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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562

 

 

Giurisprudenza

  

 

 

Cave e torbiere

 

 

 

      Anni: 2011 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005

2004 - 2003 - 2002 - 2001 - 2000 - 1999-92

 

 

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CAVE E MINIERE - Art. 17 l.r. Emilia Romagna n. 17/1991 - P.A.E. e P.I.A.E. - Rapporto. L’art. 7 della legge regionale Emilia-Romagna 17/1991 individua le modalità di formazione del P.A.E., sancendo che esso è redatto sulla base delle previsioni contenute nel P.I.A.E., ed in particolare di quelle relative ai poli estrattivi. Pertanto è il P.I.A.E. a dover individuare i poli estrattivi mentre il P.A.E. dovrà definire le aree estrattive ricadenti entro i poli del citato P.I.A.E. oltre a dover definire le modalità di coltivazione delle cave e la sistemazione finale delle stesse anche con riguardo a quelle abbandonate, le modalità di gestione, le azioni per ridurre al minimo gli impatti ambientali prevedibili. Pres. f.f. Caso, Est. Loria -G.A. (avv.ti Coffrini e Coffrini) c. Comune di Corniglio (avv.ti Gabella e Grisenti) e altro (n.c.) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 13 luglio 2011, n. 256
 

CAVE E MINIERE - Concessioni di coltivazione ventennali - Proroga tacita - Divieto - L.r. Abruzzo n. 54/1983 - Vincolo comunitario discendente dal trattato - Specifica previsione per gli appalti di servizi, opere e forniture - Estensione alle concessioni di beni pubblici. Il divieto di proroga tacita delle concessioni all’esercizio dell’attività di coltivazione dei giacimenti a seguito del decorso dell’arco temprarle di venti anni (cfr. art. 20 L.r. Abruzzo 26 luglio 1983 n. 54) si salda con il principio comunitario secondo cui il diniego e la proroga sono considerati alla stregua di contratti ex novo, necessitanti dell’espletamento di procedure di evidenza pubblica un assenza delle ipotesi eccezionali che autorizzano il ricorso alla procedura negoziata. Il divieto in esame , pure se fissato dal legislatore in modo espresso con riguardo agli appalti di sevizi, opere e fornire, esprime un principio generale attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato e, come tale, operante per la generalità dei contratti pubblici ed estensibile anche alle concessioni di beni pubblici (così Cons. Stato , sez. VI, 21 maggio 2009 , n. 3145; n. 3642/2008; Cons. Stato, V, n. 2825/2007; VI, n. 168/2005). Dalle considerazioni esposte si ricava - per effetto dell’ applicazione coordinata della normativa regionale e dei principi comunitari che considerano la proroga o il rinnovo di un contratto quale contratto nuovo soggiacente a regole competitive - che è vietata la proroga tacita delle concessioni ventennali e che la proroga può essere concessa, esclusivamente con provvedimento espresso, al fine di evitare l’interruzione delle attività in atto, per il solo tempo necessario a consentire l’espletamento della procedura di evidenza pubblica. Pres. Trovato, Est. Caringella - Comune di Ofena (avv.ti De Carolis e Russo) c. R.& D. s.r.l. (avv. Paolantonio) (Riforma T.A.R. ABRUZZO, Pescara, n. 55/2010) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 7 aprile 2011, n. 2151

 

CAVE E MINIERE - Piano per le attività estrattive - Regione Lombardia - Approvazione del piano - Parere dell’ente gestore dell’area protetta - Necessità - Aree aggiunte ad integrazione dell’originario perimetro tracciato dalla proposta provinciale. Sulla scorta del quadro normativo della regione Lombardia in materia di formazione e adozione della proposta di piano per le attività estrattive (l.r. Lombardia n. 14/1998, artt. 7 e 8) non è revocabile in dubbio che, ai fini della definizione della procedura di approvazione del piano, sia necessario acquisire il parere dell’ente gestore dell’area protetta; nonostante il riferimento testuale della norma regionale alla necessità di tale parere con riguardo alla proposta provinciale, l’intervento dell’organo consultivo deve essere sollecitato anche per le nuove aree che, in sede di approvazione regionale, siano aggiunte ad integrazione dell’originario perimetro tracciato dalla proposta provinciale. Una diversa opzione ermeneutica condurrebbe all’illogico risultato di consentire la pretermissione del parere dell’ente di protezione per il solo fatto, totalmente neutro ed estraneo alle esigenze di tutela perseguita dalla disciplina in parola, che l’inclusione dell’area sensibile sia stata stabilita in seno alla proposta inoltrata dalla Provincia o in un segmento procedimentale successivo (conf. Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2008, n. 2743). Pres. Piscitello, Est.Caringella -Regione Lombardia (avv.ti Forloni e Pujatti) c. Consorzio Per il Parco Adda Sud (avv.ti Linzola e Ramadori) - (Conferma T.a.r. Lombardia - Milano, Sez. IV, n.4122/2009) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 4 marzo 2011, n. 1382

 

CAVE E MINIERE - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Art. 14 L. n. 689/81 - Termine di 90 gg. decorrenti dall’accertamento - Significato di accertamento - Infrazione di cui all’art. 20 della l.r. Marche n. 71/97 - Commisurazione alla quantità del materiale abusivamente estratto. L’art. 14 della L. n. 689/81, nel riferirsi all’accertamento e non “al giorno in cui è stata commessa la violazione, va inteso nel senso che il termine di 90 giorni comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare l’esistenza dell’infrazione. L’accertamento non coincide con la generica ed approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dall’art. 13, l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione, fermo restando che l’accertamento deve intendersi compiuto ad ogni effetto quando si tratta di valutazre i dati già acquisiti, anche se caratterizzati da complessità sotto il profilo tecnico-giuridico . Ne consegue che i limiti temporali entro i quali, a pena di estinzione dell’obbligazione di pagamento, l’amministrazione procedente deve provvedere alla contestazione, sono collegati all’esito del procedimento di accertamento e non anche alla data di commissione della violazione, dalla quale decorre soltanto il termine di inizio della prescrizione ex art. 28 L. n. 689/1981 (Cass. n. 7346 del 2004. cass. n. 3524 del 2003; Cass. n. 1866 del 2000, Cass. n. 11308 del 1998). In particolare, nel caso in cui l’infrazione è punita (art. 20 della L. r. Marche n. 71/1997) con sanzione pecuniaria commisurata alla quantità del materiale abusivamente estratto, l’accertamento del fatto materiale integrante tale infrazione non può ritenersi completato con la generica constatazione dell’abusiva estrazione di materiale, ma soltanto con la esatta quantificazione del materiale estratto ed il deposito presso il soggetto competente alla irrogazione della sanzione della definitiva relazione del tecnico incaricato dell’accertamento. Pres. Vadalà, Est. Marcelli - F. s.p.a. (avv. Verna) c. Comune di Serra S. Quirico (avv. Ceruti) - (conferma Tribunale di Ancona, Sez. distaccata di Fabriano del 16/07/2009) - CORTE DI APPELLO DI ANCONA- 17 febbraio 2011, n. 159
 

CAVE E MINIERE - Regione Lombardia - Piano cave - Consiglio regionale - Adozione di soluzioni difformi dalla proposta provinciale - Restituzione degli atti alla Provincia - Apporto partecipativi dei soggetti interessati - L.r. Lombardia n. 14/1998. Qualora il Consiglio regionale, anziché apportare modifiche di dettaglio al Piano cave, adotti (allargando le maglie della previsione di cui all’art. 8 L.R. 14/1998) soluzioni sostanzialmente difformi rispetto a quelle della proposta provinciale, il Piano medesimo dovrà essere restituito alla Provincia, affinché questa recuperi l’apporto, in termini di osservazioni, da parte dei soggetti interessati, che in precedenza si erano espressi su una proposta sostanzialmente diversa da quella fatta propria dal Consiglio regionale, ripristinando, così, il rispetto del principio della partecipazione e del contraddittorio sostanziale fra le parti. Pres. Leo, Est. Plantamura - Comune di Trezzo sull'Adda (avv.ti Forte e Pucci) c. Regione Lombardia (avv. Cederle) e Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Baviera, Ferrari,Fiori, Gabigliani e Zimmitti) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 3 febbraio 2011, n. 344
 

CAVE E MINIERE - Regione Piemonte - Autorizzazione alla coltivazione di cava - Conferenza di servizi ex artt. 31 e ss. l.r. n. 44/2000 - Valutazione non vincolate - Comune - Adozione di provvedimento difforme - Presupposti - Istruttoria. In tema di autorizzazione alla coltivazione di cava, la valutazione espressa dalla conferenza di servizi prevista dagli artt. 31 e segg. della l.r. Piemonte 26 aprile 2000, n. 44- in cui concorre l’ apporto di componenti in possesso di specifica qualificazione nel settore minerario, oltreché in quello della tutela del paesaggio e del territorio in genere - anche se non risolutiva in via definitiva di ogni questione afferente alla coltivazione della cava e, quindi, non vincolante per l’ esercizio del potere autorizzatorio del Comune, esplica, tuttavia, effetto condizionante di ogni successiva determinazione del predetto ente. Il Comune può, invero, discostarsi dalle indicazioni espresse dalla conferenza di servizi solo previa adeguata e completa istruttoria, che dia atto del venir meno delle condizioni riconosciute impeditive dell’ inizio dell’attività estrattiva, dando adeguata motivazione nel provvedimento adottato degli adempimenti posti in essere e delle misure adottate a salvaguardia degli interessi incisi dall’ asservimento dell’ area all’ attività di cava. Pres. Severino, Est. Polito - Comune di Verolengo (avv.ti Contaldi e Dal Piaz) c. B.R. e altri (avv.ti Picco e Scaparone) e P.S. s.r.l. (avv.ti Barberis e Carozzo) - (Conferma T.a.r. Piemonte , n.2866/2005) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 28 gennaio 2011, n. 647
 

CAVE E MINIERE - Sfruttamento di un giacimento minerario - Proprietario del suolo - Diritto soggettivo - Esclusione - Rapporto con lo sfruttamento agricolo - Differenze - Effetti pregiudizievoli per l’ambiente. Lo sfruttamento di un giacimento minerario o di una cava non è oggetto di un diritto soggettivo del proprietario del suolo e non è accostabile, da questo punto di vista, allo sfruttamento agricolo del terreno. A differenza del secondo, infatti, l’attività estrattiva produce trasformazioni rilevanti ed irreversibili, con effetti pregiudizievoli per l’ambiente non interamente stimabili in precedenza. Attribuire ad una determinata area la qualificazione estrattiva è frutto dunque di valutazioni ampiamente discrezionali e l’autorità competente può negare legittimamente tale qualificazione quand’anche sia dimostrato in modo inoppugnabile che sia esclusa ogni prospettiva di rischio ambientale. In altre parole, l’escavabilità non è la regola e il suo diniego non è l’eccezione che sia giustificata solo in quanto siano positivamente dimostrati rilevanti effetti pregiudizievoli per l’ambiente. Pres. ed Est. Lignani - I. s.r.l. (avv.ti Cancrini e Mariani Marini) c. Comune di Orvieto (avv. Figorilli) - TAR UMBRIA, Sez. I - 29 dicembre 2009, n. 827

 

CAVE E MINIERE - Attività di cava - Interventi edilizi - Rientra - Art. 3 c. 1, lett. e7 d.P.R. n. 380/2001. L’attività di cava non può ritenersi estranea all’attività edilizia: l’art. 3, co. 1, lett. e.7) d.p.r. 380/01, infatti, nelle definizioni degli interventi edilizi contempla anche le attività produttive all’aperto ove contemplino l’esecuzione di lavori che comportino la modificazione del suolo inedificato. La stessa definizione è ripresa pedissequamente dall’art. 27, co. 1, lett. e), n. 7), l.r. Lombardia n. 12/05. E’ quindi già il legislatore, sia statale che regionale, che nel momento in cui disciplina gli interventi edilizi, individua come tale anche la realizzazione di attività produttive descritte in modo che possano attagliarsi in tutto e per tutto a quelle di cava. La tesi che l’attività di cava non sia un’attività edificatoria in senso proprio trae origine dalla circostanza che essa non è assoggettata al rilascio dei normali titoli edilizi, entrando a far parte del procedimento regionale di autorizzazione all'esercizio di cava, nell'ambito del quale, anche tramite l'intervento in funzione consultiva del comune interessato, deve valutarsi la compatibilità urbanistica dell'intervento. La circostanza che il titolo edilizio sia diverso (autorizzazione regionale, anziché concessione edilizia o permesso di costruire) non esclude comunque la necessità del titolo edilizio stesso (Tar Campania 10696/07). D’altronde, la stessa giurisprudenza che riconosce che non sia necessario un titolo edilizio in senso proprio per l’esercizio di attività di cava aggiunge che l’attività difforme rispetto al titolo rilasciato integra la contravvenzione prevista attualmente dall’art. 44 d.p.r. 380/01, che è norma di sanzione dell’attività edilizia. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - V. s.p.a. (avv.ti Ferrari e Fontana) c. Provincia di Brescia (avv.ti Basile, Bugatti, Mantini e Poli). TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez.I - 28 dicembre 2009, n. 2619

 

CAVE E MINIERE - RIFIUTI - Rifiuti di estrazione - Art. 10 d.lgs. n. 117/08 - Cava dismessa o abbandonata - Recupero ambientale - Riempimento con rifiuti diversi da quelli di estrazione - Assoggettabilità alla disciplina di cui al d.lgs. n. 36/2003 - Procedure semplificate di recupero - D.M. 5 febbraio 1998 - Applicabilità - Esclusione. Il riempimento di una cava abbandonata o dismessa con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione deve ritenersi assoggettato -ex art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 117/08- alle disposizioni di cui al d. lgs. n. 36 del 2003, relativo alle discariche di rifiuti. Nella prospettiva di prevenire la produzione di rifiuti da destinare allo smaltimento in discarica, l’art. 10 del decreto legislativo n. 117/08 permette infatti agli operatori di utilizzare i rifiuti di estrazione, vale a dire i rifiuti prodotti nel corso o a seguito dell’attività estrattiva, per il riempimento dei vuoti e delle volumetrie causati dalle escavazioni, subordinando tale possibilità a una serie di condizioni. La scelta del legislatore delegato concerne il riempimento, con rifiuti di estrazione, di vuoti e di volumetrie prodotti dall’attività estrattiva. L’art. 10 non distingue tra cave in esercizio e cave dismesse o abbandonate, tra vuoti e volumetrie (pre)esistenti e vuoti e volumetrie conseguenti a una attività di cava in esercizio. L’unica distinzione è quella tra rifiuti di estrazione e rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione. Tutte quelle situazioni nelle quali si trattano rifiuti diversi da quelli provenienti dalle attività estrattive - relative sia alle cave in esercizio che alle cave dismesse o abbandonate - devono pertanto essere assoggettate , a norma del citato art. 10, c. 3, alle disposizioni di cui al d. lgs. n. 36/03 sulle discariche di rifiuti, non invece alla più favorevole disciplina di cui al d.m. 5 febbraio 1998 (procedure semplificate di recupero). Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e Martelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto (avv.ti Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3810

CAVE E MINIERE - RIFIUTI - Rifiuti di estrazione - Art. 10 d.lgs. n. 117/08 - Favor normativo verso il recupero - Rifiuti prodotti durante l’escavazione - Immediato riutilizzo.
Il “favor” normativo verso il recupero di rifiuti si traduce, nell’art. 10 del d. lgs. n. 117/08, nella possibilità che i rifiuti di estrazione, prodotti durante l’attività estrattiva, siano, a determinate condizioni, collocati subito, a mano a mano che l’attività estrattiva prosegue, nei vuoti creati dall’estrazione, dato che sarebbe irragionevole avviare allo smaltimento rifiuti di estrazione prodotti durante l’escavazione i quali possano essere subito riutilizzati nella cava di provenienza. Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e Martelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto (avv.ti Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3810

CAVE E MINIERE - RIFIUTI - Rifiuti di estrazione - D.lgs. n. 117/08 - D.M. 5 febbraio 1998 - Rapporto gerarchico.
Il decreto legislativo n. 117/08, recante norme sulla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, oltre a essere successivo al d. m. 5 febbraio 1998, in tema di recupero di rifiuti non pericolosi, è fonte di rango superiore rispetto alla normativa, secondaria e regolamentare, da ultimo citata. Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e Martelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto (avv.ti Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3810
 

CAVE E MINIERE - Regione Puglia - L.r. n. 37/85 - Autorizzazione all’apertura o all’ampliamento di cave - Silenzio assenso - Termine - Decorrenza - Completamento della documentazione. In materia di rilascio di autorizzazioni alla apertura o all’ampliamento di cave, l’art. 13 comma 8 L.R.Puglia 37/85 stabilisce che trascorsi i termini indicati dalla norma l’autorizzazione “si intende esecutiva”, e tale locuzione non può che indicare se non una ipotesi di silenzio-assenso, non potendosi attribuire esecutività ad un provvedimento (nel caso di specie una autorizzazione) che non sia stato ancora adottato: affinché tale silenzio-assenso si perfezioni é tuttavia necessario che tutta la documentazione necessaria per la valutazione della istanza sia completa, e quindi i termini indicati dalla norma citata in realtà decorrono solo dal completamento della documentazione. Pres. Morea, Est. Ravasio - S.S. (avv. D’Allura) c. Regione Puglia (avv. Liberti). TAR PUGLIA, Bari, Sez. II - 17 dicembre 2009, n. 3219

 

