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Giurisprudenza

 

 

Pubblica Amministrazione

Diritto amministrativo

 

2004

 

Si veda anche: Appalti - Urbanistica - Procedure e Varie - Espropriazione - Lavoro - Giurisprudenza

 

 

 Vedi: Pubblica Amministrazione anni

  2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 - 2001 - 2000 -1999 -1998 -1997-92

 

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Pubblica amministrazione - Informazione ambientale - Accesso ai documenti - L. 349/86 e D. Lgs. 39/97 - Soggetti aventi diritto - Oggetto del diritto - Individuazione. La speciale disciplina di cui alla L. 349/86, come modificata, in attuazione della direttiva comunitaria 7 giugno 1990, n. 313, dal D. Lgs. 24 febbraio 1997, n. 39, riconosce a qualsiasi soggetto, persona fisica o associazione, il diritto di accedere alle informazioni in materia ambientale e in ordine alle attività direttamente incidenti, positivamente o negativamente, sullo stato dell’ambiente, senza che il richiedente debba dimostrare il proprio interesse o la propria titolarità di una particolare posizione legittimante. Peraltro, l’accesso può riguardare non soltanto atti e documenti amministrativi preesistenti e individuabili, ma anche “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora o contenuta nelle basi di dati riguardante lo stato delle acque, del suolo, della fauna, della flora, del territorio e degli spazi naturali, nonché le attività, comprese quelle nocive, o le misure che incidono o possono incidere negativamente sulle predette componenti ambientali e le attività le misure destinate a tutelarle”. (Nella specie, la Codacons aveva richiesto l’accesso alla documentazione inerente la convenzione stipulata tra la Vodafone s.p.a e la Legambiente, con il patrocinio di alcuni organi istituzionali, in ordine al recupero e riciclaggio delle batterie dei cellulari). Pres. Giulia, Est. Giordano - Codacons (Avv.ti Rienzi, Tabano e Peduto) c.Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Ambiente, Ministero delle Comunicazioni, COBAT e Legambiente (Avv. Stato) e Vodafone Omnitel s.p.a. (Avv.ti Orlandi e Minervini) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II bis - 22 dicembre 2004, n. 17155

Pubblica Amministrazione - Revoca di incarichi dirigenziali - Riparto di giurisdizione - Pubblico impiego - Dirigenza statale - L. n. 145/2002. La cognizione delle controversie concernenti il conferimento e la revoca di incarichi dirigenziali (anche di quelli di maggiore importanza) spetta al giudice ordinario. La nuova legge sul riordino della dirigenza statale (la legge 15 luglio 2002, n. 145) non ha apportato alcuna modifica in relazione al riparto di giurisdizione. Presidente V. Carbone - Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE CIVILI, Sezioni Unite 9 dicembre 2004, Ordinanza n. 22990

Pubblica amministrazione - Credito del Comune - Sanzioni amministrative - Prescrizione quinquennale. Il credito del Comune nascente dall’avvenuta violazione amministrativa è soggetto a prescrizione quinquennale, termine che decorre dall’accertamento, fatta salva l’interruzione. Questa però è valida solo se il provvedimento d’irrogazione della sanzione sia stato notificato, non anche se sia stato semplicemente adottato. Presidente G. Prestipino - Relatore G. Graziadei. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezione I, 23 novembre 2004, Sentenza n. 22111

Pubblica amministrazione - Conferimento incarico professionale - Presupposti - Forma scritta - Pena di nullità - Sussiste - Requisito formale ricavato "aliunde" - Irrilevanza. Il contratto col quale l'amministrazione pubblica conferisce un incarico professionale deve essere redatto, a pena di nullità, in forma scritta. Tale requisito formale deve riguardare il contratto, ossia le dichiarazioni dei contraenti (pur non essendo richiesta la contestualità di esse), onde é da escludersi che la sussistenza del requisito formale in esame possa essere ricavata "aliunde", ad esempio attraversa la produzione di altri documenti che non costituiscono il contratto, ma lo presuppongono. (Cass. 8023/00). In particolare, é irrilevante l'esistenza di una deliberazione dell'organo collegiale di un ente pubblico che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico al professionista, eventualmente anche richiamando ed approvando lo schema del disciplinare, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell'ente stesso e dal professionista. Detta deliberazione, infatti, non costituisce una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all'ente pubblico, avente per destinatario il diverso organo dell'ente legittimato ad esprimere la volontà all'esterno e carattere meramente autorizzatorio. (Cass 6182/94; Cass 1117/97; Cass 2772/98; Cass2619/00; Cass 8023/00). Pres. R. De Musis - Est. V. Ragonesi - Ric. Falardo e Cuomo - Contric. Comune di Serino. (Conferma Corte d'appello di Napoli). CORTE DI CASSAZIONE Civile, sez. I, 23 novembre 2004, Sentenza n. 22107 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica amministrazione - Conferimento dell'incarico al professionista - Assenza di contratto o di firma - Nullità dell’accordo - Prestazione effettuata dal privato - Obbligo di controprestazione - Eslcusione - Forma scritta - Necessità. In assenza di contratto con la P.A., qualunque prestazione effettuata dal privato è comunque estranea all'amministrazione e non dà luogo ad alcun obbligo di controprestazione con la conseguenza che è del tutto irrilevante se la stessa sia conforme o meno alle finalità dell'amministrazione stessa. Nella specie, il professionista che abbia ricevuto un incarico deve firmare (a pena di nullità dell’accordo) un contratto in forma scritta. Pres. R. De Musis - Est. V. Ragonesi - Ric. Falardo e Cuomo - Contric. Comune di Serino. (Conferma Corte d'appello di Napoli). CORTE DI CASSAZIONE Civile, sez. I, 23 novembre 2004, Sentenza n. 22107 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica amministrazione - Atti amministrativi generali - Esonero dell’Amministrazione dall’obbligo di preventiva informazione dell’avvio del procedimento - L. n. 241/1990. E' legittima l’omissione delle garanzie procedimentali previste dagli artt. 7 e segg. della legge 07.08.1990, n. 241, a fronte di deliberati cui va riconosciuta natura di “atti amministrativi generali, per i quali l’art. 13 della legge n. 241/1990 esonera l’Amministrazione dall’obbligo di preventiva informazione dell’avvio del procedimento, con ogni conseguenza quanto alla successiva fase di contraddittorio ed accesso ai relativi atti. Pres. VARRONE - Est. POLITO - E.N.E.L. S.p.a. - (avv.to De Santis) c. Regione Campania (avv.to Baroni) (conferma TAR Campania, Sezione I^, n. 576/1998 del 16.02.1998). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 novembre 2004 (c.c. 25 giugno 2004), sentenza n. 7279 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Sanzioni amministrative - Prescrizione quinquennale - decorrenza del termine. Il credito del Comune nascente dall’avvenuta violazione amministrativa è soggetto a prescrizione quinquennale, termine che decorre dall’accertamento, fatta salva l’interruzione. Questa però è valida solo se il provvedimento d’irrogazione della sanzione sia stato notificato, non anche se sia stato semplicemente adottato. Presidente G. Prestipino - Relatore G. Graziadei. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. I, del 23 novembre 2004, Sentenza n. 22111

Pubblica Amministrazione - Accesso agli atti della Pubblica amministrazione - Condizioni - Diritto di accesso - Fondamento - Buon andamento della attività amministrativa - Azione popolare - Esclusione. La disposizione di cui all’art. 22 e ss della L.n. 241 del 1990, pur riconoscendo il diritto di accesso a chiunque vi abbia interesse, non ha tuttavia introdotto alcun tipo di azione popolare, diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sull’Amministrazione, tant’è che ha successivamente ricollegato siffatto interesse alla esigenza di tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (cfr. Cons. St., VI Sez., n. 1122/00). Rimane, pertanto, fermo il principio che l’accesso agli atti della Pubblica amministrazione è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente, si rivolgono e che se ne possano eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva che, anche se non deve assumere necessariamente la consistenza dell’interesse legittimo o del diritto soggettivo, deve essere, però, giuridicamente tutelata non potendo identificarsi con il generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento della attività amministrativa. Pres. Venturini - Est. Leoni - Corriero (avv. Lorusso) c. Regione Puglia (n.c.) e altri (conferma T.A.R. Puglia, Bari, Sez.I sentenza n. 3776/03). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 02 novembre 2004 (Cc. 01.06.2004), Sentenza n. 7069

Pubblica Amministrazione - Appalti - Interesse pubblico alla continuità dei servizi di fornitura di beni e servizi in atto - Rapporti contrattuali in corso - Rinnovo contrattuale - Presupposti - Interessi finanziari dell’amministrazione. La norma contenuta nel comma 6 dell’articolo 27 della legge 23 dicembre 1999, n. 466 ha natura di norma transitoria finalizzata, per un verso, a salvaguardare sia gli interessi finanziari dell’amministrazione (in relazione ai possibili ritardi della concreta attuazione del sistema delineato nel comma 1 dell’articolo 26), sia l’interesse pubblico alla continuità dei servizi di fornitura di beni e servizi in atto, rimettendo alle singole amministrazioni la valutazione discrezionale circa l’opportunità di proseguire i rapporti contrattuali in corso, rinnovandolo per non più di due anni e previa riduzione di almeno il 3% della spesa attuale. Pres. VENTURINI - Est. SALTELLI (conferma TAR Lazio, sez. III, n. 4366 del 19 maggio 2003). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 2 novembre 2004 (Cc. 23.03.2004), Sentenza n. 7068

Pubblica Amministrazione - Appalti - Interesse pubblico alla continuità dei servizi di fornitura di beni e servizi in atto - Motivazione - Necessità - Rapporti contrattuali in corso - Rinnovo contrattuale - Presupposti - Interessi finanziari dell’amministrazione - Presenza di un’istanza della parte privata - Obblighi di lealtà, correttezza e solidarietà, insiti nei principi di imparzialità e buon andamento. Sebbene, ai sensi del comma 6 dell’articolo 27 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, la possibilità di avvalersi della possibilità di rinnovare il contratto (piuttosto che utilizzare le convenzioni stipulate dal ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica) deve essere oggetto di apposita motivazione in ordine alla tutela dell’interesse pubblico in questo modo perseguito, in presenza di un’istanza della parte privata di un contratto di fornitura di servizio finalizzata a sollecitare il potere di scelta dell’Amministrazione, la predetta parte privata è titolare di una posizione di interesse differenziato (derivante dalla sua posizione di titolare del contratto di fornitura del servizio in atto scadente proprio nel periodo 2000 - 2002 e nella esistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge per ottenere il rinnovo contrattuale), avendo interesse a conoscere con congruo e ragionevole anticipo le intenzioni dell’Amministrazione circa l’utilizzazione o meno della facoltà di rinnovo del contratto in atto, come prevista dalla più volte ricordata norma di cui al comma 6 dell’articolo 27 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, quanto meno al limitato (ma non certo irrilevante) fine di poter adeguatamente programmare la propria attività rivolgendo l’attenzione e l’impegno ad altre occasioni di lavoro: così che l’Amministrazione aveva l’obbligo di concludere il relativo procedimento con un provvedimento espresso, in conformità agli obblighi di lealtà, correttezza e solidarietà, insiti nei principi di imparzialità e buon andamento cui deve ispirarsi l’attività della pubblica amministrazione, in relazione - nel caso di specie - alla facoltà accordata dalla ricordata normativa alla sola amministrazione di poter decidere il rinnovo del contratto in atto. Pres. VENTURINI - Est. SALTELLI (conferma TAR Lazio, sez. III, n. 4366 del 19 maggio 2003). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 2 novembre 2004 (Cc. 23.03.2004), Sentenza n. 7068

Pubblica Amministrazione - Urbanistica e edilizia -PEEP - Fabbisogno abitativo e incremento della popolazione - Determinazione del fabbisogno di alloggi da destinare ad edilizia economica e popolare. Ai fini della determinazione del fabbisogno di alloggi da destinare ad edilizia economica e popolare, non esiste un nesso necessariamente inscindibile tra fabbisogno abitativo e incremento della popolazione, rappresentando quest’ultimo solo una componente del calcolo da effettuarsi e potendosi prendere in esame anche altri elementi (quali l’esigenza del rinnovato modo di vivere della popolazione, legato all’evoluzione sociale in atto). (C.d.S., Sez. IV, 25 gennaio 1999, n. 70; 5 luglio 2000, n. 3730). Pres. Riccio - Est. Salvatore - Comune di Comacchio (avv.ti Balli e Barbantini) c. Regione Emilia Romagna (n.c.) ed altro (riforma Tribunale amministrativo regionale Emilia Romagna, sede di Bologna (Sezione I), n. 731 del 12 ottobre 1994). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 22 ottobre 2004, (Cc. 18 maggio 2004) sentenza n. 6964

Pubblica Amministrazione - Attività di autotutela - Interesse pubblico all’annullamento - Presupposti - Motivazione - Giurisprudenza. Fattispecie: Esborso di denaro pubblico senza titolo, utilizzo di risorse pubbliche per il finanziamento di una iniziativa immobiliare contrastante con la disciplina urbanistica. La giurisprudenza prevalente ha in tempi più recenti individuato varie ipotesi nelle quali l’interesse pubblico all’annullamento è, come suol dirsi, in re ipsa e non richiede particolare motivazione, ivi comprendendo in particolare tutte le ipotesi in cui l’interesse sotteso all’attività di autotutela consiste nell’evitare l’esborso di denaro pubblico senza titolo. ( ad es. V 9.2.2001 n. 581). Contra: Anche l’annullamento di ufficio di un provvedimento illegittimo presuppone il riscontro circa la sussistenza di un interesse pubblico che in concreto prevalga sull'affidamento ingenerato nel privato beneficiario ( cfr. CdS Ap. 5.5.1990 n. 412 e Sez. V 13.3.2000 n.1311). In sostanza, nell'ipotesi in cui vengano incise situazioni giuridiche costituitesi e consolidatesi sulla base di precedenti atti adottati dalla stessa Amministrazione, il provvedimento di autotutela deve essere non solo adeguatamente motivato, ma deve anche evidenziare l'esistenza di un pubblico interesse attuale e specifico alla sua adozione, diverso da quello inerente il mero ripristino della legalità violata. (Nel fatto è stato ritenuto che l’atto di autoannullamento - in quanto volto ad evitare l’utilizzo di risorse pubbliche per il finanziamento di una iniziativa immobiliare contrastante con la disciplina urbanistica, con vantaggio ingiustificato per la Società appellata rispetto agli altri concorrenti - risultava finalizzato al perseguimento di un interesse pubblico di naturale evidenza ed in definitiva del tutto cogente. Pertanto, il provvedimento non necessitava di particolare motivazione in ordine alla prevalenza del suddetto interesse sull’affidamento ingenerato nella Società, specie ove si tenga presente da un lato che l’attività di autotutela si è dispiegata a non rilevante distanza di tempo dalla concessione del contributo e soprattutto, dall’altro, che l’acquisto dell’immobile da parte della appellata risulta comunque definito in epoca comunque anteriore alla conclusione del procedimento). Pres. SALVATORE - Est. ANASTASI - Provincia autonoma di Trento (avv. Ferrari) c. C.D.V. S.a.s. (avv.ti Valentini e Panariti) (annulla TAR di Giustizia Amministrativa per il Trentino Alto Adige - sede di Trento 7 novembre 1995 n. 292). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 22 ottobre 2004, (Cc. 25.05. 2004) sentenza n. 6956 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Appalti - Revoca d’ufficio - Annullamento dell’aggiudicazione - Presupposti - Contratti della P. A. - Aggiudicazione - Scelta del contraente. Benché nei contratti della Pubblica Amministrazione l’aggiudicazione, in quanto atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segna di norma il momento dell’incontro della volontà della pubblica amministrazione di concludere il contratto e della volontà del provato manifestata con l’offerta ritenuta migliore (con la conseguenza che da tale momento sorge il diritto soggettivo dell’aggiudicatario nei confronti della stessa pubblica amministrazione), non è precluso all’amministrazione stessa di procedere, con atto successivo, purché adeguatamente motivato con richiamano ad un preciso e concreto interesse pubblico, alla revoca d’ufficio ovvero all’annullamento dell’aggiudicazione. (ex multis, C.d.S., sez. IV, 12 settembre 2000, n. 4822; sez. V, 20 settembre 2001, n. 4973; sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244). Il potere di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione si fonda sul principio costituzionale di buon andamento che, com’è noto, impegna la pubblica amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire. (C.d.S., sez. V, 20 settembre 2001, n. 4973). Pres. COSTANTINO - Est. SALTELLI - MINISTERO DELLA DIFESA (Avvocatura generale dello Stato) c. S.N.C. CIANDOR ed altro (n.c.) (riforma Tribunale amministrativo regionale per il Veneto n. 831 del 25 maggio 1995). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 22 ottobre 2004, (Cc. 27.05. 2004) sentenza n. 6931

Pubblica Amministrazione - Rifiuti - TARSU - Disciplina generale della tariffa - Competenza - Consiglio Comunale - Quantificazione degli importi tariffari - Competenza - Giunta Comunale - Competenza dei dirigenti nella delimitazione tariffaria - Esclusione. Tra gli atti fondamentali di competenza del Consiglio comunale, ai sensi dell’art. 42, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, è da annoverare "la disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi", comprensiva della individuazione dei criteri economici sulla base dei quali deve procedersi alla determinazione delle tariffe; delle eventuali esenzioni o agevolazioni; delle modalità di graduazione delle tariffe sulla base di fasce orarie o delle zone in cui il servizio viene prestato e di altri criteri di carattere generale per la determinazione delle tariffe; la concreta quantificazione degli importi tariffari spetta invece alla Giunta comunale. Va escluso che il potere di aggiornamento della tariffa possa essere attribuito ai dirigenti e ciò per il motivo che a questi spettano tutti gli atti di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, tra i quali non può annoverarsi quello di stabilire la concreta delimitazione tariffaria dei servizi offerti dal Comune ovvero, ove si ritenga che la TARSU abbia natura di tributo, la potestà determinativa delle aliquote d’imposta. Pres. Vacirca - Est. Massari - A.P.D.A. (Avv. Astori) c. Comune di Prato (Avv.ti Tognini e Gisondi) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 20 ottobre 2004, n. 5003

Pubblica Amministrazione - Rifiuti -  Diniego alla realizzazione ed esercizio di una discarica di II categoria, tipo B, per rifiuti speciali - Motivazione per relationem - Legittimità. E’ legittima l’adesione dell’amministrazione alle argomentazioni contenute negli atti specificamente richiamati, secondo la tecnica della motivazione per relationem. E’ appena il caso di rilevare che, la motivazione di un provvedimento amministrativo costituisce il mezzo attraverso cui la pubblica amministrazione rende manifesto l’iter logico - giuridico che ha condotto alla sua emanazione, consentendone il sindacato. Si ritiene che non sussiste difetto di motivazione allorché quest’ultima sia ricavabile da altri atti del procedimento di cui l'interessato abbia avuto sicura conoscenza (C.d.S., sez. IV, 10 aprile 2002, n. 1924), poiché la garanzia di adeguata tutela delle proprie ragioni che l’ordinamento assicura nei confronti di ogni atto amministrativo non viene meno per il solo fatto che nel provvedimento finale non risultino chiaramente e compiutamente esplicitate le ragioni sottese alle scelte, se le stesse possano essere agevolmente colte dalla lettura degli atti afferenti le diverse fasi nelle quali si articola il procedimento (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2001, n. 125). (Fattispecie: diniego alla realizzazione ed esercizio di una discarica di II categoria, tipo B, per rifiuti speciali). Pres. Frascione - Est. Corradino. S.E.P. Società Ecologica Pavese s.r.l. (Avv.ti Boifava e Ferrari) c. Regione Lombardia (Avv.ti Colombo e Pujatti e Tedeschini) e nei confronti Provincia di Pavia - Comune di Bressana Bottarone (Conferma T.A.R. Lombardia, sez.I, n. 1554/1999). CONSIGLI DI STATO Sez. V, 20 ottobre 2004 (C.c. 30.3.2004), sentenza n. 6814

Pubblica Amministrazione - Rifiuti - Diniego alla realizzazione ed esercizio di una discarica di II categoria, tipo B, per rifiuti speciali - Conferenza di servizi - Distinta ed autonoma ponderazione - Presupposti. Il parere sfavorevole al rilascio dell’autorizzazione espresso dagli enti locali partecipanti alla conferenza di servizi, legittimamente è acquisito dalla Giunta Regionale (Lombardia), che ha espressamente affermato di procedere al diniego dell’atto autorizzatorio “condividendo le osservazioni evidenziate dagli enti in sede di conferenza”, ed “assumendo come proprie le predette valutazioni”. In sostanza, l’organo regionale ha compiuto una distinta ed autonoma ponderazione degli interessi sottesi al rilascio del provvedimento richiesto. (Fattispecie: diniego alla realizzazione ed esercizio di una discarica di II categoria, tipo B, per rifiuti speciali). Pres. Frascione - Est. Corradino. S.E.P. Società Ecologica Pavese s.r.l. (Avv.ti Boifava e Ferrari) c. Regione Lombardia (Avv.ti Colombo e Pujatti e Tedeschini) e nei confronti Provincia di Pavia - Comune di Bressana Bottarone (Conferma T.A.R. Lombardia, sez.I, n. 1554/1999). CONSIGLI DI STATO Sez. V, 20 ottobre 2004 (C.c. 30.3.2004), sentenza n. 6814

Pubblica Amministrazione - Lavoro - Trasferimento d'azienda conprovvedimento della pubblica amministrazione - Conservazione del posto di lavoro - Art. 2112 c.c. - Dir. n.77\187. Recependo l’interpretazione della direttiva comunitaria n.77\187 data dalla Corte di Giustizia CE la Cassazione afferma per la prima volta (discostandosi dall’indirizzo precedente, rappresentato recentemente da Cass. n. 5934 del 2004 ) che sono applicabili le garanzie patrimoniali e di conservazione del posto di lavoro dettate dall’art. 2112 c.c. in favore dei lavoratori subordinati per il caso di trasferimento di azienda, anche se il trasferimento deriva non da attività negoziale dei privati ma da un provvedimento autoritativo della pubblica amministrazione (purchè il rapporto di lavoro sia regolamentato, all’atto del trasferimento, dalle norme di diritto comune del lavoro). Presidente V. Mileo, Relatore M. De Luca CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, dell'8 novembre 2004, Sentenza n. 21248

Pubblica Amministrazione - Obbligo di comunicare l'avvio del procedimento - Avvio su istanza di parte - Esclusione. L'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento, ex art. 7 della legge n. 241/1990, non si applica quando questo è iniziato, ad istanza di parte. CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 7 ottobre 2004 (C.C. 21-5-2004) sentenza n. 6508
 

Pubblica amministrazione - Pubblici servizi - Potere autoritativo - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. La materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo" (ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà, la quale, tuttavia, presuppone l'esistenza del potere autoritativo: art. 11 della legge n. 241 del 1990). Il parametro di verifica della giurisdizione introdotto dalla Corte Costituzionale investe, da un lato, l'inerenza della controversia alla "materia dei pubblici servizi"; dall'altro, e contestualmente, il coinvolgimento, nella materia, della "pubblica amministrazione-autorità" (id est, nell'esercizio di un potere autoritativo). (Corte Cost. n. 204 del 6 luglio 2004). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 05/10//2004 (C.C. 13 luglio 2004), Sentenza n. 6489

 

