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Giurisprudenza

  

 

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Diritto Urbanistico

 

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Beni espropriabili - Pubblica Amministrazione - principi generali dell'espropriazione - competenze - vincoli...       ^


ESPROPRIAZIONE - DIRITTO URBANISTICO - PRG - Discrezionalità dell’Amministrazione - Destinazione di zona di natura conformativa - Vincolo non finalizzato all’espropriazione - Mero obbligo per i proprietari di rispetto della destinazione impressa all’area. La destinazione di una area a servizi (es. attrezzature ed impianti di interesse generale) corrisponde a destinazione di zona di PRG di natura conformativa, connessa alle determinazioni di pianificazione urbanistica rientranti nella discrezionalità dell’Amministrazione, cui corrisponde un mero obbligo per i proprietari di rispetto della destinazione impressa all’area e non un vincolo finalizzato all’espropriazione (C.d.S. Sez. IV, n. 4340/02). (conferma, sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI, Sezione III n. 01196/2004), Pres. Giaccardi - Est. Leoni - Monteleone (avv. Colapinto) c. Comune di Cassano delle Murge (avv. De Marco). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 3/08/2010, Sentenza n. 5155

 

ESPROPRIAZIONE - Vincoli espropriativi imposti dallo strumento urbanistico - Durata limitata - Decadenza del vincolo - Reintegrazione della disciplina urbanistica. I vincoli espropriativi imposti su beni determinati dallo strumento urbanistico hanno per legge durata limitata: in linea generale, cinque anni, alla scadenza dei quali, se non è intervenuta dichiarazione di pubblica utilità dell’opera prevista, il vincolo preordinato all’esproprio decade (art. 9 del T.U. delle norme in materia di espropriazione per pubblica utilità, approvato con D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327). La decadenza dei vincoli urbanistici espropriativi o che comunque privano la proprietà del suo valore economico comporta l’obbligo per il Comune di “reintegrare” la disciplina urbanistica dell’area interessata dal vincolo decaduto con una nuova pianificazione (Cons. St., IV, 22 giugno 2004, n. 4426); ovviamente, l’area non deve necessariamente conseguire una destinazione urbanistica edificatoria, essendo in ogni caso rimessa al potere discrezionale dell’Amministrazione comunale la verifica e la scelta della destinazione, in coerenza con la più generale disciplina del territorio, meglio idonea e adeguata in relazione all’interesse pubblico al corretto e armonico suo utilizzo (Cons. St., IV, 8 giugno 2007, n. 3025). Pres. Zingales, Est. Barone - G. s.r.l. (avv. Briguglio) c. Comune di Messina (avv. Tigano), Assessorato Regionale Territorio e Ambiente e altri (Avv. Stato) e altro (n.c.). TAR SICILIA, Catania, Sez. I - 26 maggio 2010, n. 1946

ESPROPRIAZIONE - Vincoli espropriativi già scaduti - Reiterazione in blocco - Specifica motivazione - Necessità. Anche i provvedimenti di reiterazione “in blocco” di vincoli espropriativi già decaduti, richiedono una specifica motivazione da parte del Comune. Pres. Zingales, Est. Barone - G. s.r.l. (avv. Briguglio) c. Comune di Messina (avv. Tigano), Assessorato Regionale Territorio e Ambiente e altri (Avv. Stato) e altro (n.c.). TAR SICILIA, Catania, Sez. I - 26 maggo 2010, n. 1946

 

ESPROPRIAZIONE - T.u. 327/2001 - Specialità della disciplina - Applicabilità della regola di cui all’art. 21 bis L. n. 241/90 - Esclusione. Stante la specialità della disciplina del T.U. 327/2001, nei confronti del decreto di esproprio non trova applicazione la regola generale di cui all’ art 21 bis L. 241/90: è quindi necessario, al fine di non determinare l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, che il decreto d’esproprio sia emanato o adottato, ma non anche comunicato al destinatario. Pres. Arosio, Est. Bini - I. s.r.l. (avv.ti De Nora e Salvi) c. Comune di Milano (avv.ti Malinconico, Mandarano, Surano, Tempesta e Terracciano) e Regione Lombardia (avv.ti Pujatti e Ruggeri) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 23 dicembre 2009, n. 6188

ESPROPRIAZIONE - Art. 13 d.lgs. n. 327/2001 - Scadenza del termine entro cui emanare il decreto di esproprio - Inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità - Termine perentorio. L'articolo 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sostanzialmente riprodotto nell’articolo 13 del Testo Unico in materia di espropriazioni per pubblica utilità (approvato con decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 327) stabilisce il principio secondo cui – in caso di mancata proroga - la scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità. Non si può ritenere che il termine abbia natura meramente ordinatoria: l’orientamento della giurisprudenza è infatti consolidato nel senso che - a differenza dei termini iniziali, per loro natura dilatori e acceleratori - i termini finali delle procedure ablatorie e dei lavori assumono il connotato della perentorietà (Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2002, n. 1562; Sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2936 e 8 giugno 2000, n. 3246; v. anche Cass., SS.UU., 4 marzo 1997, n. 907; 8 febbraio 2006, n. 2630). Pres. Turco, Est. Filippi - L.C. (avv. Carnelli) c. Regione Valle d'Aosta (avv. Sommo) - TAR VALLE D'AOSTA - 13 novembre 2009, n. 93

ESPROPRIAZIONE - Vincolo preordinato all’esproprio - Reiterazione - Indicazione di un indennizzo e della relativa copertura finanziaria - Necessità - Esclusione - Ragioni - Art. 39 T.U. n. 327/2001. L’art. 39 del testo unico n. 327 del 2001, avente natura ricognitiva del preesistente quadro normativo, evidenzia che l’ordinamento non impone l’indicazione di un indennizzo nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio (e, dunque, la relativa copertura finanziaria), poiché la sua spettanza o meno è del tutto eventuale e va accertata (solo quando il vincolo sia stato effettivamente reiterato) sulla base della istanza dell’interessato, che può attivare un procedimento nel corso del quale ha l’onere di dare prova del pregiudizio concretamente ricevuto dagli atti amministrativi. Pres. f.f. Maruotti, Est. Potenza - D.F. (avv. Marcello) c. Comune di Squillace (avv. Nisticò) - (Conferma TAR Calabria, Catanzaro, n. 517/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 6 novembre 2009, n. 6936

ESPROPRIAZIONE - Procedura espropriativa - Principi generali - Natura di atti “unitari” rispetto ai comproprietari o aventi causa del medesimo bene oggetto di esproprio - Fattispecie - Art. 43 D.P.R. n. 327/2001. In base ai principi generali, gli atti della procedura espropriativa, pur classificabili come “plurimi” nei confronti delle diverse ditte proprietarie espropriate, debbono essere considerati come aventi natura di atti “unitari” rispetto ai comproprietari o aventi causa del medesimo bene oggetto di esproprio, con la conseguenza che può farsi questione di conoscibilità legale degli atti emanati, non già di loro validità a causa del subentro. Nel caso di specie, non è ravvisabile alcuna differenza tra le posizioni giuridiche del dante causa, che è stato notificatario, e dell’acquirente che non ha pubblicizzato la compravendita in pendenza dell’esercizio della potestà acquisitiva di cui all’art. 43 del D.P.R. 327/2001. Pres. Lodi - Est. Carella - Giannantonio ed altro (avv. Di Pardo) c. Regione Molise (Avvocatura Generale dello Stato) ed altri (conferma T.A.R. Molise n. 80 del 24/01/2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 26/02/2008 (ud. 27/11/2007) Sentenza n. 677

ESPROPRIAZIONE - URBANISTICA E EDILIZIA - Pertinenza - Qualificazione - Natura. Anche se per definizione, la pertinenza è posta a servizio del bene principale, assume, sotto il profilo indennitario, una sua autonomia, nel senso che di essa deve qualificarsene la natura urbanistica (suolo edificabile o agricolo), che però non potrà mai essere assimilata a quella dell'area (edificata) cui pertiene (Cass. 14.1.2008, n. 599; 28.11.2007, n. 24703). Pres. Panebianco, Rel. Benini, Ric. Nideriaufner V. s.a.s. ed altro (conferma Corte d'Appello di Trento sentenza dell’11.12.2002). CORTE DI CASSAZIONE Civile 31/01/2008, Sentenza n. 2424

ESPROPRIAZIONE - URBANISTICA E EDILIZIA - Vincolo espropriativo imposto dal PRG - Reviviscenza di una precedente destinazione - Limiti - Fattispecie: ex cava di argilla esclusa per le caratteristiche del sito dalla localizzazione del PEEP. La decadenza del vincolo espropriativo imposto dal PRG, non comporta necessariamente la reviviscenza di una precedente destinazione edificatoria, tenuto anche conto delle peculiari caratteristiche della zona (nella specie ex cava di argilla esclusa proprio per le caratteristiche del sito dalla localizzazione del PEEP). Pres. Salvatore - Est. Lodi - S.R.L. Immobiliare degli Aurunci (avv. Scipione) c. Comune di Formia (avv. Battaglia) e nei confronti della Regione Lazio (n.c.) (conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione staccata di Latina, n. 34 del 19/01/1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 10/12/2007 (C.C. 30/10/2007) Sentenza n. 6337

ESPROPRIAZIONE - URBANISTICA E EDILIZIA - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Tributi (I.C.I.) - Assoggettamento delle aree edificabili destinate ad espropriazione - Fondamento. Un’area edificabile assoggettata a vincolo urbanistico che la destini ad espropriazione non è, per ciò stesso, esente dall’I.C.I., in quanto il presupposto di detta imposta non è in alcun modo ricollegabile alla idoneità del bene a produrre reddito o alla sua attitudine ad incrementare il proprio valore o il reddito prodotto, assumendo, invece, rilievo il valore dell’immobile ai soli fini della determinazione della base imponibile (cfr. Cass. 19750/04; per analoghe considerazione in tema nozione di edificabilità in materia di imposta di registro: v. Cass. 7676/02). Presidente F. Lupi, Relatore A. Cappabianca, Ric. Gid s.a.s.. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Tributaria, del 12 Settembre 2007 (C.C. 06/07/07), Sentenza n. 19131

ESPROPRIAZIONE - Vincoli preordinati all'espropriazione o comportanti l'inedificabilità - Tutelare del proprietario - Incidenza dei vincoli "su beni determinati" - Disciplina della decadenza - Potestà conformativa della proprietà - Rapporti tra strumenti urbanistici, generale ed attuativo - Funzioni del P.R.G. - Art. 2 L. n. 1187/1968. La disciplina della decadenza dei vincoli preordinati all'espropriazione o comportanti l'inedificabilità, come introdotta dall'art. 2 L. n. 1187/1968 a seguito della sentenza della C. Cost. n. 55 del 1968, tende a tutelare il singolo proprietario di beni gravati dal vincolo medesimo: la norma parla infatti di incidenza dei vincoli "su beni determinati". (C.d.S., sez. II, 12/05/1999, n. 87). Essa, quindi, non attiene ai rapporti tra strumenti urbanistici, generale ed attuativo, il quale ultimo ben può essere adottato anche dopo la scadenza di efficacia temporale del singolo vincolo. Entrambi gli strumenti hanno la finalità precipua, secondo un rapporto di preordinato collegamento funzionale, di assicurare un armonico sviluppo del territorio comunale, secondo una progressione procedimentale che dalla pianificazione arriva alla realizzazione dell'ordine edilizio urbanistico configurato nel piano. In altri termini, poiché una delle funzioni precipue del P.R.G. è la divisione in zone del territorio comunale, alla quale si accompagna quella, sussidiaria e complementare, di determinare i vincoli e le caratteristiche di ciascuna zona, ciò non significa che il venir meno delle seconde incida automaticamente e globalmente sulla validità della zonizzazione. D'altra parte, non va dimenticato che i vincoli di destinazione propri della zonizzazione costituiscono manifestazione della potestà conformativa della proprietà e non del potere espropriativo [Cons. St., sez. IV, 14.12.1993 n. 1068], con la conseguenza che le previsioni di PRG prevedenti una destinazione residenziale non comportano vincoli per la proprietà privata destinati a decadere oltre un certo termine finale di efficacia”. Pres. Speranza, Est. Sabatino, Pontillo (avv. Abbate) c. Comune di Capodrise (avv. Santonastaso). TAR CAMPANIA Napoli, Sez. VIII, 13 giugno 2007, (30 aprile 2007) n. 6110

Espropriazione - Tripartizione tradizionale - Espropriazione del bene culturale, espropriazione a fini strumentali e espropriazione per interesse archeologico - Previa approvazione del progetto di intervento - Non è richiesta nell’espropriazione ex art. 95 d.lgs. 42/2004. La normativa in materia di tutela dei beni culturali ha conservato la tradizionale tripartizione tra espropriazione del bene (già dichiarato) culturale (art. 54 l. 1089 del 1939; art. 95 codice del 2004), espropriazione per fini strumentali (rispettivamente, artt, 55 e 96) ed espropriazione per interesse archeologico (artt. 56 e 97). Pur nell’unitaria finalità generale di tutela/fruizione del bene culturale, i tre istituti si differenziano per la funzione specifica perseguita, per l’oggetto e, in parte, per la procedura. Nel primo caso (espropriazione del bene culturale) il fine è di assicurare la miglior tutela e fruibilità pubblica del bene già conosciuto e dichiarato di interesse culturale (vincolato); in questo caso la dichiarazione di pubblica utilità (ministeriale) coincide con la manifestazione di volontà di assicurare migliori condizioni di tutela e fruibilità del bene vincolato mediante l’acquisto al demanio pubblico; ai fini della dichiarazione di pubblica utilità (come previsto dall’art. 94 del testo unico del 1999 e, oggi, dal comma 2 dell’articolo 98 del codice del 2004), non è quindi richiesta la previa approvazione di un progetto di intervento. Nel secondo e nel terzo caso, invece, il fine specifico è quello di isolare o restaurare monumenti, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l'accesso, ovvero di eseguire ricerche archeologiche; l’oggetto è un immobile che non è (o non è ancora) stato dichiarato di interesse culturale (vale a dire l’immobile, in sé privo di interesse culturale, confinante o vicino a quello vincolato, oppure l’area sulla quale eseguire le ricerche archeologiche); la dichiarazione di pubblica utilità richiede l’approvazione di un progetto (di isolamento o restauro etc. del monumento, ovvero della ricerca archeologica), come espressamente previsto dagli artt. 94, comma 2, del testo unico del 1999 e 98, comma 2, del vigente codice del 2004. Pres. d’Alessandro, Est. Carpentieri - M. s.n.c. (avv. Miani) c. Ministero per i beni e le attività culturali e altri (Avv. Stato) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 4 gennaio 2007, n. 40

Espropriazione - Vincolo urbanistico di localizzazione preordinato all’esproprio - Opere di interesse generale e opere idonei a soddisfare bisogni della collettività - Differenza. Le opere di interesse generale costituiscono una categoria logico-giuridica distinta rispetto a quella delle opere pubbliche, comprendendo quegli impianti ed attrezzature che, sebbene non destinati a scopi di stretta cura della P.A., siano idonei a soddisfare bisogni della collettività, ancorché vengano realizzati e gestiti da soggetti privati, come, a titolo esemplificativo, nel caso di un istituto di credito (cfr. T.A.R. Sardegna, 27.4.1984 n.233, confermata da C.d.S., Sezione V, 27.4.1988 n.268), di una discoteca (cfr. T.A.R. Piemonte, Sezione I, 29.10.1984 n.321), di una struttura sanitaria-assistenziale (cfr. T.A.R. Campania, IV Sezione, 18 marzo 2004, n.3021) o di un centro polifunzionale per lo sviluppo sociale, culturale ed assistenziale (cfr. T.A.R. Campania, IV Sezione, 20 giugno 2002, n.3628). Ne discende che, in tali ipotesi, non si è in presenza di un vincolo urbanistico di localizzazione preordinato all’esproprio ma di un vincolo di destinazione a carattere conformativo della proprietà privata, come tale posto al di fuori dello schema ablatorio e delle connesse garanzie costituzionali (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 6 ottobre 2000, n.5326; T.A.R. Puglia, Bari, Sezione II, 5 marzo 2001, n.600 e 11 gennaio 2002, n.162; T.A.R. Campania, IV Sezione, 5 aprile 2004, n.4037). Pres. Onorato, Est. Pappalardo - Soc. Immobiliare LA VILLA s.r.l. (avv. Scherillo) c. Comune Casalnuovo di Napoli (avv. Galia). T.A.R. CAMPANIA Napoli, Sez. II, 1 dicembre 2006 (9/11/2006), n. 10343 (vedi: sentenza per esteso)

Beni culturali - Espropriazione per causa di pubblica utilità - Competenza esclusiva dello Stato - Art. 95 D.Lgs. 42/2004 - Enti locali - Autorizzazione. L’esproprio per causa di pubblica utilità di beni culturali è attribuito per espressa volontà di legge (art. 95, c. 1 D.Lgs. 42/2004) alla esclusiva competenza del dello Stato, in conformità all’attribuzione esclusiva di competenza in materia prevista dall’art. 117, lett. s) della Costituzione. Il ministero può autorizzare, ai sensi dell’art. 95, c. 2, gli enti territoriali, nonché ogni altro ente o istituto pubblico, ad effettuare l’espropriazione. Ne consegue l’illegittimità dell’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio su area di interesse archeologico-culturale da parte di un Comune in difetto del prescritto nulla osta. Pres. Urbani, Est. Bucchi - B.A. e altri (avv. Spagnolo) c. Comune di Rignano Garganico (avv. Agnusdei) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 19 ottobre 2006, n. 3749

