o versare cose) particolarmente per quanto concerne il "gettare" è di ampia portata e non ne sono prefissate le modalità, cosicché è ricomprensibile l'emissione di onde magnetiche attraverso impianti del genere qui contemplato (radioripetitore). Nè pare che non possano qualificarsi come "cose" (termine, questo, utilizzato dal legislatore con voluta genericità) i campi elettromagnetici, visto che il requisito principale appare l'attitudine ad offendere, imbrattare o molestare le persone e che, comunque, l'energia elettromagnetica ha una sua fisicità, essendo suscettibile di misurazione e utilizzazione. E poiché studi recenti hanno individuato la pericolosità del cosiddetto inquinamento elettromagnetico, l'effetto - giuridicamente rilevante - dell'"offendere" può ravvisarsi tanto nel danno all'integrità fisica, quanto in quello del decoro personale, cioè nell'attitudine a cagionare lesioni, ma ancor più a determinare una molestia, ovvero una situazione di disagio e turbamento della persona. Dovendosi, poi, tenere conto, che l'ipotesi criminosa in esame ha natura di pericolo e non di danno, sostanziandosi quindi dell'astratta idoneità alla provocazione delle conseguenze normativamente previste. In alternativa, appare configurabile la contravvenzione all'art. 675 c.p., sulla quale peraltro l'ordinanza impugnata ha taciuto. Una volta, infatti, accettato che i campi elettromagnetici, possano definirsi "cose", la posizione di apparecchiature che le generano non ha rilevanza scriminante rispetto alla sospensione pure prevista dalla norma; e infatti entrambe le ipotesi appaiono compatibili con la fattispecie, provenendo le emissioni da strutture collocate in posizione dominante rispetto al suolo. Cosicché si profila la possibilità di un contatto dei campi elettromagnetici con le persone. Inoltre, l'art. 674 c.p. disegna un reato di pericolo oltre che di danno, pertanto è necessaria la prova della idoneità delle denunciate emissioni a provocare una delle conseguenze previste dal legislatore. Cassazione penale, Sezione I, 13 ottobre 1999, n. 5592.
Inquinamento elettromagnetico, interesse primario prevalente della salute su gli altri interessi. In materia di inquinamento elettromagnetico, l'interesse primario alla salute deve considerarsi prevalente rispetto ad ogni altro interesse giuridicamente protetto, sicché va accolta la domanda di sospensione cautelare del provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità e urgenza per le opere di installazione di una stazione radio Gsm. T.A.R. Lazio sez. I, 18 dicembre 1996, Ord. n. 3806.
Immissioni - cabine elettriche - fasce di rispetto - distanze getto pericoloso di cose ^
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emittenti - Superamento dei limiti di legge - Trasferimento - Inclusione delle emittenti in regola - Legittimità. Il fatto che alcune emittenti abbiano superato i limiti di legge per le emissioni legittima non solo il loro trasferimento, ma, considerato che l’intera normativa citata e il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze prescrivono l’accorpamento di tutte le emittenti in pochi siti, si impone anche il trasferimento delle emittenti che nello stesso sito non hanno superato i limiti di legge. Pres. Zuballi, Est. Monteferrante - P. s.p.a. (avv. Perfetti) c. Presidente della Giunta Regionale dell’Abruzzo e altri (Avv. di Stato), ARTA (avv. Raimondi) e Comune di Pescara (avv.ti Di Marco e Puglielli). T.A.R. ABRUZZO, Pescara, Sez. I - 11/05/2009, n. 358
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - TUTELA DELLA SALUTE - Esposizione ai campi elettrici - Specifica disciplina (Legge Quadro n. 36/2001) - Tutela giudiziaria del diritto alla salute nei confronti della pubblica amministrazione. In materia d’inquinamento elettromagnetico, proprio l'esistenza di una specifica disciplina (Legge Quadro 22.2.2001 n. 36) dimostra inequivocabilmente che, allo stato delle conoscenze scientifiche, l'esposizione ai campi elettrici, se siano superati determinati limiti massimi, è considerata fonte di possibili effetti negativi sulla conservazione dello stato, detta disciplina ha quindi lo scopo di impedire che possa essere tenuta una condotta che vi contrasti (ed a tal fine sono previste anche sanzioni amministrative per i trasgressori). Inoltre, la giurisprudenza prevalente ritiene, che il rispetto dei limiti normativi, anche per il loro carattere pubblicistico, non implichi una presunzione assoluta di liceità delle immissioni, ben potendo sussistere una situazione che, pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto lesiva, anche solo potenzialmente, del diritto alla salute - ed il principio é stato affermato dalla sentenza Cass. 27/7/2000 n. 9893 riguardante proprio un caso di inquinamento elettromagnetico -. La tutela giudiziaria del diritto alla salute nei confronti della pubblica amministrazione può, infatti, essere preventiva e dare luogo a pronunce inibitorie se, prima ancora che l'opera pubblica venga messa in esercizio nei modi previsti, sia possibile accertare, considerando la situazione che si avrà una volta iniziato l'esercizio, che nella medesima situazione è insito un pericolo di compromissione per la salute di chi agisce in giudizio. Giud. Mon. Galazzi - Sarno ed altri (avv.ti G. ed A. Palmigiano) c. Ministero dell'Interno (Avvocatura dello Stato). TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III CIVILE - 12/11/2008 (Ud. 7/05/2008), sentenza n. 5953
INQUINAMENTO - ELETTROSMOG - Immissioni - Tutela del diritto alla salute - Azione inibitoria ex art. 844 c.c., azione di responsabilità aquiliana e azione di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. - Cumulabilità. In tema di immissioni, ormai è da tempo consolidato il principio secondo il quale a tutela del diritto alla salute il soggetto danneggiato da immissioni può esercitare, anche cumulativamente, l'azione inibitoria ex art. 844 c.c. - a tutela del diritto di proprietà e quindi di natura reale -, l'azione di responsabilità aquiliana e l'azione di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. - vedasi Cass. sez. un. 15/10/1998 n. 10186, Cass. sez. un. 9/4/1973 n. 999 e Cass. 2/6/2000 n. 7420). Giud. Mon. Galazzi - Sarno ed altri (avv.ti G. ed A. Palmigiano) c. Ministero dell'Interno (Avvocatura dello Stato). TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III CIVILE - 12/11/2008 (Ud. 7/05/2008), sentenza n. 5953
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Immissioni - Antenne ad alta direttività ed omnidirezionali - Potenzialità
lesiva per la salute - Ordine di dismissione e inibizione al puntamento verso la
terrazza di un condominio. In tema di immissioni elettromagnetiche, un volta
accertata la potenzialità lesiva per la salute delle antenne (nella specie: ad
alta direttività ed omnidirezionali della Questura di Palermo), rimane valido
l’ordine emesso, con provvedimento ex art. 700 c.p.c., di dismissione delle
antenne confinanti con le proprietà dei ricorrenti e di inibizione di puntare
l'asse delle antenne direzionali verso la terrazza del medesimo edificio. Giud.
Mon. Galazzi - Sarno ed altri (avv.ti G. ed A. Palmigiano) c. Ministero
dell'Interno (Avvocatura dello Stato).
TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III CIVILE - 12/11/2008 (Ud. 7/05/2008), sentenza n.
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INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Immissioni - Antenne ad alta direttività ed
omnidirezionali - Risarcimento del danno ipotetico alla salute - Esclusione -
Risarcimento per deprezzamento dell'immobile - Necessità della prova. Deve
essere rigettate la domanda risarcitoria relativa al danno alla salute, quando
nessuna patologia è stata né accertata, né tantomeno lamentata, non essendo
possibile procedere alla liquidazione di un danno biologico soltanto ipotetico
(cfr. Cass. Civ., sez. II, 23.1.2007 nr. 1391). Altresì, deve essere rigettata
la richiesta del danno per il deprezzamento dell'immobile, tenuto conto che,
nella specie, con la domanda risarcitoria nessuna prova è stata fornita, non
avendo, nemmeno allegato quale fosse il valore degli immobili medesimi. Infine,
in merito alla richiesta di risarcimento del danno morale, si rammenta, che il
fenomeno dell'inquinamento provocato da onde elettromagnetiche è riconducibile
alla previsione dell'art. 674 c.p., solo laddove i valori del campo
elettromagnetico superino i limiti indicati dalla normativa vigente in materia.
Nel caso di specie, è stata accertata la sola potenzialità lesiva delle
emissioni elettromagnetiche promananti dalle antenne oggetto di giudizio. Giud.
Mon. Galazzi - Sarno ed altri (avv.ti G. ed A. Palmigiano) c. Ministero
dell'Interno (Avvocatura dello Stato).
TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III CIVILE - 12/11/2008 (Ud. 7/05/2008), sentenza n.
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INQUINAMENTO - ELETTROSMOG - Immissioni - Tutela del diritto alla salute -
Azione inibitoria ex art. 844 c.c., azione di responsabilità aquiliana e azione
di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. - Cumulabilità. In tema
di immissioni, ormai è da tempo consolidato il principio secondo il quale a
tutela del diritto alla salute il soggetto danneggiato da immissioni può
esercitare, anche cumulativamente, l'azione inibitoria ex art. 844 c.c. - a
tutela del diritto di proprietà e quindi di natura reale -, l'azione di
responsabilità aquiliana e l'azione di risarcimento in forma specifica ex art.
2058 c.c. - vedasi Cass. sez. un. 15/10/1998 n. 10186, Cass. sez. un. 9/4/1973
n. 999 e Cass. 2/6/2000 n. 7420). Giud. Mon. Galazzi - Sarno ed altri (avv.ti G.
ed A. Palmigiano) c. Ministero dell'Interno (Avvocatura dello Stato).
TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. III CIVILE - 12/11/2008 (Ud. 7/05/2008), sentenza n.
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INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Radio Vaticana - Getto pericoloso di cose - Art. 674 cod. pen - Configurabilità - Condizioni - Superamento dei limiti tabellari - Configurabilità dell'illecito amministrativo o dell'illecito penale - Presupposti. In materia di inquinamento elettromagnetico: a) il fenomeno dell’emissione di onde elettromagnetiche rientra, per effetto di una interpretazione estensiva, nell’ambito dell’art. 674 cod. pen.; b) detto reato è configurabile solo quando sia stato provato, in modo certo ed oggettivo, il superamento dei limiti di esposizione o dei valori di attenzione previsti dalle norme speciali e sia stata obiettivamente accertata un’effettiva e concreta idoneità delle emissioni ad offendere o molestare le persone, ravvisabile non in astratto ma in concreto; c) il mero superamento dei limiti tabellari, non accompagnato dalla prova certa ed oggettiva di un effettivo e concreto pericolo di nocumento per la salute e la tranquillità delle persone, configura solo l’illecito amministrativo previsto dall’art. 15 della legge 22 febbraio 2001, n. 36. (Presidente E. Lupo, Relatore A. Franco, Imp. Tucci ed altri). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3°, 26/09/2008 (Ud. 13/05/2008), Sentenza n. 36845
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Radio Vaticana - Getto pericoloso di cose - Concreto pericolo di nocumento - Art. 674 cod. pen - Superamento dei limiti tabellari - Art. 15 L. n. 36/2001 - Disciplina applicabile. Nei casi d’inquinamento elettromagnetico, il semplice superamento dei limiti tabellari dà luogo ad un illecito amministrativo punito con le sanzioni previste dall'art. 15 della legge 22 febbraio 2001, n. 36. Mentre, se poi, oltre al superamento dei limiti, vi sia anche la prova certa ed oggettiva di un effettivo e concreto pericolo di nocumento per la salute o la tranquillità delle persone, allora potrà essere ravvisabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen.. (Presidente E. Lupo, Relatore A. Franco, Imp. Tucci ed altri). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3°, 26/09/2008 (Ud. 13/05/2008), Sentenza n. 36845
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emittente radiotelevisiva - Produzione di emissioni elettromagnetiche entro il limite consentito - Risarcimento danni - Esclusione - Fondamento - D.M. n. 381/98 - Art. 674 c.p.. Le immissioni di onde elettromagnetiche (nella specie, provenienti dal traliccio di una emittente radiotelevisiva) che si mantengano nei limiti della normativa vigente sono assistite da una presunzione di non pericolosità; deve escludersi in questi casi il diritto al risarcimento di un danno del tutto ipotetico, in mancanza di un principio codificato di precauzione che consenta una tutela avanzata a fronte di eventi di potenziale ma non provata pericolosità. Presidente F. Pontorieri, Relatore E. Malpica. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sezione II, 23/01/2007, Sentenza n. 1391
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissioni elettromagnetiche entro i limiti legali Art. 674 c.p. - Configurabilità - Esclusione - D.M. n. 381/98. E' da escludersi la configurabilità del reato di cui all'art. 674 c.p., nei casi in cui è impossibile affermare il supermento dei limiti legali di immissioni elettromagnetiche. Presidente F. Pontorieri, Relatore E. Malpica. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sezione II, 23/01/2007, Sentenza n. 1391
Inquinamento elettromagnetico - Art. 674 c.p. e art. 15 L. n. 36/2001 - Rapporto di specialità - Esclusione - Disciplina applicabile. Per la configurazione della contravvenzione di cui all'art. 674 c.p. è sempre necessaria la prova concreta dell'effettiva idoneità della condotta a ledere o a infastidire le persone o a produrre nocumento certo per la loro salute (idoneità concreta che comunque si arresta ad una soglia antecedente all'effettivo danno). Tuttavia non si ritiene che tale prova sia integrata dal mero superamento dei limiti fissati dalla normativa vigente in materia, in quanto detti limiti sono stati previsti a fini di semplice cautela (come si evince dall'art. 4 del d.m. n. 381 del 1998) e tale superamento é ora, nel nostro ordinamento giuridico, punito autonomamente con sanzioni amministrative (cfr. Cass. sentenza del 12.03.2002, Pagano e Cass., sentenza del 31.01.2002, Fantasia). Sicché, non sussiste alcun rapporto di specialità, ai sensi dell'art. 15 c.p., tra la norma di cui all'art. 15 della legge n. 36 del 2001 e quella prevista dall'art. 674 c.p., trattandosi di norme dirette alla tutela di beni giuridici diversi e fondate su diversi presupposti: nel primo caso, la condotta è sanzionata - con sanzione amministrativa - solo se l'emissione elettromagnetica superi i limiti previsti dalla legge, mentre nel secondo caso la condotta costitutiva dell'illecito penale sussiste a prescindere dal superamento dei predetti limiti, per il sol fatto di aver cagionato offesa o molestia alle persone (cfr. Cass., sentenza del 31.01.2002, Fantasia). Giud. Carpino (GIP) - H3G s.p.a.. TRIBUNALE di PAOLA 31 maggio 2006, n. 2460 (vedi: decreto per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Configurabilità del reato di cui all'art. 674 c.p. - Accertamento concreto dell'attitudine della condotta a recare offesa o molestia alle persone. L'art. 674 c.p. non configura solo l'ipotesi di offesa alle persone, anche quella di molestia, che rimane integrata da "ogni, fatto idoneo a recare disagio, fastidio o, disturbo, ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano" ( cfr. Cass., 4 novembre 1986, n. 12261). La molestia è dunque un'evenienza più attenuata rispetto all'offesa, per cui appare possibile configurare la relativa sussistenza anche alla stregua di verifiche meno rigorose (in questo senso Cass., 3 giugno 1994, n. 6598). Giud. Carpino (GIP) - H3G s.p.a.. TRIBUNALE di PAOLA 31 maggio 2006, n. 2460 (vedi: decreto per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Comuni - Impianti di radiocomunicazione - Rispetto di distanze da aree intensamente frequentate - Norme regolamentari a valenza sanitaria - Illegittimità. I Comuni hanno competenza ad emanare norme regolamentari con valenza urbanistico-edilizia, non invece con valenza radioprotezionistica, cioè sanitaria. Infatti, per essere legittimo, il potere comunale non può interferire con quello riservato allo Stato che fissa i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, nel presupposto indefettibile che la tutela della salute è un’esigenza di carattere unitario; sono pertanto illegittime, nella misura in cui risultano finalizzate a disciplinare l’uso del territorio sotto un profilo non strettamente urbanistico, bensì sanitario, le norme regolamentari che introducono precise disposizioni circa la localizzazione degli impianti basate sul rispetto delle distanze dalle aree intensamente frequentate. Pres. f.f. Stevanato, Est. Farina - H. s.p.a. (Avv.ti Bardella, Bazzani, Cerio e Sacchetto) c. Comune di Rossano Veneto e Regione Veneto (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 7 ottobre 2005, n. 3639
Le distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici - art. 7, comma 3, della legge delle Marche - incostituzionale. L’art. 7, comma 3, della legge delle Marche stabilisce che con atto della Giunta regionale sono determinate le distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici “destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi”, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido, nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi. La totale libertà attribuita alla Giunta ai fini della determinazione delle distanze minime, e la genericità ed eterogeneità delle categorie di aree e di edifici rispetto a cui il vincolo di distanza minima viene previsto, configurano non già un quadro di prescrizioni o standard urbanistici, bensì un potere amministrativo in contrasto con il principio di legalità sostanziale e tale da poter pregiudicare l’interesse, protetto dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti di telecomunicazione. La norma impugnata eccede pertanto i limiti della competenza regionale. Corte Costituzionale 7 ottobre 2003 Sentenza n. 307 (vedi: sentenza per esteso)