Pubblica Amministrazione - Azienda speciale - Ente strumentale del Comune - Società mista pubblico-privata - Soggetto imprenditoriale - Configurazione. L’azienda speciale è configurabile quale ente strumentale del Comune, nell’apparato organizzativo di questo compiutamente integrata, mentre la società mista pubblico-privata è, innanzitutto, un soggetto imprenditoriale, rientrante nello schema organizzativo gestionale proprio delle società di capitali e, pertanto, non sottoposto alle limitazioni di attività cui soggiacciono le aziende speciali. Alla luce di tale ricostruzione, è possibile affermare che l’ordinamento giuridico non pone, in linea di principio, alcun limite all’assunzione, da parte delle società miste, di compiti ultronei alla mission istituzionale assegnata dall’ente locale. (Annulla T.A.R. Lombardia - Milano - Sez. III - n. 3088/2003 depositata in data 11 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.C. 24 Febbraio 2004), sentenza n. 6325 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica amministrazione - Strumento cautelare in seno al processo amministrativo - Fondamento - Comportamento dell’Amministrazione. Il fine cui è preordinato lo strumento cautelare in seno al processo amministrativo è quello di porre impedimento a possibili danni non riparabili, derivanti dal tempo occorrente per la definizione del giudizio, di fronte alla immediata produzione di effetti del provvedimento o del comportamento dell’Amministrazione. Pertanto, quando un provvedimento sia fondato su una pluralità di ragioni, tutte egualmente idonee a sorreggerne la parte dispositiva, l’eventuale illegittimità di uno dei motivi presi in considerazione dall’Amministrazione non è sufficiente ad inficiare il provvedimento stesso. Pres. Frascione - Est. Farina - s.r.l. SMI Società Meridionale Inerti (avv. Scoca e Pelillo) c. Regione Abruzzo (Avvocatura generale dello Stato) e altro (conferma T.A.R. Abruzzo, sede staccata di Pescara, n. 903/99). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004, Sentenza n. 6301 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Rinnovo o proroga delle autorizzazioni dell’esercizio di discariche - Configurazione giuridica - Varianti sostanziali che introducono modifiche al progetto della discarica - Competenza dei dirigenti - Esclusione - Rinnovazione dell’intera disciplina procedimentale - Necessità. Le attività decisorie e conclusive inerenti al rinnovo o proroga delle autorizzazioni all’esercizio di discarica, insieme a quelle inerenti al rilascio di prima autorizzazione, allora regolate dall’art. 10 della l. reg. Abruzzo n. 15 del 1998, non sono e non erano configurabili come semplici attività di gestione. Nella specie, l’art. 10 stabiliva che anche le domande di rinnovo o di proroga fossero presentate alla Giunta. Sicché il procedimento ivi disciplinato riguardava anche i rinnovi o le proroghe. L’articolo in esame non contempla la sola attività di gestione, come è reso palese dai richiami al decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 22, e in particolare all’art. 27, comma 8 (realizzazione di varianti sostanziali che comportano modifiche che derogano alla conformità all’autorizzazione rilasciata), ed all’art. 31, comma 6 (recupero di rifiuti non individuati, in impianti autorizzati ai sensi dello stesso articolo). Pertanto, le varianti sostanziali che introducono modifiche al progetto della discarica sono soggette alla rinnovazione dell’intera disciplina procedimentale. Infine, l’approvazione del progetto di discarica - secondo l’art. 8, comma 2, della stessa l. reg. Abruzzo n. 13/98 - non solo sostituisce visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e regionali, ma, se occorre, costituisce variante dello strumento urbanistico comunale. Queste attività concernono l’assetto generale del territorio comunale e sono, perciò, da ricondurre fra quelle di indirizzo politico-amministrativo. Esulano, di conseguenza, dalla mera gestione e non possono appartenere alla competenza dei dirigenti. Pres. Frascione - Est. Farina - s.r.l. SMI Società Meridionale Inerti (avv. Scoca e Pelillo) c. Regione Abruzzo (Avvocatura generale dello Stato) e altro (conferma T.A.R. Abruzzo, sede staccata di Pescara, n. 903/99). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004, Sentenza n. 6301 (vedi: sentenza per esteso)


Rifiuti - Realizzazione di una pubblica discarica - Occupazione d’urgenza - Proprietari dei terreni - Posizioni qualificate - Proprietari occupati - legittimazione attiva - Sussiste. In tema di occupazione d’urgenza per la realizzazione di una pubblica discarica, i proprietari dei terreni incisi, o in forza della localizzazione della discarica, o per effetto delle opere che devono essere poste in essere per la sua realizzazione, sono titolari di posizioni qualificate, per il fatto stesso di dover subire la compressione temporanea o definitiva del proprio diritto dominicale, riconoscendo soltanto ai proprietari occupati la legittimazione attiva. Pres. Iannotta - Est. Millemaggi Cogliani - Regione Piemonte (Avv.ti Ciavarra e Romanelli) c.Comuni di Dusino S. Michele e di Valfenera (Avv.ti Valeri e Barosio) e altri (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale Piemonte, Sez. II, n.194 del 31 marzo1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.c. 16 aprile 2004), sentenza n. 6292 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Realizzazione di una discarica per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Conferenza dei servizi - Necessità - Modifiche progettuali - Mancata riconvocazione della conferenza dei servizi - Illegittimità - Assenza di partecipazione di un Comune - Riconoscimento della legittimazione - Sussiste - Art. 3 bis D.L. n. 361/1987 conv. in L. modif., art. 1, 1°c., L. n. 441/1987. In tema di rifiuti, il riconoscimento della legittimazione, in capo ai Comuni, è perfettamente legittimo quando, non è intervenuta, con riferimento al progetto definitivo, la necessaria consulenza della Conferenza dei servizi, sulla cui base la Regione avrebbe dovuto, successivamente, provvedere all’approvazione. La circostanza poi, che tali modificazioni siano state, nella sostanza, migliorative della precedente progettazione, e in gran parte dirette ad introdurre, nella progettazione le variazione rese necessarie per le osservazioni dei partecipanti, non invalida il giudizio espresso dal giudice di primo grado in ordine alla carenza istruttoria derivante dalla mancata sottoposizione del nuovo progetto all’esame della conferenza. Pres. Iannotta - Est. Millemaggi Cogliani - Regione Piemonte (Avv.ti Ciavarra e Romanelli) c.Comuni di Dusino S. Michele e di Valfenera (Avv.ti Valeri e Barosio) e altri (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale Piemonte, Sez. II, n.194 del 31 marzo1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.c. 16 aprile 2004), sentenza n. 6292 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Realizzazione di una discarica RSU - Coinvolgimento del Sindaco del Comune in cui avrà sede dell'impianto e dei Sindaci dei Comuni territorialmente confinanti - Conferenza dei servizi - Necessità - art. 3 bis del D.L. n. 361 del 1987 - Artt. 27 e 28 L.R. Piemonte n. 59/1995. La legge regionale del Piemonte 13 aprile 1995 n. 59, completa e definisce, nell’ambito delle proprie attribuzioni normative, il quadro procedimentale in materia di discariche. Sia l’art. 27, sia l’art. 28, che fissano i soggetti della cui consulenza, rispettivamente la regione e le province devono avvalersi in apposita conferenza, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, individuano, fra l’altro, i soggetti da coinvolgere nel Sindaco del Comune in cui avrà sede dell'impianto e nei Sindaci dei Comuni territorialmente confinanti. Del tutto corretto è, pertanto il riconoscimento della legittimazione, in capo ai Comuni, per di più nel caso in esame in cui la censura risiede proprio nella omessa sottoposizione del progetto, con le modificazioni sostanziali apportate dal Commissario, alla Conferenza dei servizi, già promossa a norma dell’art. 3 bis del D.L. n. 361 del 1987. Pres. Iannotta - Est. Millemaggi Cogliani - Regione Piemonte (Avv.ti Ciavarra e Romanelli) c.Comuni di Dusino S. Michele e di Valfenera (Avv.ti Valeri e Barosio) e altri (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale Piemonte, Sez. II, n.194 del 31 marzo1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004 (C.c. 16 aprile 2004), sentenza n. 6292 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica Amministrazione - Tributi - TOSAP (Tassa per l'occupazione di suolo pubblico) - Passo carrabile - Uso privilegiato di spazio pubblico - Previsione impositiva - Legittimità. Ai fini della applicazione della tassa per l'occupazione di suolo pubblico (TOSAP), anche un cartello segnaletico, che inibisca la sosta in corrispondenza di un passo carrabile, è idoneo a sottrarre tale spazio all'uso generalizzato della collettività, creando, in favore dei soggetti che ne usufruiscono una situazione di uso privilegiato di spazio pubblico, riconducibile pur sempre alla previsione impositiva. Presidente B. Saccucci -Relatore A. Di Blasi. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sezione V, 10 settembre 2004, Sentenza n. 18289

 

Pubblica Amministrazione - Vice Sindaco - Esercizio delle funzioni vicarie del Sindaco - Assenza, l'impedimento o la sospensione del Sindaco "ex" art. 15 L. 55/90 - Disciplina per l’espletamento delle funzioni vicarie - Nuovo ordinamento delle autonomie locali - D.Lgs. 18.8.2000 n. 267. La nuova legge comunale 25 marzo 1993 n. 81 ha risolto normativamente il problema dell'esercizio delle funzioni vicarie del Sindaco, introducendo la figura del vice Sindaco, ed indicando, quali presupposti del legittimo esercizio di dette funzioni vicarie, l'assenza, l'impedimento o la sospensione del Sindaco "ex" art. 15 L. 55/90, senza tuttavia escludere la necessità che il sostituto espliciti, nello stesso atto adottato in via sostitutiva, il titolo che ne legittimi la potestà vicaria (Cass. 1380/2000; 11127/2003;). Nel caso in esame, essendo stata esplicitata, nella sottoscrizione del mandato alle liti da parte del vice Sindaco, l'assenza del Sindaco quale causa di espletamento delle funzioni vicarie, la potestà sostitutiva è stata palesemente espletata nel rispetto dei presupposti di legge. Quanto alla delibera di ratifica da parte della Giunta Comunale, necessaria ai sensi dell'art. 49 della legge 142/90 (e non più richiesta dal nuovo ordinamento delle autonomie locali di cui al D.Lgs. 18.8.2000 n. 267) perché il Sindaco, o il suo Vicario, potessero rappresentare il Comune nelle liti attive e passive, la stessa costituisce un presupposto processuale (Cass. 2955/96; 5286/98) che può intervenire anche successivamente al conferimento del mandato, purché, come nella specie, prima della decisione. - Pres. CRISTARELLA ORESTANO - Est. SOTGIU - Comune di Bari (avv. Ciuffi) c. Consorzio del porto di Bari stazione marittima passeggeri molo San Vito, ora Autorità Portuale di Bari (avv. Gargiulo) - P.M. NARDI. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. trib., 10 settembre 2004 (ud. 29 aprile 2004), Sentenza n. 18318
 

Pubblica amministrazione - Diritto d'accesso - Appalti - Accesso agli atti delle procedure concorsuali e di gara - Art. 22 c. 1 l. n. 241/1990. La disposizione di cui all'art. 22 comma 1 l. n. 241 del 1990, pur riconoscendo il diritto d'accesso a <<chiunque vi abbia interesse>>, non ha introdotto alcun tipo di azione popolare tant'è che ha successivamente ricollegato siffatto interesse all'esigenza di tutela di <<situazioni giuridicamente rilevanti>>: in particolare, l'accesso agli atti delle procedure concorsuali e di gara, è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi direttamente o indirettamente si rivolgono e che se ne possano avvalere per la tutela di una posizione soggettiva, la quale non può identificarsi con il generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa. Pres. Iannotta - Est. Corradino (Riforma T.A.R. della Campania, - Napoli - sez. V, 25 settembre 2003, n. 11649). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7 Settembre 2004 (Ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 5873

Pubblica amministrazione - Diritto d'accesso - Art. 25 l. 7 n.241/1990 - Interpretazione. La disposizione, contenuta nell’art. 25 l. 7 agosto 1990 n. 241, deve essere interpretata nel senso che quando il trattamento dei dati concerne dati idonei a rilevare lo stato di salute o la vita sessuale, l’accesso è consentito se il diritto da far valere o da difendere è di rango almeno pari a quello dell'interessato. Tale disciplina è volta, alla “massimizzazione della circolazione informativa”, con consequenziale prevalenza del principio di pubblicità rispetto a quello di tutela della riservatezza, sempre che l'istanza ostensiva sia sorretta dalla necessità di difendere i propri interessi e nel rispetto del limite modale di cui si dirà fra breve (cfr.: Cons. Stato, sez. VI, 30/03/2001, n. 1882). Pres. Iannotta - Est. Corradino (Riforma T.A.R. della Campania, - Napoli - sez. V, 25 settembre 2003, n. 11649). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7 Settembre 2004 (Ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 5873

Pubblica Amministrazione - Diritto di accesso ai documenti della Pubblica amministrazione - Presupposto legittimante - Rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione. Per avere un interesse qualificato ed una legittimazione ad accedere alla documentazione amministrativa è necessario trovarsi in una posizione differenziata ed avere una titolarità di posizione giuridicamente rilevante, che significa non titolarità di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo (ossia posizioni giuridiche soggettive piene e fondate) ma di una posizione giuridica soggettiva allo stato anche meramente potenziale. Tale limite, è dato dalla necessità di evitare che l'accesso si trasformi in azione popolare, poichè il diritto di accesso ai documenti della Pubblica amministrazione non può essere trasformato in uno strumento di “ispezione popolare”, “esplorativo” e “di vigilanza” utilizzabile al solo scopo di sottoporre a verifica generalizzata l'operato dell'Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22/10/2002, n. 5818). Alla luce di tali premesse, deve concludersi nel senso che ai fini della sussistenza del presupposto legittimante per l'esercizio del diritto di accesso deve esistere un interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l'accesso, che il medesimo soggetto intende perseguire e tutelare nelle sedi opportune, ed un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l'ostensione. Tale nesso di strumentalità deve, peraltro, essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell'interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22/10/2002, n. 5814). Pres. Iannotta - Est. Corradino (Riforma T.A.R. della Campania, - Napoli - sez. V, 25 settembre 2003, n. 11649).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7 Settembre 2004 (Ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 5873

 

Pubblica Amministrazione - Trattamento di dati sensibili da parte di soggetti pubblici - Privacy - Trattamento di dati sensibili - Diritto di difesa in sede amministrativa o giudiziaria - Valutazione comparativa - Istanza ostensiva - Riservatezza - Limiti. L'art. 16 d.lgs. 11 maggio 1999 n. 135 (disposizione che dichiara di <<rilevante interesse pubblico il trattamento dei dati personali, ove necessari per far valere il diritto di difesa in sede amministrativa o giudiziaria, anche da parte di un terzo, o per ciò che attiene alla riparazione di un errore giudiziario o di un'ingiusta restrizione alla libertà personale>>), recante disposizioni integrative della l. 31 dicembre 1996 n. 675 sul trattamento di dati sensibili da parte di soggetti pubblici, nello stabilire che il relativo trattamento <<è consentito se il diritto da far valere o difendere, di cui alla lett. b) del comma 1, è di rango almeno pari a quello dell'interessato>>, rimette la soluzione del contrasto tra il diritto di accesso e quello alla riservatezza alla ponderazione comparativa da effettuarsi in concreto, in primo luogo, dall'amministrazione ed eventualmente, in sede di controllo, dal Giudice amministrativo adito ai sensi dell'art. 25 l. 7 agosto 1990 n. 241 (Cons. Stato, sez. V, 03/07/2003, n. 4002). Tale valutazione comparativa può comportare che il diritto posto a base della istanza ostensiva, pur se in astratto subvalente rispetto a quello della riservatezza, risulti in concreto prevalente su quest'ultimo. Pres. Iannotta - Est. Corradino (Riforma T.A.R. della Campania, - Napoli - sez. V, 25 settembre 2003, n. 11649). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7 Settembre 2004 (Ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 5873

 

Pubblica Amministrazione - Inquinamento - Tutela dell’ambiente - Diritto all’accesso ambientale e diritto alla salubrità dell’ambiente - Interpretazione - Legittimazione all’accesso - Limitazioni soggettive - Illegittimità. Il diritto all’accesso ambientale, non può essere interpretato, come posizione soggettiva necessariamente strumentale al diverso diritto alla salubrità dell’ambiente, facendone derivare l’intestazione del primo ai soli titolari (e cioè, in sintesi, solo le persone fisiche) del secondo, posto che contrariamente al regime generale dell’accesso alla documentazione amministrativa. Pertanto, le persone giuridiche non sono escluse dal diretto riconoscimento della legittimazione all’accesso ad opera dell’art. 3 d.lgs. n.39/97 ed non hanno l’onere di dimostrare un loro stabile collegamento con l’ambiente che ne autorizzi l’iniziativa, un'ipotesi contraria confligge, in particolare, con il dettato testuale della disposizione che, là dove recita “chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dimostrare il proprio interesse”, e non tollera alcuna opzione esegetica che introduca limitazioni soggettive - espressamente e chiaramente - escluse dalla norma. Pres. Patroni Griffi - Est. Deodato, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Avvocatura Generale dello Stato) c. Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Teramo (Avv.ti Referza e Di Dalmazio) - (Conferma, TAR Lazio, sez. III ter, 15 gennaio 2003, n.126). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 07 settembre 2004 (Ud. 8 luglio 2004) Sentenza n. 5795 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica Amministrazione - Giudizio elettorale - Onere della specificità dei motivi - Onere del principio di prova - Ricorsi meramente esplorativi. Nel giudizio elettorale, l'adempimento dell'onere della specificità dei motivi può costituire adempimento anche dell'onere del principio di prova, atteso che l'analiticità delle contestazioni, può essere essa stessa indizio dell'attendibilità delle ricostruzione che sorregge, in punto di fatto, la formulazione delle doglianze di diritto. Pertanto, la verifica del giudicante sulla serietà intrinseca del ricorso può risultare da sola sufficiente a selezionare, nell'insieme di tutte le azioni giudiziarie promosse, quelle prive della genericità tipica dei ricorsi meramente esplorativi. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, il 2 settembre 2004, n. 5742

 

Pubblica Amministrazione - Rimborso delle spese legali - Segretario generale - Sentenza di assoluzione - Fattispecie: richiesta di rimborso delle spese per il patrocinio legale. La domanda, diretta ad ottenere il rimborso delle spese legali, alle quali l'appellante ha dovuto fare fronte per il suo status di dipendente del Comune di Agnone, (Segretario generale del Comune) in quanto proposta, dapprima all’amministrazione e successivamente in via giurisdizionale, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario. In base all'art. 63 del D.Lgs 30.3.2001, n. 165 comma 1 rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, fatte salve le eccezioni specificamente indicate dalla legge, tra le quali non figura la fattispecie in esame. Pres. Iannotta - Est. Marchitiello. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 30 Agosto 2004 (16.4.2004), sentenza n. 5658

 

Pubblica Amministrazione - Urbanistica e edilizia - Denuncia di inizio di attività - Obbligo della pubblica amministrazione di comunicare l’avvio del procedimento - Insussistenza - L. n. 241/1990 - inibizione dell’attività - Termini - Fattispecie: apertura di un centro trasmissione dati. Nei provvedimenti inerenti a procedimenti semplificati ed accelerati, (denuncia di inizio di attività), non vi è luogo a comunicare l’avvio del procedimento all’interessato, in quanto in questo caso vi è una sorta di inversione procedimentale, con il privato che comunica all’Amministrazione l’attivazione di una particolare procedura. Non solo, ma se si dovesse ritenere esistente l’obbligo della pubblica amministrazione di comunicare, anche nel caso di denuncia di inizio di attività, l’avvio del procedimento, oltre alla vanificazione dell’intento acceleratorio contenuto nell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, si determinerebbe un sostanziale svuotamento della norma stessa. Infatti, questa prevede che la pubblica amministrazione, ricevuta la denuncia di inizio di attività, abbia un termine massimo di sessanta giorni dal ricevimento della denuncia suddetta per inibire l’attività, mentre nel caso di comunicazione di avvio del procedimento, occorrerebbe necessariamente far decorrere da tale data il termine, con sostanziale svuotamento di un istituto che presenta sue peculiari caratteristiche che lo allontanano dai normali procedimenti amministrativi. Pres. Trotta - Est. Mele - MINISTERO DELL’INTERNO - QUESTURA DI GENOVA (Avvocatura generale dello Stato) c. A. (n.c.) (annulla T.A.R. Liguria, sez. II, n. 151 del 2 aprile 1998). Conf.: CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 26 luglio 2004 (ud. 27 aprile 2004), sent. nn. 5330-5328-5327-5326-5325-5324-5323. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 26 luglio 2004 (ud. 27 aprile 2004), sent. n. 5329

 

Pubblica amministrazione - Segretari comunali - Valorizzazione delle anzianità pregresse - D.P.R. n. 44/1990. Le maggiorazioni di cui ai commi 4 e 5 del D.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44, non spettano ai segretari comunali che, per lo stesso titolo, hanno diritto alle più favorevoli attribuzioni di cui all’articolo 8 dello stesso D.P.R. n. 44 del 1990, anch’esse dirette alla valorizzazione delle anzianità pregresse. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 26 luglio 2004 (ud. 4 maggio 2004) Sentenza n. 5292

 

Pubblica Amministrazione - Annullamento in via amministrativa del provvedimento - Spese sostenute per ottenere l'annullamento in via amministrativa del provvedimento - Responsabilità civile della Pubblica Amministrazione - Configurabilità - Presupposti - Fattispecie. La Pubblica Amministrazione può rispondere del danno subito dal privato a causa di un provvedimento amministrativo illegittimo, nella misura delle spese sostenute per ottenere l'annullamento in via amministrativa del provvedimento stesso. Sicché, non si può escludere in modo aprioristico che anche tali spese, sempre che costituenti una conseguenza del fatto illecito, secondo le comuni regole dell'accertamento del nesso causale, siano risarcibili a titolo di danno ingiusto. Nella specie la Suprema Corte ha imposto al giudice del rinvio, l'accertamento in concreto dell'esistenza dei requisiti anche soggettivi dell'illecito - non identificabili con la mera illegittimità dell'atto annullato, ma riferibili al comportamento dell'ente, nonché dei suoi funzionari e dipendenti, e qualificato dal dolo o dalla colpa -, nonché l'esistenza delle spese legali allegate e la dipendenza di esse dal fatto illecito secondo i consueti criteri di adeguatezza causale. Pres. G. Losavio - Est. A. Ceccherini - Ric. Tanzillo - (Rinvia alla Corte d'appello di Milano). CORTE DI CASSAZIONE Civile, sez. I, 23 luglio 2004, Sentenza n. 13801 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica Amministrazione - Ricorso gerarchico - Contestazioni - Cattivo esercizio della funzione giustiziale - Difetto di motivazione - Illegittimità del provvedimento di base. Contro la decisione del ricorso gerarchico potranno farsi valere non solo le censure relative alle ulteriori argomentazioni eventualmente svolte in sede gerarchica, ma anche quelle relative al cattivo esercizio della funzione giustiziale, come ad esempio il difetto di motivazione, onde far emergere, per altra via, l'illegittimità del provvedimento di base (v. Cons. St., II, 19 febbraio 2003, n. 736). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19 luglio 2004, (ud. 15 giugno 2004) Sentenza n. 5205

 

P.A. - Inquadramento del personale - Ricostruzione giuridica ed economica della carriera - Inquadramento in una qualifica funzionale diversa - Ricorso del pubblico dipendente - Inammissibilità. L'inquadramento del personale è provvedimento autoritativo, con il quale l'Amministrazione definisce lo "status" giuridico ed economico del dipendente nell'àmbito del proprio apparato organizzativo, per cui nei confronti di tale atto sono configurabili solo posizioni di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, come tali insuscettibili di autonoma azione di accertamento (cfr., ex aliis, Cons. Stato, Sez. VI, 21 novembre 1992, n. 924; id., Sez. V, 29 maggio 2000, n. 3083; id., 7 maggio 1996, n. 513; id., 8 luglio 1995, n. 1041; id., 10 novembre 1992, n. 1238; id., 14 ottobre 1992, n. 991); sì che è inammissibile il ricorso del pubblico dipendente vòlto all’accertamento ed alla declaratoria del diritto alla ricostruzione giuridica ed economica della carriera e dell’inquadramento in una qualifica funzionale diversa, non esistendo un diritto soggettivo del dipendente stesso ad ottenere l’attribuzione di detta qualifica. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19 luglio 2004, (ud. 25 maggio 2004) Sentenza n. 5204