Urbanistica - Piano Regolatore Generale - vincoli di piano - vincoli di inedificabilità assoluta del suolo - vincoli preordinati all’espopriazione - efficacia di cinque anni - piani particolareggiati - piani di lottizzazione convenzionati - variante specifica - variante generale. In materia di vincoli di inedificabilità, infatti, non essendo stata abrogata, tacitamente, dalla legge 28 gennaio 1977 n. 10, trova applicazione, in tutte le ipotesi di vincoli di piano, la disposizione dell’art. 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968 n. 1187, la quale prevede che le indicazioni di Piano Regolatore Generale che assoggettino beni determinati a vincoli preordinati all’espopriazione o che comportino l’inedificabilità assoluta del suolo o, comunque, privino il diritto di proprietà del suo sostanziale valore economico, perdano efficacia qualora entro cinque anni dall’approvazione del P.R.G. non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati ovvero non siano stati autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati. Ne consegue che, decorso inutilmente il predetto termine, l’area interessata dall’atto impositivo ormai inefficace risulta sprovvista di una regolamentazione urbanistica ed il Comune è obbligato ad una nuova pianificazione dell’area rimasta non normata (cfr. Cons. Stato, Ad. Pl. 2 aprile 1984, n. 7; Cons. Stato, Sez. IV, 22 febbraio 1999, n. 209; Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6415). Nel caso di specie, il Comune di Bari, a seguito della decadenza dei vincoli urbanistici in questione gravanti sugli immobili di proprietà degli appellanti, era quindi tenuto a provvedere all’integrazione del P.R.G., divenuto parzialmente inoperante, potendosi reiterare i vincoli decaduti sia attraverso una variante specifica che una variante generale, unici strumenti che consentono all’amministrazione comunale di verificare la persistente compatibilità delle destinazioni già impresse ad aree situate nelle zone più diverse del territorio comunale rispetto ai principi informatori della vigente disciplina di piano e alle nuove esigenze di pubblico interesse. Da tale obbligo il Comune non è esonerato per l’applicabilità, nei casi in questione, della disciplina dettata dall’art. 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio 1977 n. 10, la quale ha natura provvisoria, e non può sostituirsi alla disciplina che la legge affida alle responsabili valutazioni del Comune. Consiglio di Stato - Sezione V, 1° Ottobre 2003, Sentenza n. 5675 (vedi: sentenza per esteso)

La disciplina urbanistica del piano regolatore generale - decadenza dei vincoli di piano - vincoli di inedificabilità - vincoli preordinati all’espopriazione - inerzia del Comune - interventi sostitutivi della Regione - in via giurisdizionale procedimento del silenzio-rifiuto. La disciplina urbanistica del piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale, e quindi anche i suoli rimasti privi di disciplina a seguito di sopravvenuta decadenza dei vincoli posti sugli stessi. Va ribadito, in proposito, che l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio 2 aprile 1984 n. 7, si è espressa sostenendo che “poiché i Comuni sono obbligati a dotarsi di uno strumento urbanistico generale che copra l’intero territorio, la situazione di inedificabilità conseguente alla sopravvenuta inefficacia di talune destinazioni di piano è per sua natura provvisoria, essendo destinata a durare fino all’obbligatoria integrazione del piano, divenuto parzialmente inoperante. In caso di inerzia del Comune, il privato che vi abbia interesse può promuovere gli interventi sostitutivi della Regione oppure adire in via giurisdizionale, secondo il procedimento del silenzio-rifiuto”. Consiglio di Stato - Sezione V, 1° Ottobre 2003, Sentenza n. 5675 (vedi: sentenza per esteso)

Energia - Realizzazione e gestione di centrali energetiche - Pubblica utilità - Espropriazione - Avviso di avvio del procedimento - Non occorre. Poiché la pubblica utilità della centrale e degli elettrodotti deriva direttamente dalla legge (Art. 1 della legge n. 55 del 2002), non sussiste in capo all’Amministrazione un obbligo di dare avviso di avvio del procedimento agli espropriandi. - Pres. PISCITELLO, Est. CILIBERTI - Comune di San martino in Pensilis e altri (Avv. Ruta) c. Ministero delle Attività Produttive e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) T.A.R. MOLISE, Campobasso - 28 agosto 2003, n. 659

Partecipazione all’iter procedimentale in materia espropriativa - impone la comunicazione agli interessati dell'avvio del procedimento relativo alla dichiarazione di pubblica utilità - art. 97 Cost. - natura privata dei soggetti agenti. La generale disciplina dettata dal capo III della legge n. 241 del 1990, in tema di partecipazione all’iter procedimentale, trova applicazione anche in materia espropriativa ed impone la comunicazione agli interessati dell'avvio del procedimento relativo alla dichiarazione (anche implicita) di pubblica utilità (cfr. ad es. Consiglio Stato a. plen., 15 settembre 1999, n. 14). La ratio sottesa alle norme in tema di garanzie partecipative, connessa all’attuazione dei principi di cui all'art. 97 Cost. in un sistema quindi caratterizzato dalla democraticità delle decisioni e della accessibilità dei documenti amministrativi, in cui l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire, non può ritenersi superata dalla mera conoscibilità derivante da sistemi di pubblicazione assolutamente inidonei nei confronti di soggetti direttamente incisi nell’ambito della propria sfera, personale e patrimoniale, giuridicamente rilevante. Nessun rilievo può poi attribuirsi alla natura privata dei soggetti agenti, quali concessionari ed appaltatori dell’amministrazione: infatti, se per un verso gli stessi agiscono sulla scorta di un potere derivato dall’amministrazione e regolato dalle medesime norme, per un altro ragionando in senso contrario si giungerebbe ad una soluzione la quale, oltre ad apparire irragionevole e possibile fonte di tentativi di elusione delle garanzie suddette, comporterebbe una evidente disparità di trattamento costituzionalmente censurabile. A quest’ultimo proposito, costituisce principio pacifico quello per cui, in caso di dubbi interpretativi, occorre dare prevalenza all’opzione ermeneutica conforme ai principi costituzionali (cfr. ad es. Corte costituzionale 28 maggio 1999, n. 197). Tribunale Amministrativo Regionale Liguria, sezione I, 30 Aprile 2003- sentenza n. 544

Il p.e.e.p. ha efficacia per diciotto anni dall’approvazione - procedure ablatorie - termini - «programmi pluriennali di attuazione» - l’espropriazione - presupposti - cessione delle aree in regime di proprietà - approvazione del programma o delle varianti. Il p.e.e.p. ha efficacia per diciotto anni dall’approvazione, con limitate possibilità di proroga. A tale previsione legale si collegano importanti effetti in ordine all’individuazione dei termini di inizio e completamento dei lavori e delle procedure ablatorie. Secondo un consolidato indirizzo, l’art. 13, l. n. 2359 del 1865, in materia di apposizione dei termini, non è applicabile per le espropriazioni attinenti ai piani di zona per l’edilizia economica e popolare, essendo sostituito ed assorbito dalle disposizioni che delimitano nel tempo ope legis l’efficacia dei piani stessi (cfr. sez. IV, n. 3730 del 2000 cit.; 19 gennaio 1999, n. 41; Ad. plen., 23 maggio 1984, n. 11). Stante la prolungata vigenza di tali piani, l’art. 38 l. 865/71 (come modificato dall’art. 1 d.l. 2 maggio 1974 n. 115, convertito in l. 27 giugno 1974 n. 247), prevede che l’attuazione dei piani di zona avvenga a mezzo di appositi «programmi pluriennali di attuazione» approvati con deliberazione del consiglio comunale, che è immediatamente esecutiva e soggetta al solo controllo di legittimità. Tali programmi, da approvarsi entro sei mesi dall’approvazione dei piani di zona, avendo la funzione di stabilire quali aree debbono essere espropriate in un determinato arco di tempo, costituiscono presupposto indispensabile per l’espropriazione, non fosse altro perché l’art. 5 l. 247/74 attribuisce alla pubblicazione e notificazione della deliberazione che li approva gli effetti della notifica agli espropriandi e della notizia al pubblico, previsti dall’art. 10 l. 865/71. Essi devono indicare: l’estensione delle aree di cui si prevede l’utilizzazione e la relativa urbanizzazione; l’individuazione delle aree da cedere in proprietà e di quelle da concedere in superficie; la spesa prevista per la realizzazione delle opere di urbanizzazione e di quelle a carattere generale; i mezzi generali con i quali far fronte alla spesa. I programmi sono aggiornati annualmente con apposita variante, che segue il medesimo procedimento. In assenza del programma, l’utilizzazione delle aree può avvenire esclusivamente con diritto di superficie. Sono previsti poteri sostitutivi della regione (nomina di commissario ad acta) qualora il comune non provveda all’approvazione del programma o delle varianti. Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 38 della l. n. 865 del 1971, la mancanza del programma pluriennale di attuazione non si configura come limite al corretto esercizio della procedura espropriativa delle aree comprese nei piani approvati, bensì soltanto come impedimento alla cessione delle aree in regime di proprietà, dovendo la loro utilizzazione avvenire esclusivamente in regime di superficie (cfr. sez. IV, 18 marzo 1997, n. 255). Qualora il comune adotti un programma pluriennale di attuazione, costituisce contenuto indefettibile dello stesso a mente dell’art. 38, lett. b), l. n. 865 del 1971, l’individuazione delle aree da cedere in proprietà e di quelle da concedere in superficie, salvo che l’amministrazione non vi abbia provveduto in sede di redazione dell’intero piano di edilizia popolare; in difetto di tale individuazione, non è possibile invocare la norma sancita dall’ultimo comma del medesimo articolo, che si applica solo in assenza del programma o della individuazione effettuata in sede preventiva. Consiglio di Stato, Sezione IV, 25 marzo 2003 Sentenza n. 1545 (vedi: sentenza per esteso)

P.e.e.p - espropriazione - (il c.d. esproprio sanzionatorio) - prelazione dei proprietari di aree incluse in un piano di zona per l'edilizia economica e popolare - l'assegnazione ad una cooperativa edilizia di un'area espropriata (o comunque da espropriare) - illegittimità. A differenza del piano regolatore particolareggiato, nel cui meccanismo di attuazione l’espropriazione delle aree non destinate alla localizzazione dei servizi pubblici è solo eventuale, nel caso di p.e.e.p., l’espropriazione di tutte le aree incluse in esso diviene il meccanismo di attuazione ordinario e necessario del piano: mentre infatti le trasformazioni previste dal p.r.p. sono lasciate alla decisione dei proprietari, pur obbligati, e l’espropriazione è subordinata alla loro inerzia (c.d. esproprio sanzionatorio), ai fini dell’attuazione del p.e.e.p. è stabilito che tutte le aree incluse nel piano approvato siano comunque espropriate dai comuni o dai loro consorzi (art. 20 l. 167/62, come modificato dall’art. 35 l. 865/71). A seguito dell’esproprio generalizzato di tutte le aree previste nel p.e.e.p., il comune ne diviene dunque proprietario, e le può cedere in proprietà ai soggetti indicati nell’art. 10, 10° comma, l. 167/62 (disposizione la cui categoricità è stata attenuata nel corso del tempo, dandosi la possibilità ai soggetti incaricati dell’attuazione degli interventi di acquisizione delle aree occorrenti, in nome e per conto dei comuni), o costituire su di esse un diritto reale di superficie a favore di quei soggetti che s’impegnino ad attuare le previsioni del piano. L'art. 35, comma undicesimo, della legge n. 865 del 1971 configura una prelazione dei proprietari di aree incluse in un piano di zona per l'edilizia economica e popolare ai soli fini dell'assegnazione in proprietà (e non in superficie) dell'area e non in relazione a un'area determinata. Sono illegittime, pertanto, le deliberazioni comunali concernenti l'assegnazione ad una cooperativa edilizia di un'area espropriata (o comunque da espropriare) in quanto ricompresa nel piano da destinare alla edilizia economica e popolare, ove il proprietario, in violazione dell'implicito disposto dell'art. 35, undicesimo comma, della legge 22 ottobre 1971 n. 865, non sia stato posto in condizione di esercitare la propria situazione giuridica soggettiva di preferenza nell'assegnazione (concretantesi in un interesse legittimo), mediante la possibilità di partecipazione al relativo procedimento, avendo il comune omesso di fornirgli preventivamente - in occasione di tale specifico procedimento - la notizia della scelta fatta e dell'assegnazione prevista (cfr. sez. IV, 26 novembre 2001, n. 5940; 4 maggio 1984, n. 309). Consiglio di Stato, Sezione IV, 25 marzo 2003 Sentenza n. 1545 (vedi: sentenza per esteso)

Determinazione dell'indennizzo per un'eventuale espropriazione - vincolo di inedificabilità contenuto in un piano territoriale paesistico - regime imposto su di esso dalla disciplina urbanistica - pianificazione paesistica. Il vincolo di inedificabilità contenuto in un piano territoriale paesistico, che rivela una qualità insita nel bene, sì che la proprietà su di esso è da intendere limitata fin dall'origine, è da considerare vincolo conformativo, non soggetto a decadenza, che incide sul valore del bene in sede di determinazione dell'indennizzo per un'eventuale espropriazione, tanto da rendere irrilevante la definizione, sempre ai fini della valutazione del bene, del regime imposto su di esso dalla disciplina urbanistica, che comunque è tenuta a uniformarsi alla pianificazione paesistica (Corte cost. 13 luglio 1990 n. 327; Corte cost. 9 maggio 1968 n. 55 e 56). Cassazione civile, sez. I, 19 luglio 2002, n. 10542

L'Istituto della prelazione, da parte dell'Amministrazione, sulle cose di interesse storico, artistico ed archeologico di proprietà privata - potestà autoritativa a carattere ablatorio - l'incertezza nell'identificazione dell'autore dell'opera assoggettata a vincolo. L'Istituto della prelazione sulle cose di interesse storico, artistico ed archeologico di proprietà privata differisce nettamente dall'omonimo istituto civilistico, costituendo tipica espressione di potestà autoritativa a carattere ablatorio, in quanto la p.a. non acquista la proprietà attraverso un mero rapporto negoziale, subentrando nella regolamentazione giuridica posta in essere dai privati, bensì attraverso un provvedimento amministrativo a contenuto sostanzialmente espropriativo, come tale idoneo a degradare le posizioni soggettive dei privati contraenti al rango di meri interessi legittimi: il radicarsi della giurisdizione amministrativa discende dall'ordinaria applicazione dei consueti criteri di riparto. Sulla scorta delle medesime ragioni va respinto il motivo di appello inteso a sostenere, in una prospettiva erroneamente civilistica della vicenda de qua, l'inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto in capo all'odierna società appellata di una posizione di autentico interesse legittimo al corretto esercizio della potestà di prelazione. Ciò posto, preme in linea di principio osservare che l'incertezza nell'identificazione dell'autore dell'opera assoggettata a vincolo non è di per se sola idonea a decretare l'illegittimità dell'atto di esercizio della prelazione, salva l'ipotesi in cui risulti, sulla scorta di significativi elementi, l'importanza determinante giocata dalla considerazione dell'esatta identità dello stesso autore in sede di apprezzamento del particolare interesse artistico del bene sottoposto a tutela: in assenza di tali condizioni, una diversa percezione dell'identità dell'autore, maturata sulla scorta dei successivi studi scientifici, non incidendo in modo significativo sull'effettive caratteristiche del bene già considerate dall'Amministrazione, non costituisce fattore ostativo all'azionabilità della potestà di prelazione, né tanto meno impone una rinnovazione del procedimento inteso all'imposizione del vincolo. Consiglio di Stato - sezione VI, 8 aprile 2002 sent. n. 1899.

Avviso di deposito degli atti relativi al procedimento di espropriazione - notifica ai proprietari del terreno - risultanze catastali - l'Amministrazione, non è tenuta ad alcuna indagine ulteriore finalizzata ad accertare l'identità di coloro che sono effettivamente proprietari dei terreni. L'art. 10 della l. 22 ottobre 1971, n. 865, stabilisce che l'avviso di deposito degli atti relativi al procedimento di espropriazione deve essere fatto a coloro che risultino proprietari del terreno sulla base delle risultanze catastali; l'Amministrazione, quindi, non è tenuta ad alcuna indagine ulteriore finalizzata ad accertare l'identità di coloro che sono effettivamente proprietari dei terreni, ma deve limitarsi a prendere in considerazione quanto viene indicato nei registri catastali, senza che per ciò risulti compromessa la legittimità della procedura (Cons. Stato, sez. V, 10 luglio 2000, n. 3850; sez. IV. 22 maggio 2000, n. 2940 e 18 maggio 1998, n.822). Le stesse considerazioni valgono per la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento di cui agli artt. 7 ss., l. 7 agosto 1990, n. 241. Consiglio di Stato Sezione IV del 28 febbraio 2002 n. 1200.

