AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


 

Dottrina LegislazioneGiurisprudenzaConsulenza On Line

AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

Giurisprudenza

  

 

 Espropriazione

Diritto Urbanistico

 

 

Argomenti:

 

 <

 

 

Informazioni per la pubblicità su AmbienteDiritto.it


 

 

Giurisdizione - garanzie - ottemperanza - impugnazione - Corte d'Appello - opposizione alla stima...     ^



ESPROPRIAZIONE - Art. 17. c. 2, d.P.R. n. 327/2001 - Approvazione del progetto definitivo - Comunicazione al proprietario - Decorrenza del termine per l’impugnazione. L’art. 17, comma 2, d.P.R. n. 327/2001, con riferimento al procedimento espropriativo, così statuisce : “Mediante raccomandata con avviso di ricevimento o altra forma di comunicazione equipollente al proprietario è data notizia della data in cui è diventato efficace l'atto che ha approvato il progetto definitivo e della facoltà di prendere visione della relativa documentazione”. Tale disposizione, nell’imporre all’Amministrazione di notiziare il soggetto espropriato in maniera da renderlo edotto di quanto sopra esattamente indicato, assume autonomo rilievo a fini processuali, in quanto consente di individuare in maniera oggettiva il dies a quo da cui decorre il termine d'impugnazione per i soggetti espropriati (v. T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 12 dicembre 2008 , n. 2101). Pres. f.f. Guadagno, Est. Sabbato - M.A. (avv.ti Fortunato e Mastursi) c. Comune di Bellosguardo (avv. Falce). T. A. R. CAMPANIA, Salerno, sez. I - 15/05/2009, n. 2279

ESPROPRIAZIONE - Giudizio di ottemperanza - Domanda di restituzione del bene - Acquisizione sanante ex art. 43 DPR n. 327/2001. Anche in sede di giudizio di ottemperanza trova applicazione la disposizione dell’art. 43 del DPR 327 del 2001 che, in caso di apprensione e modifica di “res sine titulo” o con titolo annullato, consente la possibilità di neutralizzare la domanda di restituzione del bene proprio e solo con l’adozione di un atto formale preordinato alla acquisizione del bene medesimo (con corresponsione di quanto spettante a titolo risarcitorio) ovvero con la speciale domanda giudiziale formulata nel giudizio in questione ai sensi dello stesso articolo 43 (Consiglio Stato, a.plen., 29 aprile 2005, n.2). In questi casi, quando interviene l’atto formale in via amministrativa di acquisizione sanante, la domanda di restituzione formulata con il ricorso in sede di ottemperanza va dichiarata improcedibile. Pres. Cossu - Est. De Felice - Agazzani ed altri (avv.ti Ceruti e Petretti) c. Provincia di Mantova (avv.ti Sperati e Colombo). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 3/09/2008 (Ud. 15/07/2008), Sentenza n. 4114

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità - Data ultimazione lavori - Mancata previsione - Omissione - Conseguenze - Tesi della “carenza di potere in concreto” - Giurisdizione del G.A. La mancata previsione, nel primo atto della procedura ablatoria, dei termini dei lavori e della procedura medesima, deve ritenersi costituire, un caso di cattivo esercizio del potere e non di carenza di potere (in concreto), sicché l’immissione in possesso e la trasformazione del suolo, sulla base di una siffatta, asseritamente invalida (ma efficace) dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, concreta un comportamento “amministrativo” (e non “mero”) dell’amministrazione, comunque riconducibile, almeno mediatamente, all’esercizio di pubblici poteri autoritativi, sì da restare ascritto, quanto alla tutela giurisdizionale, anche risarcitoria, alla cognizione del G.A. e non a quella del G.O. (Corte cost. n. 191 del 2006). La tesi della “carenza di potere in concreto” è smentita, tra l’altro, dall’articolo 21-septies della legge n. 241 del 1990 (aggiunto dall’articolo 14 della legge n. 15 del 2005), che menziona, tra i casi (tassativi) di nullità dell’atto amministrativo, la sola ipotesi di difetto assoluto di attribuzione (Tar Campania, Napoli, sez. V, 17 febbraio 2006, n. 2137), dall’articolo 13, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, che ha reso facoltativa la previsione del termine del decreto di esproprio, il che vale a dimostrare, sul piano interpretativo, la debolezza della tesi pretoria della essenzialità dei termini, intesi come conformativi dello stesso potere ablatorio, nonché dalla stessa (più recente) giurisprudenza della Cassazione (Cass., ss.uu., 2688 del 2007, cit., 19 febbraio 2007, n. 3724), che ha (giustamente) affermato la giurisdizione amministrativa nel caso di successivo annullamento (ancorché retroattivo) della stessa dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. (cfr., contra, Cass., ss.uu., ord. 15 giugno 2006 n. 13911; 7 febbraio 2007, n. 2688; 19 aprile 2007, n. 9323). Pres. Onorato, Est. Carpentieri - Conte ed altri (avv. Romano) c. Comune di Villa di Briano (avv. D‘Angiolella). T.A.R. CAMPANIA - Napoli, Sez. V, 12 Settembre 2007, (05/07/2007) n. 7553

ESPROPRIAZIONE - Occupazione appropriativa - Risarcimento del danno - Prescrizione del diritto al risarcimento del danno - Rinuncia - Art. 2937 cod. civ.. Verificatasi l'occupazione appropriativa, gli atti dell'amministrazione rivolti ad offrire, liquidare o depositare una somma a titolo non di risarcimento del danni, ma di indennità espropriativa o di corrispettivo forfetario dell'effettuato acquisto, non possono di per sé integrare rinuncia "per facta concludentia" ad opporre la prescrizione del relativo diritto al risarcimento del danno (art. 2937, ultimo comma, cod. civ.), atteso che tale comportamento, riferendosi ad un'obbligazione distinta, alternativa e soggetta a disciplina differenziata rispetto al suddetto debito risarcitorio, non si pone in relazione d'incompatibilità assoluta con la volontà di conservare l'indicata eccezione. Pres. R. De Musis, Rel. S. Del Core. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 29/05/2008, Sentenza n. 14350

ESPROPRIAZIONE - Contestazione della legittimità della procedura di esproprio - la carenza della verifica della fattibilità urbanistica e ambientale dell’intervento - l’impugnazione di un provvedimento - lesività concreta ed attuale. Se per un verso il proprietario inciso ben può contestare la legittimità di ogni aspetto della procedura di esproprio, come ad esempio la carenza della verifica della fattibilità non solo urbanistica ma anche ambientale dell’intervento, dall’altro lato appare ormai superata la tradizionale opinione a tenore della quale l’impugnazione di un provvedimento, in materia ad esempio edilizia, non possa coinvolgere aspetti ricollegabili a distinti, pur se connessi, interessi pubblici, quali quelli di carattere ambientale (cfr. ad es. Consiglio Stato sez.V, 9 febbraio 1989 n. 102); infatti, la complessità dei procedimenti coinvolgenti una pluralità di interessi e funzioni, e conseguentemente di soggetti, se da un punto di vista procedimentale ha comportato il sorgere di istituti (quali ad esempio gli accordi procedimentali, le conferenze di servizi) diretti a garantire la contestuale acquisizione dei diversi contributi, dal lato processuale non appare conforme ai principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24, 97, 103 e 113 (fra cui assumono rilievo ragionevolezza, diritto di difesa, buon andamento, imparzialità) escludere la possibilità di contestare, nell’ambito dell’impugnazione del provvedimento definitivo, ogni eventuale e presunta illegittimità emersa nel corso del procedimento, la quale non può che sfociare nell’unico atto direttamente impugnabile alla luce della relativa lesività concreta ed attuale. Tribunale Amministrativo Regionale Liguria, sezione I, 30 Aprile 2003- sentenza n. 544

La materia dell'espropriazione tra giurisdizione ordinaria e amministrativa - domanda risarcitoria. E' da rilevare che all'indomani dell'emanazione dell'art. 34 del D. Lgs. n. 80/1998, la materia dell'espropriazione si è trovata "in bilico" tra giurisdizione ordinaria e amministrativa; prova ne sia che tanto da parte del giudice ordinario, quanto da parte del giudice amministrativo sono state rese pronunce ugualmente affermative e negative della rispettiva giurisdizione (si vedano, a favore della giurisdizione del giudice amministrativo: Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, sez. I, 4 luglio 2001, n. 536, Tribunale di Milano, Sez. I, 24 giugno 1999, Giudice unico del Tribunale di Palermo Sez. 1, 20 maggio 1999, T.A.R. Campania, 22 dicembre 1999; ed a favore della giurisdizione del giudice ordinario: Tribunale di Napoli, 23.11.1999, Tribunale di Taranto, Sez. I, 3 gennaio 2000, T.A.R. Sicilia, 28 aprile 2000, T.A.R. Reggio Calabria, 23 giugno 2000, n. 1025); Tuttavia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ordinanza n. 43 del 2000) sono giunte a sollevare una questione di costituzionalità - per eccesso di delega - del citato art. 34, nel presupposto che esso trasferisca al giudice amministrativo "per l'indicato settore delle espropriazioni, le controversie in cui si faccia valere il diritto alla riacquisizione del bene occupato senza titolo (per originaria carenza o successiva inefficacia del titolo stesso), il diritto al risarcimento del danno per occupazione illegittima, od il diritto al risarcimento del danno prodotto dal tradursi dell'occupazione medesima nella cosiddetta accessione invertita od espropriazione sostanziale". Il sopravvenire della legge 205 del 2000 sembra, tuttavia, aver rappresentato un elemento di chiarificazione tale da indurre il Consiglio di Stato a prendere decisamente partito nel senso della giurisdizione, in materia, del G.A. La Sezione V ha affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa (in applicazione dei principi ermeneutici concernenti la giurisdizione sopravvenuta ex lege n. 205), in una controversia in cui la sospensione degli effetti della dichiarazione di p.u. rendeva priva di idoneo titolo giustificativo, sin dall'origine, l'utilizzazione dell'area privata da parte della P.A. Ma soprattutto di recente e con l'autorevolezza dell'Adunanza Generale (parere 29 marzo 2001, prot. n. 124/2000), il Consiglio di Stato ha ulteriormente e decisamente affermato la giurisdizione del G.A. nella materia de qua: presa di posizione, questa, che risulta ancor più significativa, siccome manifestata all'atto di licenziare lo schema di nuovo T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità, la cui redazione era stata demandata dal Governo al medesimo Consiglio di Stato, in applicazione dell'articolo 7, comma 5, della legge 8 marzo 1999, n. 50. Dopo aver ricordato la (discussa, in dottrina e nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo) elaborazione, da parte della Corte di Cassazione, dell'istituto dell'"occupazione appropriativi" (o "espropriazione sostanziale") e di quello, più recente, della "occupazione usurpativa", l'A.G. ha testualmente affermato che: "l'articolo 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 (nel testo sostituito dalla legge n. 205 del 2000) ha disposto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che nella materia espropriativa (rientrante, ai fini della giurisdizione, nell'ambito della materia dell'urbanistica, come definita dal richiamato articolo 34) conosce di tutti gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti (anche illeciti) di ogni pubblica amministrazione o soggetto ad essa equiparato". In materia di espropriazione, in presenza di un illecito della pubblica amministrazione (o di un soggetto per legge equiparato), sussiste, quindi, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo" (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 14 giugno 2001, n. 296). In definitiva è da ritenere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr altresì Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 14 giugno 2001, n. 296) oltre che per le ragioni sopra esposte anche per la modifica della giurisdizione, operata dalla legge n. 205 del 200 diretta ad individuare la giurisdizione esclusiva del G.A. (cfr il citato parere 29 marzo 2001 dell'A.G. del Consiglio di Stato) con il criterio dei blocchi di materie. Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve essere, conclusivamente, affermata la giurisdizione di questo Giudice in ordine alla domanda risarcitoria avanzata dai ricorrenti. Tribunale Amministrativo Regionale, sez. staccata di Parma, del 4 dicembre 2002 sent. n. 877 (vedi: sentenza per esteso

Controversie sull'indennità di espropriazione - ipotesi in cui manchi la determinazione dell'indennità - vizio di legittimità del decreto di espropriazione - giurisdizione del giudice amministrativo - ipotesi in cui manchi la congruità della misura - integra la violazione di un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario - la statuizione sulla giurisdizione da parte del giudice di primo grado. Il fatto che il giudice di primo grado si sia pronunciato con una espressa statuizione sulla giurisdizione non assume rilevanza, poichè si deve escludere, fino a quando il rapporto processuale resti pendente e semprechè sulla giurisdizione non sia intervenuta una decisione della Corte di cassazione, che tale statuizione sia passibile di passare in giudicato, non essendo preclusiva della declaratoria in sede di appello una pronuncia espressa del giudice di merito non specificamente impugnata dalla parte soccombente (Cons. Stato, sez. IV,1° dicembre 1999, n. 2052 e 4 febbraio 1999, n. 112; sez. VI, 25 marzo 1998, n. 390). In tema di controversie sull'indennità di espropriazione, occorre distinguere l'ipotesi in cui manchi la determinazione dell'indennità da quella in cui detta determinazione vi sia e si faccia unicamente questione della congruità della misura; infatti, mentre la prima ipotesi è qualificabile come vizio di legittimità del decreto di espropriazione, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, la seconda integra la violazione di un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (Cons. Stato, sez. IV, 13 febbraio 1988, n. 53 e 1° aprile 1980, n. 319). Nella specie si verte in quest'ultima ipotesi, in quanto il Comune ha determinato l'indennità in questione fissandola , secondo nuovi calcoli, in misura inferiore a quella precedentemente stabilita . Si deve, quindi, affermare che la questione rientra nella giurisdizionale del giudice ordinario, competente a conoscere non solo le controversie in materia di determinazione della medesima indennità , ma anche quelle relative ai criteri di liquidazione ed agli aspetti dell'iter procedurale seguito, ivi comprese quelle inerenti all'individuazione delle norme, dei sistemi e dei criteri applicabili per la determinazione dell'indennità (Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 1999, n. 644 ; 11 febbraio 1992, n. 192; 7 aprile 1990, n. 255). Pertanto, la suddetta sentenza, nella parte in cui, in accoglimento dell'impugnativa degli interessati, ha annullato il menzionato decreto del direttore regionale ai lavori pubblici di rideterminazione dell'indennità di esproprio e di autorizzazione all'occupazione in via definitiva i terreni dei ricorrenti, deve essere riformata e, per l'effetto, deve essere dichiarato inammissibile il relativo ricorso di primo grado. Alla stregua delle considerazioni esposte, si deve pervenire alle medesime conclusioni in ordine all'appello incidentale con cui gli appellati deducono la mancata indicazione delle ragioni di interesse pubblico che hanno indotto l'Amministrazione ad assumere la determinazione contestata e l' erroneo riferimento al momento di determinazione dell'indennità . Ugualmente è a dirsi per la dedotta violazione dei termini di cui all'art. 17 della l. reg. 13 aprile 1978, n. 24; la censura si rivela sfornita di alcun nesso con il provvedimento di determinazione dell'indennità di esproprio e perciò andava eventualmente proposta contro il primo atto della procedura. Consiglio di Stato Sezione IV, sentenza 2 luglio 2002, n. 3606. 

La richiesta di restituzione dell'area - sentenza di annullamento - giudizio di ottemperanza - l'avvenuta esecuzione dell'opera. L'avvenuta fissazione dei termini de quibus con successiva delibera (costruzione di elettrodotti, con autorizzazione provvisoria) risulta infatti parimenti censurabile: non è ipotizzabile al riguardo una sanatoria con efficacia "ex tunc" mediante convalida, né "ex nunc" mediante integrazione postuma dell'atto incompleto, non essendo consentito all'autorità amministrativa, da un lato, imporre retroattivamente limiti all'esercizio di diritti soggettivi prima illegittimamente compressi, dall'altro, eludere la garanzia che la legge predispone a favore degli espropriandi (Cons. Stato a.plen. 26 agosto 1991 n. 6; IV, 27 novembre 1997, n. 1326; V, 30 settembre 1998, n. 1360). In particolare, va osservato che la richiesta di restituzione dell'area va considerata alla luce degli effetti ripristinatori della sentenza di annullamento (per questo si riconosce, in linea di principio, che nell'ambito dei poteri riconosciuti al giudice amministrativo all'interno del giudizio di ottemperanza, rientra la possibilità, una volta accertata la non esecuzione del giudicato da parte della p.a., di disporre la restituzione dell'area: C. S. VI, 16 settembre 1993, n. 623; IV, 5 ottobre 1995, n. 785). E del resto l'avvenuta esecuzione dell'opera ha comportato, da parte del ricorrente, l'esigenza di specificare il petitum: al riguardo è significativo, a titolo di esempio, l'orientamento della giurisprudenza civile secondo cui, ingiunto dall'amministrazione il pagamento di una sanzione pecuniaria amministrativa in forza di titolo munito di efficacia esecutiva, non costituisce domanda nuova la pretesa del privato ad ottenere, nel corso del procedimento promosso per l'accertamento negativo di tale pretesa creditoria, la restituzione delle somme versate in forza dell'esecutività del titolo (Cassazione civile, sez. I, 5 febbraio 1987 n. 1124). TAR Campania-Napoli, Sez. V dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386 (vedi: sentenza per esteso)

Determinazione dell'indennità di esproprio - opposizione alla stima - quantificazione del debito - posizioni di diritto soggettivo - giurisdizione ordinaria. In tema di determinazione dell'indennità di esproprio, il giudizio di opposizione alla stima di cui all'art. 19 l. n. 865 del 1971, avendo ad oggetto la quantificazione del debito dell'espropriante e del corrispondente credito dell'espropriato, inerisce a posizioni di diritto soggettivo ed è, pertanto, devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario, ancorchè proposto come impugnazione del provvedimento di stima volto a contestare la sua legittimità o la ritualità dell'"iter" procedimentale in esito al quale esso è stato reso, giacchè la stima costituisce espressione di mera valutazione tecnica nell'applicazione di criteri liquidatori direttamente fissati dalla legge e non è pertanto atto suscettibile di degradare o di affievolire le posizioni soggettive che vengono in discussione nel giudizio di opposizione; la giurisdizione del giudice ordinario non viene meno neppure nel caso in cui sia lo stesso espropriante e proporre opposizione, facendosi anche in questo caso valere dall'opponente un diritto soggettivo, quello a non versare all'espropriato più di quanto dovuto in base a legge, mentre l'eventuale coincidenza in capo all'opponente della qualità di espropriante e di ente preposto all'espropriazione e l'eventuale riferibilità allo stesso opponente della stima denunciata con l'opposizione sono circostanze che possono spiegare rilevanza sulla legittimazione all'opposizione e sul fondamento di questa, ma sono prive di riflessi sulla consistenza delle posizioni soggettive allegate in causa e quindi sulla determinazione della giurisdizione. Cassazione civile, sez. unite, 13 aprile 2000, n. 135

La Corte d'Appello è competente in unico grado per conoscere la controversia relativa alla determinazione delle indennità di occupazione ed espropriazione. Attesa la trasformazione dello speciale rimedio previsto dall'art. 19 l. 20 giugno 1971 n. 865 per effetto delle sentenze additive della Corte cost., che hanno esteso tale competenza ad ogni ipotesi in cui sia promossa l'espropriazione secondo la l. n. 865 del 1971 e sia stato emanato il decreto di espropriazione, a prescindere dall'intervenuta stima amministrativa dell'indennità, il criterio di determinazione della competenza sulla domanda di determinazione dell'indennità di esproprio va basato unicamente sul modello procedimentale adottato per l'espropriazione. Pertanto quando l'espropriazione sia stata eseguita seguendo il modello previsto dalla l. n. 865 del 1971 competente per la controversia relativa alla determinazione delle indennità di occupazione ed espropriazione è la Corte di Appello in unico grado, anche se la stima di dette indennità sia stata effettuata da organi diversi dalla apposita commissione istituita in ogni provincia (art. 16) e, prima del suo insediamento, dall'ufficio Tecnico Erariale (art. 19 comma 2 l. 28 gennaio 1977 n. 10). Cassazione civile, sez. I, 14 marzo 2000, n. 2915

Giudizi di opposizione all'indennità di espropriazione - il prefetto non è parte necessaria del procedimento - superata la fase autoritativa dell'emissione del decreto di occupazione la controversia sulla indennità di espropriazione concerne unicamente il rapporto sostanziale patrimoniale tra espropriato e beneficiario. Nei giudizi di opposizione alla determinazione della indennità di espropriazione, promossi a norma dell'art. 51 l. 25 giugno 1865 n. 2359, il prefetto (o la diversa autorità espropriante: nella specie, amministrazione provinciale) non è parte necessaria del procedimento, atteso che, superata la fase autoritativa dell'emissione del decreto di occupazione di urgenza e di espropriazione riservata all'autorità pubblica indicata dalla legge, la controversia attinente all'adeguatezza dell'indennità di espropriazione concerne unicamente il rapporto sostanziale patrimoniale tra espropriato e beneficiario del provvedimento ablativo. Ne consegue che, se alla notificazione dell'atto di opposizione all'autorità espropriante segue la costituzione in giudizio di quest'ultima al solo fine di eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva, del tutto legittima risulta la pronuncia di condanna dell'opponente alla rifusione delle spese processuali anticipate dall'ente (v. Corte cost. n. 767 del 1988). Cassazione civile, sez. I, 22 febbraio 2000, n. 1991 

Indennità di espropriazione - individuazione del giudice competente a conoscere della opposizione alla stima della indennità di espropriazione - Corte d'Appello. L'individuazione del giudice competente a conoscere della opposizione alla stima della indennità di espropriazione dev'essere effettuata con riferimento alla normativa in concreto applicata dalla p.a. per disporre l'espropriazione e determinare l'indennità. Ove il modello procedimentale seguito dall'amministrazione sia quello di cui agli art. 15 e 16 della l. n. 865 del 1971 competente a conoscere dell'opposizione alla stima è la Corte d'appello. (Nella specie la S.C. ha riconosciuto la sussistenza della competenza della Corte d'appello con riferimento ad un'opposizione alla stima relativa a procedimento espropriativo di aree di cui ad un piano di zona definito dalla l. n. 167 del 1962 e successive modifiche, dando atto che, in virtù della estensione a tutte le opere pubbliche disposta dalla l. n. 247 del 1974, il suddetto modello procedimentale era applicabile anche alle opere di edilizia residenziale pubblica già regolate dalla l. n. 167 del 1962 e rilevando che in concreto era stato seguito proprio quel modello e non il modello procedimentale ex l. n. 2359 del 1865). Cassazione civile, sez. I, 24 novembre 1999, n. 13041

Occupazione appropriativa (o accessione invertita) - giurisdizione ordinaria - controversia avente ad oggetto il risarcimento del danno. Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (pur dopo l'entrata in vigore del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80 sul nuovo riparto della giurisdizione) la controversia avente ad oggetto il risarcimento del danno da occupazione c.d. appropriativa (o accessione invertita). Tribunale Napoli, 23 novembre 1999

Questione di legittimità costituzionale - procedimento di opposizione alla stima - impugnazione con ricorso in Cassazione - solo vizi di incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge - violazione dell'obbligo di motivazione. E' manifestamente infondata la q.l.c., prospettata con riferimento all'art. 24 cost., dell'art. 19 del d.l.lt. n. 219 del 1919., che disciplina il procedimento di opposizione alla stima all'indennità di esproprio innanzi alla Giunta speciale per le espropriazioni per il comune di Napoli quale giudizio in unico grado, le sentenze conclusive del quale sono impugnabili con ricorso per cassazione per i soli vizi di incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge; infatti, il "doppio grado" di giudizio non è previsto neppure per l'ordinario procedimento di opposizione alla stima di competenza della corte d'appello mentre il vizio di contraddittorietà della motivazione, se non può essere fatto valere ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., può integrare il vizio di nullità a norma del precedente n. 4 dello stesso articolo in relazione all'art. 132 n. 4 c.p.c. per violazione dell'obbligo di motivazione, allorquando la motivazione è totalmente omessa, risulti totalmente carente o si estrinsechi in argomentazioni non idonee a ricavarne la "ratio decidendi" o tra loro logicamente inconciliabili o perplesse o obiettivamente incomprensibili. Cassazione civile, sez. unite, 25 ottobre 1999, n. 745

Riduzione a metà dei termini processuali per l'impugnazione - Le disposizioni di cui all'art. 19, d.l. 25 marzo 1997 n. 67, come conv. dalla l. 23 maggio 1997 n. 135 che ha ridotto della metà i termini processuali per l'impugnazione, operano per l'avvenire, per cui i termini d'impugnazione, già decorrenti all'entrata in vigore del succitato provvedimento legislativo, non potevano subire alcuna modificazione neppure proporzionale rispetto a quelli che erano assicurati alla parte nel precedente regime. Consiglio di Stato Sez. IV, 13 ottobre 1999, n. 1566 (Per ulteriori informazioni sull'argomento si veda anche il canale: procedura e varie)

La speciale competenza in unico grado della Corte d'appello è espressamente limitata alle controversie aventi ad oggetto la determinazione delle indennità di espropriazione ed occupazione negli esclusivi rapporti tra il soggetto espropriante, obbligato al pagamento delle indennità, ed i soggetti espropriati aventi diritto alle indennità stesse.
Nella previsione normativa degli art. 19 e 20 della l. n. 865 del 1971, la speciale competenza in unico grado della Corte d'appello è espressamente limitata alle controversie aventi ad oggetto la determinazione delle indennità di espropriazione ed occupazione negli esclusivi rapporti tra il soggetto espropriante, obbligato al pagamento delle indennità, ed i soggetti espropriati aventi diritto alle indennità stesse. Sicchè, tale eccezionale attribuzione di competenza non può essere estesa a domande diverse - benchè connesse quanto ai soggetti, al titolo o all'oggetto - rispetto a quelle di opposizione alla stima delle indennità d'espropriazione e d'occupazione. (La S.C. ha così escluso la competenza della Corte d'appello a giudicare in unico grado circa la domanda diretta da un comune nei confronti dell'Iacp, avente ad oggetto il corrispettivo della concessione del diritto di superficie per la realizzazione del piano di edilizia residenziale pubblica). Cassazione civile, sez. I, 17 giugno 1999, n. 6008

La notifica del decreto di esproprio a chi non è il proprietario effettivo impedisce il decorso del termine di decadenza per opposizione alla stima nei confronti del proprietario effettivo - validità ed efficacia del provvedimento ablativo - l'omissione o il ritardo della notificazione - difetto di diligenza dell'espropriante nell'accertamento del titolare del bene sottoposto ad espropriazione - il risarcimento del danno derivato dalla ritardata riscossione dell'indennità - lesione del diritto soggettivo all'indennità. La notifica del decreto di esproprio a chi, non essendo proprietario effettivo del bene, risulti tale dai registri catastali, se non incide sulla validità ed efficacia del provvedimento ablativo, impedisce tuttavia il decorso del termine di decadenza per l'opposizione alla stima nei confronti del proprietario effettivo ed abilita quest'ultimo, ove l'omissione o il ritardo della notificazione nei suoi confronti sia ascrivibile ad un difetto di diligenza dell'espropriante nell'accertamento del titolare del bene sottoposto ad espropriazione, a chiedere il risarcimento del danno derivato dalla ritardata riscossione dell'indennità; la relativa controversia è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, vertendosi in tema di illecito lesivo del diritto soggettivo all'indennità nel quale si è convertito l'originario diritto di proprietà. Cassazione civile, sez. unite, 27 maggio 1999, n. 311