Pubblica amministrazione - Materia di inquadramenti - Pubblici dipendenti. In materia di inquadramenti e, più in generale, nei confronti dell'attività amministrativa che definisce la posizione funzionale dell'impiegato all'interno dell'apparato organizzativo dell'Amministrazione, i pubblici dipendenti vantano esclusivamente posizioni di interesse legittimo al corretto esercizio del potere organizzatorio - pur sempre autoritativo, ancorché vincolato - della Pubblica amministrazione e non posizioni di diritto soggettivo accertabili, in quanto tali, dal Giudice amministrativo ( cfr. Cons. giust. Amm. Reg. Sicilia, sez. giurisd., 20 agosto 2002, n. 528; id., 26 febbraio 1993, n. 60). Cons. Stato, Sez. V, 15 novembre 1999, n. 1903; id., 8 aprile 1999, n. 390; id., 18 giugno 1996, n. 720; id., 9 marzo 1995, n. 307; Sez. IV, 5 ottobre 1998, n. 1260 ). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19 luglio 2004, (ud. 25 maggio 2004) Sentenza n. 5204

Pubblica amministrazione - Provvedimenti di inquadramento dei pubblici dipendenti - Decorrenza giuridica ed economica - Data della loro adozione - Posizione giuridico-economica proveniente dal dipendente. E’ principio generale che i provvedimenti di inquadramento dei pubblici dipendenti, salve contrarie disposizioni legislative, abbiano di regola decorrenza giuridica ed economica dalla data della loro adozione ( v. Consiglio Stato, sez. V, 20 maggio 1994, n. 505 ), sì che gli stessi (così come quelli adottati dall’Amministrazione in relazione a domanda di riesame della propria posizione giuridico-economica proveniente dal dipendente) non possono che fare applicazione delle disposizioni vigenti al momento dell’adozione, da parte dell’Amministrazione stessa, delle determinazioni di sua competenza, senz’alcuna possibilità di sopravvivenza od ultrattività di disposizioni anteriori, che non sia espressamente prevista dal legislatore. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19 luglio 2004, (ud. 25 maggio 2004) Sentenza n. 5204

 

Pubblica Amministrazione - Debiti pecuniari derivanti da un rapporto di pubblico impiego. In materia di debiti pecuniari della pubblica amministrazione derivanti da un rapporto di pubblico impiego, l’obbligo ex lege di recupero degli emolumenti corrisposti nonostante l’intervenuta prescrizione, non consente all’amministrazione di rinunciare alla detta prescrizione anche avuto riguardo agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria cui vanno estesi gli effetti della irrinunciabilità. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19 luglio 2004, (ud. 15 giugno 2004) Sentenza n. 5177

 

Pubblica Amministrazione - Appalti - Azione amministrativa - Potere discrezionale di fissare i requisiti di partecipazione ad una gara per l’affidamento di un servizio - Art. 97 Cost.. La Pubblica amministrazione è titolare, in applicazione dei principi costituzionali di cui all’articolo 97 della Costituzione, di un ampio potere discrezionale di fissare i requisiti di partecipazione ad una gara per l’affidamento di un servizio, anche in misura più stringente e più elevata di quelli fissati direttamente dalla legge. Tale potere, che impinge nel merito stesso dell’azione amministrativa, si sottrae come tale al sindacato del giudice amministrativo, salvo che le relative previsioni siano ictu oculi irragionevoli, arbitrarie, illogiche o contraddittorie. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 19 luglio 2004, (ud. 23 marzo 2004) Sentenza n. 5174

 

Pubblica amministrazione - Scioglimento degli organi elettivi comunali - collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o forme di condizionamento degli amministratori che compromettano la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle Amministrazioni. La giurisprudenza di questo Consiglio (dalla quale Sezione non intende discostarsi neanche per quanto concerne il caso in esame) è nel senso di riconoscere ampia discrezionalità all’amministrazione nell’esercizio del potere di scioglimento degli organi elettivi comunali quando emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi che compromettano la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle Amministrazioni nonché il regolare funzionamento dei servizi, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato di sicurezza pubblica (per tutte, Sez. IV, 4 febbraio 2003 n. 562; V Sez.,22 marzo 1999 n. 319, 23 giugno 1999 n. 713, 3 febbraio 2000 n.585, 2 ottobre 2000 n. 5225; C.G.A.R.S. 22 aprile 2002 n. 205). Presidente: FRASCIONE - Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI - Parti:Ministero interno c. Comune di Botricello ed altro (conferma TAR Lazio, Sezione I ter, n. 9799/2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004) Sentenza n. 5164

Pubblica amministrazione - Comune e Provincia - Consiglio Comunale - Scioglimento - Per collegamento con criminalità organizzata - Presupposti. Il provvedimento previsto dall’art. 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 deve fondarsi, per essere legittimo su fatti (che in caso di contestazione è onere della P.A. di dimostrare) i quali rivelino in modo sufficientemente obiettivo l’esistenza di un reale e concreto collegamento tra gli amministratori locali e la criminalità organizzata. Presidente: FRASCIONE - Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI - Parti:Ministero interno c. Comune di Botricello ed altro (conferma TAR Lazio, Sezione I ter, n. 9799/2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004) Sentenza n. 5164

 

Pubblica Amministrazione - Giudizio di ottemperanza - Obbligo di conformarsi al comando impartito dal giudice della cognizione - Giudice dell’esecuzione - Domande non contenute nella decisione della sentenza di cognizione - Limiti. L’oggetto del giudizio di ottemperanza consiste nella verifica dell’effettivo adempimento da parte dell’amministrazione pubblica dell’obbligo di conformarsi al comando impartito dal giudice della cognizione, nell’ambito del quadro procedurale da questi esaminato: se è vero che il giudice dell’esecuzione deve enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla sentenza passata in giudicato, chiarendone il significato reale (C.d.S., sez. V, 18 gennaio 1996 n. 9; sez. VI, 3 febbraio 1995 n. 172), è altrettanto vero che nel giudizio di ottemperanza non possono essere riconosciuti diritti nuovi rispetti a quelli accertati in sede di cognizione, né possono essere proposte domande non contenute nella decisione della sentenza di cognizione (C.d.S., sez. VI, 26 maggio 1997 n. 755). Pres. VENTURINI - Est. SALTELLI - C. L. ed altri (avv. Ricciardelli) c. MINISTERO DELLA GIUSTIZA (Avvocatura generale dello Stato) (Giud. ottemperanza al giudicato formatosi sulla decisione del Consiglio di Stato, sezione IV, n. 1413 del 12 marzo 2001). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 1 giugno 2004) sentenza n. 5102

Pubblica Amministrazione - Segretari comunali - Valorizzazione delle anzianità pregresse - Maggiorazioni ex c. 4-5 D.P.R. n. 44/1990. Le maggiorazioni di cui ai commi 4 e 5 del D.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44, non spettano ai segretari comunali che, per lo stesso titolo, hanno diritto alle più favorevoli attribuzioni di cui all’articolo 8 dello stesso D.P.R. n. 44 del 1990, anch’esse dirette alla valorizzazione delle anzianità pregresse. (cfr. 8 novembre 1994, n. 872; 17 luglio 2002, n. 3989; 30 settembre 2003, 5023; 18 ottobre 2002, n. 5736). Pres. TROTTA - Est. SALTELLI - MINISTERO DELL’INTERNO (Avvocatura Generale dello Stato) c. C.I. (avv. Abbate) (T.A.R. Lazio, sez. I ter, n. 110 del 23 gennaio 1996). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 11 maggio 2004) sentenza n. 5100

Pubblica Amministrazione - Motivazione del provvedimento amministrativo - Funzione e finalità - Corretto esercizio del potere - Fattispecie: revisore dei conti in più Enti. La funzione della motivazione del provvedimento amministrativo consiste nelle indicazioni delle circostanze di fatto e delle ragioni di diritto al fine di consentire al cittadino di ricostruire l’iter logico - giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottarlo, per controllare, quindi, il corretto esercizio del potere ad essa conferito dalla legge, facendo valere eventualmente nelle opportune sedi giurisdizionale le proprie ragioni (ex pluribus C.d.S., sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5868; 29 aprile 2002, n. 2281); è stato poi sottolineato che la garanzia di adeguata tutela delle proprie ragioni non viene meno per il fatto che nel provvedimento (finale) non risultano chiaramente e compiutamente esplicitate le ragioni sottese alle scelte, allorché le stesse possano essere agevolmente colte dalla lettura degli atti delle varie fasi del procedimento (C.d.S., sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6066; 29 ottobre 2000, n. 5346). Nel caso di specie, la sussistenza e l’adeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato, anche a voler prescindere dalla sufficienza, a tal fine, della specifica indicazione nel predetto provvedimento della norma violata (incompatibilità a rivestire la funzione di revisore dei conti nel Comune di Cupramontana in quanto contemporaneamente già revisore dei conti anche dell’amministrazione provinciale di Ancona), è dimostrata dalla sua effettiva impugnazione, circostanza che, al di là di ogni ragionevole dubbio, dà conto dell’idoneità delle pur stringate indicazioni utilizzate dall’Amministrazione a far comprende l’iter logico - giuridico seguito per l’emanazione del provvedimento impugnato. Pres. TROTTA - Est. SALTELLI - S.S. (avv. Barigelletti e Gullotta) c. COMITATO REGIONALE DI CONTROLLO DELLA REGIONE MARCHE - MINISTERO DELL’INTERNO - REGIONE MARCHE (Avvocatura generale dello Stato) e n.c. COMUNE DI CUPRAMONTANA (n.c.) - (conferma T.A.R. Marche n. 429/1995). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 27 aprile 2004) sentenza n. 5099 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Revisori dei conti - Compiti attribuiti dalla legge. Ai sensi degli articoli 55 e 56 della legge 8 giugno 1990, n. 142, i compiti ivi attribuiti dalla legge ai revisori dei conti vanno ben oltre quello, tradizionale, di attestazione della corrispondenza del rendiconto alle risultanze di gestione, comprendendo anche la collaborazione con l’attività del consiglio comunale, rispetto al quale la funzione del revisore dei conti si atteggia di volta in volta ad organo di consulenza, sotto il profilo tecnico - contabile; di controllo, rispetto all’attività degli organi esecutivi; di indirizzo, in relazione all’adozione dei piani e dei programmi che richiedono un impegno finanziario; di vigilanza sulla regolarità della gestione e di impulso, in relazione alla facoltà di formulare rilievi e proposte tendenti ad una migliore efficienza, produttività ed economicità: pertanto la disposizione contenuta nell’articolo 6 quinquies della legge 15 marzo 1991, n. 80, deve essere intesa nel senso che vieta di svolgere incarichi cumulativamente in enti locali appartenenti alle diverse categorie ivi indicate. La disposizione contenuta nell’articolo 104 del decreto legislativo 25 febbraio 1997, n. 77 (ora articolo 238 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) è innovativa rispetto a quella contenuta nell’articolo 6 quinquies della legge 15 marzo 1991, n. 80. Pres. TROTTA - Est. SALTELLI - S.S. (avv. Barigelletti e Gullotta) c. COMITATO REGIONALE DI CONTROLLO DELLA REGIONE MARCHE - MINISTERO DELL’INTERNO - REGIONE MARCHE (Avvocatura generale dello Stato) e n.c. COMUNE DI CUPRAMONTANA (n.c.) - (conferma T.A.R. Marche n. 429/1995). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 27 aprile 2004) sentenza n. 5099 (vedi: sentenza per esteso)

P. A. - Attribuzione e responsabilità dei pubblici dipendenti - Lavoro - Esercizio di fatto di mansioni superiori - Regime anteriore all'avvento della disciplina privatizzatrice - art. 97 e 98 Cost.. E’ principio affermato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (con decisione 18 novembre 1999, n. 22), alla stregua del quale, nel regime anteriore all'avvento della disciplina privatizzatrice di cui all'articolo 56 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, poi confluito nel testo unico di cui al decreto legislativo n.165/2001, l'esercizio di fatto di mansioni superiori non dava diritto né all'attribuzione della superiore qualifica di fatto ricoperta, né al conseguimento del relativo trattamento retributivo; e tanto in virtù del carattere formale dell'organizzazione amministrativa e dei principii di cui agli articoli 97 e 98 della Costituzione, che impediscono di dare ex se rilievo ad un dato puramente fattuale, non compatibile con i criterii di selezione e con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzione e responsabilità dei pubblici dipendenti ( cfr., da ultimo, Cons. Giust. Amm. Reg. Sicilia, 20 gennaio 2003, n.27 e Cons. St., VI, 25 luglio 2003, n. 4265). Conf. CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 27 maggio 2004) sentenze nn. 5097-5096-5095-5093-5092-5091. CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 27 maggio 2004) sentenza n. 5098

P. A. - Attribuzione delle mansioni e del correlativo trattamento economico - Provvedimento di nomina nella qualifica - Presupposto indefettibile - Il fenomeno delle funzioni di fatto non può trovare riconoscimento, nel pubblico impiego - Provvedimento di inquadramento - Art. 36, Cost. - Trattamento economico differenziato. L’attribuzione delle mansioni e del correlativo trattamento economico ha il suo presupposto indefettibile nel provvedimento di nomina nella qualifica e se la qualifica rappresenta, come s’è visto, la sintesi delle prestazioni principali ed accessorie richieste al lavoratore, il fenomeno delle funzioni di fatto non può trovare riconoscimento, nel pubblico impiego, nemmeno limitatamente al trattamento retributivo accessorio, il cui indefettibile parametro di riferimento resta sempre il provvedimento di inquadramento ( v. Cons. St., VI, 27 novembre 2001, n. 5958 e 27 maggio 2001, n. 2520; IV, 21 giugno 2001, n. 3340 ). A tale riguardo va poi ricordato che l’art. 36 della Costituzione non costituisce, per quanto concerne la determinazione dei compensi da corrispondere al dipendente, fonte diretta di integrazione della disciplina del rapporto di pubblico impiego, ma criterio di valutazione degli atti normativi, che dispongono in materia ( v. Cons. St., V, 23 giugno 2003, n. 3708 ). La norma costituzionale, quindi, non può in linea di principio essere invocata al fine di ottenere un trattamento economico differenziato, in caso di asserito esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita ( v. Cons. St., VI, 20 aprile 2001, n. 3402 ). Conf. CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 27 maggio 2004) sentenze nn. 5097-5096-5095-5093-5092-5091. CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 27 maggio 2004) sentenza n. 5098

 

Pubblica Amministrazione - Procedimento disciplinare - Commissione di disciplina - Incompatibilità - Interesse personale nel procedimento - Estremi - Fattispecie. Sussiste l’ipotesi di incompatibilità prefigurata nell’art. 149 del T.U. n. 3 del 1957, sotto il profilo dell’ “interesse personale nel procedimento”, nel caso in cui il comportamento contestato si risolva in tutto o in parte nella presentazione di ingiuste denuncie penali (preesistenti alla contestazione degli addebiti ed oggetto della stessa contestazione) nei confronti di altri dipendenti chiamati poi a fare parte della Commissione, e sia assunto nella sua materialità non soltanto (e non tanto) come offesa della istituzione in quanto tale, bensì specificamente in funzione dell’offesa e della lesione determinata alla rispettabilità ed al decoro delle persone contro cui era diretta la denuncia, di cui l’offesa dell’istituto di appartenenza finisce con il costituire un mero riflesso degli effetti della condotta addebitata. Presidente: IANNOTTA - Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI - Parti: ASL n. 12 del Piemonte c. S. CONSIGLIO DI STATO sez. V, 12 luglio 2004, (ud. 26 marzo 2004), sentenza n. 5041

 

Pubblica Amministrazione - Controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi - Giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa - Incostituzionalità degli artt. 33, 1c. 2c. e 34, 1 c., D.L.vo n. 80/1998 come sostituiti dall’art. 7, lettera a) e b) L. n.205/2000 - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Limiti. E’ incostituzionale l’art. 33, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), come sostituito dall’art. 7, lettera a, della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli» anziché «le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché». E’ incostituzionale anche il comma 2, del medesimo art. 33, (decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80), come sostituito dall’art. 7, lettera a, della legge 21 luglio 2000, n. 205. Infine è incostituzionale l’art. 34, comma 1, del medesimo decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7, lettera b, della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto «gli atti, i provvedimenti e i comportamenti» anziché «gli atti e i provvedimenti» delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia. Pres. ZAGREBELSKY - Rel. VACCARELLA.  CORTE COSTITUZIONALE, 06 luglio 2004, (dec. 5/7/04) Sentenza n. 204 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Tutela nei confronti della pubblica amministrazione - Incostituzionalità dell’art. 7 L. n. 205/2000, nella parte in cui sostituisce gli artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Limiti. Il vigente art. 103, primo comma, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare “particolari materie” nelle quali “la tutela nei confronti della pubblica amministrazione” investe “anche” diritti soggettivi: un potere, quindi, del quale può dirsi, al negativo, che non è né assoluto né incondizionato, e del quale, in positivo, va detto che deve considerare la natura delle situazioni soggettive coinvolte, e non fondarsi esclusivamente sul dato, oggettivo, delle materie. Tale necessario collegamento delle “materie” assoggettabili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con la natura delle situazioni soggettive - e cioè con il parametro adottato dal Costituente come ordinario discrimine tra le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa - è espresso dall’art. 103 laddove statuisce che quelle materie devono essere “particolari” rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità: e cioè devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata della circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo. Il legislatore ordinario ben può ampliare l’area della giurisdizione esclusiva purché lo faccia con riguardo a materie (in tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità: con il che, da un lato, è escluso che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo (il quale davvero assumerebbe le sembianze di giudice “della” pubblica amministrazione: con violazione degli artt. 25 e 102, secondo comma, Cost.) e, dall’altro lato, è escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo. Alla luce di tali criteri - desumibili dalla lettera delle norme nelle quali si è incarnata, nella Costituzione, la storia della giustizia amministrativa in Italia - la disciplina dettata dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, nella parte in cui sostituisce gli artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, non è conforme a Costituzione. Pres. ZAGREBELSKY - Rel. VACCARELLA. CORTE COSTITUZIONALE, 06 luglio 2004, (dec. 5/7/04) Sentenza n. 204 (vedi: sentenza per esteso)

 

P. A. - Valutazioni operate dall’amministrazione in sede di valutazione dell’anomalia delle offerte - Potere di natura tecnico-discrezionale - Limiti. Le valutazioni operate dall’amministrazione in sede di valutazione dell’anomalia delle offerte costituiscono espressione di un potere di natura tecnico - discrezionale, di per sé insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’ipotesi in cui le valutazione siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o errori di fatto. (C.d.S., sez. IV, 29 ottobre 2002, n. 5945; sez. V, 1 ottobre 2001, n. 5188; 6 agosto 2001, n. 4228; 5 marzo 2001, n. 1247). Pres. Saltelli - Est. Salvatore - P. S.p.A. c. A.N.A.S., Ente Nazionale per le Strade (Conferma Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III, n. 1702 del 4 marzo 2003) CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 6 luglio 2004, (ud. 17 giugno 2003), Sentenza n. 5013 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica Amministrazione - Responsabilità amministrativa - Giudizio sulla colpevolezza dell’amministrazione - Presupposti - Errore scusabile. Il giudice deve, formulare il giudizio sulla colpevolezza dell’amministrazione, affermandola quando la violazione risulta grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tale da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato e, viceversa, negandola quando l’indagine presupposta conduce al riconoscimento di un errore scusabile (per la sussistenza di contrasti giurisprudenziali, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto). (Cons. St., sez. IV, 14 giugno 2001, n.3169). Pres. Salvatore - Est. Deodato - G. SRL c. PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO (conferma T.R.G.A. SEZ. AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 259/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 6 luglio 2004 (ud. 6 aprile 2004), Sentenza n. 5012 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Responsabilità amministrativa - Concezione oggettiva della colpa - Indici valutativi. La concezione oggettiva della colpa (suggerita dalla Cassazione), si basa sull’apprezzamento dei vizi che inficiano il provvedimento, mutuati dalla giurisprudenza comunitaria in diversi indici valutativi quali “…la gravità della violazione commessa dall’amministrazione, anche alla luce dell’ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse all’organo, dei precedenti della giurisprudenza, delle condizioni concrete e dell’apporto eventualmente dato dai privati nel procedimento”. (Cassazione Sezioni Unite n.500/99). Pres. Salvatore - Est. Deodato - G. SRL c. PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO (conferma T.R.G.A. SEZ. AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 259/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 6 luglio 2004 (ud. 6 aprile 2004), Sentenza n. 5012 (vedi: sentenza per esteso)