CAVE E MINIERE - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 152 d.lgs. n. 42/2004 - Apertura di cave nell’ambito e in vista di aree vincolate - Interessi contrapposti - Bilanciamento - Rilevanza economica delle opere da realizzare - Distanze, misure e variazioni progettuali. In tema di cave, l’art. 152 del d.lgs. n. 42/2004 postula l’attribuzione di un potere discrezionale (tecnico) in capo all’Amministrazione che, nel contemperamento delle contrapposte esigenze di tutela del vicolo paesaggistico (non direttamente gravante sulle zone interessate dall’apertura della cava) e l’attività estrattiva, può condurre unicamente alla prescrizione di distanze, misure e variazioni progettuali. Per espressa revisione normativa, in detto bilanciamento occorre tenere in considerazione anche la rilevanza economica delle opere da realizzare. In mancanza di vincoli diretti o indiretti sulla zona, ed ai sensi dei poteri concretamente esercitabili dall’Amministrazione ai sensi dell’art.152 cit., detto contemperamento non potrebbe giungere alla totale reiezione del progetto di coltivazione di una cava da ubicare in vista di zone sottoposte a vincoli paesaggistici. Pres. Giallombardo, Est. Valenti - G.L. (avv. Bertuglia e Paci) c. Regione Siciliana e altri (Avv. Stato). TAR SICILIA, Palermo, Sez.I - 16 dicembre 2009, n.2013

 

CAVE E MINIERE - Regione Lombardia - L.R. n. 14/98 - Destinazione a cava di un territorio trascurato dalla provincia - Regione - Potere sostitutivo - Onere di coinvolgimento degli enti locali - Provincia - Acquisizione del parere del Comune interessato. Ai sensi dell'art. 7 l. rg. Lombardia 8 agosto 1998 n. 14, una volta constatata l'opportunità di destinare alla creazione di una cava un territorio trascurato dalla provincia competente, la regione, che si sostituisce a quest'ultima, ha comunque l'onere di coinvolgere gli enti locali nella scelta, rimettendo, a tale scopo, gli atti alla provincia perché acquisisca il parere del comune interessato e formuli le proprie osservazioni al riguardo (Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2743) Pres. Calderoni, Est. Bertagnolli - Comune di Rovato (avv. Ballerini) c. Regione Lombardia (avv. Cederle) e Provincia di Brescia (avv.ti Bugatti, Donati, Poli) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1 dicembre 2009, n. 2389

 

CAVE E MINIERE - Regione Lombardia - Approvazione del piano cave provinciale - Consiglio regionale - L.R. n. 14/98 - Funzione di carattere amministrativo - Doveri di imparzialità e obiettività - Soggetti interessati - Presentazione di osservazioni - Esame da parte dell’amministrazione - Obbligo. Il Consiglio Regionale, chiamato all’approvazione del piano cave provinciale secondo quanto stabilito dalla L.R. Lombardia n. 14/1998, svolge una funzione di carattere amministrativo soggetta ai doveri di imparzialità ed obiettività propri dell’azione amministrativa, con conseguente obbligo di motivazione delle proprie scelte, soprattutto allorché l’organo consiliare decide di disattendere le conclusioni alle quali sono giunti altri enti od organi pubblici coinvolti nel complesso procedimento di approvazione del piano cave - quali l’Amministrazione provinciale interessata oppure la Giunta Regionale - oppure quando si tratta di esaminare osservazioni presentate da soggetti privati partecipanti al procedimento amministrativo. Questi ultimi, ai sensi della legge 241/1990, hanno infatti il diritto di presentare memorie ed osservazioni che l’Amministrazione ha il dovere di valutare. Pres. Leo, Est. Zucchini - H. s.p.a. (avv.ti Tanzarella) c. Regione Lombardia (avv. Cederle) e altro (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 11/11/2009, n. 5015

CAVE E MINIERE - Pianificazione dell’attività di cava - Governo del territorio - Contemperazione dei diversi interessi coinvolti - Attività estrattiva - Tutela dell’ambiente. La pianificazione dell’attività di cava, al pari di ogni attività di pianificazione riguardante in genere il governo del territorio, deve necessariamente contemperare la pluralità degli interessi coinvolti; in tal senso l’interesse economico dell’impresa esercente l’attività estrattiva, meritevole di tutela ai sensi dell’art. 41 della Costituzione, deve essere valutato e tutelato in relazione ad altri interessi di rango costituzionale, come quelli inerenti la tutela del territorio e dell’ambiente (art. 9 della Costituzione, ma si abbia anche riguardo ai limiti costituzionali alla libertà di iniziativa economica di cui al comma 2° dell’art. 41 citato). Pres. Leo, Est. Zucchini - H. s.p.a. (avv.ti Tanzarella) c. Regione Lombardia (avv. Cederle) e altro (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 11 novembre 2009, n. 5015

 

VIA - CAVE E MINIERE - Attività di ricerca di sostanze minerarie - Attività di coltivazione - Distinzione - Effetti sulla VIA. L’attività di ricerca delle sostanze minerarie è distinta per oggetto e per contenuto da quella di coltivazione delle medesime sostanze, e tale differenza, che si riflette in primo luogo nel diverso regime giuridico e nella diversa natura del titolo in forza del quale l’una o l’altra attività vengono esercitate, implica altresì che la valutazione di impatto ambientale debba essere rinnovata ogniqualvolta, all’esito positivo della ricerca, voglia farsi seguire lo sfruttamento delle risorse rinvenute previo rilascio della relativa concessione. Pres. Nicolosi, Est. Grauso Associazione A. e altri (avv. Mariani) c. Regione Toscana (avv.ti Bora e Ciari) - TAR TOSCANA, Sez. II - 6 ottobre 2009, n. 1505

CAVE E MINIERE - Regione Friuli Venezia Giulia - L.R. 35/1986, art. 20, c. 3 - Autorizzazione all’attività estrattiva - Violazione delle condizioni o delle prescrizioni stabilite in sede di autorizzazione - Limite invalicabile all’attività estrattiva. A mente del comma 3 dell’art. 20 della L.R. Friuli Venezia Giulia 35/1986 - il cui disposto è chiaro ed inequivocabile - le autorizzazioni (o le proroghe delle autorizzazioni) all’esercizio di attività estrattiva incontrano un limite invalicabile nelle violazioni delle condizioni o delle prescrizioni stabilite dall’autorizzazione stessa, impingenti negativamente sull’assetto territoriale. Pres. Corasaniti, Est. Farina - R. s.n.c. (avv. Conti) c. Regione Friuli Venezia Giulia (avv. Iuri). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 05/06/2009, n. 433

 

CAVE - Fango e limo - Prima pulitura mediante lavaggio - Disciplina applicabile - Artt. 256 c.1, lett. a) e 185, c. 1, lett. b n. 4 D.L.vo n.152/06 - Art. 137 D.Lg.vo 152/06. I fanghi e di limi, derivanti dalla prima pulitura mediante lavaggio del materiale ricavato dallo sfruttamento delle cave, non rientrano nel campo di applicazione della disciplina sui rifiuti, di cui alla parte quarta del D.Lgs. n. 152 del 2006, in quanto l'art. 185, comma 1, lett. b n. 4 esclude dalla disciplina in questione i rifiuti risultanti dallo sfruttamento delle cave, tra i quali rientrano quelli risultanti dalla pulitura effettuata sia mediante setacciatura o grigliatura sia mediante lavaggio. Ciò non deve indurre alla conclusione di un disinteresse dell'ordinamento per le ricadute che l'attività di lavaggio può avere sull'ambiente circostante, posto che - in caso di eventuali modalità di trattamento del materiale che comportino ricadute negative sulle acque fluviali interessate - la normativa a tutela delle acque e della loro qualità può costituire punto di riferimento. Pres. Onorato, Est. Mulliri, Ric. Pichler. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/05/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 22468

CAVE - Fango e limo - Natura di rifiuto - Sottoprodotto - Necessità tecniche - Caso d’esclusione - Applicabilità della disciplina sulla tutela delle acque - Art. 137 D.Lg.vo n. 152/06 - Artt. 183 lett. f) e 185, D.L.vo n.152/06. Quando si verte in materia di rifiuti è necessario anche la verifica in concreto della sussistenza dei requisiti grazie ai quali, nella specie, il limo, possa essere riconducibile alla nozione di "sottoprodotto" di cui all'art. 183 lett. f) D.L.vo n.152/06. Una volta escluso, che il materiale fangoso esula dal ciclo estrattivo autorizzato non si vede la ragione per la quale escludere la sua riconducibilità nell'ambito dei casi di esclusione di cui all'art. 185 D.L.vo n.152/06 come se la "prima pulitura" del materiale estratto, necessaria per separare il materiale commerciale, debba avvenire esclusivamente mediante setacciatura o grigliatura e non possa avvenire, quando necessità tecniche lo richiedano o lo rendano opportuno, mediante lavaggio... il quale costituirebbe, a differenza della setacciatura o grigliatura, attività ontologicamente successive alla estrazione vera a propria". Tuttavia, l'attività di lavaggio può avere ricadute sull'ambiente circostante sanzionabili ai sensi dell’art. 137 D.Lg.vo n. 152/06. Pres. Onorato, Est. Mulliri, Ric. Pichler. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/05/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 22468

 

CAVE E MINIERE - VAS - Piano cave - Dir. 42/01/CE - Immediata applicabilità all’interno degli stati membri - Esclusione. In materia di VAS, La direttiva 42/01/CE, per quanto riguarda la generalità degli atti di pianificazione territoriale quale il piano cave, non è immediatamente applicabile all’interno degli Stati membri. Depongono in tal senso anzitutto l’art. 3 della direttiva in parola, che demanda al singolo Stato membro di apprezzare se i piani e programmi relativi a un dato settore possano o non possano avere effetto significativo sull’ambiente; nello stesso senso i successivi articoli 4 e 13, che richiedono in modo espresso che gli Stati, per conformarsi alla direttiva, emanino norme proprie, e quindi adottino atti di recepimento. Pres. Petruzzelli, Est. Gambato Spisani - WWF Italia Ong e altri (avv. Brambilla) c. Regione Lombardia (avv.ti Cederle e Mento). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 04/05/2009, n. 893

CAVE E MINIERE - Regione Lombardia - Artt. 7 e 8 L.r. n. 14/98 - Piano cave - Carattere provinciale - Modifiche regionali - Limiti. Le norme degli artt. 7 e 8 comma 1 della l. r. Lombardia n. 14/98, là dove prevedono che alla proposta di piano cave presentata dalla Provincia sentiti i Comuni la Giunta regionale possa apportare “integrazioni e modifiche” da sottoporre poi al Consiglio regionale per l’approvazione finale, va interpretata nel senso che si possano apportare in modo puro e semplice solo modifiche di mero dettaglio, ovvero imposte dall’adeguamento ad obblighi normativi. In tutti gli altri casi, non va stravolto il carattere provinciale del piano, e quindi le modifiche non si possono inserire se non ripetendo la procedura che ha condotto alla proposta arrivata alla Giunta: le modifiche stesse vanno apportate al disegno generale della proposta adottata e su di esse devono pronunciarsi non solo i Comuni, ma anche tutti gli organi tecnici deputati ad esprimere il loro parere sul piano in parola. Pres. Petruzzelli, Est. Gambato Spisani - WWF Italia Ong e altri (avv. Brambilla) c. Regione Lombardia (avv.ti Cederle e Mento). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 04/05/2009, n. 893

 

CAVE E MINIERE - Regione Piemonte - Cave ordinarie e cave di prestito - L.R. 69/1978 - L.R. 30/99 - Differenze sul piano formale e sul piano sostanziale - Cessazione del carattere funzionale al reperimento dei materiali occorrenti per la realizzazione di opere pubbliche - Riattivazione dell’attività di cava - Regime normativo delle cave ordinarie. La normativa regionale piemontese configura due tipologie ben distinte e non sovrapponibili di cave: le “cave ordinarie” (disciplinate dalla legge regionale Piemonte n. 69/1978) e le cave di prestito (disciplinate dalla legge regionale Piemonte n. 30/1999). Le differenze sono rimarchevoli sul piano formale, atteso che le domande di autorizzazione all’esercizio di una “cava ordinaria” devono essere istruite dalla conferenza dei servizi che fa capo alla Provincia, mentre quelle relative alle cave di prestito dalla conferenza dei servizi che fa capo alla Regione. Ma, soprattutto, i due istituti sono nettamente differenziati dalla vigente normativa dal punto di vista sostanziale: le “cave ordinarie” costituiscono semplice espressione dell’interesse commerciale delle imprese operanti nel settore estrattivo e la relativa autorizzazione richiede l’accertamento dei presupposti previsti dal’articolo 7 della legge n. 69/1978, fra cui deve essere particolarmente evidenziata la rilevanza del materiale da estrarre per l’economia regionale; tali presupposti sono estranei al regime delle cave di prestito le quali, invece, sono strettamente funzionali al reperimento dei materiali occorrenti per la realizzazione di importanti opere pubbliche. Ne consegue che, venute meno dette ultime esigenze estrattive, non vi è più spazio per l’esercizio dell’attività di cava e l’eventuale riattivazione di tale attività per le esigenze commerciali di soggetti terzi va necessariamente assoggettata al regime normativo delle “cave ordinarie”. Pres. Calvo, Est. Goso - E. s.r.l. e altri (VV.TI barosio e Chiapale) c. Comune di Romentino (avv. Lovisetto), Provincia di Novara (avv. Pozzi) e Regione Piemonte (avv. Maina). T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 21/02/2009, n. 487

 

CAVE - Commissione tecnica provinciale per le attività di cava - Natura - Organo tecnico - Presidente della Commissione - Dirigente provinciale - Art. 40 L. R. Veneto n° 44/1982 - Art. 107 D. Lgs. n° 267/2000. La Commissione tecnica provinciale per le attività di cava è un organo tecnico, sia perché l’art. 40 della legge regionale Veneto n° 44 del 1982 la qualifica espressamente come “Commissione tecnica” sia per la natura dei compiti ad essa affidati, tra cui l’espressione di parere circa il rilascio di un’autorizzazione o di una concessione. Ne consegue che tutti i componenti della Commissione sono chiamati, nel loro insieme, a rendere valutazioni tecniche. La funzione del Presidente della Commissione non si distingue da quella degli altri componenti, quanto all’oggetto della valutazione, concorrendo tutti insieme a formare la volontà dell’organo. Trattandosi di compiti di valutazione tecnica, le funzioni di Presidente della Commissione tecnica provinciale per le attività di cava sono attribuite al Dirigente provinciale competente, per effetto dell’art. 107 del D. Lgs. n° 267 del 2000. Pres. Di Nunzio, Rel. Morgantini - Comune di Sommacampagna (avv. Garofalo) c. Regione Veneto (avv.ti Londei, Zanon e Drago) - T.A.R. VENETO Sez. II - 27 novembre 2008, n. 3719

CAVE - Area destinata ad attività di cava - Valutazione di impatto ambientale - Percentuale del 3 per cento massimo della zona E del territorio comunale - Art. 13 L.R. Veneto n. 44/1982.
L’area destinata ad attività di cava è comprensiva, oltre a quella dello scavo, anche di quella di accumulo dei materiali, di manovra, di carico e scarico, in quanto comunque funzionale all’attività di cava (cfr. Consiglio di Stato, n. 5186/2008). Ciò vale non solo ai fini di valutare se sottoporre la cava a V.I.A., ma anche al fine di valutare il rispetto della percentuale del 3 per cento massimo della zona E del territorio comunale, stabilita dall’art. 13 della L.R. Veneto n. 44 del 1982. Pres. Di Nunzio, Rel. Morgantini - Comune di Sommacampagna (avv. Garofalo) c. Regione Veneto (avv.ti Londei, Zanon e Drago) - T.A.R. VENETO Sez. II - 27 novembre 2008, n. 3719

 

CAVE E MINIERE - V.I.A. - Regione Veneto - L.R. n. 10/1999 - Area interessata dalla cava - Nozione- Area di escavazione e area funzionale all’attività di cava. Per “area interessata dalla cava” (L.R. Veneto n. 10/1999, art. 3), ai fini della V.I.A., deve intendersi non solo l’area di escavazione, ma l’intera area destinata ad attività di cava, comprensiva, oltre a quella dello scavo, anche di quella di accumulo dei materiali, di manovra e di carico e scarico, in quanto comunque funzionale all’attività di cava. Tale interpretazione è avvalorata dalla ratio della norma volta a porre limiti all’attività di cava in considerazione dell’impatto ambientale che la stessa può avere. Sotto questo profilo, l’impatto sul territorio dipende non solo dall’area strettamente destinata all’escavazione, ma dall’intera area funzionale all’attività di cava, la quale risulta oggetto di lavorazione e di trasformazione urbanistico, rilevando, così, sotto l’aspetto ambientale. Pres. Varrone, Est. Giovagnoli - Comune di Sommacampagna (avv. Sala, Scappini e Di Mattia) c. Regione Veneto (avv.ti Costa e Londei), S. s.r.l. (avv.ti Clarich e Fratta Pasini) e altro (n.c.) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 22 ottobre 2008 (c.c. 1 luglio 2008), sentenza n.5186

 

 CAVE E MINIERE - Piano Regionale delle Attività Estrattive - Procedimento - Partecipazione delle amministrazioni locali - Natura - Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione - Artt. 4 e 8 L.R.Campania n. 16/2004. Le amministrazioni locali sono invitate a partecipare al procedimento di pianificazione delle attività estrattive non tanto con meri apporti collaborativi (come è il caso delle osservazioni proposte da privati nel procedimento di formazione di uno strumento urbanistico), quanto piuttosto con interventi appropriati e consequenziali rispetto alle funzioni che sono demandate all’autorità comunale. il rapporto tra gli enti territoriali è regolato dal principio di sussidiarietà, cardine dell’ordinamento comunitario e recepito a livello costituzionale dall’art. 118 cost., e da quello di leale cooperazione, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (cfr. Corte cost., 28/7/1993, n. 348).Tali principi trovano concreta ed espressa applicazione negli artt. 4 e 8 della L.R. Campania n. 16 del 2004. Pres. Guida, Est. Donadono - Comune di Tufino (avv. Biamonte) c. Regione Campania (avv.ti Palma e Marzocchella), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 14 aprile 2008, n. 2135