Elettrodotto - immissioni che pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto lesiva, anche solo potenzialmente del diritto alla salute - diritto costituzionale - la peculiarità del giudizio cautelare e la natura del pericolo - nesso eziologico - pericolo di lesione all’integrità psico-fisica - danno morale soggettivo - periculum in mora - disattivazione parziale degli impianti - messa in sicurezza delle linee elettriche - spostamento e/o interramento. Aderendo all’indirizzo espresso dalla prevalente giurisprudenza sull’analoga questione dei parametri stabiliti in tema di immissioni acustiche, che il rispetto di tali limiti normativi, anche per il loro carattere pubblicistico, non implica una presunzione assoluta di liceità delle immissioni, ben potendo sussistere una situazione che, pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto lesiva, anche solo potenzialmente del diritto alla salute (il principio è stato affermato anche dalla sentenza Cass. 27/7/2000 n. 9893 riguardante un caso di inquinamento elettromagnetico). Tale impostazione appare la più coerente con la necessità di dare piena tutela al diritto costituzionale anche in ambiti, qual è quello in esame, nei quali le conoscenze scientifiche non sono ancora giunte a risultati certi e definitivi. La peculiarità del giudizio cautelare e la natura del pericolo invocato consentono di superare le esitazioni che potrebbero sorgere in tema di accertamento del nesso di causalità che nel caso concreto non si manifesta certamente con fatti violenti o repentini, dai quali si possa evincere in maniera evidente il nesso eziologico; viceversa, si tratta di un processo lento e occulto, che allo stato può essere ricondotto alla sua causa solo attraverso gli studi statistici. Va inoltre chiarito che ai fini della tutela invocata il diritto costituzionale alla salute va inteso nel senso più ampio (come interpretato fin dalla sentenza Cass. sez. un. 6/10/1979 n. 5172), comprensivo del diritto a vivere in un contesto ambientale salubre, che va tutelato anche in via preventiva, ossia in presenza di un mero pericolo di lesione: la tutela, per essere effettiva, non può infatti essere subordinata all’insorgenza di uno stato di malattia. Oltre al pericolo di lesione all’integrità psico-fisica, e indipendentemente dallo stesso, sussistono concreti elementi - allo stato desumibili dall’omogeneità dei sintomi riferiti in occasione delle visite medico-legali effettuate su alcuni dei ricorrenti e risultanti anche da alcuni certificati medici prodotti in causa, che giustificavano il riconoscimento di un verosimile danno morale soggettivo consistente nel turbamento psichico determinato dalla preoccupazione per il rischio, con le conseguenti limitazioni del normale svolgimento della vita, danno riconosciuto da un recente indirizzo giurisprudenziale anche in ipotesi compromissione dell’ambiente (vedasi Cass. sez. un. Civ. 21/12/2002 n. 2515; Cass. 11/1/2001 n. 329; Cass. 26/2/1998 n. 2127; Appello di Milano 10/1/1997 in Foro It. Rep. 1997, voce Responsabilità Civile). Va ravvisato anche il periculum in mora, in ragione della natura dei beni dei quali si chiede la tutela, in suscettibili di integrale riparazione in caso di lesioni e della evidente gravità, attualità ed imminenza del pericolo. Il ricorso merita pertanto accoglimento, non ritenendosi di accedere all’ulteriore richiesta istruttoria di c.t.u. finalizzata ad individuare le modalità ed i termini per la messa in sicurezza delle linee elettriche, atteso che tale individuazione può essere effettuata autonomamente dalle resistenti, disponendo queste di mezzi tecnici e delle professionalità necessarie a tal fine. (In specie il giudice ha in accoglimento del ricorso, ordinato alle società resistenti, per quanto di rispettiva competenza, di mettere a sicurezza le linee elettriche indicate in ricorso entro il termine perentorio di dodici mesi, tramite lo spostamento e/o interramento delle stesse in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il limite 0,4 microtesla ai valori di carico nominale; e ordinato alle resistenti, per quanto di rispettiva competenza, per il tempo necessario allo svolgimento dei lavori, di disattivare parzialmente gli impianti in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il limite di 0,4 microtesla ai valori di carico nominale). Tribunale di Venezia - Ordinanza 14 aprile 2003 n. 214 (vedi: ordinanza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - elettrodotto - soggetto danneggiato da immissioni - azioni di difesa - l’azione inibitoria - l’azione di responsabilità aquiliana - l’azione di risarcimento. "Nella giurisprudenza di legittimità si è ormai da tempo consolidato il principio secondo il quale a tutela del diritto alla salute il soggetto danneggiato da immissioni può esercitare, anche cumulativamente, l’azione inibitoria ex art. 844 c.c. (a tutela del diritto di proprietà e quindi di natura reale), l’azione di responsabilità aquiliana e l’azione di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. (vedasi Cass. sez. un. 15/10/1998 n. 10186, Cass. sez. un. 9/4/1973 n. 999 e Cass. 2/6/2000 n. 7420); sarebbe infatti del tutto contraddittorio riconoscere il suo carattere primario e fondamentale e limitarne la tutela al solo risarcimento del danno per equivalente. Tribunale di Venezia - Ordinanza 14 aprile 2003 n. 214 (vedi: ordinanza per esteso)
Emissioni di onde elettromagnetiche generate da apparecchiature di ripetizione radiotelevisiva - configurabilità del reato - condizioni - getto pericoloso di cose - reati contro l'incolumità pubblica - principio di specialità - inquinamento elettromagnetico. E' configurabile il reato previsto dall'art. 674 cod. pen. nelle emissioni di onde elettromagnetiche generate da ripetitori radiotelevisivi, purche' siano superati i valori indicativi dell'intensita' di campo fissati dalla normativa specifica vigente in materia, a nulla rilevando la concreta idoneita' delle emissioni stesse a nuocere alla salute umana, ne' potendo ipotizzarsi, in virtu' del principio di specialita' previsto dall'art. 9 della legge n. 689 del 1981, la prevalenza della disposizione dettata dall'art. 15 della legge n. 36 del 2001 - che contempla una sanzione amministrativa per il superamento dei limiti di inquinamento elettromagnetico - stanti i diversi beni tutelati da quest'ultima norma e da quella del codice penale. Contra: Cass. 2002 n.8102; Vedi inoltre: Cass. 1999 n.5592; Cass.1999 n.5626; Cass. 2000 n.4102; Cass. 2002 n.15717. Cassazione Penale sezione I del 14/06/2002 (CC.14/03/2002), Sentenza n. 23066 (vedi: sentenza per esteso)
La condotta punibile - art. 674 cod. pen. - art. 15 legge 36/2001. Nel caso del citato art. 15 legge 36/2001, la condotta e' punita con sanzione amministrativa solo se vengono superati i limiti previsti dalla legge, mentre nella ipotesi dell'art. 674 cod. pen. la condotta e' punibile, a prescindere dal superamento di detti limiti, per il solo fatto di avere cagionato offesa o molestia alla persona, tutelando le due norme diversi beni giuridici: la disposizione della legge speciale l'interesse dello Stato all'osservanza degli specifici parametri dettati per la materia dell'inquinamento elettromagnetico, e quella del codice penale la salvaguardia della pubblica incolumita'. Cassazione Penale sezione I del 14/06/2002 (CC.14/03/2002), Sentenza n. 23066 (vedi: sentenza per esteso)
Il reato di cui all'art. 674 cod. pen. e' un reato di mero pericolo per cui non e' necessario che l'emissione di energia derivante dalla propagazione di onde elettromagnetiche provochi un effettivo nocumento a prescindere dallo stato attuale della scienza. Il reato di cui all'art. 674 cod. pen. e' un reato di mero pericolo, per cui non e' necessario che l'emissione di energia derivante dalla propagazione di onde elettromagnetiche provochi un effettivo nocumento, essendo invece sufficiente la sua attitudine ad offendere o molestare beni primari delle persone, quale e' quello, costituzionalmente garantito (art. 32 co. 1^ Cost.), della salute (cfr., ex plurimis, Sez. 1^, 25.10.1994, Montivi, Cass. pen. 1995, 3346). E che l'esposizione a determinati livelli di campi elettromagnetici possa costituire un pericolo per le persone - a prescindere dallo stato attuale della scienza, che in ordine alla nocivita' delle onde elettromagnetiche non ne ha ancora precisato la entita', ma neppure ne ha esclusa la possibilita' di produzione di effetti dannosi alla salute - e' concetto fatto proprio dal legislatore italiano, il quale con la legge 22.2.2001 n. 36 (legge-quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) ha inteso espressamente "..assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.." (art. 1 co. 1^ lett. a) legge citata), cosi' riconoscendo l'esistenza di un pericolo derivante dalla soggezione delle persone ai campi elettromagnetici (oltre che a quelli elettrici e magnetici) con conseguente determinazione dei livelli, stabiliti dalla normativa secondaria, il cui superamento pone una presunzione ex lege in ordine all'effettivita' del pericolo in questione. Cassazione Penale sezione I del 14/06/2002 (CC.14/03/2002), Sentenza n. 23066 (vedi: sentenza per esteso)
L’applicabilita' dell'art. 674 cod. pen., ai fini della legittimita' del sequestro preventivo di impianti radioelettrici generatori di campi elettromagnetici - responsabilita' penale per lesioni personali cagionate da inquinamento elettromagnetico - sequestro preventivo di impianti e apparecchiature che possono comportare l'esposizione della popolazione a campi elettrici. Innanzitutto va precisato che, ad esclusione di una isolata pronuncia (Sez. 1^, 27.2.2002 (c.c. 30.1.2002), Suraci e altri, sent. n. 353), questa Corte ha affermato che tra le cose mobili di cui e' menzione nell'art 674 cod. pen. debbono farsi rientrare anche i campi elettromagnetici, il propagarsi delle cui onde e' riconducibile nella nozione di gettare, che costituisce una delle condotte previste nella succitata norma (Sez. 1^, 11.11.1999 (c.c. 13.10.1999), p.g. in proc. Pareschi e altro, sent. n. 5592; idem, 29.11.1999 (c.c. 14.10.1999),p.g. in proc. Cappellieri e altri, sent. n. 5626; idem, 12.3.2002 (c.c. 31.1.2002), Fantasia e altri, sent. n. 391; idem, 12.3.2002, Arcucci e altri, sent. n. 1024). E, sotto un profilo piu' generale, anche la giurisprudenza di merito ha ritenuto la sussistenza di una responsabilita' penale per lesioni personali cagionate da inquinamento elettromagnetico (Pretura Rimini, 12.6.1997, Cerioli e altri) e la possibilita' di esperire la tutela cautelare in via di urgenza ex art. 700 c.p.c. in tale materia (Tribunale Padova, 17.11.1998., n. 465). Inoltre, mentre le sopra citate sentenze nn. 5592, 5626 e 1024 hanno affermato che, in tema di sequestro preventivo di impianti e apparecchiature che possono comportare l'esposizione della popolazione a campi elettrici, magnetici o elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 HZ e 300 HZ in corso di procedimento per violazione dell'art. 674 cod. pen., e' necessario l'accertamento dell'idoneita' concreta a nuocere alla salute ancorche' siano superati i limiti fissati dalla legislazione speciale, la sentenza n. 391 ha precisato che il concreto pericolo di nocivita' delle emissioni derivanti dalle onde elettromagnetiche deve ritenersi sussistente per il solo fatto che siano stati superati i limiti fissati dalla specifica normativa vigente in materia. Cassazione Penale sezione I del 14/06/2002 (CC.14/03/2002), Sentenza n. 23066 (vedi: sentenza per esteso)
La realizzazione della condotta
materiale del reato di cui all'art. 674 cod. pen.. La Corte ritiene di
aderire alla giurisprudenza maggioritaria, riguardante la possibilita' di
realizzazione della condotta materiale del reato di cui all'art. 674 cod. pen.
mediante la emissione di onde cagionate dai campi elettromagnetici generati da
apparecchiature di ripetizione radiotelevisiva, e a quella indicata dalla
sentenza n. 391 sia in tema di sufficienza, per la giuridica sussistenza di un
concreto pericolo per la salute delle persone cagionato da dette emissioni, del
superamento dei limiti di entita' delle stesse fissati dalla relativa normativa,
che in punto di inapplicabilita' del principio di specialita' tra l'art. 674
cod. pen. e gli artt. 15 e 16 della legge 36/2001. Formulando il secondo comma
dell'art. 624 cod. pen., secondo cui - agli effetti della legge penale -
l'energia medesima e ogni altra energia avente valore economico vengono
considerate cose mobili. Ne discende che la locuzione cose usata dal legislatore
nella formulazione dell'art. 674 cod. pen. comprende anche l'energia
elettromagnetica, che non soltanto e' suscettibile di valutazione economica, ma
anche provvista di una sua particolare fisicita', ben potendo essere misurata,
utilizzata e formare oggetto di appropriazione. Tale interpretazione e' stata
adottata anche dalla Cassazione civile (sentenza n. 4223 del 19.4.1991) laddove
ha affermato che "..le onde elettromagnetiche costituiscono una forma di energia
materiale quantificabile... considerata, pertanto, come un bene mobile
economico", di guisa che e' indubitabile che l'energia prodotta dalle onde
elettromagnetiche sia giuridicamente qualificabile come cosa. In quanto tale e'
suscettibile di essere gettata, dal momento che il relativo verbo usato dal
legislatore nel descrivere la materialita' della condotta prevista nell'art. 674
cod. pen. ha nella lingua italiana un amplio significato (non soltanto indica
l'azione di chi lancia qualcosa, ma e' anche quella del madar fuori, emettere,
disperdere: cfr. la relativa voce del vocabolario della lingua italiana
dell'UTET), che perfettamente ricomprende il fenomeno della propagazione delle
onde elettromagnetiche. Cassazione Penale sezione I del 14/06/2002 (CC.14/03/2002),
Sentenza n. 23066 (vedi:
sentenza
per esteso)
E’ legittimo il “c.d. criterio
della distanza” fissato nella misura di duecento metri dai c.d ricettori
sensibili - principio di prevenzione - attuali conoscenze scientifiche -
“minimizzare” il rischio di esposizione delle popolazioni. Ritiene il
Collegio che il criterio della distanza, così come fissato dal Comune di Ceglie
Messapica, nella misura di duecento metri dai c.d ricettori sensibili, non
incorra nei vizi di legittimità denunciati in ricorso. Tale criterio, a parere
del Collegio, trova la propria legittimazione nel principio di prevenzione
vigente in materia, e, dal punto di vista tecnico, non appare frutto di scelte
irragionevoli od arbitarie. Come noto, gli impianti di telefonia cellulare
utlizzano antenne che producono onde elettromagnetiche c.d. ad alta frequenza,
che si irradiano nell’ambiente circostante sia sul piano orizzontale che su
quello verticale. Sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, a distanza
dalla sorgente, i campi elettromagnetici si distribuiscono su superfici sempre
più ampie, e l’intensità di essi diminuisce man mano che essi si propagano,
secondo la legge quadratica della distanza. Attraverso il criterio della
distanza si mira in sostanza a sottrarre i c.d. ricettori sensibili dal fascio,
di più alta intensità, e di “diretta irradiazione”, generato dalla sorgente. In
tal senso, ed, allo stato, in assenza di indicazioni di fonte normativa, trova
giustificazione ed è ragionevole la imposizione da parte del Comune, delle c.d.
fasce di rispetto in prossimità delle zone densamente abitate, in quanto dirette
a “minimizzare” il rischio di esposizione delle popolazioni. T.A.R. Puglia -
Lecce sezione I, 12 giugno 2002 n. 242 (vedi:
sentenza
per esteso)
I valori limite fissati dal Comune in corrispondenza delle zone residenziali, in misura inferiore alla soglia minima fissata con d.m. 381/98- legittimità - obbligo di dimostrare da parte del gestore la oggettiva impossibilità di attivazione e funzionamento del servizio di telefonia. Quanto ai valori limite fissati dal Comune in corrispondenza delle zone residenziali, in misura inferiore alla soglia minima fissata con d.m. 381/98, la ricorrente non ha dimostrato la lesività della norma in questione, non ha cioè documentato che tale disposizione si porrebbe quale fattore ostativo alla attivazione degli impianti oggetto di istanza. Non risulta provato agli atti che gli impianti per cui è causa, contrastano con tale norma regolamentare nel senso che, qualora attivati, determinerebbero un superamento dei valori limite fissati dal Comune, e rischierebbero pertanto di restare inattivi. Sotto tale profilo va altresì esclusa la ammissibilità del motivo in questione. A conclusioni analoghe deve pervenirsi con riguardo al lamentato difetto di istruttoria. La ricorrente non ha dimostrato che le prescrizioni regolamentari adottate dal Comune di Ceglie Messapica determinerebbero una oggettiva impossibilità di attivazione e funzionamento del servizio di telefonia su tutto il territorio comunale. In sostanza la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, sotto il profilo tecnico, che i limiti imposti dal Comune di Ceglie Messapica con il regolamento in questione impediscono la efficienza e funzionalità del servizio, determinando la mancata copertura del segnale su tutto o su parte significativa del territorio comunale. Ciò nella specie non è avvenuto, essendo mancata alcuna attestazione al riguardo. T.A.R. Puglia - Lecce sezione I, 12 giugno 2002 n. 242 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - giurisdizione - azione a tutela della salute da immissioni elettromagnetiche - giurisdizione dell'A.G.O.. Un'azione inibitoria proposta a tutela della salute per immissioni elettromagnetiche provenienti da un impianto di telecomunicazione (Stazione radio base - SRB) esula dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia dei servizi pubblici, come prevista dall'art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, in quanto l'esclusione dalla giurisdizione del giudice amministrativo delle "controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose e delle controversie in materia di invalidità" non può che riguardare anche la tutela risarcitoria in forma specifica; la stessa azione esula altresì dalla giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 34 dello stesso D.Lgs. 80/1998 in materia urbanistica ed edilizia. La giurisprudenza della Cassazione è ferma nel ritenere che, in tema di lesione della salute umana, il ricorso all'articolo 2043 c.c. consente di provvedere non solo alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato, ma anche di prevenire e sanzionare l'illecito e che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, accertare se, sulla base delle conoscenze scientifiche acquisite nel momento in cui si tratta di decidere sulla domanda, avuto riguardo anche alla situazione del caso concreto, vi sia pericolo per la conservazione dello stato di salute nell'esposizione al fattore inquinante di cui si tratta, ancorché tale esposizione si determini (come nel caso in esame) nel rispetto dei limiti massimi stabiliti dalla disciplina di rango secondario vigente al momento della decisione (Cass., Sez. III, n. 9893/2000). Consiglio di Stato, Sez. VI 4 giugno 2002, sentenza n. 2329
Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità - inottemperanza all'ordine del sindaco con la quale viene imposta per ragioni di tutela della salute pubblica la disattivazione degli impianti di radiodiffusione generatori di flussi elettromagnetici che superano i valori - emissioni - superamento dei limiti - il principio di specialità - art. 674 c. p.. E’ astrattamente riconducibile alla ipotesi contravvenzionale prevista dall'art. 674 c. p. (Getto pericoloso di cose) il fenomeno della propagazione delle onde elettromagnetiche ed il concreto pericolo di nocività delle emissioni deve ritenersi sussistente per il solo fatto che sono stati superati i limiti fissati dalla normativa vigente in materia (nella fattispecie, i valori accertati in alcuni casi superavano i parametri prescritti sino al triplo). Deve esludersi che, nella specie, sia applicabile il principio di specialità di cui all'art. 15 c. p. tra le norme previste dagli artt. 15 e 16 legge n. 36/2001 e quella prevista dall'art. 674 c. p. trattandosi di norme non solo dirette alla tutela di beni giuridici diversi, ma che presuppongono anche il verificarsi di eventi diversi. Infatti nel primo caso la condotta è punita con sanzione amministrativa solo se sono superati i limiti previsti dalla legge, mentre nel secondo caso la condotta è punibile a prescindere dal superamento dei predetti limiti per il solo fatto di aver cagionato offesa o molestia alle persone. Infine, in tema di contravvenzioni concernenti l'inosservanza dei provvedimenti dell'autorità, l'inottemperanza all'ordine del sindaco con la quale viene imposta per ragioni di tutela della salute pubblica la disattivazione degli impianti di radiodiffusione generatori di flussi elettromagnetici che superano i valori di cui al D.M. n. 381/1998, integra il reato di cui all'art. 650 c. p. (Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità). Cassazione penale, sez. I, 12 marzo 2002, Sentenza n. 120302
La mancata predeterminazione, con legge, di fasce di rispetto valevoli erga omnes non può interpretarsi quale indice di inutilità delle medesime a salvaguardia dal rischio di esposizione - fasce di rispetto. La mancata predeterminazione, con legge, di fasce di rispetto valevoli erga omnes, non può interpretarsi quale indice di inutilità delle medesime a salvaguardia dal rischio di esposizione. La scelta relativa, a parere del Collegio, non può che essere rimessa alla Amministrazione competente, nella misura in cui la relativa determinazione può variare in relazione alle caratteristiche morfologiche ed orografiche del luogo, alla estensione del centro abitato, alla densità abitativa, alla dislocazione o concentrazione delle varie zone in cui sono collocati gli edifici, sedi di ricettori sensibili, o comunque alle caratteristiche proprie della comunità. TAR Puglia - Sede di Lecce, Sezione I, del 6 marzo 2002, n. 1027. (vedi: sentenza per esteso - con commento)