Pubblica Amministrazione - Responsabilità dell’amministrazione per attività provvedimentale - Caratteri della responsabilità della p. a. da attività provvedimentale - Accertamento giudiziale dell’illecito contrattuale o precontrattuale - Responsabilità dell’amministrazione per l’adozione di un atto illegittimo. Sono stati ulteriormente chiariti i caratteri della responsabilità della pubblica amministrazione da attività provvedimentale ed, accedendo ad una ricostruzione dogmatica della stessa in termini di responsabilità da contatto sociale qualificato, si è precisato che, in analogia alle forme di accertamento giudiziale dell’illecito contrattuale o precontrattuale (e, in particolare, del criterio di imputazione del danno definito dall’art.1218 c.c.), la responsabilità dell’amministrazione per l’adozione di un atto illegittimo può presumersi, sotto il profilo dell’ascrivibilità del pregiudizio ad una condotta colposa dell’apparato, (Cons. St., sez. V, 6 agosto 2001, n.4239), (Riconducibilità eziologia all’adozione od all’esecuzione di un provvedimento viziato ed imposto all’amministrazione). Viene superata l’equivalenza, precedentemente riconosciuta dalla stessa giurisprudenza amministrativa, colpa-violazione grave, ritenendosi, di contro, che quella enunciazione teorica si risolva in un’inammissibile limitazione della responsabilità dell’amministrazione ai soli casi di colpa grave (ma in difetto di una previsione positiva in tal senso) e che, quindi, anche la sussistenza di un vizio non macroscopico possa implicare responsabilità dell’amministrazione nella colpevole inosservanza dei pertinenti canoni d’azione. Siffatta ricostruzione teorica è stata, poi, confermata sia dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sez. VI, 20 gennaio 2003, n.204), sia da quella ordinaria (Cass. Civ., sez. I, 10 gennaio 2003, n.157) che, in conformità alla riferita elaborazione concettuale, hanno condiviso l’assimilazione della responsabilità dell’amministrazione per attività provvedimentale (segnatamente per lesione degli interessi c.d. pretensivi) a quella contrattuale per violazione di diritti relativi, con le implicazioni già evidenziate in tema di accertamento della colpa. Pres. Salvatore - Est. Deodato - G. SRL c. PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO (conferma T.R.G.A. SEZ. AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 259/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 6 luglio 2004 (ud. 6 aprile 2004), Sentenza n. 5012 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Responsabilità dell’amministrazione per attività provvedimentale - Criteri presuntivi ed astratti di determinazione del danno - Fattispecie: Appalti - Procedura concorsuale - Forme di indennizzo automatico e forfettario. L’esigenza di ricorrere a criteri presuntivi ed astratti di determinazione del danno è stata avvertita sia dalla giurisprudenza, che ha individuato un preciso canone indiziario (di seguito illustrato) per la determinazione del pregiudizio connesso alla perdita di un’occasione di successo in una procedura concorsuale, sia dallo stesso legislatore, laddove ha definito, con l’art.35 d. lgs. n.80/98, un peculiare metodo di liquidazione del danno fondato proprio sulla definizione giudiziale di parametri valutativi indeterminati o quando ha previsto, all’art.17, comma 1, lett. f), legge 15 marzo 1997, n.59, la definizione “di forme di indennizzo automatico e forfettario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento…per i casi di mancato rispetto del termine del procedimento o di mancata o ritardata adozione del provvedimento” stesso. Pres. Salvatore - Est. Deodato - G. SRL c. PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO (conferma T.R.G.A. SEZ. AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 259/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 6 luglio 2004 (ud. 6 aprile 2004), Sentenza n. 5012 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Responsabilità dell’amministrazione per attività provvedimentale - Prova del danno - Esonero - Esclusione - Consulenza tecnica d’ufficio. Non può valere ad esonerare dalla prova del danno la parte sulla quale incombe il relativo onere, il ricorso, anche su istanza del ricorrente, alla consulenza tecnica d’ufficio (pure, ormai, utilizzabile dal giudice amministrativo), posto che tale accertamento non si configura come un mezzo di prova in senso tecnico e può essere disposto solo al fine di acquisire apprezzamenti tecnici altrimenti non formulabili dal giudice, ma non può servire ad acquisire gli elementi che compongono il danno lamentato e, quindi, la sua dimostrazione (Cons. St., sez. IV, 14 giugno 2001, n.3169). Pres. Salvatore - Est. Deodato - G. SRL c. PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO (conferma T.R.G.A. SEZ. AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 259/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 6 luglio 2004 (ud. 6 aprile 2004), Sentenza n. 5012 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Appalti - Qualificazione come precontrattuale della responsabilità dell’amministrazione per illegittima conduzione di una procedura ad evidenza pubblica - Risarcimento del danno - Pregiudizio risarcibile.
Se si ravvisano, gli estremi della culpa in contraendo di cui agli artt.1337 e 1338 c.c., si deve, limitare l’area del pregiudizio risarcibile al solo interesse negativo: composto dalle spese sostenute per partecipare al procedimento ed alla perdita di occasioni di guadagno alternative, con esclusione, quindi, del mancato conseguimento dell’utile ricavato dall’esecuzione dell’appalto. Se, invece, la violazione delle regole che presiedono alla corretta conduzione delle procedure ad evidenza pubblica viene ascritta allo schema astratto dell’illecito aquiliano, da valersi quale conclusione più plausibile della prima e maggiormente coerente con le pregnanti esigenze di tutela postulate dall’ordinamento comunitario in tema di competizioni concorrenziali per l’accesso agli appalti pubblici, si deve conseguentemente ritenere risarcibile anche l’interesse positivo e, cioè, nella voce relativa al lucro cessante, la perdita del guadagno (o della sua occasione) connesso all’esecuzione del contratto. Pres. Salvatore - Est. Deodato - G. SRL c. PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO (conferma T.R.G.A. SEZ. AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 259/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 6 luglio 2004 (ud. 6 aprile 2004), Sentenza n. 5012 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Responsabilità dell’amministrazione per attività provvedimentale - Appalti - Determinazione di criteri valutativi astratti e presuntivi della misura del pregiudizio risarcibile - Project financing - 10% del valore dell’appalto. Per la violazione delle regole che presiedono alla corretta conduzione delle procedure ad evidenza pubblica la giurisprudenza amministrativa ha individuato nell’art.345 della legge 20 marzo 1865, n.2248, Allegato F, un prezioso riferimento positivo, laddove quantifica nel 10% del valore dell’appalto l’importo da corrispondere all’appaltatore in caso di recesso facoltativo dell’amministrazione, nella determinazione forfettaria ed automatica del margine di guadagno presunto nell’esecuzione di appalti di lavori pubblici (cfr. ex multis Cons. St., sez. V, 8 luglio 2002, n.3796). Ulteriore conferma positiva della validità di tale criterio presuntivo è stata, poi, rinvenuta nell’art.37 septies, comma 1, lett.c) della legge 11 febbraio 1994, n.109, laddove prevede, in materia di project financing, che, nelle ipotesi in cui la concessione sia risolta per inadempimento del concedente o revocata per motivi di interesse pubblico, al concessionario spetti un indennizzo, a titolo di risarcimento del mancato guadagno, pari al 10% delle opere ancora da eseguire. Può, in definitiva, registrarsi il consolidamento di un indirizzo giurisprudenziale, ormai univoco e dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, che, sulla base delle predette indicazioni normative, riconosce nella misura del 10% dell’importo a base d’asta, per come eventualmente ribassato dall’offerta dell’impresa interessata, l’entità del guadagno presuntivamente ritratto dall’esecuzione dell’appalto. Occorre, tuttavia, ancora distinguere la fattispecie in cui il ricorrente riesce a dimostrare che, in mancanza dell’adozione del provvedimento illegittimo, avrebbe vinto la gara (ad esempio perché, se non fosse stato indebitamente escluso, sarebbe stata selezionata la sua offerta) dai casi in cui non è possibile acquisire alcuna certezza su quale sarebbe stato l’esito della procedura in mancanza della violazione riscontrata. La dimostrazione della spettanza dell’appalto all’impresa danneggiata risulta ovviamente configurabile nei soli casi in cui il criterio di aggiudicazione si fonda su parametri vincolati e matematici (come, ad esempio, nel caso del massimo ribasso in un pubblico incanto in cui l’impresa vincitrice avrebbe dovuto essere esclusa), mentre si rivela impossibile là dove la selezione del contraente viene operata sulla base di un apprezzamento tecnico-discrezionale dell’offerta (come nel caso dell’offerta economicamente più vantaggiosa). Nella prima ipotesi spetta, evidentemente, all’impresa danneggiata un risarcimento pari al 10% del valore dell’appalto (come eventualmente ribassato dalla sua offerta), ferma restando la possibilità di conseguire una somma superiore, in presenza della dimostrazione che il margine di utile sarebbe stato maggiore di quello presunto. Viceversa, quando il ricorrente allega solo la perdita di una chance a sostegno della pretesa risarcitoria (e cioè quando non riesce a provare che l’aggiudicazione dell’appalto spettava proprio a lui, secondo le regole di gara), la somma commisurata all’utile d’impresa deve essere proporzionalmente ridotta in ragione delle concrete possibilità di vittoria risultanti dagli atti della procedura. Al fine di operare tale decurtazione vanno valorizzati tutti gli indici significativi delle potenzialità di successo del ricorrente, quali, ad esempio, il numero di concorrenti, la configurazione della graduatoria eventualmente stilata ed il contenuto dell’offerta presentata dall’impresa danneggiata. Pres. Salvatore - Est. Deodato - G. SRL c. PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO (conferma T.R.G.A. SEZ. AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 259/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 6 luglio 2004 (ud. 6 aprile 2004), Sentenza n. 5012 (vedi: sentenza per esteso)
 

Pubblica Amministrazione - Ricorsi avverso il silenzio della P.A. - Cognizione del giudice amministrativo - Limiti. Nel caso di ricorsi avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione l’oggetto della cognizione del giudice amministrativo è ristretto al solo accertamento dell’effettivo inadempimento all’obbligo di provvedere (Cons. St., ad. plen., 9.1.2002, n. 1) in quanto lo specifico rimedio previsto dal rito è precipuamente finalizzato all’ottenimento di un provvedimento esplicito che elimini uno stato di illegittima inerzia amministrativa; segue da ciò che, qualora la Pubblica Amministrazione abbia emanato un provvedimento negativo esplicito ancor prima dell’esercizio dell’azione giurisdizionale, resta definitivamente preclusa al ricorrente ogni possibilità di conseguire col gravame alcun utile risultato, con conseguente inammissibilità del ricorso eventualmente proposto a tal fine, fatta ovviamente salva la possibilità di adire la giurisdizione amministrativa per far valere gli eventuali vizi dell’atto tardivamente adottato. CONSIGLIO DI STATO sez. V, 28 giugno 2004, sentenza n. 4799

 

Pubblica Amministrazione - Concessionario di un pubblico servizio nel territorio comunale - Provvedimento di riscatto della concessione adottato dal Comune - Procedure - Ricorso giurisdizionale - Termini per impugnare - Servizi pubblici - Gas - Riscatto anticipato - Contestazione del potere - Termini di prescrizione e non di decadenza. La domanda, con la quale il concessionario di un pubblico servizio nel territorio comunale (nella specie, distribuzione del gas) insorga avverso il provvedimento di riscatto della concessione adottato dal Comune concedente, deducendo l'inesistenza della relativa facoltà (e nella specie l’inoperitività della disposizione contenuta nell'art. 24 r.d. 15 ottobre 1925 n. 2578, nel nuovo regime del sevizio pubblico del quale si tratta e specificamente della normativa transitoria di passaggio dal vecchio al nuovo modello di gestione) investe la sussistenza stessa del potere di riscatto e l'osservanza di norme di relazione da parte dell'amministrazione, e, quindi, si ricollega a posizioni di diritto soggettivo; ne consegue che essa è proponibile nel termine di prescrizione (come giudizio sul rapporto) e non in quello di decadenza (come giudizio sull’atto). Presidente: FRASCIONE Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI - Italgas c. Comune di Sirmione. CONSIGLIO DI STATO - Sezione V, 28 giugno 2004, Sentenza n. 4791 (vedi: sentenza per esteso)


Pubblica Amministrazione - Comuni e Provincie - Servizi pubblici - Gas - D.Lgs. n. 164 del 2000 - Riscatto anticipato - Incompatibilità. Il riscatto anticipato è istituto tipico del vecchio ordinamento, strettamente collegato alla possibilità, per l’Ente, di optare per una gestione diretta del servizio che, seppure non esplicitamente abrogato dal decreto delegato (anche perché il regio decreto n. 2578 del 1924 riguardava tutti i servizi pubblici assunti dai Comuni e non soltanto la distribuzione del gas), non può più avere cittadinanza nel nuovo assetto normativo, non essendo fra l’altro compatibile con un rapporto di durata limitato e definito esplicitamente come “contrattuale”. Presidente: FRASCIONE Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI - Italgas c. Comune di Sirmione. CONSIGLIO DI STATO - Sezione V, 28 giugno 2004, Sentenza n. 4791 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica amministrazione - Conferenza dei servizi - Omessa convocazione, in conferenza, di Dirigenti di Uffici di Enti locali - Espressa (e legittima) delega - Necessità. Priva di fondamento è la denunciata omessa convocazione, in conferenza, di Dirigenti di Uffici di Enti locali, la cui partecipazione non è espressamente contemplata dalla normativa di settore, trattandosi di organi in via generale inidonei a rappresentare fra Ente locale, se non in forza di una espressa (e legittima) delega. Pres. FRASCIONE, Est. MILLEMAGGI COGLIANI - Parti: Soc. De Patre Ferrometalli S.r.l. (Avv. Cerceo) c. Comune di Notaresco (Avv.ti Russo e Camerini) ed altri. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, Sez. V, 28 giugno 2004 (Ud. 24 febbraio 2004) Sentenza n. 4780 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica Amministrazione - Atti di indirizzo adottati dal Governo nei confronti delle regioni - Legislazione concorrente - Leggi e decreti - Regione - Atti di indirizzo statale - Effetti innovativi erga omnes - Inconfigurabilità. Gli atti di indirizzo adottati dal Governo nei confronti delle regioni, sulla base di una legge nazionale che ne conferisce il potere in ambito di legislazione concorrente, fissando i principi di carattere generale, non hanno forza immediatamente innovativa dell’ordinamento regionale, ma devono essere espressamente recepiti dalla Regione, senza di che, in difetto, né gli amministrati, ne l’Amministrazione è tenuta alla loro osservanza, salvo l’esercizio, da parte del Governo, dei poteri sostitutivi, in caso di inerzia. Pres. FRASCIONE, Est. MILLEMAGGI COGLIANI - Parti: Soc. De Patre Ferrometalli S.r.l. (Avv. Cerceo) c. Comune di Notaresco (Avv.ti Russo e Camerini) ed altri. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, Sez. V, 28 giugno 2004 (Ud. 24 febbraio 2004) Sentenza n. 4780 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica amministrazione - Silenzio della P.A. - Poteri del Giudice - Limiti. Il giudizio disciplinato dall’art. 21 bis L. 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dall’art.2 l. 21 luglio 2000 n. 205, è diretto ad accertare se il silenzio serbato da una Pubblica amministrazione sull’istanza del privato violi l’obbligo di adottare il provvedimento esplicito richiesto con l’istanza stessa e che, pertanto, il giudice, pur se il provvedimento de quo abbia natura vincolata, non può sostituirsi all’amministrazione in alcuna fase del giudizio, ma può e deve accertare esclusivamente se il silenzio sia legittimo o no, imponendo all’Amministrazione, nel caso di accoglimento del ricorso, di provvedere sull’istanza entro il termine assegnato (Ap. 9 gennaio 2002 , n. 1). Pres. Venturini - Est. Leoni - Consorzio dei costruttori della Provincia di Bolzano (avv.ti Gamper e Manzi) c. Consorzio per lo smaltimento delle acque di scarico San Candido-Sesto (avv.ti Platter e Calò) ed altro (conferma TAR sezione autonoma per la Provincia di Bolzano, n. 154/2002). CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE IV, 15 giugno 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 4455

 

Pubblica Amministrazione - Compromesso e clausola compromissoria - Verifica della validità del patto compromissorio - Materie devolute alla giurisdizione amministrativa - Clausola anteriore alla legge n. 205/2000 - Disponibilità negoziale delle parti - Invalidità ed inefficacia - Sanatoria per effetto dell’art. 6 L. n. 205/2000 - Inconfigurabilità. Alla verifica della validità del patto compromissorio vanno applicati i principi in materia di successione delle norme nel tempo proprie dei contratti e, pertanto, tale verifica deve essere effettuata con riferimento alle norme vigenti al momento della perfezione del patto, salvo che la norma sopravvenuta non rechi espressa previsione circa la sua applicazione retroattiva (Cass., sez. un., 10 dicembre 2001, n. 15608). L'art. 6, comma 2, della legge n. 205 del 2000, nel disporre che "le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto", non pone una norma sulla giurisdizione, ma risolve un problema di merito, estendendo la possibilità di deferire ad arbitri le controversie (già prevista dall’art. 806 c.p.c.) a quelle, aventi ad oggetto diritti soggettivi, devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto investe la validità ed efficacia del compromesso o della clausola compromissoria dapprima esclusa, per le controversie appartenenti alla giurisdizione esclusiva di tale giudice, dal citato art. 806 del codice di rito. Oggetto della novella normativa è, dunque, la materia rimessa alla disponibilità negoziale delle parti, alla quale sono applicabili le norme del tempo in cui la volontà delle stesse di perfeziona, con la conseguenza che alla norma racchiusa nell'art. 6, comma 2, della legge n. 205 del 2000 non può essere riconosciuta efficacia sanante dell'originaria invalidità del compromesso o della clausola compromissoria stipulati in vigenza della legge n. 1034 del 1971, anteriormente all'entrata in vigore della nuova normativa, in quanto quest’ultima non contiene una clausola di retroattività. Presidente: IANNOTTA - Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI Parti: Comune di Imperia c. Italgas. CONSIGLIO DI STATO, sez. V - 14 giugno 2004, n. 3823 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Comuni e Province - Servizi pubblici - Gas - D.Lgs. n. 164 del 2000 - Riscatto anticipato - Incompatibilità. Il riscatto anticipato è infatti istituto tipico del vecchio ordinamento, strettamente collegato alla possibilità, per l’Ente, di optare per una gestione diretta del servizio che, seppure non esplicitamente abrogato dal decreto delegato (anche perché il regio decreto n. 2578 del 1924 riguardava tutti i servizi pubblici assunti dai Comuni e non soltanto la distribuzione del gas), non può più avere cittadinanza nel nuovo assetto normativo, non essendo fra l’altro compatibile con un rapporto di durata limitato e definito esplicitamente come “contrattuale”. (per tutte, in termini, Sez. V, 11 giugno 2003 n. 3296; 25 giugno 2002 n. 3455; 15 febbraio 2002, n. 902). Presidente: IANNOTTA - Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI Parti: Comune di Imperia c. Italgas. CONSIGLIO DI STATO, sez. V - 14 giugno 2004, n. 3823 (vedi: sentenza per esteso)

 

P.A. - Contratti della P.A. in tema di pubblici servizi - Aggiudicazione definitiva - Competenza e giurisdizione - Risarcimento del danno - Prospettazione di lesione di interesse legittimo - Irrilevanza - Previo accertamento di merito sulla natura della domanda - Necessità - Donno riconducibile alla violazione di obblighi negoziali - Giurisdizione dell’A.G.O. - Fattispecie. Nel caso in cui, prima ancora della pronuncia di annullamento degli atti che hanno annullato una aggiudicazione definitiva regolarmente approvata in tema di pubblici servizi, l’Amministrazione abbia riesaminato, le precedenti determinazioni, ripristinando - in corso di giudizio - il rapporto, cosicché le parti sono addivenute alla stipula del contratto formale con efficacia retroattiva, la pretesa del risarcimento del danno derivante dalla interruzione delle prestazioni forzatamente determinata dal suddetto annullamento non è più riconducibile alla lesione dell’interesse legittimo (ormai ricomposto con la sostanziale restituito in integrum attuata in forma specifica dalla stessa Amministrazione), bensì alle obbligazioni negoziali fra le parti, nascenti dalla stessa aggiudicazione, indipendentemente dalla prospettazione del richiedente; con la conseguenza che la domanda di risarcimento appartiene alla giurisdizione dell’A.G.O.. Presidente: IANNOTTA - Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI - Parti:ATI GGESETUR ed altri c. Agenzia Lombarda Edilizia Residenziale di Milano. CONSIGLIO DI STATO, sez. V - 14 giugno 2004, n. 3819
 

P.A. - Concorso - Comune di Venezia - Licenza taxi - Punteggio - Per assenza di altra licenza o autorizzazione - Unico socio di società a responsabilità limitata - Non spetta - Trasporto non di linea nelle acque interne. L’art. 5, comma 8, del regolamento del Comune di Venezia, attuativo della legge regionale n. 63 del 1993 (in materia di trasporto non di linea nelle acque interne) non disciplina il trasferimento di licenza o autorizzazione in deroga a quanto disposto dall’art. 6 dello stesso regolamento, bensì la volturazione della licenze, nella ipotesi di vicende soggettive che comportino anche il mutamento di titolarità delle autorizzazioni (costituzione, fusione o trasformazione di società); pertanto, la norma in questione non giustifica, in sede concorsuale, l’attribuzione del punteggio per “assenza” di altra autorizzazione o licenza, contemplato dal bando, in aggiunta al punteggio per anzianità, neppure nella forma ridotta prevista nel caso di “trasferimento” nel quinquennio anteriore alla pubblicazione del bando, in favore del socio costituente della società unipersonale, dal momento che l’espressione “trasferimento” è assunta, nella norma concorsuale secondo l’accezione propria di cui al citato art. 6.. Presidente: FRASCIONE Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI - Prosdocimo c. Comune di Venezia ed altro (conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto Sezione II, n. 2482 del 24 aprile 2003) Conf.: CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 28 maggio 2004, sentenza n. 3468. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 28 maggio 2004, sentenza n. 3469

 

P.A. - Recupero di finanziamenti di pubblica provenienza - Beneficiario di un finanziamento pubblico - Giurisdizione. La posizione del beneficiario di un finanziamento pubblico ha, dopo la erogazione, consistenza di diritto soggettivo (IV Sez. 30.5.2002 n. 2999). Le controversie inerenti il recupero di finanziamenti di pubblica provenienza sono devolute al giudice amministrativo solo se la ripetizione è disposta per rinnovata valutazione dell’interesse pubblico sotteso alla primitiva erogazione o per vizi propri dell’atto che la dispone, mentre spetta all’A.G.O. nel caso in cui il recupero derivi da inadempimento (SS.UU. 28.12.2001 n. 16221). Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Fallimento della Capo Stella s.r.l. (avv. Barsotti) c. Regione Toscana (avv.ti Vacchi, Fantappiè e Lorenzoni) - (Conferma - T. A. R. Toscana, II Sezione, 27.12.2000 n. 2687). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 18/05/2004, sentenza n. 3186

 

Pubblica Amministrazione - Falsità in atti pubblici - Falso ideologico - Concorso del privato - Condizioni. Si configura il concorso nel delitto di falso ideologico in atto pubblico anche da parte del privato che abbia agito, intervenendo nell’atto, o istigando il pubblico ufficiale nel compimento del falso o rafforzandone il proposito delittuoso. Pres. Teresi - Rel. Fazzioli - P.M. Galati - Lorenzini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. I, 17 /05/2004 (ud. 20.01.2004), n. 23176

 

Pubblica Amministrazione - Comportamento senza potere della pubblica amministrazione - Condanna al risarcimento del danno - Funzione giurisdizionale amministrativa - Giurisdizione esclusiva - Proroga per tre anni dei piani regolatori dei Consorzi per l’area di sviluppo industriale - Deduzione d’illegittimità costituzionale della norma. Il proprium della funzione giurisdizionale amministrativa consiste nel controllo del corretto esercizio della funzione amministrativa: sussiste pertanto la giurisdizione del giudice amministrativo tutte le volte in cui viene chiesto l’annullamento di un provvedimento amministrativo sull’assunto del cattivo esercizio del potere esercitato, anche quando si deduca l’illegittimità costituzionale della norma attributiva del potere stesso. Si verte in materia di giurisdizione amministrativa esclusiva e sussiste anche il potere del giudice amministrativo di pronunciare condanna al risarcimento del danno, anche nell’ipotesi concreto di asserito mero comportamento senza potere della pubblica amministrazione, l’interesse del cittadino potendo essere pienamente soddisfatto anche con il solo annullamento del provvedimento lesivo, idoneo a fargli conseguire le utilità connesse alla riespansione di tutte le facoltà di disposizione e godimento del proprio fondo. Il fatto che in una determinata materia vi sia giurisdizione esclusiva non implica che sussistano esclusivamente posizioni di diritto soggettivo, in quanto la giurisdizione esclusiva implica soltanto l’attribuzione di una determinata materia alla giurisdizione del giudice amministrativo a prescindere dalla situazione giuridica vantata, di diritto soggettivo o di interesse legittimi, ai soli fini della giurisdizione, fermo restando poi che, nell’ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva, vanno effettivamente individuate le situazioni giuridiche fatte valere ai fini di delimitare i poteri del giudice, anche agli ulteriori fini di delineare i tipi di pronunce ed i relativi effetti. E’ rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3, 42, 3° comma, e 97 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del comma 9 dell’articolo 10 della legge regionale della Campania 13 agosto 1998, n. 16, interpretato autenticamente dall’articolo 77 della successiva regionale 11 agosto 2001, n. 10, che dispone automaticamente e senza alcuna attività istruttoria da parte degli organi competenti la proroga per tre anni dei piani regolatori dei Consorzi per l’area di sviluppo industriale esistenti, anche se medio tempore scaduti, senza alcuna precisione circa l’esatta portata di tale ultimo inciso. Pres. Riccio - Est. Saltelli - REGIONE CAMPANIA (avv. D’Elia) c. C.I.P.E., Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica - PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (Avvocatura generale dello Stato) ed altri (T.A.R. Campania, sez. V, n. 6883 del 5 novembre 2002). Conf.: CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 14/05/2004, sentenze nn. 3140-3138-3132-3131-3130. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 14/05/2004, sentenza n. 3144

 