 

CAVE E MINIERE - Piano regionale delle attività estrattive - Strumenti pianificatori - Osservazioni - Natura - Mancato accoglimento - Indicazione delle ragioni specifiche. Le osservazioni presentate durante la formazione degli strumenti pianificatori (nella specie, Piano Regionale delle Attività Estrattive) non costituiscono meri apporti collaborativi funzionali all’individuazione delle scelte più confacenti all’interesse pubblico generale. L’ assetto dei rapporti fra privati e pubblica Amministrazione, improntato a principi di trasparenza e di leale collaborazione, presuppone che alle osservazioni sia riconosciuto non soltanto un ruolo pubblicistico, ma anche quello di strumento rivolto alla tutela degli interessi di tipo privatistico legittimamente riferibili ai soggetti destinatari delle previsioni di Piano. In questa prospettiva, dunque, secondo la quale l’Amministrazione deve ricercare, ovviamente nei limiti della ragionevolezza, un’adeguata composizione dei diversi interessi coinvolti, diviene vieppiù necessario che la stessa, a fronte di rilievi puntuali e dotati di sufficiente concretezza da parte dei privati incisi, non si limiti a richiamare, genericamente, una loro presunta incompatibilità con le scelte generali poste a base del piano, ma, invece, indichi specificamente le ragioni per cui le osservazioni non possono essere accolte. Pres. Ravalli, Est. Manca - M.s.n.c. (avv. ti Montinari e Lazzari) c. Regione Puglia (avv. Ponzo). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 03/04/2008, n. 972

 

CAVE - Attività di cava abusiva - Sequestro mezzi meccanici - C.d. periculum in mora - Art. 321, c. 1°, c.p.p. - Fattispecie. Il "periculum in mora" che, ai sensi dell'art. 321, comma primo, cod. proc. pen., legittima il sequestro preventivo, deve intendersi non come generica ed astratta eventualità, ma come concreta possibilità, desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto, che il bene assuma carattere strumentale rispetto all'aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o all'agevolazione della commissione di altri reati (Cass. Sez. 4^, 10/02/2004, n. 5302, Sgherri ed altro; Sez. 5^, 27/06/2000, n. 2899, PM/Strazzari ed altro). Nella fattispecie, relativa al sequestro di mezzi meccanici per l'effettuazione di lavori relativi ad una cava, è stata ritenuta l'insussistenza del "periculum" a fronte del già disposto sequestro dell'area oggetto dell'attività abusiva. Pres. De Maio, Est. Grillo, Ric. Trulli. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 17/03/2008 (CC 23/01/2008), Sentenza n. 11769

 

CAVE E MINIERE - Regione Veneto - L.R. 44/82 - Apposizione di sigilli ex art. 32 - Natura - Carattere amministrativo non sanzionatorio - Compentenza comunale - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Esclusione. L’apposizione di sigilli ex art. 32 L.R. Veneto n. 44/82, giustificata dalla violazione di un’ordinanza di sospensione dei lavori, riveste carattere amministrativo e non sanzionatorio, per cui va esclusa l’applicazione della L. n. 689/81. Essa trova fondamento nel potere di vigilanza sull’eventuale abusività o difformità dei lavori dal permesso di ricerca, dall’autorizzazione o dalla concessione di cava, che, ai sensi dell’art. 28 della L.R. citata, spetta al Comune territorialmente interessati, salva trasmissione al presidente della Provincia (o Regionale, vigendo il regime transitorio ex art. 43) per l'adozione dei provvedimenti di competenza. L’apposizione di sigilli non necessita peraltro di comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di provvedimento che va assunto con urgenza a fronte del rischio di alterazione dello stato dei luoghi su un sito che si sospetta gravemente inquinato. Pres. ed Est. Zuballi - C. s.r.l. (avv. Prandstraller) c. Provincia di Padova (n.c.) e Comune di San Martino in Lupari (avv.ti Borella e Stivanello Gussoni ), riunito ad altri ric. - T.A.R. VENETO, Sez. II - 18 dicembre 2007, n. 4029

CAVE E MINIERE - Regione Veneto - L.R. n. 44/82 - Provvedimento revocatorio ex art. 31 - Presupposti - Fatti naturali - Eventi addebitabili all’attività imprenditoriale.
In materia di cave, il provvedimento revocatorio ex art. 31 della L.R. Veneto n. 44/82 può essere assunto in ragione di eventi che abbiano comportato un’alterazione e, quindi, una grave compromissione della situazione geologica ed idrogeologica interessata dal giacimento, di tale natura ed ampiezza da rendere pericoloso il proseguimento dell'attività di cava. I fatti che possono portare ad una revoca possono discendere, oltre che da eventi naturali, anche da eventi addebitabili alla stessa attività dell'imprenditore, tra cui irregolarità o gravi inadempienze nella conduzione dell'attività estrattiva. Pres. ed Est. Zuballi - C. s.r.l. (avv. Prandstraller) c. Provincia di Padova (n.c.) e Comune di San Martino in Lupari (avv.ti Borella e Stivanello Gussoni ), riunito ad altri ric. - T.A.R. VENETO, Sez. II - 18 dicembre 2007, n. 4029

CAVE E MINIERE - Tutela dell’ambiente - Regioni - Potestà concorrente ex art. 117, Cost. - Potestà di reprimere l’uso scorretto delle risorse in occazione dell’estrazioen di cava - L.R. Veneto n. 44/82 - Devoluzione alla Regione.
La "tutela dell'ambiente", più che una "materia" in senso stretto, rappresenta un compito nell'esercizio del quale lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le regioni e non derogabili da queste; ma ciò non esclude affatto la possibilità che leggi regionali, emanate nell'esercizio della potestà concorrente di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione, o di quella "residuale" di cui all'art. 117, quarto comma, possano assumere fra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale. Peraltro, la materia del "governo del territorio", rientrante nella potestà legislativa concorrente ex art. 117, c. 3, Cost. comprende, in linea di principio, tutto ciò che attiene all'uso del territorio, compresa la localizzazione di impianti o attività. Sicchè, nello specifico, la potestà di reprimere lo "scorretto" uso delle risorse in occasione dell'estrazione di cava è correttamente devoluta (L.R. Veneto n. 44/82) alla Regione, legittimata ad attribuire le relative competenze alla Provincia. Pres. ed Est. Zuballi - C. s.r.l. (avv. Prandstraller) c. Provincia di Padova (n.c.) e Comune di San Martino in Lupari (avv.ti Borella e Stivanello Gussoni ), riunito ad altri ric. - T.A.R. VENETO, Sez. II - 18 dicembre 2007, n. 4029

 

CAVE E TORBIERE - Ripristino ambientale di una cava - Convenzione per lo sfruttamento e ripristino ambientale - Difetto dell’attività istruttoria e mancanza delle modalità operative delle prescrizioni - Ordinanza del dirigente del Settore Urbanistica - Annullamento. In materia di ripristino ambientale di una cava, il difetto dell’attività istruttoria e la mancanza delle modalità operative delle prescrizioni viziano inesorabilmente il provvedimento di ripristino. (Nella specie né dall'ordinanza comunale di ripristino, né dagli obblighi di convenzione, né dagli elaborati si evidenziavano in maniera puntuale i necessari interventi finalizzati al recupero dell’area). Pres. Varrone - Est. Buonvino - Mira (avv. Neri) c. Comune di Orvieto (avv. Tarantini) (annulla TAR dell’Umbria 31 agosto 2004, n. 492). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 11/10/2007 (C.C. 12/06/2007), Sentenza n. 5335

 

CAVE E MINIERE - Regione Molise - Esercizio dell’attività estrattiva - Presupposto ex art. 7, c. 1 L.R. Molise n. 11/2005 - Disponibilità dei suoli - Terreni del patrimonio indisponibile di un ente locale - Sdemanializzazione e concessione. Ai sensi dell’art. 7, 1° comma della L.r. Molise 5.4.2005, n. 11, recante la disciplina in materia di attività estrattive, l’esercizio dell’attività estrattiva presuppone la disponibilità dei suoli derivante da contratto di diritto privato o da provvedimento di concessione; a comprova del possesso di tale presupposto imprescindibile, l’art. 8, 3° comma, lett. d) obbliga ciascun richiedente l’autorizzazione a corredare la sua domanda, insieme ad altri documenti, proprio della “copia del titolo da cui deriva la disponibilità dei suoli”. Con specifico riguardo all’ipotesi di cava da coltivarsi su terreni del patrimonio indisponibile di Enti locali, in esito al compiuto espletamento della procedura di sdemanializzazione, l’art. 11, 1° comma statuisce che la relativa autorizzazione debba essere condizionata “dall’emanazione di un provvedimento di concessione degli stessi”. Pres. Giaccardi, Est. Tricarico - Comune di Castelpizzuto e altri (avv. Auletta) c. Regione Molise (Avv. Stato) - T.A.R. MOLISE - 9 marzo 2007, n. 164
 

CAVE E MINIERE - V.I.A. - Quantità di materiale estratto inferiore a 500.000 mc - Estensione inferiore a 20 ettari - Sottoposizione a VIA - Necessità - Esclusione. La valutazione di impatto ambientale non è richiesta per una cava autorizzanda al di sotto dei limiti minimi necessari a determinarne l’obbligatorietà indicati alla lett. q) dell’allegato A) della L.R. Molise n. 21/2000, integrati da una quantità di materiale estratto superiore a 500.000 mc per anno o alternativamente dall’estensione dell’area interessata maggiore di 20 ettari. Pres. Giaccardi, Est. Tricarico - Comune di Castelpizzuto e altri (avv. Auletta) c. Regione Molise (Avv. Stato) - T.A.R. MOLISE - 9 marzo 2007, n. 164

 

CAVE - Riutilizzo di limo di lavaggio - Connotazione di rifiuto - Esclusione - Presupposti. Il materiale ricavato in seguito al processo di lavaggio della roccia frantumata nell'ambito di un'attività estrattiva “c.d. limo”, se riutilizzato per interventi di risistemazione dello stesso sito dell'attività di cava senza le operazioni di recupero contemplate dalla legge non assume la connotazione di rifiuto (conforme, v. Cass., sez. I, 25/08/2006, n. 18556; Cass, sez. II, 21/2/2006, n. 3740; Trib. S. Maria Capua V. 10/06/2005; Corte giust. CE, sez. II, 11/11/2004, n. 457; Cass., sez. III, 6/06/2003; Cass., sez. III, 25/06/2003; Cass., sez. III, 24/03/2003; Cass., sez. III, 13/12/2002, Pittini; Cass., sez. III, 24/02/2003; Trib. Milano 14/04/2003; Cass, sez. III, 31/07/2003). TRIBUNALE TRENTO, 09 febbraio 2007
 

CAVE - RIFIUTI - Attività di estrazione - Pulitura effettuata mediante lavaggio - Condizioni - D. L.vo n. 152/2006 - D. L.vo n.22/1997. La cosiddetta prima pulitura del materiale estratto dalla cava - la quale rientra nella attività di estrazione latamente considerata e per tale ragione è sottratta alla applicazione della disciplina sui rifiuti ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. b), del d.Igs. 5 febbraio 1997, n. 22, ed ora dell'art. 185, comma 1, lett. d), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - non è costituita soltanto dalla pulitura effettuata mediante grigliatura a secco o setacciatura, ma può essere costituita anche dalla pulitura effettuata mediante lavaggio, con la conseguenza che anche i rifiuti, ed in particolare i fanghi e limi, derivanti dalla prima pulitura mediante lavaggio del materiale ricavato dallo sfruttamento delle cave non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Fattispecie: sequestro preventivo, in riferimento al reato di cui all'art. 51, terzo comma, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, di due vasche di decantazione riempite con limo. Pres. Papa - Est. Franco - Ric. Doneda. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (c.c. 11/10/2006), Sentenza n. 5315
 

CAVE - RIFIUTI - Rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave - Prima pulitura del materiale estratto - Lavaggio - Disciplina applicabile - Art. 185, c. 1, lett. d), d.lgs. n. 152/2006. La «prima pulitura» del materiale estratto, necessaria per separare il materiale commerciale, non necessariamente deve avvenire esclusivamente mediante setacciatura o grigliatura, quando necessità tecniche lo richiedano o lo rendano opportuno, può avvenire mediante lavaggio. L'art. 185, comma 1, lett. d), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dispone che «Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:.... d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave». Pres. Papa - Est. Franco - Ric. Doneda. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (c.c. 11/10/2006), Sentenza n. 5315
 

CAVE - RIFIUTI - Materiali derivanti dallo sfruttamento delle cave - Inerti provenienti dalla cava - Smaltimento, ammasso, deposito e discarica - Disciplina generale sui rifiuti. I materiali derivanti dallo sfruttamento delle cave quando restano entro il ciclo produttivo della estrazione e connessa pulitura, sono esclusi dalla normativa sui rifiuti, mentre, poiché l'attività di sfruttamento della cava non può confondersi con la lavorazione successiva dei materiali, se si esula dal ciclo estrattivo, gli inerti provenienti dalla cava sono da considerarsi rifiuti ed il loro smaltimento, ammasso, deposito e discarica è regolato dalla disciplina generale (Sez. III, 28 novembre 2005, n. 42966, Viti, m. 232.243; contra: Cass. Sez. III, 29/10/2002, Sentenza n. 42949, Totaro). Pres. Papa - Est. Franco - Ric. Doneda. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (c.c. 11/10/2006), Sentenza n. 5315
 

CAVE - RIFIUTI - Artt. 183 (sottoprodotti) e 186 terre e rocce da scavo e residui della lavorazione della pietra - Rifiuti - Ambito di esclusione - Disciplina vigente - D. lgs. n. 152/2006. Il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 art. 186 (nel quale è stata trasfusa la disposizione già contenuta nell'art. 8, comma 1, lett. f bis), del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, introdotta dall'art. 10, comma 1, della l. 23 marzo 2001, n. 93, ed interpretata dall'art. 1, comma 17, della legge 21 dicembre 2001, n. 443), stabilisce ora che «le terre e rocce da scavo anche di gallerie, ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non costituiscono rifiuti e sono, perciò, esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto sola nel caso in cui, anche quando contaminati, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione siano utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale ovvero, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente, ove ciò sia espressamente previsto, previo parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, semprechè la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti e dal decreto di cui al comma 3» (comma 1), mentre il comma 2 precisa che «ai fini del presente articolo, le opere il cui progetto è sottoposto a valutazione di impatto ambientale costituiscono unico ciclo produttivo, anche qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti utilizzi, a condizione che tali utilizzi siano tutti progettualmente previsti», ed il comma 5 puntualizza, a sua volta, che «per i materiali di cui al comma 1 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale, nonché il riempimento delle cave coltivate oppure la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorità amministrativa competente, qualora ciò sia espressamente previsto, previo, ove il relativo progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 3 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità progettuali di rimodellazione ambientale del territorio interessato» .Pres. Papa - Est. Franco - Ric. Doneda. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (c.c. 11/10/2006), Sentenza n. 5315

 

Cave - Zona agricola con attività estrattiva - Fascia di tutela fluviale - Soluzione tecnica migliorativa - Incremento del materiale ghiaioso-sabbioso - Pretesto per esercitare un’attività estrattiva - Illegittimità. Necessita della rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale, anche l’introduzione significativa di una soluzione tecnica migliorativa, in quanto non può costituire il pretesto per ottenere l’incremento del materiale ghiaioso-sabbioso da asportare all’interno della fascia di tutela fluviale con il conseguente abbassamento del piano di campagna. A nulla rilevando il fatto che il Piano regolatore comunale avesse dato ai terreni interessati dall’area di cava una destinazione di zona agricola con attività estrattiva, perché è comunque necessario il rispetto dei regimi di vincolo paesaggistico ed ambientale presenti nella zona ed imposti dal P.P.A.R.. Nella specie, il progetto interessava porzioni della fascia di rispetto fluviale sottoposta a vincolo di tutela integrale, con un notevole incremento delle asportazioni di materiale ghiaioso e sabbioso all’interno della fascia di tutela, in conseguenza del previsto rimodellamento morfologico dell’area, attraverso la realizzazione di un’unica scarpata. Pres. Varrone - Est. Chieppa - Mei (avv.ti Buonassisi e Colantoni) c. Regione Marche (avv. Coen) (conferma TAR Marche, Sezione I, n. 989/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31/01/2007 (C.C. 14/11/2006), Sentenza n. 370

 

Cave e torbiere - Attività estrattive e le opere connesse - Piano Paesaggistico Ambientale Regionale Marche (P.P.A.R.) - Trasformazione del territorio Compatibilità paesistico-ambientale. L’art. 45 delle norme tecniche di attuazione (N.T.A.) del Piano Paesaggistico Ambientale Regionale (P.P.A.R.), approvato con Delibera del Consiglio Regionale delle Marche n.198 del 3 novembre 1989, ha ricompreso le attività estrattive e le opere connesse tra gli interventi di rilevante trasformazione del territorio la cui realizzazione è subordinata alla preventiva dichiarazione di compatibilità paesistico-ambientale da parte della Giunta regionale, ai sensi di quanto espressamente stabilito dall’art.63/ter dello stesso P.P.A.R.. Peraltro, con la stessa disposizione è precisato che non sono da considerarsi interventi di rilevante trasformazione del territorio, quelli di modesta entità, tali da non modificare i caratteri costitutivi del contesto paesistico ambientale o della singola risorsa. Pres. Varrone - Est. Chieppa - Mei (avv.ti Buonassisi e Colantoni) c. Regione Marche (avv. Coen) (conferma TAR Marche, Sezione I, n. 989/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31/01/2007 (C.C. 14/11/2006), Sentenza n. 370