Irreversibile trasformazione del suolo - controversia promossa dal proprietario del fondo per ottenere il risarcimento del danno nascenti da un comportamento illecito dell'Amministrazione espropriante - negazione della giurisdizione ordinaria - giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - l'ampliamento della materia urbanistica - espropriazioni per l'esecuzione di opere pubbliche. Va negata la giurisdizione del giudice ordinario: nella controversia promossa dal proprietario del fondo per ottenere il risarcimento del danno derivante dall'irreversibile trasformazione del bene con acquisizione di esso nella realizzazione dell'opera pubblica, dopo l'entrata in vigore dell'art. 34 d.lg. n. 80 del 1998 : e ciò sia per l'ampliamento della materia urbanistica, interamente devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed inglobante nella previsione della nuova legge qualsiasi uso del territorio e perciò comprendente anche le espropriazioni per l'esecuzione di opere pubbliche, sia per l'espressa riserva al giudice ordinario delle sole controversie concernenti le indennità di esproprio; tra le quali non sono comunque inquadrabili le pretese risarcitorie nascenti da un comportamento illecito dell'Amministrazione espropriante. Tribunale Palermo, 20 maggio 1999

Teoria del "funzionario di fatto " - riconoscimento della legittimità dell'esercizio delle funzioni da parte di un organo o soggetto pur in mancanza di regolare investitura - funzioni che riguardano ai terzi con efficacia immediata e diretta - esigenza di garantire i diritti del privato o dei terzi in buona fede - La teoria del cosiddetto "funzionario di fatto" consistente sostanzialmente nel riconoscimento della legittimità dell'esercizio delle funzioni da parte di un organo o di un soggetto pur in mancanza di una regolare investitura, e degli atti emessi nell'esercizio di tali funzioni, trova applicazione solo allorquando si tratti di esercizio di funzioni essenziali e/o indifferibili, che per loro natura riguardino i terzi con efficacia immediata e diretta, e si fonda sull'esigenza di garantire i diritti del privato o dei terzi che, in buona fede, vengono a contatto col funzionario medesimo, con la conseguenza che essa trova due ordini di limiti, l'uno derivante dal fatto che l'interessato insorga negando il potere del funzionario che ha emesso l'atto, e l'altro derivante dall'esigenza di tutela della buona fede del terzo, nel senso che la suddetta teoria può essere invocata solo a vantaggio e non a danno del terzo medesimo; pertanto, deve ritenersi legittimamente annullato in sede giurisdizionale il decreto di occupazione temporanea di un terreno emanato dal sindaco di un comune la cui nomina sia stata successivamente annullata dal giudice amministrativo, e ciò in considerazione non solo del fatto che il soggetto destinatario dell'atto ablativo abbia contestato in sede giurisdizionale il potere di chi tale atto aveva emesso, ma anche in considerazione del fatto che, in tal caso, l'atto stesso andrebbe a danno dell'interessato e non certo a suo favore. Consiglio di Stato Sez. IV, 20 maggio 1999, n. 853

Giurisdizione amministrativa - controversia avente ad oggetto la pretesa a conseguire il risarcimento del danno - occupazione appropriativa. Deve ritenersi devoluta a seguito del d.lg. n. 80 del 1998, alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto la pretesa diretta a conseguire il risarcimento del danno a seguito di occupazione appropriativa. Tribunale Palermo, 6 maggio 1999

Giurisdizione amministrativa - controversie volte alla tutela al corretto esercizio della potestà espropriativa - pretese risarcitorie in giurisdizione ordinaria. Rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia d'espropriazione per pubblico interesse, volte alla tutela dell'interesse del proprietario dell'area al corretto esercizio della potestà espropriativa, mentre appartengono al giudice ordinario quelle risarcitorie, a presidio dell'integrità patrimoniale del privato. Consiglio di Stato Sez. IV, 4 maggio 1999, n. 784

Corte d'Appello competente a decidere sull'opposizione alla stima - sospensione del giudizio in attesa della definizione della causa risarcitoria - ininfluenza del decreto di esproprio per pregressa perdita della proprietà del fondo illegittimamente occupato - la pregiudiziale questione della rilevanza o meno del provvedimento ablativo. Allorché il privato sul presupposto della ininfluenza del decreto di esproprio per pregressa perdita della proprietà del fondo illegittimamente occupato a seguito della sua irreversibile acquisizione nell'opera pubblica chieda il risarcimento del danno, la relativa domanda esula dalla cognizione in un unico grado della Corte di appello prevista dall'art. 19 l. 22 ottobre 1971 n. 865 per l'opposizione alla stima ed è sottoposta alle ordinarie regole di competenza per valore. Tale principio opera anche se sia stata proposta subordinatamente, nello stesso giudizio o separatamente in altro processo, domanda di opposizione alla stima in ipotesi di irritualità della procedura espropriativa, fermo restando per la Corte di appello competente a decidere sull'opposizione medesima l'obbligo di sospendere il giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c. in attesa della definizione della causa risarcitoria (con la pregiudiziale questione della rilevanza o meno del provvedimento ablativo). Cassazione civile, sez. I, 25 marzo 1999, n. 2806

L'indicazione dei termini di inizio e di compimento dei lavori - funzione garantistica dei termini - riprova dell'attualità dell'interesse pubblico - serietà del progetto - il potere espropriativo  - il decreto di occupazione d'urgenza - fissazione dei termini. La fissazione e l'indicazione dei termini di inizio e di compimento dei lavori e delle espropriazioni prescritti dall'art. 13, l. 25 giugno 1865 n. 2359, svolgono una funzione garantistica, nel senso che costituiscono la riprova dell'attualità dell'interesse pubblico che si vuole soddisfare e della serietà ed effettività del relativo progetto; pertanto, i termini stessi devono essere indicati anche quando la p.u. dell'opera derivi direttamente dalla legge, nel qual caso devono essere fissati col primo atto col quale l'amministrazione manifesta in concreto la sua intenzione di esercitare il potere espropriativo, atto che normalmente è da identificarsi in quello di approvazione del progetto ma potrebbe anche essere il decreto di occupazione d'urgenza. Consiglio di Stato Sez. IV, 14 gennaio 1999, n. 22

 

 

Danno - diritto soggettivo e interesse legittimo - domanda risarcitoria - risarcimento del danno - responsabilità - restituzione - retrocessione - tollerabilità - vizi - trasformazione del suolo - illecito...     ^

ESPROPRIAZIONI - Risarcibilità dei danni non patrimoniali - Diritti inviolabili della persona costituzionalmente protetti - Elementi costitutivi dell’illecito civile - C.d. danno morale - Art. 2059 c.c.. L’area della risarcibilità dei danni non patrimoniali è stata estesa, oltre che nelle ipotesi espressamente previste da una norma di legge, nei casi in cui il fatto illecito vulneri diritti inviolabili della persona costituzionalmente protetti (Corte di Cassazione, sez. un., 11/11/2008, n. 26973). In particolare, si è affermato che l’art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito civile produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche di danni non patrimoniali, nei casi determinati, nel presupposto dell’esistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito civile. Pertanto, deve ritenersi che il c.d. danno morale sia risarcibile anche nel procedimento espropriativo, specie se si considera che quello in esame ha avuto una durata ultraventennale. (riforma sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sez.staccata di Catania (sez. III) - n. 1085 del 12/06/2009) Pres. Virgilio - Est. Salemi - GURRIERI (avv.ti Tamburello e Raimondi) c. COMUNE DI SIRACUSA (avv. Latina). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 26 Ottobre 2010, n. 1334

ESPROPRIAZIONE - Risarcimento danni per illegittima occupazione e trasformazione aree - Decreto di esproprio nullo e privo di giuridica efficacia - Giudizio di ottemperanza - Limiti di procedibilità - Fondi occupati illegittimamente - Proprietà - Fattispecie - Artt.37 L. n.1034/1971 e 27 R.D. n.1054/1924. Il giudizio di ottemperanza previsto dagli artt.37 della legge n.1034 del 1971 e 27 del R.D. n.1054 del 1924 è diretto a far dichiarare il dovere dell’Amministrazione a conformarsi alle decisioni coperte da giudicato per far conseguire agli interessati l’utilitas o il bene della vita già loro riconosciuta in sede di cognizione nell’ambito del quadro processuale che ha costituito il substrato fattuale e giuridico della sentenza di cui si chiede l’esecuzione sulla base del petitum, causa petendi e motivi del decisum (Cons. Stato Sez. IV 16/11/2007 n.5883). Nella specie, il TAR disponeva il rigetto dei ricorsi “dovuto da una parte al fatto che i fondi occupati sono ancora di proprietà dei ricorrenti i quali possono pretenderne la immediata restituzione e dall’altro lato ad una incompletezza delle domande, non essendo stata formulata né richiesta di restituzione né di risarcimento di danni diversi da quelli conseguenti alla perdita della proprietà”. Lo stesso Tribunale nel dispositivo accertava e dichiarava che il decreto di esproprio, “emesso dal Comune di è nullo e privo di giuridica efficacia”. (dich. inammissibile il ricorso in ottemperanza del CONSIGLIO DI STATO - Sez. IV n. 07762/2006) Pres. Giaccardi - Rel. Migliozzi - Contursi ed altro (Agostinacchio e Basso) c. Comune di Cassano delle Murge (n.c.). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 03/08/2010, Sentenza n. 5175

ESPROPRIAZIONE - Retrocessione totale - Diritto soggettivo perfetto - Tutelabilità innanzi al G.O. L’istituto della retrocessione, assicura la facoltà di reclamare la restituzione dei beni quando l’opera pubblica, alla cui realizzazione il bene era destinato, non è stata realizzata ovvero non è più realizzabile. In caso di retrocessione totale il proprietario è quindi titolare di un diritto soggettivo perfetto, uno ius ad rem di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che gli consente di agire dinanzi al giudice ordinario per chiedere la pronunzia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione dei beni espropriati. Pres. Borea, Est. Farina - DVG (avv. Cacciavillani) c. Comune di Montecchio Maggiore (avv. Meneguzzo). T.A.R. VENETO, Sez. I - 24/04/2009, n. 1254

ESPROPRIAZIONE - Occupazione appropriativa anteriore all'entrata n vigore della legge n. 458 del 1988 - Risarcimento del danno - Prescrizione - Decorrenza a partire dall'entrata in vigore della legge. In materia di espropriazione per pubblica utilità, il termine quinquennale della prescrizione, per le azioni risarcitorie del danno da occupazione appropriativa anteriori all'entrata in vigore della legge n. 458 del 1988, che contiene il primo riconoscimento dell'istituto, decorre dall'entrata in vigore di quest'ultima (3.11.1988), ) non potendo la prescrizione maturare in un contesto temporale in cui non ne era normativamente percepibile la decorrenza. Pres. R. De Musis, Rel. M. R. Morelli. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 05/09/2008 (Ud. 21/05/2008)  Sentenza n. 22407

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità e occupazione di urgenza - Procedura di espropriazione per pubblica utilità - Annullamento - Realizzazione dell’opera pubblica - Area irreversibilmente trasformata - Diritto del proprietario - Acquisizione c.d. “sanante” ex art. 43 t.u. d.P.R. n.327/2001. Nel caso di annullamento giurisdizionale degli atti inerenti alla procedura di espropriazione per pubblica utilità (dichiarazione di pubblica utilità e occupazione di urgenza) il proprietario può chiedere - mediante il giudizio di ottemperanza - la restituzione del bene piuttosto che il risarcimento del danno per equivalente monetario, anche se l’area è stata irreversibilmente trasformata a seguito della realizzazione dell’opera pubblica. L’unico rimedio riconosciuto dall’ordinamento alla pubblica amministrazione per evitare la restituzione dell’area è la emanazione di un (legittimo) provvedimento di acquisizione c.d. “sanante” ex art. 43 t.u. sulle espropriazioni per pubblica utilità approvato con d.P.R. 8 giugno 2001 n.327, in assenza del quale l’amministrazione non può addurre la intervenuta realizzazione dell’opera pubblica quale causa di impossibilità oggettiva e quindi come impedimento alla restituzione (C. Stato, a.plen., 29/04/2005, n.2). Pres. Cossu - Est. De Felice - Agazzani ed altri (avv.ti Ceruti e Petretti) c. Provincia di Mantova (avv.ti Sperati e Colombo). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 3/09/2008 (Ud. 15/07/2008), Sentenza n. 4114

ESPROPRIAZIONE - P. A. obbligo di provvedere sull’istanza del privato - Verifica - Elementi - Fattispecie: retrocessione di un terreno espropriato. La sussistenza dell’obbligo provvedimentale esige, perché quest’ultimo sia integrato nei suoi elementi costitutivi, che il provvedimento amministrativo richiesto dall’interessato sia previsto dalla legge come atto nominato e, cioè, che l’istanza sia idonea ad attivare la sequenza procedimentale che deve ineluttabilmente definirsi con l’adozione di quest’ultimo. Nella specie, l’istanza diretta ad ottenere la retrocessione di un terreno espropriato, ma non utilizzato, presenta i caratteri che costituiscono, in capo all’amministrazione, l’obbligo di provvedere, in quanto contemplata da una disposizione legislativa (art. 60 legge n.2359 del 1865) come idonea ad investire l’amministrazione del dovere di verificare la ricorrenza delle condizioni che impongono il trasferimento al privato dell’immobile che non è servito alla realizzazione dell’opera e di determinarsi conformemente con un provvedimento espresso. Pres. Trotta - Est. Deodato Iezzi Pellicciotta (avv. Contardi) ed altri c. Ufficio Territoriale di Governo di Roma (n.c.) ed altri (riforma T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II, n. 10621/06 del 19/10/2006). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 22/05/2008 (Ud. 3/01/2008), Decisione n. 2462

ESPROPRIAZIONI - C.d. accessione invertita - Sopravvenuta inefficacia per decorso del suo termine finale della dichiarazione di pubblica utilità - C.d. pregiudizialità amministrativa - Risarcimento del danno ingiusto - Profili di giurisdizione. CONSIGLIO DI STATO Adunanza Plenaria, 22/10/2007 (C.C. 15/10/2007), Sentenza n. 12

ESPROPRIAZIONE - Risarcimento del danno - Occupazione usurpativa - Illecito permanente - Quantificazione - Somme annualmente rivalutate. Nel caso di occupazione usurpativa l'illecito è permanente, in quanto derivante da illegittimità originaria della fattispecie, e solo con la richiesta dell’integrale risarcimento del danno da parte del proprietario, qualificabile come abdicazione del diritto alla tutela reintegratoria (nella fattispecie identificabile con il deposito del ricorso introduttivo), cessa il dovere dell'amministrazione di porre fine alla cennata situazione permanente di antigiuridicità ed inizia a decorrere il termine prescrizionale dell'azione risarcitoria (in questo senso TAR Campania - Napoli n. 1582/04; TAR Campania - Napoli n. 7619/03; Cass. n. 15710/01). Pertanto, in ordine all’entità del risarcimento va rilevato che nell’occupazione usurpativa solo alla data della domanda di risarcimento, e alla conseguente dismissione della proprietà da parte del danneggiato, si verifica la cessazione della permanenza dell'illecito, dovendosi ritenere che chi domanda l'equivalente del valore dell'area consente contestualmente la permanenza successiva dell'occupazione già illecita, in tal modo determinando una esimente per la condotta successiva alla domanda stessa, per chi è nel possesso dell'immobile; a tale data, deve intendersi maturato il danno per la perdita della proprietà che deve essere liquidato in relazione al valore di mercato di questa (Cass. n. 24819/05). Ne consegue che nella fattispecie il risarcimento va individuato in riferimento al valore venale del bene (Cons. Stato sez. V n. 2095/05; Cass. n. 2625/05) al 26/02/03, data in cui è stato depositato il ricorso; l’importo in esame, poi, costituendo debito di valore, deve essere rivalutato fino alla data di deposito della sentenza (Cass. n. 1814/00) e su di esso debbono essere calcolati, altresì, gli interessi legali secondo i criteri desumibili dalla giurisprudenza civile (ovvero sulle somme annualmente rivalutate: Cass. SS.UU. n. 1712/95). Pres. Onorato - Est. Francavilla - DE FRANCISCIS GIULIA (avv. Branca) c. CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI CASERTA (avv. Sorgente). TAR CAMPANIA - NAPOLI, Sez. V, 03 Ottobre 2007 (C.c. 05/07/2007), Sentenza n. 8822

ESPROPRIAZIONE - Interclusione di particelle - Privazione della servitù di passaggio - Esproprio di terreni appartenenti a terzi soggetti - Danno immeditato e diretto - Lesione di interessi giuridicamente tutelabili - Esclusione - Fattispecie. Non è ammissibile il ricorso, rivolto ad evidenziare il pregiudizio dell’esproprio derivante dall’attuazione del piano di zona per l’interclusione di particelle, tutte estranee alla proprietà del ricorrente ma che, comunque, ineriscono all’interruzione della strada interpoderale. Nella specie, nessuna lesione di interessi giuridicamente tutelabili può ravvisarsi nella privazione della servitù di passaggio, causa l’esproprio di particelle e l’inutilizzabilità di altre particelle perché separata dalla restante proprietà. Il conclamato pregiudizio della ricorrente costituisce infatti un effetto indiretto dell’esproprio di terreni appartenenti a terzi soggetti e non le cagiona un danno immeditato e diretto come è richiesto per l’esistenza dell’interesse a ricorrere. Pres. Iannotta - Est. Lamberti - Dedoni (avv.ti Polacco e Carsana) c. comune di Roma (avv. Marzolo) - (conferma T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, 20 ottobre 2005, n. 9141). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20 Marzo 2007 (C.c. 11/04/2006), Sentenza n. 1338

Espropriazione per pubblico interesse (o utilita') - Occupazione acquisitiva - Accessione invertita - Perdita del diritto - Irreversibile incorporazione del suolo in un'opera pubblica - Risarcimento dei danni - Competenza e giurisdizione - Fondamento. Spetta al giudice ordinario conoscere della domanda - introdotta in epoca successiva al 30 giugno 1998 e precedente il 10 agosto 2000 (data di entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205) - con la quale il proprietario di un fondo, deducendo la perdita del suo diritto per effetto di accessione invertita derivante da irreversibile incorporazione del suolo in un'opera pubblica su di esso eseguita, faccia valere la pretesa al risarcimento dei danni: detta domanda, infatti, non integra impugnazione di atti o provvedimenti autoritativi della P.A., nè fa valere posizioni di interesse legittimo devolute alla cognizione del giudice amministrativo secondo la normativa anteriore al D.Lgs. n. 80 del 1998 (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 e legge 6 dicembre 1971, n. 1034), ma denuncia fatti lesivi della proprietà, nella carenza di provvedimenti idonei a determinarne l'affievolimento o la traslazione, e così si ricollega ad un diritto soggettivo tutelabile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, in mancanza di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione. (Cass. civ., Sez. Unite, 11.11.2004, ord. n. 21411 - Cass. civ., Sez. Unite, 17.11.2004, n. ord. 21710 - Cass. civ., Sez. Unite, 22.11.2004, ord. n. 21944 - Cass. civ., Sez. Unite, 07-12-2004, ord. n. 22891). Pres. Nicastro G. - Rel. Graziadei G. - P.M. Palmieri R. (Conf.) - Cir. Costr. Srl c. Cecchi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. Unite, 20/04/2005, Ordinanza n. 8209

In difetto di una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell'opera in ragione della quale è stata disposta l'espropriazione di un fondo non si realizza il fenomeno della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito, generatore di danno. Esiste un rapporto di necessaria implicazione tra una efficace dichiarazione di pubblica utilità e la configurabilità di un'opera pubblica: non può aversi quest'ultima se manca la prima (IV, 9 aprile 1999, n. 606). Pertanto, in difetto di una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell'opera in ragione della quale è stata disposta l'espropriazione di un fondo non si realizza il fenomeno della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito, generatore di danno (IV, 2 giugno 2000, n. 3177). In tale ultima ipotesi la controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. Consiglio Stato, sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3819. (vedi sentenza per esteso)

Espropriazione - la domanda riconvenzionale ex articolo 167 c. p. c e la domanda ex art. 43, comma 3 T.U. - presupposti e differenze - rigetto della domanda principale - misura risarcitoria. La domanda riconvenzionale ex articolo 167 c. p. c. ricorre quando il convenuto, traendo occasione dalla domanda contro di lui proposta, opponga una controdomanda, e cioè chieda un provvedimento positivo sfavorevole all'attore, che va oltre il rigetto della domanda principale (così Cassazione civile, II sezione, n. 2860 del 2.4.1997) ovvero chieda un provvedimento giudiziale a sè favorevole, che gli attribuisca beni determinati in contrapposizione a quelli richiesti con la domanda principale (Cassazione civile, sez. I, 21 dicembre 2002, n. 18223). Viceversa, la domanda ex art. 43, comma 3 T.U., se conserva lo schema formale di quella riconvenzionale (controdomanda), si differenzia dalla sua essenza contenutistica in quanto non mira ad ampliare il thema decidendum, ma si mantiene nell’alveo di quello introdotto dall’attore, limitandosi a sollecitare, per il convenuto, una condanna ad una misura risarcitoria sì meno sgradita, ma sicuramente e potenzialmente già ricompresa nella domanda avversaria, tanto da poter essere disposta anche d’ufficio dal giudice. TAR EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I - 27 ottobre 2003 sentenza n. 2160 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione - domanda riconvenzionale - ampliamento del thema decidendum - la c.d. "nuova" giurisdizione esclusiva. La domanda ex art. 43 T.U. n. 327/2001, non può neppure essere considerata una eccezione riconvenzionale, il cui elemento distintivo "consiste nel fatto che con quest'ultima vengono avanzate richieste che, pur rimanendo nell'ambito della difesa, ampliano il tema della controversia, senza tuttavia tendere ad altro fine che non sia quello della reiezione della domanda, opponendo al diritto fatto valere dall'attore un diritto idoneo a paralizzarlo, in tutto o in parte (Cassazione civile, sez. III, 20 febbraio 2001, n. 2461): poiché, come già visto, la domanda ex art. 43 non conduce alla reiezione della domanda avversaria e non amplia il thema decidendum della controversia. Sull’elemento decisivo dell’ampliamento del thema decidendum fa leva la giurisprudenza amministrativa per richiedere la previa notifica della domanda riconvenzionale nel processo amministrativo (T.A.R. Toscana, Sez. II, 22 novembre 2000, n. 2362; T.A.R. Umbria, sentenza n. 218 del 23.3.1999), previa notifica che viene comunque ritenuta necessaria, tanto se si ritenga applicabile l’art. 167 C.P.C. (cfr. da ultimo Consiglio di stato, Sez. IV, 25 gennaio 2003, n. 361, ove si afferma, per l’appunto, che nel processo amministrativo la domanda riconvenzionale deve essere contenuta nella prima memoria di costituzione delle parti intimate, da notificarsi a tutte le parti interessate); quanto se si ritenga necessaria l’introduzione nella forma del ricorso incidentale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 31 gennaio 2001, n. 353). Non pare così ravvisarsi l’esigenza (tutta, peraltro, processual-amministrativistica) di notifica della stessa alle controparti, mentre il principio del contraddittorio può ritenersi sufficientemente garantito dall’integrale osservanza del disposto di cui al secondo comma dell’art. 167 CPC, il che comporta che la domanda ex art. 43, comma 3 debba essere proposta, a pena di decadenza, nella prima memoria di costituzione in giudizio della parte intimata (cfr. la citata decisione Cons. Stato n. 361/2003). Del resto, nei momenti iniziali di attribuzione al Giudice amministrativo della c.d. "nuova" giurisdizione esclusiva, non sono mancate in giurisprudenza voci che hanno ritenuto l’integrale applicabilità del citato art. 167 CPC alla proposizione della domanda riconvenzionale "classica", nel giudizio amministrativo concernente diritti soggettivi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 18 luglio 1998, n. 1912). Allorché una questione introdotta da una parte non integri una domanda riconvenzionale né un'eccezione riconvenzionale né un'eccezione in senso stretto o sostanziale (e cioè sia, altresì, rilevabile "officio iudicis") la considera, per l’appunto, una mera difesa. Cassazione civile, sez. II, 18 luglio 2002, n. 10440. TAR EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I - 27 ottobre 2003 sentenza n. 2160 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione - l'attribuzione al danneggiato del risarcimento per equivalente, in luogo della reintegrazione in forma specifica richiesta. L'attribuzione al danneggiato del risarcimento per equivalente, in luogo della reintegrazione in forma specifica richiesta, non viola il principio della corrispondenza fra la domanda e la decisione, in quanto costituisce un minus rispetto al secondo, del quale rappresenta il sostitutivo legale mediante la prestazione dello eadem res debita, sicché la richiesta relativa è ricompresa implicitamente nella domanda giudiziale di reintegrazione in forma specifica, così da potere essere disposta dal giudice anche d'ufficio" (Cassazione civile, Sez. I, 10 ottobre 2000, n. 13468). Per contro non è consentito al giudice, senza violare l'art. 112 c.p.c., ove sia stato richiesto il risarcimento per equivalente, disporre la reintegrazione in forma specifica, non compresa, neppure per implicito, in quella domanda così proposta (Cassazione civile, sez. II, 18 gennaio 2002, n. 552). TAR EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I - 27 ottobre 2003 sentenza n. 2160 (vedi: sentenza per esteso)

Controversie sull'indennità di espropriazione - ipotesi in cui manchi la determinazione dell'indennità - vizio di legittimità del decreto di espropriazione - giurisdizione del giudice amministrativo - ipotesi in cui manchi la congruità della misura - integra la violazione di un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario - la statuizione sulla giurisdizione da parte del giudice di primo grado. Il fatto che il giudice di primo grado si sia pronunciato con una espressa statuizione sulla giurisdizione non assume rilevanza, poichè si deve escludere, fino a quando il rapporto processuale resti pendente e semprechè sulla giurisdizione non sia intervenuta una decisione della Corte di cassazione, che tale statuizione sia passibile di passare in giudicato, non essendo preclusiva della declaratoria in sede di appello una pronuncia espressa del giudice di merito non specificamente impugnata dalla parte soccombente (Cons. Stato, sez. IV,1° dicembre 1999, n. 2052 e 4 febbraio 1999, n. 112; sez. VI, 25 marzo 1998, n. 390). In tema di controversie sull'indennità di espropriazione, occorre distinguere l'ipotesi in cui manchi la determinazione dell'indennità da quella in cui detta determinazione vi sia e si faccia unicamente questione della congruità della misura; infatti, mentre la prima ipotesi è qualificabile come vizio di legittimità del decreto di espropriazione, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, la seconda integra la violazione di un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (Cons. Stato, sez. IV, 13 febbraio 1988, n. 53 e 1° aprile 1980, n. 319). Nella specie si verte in quest'ultima ipotesi, in quanto il Comune ha determinato l'indennità in questione fissandola , secondo nuovi calcoli, in misura inferiore a quella precedentemente stabilita . Si deve, quindi, affermare che la questione rientra nella giurisdizionale del giudice ordinario, competente a conoscere non solo le controversie in materia di determinazione della medesima indennità , ma anche quelle relative ai criteri di liquidazione ed agli aspetti dell'iter procedurale seguito, ivi comprese quelle inerenti all'individuazione delle norme, dei sistemi e dei criteri applicabili per la determinazione dell'indennità (Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 1999, n. 644 ; 11 febbraio 1992, n. 192; 7 aprile 1990, n. 255). Pertanto, la suddetta sentenza, nella parte in cui, in accoglimento dell'impugnativa degli interessati, ha annullato il menzionato decreto del direttore regionale ai lavori pubblici di rideterminazione dell'indennità di esproprio e di autorizzazione all'occupazione in via definitiva i terreni dei ricorrenti, deve essere riformata e, per l'effetto, deve essere dichiarato inammissibile il relativo ricorso di primo grado. Alla stregua delle considerazioni esposte, si deve pervenire alle medesime conclusioni in ordine all'appello incidentale con cui gli appellati deducono la mancata indicazione delle ragioni di interesse pubblico che hanno indotto l'Amministrazione ad assumere la determinazione contestata e l' erroneo riferimento al momento di determinazione dell'indennità . Ugualmente è a dirsi per la dedotta violazione dei termini di cui all'art. 17 della l. reg. 13 aprile 1978, n. 24; la censura si rivela sfornita di alcun nesso con il provvedimento di determinazione dell'indennità di esproprio e perciò andava eventualmente proposta contro il primo atto della procedura. Consiglio di Stato Sezione IV, sentenza 2 luglio 2002, n. 3606.