Pubblica Amministrazione - Dirigenti - Competenze - Funzioni del segretario o del direttore generale - Art. 107 T.U. enti locali D.L.vo n. 257/2000 - Fattispecie: chiusura per dieci giorni dell’esercizio commerciale di macelleria - Competenza del dirigente comunale e non del Sindaco. A norma dell’art. 107 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali approvato con il D.Lgs. 18.8.2000, n. 257, spettano ai dirigenti “tutti i compiti, compresa l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli artt. 97 e 108”. La competenza ad adottare il provvedimento dedotto in controversia (chiusura per dieci giorni dell’esercizio commerciale di macelleria) spettava dunque al dirigente comunale competente agli atti del Comune attinenti agli esercizi commerciali e non al Sindaco. La circostanza che il provvedimento in questione non risulti specificamente tra quelli enumerati dallo stesso art. 107, al comma 3, del D.Lgs. n. 267 del 2000 è dovuta alla natura esemplificativa dell’elenco contenuto in tale disposizione, come emerge chiaramente dal testo di questa, che espressamente dichiara di segnalare solo alcuni atti “in particolare”. Pres. Elefante - Est. Marchitiello - Soc. Isola Aniello e C. snc (avv. Di Lieto) c. Comune di Montoro Superiore (n.c.) (Annulla - T.A.R. Campania, Sede di Salerno, Sezione II, del 17.12.2002, n. 2327). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 14 MAGGIO 2004, n. 3143 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica Amministrazione - Conferenza dei servizi (c.d. decisoria) - Finalità - Esame contestuale di tutti gli interessi pubblici coinvolti. La conferenza dei servizi (in special modo quella c.d. decisoria), costituisce un originale modulo organizzativo (funzionale alla concreta attuazione dei principi costituzionali che presiedono all’azione amministrativa, come individuati dall’articolo 97 della Costituzione) per l’acquisizione, su di un dato provvedimento da adottare, dell’avviso di tutte le amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti in quest’ultimo, idoneo a produrre l’auspicata accelerazione dei tempi procedurali (e dunque la speditezza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa) attraverso un esame contestuale di tutti gli interessi pubblici coinvolti: essa non implica, tuttavia, la creazione di un apposito ufficio speciale della pubblica amministrazione, separato dai soggetti che vi hanno partecipato, con la conseguenza che l’avviso espresso in conferenza dei servizi dai rappresentanti delle varie amministrazioni partecipanti resta pur sempre imputabile alle sole singole amministrazione. Pres. SALVATORE - Est. SALTELLI - GOLF SALENTO S.a.s. (avv. Pellegrino) c. ASSOCIAZIONE LEGAMBIENTE ed altri (avv.ti Caprioli e Orlandini) (conferma TAR Puglia, sede di Lecce, sez. I, n. 6551 del 21 novembre 2002). CONSIGLIO DI STATO Sez.IV, 07 maggio 2004 (c.c. 13 gennaio 2004), sentenza n. 2874

Pubblica Amministrazione - Conferenza dei servizi - Impugnazione - Notifica - Procedura - Sfavorevole agli interessi del cittadino. L’impugnazione dell’esito della conferenza di servizio (sfavorevole agli interessi del cittadino) non deve essere necessariamente notificata a tutte le amministrazioni che hanno partecipato ad essa, e ciò non solo quando in concreto l’avviso espresso da qualcuna delle amministrazioni partecipante alla conferenza non abbia un’autonoma rilevanza esoprocedimentale, idoneo cioè a ledere in modo diretto ed immediato la sfera del cittadino inciso dal provvedimento emanato proprio a seguito della conferenza di servizio, ma soprattutto quando il predetto esito della conferenza dei servizi non abbia esso stesso un contenuto decisorio (e perciò stesso direttamente ed immediatamente lesivo), ma costituisca a sua volta il necessario atto di impulso di un nuovo ed autonomo procedimento amministrativo, volto all’emanazione di un nuovo provvedimento amministrativo imputabile esclusivamente all’amministrazione che ha indetto la conferenza dei servizi e solo effettivamente, direttamente ed immediatamente lesivo e dunque solo esso esclusivamente impugnabile, com’è nel caso di cui all’articolo 5 del D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 (in cui l’esito della conferenza costituisce adozione della variante con la conseguenza che deve essere impugnato il solo provvedimento comunale di approvazione della variante). Pres. SALVATORE - Est. SALTELLI - GOLF SALENTO S.a.s. (avv. Pellegrino) c. ASSOCIAZIONE LEGAMBIENTE ed altri (avv.ti Caprioli e Orlandini) (conferma TAR Puglia, sede di Lecce, sez. I, n. 6551 del 21 novembre 2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 07 maggio 2004 (c.c. 13 gennaio 2004), sentenza n. 2874

 

Pubblica Amministrazione - Diritti dei consiglieri comunali e provinciali connessi all’espletamento della loro carica - Diritto di accesso - Art. 43 D.L.gs n. 267/2000. L’art. 43 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, individua i diritti dei consiglieri comunali e provinciali connessi all’espletamento della loro carica. Il citato art. 43, al comma 2, statuisce: “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”. Dal contenuto di tale norma emerge chiaramente che i consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento del loro mandato, senza alcuna limitazione. Il diritto di accesso è stato, infatti, attribuito ai consiglieri comunali per “tutte le notizie e le informazioni …….utili all’espletamento del proprio mandato” e, quindi, per tutte le notizie ed informazioni ritenute utili, senza alcuna limitazione. Dal termine “utili” contenuto nella norma in oggetto non consegue, quindi, alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, bensì l’estensione di tale diritto a qualsiasi atto ravvisato utile all’espletamento del mandato. Pres. Elefante - Est. Pietronilla Bellavia - Comune di Villasor (avv.ti Fenza, Rossi e Vasi) c. Serra (costituitosi in proprio, senza l’assistenza di legale) e nei confronti Meloni e Marongiu (n.c.) (Conferma - T.A.R. Sardegna n. 495/03 del 12 marzo 2003, depositata il 29 aprile 2003) CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 4 Maggio 2004, sentenza n. 2716 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Diritti dei consiglieri comunali e provinciali - Diritto di accesso e limite all’accesso - D.L.gs n. 267/2000 - L. n.241/1990. Il limite all’accesso, operante in base alla disciplina posta in via generale dagli artt. 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241, non è, infatti, previsto per quanto concerne il diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali, disciplinato dall’art. 43, comma 2, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che opera quale norma speciale. Né è a dire che la richiesta di accesso agli atti possa essere limitata a quelli dei quali i consiglieri richiedenti conoscano approssimativamente il contenuto, ben potendo l’intervento connesso al mandato ravvisarsi opportuno anche a seguito dell’acquisita conoscenza di atti precedentemente del tutto ignorati. Ciascun consigliere è, quindi, libero di servirsi dei mezzi messi a disposizione dell’ordinamento, scegliendo quelli ritenuti più consoni al singolo caso. Inoltre, l’esame diretto degli atti dia la massima contezza della singola questione esaminata e come possa, quindi, essere preferito l’accesso agli altri mezzi di conoscenza offerti dall’ordinamento. Qualsiasi limitazione verrebbe, a restringere la possibilità d’intervento, sia in senso critico sia in senso costruttivo, incidendo negativamente sulla possibilità d’integrale espletamento del mandato ricevuto. Né a diverse conclusioni può pervenirsi sulla base dell’art. 24, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241, che esclude dall’accesso gli atti riguardanti “la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali”. Pres. Elefante - Est. Pietronilla Bellavia - Comune di Villasor (avv.ti Fenza, Rossi e Vasi) c. Serra (costituitosi in proprio, senza l’assistenza di legale) e nei confronti Meloni e Marongiu (n.c.) (Conferma - T.A.R. Sardegna n. 495/03 del 12 marzo 2003, depositata il 29 aprile 2003) CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 4 Maggio 2004, sentenza n. 2716 (vedi: sentenza per esteso)
 

Pubblica Amministrazione - Silenzio della P.A. - Silenzio rifiuto - Impugnazione - Ricorso ex art. 21-bis L. n. 1034 del 1971 e normale gravame impugnatorio - Cumulabilità - Esclusione. E’ inammissibile il ricorso originario contenente due distinte azioni, disciplinate da differenti riti e di diverso oggetto e contenuto, data l’incompatibilità del procedimento camerale in materia di silenzio-rifiuto (sostitutivo anche di ogni pronuncia cautelare) di cui all’art. 2, legge n. 205 del 2000, introduttivo dell’art. 21-bis, legge n. 1034 del 1971, con quello ordinario di sostanziale natura impugnatoria, che si svolge in pubblica udienza e nel quale il primo non può essere convertito, operando solo sul piano processuale e rivelandosi, quindi, non idoneo al conseguimento di statuizioni attinenti al merito della vertenza (cfr. Cons. St. Ad. pl., n. 1/2002; Cons. St., V, n. 12/2002). Pres.: TROTTA - Est. mass. SCOLA. - Nefroservice S.r.l. (avv. Lorenzoni, Gargano) c. Comune di Bari (avv. Lonero Baldassarra, Farnelli); Regione Puglia (avv. Loiodice); A.U.S.L. BA/1 (n.c.). (Conferma: T.a.r. Puglia, Bari, I, 1° luglio 2003 n. 2682). Conf.: CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 23 aprile 2004, sentenza nn. 2385 - 2386. CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 23 aprile 2004, sentenza n. 2387

Pubblica Amministrazione - Attribuzione di un posto direttivo ad un magistrato - Giudizio negativo - Interpretazione - Limiti - Norma deontologica per i magistrati - Codice etico dei magistrati ordinari. Ai fini dell’attribuzione di un posto direttivo ad un magistrato da parte del Consiglio giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura, è illegittimo il giudizio negativo fondato sull’interpretazione delle norme di diritto e sulla valutazione dei fatti effettuate da un magistrato del pubblico ministero nell’esercizio della sua attività , senza che a tale attività sia imputato carattere di abnormità, in quanto tale giudizio viola l’autonomia garantita al magistrato. Esiste una norma deontologica per i magistrati, individuata come tale anche dal Consiglio superiore della magistratura in sede disciplinare, alla quale fa pure riferimento il secondo comma dell’articolo 2 del Codice etico dei magistrati ordinari, secondo la quale è vietato al magistrato di ricorrere alla propria qualità professionale e di utilizzare la propria qualifica, anche per fini leciti, in questioni private o nelle quali egli abbia un interesse personale. Bissoni (avv. Contaldi) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altro (Avvocatura generale dello Stato ) - (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma, sezione prima, n. 5699/2002, in data 21 giugno 2002)
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 23 aprile 2004, sentenza n. 2384

 

Pubblica amministrazione - Provvedimenti costitutivi di nuove posizioni di stato del pubblico dipendente - conferimento di una nuova qualifica - Reinquadramento - Ricostruzione di carriera del pubblico dipendente. E’ jus receptum che nell’ipotesi di provvedimenti costitutivi di nuove posizioni di stato del pubblico dipendente, quali ad esempio il conferimento di una nuova qualifica ovvero un provvedimento di reinquadramento, la maturazione del diritto alla nuova misura retributiva si verifica con il perfezionamento dell’atto e solo da tale data decorrono la rivalutazione monetaria ed il diritto agli interessi sulle somme relative, se corrisposte in ritardo (C.d.S., sez. VI, 31 ottobre 1997, n. 1552). E’ stato altresì precisato che, nel caso di ricostruzione di carriera del pubblico dipendente mediante inquadramento in una diversa qualifica, con effetto retroattivo, comportante il diritto ad un maggior trattamento economico, gli eventuali interessi legali e la rivalutazione del credito retributivo decorrono dalla data in cui sono venuti in essere tutti gli elementi costitutivi del credito stesso e ne è stato determinato o reso determinabile l’ammontare, ossia dal momento della emanazione del provvedimento di inquadramento del dipendente (ex pluribus, C.d.S., sez. VI, 22 aprile 2002, n. 2158; 2 febbraio 2001, n. 433; 23 settembre 1998, n. 1275; sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1398; 28 dicembre 2000, n. 7002). Pres. Venturini - Est. Saltelli - FRANZA (avv. Del Vecchio) c. REGIONE CAMPANIA (avv. Baroni) - (conferma Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione IV, n. 236 del 5 maggio 1995). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 14 aprile 2004, Sentenza n. 2116

Pubblica amministrazione - Lavoro - Conferimento di una nuova qualifica - Provvedimento di reinquadramento - Natura autoritativa del provvedimento di reinquadramento e gli effetti costitutivi. Nell’ipotesi di provvedimenti costitutivi di nuove posizioni di stato del pubblico dipendente, quali ad esempio il conferimento di una nuova qualifica ovvero un provvedimento di reinquadramento, la maturazione del diritto alla nuova misura retributiva si verifica con il perfezionamento dell’atto e solo da tale data decorrono la rivalutazione monetaria ed il diritto agli interessi sulle somme relative, se corrisposte in ritardo. I provvedimenti con i quali l’amministrazione dispone in materia di inquadramento dei propri dipendenti, attribuendo loro una qualifica diversa da quella in precedenza rivestita, hanno natura autoritativa in quanto espressione della potestà di organizzazione interna e producono effetti costitutivi della nuova posizione rivestita dal dipendente nell’organizzazione stessa dell’ente. La predicata natura autoritativa del provvedimento di reinquadramento ed i relativi effetti costitutivi sussistono anche nel caso in cui quest’ultimo abbia carattere vincolato, in quanto attuativo di una norma di legge che ricolleghi l’attribuzione della nuova qualifica funzionale all’esito di un giudizio tecnico - ricognitivo della qualifica e del profilo professionale in precedenza rivestito. Pres. Venturini - Est. Saltelli - FRANZA (avv. Del Vecchio) c. REGIONE CAMPANIA (avv. Baroni) - (conferma Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione IV, n. 236 del 5 maggio 1995). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 14 aprile 2004, Sentenza n. 2116

 

Pubblica amministrazione - Appalti - Gara per l’appalto pubblico di servizi indetta da un ente locale - Dirigenti comunali - Commissione giudicatrice. In una gara per l’appalto pubblico di servizi indetta da un ente locale il dirigente può legittimamente fare parte della commissione giudicatrice. La Sezione premette che la normativa propria del settore degli appalti di lavori pubblici (legge n. 109/94, art. 21, quinto comma; DPR n. 554/99) non trova diretta applicazione per l’appalto di servizi. Rileva, quindi, che l’ordinamento degli enti locali, nella parte in cui definisce le competenze dei dirigenti, non è suscettibile di essere conciliato con la disposizione della legge 109/94 sopra richiamata, in quanto impone ai dirigenti di presiedere le commissioni di gara e di concorso assumendo la responsabilità delle relative procedure (art. 107, terzo comma, lett. a) e b) del testo unico di cui al D. Lvo n. 267/2000). La disposizione in parola, ad avviso della Sezione, si inserisce armonicamente nel nuovo ordinamento degli enti locali, caratterizzato dalla riduzione dei controlli formali interni ed esterni e dall’introduzione di forme di verifica e di responsabilità dei dirigenti mirate sull’attività e sul risultato della gestione. Tale nuovo sistema impone, anziché escludere, che i dirigenti, in quanto responsabili del buon esito dell’azione amministrativa ad essi demandata, siano titolari dei poteri amministrativi che nel corso dei vari procedimenti devono essere esplicati. Per queste ragioni, con riguardo alle procedure di affidamento di competenza degli enti locali, la disposizione specifica di settore prevale sulla norma di carattere generale prevista nella legge 109/94. Ciò si porrebbe altresì in linea con altra disposizione (art. 97 del testo unico) che prevede che la responsabilità della fase preparatoria del procedimento e quella della sua conclusione facciano capo allo stesso dirigente. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 1 aprile 2004, n. 1812

 

Pubblica Amministrazione - Dipendenti comunali e provinciali - Disciplina del pubblico impiego - Equo indennizzo e infermità per causa di servizio - Residui invalidità permanente o parziale - Rendita vitalizia - Art. 11 d.P.R. 191/1979 - Assicurazione obbligatoria sugli infortuni sul lavoro. Confermando consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, la Sezione ribadisce che la previsione dell'art. 11 d.P.R. n. 191 del 1979, a norma del quale <<nel caso che all'infortunio o alla malattia contratta per causa di servizio residui una invalidità permanente o parziale, l'ente liquiderà al dipendente una rendita vitalizia [...]>>, non introduce una nuova prestazione previdenziale, ma estende al personale degli enti locali, se non già soggetto all'assicurazione obbligatoria sugli infortuni sul lavoro presso il relativo Istituto nazionale, la disciplina dell'equo indennizzo ex art. 68 t.u. imp. civ. St. (d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3). Tale interpretazione è l’unica compatibile con la riserva di legge di cui all'art. 38 della Costituzione che riserva al legislatore ordinario la previsione dei mezzi di tutela previdenziale con la conseguenza che alla fonte subordinata è consentito solo il rinvio al testo unico degli impiegati civili dello Stato basato su considerazioni di coerenza della disciplina del pubblico impiego (cfr: Cons. Stato, Sez.V, 09/02/2001, n.581). Alla luce di tali considerazioni, va escluso il cumulo fra rendita per infortunio sul lavoro e malattia professionale ed equo indennizzo, (Cons. Stato, Sez.VI, 17/07/2000, n.3966; Cons. Stato, Sez.V, 01/04/1999, n.354; Cons. Stato, Sez.V, 22/06/1998, n.912; Cons. Stato, Sez.V, 09/02/2001, n.581; per una recente applicazione si veda Cons. Stato, Sez.V, 09/10/2003, n.6038). Diversamente argomentando si giungerebbe all’irrazionale conclusione di prevedere la copertura di uno stesso evento con la duplice tutela della rendita vitalizia e dell'equo indennizzo (Cons. Stato, Sez.V, 31/01/2001, n.350). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 1 aprile 2004, n. 1810

 

Processo Amministrativo - Appello - Notifica dopo la scadenza del termine - “dimidiamento” dei termini processuali - Accesso ai documenti. E’ irricevibile l’appello notificato dopo la scadenza del termine decadenziale previsto dall’art. 25 c. 5 l. n. 241/90, né tale disciplina può ritenersi implicitamente abrogata dall’art. 4 della legge n. 205/2000. Quella di cui all’art. 25, comma 5, della legge n. 241/1990 è, infatti, una disciplina di carattere speciale che non attiene al “dimidiamento” in genere dei termini processuali, ma pone precisi termini riguardanti, specificamente, quello per la proposizione del ricorso di primo grado e quello per la proposizione dell’appello, senza incidere sugli altri termini processuali. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 29 marzo 2004, sentenza n. 1666

 

Pubblica Amministrazione - Contratti della Pubblica Amministrazione - Condanna per reati finanziari - Scelta del contraente - Moralità professionale - Facoltà discrezionale per la stazione appaltante - Prevalenza del bando sulla lettera di invito - Art. 444 c.p.p.. - Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio - Abuso d’ufficio - Turbata libertà degli incanti in concorso - Associazione per delinquere - Corruzione continuata - Sentenza di patteggiamento e sentenza di condanna - Effetti. Benché l’esclusione del concorrente che sia stato condannato per reati finanziari o che incidono sulla moralità professionale sia non obbligo ma una facoltà discrezionale per la stazione appaltante, è legittima l’esclusione del concorrente che non dichiari di aver patteggiato una pena ex art. 444 c.p.p. per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, abuso d’ufficio in casi non preveduti specificamente dalla legge in concorso, turbata libertà degli incanti in concorso, associazione per delinquere, corruzione continuata e altro, qualora il bando espressamente richieda tale tipo di dichiarazione; e ciò anche nel caso in cui la lettera di invito preveda una formulazione più ambigua ed equivoca, attesa la prevalenza del bando sulla lettera di invito. Tali reati evidenziano una situazione che doveva essere portata a conoscenza della stazione appaltante, al fine di esprimere le valutazioni sulla cui discrezionalità si incentra l’appello; e non rileva il fatto che tali reati siano stati accertati con una sentenza ex art. 444 c.p.p. anziché con un’ordinaria sentenza di condanna. CONSIGLIO DI STATO sez. V, 29/03/2004, Sentenza n. 1660

Pubblica Amministrazione - Mansioni superiori svolte da un dipendente pubblico - Livello superiore Inquadramento - Art. 36 Cost. - Art. 2126, 1c. cod. civ. - Art. 2041 cod. civ.. Salvo che una legge disponga altrimenti (anche in sanatoria delle situazioni già verificatesi), le mansioni svolte da un dipendente pubblico, se sono di livello superiore rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento, sono del tutto irrilevanti, non solo ai fini di progressione di carriera, ma anche ai fini unicamente economici. Ad una diversa conclusione non si può giungere né in base all’art. 36 della Costituzione, né in forza dell’art. 2126, primo comma, cod. civ., né in base all’art. 2041 cod. civ.. CONSIGLIO DI STATO sez. V, 29/03/2004, Sentenza n. 1657

 

Pubblica amministrazione - Dipendenti Comunali e Provinciali - Vigili urbani - Inquadramento. E’ legittima la deliberazione con cui il Comune, nell’attribuire al dipendente la figura professionale di sottufficiale dei vigili urbani, lo abbia inquadrato nella relativa qualifica funzionale con decorrenza dal 16 ottobre 1990, anziché dalla data di esercizio delle mansioni, qualora l’organo regionale di controllo preveda, attraverso la decisione adottata nella predetta data del 16 ottobre 1990, “che la nuova qualifica sia attribuita ad personam e ad esaurimento", e nessuna censura risulti formulata avverso tale limitazione. Così definita nella sua portata ed efficacia, la determinazione comunale ha assunto, nella specie, sostanza di beneficio straordinario, al quale non può riconoscersi altra decorrenza che quella della sua esecutività ed in presenza del quale va esclusa l’applicabilità e la rilevanza delle disposizioni, invocate dall’appellante, siccome o del tutto inapplicabili al pubblico impiego (art. 13 L. n. 300 del 1970) ovvero dirette a disciplinare l’inquadramento ordinario del personale comunale nelle qualifiche previste da uno specifico contratto nazionale di lavoro (art. 40 DPR n. 347 del 1983). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 29/03/2004, Sentenza n. 1650

 

P.A. - Provvedimento di comando di un dipendente da una regione ad un'altra - Legittimità - Esercizio del potere di revoca - Presupposto. Il venir meno delle esigenze a base del provvedimento di comando di un dipendente da una regione ad un'altra costituiscono presupposto del legittimo esercizio del potere di revoca da parte della Regione, presso la quale il dipendente comandato era stato chiamato a prestare servizio. Pres. BARBAGALLO - REGIONE CAMPANIA (Avvocatura regionale) c. CONCA (n.c.) - (Riforma Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli, Sezione V, n. 26, in data 26 gennaio 1993). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV - 23 marzo 2004 - Sentenza n. 1487

 

Pubblica amministrazione - Rimedi d'ufficio (c.d. autotutela) e giurisdizionali - Autonomia e indipendenza dei procedimenti - Sussiste - Condizioni. Le vie dei rimedi d'ufficio (c.d. autotutela) e di quelli giurisdizionali sono tra di loro autonome e indipendenti, nel senso che ben possono essere utilizzati congiuntamente o meno, e, quindi, determinare gli effetti che sono loro propri, senza che l'esperimento dell'una (o il mancato esperimento) possa in una qualche misura inibire gli effetti dell'altra (almeno fin quando i diversi tipi di rimedi siano, ancora in itinere, e cioè non definitivi). Pres.Papadia U. - Est. De Maio G. - Imp. Bavado ed altro - Pm Izzo G.(Parz. Diff.) CORTE DI CASSAZIONE Sez. III 18 marzo 2004, (ud. 20/02/2004), sentenza n. 13219 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica amministrazione - Emissione di un ordine o mandato di cattura - Sospensione obbligatoria del dipendente dal servizio - Sussiste - Esecuzione del capo dell’ufficio di sua appartenenza - Reati particolarmente gravi - Sospensione facoltativa - art. 91, d.P.R n. 3./1957. Ai sensi dell’art. 91, d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, la sospensione facoltativa mediante decreto ministeriale viene disposta nel caso di reati particolarmente gravi, mentre l’eventuale emissione di un ordine o mandato di cattura comporta la sospensione obbligatoria del dipendente dal servizio ad opera del capo dell’ufficio di sua appartenenza, per cui, mentre nella seconda ipotesi (trattandosi di atti vincolati) il dovere motivazionale risulta ridotto alla necessità di richiamare l’esistenza dell’ipotizzato provvedimento di custodia cautelare, nel primo caso (in presenza di provvedimenti discrezionali) risulta necessaria una motivazione particolarmente approfondita quanto ai più significativi profili della ritenuta gravità del reato, al turbamento presumibilmente derivante da una possibile permanenza in servizio dell’impiegato, in rapporto anche alla sua qualifica ed alla sua complessiva personalità, come pure alla ipotizzabile risonanza del fatto nell’ambiente di lavoro ed in quello circostante (il che, nella specie, è mancato). Pres. BARBERIO CORSETTI - Est. SCOLA - Ministero del TESORO (Avvocatura generale dello Stato) c. BORRONI (Sorrentino) - (Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, Sez. I - ter, n. 1738/1993). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV - 10 marzo 2004 - Sentenza n. 1118