Criterio della distanza - principio di prevenzione - principio di minimizzazione - principi della “precauzione e della azione preventiva” (di derivazione comunitaria, sancito dall’art. 174 par. 2 del Trattato di Roma) - attuali conoscenze scientifiche - legittimità delle c.d. fasce di rispetto in prossimità delle zone densamente abitate - c.d. ricettori sensibili dal fascio - tutela di un valore fondamentale della persona quale è quello della salute umana garantita dall’art. 32 Cost.. Il criterio della distanza, così come fissato dal Comune di Ceglie Messapica, nella misura di duecento metri dai c.d. ricettori sensibili, non incorra nei vizi di legittimità denunciati in ricorso. Tale criterio, a parere del Collegio, trova la propria legittimazione nel principio di prevenzione vigente in materia, e, dal punto di vista tecnico, non appare frutto di scelte irragionevoli od arbitrarie. Come noto, gli impianti di telefonia cellulare utilizzano antenne che producono onde elettromagnetiche c.d. ad alta frequenza, che si irradiano nell’ambiente circostante sia sul piano orizzontale che su quello verticale. Sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, a distanza dalla sorgente, i campi elettromagnetici si distribuiscono su superfici sempre più ampie, e l’intensità di essi diminuisce man mano che essi si propagano, secondo la legge quadratica della distanza. Attraverso il criterio della distanza si mira in sostanza a sottrarre i c.d. ricettori sensibili dal fascio, di più alta intensità, e di “diretta irradiazione”, generato dalla sorgente. In tal senso, ed, allo stato, in assenza di indicazioni di fonte normativa, trova giustificazione ed è ragionevole la imposizione da parte del Comune, delle c.d. fasce di rispetto in prossimità delle zone densamente abitate, in quanto dirette a “minimizzare” il rischio di esposizione delle popolazioni. Il principio di minimizzazione nella materia, va applicato con particolare rigore, poiché funzionale alla tutela di un valore fondamentale della persona quale è quello della salute umana garantita dall’art. 32 Cost.. Esso costituisce applicazione del principio di “precauzione” di derivazione comunitaria, sancito dall’art. 174 par. 2 del Trattato di Roma (art. 130R prima della entrata in vigore del trattato di Amsterdam), secondo cui la politica della Comunità in materia ambientale è fondata sui principi della “precauzione e della azione preventiva”. Trattasi di un principio di applicazione generale che, come confermato dalla giurisprudenza della Corte Comunitaria, trova applicazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione, e ciò indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano. La Corte di Giustizia comunitaria ha in particolare asserito che l’esigenza di tutela della salute umana diviene imperativa, in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati (C.G. sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; sentenza 3 dicembre 1998, causa C-67/97, Bluhme). TAR Puglia - Sede di Lecce, Sezione I, del 6 marzo 2002, n. 1027. (vedi: sentenza per esteso - con commento)
Sono legittimi i valori limite fissati dal Comune in corrispondenza delle zone residenziali, in misura inferiore alla soglia minima fissata con d.m. 381/98 in assenza di dimostrata lesività della norma. Quanto ai valori limite fissati dal Comune in corrispondenza delle zone residenziali, in misura inferiore alla soglia minima fissata con d.m. 381/98, la ricorrente non ha dimostrato la lesività della norma in questione, non ha cioè documentato che tale disposizione si porrebbe quale fattore ostativo alla attivazione degli impianti oggetto di istanza. Non risulta provato agli atti che gli impianti per cui è causa, contrastano con tale norma regolamentare nel senso che, qualora attivati, determinerebbero un superamento dei valori limite fissati dal Comune, e rischierebbero pertanto di restare inattivi. TAR Puglia - Sede di Lecce, Sezione I, del 6 marzo 2002, n. 1027. (vedi: sentenza per esteso - con commento)
Le immissioni elettromagnetiche - tutela di beni ed interessi di livello inferiore - i diritti vantati dai proprietari e le esigenze produttive e commerciali - superamento della soglia della normale tollerabilità - l'azione ex art. 844 c.c. - anche il risarcimento del danno cagionato. Dal momento che le immissioni elettromagnetiche risultano in concreto pericolose per la salute, essendo in grado di alterarla, devono qualificarsi come intollerabili. Dall'essere la salute un bene primario ed assoluto dell'individuo consegue la sua non compromettibilità in vista della tutela di beni ed interessi di livello inferiore, quali la produzione. D'altra parte un problema di comparazione e bilanciamento tra i diritti vantati dai proprietari e le esigenze produttive e commerciali delle due società, non sembra concretamente prospettabile alla luce dei più recente indirizzo giurisprudenziale (Cass. 13334/1999, 1156/1995), secondo cui solo nel caso in cui le immissioni rimangano nell'ambito della normale tollerabilità, il giudice può astenersi, nella riconosciuta preminenza dell'interesse dell'impresa, dall'adozione di misure inibitorie e disporre invece, con il sacrificio della piena tutela della proprietà, la prosecuzione dell'attività industriale, dietro il pagamento dì un equo indennizzo, perché solo in questo caso la suddetta attività, seppur dannosa, si può ritenere lecita. La colpa, evidenziata dal superamento della soglia della normale tollerabilità delle immissioni (Cass. 740/1977), consente anche la tutela in via diretta, ex art. 2043 c.c., del diritto alla salute. Il ricorso alla tutela cautelare d'urgenza ex art. 700 c.p.c. trova pertanto fondamento nel timore dei proprietari che un pregiudizio alla propria salute risulti, seppur con un giudizio di probabilità, oltre che imminente (o meglio essendo già stato in parte subito, suscettibile di ulteriore aggravamento), anche irreversibile o di difficile risarcibilità. L'azione ex art. 844 c.c. può assumere anche un carattere personale, rientrante nell'azione generale ex artt. 2043 e segg. c.c., nel caso in cui miri ad ottenere il divieto del comportamento illecito dell'autore materiale delle immissioni (privo di alcun diritto reale), che abbia la giuridica possibilità di eliminarle, senza bisogno dell'intervento del proprietario (Cass. 647/1976). In particolare, può anche esser proposta contro il detentore (il locatario, in Cass. 15392/2000, 4086/1997) quando a questi, oltre al risarcimento del danno, debba esser imposto anche un obbligo di fare o di non fare, suscettibile, in caso di diniego, di esecuzione forzata. Ha invece, carattere reale se proposta contro il proprietario del bene per ottenere modifiche strutturali del bene, indisponibili al fine di ridurre le immissioni entro la normale tollerabilità (Cass. 647/1976). Le diverse caratteristiche delle due azioni, riconducibili entrambe all'art. 844 c.c., non comportano però anche la scindibilità, nel lato passivo, delle obbligazioni facenti carico al proprietario e al detentore del bene, quando oltre alla riduzione delle immissioni, venga chiesto anche il risarcimento del danno cagionato (Cass. 1058/1978). Tribunale di Como 22 gennaio 2002
L'azione ex art. 844 c.c. - misura ordinatoria inibitoria dell'interramento e/o innalzamento di linee elettriche - azione generale ex artt. 2043 e segg. c.c., (risarcimento danni). L'azione ex art. 844 c.c. (che può concretizzarsi anche nella misura ordinatoria inibitoria dell'interramento e/o innalzamento di linee elettriche o un obbligo di fare o di non fare, suscettibile, in caso di diniego, di esecuzione forzata al fine di ricondurre le relative immissioni di onde nell'ambito della normale tollerabilità) può assumere anche un carattere personale, rientrante nell'azione generale ex artt. 2043 e segg. c.c., nel caso in cui miri ad ottenere il divieto del comportamento illecito dell'autore materiale delle immissioni (privo di alcun diritto reale), che abbia la giuridica possibilità di eliminarle, senza bisogno dell'intervento del proprietario (Cass. 647/1976). In particolare, può anche esser proposta contro il detentore (il locatario, in Cass. 15392/2000, 4086/1997) quando a questi, oltre al risarcimento del danno, debba esser imposto anche un obbligo di fare o di non fare, suscettibile, in caso di diniego, di esecuzione forzata. Ha invece, carattere reale se proposta contro il proprietario del bene per ottenere modifiche strutturali del bene, indisponibili al fine di ridurre le immissioni entro la normale tollerabilità (Cass. 647/1976). Le diverse caratteristiche delle due azioni, riconducibili entrambe all'art. 844 c.c., non comportano però anche la scindibilità, nel lato passivo, delle obbligazioni facenti carico al proprietario e al detentore del bene, quando oltre alla riduzione delle immissioni, venga chiesto anche il risarcimento del danno cagionato (Cass. 1058/1978). Tribunale di Como 22 gennaio 2002
Articolo 844 c.c. - immissioni di onde elettromagnetiche - superamento della normale tollerabilità. Ai sensi dell'articolo 844 c.c. le immissioni di onde elettromagnetiche prodotte da un elettrodotto sono intollerabili quando superano il parametro di 0,3 0,4 microtesla di campo magnetico. Tribunale di Como 22 gennaio 2002
Le immissioni elettromagnetiche - art. 844 c.c., - il concetto di "simili propagazioni" (superanti la normale tollerabilità). E’ applicabile l’art. 844 c.c., riguardo le immissioni elettromagnetiche, in quanto, è ormai da tempo consolidato il principio secondo cui il concetto di "simili propagazioni" (superanti la normale tollerabilità) non può essere ristretto alle sole immissioni immediatamente avvertibili su un piano "organolettico", con cinque sensi dell'essere umano (ma va esteso anche a quelle idonee comunque, anche solo in prospettiva (purché reale, e non solo putativa), ad influire evidentemente, in modo lesivo sull'organismo umano. Tribunale di Como, Ordinanza del 30 novembre 2001 (vedi: sentenza per esteso)
Elettromog - emissioni inquinanti - pericolo grave e attuale per la salute umana e l’ambiente. La rilevazione di un livello di radiofrequenze generatrici di campi elettrici e magnetici superiori alla soglia di compatibilità con la salute umana - come definita con apposito decreto ministeriale del 1998 - invera infatti un’ipotesi di presunzione legale di sussistenza di un pericolo grave e attuale per la salute umana e l’ambiente, tale da giustificare l’adozione di provvedimenti d’urgenza. Né la natura di "misure di cautela" e non di "limiti di esposizione" dei valori fisici di cui all’articolo 4, comma 2, del d.m. 381 - del cui superamento si tratta nella fattispecie - è tale da giustificare diverse conclusioni sul punto. La funzione cautelativa insita nel valore di riferimento (che, a differenza del limite di esposizione diretto a impedire effetti sanitari acuti da esposizione anche instantanea, mira a prevenire effetti nocivi di lungo periodo derivanti dall’esposizione prolungata alla fonte inquinante, secondo un principio precauzionale) non ne sminuisce la portata di strumento di tutela diretta del fondamentale diritto alla salute e la conseguente intrinseca urgenza di rimuovere le cause di superamento dei valori fisici di emissioni inquinanti ivi contemplati. L’autorizzazione alla ripetizione sul territorio nazionale di segnali di emittente estera, in forza della quale essa ricorrente esercisce l’impianto oggetto di provvedimento, deve considerarsi integrata ex lege dalla condizione prevista dallo stesso articolo 1, comma 6, lettera a), n. 15 della legge 249/1997 che, nel secondo periodo, prevede che "Il rispetto di tali limiti (di radiofrequenze compatibili con la salute umana) rappresenta condizione obbligatoria per le licenze o le concessioni all'installazione di apparati con emissioni elettromagnetiche". Più in generale, qualsiasi atto concessorio, per sua natura, reca in sé una clausola di salvezza dei diritti dei terzi e non può mai tradursi in un’abilitazione a porre in essere attività illecite causative di danni ingiusti nella altrui sfera giuridica. TAR Campania - Sezione I Sentenza del 30/03/2001 n. 1426. (vedi: sentenza per esteso)
Immissioni pregiudizievoli di onde elettromagnetiche - va concessa la domanda cautelare di sospensione dei lavori di realizzazione di una “cabina elettrica” quando è minacciato il diritto alla salute individuale. La tutela del personalissimo e costituzionalmente garantito diritto alla salute individuale che si assume minacciato da immissioni pregiudizievoli di onde elettromagnetiche rende ammissibile la domanda cautelare di sospensione dei lavori di realizzazione di una cabina elettrica. Tribunale Reggio Calabria, 30 gennaio 2001.
Le onde elettromagnetiche generate dagli elettrodotti ad alta tensione sono riconducibili al getto pericoloso di cose di cui all'art. 674 c.p.. Le onde elettromagnetiche generate dagli elettrodotti ad alta tensione devono farsi rientrare nella nozione di "cose" penalmente rilevante e poiché sono teoricamente idonee a ledere o ad infastidire persone sono riconducibili al getto pericoloso di cose di cui all'art. 674 c.p. Pertanto, in difetto di prova circa l'idoneità di dette onde a recare in concreto danni apprezzabili agli individui, deve escludersi la configurabilità, di fatto, del reato di cui alla norma predetta. Cassazione penale, sez. I, 14 ottobre 1999, n. 5626.
La pericolosità del cosiddetto inquinamento elettromagnetico artt. 674 e 675 c.p.. L'elemento materiale contenuto nell'art. 674 (gettare o versare cose) particolarmente per quanto concerne il "gettare" è di ampia portata e non ne sono prefissate le modalità, cosicché è ricomprensibile l'emissione di onde magnetiche attraverso impianti del genere qui contemplato (radioripetitore). Nè pare che non possano qualificarsi come "cose" (termine, questo, utilizzato dal legislatore con voluta genericità) i campi elettromagnetici, visto che il requisito principale appare l'attitudine ad offendere, imbrattare o molestare le persone e che, comunque, l'energia elettromagnetica ha una sua fisicità, essendo suscettibile di misurazione e utilizzazione. E poiché studi recenti hanno individuato la pericolosità del cosiddetto inquinamento elettromagnetico, l'effetto - giuridicamente rilevante - dell'"offendere" può ravvisarsi tanto nel danno all'integrità fisica, quanto in quello del decoro personale, cioè nell'attitudine a cagionare lesioni, ma ancor più a determinare una molestia, ovvero una situazione di disagio e turbamento della persona. Dovendosi, poi, tenere conto, che l'ipotesi criminosa in esame ha natura di pericolo e non di danno, sostanziandosi quindi dell'astratta idoneità alla provocazione delle conseguenze normativamente previste. In alternativa, appare configurabile la contravvenzione all'art. 675 c.p., sulla quale peraltro l'ordinanza impugnata ha taciuto. Una volta, infatti, accettato che i campi elettromagnetici, possano definirsi "cose", la posizione di apparecchiature che le generano non ha rilevanza scriminante rispetto alla sospensione pure prevista dalla norma; e infatti entrambe le ipotesi appaiono compatibili con la fattispecie, provenendo le emissioni da strutture collocate in posizione dominante rispetto al suolo. Cosicché si profila la possibilità di un contatto dei campi elettromagnetici con le persone. Inoltre, l'art. 674 c.p. disegna un reato di pericolo oltre che di danno, pertanto è necessaria la prova della idoneità delle denunciate emissioni a provocare una delle conseguenze previste dal legislatore. Cassazione penale, Sezione I, 13 ottobre 1999, n. 5592.
Il sequestro preventivo - l'ipotizzabilità in astratto della commissione di un reato. Il sequestro preventivo può essere disposto solo in relazione a cose pertinenti al reato, per impedirne la protrazione o l'aggravamento, o l'agevolazione alla commissione di altri reati, secondo la previsione dell'art. 321 c.p.p.; occorre dunque che la richiesta di tale misura prospetti l'esistenza del "fumus commissi delictì", ovvero l'ipotizzabilità in astratto della commissione di un reato - che è cosa diversa dalla ricorrenza di indizi di colpevolezza, ma deve, in ogni caso, riferirsi ad ipotesi penale certa (cfr. Sez. I, 25.3.1997, n. 2396). Cassazione penale, Sezione I, 13 ottobre 1999, n. 5592.
Impianti di radiotrasmissione - Nel caso di un provvedimento sindacale che ordina la rimozione di una antenna ricetrasmittente per ragioni di inquinamento elettromagnetico, misurato da competente laboratorio, ove da una successiva verificazione compiuta dallo stesso laboratorio emerga un "forte abbassamento" i tale inquinamento (entro i valori di campo elettrico di 20 V/m), sussistono le condizioni per valutare l`interesse pubblico alla tutela del diritto alla salute in comparazione con l`interesse imprenditoriale fatto valere dall`emittente e per individuare il punto di equilibrio tra i due interessi nella sospensione dell`atto impugnato degli impianti accertato dalla tecnica indicata in precedenza. Tar Emilia Romagna, ord. 16 ottobre 1992, n. 704, in Giur. merito, 1995, III, 149.
Immissioni - Sebbene l'art. 844 c.c. contenga un elenco esemplificativo delle immissioni suscettibili di divieto, posto che, in esso, dopo l'espressa menzione di alcune di tali immissioni seguono le parole "e simili propagazioni", tuttavia il carattere eccezionale dei limiti posti alla estrinsecazione del diritto di proprietà fa sì che la tassatività sussiste nel genus, se non nella species. Pertanto, la norma è passibile di applicazione, per interpretazione estensiva, ad ipotesi che presentino tutti i seguenti requisiti: 1) materialità dell'immissione, cioè che essa cada sotto i sensi dell'uomo ovvero influisca oggettivmente sul suo organismo (per esempio, radiazioni nocive) o su apparecchiature (per esempio, correnti elettriche e onde elettromagnetiche); 2) carattere indiretto o mediato dell'immissione, nel senso che essa non consista in un facere in alienum, ma costituisca ripercussione di fatti compiuti, direttamente o indirettamente dall'uomo, nel fondo da cui si propaga; 3) attualità di una situazione di intollerabilità, non semplice pericolo di essa, derivante da una continuità, o almeno periodicità, anche se non a intervalli regolari, dell'immissione. Questi requisiti non ricorrono nell'ipotesi in cui aggetti di gronda e tubazioni di raccolta delle acque piovane sporgano oltre la linea di confine. Cassazione civile 3889/77.
Elettrosmog - diritto alla salute - malattie professionali - metodo della sussunzione sotto leggi statistiche - nesso di causalità. In materia di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, l’accertamento dell’eziologia professionale di una malattia neoplastica è correttamente effettuato sulla base della rilevante probabilità della incidenza causale o concausale dei fattori nocivi professionali". (nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto la natura professionale anche del tumore polmonare da cui era risultato affetto un lavoratore, sofferente di broncopneumopatia non contestatamene professionale, il quale aveva assunto nel corsi di molti anni notevoli quantità di sostanze nocive provviste, secondo le attuali conoscenze in materia, anche di potenzialità cancerogene) (Cass. 7.4.1998 n. 3602). In termini generali, può dirsi che la protezione apprestata dall’ordinamento al titolare di un diritto si estrinseca prima nel vietare agli altri consociati di tenere comportamenti che contraddicano il diritto e poi nel sanzionare gi effetti lesivi della condotta illecita, obbligando il responsabile al risarcimento del danno. Con specifico riferimento al diritto alla salute, sarebbe contraddittorio affermare che esso non tollera interferenze esterne che mettano in discussione l’integrità a ammettere che alla persona sia data la sola tutela del risarcimento del danno e non anche quella preventiva". Soltanto un accertamento e un’indicazione tecnico-scientifica, infatti, poteva dar conto delle possibili variabili in ordine al rimedio - risarcimento rispetto all’illecito civile come sopra accertato, rispetto a cui, per esempio, una risposta totalmente negativa ovvero contemplante come unica opzione concretamente praticabile lo smantellamento delle intere linee di elettrodotti con conseguente definitiva interruzione dell’importante asse di approvvigionamento e distribuzione elettrica avrebbe potuto risultare pregnante ai fini di cui al predetto 2° comma dell’art. 844 c.c. Più concretamente, e più attualmente, non può non tenersi conto in particolare che, da tempo, la Suprema Corte, sia civile sia penale, di questo Paese ha accolto nell’alveo della tematica del nesso eziologico il concetto di possibilità - probabilità meramente statistica.
Per il penale:
Il Giudice, avvalendosi del metodo della sussunzione sotto leggi statistiche ove non disponga di leggi universali, dirà che è probabile che la condotta dell’agente costituisca una condizione necessaria dell’evento, probabilità che altro non significa se non probabilità logica o credibilità razionale che deve essere di alto grado, nel senso che il giudice dovrà accertare che senza il comportamento dell’agente l’evento non si sarebbe verificato appunto con alto grado di probabilità (Cass. 06/12/90 su foro it. 1992, II, 36, nonché Cass. 20/01/1999 imp. Hautmann, Cass. 19/01/1999 imp. Montagner; Cass. 04/08/1998 imp. Ferrari; Cass. 19/01/1998 imp. Ferraglia; Cass. 04/02/1987 imp. Zucchi).