Esclusione d'indennizzabilità - vincoli incidenti con carattere di generalità ed obiettività su intere categorie di beni - i vincoli derivanti da limiti non ablatori - i vincoli che non superano sotto il profilo quantitativo la normale tollerabilità - patologia della reiterazione amministrativa di vincoli urbanistici. E' stato precisato che restano fuori dall'area dell'indennizzabilità: i vincoli incidenti con carattere di generalità ed obiettività su intere categorie di beni, ivi compresi i vincoli ambientali paesistici; i vincoli derivanti da limiti non ablatori posti normalmente nella pianificazione urbanistica, i vincoli comunque estesi derivanti da destinazioni realizzabili anche attraverso l'iniziativa privata in regime di economia di mercato, i vincoli che non superano sotto il profilo quantitativo la normale tollerabilità e i vincoli non eccedenti la durata (periodo di franchigia) ritenuta ragionevolmente sopportabile. L'adunanza plenaria di questo Consiglio (con la decisione 22 dicembre 1999 n. 24, pur essa già più volte citata) ha coerentemente statuito che l'amministrazione nel reiterare vincoli urbanistici preordinati all'espropriazione dovrebbe prevedere il relativo indennizzo, con la conseguenza che sono illegittimi i provvedimenti urbanistici nella parta in cui omettono tale previsione (C.d.S., sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2934; 27 novembre 2000 n. 6309). E' stato infatti già ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999, ha affermato che la reiterazione amministrativa di vincoli urbanistici di tipo espropriativo implicanti inedificabilità assume carattere patologico per la semplice assenza di previsione di indennizzo quando, anche se giustificata sul piano della programmazione, sia indefinita o quando il limite temporale sia indeterminato e quindi irragionevole, con la precisazione che l'obbligo di indennizzo opera soltanto una volta trascorso il tollerabile primo periodo di franchigia fissato dalla legge. Consiglio Stato Sez. IV, 06 febbraio 2002, n. 664. (vedi: sentenza per esteso)

La reiterazione di vincoli (urbanistici) comporta necessariamente un indennizzo separato e distinto rispetto alla pretesa indennitaria - l'illegittimità da parte della P.A. di reiterare i vincoli, scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità - principio della alternatività tra temporaneità dei vincoli urbanistici preordinati alla espropriazione o sostanzialmente ablativi e obbligo di indennizzo. Risulta costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 4 comma 3 cost., l'art. 52 comma 1 d.P.R. 6 marzo 1978 n. 218, nella parte in cui consente all'amministrazione di reiterare i vincoli, scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo. Nella successiva elaborazione giurisprudenziale del principio della alternatività tra temporaneità dei vincoli urbanistici preordinati alla espropriazione o sostanzialmente ablativi e obbligo di indennizzo, la Corte ha sviluppato l'iter interpretativo della garanzia costituzionale in materia espropriativa, aggiungendo una ulteriore affermazione di principio, derivata dall'art. 42 cost., secondo cui, per gli anzidetti vincoli (urbanistici) espropriativi, la reiterazione comporta necessariamente un indennizzo - separato e distinto rispetto alla pretesa indennitaria - diretto al ristoro del pregiudizio causato dal protrarsi della durata, per tutti i casi in cui può essere ammessa la reiterazione (o la proroga) dei vincoli c.d. espropriativi, deve essere dichiarata la illegittimità costituzionale non dell'intero complesso che consente la reiterazione dei vincoli stessi, ma esclusivamente della mancata previsione di indennizzo, che deve essere riferito alla permanenza del vincolo oltre i limiti di durata non irragionevoli fissati dal legislatore, come periodo di franchigia, riconducibili alla normale sopportabilità. Corte costituzionale, 18 dicembre 2001, n. 411

Partecipazione del privato al procedimento amministrativo. Il principio è applicabile anche ai procedimenti ablativi per occupazione d'urgenza. La L. 241/90 sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo consente al privato di partecipare al procedimento prima dell'inizio dei lavori e della ablazione degli immobili, né può sostenersi che la generica dichiarazione di indifferibilità e urgenza sia idonea ad esonerare l'Amministrazione dal suddetto onere. Il principio del contraddittorio in tema di procedimento amministrativo, introdotto dalla legge 241 del 1990 impone l'obbligo della partecipazione al procedimento dei soggetti incisi dall'atto finale ovvero l'intervento dei soggetti che comunque possano riceverne un pregiudizio. Tale principio si pone dunque come momento essenziale nell'esercizio dell'attività autoritativa della P.A., tendenzialmente finalizzato alla realizzazione del giusto procedimento e della trasparenza, e pertanto preordinato al concreto raggiungimento di quel coordinamento dell'interesse pubblico con gli interessi dei soggetti privati coinvolti, che permette la realizzazione dei fini istituzionali dell'ente pubblico con il minor sacrificio possibile delle situazioni giuridiche soggettive dei privati. A tal proposito la giurisprudenza, nell'interpretare l'impianto normativo costituito dagli artt. 7 e 8 della legge 241/90, ha avuto più volte occasione di affermare che il principio della partecipazione del privato all'azione amministrativa ha una portata di carattere generale che non ammette deroghe se non nei casi espressamente previsti ed ancora, sia pure dopo una iniziale oscillazione, che il suddetto principio è comunque applicabile anche ai procedimenti ablativi per occupazione d'urgenza, ancorché per gli stessi procedimenti siano già previste dagli artt. 10 e 11 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 specifiche forme di pubblicità (v. ad es. Cons. Stato, IV, 30.04.1999, n. 753). TAR Lazio, SEZ. I TER - Sentenza 28 luglio 2001 n. 6851

Necessità della effettiva disponibilità del bene alternativo da parte del comune - disponibilità esclusa quando non si abbia fatto la stipula della donazione dopo oltre sette anni. Ai fini della valutazione, da parte dell'amministrazione comunale, della convenienza per i fini pubblici di un bene offerto in alternativa ad un bene oggetto della procedura espropriativa, è necessario che il comune possa contare sull'effettiva disponibilità dello stesso; tale disponibilità deve essere esclusa nell'ipotesi in cui all'offerta condizionata di un fondo alternativo non abbia fatto seguito la stipula del contratto di donazione dopo oltre sette anni. Consiglio di Stato Sez. IV, 24 febbraio 2000, n. 1010

Questione di legittimità costituzionale - il principio della necessaria congruità dell'indennizzo espropriativo - principio di eguaglianza - E' rilevante e non manifestamente infondata - in riferimento agli art. 42 e 3 cost.. La q.l.c. dell'art. 16, comma 1, d.lg. 30 dicembre 1992 n. 504 (recante disposizioni per il riordino della finanza degli enti territoriali a norma dell'art. 4 l. 23 ottobre 1992 n. 421) nella parte in cui prevede che in caso di espropriazione di area fabbricabile l'indennità è ridotta ad un importo pari al valore indicato nell'ultima dichiarazione o denuncia presentata dall'espropriato ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili, qualora il valore dichiarato risulti inferiore all'indennità di espropriazione determinata secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti atteso che non è coerente con il principio della necessaria congruità dell'indennizzo espropriativo (art. 42 cost.) e con quello di eguaglianza (art. 3 cost.) la previsione, per la quantificazione dell'indennità suddetta, di un criterio avulso dalle caratteristiche essenziali del bene e privo di alcun riferimento all'effettivo valore venale del bene espropriato. Cass. civ., sez. I ord., 18 febbraio 2000, n. 196

Espropriazione parziale - perdita di valore della zona residua - tutela del privato. In ipotesi espropriazione parziale di un fondo, la perdita di valore della zona residua che resta in proprietà del privato trova tutela non nell'art. 46 della l. n. 2359 del 1865 (che prevede un indennizzo a favore di chi, pur non avendo subito l'espropriazione, riceve pregiudizio dall'esecuzione o dall'esercizio legittimo dell'opera pubblica), bensì in base alla disposizione dell'art. 40 della stessa legge, la quale prevede che, in sede d'opposizione alla stima, si deve tener conto della diminuzione dell'area residua. Tale ultima disposizione ha portata e caratteri generali e si applica, pertanto, anche all'espropriazioni di aree (sia agricole che edificabili) per le quali leggi diverse impongano criteri indennitari del tutto o in parte indipendenti dal valore di mercato del bene. Cassazione civile, sez. I, 18 febbraio 2000, n. 1806

Il principio fondamentale in tema di legittimazione passiva nelle controversie concernenti l'indennità di esproprio - parte del rapporto espropriativo è il soggetto espropriante a cui vantaggio è pronunciato il decreto di esproprio. Il principio fondamentale in tema di legittimazione passiva nelle controversie concernenti l'indennità di esproprio, ove vi sia stata delega al compimento, oltre che dei lavori, degli atti procedimentali, è che parte del rapporto espropriativo è il soggetto espropriante a cui vantaggio è pronunciato il decreto di esproprio, come nel caso dell'espropriazione di suoli per la realizzazione di programmi per l'edilizia economica e popolare, in cui il soggetto pubblico o privato svolge la procedura espropriativa "in nome e per conto" dell'ente beneficiario dell'espropriazione, e allora grava su quest'ultimo l'obbligo di corrispondere l'indennità e la conseguente legittimazione passiva nel giudizio di opposizione alla stima. Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2000, n. 467

Determinazione dell'indennità di espropriazione - valutazione del area espropriata in base al P.R.G.. Ai fini della determinazione dell'indennità d'espropriazione, la valutazione dell'area espropriata (avente, nella specie, attitudine edificatoria in base al P.R.G.), prescinde dall'eventuale sua inclusione in un piano di sviluppo industriale, trattandosi di un vincolo che, essendo preordinato all'esproprio, non ha natura conformativa.Cassazione civile, sez. I, 15 gennaio 2000, n. 425

Espropriazione parziale - determinazione dell'indennità - asservimento - limitazione della libera disponibilità del proprietario. In materia di espropriazione parziale, non rileva ai fini della determinazione dell'indennità l'asservimento della porzione espropriata conseguente all'esaurimento degli indici di fabbricabilità nel fondo residuo; infatti, l'asservimento che concreta la cessione di cubatura costituisce un vincolo convenzionale del quale, nello stimare il terreno, occorre tener conto - così come di tutti i vincoli non preordinati all'esproprio che ne limitano la libera disponibilità - solo in caso di diversa appartenenza del terreno avvantaggiato e di quello asservito; diversamente, nel caso di appartenenza a un solo proprietario, è la vocazione edificatoria del complesso che deve essere presa in considerazione, rimanendo irrilevanti le modalità concrete con cui la proprietà ha ritenuto di utilizzarlo. Cassazione civile, sez. I, 11 dicembre 1999, n. 13874

Erronea determinazione dei beni espropriabili - invalidità del procedimento quando si risolve in un errore sulla loro individuazione - negli altri casi rileva ai fini della quantificazione della relativa indennità. Nell'espropriazione per pubblico interesse, l'erronea determinazione dei beni da espropriare inficia la validità del relativo procedimento quando si risolve in un errore sulla loro individuazione, sì che l'azione amministrativa ne risulti fuorviata. Negli altri casi tale errore rileva ai fini della quantificazione della relativa indennità. L'indicazione catastale contenuta nel provvedimento di espropriazione non è, infatti, diretta ad accertare rigorosamente la proprietà del fondo al fine di qualificarne il regime giuridico ma ad individuare il titolare del bene nei cui confronti opera l'effetto ablativo, e che ha diritto alla percezione dell'indennità. Consiglio di Stato (Sez. IV), 26 ottobre 1999, n. 1628

Espropriazione per pubblica utilità - determinazione del valore di mercato dell'area espropriata - incidenza dei vincoli fissati dagli strumenti urbanistici e dalle relative varianti. In tema di espropriazione per pubblica utilità, ai fini della determinazione del valore di mercato dell'area espropriata, deve tenersi conto dell'incidenza dei vincoli fissati dagli strumenti urbanistici, e dalle relative varianti, nell'ambito della zonizzazione del territorio, poichè essi afferiscono in via generale al regime giuridico di tutti i beni compresi in una medesima zona, i quali vengono assoggettati ad una preventiva conformazione e ad un particolare statuto urbanistico, che non costituisce espressione di un'attività discrezionale della p.a., ma attiene a tutti i suoli compresi in una determinata zona del piano regolatore. Cassazione civile, sez. I, 29 aprile 1999, n. 4320

Costituzionalità delle leggi regionali che legano parte dei poteri di espropriazione ad organi locali. L'attribuzione alle regioni del potere di disporre l'espropriazione e l'occupazione d'urgenza di beni privati, in determinati casi non contrasta con la Costituzione, e neppure sono incostituzionali le leggi regionali che legano parte di quei poteri ad organi locali. Tribunale Superiore delle Acque, 23 aprile 1999, n. 54

La valutazione circa la compatibilità della modificazione di beni espropriandi con il vincolo paesaggistico sugli stessi gravante non può essere effettuata dall'amministrazione espropriante. La valutazione circa la compatibilità della modificazione di beni espropriandi con il vincolo paesaggistico sugli stessi gravante non può essere effettuata dall'amministrazione espropriante, ma deve necessariamente conseguire all'apprezzamento tecnico-discrezionale dell'autorità preposta alla tutela del vincolo ed alla cui esclusiva competenza la valutazione afferisce. Consiglio di Stato Sez. IV, 16 marzo 1999, n. 282

Il proprietario ha diritto ad un indennizzo per il diminuito godimento dell'immobile asservito - anche se non è stato occupato dalla p.a. e anche se non ha perso totalmente la disponibilità ed il possesso. Il proprietario ha diritto ad un indennizzo per il diminuito godimento dell'immobile asservito anche con riferimento al periodo della realizzazione dell'opera pubblica asservente, e ciò in forza della previsione di cui all'art. 46 della legge n. 2359 del 1865, ed anche se l'immobile non sia stato occupato dalla P.A. ed anche se il proprietario non ne abbia perso totalmente la disponibilità ed il possesso. Cassazione civile, sez. unite, 16 marzo 1999, n. 144

Espropriazione parziale - indennità - copertura di ogni danno diretto e indiretto conseguente all'esproprio. In tema di espropriazione parziale, l'indennità concordata tra le parti ai sensi dell'art. 40 della l. n. 2359 del 1865 copre ogni danno, diretto ed indiretto, conseguente all'esproprio, quali, ad esempio, quello derivante dall'interclusione e/o divisione del suolo dell'espropriato, ovvero dalla perdita di accesso alla zona rimasta interclusa a seguito della realizzazione dell'opera di pubblica utilità sulla parte di fondo all'uopo occupata, ovvero, ancora (come nella specie) derivante dallo smottamento conseguente all'afflusso delle acque pluviali dalla zona a monte nell'altra a valle dell'area parzialmente espropriata dopo l'attraversamento della strada (per la cui realizzazione si procedette ad esproprio), sempre che tali danni derivino dalla divisione del terreno e dalla costruzione dell'opera pubblica tout court. Cassazione civile, sez. I, 6 marzo 1999, n. 1928

Conosciuto il proprietario effettivo del fondo da occupare l'Amministrazione deve notificare a lui l'avviso d'immissione in possesso - principio generale della correttezza. L'amministrazione, una volta conosciuto il proprietario effettivo del fondo da occupare, deve notificare a lui l'avviso d'immissione in possesso, ancorchè la legge si limiti ad imporre la notificazione al proprietario secondo le risultanze catastali, trovando applicazione il principio generale della correttezza. Consiglio di Stato Sez. IV, 15 febbraio 1999, n. 157

L'esproprio generalizzato costituisce una facoltà per l'amministrazione - prima di dar corso all'esproprio il Comune è obbligato a valutare la coerenza del fabbricato esistente. Poiché l'esproprio generalizzato costituisce una facoltà e non un obbligo per l'amministrazione, sussiste l'obbligo del Comune, prima di dar corso all'esproprio, di valutare la coerenza del fabbricato esistente - semprechè munito di conformità edilizia - con l'intervento nel suo complesso o suggerire le eventuali modifiche per assicurare siffatta conformità, ovvero la serietà e la fattibilità dell'intervento proposto dal privato a realizzare gli obiettivi prefissi dalla legge alla risistemazione del comprensorio nel suo insieme. Consiglio di Stato (Sez. IV), 8 febbraio 1999, n. 124

Espropriazione di bene indiviso - opposizione del singolo comproprietario. Nel caso di espropriazione di bene indiviso, l'opposizione del singolo comproprietario avverso la stima effettuata in via amministrativa è idonea ad estendere il giudizio all'intero diritto, anche a beneficio dei non opponenti, che del primo non sono litisconsorti necessari. Cassazione civile, sez. I, 11 gennaio 1999, n. 184

L'ente espropriante deve tener conto delle indicazione alternative offerte dal proprietario - sussistenza dell'obbligo dell'amministrazione di valutare gli elementi offerta e di motivare in ordine ad essi. Costituisce principio pacifico in tema di espropriazione per pubblica utilità quello secondo il quale l'ente espropriante, pur nel carattere discrezionale della scelta dei terreni da espropriare, deve tenere conto delle indicazioni alternative offerte dal proprietario, atteso che comunque sussiste l'obbligo dell'amministrazione di valutare gli elementi ad essa offerti e di motivare in ordine ad essi. Cons. Giustizia Amministrativa Sicilia, sez. Consult., 14 giugno 1999, n. 271

 

 

Autorizzazione - annullamento - avviso e comunicazione - notifica - delega - revoca...    ^

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità e occupazione di urgenza - Procedura di espropriazione per pubblica utilità - Annullamento - Realizzazione dell’opera pubblica - Area irreversibilmente trasformata - Diritto del proprietario - Acquisizione c.d. “sanante” ex art. 43 t.u. d.P.R. n.327/2001. Nel caso di annullamento giurisdizionale degli atti inerenti alla procedura di espropriazione per pubblica utilità (dichiarazione di pubblica utilità e occupazione di urgenza) il proprietario può chiedere - mediante il giudizio di ottemperanza - la restituzione del bene piuttosto che il risarcimento del danno per equivalente monetario, anche se l’area è stata irreversibilmente trasformata a seguito della realizzazione dell’opera pubblica. L’unico rimedio riconosciuto dall’ordinamento alla pubblica amministrazione per evitare la restituzione dell’area è la emanazione di un (legittimo) provvedimento di acquisizione c.d. “sanante” ex art. 43 t.u. sulle espropriazioni per pubblica utilità approvato con d.P.R. 8 giugno 2001 n.327, in assenza del quale l’amministrazione non può addurre la intervenuta realizzazione dell’opera pubblica quale causa di impossibilità oggettiva e quindi come impedimento alla restituzione (C. Stato, a.plen., 29/04/2005, n.2). Pres. Cossu - Est. De Felice - Agazzani ed altri (avv.ti Ceruti e Petretti) c. Provincia di Mantova (avv.ti Sperati e Colombo). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 3/09/2008 (Ud. 15/07/2008), Sentenza n. 4114

ESPROPRIAZIONE - Giudizio di ottemperanza - Domanda di restituzione del bene - Acquisizione sanante ex art. 43 DPR n. 327/2001. Anche in sede di giudizio di ottemperanza trova applicazione la disposizione dell’art. 43 del DPR 327 del 2001 che, in caso di apprensione e modifica di “res sine titulo” o con titolo annullato, consente la possibilità di neutralizzare la domanda di restituzione del bene proprio e solo con l’adozione di un atto formale preordinato alla acquisizione del bene medesimo (con corresponsione di quanto spettante a titolo risarcitorio) ovvero con la speciale domanda giudiziale formulata nel giudizio in questione ai sensi dello stesso articolo 43 (Consiglio Stato, a.plen., 29 aprile 2005, n.2). In questi casi, quando interviene l’atto formale in via amministrativa di acquisizione sanante, la domanda di restituzione formulata con il ricorso in sede di ottemperanza va dichiarata improcedibile. Pres. Cossu - Est. De Felice - Agazzani ed altri (avv.ti Ceruti e Petretti) c. Provincia di Mantova (avv.ti Sperati e Colombo). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 3/09/2008 (Ud. 15/07/2008), Sentenza n. 4114

Espropriazione per causa di pubblica utilità - Competenza esclusiva dello Stato - Art. 95 D.Lgs. 42/2004 - Enti locali - Autorizzazione. L’esproprio per causa di pubblica utilità di beni culturali è attribuito per espressa volontà di legge (art. 95, c. 1 D.Lgs. 42/2004) alla esclusiva competenza del dello Stato, in conformità all’attribuzione esclusiva di competenza in materia prevista dall’art. 117, lett. s) della Costituzione. Il ministero può autorizzare, ai sensi dell’art. 95, c. 2, gli enti territoriali, nonché ogni altro ente o istituto pubblico, ad effettuare l’espropriazione. Ne consegue l’illegittimità dell’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio su area di interesse archeologico-culturale da parte di un Comune in difetto del prescritto nulla osta. Pres. Urbani, Est. Bucchi - B.A. e altri (avv. Spagnolo) c. Comune di Rignano Garganico (avv. Agnusdei) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 19 ottobre 2006, n. 3749