Pubblica amministrazione - Artt. 7 ed 8, L. n. 241/1990 - Applicazione - Fattispecie: destituzione dall’impiego.
Gli artt. 7 ed 8, legge n. 241/1990, costituiscono norme di principio, applicabili in tutti i casi in cui non ostino motivi d’urgenza (comunque da esplicitarsi); anche quando si tratti di procedure destinate a sfociare in esiti particolarmente gravi per l’interessato, come nell’ipotesi (di specie) della destituzione dall’impiego. Pres. BARBERIO CORSETTI - Est. SCOLA - Commissione statale di controllo su atti della Regione CAMPANIA (Avvocatura generale dello Stato) c. QUATTRONE (avv. Bolognesi) (Conferma Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, Sez. I, n. 130/1994). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV - 10 marzo 2004 - Sentenza n. 1117

 

Pubblica Amministrazione - Potere di autotutela - Esercizio e competenza - Incompetenza a provvedere in materia - Annullamento d’ufficio. Il potere di autotutela spetta alla stessa autorità che ha emanato il provvedimento o a quella gerarchicamente sovraordinata; si è in proposito, consentito che l’autorità emanante proceda all’annullamento d’ufficio di un proprio atto sul presupposto della propria incompetenza a provvedere in materia, al fine di consentire l’esercizio del potere all’autorità effettivamente competente. (Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 02-05-2000, n. 205). Coopsette srl (avv.ti Cugurra e Pellegrino) c. Ministero delle Infrastrutture, Autorità Portuale di Marina di Carrara ed altro (Avvocatura Generale dello Stato) (Riforma Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana - del 2003 n. 853). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 08/03/2004, sentenza n. 1080 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Appalti - Potere di autotutela - Annullamento o revoca d’ufficio - Annullamento dell’aggiudicazione - Competenza del seggio di gara - Sussiste. L’annullamento o la revoca d’ufficio di un atto amministrativo deve essere disposto dallo stesso organo che lo ha emanato, non sembra possano sussistere dubbi, nel caso di annullamento dell’aggiudicazione, sulla competenza del seggio di gara a rivedere il proprio operato. del T.a.r. Sicilia, 28-01-1998, n. 74. (Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 02-05-2000, n. 205). Coopsette srl (avv.ti Cugurra e Pellegrino) c. Ministero delle Infrastrutture, Autorità Portuale di Marina di Carrara ed altro (Avvocatura Generale dello Stato) (Riforma Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana - del 2003 n. 853). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 08/03/2004, sentenza n. 1080 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Potere di autotutela - Improcedibilità per sopravvenuto difetto d’interesse del ricorso - Integrale rinnovazione del procedimento - Conferma del contenuto dell’atto di impugnato. L’emanazione di un nuovo provvedimento col quale l’amministrazione conferma il contenuto dell’atto di aggiudicazione impugnato, determina l’improcedibilità per sopravvenuto difetto d’interesse del ricorso già proposto contro l’atto precedente (in senso analogo T.a.r. Campania, sez. I, 09-11-1995, n. 402) ma ciò non si verifica nel caso in cui l’atto sopravvenuto sia una mera decisione di non esercitare il potere di autotutela, sulla base di una breve istruttoria tecnica, non avente contenuto di integrale rinnovazione del procedimento, ma limitatasi ad evidenziare l’insussistenza di ragioni di interesse pubblico che impongano l’annullamento o la revoca dell’atto, solo esaminando una nuova emergenza probatoria, insorta successivamente all’adozione dell’atto, emergenza di cui si esclude la rilevanza a fini di autotutela. Coopsette srl (avv.ti Cugurra e Pellegrino) c. Ministero delle Infrastrutture, Autorità Portuale di Marina di Carrara ed altro (Avvocatura Generale dello Stato) (Riforma Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana - del 2003 n. 853). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 08/03/2004, sentenza n. 1080 (vedi: sentenza per esteso)

Pubblica Amministrazione - Riviviscenza dei motivi di appello - Atto meramente confermativo - Mancanza di nuova istruttoria - Conferma dell’atto non annullato e decisione di non annullare. Va considerato atto meramente confermativo (C. Stato, sez. IV, 28-08-2001, n. 4534) quello che, senza alcuna nuova valutazione, richiama, ricordandone il contenuto, un precedente provvedimento, limitandosi a dichiarare l’esistenza del pregresso provvedimento, senza alcuna nuova istruttoria e senza alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto già considerati in precedenza; non è, viceversa, meramente confermativo l’atto adottato dall’amministrazione dopo una nuova valutazione (C. Stato, sez. IV, 26-06-2002, n. 3551). La mera decisione di non esercitare un potere di autotutela per mancanza di ragioni di pubblico interesse, non costituisce una vera e propria conferma dell’atto non annullato, quanto piuttosto una decisione di non annullare, un non provvedimento. Coopsette srl (avv.ti Cugurra e Pellegrino) c. Ministero delle Infrastrutture, Autorità Portuale di Marina di Carrara ed altro (Avvocatura Generale dello Stato) (Riforma Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana - del 2003 n. 853). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 08/03/2004, sentenza n. 1080 (vedi: sentenza per esteso)

 

P.A. - Autorganizzazione dell’ente locale - Potere normativo - La stabilità della posizione del presidente del consiglio - Presupposti - Limiti - Revoca del presidente del consiglio - Atto di revoca. La previsione legislativa del testo unico degli enti locali lascia ampi margini al potere normativo e di autorganizzazione dell’ente locale, che può variamente definire il regime di stabilità del presidente dell’ente. Si deve aggiungere, che la previsione di un regime volto ad attenuare la stabilità della posizione del presidente del consiglio risulta ancora più giustificata per i comuni di minori dimensioni che scelgono di introdurre tale figura nell’organizzazione dell’ente. Resta intatto il significato della revoca, che, nel suo contenuto tipico resta perfettamente identica alla determinazione positiva di scelta del presidente. Questo inquadramento dell’atto di revoca non impedisce del tutto la possibilità che emergano profili caratteristici dell’eccesso di potere, almeno in relazione a determinate figure sintomatiche, quali il travisamento dei fatti. Al proposito, si potrebbe indicare l’ipotesi in cui la delibera di revoca faccia riferimento a un fatto particolare, che risulti in concreto insussistente. Ma anche in un caso del genere occorrerebbe comunque verificare se la revoca non risulti comunque giustificata dalla espressa indicazione di una effettiva sfiducia nei confronti del presidente. Nella presente vicenda, la delibera di revoca è stata assunta all’esito di un ampio dibattito consiliare, nel corso del quale sono stati indicati molteplici episodi idonei a provocare la rottura dell’originario rapporto di fiducia tra la maggioranza e il presidente. Pres. Frascione - Est. Lipari - Tondo (Avv. Sticchi Damiani) c. Comune di Lizzanello ed altri (Avv. Quinto) - (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sezione Prima, 6 febbraio 2003 n. 408). CONSIGLIO DI STATO Sezione V, 3 marzo 2004, sentenza n. 1042 (vedi: sentenza per esteso)

P.A. - Funzione del presidente del Consiglio comunale - Poteri - Presupposti - Limiti. La funzione del presidente del Consiglio comunale è strumentale non già all'attuazione di un indirizzo politico di maggioranza, bensì al corretto funzionamento dell'organo stesso e, come tale, non è solo neutrale, ma non può restar soggetto al mutevole atteggiamento fiduciario della maggioranza, indipendentemente dalla circostanza che il presidente sia eletto dall'assemblea, dovendo costui sempre operare in modo imparziale a garanzia di tutto il Consiglio e non della sola parte che l'ha designato (Consiglio di Stato 25 novembre 1999, n. 1983). C.d.S. 6 giugno 2002, n. 3187, "la funzione del presidente del Consiglio comunale non è strumentale all'attuazione di un determinato indirizzo politico, ma al corretto funzionamento dell'istituzione in quanto tale; pertanto, la revoca del presidente del consiglio non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità e deve essere motivata con esclusiva riferimento a tale parametro e non ad un rapporto di fiduciarietà politica. E' latamente discrezionale il giudizio della maggioranza consiliare che ritenga che il presidente del Consiglio comunale non sia rimasto neutrale; pertanto, il sindacato di legittimità non può spingersi oltre la manifesta illogicità ed ingiustizia e l'evidente travisamento del fatto". Pres. Frascione - Est. Lipari - Tondo (Avv. Sticchi Damiani) c. Comune di Lizzanello ed altri (Avv. Quinto) - (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sezione Prima, 6 febbraio 2003 n. 408). CONSIGLIO DI STATO Sezione V, 3 marzo 2004, sentenza n. 1042 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica Amministrazione - Incidente mortale - Incauta condotta - Pericolo non prevedibile - Responsabilità del Sindaco - Esclusione - Fattispecie. Non è responsabile un Sindaco per l'incidente mortale occorso ad un giovane caduto da un pennone della bandiera, sul quale si era arrampicato nel corso di una manifestazione nella piazza del Comune. In tale caso la presenza del pennone non costituiva di per sé alcuna fonte di pericolo prevedibile, e l'incauta condotta del giovane si è posta come causa unica dell'evento letale, essendo comportamento imprevedibile l'arrampicarsi su di esso. CORTE DI CASSAZIONE 27.2.2004, Sentenza n. 24030

 

Protezione civile - Calamità naturali - Competenza e giurisdizione - Contributi ex L. n. 219/1981 - Giurisdizione A.G.O. Appartiene al giudice ordinario la cognizione della controversia in tema di contributi di ricostruzione previsti dalla L. 14 maggio 1981 n. 219 e successive modificazioni. Pres. QUARANTA - Est.MILLEMAGGI COGLIANI - Di Costanzo (Avv. Foci) c. Comune di S. Anastasia (Avv. Allamprese) CONSIGLIO DI STATO Sezione V, 25 febbraio 2004, Sentenza n. 767

 

Pubblica Amministrazione - Amministratori comunali - Rimborso delle spese sostenute per difendersi in giudizio - Competenza. Il giudice della giurisdizione, di recente, ha escluso la competenza del giudice amministrativo in ordine alle controversie aventi ad oggetto azioni dirette ad ottenere il rimborso delle spese sostenute per la difesa in giudizio proposte da amministratori comunali (Cass., SS.UU., 1.12.2000, n. 1244). Pres. Quaranta - Est. Marchitiello - Carafa (avv. Rainaldi) c. Comune di L’Aquila ed altri (non costituito) Annulla Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo, L’Aquila, del 30.10.1998, n. 830). CONSIGLIO DI STATO Sezione V, 25 febbraio 2004, Sentenza n. 763

 

Pubblica Amministrazione - Urbanistica - Commissione edilizia comunale - Componente “laico” - Giurisdizione - Rimborso delle spese legali - Rimborso delle spese sostenute per la difesa in giudizio proposte da amministratori comunali. Il componente “laico” di una commissione edilizia comunale deve agire innanzi al G.O. per il rimborso delle spese legali sopportate per procedimenti penali subiti in relazione all’attività svolta in seno all’organo collegiale. Esula dalla giurisdizione amministrativa l’azione proposta dal componente “laico” di una commissione edilizia comunale avverso gli atti che gli hanno negato il rimborso, a carico dell’ente, delle spese sostenute per la propria difesa in giudizio in relazione a procedimenti penali cui è stato sottoposto in relazione alla propria attività in seno al predetto organo consultivo. Trattasi di un’azione diretta alla tutela di una posizione giuridica soggettiva che, per essere correlata ad un obbligo, effettivo o soltanto supposto, dell’amministrazione, ha la natura di diritto soggettivo sulla quale la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Il giudice amministrativo, infatti, se si è pronunciato sulla spettanza di analoghi rimborsi e, quindi, su questioni relative a diritti soggettivi, lo ha fatto in relazione ai dipendenti dell’amministrazione e, quindi, in connessione con pretese collegate al rapporto di pubblico impiego, nell’ambito, cioè, della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In altri casi (Cfr: Cons. St., sez. V, 17.6.2001, n. 3946), il giudice amministrativo ha ritenuto di poter estendere la propria giurisdizione, conoscendo anche di analoghe richieste di rimborso da parte degli amministratori di enti locali tenendo presente in tutta evidenza il loro rapporto di servizio con l’ente (ancorché non impiegatizio ma di natura onoraria), evenienza questa che non può ritenersi estensibile anche al caso in esame, nel quale non è configurabile, nei termini che hanno ispirato la giurisprudenza ora richiamata, un rapporto di servizio dell’appellato con l’amministrazione. CONSIGLIO DI STATO, sez. V 25 febbraio 2004, sentenza n. 763

 

Pubblica amministrazione - Dipendenti comunali e provinciali - Differenze retributive - Condanna dell’amministrazione - Dichiarazione di dissesto - Procedimento disciplinare - Riammissione in servizio. La condanna dell’amministrazione al pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito dal ricorrente a titolo di assegni alimentari e quanto dovutogli a seguito della ricostruzione economica della carriera, con interessi e rivalutazione monetaria, consegue, come effetto automatico, all’accertamento del diritto del ricorrente alla riammissione in servizio e non ha natura sanzionatoria del comportamento dell’amministrazione. La dichiarazione di dissesto (di cui all’art. 21 del D.L. 18.1.1993, n. 8, conv. nella legge 19.3.1993, n. 68, e succ. mod. ed int., concernente il risanamento finanziario degli enti locali dissestati) non preclude la condanna giudiziale dell’amministrazione al pagamento delle somme di cui risulti debitrice, ma impone soltanto la instaurazione di una procedura concorsuale per il pagamento dei debiti assunti dal Comune prima della data di dichiarazione dello stato di dissesto. CONSIGLIO DI STATO, sez. V 25 febbraio 2004, sentenza n. 760
 

P.A. - Lavoro - Controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni - Giurisdizione del giudice amministrativo - Giurisdizione sulla materia del pubblico impiego - Giudice ordinario. L’articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, attribuendo al giudice ordinario la giurisdizione sulla materia del pubblico impiego, per l’innanzi ricadente nella giurisdizione del giudice amministrativo, riserva a quest’ultimo la cognizione della «controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni». CONSIGLIO DI STATO, Sez. V 19 febbraio 2004, sentenza n. 678

 

Inerzia della Pubblica Amministrazione nell’adozione di sanzioni e misure repressive edilizie - Edilizia e urbanistica - Strumenti processuali contro il “silenzio-rifiuto” - Legittimazione del terzo interessato: proprietario limitrofo - Dovere della P.A. di provvedere sugli abusi accertati - Adozione delle sanzioni di legge. Quando l’Amministrazione competente ometta di adottare, secondo i suoi doveri di ufficio, i necessari provvedimenti di ripristino dello stato dei luoghi e di difesa del pubblico interesse, in relazione a costruzioni abusive, ovvero li ritardi senza giustificazione, il terzo interessato - come il proprietario limitrofo, che nei confronti del potere amministrativo di repressione degli abusi edilizi è tra l’altro sempre titolare di un interesse qualificato al mantenimento delle caratteristiche urbanistiche assegnate alla zona - può non solo spiegare le azioni civili di demolizione e, se ciò non sia possibile, quelle risarcitorie, ma è al tempo stesso legittimato a impugnare la mancata adozione di misure ripristinatorie, e quindi l’inerzia formalizzata degli Organi comunali preposti, ovvero finanche l’illegittima comminatoria di una sanzione pecuniaria anziché demolitoria. La P.A. ha il dovere di provvedere sugli abusi accertati, anche se talora ha la facoltà - piuttosto limitata - di scegliere le sanzioni da applicare e deve valutare situazioni particolari di fatto specie in relazione al tempo trascorso, sussiste un interesse del privato leso da opere abusive all’adozione delle sanzioni di legge. Il terzo interessato può pretendere quanto meno un provvedimento espresso sull’abuso circostanziatamente denunziato, in difetto del quale può costituire nei modi ordinari, come avvenuto nella fattispecie, un silenzio-rifiuto di provvedere che è impugnabile, fino a costringere l’Amministrazione comunale all’emissione di un provvedimento espresso, che a sua volta sarà impugnabile ove ritenuto illegittimo. Pres. Elefante - Est. Mastrandrea - Haus Sand di Mairhofer Maria Luisa & Co. O.H.G ( avv.ti Baur e Berruti) c. Comune di Campo Tures ed altro (avv.ti Kollensperger e Manzi) (Conferma T.R.G.A. di Bolzano n. 11/2001) CONSIGLIO DI STATO, sez. V 19 febbraio 2004, sentenza n. 677 (vedi: sentenza per esteso)

 

P.A. - Obbligo del Comune di provvedere sulle richieste dei cittadini - Silenzio dell’Amministrazione ex art. 21-bis della l. 1034/71 - Edilizia e urbanistica - Titolare di una posizione qualificata e differenziata. A fronte di una circostanziata denunzia, l’amministrazione che abbia preso in esame l’istanza e, svolta la doverosa istruttoria, abbia adottato in merito un provvedimento espresso, non è tenuta a comunicare espressamente al denunziante le iniziative intraprese. Né all’interessato, ampiamente edotto della situazione, è consentito pretendere che il Giudice, in sede amministrativa, entri nel merito del provvedimento adottato dall’Amministrazione in correlazione alle sue pretese di ordine sostanziale, trattandosi di valutazioni necessariamente estranee al giudizio sul silenzio dell’Amministrazione ex art. 21-bis della l. 1034/71. Pres. Elefante - Est. Mastrandrea - Haus Sand di Mairhofer Maria Luisa & Co. O.H.G ( avv.ti Baur e Berruti) c. Comune di Campo Tures ed altro (avv.ti Kollensperger e Manzi) (Conferma T.R.G.A. di Bolzano n. 11/2001) CONSIGLIO DI STATO, sez. V 19 febbraio 2004, sentenza n. 677 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica amministrazione - Processo amministrativo - Ricorso elettorale - Requisiti minimi. La sentenza offre una sintesi sui requisiti minimi di specificità dei motivi nei ricorsi elettorali. La sentenza così ricapitola i tre elementi minimi che deve offrire i motivi nei ricorsi in materia elettorale per soddisfare i requisiti di specificità elaborati dalla giurisprudenza: i motivi di ricorso devono indicare: 1) il vizio - con indicazione della sua natura e del suo carattere essenziale - che inficia l’operazione; 2) il numero delle schede denunziate; 3) la sezione elettorale ove le irregolarità lamentate si sarebbero avverate. La prospettazione di vizi generici, in non meglio definite sezioni e con riguardo ad un incerto numero di schede o voti, rende inammissibile il ricorso. E ciò perché non può ammettersi che il ricorso elettorale si trasformi, per effetto della sua genericità, in uno strumento per provocare un vasto o generale riesame delle schede, condotto in sede giurisdizionale (confr. V Sez. 12.11.2002, n. 6277; 15.2.2001, n. 796; 9.2.2001, n. 593; 30.5 1997, n. 588). Consiglio di Stato, sez. V, 19 febbraio 2004, sentenza n. 670

 

Pubblica amministrazione - Appello - Eccezione di prescrizione del credito del dipendente. Va rimessa all’Adunanza Plenaria la soluzione della questione se la P.A. possa o meno opporre per la prima volta in appello l’eccezione di prescrizione del credito del dipendente (cfr. Consiglio di Stato, V, ord. 10 febbraio 2004, n. 491). Consiglio di Stato, sez. V, 17 febbraio 2004, sentenza n. 596 (ord.)

 

Pubblica Amministrazione - Interesse all'impugnazione in tema di elezioni - Ricorso per modificazione composizione organo elettivo trascorso il periodo di durata dell'organo - Carenza d'interesse. E’ improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, il ricorso elettorale qualora, nelle more del giudizio, sia trascorso il periodo di durata dell'organo elettivo o lo stesso sia stato sciolto per qualsiasi altra causa, anticipatamente, per ragioni differenti dall’annullamento giurisdizionale, venendo meno in tale caso, per i ricorrenti, ogni interesse connesso alla composizione dell’organo, quale derivante dalla tornata elettorale cui si riferisce l’impugnazione, (per tutte, C.d.S., Sez. V, n. 741 del 26 giugno 1993; n. 1544 del 21 dicembre 1992). Presidente: QUARANTA Estensore: MILLEMAGGI COGLIANI Parti:Torre c. Comune di Roma ed altri, (TAR Lazio, sezione seconda bis, 10 giugno 1998, n. 1047). CONSIGLIO DI STATO, sez. V 17 febbraio 2004, sentenza n. 594

 

Pubblica Amministrazione - Lavoro - Retribuzione del lavoro straordinario - Presupposti - Preventiva formale autorizzazione - Art. 97, Cost.. La retribuzione del lavoro straordinario è consentita solo nell’ipotesi in cui questo venga espressamente autorizzato; l’amministrazione pubblica, infatti, è tenuta ad erogare compensi per lavoro straordinario solo in presenza di una preventiva formale autorizzazione allo svolgimento del medesimo, necessaria al fine di verificare le effettive ragioni di pubblico interesse che giustifichino il ricorso ad una prestazione lavorativa eccezionale, nel rispetto del principio di buon andamento di cui all'art. 97, Cost. (cfr, tra le tante, la decisione della Sezione 27 giugno 2001, n. 3495; Sez. VI, 14 marzo 2002, n. 1531). Pres. Frascione - Est. Buonvino VARVAZZO (avv. ESPOSITO) c. Comune di NAPOLI (avv.ti BARONE e TARALLO) (TAR della Campania, sede di Napoli, Sezione V, 10 maggio 1996, n. 164) CONSIGLIO DI STATO, sez. V 17 febbraio 2004, sentenza n. 587

 

Pubblica Amministrazione - Lavoro - Pubblico dipendente - Inquadramento a una qualifica superiore - Domanda di reinquadramento - Posizione retributiva e funzionale - Anzianità pregressa - Domanda giudiziale d'accertamento. E’ inammissibile la domanda giudiziale d'accertamento del diritto di un pubblico dipendente all'inquadramento a una qualifica superiore rispetto a quella attribuitagli, proposta a seguito dell'inerzia serbata dalla p.a. sulla di lui domanda di reinquadramento, in difetto della tempestiva impugnazione dell'atto autoritativo con cui è stata determinata, a suo tempo, la di lui posizione retributiva e funzionale (cfr., tra le tante, Sez. V, 5 novembre 1999, n. 1833; 1 dicembre 1992 n. 1415). Parimenti è da ritenere inammissibile la domanda volta a veder ricomprendere l’anzianità pregressa nel trattamento spettante in relazione al nuovo inquadramento assegnato, allorché questo non sia stato fatto oggetto di puntuale e tempestiva impugnazione. Pres. Frascione - Est. Buonvino VARVAZZO (avv. ESPOSITO) c. Comune di NAPOLI (avv.ti BARONE e TARALLO) (TAR della Campania, sede di Napoli, Sezione V, 10 maggio 1996, n. 164) CONSIGLIO DI STATO, sez. V 17 febbraio 2004, sentenza n. 587

 