 

URBANISTICA - CAVE - Piano-programma - P.R.T.A.C. - Parziale rielaborazione - Nuova pubblicazione - Necessità. Allorché la legge disciplina la possibilità di presentare osservazioni nei confronti di un piano-programma (nella specie, Piano Regionale Territoriale delle Attività di Cava), occorre procedere a nuova pubblicazione ogni volta che, per qualsiasi ragione, il piano già pubblicato venga variato. In qualunque momento della procedura di elaborazione del piano ed indipendentemente dalle ragioni che hanno portato alla modifica dell’impianto originariamente adottato dal Comune, è pertanto illegittima l’approvazione dello stesso qualora non sia stata ripubblicata la deliberazione che ha comportato la rielaborazione parziale dello stesso (T.A.R. Liguria, Sez. I, 10 febbraio 1996 n. 34; 28 febbraio 1997, n. 89; 20 marzo 1997, n. 113). Pres. Vivenzio, Est. Bianchi - N. s.r.l. (avv. Gerbi) c. Regione Liguria (avv.ti Crovetto e Pedemonte) - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 30 gennaio 2007, n. 107  (segnalata dal Presidente del WWF Liguria)

 

Cave, torbiere e miniere - Autorizzazione all’apertura di nuove cave - Regione Piemonte - L.R. n. 44/2000 - Valutazione preventiva della Provincia e della Conferenza di Servizi. L’autorizzazione comunale all’apertura di nuove cave, ai sensi dell’art. 31, cc. 1 e 2 della L.R. Piemonte n. 44/2000, che ha sostituito l’art. 69 della L.R. n. 69/1978, richiede la preventiva sottoposizione al vaglio tecnico ed istruttorio della Provincia competente e della Conferenza di Servizi di cui all’art. 32 della citata legge, che contempla i rappresentanti di tutti gli enti interessati. Pres. Calvo, Est. Plaisant - C.S. ed altri (avv.ti Scaparone e Picco) c. Comune di Verolengo (avv. Dal Piaz) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 21 novembre 2006, n. 4352

 

Cave e miniere - Aree protette - Parco dei Colli Euganei - Attività estrattiva - Autorizzazione - In relazione agli aspetti geologici - Competenza - Sussistenza - D.Lgs. 616/1977, L.R. Veneto n. 38/1989 e n. 11/2001. In materia di attività estrattiva, la L. n. 1097/1971, ha attribuito al soprintendente le competenze autorizzative non solo con riferimenti agli aspetti paesaggistici e ambientali, ma anche a quelli riguardanti la consistenza del sito, in relazione ai tutti i suoi aspetti naturali, geologici e di sicurezza. Detti poteri sono stati poi devoluti alla Regione Veneto con D.Lgs. 616/77 e all’Ente Parco regionale dei Colli Euganei con L.R. Veneto n. 38/1989 e n. 11/2001. Ne deriva la titolarità in capo all’Ente Parco della competenza ad autorizzare l’attività estrattiva anche in rapporto alle sue implicazioni geologiche. (Nella specie, l’Ente Parco, in sede di provvedimento autorizzatorio, ha disposto incombenti istruttori sulla stabilità del fronte di cava e sulle correlazioni tra l’attività estrattiva e una frana in corso). Pres. Schinaia, Est. Maruotti - C. s.p.a. (avv.ti Verino e Zambelli) c. Ente Parco regionale dei Colli Euganei (avv.ti Bettiol e Ceruti) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. Veneto, n. 555/2005) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 19 settembre 2006 (c.c. 4 luglio 2006), sentenza n. 5458 (vedi: sentenza per esteso)

 

Cave e miniere - Acqua - D.P.R. n. 236/1988 - Tutela delle risorse idriche - Assimilazione delle miniere alle cave - Legittimità. E’ legittima l’assimilazione dell’attività mineraria all’apertura di cave e pozzi ai fini dell’applicazione della disciplina a tutela delle risorse idriche di cui al D.P.R. n. 236/1988. Il divieto di aprire cave nel raggio di 200 mt dai punti di captazione delle acque destinate al consumo umano risponde infatti all’intento di non cagionare l’inquinamento delle acque con l’attività estrattiva, comune sia alle cave che alle miniere perché comunque impattanti il territorio. La comunanza d’intenti giustifica pertanto l’assimilazione delle due categorie (“miniere” e “cave e torbiere”). Pres. Elefante, Est. Lamberti - S. s.r.l. (avv.ti Manzi e Zambelli) c. Comune di Posina (n.c.) - (Conferma TA.R. Veneto n. 1612/96) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 30 agosto 2006 (c.c. 14 marzo 2006), sentenza n. 5077 (vedi: sentenza per esteso)


Cave e miniere - Acqua - Autorizzazione a fini idrogeologici - Potestà dell’ente locale a salvaguardare le acque destinate al consumo umano - Permanenza. L’autorizzazione, a fini idrogeologici, ad ampliare un cantiere minerario, non implica alcuna limitazione alla potestà di salvaguardare la captazione di acque destinate al consumo umano, esercitata dall’ente locale. Pres. Elefante, Est. Lamberti - S. s.r.l. (avv.ti Manzi e Zambelli) c. Comune di Posina (n.c.) - (Conferma TA.R. Veneto n. 1612/96) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 30 agosto 2006 (c.c. 14 marzo 2006), sentenza n. 5077 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e miniere - Programma di coltivazione - Provvedimento di autorizzazione a variante - Competenza Giunta Regionale - Difetto - Compete ai dirigenti il rilascio di provvedimenti specifici in applicazione del piano territoriale dell’attività di cava. Il provvedimento di autorizzazione regionale alla variante al programma di coltivazione di cave non appartiene alla competenza della Giunta Regionale, in virtù degli artt. 1 e 4 D. Lgs. 30.3.01 n. 165 e dell’art. 5 della L.R. Liguria n. 21 del 24.7.01. Tale atto costituisce infatti un ordinario provvedimento amministrativo che i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato considerano rientranti tra gli atti di gestione, la cui adozione è di esclusiva competenza e responsabilità dei singoli dirigenti. La L.R. 21/2001 ha peraltro espressamente individuato in capo alla Giunta regionale la competenza ad adottare le varianti al pianto territoriale dell’attività di cava, rimettendo quindi all’organo di governo le funzioni inerenti la definizione degli obiettivi e dei programmi da attuare, mentre nei casi in cui la medesima ha previsto il rilascio dei provvedimenti specifici in applicazione del piano sopraddetto, ha inviato genericamente ai poteri della “Regione”. Il rinvio alla Regione non può che essere inteso come un’ordinaria competenza del singolo dirigente. Pres. f.f. ed Est. Prosperi - Comitato Cittadino a difesa del Territorio e delle Risorse di Tirano a altri (avv. Granara) c. Regione Liguria (avv.ti Baroli e Crovetto) - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 7 giugno 2006, n. 531 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e miniere - Coltivazione di una cava - Concessione mineraria - Invasione di terreni - Opere permanenti - Concessione per pubblica utilità - Decreto di esproprio - Assenza - Art. 633 c.p. - Fattispecie. Il titolare di una concessione mineraria che esegua sul fondo altrui in assenza del decreto di esproprio, seppure il fondo ricada nel perimetro della concessione, opere di carattere permanente (quali lavori di sbancamento di migliaia di metri cubi di terreno e posa in opera di manufatti in cemento armato ancorati con tubi di calcestruzzo) si rende responsabile del reato di cui all’art. 633 c.p., perché la concessione di coltivazione mineraria non esime dall’obbligo di attivazione delle normali procedure per ottenere i prescritti decreti di espropriazione. Presidente A. Rizzo, Relatore F. Monastero. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. II, 7 febbraio 2006 (Ud. 22/11/2005), Sentenza n. 4822 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e miniere - Concessione mineraria - Acquisizione di determinate aree per l'esecuzione di opere necessarie per la coltivazione del giacimento - Procedura - Decreti di espropriazione - Necessità. Il «concessionario di un permesso minerario, qualora abbia necessità di acquisire determinate aree per l'esecuzione di opere necessarie per la coltivazione del giacimento, non può che iniziare le normali procedure per conseguire, da parte degli organi competenti, i prescritti decreti di espropriazione» (Consiglio di Stato, sez. 6, decisione n. 197, 7 febbraio 1978, Correra). Presidente A. Rizzo, Relatore F. Monastero. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. II, 7 febbraio 2006 (Ud. 22/11/2005), Sentenza n. 4822 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e miniere - Ricerca e coltivazione di giacimenti - Acquisizione di determinate aree - Diritto alle indennità per danni - Ricorso al procedimento espropriativo - Presupposti - Espropriazione per pubblica utilità - Diritto dominicale del proprietario. In relazione ai lavori di ricerca di cui al citato art. 19 regio decreto n. 1443 del 1927, il proprietario del fondo non può opporsi alle operazioni poste in essere dal concessionario, salvo il diritto alle indennità spettanti per gli eventuali danni - l'obbligo del ricercatore di risarcire i danni cagionati dai lavori sembra, infatti, tutelare adeguatamente il titolare del fondo, il quale deve pur consentire la ricerca e la coltivazione di giacimenti, la cui scoperta potrebbe recare notevoli utilità all'economia nazionale - allorché il fondo del privato non solo sia assoggettato ad attività di ricerca o coltivazione, ma venga altresì occupato da opere (di ben diverso spessore) rientranti nella tipologia dell'art. 32, allora deve porsi una ulteriore distinzione: ove tali opere non siano di carattere permanente, appare condivisibile la giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto non necessario il ricorso al procedimento espropriativo, come quello previsto dall'art. 32 del decreto (Cass., sez. 1, n. 2129, 17 luglio 1974), qualora invece presentino tale caratteristica, ricorre la necessità dell'attivazione di una regolare procedura espropriativa, e ciò anche nel caso che il fondo interessato alle opere sia ricompreso nel perimetro della concessione: con l'ulteriore, fondamentale specificazione, ai fini che qui ne occupa, che il riconoscimento della necessità dell'espropriazione per pubblica utilità «non è necessariamente connesso all'esecuzione di opere che abbiano carattere di costruzione, sì che anche gli scavi possono, a determinate condizioni, esservi compresi. Il giudizio a riguardo va in ogni caso effettuato con riferimento ai riflessi dell'opera in concreto eseguita e alla possibilità di conservazione delle essenziali caratteristiche del diritto dominicale del proprietario» (cfr. Cass., sezioni unite, n. 789, 29 marzo 1963). Presidente A. Rizzo, Relatore F. Monastero. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. II, 7 febbraio 2006 (Ud. 22/11/2005), Sentenza n. 4822 (vedi: sentenza per esteso)

Cave, miniere e torbiere - Aree protette - Regione Siciliana - L.R. 6 ottobre 1999 - Cave esistenti ricedenti all’interno di parchi regionali - Nulla osta rilasciato dal Presidente dell’Ente Parco - Prescrizioni - Imprescindibilità della loro funzionalizzazione alla salvaguardia dell’ambiente - Prescrizioni dirette a garantire la sicurezza dei lavoratori - Illegittimità. In tema di cave esistenti ricadenti all’interno di parchi regionali, il nulla osta rilasciato dal Presidente dell’Ente Parco, ai sensi dell’art. 3, comma 4, della l.r. 6 ottobre 1999, deve avere come sua principale, sebbene non esclusiva, giustificazione la tutela del paesaggio (“l’impatto ambientale”, secondo la lettera della legge). In altri termini, se può ammettersi che le condizioni imposte alla attività estrattiva siano finalizzate in via secondaria e subordinata a tutelare interessi ulteriori, è comunque imprescindibile la loro principale funzionalizzazione alla salvaguardia dell’ambiente, che rappresenta la ragione della istituzione dei parchi. Ne deriva l’illegittimità del nulla osta che rechi prescrizioni dirette, in via prioritaria, alla garanzia della sicurezza dei lavoratori (Nella specie, era stato imposto l’abbassamento dell’altezza dei gradoni finalizzato alla tutela della sicurezza degli operatori, con generiche prescrizioni dirette alla limitazione degli impatti ambientali) Pres. Adamo, Est. Lento - R.S. s.p.a. (avv. Lo Verde) c. Ente Parco delle Madonie (avv. Armao) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II - 25 gennaio 2006, n. 202 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e Torbiere - Urbanistica e edilizia - Attività di cava e torbiere - Apertura e coltivazione - Autorizzazione regionale - Attività estrattiva - Concessione edilizia - Art. 44 lett. A) D.P.R. n. 380/2001. Per l’apertura e la coltivazione di una cava non è richiesta la concessione edilizia perché la materia delle cave e torbiere è sottoposta al controllo regionale competente a concedere l’autorizzazione per il loro sfruttamento. Mentre, l’attività estrattiva, determinando un mutamento dell’assetto territoriale non è avulsa dalla normativa urbanistica e deve svolgersi nel rispetto della pianificazione territoriale comunale configurandosi, in difetto, la violazione dell’articolo 44 lettera A) del d.p.r. n. 380/2001 (Cass. sezione III, n. 26140/2002 RV.222415; Sezione III n. 460/1996; RV. 203552). Inoltre, "quando l'immutazione dell'assetto territoriale deriva dall'esercizio di una cava, la disciplina urbanistica deve trovare applicazione insieme con la normativa di settore che regola - ad altri fini - questa attività economica" (Cassazione Sezione I11 n. 646/1993, RV. 194685; conf Corte Cost. 12 marzo 1993, n. 645, Salesi). Pres. Postiglione - Est. Teresi - Imp. Mazzei. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29 dicembre 2005 (Ud. 7 dicembre 2005), Sentenza n. 47281 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e Torbiere - Urbanistica e edilizia - Controllo urbanistico per l'esercizio - Necessità - Contrasto con gli strumenti urbanistici - Reato urbanistico - Sussistenza. In tema di cava, la necessità del controllo urbanistico per l'esercizio della stessa deriva dalla coesistenza di discipline giuridiche diverse aventi diverso oggetto, finalizzate a scopi distinti, egualmente degni di protezione giuridica e affidate alla cura di enti diversi (Comuni e Regioni). Pertanto, se la cava risulti in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti è configurabile il reato urbanistico (Cassazione SU n. 45101/2001). Pres. Postiglione - Est. Teresi - Imp. Mazzei. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29 dicembre 2005 (Ud. 7 dicembre 2005), Sentenza n. 47281 (vedi: sentenza per esteso)

Cava - Illecita coltivazione di una cava - Disastro ambientale - Art. 434 c.p. - Nozione - Pericolo concreto per l'incolumità collettiva - Sussistenza - Necessità - Fattispecie. In linea di principio è da escludere che l'illecita coltivazione di una cava integra gli estremi del disastro ambientale, non configurandosi il reato di cui all'all'art. 434 capoverso c.p., (anche come nel caso in specie vi sia l'avvenuta deturpazione di una montagna interessata dalle illecite attività di escavazione). Tuttavia, laddove tale attività, abbia potenzialità lesive estese in danno della pubblica incolumità e costituisca premessa logica e fattuale per prefigurare la verificazione di un disastro naturale, integra il reato di pericolo di cui all'art. 434 comma 1c.p.. Pres. Toscano - Est. Di Zenzo. TRIBUNALE DI S. MARIA CAPUA VETERE, 6 dicembre 2005

Cava - Illecita coltivazione di una cava - Azione diretta a cagionare un crollo e/o altro disastro ambientale - Reale "pericolo" per la pubblica incolumità - Reato di pericolo di cui all'art. 434 c. 1 c.p. - Configurabilità - Condizioni - Fattispecie. Integra il reato di pericolo di cui all'art. 434 comma 1 c.p., l'azione diretta a cagionare un crollo e/o altro disastro ambientale (nella specie l'escavazione del tutto irregolare di un esteso fronte di cava), risultando, altresì, integrata la condizione obiettiva di punibilità contemplata dalla norma avendo l'attività posta in essere creato un reale "pericolo" per la pubblica incolumità. Pres. Toscano - Est. Di Zenzo. TRIBUNALE DI S. MARIA CAPUA VETERE, 6 dicembre 2005