Espropriazione - annullamento di atti espropriativi - la reintegrazione in forma specifica - giudizio di ottemperanza per la soddisfazione dell'interesse oppositivo - l'interesse pubblico e l'interesse privato - metodi di protezione. La reintegrazione in forma specifica è solo una delle possibili forme di risarcimento. In particolare, la circostanza che l'opera pubblica sia stata costruita interamente e che i lavori abbiano dato luogo alla strada comunale risulta di ostacolo all'accoglimento della domanda di reintegrazione in forma specifica, essendo in ciò ravvisabili gli estremi contemplati dagli articoli 2058 e 2933 del Cod. civ.. Si tratta, in altri termini, di una disposizione che sovrappone l'interesse pubblico all'interesse privato e che si riflette sui metodi di protezione diretta dei diritti, che il giudice amministrativo ha già utilizzato al fine di delimitare l'ambito di espansione del giudizio di ottemperanza per la soddisfazione dell'interesse oppositivo, sempre in materia di annullamento di atti espropriativi (Cons. Stato, sez. V, 12 luglio 1996, n. 874). Venendo, così, a cadere qualsiasi nesso di consequenzialità ed automaticità tra giudicato di cui si tratta e soddisfazione della domanda restitutoria, svolta in executivis dai ricorrenti nell’ambito del presente giudizio di ottemperanza, cade anche qualsiasi ragione ostativa alla applicazione dell’art. 43 T.U. nel medesimo giudizio. TAR EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I - 27 ottobre 2003 sentenza n. 2160 (vedi: sentenza per esteso)

Omessa comunicazione dell'avviso di inizio del procedimento relativo ad approvazione di un progetto di opera pubblica con dichiarazione implicita di pubblica utilità ed indifferibilità - l'urgenza qualificata. In tema di omessa comunicazione dell'avviso di inizio del procedimento relativo ad approvazione di un progetto di opera pubblica con dichiarazione implicita di pubblica utilità ed indifferibilità, l'urgenza che caratterizza il procedimento deve essere qualificata, ed emergere dal provvedimento conclusivo dello stesso, non promanando ex se dal normotipo astratto. Massima Uff. C.d.S. - Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4230

L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità - effetti. L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità ha efficacia caducante nei confronti del decreto di espropriazione. Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040 (vedi: sentenza per esteso)

L’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa - l’indennità di esproprio a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla stima con sentenza passata in giudicato - accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità. L’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa. (Consiglio di Stato IV, 11 aprile 2002 n. 1986) Tale principio è applicabile anche nell’ipotesi in cui l’indennità di esproprio risulti accertata a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla stima con sentenza passata in giudicato. Non sussiste, in tal caso, come deduce l’appellante, una incompatibilità tra giudicati - quello sulla stima e quello sulla legittimità degli atti della procedura - atteso che il giudizio sulla stima non presuppone la legittimità degli atti della procedura, ma solo la loro esistenza; mentre, in caso di accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità si convertirà in acconto sul maggior danno eventualmente ritenuto spettante (conf. Cass. 9 settembre 1993 n. 9448). Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040 (vedi: sentenza per esteso)

Partecipazione all’iter procedimentale in materia espropriativa - impone la comunicazione agli interessati dell'avvio del procedimento relativo alla dichiarazione di pubblica utilità - art. 97 Cost. - natura privata dei soggetti agenti. La generale disciplina dettata dal capo III della legge n. 241 del 1990, in tema di partecipazione all’iter procedimentale, trova applicazione anche in materia espropriativa ed impone la comunicazione agli interessati dell'avvio del procedimento relativo alla dichiarazione (anche implicita) di pubblica utilità (cfr. ad es. Consiglio Stato a. plen., 15 settembre 1999, n. 14). La ratio sottesa alle norme in tema di garanzie partecipative, connessa all’attuazione dei principi di cui all'art. 97 Cost. in un sistema quindi caratterizzato dalla democraticità delle decisioni e della accessibilità dei documenti amministrativi, in cui l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire, non può ritenersi superata dalla mera conoscibilità derivante da sistemi di pubblicazione assolutamente inidonei nei confronti di soggetti direttamente incisi nell’ambito della propria sfera, personale e patrimoniale, giuridicamente rilevante. Nessun rilievo può poi attribuirsi alla natura privata dei soggetti agenti, quali concessionari ed appaltatori dell’amministrazione: infatti, se per un verso gli stessi agiscono sulla scorta di un potere derivato dall’amministrazione e regolato dalle medesime norme, per un altro ragionando in senso contrario si giungerebbe ad una soluzione la quale, oltre ad apparire irragionevole e possibile fonte di tentativi di elusione delle garanzie suddette, comporterebbe una evidente disparità di trattamento costituzionalmente censurabile. A quest’ultimo proposito, costituisce principio pacifico quello per cui, in caso di dubbi interpretativi, occorre dare prevalenza all’opzione ermeneutica conforme ai principi costituzionali (cfr. ad es. Corte costituzionale 28 maggio 1999, n. 197). Tribunale Amministrativo Regionale Liguria, sezione I, 30 Aprile 2003- sentenza n. 544

L'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento - dichiarazione di pubblica utilità. Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, l'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento, ai sensi del predetto art.7, sussiste anche in caso di dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione del progetto di opera pubblica (cfr., sul punto, Cons. St., Ad. Plen., 15 settembre 1999, n.14; C.G.A., 22 dicembre 1999, n.658; Cons. St., IV, 14 giugno 2001, n.3169). Consiglio di Stato, Sezione IV - 11 febbraio 2003 - Sentenza n. 736

Annullamento in sede giurisprudenziale di un decreto di occupazione d'urgenza - l'ottemperanza del giudicato - la restituzione del fondo - limiti - accessione invertita - impossibilità di "conversione" del giudizio di ottemperanza in giudizio di cognizione. Annullato in sede giurisprudenziale un decreto di occupazione d'urgenza, il privato può ottenere dal giudice dell'ottemperanza la restituzione del fondo solo qualora lo stesso non sia stato irreversibilmente modificato e quindi acquisito alla mano pubblica ( tra le più recenti: C.d.S. IV: Sez. 3 aprile 2001, n.1911; IV Sez.: 11 luglio 2001, n.3882). D'altra parte, come affermato costantemente dalla suprema Corte di Cassazione, l'irreversibile trasformazione dell'immobile del privato, presupposto dell'acquisto alla mano pubblica per accessione invertita, non ricorre solo nel caso di realizzazione ex novo di una costruzione, ma anche laddove l'intervento pubblico abbia inciso definitivamente, attraverso la destinazione all'uso pubblico, sulla funzione originaria del bene (ex multis: Cass. Civ., SS. UU. 15 luglio 1999, n.394; Cass. Civ., Sez.I, 3 maggio 2000, n.5513). Né sarebbe possibile una eventuale "conversione" del giudizio di ottemperanza in giudizio di cognizione, in quanto ciò si risolverebbe in una violazione del doppio grado di giudizio (cfr.C.d.S. Sez. VI, 27 marzo 2001, n.1774). Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6078

La domanda di risarcimento del danno per illegittima occupazione o per annullamento di atti espropriativi - procedura. Va escluso che la domanda di risarcimento del danno per illegittima occupazione o per annullamento di atti espropriativi possa venire per la prima volta formulata in sede di ricorso per l'esecuzione del giudicato, essendo una domanda del tutto nuova, che, come tale, è si proponibile, ma è soggetta all'ordinario vaglio- articolato su due gradi di giudizio- del giudice della cognizione, il quale dovrà in primo luogo verificare il fondamento della domanda risarcitoria con riferimento all'effettiva sussistenza, nell'an, di un danno patrimoniale risarcibile e, successivamente, per quanto possibile in tale sede, " stabilire i criteri in base ai quali l'Amministrazione o il gestore del pubblico servizio devono proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine" (art. 35, comma 2°, dec. leg.vo 31 marzo 1998, n.80). Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6078

Se manca l'autorizzazione e la dichiarazione di P.U., il privato proprietario danneggiato può richiedere, oltre al risarcimento dei danni sofferti nell'ultimo quinquennio anteriore alla domanda, anche la rimozione dell'impianto e la "restitutio in integrum" - c.d. occupazione acquisitiva - ipotesi di "occupazione usurpativa". L'annullamento dell'atto avente valore di dichiarazione di pubblica utilità comporta l'applicazione dell'orientamento sancito dalla giurisprudenza della Cassazione, secondo il quale l'apprensione "sine titulo" di un suolo di proprietà privata occorrente per l'impianto di un elettrodotto - sia che la realizzazione dell'opera non sia stata autorizzata dalla competente autorità, sia che non sia assistita da declaratoria di p.u., sia che, pur essendo stata autorizzata e dichiarata di p.u., non vi sia stato un valido asservimento per via di provvedimento amministrativo - non determina in alcun caso la costituzione di una servitù di fatto secondo lo schema della c.d. occupazione acquisitiva, trattandosi di fattispecie non applicabile per estensione alle ipotesi di acquisto da parte dell'ente costruttore, di un diritto reale "in res aliena", ed in particolare all'ipotesi di costituzione di servitù coattiva di elettrodotto: in tutti i casi sopra menzionati la costruzione dell'impianto e il suo esercizio concretano un illecito (non istantaneo) ma a carattere permanente che perdura nel tempo sino a quando la situazione di illegittimità non venga meno, o con la rimozione dell'impianto dal fondo abusivamente occupato, o con la cessazione del suo esercizio, o con la costituzione di una regolare servitù mediante sentenza dal giudice ordinario (sempreché, in quest'ultimo caso l'impianto ed il suo esercizio siano stati autorizzati dall'autorità' competente); con la conseguenza che, se manchi l'autorizzazione e la dichiarazione di p.u., il privato proprietario da essa leso può richiedere, oltre al risarcimento dei danni sofferti nell'ultimo quinquennio anteriore alla domanda, anche la rimozione dell'impianto e la "restitutio in integrum" (Cassazione civile, sez. un., 3 ottobre 1989 n. 3963; Cass. Civ. sez. I, 18 settembre 1991 n. 9726). Il Collegio ben conosce la posizione giurisprudenziale secondo cui, in applicazione del principio generale dell'ordinamento di cui costituisce espressione l'art. 2933 comma 2 c.c. (per il quale non va ordinata la distruzione della cosa "se la distruzione… è di pregiudizio all'economia nazionale"), il potere di disporre la distruzione di un'opera pubblica realizzata senza titolo va esercitato tenendo conto anche degli interessi pubblici (C.S. V, 12 luglio 1996, n. 874). Di tale principio è stata fatta applicazione in giurisprudenza con riferimento al problema della restituzione delle aree interessate dall'esecuzione dell'opera pubblica nelle ipotesi di "occupazione usurpativa", sottolineandosi la rilevanza dei criteri ricavabili dall'art. 2058 c.c. e dall'art. 2933 c.c. in presenza di opere pubbliche di rilevante importanza e di ingente valore economico (cfr. in particolare C.S. IV, 14 giugno 2001, n. 3169 e C.S. V, 18 marzo 2002, n. 1562). Il Collegio ritiene peraltro che l'applicazione di queste disposizioni non possa prescindere dai principi processuali comuni. Quindi, per quanto attiene al secondo comma dell'art. 2058 c.c., che riconosce al giudice il potere di "disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore", va osservato che, pur trattandosi di un potere esercitabile d'ufficio, esso va esercitato tenendo presente l'insegnamento della Corte di Cassazione, secondo cui, poiché il giudice non ha un potere di ricerca dei fatti, il rilievo d'ufficio delle questioni presuppone che un fatto sia già stato allegato pur senza invocarne gli effetti e si riferisce alla produzione degli effetti costitutivi, modificativi, estintivi che discendono dal fatto allegato (Cass. Civ., sez. I, 7 aprile 2000, n. 4392). Per quanto attiene al limite fissato dall'art. 2933 c.c., per il caso in cui la distruzione della cosa risulti di pregiudizio per l'economia nazionale, va ricordato che trattasi di norma la cui applicazione presuppone che il concreto verificarsi di tale pregiudizio venga dedotto e dimostrato (Cass. Civ. sez. un., 16 gennaio 1986 n. 207). TAR Campania-Napoli, Sez. V dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386 (vedi: sentenza per esteso)

Onere dell'espropriante partecipare al proprietario l'avviso di avvio di procedimento - approvazione progetto - dichiarazione di pubblica utilità del bene. E' onere dell'espropriante di partecipare al proprietario, secondo le regole dell'art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241, l'avviso di avvio del procedimento dichiarativo della pubblica utilità del bene, sia che si risolva in un provvedimento esplicito sia che consista in un atto implicito, come avviene per l'approvazione dei progetti delle opere pubbliche, di cui all'art. 1, l. 3 gennaio 1978 n. 1. Consiglio di Stato Sez. IV, 28 gennaio 2000, n. 413

L'obbligo di dare avviso dell'avvio del procedimento è applicabile alla dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione del progetto. La disposizione sull'obbligo di dare avviso dell'avvio del procedimento di cui all'art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241, rende applicabile in via analogica alla dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione di progetto di opera pubblica, la disciplina sulla partecipazione nella dichiarazione di pubblica utilità esplicita. Consiglio di Stato (Ad. Plen.), 24 gennaio 2000, n. 2

La revoca dell'ordinanza di occupazione d'urgenza non fa cessare l'occupazione - necessarietà del atto di riconsegna del bene al proprietario. La revoca dell'ordinanza di occupazione d'urgenza di un'area non fa venir meno l'occupazione di fatto della stessa da parte della p.a., mantenuta attraverso la detenzione del custode; per far cessare l'occupazione è pertanto necessario un atto di riconsegna del bene al proprietario, in mancanza del quale l'occupazione è illegittima e fonte di responsabilità per la p.a. occupante, senza che la causale coincidenza nella stessa persona di custode del bene e proprietario valga ad escludere la necessità di un esplicito comportamento di dismissione dell'occupazione, non essendo la cessazione del ruolo di custode e la reimmissione del proprietario in possesso effetti automatici della revoca. Cassazione civile, sez. I, 1 ottobre 1999, n. 10866 

Notifica del decreto di esproprio a chi non è proprietario effettivo del bene - impedimento della decorrenza del termine di decadenza per l'opposizione alla stima - difetto di diligenza - risarcimento del danno - diritto soggettivo - giurisdizione ordinaria. La notifica del decreto di esproprio a chi, non essendo proprietario effettivo del bene, risulti tale dai registri catastali, se non incide sulla validità ed efficacia del provvedimento ablativo, impedisce tuttavia il decorso del termine di decadenza per l'opposizione alla stima nei confronti del proprietario effettivo ed abilita quest'ultimo, ove l'omissione o il ritardo della notificazione nei suoi confronti sia ascrivibile ad un difetto di diligenza dell'espropriante nell'accertamento del titolare del bene sottoposto ad espropriazione, a chiedere il risarcimento del danno derivato dalla ritardata riscossione dell'indennità; la relativa controversia è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, vertendosi in tema di illecito lesivo del diritto soggettivo all'indennità nel quale si è convertito l'originario diritto di proprietà. Cassazione civile, sez. unite, 27 maggio 1999, n. 311

Garanzie procedimentali - comunicazione avvio del procedimento. Deve essere rimessa all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, la decisione in ordine all'applicabilità delle garanzie procedimentali previste dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, e segnatamente quella dell'obbligo a carico dell'amministrazione di comunicare l'avvio del procedimento, anche di procedimenti per la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera e di occupazione temporanea e di urgenza di aree. Consiglio di Stato Sez. IV, 9 aprile 1999, n. 604

Partecipazione del privato al procedimento ablatorio garanzie offerte al cittadino - obbligo di notiziare i privati dell'inizio del procedimento - urgenza qualificata. Al fine di ottenere una univocità di indirizzi in merito alla partecipazione del privato al procedimento ablatorio e al connesso quadro delle garanzie offerte al cittadino, in considerazione dei contrasti giurisprudenziali verificatisi, va rimessa all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la questione della sussistenza o meno dell'obbligo di notiziare i privati dell'inizio del procedimento nelle procedure preordinate, in generale, all'espropriazione nonché nei sub-procedimenti dell'occupazione d'urgenza e di approvazione del progetto dell'opera pubblica, in cui non è stata espressamente individuata un'urgenza qualificata, tale da esimere l'amministrazione dal comunicare l'avvio del procedimento all'interessato. Consiglio di Stato Sez. IV, 26 marzo 1999, n. 419 

Obbligo di notifica dell'avviso d'immissione in possesso - principio generale della correttezza. L'amministrazione, una volta conosciuto il proprietario effettivo del fondo da occupare, deve notificare a lui l'avviso d'immissione in possesso, ancorchè la legge si limiti ad imporre la notificazione al proprietario secondo le risultanze catastali, trovando applicazione il principio generale della correttezza. Consiglio di Stato Sez. IV, 15 febbraio 1999, n. 157

Nel procedimento di espropriazione le formalità di pubblicazione e di avviso costituiscono condizione di legittimità dell'emanando decreto di espropriazione anche quando la dichiarazione di p.u è implicita a seguito dell'approvazione del progetto. le formalità non debbono necessariamente espletarsi prima dell'approvazione del progetto - basta che siano compiute nel corso del procedimento espropriativo- Nel procedimento di espropriazione per p.u. di cui agli art. 9 e ss. l. 22 ottobre 1971 n. 865, le formalità di pubblicazione e di avviso "ad opponendum" di cui agli art. 10 e 11 della legge stessa costituiscono condizione di legittimità dell'emanando decreto di espropriazione anche quando la dichiarazione di p.u. è implicita per legge a seguito dell'approvazione del progetto, ma siffatte formalità non debbono necessariamente espletarsi prima dell'approvazione del progetto, per cui è legittima ed efficace la dichiarazione di p.u., indifferibilità ed urgenza delle opere anche se non è stata preceduta dalle dette formalità, fermo restando che esse debbono essere compiute nel corso del procedimento espropriativo. Tribunale Superiore delle Acque, 11 febbraio 1999, n. 33

Occupazione autorizzata a fine di espropriazione prorogata con legge - la retroattività della norma non rimuove l'effetto ablativo della proprietà. Nel caso in cui venga prorogato con legge (art. 22 della l. n. 158 del 1991) il periodo di occupazione, precedentemente autorizzata a fine di espropriazione, successivamente al termine stabilito, l'applicabilità retroattiva riconosciuta a tale norma di proroga dall'art. 23 della legge stessa non rimuove l'effetto ablativo della proprietà, prodottosi a seguito di irreversibile trasformazione del suolo e successiva scadenza. del periodo di occupazione legittima nel frattempo verificatosi. Cassazione civile, sez. I, 12 gennaio 1999, n. 223