La nozione di edificabilità - trasformazione del suolo. Nel sistema di disciplina della stima dell'indennizzo espropriativo, la nozione di edificabilità non si identifica, nè si esaurisce, in quella residenziale abitativa, ma ricomprende tutte quelle forme di trasformazione del suolo (in via di principio non precluse all'iniziativa privata) che siano riconducibili alla cognizione tecnica di edificazione e che siano come tali soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia, ferma restando la rilevanza Cassazione civile, sez. I, 5 dicembre 2001, n. 15419; ai fini della determinazione dell'immobile nella fattispecie concreta, del diverso grado di commerciabilità e del diverso livello di apprezzabilità dello stesso in ragione della sua specifica destinazione (Cass. Sez. Un. n. 172 del 2001 nella motivazione).Cassazione civile, Sezione I, 21 giugno 2002, n. 9075

Se manca l'autorizzazione e la dichiarazione di p.u., il privato proprietario danneggiato può richiedere, oltre al risarcimento dei danni sofferti nell'ultimo quinquennio anteriore alla domanda, anche la rimozione dell'impianto e la "restitutio in integrum" - c.d. occupazione acquisitiva - ipotesi di "occupazione usurpativa". L'annullamento dell'atto avente valore di dichiarazione di pubblica utilità comporta l'applicazione dell'orientamento sancito dalla giurisprudenza della Cassazione, secondo il quale l'apprensione "sine titulo" di un suolo di proprietà privata occorrente per l'impianto di un elettrodotto - sia che la realizzazione dell'opera non sia stata autorizzata dalla competente autorità, sia che non sia assistita da declaratoria di p.u., sia che, pur essendo stata autorizzata e dichiarata di p.u., non vi sia stato un valido asservimento per via di provvedimento amministrativo - non determina in alcun caso la costituzione di una servitù di fatto secondo lo schema della c.d. occupazione acquisitiva, trattandosi di fattispecie non applicabile per estensione alle ipotesi di acquisto da parte dell'ente costruttore, di un diritto reale "in res aliena", ed in particolare all'ipotesi di costituzione di servitu' coattiva di elettrodotto: in tutti i casi sopra menzionati la costruzione dell'impianto e il suo esercizio concretano un illecito (non istantaneo) ma a carattere permanente che perdura nel tempo sino a quando la situazione di illegittimità non venga meno, o con la rimozione dell'impianto dal fondo abusivamente occupato, o con la cessazione del suo esercizio, o con la costituzione di una regolare servitù mediante sentenza dal giudice ordinario (sempreché, in quest'ultimo caso l'impianto ed il suo esercizio siano stati autorizzati dall'autorita' competente); con la conseguenza che, se manchi l'autorizzazione e la dichiarazione di p.u., il privato proprietario da essa leso puo' richiedere, oltre al risarcimento dei danni sofferti nell'ultimo quinquennio anteriore alla domanda, anche la rimozione dell'impianto e la "restitutio in integrum" (Cassazione civile, sez. un., 3 ottobre 1989 n. 3963; Cass. Civ. sez. I, 18 settembre 1991 n. 9726). Il Collegio ben conosce la posizione giurisprudenziale secondo cui, in applicazione del principio generale dell'ordinamento di cui costituisce espressione l'art. 2933 comma 2 c.c. (per il quale non va ordinata la distruzione della cosa "se la distruzione… è di pregiudizio all'economia nazionale"), il potere di disporre la distruzione di un'opera pubblica realizzata senza titolo va esercitato tenendo conto anche degli interessi pubblici (C.S. V, 12 luglio 1996, n. 874). Di tale principio è stata fatta applicazione in giurisprudenza con riferimento al problema della restituzione delle aree interessate dall'esecuzione dell'opera pubblica nelle ipotesi di "occupazione usurpativa", sottolineandosi la rilevanza dei criteri ricavabili dall'art. 2058 c.c. e dall'art. 2933 c.c. in presenza di opere pubbliche di rilevante importanza e di ingente valore economico (cfr. in particolare C.S. IV, 14 giugno 2001, n. 3169 e C.S. V, 18 marzo 2002, n. 1562). Il Collegio ritiene peraltro che l'applicazione di queste disposizioni non possa prescindere dai principi processuali comuni. Quindi, per quanto attiene al secondo comma dell'art. 2058 c.c., che riconosce al giudice il potere di "disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore", va osservato che, pur trattandosi di un potere esercitabile d'ufficio, esso va esercitato tenendo presente l'insegnamento della Corte di Cassazione, secondo cui, poiché il giudice non ha un potere di ricerca dei fatti, il rilievo d'ufficio delle questioni presuppone che un fatto sia già stato allegato pur senza invocarne gli effetti e si riferisce alla produzione degli effetti costitutivi, modificativi, estintivi che discendono dal fatto allegato (Cass. Civ., sez. I, 7 aprile 2000, n. 4392). Per quanto attiene al limite fissato dall'art. 2933 c.c., per il caso in cui la distruzione della cosa risulti di pregiudizio per l'economia nazionale, va ricordato che trattasi di norma la cui applicazione presuppone che il concreto verificarsi di tale pregiudizio venga dedotto e dimostrato (Cass. Civ. sez. un., 16 gennaio 1986 n. 207). TAR Campania-Napoli, Sez. V dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386 (vedi: sentenza per esteso)

La reiterazione di vincoli (urbanistici) comporta necessariamente un indennizzo separato e distinto rispetto alla pretesa indennitaria - l'illegittimità da parte della P.A. di reiterare i vincoli, scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità - principio della alternatività tra temporaneità dei vincoli urbanistici preordinati alla espropriazione o sostanzialmente ablativi e obbligo di indennizzo. Risulta costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 4 comma 3 cost., l'art. 52 comma 1 d.P.R. 6 marzo 1978 n. 218, nella parte in cui consente all'amministrazione di reiterare i vincoli, scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo. Nella successiva elaborazione giurisprudenziale del principio della alternatività tra temporaneità dei vincoli urbanistici preordinati alla espropriazione o sostanzialmente ablativi e obbligo di indennizzo, la Corte ha sviluppato l'iter interpretativo della garanzia costituzionale in materia espropriativa, aggiungendo una ulteriore affermazione di principio, derivata dall'art. 42 cost., secondo cui, per gli anzidetti vincoli (urbanistici) espropriativi, la reiterazione comporta necessariamente un indennizzo - separato e distinto rispetto alla pretesa indennitaria - diretto al ristoro del pregiudizio causato dal protrarsi della durata, per tutti i casi in cui può essere ammessa la reiterazione (o la proroga) dei vincoli c.d. espropriativi, deve essere dichiarata la illegittimità costituzionale non dell'intero complesso che consente la reiterazione dei vincoli stessi, ma esclusivamente della mancata previsione di indennizzo, che deve essere riferito alla permanenza del vincolo oltre i limiti di durata non irragionevoli fissati dal legislatore, come periodo di franchigia, riconducibili alla normale sopportabilità. Corte costituzionale, 18 dicembre 2001, n. 411

Illegittimità del provvedimento di occupazione di urgenza senza la determinazione della relativa indennità. È legittimo il provvedimento di occupazione d'urgenza di un immobile che non contenga la determinazione della relativa indennità, potendo quest'ultima essere determinate successivamente, atteso che la situazione d'urgenza e la durata temporanea, che caratterizzano l'istituto, giustificano che l'immissione in possesso possa prescindere dalla contestuale determinazione dell'indennizzo; ove, poi, l'adozione del successivo provvedimento di determinazione dell'indennità dovesse tardare, ciò potrebbe costituire, semmai, lesione del diritto soggettivo alla liquidazione dell'indennizzo e giustificare l'esercizio di un'azione risarcitoria. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 3 dicembre 2001, n. 5144

Determinazione dell'indennità di esproprio - giudizio di opposizione alla stima - la quantificazione del credito dell'espropriato inerisce a posizioni di diritto soggettivo ed è devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario - mera valutazione tecnica nell'applicazione di criteri liquidatori direttamente fissati dalla legge - l'iter procedimentale - atto non suscettibile a degradare o affievolire le posizioni soggettive. In materia di determinazione dell'indennità di esproprio, il giudizio di opposizione alla stima di cui all'art. 19 l. n. 865 del 1971, avendo ad oggetto la quantificazione del debito dell'espropriante e del corrispondente credito dell'espropriato, inerisce a posizioni di diritto soggettivo ed è, pertanto, devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario, ancorchè proposto come impugnazione del provvedimento di stima volto a contestare la sua legittimità o la ritualità dell'"iter" procedimentale in esito al quale esso è stato reso, giacchè la stima costituisce espressione di mera valutazione tecnica nell'applicazione di criteri liquidatori direttamente fissati dalla legge e non è pertanto atto suscettibile di degradare o di affievolire le posizioni soggettive che vengono in discussione nel giudizio di opposizione; la giurisdizione del giudice ordinario non viene meno neppure nel caso in cui sia lo stesso espropriante e proporre opposizione, facendosi anche in questo caso valere dall'opponente un diritto soggettivo, quello a non versare all'espropriato più di quanto dovuto in base a legge, mentre l'eventuale coincidenza in capo all'opponente della qualità di espropriante e di ente preposto all'espropriazione e l'eventuale riferibilità allo stesso opponente della stima denunciata con l'opposizione sono circostanze che possono spiegare rilevanza sulla legittimazione all'opposizione e sul fondamento di questa, ma sono prive di riflessi sulla consistenza delle posizioni soggettive allegate in causa e quindi sulla determinazione della giurisdizione. Cassazione civile, Sezione Unite, 13 aprile 2000, n. 135

Espropriazione per pubblica utilità - mancanza iniziale della dichiarazione di pubblica utilità (o il suo annullamento) determina la situazione di illiceità iniziale e permanente dell'occupazione - la pretesa restitutoria del privato - legittimità - scadenza del termine di pubblica utilità - termini ha carattere: perentori e ordinatori. In materia di espropriazione per pubblica utilità, solo la mancanza iniziale della dichiarazione di pubblica utilità (o il suo annullamento) determina quella situazione di illiceità iniziale e permanente dell'occupazione che giustifica la pretesa restitutoria del privato, ove questi non chieda il risarcimento per equivalente, rinunciando alla reintegrazione. Non ha, invece, a tal fine rilievo la scadenza del termine di pubblica utilità (o, più esattamente, del termine per il compimento della procedura espropriativa), perchè solo la scadenza del termine finale per il compimento dei lavori ha carattere perentorio, dovendosi a tutti gli altri termini attribuire efficacia ordinatoria. (Nella specie la S.C. ha così respinto il ricorso che tendeva ad escludere i criteri risarcitori dell'art. 3, comma 65, della l. n. 662 del 1996, sul presupposto che l'irreversibile trasformazione del fondo era intervenuta quando erano già spirati i termini della dichiarazione di pubblica utilità). Cassazione civile, sez. I, 21 marzo 2000, n. 3298

Retrocessione parziale e retrocessione totale -  retrocessione parziale: fondi espropriati che non hanno ricevuto (in tutto o in parte) la prevista destinazione - restituzione da parte della P.A. - retrocessione totale presuppone che l'opera non sia stata eseguita e che siano venuti a meno gli effetti della dichiarazione di p.u.. In materia di espropriazione per pubblica utilità, si versa nell'ipotesi di retrocessione parziale (art. 60 e 61 della l. n. 2359 del 1865) quando uno o più fondi espropriati non hanno ricevuto (in tutto o in parte) la prevista destinazione e possono essere restituiti solo se la p.a. abbia dichiarato che essi non servono più alla realizzazione dell'opera nel suo complesso. Per contro, la retrocessione totale presuppone non solo che l'opera non sia stata eseguita, ma anche che siano venuti meno gli effetti della dichiarazione di p.u.; sicchè, anche nell'ipotesi in cui un intero fondo sia rimasto totalmente inutilizzato, può configurarsi una retrocessione parziale, poichè al fine della prospettata distinzione si deve far riferimento all'avvenuta realizzazione dell'opera pubblica. Cassazione civile, sez. I, 19 febbraio 2000, n. 1912

Occupazione e trasformazione di un bene senza valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità - risarcimento -  ristoro sotto forma di risarcimento e non di indennità - la determinazione del danno prescinde di criteri riduttivi - occupazione temporanea. Nel caso di occupazione e successiva trasformazione di un immobile non assistita da valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, il pregiudizio cagionato al privato dalla privazione della disponibilità del bene durante l'occupazione temporanea esige ristoro sotto forma di risarcimento e non di indennità, e la determinazione del danno risarcibile (da corrispondersi nella sua interezza da parte della p.a.) prescinde del tutto dai criteri riduttivi di cui all'art. 3, comma 65, della l. n. 662 del 1996. Cassazione civile, sez. I, 18 gennaio 2000, n. 479

Occupazione appropriativa - accessione invertita - l'esistenza di un vizio che non consenta di ricollegare alla dichiarazione di pubblica utilità l'occupazione e la manipolazione di un fondo esclude il vincolo di scopo che legittima l'ablazione del diritto di proprietà a seguito dell'accessione invertita. Il fenomeno dell'occupazione appropriativa (o accessione invertita), in virtù del quale la proprietà di un fondo si trasferisce all'espropriante anche in difetto di pronunzia del decreto di espropriazione, postula pur sempre il rituale inizio della procedura espropriativa sulla base di una valida dichiarazione di pubblica utilità, la sola idonea ad attribuire un vincolo di scopo all'attività di costruzione dell'opera pubblica e di utilizzazione del fondo privato. Ne consegue che l'esistenza di un vizio che non consenta di ricollegare alla dichiarazione di pubblica utilità l'occupazione e la manipolazione di un fondo esclude, o fa venir meno, il vincolo di scopo che, esso solo, legittima l'ablazione del diritto di proprietà a seguito dell'accessione invertita. Cassazione civile, sez. I, 15 gennaio 2000, n. 415

Mancata emissione del decreto di esproprio entro il periodo di occupazione autorizzata - illegittimità dell'impossibilità di restituzione del fondo alla scadenza - perdita della proprietà del privato - diritto al risarcimento del danno - termine di prescrizione. La mancata emissione del decreto di esproprio entro il periodo di occupazione autorizzata, nel quale la p.a. può procedere a tutte le operazioni dirette alla realizzazione dell'opera pubblica, rende illegittima l'impossibilità di restituzione del fondo alla scadenza, da cui logicamente consegue la perdita della proprietà del privato e l'acquisto a titolo originario a favore dell'ente pubblico: ne consegue che è dalla scadenza dell'occupazione autorizzata, che decorre il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno. Cassazione civile, sez. I, 21 dicembre 1999, n. 14357

Attività lecita della P.A. - pregiudizio indennizzabile al privato - responsabilità risarcitoria propria della P.A. - non può coinvolgere al concessionario che sia mero esecutore materiale dell'opera. Quando l'attività lecita della P.A., incentrata nella localizzazione dell'opera pubblica e nella predisposizione del relativo progetto comporti per il privato un pregiudizio indennizzabile ai sensi dell'art. 46 l. 25 giugno 1865 n. 2359, la responsabilità risarcitoria è esclusivamente propria della stessa p.a. e non può, in alcun modo, coinvolgere il concessionario dell'opera pubblica, cui non siano addebitabili, sul piano soggettivo, dolo o colpa nell'esecuzione dei lavori, quando egli sia mero esecutore materiale dell'opera voluta e progettata dalla P.A.. Cassazione civile, sez. I, 20 dicembre 1999, n. 14312

Il riconoscimento di un danno da accessione invertita - l'ammissibilità della domanda risarcitoria condizionata - proposizione di apposita richiesta - prova dell'esistenza del danno stesso. La domanda risarcitoria avente ad oggetto il riconoscimento di un danno da accessione invertita (oltre alla dovuta indennità) è condizionata, quanto alla sua ammissibilità, alla proposizione di apposita richiesta contenuta nell'atto introduttivo del giudizio, oltre che alla prova concreta dell'esistenza del danno stesso. Cassazione civile , sez. II, 3 dicembre 1999, n. 13512

Immissioni provenienti da un'opera pubblica possono costituire ragione di danno indennizzabile - normale tollerabilità. Le immissioni provenienti da un'opera pubblica possono costituire ragioni di danno indennizzabile ai sensi dell'art. 46 della l. n. 2359 del 1865 a condizione che nei confronti della proprietà che le subisce costituiscano fattore di danno particolare permanente superiore alla normale tollerabilità. Cassazione civile, sez. I, 19 novembre 1999, n. 12853

Cessione volontaria del bene - alternativa di realizzazione del procedimento espropriativo - risarcimento del danno per inadempimento che ha dato luogo alla risoluzione. In tema di espropriazione per pubblica utilità, la "cessione volontaria" dà luogo ad una forma alternativa di realizzazione del procedimento espropriativo, mediante l'utilizzazione di uno strumento privatistico soggetto ai principi civilistici che regolano la conclusione dei contratti e, per alcuni aspetti, tra cui in particolare la determinazione del prezzo, a norme imperative; pertanto, da un lato, in caso di inadempimento trovano applicazione le norme sulla risoluzione del contratto, dall'altro la manifestazione di volontà del privato in riferimento ad un prezzo, che sia stato determinato dalla p.a., non sulla base dei criteri legali ma in violazione delle norme imperative dettate ad integrazione del contenuto necessario del contratto, è priva di efficacia negoziale pubblicistica e dotata della efficacia privatistica, salva la possibilità dell'espropriato, una volta rimosso il formale titolo d'acquisto per intervenuta risoluzione del contratto, di richiedere il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento che ha dato luogo alla risoluzione. Cassazione civile, sez. I, 12 ottobre 1999, n. 11435

Occupazione acquisitiva - quando il suolo abbia subito una radicale trasformazione nel suo aspetto materiale - perdita della conformazione fisica originaria.
La fattispecie della cosiddetta "occupazione acquisitiva" si può realizzare anche prima dell'ultimazione dei lavori, allorquando il suolo abbia subito una radicale trasformazione nel suo aspetto materiale, in modo da perdere la sua conformazione fisica originaria e da risultare stabilmente ed inscindibilmente incorporato, quale parte indistinta e non autonoma, nel nuovo bene costituito dall'opera stessa, dovendosi, peraltro, considerare, per un verso che il requisito della irreversibilità della suddetta destinazione può non comportare necessariamente un mutamento perpetuo ed ineliminabile e per altro verso che, in relazione alla natura dell'opera realizzanda, la trasformazione del fondo può anche non consistere in una profonda sua modifica materiale, ma risultare da una sua diversa collocazione nella realtà giuridica. (Nella specie la S.C., nel cassare con rinvio la decisione del giudice di merito, ha ritenuto che inesattamente essa avesse escluso l'irreversibile trasformazione in un caso, nel quale - a seguito di occupazione temporanea per la realizzazione di un programma costruttivo da parte di una cooperativa edilizia - un terreno agricolo, già adibito a mandarineto, aveva subito l'estirpazione di tutti gli alberi, l'eliminazione dei confini, la distruzione delle condotte irrigue ed il sollevamento del piano di campagna con materiale di riporto). Cassazione civile, sez. I, 27 maggio 1999, n. 5166

Accessione invertita - irreversibile trasformazione del suolo - verifica dell'irreversibilità. La c.d. accessione invertita, la quale ha come presupposto che l'opera pubblica realizzata sul fondo privato abbia determinato l'irreversibile trasformazione di quest'ultimo, si verifica non solo quando tale irreversibilità si realizzi nella materiale "manipolazione", ma anche quando l'intervento pubblico abbia inciso definitivamente sulla struttura e funzione originaria del fondo, tale che il vincolo di scopo che lega l'opera al terreno renda giuridicamente irreversibile il ripristino dello "status quo ante". (Nella specie, si trattava delle opere idriche realizzate attraverso l'adattamento delle cave tufacee della collina di Capodimonte, a Napoli). Tribunale Superiore Acque, 15 aprile 1999, n. 48

Occupazione appropriativa - prescrizione del diritto a ottenere il risarcimento del danno - cinque anni - decorrenza dei termini. Il diritto ad ottenere il risarcimento del danno da occupazione appropriativa si prescrive in cinque anni, decorrenti, nell'ipotesi di proroga emessa dopo la scadenza di un primo periodo di occupazione, dall'irreversibile trasformazione del fondo e non dalla scadenza del suddetto periodo di proroga, o di un'ulteriore proroga successivamente disposta, atteso che il potere di prorogare l'occupazione d'urgenza è esercitabile finchè non sia scaduto l'originario termine fissato con il provvedimento autorizzativo e che, pertanto, la proroga dopo tale scadenza integra un atto emesso in carenza di potere, come tale inidoneo ad incidere sul diritto del proprietario ad ottenere il risarcimento del danno; non vale, in contrario, sostenere che la disapplicazione degli atti amministrativi sarebbe istituto invocabile solo a favore del privato titolare della posizione soggettiva di cui si lamenta la lesione e non a favore dell'amministrazione, che finirebbe per avvantaggiarsi dell'illegittimità del proprio operato (nella specie, attraverso la retrodatazione del compimento della fattispecie appropriativa e quindi della decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento), giacchè l'accertamento del diritto al risarcimento del danno, in cui si è commutato il diritto di proprietà per effetto della illegittima occupazione, comporta necessariamente la verifica di fondatezza della pretesa nei suoi elementi costitutivi, ivi compresa la tempestività dell'azione. Cassazione civile, sez. I, 10 aprile 1999, n. 3516

Fondo illegittimamente occupato - irreversibile acquisizione nell'opera pubblica - risarcimento del danno - Corte d'Appello. Qualora il privato sul presupposto della ininfluenza del decreto di esproprio per pregressa perdita della proprietà del fondo illegittimamente occupato a seguito della sua irreversibile acquisizione nell'opera pubblica chieda il risarcimento del danno, la relativa domanda esula dalla cognizione in un unico grado della Corte di appello prevista dall'art. 19 l. 22 ottobre 1971 n. 865 per l'opposizione alla stima ed è sottoposta alle ordinarie regole di competenza per valore. Tale principio opera anche se sia stata proposta subordinatamente, nello stesso giudizio o separatamente in altro processo, domanda di opposizione alla stima in ipotesi di irritualità della procedura espropriativa, fermo restando per la Corte di appello competente a decidere sull'opposizione medesima l'obbligo di sospendere il giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c. in attesa della definizione della causa risarcitoria (con la pregiudiziale questione della rilevanza o meno del provvedimento ablativo). Cassazione civile, sez. I, 25 marzo 1999, n. 2806 

Presupposti della retrocessione di beni espropriati - non ravvisabili nella delibera comunale di restauro e risanamento di beni entrati nel patrimonio comunale in quanto a tempo suo inseriti in un p.e.e.p.. Non sono ravvisabili i presupposti della retrocessione di beni espropriati, per la realizzazione di un'opera diversa da quella programmata nella dichiarazione di pubblica utilità, nella delibera comunale di restauro e risanamento di beni entrati nel patrimonio comunale in quanto a suo tempo inseriti in un p.e.e.p. e poi espropriati, non essendo estraneo agli scopi dell'edilizia residenziale pubblica, in seguito alle modifiche apportate all'art. 3 l. 18 aprile 1962 n. 167, dall'art. 32 l. 22 ottobre 1971 n. 865, il recupero e il risanamento degli immobili degradati, anche in virtù degli strumenti e dei finanziamenti utilizzabili in base alla l. 5 agosto 1978 n. 457. Cassazione civile, sez. I, 5 marzo 1999, n. 1871

Illegittimità dell'occupazione protratta in assenza di potere - il piano da destinare ad insediamenti produttivi approvato equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste - decennio di efficacia del piano - Piano Regolatore Generale e di adozione del P.I.P. - i termini di inizio e di compimento delle opere. Il piano da destinare ad insediamenti produttivi, una volta approvato dal Presidente della Giunta Regionale, equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste ed abilita il sindaco, nel decennio di efficacia del piano stesso, a disporre l'occupazione d'urgenza e l'espropriazione dei fondi occorrenti, anche quando non siano indicati nelle delibere comunali di variante al Piano Regolatore Generale e di adozione del P.I.P. i termini di inizio e di compimento delle opere. La dichiarazione di pubblica utilità viene meno contestualmente alla scadenza del decennio di efficacia del piano, restando escluso che l'occupazione d'urgenza possa assumere rispetto ad essa una funzione sostitutiva, sicchè l'occupazione stessa, protratta in assenza di potere, diviene totalmente illegittima. Cassazione civile, sez. I, 5 marzo 1999, n. 1861

Domanda risarcitoria per accessione invertita - occupazione illegittima - lesione del diritto soggettivo - responsabilità - scadenza dei termini per il completamento dei lavori e per la pronuncia del decreto.
In materia di espropriazione, l'occupazione di un suolo, autorizzata dal sindaco quale prodromo all'emanazione di un decreto di esproprio di competenza regionale per la costruzione di un edificio scolastico, (nella specie, un asilo), diviene illegittima alla scadenza dei termini per il completamento dei lavori e per la pronuncia del decreto predetto, con conseguente legittimità della richiesta risarcitoria per danni da accessione invertita avanzata dal privato nei confronti (non della regione, ma) del comune occupante, il cui comportamento illecito non consiste nella omissione di quella attività amministrativa di completamento della procedura ablativa che avrebbe determinato il legittimo trasferimento dell'immobile a suo favore, bensì nell'aver perseverato nel conservare il possesso dell'immobile oltre la scadenza del termine di occupazione legittima pur nella consapevolezza che tale scadenza rendeva "ipso facto" illegittima l'occupazione. Una volta verificata la configurabilità dell'illecito aquiliano da occupazione illecita a carico del comune (con correlata lesione del diritto soggettivo del privato proprietario), va, nondimeno, accertata, nel medesimo giudizio, ove richiesto dello stesso comune convenuto (che lamenti il mancato completamento della procedura espropriativa per effetto dell'inerzia della regione competente all'esproprio), la eventuale corresponsabilità dell'ente regionale sotto il profilo della negligenza o dell'inerzia, onde quantificarne la misura della colpa e del contributo causale nel determinismo dell'illecito al fine di una possibile azione di rivalsa da parte del comune stesso (pur dovendosi, sotto tale profilo, considerare, altresì, il beneficio acquisitivo dell'opera pubblica conseguito dal predetto ente territoriale quale conseguenza dell'illecito, in applicazione del principio della compensatio lucri cum damno). Cassazione civile, sez. I, 1 febbraio 1999, n. 834

Proroga con legge del periodo di occupazione - la applicabilità retroattiva non rimuove l'effetto ablativo della proprietà prodottosi a seguito della trasformazione del suolo. Nel caso in cui venga prorogato con legge (art. 22 della l. n. 158 del 1991) il periodo di occupazione, precedentemente autorizzata a fine di espropriazione, successivamente al termine stabilito, l'applicabilità retroattiva riconosciuta a tale norma di proroga dall'art. 23 della legge stessa non rimuove l'effetto ablativo della proprietà, prodottosi a seguito di irreversibile trasformazione del suolo e successiva scadenza del periodo di occupazione legittima nel frattempo verificatosi. Cassazione civile, sez. I, 12 gennaio 1999, n. 223