Per il civile:
"Nel caso di malattia ad eziologia multifattoriale, il nesso di causalità relativo all’origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione; e, se questa può essere data anche in termini di probabilità sulla base delle particolarità della fattispecie (essendo impossibile, nella maggior parte dei casi, ottenere la certezza dell’eziologia), è necessario pur sempre che si tratti di "probabilità qualificata", da verificarsi attraverso ulteriori elementi (come ad esempio i dati epidemiologici), idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale:" (Cass. 20.09.00 n. 12909, nonché Cass. N. 6388/98). Tribunale di Como Ordinanza 30 novembre 2001. (vedi: sentenza per esteso)
Trattamento sanitario - trattamento obbligatorio - rischio del sacrificio della salute - diritto alla conservazione dello stato di salute - provvedimenti della pubblica amministrazione - inefficacia. Il diritto alla salute, posto a base della domanda, è infatti un diritto fondamentale dell'individuo, che l'art. 32 Cost. protegge direttamente (Corte cost. 26 luglio 1979 n. 88; 14 luglio 1986 n. 184; 18 dicembre 1987 n. 559; 27 ottobre 1988 n. 992; 22 giugno 1990 n. 307; 18 aprile 1996 n. 118). La Corte costituzionale, nella sentenza 22 giugno 1990 n. 307, ha in particolare considerato che un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiono normali in ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili. Ha aggiunto, con riferimento all'ipotesi di ulteriore danno alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio, compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica, che a giustificare la misura sanitaria non è da solo sufficiente il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività, per tale rilievo 'esige che in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato, restando così limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo comporti un rischio specifico, ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri. Da ciò è conseguita l'affermazione che la legge deve prevedere un equo ristoro del danno alla salute subito dal singolo in conseguenza dell'essersi dovuto sottoporre ad un trattamento obbligatorio. Se ne trae, logicamente, la conclusione, che siano da considerare prive di efficacia giuridica le determinazioni contenute nei provvedimenti della pubblica amministrazione, per la parte in cui possano risultare lesive della conservazione dello stato di salute, anche quando i provvedimenti adottati costituiscano in sé manifestazione di un potere ad altri fini previsto dalla legge (Sez. Un. 6 ottobre 1979 n. 5172). Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2000, n. 9893. (vedi sentenza per esteso)
Malattie professionali - In tema di assicurazione contro le malattie professionali, l'accertamento che la malattia, manifestatasi entro il periodo massimo di indennizzabilità, sia astrattamente compresa fra quelle tabellate - e cioè derivante da una lavorazione tabellata (nella specie, carcinoma mammario, accertato come rientrante nella voce 40 dell'allegato 4, nel testo del D.P.R. 9 giugno 1975, n. 482, al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, relativa a malattie causate da radiazioni ionizzanti, laser, onde elettromagnetiche e loro conseguenze) - comporta l'applicabilità della presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall'assicurato, con il conseguente onere dell'Inail di provare una diversa patogenesi della malattia stessa. Cass. civ. 4297/96 (conf.: Cass. civ. 11143/92).
Impianti di telefonia pubblica -
opere accessorie - natura giuridica - opere private di pubblica utilità -
sussistenza del potere di pianificazione urbanistica dei Comuni. Gli
impianti di telefonia mobile, e le relative opere accessorie, non sono da
qualificare né come opere private in senso stretto, né come opere pubbliche,
bensì come opere private di pubblica utilità. A tali conclusioni si perviene
alla luce del quadro normativo: anzitutto, la l. 22 febbraio 2001, n. 36,
<<Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici
ed elettromagnetici>>, all’art. 8, co. 6, stabilisce, in relazione agli impianti
di telefonia mobile, che <<I comuni possono adottare un regolamento per
assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e
minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici>>.
Sussiste dunque senz’altro il potere di pianificazione urbanistica dei Comuni in
relazione agli impianti di telefonia mobile. Il servizio di telefonia mobile è
considerato un servizio pubblico, come si evince dall’art. 2, co. 1, d.p.r. 19
settembre 1997, n. 318, a tenore del quale: <<L'installazione, l'esercizio e la
fornitura di reti di telecomunicazioni nonché la prestazione dei servizi ad esse
relativi accessibili al pubblico sono attività di preminente interesse
generale>>. Quanto alla natura giuridica degli impianti, rilevante anche ai fini
urbanistici per la loro localizzazione, si tratta di impianti di interesse
generale, gestiti da soggetti privati con criteri imprenditoriali. Sicché, la
qualificazione corretta degli impianti è di opere private di pubblica utilità.
Consiglio di Stato, Sez. VI - 26 agosto 2003 n. 4847
Impianti di telefonia pubblica - opere accessorie - strumento espropriativo -
indennità - va commisurata al valore venale - inapplicabilità art. 1 l.n.
1/1978. Gli impianti di telefonia mobile, e le relative opere accessorie,
sono opere private di pubblica utilità. Il che implica: 1) la possibilità di
utilizzare lo strumento espropriativo, che riguarda sia le opere pubbliche che
quelle private di pubblica utilità (come ora confermato dall’art. 1, co. 1,
d.lgs. 2001 , n. 327, testo unico delle espropriazioni immobiliari: <<il
presente testo unico disciplina l'espropriazione, anche a favore di privati, dei
beni immobili o di diritti relativi ad immobili per l'esecuzione di opere
pubbliche o di pubblica utilità>>, in parte qua confermativo della disciplina
precedente); 2) la sottoposizione dell’espropriazione finalizzata a opere
private di pubblica utilità a regole parzialmente difformi rispetto a quelle
dettate per le opere pubbliche: - anzitutto, l’indennità va commisurata al
valore venale (come ora confermato dall’art. 36, t.u. espropriazioni,
confermativo della costante elaborazione giurisprudenziale, secondo cui il
criterio del valore venale si applica alle espropriazioni a favore di privati,
diverse da quelle finalizzate agli interventi di edilizia residenziale pubblica;
cfr. Cass., 7 novembre 1981, n. 5880; Cass., sez. un., 25 gennaio 1989, n. 409);
- in secondo luogo, è inapplicabile l’art. 1, l. n. 1/1978, che riguarda solo le
opere pubbliche, o quelle di pubblica utilità che fruiscono di finanziamento
pubblico (v. C. Stato, ad. plen. 25 gennaio 2000, n. 9; solo il testo unico per
le espropriazioni immobiliari, non ancora in vigore, assimila in toto il
procedimento espropriativo per le opere pubbliche e di pubblica utilità, salvo
che per la misura dell’indennità). Consiglio di Stato, Sez. VI - 26 agosto
2003 n. 4847
Telefonia cellulare - L`installazione di un ripetitore per telefonia cellulare su di un lastrico solare situato in un edificio condominiale non costituisce violazione dell'art. 1122 c.c., in quanto non sussiste alcun riscontro scientifico della pericolosità di tale impianto per la salute dei condomini. Trib. civ. Piacenza, 13 febbraio 1998, n.51, in Arch. loc. e cond. 1998, 420.
Telefonia cellulare - In materia di installazione di stazioni radio base per telefonia cellulare, in presenza di documentazione, consistente in una relazione clinica, attestante possibili relazioni tra manifestazioni morbose subite da una persona residente nello stabile e l`attivazione degli impianti, deve cautelarmente essere considerato prevalente l`interesse primario alla salute rispetto ad ogni altro interesse giuridicamente protetto, con conseguente sospensione del provvedimento con il quale vengono dichiarati urgenti i lavori e le opere concernenti l`installazione e l`attivazione dell`impianto. (Fattispecie in cui una stazione radio base per telefonia cellulare era stata installata sul terrazzo di uno stabile condominiale). Tar Lazio, sez. I, ord. 18 dicembre 1996, n. 3806, in Arch. loc. e cond. 1997, 875.
Telefonia cellulare -Nel quadro degli interessi contrapposti coinvolti dal provvedimento impugnato e nei limiti della sommaria delibazione propria della fase cautelare, va respinto l'appello avverso l'ordinanza con la quale il T.A.R. ha sospeso un decreto del Ministero PP.TT. con il quale venivano dichiarati urgenti i lavori e le opere concernenti l'installazione e l'attivazione di una stazione radio-base GSM sul terrazzo di un edificio condominiale ritenendo preminente l'interesse di tutela della salute rispetto ad ogni altro interesse giuridicamente protetto. Cons. Stato, sez. VI, 25 marzo 1997, n. 582.
Legittimazione processuale - comitati ^
Controversia concernente l'inibizione delle immissioni di onde elettromagnetiche - giurisdizione del G.O.. Una controversia concernente l'inibizione delle immissioni di onde elettromagnetiche derivanti da un elettrodotto ritenute nocive per la salute ai sensi dell'articolo 33, comma 2, lett. e) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, così come modificato dall'articolo 7, comma 1, lett. a) della legge 21 luglio 2000, n. 205 rientra nella giurisdizione del G.O. non rientrando nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Tribunale di Como 22 gennaio 2002
Comitato - legittimazione processuale - criterio del collegamento al territorio - individuale legittimazione al gravame da parte dei singoli aderenti al comitato. La giurisprudenza (cfr. Consiglio Stato Sez. V 18 novembre 1997 n. 1325, T.A.R. Lazio Sez. I 4 dicembre 1997 n. 2041) afferma che un comitato cittadino non è legittimato ad impugnare una concessione edilizia ove questi non dimostri un legittimante collegamento stabile con il territorio, dato che, di per sé, la sua posizione non si presenta differenziata e qualificata rispetto a quella propria della generalità dei cittadini. La legittimazione giurisdizionale, invero, presuppone la specificazione, con riferimento alla situazione concreta e fattuale, del come, perché ed in quale misura il provvedimento impugnato si rifletta negativamente sulla posizione sostanziale dell’istante, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale. Pertanto, sono legittimati ad impugnare i provvedimenti urbanistico-edilizi quei soggetti che vantino un interesse personale, diretto ed attuale all'annullamento dell'atto - perché proprietari dei fondi confinanti o, più in generale, secondo l'indirizzo che ormai prevale, - per essere titolari di diritti reali su immobili situati nella zona interessata dalla costruzione assentita, o anche per il solo fatto di trovarsi con la zona stessa in una situazione di stabile collegamento o di essere insediati abitativamente in essa - che lamentano una lesione dei valori urbanistici, intesi in senso ampio, garantiti dalle previsioni urbanistiche relative alla zona. Il confinante è, quindi, legittimato a far valere il proprio interesse qualificato al mantenimento del rispetto della disciplina urbanistica propria della zona (cfr. TAR Brescia n. 29 del 22.1.1998). Risulta evidente, l'interesse del privato proprietario a che le aree prossime a quella di sua proprietà ricevano una determinata sistemazione urbanistica, è configurabile come interesse legittimo tutelabile mediante il ricorso contro il piano regolatore (generale o particolareggiato), nonché eventualmente, contro le concessioni edilizie (cfr. Consiglio Stato sez. IV, 7 febbraio 1990 n. 66). Alla stregua di tali principi, il Collegio reputa che, nella presente fattispecie, risulti comprovata la sussistenza della posizione legittimante al gravame in capo al ricorrente Comitato, atteso che questo è costituito da soggetti abitanti nei fabbricati circostanti il terreno ove è stato allocata, in forza dell’impugnata concessione edilizia, la stazione radio. I soggetti che costituiscono il Comitato risultano, dunque, forniti di una propria individuale legittimazione al gravame, di guisa che la proposizione del ricorso da parte del Comitato non è, di per sé sola, capace di far venir meno la legittimazione. TAR Lombardia, Sez. Brescia, 21 agosto 2001, n. 712
DIRITTO DELL’ENERGIA - Regione Lombardia - L.R. n. 52/1982 - Linee elettriche - Amministrazione comunale - Determinazione di ordine generale con cui si imponga la realizzazione di linee elettriche interrate - Illegittimità. La L.R. Lombardia 16.8.1982 n. 52 - che detta “Norme in materia di opere concernenti linee ed impianti elettrici fino a 150.000 Volt” - configura un quadro nell’ambito del quale il rilascio delle autorizzazioni è attribuito alla Regione (art. 4), mentre alla Amministrazioni comunali (artt.2 e 3) è attribuito esclusivamente il potere di proporre sul progetto presentato dai richiedenti le proprie osservazioni ed opposizioni. Ne deriva l’illegittimità della determinazione di ordine generale dell’Amministrazione comunale con cui, invece che valutare volta per volta la specifica richiesta di autorizzazione, si imponga sull’intero territorio comunale l’obbligo di realizzazione di linee elettriche interrate. Pres. Petruzzelli, Est. Conti - E.D. spa (avv.ti Toscano e Ferrando) c. Comune di Gorno (n.c.). TAR LOMBARDIA, Brescia,Sez. I - 29 dicembre 2010, n. 4983
ELETTRODOTTI - VIA - DIRITTO DELL’ENERGIA - Elettrodotti - Normativa
comunitaria - Fissazione di soglie - Codice dell’Ambiente - Modifiche ex d.lgs.
n. 4/2008 - Subprocedimento di verifica dell’assoggettabilità. La necessità
di esperire la procedura di VIA, per gli elettrodotti, è rimessa dalla normativa
comunitaria (direttiva n. 85/337/CEE: art. 4, paragrafo 2, in relazione al punto
3, lettera b, dell’allegato II) a valutazioni caso per caso o alla fissazione di
soglie, pur nell’ambito del tendenziale principio di inderogabilità, da parte
del legislatore nazionale, all’obbligo di VIA (Corte di giustizia CE, 23
novembre 2006, in causa n. C-486/04; Corte di giustizia CE, 8 settembre 2005, in
causa C-121/03). Per effetto delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 4 del 2008
al Codice dell’ambiente, l’effettuazione della VIA è ora subordinata, anziché
alla determinazione di soglie, allo svolgimento di un subprocedimento preventivo
volto alla verifica dell’assoggettabilità dell’opera realizzanda alla VIA
medesima. Pres. Amirante, Est. Finocchiaro - Presidente del Consiglio dei
Ministri c. Regione Puglia.
CORTE COSTITUZIONALE - 26 marzo 2010, n. 1200
ELETTRODOTTI - VIA - DIRITTO DELL’ENERGIA - Varianti di tracciato degli
impianti elettrici esistenti - Art. 4, c. 4 L.r. Puglia n. 25/2008 - Sottrazione
alla VIA degli interventi concordati con i proprietari dei fondi e le
amministrazioni interessate - Illegittimità costituzionale. Va dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, della legge della Regione
Puglia n. 25 del 2008, nella parte in cui, comprendendo tra gli interventi di
manutenzione ordinaria le varianti di tracciato degli impianti elettrici
esistenti, concordate con i proprietari dei fondi interessati e le
amministrazioni interessate, ha l’effetto di sottrarle alla valutazione
d’impatto ambientale. Pres. Amirante, Est. Finocchiaro - Presidente del
Consiglio dei Ministri c. Regione Puglia.
CORTE COSTITUZIONALE - 26 marzo 2010, n. 120
ELETTRODOTTI - VIA - DIRITTO DELL’ENERGIA - Elettrodotti - Procedura
autorizzatoria e procedura di VIA - Procedimenti autonomi finalizzati alla cura
di interessi distinti. La procedura autorizzatoria per progetti relativi a
linee e impianti elettrici e la procedura di VIA invece, sono autonomi e
finalizzati alla cura di interessi distinti, pur se l’esito della VIA condiziona
il merito della procedura autorizzatoria. Sebbene sia indubbio il collegamento,
in termini di utilità concreta e finale per il richiedente, tra il procedimento
diretto alla espressione del giudizio di compatibilità ambientale per la
realizzazione di un impianto ed il procedimento per il rilascio
dell’autorizzazione, sono distinte le norme che individuano le autorità
coinvolte e le rispettive modalità e termini per il compimento degli atti. Pres.
Amirante, Est. Finocchiaro - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione
Puglia.
CORTE COSTITUZIONALE - 26 marzo 2010, n. 120
ELETTRODOTTI - DIRITTO DELL’ENERGIA - INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Elettrodotti - Catasto informatico regionale degli elettrodotti presso l’ARPA-
L.r. Puglia n. 25/2008 - Titolarità provinciale del controllo sulle fonti di
inquinamento elettromagnetico - Contraddizione - Esclusione. L’art. 19 della
legge regionale n. 25 del 2008 istituisce il catasto informatico regionale degli
elettrodotti. La norma è attuativa della funzione che l’art. 8, comma 1, lettera
d), della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sull'esposizione a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici), attribuisce alle Regioni, di
realizzazione e gestione, in coordinamento con il catasto nazionale di cui
all’articolo 4, comma 1, lettera c), della stessa legge, di un catasto delle
sorgenti fisse dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, al fine di
rilevare i livelli dei campi stessi nel territorio regionale, con riferimento
alle condizioni di esposizione della popolazione.). Non c’è allora
contraddizione, nella menzionata legge regionale, tra la riaffermazione della
titolarità provinciale del controllo sulle fonti di inquinamento
elettromagnetico, e la collocazione presso l’ARPA del Catasto informatico degli
elettrodotti, inquadrandosi l’attività dei due soggetti in ambiti diversi,
attinenti, riguardo alla Provincia, alla responsabilità politico-istituzionale,
e riguardo all’ARPA, all’espletamento di compiti tecnico-scientifici. Pres.
Amirante, Est. Finocchiaro - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione
Puglia.