Quando il decreto di esproprio non venga notificato ai proprietari espropriati l'opposizione alla stima deve ritenersi ritualmente proposta nel decennio dalla procedura del decreto. In tema di espropriazione, qualora il decreto di esproprio rappresentante l'atto conclusivo della procedura espropriativa non venga notificato ai proprietari espropriati, l'opposizione alla stima deve ritenersi ritualmente proposta nel decennio dalla pronuncia del decreto, non rilevando, in contrario, le disposizioni di cui agli art. 19 della l. n. 865 del 1971 e 51 della l. n. 2359 del 1865 (contenenti previsioni di più brevi termini per l'opposizione predetta), applicabili solo in caso di avvenuta notificazione del decreto de quo. Cassazione civile, sez. I, 6 febbraio 1998, n. 1228

Competenza del consiglio comunale in materia di espropriazione di beni immobili può essere delegata - la delega sarà valida ed efficace sino alla suo revoca espressa. La competenza del consiglio comunale in materia di espropriazione di beni immobili da destinare ad opere pubbliche fissata dall'art. 106 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 può essere delegata dal consiglio al sindaco ed alla giunta e, tale delega, rimane valida ed efficace sino alla sua revoca espressa. Consiglio di Stato Sez. IV, 2 febbraio 1998, n. 147

 

 

Procedura espropriativa - procedimento ablativo - diritto di proprietà - approvazione progetti - cessione volontaria - edificabilità - natura dei suoli - dichiarazione di pubblica utilità - dichiarazione di urgenza - decreto espropriazione...    ^

 

ESPROPRIAZIONE - Espropriazione per pubblica utilità - Edificabilità di fatto - Rilevanza - Limiti - Art. 5 bis D.L. 333/1992. In tema di espropriazione per pubblica utilità, il sistema posto dall'art. 5 bis d.l. 11 luglio del 1992, n. 333 ha introdotto una rigida dicotomia tra "aree edificabili" e "aree agricole" (cui ha equiparato quelle "non classificabili come edificabili"), associandola a una verifica oggettiva non legata a valutazioni opinabili, che può esser data solo dalla classificazione urbanistica dell'area in considerazione. Tale sistema non consente più di far riferimento a una pretesa edificabilità di fatto ovvero all'attività di fatto espletata dall'espropriante, divergente dalla previsione degli strumenti urbanistici o da vincoli imposti dalla legge, e tanto meno a provvedimenti o qualificazioni attribuite al fondo da provvedimenti amministrativi diversi da detti strumenti. In altri termini, la classificazione di un’area come edificabile deve essere effettuata non già in base alle sue caratteristiche morfologiche o alla sua posizione, vale a dire con riferimento a caratteri riconducibili alla c.d. edificabilità di fatto - esclusa a seguito dell'introduzione dell'art. 5 bis della legge 8 agosto 1992, n. 359 - bensì unicamente se l’area risulti tale al momento dell'emissione del decreto di esproprio, in base agli strumenti urbanistici nell'ambito della zonizzazione di carattere generale del territorio, dovendosi ritenere prevalente e autosufficiente ai sensi del richiamato art. 5 bis il criterio della edificabilità legale. In sintesi, "la edificabilità "di fatto" rileva esclusivamente in via suppletiva (in carenza, cioè, di strumenti urbanistici), ovvero in via complementare (ed integrativa), agli effetti della determinazione del concreto valore di mercato dell'area espropriata, incidente sul calcolo dell'indennità. (Cassazione civile, sez. I, 28/07/2010, n. 17679; Cassazione civile, sez. I, 07/05/2010, n. 11116; Cassazione civile, sez. I, 01/02/2007, n. 2207). Pres. Lipani - Est. FORGILLO - Attore Ni.Co. (avv. An. Gr.), c. Comune di Carife (AV) contumace. CORTE DI APPELLO DI NAPOLI CIVILE, Sezione I, 24/01/2011 (Ud. 7/01/2011), n. 125

 

ESPROPRIAZIONI - Cd. “occupazione acquisitiva” o “accessione invertita” - Procedura espropriativa - Conferimento ad una cooperativa edilizia - Decreto di esproprio - Scadenza del termine dell’occupazione legittima - Effetti - Corresponsabilità dell’Ente delegante per lesione patrimoniale - Presupposti - Risarcimento ex artt. 2043 e 2055 c.c.. In tema di espropriazione per pubblica utilità, qualora una cooperativa edilizia, cui sia stato conferito dal Comune espropriante l’incarico di compiere la procedura espropriativa e non soltanto di curare la realizzazione dell’opera, non abbia ottenuto la pronuncia del decreto di esproprio prima della scadenza del termine dell’occupazione legittima, ma, consapevole dell’illegittimità del persistere di questa, abbia provveduto all’esecuzione dell’opera stessa e reso irreversibile la destinazione pubblica dell’area, permanendo nel possesso dell’immobile pur dopo la scadenza di siffatto termine, è a detta cooperativa che, in veste di autrice materiale della radicale trasformazione del bene e, quindi, di responsabile per la lesione patrimoniale subita dal proprietario a seguito del maturarsi, in difetto di tempestiva emanazione del richiamato decreto, dei presupposti della figura della cosiddetta “occupazione acquisitiva” o “accessione invertita”, deve imputarsi l’illecito aquiliano risultante dal concorso di tale trasformazione e dall’illegittimità dell’occupazione in ragione del perdurare senza titolo di questa, ricadendo sul delegato, ancorché superficiario ovvero indipendentemente dalla circostanza che l’opera eseguita non entri nel patrimonio dell’autore della condotta, l’onere di attivarsi affinché il decreto di esproprio intervenga tem-pestivamente e la fattispecie venga mantenuta entro la sua fisiologica cornice di legittimità. In tal caso, sussiste una corresponsabilità dell’Ente delegante il quale avrebbe dovuto promuovere la procedura espropriativa, atteso che siffatta procedura si svolge non solo “in nome e per conto” del Comune, ma “d’intesa” con esso (art. 60 della legge 22 ottobre 1971, n. 865), sicché è da ritenere che detto Ente non si spogli, con la delega, della responsabilità relativa allo svolgimento della procedura stessa, ma conservi un potere di controllo e di stimolo dei comportamenti del delegato, il cui mancato o insufficiente esercizio, sotto il profilo della negligenza o dell’inerzia, è ragione di corresponsabilità con il medesimo delegato per i danni da quest’ultimo materialmente arrecati, restando pur sempre l’Ente, anche nell’ipotesi in cui ricorra all’istituto della delega, dominus della procedura e, quindi, responsabile della condotta del delegato, in applicazione del principio in forza del quale la delega ad un altro soggetto della cura della procedura espropriativa non fa venir meno, in chi tale delega abbia conferito, la qualità di espropriante e, quindi, il dovere di cooperare al controllo del razionale e tempestivo svolgimento della procedura stessa, cui si accompagna, quindi, come accennato, nell’ipotesi di mancata, tempestiva emanazione del decreto di esproprio, una posizione di corresponsabilità che obbliga lo stesso delegante, ove ne ricorrano tutti i presupposti (condotta attiva od omissiva; elemento psicologico della colpa; danno, nesso di causalità tra condotta e pregiudizio), al relativo risarcimento ai sensi del combinato disposto degli artt. 2043 e 2055 c.c.). (Cass. Civ., sez. I, 12/07/2001, n. 9424, Cass. Civ. sez. I, 19/10/2007, n. 21096). (riforma sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sez. staccata di Catania (sez. III) - n. 1085 del 12/06/2009) Pres. Virgilio - Est. Salemi - GURRIERI (avv.ti Tamburello e Raimondi) c. COMUNE DI SIRACUSA (avv. Latina). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 26/10/2010, n. 1334

 

ESPROPRIAZIONE - DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Appello incidentale - Riproposizione generiche delle censure del ricorso originario - Inammissibilità - Fattispecie: procedura espropriativa. Il gravame dell’appello incidentale, si appalesa inammissibile quando, con esso vengono riproposte le censure già dedotte genericamente nei confronti degli atti della procedura espropriativa con il ricorso originario, venendo riprodotti i vizi relativi alla non esatta individuazione dei soggetti titolari dei diritti immobiliari e alla pretesa irritualità delle notifiche effettuate. (riforma sentenza T.A.R. LIGURIA - GENOVA, Sez. I n. 00308/2009) - Pres. Giaccardi - Est. Migliozzi - Anas Spa (Avvocatura di Stato) c. Torcello ed altri (avv.ti Magrone e Brunetti). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 03/08/2010, Sentenza n. 5174

 

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione implicita di pubblica utilità - Obbligo di comunicare l’avvio del procedimento - Fattispecie: approvazione progetto tecnico di variante lavori sistemazione ed occupazione urgenza - Art. 7, L. n. 241/1990. Ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, sussiste l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento culminante nella dichiarazione implicita di pubblica utilità dell’intervento da realizzare, in quanto immediatamente e direttamente lesivo di potenziali interessi (C.d.S., A.P., n. 14/1999 ). Nel caso di specie, tuttavia, non si è avuta la dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione del progetto delle opere da realizzare, perché essa consegue ope legis alla sola approvazione del progetto definitivo delle opere da realizzare, come stabilisce il comma 13 dell'articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, laddove con la impugnata delibera consiliare n. 27 del 1998 è stato approvato soltanto il progetto di massima (CdS Sez. IV, n. 3364/09). Pertanto, non essendoci alcuna valida ed utile dichiarazione di pubblica utilità e questa non potendo conseguire ex lege all'approvazione del progetto preliminare, non sussisteva alcun obbligo da parte della amministrazione comunale di comunicare ai ricorrenti l'esistenza del procedimento relativo alla realizzazione dei lavori per cui è causa. (conferma, sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI, Sezione III n. 01196/2004), Pres. Giaccardi - Est. Leoni - Monteleone (avv. Colapinto) c. Comune di Cassano delle Murge (avv. De Marco). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 3/08/2010, Sentenza n. 5155
 

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità, nonché di urgenza ed indifferibilità - Decreto di occupazione scaduto - Decreto prefettizio di proroga dell’occupazione - Piano particellare espropriativo - Verbale di consistenza degli immobili - Necessità - Operazioni di immissione in possesso - Casi di illegittimità sopravvenuta del procedimento - Giurisprudenza - Fattispecie - Art. 20 L. n. 865/71 - Art.3 L.n. 1/78. In tema di espropriazione, nei procedimenti non governati, ratione temporis, dalle norme sostanziali del T.U. n. 327 del 2001, la dichiarazione di pubblica utilità è l'atto autoritativo che fa emergere il potere pubblicistico in rapporto al bene privato e costituisce, al tempo stesso, origine funzionale della successiva attività. (C.d.S. in Adunanza plenaria decisioni nn. 9 e 12 del 2007). Inoltre, rispetto ai casi di illegittimità sopravvenuta del procedimento si ravvisano “evidenti punti di contatto“ con quelle che si determinano a seguito dell'annullamento in s.g. della dichiarazione di pubblica utilità, in quanto in entrambi i casi gli effetti retroattivi naturalmente conseguenti alla pronuncia demolitoria o quelli derivanti dalla mancata conclusione del procedimento non sembrano poter travolgere a posteriori il nesso funzionale che ha comunque legato l'attività dell'Amministrazione alla realizzazione del fine di interesse collettivo individuato all'origine (Cons. Stato, IV Sez., n. 7744 del 10/12/2009). Sicché, le vicende patologiche del procedimento, quali la mancata adozione del provvedimento espropriativo entro il termine fissato a monte dalla predetta dichiarazione (ovvero, la protrazione dell’occupazione oltre il termine biennale di efficacia previsto dall’art. 73 della legge n. 2359 del 1865) non sembra poter dequalificare la valenza giuridica di un'attività appunto espletata nel corso e in virtù di un procedimento, che la dichiarazione ha ab origine funzionalizzato a scopi specifici e concreti di pubblica utilità. Nella specie, l'appellante avrebbe comunque dovuto impugnare il cd. atto di proroga. Non avendolo fatto, l’atto conserva la sua legittimità e i suoi effetti conseguenti mantengono la loro efficacia. Infine, è ininfluente la censura riguardante la mancata redazione del verbale di immissione in possesso, non avendo l'appellante dimostrato che l’attività di occupazione, svolta in base ad un titolo giuridico esecutivo, non impugnato, avesse comportato mutamento dello stato dei luoghi oggetto di esproprio, rimanendo con ciò confermato lo stato dei luoghi precedentemente accertato. (conferma sentenza del TAR BASILICATA - POTENZA n. 00994/2003) – Pres. Pozzi – Est. Leoni - Flapfruit Srl (avv. Cerisano) c. Ente Nazionale Per Le Strade, (Avvocatura Stato). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16/07/2010, Decisione n. 4599

 

ESPROPRIAZIONE - DIRITTO URBANISTICO - Immobili costruiti abusivamente - Espropriazione per pubblica utilità - Concessione in sanatoria - Indennizzo - Disciplina applicabile - Limiti - Prova della legittimità della costruzione - Giurisprudenza. In tema di espropriazione per pubblica utilità, gli immobili costruiti abusivamente non sono suscettibili di indennizzo, a meno che alla data dell'evento ablativo non risulti già rilasciata la concessione in sanatoria, - per cui non si applica nella liquidazione il criterio del valere venale complessivo dell'edificio e del suolo su cui il medesimo insiste, ma si valuta la sola area, si da evitare che l'abusività degli insediamenti possa concorrere anche indirettamente ad accrescere il valore del fondo (Cass., sez. 1^, 14/12/2007, n. 26260). Per questa ragione si è precisato che, nel quadro della disciplina delle espropriazioni per la realizzazione del programma straordinario per le zone terremotate, la subordinazione dell'indennizzo per i manufatti sorgenti sui terreni espropriati, alla prova della legittimità della costruzione, stabilita dall'ordinanza del Commissario straordinario di governo per le zone terremotate, non contravviene alla legge, dalla quale, viceversa, è desumibile il principio per cui è necessario che l'immobile per il quale si reclama l'indennizzo in caso di esproprio, deve esser stato legittimamente realizzato, onde impedire che il proprietario possa trarre beneficio dalla sua illecita attività (Cass., sez. 1^, 9/04/2002, n. 5046, Cass., sez. 1^, 30/11/2006, n. 25523). (riforma sentenza n. 30/2008 della Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte d'appello di Napoli, depositata il 12/06/2003) Pres. CARBONE - Rel. NAPPI - Consorzio Cooperative Costruzioni c. F ed altri. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI 14/05/2010 (Ud. 11/05/2010) Sentenza n. 11730

 

ESPROPRIAZIONE - Procedura espropriativa - Risultanze dei registri catastali - Soggetto in contrasto con tali risultanze - Onere di dimostrare di essere l'effettivo proprietario. La procedura espropriativa si svolge relativamente alle aree, e nei confronti dei soggetti che risultano proprietari, secondo le risultanze dei registri catastali, ma potendo la titolarità e la consistenza dei beni subire modifiche nel corso del tempo, il soggetto che, in contrasto con tali risultanze, chieda la determinazione dell'indennità, ha l'onere di dimostrare di essere l'effettivo proprietario (Cass., sez. 1^, 22/03/2007, n. 6980). (riforma sentenza n. 30/2008 della Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte d'appello di Napoli, depositata il 12/06/2003) Pres. CARBONE - Rel. NAPPI - Consorzio Cooperative Costruzioni c. F ed altri. CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI 14/05/2010 (Ud. 11/05/2010) Sentenza n. 11730
 

ESPROPRIAZIONE - Decreto di occupazione anticipata dei beni - Art. 22 bis d.P.R. n. 327/2001 - Destinatari della procedura espropriativa - Numero superiore a 50 - Vincolo preordinato all’esproprio - Dichiarazione di pubblica utilità - Immissione in possesso. L’art 22 bis DPR 327/2001 prevede testualmente che il decreto di occupazione anticipata dei beni immobili necessari possa essere emanato senza particolari indagini o formalità, allorché il numero dei destinatari della procedura espropriativa sia superiore a 50. Secondo l’interpretazione prevalente, in presenza dei presupposti procedimentali prescritti dalla norma per l'emanazione dell'ordinanza di occupazione d'urgenza (vincolo preordinato all'esproprio e dichiarazione di pubblica utilit)à, l'Amministrazione può immettersi senz'altro nel possesso dell'area in esecuzione della suddetta ordinanza, per realizzare le opere per le quali vi è stata l'approvazione del progetto e lo stanziamento delle relative risorse, essendo sufficiente che l'ordinanza di occupazione si limiti a richiamare espressamente la dichiarazione di pubblica utilità, che costituisce l'unico presupposto e che consenta di rilevare l'urgenza della realizzazione delle opere (Consiglio Stato, sez. IV, 29 maggio 2009, n. 3353). Pres. Arosio, Est. Bini - B.L. e altro (avv. Losa) c. Comune di Legnano (avv. Ugoccioni), Azienda Ospedaliera - Ospedale Civile di Legnano (avv. Ferrari), Azienda Sanitaria Locale di Milano 1 (avv. Bottini) e altri (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 5 maggio 2010, n. 1236
 

 

ESPROPRIAZIONE - Provvedimenti espropriativi delle aree occorrenti per la realizzazione di opere idrauliche - Giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche - Rapporto con la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di espropriazione per pubblica utilità - Art. 53 d.P.R. n. 328/2001 - Abrogazione della giurisdizione del TSAP - Esclusione. L’art. 53 del d.P.R. n. 328/2001, prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla generale materia delle espropriazioni per pubblica utilità, senza nulla innovare circa la devoluzione alla giurisdizione speciale delle controversie in materia di opere idrauliche. Anche l’art. 58 si limita ad abrogare solo alcune norme, sostanziali, del T.U. n. 1775 del 1993, senza incidere, come pure avrebbe potuto, sugli artt. 138 e ss. riguardanti la giurisdizione. Non può pertanto dedursi che tali disposizioni, articolate unicamente sul riparto di giurisdizione ordinario e giudice amministrativo, abbiano abrogato la giurisdizione del Tribunale Superiore della Acque Pubbliche (cfr. Cass. SS.UU. n. 1846/2009). In difetto di un’abrogazione espressa, la disciplina delle funzioni attribuite al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche dal R.D. n. 1775 del 1933, deve ritenersi ancora in vigore. Pres. Giovannini, Est. Martino - S.P. (avv. Simeoni) c. Commissario Delegato per l’emergenza inquinamento e crisi idrica nei territori dei Comuni serviti dal Consorzio per l’acquedotto del “Simbrivio” (Avv. Stato), A.A. s.p.a. (avv. Puca) e altro (n.c.). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 18 gennaio 2010, n. 304