Iacp legittimamente delegato al compimento dell'opera - se è colpevole del danno derivato al privato non può sottrarsi alla propria responsabilità e trasferirla sull'ente territoriale delegante adducendo l'assenza di controllo da parte di questo ultimo - per converso, la corresponsabilità del delegante non può escludersi qualora ne risulti del tutto omesso il controllo del delegato. In materia di espropriazione, l'Iacp se legittimamente delegato (ai sensi dell'art. 60 l. 22 ottobre 1971 n. 865) all'occupazione quinquennale, al compimento dell'opera, all'espletamento delle procedure espropriative per la costruzione di alloggi popolari e, se colpevole del danno derivato al privato dal maturarsi, in difetto di tempestiva emanazione del decreto di esproprio, di una fattispecie di c.d. occupazione acquisitiva, non può sottrarsi (sia "pur in parte qua") alla propria responsabilità e trasferirla sull'ente territoriale delegante, assumendo l'assenza di controllo o di stimolo da parte di quest'ultimo, ovvero adducendo l'invio di tardive e del tutto generiche note di sollecito all'emanazione del decreto di esproprio, poichè non ricorre, nei rapporti interni delegante - delegato, alcun obbligo (bensì la mera facoltà) del primo all'esercizio di tali poteri; per converso, la corresponsabilità del delegante non può escludersi qualora ne risulti del tutto omesso il controllo del delegato, con conseguente disinteresse alle procedure espropriative (nonostante le - sia pur generiche e tardive - note di sollecito), spettando all'ente territoriale la competenza all'emanazione del decreto di esproprio, per essere all'Iacp state delegate le sole attività intermedie della procedura espropriativa, con esclusione dell'esercizio della potestà ablativa. Cassazione civile, sez. I, 28 febbraio 1998, n. 2256

Diritto soggettivo del proprietario di un bene resta tale dopo il provvedimento di espropriazione se è stato pronunciato dopo l'esaurimento degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità - il termine finale per la pronunzia della espropriazione. Il diritto soggettivo di cui è titolare il proprietario di un bene resta tale pur dopo che il diritto sia stato fatto oggetto di un provvedimento di espropriazione per pubblica utilità, se questo venga pronunziato dopo che, scaduto anche il termine finale per la pronunzia della espropriazione, sono esauriti gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità che ne costituisce il necessario presupposto. Cassazione civ., sez. unite, 10 febbraio 1998, n. 1343

Irreversibile trasformazione del fondo privato - provvedimento ablatorio - illecito aquiliano - responsabilità del titolare del potere espropriativo - In materia di espropriazione, qualora l'irreversibile trasformazione del fondo privato in opera pubblica si sia verificata durante il periodo di occupazione legittima senza che sia, peraltro, tempestivamente intervenuto un provvedimento ablatorio, l'illecito aquiliano così determinatosi (e riferibile, "quoad tempus", alla scadenza del termine di occupazione autorizzata, in tale momento realizzandosi l'acquisto a titolo originario della proprietà in capo alla P.A. quale effetto della materiale impossibilità di restituzione del bene) è addebitabile al titolare del potere espropriativo, al soggetto, cioè, tenuto al rispetto delle norma sull'espropriazione, così che, nell'ipotesi di opera pubblica realizzata da impresa privata in forza di concessione, il concessionario sarà autore dell'illecito nella misura in cui risultino a lui trasferite, dalla p.a., tutte le potestà relative al procedimento ablatorio. Cassazione civile, sez. I, 4 febbraio 1998, n. 1109

L'acquisto a titolo originario della proprietà in capo alla p.a. determinato a seguito della occupazione acquisitiva tipicizza un fatto illecito - comportamento illecito dell'amministrazione - violazione dei modi per il sacrificio della proprietà privata - credito risarcitorio per fatto illecito. L'acquisto a titolo originario della proprietà in capo alla P.A., che si determina a seguito della cosiddetta "occupazione acquisitiva", tipicizza un fatto illecito, in quanto consegue alla impossibilità della restituzione del bene al privato, a sua volta dipendente da un comportamento illecito dell'amministrazione medesima, consistente nella realizzazione dell'opera pubblica con violazione delle norme che fissano i casi ed i modi per il sacrificio della proprietà privata ai fini pubblici: quindi, dà diritto ad un credito risarcitorio per fatto illecito e non ad un credito di controvalore in rispondenza di un lecito acquisto della proprietà a titolo originario. Cassazione civile, sez. unite, 26 gennaio 1998, n. 76

Decadenza dichiarazione pubblica utilità - fatto illecito generatore di danno - liquidazione di detto danno - occupazioni illegittime "per causa di pubblica utilità".
Nel caso in cui si sia verificata la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità non è configurabile un'ipotesi di accessione invertita, bensì soltanto un fatto illecito generatore di danno; ne consegue che, ai fini della liquidazione di detto danno, non potrà farsi ricorso ai criteri di cui all'art. 5 bis l. n. 359 del 1992 neppure alla luce della modifica introdotta dall'art. 3, comma 65, l. n. 662 del 1996, posto che tale articolo, riferendosi alle occupazioni illegittime "per causa di pubblica utilità", chiaramente pone un collegamento teologico tra l'occupazione, ancorchè illegittima, e le finalità pubbliche perseguite con la procedura espropriativa, collegamento che verrebbe meno in difetto di una valida dichiarazione di pubblica utilità. Cassazione civile, sez. I, 10 gennaio 1998, n. 148

 

 

Indennità di espropriazione - indennità di occupazione - indennizzo - deposito - prezzo - conguaglio - interessi - redditi - decurtazione...   ^

 

 

ESPROPRIAZIONE - Espropriazione per pubblica utilità - Suoli non edificabili suscettibili di utilizzazione diversa da quella agricola - Determinazione dell’indennità - Applicazione dei criteri utilizzati per i terreni agricoli. In tema di espropriazione per pubblica utilità, i suoli non edificatori, benché suscettibili di utilizzazione diversa da quella strettamente agricola - come ad esempio l'agriturismo - devono essere valutati secondo parametri omogenei a quelli utilizzati per i terreni agricoli, non potendosi più legittimamente affermare l'esistenza, nell'ordinamento, di un tertium genus, oltre quello delle aree edificabili e di quelle agricole: alle quali ultime devono essere equiparati, ai fini indennitari, i fondi che, pur presentando caratteristiche o attitudini diverse da quelle agricole, non risultino edificatori in senso stretto. Pres. CORRADO, Est. BERNABAI - P.M. PRATIS - Gi. Se. (avv. An. Se.) C. To. Co. Ge. S.p.a. (avv. Lu. Fe.). (Conferma CORTE D'APPELLO di PERUGIA n. 383/2004) CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I civile, 3 marzo 2011, n. 5147

ESPROPRIAZIONE - Espropriazione parziale di aree non edificabili - Immobile utilizzato per l’esercizio di attività imprenditoriale - Determinazione dell’indennità di esproprio - Art. 40 L. n. 2359/1865 - Applicazione.
Nell'ipotesi di espropriazione parziale, qualora risulti impedito l'ulteriore svolgimento di un'impresa che utilizzava l'immobile espropriato per l'esercizio della propria attività, la determinazione dell'indennità deve essere effettuata secondo il criterio dettato dall'art. 40 da legge 25 giugno 1865, 2359 ("... differenza tra il giusto prezzo che avrebbe avuto l'immobile avanti l'occupazione e il giusto prezzo che potrà avere la residua parte di essa dopo l'occupazione"), senza che abbia rilievo il reale pregiudizio rappresentato dall'impossibilità di proseguire la precedente attività imprenditoriale. L'espropriazione di un'area agricola non si estende, infatti, al diritto dell'imprenditore sui beni utilizzati per l'esercizio dell'impresa, né all'azienda organizzata; e la relativa indennità non può quindi superare, in nessun caso, il valore determinabile con l'applicazione del criterio legale. Pres. CORRADO, Est. BERNABAI - P.M. PRATIS - Gi. Se. (avv. An. Se.) C. To. Co. Ge. S.p.a. (avv. Lu. Fe.). (Conferma CORTE D'APPELLO di PERUGIA n. 383/2004) CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I civile, 3 marzo 2011, n. 5147

ESPROPRIAZIONE - Espropriazione parziale - Diminuzione di valore della porzione di fondo rimanente - Indennizzabilità – Limiti.
In caso d'espropriazione parziale, la diminuzione di valore subito dalla porzione relitta del fondo è indennizzabile solo quando sussista un rapporto immediato e diretto tra la parziale ablazione e il danno. Non anche, allorché il deprezzamento sia dovuto a limitazioni legali della proprietà: come ad esempio, per perdite di visuali, maggiore rumorosità, inquinamento atmosferico o acustico che non superino la normale tollerabilità. Pres. CORRADO, Est. BERNABAI - P.M. PRATIS - Gi. Se. (avv. An. Se.) C. To. Co. Ge. S.p.a. (avv. Lu. Fe.). (Conferma CORTE D'APPELLO di PERUGIA n. 383/2004). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I civile, 3 marzo 2011, n. 5147
 

ESPROPRIAZIONE - Indennità per occupazione temporanea preordinata all'asservimento di un immobile a servitù di elettrodotto - Criteri di liquidazione - Art. 20 legge n. 865/1971. L'indennità per l'occupazione temporanea preordinata all'asservimento di un immobile a servitù di elettrodotto va liquidata - analogamente a quella relativa all'occupazione preordinata all'espropriazione - in una percentuale dell'indennità che sarebbe dovuta per l'esproprio, se si tratti di suoli edificabili, o, se si tratti invece di terreni non edificabili, in base alla regola posta dall'art. 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Cass. 22 marzo 2007 n. 6980; Cass. 1 aprile 2003 n. 4919). Pres. Est. Sensale - Attore Ci.Ca. - C. En. S.p.A. CORTE D'APPELLO CAMPOBASSO, Sez. civile, 01/03/2011(ud. 15/02/2011), Sentenza n. 32

ESPROPRIAZIONE - Indennità per occupazione temporanea ex art. 20 legge 865/1971 - Natura di credito di valore. L'indennità di occupazione temporanea spettante ai proprietari ai sensi dell'art. 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 é credito di valore (Cass. 6 novembre 1986 n. 6479), sicché la somma determinata è soggetta a rivalutazione secondo gli indici ISTAT per le famiglie di operai e impiegati e sull'importo via via rivalutato spettano gli interessi legali dalla domanda al saldo. Pres. Est. Sensale - Attore Ci.Ca. - C. En. S.p.A. CORTE D'APPELLO CAMPOBASSO, Sez. civile, 01/03/2011(ud. 15/02/2011), Sentenza n. 32

 

ESPROPRIAZIONE - Terreno incluso in zona destinata ad attrezzature pubbliche ed impianti pubblici - Qualificazione dell’area come edificabile ai fini della determinazione dell’indennità - Esclusione - Art. 338 R. D. n. 1265/1934. Il Regio Decreto 1265 del 27 luglio 1934, articolo 338 (nel testo originario) non consente di considerare edificabile un suolo rientrante nella zona di rispetto cimiteriale ed assoggettato al relativo vincolo, giacché lo stesso integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, neppure da parte dello strumento urbanistico. Questa categoria di vincoli non arreca, in via specifica, alcun deprezzamento del quale debba tenersi conto in sede di determinazione del valore dell'immobile, facendo difetto il nesso di causalità diretto sia con l'ablazione, sia con l'esercizio del pubblico servizio cui l'opera e' destinata. Pres. VITTORIA, Est. SALVAGO - P.M. RUSSO - Ric. FE. CA. (avv.ti NOBILI e CANU) - Controric. COMUNE DI PREDORE (avv. VIVIANI ) - CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I civile, 4 febbraio 2011, n. 2740

ESPROPRIAZIONE - Area destinata ad uso pubblico - Possibilità di edificazione sul suolo da parte dei privati - Esclusione.
Un'area va ritenuta edificabile quando risulti classificata come tale dagli strumenti urbanistici al momento della vicenda ablativa. Le possibilità legali di edificazione vanno, pertanto, escluse, in tutti i casi in cui la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.), in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che siano riconducibili alla nozione tecnica di edificazione e che, come tali, siano soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia. Pres. VITTORIA, Est. SALVAGO - P.M. RUSSO - Ric. FE. CA. (avv.ti NOBILI e CANU) - Controric. COMUNE DI PREDORE (avv. VIVIANI ) - CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I civile, 4 febbraio 2011, n. 2740

ESPROPRIAZIONE - Area destinata ad uso pubblico - Previsione di un limitato indice di fabbricabilità nei piani attuativi o in norme tecniche di attuazione - Natura edificatoria ai fini della indennità di espropriazione - Esclusione.
La previsione di un pur limitato indice di fabbricabilità per un'area destinata a uso pubblico non vale ad attribuirle la natura edificatoria agli effetti dell'indennità di espropriazione, essendo dirimente la natura pubblica e non residenziale delle opere necessarie all'attuazione della previsione urbanistica, così come é irrilevante che detta previsione sia contenuta in piani attuativi ovvero in norme tecniche di attuazione, anche perché tali norme, in quanto gerarchicamente subordinate al piano, non possono modificare la qualificazione urbanistica della zona, ma solo indicarne i modi di realizzazione. Pres. VITTORIA, Est. SALVAGO - P.M. RUSSO - Ric. FE. CA. (avv.ti NOBILI e CANU) - Controric. COMUNE DI PREDORE (avv. VIVIANI ) - CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I civile, 4 febbraio 2011, n. 2740

ESPROPRIAZIONE - Pubblica utilità - Determinazione giudiziale dell’indennità - Stima operata dalla commissione provinciale competente intervenuta nel corso del giudizio - Rilevanza - Esclusione. Nel giudizio avente ad oggetto la determinazione della indennità di espropriazione, il giudice deve procedere alla definizione del quantum dell'indennità sulla base dei parametri normativi vigenti e ritenuti applicabili, indipendentemente non solo dalle deduzioni delle parti al riguardo, ma anche dai criteri seguiti dall'espropriante nel formulare l'offerta dell'indennità provvisoria, nonché da quelli adottati nel compiere la stima da parte della commissione provinciale. Ne consegue che la stima ad opera di tale commissione, ove intervenuta nel corso del giudizio, è inidonea ad influenzare l'azione giudiziaria già intrapresa e non può acquistare carattere definitivo (per cui non abbisogna della proposizione di alcuna opposizione) né può incidere sulle autonome determinazioni da operarsi in sede giudiziaria, ne consegue, inoltre, che lo stesso giudice può liquidare l'indennità in misura inferiore a quella pretesa (o con criteri meno favorevoli) senza incorrere nel vizio di ultrapetizione (Cassazione civile, sez. I, 27/01/2005, n. 1701). Pres. Lipani - Est. FORGILLO - Attore Ni.Co. (avv. An. Gr.), c. Comune di Carife (AV) contumace. CORTE DI APPELLO DI NAPOLI CIVILE, Sezione I, 24/01/2011 (Ud. 7/01/2011), n. 125

 

ESPROPRIAZIONE - Occupazione acquisitiva o appropriativa - Caratteristiche - Espropriazione per pubblica utilità - Diritto all'indennità - Assenza di formale decreto di esproprio - Risarcimento del danno - Limite al diritto dominicale sul bene. Il fenomeno della cosiddetta occupazione acquisitiva o appropriativa presenta, in sintesi, i seguenti caratteri: a) la trasformazione irreversibile del fondo, con destinazione ad opera pubblica o ad uso pubblico, determina l'acquisizione della proprietà alla mano pubblica; b) il fenomeno, in assenza di formale decreto di esproprio, ha il carattere dell'illiceità, che si consuma alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata (e, quindi, legittima) se nel frattempo l'opera pubblica è stata realizzata, c) l'acquisto a favore della p.a. si determina soltanto qualora l'opera sia funzionale ad una destinazione pubblicistica e ciò avviene solo per effetto di una dichiarazione di pubblica utilità formale (cass.2003/6853). Ove la fattispecie estintiva - acquisitiva della proprietà dell'area occupata si perfezioni alla scadenza del termine di occupazione legittima, il proprietario del bene occupato, oltre al diritto all'indennità per il periodo di occupazione autorizzata, consegue il diritto al risarcimento del danno da occupazione appropriativa ma non anche al risarcimento del danno da occupazione illegittima per il periodo successivo a tale evento, in cui è ormai venuto meno il suo diritto dominicale sul bene. (riforma sentenza CORTE D'APPELLO di NAPOLI, n. 1007 depositata il 19/03/2004) Pres. Carnevale - Est. Giancola - Ric. Gu. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 20/01/2011 (Ud. 17/12/2010), Sentenza n. 1362

ESPROPRIAZIONE - Procedimenti espropriativi - Occupazioni d'urgenza - Proroga i termini - Limiti - Fatto (illecito) acquisitivo - Indennità - L. n. 219/1981 - Art. 9 d. lgs. n. 354/1999. In tema di attuazione dei procedimenti espropriativi per la realizzazione degli interventi di cui al titolo ottavo della legge 14 maggio 1981, n. 219, l'art. 9 d. lgs. 20 settembre 1999, n. 354 che proroga i termini relativi alle occupazioni d'urgenza, se prescinde dalla legittimità o illegittimità dell'occupazione al tempo della sua entrata in vigore, riguarda comunque solo i procedimenti espropriativi che siano in corso alla stessa data; ne deriva che la norma può valere a restituire legittimità ad occupazioni divenute inefficaci o illegittime solo se l'obiettivo di recupero della procedura espropriativa - costituente la "ratio" dichiarata della norma - sia conseguibile per non essersi già perfezionato il fatto (illecito) acquisitivo per effetto del concorrere dell'illegittimità dell'occupazione e dell'irreversibile trasformazione del fondo (Cass. Sez. Unite sentenza n. 6769 del 2009; Cass. 2004/3966; 2005/7544; sezioni unite 2008/3358; 2009/3225; 2009/28332). (riforma sentenza CORTE D'APPELLO di NAPOLI, n. 1007 depositata il 19/03/2004) Pres. Carnevale - Est. Giancola - Ric. Gu. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 20/01/2011 (Ud. 17/12/2010), Sentenza n. 1362

 

ESPROPRIAZIONE - DIRITTO URBANISTICO - Indennità di esproprio - Criterio particolare di determinazione - Liquidazione dell'indennità di occupazione legittima - Rilascio della concessione in sanatoria - Necessità - Fattispecie - Art. 80, c. 6 L. n. 219/1981 - Art. 13 L. n. 2892/1885. L. n. 219 del 1981, art. 80, comma 6, recante la normativa per la realizzazione del programma straordinario di edilizia residenziale nella città di Napoli, fissa un criterio particolare di determinazione dell'indennità di esproprio, che funge usualmente da parametro per la liquidazione dell'indennità di occupazione legittima, e che è quello stabilito dalla L. n. 2892 del 1885, art. 13, ne consegue che, ove si tratti di immobile costruito abusivamente, ed in relazione al quale sia stata successivamente avanzata istanza di condono edilizio, ai fini della determinazione della condizione urbanistica dello stesso, necessaria per stabilirne il reale valore di mercato, e, quindi, determinare la indennità di occupazione legittima, si richiede l'accertamento della circostanza dell'avvenuto rilascio della concessione in sanatoria, non essendo sufficiente la sola considerazione della presentazione della predetta istanza (Cass., sez., un., 22/07/1999, n. 499). Nella specie, ai proprietari attori non compete alcuna indennità, né di espropriazione né di occupazione legittima, per le opere abusivamente realizzate, in quanto all'epoca in cui fu decretata l'espropriazione dei fondi sui quali insistono, non erano state ancora condonate. (riforma sentenza n. 30/2008 della Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte d'appello di Napoli, depositata il 12/06/2003) Pres. CARBONE - Rel. NAPPI - Consorzio Cooperative Costruzioni c. F ed altri. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI 14/05/2010 (Ud. 11/05/2010) Sentenza n. 11730
 

ESPROPRIAZIONE - DIRITTO URBANISTICO - Immobili costruiti abusivamente - Espropriazione per pubblica utilità - Concessione in sanatoria - Indennizzo - Disciplina applicabile - Limiti - Prova della legittimità della costruzione - Giurisprudenza. In tema di espropriazione per pubblica utilità, gli immobili costruiti abusivamente non sono suscettibili di indennizzo, a meno che alla data dell'evento ablativo non risulti già rilasciata la concessione in sanatoria, - per cui non si applica nella liquidazione il criterio del valere venale complessivo dell'edificio e del suolo su cui il medesimo insiste, ma si valuta la sola area, si da evitare che l'abusività degli insediamenti possa concorrere anche indirettamente ad accrescere il valore del fondo (Cass., sez. 1^, 14/12/2007, n. 26260). Per questa ragione si è precisato che, nel quadro della disciplina delle espropriazioni per la realizzazione del programma straordinario per le zone terremotate, la subordinazione dell'indennizzo per i manufatti sorgenti sui terreni espropriati, alla prova della legittimità della costruzione, stabilita dall'ordinanza del Commissario straordinario di governo per le zone terremotate, non contravviene alla legge, dalla quale, viceversa, è desumibile il principio per cui è necessario che l'immobile per il quale si reclama l'indennizzo in caso di esproprio, deve esser stato legittimamente realizzato, onde impedire che il proprietario possa trarre beneficio dalla sua illecita attività (Cass., sez. 1^, 9/04/2002, n. 5046, Cass., sez. 1^, 30/11/2006, n. 25523). (riforma sentenza n. 30/2008 della Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte d'appello di Napoli, depositata il 12/06/2003) Pres. CARBONE - Rel. NAPPI - Consorzio Cooperative Costruzioni c. F ed altri. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI 14/05/2010 (Ud. 11/05/2010) Sentenza n. 11730

 

ESPROPRIAZIONE - Indennità di esproprio per le aree edificabili - Criteri di commisurazione - Art. 5 bis L. n. 359/1992 - Illegittimità costituzionale - Procedimento ablativo - Divieto di "reformatio in peius" - Fattispecie. Sebbene nelle more del giudizio la Corte Costituzionale con sentenza 24 ottobre 2007 n. 348, abbia dichiarato l'illegittimità costituzionale dei criteri di commisurazione dell'indennità di esproprio per le aree edificabili, di cui all'art. 5 bis della legge 359 del 1992 (ivi compresa la decurtazione del 40%), il fatto che il ricorso sia stato proposto dalla amministrazione comunale e non anche dai proprietari espropriati, comporta che la decisione non possa essere più sfavorevole all'impugnante e più favorevole alla controparte di quanto non sia stata la sentenza impugnata, e, quindi, preclude la "reformatio in peius" in danno del primo ed in particolare di dare ingresso alle sopravvenute innovazioni normative, per le quali all'espropriato spetta un indennizzo di entità superiore a quella determinata dalla sentenza impugnata. Fattispecie: allargamento di una strada Comunale e relativa espropriazione per pubblica utilità. (conferma sentenza n. 5194, depositata il 09/12/2003, CORTE D'APPELLO di ROMA) Pres. Vitrone, Est. Giancola, Ric. Comune di Te.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 13/01/2011 (Cc. 15 /12/2010) Sentenza n. 715

 

ESPROPRIAZIONE - Vincolo preordinato all’esproprio - Reiterazione - Indicazione di un indennizzo e della relativa copertura finanziaria - Necessità - Esclusione - Ragioni - Art. 39 T.U. n. 327/2001. L’art. 39 del testo unico n. 327 del 2001, avente natura ricognitiva del preesistente quadro normativo, evidenzia che l’ordinamento non impone l’indicazione di un indennizzo nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio (e, dunque, la relativa copertura finanziaria), poiché la sua spettanza o meno è del tutto eventuale e va accertata (solo quando il vincolo sia stato effettivamente reiterato) sulla base della istanza dell’interessato, che può attivare un procedimento nel corso del quale ha l’onere di dare prova del pregiudizio concretamente ricevuto dagli atti amministrativi. Pres. f.f. Maruotti, Est. Potenza - D.F. (avv. Marcello) c. Comune di Squillace (avv. Nisticò) - (Conferma TAR Calabria, Catanzaro, n. 517/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 6 novembre 2009, n. 6936

 

ESPROPRIAZIONE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Vincolo cimiteriale - Fascia di rispetto (200 metri) - Divieto di costruire nuovi edifici dal perimetro del cimitero - Indennizzo espropriativo - Vincolo urbanistico operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici - Deroga - Procedura - Art. 338 T.U. Sanità modificato dall'art. 28 L. n.166/2002. L'articolo 338 T.U. Legge Sanitaria, come modificato dall'articolo 28 della legge 1° agosto del 2002 n.166, ribadisce al primo comma la regola generale che i cimiteri debbano essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati e che è vietato costruire nuovi edifici (siano essi pubblici o privati) entro il raggio di duecento metri dal perimetro del cimitero. Siffatta fascia di rispetto costituisce un vincolo urbanistico posto con legge dello Stato e come tale è operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici vigenti ed eventualmente anche in contrasto con essi (Cons. Stato sez V 27/08/1999 n 1006, Cass. pen. sez. III n 8553/1996, Cons. Stato n. 1185/2007). Il relativo suolo ai fini dell'indennizzo espropriativo, anche se può avere un valore di mercato superiore a quello agricolo per effetto di possibili utilizzazioni diverse da quelle edificatorie, non è comunque suolo edificatorio (Cass. Sez un. civ. n .13596/1991, Cass. civ. sez. I n. 11669/2004, sez. III n. 4797/2006). Tale fascia di rispetto può essere derogata in due ipotesi soltanto. Secondo la prima, il Consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato purché non oltre il limite di 50 metri quando ricorrono anche alternativamente le due condizioni previste dalla norma, ossia quando non sia possibile provvedere altrimenti ovvero quando l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche, fiumi ecc. In base alla seconda , la deroga è consentita allorché si deve dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico sanitarie; in tali casi il Consiglio comunale può consentire previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici o la realizzazione di parcheggi, attrezzature sportive, locali tecnici e serre. Pres. Onorato Est. Petti Ric. Porticelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/02/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 8626

 

ESPROPRIAZIONE - Occupazione appropriativa anteriore all'entrata n vigore della legge n. 458 del 1988 - Risarcimento del danno - Prescrizione - Decorrenza a partire dall'entrata in vigore della legge. In materia di espropriazione per pubblica utilità, il termine quinquennale della prescrizione, per le azioni risarcitorie del danno da occupazione appropriativa anteriori all'entrata in vigore della legge n. 458 del 1988, che contiene il primo riconoscimento dell'istituto, decorre dall'entrata in vigore di quest'ultima (3.11.1988), ) non potendo la prescrizione maturare in un contesto temporale in cui non ne era normativamente percepibile la decorrenza. Pres. R. De Musis, Rel. M. R. Morelli. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 05/09/2008 (Ud. 21/05/2008)  Sentenza n. 22407

 

ESPROPRIAZIONE - Indennità - Criterio del valore venale - Applicazione - Interventi di ricostruzione post-terremoto degli anni 1980/1981 - L. finanziaria 2008 (l. n. 244 del 2007). A seguito della dichiarazione di incostituzionalità del criterio della c.d. semi-somma (C. Cost. sentenza n. 348 del 2007) e delle modifiche da parte della legge finanziaria 2008 (l. n. 244 del 2007), l’indennità di espropriazione va liquidata sulla base del valore venale dell’area anche per le procedure espropriative finalizzate alla realizzazione di interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981, per le quali l'art. 80 della legge n. 219 del 1981 prevedeva un criterio analogo a quello dichiarato incostituzionale. Presidente G. Losavio, Relatore F. A. Genovese. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 09/07/2008, Sentenza n. 18844

 