Cave - Inquinamento atmosferico - Materiali di cava - Aria - Impianti di frantumazione - Guasto all’impianto - Imprenditore - Obbligo di evitare emissioni moleste - Sussiste - Chiusura fino alla riparazione - D.P.R. n. 203/1988. Gli impianti di frantumazione dei materiali di cava devono essere ricondotti nella previsione dell’articolo 1 del d.p.r. 203/1988 data la loro oggettiva attitudine a dare luogo ad emissione nell’atmosfera. L’imprenditore che lo gestisce ha comunque l’obbligo di evitare emissioni moleste anche n caso di guasto all’impianto disponendone, all’occorrenza, la chiusura fino alla riparazione. Pres. Vitalone Est. Mancini Ric. Agnello. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 11/11/2005 (ud. 13 ottobre 2005) sentenza n. 40954 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e torbiere - Autorizzazione all'attività estrattiva - Domanda di prosecuzione - Regime transitorio - Disciplina. E’ legittima la continuazione delle cave già regolarmente esercitate, nel territorio della Regione Campania, prima dell'entrata in vigore della legge regionale n, 17/1995 - ancorché ubicate in zone non espressamente indicate dagli strumenti urbanistici o soggette a vincolo - purché il soggetto interessato abbia presentato la domanda di prosecuzione (secondo il regime transitorio previsto dall'art, 36 di quella legge) all'autorità regionale competente e finché la medesima autorità non abbia negato l'autorizzazione all'attività estrattiva, ritenuta contrastante con i vincoli urbanistici, paesaggistici, idrogeologici o archeologici derivanti da altre leggi, nazionali o regionali (Cass. Sezioni Unite, sentenza 31.10,2001, n 30, De Marinis ed altro). Pres. A. Grassi, Rel. A. Fiale - Ric. Nardilli. (conferma Tribunale di Bari, con ordinanza del 19.7.2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 settembre 2005 (ud. 12 aprile 2005), Sentenza n. 34102 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e torbiere - Coltivazione delle cave - Legislatore regionale - Competenze e limiti - Disciplina transitoria - Coltivazione di cave lesive dei vincoli urbanistici o ambientali - Reati di cui agli artt. 20, lett. a) L. 47/1985 e 1 sexies L. 431/1985 - Configurabilità. In una materia di disciplina delle cave, attribuita alla competenza legislativa delle Regioni cosiddetta ripartita o concorrente, il legislatore regionale regola la coltivazione delle cave già in esercizio senza vanificare il precetto penale stabilito dalle leggi statali, che configurano come reato sia la coltivazione di cava contrastante con gli strumenti urbanistici vigenti (art. 20, lett. a, legge 47/1985) sia la coltivazione non autorizzata di cava in zona sottoposta a vincolo ambientale (art. 1 sexies legge 431/1985): più semplicemente, quel legislatore si limita a disciplinare la gestione amministrativa del vincolo urbanistico, ambientale etc, in seguito alla sopravvenienza del regime autorizzatorio introdotto per le cave o alla sopravvenienza dl un vincolo di zona" (Cass. Sezioni Unite, sentenza 31.10,2001, n 30, De Marinis ed altro). Pertanto, la disciplina transitoria delle leggi regionali non facoltizza la coltivazione di cave lesive dei vincoli urbanistici o ambientali, ma più propriamente regolamenta, le procedure per sottoporre a un vaglio aggiornato i titoli abilitativi preesistenti, permettendo una nuova ponderazione degli interessi coinvolti alla luce della normativa sopravvenuta. Pres. A. Grassi, Rel. A. Fiale - Ric. Nardilli. (conferma Tribunale di Bari, con ordinanza del 19.7.2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 settembre 2005 (ud. 12 aprile 2005), Sentenza n. 34102 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e torbiere - Sfruttamento di cava in area soggetta a vincolo ambientale - Richiesta di prosecuzione - Progetto di coltivazione - Studio di impatto ambientale - Nulla osta regionale - Necessità - Nulla osta regionale non rilasciato entro 180 giorni (silenzio-diniego) - C. Cost. n. 355/1996 - D.Lgs. 22.1.2004, n. 42. Lo sfruttamento della cava può proseguire anche nell'ipotesi in cui un vincolo ambientale sia stato imposto successivamente al legittimo inizio dell'attività, ma l'esercente è tenuto a presentare un progetto di coltivazione, corredato dallo studio di impatto ambientale, ai fini del successivo nulla osta regionale. Se la domanda non è presentata nel termine prescritto, ovvero se il nulla osta regionale non è rilasciato entro 180 giorni dalla richiesta di prosecuzione, i lavori di coltivazione della cava devono cessare (silenzio-diniego). Corte Costituzionale - sentenza n. 355/1996. Anche alla stregua delle disposizioni recentemente introdotte dal D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), la tutela del paesaggio e delle bellezze naturali è affidata ad un sistema di intervento pubblico basato su un concorso di competenze statali e regionali, in una attuazione legislativa di equilibri diversi, con l'osservanza in ogni caso del principio di una equilibrata concorrenza e cooperazione tra le due competenze in relazione ai momenti fondamentali della disciplina stabilita a protezione del paesaggio (si vedano, in proposito, le sentenze della Corte Costituzionale n, 157 del 1998 e n. 302 del 1988). Pres. A. Grassi, Rel. A. Fiale - Ric. Nardilli. (conferma Tribunale di Bari, con ordinanza del 19.7.2004) CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 settembre 2005 (ud. 12 aprile 2005), Sentenza n. 34102 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e torbiere - Domanda di coltivazione - Qualificazione dell’area - Interesse pubblico al suo sfruttamento - Accertamento - Diffida al proprietario cava. La diffida al proprietario cava, volta a dargli notizia di una domanda di coltivazione e con cui gli è assegnato un termine per le sue determinazioni, non ha natura preparatoria, ma produce immediati effetti in ordine alla qualificazione dell’area come cava e all’accertamento della sussistenza dell’interesse pubblico al suo sfruttamento, sicché - in sede di impugnazione dei provvedimenti successivi - non sono proponibili le censure attinenti alla legittimità della diffida (Sez. VI, 16 novembre 1998, n. 1561). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 31 maggio 2005, n. 2857

Cave, miniere e torbiere - Aree protette - L.R. Umbria n. 2/2000, art. 5, cc. 2, 3 e 5 - Disciplina dell’attività di cava nei parchi nazionali - Illegittimità costituzionale. Sono costituzionalmente illegittimi i commi 2, 3 e 5 dell’art. 5, della legge della Regione Umbria 3 gennaio 2000, n. 2 (Norme per la disciplina dell’attività di cava e per il riuso di materiali provenienti da demolizioni), come sostituito dall’art. 5 della legge della Regione Umbria 29 dicembre 2003, n. 26, nella parte in cui disciplina l’attività di cava all’interno dei parchi nazionali. La tutela dell’ambiente, di cui alla lettera s) dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione, si configura infatti come una competenza statale non rigorosamente circoscritta e delimitata, ma connessa e intrecciata con altri interessi e competenze regionali concorrenti, nell’ambito delle quali risulta legittima l’adozione di una disciplina regionale maggiormente rigorosa rispetto ai limiti fissati dal legislatore nazionale (cfr. sentt. n. 222/2003; 307/2003; 407/2002; 259/2004; 303/2003 e 312/2003). Dal confronto fra la norma statale interposta in materia di parchi nazionali (art. 11, comma 3, lettera b, della legge n. 394 del 1991) e la norma regionale impugnata emerge evidente che le modifiche introdotte, lungi dal disporre una disciplina più rigorosa rispetto ai limiti fissati dal legislatore statale, derogano in peius agli standard di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale. La questione non è invece fondata per quanto riguarda i parchi regionali. Pres. Contri, Red. Finocchiaro - Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato Fiorilli) c. Regione Umbria (Avv. Pedetta) - CORTE COSTITUZIONALE, 18 marzo 2005, Sentenza n. 108 (vedi: sentenza per esteso)

Cave, miniere e torbiere - Apertura di nuove cave - Divieto - Aree protette - Aree destinate a riserva naturale -Piano d’attuazione convenzionato - Esercizio delle attività estrattive ai fini della rimodellazione e rinaturalizzazione dei bacini di cava esistenti - Progetto di risistemazione dell’area - Parco fluviale del Po - L.R. Piemonte n. 28/1990 - n. 65/95. Ai sensi dell’art. 10 della legge regionale Piemonte n. 28/1990, come sostituito dall’art. 8 della legge regionale n. 65/95, nelle aree destinate a riserva naturale, pur essendo vietata l’apertura di nuove cave, erano, tuttavia, fatti salvi gli interventi di ripristino ambientale e di costituzione di aree di interesse naturalistico, anche attraverso la prosecuzione di attività estrattive autorizzate in atto alla data di entrata in vigore della legge; con la considerazione ulteriore che, nel rispetto di tale disposizione, l’art. 3.10 delle norme di attuazione del Piano d’area consentiva l’esercizio delle attività estrattive anche in zona di riserva ai fini della rimodellazione e rinaturalizzazione dei bacini di cava esistenti. Pres. GIOVANNINI - società Dafne et Cloe Immobil s.a.s. (avv.ti Siniscalco, Montanaro e Vaiano) ed altri Comune di Carmagnola (avv. Piero Golinelli) ed altri (dichiara ammissibili i ricorsi riuniti respingendoli, Tribunale amministrativo regionale del Piemonte sez. 1, del 27 luglio 2000, n. 899). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 16.02.2005 (c.c.5.11.2004), sentenza n. 479 (vedi: sentenza per esteso)

Cave, miniere e torbiere - Miglioramento fondiario - Utilizzazione a scopo industriale del materiale estratto - Utilizzazione inferiore a mc 5.000 per ettaro - Parziale regime di cava - Utilizzazione eccedente mc 5.000 per ettaro - Attività di cava. La Legge Regionale n. 44/1982, assoggetta expressis verbis ad un parziale regime di cava - segnatamente riferito all’ “individuazione, ai fini programmatori, della natura e della quantità del materiale” - le opere di miglioramento fondiario che prevedono anche l’utilizzazione a scopo industriale del materiale estratto, semprechè l’utilizzazione stessa non superi i mc. 5.000 per ettaro: diversamente, ove si ecceda tale misura, il miglioramento fondiario, pur concomitantemente perseguito, ricade tout court nell’attività di cava. Pres. f.f. Stevanato, Est. Rocco - Comune di Villorba (Avv.ti Cacciavillani e Cimino) c. Regione Veneto (Avv.ti Morra e Peagno) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 28 gennaio 2005, n. 384

Cave, miniere e torbiere - Attività estrattiva in corso - Autorizzazione alla prosecuzione dell’attività estrattiva - Assoggettamento alla procedura di V.I.A. - Necessità - Sent. 7.01.04 della Corte di giustizia delle Comunità Europee. In materia di attività estrattive, la circostanza che l’attività sia in corso e che si verta in uno stato di compromissione ambientale, non esclude l’assoggettabilità della richiesta di prosecuzione a procedura di valutazione di impatto ambientale: ciò è stato chiarito dalla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 7 gennaio 2004 (causa C 201/02), per la quale, in presenza di una attività estrattiva autorizzata in data anteriore rispetto alla direttiva 85/337CE, qualora successivamente alla data predetta si siano verificate modificazioni nella coltivazione del giacimento rispetto alla autorizzazione precedente, le stesse debbano formare oggetto di nuova autorizzazione da parte della P.A. rispetto alle nuove condizioni della coltivazione in corso. Ne deriva che la situazione va assimilata a quella di nuova autorizzazione con la conseguenza di far soggiacere la vicenda alla procedura di V.I.A.. Pres. de Leo, Est. Pappalardo - V.A. (Avv. Balbi) c. Regione Campania (Avv. Colosimo) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. III - 10 gennaio 2005, n. 20

Cave e torbiere - Danno ambientale - Danno grave e irreparabile all’ambiente - Art 434 c.p. e Disastro ambientale - Pericolo per la pubblica incolumità - Danno alle persone - Configurabilità - Giurisprudenza. Configura l’art. 434 c.p. (...altri disastri dolosi), l’esercizio di attività di cava che determina lo sventramento irreversibile di intere montagne e l’irreversibile alterazione dell’orografia o della morfologia dei luoghi posti a ridosso di un centro densamente abitato creando un pericolo per la salute e l’incolumità pubblica con la realistica probabilità di crolli e frane. (In tema di crollo di costruzioni o di altri disastri dolosi, la idoneità dell'azione, valida per integrare tali fattispecie criminose, deve essere considerata sotto il profilo potenziale, indipendentemente da ogni altro evento esterno o sopravvenuto; mentre la inidoneità, onde configurare nella specie un reato impossibile, deve essere assoluta in virtù di una valutazione astratta della inefficienza strutturale e strumentale del mezzo che non deve consentire neppure una attuazione eccezionale del proposito criminoso. Cass. Sez. 1^ Sent. 04871 27/01/1987 - 16/04/1987). Est. S.M. Guariello Ind. NN, (proc. n. 15514\03 R. G. N.R. - N.14165\03 R..G. GIP). TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE Ordinanza Custodia Cautelare 8-11-2004 (vedi: sentenza per esteso)

Cave, miniere e torbiere - Proroga dei lavori di coltivazione - Confinante promissario acquirente dei terreni interessati dall’attività estrattiva - Comunicazione dell’avvio del procedimento - Necessità - Pubblicazione sul B.U.R. dell’elenco dei provvedimenti adottati - Insufficienza. La posizione di confinante e promissario acquirente di terreni interessati dall’attività estrattiva in corso, con previsione del trasferimento della proprietà alla conclusione dell’escavazione, è riconducibile a quella di “soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari” cui l'amministrazione, ex art. 7 L. 241/90, deve fornire notizia dell'avvio del procedimento di proroga dei lavori di coltivazione; la pubblicazione sul BUR dell’elenco dei provvedimenti adottati dai dirigenti regionali, pur con indicazione dell’oggetto, non è sufficiente ad integrarne la conoscenza legale. Pres. Trivellato, Est. Stevanato - A. s.a.s. (Avv. Garofalo) c. Regione Veneto (Avv.ti Morra e Londei) e altri (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 5 novembre 2004, n. 3851

Cave miniere e torbiere - Proroga del termine di coltivazione - Corretta gestione dell’attività estrattiva - Presupposto imprescindibile. La corretta gestione dell’attività estrattiva costituisce un imprescindibile presupposto per ottenere la proroga del termine di ultimazione dei relativi lavori. Pres. Trivellato, Est. Stevanato - A. s.a.s. (Avv. Garofalo) c. Regione Veneto (Avv.ti Morra e Londei) e altri (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 5 novembre 2004, n. 3851

Cave, miniere e torbiere - Sbancamento finalizzato alla coltivazione di una cava - Autorizzazione o concessione edilizia - Non è richiesta - Normativa urbanistica - Esula della fattispecie dell’attività estrattiva. La fattispecie della coltivazione delle cave è disciplinata dalla normativa speciale dettata per il settore delle attività estrattive e non è pertanto soggetta ad autorizzazione o a concessione edilizia, stante l’inapplicabilità alla fattispecie della normativa urbanistica. L’istanza di regolarizzazione dell’attività di sbancamento finalizzata all’attività estrattiva va pertanto riguardata nell’ambito del settore di interesse, anziché in quello differente, ancorchè apparentemente affine, degli interventi in tema di trasformazione del territorio per esigenze urbanistico-edilizie. Pres. Giulia, Est. Giordano - E.L.P.M. s.r.l. (Avv. Giammarioli) c. Comune di Velletri (Avv.ti A.ed R. Dorigo) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II bis - 6 ottobre 2004, n. 10327

Materiale di origine rocciosa - Rifiuti - Dubbi intorno alla sussumibilità entro la categoria dei rifiuti derivanti da demolizione di costruzioni - Comune - Analisi scientifica del materiale - Necessità. In presenza di deposito di materiale di origine rocciosa, qualora non vi sia certezza circa la sua sussumibilità entro la categoria dei “rifiuti derivante da demolizione di costruzioni” (art. 7 c. 3 lett. b) del d.lgs. 22/97), il Comune ha il dovere di procedere ad analisi scientifica che ne accerti l'effettivo livello di tossicità o di pericolosità per l'ambiente. Pres. Giambartolomei, Est. Bellomo - D.F. (Avv.ti Fini e Guaglione) c. Comune di Rocchetta S. Antonio (Avv. Megliola) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. II - 3 giugno 2004, n. 2376

Cave, miniere e torbiere - Denuncia di esercizio - L. R. Campania 17/95 - Titolo legittimante ai fini della prosecuzione - Particelle non comprese nella denuncia di esercizio - Coltivazione abusiva. Ai sensi dell'articolo 22 legge regionale 17/1995 la denuncia di esercizio di attività estrattiva di cava è titolo legittimante ai fini della prosecuzione ex art. 36 LR 34/1985, per cui le particelle non comprese in detto atto non possono considerarsi legittimamente coltivate. Pres. De Leo, Est. Pappalardo - I.C. s.r.l. (Avv. Riccardi e Fenucci) c. regione Campania (Avv. Marzocchella) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. III, 03/06/2004, sent. 9128

Cave miniere e torbiere - Zone destinate all’attività estrattiva - Prosecuzione dell’attività estrattiva nelle cave situate in zone soggette a vincolo paesaggistico o ambientale. La disciplina transitoria (art. 36 l.r. Campania n. 54 del 1985) dispone per la prosecuzione dell’attività estrattiva nelle cave situate in zone soggette a vincolo paesaggistico o ambientale, facendosi propriamente carico di attribuire all’autorità regionale il controllo sul rispetto ambientale anche per le cave in atto (cfr. Cass. pen., sez. un., 17 dicembre 2001, De Marinis), apposita previsione contenuta nel piano urbanistico ovvero previa variante implicita nel rilascio regionale dell’autorizzazione all’esercizio di cava. In ogni caso da tale norma non è possibile dedurre alcun obbligo per i comuni di ampliare l’estensione delle zone destinate all’attività estrattiva. Pres. Venturini - Est. Poli - Industria Calce Francesco Vozza s.r.l. (avv. Casertano) c. Comune di Castel Morrone (avv. D’Angelo) (Conferma TAR Campania, sezione II, n. 3495 del 17 novembre 1998). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 21 maggio 2004, sentenza n. 3314 (vedi: sentenza per esteso)