 

ESPROPRIAZIONE - Atti del procedimento - Profilo partecipativo - Proprietari catastali - Presentazione della denuncia di successione mortis causa - Ritardo nell’aggiornamento dei registri catastali - Irrilevanza. Gli atti del procedimento espropriativo sono legittimamente disposti nei confronti del soggetto proprietario secondo i registri catastali. Ad inficiarne la legittimità sotto il profilo partecipativo, non rileva la circostanza dell’avvenuta presentazione di una rituale denunzia di successione mortis causa, atteso che eventuali ritardi nell’aggiornamento dei registri catastali da parte dell’Amministrazione finanziaria non può ridondare in danno dell’autorità espropriante quando questa sia una diversa amministrazione. Pres. f.f. Portoghese, Est. Mele - A.C. e altro (avv. Sandulli) c. Provincia di Avellino (avv.ti Galletta e Pedicino). T. A. R. CAMPANIA, Salerno, sez. II - 15/05/2009, n. 2289

 

ESPROPRIAZIONE - Art. 17. c. 2, d.P.R. n. 327/2001 - Approvazione del progetto definitivo - Comunicazione al proprietario - Decorrenza del termine per l’impugnazione. L’art. 17, comma 2, d.P.R. n. 327/2001, con riferimento al procedimento espropriativo, così statuisce : “Mediante raccomandata con avviso di ricevimento o altra forma di comunicazione equipollente al proprietario è data notizia della data in cui è diventato efficace l'atto che ha approvato il progetto definitivo e della facoltà di prendere visione della relativa documentazione”. Tale disposizione, nell’imporre all’Amministrazione di notiziare il soggetto espropriato in maniera da renderlo edotto di quanto sopra esattamente indicato, assume autonomo rilievo a fini processuali, in quanto consente di individuare in maniera oggettiva il dies a quo da cui decorre il termine d'impugnazione per i soggetti espropriati (v. T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 12 dicembre 2008 , n. 2101). Pres. f.f. Guadagno, Est. Sabbato - M.A. (avv.ti Fortunato e Mastursi) c. Comune di Bellosguardo (avv. Falce). T. A. R. CAMPANIA, Salerno, sez. I - 15/05/2009, n. 2279


ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità - Scadenza del termine decadenziale - Termini di inizio e conclusione delle espropriazioni e dei lavori - Art. 13 L. nr. 2359/1865. E' da escludere la sussistenza dei vizi di legittimità sulla scorta della natura di atto di programmazione urbanistica dell’accordo di programma e della dichiarazione ex lege di pubblica utilità che la sua approvazione comporta. Inoltre, è legittimo il rilievo circa il mancato avverarsi della decadenza di cui all’art. 1 l. nr. 1/78, essendo state iniziate le opere nei termini, ancorché su suoli diversi da quelli di proprietà dell’appellante (C.d.S. sez. VI, nr. 4897/2003). Pres. Trotta - Est. Greco - Pio Monte della Misericordia (avv. Tozzi) c. Comune di Marcianise (avv. Lamberti) ed altri (conferma Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Napoli - Sez. V, nr. 3747/2002, depositata in data 16/05/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 22/05/2008 (ud. 11/03/2008), Sentenza n. 2470
 

ESPROPRIAZIONE - Acquisizione del bene alla mano pubblica - Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico - Improcedibilità del ricorso - Art. 43 D.P.R. n. 327/2001. E' improcedibile il ricorso ove intervenuta l'acquisizione del bene alla mano pubblica, ex art. 43 D.P.R. n. 327/2001. Pres. Lodi - Est. Carella - Giannantonio ed altro (avv. Di Pardo) c. Regione Molise (Avvocatura Generale dello Stato) ed altri (conferma T.A.R. Molise n. 80 del 24/01/2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 26/02/2008 (ud. 27/11/2007) Sentenza n. 677
 

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità - Annullamento giurisdizionale - Richiesta di risarcimento del danno - Giudice amministrativo. In caso di annullamento ex tunc della dichiarazione di pubblica utilità, la richiesta di risarcimento del danno conseguente all'annullamento giurisdizionale spetta al giudice amministrativo. (Cons. Stato A.P. n. 9/07; Cons. Stato sez. IV n. 3752/07; Cass. SS.UU. n. 3724/07). Pres. Onorato - Est. Francavilla - DE FRANCISCIS GIULIA (avv. Branca) c. CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI CASERTA (avv. Sorgente). TAR CAMPANIA - NAPOLI, Sez. V, 03 Ottobre 2007 (C.c. 05/07/2007), Sentenza n. 8822
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - URBANISTICA E EDILIZIA - ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere - Annullamento - Effetti - Occupazione “usurpativa e occupazione appropriativa - Distinzione. L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità comporta che l’attività esecutiva della pubblica amministrazione di apprensione del bene e di irreversibile trasformazione dello stesso sia qualificabile come comportamento materiale riconducibile nell’ambito dell’occupazione “usurpativa” (Cass. n. 1814/00) che si distingue dall’occupazione appropriativa la quale presuppone l’esistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità. Il venir meno degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere, la cui eliminazione, per il peculiare nesso procedimentale ivi configurabile, si riverbera con effetto caducante sul decreto di esproprio (così Cons. Stato sez. IV n. 3984/07; Cons. Stato sez. IV n. 3040/03; Cons. Stato sez. V n. 3833/02). Pres. Onorato - Est. Francavilla - DE FRANCISCIS GIULIA (avv. Branca) c. CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI CASERTA (avv. Sorgente). TAR CAMPANIA - NAPOLI, Sez. V, 03 Ottobre 2007 (C.c. 05/07/2007), Sentenza n. 8822

 

ESPROPRIAZIONE - Pubblica utilità - Data ultimazione lavori - Mancata previsione - Omissione - Conseguenze - Tesi della “carenza di potere in concreto” - Giurisdizione del G.A. La mancata previsione, nel primo atto della procedura ablatoria, dei termini dei lavori e della procedura medesima, deve ritenersi costituire, un caso di cattivo esercizio del potere e non di carenza di potere (in concreto), sicché l’immissione in possesso e la trasformazione del suolo, sulla base di una siffatta, asseritamente invalida (ma efficace) dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, concreta un comportamento “amministrativo” (e non “mero”) dell’amministrazione, comunque riconducibile, almeno mediatamente, all’esercizio di pubblici poteri autoritativi, sì da restare ascritto, quanto alla tutela giurisdizionale, anche risarcitoria, alla cognizione del G.A. e non a quella del G.O. (Corte cost. n. 191 del 2006). La tesi della “carenza di potere in concreto” è smentita, tra l’altro, dall’articolo 21-septies della legge n. 241 del 1990 (aggiunto dall’articolo 14 della legge n. 15 del 2005), che menziona, tra i casi (tassativi) di nullità dell’atto amministrativo, la sola ipotesi di difetto assoluto di attribuzione (Tar Campania, Napoli, sez. V, 17 febbraio 2006, n. 2137), dall’articolo 13, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, che ha reso facoltativa la previsione del termine del decreto di esproprio, il che vale a dimostrare, sul piano interpretativo, la debolezza della tesi pretoria della essenzialità dei termini, intesi come conformativi dello stesso potere ablatorio, nonché dalla stessa (più recente) giurisprudenza della Cassazione (Cass., ss.uu., 2688 del 2007, cit., 19 febbraio 2007, n. 3724), che ha (giustamente) affermato la giurisdizione amministrativa nel caso di successivo annullamento (ancorché retroattivo) della stessa dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. (cfr., contra, Cass., ss.uu., ord. 15 giugno 2006 n. 13911; 7 febbraio 2007, n. 2688; 19 aprile 2007, n. 9323). Pres. Onorato, Est. Carpentieri - Conte ed altri (avv. Romano) c. Comune di Villa di Briano (avv. D‘Angiolella). T.A.R. CAMPANIA - Napoli, Sez. V, 12 Settembre 2007, (05/07/2007) n. 7553
 

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità - Termini dei lavori e delle espropriazioni - Indefettibilità della fissazione - Previsione in atti successivi della procedura - Insufficienza. Pacifica, ormai, in giurisprudenza è l’acquisizione della indefettibilità della fissazione, sin dal primo atto della procedura espropriativa, ossia sin dall’approvazione del progetto definitivo dell’opera, che comporta la sua dichiarazione di pubblica utilità, dei termini dei lavori e delle espropriazioni (da ultimo, Tar Campania Napoli, sez. V, 1 febbraio 2007, n. 828). In punto di fatto tale omissione, nella fattispecie, è incontestata (oltre che documentata in atti), sicché non può che dedursene l’illegittimità, sotto questo profilo, degli atti impugnati. La giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 2006, n. 7898; id., 16 maggio 2006, n. 2773) ha altresì definitivamente chiarito l’insufficienza di tale previsione in atti successivi della procedura. Pres. Onorato, Est. Carpentieri - Conte ed altri (avv. Romano) c. Comune di Villa di Briano (avv. D‘Angiolella). T.A.R. CAMPANIA - Napoli, Sez. V, 12 Settembre 2007, (05/07/2007) n. 7553
 

ESPROPRIAZIONE - Apposizione del vincolo espropriativo - Indennizzo espropriativo - Classificazione urbanistica e c.d. edificabilità "di fatto". Nel sistema di disciplina della stima dell'indennizzo espropriativo introdotto dall'art. 5-bis, legge n. 359 del 1992, un'area va ritenuta edificabile quando come tale essa risulti classificata dagli strumenti urbanistici al momento dell'apposizione del vincolo espropriativo, mentre la cosiddetta edificabilità "di fatto", correlata alle peculiari circostanze del caso che rafforzano o comprimono l' edificabilità, rileva esclusivamente in via complementare od integrativa, nella fase dell'apprezzamento del valore venale, con la conseguenza che sulla parte che invoca dette circostanze, al fine di sostenere una variazione in positivo o in negativo del valore dell'area derivante dall'attitudine edificatoria fissata dagli strumenti urbanistici, grava l'onere di allegarle e di dimostrarle (Cass. civ., sez. I, 11 febbraio 2005, n. 2871). Pres. Onorato, Est. Carpentieri - Conte ed altri (avv. Romano) c. Comune di Villa di Briano (avv. D‘Angiolella). T.A.R. CAMPANIA - Napoli, Sez. V, 12/09/ 2007, (05/07/2007) n. 7553
 

ESPROPRIAZIONE - PROCEDURE E VARIE - Dichiarazione di pubblica utilità - Immissione in possesso - Lavori ultimati a termine ampiamente decorso - Giurisdizione del g.a.. Sussiste la giurisdizione del g.a. nel caso in cui i lavori siano iniziati con l’immissione in possesso nel termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, ma siano stati ultimati quando detto termine è ampiamente decorso e il decreto di esproprio non risulti essere stato mai adottato. (C.d.S. A.P. dec. 30 luglio 2007, n. 9; n. 4/2005, nonché nn. 9/2005 e 2/2006). Pres. Onorato, Est. Carpentieri - Conte ed altri (avv. Romano) c. Comune di Villa di Briano (avv. D‘Angiolella). T.A.R. CAMPANIA - Napoli, Sez. V, 12 Settembre 2007, (05/07/2007) n. 7553

 

ESPROPRIAZIONE - Vincoli preordinati all'espropriazione o comportanti l'inedificabilità - Tutelare del proprietario - Incidenza dei vincoli "su beni determinati" - Disciplina della decadenza - Potestà conformativa della proprietà - Rapporti tra strumenti urbanistici, generale ed attuativo - Funzioni del P.R.G. - Art. 2 L. n. 1187/1968. La disciplina della decadenza dei vincoli preordinati all'espropriazione o comportanti l'inedificabilità, come introdotta dall'art. 2 L. n. 1187/1968 a seguito della sentenza della C. Cost. n. 55 del 1968, tende a tutelare il singolo proprietario di beni gravati dal vincolo medesimo: la norma parla infatti di incidenza dei vincoli "su beni determinati". (C.d.S., sez. II, 12/05/1999, n. 87). Essa, quindi, non attiene ai rapporti tra strumenti urbanistici, generale ed attuativo, il quale ultimo ben può essere adottato anche dopo la scadenza di efficacia temporale del singolo vincolo. Entrambi gli strumenti hanno la finalità precipua, secondo un rapporto di preordinato collegamento funzionale, di assicurare un armonico sviluppo del territorio comunale, secondo una progressione procedimentale che dalla pianificazione arriva alla realizzazione dell'ordine edilizio urbanistico configurato nel piano. In altri termini, poiché una delle funzioni precipue del P.R.G. è la divisione in zone del territorio comunale, alla quale si accompagna quella, sussidiaria e complementare, di determinare i vincoli e le caratteristiche di ciascuna zona, ciò non significa che il venir meno delle seconde incida automaticamente e globalmente sulla validità della zonizzazione. D'altra parte, non va dimenticato che i vincoli di destinazione propri della zonizzazione costituiscono manifestazione della potestà conformativa della proprietà e non del potere espropriativo [Cons. St., sez. IV, 14.12.1993 n. 1068], con la conseguenza che le previsioni di PRG prevedenti una destinazione residenziale non comportano vincoli per la proprietà privata destinati a decadere oltre un certo termine finale di efficacia”. Pres. Speranza, Est. Sabatino, Pontillo (avv. Abbate) c. Comune di Capodrise (avv. Santonastaso). TAR CAMPANIA Napoli, Sez. VIII, 13 giugno 2007, (30 aprile 2007) n. 6110

 

ESPROPRIAZIONE - Ragione di pubblica utilità - Assenza - Lesione del diritto soggettivo - Risarcibilità con criteri di integralità. L'ingerenza dell'amministrazione nella proprietà altrui in assenza di una ragione di pubblica utilità legalmente dichiarata, integra un comportamento del tutto avulso dall'esercizio del potere, immediatamente lesivo del diritto soggettivo, e qualificabile come fatto illecito generatore di danno, risarcibile con criteri di integralità. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE SS. UU., 13 febbraio 2007 (Ud. 18/1/2007) Sentenza n. 3043

 

Espropriazione - Servizi di telecomunicazione - Procedimento per l’imposizione di servitù - Procedimento speciale - Disciplina applicabile - Artt. 233 e 234 D.P.R. n. 156/1973 - Art. 13 DPR n. 327/2001 - Applicabilità - Esclusione. Il procedimento per l'imposizione di servitù in materia di servizi di telecomunicazioni è un procedimento speciale regolato esclusivamente dalle disposizioni degli articoli 233 e 234 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, con conseguente impossibilità di integrazione della disciplina ivi dettata attraverso il riferimento a norme o principi generali valevoli in materia di procedimenti ablatori in genere e di espropriazione per ragioni di pubblica utilità in particolare, con la conseguenza che ad esso non si applica la norma di cui all’art. 13 L. n. 2359/1865 (oggi, art. 13 D.P.R. n. 327/2001). Pres. Guerriero, Est. Pasanisi - F.V. (avv. Gentile) c. Prefettura di Caserta e altri (n.c.) e Ministero dell'Interno (Avv. Stato) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 11 settembre 2006, n. 8039 (vedi: sentenza per esteso)

 

Espropriazione - Aree edificabili - Requisito della edificabilità legale - Aree destinate a verde e a viabilità nell’ambito di zona omogenea edificabile. Indipendentemente dalla finalità assegnata dallo strumento urbanistico al singolo terreno nell’ambito della zona omogenea (edificabile) di cui fa parte, il requisito della edificabilità legale è una conseguenza dell’inclusione nella zona, alla cui caratterizzazione complessiva, e, quindi, alla edificabilità di zona, esso partecipa in maniera essenziale. In altre parole, essendo l’edificabilità della zona dipendente dalla destinazione di certi suoi spazi a verde e a viabilità, questi spazi partecipano del valore di tutta la zona, in quanto senza di essi la zona non potrebbe essere edificata e perderebbe il suo valore di zona edificabile (v., in proposito, Cass. 13.7.2004 n. 12966). Pres. Massetani, Est. Occhipinti - B.B. (avv. Giovannelli) c. Comune di Prato (avv.ti Tognini e Gisondi) - CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, Sez. I civile - 14 luglio 2006, n. 1402 (vedi: sentenza per esteso)

 

Espropriazioni - Esecuzione forzata immobiliare - Vendita con incanto - Aggiudicazione - Somma da versare - Iva - Computo - Necessità. In tema di esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, l'aggiudicatario del bene è tenuto, a pena di decadenza, a versare nei termini e nel modo fissati dall'ordinanza che dispone la vendita a norma dell'art. 576 cod. proc. civ. la somma che residua alla soddisfazione del proprio credito, pure se eccedente la somma occorrente a soddisfare gli altri creditori capienti, in quanto l'eventuale esubero può essere distribuito ai creditori non capienti o essere restituito al debitore. L'aggiudicatario, anche laddove l'ammontare del suo credito non risulti interamente coperto, è in ogni caso tenuto -salvo che non abbia proceduto al pignoramento e sostenuto le spese del procedimento- a versare la somma occorrente a coprire le spese, delle quali fa parte anche l'ammontare dovuto a titolo di I.V.A., di cui, in caso di omesso versamento, il giudice può disporre il deposito, ma non anche, a causa di ciò, non pronunziare il decreto di trasferimento, la cui emissione è subordinata solamente al versamento del prezzo, con conseguente obbligo per il debitore espropriato ( cedente ) di emettere fattura con addebito di imposta per l'assegnatario ( cessionario ). Peraltro, se l'immobile è aggiudicato ad un creditore ipotecario o l'aggiudicatario è autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice può -sempre che l'immobile non sia garantito da privilegi e non sussistano ipoteche di grado poziore- anche d'ufficio con decreto limitare -operando una compensazione anche a prescindere dal ricorrere delle condizioni richieste dall'art. 1243 cod. civ.- il versamento del prezzo a quanto occorrente per le spese e la soddisfazione degli altri creditori che possono risultare capienti. Presidente G. Nicastro, Relatore B. Durante. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 31/05/2006, Sentenza n. 13013

 