ESPROPRIAZIONE per pubblica utilità - Computo nell'indennità delle perdite aziendali - Esclusione - Fattispecie. L'indennità di espropriazione non può superare in nessun caso il valore determinabile con l'applicazione del criterio legale previsto dalla normativa, per cui non può incidere il reale pregiudizio che il proprietario od altro titolare di minore diritto di godimento risentono come effetto dal non potere ulteriormente svolgere mediante l'uso dello stesso immobile la precedente attività. Di conseguenza, ove risulti impedito sul luogo l'ulteriore svolgimento dell'impresa che utilizzava gli immobili per fornire i propri servizi, l'espropriazione non si estende al diritto dell'imprenditore su di essi, né all'azienda organizzata dall'imprenditore, sì che il valore del bene espropriato debba comprendere quello dell'azienda in sé considerata, quale complesso funzionale organizzato, risultante da una pluralità di elementi. Nel caso di specie (relativo all’espropriazione di terreno destinato a parcheggio a servizio di struttura alberghiera) le perdite aziendali lamentate dall'espropriato non sono suscettibili di indennizzo, ed è sufficiente a compensare la perdita subita l'applicazione del criterio legale previsto nel caso di espropriazione parziale (nella specie disciplinata dall'art. 15 bis legge prov. Trento 19 febbraio 1993, n. 63, riproduttiva dell'art. 40 legge 25 giugno 1865, n. 2359), assumendo le perdite aziendali rilevanza autonoma rispetto alla perdita dominicale solo nella diversa ipotesi di espropriazione di azienda agricola (art. 16 legge 22 ottobre 1971, n. 865). Pres. Panebianco, Rel. Benini, Ric. Nideriaufner V. s.a.s. ed altro (conferma Corte d'Appello di Trento sentenza dell’11.12.2002). CORTE DI CASSAZIONE Civile 31/01/2008, Sentenza n. 2424

ESPROPRIAZIONE - Opposizione alla stima - Criterio di determinazione indennitaria - Limite della reformatio in peius - Art. 19 L. n. 865/1971. Nel giudizio di opposizione alla stima, di cui al l'art. 19 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, la qualificazione del fondo e l'adozione del criterio di determinazione indennitaria attiene all'attività di applicazione delle norme, alla quale si associa l'attività difensiva delle parti, di modo che non può ravvisarsi preclusione alcuna tanto ad una definizione, da parte del giudice, dell'oggetto espropriato in discordanza con la stima amministrativa o con le indicazioni delle parti (con l'unico limite del divieto di reformatio in peius della posizione dell'opponente (Cass. n. 12966/2004). Pres. Panebianco, Rel. Benini, Ric. Nideriaufner V. s.a.s. ed altro (conferma Corte d'Appello di Trento sentenza dell’11.12.2002). CORTE DI CASSAZIONE Civile 31/01/2008, Sentenza n. 2424

ESPROPRIAZIONE - Mancanza dell’identità del proprietario - Espropriazione parziale - Esclusione - Criterio della stima differenziale - Fattispecie. Quando manca il presupposto dell'identità del proprietario non è ravvisabile neanche l’ipotesi di espropriazione parziale (Cass. 27.8.2004 n. 17112). Nella specie, non è applicabile il criterio della stima differenziale, riguardo ad una particella appartenente a soggetto diverso dal proprietario del terreno sui cui insiste l'azienda (alberghiera). Pres. Panebianco, Rel. Benini, Ric. Nideriaufner V. s.a.s. ed altro (conferma Corte d'Appello di Trento sentenza dell’11.12.2002). CORTE DI CASSAZIONE Civile 31/01/2008, Sentenza n. 2424

 

ESPROPRIAZIONE - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Diritto all'indennizzo espropriativo - Evasione totale o parziale dell’imposta I.C.I. - Effetti - Sanzioni e recupero del tributo I.C.I. - Accertamento da parte dell'Amministrazione. In materia di espropriazione, l'evasore totale dell’imposta I.C.I. non perde il suo diritto all'indennizzo espropriativo (Cass. sentenza n. 24509/06), ma è unicamente "destinato a subire le sanzioni per la omessa dichiarazione e l'imposizione per l'I.C.I. che aveva tentato di evadere", potendo l'erogazione della indennità di espropriazione "intervenire solo dopo la verifica che essa non superi il tetto massimo ragguagliato al valore accertato per l'I.C.I., ed a seguito della regolarizzazione della posizione tributaria con concreto avvio del recupero dell'imposta e delle sanzioni" (così testualmente, Corte Cost. n. 351/00). Mentre, "l'evasore parziale resta soggetto alle stesse conseguenze per il minor valore dichiarato", potendo quindi il Comune procedere ad accertamento del maggiore valore dei fondo agli effetti tributari e sulla base di questo commisurare consequenzialmente, in via definitiva, l'indennità espropriativa (ivi) e non già liquidarla (come nella specie) in misura irrisoria, con ancoraggio alla dichiarazione infedele. Nella seconda evenienza, in particolare, va da sè che il previo recupero del tributo I.C.I., parzialmente evaso, possa avvenire, agli effetti indicati, oltre che per accertamento da parte dell'Amministrazione, a seguito di rettifica, in termini, da parte dello stesso proprietario (argomentando L. n. 413 del 1991, ex artt. 32, 49 e 53; D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 13; D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. l; e considerando che la dichiarazione tributaria è atto di scienza e di non di volontà). Pres. Losavio - Est. Morelli - Ric. Comune di Sesto Fiorentino (avv. Pecchioli) c. V.R. (Avv. Manfredini) (conferma Corte d'Appello di Firenze, sentenza n. 845/02 depositata il 03/07/02). CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. I, 3/01/2008 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 19

ESPROPRIAZIONE - Occupazione d'urgenza - Effetti - Possesso del bene - Indennità per l'occupazione - Decreto di esproprio o ablazione - Perdita del possesso del bene. L'occupazione d'urgenza, per il suo carattere coattivo, non priva il proprietario del possesso del bene occupato, in quanto questo, finchè non intervenga il decreto di esproprio o comunque ablazione, continua ad appartenergli, tant'è che per tal motivo gli si riconosce anche una indennità per l'occupazione. Pres. Losavio - Est. Morelli - Ric. Comune di Sesto Fiorentino (avv. Pecchioli) c. V.R. (Avv. Manfredini) (conferma Corte d'Appello di Firenze, sentenza n. 845/02 depositata il 03/07/02). CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. I, 3/01/2008 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 19

 

ESPROPRIAZIONE - Evasione dell’I.C.I.. - Diritto alla liquidazione dell’indennità di esproprio - Regolarizzazione posizione contributiva - Necessità. L’evasore dell’i.c.i. non perde il diritto alla liquidazione dell’indennità di esproprio, previa regolarizzazione della sua posizione contributiva. Presidente G. Losavio, Relatore M. R. Morelli. CORTE DI CASSAZIONE Sez. I Civile, 03/01/2008, Sentenza n. 19

 

ESPROPRIAZIONE - Indennità di espropriazione - Fabbricato con terreno limitrofo inscindibile - Calcolo liquidazione - Terreno pertinenziale - Criterio per la liquidazione - Art. 5 bis L. n. 359/1992 - Art.16 L. n. 865/1971. Nell’espropriazione di un fabbricato con terreno limitrofo o area di sedime inscindibile, il manufatto costituisce un bene con autonoma entità, il cui valore deve essere commisurato in aggiunta del valore del suolo, calcolando la liquidazione corrispondente con riferimento al valore di mercato dell’edificio a prescindere dal fatto che il fabbricato sia destinato dall’espropriante alla demolizione. Mentre, per il terreno pertinenziale il criterio per la liquidazione varia a seconda se esso risulti edificabile o inedificabile, (art. 5 bis L. 8/08/1992, n.359 o art.16 L. 22/10/1971, n. 865). Pres. Adamo - Est. Petitti. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. I, 13/09/2007, Sentenza n. 19170

 

ESPROPRIAZIONE - Indennità di occupazione - Natura e funzione - Criterio di calcolo. L’indennità di occupazione non è un interesse, bensì un corrispettivo del mancato godimento del bene occupato sino all’espropriazione, in relazione all’anticipata privazione del proprietario del suo diritto reale, ed è ragguagliato al tasso legale degli interessi sull’indennità di espropriazione, che, per la loro natura hanno funzione compensativa. Pres. Adamo - Est. Petitti. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. I, 13/09/2007, Sentenza n. 19170

 

Espropriazione - Aree edificabili - Determinazione dell’indennità - Art. 5 bis della L. n. 359/1192 - Disapplicazione - Sentenza Scordino della Corte Europea per i diritti umani - Valore reale o di mercato del bene. Per effetto della sentenza Scordino del 29.7.2004 della Corte Europea per i diritti dell’uomo, poi confermata dalla decisione della Grande Chambre del 29.3.2006, i principi espressi dalla quale hanno valore vincolante per il giudice nazionale (si veda Cass. 19.7.2002, n. 10542; 15.2.2005, n. 3033, ma anche, nel settore amministrativo, la nuova formulazione dell’art. 1 della L. 241/90, come modificato dalla legge 11.2.2005 n. 15), l’art. 5 bis della L. 8.8.1992 n. 359, di conversione con modifiche del D.L. 11.7.1992 n. 333 non si applica più nella determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree edificabili, la quale deve essere, conseguentemente, determinata sulla base del valore reale o di mercato del bene. (Discorso analogo vale, a maggior ragione, per le ipotesi di occupazione illegittima prevedute dal comma 7 bis dello stesso art. 5 bis - v. le sentenze Squadrelli, del 27.2.2005, e Bruzzichelli, del 29.11.2004 della Corte d’Appello di Firenze). Pres. Massetani, Est. Occhipinti - T.C. (avv. Viciconte) c. Comune di Pisa (avv.ti Lazzeri e Ferraroni) - CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, Sez. I civile - 14 luglio 2006, n. 1403 (vedi: sentenza per esteso)

 

Espropriazione - Aree edificabili - Determinazione dell’indennità - Art. 5 bis della L. n. 359/1192 - Disapplicazione - Sentenza Scordino della Corte Europea per i diritti umani - Valore reale o di mercato del bene. Per effetto della sentenza Scordino del 29.7.2004 della Corte Europea per i diritti dell’uomo, poi confermata dalla decisione della Grande Chambre del 29.3.2006, i principi espressi dalla quale hanno valore vincolante per il giudice nazionale (si veda Cass. 19.7.2002, n. 10542; 15.2.2005, n. 3033, ma anche, nel settore amministrativo, la nuova formulazione dell’art. 1 della L. 241/90, come modificato dalla legge 11.2.2005 n. 15), l’art. 5 bis della L. 8.8.1992 n. 359, di conversione con modifiche del D.L. 11.7.1992 n. 333 non si applica più nella determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree edificabili, la quale deve essere, conseguentemente, determinata sulla base del valore reale o di mercato del bene. (Discorso analogo vale, a maggior ragione, per le ipotesi di occupazione illegittima prevedute dal comma 7 bis dello stesso art. 5 bis - v. le sentenze Squadrelli, del 27.2.2005, e Bruzzichelli, del 29.11.2004 della Corte d’Appello di Firenze). Pres. Massetani, Est. Occhipinti - B.B. (avv. Giovannelli) c. Comune di Prato (avv.ti Tognini e Gisondi) - CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, Sez. I civile - 14 luglio 2006, n. 1402 (vedi: sentenza per esteso)

 

Espropriazioni - Esecuzione forzata immobiliare - Vendita con incanto - Aggiudicazione - Somma da versare - Iva - Computo - Necessità. In tema di esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, l'aggiudicatario del bene è tenuto, a pena di decadenza, a versare nei termini e nel modo fissati dall'ordinanza che dispone la vendita a norma dell'art. 576 cod. proc. civ. la somma che residua alla soddisfazione del proprio credito, pure se eccedente la somma occorrente a soddisfare gli altri creditori capienti, in quanto l'eventuale esubero può essere distribuito ai creditori non capienti o essere restituito al debitore. L'aggiudicatario, anche laddove l'ammontare del suo credito non risulti interamente coperto, è in ogni caso tenuto -salvo che non abbia proceduto al pignoramento e sostenuto le spese del procedimento- a versare la somma occorrente a coprire le spese, delle quali fa parte anche l'ammontare dovuto a titolo di I.V.A., di cui, in caso di omesso versamento, il giudice può disporre il deposito, ma non anche, a causa di ciò, non pronunziare il decreto di trasferimento, la cui emissione è subordinata solamente al versamento del prezzo, con conseguente obbligo per il debitore espropriato ( cedente ) di emettere fattura con addebito di imposta per l'assegnatario ( cessionario ). Peraltro, se l'immobile è aggiudicato ad un creditore ipotecario o l'aggiudicatario è autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice può -sempre che l'immobile non sia garantito da privilegi e non sussistano ipoteche di grado poziore- anche d'ufficio con decreto limitare -operando una compensazione anche a prescindere dal ricorrere delle condizioni richieste dall'art. 1243 cod. civ.- il versamento del prezzo a quanto occorrente per le spese e la soddisfazione degli altri creditori che possono risultare capienti. Presidente G. Nicastro, Relatore B. Durante. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 31/05/2006, Sentenza n. 13013

 

Espropriazione per pubblica utilità - Indennità - Questione di legittimità costituzionale. Facendo seguito all’ordinanza n. 11887 del 2006 , con la quale era stata sollevata questione di legittimità costituzionale relativamente alla disciplina che determina l’indennizzo risarcitorio in tema di accessione invertita, la Corte di cassazione, con l’odierna pronuncia, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 bis d.l. 11.7.1992 n. 333, conv. in legge 8.8.1992 n. 359, perché, in tema di indennità di espropriazione, prevederebbe un criterio indennitario lesivo del diritto di proprietà, con ciò violando anche i criteri derivanti dagli obblighi internazionali (rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, secondo l’interpretazione data dai giudici di Strasburgo). Presidente R. De Musis, Relatore S. Benini. CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 29/05/2006, Ordinanza n. 12810

Espropriazione immobiliare - Processo civile - Esecuzione forzata - Formulazione di offerte con "aumento”. La fase del rincaro, nell'esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, conseguente alla formulazione di offerte con "aumento di un sesto" (ora di "un quinto", a seguito della novellazione dell'art. 584 c.p.c., per effetto delle previsioni contenute nel d.l. n. 35 del 2005, conv., con modif., dalla legge n. 80 del 2005), rappresenta, non già il proseguimento del precedente incanto, ma un'ulteriore fase del procedimento, retta da regole proprie e da un diverso sistema di aggiudicazione. Nonostante, per considerarsi ammissibile, l'offerta in aumento deve essere tempestivamente proposta ed accompagnata sia dalla prestazione della cauzione che dal deposito in cancelleria dell'ammontare approssimativo delle spese di vendita, senza, che perciò, a quest'ultimo adempimento si possa provvedere in un successivo momento. (Cass., SS.UU., n. 8187/1993 e Cass. n. 12544/2000. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sentenza, Sez. III, 29/03/2006, n. 7233

Espropriazione - Approvazione del progetto definitivo di opere pubbliche - Variante al piano regolatore generale - Competenza consiglio comunale - Inesatta o inesistenza liquidazione della giusta indennità - Provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza - Fissazione del termine massimo di cinque anni. Spetta al consiglio comunale l’approvazione del progetto definitivo di opere pubbliche, qualora costituiscano variante al piano regolatore generale, mentre non costituisce motivo di illegittimità dei provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza la inesatta o inesistenza liquidazione della giusta indennità, essendo quest’ultima sganciata da tali atti (C.d.S., sez. IV, 22 settembre 2003, n. 5395; 27 maggio 2002, n. 2909; 4 dicembre 1998, n. 1599); inoltre la fissazione del termine massimo di cinque anni previsto dall’articolo 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, per l’occupazione d’urgenza del bene soggetto ad espropriazione costituisce scelta latamente discrezionale dell’amministrazione che non necessita di motivazione (C.d.S., sez. IV, 23 dicembre 2002, n. 7279; 31 luglio 2000, n. 4215; 10 giugno 1999, n. 982; 4 febbraio 1997, n. 81; 16 settembre 1993, n. 775). Pres. ed Est. SALTELLI - MORONI (avv.ti Romano e Ferrari) c. COMUNE DI LEGNANO (avv.ti Lorenzoni e Sala) (annulla TAR Lombardia, sede di Milano, sez. III, n. 1390 del 25 novembre 1995). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 12 agosto 2005 (c.c. 16.03.2005), Sentenza n. 4368 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione per pubblico interesse (o utilita') - Occupazione acquisitiva - Accessione invertita - Perdita del diritto - Irreversibile incorporazione del suolo in un'opera pubblica - Risarcimento dei danni - Competenza e giurisdizione - Fondamento. Spetta al giudice ordinario conoscere della domanda - introdotta in epoca successiva al 30 giugno 1998 e precedente il 10 agosto 2000 (data di entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205) - con la quale il proprietario di un fondo, deducendo la perdita del suo diritto per effetto di accessione invertita derivante da irreversibile incorporazione del suolo in un'opera pubblica su di esso eseguita, faccia valere la pretesa al risarcimento dei danni: detta domanda, infatti, non integra impugnazione di atti o provvedimenti autoritativi della P.A., nè fa valere posizioni di interesse legittimo devolute alla cognizione del giudice amministrativo secondo la normativa anteriore al D.Lgs. n. 80 del 1998 (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 e legge 6 dicembre 1971, n. 1034), ma denuncia fatti lesivi della proprietà, nella carenza di provvedimenti idonei a determinarne l'affievolimento o la traslazione, e così si ricollega ad un diritto soggettivo tutelabile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, in mancanza di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione. (Cass. civ., Sez. Unite, 11.11.2004, ord. n. 21411 - Cass. civ., Sez. Unite, 17.11.2004, n. ord. 21710 - Cass. civ., Sez. Unite, 22.11.2004, ord. n. 21944 - Cass. civ., Sez. Unite, 07-12-2004, ord. n. 22891). Pres. Nicastro G. - Rel. Graziadei G. - P.M. Palmieri R. (Conf.) - Cir. Costr. Srl c. Cecchi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. Unite, 20/04/2005, Ordinanza n. 8209

Espropriazione - Indennita’ - Comprensorio di Capocotta - Dotazione immobiliare del Presidente della Repubblica - Destinazioni di fatto della zona - Valore venale - Vincoli paesaggistici e storici. Ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree comprese nella tenuta di Capocotta - destinate all’ampliamento della dotazione immobiliare del Presidente della Repubblica - assumono rilievo destinazioni di fatto della zona (quali la facile accessibilità, la vicinanza a Roma e al mare, l’esistenza di essenze arboree di pregio e l’eventuale utilizzabilità per fini diversi da quelli agricoli, come riserva di caccia, area floristica e faunistica, da sfruttare per svago e turismo) che siano compatibili con l’inedificabilità posta da vincoli paesaggistici e storici già esistenti in natura, atteso che la norma (art. 13, legge n. 2892 del 1885) cui rinvia l’art. 5 della legge n. 372 del 1985 fa riferimento al valore venale. Presidente G. Losavio - Relatore F. Forte. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezione I, 23 novembre 2004, Sentenza n. 22117

Espropriazione parziale - Area edificabile - Indennità - Stima differenziale - Art. 40, L. n. 2359/1865 - L. n. 359/1992. Con riferimento all’indennità in caso di espropriazione parziale, quanto spetta all’espropriato non può essere decurtato in ragione della possibilità che questi abbia di recuperare in tutto o in parte il pregiudizio subito mediante successive edificazioni. Inoltre, la regola della stima differenziale (art. 40, legge n. 2359 del 1865) non è inconciliabile con quella prevista per le aree edificabili (art. 5 bis, d.l. n. 333 del 1992, convertito nella legge n. 359 del 1992), con la conseguenza che le due norme vanno coordinate nel caso di espropriazione parziale di terreno edificabile. Presidente G. Prestipino - Relatore G. Graziadei - CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezione I, 23 novembre 2004, Sentenza n. 22110

Espropriazione - Indennità di asservimento - Liquidazione - Criteri - Deprezzamento subito a causa dell’esecuzione di un’opera pubblica che comporti la costituzione di una servitù. L’indennità di asservimento di un fondo, dovuta per il deprezzamento subito a causa dell’esecuzione di un’opera pubblica che comporti la costituzione di una servitù, va commisurata all’indennità di esproprio calcolata secondo i criteri dell’art. 5 bis del d.l. n. 333/1992, conv. in l. n. 359/1992, ferma restando la differenza tra le due indennità. La prima è destinata a ristorare il pregiudizio effettivo ed attuale subito dal proprietario da determinarsi con una indagine in concreto circa la reale incidenza del vincolo, tenendo conto altresì dell’eventuale diminuizione di valore che dalla servitù derivi indirettamente alla residua porzione del fondo. Presidente A. Saggio - Relatore P. Giuliani. CORTE DI CASSAZIONE CIVILI, Sezione I, 30 settembre 2004, Sentenza n. 19643

Espropriazione - Indennità di occupazione - Soggetto obbligato - Domanda giudiziale - Decadenza - Costruzione di una strada - Procedure espropriative. Affinché l’impresa concessionaria della costruzione di una strada sia obbligata al pagamento dell’indennità di occupazione è sufficiente che l’incarico di svolgere per l’ANAS le procedure espropriative sia contenuto nel decreto ministeriale di concessione, risultando irrilevante che lo stesso incarico non risulti dal capitolato. Il termine di decadenza della domanda decorre dalla comunicazione dell’indennità di occupazione, non rilevando la comunicazione della diversa indennità di espropriazione. Presidente G. Cappuccio - Relatore M. R. Morelli. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. I, del 30 settembre 2004, Sentenza n. 19632

Espropriazione - Determinazione indennità di esproprio - Area inclusa in Zona F - Edificabilità legale - Modesto indice di fabbricabilità - Determinazione del prezzo di mercato - Incidenza. Ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio (secondo i criteri dell’art. 5 bis del d.l. n. 333/1992, conv. in l. n. 359/1992) l’edificabilità legale non può essere esclusa per il modesto indice di fabbricabilità consentito, facendo parte l’area della zona F destinata ad attrezzature ed impianti d’interesse generale. Peraltro, l’edificabilità limitata incide sotto il diverso profilo della determinazione del prezzo di mercato. Presidente G. Olla - Relatore G. Graziadei. CORTE DI CASSAZIONE CIVILI, Sezione I, del 29 settembre 2004, Sentenza n. 19542

L’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa - l’indennità di esproprio a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla stima con sentenza passata in giudicato - accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità. L’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa. (Consiglio di Stato IV, 11 aprile 2002 n. 1986) Tale principio è applicabile anche nell’ipotesi in cui l’indennità di esproprio risulti accertata a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla stima con sentenza passata in giudicato. Non sussiste, in tal caso, come deduce l’appellante, una incompatibilità tra giudicati - quello sulla stima e quello sulla legittimità degli atti della procedura - atteso che il giudizio sulla stima non presuppone la legittimità degli atti della procedura, ma solo la loro esistenza; mentre, in caso di accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità si convertirà in acconto sul maggior danno eventualmente ritenuto spettante (conf. Cass. 9 settembre 1993 n. 9448). Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040 (vedi: sentenza per esteso)

Vincoli espropriativi scaduti - reiterazione o proroga - necessità di indennizzo - combinato disposto dell’art. 37, comma 5 , L.R. Puglia 56/1980 e dell’art. 17, comma 2, L.R. Puglia 20/2001 - mancata previsione di durata e indennizzo - illegittimità costituzionale - l’esecuzione di opere pubbliche - vincoli meramente conformativi - vincoli (urbanistici) espropriativi, la reiterazione (o la proroga) e l’indennizzo - obbligo specifico di indennizzo. E’ costituzionalmente illegittimo il combinato disposto dell’art. 37, quinto comma, della legge della Regione Puglia 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio) e dell’art. 17, comma 2, della legge della Regione Puglia 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio), nella parte in cui si riferiscono a vincoli scaduti, preordinati all'espropriazione o sostanzialmente espropriativi, senza previsione di durata e di indennizzo. Il problema della temporaneità e della conseguente indennizzabilità della protrazione dei vincoli urbanistici si può porre solo nei confronti dei vincoli preordinati all'espropriazione o sostanzialmente ablativi. Restano, di conseguenza, fuori dai problemi enunciati di costituzionalità tutti gli altri vincoli attinenti a destinazioni non coinvolgenti l’esecuzione di opere pubbliche, ma rimessi alla iniziativa (anche concorrente) dei singoli proprietari (come il verde condominiale e gli accessi privati pedonali), trattandosi di vincoli meramente conformativi. L'iter interpretativo della garanzia costituzionale in materia di espropriazione ha portato a riconoscere il principio secondo cui, per gli anzidetti vincoli (urbanistici) espropriativi, la reiterazione (o la proroga) comporta - oltre la temporaneità - necessariamente un indennizzo, diretto al ristoro del pregiudizio causato dal protrarsi della durata (sentenze n. 411 del 2001; n. 179 del 1999). L'obbligo specifico di indennizzo deve sorgere una volta superato il primo periodo di ordinaria durata temporanea del vincolo, da considerarsi come periodo di franchigia da ogni indennizzo, quale determinato dal legislatore entro limiti non irragionevoli, riconducibili alla normale sopportabilità del peso gravante in modo particolare sul singolo (sentenza n. 179 del 1999). Deve essere, di conseguenza, tenuto distinto - rispetto alla pretesa indennitaria - il profilo della ammissibilità e legittimità sia della reiterazione degli anzidetti vincoli in via amministrativa, sia della ammissibilità sul piano costituzionale, entro i limiti della non irragionevolezza, di proroghe o di protrazioni di durata in via legislativa o di differenziazioni di durata per taluni vincoli (sentenze n. 411 del 2001; n. 179 del 1999). Pertanto deve essere dichiarata la illegittimità costituzionale non dell'intero complesso normativo denunciato, che consente la protrazione dei vincoli derivanti dalle previsioni degli strumenti esecutivi, ma solo in quanto, per la generale indicazione di persistente ulteriore efficacia dell'obbligo di osservare le previsioni non attuate dello strumento di pianificazione urbanistica, si riferisce anche a vincoli scaduti preordinati all'espropriazione o sostanzialmente espropriativi senza previsione di durata e di indennizzo. Corte Costituzionale, 9 maggio 2003, sentenza n. 148 (vedi: sentenza per esteso)

La legittimità dei provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza - liquidazione della giusta indennità. Secondo la costante giurisprudenza della sezione (cfr. sez. IV, 19 gennaio 2000, n. 248; 4 dicembre 1998, n. 1599), la legittimità dei provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza, non è inficiata dalla inesatta o inesistente liquidazione della giusta indennità, essendo l’emanazione di tali atti sganciata da quest’ultima. Consiglio di Stato, Sezione IV, 25 marzo 2003 Sentenza n. 1545 (vedi: sentenza per esteso)

Il termine per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica avente effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g. - insufficienza della pubblicazione dell’atto per l’effettiva conoscenza - decorrenza - conoscenza individuale del proprietario - la notificazione individuale dell’atto di approvazione regionale - obbligo. Il termine per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica ai sensi dell’art. 1, l. n. 1 del 1978, avente effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g. (perché relativa ad un bene specifico sopra il quale viene impresso un vincolo di destinazione pubblica), decorre dalla conoscenza individuale che ne abbia avuto il proprietario, essendo insufficiente a tal fine la pubblicazione dell’atto, in quanto il provvedimento ha effetti specifici e circoscritti all’area da espropriare per l’esecuzione dell’opera, e quindi è rivolto a soggetti determinati per quanto non esplicitamente nominati (cfr. sez. IV, 28 gennaio 2002, n. 452, sez. II, 27 febbraio 2002, n. 294\2001). Nello specifico, la notificazione individuale dell’atto di approvazione regionale è imposta dall’art. 8, comma 5, l. n. 167 del 1962, richiamato dall’art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978, come sostituito dall’art. 4, comma 3, l. n. 415 del 1998. Consiglio di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1196 (vedi: sentenza per esteso)

Determinazione dell'indennizzo per un'eventuale espropriazione - vincolo di inedificabilità contenuto in un piano territoriale paesistico - regime imposto su di esso dalla disciplina urbanistica - pianificazione paesistica. Il vincolo di inedificabilità contenuto in un piano territoriale paesistico, che rivela una qualità insita nel bene, sì che la proprietà su di esso è da intendere limitata fin dall'origine, è da considerare vincolo conformativo, non soggetto a decadenza, che incide sul valore del bene in sede di determinazione dell'indennizzo per un'eventuale espropriazione, tanto da rendere irrilevante la definizione, sempre ai fini della valutazione del bene, del regime imposto su di esso dalla disciplina urbanistica, che comunque è tenuta a uniformarsi alla pianificazione paesistica (Corte cost. 13 luglio 1990 n. 327; Corte cost. 9 maggio 1968 n. 55 e 56). Cassazione civile, Sezione I, 19 luglio 2002, n. 10542 (vedi: sentenza per esteso)