Pubblica amministrazione - Dipendenti della pubblica amministrazione in genere - Passaggio da un ente ad un altro differenti. Nel passaggio da un ente ad un altro e, quindi, da una ad altra organizzazione amministrativa, caratterizzata da struttura ed organici radicalmente differenti, deve escludersi che qualsiasi determinazione assunta dall’ente di provenienza - nella specie, commissario prefettizio dell’ente a quo - in tema di autorizzazione del lavoro straordinario, ovvero qualsiasi determinazione a suo tempo assunta dallo stesso in tema di fissazione dell’orario di servizio, possa tenere fermi i propri effetti nel nuovo e diverso assetto. La sussistenza dei presupposti necessari per autorizzare le prestazioni di lavoro straordinario ovvero la fissazione degli orari di servizio deve necessariamente essere apprezzata e regolata dai responsabili dell’organizzazione del servizio presso l’ente subentrante. Pres. Frascione - Est. Buonvino VARVAZZO (avv. ESPOSITO) c. Comune di NAPOLI (avv.ti BARONE e TARALLO) (TAR della Campania, sede di Napoli, Sezione V, 10 maggio 1996, n. 164) Consiglio di Stato, V, 17 febbraio 2004, sentenza n. 587

 

P.A. - conferimento dell’incarico professionale di progettazione - attività adeguatamente pubblicizzata e “procedimentalizzata” - corretto esercizio - natura “fiduciaria” - giurisdizione del giudice amministrativo (fattispecie: affidamento a soggetti esterni dell’incarico per la progettazione definitiva ed esecutiva). Il corretto esercizio, da parte dell’Amministrazione, della potestà di scelta di un professionista cui affidare un incarico costituisce, per tutti coloro che abbiano fatto domanda ed aspirino al conferimento, oggetto di una posizione di interesse legittimo azionabile dinanzi al giudice amministrativo (Cons. Stato, V, 3 febbraio 1999 n. 112, in Cons. Stato 1999, I, 205). Rientra, nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto il conferimento di un incarico di progettazione che consegue all’esperimento di apposita procedura amministrativa attivata con apposito avviso pubblico della stessa Amministrazione, anche se tale procedura non può indubbiamente assimilarsi ad una vera e propria procedura concorrenziale secondo i crismi dell’evidenza pubblica. Nel caso di specie risulta evidente come il conferimento dell’incarico professionale di progettazione, seppur di natura “fiduciaria”, non sia stato operato dall’Amministrazione nell’esercizio di una attività di mero diritto privato, bensì di un’attività adeguatamente pubblicizzata e “procedimentalizzata”. Pres. Elefante - Est. Mastrandrea - Comune di Montepaone (Avv. Nania) c. SERVELLO ed altri (avv. Caridi) - (Riforma - Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Catanzaro, I, 27 marzo 2003, n. 870). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 10 febbraio 2004, sentenza n. 500 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica amministrazione - Affidamento diretto di incarichi di progettazione - Contratti della pubblica amministrazione - Scelta del contraente. Sussiste la giurisdizione del g.a. anche sulle controversie relative a una procedura per l’affidamento diretto e “fiduciario” di incarichi di progettazione rientranti nella soglia (40.000 ECU secondo la c.d. legge Merloni-ter portati a 100.000 € dalla l. 166/02), inferiore a quella cd. “nazionale” infracomunitaria (che va, invece, dai 100.000 ai 200.000 €). Anche in tal caso, infatti, deve essere esperita una fase procedimentale amministrativa volta alla “verifica dell’esperienza e della capacità professionale” di coloro che hanno ritenuto di dover rispondere all’avviso pubblico, che sfocia in una scelta del progetto da affidare che non può essere priva di congruo corredo motivazionale, benché tale procedura non possa assimilarsi ad una vera e propria procedura concorrenziale secondo i crismi dell’evidenza pubblica. Per l’affidamento di incarichi di progettazione al di sotto dei 100.000 € non occorre la predeterminazione dei criteri di valutazione dei curricula. Per l’attribuzione di incarichi di progettazione al di sotto della ulteriore soglia (40.000 ECU secondo la c.d. legge Merloni-ter portati a 100.000 EURO dalla l. 166/02) individuata dalla legge al di sotto della soglia comunitaria non è previsto l’esperimento di una formale procedura di aggiudicazione né, in ogni caso, dettagliati adempimenti preliminari, quali un’espressa e puntuale predeterminazione di ulteriori e più specifici criteri di scelta da parte della stazione appaltante (ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge 109 del 1994, come modificato dalla legge 166 del 2002, “Per l'affidamento di incarichi di progettazione ovvero della direzione dei lavori il cui importo stimato sia inferiore a 100.000 euro le stazioni appaltanti per il tramite del responsabile del procedimento possono procedere all'affidamento ai soggetti di cui al comma 1, lettere d), e), f) e g), di loro fiducia, previa verifica dell'esperienza e della capacità professionale degli stessi e con motivazione della scelta in relazione al progetto da affidare”). Consiglio di Stato, sez. V, 10 febbraio 2004, sentenza n. 500 (vedi: sentenza per esteso)

 

Silenzio della p.a. - Procedure e varie - domanda di provvedimento. L’azione avverso il silenzio della p.a. postula una domanda di provvedimento e non una pretesa di diritto soggettivo. Non è ammissibile con riguardo a situazioni di pretesa tutelate dinanzi ad altra giurisdizione. Consiglio di Stato, sez. V, 10 febbraio 2004, sentenza n. 497

 

P. A. - Rimedio del silenzio-rifiuto - Giudice amministrativo privo di giurisdizione - Effetti. Il rimedio del silenzio-rifiuto non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto cui inerisce la richiesta rimasta inevasa, posto che non è ipotizzabile una sorta di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul silenzio: in mancanza di univoche indicazioni testuali in senso contrario, l’istituto del silenzio va letto in continuità con la consolidata tradizione giurisprudenziale, che lo ha configurato come strumento diretto a superare l’inerzia della P.A. nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di mero interesse legittimo in capo al cittadino. Con la conseguenza che in presenza di una posizione di diritto soggettivo correlata ad un rapporto di pubblico impiego la tutela giurisdizionale è ammissibile recta via in sede esclusiva attraverso una pronuncia di accertamento (salvo il sopravvenuto difetto di giurisdizione in materia). Legittimamente l’Amministrazione non estende un giudicato (annullatorio) di una graduatoria concorsuale ai terzi non ricorrenti inclusi nella predetta graduatoria, atteso che la graduatoria di una procedura concorsuale non è un atto unitario e inscindibile, bensì un atto ad oggetto plurimo. Consiglio di Stato, sez. V, 10 febbraio 2004, sentenza n. 496

 

Pubblica amministrazione - Strutture sanitarie pubbliche - AA.ss.ll. - Rapporto tra la neocostituite Aziende sanitarie locali e le gestioni stralcio delle preesistenti Usl - Art. 6 c. 1, L. n. 724/1994 - Art. 2 c. 14 L. n. 549/1995. La Sezione ricapitola i termini della questione relativa al rapporto tra la neocostituite Aziende sanitarie locali e le gestioni stralcio delle preesistenti Usl. La sentenza precisa, in particolare, che in virtù dell'art. 6, comma 1, l. 23 dicembre 1994 n. 724, come integrato dall'art. 2 comma 14 l. 28 dicembre 1995 n. 549, i rapporti obbligatori afferenti alle soppresse unità sanitarie locali Usl non sono stati trasferiti alla responsabilità delle neoistituite aziende di unità sanitaria locale-Ausl, ma spettano alla competenza esclusiva delle apposite gestioni liquidatorie costituite presso le regioni, per cui nessuna legittimazione passiva può spettare alle Ausl per debiti contratti da una soppressa Usl, ancorchè confluita nella struttura della nuova azienda (Cons. Stato, Sez. V, 06/02/2001, n. 484; 22 agosto 2003 n. 4742). La Suprema Corte (Cass. civ., 11/08/2000, n. 10667) ha stabilito che la estraneità delle aziende unità sanitarie locali rispetto ai rapporti creditori e debitori delle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali costituisce norma di principio dell'organizzazione sanitaria locale, che deve essere valorizzata ai fini di un'interpretazione costituzionalmente adeguata delle leggi regionali in materia e che comporta l'inammissibilità dell'impugnazione proposta nei confronti di un'azienda sanitaria riguardo a una sentenza pronunciata nei confronti di preesistente unità sanitaria locale e avente ad oggetto debiti della relativa gestione (così anche Corte costituzionale, sent. n. 89 del 2000). CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 10 febbraio 2004, sentenza n. 486

Pubblica amministrazione - Tributi locali - Art. 6 D. Lvo n. 504/1992 - Art. 3, c. 53° L. n. 662/1996 - Abilitazione ai Comuni a dettare una disciplina diversa, quanto all’aliquota dell’ICI, con riguardo alle sole categorie di immobili ivi espressamente contemplate. E’ illegittima la delibera comunale che assoggetta all’aliquota massima (7 per mille) a fini ICI gli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo. Il Comune di Montalto di Castro voleva assoggettare al 7 per mille tutti gli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, tra cui, nel territorio comunale, spicca la vasta area Enel della nota centrale termoelettrica. L’Enel insorge avverso questa determinazione, sostenendone l’illegittimità per disparità di trattamento e per violazione della riserva di legge in materia tributaria. Il Consiglio di Stato, confermando la decisione di primo grado del Tar Lazio, accoglie il ricorso rilevando che l’art. 6 del D. Lvo 504/1992, nel testo risultante dalle modifiche conseguenti all’approvazione dell’art. 3, 53° comma , della legge 662/1996, ha abilitato i Comuni a dettare una disciplina diversa, quanto all’aliquota dell’ICI, con riguardo alle sole categorie di immobili ivi espressamente contemplate (abitazioni principali), senza prevedere la possibilità di determinare in modo ulteriormente differenziato l’aliquota nell’ambito degli immobili appartenenti alle altre categorie. Deve quindi escludersi la configurabilità di un potere libero da parte dei comuni di fissare aliquote diverse per le varie tipologie di immobili destinati ad usi diversi da quelli abitativi (uffici o studi privati, negozi, magazzini e depositi, laboratori artigiani, impianti sportivi, stabilimenti di cura, termali o balneari, parcheggi, alberghi, teatri, cinematografi, istituti di credito, scuole, residenze non abitative etc.) senza alcuna indicazione a livello legislativo dei criteri e dei presupposti di fatto per procedere a tale imposizione in modo differenziato ed all’ individuazione degli indici di capacità contributiva. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 10 febbraio 2004, sentenza n. 485
 

Pubblico impiego - Mansioni superiori - Attribuzioni - Presupposti - "status" giuridico del dipendente - Limiti. Nell'ambito del pubblico impiego, e salvo che la legge non disponga altrimenti, le mansioni svolte da un dipendente che siano superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina e di inquadramento non possono avere riflessi sullo "status" giuridico del dipendente, e ciò sia per la natura indisponibile degli interessi coinvolti nel rapporto di pubblico impiego sia perché l'attribuzione delle mansioni e del correlativo trattamento economico devono avere il loro presupposto indefettibile nel provvedimento di nomina o di inquadramento, non potendo tali elementi costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi." (Consiglio di Stato, sezione quarta, 15 maggio 2003, n. 2623). Pres. Elefante - Est. Fera - Comune di Genova (avv.ti. Medina, Sideri e Romanelli) c. Tonon (non costituito in giudizio) - (Annulla - TAR della Liguria n. 580 del 19 novembre 1984). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 10 febbraio 2004, sentenza n. 451

 

Pubblica amministrazione - Servizio sanitario nazionale - Amministrazione competente a sopportare le spese dell’assistenza psichiatrica - Giurisdizione esclusiva amministrativa - Art. 33 D. Lg. n. 80/1998. La Sezione opera un’utile messa a punto della questione dell’individuazione dei controinteressati nell’ambito dei ricorsi proposti contro gli atti delle procedure concorsuali e, segnatamente, degli atti di esclusione dalle ulteriori prove. Al riguardo distingue due ipotesi diverse. La prima ipotesi riguarda l’esclusione preventiva dallo svolgimento delle prove concorsuali disposta dall’amministrazione e basata unicamente sul riscontro oggettivo della carenza di determinati requisiti soggettivi del candidato o del difetto di elementi oggettivi della domanda. Essa non implica l’emergere di posizioni di controinteresse poiché non comporta alcuna comparazione tra le posizioni dei candidati e si colloca in una fase che precede la selezione propriamente detta. La seconda ipotesi riguarda l’esclusione disposta nel corso della procedura concorsuale e selettiva propriamente detta (esclusione “disciplinare” ed esclusione per il mancato superamento di una delle prove concorsuali) e per essa si profilano soggetti controinteressati da evocare in giudizio, posto che costituisce l’esito di un apprezzamento tecnico legato alla contestuale. Il Consiglio di Stato giudica insufficiente la motivazione della esclusione di una cooperativa per mancato rispetto dei minimi retributivi previsti dagli accordi collettivi di settore che aveva riscontrato i chiarimenti richiesti allegando un prospetto redatto da un consulente del lavoro che forniva una spiegazione della determinazione della voce di costo esaminata. La stazione appaltante tuttavia si limitava ad affermare il “mancato rispetto del livello retributivo minimo previsto dal C.C.L. per i dipendenti o soci della cooperativa” senza dare alcuna giustificazione delle ragioni che non consentivano di accogliere le precisazioni della cooperativa. Da qui il ritenuto difetto di motivazione, non sopperitile in sede di difesa in giudizio con le argomentazioni svolte ripetutamente negli atti difensivi de Comune valutazione comparativa di diversi candidati, non assume mai carattere individuale ed efficacia limitata alla sfera soggettiva del destinatario, riguarda l’attività valutativa compiuta dalla commissione e si pone in strettissimo raccordo con il giudizio positivo espresso a favore degli altri candidati.alla natura sanitaria o assistenziale della prestazione (cfr. prec., in questa rubrica, Consiglio di Stato, V, 16 gennaio 2004, n. 124 16/01/2004 200400124 cui adde 16/06/2003 200303377). La Sezione ribadisce in primo luogo la giurisdizione esclusiva amministrativa sulla questione, ai sensi dell’articolo 33 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dalla legge 10 luglio 2000, n. 205, che assume una valenza più ampia e generalizzata, comprensiva anche di attività a rilevanza pubblicistica, concernenti l’espletamento del servizio assistenziale privo di connotazione sanitaria, riguardando oltretutto la controversia i rapporti tra il gestore del servizio e le amministrazioni titolari dei poteri di organizzazione e di controllo riguardanti l’espletamento dei servizi sanitari e assistenziali. Nel merito ritiene la competenza dell’amministrazione sanitaria e non dei comuni, trattandosi di prestazioni a connotazione non meramente assistenziale,ma anche sanitaria. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 10 febbraio 2004, sentenza n. 479

 

Pubblica Amministrazione - Rifiuti - Responsabilità della P. A. per illecito extracontrattuale - Informazioni inesatte - Sussiste - Configurabilità - Fattispecie. La responsabilità della P.A. per illecito extracontrattuale - che può essere fatta valere dal privato con azione di risarcimento del danno davanti al giudice ordinario - è astrattamente configurabile anche nella diffusione di informazioni inesatte (Cass. 22 novembre 1999, n. 12941). Fattispecie: procedimento per il ristoro dei danni da errate informazioni, instaurato da essa società contro la R. F., poiché nel 1985 l'Ufficio regionale competente, a seguito di richiesta della M. se per svolgere attività di riciclo di cascami lignei della lavorazione di mobilifici necessitasse l'autorizzazione prevista dal D.P.R. n. 915 del 1982, ebbe a dare risposta negativa, reiterando la risposta nel 1986, salvo mutare opinione nel 1988. - Soc. MAC 2 C. Regione aut. Friuli-Venezia Giulia. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. III, 9 febbraio 2004 (ud. 24 ottobre 2003), Sentenza n. 2424 (vedi: sentenza per steso)

 

P.A. - Comunicazione dell’inizio del procedimento - Obbligo formale di comunicazione - Legge n.241/1990 - Partecipazione del privato agli accertamenti. E' applicabile a norma generale sul procedimento amministrativo di cui all’art.7 della legge n.241/1990 che prevede la comunicazione dell’inizio del procedimento, con le modalità del successivo art. 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti; siffatto onere è escluso nella sola ipotesi di esigenze di particolare celerità di cui va, comunque, dato atto. La norma stessa è inoltre applicabile anche agli vincolati (fra le tante, C.d.S., Sez. V°, 23/2/2000 n.948) in quanto la partecipazione del privato agli accertamenti che precedono siffatto genere di atti può far emergere circostanze ed elementi tali da indurre la P.A. a recedere dall’emanazione del provvedimento finale ovvero a modificarne il contenuto. Detta fase procedimentale potrebbe diventare superflua solo quando l’adozione del provvedimento finale sia doverosa per l’amministrazione (oltre che vincolata), quando i presupposti fattuali risultino assolutamente incontestati dalle parti, quando il quadro normativo di riferimento non presenti margini di incertezza sufficientemente apprezzabili, oppure nel caso in cui l’eventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione dell’obbligo formale di comunicazione, non privi l’Amministrazione del potere (o addirittura del dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto (anche in relazione alla decorrenza dei suoi effetti giuridici). Pres. Trotta - Est. Rulli - Regione Basilicata (avv.ti Viggiani e Santoro) c. Ruggiero (Avv. Montefusco) (Annulla - T.A.R. per la Basilicata, sentenza n. 617 del 10 novembre 1999). Conforme: CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 4 febbraio 2004, sentenze nn. 396 - 395. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 febbraio 2004, sentenza n. 397 (vedi: sentenza per esteso)

 

Pubblica amministrazione - Partecipazione del cittadino ai fini del corretto esercizio della funzione amministrativa - Principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa. La partecipazione del cittadino ai fini del corretto esercizio della funzione amministrativa deve avvenire nella fase in cui la volontà della pubblica amministrazione diviene definitiva ed irretrattabile ed è idonea ad incidere nella sfera soggettiva del privato, comprimendola. Del tutto correttamente e ragionevolmente la legislazione provinciale di Trento ricollega l‘obbligo di comunicare l’avvio del procedimento in relazione alla fase che culmina con l’emanazione del decreto di autorizzazione all’esecuzione delle espropriazioni. Posto che la funzione consultiva è finalizzata ad illuminare e sorreggere le scelte che devono essere adottate dall’organo di amministrazione attiva, dando così concreta attuazione dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, enunciati dall’articolo 97 della Costituzione (potendosi manifestare attraverso i più svariati atti, quali manifestazioni di giudizio, valutazioni, accertamento, purché finalizzati ad orientare l’esercizio della discrezionalità dell’Amministrazione), non sussiste alcuna commistione tra attività consultiva e quella decisionale, benché un provvedimento sia stato adottato dallo stesso funzionario che, insieme ad altri funzionari, ha altresì provveduto a redigere un parere sulla stessa questione, allorquando detto ultimo parere si sia concretizzato in un mero accertamento tecnico, interamente vincolato e privo di qualsiasi margine di discrezionalità, consistente in una mera verifica, in forma ufficiale, dell’esistenza di determinati presupposti di fatto o di diritto, posti a fondamento del provvedimento di amministrazione attiva. Pres. Costantino - Est. Saltelli - Corona (avv. Cacciavillani e Manzi) c. Provincia Autonoma di Trento e Comune di Canal San Bovo (Conferma T.A.R. del Trentino - Alto Adige, sezione autonoma di Trento, n. 17 del 6 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 febbraio 2004, sentenza n. 393

 

P.A. - Convenzioni di lottizzazione - L’Amministrazione può recedere unilateralmente dall’accordo - L. n. 241/1990 - Liquidazione di un indennizzo - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L’art. 11 della legge 7.8.1990 n. 241 (al quale peraltro integralmente rinvia l’art. 20 della legge regionale del Friuli n. 29 del 1992) ha generalizzato la possibilità - già contemplata da specifiche normative di settore, ad esempio relative alle convenzioni di lottizzazione - per l’Amministrazione di concludere accordi con gli interessati, la fine di determinare il contenuto finale del provvedimento da adottare ovvero, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo. A norma del comma 4 del citato articolo, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l’Amministrazione può recedere unilateralmente dall’accordo, salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato. Per quanto concerne la giurisdizione il successivo comma 5 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le relative controversie. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - CO.NA.R.- Consorzio nazionale ricostruzione (avv. Verbari) c. Regione autonoma Friuli Venezia Giulia (avv. Marzi) (Conferma TAR Friuli Venezia Giulia 18 gennaio 1999 n. 26). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 febbraio 2004, sentenza n. 390

 

P.A. - Azione avverso il silenzio della p.a. - L. n. 241/1990 - Iter procedimentale - Art. 25 t.u. n. 3/1957. Nel caso di ricorso avverso il silenzio, la cognizione del giudice amministrativo è limitata all’accertamento della illegittimità dell’inerzia dell’amministrazione e non si estende all’esame della fondatezza della pretesa sostanziale del privato (A.P., 9 gennaio 2002, n. 1). Nel vigore della nuova disciplina introdotta dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, il soggetto che intende reagire contro l’inerzia della P.A. ha l’onere di seguire il rigoroso iter procedimentale indicato dall’art. 25 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, in base al quale, dopo la presentazione di un’istanza e dopo il silenzio dell’amministrazione protrattosi per almeno sessanta giorni, l’interessato può effettuare una diffida a provvedere entro un congruo termine (non inferiore a trenta giorni) da notificare a mezzo di ufficiale giudiziario, cui fa seguito la proposizione del ricorso (allorquando tale procedimento si sia concluso e si sia fatto formalmente constatare l’inadempimento della P.A.) nel termine di decadenza fissato dalla legge, decorrente dalla scadenza del termine assegnato con l’atto di diffida. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 4 febbraio 2004, sentenza n. 376

 

Pubblica amministrazione - Elezioni comunali - Ricorso elettorale - Principio del favor voti. Giudicando del ricorso in appello del candidato sconfitto al ballottaggio delle elezioni comunali di Ischia, confermando la pronuncia di rigetto del Tar campano, il Consiglio di Stato riafferma numerosi, importanti, principi in tema di contenzioso elettorale. In particolare viene ribadito il principio del favor voti, in base al quale il voto, ancorché non espresso nelle forme previste dalla legge (nella specie, voto sul nome del candidato alla carica di sindaco), si può ritenere valido tutte le volte in cui, da un lato, risulti manifesta la volontà dell’elettore (univocità del voto) e, dall’altro, per le concrete sue modalità d’espressione, esso non sia riconoscibile (Cons. Stato, V, 12 aprile 2001, n. 2291). In base a questo principio nel caso di votazione amministrative nel turno di ballottaggio - ove vi è la sola possibilità di tracciare un segno sul candidato preferito - allorché l’elettore ha manifestato la propria scelta applicando i criteri (più complessi) del primo turno, ossia apponendo un segno di preferenza anche sulla lista o designando (inutilmente) un candidato appartenente ad una delle liste apparentate al candidato sindaco, ove ciò non abbia ingenerato alcuna perplessità nel ricostruire la volontà dell’elettore. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 4 febbraio 2004, sentenza n. 374

 