Espropriazione immobiliare - Processo civile - Esecuzione forzata - Formulazione di offerte con "aumento”. La fase del rincaro, nell'esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, conseguente alla formulazione di offerte con "aumento di un sesto" (ora di "un quinto", a seguito della novellazione dell'art. 584 c.p.c., per effetto delle previsioni contenute nel d.l. n. 35 del 2005, conv., con modif., dalla legge n. 80 del 2005), rappresenta, non già il proseguimento del precedente incanto, ma un'ulteriore fase del procedimento, retta da regole proprie e da un diverso sistema di aggiudicazione. Nonostante, per considerarsi ammissibile, l'offerta in aumento deve essere tempestivamente proposta ed accompagnata sia dalla prestazione della cauzione che dal deposito in cancelleria dell'ammontare approssimativo delle spese di vendita, senza, che perciò, a quest'ultimo adempimento si possa provvedere in un successivo momento. (Cass., SS.UU., n. 8187/1993 e Cass. n. 12544/2000). CORTE DI CASSAZIONE Civile Sentenza, Sez. III, 29/03/2006, n. 7233

 

Espropriazione - Realizzazione d’opera pubblica diversa indicata in dichiarazione per pubblica utilità - Espropriato - Diritto potestativo alla retrocessione - Danno - Esclusione - Presupposti - Fattispecie. In tema di espropriazione per pubblica utilità, non c'è danno se il proprietario non esercita il diritto potestativo alla retrocessione e l'amministrazione realizza un'opera pubblica diversa da quella indicata nella prima dichiarazione di p.u. Nella specie, la pubblica amministrazione, ha espropriato un'area per realizzare un'opera pubblica, lasciando inalterata una parte del fondo appreso legittimamente, ed iniziando un'altra procedura espropriativa non conclusa legittimamente in esito alla quale si era realizzata l'irreversibile trasformazione del bene. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. I, 30/09/2005, Sentenza n. 19211

 

Espropriazione - Urbanistica e edilizia - Piano regolatore generale scaduto - Nuova pianificazione - Decadenza dei vincoli - Impossibilità di adottare la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’intervento o delle opere - Meccanismo della variante - Verifica della persistente compatibilità - Complessiva riconsiderazione dell’assetto urbanistico comunale - L. Art. 2 c. 1, n. 1187/1968 - L. n. 10/1977. Ai fini della sottoposizione ad esproprio di un bene di proprietà privata, qualora il vincolo del piano regolatore generale sia scaduto senza che, a termini dell’articolo 2, comma 1, della legge 19 novembre 1968, n. 1187, si sia provveduto all’approvazione del piano particolareggiato ovvero all’approvazione del progetto esecutivo o definitivo di opera pubblica, è necessario procedere ad una nuova pianificazione delle aree attraverso il meccanismo della variante che consente di verificare la persistente compatibilità delle destinazioni, già impresse ad aree situate in zone diverse del territorio comunale nel contesto di una complessiva riconsiderazione dell’assetto urbanistico comunale (C.d.S., sez. IV, 23 novembre 2002, n. 6442); la sopravvenuta decadenza dei predetti vincoli implica, quindi, l’impossibilità di adottare la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’intervento o delle opere per cui il vincolo stesso fu a suo tempo apposto (C.d.S., sez. V, 19 febbraio 1996, n. 211), anche in ragione della nuova disciplina edificatoria applicabile all’area interessata, corrispondente a quella stabilita dall’articolo 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (C.d.S., sez. V, 18 marzo 2003, n. 1443; 3 ottobre 1992, n. 924). Pres. ed Est. SALTELLI - MORONI (avv.ti Romano e Ferrari) c. COMUNE DI LEGNANO (avv.ti Lorenzoni e Sala) (annulla TAR Lombardia, sede di Milano, sez. III, n. 1390 del 25 novembre 1995). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 12 agosto 2005 (c.c. 16.03.2005), Sentenza n. 4368 (vedi: sentenza per esteso)

 

Espropriazione - Urbanistica e edilizia - Approvazione del progetto definitivo di opere pubbliche - Variante al piano regolatore generale - Competenza consiglio comunale - Inesatta o inesistenza liquidazione della giusta indennità - Provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza - Fissazione del termine massimo di cinque anni. Spetta al consiglio comunale l’approvazione del progetto definitivo di opere pubbliche, qualora costituiscano variante al piano regolatore generale, mentre non costituisce motivo di illegittimità dei provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza la inesatta o inesistenza liquidazione della giusta indennità, essendo quest’ultima sganciata da tali atti (C.d.S., sez. IV, 22 settembre 2003, n. 5395; 27 maggio 2002, n. 2909; 4 dicembre 1998, n. 1599); inoltre la fissazione del termine massimo di cinque anni previsto dall’articolo 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, per l’occupazione d’urgenza del bene soggetto ad espropriazione costituisce scelta latamente discrezionale dell’amministrazione che non necessita di motivazione (C.d.S., sez. IV, 23 dicembre 2002, n. 7279; 31 luglio 2000, n. 4215; 10 giugno 1999, n. 982; 4 febbraio 1997, n. 81; 16 settembre 1993, n. 775). Pres. ed Est. SALTELLI - MORONI (avv.ti Romano e Ferrari) c. COMUNE DI LEGNANO (avv.ti Lorenzoni e Sala) (annulla TAR Lombardia, sede di Milano, sez. III, n. 1390 del 25 novembre 1995). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 12 agosto 2005 (c.c. 16.03.2005), Sentenza n. 4368 (vedi: sentenza per esteso)

 

Espropriazione - Urbanistica e edilizia - Opere da realizzare - Approvazione del progetto esecutivo - Contestuale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori - Vincolo espropriativo impresso all’area - Necessità - Scadenza del vincolo quinquennale. E’ necessario l’approvazione del progetto esecutivo (ovvero definitivo, secondo le disposizione della legge 11 febbraio 1994, n. 109) delle opere da realizzare, con contestuale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori, in modo da rendere concreta ed attuale la previsione del piano ed il vincolo espropriativo impresso all’area (C.d.S., sez. IV, 30 maggio 2002, n. 3007). Sicché, la semplice delibera consiliare, non può essere considerata atto idoneo ad evitare la scadenza del vincolo quinquennale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, impresso dal piano regolatore generale vigente sul bene di proprietà privata. (C.d.S., sez. V, 8 agosto 2003, n. 4595). Pres. ed Est. SALTELLI - MORONI (avv.ti Romano e Ferrari) c. COMUNE DI LEGNANO (avv.ti Lorenzoni e Sala) (annulla TAR Lombardia, sede di Milano, sez. III, n. 1390 del 25 novembre 1995). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 12 agosto 2005 (c.c. 16.03.2005), Sentenza n. 4368 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione per pubblica utilità - Dichiarazione di pubblica utilità - Garanzie partecipative della L. n. 241/1990 - Indifferibilità ed urgenza dei lavori - Decreto di occupazione d’urgenza - Procedimento. Le garanzie partecipative della legge 7 agosto 1990, n. 241, si devono realizzare con riferimento al provvedimento che ha comportato la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, rispetto al quale il decreto di occupazione d’urgenza costituisce mera attuazione e nell'ambito della quale l'interessato non potrebbe più contestare le scelte operate dall'amministrazione (Sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6631; Sez. IV, 27 maggio 2002, n. 2915; Sez. IV, 7 novembre 2001, n. 5723). CGARS, 24 giugno 2005, n. 394

Espropriazione - Impugnazione degli atti della procedura espropriativa - Termini - Approvazione del progetto equiparata a dichiarazione di pubblica utilità - Tardività dell’impugnazione - Onere della prova. Il termine per l’impugnazione degli atti della procedura espropriativa, a partire dall’approvazione del progetto equiparata a dichiarazione di pubblica utilità, decorre dalla conoscenza individuale che ne abbia ricevuto il proprietario (IV, n. 1196 del 2003; V, n. 1758 del 1999); ed è onere di chi eccepisce la tardività dell’impugnazione fornire la prova certa di tale conoscenza individuale; prova che, in assenza di notificazione individuale, non può essere surrogata né dall’intervenuta pubblicazione né da presunti elementi di conoscenza desunti aliunde. Pres. Venturini - Est. Patroni Griffi - Comune di Vicenza (avv.ti Vaiano e Artale) c. BAZZAN ed altri (avv. Campesan, Mondin e Romanelli) (rigetta l’appello principale e accoglie limitatamente l'appello incidentale) TAR Veneto 14 aprile 2004 n. 1029) CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 31 marzo 2005 (c.c. 25.01.2005), sentenza n. 1417 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione - Impugnazione proposta dai residenti non proprietari delle aree interessate dall’espropriazione Termine - Pubblicazione dei provvedimenti. E’ infondata la declaratoria di irricevibilità dell’originaria impugnazione proposta dai residenti non proprietari delle aree interessate dall’espropriazione, in quanto per questi, a differenza che per i proprietari, deve ritenersi -secondo un costante indirizzo- che il termine per l’impugnazione decorra dalla pubblicazione dei provvedimenti, non potendosi far dipendere il dies a quo dall’estrazione di copia degli atti a richiesta di parte. Pres. Venturini - Est. Patroni Griffi - Comune di Vicenza (avv.ti Vaiano e Artale) c. BAZZAN ed altri (avv. Campesan, Mondin e Romanelli) (rigetta l’appello principale e accoglie limitatamente l'appello incidentale) TAR Veneto 14 aprile 2004 n. 1029) CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 31 marzo 2005 (c.c. 25.01.2005), sentenza n. 1417 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione - Dichiarazione di pubblica utilità - Configurazione giuridica. La dichiarazione di pubblica utilità non è la mera risultante di un subprocedimento del procedimento espropriativo, semplicemente preparatorio dello stesso, bensì come atto conclusivo di un procedimento autonomo e cioè come atto di natura provvedimentale, finalizzato ad imprimere al bene privato la specifica qualità che lo destina all’utilità pubblica e ne consente l’espropriazione (v. Cons. St., IV, 25 agosto 2003, n. 4813) e quindi immediatamente e direttamente lesivo della sfera giuridica del destinatario e perciò anche autonomamente ed immediatamente impugnabile (v. Cons. St., IV: 23 novembre 2000, n. 6237; 10 luglio 2000, n. 3850; 7 luglio 2000, n. 3817; 3 maggio 2000, n. 2616). Ciò al contrario della delibera, con la quale l’Amministrazione ha “risposto”, fra le altre, alle osservazioni, che costituisce pacificamente atto meramente preparatòrio ed interno al procedimento di espropriazione, che non può essere impugnato in via autonoma, bensì solo congiuntamente al decreto di esproprio. Pres. Venturini - Est. Cacace - MONVISO s.n.c. (avv.ti Lugodoroff e Prosperi) c. COMUNE di AOSTA (avv.ti Azzoni e Contaldi) ed altri (conferma TAR Valle d’Aosta n. 118/96). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 12 gennaio 2005 (c.c. 30 novembre 2004), sentenza n. 52 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione - Dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell’opera - Osservazioni - Finalità - Effetti - Fase endoprocedimentale. Le osservazioni presentate nell’ambito del procedimento espropriativo, ove si collochino nella fase successiva alla dichiarazione di pubblica utilità, valgono, anche quando siano riferite all’asserita illegittima modifica degli assetti del territorio ad opera della dichiarazione medesima, solo a consentire all'interessato una partecipazione, che gli permetta di fare constare circostanze ed elementi idonei ad una esatta valutazione, da parte dell’Amministrazione, sulla rilevanza del provvedimento restrittivo emanando ed eventualmente, ricorrendone i presupposti, a far recedere l'Amministrazione stessa dalla (erronea) decisione già adottata, di per sé già lesiva, della sua posizione. Pertanto le determinazioni negative assunte dall’Amministrazione in òrdine a tali osservazioni, al di là della valenza meramente endoprocedimentale (non essendo peraltro previsto dagli artt. 10 e 11 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 l’obbligo per l’espropriante di pronunciarsi sulle osservazioni dei proprietarii: v. Cons. St., IV, 28 gennaio 2000, n. 413), nulla vengono ad aggiungere alla incisione del diritto di proprietà già apportata dalla dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell’opera. Pres. Venturini - Est. Cacace - MONVISO s.n.c. (avv.ti Lugodoroff e Prosperi) c. COMUNE di AOSTA (avv.ti Azzoni e Contaldi) ed altri (conferma TAR Valle d’Aosta n. 118/96). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 12 gennaio 2005 (c.c. 30 novembre 2004), sentenza n. 52 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazioni - Indicazione dei termini per l’inizio ed il compimento dei lavori - Dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e di urgenza - Delimitazione temporale del potere espropriativo dell’amministrazione - Sussiste - Fattispecie: piano di lottizzazione - Termine di validità decennale. L’indicazione dei termini per l’inizio ed il compimento dei lavori e delle espropriazioni, ai sensi dell’invocato articolo 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, svolge una funzione garantistica, costituendo riprova dell’attualità dell’interesse pubblico da soddisfare e della serietà del relativo progetto, evitando di esporre sine die il diritto di proprietà al potere espropriativo della pubblica amministrazione; tale indicazione, pertanto, non trova alcuna giustificazione logico - giuridica in presenza di uno strumento urbanistico esecutivo la cui approvazione ha, per un verso, effetto legale di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e di urgenza delle opere da realizzare, e, per altro verso, fissa anche la durata del piano stesso, delimitando temporalmente il potere espropriativo dell’amministrazione, come nel caso di un piano di lottizzazione cui deve ritenersi applicabile, pur nel silenzio della legge, il termine di validità decennale previsto con specifico riferimento ai piani particolareggiati. (ex multis, in tema di piani di insediamenti produttivi, C.d.S., sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6631; di piano di zona, C.d.S., sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5851; 25 marzo 2003, n. 1545; 11 luglio 2001, n. 3889). Pres. RICCIO - Est. SALTELLI - ZANIN avv.ti Cacciavillani e Manzi c. COMUNE DI ZUGLIANO ed altri (Conferma Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, sez. I, n. 177 del 23 febbraio 1994). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 30 giugno 2004, sentenza n. 4803

Espropriazione - Urbanistica e edilizia - Dichiarazione di pubblica utilità - Irreversibilità della destinazione del bene - Requisiti essenziali - Carenza - Effetti - Strumenti di tutela del proprietario usurpato - Fattispecie: realizzazione di una discarica di rifiuti solidi urbani. L'acquisizione del bene alla mano pubblica non si verifica automaticamente per effetto della sua irreversibile trasformazione - come avviene nei casi di occupazione appropriativa, in cui la valutazione da parte della pubblica amministrazione dell'interesse pubblico da soddisfare insita nella dichiarazione di pubblica utilità comporta la irreversibilità della destinazione del bene quando l'opera sia stata realizzata in conformità a detta dichiarazione - ma solo in via eventuale e subordinata ad una scelta del proprietario usurpato, il quale rinunci alle azioni a tutela della non perduta proprietà in favore di pretese risarcitorie commisurate a criteri di integralità, così dando luogo ad un meccanismo abdicatorio del proprio diritto dominicale (v. sul punto, tra le altre, Cass. 2003 n. 7643; 2001 n. 15710; 2001 n. 4451; 2001 n. 1266; 2000 n. 3298; 2000 n. 1814). E poiché la preventiva valutazione della pubblica utilità dell'opera deve necessariamente affidarsi ad un atto tipico, che non può prescindere dai suoi requisiti essenziali, la carenza della dichiarazione di pubblica utilità o la sua accertata nullità comporta che l'occupazione del bene, in quanto non collegata ad un fine di pubblico interesse legalmente dichiarato, si risolva in un illecito permanente, con le relative implicazioni sia in punto di prescrizione che di esperibilità dinanzi al giudice ordinario delle azioni ripersecutorie e possessorie a tutela del diritto dominicale o del possesso. (Conf. Cass. 6 giugno 2003 n. 9139) (Nella specie, era stato approvato il progetto dell'Azienda Municipalizzata di Igiene Urbana del Comune di Trani (A.M.I.U.) per la realizzazione di una discarica di rifiuti solidi urbani, nella dismessa cava di proprietà dello stesso Manzi e della COLMA s.r.l., previa espropriazione dell'area).. Pres. CARBONE - Est. LUCCIOLI - AZIENDA SPECIALE A.M.I.U. (avv.ti PELLEGRINO, SCOCA, CAPUTI JAMBRENGHI) c. MANZI (avv. SPINELLI) ed altro CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezioni Unite, 09 giugno 2004 (Cc. 22 aprile 2004), Ordinanza n. 10978 (vedi: ordinanza per esteso)

Espropriazioni - Espropriazioni per pubblica utilità e dei relativi lavori - Apposizione dei termini, iniziale e finale - Fattispecie: Piani di zona per l’edilizia economica e popolare. In materia di apposizione dei termini, iniziale e finale, delle espropriazioni per pubblica utilità e dei relativi lavori, l’art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, esclude che, sia applicabile per le espropriazioni attinenti ai piani di zona per l’edilizia economica e popolare, essendo sostituito ed assorbito dalle disposizioni che delimitano nel tempo ope legis l’efficacia dei piani stessi (cfr., C.d.S., Ad. Plen., 20 dicembre 2002, n. 8; Sez. IV, 5 luglio 2000, n. 3730; 19 gennaio 1999, n. 41; 17 aprile 1998, n. 645). Pres. Riccio - Est. Salvatore - Comune di Tagliacozzo (avv. Di Mattia) c. LATTARO (avv. Casella) ed altri (Annulla TAR Abruzzo, l’Aquila 30 maggio 1994, n. 451). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3318

Espropriazioni - Espropriazioni per pubblica utilità - Espropriazioni attinenti ai piani di zona per l’edilizia economica e popolare - Efficacia dei piani. In materia di apposizione dei termini, iniziale e finale, delle espropriazioni per pubblica utilità e dei relativi lavori, si esclude che l’art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, sia applicabile per le espropriazioni attinenti ai piani di zona per l’edilizia economica e popolare, essendo sostituito ed assorbito dalle disposizioni che delimitano nel tempo ope legis l’efficacia dei piani stessi (cfr., C.d.S., Ad. Plen., 20 dicembre 2002, n. 8; Sez. IV, 5 luglio 2000, n. 3730; 19 gennaio 1999, n. 41; 17 aprile 1998, n. 645). Pres. Riccio - Est. Salvatore - Comune di Tagliacozzo (avv. Di Mattia) c. Cooperativa edilizia Villa PO 90 e altro (nn.cc.) (riforma Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, l’Aquila 30 maggio 1994, n. 452) CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 21 maggio 2004, sentenza n. 3315