CORTE COSTITUZIONALE - 26 marzo 2010, n. 120
ELETTRODOTTI - VIA - Costruzioni di elettrodotti aerei - Procedura di valutazione dell’impatto ambientale - Elettrodotti transfrontalieri - Lunghezza superiore a 15 km - Costruzioni transfrontaliere - Lunghezza totale superiore al limite - Elettrodotto situato principalmente nel territorio di uno Stato membro confinante - Lunghezza del tratto nazionale dell’elettrodotto inferiore al limite - Dir. 2003/35/CE. Gli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, vanno interpretati nel senso che un progetto previsto dal punto 20 dell’allegato I di tale direttiva, quale la costruzione di elettrodotti aerei con un voltaggio di 220 kV o superiore e di lunghezza superiore a 15 km, deve essere sottoposto dalle autorità competenti di uno Stato membro alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale ancorché detto progetto sia transfrontaliero e solo un tratto di lunghezza inferiore a 15 km sia situato nel territorio di detto Stato membro. Pres. Bonichot - Rel. Kuris - Umweltanwalt von Kärnten c. Kärnter Landesregierung. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 10/12/2009, Sentenza C-205/08
ELETTRODOTTI - ENERGIA - Elettrodotto posto a servizio di un’unica utenza privata - Natura di opera di interesse generale - Sussistenza - Art. 3 L. n. 166/2002 - Imposizione di servitù di elettrodotto - Diniego - Illegittimità. Le attrezzature e gli impianti relativi alla rete elettrica costituiscono opere di interesse generale, ai fini di cui all’art. 3 della L. n. 166/2002, e le stesse sono funzionali allo svolgimento di un pubblico servizio (v. TAR Puglia, Bari, Sez. I, 10 giugno 2003 n. 2359), sì da risultare irrilevante il numero dei fruitori del singolo impianto, che - per il solo fatto di concorrere all’esercizio del servizio elettrico - reca in sé le caratteristiche dell’opera di pubblico interesse. Illegittimo, allora, si presenta il diniego di imposizione di servitù di elettrodotto motivato unicamente con l’inesistenza della finalità pubblica, sulla base della circostanza che l’elettrodotto è posto a servizio di un’unica utenza privata. Pres. Papiano, Est.Caso -Enel distribuzione spa (avv. Funes) c. Comune di Rivergaro (avv.ti Cavazzuti e Ferrari) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 12/05/2009, n. 257
ENERGIA - Cavidotti sotterranei - Comune di Firenze - Indennità di civico ristoro - Distinzione dal canone per l’occupazione del suolo pubblico e dagli oneri di ripristino . L’indennità di civico ristoro, introdotta dall’art. 7, comma 3, del Regolamento comunale di Firenze (Linee guida per la razionale sistemazione nel sottosuolo degli impianti tecnologici) cui trattasi è espressamente rapportata al degrado del corpo stradale, a quello dell’apparato radicale delle alberature esistenti, ai conseguenti disagi per il traffico veicolare e pedonale (e ai connessi maggiori oneri di gestione), conseguenti all’attività di alterazione del sottosuolo, trattandosi di un bene pubblico, non illimitato, prioritariamente destinato all’uso della collettività (comportando, la predetta attività, la sottrazione, quanto meno temporanea, del suolo di superficie all’uso generale cui è destinato). Pertanto, essa si distingue sia dalla tassa o dal canone per l’occupazione del suolo pubblico (dovuto da tutti gli operatori per la mera utilizzazione di spazi o strutture pubblici), sia dagli oneri di ripristino a regola d’arte del manto stradale rimosso per l’esecuzione dei lavori di posa dei cavi, sia dagli altri eventuali oneri derivanti dai danni prodottisi durante la fase di preparazione, gestione e chiusura dei cantieri. Pres. Cicciò, Est. Massari - Enel Distribuzione S.p.A. (avv.ti Giuliani, Grassi e Petrizzi) c. Comune di Firenze (avv.ti Sansoni e Visciola). T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 26/03/2009, n. 519
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Elettrodotti - Costruzione elettrodotto - Permesso di costruire - Necessità - Esclusione - Perseguimento di interessi generali - Incolumità pubblica - Garanzia - Osservanza delle regole tecniche - Fattispecie. Per la costruzione di un elettrodotto, quale opera di interesse statale , non solo non è necessario il rilascio del permesso di costruire da parte del Comune, (art 7 del testo unico), ma la sua realizzazione è sottoposta a proprie regole costruttive la cui compatibilità con la disciplina urbanista, è rimessa alla valutazione rispettivamente del Ministero dei Lavori pubblici e della Regione a secondo che si tratti di elettrodotti con tensione superiore o inferiore ai centocinquantamila volts. A norma dell'articolo 2 della legge n 109 del 1994 e degli artt 87 ed 88 del D.P.R. 24 luglio 1977 n 616 gli elettrodotti sono da considerare opere pubbliche, in quanto realizzate dall'ENEL che opera come organismo pubblico per il perseguimento di interessi generali (cfr per tutte Cons di Stato sez IV 3 maggio 2005 n 2136). L'incolumità pubblica è garantita dall'osservanza delle regole tecniche previste proprio per la realizzazione degli elettrodotti. La progettazione delle opere pubbliche è disciplinata in via generale dall'articolo 16 della legge 109 del 1994 ,il quale indica dettagliatamente le caratteristiche tecniche che essa deve avere . Nella fattispecie la costruzione è stata realizzata sotto il diretto controllo della Regione. Si deve pertanto presumere, in mancanza di specifiche contestazioni, che sia stata applicata la normativa tecnica del settore. Pres. Postiglione, Est. Petti, Ric. Libonati. (annulla sentenza del tribunale di Lagonegro dell'8/02/2006). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Penale, 18/07/2007 (Ud. 29/05/2007), Sentenza n. 28514
Elettrodotti - Autorizzazione di una nuova linea - Divieto di contratti di fornitura di energia elettrica a vantaggio di opere abusive - Non incide sulla legittimità dell’autorizzazione. Il divieto di contratti di fornitura elettrica a vantaggio di opere abusive, di cui all’art. 45 della L. n. 47/1985 non incide sulla legittimità del provvedimento di autorizzazione di una nuova linea dell’elettrodotto, finalizzata al potenzialmente della rete elettrica esistente e costituente opera di utilità generale. Il problema del divieto di cui al citato art. 45 si potrà, semmai, presentare successivamente, in occasione della richiesta di allacciamento da parte del proprietario delle opere abusive. Pres. Giovannini, Est. De Nictolis - Comune di Muscoline (avv.ti Bonomi e Pafundi) c. E.N.E.L. distribuzione s.p.a. (avv.ti Crippa, L. Manzi e A. Manzi), C.K. (avv. Beltrani) e Regione Lombardia (n.c.), riunito ad altro ric. (conferma T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, n. 940/2002) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 22 novembre 2006 (c.c. 24 ottobre 2006), sentenza n. 6834
Elettrodotti - Esposizione a campo elettromagnetico - Tutela della salute - Linea elettrica - Abitazione privata - Interramento della linea elettrica - Giurisdizione in materia di pubblici servizi - Giudice ordinario - L. n. 205/2000 - Art. 32 Cost. In tema di costruzione e messa in esercizio di una linea di trasmissione di energia elettrica, la domanda proposta dal privato nei confronti della P.A. o dei suoi concessionari, tesa ad ottenere - previo accertamento del pericolo per la salute derivante dall'esposizione al campo elettromagnetico, data la breve distanza tra la linea elettrica e l'abitazione dell'istante - un'inibitoria, con la richiesta, in particolare, di emanazione da parte del giudice di un ordine di interramento della linea elettrica a ridosso della abitazione del privato, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, atteso che la P.A. e priva di qualunque potere, ancorché agisca per motivi di interesse pubblico, di affievolire o di pregiudicare indirettamente il diritto alla salute, il quale, garantito come fondamentale dall'art. 32 della Costituzione, appartiene a quella categoria di diritti che non tollerano interferenze esterne che ne mettano in discussione l'integrità. Tale principio vale anche nel nuovo quadro di riparto della giurisdizione in materia di pubblici servizi, di cui all'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205. Presidente V. Carbone, Relatore L. F. Di Nanni. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sezione Unite, 8 novembre 2006 (Ud. 12/10/2006) Sentenza n. 23735 (vedi: sentenza per esteso)
Elettrodotti - Procedimenti ablatori - Procedimenti di massa - Ricorso a forme di partecipazione alternative alla comunicazione personale - Avviso sul Bollettino Regionale - Sufficienza. I procedimenti ablatori che riguardano la realizzazione degli elettrodotti debbono ritenersi procedimenti di massa, come tali idonei ex se a giustificare il ricorso a forme di partecipazione alternative alla personale ed individua comunicazione di avvio del procedimento, quali sono l’avviso sul BURC o l’affissione all’albo pretorio (v. ex plurimis, TAR Molise n. 659/2003 e TAR Campania, Napoli, n. 3386/2002). Pres. Portoghese, Est. Grasso - T.T. e altri (avv. Pennetta) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altro (Avv. Stato), Ente Parco regionale dei Monti Picentini (n.c.) e Regione Campania (avv. Consolazio) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 27 settembre 2006, n. 1418 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Elettrodotti - T.U. 1775/33 - Necessità della concessione edilizia - Esclusione - Deroga alla disciplina generale sugli interventi edilizi. La realizzazione di un elettrodotto tramite il procedimento previsto dagli art. 119, 120 e 121 t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 non richiede il rilascio della concessione edilizia e, quindi, il previo riscontro della conformità della stessa alla normativa di piano regolatore. Le norme in questione, in ragione della particolare tipologia delle opere de quibus e della natura degli interessi coinvolti, derogano alla generale disciplina sugli interventi edilizi. Pres. Ravalli, Est. Manca - Enel distribuzione s.p.a. (avv.ti Nicolì, De Vergottini, Libratti e Zingrillo) c. Comune di Francavilla Fontana (avv. Sticchi Damiani) e altro (n.c.) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 8 marzo 2006 Sentenza n. 1433 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Elettrodotti - Trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica - Competenza esclusiva dello Stato - Art. 2, c. 5 L.R. Abruzzo n. 45/2004 - Illegittimità costituzionale. La previsione dell’art. 2, comma 5 della L.R. Abruzzo n. 45 del 2004, relativa all’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, è costituzionalmente illegittima con riferimento alla trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica con tensione non superiore a 150 Kv. Nel settore, infatti, della «trasmissione» e «distribuzione dell'energia elettrica» sussistono esigenze di unitarietà nella determinazione, tra l'altro, dei criteri tecnici (v. sentenza n. 7 del 2004), che non ammettono interferenze da parte delle Regioni per effetto di autonome previsioni legislative, come quella in esame, le quali, imponendo ai gestori che operano a livello regionale l'utilizzo di distinte tecnologie, eventualmente anche diverse da quelle previste dalla normativa statale, possano «produrre una elevata diversificazione della rete di distribuzione della energia elettrica, con notevoli inconvenienti sul piano tecnico ed economico» (cfr. sentenza n. 336 del 2005). Deve, pertanto, essere riconosciuto esclusivamente allo Stato, in questa materia, il compito, tra l'altro, di prescrivere l'utilizzo di determinate tecnologie, sia al fine di assicurare la tutela dell'ambiente e del paesaggio e di promuovere l'innovazione tecnologica e le azioni di risanamento volte a minimizzare l'intensità e gli effetti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sia al fine di assicurare unitarietà ed uniformità alla rete nazionale. Pres. Marini, Red. Quaranta - Pres. del Consiglio dei Ministri c. Regione Abruzzo - CORTE COSTITUZIONALE, 17 marzo 2006, n. 103 (vedi: sentenza per esteso)
Impianti di elettrodotto - Costruzione - Avvio del procedimento - Partecipazione - Forme alternative di pubblicità - Art. 8 L. n. 241/1990. Anche nel procedimento di approvazione degli impianti di elettrodotto, se il numero dei destinatari è elevato, si applica l'art. 8 L. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m., che prevede la possibilità di sostituire, alla comunicazione personale di avvio del procedimento, forme alternative di pubblicità. Pres. Petruzzelli; Est. Pupilella. T.A.R. Toscana, sez. II, 7 dicembre 2005, n. 8265
Elettrodotti - L.R. Veneto n. 27/93 - Previsione di limiti di esposizioni superiori rispetto a quello introdotti dalla legge statale - Implicita abrogazione - L. 62/53 - Cd. effetto ghigliottina. In seguito alla sopravvenienza della normativa statale di principio in materia di protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (legge n. 36/2001) e della disciplina applicativa (D.P.C.M. 8 luglio 2003) avente valore su tutto il territorio nazionale, le norme regionali precedentemente in vigore (L.R. Veneto n. 27/93), che fissano valori diversi e superiori, incompatibili con quelli introdotti dalla legge quadro, devono ritenersi abrogate ai sensi dell’art. 10 della legge n. 62/53; anche nel nuovo assetto costituzionale derivante dalla riforma del titolo V, infatti, la prevalenza delle norme statali di principio sulle norme regionali con esse incompatibili, permane come regola che risolve il conflitto in forza dell’effetto abrogativo (c.d. effetto ghigliottina) previsto dall’art. 10 della legge 62/53. Pres. ed Est. De Zotti - H. s.r.l. (Avv.ti A. ed M. Steccanella e Pinello) c. Comune di Vazzola (n.c.) e Regione Veneto (Avv.ti Morra e Peagno) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 19 agosto 2005, n. 3200
Elettrodotti - Urbanistica e
edilizia - Sanatoria postuma degli elettrodotti abusivi - Abbattimento degli
elettrodotti costruiti senza autorizzazione e non sanati - Valutazione del
prevalente interesse pubblico - Art. 211, r.d. n. 1775/1933 - L. n.47/1985.
Il r.d. n. 1775/1933, all’art. 211 assoggetta a titolo autorizzatorio la
realizzazione di linee di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica,
mentre la possibilità di sanatoria “ex post” trova stabile referente nell’art.
13 della legge 28.02.1985, n. 47. Nella specie, l’eliminazione di ogni criterio
di stretto automatismo fra abuso e demolizione, da parte della Giunta regionale
Campana, con la previsione che “l’abbattimento degli elettrodotti costruiti
senza autorizzazione e non sanati possa avvenire solo dopo la valutazione del
prevalente interesse pubblico”, così che l’ “iter” valutativo che deve precedere
la rimozione degli impianti abusivi si configura del tutto conforme all’art. 221
del r.d. n. 1775/1933, assegnando una residua sfera di discrezionalità
all’autorità competente ad adottare la sanzione ripristinatoria. Pres.
VARRONE - Est. POLITO - E.N.E.L. S.p.a. - (avv.to De Santis) c. Regione Campania
(avv.to Baroni) (conferma TAR Campania, Sezione I^, n. 576/1998 del 16.02.1998).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 novembre 2004 (c.c. 25 giugno 2004), sentenza n.
7279 (vedi:
sentenza per esteso)
Elettrodotti - Urbanistica e edilizia - Pratiche autorizzatorie degli
elettrodotti - Oneri - Ambito di legalità - Linee elettriche prive di titolo
autorizzatorio - Sanzione demolitoria per gli impianti abusivi - Fondamento -
R.d. n. 1775/1933. La previsione di un corrispettivo per l’espletamento
delle pratiche autorizzatorie degli elettrodotti configura una misura
strettamente amministrativa, che investe l’assetto organizzativo degli uffici,
in attuazione del principio in base la quale il privato può essere chiamato a
concorrere agli oneri indotti a carico dell’ente pubblico per l’attività di
amministrazione da svolgersi su sua richiesta e nel suo esclusivo interesse. Le
ulteriori prescrizioni sulla riconduzione in un ambito di legalità delle linee
elettriche prive di titolo autorizzatorio operano “una tantum” sul piano
dell’esercizio di poteri di amministrazione attiva, sollecitando agli organi
della regione a garantire l’osservanza del quadro normativo prefigurato dal r.d.
n. 1775/1933, che resta immutato nei suoi principi informatori (necessità del
titolo autorizzatorio per la realizzazione ed esercizio di linee di trasmissione
e distribuzione dell’energia elettrica; sanzione demolitoria per gli impianti
abusivi non legata ad un criterio di stretto automatismo). Pres. VARRONE - Est.
POLITO - E.N.E.L. S.p.a. - (avv.to De Santis) c. Regione Campania (avv.to
Baroni) (conferma TAR Campania, Sezione I^, n. 576/1998 del 16.02.1998).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 novembre 2004 (c.c. 25 giugno 2004), sentenza n.
7279 (vedi:
sentenza per esteso)
Elettrodotti - Urbanistica e edilizia - Nozione di “opere connesse” alla linea
elettrica - rapporto funzionale e di stretta pertinenzialità - c.d. “volumi
tecnici” - Onere di contribuzione - Interventi idonei ad introdurre una
modificazione del territorio. Le “opere connesse” alla linea elettrica - cui
si estende il corrispettivo commisurato alla lunghezza dell’elettrodotto -
si identificano in manufatti legati da rapporto funzionale e di stretta
pertinenzialità con la linea elettrica che, secondo la nozione dei c.d. “volumi
tecnici”, non recano un autonomo impatto sul territorio. Resta invece
assoggettato a separato controllo ed onere di contribuzione ogni altro
intervento costruttivo che, per ubicazione e consistenza volumetrica, si
configuri idoneo ad introdurre una modificazione del territorio del tutto
autonoma ed ulteriore rispetto alla linea di conduzione di energia elettrica già
autorizzata. Pres. VARRONE - Est. POLITO - E.N.E.L. S.p.a. - (avv.to De Santis)
c. Regione Campania (avv.to Baroni) (conferma TAR Campania, Sezione I^, n.
576/1998 del 16.02.1998). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 novembre 2004 (c.c.
25 giugno 2004), sentenza n. 7279 (vedi:
sentenza per
esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Elettrodotti - Ordinanza sindacale di sospensione dei lavori - Motivazione - Onde elettromagnetiche - Pericolo potenziale non suffragato da studi - Illegittimità. E’ illegittima l’ordinanza sindacale di sospensione dei lavori di realizzazione di un elettrodotto, quando sia motivata da un pericolo “potenziale” derivante dalle onde elettromagnetiche del tutto generico, non suffragato da studi ed analisi sul danno alle persone. T.E.R.N.A. S.p.A. (Avv.ti Bruno, Passeggio, Di Stefano e Schifino) c. Comune di Filogaso (Avv. Cosentino) - T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez.I - 20 luglio 2004, n. 1642
Elettrodotti - Energia - Art. 9 L.R. Friuli Venezia Giulia n. 30/2002 - Questione di legittimità costituzionale - Art 2 d. lgs. 110/2002 - Infondatezza - Competenza regionale - Limiti - Elettrodotti con tensione superiore a 150 KV ed elettrodotti transfrontalieri - Competenza dello Stato. E’ infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 2002, n. 30 (Disposizioni in materia di energia), sollevata in riferimento all’art. 2 del decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di energia, miniere, risorse geotermiche e incentivi alle imprese): deve ritenersi che il comma 2 dell’art. 9 della legge regionale impugnato, nel prevedere la possibilità di accordi al fine di migliorare la capacità di trasmissione degli elettrodotti, si riferisca esclusivamente a quelli di competenza regionale ai sensi degli articoli 1 e 2 del d.lgs. n. 110 del 2002 (con tensione non superiore a 150 KV). Allo stesso modo, anche i successivi commi 3 e 4 - nei quali si prevede l’esistenza di una autorizzazione unica regionale, avente efficacia di dichiarazione di pubblica utilità, per “le opere e le infrastrutture connesse alla realizzazione degli interventi di cui al comma 2” - non possono che riferirsi alle opere di competenza della Regione. Peraltro, nel caso in cui gli accordi in questione e le relative opere riguardino elettrodotti transfrontalieri, gli organi regionali dovranno Uniformarsi alle determinazioni adottate dalle competenti autorità statali, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, lettera c), del d.lgs. n. 110 del 2002. - Pres. CHIEPPA, Red.DE SIERVO. CORTE COSTITUZIONALE Deposito del 13 gennaio 2004 (Decisione del 18 dicembre 2003), sentenza n. 8
Energia - D.L. 7/2002 e L. 55/2002- Produzione, trasporto e distribuzione dell’energia - Art. 117 Cost. - Potestà legislativa concorrente delle Regioni - Competenza dello Stato - Art. 118 Cost. - Funzioni amministrative - Criteri di sussidiarietà, proporzione e adeguatezza. La disciplina oggetto del d.l. 7/2002 insiste nell’ambito della materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, espressamente contemplata dall’art. 117, terzo comma, Cost. tra le materie affidate alla potestà legislativa concorrente delle Regioni. Il problema della competenza legislativa dello Stato non può essere risolto esclusivamente alla luce dell’art. 117 Cost. E’ infatti indispensabile una ricostruzione che tenga conto dell’esercizio del potere legislativo di allocazione delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui al primo comma dell’art. 118 Cost.. In questa logica, il d.l. n. 7 del 2002 e la sua legge di conversione n. 55 del 2002, pur senza negare il vigente ordinamento costituzionale ed in particolare l’attribuzione di potestà legislativa di tipo concorrente alle Regioni in tema di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, hanno ridefinito in modo unitario ed a livello nazionale i procedimenti di modifica o ripotenziamento dei maggiori impianti di produzione dell’energia elettrica, in base all’evidente presupposto della necessità di riconoscere un ruolo fondamentale agli organi statali nell’esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative. - Pres. CHIEPPA, Red.DE SIERVO. CORTE COSTITUZIONALE Deposito del 13 gennaio 2004 (Decisione del 18 dicembre 2003), Sentenza n. 6 (vedi: sentenza per esteso)
Energia - Concetto di sicurezza - Sicurezza tecnica - Art. 117 Cost. - Ordine pubblico e sicurezza - Ambiti distinti. Il concetto di “sicurezza” utilizzato nella legislazione sull’energia come “sicurezza dell’approvvigionamento di energia elettrica” e “sicurezza tecnica” non può essere confuso con la materia “ordine pubblico e sicurezza”, di cui alla lettera h) del secondo comma dell’art. 117 Cost., che già questa Corte ha interpretato come riferibile esclusivamente agli interventi finalizzati alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico (sentenza n. 407 del 2002). - Pres. CHIEPPA, Red.DE SIERVO. CORTE COSTITUZIONALE Deposito del 13 gennaio 2004 (Decisione del 18 dicembre 2003), Sentenza n. 6 (vedi: sentenza per esteso)