Cave miniere e torbiere - Ampliamento dell’estensione delle zone destinate all’attività estrattiva in sede di redazione degli strumenti urbanistici generali - Obbligo a carico dei comuni - Insussistenza. Il punto 1.6. della l.r. 20 marzo 1982, n. 14, e l’art. 36, l.r. n. 54 del 1985 non costituiscono la base legale per la configurazione di un obbligo a carico dei comuni della Campania di ampliare, in sede di redazione degli strumenti urbanistici generali, le zone destinate all’attività estrattiva di cava. Pres. Venturini - Est. Poli - Industria Calce Francesco Vozza s.r.l. (avv. Casertano) c. Comune di Castel Morrone (avv. D’Angelo) (Conferma TAR Campania, sezione II, n. 3495 del 17 novembre 1998). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 21 maggio 2004, sentenza n. 3314 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e torbiere - Aree protette - Nuova delimitazione delle aree floristiche protette - Art. 7, l. r. Marche n. 52/1974 - Inclusione di due cave in corso di attività - Legittimità - Delimitazione di un’area protette - Comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo - Forme di pubblicità idonee - Pubblicazione sul B.U.R. - Legittimità - Nozione di “destinatari”. In tema di aree protette, il fatto che nel perimetro dell’area floristica si trovano due cave in corso di attività, non comporta l’illegittimità della delimitazione dell’area; fondata su caratteri di omogeneità delle specie floristiche, esistenti nell’area globalmente considerata, ma non necessariamente in ogni angolo dell’estensione della stessa. Così che la mancanza di vegetazione nelle cave, data la situazione dell’area globalmente considerata, non é elemento dirimente per escluderle dalla perimetrazione. Quando la nuova delimitazione dell’area protetta è stata effettuata mediante pubblicazione sul B.U.R., con cui è stato comunicato l’avvio del procedimento, risulta osservata la prescrizione della legge sul procedimento amministrativo, la quale prevede che, “qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima” (art. 8, comma 3, della l. n. 241/1990). Infine, la nozione di “destinatari”, deve comprendere tutti i proprietari, e non può essere limitata ai singoli soggetti. Conf.: CONSIGLIO DI STATO sez. VI, 25 marzo 2004 (Cc. 20.01.2004), Sentenza n. 1614. Pres. SANTORO - Est. VOLPE - CAVA GOLA DELLA ROSSA S.P.A (avv.ti Sbano e Caia) c. REGIONE MARCHE (avv. Coen) (conferma TAR Marche 12 febbraio 1999, n. 168). CONSIGLIO DI STATO sez. VI, 18 marzo 2004 (Cc. 20.01.2004), Sentenza n. 1438

Cave e torbiere - Provvedimenti di concessione e sfruttamento di una cava - Impugnazione - Comune - Legittimazione - Sussistenza - Potestà di gestione del territorio - Apprezzamento ambientale - Parametro di riferimento autonomo e privilegiato. Il Comune - cui è attribuita in via prioritaria la potestà di gestione del territorio - è legittimato ad impugnare provvedimenti di concessione e di sfruttamento di una cava ubicata nel suo territorio, atteso che, nell’ambito delle scelte inerenti la gestione del territorio l’apprezzamento ambientale costituisce un parametro di riferimento distinto ed autonomo rispetto a quello affidato ad altre Autorità da specifiche norme di settore e che tra gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali in cui si esplica la disciplina dell’uso del territorio risultano privilegiati quelli relativi alla salvaguardia e alla protezione dell’ambiente e del paesaggio. Pres. Guidi, est. Filippi - Comune di Pollein (Avv.ti Gerbi e Quagliolo) c. Regione Autonoma Valle d’Aosta (Avv.ti Sartorio e Maione) - T.A.R. VALLE D’AOSTA , 19 marzo 2004, n. 35

Cave e torbiere - Regione Valle d’Aosta - L. R. 15/1996, art. 3 - Assenza del piano regionale delle attività estrattive - Apertura e coltivazione di una cava - Parere contrario espresso dal Comune in Conferenza di Servizi - Autorizzazione regionale - Illegittimità. E’ illegittima l’autorizzazione regionale all’apertura e coltivazione di un cava di materiale inerte rilasciata - in assenza di un piano regionale delle attività estrattive per i materiali inerti - nonostante il parere contrario espresso dal Comune nell’ambito della Conferenza di Servizi. Secondo l’art. 3 della legge regionale 11 luglio 1996 n. 15 (Norme per la coltivazione di cave e torbiere, per il reperimento dei materiali di cava e per il riassetto delle cave abbandonate), il rilascio dell’autorizzazione all’apertura di una nuova cava è subordinato alla avvenuta approvazione, ai sensi della legge regionale n. 15 del 1996, del piano regionale delle attività estrattive concernente la tipologia di materiale cui si riferisce la domanda di autorizzazione. In attesa dell’approvazione del piano regionale l’autorizzazione può essere rilasciata, per un periodo comunque non superiore ad un anno dall’entrata in vigore della stessa legge regionale n. 15 del 1996, alla condizione che il Comune interessato esprima parere favorevole. Pres. Guidi, est. Filippi - Comune di Pollein (Avv.ti Gerbi e Quagliolo) c. Regione Autonoma Valle d’Aosta (Avv.ti Sartorio e Maione) - T.A.R. VALLE D’AOSTA , 19 marzo 2004, n. 35

Cave, miniere e torbiere - Istanza di autorizzazione - Mancata produzione della documentazione necessaria ai sensi della L.R. Piemonte n. 69/78 - Rigetto - Legittimità. La mancata produzione, pur a fronte della precisa richiesta dell’amministrazione, della documentazione necessaria ai sensi dell’art. 7 e 5 legge reg. n. 69 del 1978 (nella specie: dettagliata relazione sull’utilizzazione del materiale estratto, documentazione relativa alla dinamica fluviale, progetto di riuso del sito al termine dell’attività estrattiva) legittima il rigetto dell’istanza di autorizzazione alla coltivazione di una cava di ghiaia e sabbia. Pres. Gomez de Ayala, Est. Vigotti - Buratti (Avv.ti Ribolzi, Bifulco e Fioretta) c. Regione Piemonte (Avv. Rava) - T.A.R. PIEMONTE, Torino, Sez. I - 16 marzo 2004, n. 403

Territorio - Cave, miniere e torbiere - Richiesta d'autorizzazione ad aprire e coltivare una cava in area soggetta al vincolo indiretto - Incompatibilità. E' incompatibile la richiesta d'autorizzazione ad aprire e coltivare una cava in area soggetta al vincolo indiretto, quando l’alterazione della morfologia del terreno e della cornice ambientale nel quale il monumento si iscriva comprometta i valori di “visibilità” presidiati dal vincolo. Né rileva la previsione di ripristino finale del piano di campagna, giacché la durata dell’intervento e la sua radicalità non consentono di minimizzare il vulnus arrecato medio tempore ai valori tutelati. Pres. Giovannini - Est. Salemi - Locatelli Geom. Gabriele s.p.a. (avv.ti Di Vita, Romano, Vaiano e Vaiano) c. Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avvocatura Generale dello Stato) e Comune di Cavernago (n.c.) - (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione I - n. 382 del 29 gennaio 2002). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 10 marzo 2004, Sentenza n. 1213 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e torbiere - PRG, limiti inderogabili - Apertura e coltivazione di una cava di marmo - Conformità allo strumento urbanistico generale - Necessità - L. n. 1150/1942 - Artt. 27 e 31 L.R. Veneto n. 61/1985 e art. 13 L.R.V. n. 44/1982. Lo strumento urbanistico generale definisce limiti inderogabili di densità edilizia, altezza, distanza, ecc. per zone territoriali omogenee (art. 41 quinquies della legge urbanistica l. 17 agosto 1942 n. 1150). La mancata classificazione della zona di cava da parte del PRG comunale fra le zone E (agricole) ex art. 31 della legge regionale Veneto n. 61/1985, e la sua classificazione quale zona F8 (zona soggetta a tutela ambientale) ex art. 27 della legge regionale n. 61/1985, rende illegittima l’autorizzazione all'apertura e alla coltivazione di una cava di marmo, perché rilasciata per zona non classificata come zona E dallo strumento urbanistico generale come richiesto dall’art. 13 della legge regionale Veneto n. 44/1982 che limita l’attività di cava alle zone classificate come zone E dallo strumento urbanistico generale. Pres. GIOVANNINI - Est. MONTEDORO - SILMAR SRL (avv.ti Spiazzi e Sanino) c. ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE- ONLUS e REGIONE VENETO (avv.ti Donella, Gobbi e Manzi, Morra) (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto - n. 6680 del 2002). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 03 marzo 2004, sentenza n. 1062 (vedi: sentenza per esteso)

Cave e torbiere - Assimilabilità o meno di cave e miniere - Valutazione di merito riservata all’amministrazione - Disciplina programmatoria penalizzante - Interesse del soggetto privato esercente una miniera - Sussiste - Divieto in assoluto l’attività oggetto della concessione. L’assimilabilità o meno di cave e miniere è oggetto di valutazione di merito riservata all’amministrazione (ovvero al legislatore regionale). Non si può escludere l’interesse del soggetto privato, esercente una miniera, a che non sopraggiunga una disciplina programmatoria penalizzante, per il futuro, l’attività estrattiva. Invero, un conto è che sia previsto un termine di scadenza della concessione (il che non esclude in assoluto la possibilità di rinnovo della concessione, se non vi sono norme che vi ostino), un conto è che sia introdotta una disciplina urbanistico - ambientale che vieta in assoluto l’attività oggetto della concessione. Pres. GIOVANNINI - Est. DE NICTOLIS - Consorzio del parco regionale Valle del Lambro (avv.ti Grella e Biagetti) c. Cementeria di Merone s.p.a. ed altri - (Conferma T.A.R. per la Lombardia - Milano, I, 27 marzo 2001, n. 2671). CONSIGLIO DI STATO Sezione VI, 03 marzo 2004, sentenza n. 1052 (vedi: sentenza per esteso)

Cave miniere e torbiere - Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) - Presupposti - Cave o torbiere con più di 500.000 mc/a di materiale estratto - Area interessata superiore a 20 ha - Area ricadente in aree naturali protette - V.I.A. - Funzione - Valutazione sistematica degli effetti prodotti dalle opere in progetto sull'ambiente. Il D.P.R. del 12.4.’96 ha previsto come obbligatoria la valutazione di impatto ambientale da parte del competente comitato regionale nel caso di cave o torbiere con più di 500.000 mc/a di materiale estratto o di un’area interessata superiore a 20 ha ovvero di un’area ricadente in aree naturali protette. Tale procedura ha lo scopo di individuare, descrivere e valutare, in via preventiva, l'impatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati. Essa non è quindi da intendersi "strumento" necessario per verificare il rispetto di standard o per imporre nuovi vincoli, oltre quelli già operanti, ma come un "processo coordinato" per raggiungere un elevato grado di protezione ambientale, realizzando l'obiettivo di migliorare la qualità della vita, mantenere la varietà delle specie, e conservare la capacità dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale. La V.I.A. mira ad introdurre, nella prassi tecnica ed amministrativa ed in una fase precoce della progettazione, una valutazione sistematica degli effetti prodotti dalle opere in progetto sull'ambiente, intendendo quest'ultimo come un sistema complesso di risorse naturali e umane e delle loro interazioni. Pres. Marrone - Rel. Putignano. TRIBUNALE DI BARI sezione del riesame, 6 febbraio 2004, Ordinanza n. 271 (vedi: sentenza per esteso)

Cave miniere e torbiere - Attività di cava - Inquinamento - Attività pericolosa per l’ambiente - Emissioni inquinanti nell’atmosfera - Mancato rilascio del titolo autorizzatorio - Violazione della normativa ambientale - Sussiste. L’utilizzazione di una cava costituisce certamente attività pericolosa per l’ambiente poichè, in difetto di un preventivo studio di impatto ambientale, gli effetti sinergici e cumulativi dell’inquinamento inevitabilmente prodotto, di regola, tendono a trasferirsi più facilmente alle falde profonde, agevolati dalla ferita operata nel terreno non preventivamente impermeabilizzato e la relativa attività estrattiva comporta pur sempre la propagazione di emissioni inquinanti nell’atmosfera. Il mancato rilascio del titolo autorizzatorio e l’inosservanza dei necessari e preventivi incombenti valutativi da parte dell’Autorità competente non può non tradursi nella violazione della normativa ambientale. Pres. Marrone - Rel. Putignano. TRIBUNALE DI BARI sezione del riesame, 6 febbraio 2004, Ordinanza n. 271 (vedi: sentenza per esteso)

Cave miniere e torbiere - Attività estrattiva già autorizzata nella sua prosecuzione - Autorizzazione paesistica - Necessità. Vi è l’esistenza del fumus del reato di cui all’art. 1-sexies L. n. 431/85, trasfuso nel testo del D.lvo n. 490/99, in quanto sussiste la necessità dell’autorizzazione paesistica anche in presenza di attività estrattiva già autorizzata nella sua prosecuzione. Pres. Marrone - Rel. Putignano. TRIBUNALE DI BARI sezione del riesame, 6 febbraio 2004, Ordinanza n. 271 (vedi: sentenza per esteso)

Cave miniere e torbiere - Coltivazione di cava - Cave situate in zone gravate da uso civico o contigue al territorio boschivo - Autorizzazione paesaggistica - Necessità. Si configura l’esistenza del fumus del reato di cui all’art. 1-sexies L. n. 431/85, trasfuso nel testo del D.lvo n. 490/99 anche per le cave situate in zone gravate da uso civico o contigue al territorio boschivo, per le quali non risulta che gli interessati si siano preventivamente muniti della prescritta autorizzazione paesaggistica, non solo necessaria nei casi di progetto di coltivazione di una cava, ma anche per la continuazione dell’attività estrattiva. Pres. Marrone - Rel. Putignano. TRIBUNALE DI BARI sezione del riesame, 6 febbraio 2004, Ordinanza n. 271 (vedi: sentenza per esteso)

Cave - Distruzione o il deterioramento di beni (Usi civici) - Configurazione del reato di cui all’art. 734 c.p. - Esclusione - Idonea e concreta dimostrazione - Necessità. Deve escludersi, la configurazione del reato di cui all’art. 734 c.p., in assenza di indicazioni minime da parte del titolare dell’azione penale circa la distruzione o il deterioramento di beni (in specie: beni circostanti cave aventi destinazione pubblica - usi civici) e anche in ossequio al generale principio della disponibilità della prova, in capo alle parti, tipico del processo accusatorio, sia pure da adattarsi alle peculiari caratteristiche connesse al presente procedimento cautelare - la sussistenza del reato di cui all’art. 635 c.p. nella sua forma aggravata, in relazione al quale spetterà al PM fornire idonea e concreta dimostrazione. Pres. Marrone - Rel. Putignano. TRIBUNALE DI BARI sezione del riesame, 6 febbraio 2004, Ordinanza n. 271 (vedi: sentenza per esteso)

CAVE E MINIERE - RIFIUTI - Sfruttamento di una miniera  Detentore di detriti o di sabbia di scarto - Operazioni di arricchimento di minerale  Rifiuti - Qualificazione. Il detentore di detriti o di sabbia di scarto da operazioni di arricchimento di minerale provenienti dallo sfruttamento di una miniera si disfa o ha intenzione o l'obbligo di disfarsi di tali sostanze, che devono essere qualificate, di conseguenza, come rifiuti ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, salvo che il detentore li utilizzi legalmente per il necessario riempimento delle gallerie della detta miniera e fornisca garanzie sufficienti sull'identificazione e sull'utilizzazione effettiva delle sostanze destinate a tale effetto. (Avesta Polarit Chrome Oy). CORTE GIUSTIZIA CE, sez. VI, 11 settembre 2003, causa C-114/01

Cave, miniere e torbiere - Parco archeologico - Revoca dell’autorizzazione alla coltivazione di una cava, anche nella parte concernente l’attività estrattiva al di fuori del territorio del Parco - Illegittimità. La revoca di un’autorizzazione alla coltivazione di una cava di tufo, per contrasto con le norme del Parco archeologico (del Materano) che vietano l’apertura e la coltivazione di cave e torbiere, è illegittima nella parte in cui rimuove l’autorizzazione all’esercizio dell’attività estrattiva nell’area di cava ubicata al di fuori del territorio del Parco. Pres. CAMOZZI, Est. BUSCICCHIO - Chita (Avv.ti De Bonis e Porcari) c. Regione Basilicata (n.c.). T.A.R Basilicata - 19 settembre 2003, n. 899

Territorio - Rifiuti - Materiali provenienti da demolizioni ed escavazione - Art 51, D. L.vo n. 22/1997 e succ. mod. - Sussistenza - rocce e le terre da scavo - esclusione. La gestione di materiali provenienti da demolizioni ed escavazione, contenenti tra l’altro, manti stradali, pezzi di cemento, di mattoni, di asfalto, di marmo integra la fattispecie prevista all’art 51, 1° comma, lett. a), del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, in quanto la successiva norma di cui all’art. 10 della legge n. 93 del 2001, aggiungendo la lett. f bis all’art. 8 1° comma del D.L.vo n.22/97, esclude il reato esclusivamente per le rocce e le terre da scavo. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Penale, 26 luglio 2003

Cave, miniere, torbiere - Provvedimento che vieti il transito di autocarri lungo l’unica via di accesso ad una cava - illegittimità. E’ illegittimo il provvedimento comunale con il quale si vieti il transito di autocarri lungo l’unica via d’accesso ad una cava, che ne impedisca di fatto la coltivazione previamente autorizzata dal Comune. Pres. Catoni, Est. Nazzaro - Adriasebina Cementi s.r.l. (Avv.ti Morgia e Massignani) c. Comune di Rosciano (Avv. Vellante). T.A.R. Abruzzo, Pescara - 24 luglio 2003, n. 674