Dichiarazione di pubblica utilità - non è riconoscibile un giudicato sull'esistenza della dichiarazione di pubblica utilità - decorso della prescrizione - l'occupazione illegittima - "il criterio" di risarcimento. Non è riconoscibile un giudicato sull'esistenza della dichiarazione di pubblica utilità, atteso che per effetto dell'appello, particolarmente riguardo al decorso della prescrizione, era rimasto complessivamente in discussione il diritto al risarcimento del danno per l'occupazione illegittima, per il quale il giudice di primo grado aveva erroneamente trascurato di verificare il carattere istantaneo o permanente dell'illecito da cui esso scaturiva. Nessun elemento, inoltre, può cogliersi dalla sentenza di primo grado per ritenere un passaggio in giudicato del decisum circa "il criterio" di risarcimento, nel senso di una liquidazione decurtata del danno, che avrebbe imposto al giudice d'appello l'applicazione del sopravvenuto art. 5 bis, comma 7 bis, l. 359-92. Per le stesse ragioni poco sopra esposte, il giudice di appello, attribuita ai fatti una diversa qualificazione giuridica, applica la disciplina giuridica che reputa consequenziale. Cassazione civile, Sezione I, 19 luglio 2002, n. 10542 (vedi: sentenza per esteso)

Vincoli di inedificabilità - conformità della disciplina dell'uso del territorio - vincoli conformativi della proprietà non sono suscettibili di indennizzo. La conformità della disciplina dell'uso del territorio, anche se comporti vincoli di inedificabilità, ai principi della Costituzione repubblicana (e fra questi va escluso, per i motivi già detti, il richiamo all'art. 10), va ricordato come risalga proprio all'elaborazione della giurisprudenza costituzionale la teorizzazione di un tipo di vincoli, quelli conformativi della proprietà, configurabili per via di imposizioni a carattere generale e con criteri predeterminati, che riguardano intere categorie di beni, e in quanto connaturati al diritto stesso su quel bene, che nasce limitato, non sono suscettibili di indennizzo (Corte Cost. 9.5.1968, nn. 55 e 56). Cassazione civile, Sezione I, 19 luglio 2002, n. 10542 (vedi: sentenza per esteso)

I piani regolatori debbono conformarsi alle indicazioni dei piani paesistici - la qualificazione del vincolo urbanistico - conformativo o espropriativo - la disciplina di inedificabilità - le previsioni di tutela del paesaggio prevalgano su ogni altra disciplina concernente l'assetto del territorio - i beni immobili privati qualificati come bellezza naturale - il vincolo panoramico - vincoli preordinati a esproprio e vincoli che comportano l'inedificabilità - distinzione. Non è ravvisabile un interesse a contestare la qualificazione del vincolo urbanistico apposto all'area, se conformativo o espropriativo, se è vero che la disciplina di inedificabilità, o, come sembra nella specie, di edificabilità funzionale alla fruizione pubblica della zona, può essere autonomamente tratta dal piano territoriale paesistico, le cui previsioni limitative all'uso della proprietà non è discutibile che siano conformative. Va osservato in proposito che la primazia assicurata dall'ordinamento al valore ambientale, fa si che le previsioni di tutela del paesaggio prevalgano su ogni altra disciplina concernente l'assetto del territorio. I piani regolatori debbono conformarsi alle indicazioni dei piani paesistici (art. 150 d. lgs. 490-99). I beni immobili privati qualificati come bellezza naturale costituiscono, fin dall'origine, una categoria di interesse pubblico in virtù delle particolari qualità, previste dalla legge, che ad essi ineriscono; pertanto, quando l'amministrazione impone vincoli paesaggistici a tali beni, non ne modifica la qualità, nè determina alcuna compressione del diritto su di essi, essendo connaturato a tali beni il limite che il vincolo imposto si è limitato ad evidenziare, con la conseguenza che la suddetta imposizione di vincoli da parte dell'Amministrazione non determina l'insorgenza di un diritto costituzionalmente garantito all'indennizzo, senza che, però, possa escludersi la legittimità di specifiche disposizioni prevedenti, caso per caso, l'adozione di misure intese a ristorare il pregiudizio patito dai titolari di diritti sui beni oggetto del vincolo (Cass. 19.11.1998, n. 11713; Corte Cost. 29.5.1968, n. 56; 4.7.1974, n. 202). Il vincolo panoramico non è soggetto alla disciplina della temporaneità ai sensi dell'art. 2 della legge 19.11.1968, n. 1187, che è dichiaratamente applicabile ai soli vincoli di piano regolatore, e di conseguenza non incorre nella ivi prevista decadenza nel caso di mancata approvazione del piano particolareggiato nel termine previsto, essendo correlato alla tutela del paesaggio in virtù delle caratteristiche dei beni naturalmente paesistici che sono ad esso sottoposti (Cass. 12.6.1991, n. 6649): la distinzione, contenuta nella norma citata, tra vincoli preordinati a esproprio e vincoli che comportano l'inedificabilità, è da riferire, rispettivamente, alle previsioni funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica, con imposizioni a titolo particolare su determinate aree, e alle situazioni di temporanea neutralizzazione dello ius aedificandi in attesa di successive regolamentazioni particolareggiate, applicate in via generale a consistenti estensioni territoriali, nella logica della zonizzazione (Cass. 23.4.2001, n. 173-SU; 15.3.1999, n. 2272), sempre comunque a previsioni di piano rese nell'esercizio del potere di pianificazione. Cassazione civile, Sezione I, 19 luglio 2002, n. 10542 (vedi: sentenza per esteso)

Il vincolo panoramico - piano regolatore - piano particolareggiato - vincoli preordinati a esproprio e vincoli che comportano l'inedificabilità - distinzione - neutralizzazione dello ius aedificandi - potere di pianificazione. Il vincolo panoramico non è soggetto alla disciplina della temporaneità ai sensi dell'art. 2 della legge 19.11.1968, n. 1187, che è dichiaratamente applicabile ai soli vincoli di piano regolatore, e di conseguenza non incorre nella ivi prevista decadenza nel caso di mancata approvazione del piano particolareggiato nel termine previsto, essendo correlato alla tutela del paesaggio in virtù delle caratteristiche dei beni naturalmente paesistici che sono ad esso sottoposti (Cass. 12.6.1991, n. 6649): la distinzione, contenuta nella norma citata, tra vincoli preordinati a esproprio e vincoli che comportano l'inedificabilità, è da riferire, rispettivamente, alle previsioni funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica, con imposizioni a titolo particolare su determinate aree, e alle situazioni di temporanea neutralizzazione dello ius aedificandi in attesa di successive regolamentazioni particolareggiate, applicate in via generale a consistenti estensioni territoriali, nella logica della zonizzazione (Cass. 23.4.2001, n. 173-SU; 15.3.1999, n. 2272), sempre comunque a previsioni di piano rese nell'esercizio del potere di pianificazione. Cassazione civile, Sezione I, 19 luglio 2002, n. 10542 (vedi: sentenza per esteso)

Esclusione d'indennizzabilità - vincoli incidenti con carattere di generalità ed obiettività su intere categorie di beni - i vincoli derivanti da limiti non ablatori - i vincoli che non superano sotto il profilo quantitativo la normale tollerabilità- patologia della reiterazione amministrativa di vincoli urbanistici. E' stato precisato che restano fuori dall'area dell'indennizzabilità: i vincoli incidenti con carattere di generalità ed obiettività su intere categorie di beni, ivi compresi i vincoli ambientali paesistici; i vincoli derivanti da limiti non ablatori posti normalmente nella pianificazione urbanistica, i vincoli comunque estesi derivanti da destinazioni realizzabili anche attraverso l'iniziativa privata in regime di economia di mercato, i vincoli che non superano sotto il profilo quantitativo la normale tollerabilità e i vincoli non eccedenti la durata (periodo di franchigia) ritenuta ragionevolmente sopportabile. L'adunanza plenaria di questo Consiglio (con la decisione 22 dicembre 1999 n. 24, pur essa già più volte citata) ha coerentemente statuito che l'amministrazione nel reiterare vincoli urbanistici preordinati all'espropriazione dovrebbe prevedere il relativo indennizzo, con la conseguenza che sono illegittimi i provvedimenti urbanistici nella parta in cui omettono tale previsione (C.d.S., sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2934; 27 novembre 2000 n. 6309). E' stato infatti già ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999, ha affermato che la reiterazione amministrativa di vincoli urbanistici di tipo espropriativo implicanti inedificabilità assume carattere patologico per la semplice assenza di previsione di indennizzo quando, anche se giustificata sul piano della programmazione, sia indefinita o quando il limite temporale sia indeterminato e quindi irragionevole, con la precisazione che l'obbligo di indennizzo opera soltanto una volta trascorso il tollerabile primo periodo di franchigia fissato dalla legge. Consiglio Stato Sez. IV, 06 febbraio 2002, n. 664. (vedi: sentenza per esteso)

Reiterazione del vincolo scaduto - previsione di indennizzo - quantificazione delle spese. Anche se la reiterazione del vincolo scaduto per il superamento del quinquennio di cui all'art. 2 l. 19 novembre 1968 n. 1187, deve comportare la previsione di un indennizzo, ciò che si richiede nell'atto di reiterazione è solamente una previsione generica di indennizzo, non anche la specifica quantificazione delle spese occorrenti per l'espropriazione e dei possibili mezzi di copertura, sicché si ritiene valida la costante regola secondo cui il proprietario dell'immobile può solo vantare un interesse generico all'adozione di una diversa disciplina urbanistica per la sua area, parimenti a quello di ogni altro proprietario che aspira ad una utilizzazione più proficua. Consiglio Stato, sez. IV, 29 ottobre 2001, n. 5628

La variante di salvaguardia - provvedimento di pianificazione - tutela di interessi di carattere ambientale - competenze comunali - espropriazione in assenza del dovuto indennizzo. La variante di salvaguardia può essere qualificata come provvedimento di pianificazione volto alla tutela di interessi di carattere ambientale che rientra certamente nelle competenze comunali. Essa, infatti, è una modalità legittima di programmazione dello sviluppo del territorio ed i suoi effetti realizzano una parimenti legittima conformazione della proprietà privata, senza che possa denunciarsi una forma larvata di espropriazione in assenza del dovuto indennizzo. Consiglio Stato, sez. IV, 26 settembre 2001, n. 5091

Espropriazione - principi generali - l'espropriato non deve indebitamente locupletarsi del plusvalore realizzato dal bene - stima dell'indennità - esclusione del plusvalore. Dal complesso normativo costituito dagli art. 42 della l. n. 2359 del 1865, 38 della l. n. 1150 del 1942, e 16 della l. n. 865 del 1971, si ricava il principio generale in materia di espropriazione pubblica utilità, in forza del quale l'espropriato non deve indebitamente locupletarsi del plusvalore realizzato dal bene di sua proprietà per effetto dell'intervento pubblico, e che, pertanto, tale plusvalore non deve essere calcolato nella stima del bene ai fini della determinazione della indennità di esproprio. Peraltro, l'incremento di valore da escludere da detto calcolo è solo quello ricollegabile con diretto nesso eziologico all'opera di pubblica utilità cui l'espropriazione è preordinata, e che risulti pertinente esclusivamente al suolo espropriato, non potendosi, invece, escludere dal computo i vantaggi che ridondino a favore di tutti i fondi della zona, o che comunque derivino da opere diverse ed indipendenti, anche se eseguite nella stessa zona dallo stesso espropriante. Cassazione civile, sez. I, 21 marzo 2000, n. 3307 

Questione di legittimità costituzionale - espropriazione di area fabbricabile - indennità ridotta ad un importo pari al valore indicato nell'ultima dichiarazione dell'espropriato ai fini dell'imposta comunale sugli immobili. E' rilevante e non manifestamente infondata - in riferimento agli art. 42 e 3 cost. - la q.l.c. dell'art. 16, comma 1, d.lg. 30 dicembre 1992 n. 504 (recante disposizioni per il riordino della finanza degli enti territoriali a norma dell'art. 4 l. 23 ottobre 1992 n. 421) nella parte in cui prevede che in caso di espropriazione di area fabbricabile l'indennità è ridotta ad un importo pari al valore indicato nell'ultima dichiarazione o denuncia presentata dall'espropriato ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili, qualora il valore dichiarato risulti inferiore all'indennità di espropriazione determinata secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti atteso che non è coerente con il principio della necessaria congruità dell'indennizzo espropriativo (art. 42 cost.) e con quello di eguaglianza (art. 3 cost.) la previsione, per la quantificazione dell'indennità suddetta, di un criterio avulso dalle caratteristiche essenziali del bene e privo di alcun riferimento all'effettivo valore venale del bene espropriato. Cassazione civile, sez. I (ord.), 18 febbraio 2000, n. 196

Determinazione dell'indennità - terreni non edificabili - valutazione secondo parametri omogenei a quelli adottati per i terreni agricoli - inesistenza di un "tertium genus". In tema di determinazione della indennità di esproprio, i terreni non legalmente edificabili, anche se suscettibili di una utilizzazione differente da quella agricola, devono essere valutati secondo parametri omogenei a quelli adottati per i terreni agricoli, non potendosi più sostenere, a seguito dell'intervento della Corte cost. con la sentenza n. 261 del 1997, la esistenza di un "tertium genus", oltre quelli delle aree edificabili e delle aree agricole. Nè assume, di per sè, alcun rilievo, in contrario, la circostanza che i terreni in questione, originariamente ricompresi, in base agli strumenti urbanistici, nella Zona E (agricola), abbiano successivamente ottenuto, in sede di variante al P.R.G., l'attribuzione della destinazione urbanistica Fb (attrezzature di interesse comprensoriale), ove tali attrezzature non siano idonee a far sorgere possibilità legali di edificazione, in assenza, tra l'altro, di un piano comunale particolareggiato, come nel caso di specie, in cui, consistendo le attrezzature di cui si tratta in un impianto di compostaggio e raccolta di rifiuti solidi urbani, ricompreso tra le industrie insalubri di prima classe (art. 217 t.u. leggi sanitarie), esse non sarebbero potute in nessun caso essere dislocate in aree destinate alla edificazione. Cassazione civile, sez. I, 15 febbraio 2000, n. 1684

Gli interessi corrispettivi, compensativi o moratori hanno un fondamento autonomo rispetto a quello dell'obbligazione pecuniaria alla quale accedono - possono essere attribuiti solo su domanda della parte - gli interessi su una somma dovuta a titolo di risarcimento del danno integrano una componente di tale danno. Fuori della ipotesi di interessi su una somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, i quali integrano una componente di tale danno nascente dal medesimo fatto generatore, gli interessi stessi, siano corrispettivi, compensativi o moratori, hanno un fondamento autonomo rispetto a quello dell'obbligazione pecuniaria alla quale accedono, onde essi possono essere attribuiti solo su espressa domanda della parte, in applicazione dei principi previsti negli art. 99 e 112 c.p.c. Ne consegue che anche in tema di espropriazione per pubblica utilità, gli interessi da indennità d'espropriazione e d'occupazione legittima non possono essere liquidati d'ufficio dal giudice in assenza d'una espressa domanda. Cassazione civile, sez. I, 19 febbraio 2000, n. 1913

Liquidazione dell'indennità di espropriazione - applicazione analogica all'indennità di occupazione - quando l'occupazione sia oggetto di un contratto privato, la mancata osservanza dell'accordo dà luogo ad un inadempimento contrattuale. Il criterio di liquidazione previsto per l'indennità di espropriazione all'art. 5 bis , comma 7 bis , della l. n. 359 del 1992 (introdotto dall'art. 3, comma 65, della l. n. 662 del 1996) si applica in via analogica all'indennità di occupazione in virtù del collegamento funzionale che lega i due momenti; allorquando l'occupazione di un'area abbia costituito oggetto di un contratto di diritto privato e non sia inserita in un procedimento espropriativo, la mancata osservanza dell'accordo dà luogo ad un ordinario inadempimento contrattuale e il suddetto criterio non può trovare applicazione. (Nella specie era stata realizzata l'occupazione di un'area finalizzata all'espropriazione e, in forza di contratto, di altra area da utilizzarsi per l'esecuzione dei lavori e quindi da restituirsi ai proprietari; la seconda non era poi stata restituita alla scadenza ed era stata parzialmente interessata da opere - senza che venisse domandato l'accertamento degli effetti acquisitivi dell'occupazione; in applicazione dell'esposto principio la S.C. ha confermato la decisione di merito che non aveva fatto applicazione dell'art. 5 bis nella liquidazione del danno). Cassazione civile, sez. I, 11 febbraio 2000, n. 1504

Occupazione d'urgenza - calcolo dell'indennità - periodi annuali - diritto esigibile dalla scadenza di ciascun anno di occupazione - configurazione autonoma - prescrizione e interessi. In materia di occupazione d'urgenza finalizzata all'espropriazione per pubblica utilità, nel regime di cui all'art. 20 comma 4 l. n. 865 del 1971, l'indennità spettante al proprietario deve essere calcolata in relazione a periodi di un anno, il relativo diritto è esigibile dalla scadenza di ciascun anno di occupazione e si configura come autonomo sia ai fini della prescrizione che degli interessi, con la conseguenza che tale indennità deve essere determinata nella misura percentuale pari al tasso legale degli interessi dell'indennità di espropriazione, come in concreto determinata al tempo del provvedimento ablativo, allorquando, rispetto alle maturate scadenze annuali del diritto, sia rimasto costante il valore venale di riferimento; qualora invece il valore venale del bene abbia subito variazione apprezzabili nel corso dell'occupazione, ad ogni scadenza annuale dovrà procedersi al calcolo virtuale della indennità di espropriazione (attualizzato in caso di indennità liquidata al termine dell'occupazione pluriennale). Cassazione civile, sez. I, 13 dicembre 1999, n. 13942

Cessione volontaria - contratto pubblicistico - prezzo correlato ai parametri legali circa la determinazione dell'indennità espropriativa - clausola di previsione del conguaglio del prezzo. La cessione volontaria del bene assoggettato ad espropriazione per pubblica utilità, prevista dall'art. 12 della l. n. 865 del 1971, integra un contratto pubblicistico ed il relativo prezzo si correla in modo vincolato ai parametri legali circa la determinazione dell'indennità espropriativa, secondo la normativa vigente al momento della procedura ablativa, e, per essi, alla natura del suolo espropriando. Ne deriva che nell'ipotesi che la cessione, stipulata nel vigore della l. n. 385 del 1980, contenga la clausola di previsione del conguaglio del prezzo, e che all'area ceduta debba essere riconosciuta legale possibilità edificatoria, in quanto destinata ad insediamenti produttivi dallo strumento urbanistico generale vigente, non può attribuirsi rilievo ai fini della integrazione del prezzo, alla espressione "terreno agricolo", adottata dalle parti nell'atto di cessione. Cassazione civile, sez. I, 27 novembre 1999, n. 13250

Collegamento tra l'indennità di espropriazione e momento di trasferimento della proprietà - ammontare dell'indennità determinato in base alla data del decreto di espropriazione - deposito dell'indennità presso la Cassa depositi e prestiti. Poichè sussiste un indissolubile collegamento tra l'indennità di espropriazione ed il momento del trasferimento della proprietà del bene attraverso l'espropriazione per pubblica utilità, l'ammontare della indennità di espropriazione dev'essere determinato con riferimento alla data del provvedimento che dispone l'ablazione del diritto dominicale, cioè del decreto di espropriazione, la cui esistenza costituisce presupposto indefettibile del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell'indennità stessa. (Sulla base di tali principi le Sezioni Unite, con riguardo ad un'espropriazione compiuta secondo la l. n. 219 del 1981, hanno disatteso il motivo di ricorso che postulava che quella determinazione dovesse farsi con riferimento alle caratteristiche ed al valore possedute dall'immobile espropriato al momento della redazione della stima amministrativa e del deposito della stessa presso la Cassa depositi e prestiti). Cassazione civile , sez. unite, 22 novembre 1999, n. 818

Determinazione dell'indennità di esproprio - diritto a accettarla senza decurtazione - necessità di nuova offerta dell'espropriante secondo i nuovi criteri - valutazione del giudice di merito. Nei giudizi in corso per la determinazione dell'indennità di esproprio, il diritto di accettarla evitando la decurtazione del 40% , previsto dall'art. 5 bis l. n. 359 del 1992 per effetto della sentenza n. 283 del 1993 cost., presuppone una nuova offerta dell'espropriante nel corso del giudizio, commisurata ai nuovi criteri, fermo restando il dovere del giudice di merito di valutarla, e qualora la ritenga considerevolmente inferiore rispetto a quella determinabile giudizialmente, di escluderne la congruità e l'idoneità a dar luogo alla riduzione del 40% , che può essere effettuata solo se il rifiuto di accettare l'indennità è ingiustificato, per il rispetto dei criteri di legge da parte dell'offerente. Cassazione civile, sez. I, 29 ottobre 1999, n. 12176

Illegittimità del sistema dell'indennizzo "salvo conguaglio" - sostituzione da quello previgente - prescrizione decennale del rimanente credito indennitario - decorrenza - In tema di determinazione dell'indennità di espropriazione, il sistema dell'indennizzo "salvo conguaglio" previsto dalla l. n. 385 del 1980 è stato automaticamente sostituito da quello, previgente, dell'art. 39 l. n. 2359 del 1865 solo alla data di pubblicazione della sentenza costituzionale n. 223 del 1983 dichiarativa dell'illegittimità del suddetto sistema, pertanto solo da tale momento gli espropriati sono stati messi in grado di pretendere il "giusto prezzo", senza più dover attendere la apposita legge sostitutiva delle norme dichiarate incostituzionali con la precedente sentenza costituzionale n. 5 del 1980, legge chiamata a definire le modalità del conguaglio ulteriormente spettante; ne consegue che la prescrizione decennale del rimanente credito indennitario deve ritenersi decorrente dalla data di pubblicazione della suddetta sentenza costituzionale n. 223 del 1983 e non dalla data di emissione del decreto di esproprio, ove questo sia intervenuto dopo la sentenza n. 5 del 1980 e prima della sentenza n. 223 del 1983. Cassazione civile,sez. I, 8 ottobre 1999, n. 11293

Dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 5 bis della l. n. 359 del 1992 (sentenza n. 283 del 1993) - processi pendenti - legittimità della decurtazione quando la p.a. abbia offerto all'espropriato una indennità rideterminata e questo abbia omesso di accettarla. In tema di espropriazione per pubblica utilità, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 5 bis della l. n. 359 del 1992 (sentenza n. 283 del 1993), nei processi pendenti, dei quali siano parti soggetti già espropriati al momento dell'entrata in vigore di detta legge, la riduzione del 40% dell'indennità è legittimamente operata solo dopo che l'espropriante abbia nuovamente offerto all'espropriato una indennità rideterminata ai sensi del comma 1 del citato art. 5 bis e l'espropriato abbia omesso di accettarla. Per effetto di detta sentenza deve ritenersi, inoltre, che gli espropriati abbiano diritto all'intero indennizzo non solo nelle ipotesi di cessione volontaria del bene, bensì anche qualora si avvalgano della facoltà di accettare l'indennità accertata e liquidata, in sede di giudizio di opposizione, dall'autorità giudiziaria. Tali principi devono essere applicati anche nel caso in cui la stima dell'indennità di espropriazione vada determinata in modo virtuale al solo fine di calcolare su di essa l'indennità di occupazione legittima, quando all'occupazione stessa non segua un legittimo provvedimento di esproprio. Cassazione civile, sez. I, 6 maggio 1999, n. 4530

Il proprietario di un'area occupata non è tenuto a fornire prova del suo diritto di proprietà se non ai fini del rilascio del nulla osta prefettizio per il pagamento delle somme depositate a titolo di indennità presso la Cassa depositi e prestiti. Il proprietario di un'area occupata per motivi di pubblica utilità non è tenuto a fornire la prova del suo diritto di proprietà sull'area o su parte di essa, se non ai soli fini del rilascio del nulla osta prefettizio per il pagamento delle somme depositate a titolo di indennità presso la Cassa depositi e prestiti. Ne consegue la esclusione della sussistenza di tale onere in sede di opposizione alla stima. Cassazione civile, sez. I, 28 aprile 1999, n. 4291

Espropriazione di suoli agricoli - diritto alla "indennità aggiuntiva" - in favore di quelli soggetti che sussistono dalla coltivazione del suolo.
In materia di espropriazione di suoli agricoli, l'art. 17 della l. n. 865 del 1971, nel riconoscere un diritto alla cd. "indennità aggiuntiva" in favore dei soggetti che traggono i propri mezzi di sussistenza dalla coltivazione del suolo (fittavolo, mezzadro, colono, compartecipante, proprietario coltivatore diretto), condiziona la concreta erogazione del beneficio alla utilizzazione agraria del terreno, con conseguente esclusione, dal novero dei soggetti aventi diritto, non soltanto dell'affittuario esercente attività diverse dalla coltivazione e produzione agricola, ma anche dell'imprenditore agricolo (di colui che eserciti, cioè, la coltivazione e produzione agricola con prevalenza del fattore capitale su quello lavoro e con impegno prevalente di mano d'opera subordinata) tanto individuale, quanto costituito sotto forma di società di capitali, senza che tale esclusione possa dirsi in contrasto con i principi costituzionali di cui all'art. 3 della Carta fondamentale, attesa la oggettiva differenza tra tali soggetti e quelli espressamente menzionati dalla ricordata norma di legge. (Principio affermato con riferimento ad una richiesta di indennità aggiuntiva avanzata da esercenti attività vivaistica di tipo imprenditoriale su di un fondo oggetto di espropriazione parziale). Cassazione civile, sez. I, 27 aprile 1999, n. 4191

Cessione volontaria - accordo definitivo sul prezzo - ammissibilità della azione di nullità parziale della clausola relativa al prezzo per contrarietà a norme imperative - il giudice procederà all'esame delle singole e specifiche nullità sostituendo le clausole con le norme applicabili. Nell'ipotesi di cessione volontaria del bene, stipulata ai sensi dell'art. 12 della l. n. 865 del 1971, con accordo definitivo sul prezzo (ossia, senza la previsione di un futuro conguaglio), è ammissibile che una delle parti promuova un'azione di nullità parziale della clausola relativa al prezzo, per contrarietà a norme imperative, secondo lo schema degli art. 1418 e 1419, comma 2, c.c. In questo caso (diverso da quello in cui venga proposta l'azione dell'art. 19 della menzionata legge) il giudice, senza far ricorso (ove si tratti di aree edificabili) ai criteri dell'art. 5 bis della l. n. 359 del 1992 (eventualmente sopravvenuta), procederà non alla rideterminazione complessiva dell'intera indennità espropriativa (e, quindi, del prezzo di cessione), bensì all'esame delle singole e specifiche nullità denunciate, sostituendo le relative clausole (ove siano effettivamente affette da nullità) con le norme di diritto in concreto applicabili alla fattispecie, ferme restando tutte le voci componenti il prezzo, in relazione alle quali non sussista controversia. (Nella specie, l'espropriante aveva impugnato per nullità l'atto di cessione volontaria senza conguaglio stipulato tempo addietro con i proprietari del fondo, sostenendo che alcune componenti del prezzo, pattuito e pagato, erano state calcolate in difformità dai criteri dettati dalla l. n. 865 del 1971. La S.C. in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza del merito che aveva rideterminato l'intero prezzo, facendo applicazione dei sopravvenuti criteri dell'art. 5 bis della l. n. 359 del 1992). Cassazione civile, sez. I, 21 aprile 1999, n. 3930