Pubblica amministrazione - Scioglimento dei consigli comunali - Dimissioni ultra dimidium - Consiglio comunale e provinciale - Art. 141 t.u.e.l. - Dimissioni contestuali. La sentenza interviene sulla dibattuta questione dello scioglimento dei consigli comunali per dimissioni ultra dimidium dei consiglieri, ai sensi dell’articolo 141 del t.u.e.l. Esamina una fattispecie particolare, in cui uno dei consiglieri dimissionari (il settimo, su un complesso di dodici consiglieri in dotazione all’ente), avendo avuto un ripensamento, aveva consegnato al protocollo comunale una revoca delle proprie dimissioni prima del deposito, al protocollo stesso, dell’atto contestuale delle dimissioni collettive della maggioranza dei consiglieri. Il Consiglio di Stato, confermando la soluzione già assunta dal Tar, giudica ininfluente tale revoca, ritenendo che la manifestazione collettiva e contestuale di dimissioni, alla quale si riferisce l’art. 141 in esame, sia immediatamente efficace fin dal momento in cui si concretizza la maggioranza prevista dalla suddetta norma. Il Consiglio qualifica le dimissioni contestuali (materialmente o cronologicamente tali) rese dalla maggioranza dei consiglieri come atto collettivo a valenza politica orientato dall’obiettivo dello scioglimento del consiglio comunale, assimilabile in concreto, provenendo dalla maggioranza del consiglio, ad una deliberazione, che si perfeziona con il raggiungimento della prevista maggioranza di sottoscrizioni. Con la conseguenza che, in relazione a tale configurazione dell’atto, dal momento in cui questo si è formato - indipendentemente dalla circostanza che non sia stato ancora reso pubblico - la manifestazione di volontà del singolo consigliere, che ha concorso alla sua formazione, diventa per lo stesso indisponibile, così come è indisponibile la singola manifestazione di volontà in un atto deliberativo (a parte i casi di rilievo penale, di coartazione morale o materiale delle singole volontà). Per privare l’atto della sua efficacia è necessaria una nuova intesa di segno opposto. Inoltre, andando in avviso diverso rispetto a una nutrita, recente, giurisprudenza dei Tar, il Consiglio nega la necessità che siano osservate speciali formalità per la validità e l’efficacia dissolutoria delle dimissioni collettive, sul rilievo per cui a differenza dell’art. 38, che contiene una articolata regolamentazione delle dimissioni dei singoli consiglieri (che siano infra dimidium), l’art. 141 configura l’intesa finalizzata ad ottenere lo scioglimento del consiglio, concordata dai componenti la maggioranza, già perfetta ed efficace fin dalla sua formazione e non la sottopone ad alcuna condizione di efficacia. Deve dunque escludersi la necessità di una materiale e personale consegna del documento al protocollo da parte di tutti i dimissionari, né occorre che gli stessi siano identificati al protocollo. Neppure occorre che gli assenti deleghino i presentatori con firme autenticate e data certa. Né deve attribuirsi al protocollo dell’ente alcuna specifica funzione, se non quella di stabilire la contestualità temporale della presentazione delle dimissioni rese con atti separati e non con un unico atto, peraltro possibili dimissioni collettive non registrate al protocollo, come nel caso in cui le dimissioni siano rassegnate in una seduta del consiglio comunale. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 4 febbraio 2004, sentenza n. 371
 

Dirigente del settore - Urbanistica ed edilizia - Competenza - Artt. 51 L. 142/1990 e 6 L. 127/1997 - Provvedimenti inerenti l’attività concessoria . Per combinato disposto degli artt. 51 L. 142/1990 e 6 127/1997, operante in Sicilia, i provvedimenti inerenti l’attività concessoria in materia di edilizia ed urbanistica rientrano nella competenza del Dirigente del settore. Pres. Campanella, Est. Boscarino - Scianchellato (Avv. Patti) c. Comune di Augusta (Avv.ti Giardinieri e Cipriano) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 27 gennaio 2004, n. 72 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Denunzia di vizio di motivazione - Omessa od erronea valutazione delle risultanze istruttorie - Ricorrente - Specificazione del contenuto di dette risultanze,del vizio omissivo o logico e della diversa soluzione pervenibile. Allorché con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 sia denunziato un vizio di motivazione della sentenza impugnata, della quale si deducano l'incongruità e/o l'insufficienza delle argomentazioni svoltevi in ordine alle prove, per asserita omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie, è necessario che il ricorrente specifichi il contenuto di ciascuna delle predette risultanze - mediante loro sintetica ma esauriente esposizione e, all'occorrenza, integrale trascrizione nel ricorso - evidenziando, in relazione a tale contenuto, il vizio omissivo o logico nel quale sia incorso il giudice del merito e la diversa soluzione cui, in difetto di esso, sarebbe stato possibile pervenire sulla questione decisa. (Nella specie, avente per oggetto la dedotta insussistenza dei presupposti oggettivi per l'applicazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, la Suprema Corte ha escluso potesse integrare il requisito della specificità quale sopra illustrato il semplice riferimento agli "elementi di valutazione indicati dalle legge e dalle disposizioni del regolamento comunale" e agli "accertamenti eseguiti in giudizio" con la sola affermazione del valore probatorio di essi quale inteso soggettivamente dalla parte ricorrente). Ric. Com. di Nichelino - c. Mostre & Fiere Spa. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. V, 23 gennaio 2004, Sentenza n. 1170

 

P.A. - Azione contro il silenzio - Rimozione dell’inerzia dell’Amministrazione - Nuovo procedimento speciale - Intervento di un commissario. Ai sensi dell’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971, come modificata dall’art. 2 della legge n. 205, disciplinante un nuovo procedimento speciale volto a rimuovere l’inerzia dell’Amministrazione che non abbia dato corso né in senso positivo né in senso negativo ad un’istanza avanzata dal soggetto interessato (v. Cons. St., Ad. Plen., 9 gennaio 2002 n. 1). Anche in considerazione della particolare speditezza e sommarietà della procedura (trattazione in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito, sentenza succintamente motivata), l’azione contro il silenzio non può tendere all’accertamento immediato della fondatezza della pretesa, ma è destinata a garantire che la volontà dell’Amministrazione sia resa esplicita, eventualmente attraverso l’intervento di un commissario, che agisca in luogo dell’Amministrazione inerte (art. 21 bis, comma 2, legge n. 1034/71). Pres. Elefante - Est. Branca s.p.a. Raical (avv. Marenghi) c. Comune di Sarno (avv. Improta) (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Salerno, 12 febbraio 2003 n. 123). CONSIGLIO DI STATO sez. V, 23 gennaio 2004, sentenza n. 208

 

Pubblica amministrazione - Artt. 5 e 6 L.138/1984 - Mancanza di qualifica in pianta organica - Inquadramento in soprannumero nell’ente di appartenenza - Non è consentito. La lettura coordinata dei commi 5 e 6 dell’art. 5 della legge n. 138 del 1984 induce a ritenere che l’ipotesi della mancanza nel Comune di appartenenza “di qualifiche uguali o equiparabili a quella per cui gli idonei hanno sostenuto i relativi esami”, cui si riferisce il comma 6, non conferisce il diritto all’inquadramento in soprannumero nell’ente di appartenenza configurato dal comma 5, che riguarda, invece, il caso di “ mancanza di posti disponibili” perché non vacanti. Il comma 6 infatti disciplina puntualmente la mancanza di qualifica in pianta organica e dispone che gli interessati debbono essere “collocati in soprannumero presso gli enti che hanno ruoli di personale con le relative qualifiche, ubicati nell’ambito della stessa regione.”. Pres. Elefante, Est. Branca - Buonomo (Avv. Russo) c. Comune di Casoria e altro (n.c.) (Conferma T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 3024/2000) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 23 gennaio 2004, n. 194

 

Pubblica Amministrazione - Procedimento disciplinare - Licenziamento di pubblico dipendente successivo a sentenza di condanna a seguito di patteggiamento - Elementi documentali acquisiti in sede di procedimento penale - Possono essere utilizzati dall’amministrazione - Nuova ed autonoma istruttoria - Non è necessaria. In sede di procedimento disciplinare nei confronti di pubblico dipendente che consegua a sentenza di condanna emessa in seguito a patteggiamento, non sono necessari autonomi accertamenti da parte dell'amministrazione per i fatti non controversi e per quelli esaustivamente accertati in sede penale; l'amministrazione può comunque utilizzare gli atti di indagine penale ed è onere dell'inquisito indicare gli elementi a suo discarico su cui l'amministrazione deve compiere nuovi accertamenti. (Consiglio Stato, sez. IV, 14 aprile 2003, n. 1933). Ciò vuol dire che l'amministrazione non è tenuta a compiere una nuova ed autonoma e istruttoria, ma può utilizzare gli elementi documentali già acquisiti in sede di procedimento penale. Pres. Elefante, Est. Fera - Pappalardo (Avv. Soprano) c. Comune di Massalubrense (Avv. Marone) (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 780/1998) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V , 23 gennaio 2004, n. 187

 

Pubblica amministrazione - Richiesta di pagamento per l’erogazione di acqua potabile - Giurisdizione - Giudice ordinario - Rapporti contrattuali tra gestori e utenti - Art. 33 D.L.vo 80/98. La giurisdizione circa una richiesta di pagamento per l’erogazione di acqua potabile, dovendosi qualificare quale prestazione di fonte contrattuale privata, spetta non al giudice amministrativo, ma al giudice ordinario, il quale può anche verificare incidentalmente, se necessario, ai fini di una loro eventuale disapplicazione ex art. 5 l.n. 2248 del 1865, all. E, la legittimità e l’efficacia dei provvedimenti dell’autorità determinativi o modificativi delle tariffe. Tale orientamento, già più volte espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione (cfr. Cass. Civ., sez. un., 1 giugno 2000, n. 384 e 21 marzo 2001 n. 120), risulta confermato dall’art. 33 D.L.vo 80/98 e succ. modif, che esclude dalla nuova giurisdizione esclusiva sui servizi le controversie in materia di rapporti individuali di utenza, ossia i rapporti contrattuali tra gestori ed utenti retti dalle regole del diritto comune. Pres. PASSANISI, Est. CRESCENTI - Pancallo (Avv. Pancallo) c. Comune di Locri (Avv. Sorrenti) - T.A.R CALABRIA, Reggio Calabria - 20 gennaio 2004, n. 19

 

P. A. - Acqua - Adeguamento della misura dei canoni per le utenze di acqua pubblica - Sovracanoni idroelettrici - Invasione della sfera di competenza della Regione Veneto - Fondo gestito dai consorzi tra i Comuni - Artt. 3, 5, 117 e 118 Costituzione - L. 27 dicembre 1953, n. 959 - Provincia autonoma di Bolzano - Competenza - Esclusione - L. n. 10/1983. I sovracanoni idroelettrici costituiscono prestazioni patrimoniali imposte a fini solidaristici e attengono alla materia della finanza locale, la legislazione della Provincia autonoma di Bolzano che prevede la riscossione diretta dei relativi proventi da parte della Provincia stessa vìola i principî fondamentali della legislazione statale, la quale destina i relativi importi ad un fondo gestito dai consorzi tra i Comuni, e lede altresì l’autonomia finanziaria di questi ultimi, (Corte Cost., sentenza n. 533 del 2002). In base a tale pronuncia, l’espressione “proventi”, contenuta nell’articolo 1, comma 2-bis, della legge provinciale 29 marzo 1983, n. 10, deve ritenersi limitata ai soli canoni di concessione, esulando la disciplina dei sovracanoni dall’ambito delle competenze provinciali. Risulta, pertanto, infondata l’eccezione di inammissibilità del conflitto iscritto in merito al potere della Provincia di determinare le modalità di riscossione e di destinazione di quei proventi, che, non può riferirsi ai sovracanoni, che formano invece oggetto degli atti ritenuti lesivi delle attribuzioni della Regione Veneto. Tuttavia, è stata dichiarata cessata la materia del contendere per il sopraggiunto venir meno delle ragioni della controversia, (rinuncia della Regione Veneto), oltre ad essere intervenuta l’abrogazione della disposizione legislativa sulla quale si fondavano gli atti impugnati. Pres. CHIEPPA - Est. MEZZANOTTE - CORTE COSTITUZIONALE 16 gennaio 2004 - (Ud. 10 gennaio 2004), Ordinanza n. 21

 

Dirigenti - Competenza - Carenza in pianta organica di figure dirigenziali - Attribuzione della competenza al Sindaco - Non è consentitaUrbanistica ed edilizia - Rilascio di concessioni edilizie - L.R. Sicilia n. 23/98. L’art. 23 della L.R. n. 23 del 1998 ha recepito, con un rinvio recettizio, l’art. 6 della L.N. n.127/1997, attribuendo ai dirigenti tutti i compiti di gestione amministrativa, anche di natura discrezionale. Ne deriva che il potere di disporre il rilascio delle concessione edilizie rientra nella competenza dei funzionari e non nella competenza del settore politico dell’Amministrazione Comunale. La carenza di figure dirigenziali in pianta organica non consente la deroga in favore del Sindaco della riserva di competenze all’apparato amministrativo-burocratico, da ritenersi principio generale dell’ordinamento. Pres. Campanella, Est. Milana - Chillemi (Avv. Cultrera) c. Comune di Santa Teresa Riva (Avv. Nicita) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 16 gennaio 2004, n. 34 (vedi: sentenza per esteso)

 

Associazioni e comitati - Accesso ai documenti - Associazione di consumatori (CODACONS) - Accesso agli atti di gara espletata da gestore di servizio pubblico - Esclusione - Accertamento concreto dell’esistenza di un interesse differenziato - Settore dell’accesso ambientale - Eccezione. L’Associazione Codacons non è legittimata all’accesso ai documenti relativi alla gara espletata dall’ATAC per la realizzazione di tessere elettroniche a microprocessore. Tuttavia, il difetto di interesse all’accesso comporta il rigetto del ricorso e non la sua inammissibilità. Nel merito il Consiglio, pur rilevando che il “diritto” di accesso ai documenti va considerato in termini particolarmente ampi quando è funzionale alla tutela di vaste categorie di soggetti coinvolti nell’esercizio di funzioni amministrative o nell’espletamento di servizi pubblici in relazione alla trasparenza ed efficienza degli stessi, nondimeno nella fattispecie concreta nega il titolo all’accesso del Codacons perché i documenti oggetto della domanda, ancorché pertinenti all’attività del gestore del servizio, non sono direttamente collegati alla prestazione dei servizi all’utenza. In particolare il Consiglio di Stato chiarisce, in base alla regola di diritto secondo la quale il diritto di accesso non si configura mai come un’azione popolare (fatta eccezione per il peculiare settore dell’accesso ambientale), ma postula sempre un accertamento concreto dell’esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti, che il Codacons ha diritto di accedere a tutta la documentazione riguardante le caratteristiche tecniche dei macchinari e gli altri dati riguardanti la strumentazione utilizzata dall’ATAC (perché tale strumentazione viene usata dagli utenti, che hanno dunque interesse a verificarne la funzionalità), ma non ha diritto di accedere agli atti della procedura di gara che ha condotto all’individuazione dell’impresa fornitrice dei macchinari, procedura che ha un’attinenza solo indiretta con la funzionalità dei suddetti macchinari. Pres. Quaranta - Est. Lipari - CODACONS (Avv.ti Rienzi, Tabano e Peduto) c. ATAC S.p.A. ed altri (Avv. Cappella) - (Conferma Tar Lazio, sez. II ter, n. 9908/2002) CONSIGLIO DI STATO, Sezione V, 16 gennaio 2004, Sentenza n. 127

 

Pubblica Amministrazione - Procedure - Ricorso per l’ottemperanza - Esecuzione del giudicato - Onere di notificare - Necessità. Anche in sede d'esecuzione del giudicato, va rispettato il principio del contraddittorio, onde sussiste l'onere di notificare il ricorso in ottemperanza tanto alla Pubblica Amministrazione che ha omesso la spontanea esecuzione, quanto a colui che ha rivestito la qualità di controinteressato in fase cognitoria (Cons. Stato, Sez.V, 01/03/2000, n.1069; Cons. Stato, Sez.V, 22/02/2000, n.938). E’ inammissibile il ricorso per l'ottemperanza, senza la previa e rituale notifica dell'atto di diffida e messa in mora, che non è soltanto un'intimazione ad adempiere, e non può essere surrogata da una raccomandata, ma è un atto preparatorio dell'intera procedura di ottemperanza con la ulteriore e specifica funzione di informare l'amministrazione del proposito del diffidante di proporre ricorso per l'ottemperanza e consentirle l'esecuzione spontanea (Cons. Stato, Sez.IV, 27/11/2000, n.6300). Nel caso in esame risulta omesso l’adempimento procedimentale della notifica dell’atto di diffida e messa in mora, con ineliminabili precipitati sull’ammissibilità del presente ricorso (Cons. Stato, Sez.IV, 10/02/2000, n.720). Pres. Quaranta - Est. Corradino - Di Lorenzo (Avv.ti Rampino e Limongelli) c.Comune di San Cesario di Lecce (Avv. Valenti) - CONSIGLIO DI STATO Sezione V, 16 gennaio 2004, Sentenza n. 126

 

Pubblica Amministrazione - Progettazione di opere pubbliche - Impiego di strutture in cemento armato - Particolare modestia delle caratteristiche concrete delle opere - Geometri - Competenza professionale - Sussistenza. Qualora le opere da realizzare presentino caratteristiche di modestia tale da non richiedere la competenza professionale esclusiva di ingegneri od architetti, possono essere affidate ad un geometra pur dove comportano impiego di strutture in cemento armato. (Nella specie si trattava di interventi per il ripristino di opere pubbliche danneggiate da calamità naturali, tra cui la realizzazione di pali in cemento armato di altezza massima di m. 10 e muretti in cemento armato di un metro di altezza, allo scopo di consolidare un tratto di strada in frana). Pres. CATONI, Est. DI GIUSEPPE - Di Giacomo (Avv. Di Risio) c. Comune di Liscia (n.c.) T.A.R ABRUZZO, Pescara - 15 gennaio 2004, n. 38

Pubblica amministrazione - Affidamento di incarico professionale da parte di ente pubblico - Espressione di autonomia negoziale privatistica - Giurisdizione - AGO. L’affidamento di un incarico professionale da parte di un ente pubblico, al di fuori di un procedimento ad evidenza pubblica, configura espressione non di poteri pubblicistici, ma di autonomia negoziale privatistica, sicchè il diritto del professionista incaricato rimane insensibile ad eventuali vizi del provvedimento d’incarico così come del provvedimento di revoca dell’incarico stesso, quest’ultimo non essendo qualificabile come atto autoritativo, bensì come atto sostanziale di recesso dal contratto, come tale sindacabile da parte dell’AGO. Pres. CATONI, Est. DI GIUSEPPE - Di Michele (Avv. Cirillo) c.Comune di Alanno (Avv. Bruno) - T.A.R. ABRUZZO, Pescara - 15 gennaio 2004 n.37

 

P.A. - Notizia della condanna penale del dipendente incolpato - Procedimento disciplinare - Termini complessivi - Art. 9 L. n.19/90. L’art.9 comma 2° della legge 7 febbraio 1990, n. 19 va interpretato nel senso onde l’Amministrazione procedente è tenuta a concludere il procedimento disciplinare nel termine di complessivi duecentosettanta (270) giorni da quando ha avuto notizia della condanna penale del dipendente incolpato. Tale termine complessivo si ricava sommando al termine di 180 giorni imposto per l’inizio del procedimento disciplinare (e decorrente dalla ridetta notizia) quello di “successivi” 90 giorni imposto appunto per la conclusione del procedimento disciplinare. Né rileva che la sequenza disciplinare abbia avuto concreto inizio (giusta contestazione degli addebiti) prima del 180° giorno dalla intervenuta conoscenza della condanna penale irrevocabile, decorrendo il termine “finale” di 90 giorni dalla scadenza “virtuale” dei 180 giorni previsti per l’avvio del procedimento, e non già dall’effettivo inizio del medesimo da parte della p.a. agente. CONSIGLIO DI STATO, Adunanza Plenaria 14 gennaio 2004, n. 1

 

Pubblica Amministrazione - Servizi - ludoteca e asilo nido - Distinzione - Scadenza del termine di presentazione delle offerte. Il Consiglio di Stato condivide l’opinione del Tar (Tar Sardegna, 26 novembre 2002, n. 1711) circa l’inammissibilità per difetto di interesse e di legittimazione a ricorrere dell’impresa avverso la revoca della procedura disposta dall’amministrazione il giorno prima di quello di scadenza del termine di presentazione delle offerte, in assenza di offerte pervenute, ma riforma invece la pronuncia del primo giudice nella parte in cui, respingendo il ricorso dell’appellante, aveva giudicato legittima l’aggiudicazione della gara d’appalto per l’affidamento della gestione del servizio di ludoteca comunale alla società controinteressata sul presupposto dell’equivalenza del servizio di asilo nido da quest’ultima svolto rispetto a quello oggetto della gara. Ritiene invece il giudice d’appello che il servizio di asilo nido e quello di ludoteca sono sostanzialmente diversi, in quanto gli asili nido sono considerati quali “strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi e i tre anni ed a sostenere le famiglie e i genitori”, secondo la definizione che si legge nell’art. 70 della legge 28 dicembre 2001 n. 448, o come si evince dall’art. 12, primo comma, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, “legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, che garantisce “al bambino da 0 a 3 anni handicappato l’inserimento negli asili nido; mentre i servizio di ludoteca, invece, è reso a favore di bambini di età compresa fra i tre e quindici anni e svolge un ruolo di sostegno nell’età evolutiva in un percorso parallelo all’impegno scolastico. CONSIGLIO DI STATO, V, 13 gennaio 2004, n. 56
 

P.A. - Insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi - Somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande - Rilascio dell'autorizzazione - Obbligo del Comune di provvedere sulla domanda di concessione - Silenzio-assenso sulla domanda di autorizzazione prima dell’entrata in vigore della L. 1990 n. 241 - Illegittimità. La legge 25 agosto 1991 n. 287, contenente “Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi”, all’articolo 6, comma 6, prevede: «Il parere della commissione di cui al comma 3 del presente articolo, previsto dall’articolo 3, comma 1, ai fini del rilascio dell'autorizzazione, si intende favorevole qualora siano trascorsi quarantacinque giorni dalla richiesta di parere da parte del sindaco, senza che la commissione medesima si sia espressa in merito»; a sua volta l’articolo 3, sul rilascio delle autorizzazioni, al comma 1 dispone: «L’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, sono soggetti ad autorizzazione, rilasciata dal sindaco del comune nel cui territorio è ubicato l’esercizio, sentito il parere della commissione competente ai sensi dell’articolo 6, con l’osservanza dei criteri e parametri di cui al comma 4 del presente articolo e a condizione che il richiedente sia iscritto nel registro di cui all’articolo. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione il sindaco accerta la conformità del locale ai criteri stabiliti con decreto del Ministro dell'interno, ovvero si riserva di verificarne la sussistenza quando ciò non sia possibile in via preventiva. Il sindaco, inoltre, accerta l'adeguata sorvegliabilità dei locali oggetto di concessione edilizia per ampliamento». La disposizione non prevede un silenzio-assenso sulla domanda di autorizzazione, ma soltanto sul parere della commissione, con una norma che ha carattere sollecitatorio per l’amministrazione, consentendole di rilasciare l’autorizzazione anche in assenza dell’autorizzazione. Dall’articolo 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990 n. 241 sul procedimento amministrativo risulta poi che il comune aveva l’obbligo di provvedere sulla domanda di concessione, non avendo fissato un diverso termine in via regolamentare, entro trenta giorni dal parere della commissione (che, nel caso in esame, non risulta essere stato emesso) ovvero dal quarantacinquesimo giorno successivo alla domanda di autorizzazione, presentata il 17 dicembre 1992. Quanto al silenzio - assenso sulla domanda di autorizzazione, esso è stato istituito soltanto con il regolamento emanato con decreto del presidente della repubblica 9 maggio 1994 n. 407, di attuazione dell’articolo 20 della legge 7 agosto 1990 n. 241, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della repubblica n. 147 del 25 giugno 1994 ed entrato in vigore il 10 luglio 1994, e si è quindi formato, nel caso in esame, l’8 settembre 1994 (sessanta giorni dopo l’entrata in vigore della norma istitutiva) da ciò si desume l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione. Pres. Quaranta - Est. Carboni - FIORENZA (avv. Bianchi) c. comune di CROTONE (avv. Lamonaca) - (Annulla T. A. R. Calabria Sez. II, 13 giugno 2000 sentenza n. 690) CONSIGLIO DI STATO Sez. V - 13 gennaio 2004, n. 49