Superamento dei valori-limite - la competenza a disciplinare le sanzioni spetta allo Stato - mancata presentazione e rispetto dei piani (anche di risanamento) - la Regione è abilitata a sostituirsi ai gestori adottando il piano per gli elettrodotti minori. La competenza a disciplinare le sanzioni per il superamento dei valori-limite non può che seguire la competenza a fissare gli stessi valori, e quindi nella specie spetta allo Stato (cfr. infatti l’art. 15 della legge quadro). Quanto agli effetti della mancata presentazione dei piani di risanamento, o del mancato rispetto delle prescrizioni dei piani, provvede l’art. 9 della legge quadro, ai cui sensi la Regione è abilitata a sostituirsi ai gestori adottando il piano per gli elettrodotti minori (comma 3, terzo periodo), mentre il mancato risanamento comporta, a titolo di sanzione, che non si riconosca al gestore inadempiente il canone per l’utilizzo della linea non risanata, nonché la disattivazione temporanea degli impianti, con provvedimento del Ministro per gli elettrodotti maggiori, della Regione per quelli minori (comma 6). Corte Costituzionale 7 ottobre 2003 Sentenza n. 307 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico degli elettrodotti - elettrodotto destinato a servizio delle linee ferroviarie - opera con rilevante impatto elettromagnetico - diritto alla salute. Fra le opere con rilevante impatto elettromagnetico rientra, e la circostanza non pare contestata, un elettrodotto pur se destinato a servizio delle linee ferroviarie: cfr. ad es. artt. 72 bis l.r. 18\99 e 2 l. 36\2001: quale che sia il criterio interpretativo adottato, legge successiva, speciale o di individuazione di principi fondamentali, tale ultima normativa assume rilievo preminente in tema di inquinamento elettromagnetico degli elettrodotti, come si desume altresì dall’art. 1 l. 36 cit. che detta le finalità in termini di attuazione di principi fondamentali connessi ad interessi di rilievo costituzionale, quale il diritto alla salute. Tribunale Amministrativo Regionale Liguria, sezione I, 30 Aprile 2003- sentenza n. 544
Inquinamento elettromagnetico - elettrodotto - soggetto danneggiato da immissioni - azioni di difesa - l’azione inibitoria - l’azione di responsabilità aquiliana - l’azione di risarcimento. "Nella giurisprudenza di legittimità si è ormai da tempo consolidato il principio secondo il quale a tutela del diritto alla salute il soggetto danneggiato da immissioni può esercitare, anche cumulativamente, l’azione inibitoria ex art. 844 c.c. (a tutela del diritto di proprietà e quindi di natura reale), l’azione di responsabilità aquiliana e l’azione di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. (vedasi Cass. sez. un. 15/10/1998 n. 10186, Cass. sez. un. 9/4/1973 n. 999 e Cass. 2/6/2000 n. 7420); sarebbe infatti del tutto contraddittorio riconoscere il suo carattere primario e fondamentale e limitarne la tutela al solo risarcimento del danno per equivalente. Tribunale di Venezia - Ordinanza 14 aprile 2003 n. 214 (vedi: ordinanza per esteso)
Elettrodotto - immissioni che pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto lesiva, anche solo potenzialmente del diritto alla salute - diritto costituzionale - la peculiarità del giudizio cautelare e la natura del pericolo - nesso eziologico - pericolo di lesione all’integrità psico-fisica - danno morale soggettivo - periculum in mora - disattivazione parziale degli impianti - messa in sicurezza delle linee elettriche - spostamento e/o interramento. Aderendo all’indirizzo espresso dalla prevalente giurisprudenza sull’analoga questione dei parametri stabiliti in tema di immissioni acustiche, che il rispetto di tali limiti normativi, anche per il loro carattere pubblicistico, non implica una presunzione assoluta di liceità delle immissioni, ben potendo sussistere una situazione che, pur rispettosa dei limiti, si riveli in concreto lesiva, anche solo potenzialmente del diritto alla salute (il principio è stato affermato anche dalla sentenza Cass. 27/7/2000 n. 9893 riguardante un caso di inquinamento elettromagnetico). Tale impostazione appare la più coerente con la necessità di dare piena tutela al diritto costituzionale anche in ambiti, qual è quello in esame, nei quali le conoscenze scientifiche non sono ancora giunte a risultati certi e definitivi. La peculiarità del giudizio cautelare e la natura del pericolo invocato consentono di superare le esitazioni che potrebbero sorgere in tema di accertamento del nesso di causalità che nel caso concreto non si manifesta certamente con fatti violenti o repentini, dai quali si possa evincere in maniera evidente il nesso eziologico; viceversa, si tratta di un processo lento e occulto, che allo stato può essere ricondotto alla sua causa solo attraverso gli studi statistici. Va inoltre chiarito che ai fini della tutela invocata il diritto costituzionale alla salute va inteso nel senso più ampio (come interpretato fin dalla sentenza Cass. sez. un. 6/10/1979 n. 5172), comprensivo del diritto a vivere in un contesto ambientale salubre, che va tutelato anche in via preventiva, ossia in presenza di un mero pericolo di lesione: la tutela, per essere effettiva, non può infatti essere subordinata all’insorgenza di uno stato di malattia. Oltre al pericolo di lesione all’integrità psico-fisica, e indipendentemente dallo stesso, sussistono concreti elementi - allo stato desumibili dall’omogeneità dei sintomi riferiti in occasione delle visite medico-legali effettuate su alcuni dei ricorrenti e risultanti anche da alcuni certificati medici prodotti in causa, che giustificavano il riconoscimento di un verosimile danno morale soggettivo consistente nel turbamento psichico determinato dalla preoccupazione per il rischio, con le conseguenti limitazioni del normale svolgimento della vita, danno riconosciuto da un recente indirizzo giurisprudenziale anche in ipotesi compromissione dell’ambiente (vedasi Cass. sez. un. Civ. 21/12/2002 n. 2515; Cass. 11/1/2001 n. 329; Cass. 26/2/1998 n. 2127; Appello di Milano 10/1/1997 in Foro It. Rep. 1997, voce Responsabilità Civile). Va ravvisato anche il periculum in mora, in ragione della natura dei beni dei quali si chiede la tutela, in suscettibili di integrale riparazione in caso di lesioni e della evidente gravità, attualità ed imminenza del pericolo. Il ricorso merita pertanto accoglimento, non ritenendosi di accedere all’ulteriore richiesta istruttoria di c.t.u. finalizzata ad individuare le modalità ed i termini per la messa in sicurezza delle linee elettriche, atteso che tale individuazione può essere effettuata autonomamente dalle resistenti, disponendo queste di mezzi tecnici e delle professionalità necessarie a tal fine. (In specie il giudice ha in accoglimento del ricorso, ordinato alle società resistenti, per quanto di rispettiva competenza, di mettere a sicurezza le linee elettriche indicate in ricorso entro il termine perentorio di dodici mesi, tramite lo spostamento e/o interramento delle stesse in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il limite 0,4 microtesla ai valori di carico nominale; e ordinato alle resistenti, per quanto di rispettiva competenza, per il tempo necessario allo svolgimento dei lavori, di disattivare parzialmente gli impianti in modo che all’interno delle abitazioni dei ricorrenti non sia superato il limite di 0,4 microtesla ai valori di carico nominale). Tribunale di Venezia - Ordinanza 14 aprile 2003 n. 214 (vedi: ordinanza per esteso)
Costituzione coattiva della servitù di elettrodotto - risarcimento dei danni conseguenti all'illegittimo ed irreversibile protrarsi dell'occupazione. La giurisprudenza ha ritenuto, che ai fini della costituzione coattiva della servitù di elettrodotto non è necessario che sia intervenuta l'autorizzazione definitiva all'impianto dell'elettrodotto medesimo, ma è sufficiente che la costruzione di esso, sull'altrui fondo, sia stata autorizzata in via provvisoria ai sensi dell'art. 113 del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, e successive modificazioni (Tribunale Napoli 29 marzo 1980); ed infatti, in linea più generale, anche quando la costituzione coattiva di servitù di elettrodotto, con provvedimento di tipo ablatorio dell'autorità amministrativa, sia preclusa dal mancato completamento dell'"iter" espropriativo nei termini fissati con la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, l'Enel mantiene la facoltà di chiedere la suddetta costituzione con sentenza del giudice, a norma dell'art. 119 del citato decreto e dell'art. 1032 cod. civ. (sempreché l'impianto della linea risulti autorizzato dall'autorità competente), e la relativa istanza può essere avanzata pure in via riconvenzionale, ove l'ente sia convenuto dal proprietario del fondo occupato, per il risarcimento dei danni conseguenti all'illegittimo ed irreversibile protrarsi dell'occupazione (Cass. Civ. sez. I, sent. n. 2023 del 02-04-1982). D'altra parte, in giurisprudenza si è altresì affermato che il tracciato stabilito nel progetto approvato in sede di autorizzazione provvisoria non è così rigorosamente immodificabile, da impedire qualsiasi aggiustamento di esigua consistenza, quando si passi alla progettazione definitiva (T.A.R. Lazio sez. III, 19 maggio 1980 n. 397): con ciò cercando di risolvere ex post, mediante il ricorso ad un concetto di esiguità della modifica ammissibile (insoddisfacente ai fini garantistici) i problemi che scaturiscono dalle peculiari caratteristiche della procedura in esame. Va riconosciuto, comunque, che in giurisprudenza non mancano le pronunce orientate nel senso della riaffermazione dell'impostazione tradizionale (v. in particolare TAR Puglia - Sez. Lecce, 29 maggio 2000, n. 2547, confermata da C. S. IV, 14 maggio 2001, n. 2661). TAR Campania-Napoli, Sez. V dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386 (vedi: sentenza per esteso)
In materia di costruzione di elettrodotti, l'autorizzazione provvisoria prevista dall'art. 113 R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775, non costituisce dichiarazione di pubblica utilità - servitù coattiva perpetua - semplice dichiarazione anticipata di indifferibilità ed urgenza dei lavori - giurisprudenza. Il Consiglio di Stato ha superato l'orientamento tradizionale (C. S. IV, 14 aprile 1994 n. 335; IV, 25 settembre 1998 n. 569), secondo il quale, in materia di costruzione di elettrodotti, l'autorizzazione provvisoria prevista dall'art. 113 R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775, non costituisce dichiarazione di pubblica utilità, preordinata alla servitù coattiva perpetua, ma semplice dichiarazione anticipata di indifferibilità ed urgenza dei lavori (art. 9 comma 9 D.P.R. 18 marzo 1965 n. 342), che consente l'emissione dell'ordinanza di occupazione di urgenza temporanea, prima della autorizzazione definitiva -che costituisce dichiarazione di pubblica utilità dell'opera- e prima dell'asservimento pure definitivo di cui all'art. 121 R.D. citato. Nel superare l'impostazione tradizionale, la IV Sezione ha ricostruito la fattispecie sulla base dei seguenti principi: - non può aversi una "dichiarazione anticipata di indifferibilità ed urgenza dei lavori", finalizzata all'occupazione temporanea d'urgenza, prima che sia stata emessa, esplicitamente o per implicito, la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera; - il procedimento di occupazione del fondo, basato sulla dichiarazione di indifferibilità ed urgenza dei lavori, costituisce un subprocedimento del più ampio procedimento ablatorio, teoricamente non necessario, ma assai spesso ormai indefettibile anche per espressa previsione di legge (v. art. 1 comma 1 L. 3 gennaio 1978 n. 1); - la dichiarazione di pubblica utilità costituisce la base comune su cui poggiano sia il procedimento espropriativo comma 9 dell'art. 9 del D.P.R. 18 marzo 1965 n. 342 - a tenore del quale "i decreti di autorizzazione in via provvisoria di cui all'art. 113 del T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, hanno anche essi efficacia di dichiarazione di indifferibilità ed urgenza" - deve essere interpretato sistematicamente in relazione sia ai principi giuridici di ordine generale sopra enunciati, sia al contenuto del comma 8 dello stesso art. 9 D.P.R. n. 362 del 1965 in base al quale "i decreti di autorizzazione degli elettrodotti da costruirsi da parte dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica hanno efficacia di dichiarazione di pubblica utilità nonché di indifferibilità ed urgenza delle opere relative agli elettrodotti medesimi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 71 della L. 25 giugno 1865, n. 2359 e successive modificazioni"; - conseguentemente, deve ritenersi che nel comma 9 il Legislatore minus dixit quam voluit, nel senso che i decreti di autorizzazione provvisoria hanno anche (ma non solo) efficacia di dichiarazione di indifferibilità ed urgenza, avendo altresi - come i decreti ordinari di cui al comma 8 - efficacia di dichiarazione di pubblica utilità. Questa impostazione ha avuto ulteriore seguito anche nella giurisprudenza del giudice di primo grado (in tal senso cfr. TAR Toscana III, 13 giugno 2001, n. 1069; TAR Abruzzo - Sez. Pescara, 24 gennaio 2001, n. 39), nonché nella stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. in particolare C.S. IV, 15 marzo 2000, n. 1408; C.S. IV, 26 settembre 2001, n. 5071). TAR Campania-Napoli, Sez. V dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386 (vedi: sentenza per esteso)
Il decreto di occupazione è atto vincolato - obbligo delle garanzie procedimentali nell'ambito delle procedure espropriative relative alla costruzione di linee elettriche - la dichiarazione di pubblica utilità, espressa o implicita è necessaria - la dichiarazione di indifferibilità ed urgenza deve contenere anche i termini. Con la sentenza 30 maggio 2001, n. 2444, questa Sezione si è espressa sulla questione relativa alle garanzie procedimentali nell'ambito delle procedure espropriative relative alla costruzione di linee elettriche, aderendo all'innovativa impostazione adottata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato nella decisione 9 aprile 1999, n. 606. Infatti una dichiarazione di pubblica utilità, espressa o implicita, deve necessariamente sussistere, e preesistere, perché possa aversi, in senso giuridico, un'opera pubblica; e d'altra parte il decreto di occupazione è atto vincolato, strettamente consequenziale rispetto alla dichiarazione di indifferibilità ed urgenza (Ad. plen. 18 giugno 1986 n. 6). I termini di cui all'art. 13 della L. 25 giugno 1865 n. 2359 devono essere stabiliti nell'atto comportante la dichiarazione di pubblica utilità pena l'illegittimità dello stesso. (Cons. Stato a.plen. 26 agosto 1991 n. 6, T.A.R. Marche 23 settembre 1997, n. 813). TAR Campania-Napoli, Sez. V dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386 (vedi: sentenza per esteso)
L'azione ex art. 844 c.c. - misura ordinatoria inibitoria dell'interramento e/o innalzamento di linee elettriche - azione generale ex artt. 2043 e segg. c.c., (risarcimento danni). L'azione ex art. 844 c.c. (che può concretizzarsi anche nella misura ordinatoria inibitoria dell'interramento e/o innalzamento di linee elettriche o un obbligo di fare o di non fare, suscettibile, in caso di diniego, di esecuzione forzata al fine di ricondurre le relative immissioni di onde nell'ambito della normale tollerabilità) può assumere anche un carattere personale, rientrante nell'azione generale ex artt. 2043 e segg. c.c., nel caso in cui miri ad ottenere il divieto del comportamento illecito dell'autore materiale delle immissioni (privo di alcun diritto reale), che abbia la giuridica possibilità di eliminarle, senza bisogno dell'intervento del proprietario (Cass. 647/1976). In particolare, può anche esser proposta contro il detentore (il locatario, in Cass. 15392/2000, 4086/1997) quando a questi, oltre al risarcimento del danno, debba esser imposto anche un obbligo di fare o di non fare, suscettibile, in caso di diniego, di esecuzione forzata. Ha invece, carattere reale se proposta contro il proprietario del bene per ottenere modifiche strutturali del bene, indisponibili al fine di ridurre le immissioni entro la normale tollerabilità (Cass. 647/1976). Le diverse caratteristiche delle due azioni, riconducibili entrambe all'art. 844 c.c., non comportano però anche la scindibilità, nel lato passivo, delle obbligazioni facenti carico al proprietario e al detentore del bene, quando oltre alla riduzione delle immissioni, venga chiesto anche il risarcimento del danno cagionato (Cass. 1058/1978). Tribunale di Como 22 gennaio 2002
Il meccanismo eziologico tra l'esposizione a campi elettrici ed effetti cronici (a lungo termine) per la salute umana - "attentato" al mantenimento e conservazione dell'attuale stato di salute dei ricorrenti ex art. 700 c.p.c., - lesione del diritto sancito dall'art. 32 Cost. - il risarcimento in termini monetari - la salute quale bene primario ed assoluto dell'individuo. Seppur non ancora certo sul piano scientifico, il meccanismo eziologico tra l'esposizione a campi elettrici ed effetti cronici (a lungo termine) per la salute umana, appare comunque evidente che i valori riscontrati in concreto espongono i proprietari delle abitazioni ad una determinata e specifica situazione di rischio (come indirettamente confermato dall'indagine epidemiologica della Dr.ssa Taioli), che comporta un qualificato e (ragionevolmente) rilevante grado di probabilità di contrarre una patologia grave, comunque significativamente superiore a quella di chi si trovi invece, a vivere in luoghi dove i livelli di campo elettrico siano inferiori a 0,3 microtesla. Tale maggior rischio costituisce quindi, già di per sé, una sorta di "attentato" al mantenimento e conservazione dell'attuale stato di salute dei ricorrenti ex art. 700 c.p.c., come tale lesivo del diritto sancito dall'art. 32 Cost. La particolarità di tale bene il cui risarcimento in termini monetari, una volta che sia stato compromesso in modo significativo, appare comunque inadeguato ed insufficiente a ripristinarlo nel suo stato originario implica la necessità, ove possibile, di anticipare la soglia della tutela, minimizzando alla fonte, l'impatto che ogni iniziativa industriale ha sulla salute umana dei soggetti che vivono nelle immediate vicinanze (vd. Cass. 9893/2000). Dal momento che le immissioni risultano in concreto pericolose per la salute, essendo in grado di alterarla, devono qualificarsi come intollerabili. Dall'essere la salute un bene primario ed assoluto dell'individuo consegue la sua non compromettibilità in vista della tutela di beni ed interessi di livello inferiore, quali la produzione. Tribunale di Como 22 gennaio 2002
Elettrodotti - tutela della salute - legittimità dell’ordine di interramento o innalzamento di un elettrodotto - calcolo del rischio elettrosmog provocato da un elettrodotto - articolo 844 C.C. - esistenza e concretezza del “rischio” - definizione del “rischio” - differenza tra “rischio” e “certezza” - il danno, sotto forma di “rischio” - principio di "precauzione"- la protezione apprestata dall’ordinamento - diritto alla salute - tutela del risarcimento del danno e tutela preventiva. Per "rischio" deve intendersi, sempre secondo l’accezione universalmente accettata, la possibilità del verificarsi di un evento a vario titolo pregiudiziale (possibilità che può essere più o meno intesa, purché esistente: ad esempio si può assicurare un immobile, purché non venuto meno, contro rischi che per essere assolutamente remoti non cessano per ciò di essere tali), va affermato in linea generale (e salvo, ovviamente, le verifiche che qui in motivazione seguiranno in ordine alla sussistenza di tutti gli altri necessari presupposti) che può trovare tutela nell’ambito dell’art. 844 C.C., anche la fattispecie, come quella in esame (rischio elettrosmog provocato da un elettrodotto), in cui si verte non tanto di lesione già in atto all’attualità, quanto di rischio - purché esistente e, si vedrà poi qui di seguito, e oltre una certa soglia - che determinati fattori (i campi E.L.F.) siano produttivi, già oggi, di concreto pericolo che, domani, si verifichi, o meglio si estrinsechi perfezionandosi, una lesione. Traducendo tutto quanto sopra in termini soggettivi, può dirsi allora che il soggetto protetto dall’articolo 844 C.C. ha diritto di essere esente non solo da propagazioni immediatamente - avvertibilmente dannose, ma anche da propagazioni "rischiose", e ciò sia sotto il profilo del diritto soggettivo della persone e sia del diritto soggettivo dominicale (il fondo gravato da un tale rischio è oggettivamente e indebitamente menomato per causa imputabile non al suo proprietario, ma al vicino). Occorre tuttavia verificare se "il rischio" sia esistente e concreto. Premettendo che anche nei casi di conclamata pregnanza di determinati fattori rispetto a gravi patologie umane (in particolare, neo-plastiche, con inquadramento secondo i criteri, più volte menzionati in atti, dello I.A.R.C., in classe 1), sempre e comunque di "rischio", e mai di certezza, si tratta (per esempio, è noto ed esperienza comune di ognuno che vi sono accaniti fumatori che pervengono ad anche tardissima età e decedono poi per tutt’altre cause che tumori polmonari, cos’ come essi vengono contratti anche da individui assolutamente esenti da sempre dal vizio del fumo), in linea generale, così come con riferimento alla specifica fattispecie qui in esame, può formularsi il seguente paradigma graduale: a) il rischio non esiste in assoluto, è puramente immaginario e psicologico: pur essendosi comunque una "lesione" (seppur non al "soma", ma alla "psiche") non può esservi tutela; b) il rischio esiste, ma resta nettamente al di sotto di una ragionevole soglia, con valori che eventualmente accomunano una determinata fattispecie con una serie in definitive di altre (ad esempio, non vi è porzione della superficie terrestre che sia esente dal rischio della caduta di aeromobili): anche in tal caso non troverebbe giustificazione la tutela ex art. 744 c.c.; c) il rischio esiste, e supera una soglia la cui "ragionevolezza", trattandosi tra l’altro, come nel caso in esame, appunto di immissioni non organoletticamente avvertibili, deve essere determinata scientificamente (C.T.U. Dr. Berzino). In tale ultima ipotesi, deve concludersi che il danno, sotto forma di rischio, è già in atto, ed allora esso va pervenuto - risarcito (risarcimento in forma specifica), anche se si tratta, come del resto sempre nel caso di "rischio", di un’ipotesi, per così dire, "ambulatoria", nel senso che non si sa quando e chi l’evento materialmente lesivo colpirà (ma invece si sa che quanto esso colpirà sarà giuridicamente "troppo tardi", nel senso che un evento lesivo che si poteva prevenire si è invece già verificato, il che costituisce di per sé una rottura dell’ordine giuridico, il quale è improntato al privilegio - come si evince dalla normativa nei più svariati settori - verso la prevenzione, e in subordine la riduzione del danno rispetto al suo risarcimento per equivalente monetario, "ultima thule" tra i vari rimedi giuridici). Conoscere la causa significa