Territorio - Cave, miniere torbiere - Concessione mineraria - Impugnazione - Proprietario di fondi contigui - non è legittimato. Il proprietario di fondi contigui alle aree interessate ad una concessione mineraria non è legittimato ad impugnare il decreto autorizzatorio di coltivazione e sfruttamento di una miniera di acqua minerale. - Pres. ed Est. BALBA - Nibid (Avv. Scarpantonio) c. Regione Abruzzo (Avv. Stato), Amministrazione Provinciale di Teramo e Comune di Montorio al Vomano. T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila - 10 luglio 2003, n. 498

Cave, miniere, torbiere - Territorio - Esame delle istanze di autorizzazione - Piano territoriale provinciale adottato ma non approvato - Irrilevanza - Piani di area - Non incidono. In sede di esame delle istanze di autorizzazione all’attività di cava non può tenersi conto delle prescrizioni o vincoli previsti dal PTP (Piano territoriale provinciale: cfr. art. 8 della L.R. 61 del 1985) adottato e non ancora approvato, anche in considerazione della circostanza che l’art. 38 della L.R. 61 del 1985, allorquando disciplina la salvaguardia del PTP, si limita ad applicare le relative misure alle determinazioni delle Amministrazioni comunali inerenti il rilascio dei titoli abilitativi a costruire, mentre nulla prevede per quanto segnatamente attiene alle autorizzazioni di cava, rette dalla disciplina speciale contenuta negli artt. 4 e ss., nonché 13, della L.R. 44 del 1982, la quale indica, quali parametri cui conformare le autorizzazioni, esclusivamente gli specifici strumenti di pianificazione dell’attività di cava con la sola eccezione dello strumento urbanistico generale come previsto dall’art. 13 e nei limiti ivi fissati. La medesima tesi è stata estesa in via analogica, anche ai Piani di Area, la cui disciplina di salvaguardia, contenuta nell’art. 38 della L.R. 61 del 1985, parimenti incide sulle sole determinazioni di competenza delle Amministrazioni comunali inerenti il rilascio dei titoli abilitativi a costruire, lasciando pertanto integre le funzioni in tema di rilascio delle autorizzazioni di cava, di competenza regionale. - Pres. TRIVELLATO, Est. ROCCO - Comune di Barbarano Vicentino (Avv.ti Cacciavillani) c.Regione Veneto (Avv. Stato) T.A.R. VENETO, Venezia, Sez. II - 4 luglio 2003, n. 3577

Beni culturali e ambientali - Cave - Distruzione o deturpamento di bellezze naturali - Art. 734 c.p. - Natura - Momento di consumazione - Natura di reato istantaneo con effetti permanenti - Individuazione - Cessazione dell’attività vietata - Fattispecie: coltivazione di una cava in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. In tema di tutela dei beni paesaggistici, il reato di distruzione, alterazione o deturpamento di bellezze naturali ha natura di reato istantaneo con effetti permanenti, ed allorché consti di atti plurimi frazionati e protratti nel tempo si consuma al momento della cessazione dell’attività vietata. (Fattispecie relativa a coltivazione di una cava in zona sottoposta a vincolo paesaggistico). Conf. Cass. Sez. lI, 2 luglio 1994, Silvestri, Contra, Sez. III, 21 giugno 1993, Fregonese. es. Savignano - Rel. Franco - P.M. Favalli (concl. conf.) - Dell’Amico e altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale - Sez. III - Ud. 5 giugno 2003 (dep. 7 agosto 2003), Sentenza n. 33550

Cave, miniere e torbiere - Avocazione della cava - Art. 45, comma 2, del R.D. 1443/1927 - Procedura - Effetti. L'art. 45, comma 2, del R.D. 1443/1927 è suscettibile di applicazione soltanto nell'ipotesi in cui il proprietario di un'area che sia urbanisticamente destinata all'attività estrattiva non la sfrutti, astenendosi dal richiedere o dall'esercitare l'autorizzazione di cui alla l.r. Umbria 2/2000, e produce effetti costitutivi consistenti nell'avocazione della cava al patrimonio indisponibile della regione soltanto se, una volta raggiunto dalla diffida regionale, il proprietario perduri nel comportamente inerte alla scadenza del termine assegnatogli. Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - T.A.R. - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici - vedi: commento)

Cave, miniere e torbiere - Cave e miniere differenza giuridica - Interesse pubblico alla coltivazione - Miniere: diritto reale sul suolo (art. 840 c.c.) - Cave: regime di tipo fondiario - Acquisizione al patrimonio indisponibile dello stato, ora della regione (c.d. avocazione) - Inerzia del proprietario. Le cave sono beni che l'ordinamento, anche prima della Costituzione, considerava geneticamente connotati da un interesse pubblico alla coltivazione, simile a quello insito nelle miniere. A differenza delle miniere, ed ancorché non siano comprese nel sottosuolo al quale si estendono le facoltà del titolare del diritto reale sul suolo (art. 840 c.c.), le cave sono sottoposte ad un regime di tipo fondiario. Tuttavia, in forza dell'interesse pubblico che sono idonee a soddisfare, il loro godimento riceve un'impronta necessariamente dinamica rispetto all'ordinaria configurazione dei beni di proprietà privata privi di (diretta) rilevanza pubblica. Così, le cave sono lasciate "in disponibilità" del proprietario del fondo e soltanto qualora questi "non intraprenda la coltivazione della cava o torbiera o non dia ad essa sufficiente sviluppo" sono acquisite al patrimonio indisponibile dello stato, ora della regione (c.d. avocazione) e la loro coltivazione viene concessa a terzi (art. 45 R.D. 1443/1927 ed art. 826 c.c.; cfr. anche artt. 1 D.P.R. 2/1972 e 50 e 62 D.P.R. 616/1977). Al fine di evidenziare l'inerzia del proprietario, di fronte all'interesse pubblico ad una adeguata coltivazione della cava (che, nella prospettiva accolta dalle disposizioni indicate, costituisce, analogamente a quanto avviene per le miniere, una risorsa strategica per l'economia nazionale), l'art. 45, citato, prevede, al comma 2, la prefissione da parte dell'Amministrazione di un termine per l'inizio, la ripresa o l'intensificazione dei lavori di coltivazione da parte del proprietario, decorso infruttuosamente il quale può essere disposta la concessione (a favore di soggetti in grado di coltivare la cava in modo adeguato). Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici - vedi: commento)

Cave, miniere e torbiere - Cave e miniere - Costituzione e funzione della proprietà e della conformabilità dell'iniziativa economica privata - Leggi regionali - Impatti territoriali - Pianificazione territoriale ed urbanistica - Tutela paesistica ed ambientale - Regime autorizzatorio. Nella prospettiva costituzionale della funzionalizzazione della proprietà e della conformabilità dell'iniziativa economica privata, l'evoluzione della disciplina legislativa delle cave ha affiancato, a quello produttivistico della massimizzazione dell'attività estrattiva, interessi di segno diverso. Oggi, le diverse leggi regionali contengono tutte una disciplina che considera l'attività estrattiva da cava anche e soprattutto quale fenomeno che può determinare cospicui impatti territoriali ed il cui esercizio viene perciò di regola sottoposto, oltre che alla pianificazione territoriale ed urbanistica, ad una pianificazione di settore e ad un regime autorizzatorio, al fine di dare rilevanza agli interessi pubblici connessi al razionale sfruttamento del territorio, alla tutela paesistica ed ambientale. Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici -
vedi: commento)

Cave, miniere e torbiere - L.r. Umbria, 2/2000 - Disciplina - Potestà legislativa concorrente - Potere di programmazione Regionale - Prelievo delle risorse non rinnovabili - Fabbisogno regionale - Cicli produttivi - Criteri di progettazione, coltivazione e ricomposizione ambientale - Pianificazione territoriale: regione P.U.T., provincia P.T.C.P.. In Umbria, vige attualmente la l.r. 2/2000, espressione della potestà legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117 Cost. previgente alla l. cost. 3/2001, mentre, non essendo stata definita una legge cornice statale, i principi fondamentali della materia sono rimasti quelli desumibili dal R.D. 1443/1927. La l.r. Umbria, 2/2000, al dichiarato fine di assicurare il fabbisogno regionale (di materiali da costruzione e per le utilizzazioni industriali) nel rispetto dell'ambiente e del territorio (art. 1, comma 1), si propone di contenere il prelievo delle risorse non rinnovabili e individua quindi come prioritario, rispetto all'apertura di nuove attività estrattive, l'ampliamento delle attività in essere e la riattivazione delle aree di escavazione dismesse, anche al fine della ricomposizione ambientale, nonché il riutilizzo dei residui, provenienti dalle attività estrattive o di materiali alternativi quali sottoprodotti, scarti e residui di altri cicli produttivi (art. 1, comma 2). In questa prospettiva, la legge 2/2000 disciplina i poteri di programmazione spettanti alla Regione, comprendenti l'individuazione dei fabbisogni, il censimento dei siti dismessi o in attività e la definizione dei criteri di progettazione, coltivazione e ricomposizione ambientale (art. 3), prevede divieti di localizzazione in aree sensibili (art. 5), demanda agli strumenti urbanistici generali l'individuazione delle zone da destinare specificamente alle attività estrattive (art. 5, comma 1, e, in via transitoria, art. 19) e attribuisce ai Comuni anche le potestà di approvare, mediante conferenza dei servizi (salva la necessità della valutazione di impatto ambientale, laddove richiesta) i progetti definitivi di coltivazione (art. 7) di rilasciare le conseguenti autorizzazioni (artt. 8 ss. e, in via transitoria, art. 19), oltre a quelle di vigilanza e polizia connesse (art. 14). La programmazione regionale definisce i fabbisogni di materiale da escavazione; la pianificazione comunale localizza i siti (alla luce delle indicazioni della programmazione regionale e delle prescrizioni della pianificazione territoriale, oggi demandata in sede regionale al P.U.T. ed in sede provinciale ai P.T.C.P.); l'iniziativa dei proprietari o, in caso di inerzia, quella sostitutiva della regione, attivano i procedimenti di autorizzazione e, eventualmente, di concessione per la coltivazione della cava. Non esiste perciò un bene "cava", avente carattere di (sia pur relativa) rarità ed individuabile a priori in base alle proprie caratteristiche intrinseche, a prescindere dalla destinazione di zona attribuita all'area dalla pianificazione territoriale. Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici -
vedi: commento)

Cave, miniere e torbiere - Apertura cava - L.r. Umbria, 2/2000 - Disciplina - Tutela paesistica ed ambientale. Affinché un immobile sia assoggettato al regime giuridico delle cave (inclusa la potestà della regione di attivare, con la diffida, il procedimento di concessione) non basta che quel terreno sia astrattamente suscettibile di essere utilizzato per l'estrazione dei materiali indicati dalla normativa (art. 2, l.r. 2/2000, che richiama il R.D. 1443/1927); è la destinazione di zona che fa diventare cava un terreno, altrimenti utilizzabile, di regola, per le ordinarie attività agricole. Destinazione di zona che viene impressa in considerazione di diversi interessi pubblici, tra i quali quello economico-produttivo, legato alla ottimale utilizzazione delle risorse del terreno, non assume più una importanza assolutamente preminente, ma va contemperato con quelli della tutela paesistica ed ambientale. Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici -
vedi: commento)

Cave, miniere e torbiere - Coltivazione di cave - L.r. Umbria, 2/2000 - Disciplina - Aree del territorio regionale destinate dallo strumento urbanistico generale comunale ad attività estrattiva - Necessità - Matrici ambientali da tutelare, aree naturali protette, zone archeologiche, etc. - Obbligo - C.d. zone ad utilizzazione mista - Divieto di attività di cava. Secondo l'art. 5, comma 1, della l.r. Umbria 2/2000, l'estrazione di materiale di cava "è consentita nelle aree del territorio regionale destinate dallo strumento urbanistico generale comunale ad attività estrattiva, ai sensi del comma 2 dell'art. 2 della legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31". La disposizione impone ai Comuni di inserire nella parte strutturale degli adottandi strumenti urbanistici una specifica ed espressa localizzazione delle attività estrattive (che deve comunque tener conto dei divieti previsti dall'art. 5, comma 2, in relazione alla presenza di matrici ambientali da tutelare, aree naturali protette, zone archeologiche, etc.). Si è così voluto evitare che l'attività di cava fosse assentibile nelle c.d. zone ad utilizzazione mista e superare gli inconvenienti derivanti dalla compresenza di destinazioni d'uso (che consentirebbero, oltre alle industrie estrattive e cave ed alle residenze, anche edifici a fini produttivi, allevamenti zootecnici ed annessi agricoli) difficilmente compatibili. La stessa esistenza di una disciplina transitoria, prevista dall'art. 19 della l.r. 2/2000, che consente, fino all'adeguamento dei P.R.G. secondo quanto disposto dall'art. 48 della l.r. 31/1997, l'approvazione piani attuativi per localizzare attività di cava, conferma, peraltro, che quella dettata dall'art. 5, comma 1, è una disciplina cogente e non programmatica. In altri termini (come già affermato da questo Tribunale nella sentenza n. 269 in data 10 maggio 2002), la possibilità di approvare piani attuativi ai sensi dell'art. 19, esprime sì una discrezionalità dei Comuni, ma nel senso di poter prescindere dall'utilizzare lo strumento offerto dalla disciplina transitoria al fine di localizzare le attività estrattive, non certo in quello di poter autorizzare la coltivazione di cave senza aver prima introdotto specifiche previsioni di localizzazione conformi alle disposizioni (a regime, ovvero transitorie) della l.r. 2/2000. E' evidente che la necessità di una specifica destinazione ad attività estrattive non può essere soddisfatta dalle previsioni di un P.R.G. soltanto adottato. L'efficacia dello strumento di pianificazione generale in itinere, infatti, è pacificamente limitata alla salvaguardia nei confronti di attività difformi, come precisato anche dall'art. 7, comma 6-bis, della l.r. 31/1997. Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici -
vedi: commento)

Cave, miniere e torbiere - Coltivazione di cave - P.R.G. soltanto adottato - Insufficiente - L.r. Umbria 2/2000 e l.r. Umbria 31/1997. E' evidente che la necessità di una specifica destinazione ad attività estrattive (ex l.r. Umbria 2/2000) non può essere soddisfatta dalle previsioni di un P.R.G. soltanto adottato. L'efficacia dello strumento di pianificazione generale in itinere, infatti, è pacificamente limitata alla salvaguardia nei confronti di attività difformi, come precisato anche dall'art. 7, comma 6-bis, della l.r. Umbria 31/1997. Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici - vedi: commento)

Cave, miniere e torbiere - Cave e torbiere lasciate in disponibilità del proprietario del suolo - art. 45, r.d. n. 1443/1927 - Interpretazione. L'espressione "le cave e le torbiere sono lasciate in disponibilità del proprietario del suolo" dell'art. 45, r.d. n. 1443/1927, viene correntemente e pacificamente interpretata nel senso che il proprietario non solo può esercitare direttamente l'escavazione, ma può anche trasferire il relativo diritto a terzi, sia sotto forma di atto traslativo o costitutivo di un diritto reale, sia di vendita del prodotto dell'estrazione, sia mediante un contratto di affitto o altro negozio lecito (cfr. Cass., 22 dicembre 1988, n. 7012; cfr. anche Cass. SS.UU., 24 novembre 1989, n. 5070; TAR Piemonte, II, 2 marzo 1987, n. 76). Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici -
vedi: commento)

Cave, miniere e torbiere - Avocazione al patrimonio regionale con gestione della cava in regime concessorio - Competenza - Art. 1 del D.P.R. 2/1972 - Artt. 50 e 62 del DPR 616/1977 - Art. 118, comma 1, Cost - Art. 45, r.d. n. 1443/1927 - Potestà regionale, comunale - limiti e condizioni dell’atto ablativo. L'ipotesi eccezionale dell'avocazione al patrimonio regionale con gestione della cava in regime concessorio non è prevista dalla l.r. Umbria 2/2000, che attribuisce ai Comuni la gran parte delle funzioni concernenti le cave. Pertanto, la competenza relativa all'art. 45, comma 2, succitato, deve ritenersi rimasta alla regione, cui la materia delle cave è stata interamente trasferita per effetto dell'art. 1 del D.P.R. 2/1972 (dove, al comma, lettera e), viene specificato che il trasferimento riguarda, tra l'altro, le funzioni concernenti "la sorveglianza sull'utilizzazione delle cave e torbiere, la sottrazione al proprietario della disponibilità della cava o torbiera e la concessione a terzi nel caso di totale o parziale inutilizzazione del giacimento") e degli artt. 50 e 62 del DPR 616/1977 (concernenti "tutte le attività attinenti alle cave, di cui all'art. 2, terzo comma, ed al titolo terzo del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443"). Alla Regione residuano, oltre ai poteri di normazione tecnica, i poteri in materia di programmazione delle attività estrattive e dei relativi fabbisogni. Infatti, la potestà sottesa all'art. 45, comma 2, appartiene al medesimo ordine di valutazioni, che richiedono la contemperazione dell'interesse pubblico alla tutela del territorio con quello allo sviluppo delle attività economiche, mentre, al contrario, la dimensione comunale -anche secondo la nuova prospettiva del conferimento delle funzioni e dei compiti amministrativi in applicazione del criterio di sussidiarietà di cui all'art. 118, comma 1, Cost, nella nuova formulazione introdotta dalla l. cost. 3/2001- appare troppo angusta per simili valutazioni. In tal caso infatti non vi sarebbe ragione di sacrificare un proprietario che si è comunque attivato, realizzando l'interesse pubblico cui è preordinata la concessione. Va notato, invero, che la concessione al terzo, nel sistema dell'art. 45, r.d. n. 1443/1927, non ha una funzione sanzionatoria o punitiva, ma è solamente lo strumento per realizzare l'interesse pubblico, sopperendo all'inerzia del proprietario. Se l'inerzia è comunque cessata, il rimedio non è più necessario e un atto ablativo risulta illegittimo, in base al principio per cui nessun sacrificio di un diritto o interesse privato è consentito, se non negli stretti limiti in cui ciò è reso necessario dall'interesse pubblico. L'inerzia del proprietario dev'essere dunque non solo formalmente e univocamente accertata, ma perdurare altresì ancora nel momento in cui viene data la concessione al terzo. Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici -
vedi: commento)