Indennità di occupazione legittima - rideterminata all'esito del giudizio di opposizione - versamento presso la Cassa depositi e prestiti - garanzia di eventuali diritti di terzi - preclusione della possibilità di una condanna al pagamento diretto in favore dell'espropriato. L'indennità spettante al privato per il periodo di occupazione legittima e rideterminata all'esito del giudizio di opposizione instaurato dinanzi alla speciale giunta presso la corte di appello deve essere versata dall'amministrazione presso la Cassa depositi e prestiti, a garanzia di eventuali diritti di terzi, restando, per converso, preclusa la possibilità di una condanna dell'amministrazione stessa al pagamento diretto in favore dell'espropriato, giusta disposto dell'art. 72, comma 3, l. n. 2359 del 1865 (normativa cui l'art. 12 r.d. n. 3003 del 1885 opera un inequivocabile riferimento). Cassazione civile, sez. unite, 15 marzo 1999, n. 135

Indennità di occupazione - decorrenza degli interessi legali - compenso per l'occupazione del fondo - momento di valutazione del bene. In materia di indennità di occupazione, quale che sia il parametro di riferimento per la decorrenza degli interessi legali che costituiscono il compenso per l'occupazione del fondo (valore di mercato del bene al momento dell'emanazione del decreto di esproprio che ha posto fine all'occupazione legittima, ovvero valore medio del fondo nel quinquennio in cui si sia protratta l'occupazione medesima nel caso in cui il bene occupato aumenti di valore in modo rilevante nel periodo dell'occupazione), essa non può, comunque, essere ancorata al valore del bene al momento iniziale dell'occupazione d'urgenza. Cassazione civile, sez. I, 12 gennaio 1999, n. 241

Interessi spettanti sulla differenza tra indennità provvisoria e quella definitiva - natura compensativa (non moratoria) della mancata disponibilità dell'intera indennità - prescindono da qualsiasi comportamento dilatorio.
 In materia  di espropriazione, gli interessi spettanti sulla differenza tra l'indennità provvisoria e quella definitiva non hanno natura moratoria, bensì compensativa della mancata disponibilità dell'intera indennità spettante all'espropriato al momento della perdita della proprietà del bene, e prescindono, pertanto, da qualsiasi comportamento dilatorio imputabile al debitore. Cassazione civile, sez. I, 8 gennaio 1999, n. 88

Vincolo paesaggistico - vincoli nelle zone di riserva naturale - limitazioni a carattere espropriativo - l'indennizzabilità - vincoli conformativi - la legislazione comunitaria - la riduzione a coltura nei terreni boschivi, i movimenti di terreno e gli scavi suscettibili di alterare l'ambiente, la raccolta, l'esportazione, il danneggiamento della flora spontanea, fatti salvi gli interventi relativi all'attività agricola, nè quelli diretti a tagliare a raso, bruciare, estirpare. È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 9 l. reg. Veneto n. 8 del 1991, sollevata sotto il profilo che tale norma, inserita in una legge che ha istituito il parco naturale del fiume Sile, nel prevedere, fino all'entrata in vigore del piano ambientale, e comunque per un periodo non eccedente i tre anni, una serie di vincoli nelle zone di riserva naturale (non consentendo, tra l'altro, la riduzione a coltura nei terreni boschivi, i movimenti di terreno e gli scavi suscettibili di alterare l'ambiente, la raccolta, l'esportazione, il danneggiamento della flora spontanea, fatti salvi gli interventi relativi all'attività agricola, nè quelli diretti a tagliare a raso, bruciare, estirpare), determinerebbe limitazioni a carattere espropriativo di diritti dominicali senza determinare, in contrasto con la legislazione comunitaria, strumenti compensativi di tali vincoli, tra l'altro, irragionevoli in rapporto alla funzione sociale perseguita, che è quella di tutela del patrimonio naturale. Trattasi cioè di vincoli conformativi che definiscono il vincolo paesaggistico come accertamento di una peculiare conformazione della proprietà e che si estende ai parchi naturali, per i quali la Corte costituzionale ha sempre negato l'indennizzabilità, con riferimenti ai vincoli relativi al divieto di rimboschimento e di coltura, oltreché di edificabilità, più volte sottolineando che "i beni naturali per la loro ubicazione in sede di complessi autorizzati ai fini di utilità sociale, costituiscono categoria ab origine di interesse pubblico generale, essendo connaturata ad essa quella destinazione di elevato valore paesaggistico che li contraddistingue quale mezzo di realizzazione del corrispondente interesse pubblico." Conseguendo da ciò "l'esigenza intrinseca di assicurare la conservazione a siffatti fini delle preesistenti qualità essenziali, assorbenti o, quanto meno, prevalenti rispetto al godimento dei singoli"; secondo un regime al quale rimane del tutto estranea la materia della espropriazione, non contenendo tali disposizioni limiti di effetto ablativo (cfr. corte cost. sentenze 20 maggio 1968, n. 56; 26 aprile 1971, n. 79; 16 giugno 1988 n. 648; 11 luglio 1989, n. 391; 3 ottobre 1990, n. 430). Nè assume rilievo il richiamo ai regolamenti Cee n. 797 del 1985 e n. 2328 del 1991 e alla direttiva Cee n. 268 del 1975, in quanto, da un lato, nessuna delle disposizioni invocate vieta l'imposizione di vincoli paesaggistici o ne subordina l'attuazione al previo indennizzo a favore della parte interessata; dall'altro, esse rispondono ad una diversa "ratio" e finalità. Cassazione civile, sez. I, 21 settembre 1998, n. 9433 


 

 


Termini - proroga - forza maggiore - prescrizione - decadenza - scadenza dei vincoli...     ^


ESPROPRIAZIONE - Vincoli espropriativi imposti dallo strumento urbanistico - Durata limitata - Decadenza del vincolo - Reintegrazione della disciplina urbanistica. I vincoli espropriativi imposti su beni determinati dallo strumento urbanistico hanno per legge durata limitata: in linea generale, cinque anni, alla scadenza dei quali, se non è intervenuta dichiarazione di pubblica utilità dell’opera prevista, il vincolo preordinato all’esproprio decade (art. 9 del T.U. delle norme in materia di espropriazione per pubblica utilità, approvato con D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327). La decadenza dei vincoli urbanistici espropriativi o che comunque privano la proprietà del suo valore economico comporta l’obbligo per il Comune di “reintegrare” la disciplina urbanistica dell’area interessata dal vincolo decaduto con una nuova pianificazione (Cons. St., IV, 22 giugno 2004, n. 4426); ovviamente, l’area non deve necessariamente conseguire una destinazione urbanistica edificatoria, essendo in ogni caso rimessa al potere discrezionale dell’Amministrazione comunale la verifica e la scelta della destinazione, in coerenza con la più generale disciplina del territorio, meglio idonea e adeguata in relazione all’interesse pubblico al corretto e armonico suo utilizzo (Cons. St., IV, 8 giugno 2007, n. 3025). Pres. Zingales, Est. Barone - G. s.r.l. (avv. Briguglio) c. Comune di Messina (avv. Tigano), Assessorato Regionale Territorio e Ambiente e altri (Avv. Stato) e altro (n.c.). TAR SICILIA, Catania, Sez. I - 26 maggio 2010, n. 1946

ESPROPRIAZIONE - Vincoli espropriativi già scaduti - Reiterazione in blocco - Specifica motivazione - Necessità. Anche i provvedimenti di reiterazione “in blocco” di vincoli espropriativi già decaduti, richiedono una specifica motivazione da parte del Comune. Pres. Zingales, Est. Barone - G. s.r.l. (avv. Briguglio) c. Comune di Messina (avv. Tigano), Assessorato Regionale Territorio e Ambiente e altri (Avv. Stato) e altro (n.c.). TAR SICILIA, Catania, Sez. I - 26 maggo 2010, n. 1946

 

ESPROPRIAZIONE - Mancata fissazione dei termini - Effetti - Giurisdizione - Giurisprudenza. La mancata fissazione dei termini costituisce soltanto un vizio di legittimità di determinare non già la carenza assoluta di potere in capo all’amministrazione procedente, ma il suo illegittimo esercizio, non facendo quindi venir meno la giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. SS.UU. 6/02/2008, nr. 2765). In tal senso è anche la prevalente giurisprudenza amministrativa (cfr. Ad. Pl., 26/03/2003, nr. 4; sez. V, 23/09/2005, nr. 5013). Pres. Trotta - Est. Greco - Pio Monte della Misericordia (avv. Tozzi) c. Comune di Marcianise (avv. Lamberti) ed altri (conferma Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Napoli - Sez. V, nr. 3747/2002, depositata in data 16/05/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 22/05/2008 (ud. 11/03/2008), Sentenza n. 2470

 

ESPROPRIAZIONE - Pubblica utilità - Data ultimazione lavori - Mancata previsione - Omissione - Conseguenze - Tesi della “carenza di potere in concreto” - Giurisdizione del G.A. La mancata previsione, nel primo atto della procedura ablatoria, dei termini dei lavori e della procedura medesima, deve ritenersi costituire, un caso di cattivo esercizio del potere e non di carenza di potere (in concreto), sicché l’immissione in possesso e la trasformazione del suolo, sulla base di una siffatta, asseritamente invalida (ma efficace) dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, concreta un comportamento “amministrativo” (e non “mero”) dell’amministrazione, comunque riconducibile, almeno mediatamente, all’esercizio di pubblici poteri autoritativi, sì da restare ascritto, quanto alla tutela giurisdizionale, anche risarcitoria, alla cognizione del G.A. e non a quella del G.O. (Corte cost. n. 191 del 2006). La tesi della “carenza di potere in concreto” è smentita, tra l’altro, dall’articolo 21-septies della legge n. 241 del 1990 (aggiunto dall’articolo 14 della legge n. 15 del 2005), che menziona, tra i casi (tassativi) di nullità dell’atto amministrativo, la sola ipotesi di difetto assoluto di attribuzione (Tar Campania, Napoli, sez. V, 17 febbraio 2006, n. 2137), dall’articolo 13, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, che ha reso facoltativa la previsione del termine del decreto di esproprio, il che vale a dimostrare, sul piano interpretativo, la debolezza della tesi pretoria della essenzialità dei termini, intesi come conformativi dello stesso potere ablatorio, nonché dalla stessa (più recente) giurisprudenza della Cassazione (Cass., ss.uu., 2688 del 2007, cit., 19 febbraio 2007, n. 3724), che ha (giustamente) affermato la giurisdizione amministrativa nel caso di successivo annullamento (ancorché retroattivo) della stessa dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. (cfr., contra, Cass., ss.uu., ord. 15 giugno 2006 n. 13911; 7 febbraio 2007, n. 2688; 19 aprile 2007, n. 9323). Pres. Onorato, Est. Carpentieri - Conte ed altri (avv. Romano) c. Comune di Villa di Briano (avv. D‘Angiolella). T.A.R. CAMPANIA - Napoli, Sez. V, 12 Settembre 2007, (05/07/2007) n. 7553
 

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità - Termini dei lavori e delle espropriazioni - Indefettibilità della fissazione - Previsione in atti successivi della procedura - Insufficienza. Pacifica, ormai, in giurisprudenza è l’acquisizione della indefettibilità della fissazione, sin dal primo atto della procedura espropriativa, ossia sin dall’approvazione del progetto definitivo dell’opera, che comporta la sua dichiarazione di pubblica utilità, dei termini dei lavori e delle espropriazioni (da ultimo, Tar Campania Napoli, sez. V, 1 febbraio 2007, n. 828). In punto di fatto tale omissione, nella fattispecie, è incontestata (oltre che documentata in atti), sicché non può che dedursene l’illegittimità, sotto questo profilo, degli atti impugnati. La giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 2006, n. 7898; id., 16 maggio 2006, n. 2773) ha altresì definitivamente chiarito l’insufficienza di tale previsione in atti successivi della procedura. Pres. Onorato, Est. Carpentieri - Conte ed altri (avv. Romano) c. Comune di Villa di Briano (avv. D‘Angiolella). T.A.R. CAMPANIA - Napoli, Sez. V, 12 Settembre 2007, (05/07/2007) n. 7553
 

ESPROPRIAZIONE - Apposizione del vincolo espropriativo - Indennizzo espropriativo - Classificazione urbanistica e c.d. edificabilità "di fatto". Nel sistema di disciplina della stima dell'indennizzo espropriativo introdotto dall'art. 5-bis, legge n. 359 del 1992, un'area va ritenuta edificabile quando come tale essa risulti classificata dagli strumenti urbanistici al momento dell'apposizione del vincolo espropriativo, mentre la cosiddetta edificabilità "di fatto", correlata alle peculiari circostanze del caso che rafforzano o comprimono l' edificabilità, rileva esclusivamente in via complementare od integrativa, nella fase dell'apprezzamento del valore venale, con la conseguenza che sulla parte che invoca dette circostanze, al fine di sostenere una variazione in positivo o in negativo del valore dell'area derivante dall'attitudine edificatoria fissata dagli strumenti urbanistici, grava l'onere di allegarle e di dimostrarle (Cass. civ., sez. I, 11 febbraio 2005, n. 2871). Pres. Onorato, Est. Carpentieri - Conte ed altri (avv. Romano) c. Comune di Villa di Briano (avv. D‘Angiolella). T.A.R. CAMPANIA - Napoli, Sez. V, 12/09/ 2007, (05/07/2007) n. 7553
 

ESPROPRIAZIONE - PROCEDURE E VARIE - Dichiarazione di pubblica utilità - Immissione in possesso - Lavori ultimati a termine ampiamente decorso - Giurisdizione del g.a.. Sussiste la giurisdizione del g.a. nel caso in cui i lavori siano iniziati con l’immissione in possesso nel termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, ma siano stati ultimati quando detto termine è ampiamente decorso e il decreto di esproprio non risulti essere stato mai adottato. (C.d.S. A.P. dec. 30 luglio 2007, n. 9; n. 4/2005, nonché nn. 9/2005 e 2/2006). Pres. Onorato, Est. Carpentieri - Conte ed altri (avv. Romano) c. Comune di Villa di Briano (avv. D‘Angiolella). T.A.R. CAMPANIA - Napoli, Sez. V, 12 Settembre 2007, (05/07/2007) n. 7553

ESPROPRIAZIONE - Verde pubblico attrezzato - Destinazione di un'area privata - Vincolo di carattere espropriativo - Effetti - Destinazione dell’area a parcheggio. La destinazione di un'area privata a verde pubblico attrezzato, non determina quella completa ed irrimediabile perdita di una qualunque utilitas nella quale, solo, può individuarsi l'imposizione di un vincolo di carattere sostanzialmente espropriativo. La destinazione a verde pubblico attrezzato di un'area non determina, infatti, uno svuotamento del contenuto del diritto dominicale ed una limitazione del godimento dello stesso tale da renderlo assolutamente inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo significativo il suo intrinseco valore di scambio (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 12 maggio 2006 , n. 2580). Pertanto, la detta destinazione non comporta un vincolo espropriativo come tale sottoposto a decadenza. Diversa è la situazione che si presenta in relazione alla destinazione dell’area a parcheggio. Infatti, in assenza di una concreta indicazione delle modalità con cui tale attività si sarebbe realizzata (onere probatorio che sarebbe spettato all’amministrazione, quanto meno in via di eccezione), non possono essere accettate posizioni radicali che escludono a priori la funzione espropriativa (si veda: T.A.R. Veneto Venezia, sez. II, 31 maggio 2006 , n. 1554, che esclude che un vincolo a parcheggio possa essere considerato vincolo preordinato all'espropriazione atteso che esso può essere attuato anche dal titolare dell'area). Pres. Speranza, Est. Sabatino, Pontillo (avv. Abbate) c. Comune di Capodrise (avv. Santonastaso). TAR CAMPANIA Napoli, Sez. VIII, 13 giugno 2007, (30 aprile 2007) n. 6110

ESPROPRIAZIONE - Destinazione dell’area a parcheggio pubblico - Vincolo preordinato ad esproprio - Configurazione. La destinazione di un'area a parcheggio pubblico, impressa dallo strumento urbanistico, concreta vincolo preordinato ad esproprio ove esuli dall'ottica della suddivisione zonale del territorio, e miri a individuare beni singolarmente determinati in vista della creazione di un'area non edificata all'interno di zona a spiccata vocazione edificatoria, (Cassazione civile I, 7 febbraio 2006, n. 2613). Pres. Speranza, Est. Sabatino, Pontillo (avv. Abbate) c. Comune di Capodrise (avv. Santonastaso). TAR CAMPANIA Napoli, Sez. VIII, 13 giugno 2007, (30 aprile 2007) n. 6110

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità - P.I.P. natura di atto amministrativo a contenuto plurimo e scindibile - Annullamento da parte del giudice amministrativo di un P.I.P. - Posizioni soggettive dei proprietari dei fondi espropriati - Effetti. L’annullamento da parte del giudice amministrativo di un P.I.P. investe un atto amministrativo di contenuto plurimo scindibile, nella parte in cui incide sulle posizioni soggettive dei proprietari dei fondi espropriati in attuazione del piano medesimo. Pertanto la posizione del proprietario estraneo al relativo giudizio non è incisa dagli effetti di detto annullamento, il quale non tocca il suo diritto all’indennità e la sua legittimazione ad opporsi contro la stima di essa in sede amministrativa (Cass,. Civ. Sez I, 12 aprile 1990, n. 3123. Inoltre, la dichiarazione di pubblica utilità - che è implicita nell’approvazione del P.I.P. - non è un atto collettivo, ma va inquadrato nella categoria degli atti plurimi, ossia di quelli che riguardano una pluralità di soggetti individuabili in relazione alla titolarità dei vari beni vincolati e considerati “uti singuli”. Da ciò consegue che il giudicato di annullamento produce effetti ripristinatori della pienezza del diritto di proprietà, già affievolito, solo per il ricorrente e non si estenda ai proprietari rimasti estranei al giudizio dinanzi al giudice amministrativo (Cass. Civ. Sez. I, 16 aprile 2004, n. 7253). Pres. De Maio, Est. Cernese, Societa’ “Santella S.r.l. (Avv.ti Polito e Santella) c. Comune di Palma Campania (NA) (avv. Rispoli). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. III, 12 aprile 2007 (11/01/2007), n. 3452

Occupazione ed espropriazione - Appalti - Ricorso - Termini processuali ridotti alla metà - Notifica - L. n. 135/1997. Ai sensi dell’articolo 19 del decreto legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito con modificazioni dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, i termini processuali relativi ai ricorsi aventi ad oggetto provvedimenti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, ivi comprese le procedure di occupazione ed espropriazione delle aree ad esse destinate sono ridotti alla metà e che per termini processuali si intendono anche quelli per notificare il ricorso e depositarlo presso il giudice adito (Consiglio di Stato, sez. IV, 5 luglio 1999, n. 1661; 7 marzo 2001, n. 1315; 6 giugno 2001, n. 3061; 15 febbraio 2002, n. 937). Pres. Est. Saltelli - Fradiani (avv.ti Guida e Venitelli) c. Prefetto della Provincia di Campobasso (Avvocatura generale dello Stato) ed altri (conferma T.A.R. Molise n. 447 del 31 dicembre 1998). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 28/11/2006, (C.C. 31/10/2006), Sentenza n. 6920

Espropriazioni - Indicazione dei termini per l’inizio ed il compimento dei lavori - Dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e di urgenza - Delimitazione temporale del potere espropriativo dell’amministrazione - Sussiste - Fattispecie: piano di lottizzazione - Termine di validità decennale. L’indicazione dei termini per l’inizio ed il compimento dei lavori e delle espropriazioni, ai sensi dell’invocato articolo 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, svolge una funzione garantistica, costituendo riprova dell’attualità dell’interesse pubblico da soddisfare e della serietà del relativo progetto, evitando di esporre sine die il diritto di proprietà al potere espropriativo della pubblica amministrazione; tale indicazione, pertanto, non trova alcuna giustificazione logico - giuridica in presenza di uno strumento urbanistico esecutivo la cui approvazione ha, per un verso, effetto legale di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e di urgenza delle opere da realizzare, e, per altro verso, fissa anche la durata del piano stesso, delimitando temporalmente il potere espropriativo dell’amministrazione, come nel caso di un piano di lottizzazione cui deve ritenersi applicabile, pur nel silenzio della legge, il termine di validità decennale previsto con specifico riferimento ai piani particolareggiati. (ex multis, in tema di piani di insediamenti produttivi, C.d.S., sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6631; di piano di zona, C.d.S., sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5851; 25 marzo 2003, n. 1545; 11 luglio 2001, n. 3889). Pres. RICCIO - Est. SALTELLI - ZANIN avv.ti Cacciavillani e Manzi c. COMUNE DI ZUGLIANO ed altri (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, sez. I, n. 177 del 23 febbraio 1994). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 30 giugno 2004, sentenza n. 4803

Provvedimento dichiarativo della pubblica utilità - Termini di inizio - Provvedimento di occupazione d’urgenza - Rideterminazione e valutazione concreto dell’interesse pubblico. Ai sensi del ricordato articolo 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, il provvedimento dichiarativo della pubblica utilità deve contenere in modo certo, a pena di illegittimità (in ragione della tutela del diritto di proprietà, ai sensi dell’articolo 42, comma 3, della Costituzione, così, C.d.S., sez. IV, 21 novembre 2001, n. 5904; 14 gennaio 1999, n. 22), i termini di inizio e compimento dei lavori e delle espropriazioni (ex multis, C.d.S., sez. IV, 13 settembre 2001, n. 4784), restando in ogni caso escluso che un tale onere possa essere successivamente assolto in via di convalida o di sanatoria, non potendosi ammettere neppure un’integrazione nel successivo provvedimento di occupazione d’urgenza (salva la riadozione dell’atto di approvazione del progetto implicante la implicita dichiarazione di pubblica utilità, previa nuova rideterminazione e valutazione concreto dell’interesse pubblico da perseguire, C.d.S., sez. IV, 24 luglio 2003, n. 4239; 22 maggio 2000, n. 2936). Pres. Costantino - Est. Saltelli - Corona (avv. Cacciavillani e Manzi) c. Provincia Autonoma di Trento e Comune di Canal San Bovo (Conferma T.A.R. del Trentino - Alto Adige, sezione autonoma di Trento, n. 17 del 6 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 febbraio 2004, sentenza n. 393

Prg - la reiterazione dei vincoli - i limiti di durata fissati dal Legislatore - la mancata previsione di indennizzo - vincolo de facto di durata indeterminata - il procedimento del silenzio-rifiuto - rito processuale di cognizione e di ottemperanza - tutela risarcitoria o indennitaria - il c.d. periodo di franchigia. La Corte Costituzionale ha dichiarato “la illegittimità costituzionale non dell’intero complesso normativo che consente la reiterazione dei vincoli, ma esclusivamente della mancata previsione di indennizzo in tutti i casi di permanenza del vincolo urbanistico preordinato all’espropriazione o comportante la assoluta inedificabilità oltre i limiti di durata fissati dal Legislatore, quali indici di ordinaria sopportabilità da parte dei singoli” (Corte Cost. n. 179/99 cit.). D’altra parte non può fondatamente ritenersi che il soggetto interessato da un vincolo de facto di durata indeterminata, sia privo di tutela; egli, infatti, in caso di inerzia dell’Ente territoriale nella realizzazione delle proprie scelte urbanistiche (nella specie il Comune), può promuovere gli interventi sostitutivi della Regione oppure agire in sede giurisdizionale seguendo il procedimento del silenzio-rifiuto. A questa tradizionale forma di tutela - la cui concreta effettività risulta oggi assai implementata dalla notevole accelerazione impressa al rito processuale di cognizione e di ottemperanza, in materia di silenzio rifiuto, dall'art. 21 bis della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, nel testo novellato dalla L. 21 luglio 2000 n. 205 - si affiancano ulteriori strumenti di tutela complementare. Trattasi della tutela risarcitoria o indennitaria. Se, anche per effetto dell'applicazione del regime provvisorio di cui all'art. 4, ultimo comma, della citata legge n. 10 del 1977, derivi a carico di un fondo la protrazione, oltre il c.d. periodo di franchigia, del divieto assoluto di ogni sua utilizzazione (secondo i criteri fissati dalla Corte cost., 20 maggio 1999 n. 179 cit.), è ipotizzabile - almeno secondo un ragionevole orientamento dottrinale - il diritto del proprietario a un indennizzo, alla stregua della ricordata sentenza costituzionale di accoglimento. Consiglio di Stato, Sezione IV, - 30.06.2003, Sentenza n. 3903

I termini finali dei lavori e delle espropriazioni devono necessariamente essere indicati e contenuti nel primo atto in cui si concreta il potere di espropriazione. I termini finali dei lavori e delle espropriazioni devono necessariamente essere indicati e contenuti nel primo atto in cui si concreta il potere di espropriazione; cioè, nel caso di dichiarazione implicita nell’approvazione del progetto, nella relativa delibera. Consiglio (ex multis: IV, 14 gennaio 1999 n. 15) Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040 (vedi: sentenza per esteso)

P.R.G. - la necessità di una specifica motivazione - esclusione - relazione di accompagnamento al progetto di piano - l’obbligo di una puntuale motivazione - sussistenza - stipulazione di una convenzione di lottizzazione - diniego di concessione edilizia - decadenza di un vincolo preordinato all’espropriazione. Le delineate caratteristiche delle scelte urbanistiche escludono, d’altronde, la necessità di una specifica motivazione che tenga conto, anche solo eventualmente, delle aspirazioni dei cittadini, essendo al riguardo sufficiente il semplice riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di piano (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 14 dicembre 2002, n. 6297; 6 febbraio 2002, n. 664; 17 gennaio 2002, n. 250; 19 gennaio 2000, n. 245; 8 febbraio 1999, n. 121; 9 luglio 1998 n. 1073). L’obbligo di una puntuale motivazione è stato ritenuto sussistente, ai fini del legittimo uso del jus variandi quando, le nuove scelte incidono su aspettative qualificate del privato, quale quelle derivanti: dalla stipulazione di una convenzione di lottizzazione; da una sentenza dichiarativa dell’obbligo di disporre la convenzione urbanistica; da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia; dalla decadenza di un vincolo preordinato all’espropriazione (C.d.S., A.P. 22 dicembre 1999, n. 24; sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3817; 27 maggio 2002, n. 2899; 20 novembre 2000, n. 6177; 12 marzo 1996, n. 301); è stato, invece, considerato affidamento generico quello relativo alla non reformatio in peius di precedenti previsioni urbanistiche che non consentono una più proficua utilizzazione dell’area, con la conseguenza che in tali casi non sussiste la necessità di una motivazione specifica delle nuove destinazioni urbanistiche rispetto a quelle che può agevolmente evincersi dai criteri di ordine tecnico - urbanistico seguiti per la redazione dello strumento stesso (C.d.S., sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3146; 20 ottobre 2000, n. 5635; A.P. 22 dicembre 1999, n. 24). Consiglio di Stato, Sezione IV - 26 maggio 2003 sentenza n. 2827 (vedi: sentenza per esteso)