prevedere l’effetto, prepararsi al suo evento, sottrarsi all’accadimento imprevisto, ridurre il timore, placare l’angoscia in un sapere che sa di sé del corso immutabile delle cose" - U. Galimberti, "Psiche e teche"; "è indispensabile acquisire la scienza delle cause prime: infatti diciamo di conoscere una cosa quanto riteniamo di conoscere la causa prima" - Aristotele, "metafisica", libro I. Esclusa a priori la sussumibilità della fattispecie in esame nell’ipotesi di cui qui sopra sub a) (neppure le due parti resistenti, in nessun atto, hanno financo soltanto ipotizzato trattasi di ossessioni psicopatologiche dei ricorrenti, occorre invece, qui e ora, optare tra le altre due possibilità, quella sub b) (rischio esistente ma sotto la soglia) ovvero quella sub c) (rischio oltre la soglia), anche, (ma non solo e soprattutto non meccanicamente, trattandosi di categoria concettuale che vige nell’ambito di normative pubblicistiche, i cui destinatari, più che i "cives", appaiono essere le Pubbliche Autorità), alla luce del noto principio (del resto non coincidente ma contiguo con il concetto di "cautela" sotto ogni profilo considerato) di "precauzione". In termini generali, può dirsi che la protezione apprestata dall’ordinamento al titolare di un diritto si estrinseca prima nel vietare agli altri consociati di tenere comportamenti che contraddicano il diritto e poi nel sanzionare gi effetti lesivi della condotta illecita, obbligando il responsabile al risarcimento del danno. Con specifico riferimento al diritto alla salute, sarebbe contraddittorio affermare che esso non tollera interferenze esterne che mettano in discussione l’integrità a ammettere che alla persona sia data la sola tutela del risarcimento del danno e non anche quella preventiva". Soltanto un accertamento e un’indicazione tecnico-scientifica, infatti, poteva dar conto delle possibili variabili in ordine al rimedio - risarcimento rispetto all’illecito civile come sopra accertato, rispetto a cui, per esempio, una risposta totalmente negativa ovvero contemplante come unica opzione concretamente praticabile lo smantellamento delle intere linee di elettrodotti con conseguente definitiva interruzione dell’importante asse di approvvigionamento e distribuzione elettrica avrebbe potuto risultare pregnante ai fini di cui al predetto 2° comma dell’art. 844 c.c.. Rilevato che, anche in tal caso nessuna parte in causa ha posto in discussione le risultanze dell’elaborato peritale, anzi, esplicitamente valutato come attendibile, va dato atto che pure al secondo quesito il CTU ha dato, sempre previa e sulla base di vigorose e argomentate considerazioni scientifiche, precisa risposta: quanto al carico indotto dall’elettrodotto Cislago-Sondrio da 220 KV. L’unica soluzione al secondo quesito della CTU, sia considerato il carico massimo dell’elettrodotto, sia prendendo in considerazione il valore medio, consiste nell’interramento in cavo del tratto compreso tra i tralicci 293 e 296, con un costo complessivo dell’intervento quantificabile in 4368 milioni di lire e, quanto al carico indotto invece dall’altro elettrodotto Cucciago-Noverate, da 132 KV. "Se invece si ritiene necessario che l’intera abitazione sia soggetta a valori di induzione inferiore a 0,4 microtesla, è necessario innalzare di 10 m. l’intero tratto di linea compreso tra il traliccio 14 e il traliccio 18 e adottare per i conduttori la configurazione ST, con costo dell’intervento stimabile in circa 625 milioni di lire". Tribunale di Como Ordinanza 30 novembre 2001. (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - servitù di elettrodotto - pericolo di danno per la salute - il giudice ordinario può inibire alla pubblica amministrazione l'esecuzione di provvedimenti dalla cui attuazione derivi danno per la salute - Il giudice ordinario può inibire alla pubblica amministrazione l'esecuzione di provvedimenti dalla cui attuazione derivi danno per la salute e che, peraltro, secondo la comune esperienza, il valore di un immobile subisce un decremento in una situazione in cui al suo godimento viene ad accompagnarsi l'esposizione ad una situazione di pericolo. Il diritto alla salute, posto a base della domanda, è infatti un diritto fondamentale dell'individuo, che l'art. 32 Cost. protegge direttamente (Corte cost. 26 luglio 1979 n. 88; 14 luglio 1986 n. 184; 18 dicembre 1987 n. 559; 27 ottobre 1988 n. 992; 2 giugno 1990 n. 307; 18 aprile 1996 n. 118). La Corte costituzionale, nella sentenza 22 giugno 1990 n. 307, ha in particolare considerato che un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiono normali in ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili. Da ciò è conseguita l'affermazione che la legge deve prevedere un equo ristoro del danno alla salute subito dal singolo in conseguenza dell'essersi dovuto sottoporre ad un trattamento obbligatorio. Se ne trae, logicamente, la conclusione, che siano da considerare prive di efficacia giuridica le determinazioni contenute nei provvedimenti della pubblica amministrazione, per la parte in cui possano risultare lesive della conservazione dello stato di salute, anche quando i provvedimenti adottati costituiscano in sé manifestazione di un potere ad altri fini previsto dalla legge (Sez. Un. 6 ottobre 1979 n. 5172). (Nella specie, è stata autorizzata la costruzione e messa in esercizio di una linea di trasmissione di energia elettrica avente tensione compresa tra i 220 e 350 Kw. e sono state dichiarate di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili, le opere occorrenti. Su tale base, essendo prevista l'imposizione di una servitù di elettrodotto, è stata autorizzata l'occupazione in via di urgenza dei terreni su cui dovranno essere realizzate le opere che costituiscono l'elettrodotto. L'attore, temendo che l'esercizio dell'elettrodotto, per la distanza tra la linea elettrica e la sua abitazione, dia luogo ad un'esposizione al campo elettromagnetico generato dal passaggio dell'energia, capace di creare pregiudizio per la sua salute, oltre che per la salute del suo nucleo familiare, ha proposto una domanda per far accertare che, alla distanza indicata, l'esposizione al campo elettromagnetico è fonte di pericolo per la salute. Ha chiesto che a tale accertamento facciano seguito provvedimenti del giudice, di inibitoria alla messa in esercizio dell'elettrodotto e di condanna al risarcimento del danno, per il pregiudizio che alla sua proprietà ha già arrecato la preventivata messa in esercizio dell'elettrodotto, in conseguenza del diminuito valore di godimento del bene conseguente al pericolo di danno per la salute cui potrebbero essere esposte le persone che in concreto vi abitassero). Ciò significa, riferendosi al caso in esame, che il provvedimento di autorizzazione all'impianto e messa in esercizio della nuova linea elettrica ed il conseguente provvedimento di imposizione della servitù di elettrodotto, producono effetti ablativi in rapporto al diritto reale di proprietà, perché il proprietario, oltre a dover tollerare la presenza od il passaggio sul suo fondo degli impianti di cui consta l'elettrodotto, è impedito dall'eseguire sul fondo costruzioni od in genere dallo svolgere attività che possano determinare l'insorgere di situazioni di pericolo. Ciò non significa, per contro, che il provvedimento di autorizzazione all'impianto e messa in esercizio della linea elettrica ed il conseguente provvedimento di imposizione della servitù possano produrre l'effetto giuridico che, come risultato dalla prefigurata utilizzazione della linea per la trasmissione dell'energia alla potenza prevista, debba essere subito dalle persone che hanno diritto di godere dell'immobile un pregiudizio del loro stato di salute. Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2000, n. 9893. (vedi sentenza per esteso)
Servitù di elettrodotto - inquinamento elettromagnetico - la situazione di esposizione alla potenzialità del fattore inquinante - la tutela può essere preventiva e sostanziarsi in una inibitoria. Che la situazione di esposizione al fattore inquinante contenga in sé tale potenzialità costituisce anch'esso un tratto essenziale del fatto da accertare e la potenzialità, come in ogni caso in cui si tratta di stabilire se in futuro potrà determinarsi un evento come conseguenza di un fatto presente, deve essere accertata considerando se sia da considerare dimostrato un numero di casi in cui l'evento si è prodotto, sufficiente ad autorizzare, in un giudizio che fosse compiuto ad evento avvenuto, la conclusione che il fatto costituisce la causa dell'evento. La domanda proposta dall'attore non avrebbe potuto essere rigettata in base all'argomento che sino a quando l'elettrodotto non fosse entrato in funzione non poteva stabilirsi se avrebbe arrecato danno. Questo equivale a dire che il diritto alla salute deve prima essere esposto a compromissione e poi può trovare tutela, ma solo in forma repressiva, mediante condanna al risarcimento del danno, anche in forma specifica. Si è visto invece che la tutela può essere preventiva e sostanziarsi in una inibitoria. Perciò, il giudice di merito non avrebbe potuto rifiutarsi di accertare se il diritto alla salute di quanti si fossero trovati ad abitare sul fondo dell'attore sarebbe risultato esposto al pericolo di rimanere compromesso dall'esposizione ai campi elettromagnetici generati dall'elettrodotto, una volta che fosse entrato in funzione e per come ne era preventivato l'esercizio. Questo accertamento, naturalmente, avrebbe dovuto essere condotto valutando gli elementi di prova prodotti in giudizio dalla parte (artt. 115 e 116 cod. proc. civ.), salvo a far ricorso ad indagini tecniche, se il giudice l'avesse ritenuto necessario (art. 61 cod. proc. civ.). Il giudice di rinvio, si uniformerà al seguente principio di diritto: - 'La tutela giudiziaria del diritto alla salute in confronto della pubblica amministrazione può essere preventiva e dare luogo a pronunce inibitorie, se, prima ancora che l'opera pubblica sia messa in esercizio nei modi previsti, sia possibile accertare, considerando la situazione che si avrà una volta iniziato l'esercizio, che nella medesima situazione è insito un pericolo di compromissione per la salute di chi agisce in giudizio. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di questo grado del giudizio. Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2000, n. 9893. (vedi sentenza per esteso)
Elettrodotto aereo - si configura come dolo del costruttore l’emissioni di onde elettromagnetiche idonee a ledere o ad infastidire persone. La Cassazione, ha escluso la configurabilità del reato di cui all'art. 675 c.p. in quanto il costruttore di un elettrodotto aereo è a conoscenza del fatto che il passaggio della corrente elettrica ad altissima tensione nei conduttori provoca la formazione di onde elettromagnetiche nel campo di forza preesistente o autogenerato, con la conseguenza che l'elemento psichico, ancorché possa in concreto atteggiarsi come colpa dovuta all'erronea valutazione di circostanze di contorno, si configura normalmente come dolo. (Nella specie il p.m. aveva chiesto il sequestro preventivo di quattro conduttori di corrente elettrica ad alta tensione "in quanto cose pertinenti ai reati di cui agli art. 674 e 675 c.p.", sul presupposto che da quegli oggetti derivasse l'emissione di onde elettromagnetiche). Cassazione penale, sez. I, 14 ottobre 1999, n. 5626.
Elettrodotti - Deve ritenersi pregiudizievole per la salute pubblica un elettrodotto realizzato a distanza inferiore a quella minima fissata dall`art. 5 D.P.C.M. 23 aprile 1992. Pertanto, verificato, attraverso una relazione tecnica dell`Ispsel che il rischio alla esposizione ai campi magnetici è significativamente influenzato sia dalla distanza dei fabbricati dai conduttori dell`elettrodotto, sia dalla potenza dell`impianto, può ovviarsi al pericolo disponendo che la potenza dell`elettrodotto venga contenuta entro i limiti massimi consentiti da altro impianto preesistente a quello oggetto del procedimento, fino al ripristino da parte dell`Enel delle distanze minime fissate dal D.P.C.M. predetto. Tar Lazio, ord. 17 aprile 1997, n. 933
Elettrodotti - Il Comune è legittimato ad agire a tutela della salute della popolazione, considerata anche la rilevanza pubblicistica degli interessi correlati. In presenza del rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992 - che prevede i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici degli elettrodotti ad alta tensione, recependo (al pari del D.P.R. 27 aprile 1992, concernente la VIA) quelli indicati, in via prudenziale, dalle più autorevoli Organizzazioni scientifiche internazionali e nazionali - va respinto il ricorso volto alla sospensione della messa in funzione di una linea in base a presunti pericoli per la salute umana. Trib. civ. Cremona, 16 ottobre 1995, in Rass. giur. energia elettr. 1995, 886
Elettrodotti - Ai fini della tutela del diritto alla salute dai campi elettromagnetici derivanti dagli elettrodotti ad alta tensione, il rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992, che ha fissato normativamente i limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e le condizioni che devono essere rispettate per la costruzione di nuovi elettrodotti, è sufficiente ai fini della legittimità dell`atto autorizzativo che approva il tracciato dell`elettrodotto. Le scelte progettuali in ordine al tracciato di un elettrodotto costituiscono esplicazione di potestà tecnico-amministrativa discrezionale, non censurabile in sede di giudizio di legittimità se non per illogicità e manifesta irrazionalità delle scelte. In sede di autorizzazione di un elettrodotto, ai fini dell`approvazione del relativo progetto, l`Amministrazione ha l`obbligo di effettuare una specifica e dettagliata comparazione fra soluzioni alternative soltanto quando le stesse sono state suggerite dagli interessati, privati o enti pubblici, nelle forme e nei termini previsti dalla normativa statale e regionale (nella specie, dall`art. 4 legge Regione Lombardia 16 agosto 1982, n. 52, che riconosce al Comune interessato una specifica garanzia di partecipazione al procedimento nei casi di interferenza delle linee ed impianti elettrici con altre opere pubbliche). Tar Lombardia, sez. III, 3 novembre 1994, n. 618, in Rass. giur. energia elettr. 1995, 954
Elettrodotti - Una società cooperativa è priva della legittimazione a far valere il diritto alla salute (nella specie, correlato alla adottata pericolosità dei campi elettromagnetici prodotti da una linea ad alta tensione), trattandosi di un diritto che può essere azionato soltanto da una persona fisica. In presenza del rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992 - che prevede i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici degli elettrodotti ad alta tensione, recependo (al pari del D.P.R. 27 aprile 1992 concernente la VIA) quelli indicati in via prudenziale, delle più autorevoli Organizzazioni scientifiche internazionali e nazionali - va respinto il ricorso volto alla sospensione della realizzazione di una linea in base a presunti pericoli per la salute umana. Trib. civ. Reggio Emilia, 5 dicembre 1994, in Rass. giur. energia elettr. 1995, 887
Elettrodotti - Va dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. proposto da un soggetto privato al fine di ottenere un provvedimento cautelare atto a vietare la realizzazione, sulla proprietà del medesimo soggetto, di un elettrodotto a 380 KV, in relazione a presunti pericoli per la salute correlati ai campi elettromagnetici generati dalla linea; e ciò atteso il divieto per il giudice ordinario di cui all`art. 4, comma secondo, della legge n. 2248 del 1865, All. E, che non consente, nella specie, a tale giudice di privare di efficacia il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici di autorizzazione dell`elettrodotto. Trib. civ. Avellino, 2 gennaio 1995, in Rass. giur. energia elettr. 1995, 251
Elettrodotti - L`amministrazione che autorizza la costruzione degli elettrodotti non deve esplicitare negli atti del procedimento tutte le scelte e le alternative possibili, di numero potenzialmente infinito, ma è tenuta ad effettuare una comparazione soltanto quando siano state suggerite dagli interessi soluzioni alternative, in sede di approvazione del progetto di cui all`art. 112 del T.U. n. 1775/1993. La scelta del tracciato di un elettrodotto non può formare oggetto di censura, dato che essa costituisce esplicazione di potestà tecnico-amministrativa, sindacabile dal giudice amministrativo solo in ipotesi di manifesta irrazionalità. Con riguardo ai profili di tutela del diritto alla salute connessi con i campi ellettromagnetici derivanti dagli elettrodotti ad alta tensione, il rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992, che ha normativamente recepito i limiti dalle Istituzioni Sanitarie specializzate, è sufficiente ai fini della legittimità dell`atto autorizzativo delle linee stesse. Tar Lombardia, 14 maggio 1994, in Rass. giur. energia elettr. 1995, 243
Elettrodotti - Va respinta la domanda tendente, ex art. 122 del R.D. n. 1775/1933, allo spostamento di una linea a 132 KV, a seguito della realizzazione di una nuova costruzione nel fondo assoggettato a servitù coattiva, allorché il proprietario del predetto fondo - oltre a non aver offerto altro luogo adatto all'esercizio della servitù - non abbia provato l'esistenza di alcuna incompatibilità fra la nuova costruzione e la linea medesima, e risulti invece (nella specie, a seguito di approfondita consulenza tecnica), che l'elettrodotto, costruito nel rispetto della normativa vigente, non comporta, in base alle attuali conoscenze scientifiche, conseguenze dannose o pericolose, in relazione ai campi elettromagnetici dalla linea stessa prodotti, per la salute delle persone che occupano la casa di civile abitazione sottostante il tratto di linea elettrica esaminata. App. civ. Torino, 25 novembre 1991, in Rass. giur. energia elettr. 1993, 207
Elettrodotti - Il Comune non è titolare del diritto alla salute, azionabile soltanto dalla persona fisica interessata, esulando tale tutela dal concetto di danno ambientale previsto dalla legge n. 349/1986. Va respinta la domanda volta ad ottenere l'inibizione dell'esercizio di un elettrodotto a 380 KV, allorché la addotta pericolosità per la salute umana dei campi elettromagnetici prodotti da tale impianto non sia provata dagli attori. Trib. civ. Lucca, 17 settembre 1991, in Rass. giur. energia elettr. 1991, 708
Elettrodotti - Va negata la sospensione della costruzione di un elettrodotto a 380 KV, richiesta ex art. 700 cod. proc. civ., adducendo pericoli per la salute umana in relazione ai campi elettromagnetici prodotti da tale linea, allorché non sia provato nei termini o modi delle prove giudiziarie l'effettiva esistenza del danno denunziato, esulando dalla funzione giurisdizionale apprezzare la mera possibilità di un pericolo per la salute. Pret. civ. Treviso, 3 agosto 1990, in Rass. giur. energia elettr. 1991, 216
Elettrodotti -Va revocato il provvedimento emesso dal pretore ex art. 700 cod. proc. pen. per sospendere la costruzione di un elettrodotto a 380 KV, quando la voluminosa e contraddittoria documentazione scientifica - circa eventuali connessioni fra i campi elettromagnetici di tali elettrodotti e la salute umana - prodotta in corso di causa, non ha portato nessun sicuro elemento di giudizio, mentre il paventato pericolo non è imminente, essendo subordinata la messa in esercizio dello stesso elettrodotto ad una preventiva autorizzazione ministeriale. Trib. civ. Lucca, 5 marzo 1990, in Rass. giur. energia elettr. 1990, 523
Elettrodotti - La tutela del diritto alla salute è azionabile innanzi al giudice ordinario anche nei confronti della P.A. trattandosi non già di valutare le modalità di esercizio di un potere, bensì di sanzionare un comportamento caratterizzato da carenza assoluta di potere in quanto volto a comprimere un diritto soggettivo. Non sussistono i presupposti per l'emanazione di un provvedimento ex art. 700 cod. proc. civ., a tutela del diritto alla salute, allorquando in base alla copiosa documentazione scientifica prodotta - la quale rende, peraltro, superflui ulteriori incombenti istruttori - è verosimilmente da escludersi, allo stato, anche su un piano meramente probabilistico, un rapporto di casualità tra i campi elettromagnetici di elettrodotti a 380 KV e danno alla salute. Pret. civ. Pordenone, 10 marzo 1990, in Rass. giur. energia elettr. 1990, 523
Elettrodotti - Ove sia ipotizzata una lesione del diritto alla salute derivante dai campi elettromagnetici prodotti dall'attivazione di un elettrodotto a 380 KV dell'ENEL, non sussiste il difetto di legittimazione passiva di tale ente, atteso che la condotta generatrice della paventata situazione di pericolo, e cioè la messa in esercizio dell'impianto, verrebbe ad essere posta in essere proprio dal predetto ente, nei cui confronti dovrebbe pertanto essere emesso un eventuale provvedimento che imponga l'adozione di particolari cautele. Non sussistono le condizioni per l'emanazione di un provvedimento ex art. 700 cod. proc. civ., a tutela di un'ipotetica lesione del diritto alla salute, allorché lo stato delle conoscenze, risultante dalla produzione di relazioni peritali elaborate in cause aventi contenuto analogo, permette di pervenire, a tutto concedersi, ad un giudizio meramente probabilistico circa eventuali connessioni fra i campi elettromagnetici di elettrodotti a 380 KV e la salute umana. Pret. civ. La Spezia, 29 dicembre 1989, in Rass. giur. energia elettr. 1990, 524
Questioni di legittimità costituzionale - dichiarazione di incostituzionalità ^
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Art. 87 d.lgs. n. 259/2003 - Procedimento per
autorizzazione all'installazione di impianti radioelettrici - Previsione di
diverso onere di pubblicità in ragione di potenza, tipo e portata dell'impianto
- Irragionevolezza - Esclusione. L’art 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, nel
dare attuazione alla delega legislativa contenuta nell’art. 41, comma 2, lettera
a), della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di
infrastrutture e trasporti), stabilisce moduli di definizione del procedimento
informati alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità,
espressivi, in quanto tali, di un principio fondamentale di diretta derivazione
comunitaria (direttiva 2002/21/CE); in ragione di tali parametri, la previsione
legislativa un diverso onere di pubblicità, a seconda della potenza, del tipo e
della portata dell’impianto di comunicazione elettronica da realizzare, non
risulta irragionevole poiché, oltre a costituire un criterio oggettivo ai fini
della individuazione della disciplina applicabile, tiene conto della tutela
degli eventuali interessi coinvolti, la cui soddisfazione è appunto più
efficacemente garantita attraverso la diversificazione delle forme di
pubblicità. Pres. Bile, Red. Saulle - G.l.c. promosso dal TAR Piemonte su ric.