Cave, miniere e torbiere - Apertura di cave nuove - Tutela territoriale ed ambientale - L.r. Umbria 2/2002 - Fondi contigui appartenenti a diversi proprietari - Distanze legali e di sicurezza tra i cantieri - Imposizione di prescrizioni e cautele nelle coltivazioni - Regime ablatorio-concessorio. La l.r. Umbria 2/2002, al fine di perseguire le finalità di tutela territoriale ed ambientale, privilegia l'ampliamento delle cave esistenti, e pone forti limitazioni all'apertura di cave nuove (in tal senso, peraltro, un divieto vero e proprio è posto dalla pianificazione territoriale della Provincia di Perugia). Tuttavia, l'applicazione di tale criterio di priorità nelle coltivazioni non può giungere fino al punto di ritenere che l'ampliamento dei versanti di cava in coltivazione debba prevalere per ciò solo sull'apertura di nuovo versanti contigui, di modo che si possa ricorrere al regime concessorio anche in presenza di fondi contigui appartenenti a diversi proprietari che non raggiungano spontaneamente una composizione dei propri interessi. E' plausibile che, in simili casi, lo sfruttamento autonomo dei versanti impedisca, dato il rispetto delle distanze legali e di sicurezza tra i cantieri, l'ottimale recuperabilità delle risorse estrattive. Ma tali circostanze, di opportunità economica o tecnica, non possono condurre a sovrapporre al regime fondiario sol che appaia maggiormente conveniente per le ragioni della produzione, il regime ablatorio-concessorio senza indennizzo, che costituisce un'eccezione, giustificata, va ripetuto, soltanto da una dimostrata inadeguatezza del regime fondiario ad assicurare la coltivazione dell'area. Allo stesso modo, è plausibile che la stessa necessità di mantenere al termine dei lavori un diaframma tra le proprietà renderebbe più difficile o più onerosa la ricomposizione ambientale. Anche queste circostanze, se possono (anzi, devono) dare luogo all'imposizione di prescrizioni e cautele nelle coltivazioni, fino a giungere (laddove non vi sia stata la lungimiranza di imporre detti limiti al primo coltivatore, e conseguentemente vi sia la necessità di intervenire su chi si è attivato successivamente) all'ablazione di porzioni di proprietà contigue, per permettere una ricomposizione morfologica completa e senza soluzioni di continuità, non giustificano, in assenza di una espressa disposizione normativa e, ancor di più, alla luce dei principi costituzionali, l'interpretazione estensiva dei presupposti del regime ablatorio-concessorio sottesa ai provvedimenti impugnati. Pres. LIGNANI, - Est. UNGARI - Ricorsi: GRANULATI CENTRO ITALIA s.r.l. (avv. Rampini); ASCAGNANO s.p.a. (avv.ti Bagianti e De Matteis); POLIDORI (avv. De Matteis) CONTRO: REGIONE DELL'UMBRIA (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia); COMUNE DI PERUGIA (avv. Cartasegna); PROTER s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Sartorio) - Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria - 20 maggio 2003 n. 390 (vedi: sentenza per esteso) (sentenza commentata dal Prof. R. Federici -
vedi: commento)

Rifiuti - Terre e rocce da scavo - Disciplina dei rifiuti - Materiali cementizi e di asfalto - Operatività della disciplina vigente per le terre e rocce da scavo che non costituiscono rifiuti ex l. n.443/2001 - Esclusione - Ragioni - Artt. 7 comma 3 lett. B, 8 comma 1 lett. B, 51 D. LG. n. 22/1997. In tema di disciplina dei rifiuti, integra il reato di cui all'art.51, n.1, lett.a) d.lgs.vo n.22 del 1997 l'attività di recupero di materiale cementizio e di asfalto, in assenza della prescritta comunicazione di inizio attività alla Provincia, in quanto detti materiali non possono essere ricompresi nel novero delle "terre e rocce da scavo" - le quali non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall'ambito di applicazione del d.lgs.vo n.22 del 1997 (art.1, comma 17,l. n.443 del 2001)- sia perché manca una specifica previsione in tal senso, non essendo menzionate nel regime delle esclusioni dettato dall'art.8, lett.b)-bis d.lgs.vo n.22 del 1997, sia, e soprattutto, perché detti materiali non possono ritenersi il prodotto di escavazione, perforazione e costruzione. Pres. Toriello F - Est. Vangelista V - Imp. PM in proc. Boscarato - PM. (Conf.) Abbritti P. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 5/02/2003 (UD.15/01/2003) RV. 223742 sentenza n. 08936

Disciplina dei rifiuti - fanghi provenienti da impianto di lavaggio di inerti - natura di rifiuto speciale - i materiali di cava costituiscono rifiuto speciale. In tema di gestione dei rifiuti, i fanghi provenienti da impianto di lavaggio di materiali inerti, quali i minerali e i materiali di cava costituiscono rifiuto speciale ex art. 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, non rientrando tra le specifiche esclusioni previste dallo articolo 8 dello stesso decreto n. 22. Cassazione Penale sezione III del 19/12/2002 (UD. 29/10/2002), Sentenza n. 42949

CAVE - Prima pulitura del materiale estratto - Lavaggio - Necessità tecniche. La «prima pulitura» del materiale estratto, necessaria per separare il materiale commerciale, non necessariamente deve avvenire esclusivamente mediante setacciatura o grigliatura, quando necessità tecniche lo richiedano o lo rendano opportuno, può avvenire mediante lavaggio. Totaro. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 29 ottobre 2002, Sentenza n. 42949

Getto pericoloso di cose - reati contro l'incolumita' pubblica - contravvenzioni - immissioni di polveri nell'atmosfera - elemento materiale del reato - configurabilita'. Nel concetto di "gettare o versare" di cui all'art. 674 cod. pen., che punisce il getto pericoloso di cose, rientra anche quello di diffondere polveri nell'atmosfera. (Fattispecie relativa a emissione di polveri in dipendenza del carico e scarico di sabbia ad opera di impresa e nella quale la Corte ha escluso la applicabilita' delle disposizioni di cui al d.p.r. n. 203 del 1988 non provenendo le emissioni da un impianto come definito dall'art. 2 del citato d.p.r.). Conforme: Cass. 1994 n.0447; Vedi anche: Cass. 1988 n. 4497. Cassazione Penale sezione III del 19/12/2002 (UD.23/10/2002), Sentenza n. 42924

Cave - sfruttamento del sottosuolo - concessione edilizia - necessita' - esclusione - realizzazione in zona non consentita - reato di cui all'art. 20 lett.a) legge n. 47 del 1985 - configurabilita'. L'attivita' di apertura e coltivazione di cava non richiede il preventivo rilascio della concessione edilizia, non essendo subordinata al preventivo controllo dell'autorita' comunale, ma la stessa deve svolgersi nel rispetto della pianificazione territoriale comunale, configurandosi, in difetto, ovvero in caso di svolgimento della stessa in zona non consentita, la violazione dell'art. 20 lett. a) della legge 28 febbraio 1985 n. 47. Corte di Cassazione, Sez. III Sentenza del 09/07/2002 (UD.21/03/2002) n. 26140

Rifiuti - disciplina delle terre e delle rocce da scavo - esclusione materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche - conglomerati derivanti da attività di demolizione, scavo o costruzione - l’autosmaltimento dei rifiuti - cessione a terzi, non autorizzati, dei rifiuti speciali. L’art. 8, 1° comma del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dall'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389 e dall'art. 10, comma 1, L. 23 marzo 2001, n. 93, dispone che «sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto … in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge: …f-bis) le terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme”. Questa disposizione, invocata dalla difesa dell’impresa resistente, è certamente irrilevante nella fattispecie di causa, in quanto non è controverso che il materiale di cui trattasi non sia riconducibile a semplici terre o rocce da scavo utilizzabili per le finalità indicate nella disposizione ultima citata, ma sia viceversa costituito da conglomerati derivanti da attività di demolizione, scavo o costruzione, riconducibili conseguentemente all’ipotesi di cui all’art. 7 terzo comma lettera b), prima parte, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione). Questi materiali non possono dunque essere equiparati a rifiuti pericolosi, oltretutto perché la loro presenza sul terreno è normale nelle opere eseguite sul territorio - ad esempio stradali - nelle quali essi concorrono a comporre i materiali impiegati, ma sono invece ascrivibili alla categoria dei rifiuti speciali. Tali materiali conseguentemente, in quanto rifiuti speciali, non possono essere abbandonati indiscriminatamente sul terreno, senza il rispetto degli obblighi e l’assunzione delle responsabilità previste nell’art.10 del D.Lgs. 22/97. Non è senza significato che il piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000 vigente all’epoca dei fatti, approvato con D.P.R. 23 luglio 1998, rilevasse, all’Obiettivo III, che «desta preoccupazione la produzione di rifiuti speciali (in particolare di quelli pericolosi) per i quali una costante attività di monitoraggio ambientale è richiesta al fine di evitare fenomeni di disseminazione non controllata». Tra tali obblighi, il secondo comma dell’art. 10 del D.Lgs. 22/97 cit. impone al produttore dei rifiuti speciali, nell’ordine: a) l’autosmaltimento dei rifiuti; b) il conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti; c) il conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione; d) l’esportazione dei rifiuti con le modalità previste dall'articolo 16 del presente decreto. La prima delle ipotesi delineate nell’art. ultimo citato consente certamente all’impresa di costruzioni stradali, in quanto produttrice dei rifiuti in questione, di reimpiegare i residui del materiale bituminoso estratto nell’esecuzione di opere analoghe, ad esempio per riciclare gli asfalti mediante fusione ovvero riutilizzarli più semplicemente, previa frammentazione, per realizzarne il sedime. Ma non è questo quanto è avvenuto nella specie, poiché è la stessa impresa resistente ad ammettere di aver ceduto a soggetti non autorizzati allo smaltimento, ai sensi delle vigenti disposizioni, il materiale in questione, con evidente violazione delle disposizioni richiamate. Ed è appena il caso di rilevare che l’autosmaltimento non può equivalere - tantomeno per analogia - alla cessione a terzi, non autorizzati, dei rifiuti speciali. L’ordinanza impugnata in primo grado si rivela pertanto legittima, in relazione alle censure proposte dalla originaria ricorrente, nella parte in cui ha imposto il ripristino dei luoghi interessati dalle violazioni di cui trattasi. Consiglio Stato Sez. VI, 16 febbraio 2002, n. 963.  (vedi: sentenza per esteso)

Urbanistica - realizzazione di un impianto di piscicoltura e commercializzazione degli inerti - insufficienza della sola concessione edilizia - attività di cava - necessità delle autorizzazioni da parte degli Enti preposti. La sola domanda di concessione edilizia, mirante a conseguire idoneo titolo a eseguire lavori di scavo per la realizzazione di un impianto di piscicoltura e a commercializzare gli inerti derivanti dai lavori di scavo, è inidonea quando si configurasse l’intento di dar vita ad una attività di cava, come tale estranea alla competenza comunale in quanto soggetta ad autorizzazione della provincia. Infatti, l’art. 2 L.R.V. 7 settembre 1982 n. 44, avente ad oggetto appunto la disciplina delle attività di cava, dopo aver affermato (secondo comma) che “i lavori  effettuati sul terreno ove è in corso la costruzione di opere pubbliche e private appartengono ai movimenti di terra e non sono soggetti alla presente normativa”, precisa (terzo comma) che non sono ugualmente ad essa soggetti   i movimenti di terra e i lavori di miglioramenti fondiari “che avvengono senza utilizzazione di materiali a scopo industriale od edilizio, chiarendo infine che (quarto comma)  qualora le attività di cui al precedente comma avvengano per gli scopi ivi individuati, anche se secondari, acquistano il carattere di attività di cava e vengono assoggettate alle norme della presente legge. E cioè necessitano dell’autorizzazione da parte della Giunta Provinciale su parere, a seconda del tipo di moglioria fondiaria, o dell’ingegnere capo del genio civile ovvero del capo dell’ispettorato agrario provinciale (art.18). Consiglio di Stato sez. V sent. del 22 novembre 2001 n. 2330.

Inquinamento atmosferico prodotto dagli impianti di frantumazione dei materiali di cava. In materia di inquinamento atmosferico, sono sottoposti alla disciplina del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203 tutti gli impianti che possono dar luogo ad emissioni nell`atmosfera, sicché anche gli impianti di frantumazione dei materiali di cava vanno ricondotti alla previsione dell`art. 1 del D.P.R. 203, non potendosi porre in dubbio la loro oggettiva attitudine a dare luogo ad emissioni nell`atmosfera. Cass. pen., sez. III, 26 novembre 1999, n. 13534.

Vincolo Paesaggistico. Illegittimità della prosecuzione dell'attività di estrazione. È illegittima la prosecuzione dell`attività di coltivazione di una cava dopo l`apposizione del vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497, anche se essa era stata in precedenza autorizzata. Infatti il vincolo apposto ai sensi della legge 8 agosto 1985 n. 431 riguarda intere categorie di territorio ed è perciò compatibile con la eventuale definitiva compromissione, dal punto di vista ambientale, di una parte di esso. È legittimo perciò ritenere che, fermo restando l`obbligo di chiedere tempestivamente l`autorizzazione all`autorità preposta al vincolo, le precedenti autorizzazioni non perdano di efficacia e rimettere all`amministrazione la valutazione sulla sussistenza di un effettivo danno in conseguenza della continuazione della coltivazione della cava. Al contrario invece i vincoli apposti ai sensi della legge 1497/39 riguardano porzioni esattamente individuate del territorio con riferimento a particolari e specifici pregi naturalistici e deve perciò ritenersi interdetta ogni ulteriore attività di coltivazione della cava fino a quando non sia intervenuto specifico nulla osta indipendentemente dalle autorizzazioni ottenute prima dell`apposizione del vincolo. (Nell`affermare il principio di cui in massima la Corte ha rigettato la richiesta di annullamento del provvedimento con cui il tribunale del riesame aveva confermato il sequestro preventivo di una cava situata in una zona vincolata in quanto inserita nell`area del Belvedere di Monreale).  Cass. pen., sez. III, 7 febbraio 1997, n. 4308.

    Coltivazione di cave nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico. Per la coltivazione di cave nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico per le quali sia stata rilasciata - prima dell`entrata in vigore della L. 8 agosto 1985, n. 431 (7 settembre 1985) - l`autorizzazione ex art. 7 L. 29 giugno 1939, n. 1497, demandata alle Regioni dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, la stessa deve essere richiesta nuovamente soltanto per la prosecuzione delle opere che non abbiano raggiunto un`apprezzabile consistenza, tale da aver cagionato una irreversibile modificazione del territorio. Da ciò discende che, per le zone sottoposte ex novo a vincolo dalla L. n. 431 del 1985, l`autorizzazione deve essere in ogni caso richiesta secondo la disciplina introdotta dalla legge medesima, proprio per mancanza di una precedente valutazione della P.A. ai fini della tutela paesaggistica. (Fattispecie relativa ad annullamento con rinvio di sentenza assolutoria per il reato di cui agli artt. 1 e 1 sexies L. n. 431 del 1985, poiché esisteva un semplice nulla-osta dell`Ispettorato privo di contenuto paesistico, mentre in relazione alle previsioni della legge Regione Campania 13 dicembre 1985, n. 54, che vietano l`attività di coltivazione di cave in zone vincolate, la competente sovrintendenza aveva espresso parere negativo). Cass. pen., sez. III, 4 novembre 1995, n. 10929. 

    Autorizzazione sindacale e autorizzazione paesaggistico-ambientale. In materia di cave, quando l`attività di coltivazione si svolge in area sottoposta a vincolo paesaggistico (nella specie, Parco Nazionale Adamello - Brenta), l`autorizzazione sindacale (nella specie, prevista dall`art. 7, ultimo comma, della L.P. Trento n. 6 del 4 marzo 1980), non può essere considerata comprensiva anche della specifica autorizzazione paesaggistico-ambientale prevista dalla legge statale 8 agosto 1985, n. 431, che ha convertito il D.L. 27 giugno 1985, n. 312 (cosiddetta "Legge Galasso"). Cass. pen., sez. III, 7 marzo 1994, n. 75. 

    L. 8 agosto 1985 n. 431 e assenza di autorizzazione regionale per lo sfruttamento del giacimento. La L. 8 agosto 1985 n. 431 in materia di tutela ambientale è immediatamente applicabile alle opere di trasformazione del territorio (nella specie una cava), ancorché iniziate anteriormente alla sua entrata in vigore, ove eseguite in assenza di autorizzazione regionale per lo sfruttamento del giacimento della cava, richiesta dalla normativa regionale vigente, per effetto dell`art. 62 D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. La predetta attività in violazione del vincolo ambientale integra il reato previsto dall`art. 1 sexies legge n. 431 del 1985.  Cass. pen., sez. fer., 20 ottobre 1992, n. 3112.