Vincoli espropriativi scaduti - reiterazione o proroga - necessità di indennizzo - combinato disposto dell’art. 37, comma 5 , L.R. Puglia 56/1980 e dell’art. 17, comma 2, L.R. Puglia 20/2001 - mancata previsione di durata e indennizzo - illegittimità costituzionale - l’esecuzione di opere pubbliche - vincoli meramente conformativi - vincoli (urbanistici) espropriativi, la reiterazione (o la proroga) e l’indennizzo - obbligo specifico di indennizzo. E’ costituzionalmente illegittimo il combinato disposto dell’art. 37, quinto comma, della legge della Regione Puglia 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio) e dell’art. 17, comma 2, della legge della Regione Puglia 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio), nella parte in cui si riferiscono a vincoli scaduti, preordinati all'espropriazione o sostanzialmente espropriativi, senza previsione di durata e di indennizzo. Il problema della temporaneità e della conseguente indennizzabilità della protrazione dei vincoli urbanistici si può porre solo nei confronti dei vincoli preordinati all'espropriazione o sostanzialmente ablativi. Restano, di conseguenza, fuori dai problemi enunciati di costituzionalità tutti gli altri vincoli attinenti a destinazioni non coinvolgenti l’esecuzione di opere pubbliche, ma rimessi alla iniziativa (anche concorrente) dei singoli proprietari (come il verde condominiale e gli accessi privati pedonali), trattandosi di vincoli meramente conformativi. L'iter interpretativo della garanzia costituzionale in materia di espropriazione ha portato a riconoscere il principio secondo cui, per gli anzidetti vincoli (urbanistici) espropriativi, la reiterazione (o la proroga) comporta - oltre la temporaneità - necessariamente un indennizzo, diretto al ristoro del pregiudizio causato dal protrarsi della durata (sentenze n. 411 del 2001; n. 179 del 1999). L'obbligo specifico di indennizzo deve sorgere una volta superato il primo periodo di ordinaria durata temporanea del vincolo, da considerarsi come periodo di franchigia da ogni indennizzo, quale determinato dal legislatore entro limiti non irragionevoli, riconducibili alla normale sopportabilità del peso gravante in modo particolare sul singolo (sentenza n. 179 del 1999). Deve essere, di conseguenza, tenuto distinto - rispetto alla pretesa indennitaria - il profilo della ammissibilità e legittimità sia della reiterazione degli anzidetti vincoli in via amministrativa, sia della ammissibilità sul piano costituzionale, entro i limiti della non irragionevolezza, di proroghe o di protrazioni di durata in via legislativa o di differenziazioni di durata per taluni vincoli (sentenze n. 411 del 2001; n. 179 del 1999). Pertanto deve essere dichiarata la illegittimità costituzionale non dell'intero complesso normativo denunciato, che consente la protrazione dei vincoli derivanti dalle previsioni degli strumenti esecutivi, ma solo in quanto, per la generale indicazione di persistente ulteriore efficacia dell'obbligo di osservare le previsioni non attuate dello strumento di pianificazione urbanistica, si riferisce anche a vincoli scaduti preordinati all'espropriazione o sostanzialmente espropriativi senza previsione di durata e di indennizzo. Corte Costituzionale, 9 maggio 2003, sentenza n. 148 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione in carenza di potere - il decreto assessoriale dichiarativo della pubblica utilità con l´indicazione del termine per l´esecuzione dei lavori. Nel caso in cui il Comune ritiene che rientra nella sua competenza di completare, in via di integrazione, il decreto assessoriale dichiarativo della pubblica utilità con l´indicazione del termine per l´esecuzione dei lavori (precedentemente omessa) non si versa in una ipotesi di espropriazione in carenza di potere. Ai fini del "simultaneus processus" voluto dal legislatore con la legge n. 205 del 2000, e precisamente, ai fini dell´impugnazione con motivi aggiunti, di cui all´art. 21 prima comma legge Tar, all'ipotesi di documento nuovo deve essere assimilata quella di documento esistente ma non conosciuto per causa non imputabile alle parti. E´ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 31 marzo 1998 e della L. 21 luglio 2000, n. 205, per contrasto con gli artt. 24, 113 e 42 della Costituzione, per non essere stata regolata in via transitoria la sorte di quelle procedure espropriative ritenute emesse in carenza di potere espropriativo e i cui provvedimenti venivano dal G.O. disapplicati, in quanto in questo caso - a differenza che nell´ipotesi della devoluzione delle controversie sul pubblico impiego (in cui è stata stabilita la "perpetuatio" della giurisdizione del giudice amministrativo) - il legislatore costituzionale si è attenuto alla regola generale sancita dall´art. 5 del c.p.c., secondo cui la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 26 marzo 2003, n. 4

L’apposizione dei termini per le espropriazioni attinenti ai piani di zona per l’edilizia economica e popolare. L’art. 13, l. n. 2359 del 1865, in materia di apposizione dei termini, non è applicabile per le espropriazioni attinenti ai piani di zona per l’edilizia economica e popolare, essendo sostituito ed assorbito dalle disposizioni che delimitano nel tempo ope legis l’efficacia dei piani stessi. Consiglio di Stato, Sezione IV, 25 marzo 2003 Sentenza n. 1545 (vedi: sentenza per esteso)

Il termine per impugnare l'atto di approvazione del progetto di opera pubblica avente effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g. - insufficienza della pubblicazione dell'atto per l'effettiva conoscenza - decorrenza - conoscenza individuale del proprietario - la notificazione individuale dell'atto di approvazione regionale - obbligo. Il termine per impugnare l'atto di approvazione del progetto di opera pubblica ai sensi dell'art. 1, l. n. 1 del 1978, avente effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g. (perché relativa ad un bene specifico sopra il quale viene impresso un vincolo di destinazione pubblica), decorre dalla conoscenza individuale che ne abbia avuto il proprietario, essendo insufficiente a tal fine la pubblicazione dell'atto, in quanto il provvedimento ha effetti specifici e circoscritti all'area da espropriare per l'esecuzione dell'opera, e quindi è rivolto a soggetti determinati per quanto non esplicitamente nominati (cfr. sez. IV, 28 gennaio 2002, n. 452, sez. II, 27 febbraio 2002, n. 294\2001). Nello specifico, la notificazione individuale dell'atto di approvazione regionale è imposta dall'art. 8, comma 5, l. n. 167 del 1962, richiamato dall'art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978, come sostituito dall'art. 4, comma 3, l. n. 415 del 1998. Consiglio di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1196 (vedi: sentenza per esteso)

Occupazione d'urgenza - funzione dei termini di inizio e completamento dei lavori - la fissazione nel termine massimo di durata (di cinque anni). Nè l'omessa indicazione dei termini di inizio e completamento dei lavori ex art. 35, lett. d), L. n. 865/71 cit. vizia, per ciò solo, il provvedimento di occupazione d'urgenza. Tale indicazione si riferisce invero alla convenzione tra Consorzio e Comune e rileva esclusivamente nel quadro dei rapporti fra l'ente concedente e il concessionario; la posizione dell'espropriando trova invece tutela nella fissazione del limite di durata dell'occupazione, ai sensi dell'art. 20, secondo comma, L. n. 865/71: peraltro, la fissazione nel termine massimo di durata (di cinque anni) costituisce scelta latamente discrezionale dell'Amministrazione e non necessita di motivazione alcuna sul punto (cfr., fra le tante, Cons. Stato, IV Sez., 31 luglio 2000, n. 4215, e 10 giugno 1999, n. 982). Consiglio di Stato Sezione IV del 23 dicembre 2002 sentenza n. 7279 

Procedimento di approvazione delle dichiarazioni di pubblica utilità - l'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione - l'annullamento della proroga delle dichiarazioni di pubblica utilità determina il travolgimento dell'occupazione d'urgenza per illegittimità derivata. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Ad. Plen. 15 settembre 1999, n. 14) ha chiarito che le disposizioni sull'avviso di avvio del procedimento hanno effetto anche sul procedimento di approvazione delle dichiarazioni di pubblica utilità, quanto meno nelle forme di cui all'articolo 10 della legge n. 165 del 1971 (deposito e notificazione del progetto, osservazione degli interessati, pronuncia sulle stesse). L'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione ha come suo presupposto di legittimità non solo una dichiarazione d'urgenza ed indifferibilità dell'opera, ma altresì una dichiarazione di pubblica utilità valida ed efficace. Conseguentemente l'annullamento della proroga delle dichiarazioni di pubblica utilità determina il travolgimento dell'occupazione d'urgenza per illegittimità derivata (Ad. Plen. 24 gennaio 2000, n. 2). Inoltre, la proroga dell'occupazione d'urgenza è viziata anche per illegittimità proprie essendo stata disposta, senza alcuna motivazione, e dopo la scadenza del pregresso decreto prefettizio di occupazione d'urgenza nonché oltre il termine di cui all'articolo 20 della legge n. 865 del 1971. Tribunale Amministrativo Regionale, sez. staccata di Parma, del 4 dicembre 2002 sent. n. 877 (vedi: sentenza per esteso

L'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità - scadenza dei termini - l’automatismo delle proroghe - la scadenza del termine per il compimento dei lavori e della procedura espropriativa - dichiarazione di pubblica utilità.
L'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità consegue, però, alla scadenza di tutti e quattro i termini, (data di inizio e compimento delle procedure espropriative, dell'inizio e compimento dei lavori) come ripetutamente affermato dalla Cassazione in Sezione Unite: 1989 n. 2078; 1995 n.4987; 1998 n. 5144; 1998 n.4571; 1990 n. 11553; 1996 n.4717; 1995 n.1962. Pertanto, solo con la scadenza dell'ultimo termine (compimento dei lavori) poteva, concorrendone le altre condizioni, verificarsi l'acquisto, a favore del Comune espropriante, dei terreni in questione. L'automatismo delle proroghe invocate dalla ricorrente (Cass. 1995 n. 7807; 1996 n.6649; 1997 n.3798) non vale a spostare la scadenza del termine per il compimento dei lavori e della procedura espropriativa, perché si riferisce alla occupazione d'urgenza e non ai - diversi - termini fissati in sede di dichiarazione di pubblica utilità. Cassazione civile, sez. I, 15 luglio 2002, n. 10251


La dichiarazione di pubblica utilità dell'opera - l'indicazione della data di inizio e compimento delle procedure espropriative, dell'inizio e compimento dei lavori - il potere espropriativo della pubblica amministrazione, a tutela dell'interesse pubblico e privato - termini.
La dichiarazione di pubblica utilità dell'opera (deve seguire all'approvazione del progetto) deve contenere l'indicazione della data di inizio e compimento delle procedure espropriative, dell'inizio e compimento dei lavori (Consiglio di Stato IV, 1997 n.1383). Si tratta di indicazioni necessarie, ai sensi dell'art. 13 l. s. 2359-1865, per delimitare, nel tempo, il potere espropriativo della pubblica amministrazione, a tutela dell'interesse pubblico e privato (Cass. S. U. 1997 n.1907). Cassazione civile, sez. I, 15 luglio 2002, n. 10251

La c.d. accessione invertita non comporta la carenza di interesse - proroga dei termini per il completamento delle procedure espropriative - l'inapplicabilità della proroga legale dei procedimenti espropriativi alle occupazioni d'urgenza - termini. Il verificarsi della c.d. accessione invertita non comporta la carenza di interesse (e prima ancora il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo), alla pronuncia sulla legittimità degli atti della sequenza ablatoria - localizzazione, approvazione del progetto, decreto di esproprio - (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2940; sez. V, 29 luglio 1997, n. 846; sez. IV, 28 maggio 1988, n. 475; ad. plen., 21 ottobre 1980, n. 37); e ciò anche quando sia stata accettata l'indennità di esproprio che non esclude l'interesse a far riscontrare le eventuali illegittimità del procedimento di espropriazione ed occupazione d'urgenza, in vista anche del maggior ristoro che il privato può ottenere a titolo risarcitorio dall'accertata illiceità conseguente all'annullamento degli atti di sottrazione del bene (cfr. Trib. sup. acque pubbl., 1 dicembre 2000, n. 140, Cons. Stato, ad. plen., n. 37 del 1980 cit.). Il carattere obbligato della proroga dei termini per il completamento delle procedure espropriative non può discendere dalla previsione legale di cui all'art. 22 l. n. 158 del 1991. Tale norma dispone la proroga biennale del termine per le occupazioni d'urgenza in corso al primo gennaio 1991 (cfr. Cass. sez. I, 8 settembre 1997, n. 8734). La sezione è consapevole che tale proroga è riconosciuta, dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione (cfr. 8 luglio 1998, n. 6626) come automatica; e che, del pari, si è preso coscienza, nell'assetto attuale delle procedure espropriative, che l'occupazione d'urgenza (ex art. 71, 1 comma, ultima parte, l. n. 2359 del 1865) è una fase preliminare indefettibile dell'ablazione della proprietà privata, trasformatasi da procedimento autonomo e collegato a momento normale subprocedimentale (cfr. in termini sez. un. 20 gennaio 1998, n. 493). Pur tuttavia, non è possibile sovrapporre e conformare i termini dell'una fase con quelli dell'altra. Proprio sotto tale aspetto è stata affermata l'inapplicabilità della proroga legale dei procedimenti espropriativi alle occupazioni d'urgenza, per ragioni di ordine sistematico e letterale, dovendosi necessariamente fare salva l'identità funzionale delle due fasi (cfr. Cass. sez. un., 26 gennaio 1998, n. 761, in una fattispecie inversa a quella oggetto del presente giudizio, in cui si cercava di estendere la proroga dei procedimenti ablatori per l'attuazione dei piani per l'edilizia economica e popolare, disposta dall'art. 17, d.l. n. 795 del 1984, alle occupazioni d'urgenza finalizzate all'esproprio; nel senso della perdurante autonomia del provvedimento di esproprio rispetto a quello di occupazione, cfr. da ultimo Cass. sez. I, 19 febbraio 1999, n. 1387); parimenti si è affermato che la proroga del termine di efficacia dell'occupazione d'urgenza delle aree espropriande non incide sul diverso termine indicato nella dichiarazione di pubblica utilità, entro il quale deve essere adottato il provvedimento espropriativo, anche quando il primo termine sia ancora in corso alla data di scadenza del secondo (cfr. Cass. sez. I, 2 aprile 1985, n. 2256). Coerentemente la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla validità del su menzionato art. 22, l. 158 del 1991 e sulle disposizioni in esso contenute, ha statuito nel senso che queste <<...pur protraendo la legittimità delle occupazioni e determinando alcune remore temporali nell'ambito del procedimento espropriativo, non producono, per la giustificazione che esse trovano nella peculiarità della situazione alla quale hanno inteso provvedere, nemmeno lesione dell'art. 42, 3 comma, in relazione all'art. 24 Cost., sotto il profilo della compressione della tutela spettante al proprietario del bene. Infatti, una volta verificata la legittimità delle proroghe, in ragione delle esigenze che le giustificano, è fuor di luogo dolerso per le remore che esse possono determinare per le azioni volte a conseguire, a seconda dei casi, l'indennità di espropriazione ovvero il risarcimento del danno>> (Corte Cost. 28 aprile 1994, n. 163). Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. del 11 aprile 2002, n. 1987.

La reiterazione dei vincoli urbanistici preordinati all'espropriazione decaduti per superamento del quinquennio - previsione generica di indennizzo - sono illegittimi i provvedimenti urbanistici nella parte in cui omettono tale previsione. Il provvedimento col quale il Comune dispone la reiterazione dei vincoli urbanistici preordinati all'espropriazione decaduti per superamento del quinquennio ai sensi dell'art. 2 l. 19 novembre 1968 n. 1187 necessita della previsione generica di indennizzo, ma non anche della specifica quantificazione delle spese occorrenti per l'espropriazione e dei possibili mezzi di copertura. (L'amministrazione nel reiterare vincoli urbanistici preordinati all'espropriazione dovrebbe prevedere il relativo indennizzo; conseguentemente sono illegittimi i provvedimenti urbanistici nella parte in cui omettono tale previsione. Consiglio Stato, sez. IV, 29 agosto 2001, n. 4565). Consiglio Stato, sez. IV, 29 ottobre 2001, n. 5628

La scadenza del termine di pubblica utilità non determina la illiceità permanente dell'occupazione - la scadenza del termine finale per il compimento dei lavori ha carattere perentorio. In materia di espropriazione per pubblica utilità, solo la mancanza iniziale della dichiarazione di pubblica utilità (o il suo annullamento) determina quella situazione di illiceità iniziale e permanente dell'occupazione che giustifica la pretesa restitutoria del privato, ove questi non chieda il risarcimento per equivalente, rinunciando alla reintegrazione. Non ha, invece, a tal fine rilievo la scadenza del termine di pubblica utilità (o, più esattamente, del termine per il compimento della procedura espropriativa), perchè solo la scadenza del termine finale per il compimento dei lavori ha carattere perentorio, dovendosi a tutti gli altri termini attribuire efficacia ordinatoria. (La S.C. ha così respinto il ricorso che tendeva ad escludere i criteri risarcitori dell'art. 3, comma 65, della l. n. 662 del 1996, sul presupposto che l'irreversibile trasformazione del fondo era intervenuta quando erano già spirati i termini della dichiarazione di pubblica utilità). Cassazione civile, sez. I, 21 marzo 2000, n. 3298

Opposizione alla stima - mancato decorso del termine di decadenza per la proposizione dell'opposizione - termine decadenziale alternativo rispetto a quello prescrizionale - proponibilità dell'opposizione nell'arco di dieci anni previsti "ex lege". In tema di opposizione alla stima, il mancato decorso del termine di decadenza per la proposizione dell'opposizione ("ex" art. 12 della l. n. 865 del 1971), causato dal mancato deposito della relazione della Commissione sulla misura definitiva dell'indennità, non spiega alcuna influenza sul termine di prescrizione decennale previsto dall'art. 19 stessa legge per la proposizione dell'opposizione medesima, essendo il termine decadenziale alternativo, e non cumulativo, rispetto a quello prescrizionale. Ne consegue che, pur in mancanza del deposito della relazione predetta, l'opposizione alla stima resta proponibile (a far tempo dall'emanazione del provvedimento ablatorio) nell'arco dei dieci anni previsti "ex lege", ma non oltre detto termine. Cassazione civile, sez. I, 23 febbraio 2000, n. 2052

Decadenza della facoltà di opporsi alla stima dell'indennità per decorso del termine - rilevanza d'ufficio - autonomia e discrezionalità dell'Ente locale nella gestione dei debiti. Con riguardo all'esproprio in favore di ente locale, la decadenza dell'espropriato dalla facoltà di opporsi alla stima dell'indennità, per decorso del termine di cui all'art. 19 l. 22 ottobre 1971 n. 865, è rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 2969 c.c.: ed infatti, l'autonomia e discrezionalità dell'Ente locale nella gestione dei propri debiti non comporta la sua facoltà di rinunziare agli effetti prodotti, a carico dei creditori, dalla avverata decadenza, trattandosi di sanzione stabilita dalla legge a tutela dell'interesse della collettività, afferente la erogazione di denaro a carico dei bilanci pubblici. Cassazione civile, sez. I, 7 febbraio 2000, n. 1313

Esecuzione impossibile dell'opera pubblica - scadenza del termine per il compimento dei lavori - decorso del termine prescrizionale del diritto alla retrocessione. Qualora divenga impossibile l'esecuzione dell'opera pubblica, per la scadenza del termine per il compimento dei lavori, che comporta la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, decorre il termine prescrizionale decennale del diritto alla retrocessione, restando escluso che una nuova dichiarazione di pubblica utilità, anche se concernente la stessa opera la cui esecuzione era divenuta impossibile, ma non approdata a nuova espropriazione, faccia decorrere un nuovo termine. Cassazione civile, sez. I, 10 gennaio 2000, n. 150

Riduzione dei termini processuali per l'impugnazione. Le disposizioni di cui all'art. 19, d.l. 25 marzo 1997 n. 67, come conv. dalla l. 23 maggio 1997 n. 135 che ha ridotto della metà i termini processuali per l'impugnazione, operano per l'avvenire, per cui i termini d'impugnazione, già decorrenti all'entrata in vigore del succitato provvedimento legislativo, non potevano subire alcuna modificazione neppure proporzionale rispetto a quelli che erano assicurati alla parte nel precedente regime. Consiglio di Stato (Sez. IV), 13 ottobre 1999, n. 1566

Illegittimità costituzionale della reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti senza previsione d'indennizzo. E' costituzionalmente illegittimo il combinato disposto degli art. 7 n. 2, 3 e 4, e 40, l. 17 agosto 1942 n. 1150 e dell'art. 2 l. 19 novembre 1968 n. 1187, nella parte in cui consente all'amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione d'indennizzo. Corte costituzionale, 20 maggio 1999, n. 179

La efficacia interruttiva della prescrizione di un atto proveniente dalla parte che invochi la realizzazione di una propria pretesa - indagine di merito non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata. La efficacia interruttiva della prescrizione di un atto proveniente dalla parte che invochi la realizzazione di una propria pretesa costituisce indagine di merito non sindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivata. (La S.C. ha, così, confermato la pronuncia dei giudici di merito che avevano negato efficacia interruttiva della prescrizione del diritto al risarcimento del danno ad una lettera proveniente dal proprietario di un suolo contenente "richiesta di chiarimenti" in ordine ai procedimenti amministrativi di occupazione ed espropriazione del bene, ma priva di qualsivoglia riferimento sia all'indennità di esproprio, sia ad eventuali pretese risarcitorie da accessione invertita). Cassazione civile, sez. I, 13 maggio 1999, n. 4749 

Risarcimento danni - occupazione acquisitiva - legittimità della clausola che fissi il periodo dell'occupazione legittima con decorrenza iniziale dalla data di immissione in possesso. In tema di risarcimento danni da occupazione acquisitiva, il disposto dell'art. 20, comma 3, della l. n. 865 del 1971 ("l'occupazione può essere protratta fino a cinque anni dalla data di immissione in possesso") rende del tutto legittima una clausola che fissi il periodo dell'occupazione legittima con decorrenza iniziale dalla data di immissione in possesso, anzichè dalla data di emanazione del provvedimento che dispone l'occupazione d'urgenza (senza che possa, in contrario, sostenersi che la deliberazione di occupazione d'urgenza determina già immediatamente, dalla data della sua emissione, la compressione del diritto del privato sulla res, atteso che tale principio attiene esclusivamente al termine della decorrenza degli effetti dell'occupazione legittima, e non incide in alcun modo sul distinto tema della durata dell'occupazione stessa, regolato, in modo autonomo ed esaustivo, dal ricordato comma 3 dell'art. 20 l. n. 865 del 1971). Ne consegue che, in tal caso, il "dies a quo" del termine prescrizionale di cinque anni previsto per il diritto al risarcimento del danno decorre non dalla data del provvedimento dispositivo dell'occupazione legittima, ma dalla data di immissione in possesso del bene da parte dell'Amministrazione occupante. Cassazione civile, sez. I, 27 aprile 1999, n. 4214

Dichiarazione implicita di pubblica utilità - decorrenza del termine di vigenza del piano - inefficacia della dichiarazione. Poiché il piano di zona ex l. 18 aprile 1962 n. 167, in quanto strumento urbanistico esecutivo, comporta la dichiarazione implicita di pubblica utilità per le opere in esso previste, decorso il termine di vigenza del piano, diviene altresì inefficace la relativa dichiarazione di pubblica utilità, che radica il potere espropriativo dell'amministrazione. Ne consegue che pur sussistendo in ordine all'area medesima la vincolatività dei previsti allineamenti e delle prescrizioni di zona nella costruzione di edifici, come effetto della perdurante validità della disciplina urbanistica anche dopo la scadenza del piano (art. 17 comma 1 l. 17 agosto 1942 n. 1150) è illegittimo il decreto di esproprio dell'area "de qua", adottato oltre il termine di efficacia del piano non più rinnovato. Consiglio di Stato Sez. IV, 15 aprile 1999, n. 644

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno da occupazione appropriativa - proroga emessa dopo la scadenza di un primo periodo di occupazione - inizio del decorso - carenza di potere. Il diritto ad ottenere il risarcimento del danno da occupazione appropriativa si prescrive in cinque anni, decorrenti, nell'ipotesi di proroga emessa dopo la scadenza di un primo periodo di occupazione, dall'irreversibile trasformazione del fondo e non dalla scadenza del suddetto periodo di proroga, o di un'ulteriore proroga successivamente disposta, atteso che il potere di prorogare l'occupazione d'urgenza è esercitabile finche non sia scaduto l'originario termine fissato con il provvedimento autorizzativo e che, pertanto, la proroga dopo tale scadenza integra un atto emesso in carenza di potere, come tale inidoneo ad incidere sul diritto del proprietario ad ottenere il risarcimento del danno; non vale, in contrario, sostenere che la disapplicazione degli atti amministrativi sarebbe istituto invocabile solo a favore del privato titolare della posizione soggettiva di cui si lamenta la lesione e non a favore dell'amministrazione, che finirebbe per avvantaggiarsi dell'illegittimità del proprio operato (nella specie, attraverso la retrodatazione del compimento della fattispecie appropriativa e quindi della decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento), giacchè l'accertamento del diritto al risarcimento del danno, in cui si è commutato il diritto di proprietà per effetto della illegittima occupazione, comporta necessariamente la verifica di fondatezza della pretesa nei suoi elementi costitutivi, ivi compresa la tempestività dell'azione. Cassazione civile, sez. I, 10 aprile 1999, n. 3516

Consenso del proprietario all'occupazione del fondo - necessità di decreto di esproprio o della cessione volontaria prima dello spirare del termine consentito. L'accordo con il quale in proprietario di un fondo, nel corso di procedura espropriativa, acconsente all'occupazione da parte dell'autorità, rende legittima la detenzione da parte dell'espropriante per un periodo temporaneo, configurandosi, comunque, la necessità del decreto di esproprio o della cessione volontaria prima dello spirare del termine consentito o, in mancanza, del biennio o del provvedimento di proroga, senza di che, l'avvenuta realizzazione dell'opera pubblica determina, con la perdita della proprietà, l'insorgenza del diritto al risarcimento. Cassazione civile, sez. I, 2 aprile 1999, n. 3161

Valide ragioni che consentono la proroga dei termini per l'inizio dell'espropriazione e dei lavori - forza maggiore - ragioni indipendenti dalla volontà dell'espropriante - difficoltà obiettive. Costituiscono valide ragioni che consentono la proroga dei termini per l'inizio dell'espropriazione e dei lavori, ai sensi dell'art. 13 comma 2 l. 25 giugno 1865 n. 2359, la forza maggiore e ragioni indipendenti dalla volontà dell'espropriante pertanto costituiscono valide ragioni quelle che non dipendono dalla volontà dell'ente espropriante ovvero quelle aventi fondamento in obiettive difficoltà che si frappongono al compimento degli atti espropriativi. Consiglio di Stato Sez. IV, 1 aprile 1999, n. 495

Illegittimo provvedimento che dispone l'espropriazione adottato quando il termine finale per il completamento del procedimento ablatorio era scaduto. E' illegittimo il provvedimento che dispone l'espropriazione di un'area che sia stato adottato quando il termine finale per il completamento del procedimento ablatorio era scaduto, determinando il venir meno del potere espropriativo. T.A.R. Marche, 29 gennaio 1999, n. 77

Termini di inizio e compimento dei lavori e delle espropriazioni - funzione garantistica - serietà del progetto - necessità di indicare i termini. L'indicazione dei termini di inizio e di compimento dei lavori e delle espropriazioni prescritti dall'art. 13, l. 25 giugno 1865 n. 2359, svolge una funzione garantistica, nel senso che costituisce la riprova dell'attualità dell'interesse pubblico che si vuole soddisfare e della serietà ed effettività del relativo progetto; pertanto, i termini stessi devono essere indicati anche quando la p.u. dell'opera derivi direttamente dalla legge, nel qual caso devono essere fissati col primo atto col quale l'amministrazione manifesta in concreto la sua intenzione di esercitare il potere espropriativo, atto che normalmente è da identificarsi in quello di approvazione del progetto ma potrebbe anche essere il decreto di occupazione d'urgenza. Consiglio di Stato Sez. IV, 14 gennaio 1999, n. 22

Fissazione dei termini non necessaria quando l'ambito temporale sia stabilito dalla legge - proroga. La fissazione dei termini previsti per l'inizio e l'ultimazione delle espropriazioni e dei lavori non è necessaria quando l'ambito temporale per l'effettuazione dei lavori sia stabilito dalla legge. Nella specie, l. 31 maggio 1990 n. 128, concernente la proroga di termini previsti da disposizioni legislative, il cui art. 11 ha prorogato al 31 dicembre 1990 "i termini di cui all'art. 25 della l. 3 gennaio 1978 n. 1, riguardanti l'efficacia di piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale". Consiglio di Stato Sez. IV, 23 gennaio 1998, n. 48