di Telecom Italia c. Comune di Griffa -
CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 2007 (ud. 18 giugno 2007), Ordinanza n. 232
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Regione Veneto - Sentenza TAR Veneto n. 1735/2005 - Abrogazione della L.R. n. 27/93 per effetto dell’entrata in vigore del d.P.C.M. 8 luglio 2003 - Conflitto di attribuzione - Inammissibilità. E’ inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione, sollevato con riferimento alla sentenza del TAR Veneto n. 1735/2005, che ha dichiarato l’abrogazione della legge regionale 30 giugno 1993 n. 27 (Prevenzione dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti) per effetto dell’entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003. Nel dichiarare il suddetto effetto abrogativo, il T.A.R. del Veneto ha esercitato un potere strettamente inerente alla funzione giurisdizionale, consistente nell’applicazione delle norme vigenti ai casi concreti, conseguenza naturale e necessaria del criterio cronologico, che, insieme a quello gerarchico ed a quello di competenza, disciplina il sistema delle fonti del diritto. Il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale non può diventare uno strumento improprio di censura degli asseriti errori in iudicando, sostitutivo dei rimedi previsti dagli ordinamenti delle diverse giurisdizioni. Pres. Bile, Red. Silvestri - Regione Veneto c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE, 21 giugno 2007 (ud. 8 giugno 2007), sentenza n. 222
Inquinamento elettromagnetico - L.R. Abruzzo n. 11/2005, art. 4 - Criteri di localizzazione degli impianti di comunicazione elettronica - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, L.R. Abruzzo n. 11/2005 cha ha modificato i commi 1, 2 e 8 dell’art. 11 L. R. m. 45/2004. La disposizione non contiene infatti norme relative al procedimento di rilascio delle autorizzazioni per l’installazione di impianti di comunicazione elettronica, in contrasto con le esigenze di unitarietà sottese alle disposizioni statali. Essa si limita, invece, a disciplinare i criteri di localizzazione degli impianti, stabilendo che il Comune, nel piano regolatore generale o nella variante allo strumento urbanistico, definisce i siti tecnologici «dove saranno localizzate o delocalizzate le antenne per la telefonia mobile rispondendo a criteri di funzionalità delle reti e dei servizi». Nel dettare tale norma la Regione ha esercitato la propria competenza legislativa che ricomprende la determinazione dei criteri localizzativi e degli standard urbanistici, afferenti all'uso del proprio territorio, a condizione che siano rispettate le esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e che detti criteri non siano, nel merito, «tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l'insediamento degli stessi» impianti (sentenza n. 307 del 2003). D'altronde, la norma impugnata espressamente prevede che il Comune, nel procedere alla localizzazione o delocalizzazione delle antenne, ha l'obbligo di attenersi ai «criteri di funzionalità delle reti e dei servizi», sicchè può ritenersi assicurato anche il coordinamento tra le esigenze connesse alla gestione del territorio e quelle derivanti dalla necessità di non interferire con la funzionalità delle reti e dei servizi. Pres. Marini, Red. Quaranta - Pres. del Consiglio dei Ministri c. Regione Abruzzo - CORTE COSTITUZIONALE, 17 marzo 2006, n. 103 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - Riparto di competenze tra Stato e Regioni - Codice delle comunicazioni elettroniche. Non sono fondate le questioni di costituzionalità sollevate dalle Regioni Toscana e Marche nei confronti del d.lgs. n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), in quanto è competente lo Stato a dettare norme nel settore relativo alla rete delle infrastrutture di comunicazione elettronica. Presidente P. A. Capotosti - Relatore A. Quaranta. CORTE COSTITUZIONALE del 27 luglio 2005, Sentenza n. 336
Inquinamento elettromagnetico - D. Lgs. 259/2003 - Eccezione di illegittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale del d.lgs. 259/03 per invasione delle attribuzioni legislative regionali. Invero, la normativa del codice delle comunicazioni elettroniche, rilevante nella fattispecie (artt. 86 e 87) non esclude la possibilità di utile esercizio della competenza legislativa regionale concorrente ex L. 36/01. Pres. f.f. ed Est. Stevanato - I.S.T.F.E.d.P e altri (Avv.ti Ceruti e Arceboni) c. Comune di Padova (Avv.ti De Simoni, Montobbio, Mizzoni, Lotto e Bernardi) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 3 dicembre 2004, n. 4234
Inquinamento elettromagnetico - Art. 4, c. 1, D.L. 315/2003 - Eccezione di illegittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. È manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 4, co. 1, del D.L. 315/03, conv in L. 5/04, in forza del quale “I procedimenti di rilascio di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazioni elettroniche iniziati ai sensi del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198, ed in corso alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 1° ottobre 2003, sono disciplinati dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259. I termini procedimentali, ferma restando la loro decorrenza dalla data di presentazione della domanda o della denuncia di inizio attività, sono computati ai sensi degli articoli 87 e 88 del medesimo decreto legislativo n. 259 del 2003.” Invero, la norma di carattere transitorio non rende ultrattiva la disciplina dichiarata incostituzionale ma, sulla base di una ragionevole scelta del legislatore relativa all’economia dei procedimenti in atto, attribuisce carattere di limitata retroattività alla disciplina recata dal d. lgs. 259/03, senza incorrere in alcuna violazione di precetti costituzionali. Pres. f.f. ed Est. Stevanato - I.S.T.F.E.d.P e altri (Avv.ti Ceruti e Arceboni) c. Comune di Padova (Avv.ti De Simoni, Montobbio, Mizzoni, Lotto e Bernardi) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 3 dicembre 2004, n. 4234
Inquinamento elettromagnetico - Impianti per telecomunicazione - Installazione - D. L.vo 198/2002 - Dichiarazione di incostituzionalità - D. L.vo 259/2003 - Compatibilità con qualsiasi previsione urbanistica - Esclusione - Assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria - Verifica di compatibilità con il p.r.g. - Necessità e condizioni. A seguito della dichiarazione di incostituzionalità del d.lvo 4 settembre 2002, n. 198 (sent. Corte Cost. n. 303/2003), che rendeva gli impianti per le telecomunicazioni compatibili con qualsivoglia destinazione urbanistica, è intervenuto il d.lvo 1 agosto 2003, n. 259, che non ha riprodotto la possibilità di installare le antenne in ogni parte del territorio comunale, ma ha solo assimilato gli impianti per le telecomunicazioni alle opere di urbanizzazione primaria (art. 86, c.3), riammettendo la possibilità per le amministrazioni comunali di dar corso alla verifica di compatibilità degli impianti stessi con le norme del piano. E’ pertanto legittimo lo scrutinio dei progetti per le antenne alla luce del prgc, nel caso in cui le norme comunali non costituiscano un insormontabile ostacolo alla realizzazione del primario interesse dell’installazione di una efficiente rete nazionale. Pres. Gomez de Ayala, Est. Peruggia - S.M.C. S.p.A. (Avv.ti Perin e Borghi) c. Comune di Ciriè (Avv. Montanaro) - T.A.R PIEMONTE, 23 giugno 2004, n. 1184
Inquinamento elettromagnetico - L.R. Emilia Romagna n. 30/2002 - Questione di legittimità costituzionale - Inammissibilità. E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 2 e 3 della legge della Regione Emilia-Romagna 25 novembre 2002, n. 30 (Norme concernenti la localizzazione degli impianti fissi per l’emittenza radio e televisiva e di impianti per la telefonia mobile), sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione e in relazione agli artt. 3, commi 1 e 2, e 5 del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 (Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443). La dichiarazione di illegittimità costituzionale del d.lgs. n. 198 del 2002, ne impedisce infatti la produzione di qualsiasi effetto ed esclude la continuità normativa fra il d. lgs. 198/2002 e il successivo Codice delle comunicazioni (d.lgs. n. 259 del 2003), pur avendo quest'ultimo dettato una disciplina organica della materia che riproduce molte delle disposizioni contenute nel decreto n. 198 citato. Pres. Zagrebelsky, Red. Mezzanotte - CORTE COSTITUZIONALE, 11 giugno 2004 (dec. 7 giugno 2004) n. 167 (vedi: sentenza per esteso)
Inquinamento elettromagnetico - D. lgs. 198/2002 - Dichiarazione di incostituzionalità - Effetto retroattivo - Assenza di normativa regolante il procedimento speciale di D.I.A. - Ordine di sospensione dei lavori in mancanza di titolo abilitativo - Legittimità. Le pronunzie d’accoglimento della Corte costituzionale hanno effetto retroattivo inficiando sin dall’origine la validità e l’efficacia della norma dichiarata contraria al dettato costituzionale, salvo il limite delle situazioni consolidate, quali quelle derivanti da giudicato, da atto amministrativo non impugnabile, da prescrizione o da decadenza. (cfr.: Cass. sez.lav., 22 ottobre 2002, n.14969, id., sez.I, 25 luglio 2001, n.10115; id., 7 giugno 2000, n.7704) Con riferimento al decreto legislativo n.198 del 2002, dichiarato costituzionalmente illegittimo per eccesso di delega, in mancanza della normativa che regoli il procedimento relativo alla speciale DIA, resta pienamente valido l’ordine di sospensione dei lavori che sostanziamene qualifichi abusiva ogni attività edilizia posta in essere in mancanza di qualsivoglia titolo abilitativo (autorizzazione o silenzio-assenso). Pres. Amoroso, Est. Giambartolomei - H3G spa (Avv.ti Niccolaini, Irti, Arnaud) c. Comune di Civitanova Marche (Avv. Cingolani) e altro (n.c.) - T.A.R. MARCHE, Ancona, 3 febbraio 2004, n. 60
Divieto di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione entro il limite di distanza di 75 metri dal perimetro di proprietà di asili, edifici scolastici - art. 3, c. 12, lett. a), L. R. Lombardia n.4/2002 - Illegittimità. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 12, lettera a), della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4, il quale stabilisce il divieto di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione entro il limite di distanza di 75 metri dal perimetro di proprietà di asili, edifici scolastici, strutture di accoglienza socio-assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parchi gioco, case di cura, residenze per anziani, orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze.Pres. Chieppa, Est. Zagrebelsky. Corte Costituzionale, del 7 novembre 2003, Sentenza n. 331
Divieto di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione «in corrispondenza» di alcune determinate aree «sensibili» - L.R.Lombardia n.12/2002 - infondatezza della questione di legittimità costituzionale. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia 10 giugno 2002, n. 12, nella parte in cui è vietata l’installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione «in corrispondenza» di alcune determinate aree «sensibili». Pres. Chieppa, Est. Zagrebelsky. Corte Costituzionale, del 7 novembre 2003, Sentenza n. 331
Localizzazione e l’attribuzione dei siti di trasmissione delle reti pubbliche per l’emittenza radiotelevisiva e per le telecomunicazioni - Art. 11, comma 3, lett. i) L. reg. Campania 1 luglio 2002, n. 9 - Incostituzionalità. E’ incostituzionale l’art. 11, comma 3, lett. i) L. reg. Campania 1 luglio 2002, n. 9, recante “Norme in materia di comunicazione e di emittenza radiotelevisiva ed istituzione del Comitato Regionale per le comunicazioni - CO.RE.COM”, il quale stabilisce che, in mancanza di un “atto legislativo” del Consiglio regionale e fino alla approvazione di “una legge organica sul sistema integrato della comunicazione in Campania”, la Giunta regionale disciplina con regolamento “la localizzazione e l’attribuzione dei siti di trasmissione delle reti pubbliche per l’emittenza radiotelevisiva e per le telecomunicazioni e gli strumenti di sostegno eventualmente necessari”. Pres. Chieppa, Red. De Siervo. Corte Costituzionale, del 29 ottobre 2003, Sentenza n. 324
Competenze legislative della Provincia autonoma di Trento - Risanamento di impianti radiotelevisivi - Delocalizzazione - Legittimità costituzionale - L. n. 66/2001. Non è costituzionalmente illegittimo e non viola le competenze legislative della Provincia autonoma di Trento l’articolo 2 della legge 20 marzo 2001, n. 66, in materia di «delocalizzazione» e di «risanamento di impianti radiotelevisivi». Pres. Chieppa, Red. Zagrebelsky. Corte Costituzionale, del 7 ottobre 2003, sentenza n. 308
Decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 - incostituzionale. E' costituzionalmente illegittimo, per eccesso di delega, il decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 (Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443). Corte Costituzionale 1 ottobre 2003 Sentenza n. 303 (vedi: sentenza per esteso)
Vedi anche: Il ricorso alla Corte Costituzionale contro il Decreto Legislativo n. 198/2002. La mozione della Regione Lombardia e lo stato delle impugnazioni innanzi alla Suprema Corte.
Questione di legittimità costituzionale del Decreto legislativo 4 settembre
2002, n. 198 - artt. 3, 117 terzo comma e 118 primo comma della Carta
Costituzionale - la ragionevolezza delle scelte legislative - provvedimenti
dirigenziali che negano la proroga dell’autorizzazione provvisoria per lo
stazionamento temporaneo di un carrello porta antenna su terreno a agricolo.
E' sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, primo e
secondo comma, del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198, in relazione
agli artt. 3, 117, terzo comma e 118, primo comma della Costituzione, sulla
legittimità o meno, previa delibazione della domanda incidentale di sospensiva,
dei provvedimenti dirigenziali indicati in epigrafe con i quali il Comune di
Ostuni ha sia negato la proroga dell’efficacia dell’autorizzazione provvisoria
rilasciata (il 25 novembre 1999) per lo stazionamento temporaneo (per mesi sei)
di un carrello porta antenna su terreno a agricolo, alla via dei Colli,
sottoposto a vincolo paesaggistico e ubicato entro la fascia di territorio posta
a valle della linea dei cigli collinari (nell’ambito della quale sussiste il
divieto di localizzazione di stazioni radio base per telefonia cellulare
previsto dall’art. 3 del regolamento comunale di organizzazione del sistema di
teleradiocomunicazioni approvato con delibera del C.C. di Ostuni n. 3/2001, e in
forza delle norme di salvaguardia derivanti dalla variante al P.R.G. di Ostuni
adottata con delibera del C.C. di Ostuni n. 2/2001), sia rigettata l’istanza di
autorizzazione in sanatoria presentata dalla società ricorrente relativamente
alla stessa stazione radio base per telefonia cellulare di via dei Colli. I
provvedimenti impugnati si fondano, oltre che all’allegato contrasto con la
disciplina fissata dagli strumenti urbanistici e dal regolamento organizzativo
del sistema di teleradiocomunicazioni adottati dal Comune di Ostuni, anche sul
disposto dell’art. 10 secondo comma della Legge Regionale 8 marzo 2002 n. 5, che
vieta - espressamente - la localizzazione degli impianti di telecomunicazioni in
aree vincolate ai sensi del Decreto Legislativo n. 490/1999. Tali disposizioni
di legge suscitano al Collegio seri dubbi circa la loro conformità agli artt. 3,
117 terzo comma e 118 primo comma della Carta Costituzionale. L’installazione
sul territorio delle stazioni radio base per telefonia cellulare investe,
necessariamente, profili ascrivibili ad una pluralità di materie (tutela
dell’ambiente, ordinamento della comunicazione, tutela della salute e governo
del territorio), di cui le ultime tre rientrano, indubbiamente, tra quelle in
relazione alle quali - per espressa volontà del costituente - deve potersi
esplicare la potestà legislativa concorrente delle Regioni. E, in particolare,
il menzionato art. 3 del Decreto Legislativo 4 settembre 2002 n. 198 disciplina
- esaustivamente - l’aspetto attinente all’inserimento urbanistico delle
stazioni radio base per telefonia cellulare sul territorio comunale. In tal
modo, la norma appare porsi anche in contrasto con il generale precetto sancito
dall’art. 3 della Costituzione, che impone la ragionevolezza delle scelte
legislative. La sollevata questione di legittimità costituzionale, appare
rilevante - già nella fase cautelare del presente giudizio - in quanto, da in
lato, in base alla delibazione sommaria tipica della trattazione dell’incidente
di sospensione, solo i motivi di gravame incentrati sulla violazione dell’art. 3
del Decreto Legislativo n. 198/2002 si appalesano come condivisibili e,
dall’altro, l’accoglimento dell’istanza cautelare (in applicazione di tali
disposizioni normative che sembrano eliminare, con riferimento all’installazione
degli impianti di telefonia mobile, ogni tutela dell’assetto del territorio)
sarebbe suscettibile di provocare l’immediato sacrificio di interessi pubblici e
privati di primario rilievo costituzionale, la cui preservazioni si ritiene
prevalente rispetto al periculum in mora allegato dalla Società ricorrente.
TAR Puglia-Lecce, Sez. I - Ordinanza 10 gennaio 2003 n. 38 (vedi:
Ordinanza per esteso)
Varchi elettromagnetici -Dai provvedimenti che dispongono l`installazione di varchi elettromagnetici di controllo all`ingresso di alcuni ministeri e ne dispongono la continuazione del funzionamento deriva un danno grave e irreparabile agli utenti dei varchi medesimi e, comunque, la scelta di utilizzare i varchi con controllo a distanza non appare coerente con il principio di ragionevolezza secondo un preliminare esame del fumus. Cons. Stato, ord. 16 settembre 1997, n. 1708.