Espropriazione - D.P.R 8 giugno 2001, n. 327 - Dichiarazione di pubblica utilità - Procedimento - Legge n. 241/1990 - Formalità pubblicitarie - Pubblicazione nel B.U.R. - Affissione dell’avviso sull’albo pretorio - TU in materia di espropriazioni - Pubblici proclami - Destinatari superiore a 50. La tesi della non soggezione del procedimento inaugurato dalla richiesta di autorizzazione alla realizzazione di una linea elettrica, non può essere condivisa alla luce dell’insegnamento dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. decisione n. 14 del 15 settembre 1999) secondo cui "il procedimento che si conclude con la dichiarazione di P. U. è un procedimento autonomo, e non un sub procedimento del più generale procedimento amministrativo, e, pertanto, è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241”. L’obbligo di siffatta comunicazione ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, ha innestato nell'attività amministrativa un elemento di riqualificazione consistente nell'introduzione nel procedimento amministrativo di un principio del contraddittorio personalizzato (vedi, con riferimento alla procedura in esame, Consiglio Stato, sez. IV, 24 dicembre 1999, n. 1948). L’esigenza di assicurare agli interessati la possibilità di esercitare le guarentigie offensive e partecipative plasmate dalla legge n. 241/1990 non può allora essere soddisfatta mercé le formalità pubblicitarie date dalla pubblicazione nel bollettino ufficiale della Regione e dall’affissione dell’avviso sull’albo pretorio. Si deve al riguardo osservare che un sistema di pubblicità volto ad informare la collettività nel suo complesso non costituisce, sul piano formale come su quello sostanziale, un equipollente della comunicazione individuale da indirizzarsi nei confronti dei soggetti direttamente incisi dall’esplicarsi dell’azione amministrativa di stampo ablatorio. La disciplina speciale introdotta dalla legge regionale del 1982, ricalcando gli stilemi previsti dalla normativa statale di cui al TU 11 dicembre 1933, n. 1775, va quindi integrata dall’applicazione delle più garantiste e specifiche disposizioni dettate, in una logica di garanzia del contraddittorio tenuto in non cale dalla regolamentazione anteriore, dagli articoli 7 e seguenti della legge n. 241/1990. Le formalità pubblicitarie in esame non possono poi trovare fondamento nella disciplina dettata da 8. comma 3, della legge n. 241/1990, se solo si considera che le forme di comunicazione non individualizzata ivi contemplate richiedono i presupposti, nella specie all’evidenza mancanti, della concreta valutazione della gravosità dell’avviso personale e della valutazione altrettanto puntuale delle modalità di informazione idonee a soddisfare l’interesse alla conoscenza dell’avvio della procedura amministrativa. Si aggiunga poi che il numero di proprietari interessati dalla procedura, pari a 44 secondo le indicazioni della parte appellante, non assume una dimensione talmente rilevante da configurare in re ipsa una situazione idonea a delineare l’inesigibilità della comunicazione individualizzata. Può essere utile osservare che la disciplina dettata dal sopravvenuto TU in materia di espropriazioni, varato con il D.P.R 8 giugno 2001, n. 327, all’articolo 11, comma 2, ammette la percorribilità della strada dei pubblici proclami per i procedimenti che vedano un numero di destinatari superiore a 50. Pres. GIACCHETTI - Est. CARINGELLA - S.P.A. ENEL (Avv.ti Colombo e Manzi) c. Gandossi ed altro (Avv.ti Petretti e Bonomi) (conferma TAR Lombardia - Brescia n.774/1998). CONSIGLIO DI STATO SEZIONE VI, 08/03/2004, Sentenza n. 1077

Espropriazione - Dichiarazione di pubblica utilità - Carenze degli elaborati progettuali - Garanzie procedimentali - Decreto di occupazione di urgenza - Fattispecie: Urgenza lavori costruzione linea elettrica. Le carenze degli elaborati progettuali non possono costituire valido motivo per depotenziare l’applicazione delle garanzie procedimentali e, per altro assorbente profilo, che una rituale comunicazione dell’avvio del procedimento non risulta intervenuta neanche nella fase successiva all’intervento della dichiarazione di pubblica utilità fino all’emanazione del decreto di occupazione di urgenza con decreto 10.2.1993, n. 1071, necessitante per definizione dell’identificazione compiuta dei destinatari. In ordine al secondo aspetto si deve sottolineare che, per costante giurisprudenza, l’urgenza presupposta dall’articolo 7 comma 1 della legge n. 241 non costituisce una situazione astratta definita in relazione ad una tipologia provvedimentale, ma deve trovare la sua radice in una valutazione concreta dell’interesse pubblico in relazione alla specifica situazione di fatto; valutazione nella specie omessa sia con riferimento all’atto che ha dichiarato la pubblica utilità sia in riferimento al successivo decreto che ha disposto l’occupazione d’urgenza. Pres. GIACCHETTI - Est. CARINGELLA - S.P.A. ENEL (Avv.ti Colombo e Manzi) c. Gandossi ed altro (Avv.ti Petretti e Bonomi) (conferma TAR Lombardia - Brescia n.774/1998). CONSIGLIO DI STATO SEZIONE VI, 08/03/2004, sentenza n. 1077

Realizzazione dei lavori pubblici - Legge provinciale di Trento n. 6/1993 - Procedura espropriativa - dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza - decreto - necessità - potere ablatorio da parte della Pubblica Amministrazione. L’avvio della procedura espropriativa, ai sensi della legge provinciale di Trento 19 febbraio 1993, n. 6, non consegue automaticamente alla sola dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza effetto dell’approvazione del progetto (esecutivo o definitivo) dei lavori, ma postula l’emanazione da parte del dirigente del competente settore dell’amministrazione provinciale di Trento di un apposito decreto di autorizzazione all’esecuzione delle espropriazioni, previo accertamento della regolarità della procedura e della sussistenza di tutti i presupposti di legge. Solo per effetto di tale decreto la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, che, com’è noto, imprime ai beni privati quella particolare qualità o utilità pubblica che lo rende assoggettabile alla procedura espropriativa, può spiegare i suoi effetti, consentendo il legittimo esercizio del potere ablatorio da parte della Pubblica Amministrazione, con la conseguenza che solo per effetto di tale decreto sorge la necessità di limitare il potere dell’Amministrazione, garantendo la proprietà da eventuali abusi di quest’ultima, con l’apposizione dei termini per l’inizio ed il compimento dei lavori e delle espropriazioni. Pres. Costantino - Est. Saltelli - Corona (avv. Cacciavillani e Manzi) c. Provincia Autonoma di Trento e Comune di Canal San Bovo (Conferma T.A.R. del Trentino - Alto Adige, sezione autonoma di Trento, n. 17 del 6 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 febbraio 2004, sentenza n. 393

Espropriazione - Ricostruzione di case distrutte a seguito di espropriazione per la realizzazione di un’opera pubblica - Applicazione analogica della lettera g) dell’art. 9 L. 28/1977 (opere da realizzare in seguito a pubbliche calamità) - Oneri concessori - Non sono dovuti. L’esenzione dagli oneri di urbanizzazione, di cui all’alinea “g”, dell’art. 9 , L. 28 gennaio 1977 n. 28, relativo alle opere da realizzare in seguito a pubbliche calamità, deve ritenersi applicabile al caso della ricostruzione delle case distrutte; sul rilievo che l’onerosità della concessione trova la sua ragion d’essere come corrispettivo delle spese che la collettività si addossa, con vantaggio del concessionario, in conseguenza della concessione edilizia, e che tale presupposto manca nel caso di ricostruzione di ciò che la calamità abbia distrutto. Lo stesso va affermato, evidentemente, per il caso di costruzione in sostituzione di un edificio espropriato e distrutto per realizzare un’opera pubblica, per un volume non maggiore del precedente e nel territorio dello stesso comune. Pres. Frascioni, Est.Carbone - Scatto e altro (Avv.ti Zimbelli e Manzi) c. Comune di Venezia (Avv.ti Gidoni, Marino e Paoletti) - (Riforma T.A.R. Veneto, Sez. II, 13 ottobre 1995, n.1192) CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 23 gennaio 2004, n. 174 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione - decreto di occupazione di urgenza - momento puramente attuativo della dichiarazione di pubblica utilità - approvazione del piano per gli insediamenti produttivi e del progetto di urbanizzazione - effetti - dirigente dell’amministrazione - atto di gestione. Il decreto di occupazione di urgenza, costituisce un momento puramente attuativo della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori che, nel caso di specie, deriva immediatamente e direttamente non già dall’approvazione del progetto di urbanizzazione, bensì dall’approvazione del piano per gli insediamenti produttivi che comporta - come si è visto - la dichiarazione ex lege di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esse previste: è sufficiente rilevare al riguardo che la previsione della realizzazione di opere di urbanizzazione era contenuta effettivamente nelle stesse delibere di adozione e di approvazione del piano per gli insediamenti produttivi. Il decreto di occupazione, che correttamente risulta essere stato emanato dal dirigente dell’amministrazione, trattandosi di un atto di gestione (C.d.S., sez. IV, 10 gennaio 2002, n. 102), non doveva essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, atteso che le garanzie partecipative si devono realizzare (così com’è avvenuto) con riferimento al provvedimento che ha comportato la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, rispetto al quale il decreto di occupazione costituisce - come detto - mera attuazione, e che comunque era ben nota ai ricorrenti. Consiglio di Stato - Sezione IV, 27 Ottobre 2003, Sentenza n. 6631 (vedi: sentenza per esteso)

Espropriazione per pubblica utilità - "regolarizzazione" e "sanatoria" delle procedure ablatorie illegittime e dei comportamenti illeciti dell’Amministrazione in campo espropriativo - giurisdizione esclusiva del G.A. - occupazione acquisitiva senza titolo del bene per scopi di pubblica utilità - natura della norma - la misura risarcitoria-restitutoria - domanda di "autocondanna" immediata applicabilità dello jus superveniens in campo processuale ai giudizi già pendenti al momento dell’entrata in vigore del t.u. n. 327/2001- sussistenza - le ipotesi di occupazione appropriativa nonché usurpativa - interpretazione dell’art. 43. L'art. 43, comma 3 T.U. n. 327/2001 riveste natura di norma processuale, in quanto introduce - nell’ambito della giurisdizione esclusiva del G.A., espressamente riaffermata in materia dal successivo art. 53, comma 1, con specifico riferimento alle controversie aventi ad oggetto l’applicazione delle disposizioni del T.U. - un istituto affatto nuovo e del tutto sui generis, il quale attribuisce al convenuto (amministrazione o utilizzatore del bene) la facoltà di chiedere al giudice una pronuncia che, in caso di riconoscimento della fondatezza delle pretesa avversaria, converta la misura risarcitoria-restitutoria chiesta dall’attore in quella risarcitoria per equivalente: in altri termini, una sorta di domanda di "autocondanna" (così già icasticamente definita in dottrina), in funzione del "male minore". L’evidenziata natura processuale della norma fa sì che essa - in base al noto e consolidato principio giurisprudenziale (cfr. ad es. Consiglio Stato Ad. plen., 14 febbraio 2001, n. 1; T.A.R. Toscana, 8 giugno 2000, n. 1123) dell'immediata applicabilità dello jus superveniens in campo processuale - debba essere prontamente applicata in tutti i giudizi pendenti: e dunque anche al ricorso, introdotto prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 327/2001. E' evidente la chiara finalità che la norma persegue, attraverso l’introduzione del particolare meccanismo processuale sopra descritto di "regolarizzazione" e "sanatoria" delle procedure ablatorie illegittime e dei comportamenti illeciti dell’Amministrazione in campo espropriativo: tale finalità è pacifica in dottrina ed è stata esplicitamente enunciata nel parere 29 marzo 2001, n. 4/2001 reso sul T.U. dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato, al cui punto 29.4. si afferma che l’art. 43 "mira ad eliminare" le ipotesi di occupazione appropriativa nonché usurpativa. Ma se così è, esso non può che riferirsi, come ogni disposizione di sanatoria, alla situazione pregressa di illegittimità ed illiceità, storicamente e giudizialmente accumulata, in questo caso, dalla P.A. anziché dai privati. Anche perché il perseguimento "a regime" dello stesso scopo, in via preventiva e per le evenienze future, è affidato ad altra norma del T.U., quell’art. 23 che semplifica il sistema, ponendo fine, salvo casi eccezionali espressamente previsti per legge, alla duplicazione dei decreti di esproprio e di urgenza e così consentendo ad un altro passo del parere n. 4/2001 (par. 13.2.) di osservare che "in tal modo si torna alla regola per cui la p.a. realizza l’opera sull’area oramai sua, con riduzione delle ipotesi di occupazione appropriativa (o usurpativa)". TAR EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I - 27 ottobre 2003 sentenza n. 2160 (vedi: sentenza per esteso)

Approvazione di un progetto relativo ad impianto di smaltimento rifiuti - applicazione dei termini dimezzati - provvedimenti di esecuzione di opere di pubblica utilità - procedure di occupazione ed espropriazione delle aree - procedura espropriativa - interesse pubblico - l’approvazione dei progetti relativi ad impianti di trattamento dei rifiuti - modifica l’eventuale diversa destinazione urbanistica dell’area - normativa acceleratoria. Il diniego contestato, in ordine all’approvazione di un progetto relativo ad impianto di smaltimento rifiuti, non può, infatti, sfuggire all’applicazione dei termini dimezzati di cui al citato art. 19, che letteralmente trovava applicazione, tra l’altro, ai provvedimenti di esecuzione di opere di pubblica utilità, ed alle procedure di occupazione ed espropriazione delle aree ad esse destinate. Orbene, non può essere pretermesso, ai fini dell’applicabilità della citata disposizione, che l’approvazione del progetto in argomento avrebbe comportato il rilascio, seppur implicitamente, di una dichiarazione di pubblica utilità delle opere, sulla base di un’apposita previsione normativa (art. 27, comma 5, d.lg. 22/97), e quindi l’integrazione del momento iniziale di una procedura espropriativa. Il tutto, inoltre, era comunque volto alla realizzazione di un’opera di pubblica utilità, espressione quest’ultima volutamente di portata generale, nel senso della finalizzazione dell’opera da costruire allo scopo di interesse pubblico (quale è senz’altro anche quello relativo all’efficiente smaltimento dei rifiuti, seppur di produzione propria, da parte di aziende legittimamente operanti nel territorio interessato), prescindendo dalla natura - pubblica o privata - del soggetto chiamato a realizzarla. In più, l’approvazione dei progetti relativi ad impianti di trattamento dei rifiuti, come si accennava, ha l’effetto, sempre ai sensi dell’art. 27, comma 5, d.lg 22/97, di modificare l’eventuale diversa destinazione urbanistica dell’area. Il fatto poi di essere al cospetto di un provvedimento di tipo negativo - nella specie è stata respinta l’istanza di un soggetto privato relativamente alla realizzazione di un’opera di pubblica utilità - non costituisce elemento di per sé sufficiente ai fini di escludere l’applicazione dei risvolti processuali della normativa acceleratoria in argomento. Consiglio di Stato Sezione V - 1 ottobre 2003, Sentenza n. 5679

Infrastrutture di telecomunicazione - opere private di pubblica utilità - sussistenza del potere espropriativo in capo al Comune - poteri di pianificazione urbanistica - potere di espropriare le aree inedificate. La sussistenza del potere espropriativo in capo al Comune per la realizzazione di siffatte opere private di pubblica utilità discende dalla spettanza, ai Comuni, dei poteri di pianificazione urbanistica al fine della corretta localizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione (art. 8, l. n. 36/2001); in tale ottica, l’espropriazione appare strumentale alla corretta pianificazione e inserimento nel tessuto urbano di tali opere. Deve ritenersi sussistente un potere generale del Comune di espropriare le aree inedificate, al fine della corretta attuazione del piano regolatore, ora sancito dall’art. 7, co. 1, lett. a), t.u delle espropriazioni (<<Il Comune può espropriare: a) le aree inedificate e quelle su cui vi siano costruzioni in contrasto con la destinazione di zona o abbiano carattere provvisorio, a seguito dell'approvazione del piano regolatore generale, per consentirne l'ordinata attuazione nelle zone di espansione>>), che ha recepito la previsione di cui all’art. 18, co. 1, l. 17 agosto 1942, n. 1150 (<<18. Espropriabilità delle aree urbane. In conseguenza dell'approvazione del piano regolatore generale i Comuni, allo scopo di predisporre l'ordinata attuazione del piano medesimo, hanno facoltà di espropriare entro le zone di espansione dell'aggregato urbano di cui al n. 2 dell'art. 7 le aree inedificate e quelle su cui insistano costruzioni che siano in contrasto con la destinazione di zona ovvero abbiano carattere provvisorio>>). A tale norma generale si aggiunge quella, specifica, di cui all'art. 231, co. 1, d.p.r. n. 156/1973, che consente il ricorso alla procedura di esproprio per l’acquisizione delle aree occorrenti per la realizzazione degli impianti di telecomunicazione e opere accessorie. Ancora, un argomento si trae dall’art. 6, co. 9, T.U. espropria (in vigore dal 1° luglio 2003) a tenore del quale per l’espropriazione finalizzata alla realizzazione di opera privata, autorità espropriante è l’ente che emana il provvedimento da cui deriva la dichiarazione di pubblica utilità. Consiglio di Stato, Sez. VI - 26 agosto 2003 n. 4847

La reiterazione della dichiarazione di pubblica utilità - nuovo procedimento amministrativo strumentale - determinazioni di tutti gli organi amministrativi legittimati ad interloquire e delle osservazioni dei privati - eventuali mutamenti sopravvenuti alla precedente dichiarazione. La reiterazione della dichiarazione di pubblica utilità (scaduta o a qualunque titolo venuta meno), deve avvenire mediante lo svolgimento di un nuovo procedimento amministrativo strumentale alla detta dichiarazione, in modo che si possa tener conto delle determinazioni di tutti gli organi amministrativi legittimati ad interloquire e delle osservazioni dei privati, in ordine all'attuale assetto dei luoghi e degli eventuali mutamenti sopravvenuti alla precedente dichiarazione. Massima Uff. C.d.S - Consiglio di Stato, Sezione IV - 24 luglio 2003, sentenza n. 4230

Gli atti della sequenza procedimentale espropriativa - Comuni sprovvisti dei piani di zona ex lege n. 167 del 1962 - il provvedimento di localizzazione - il decreto di occupazione d’urgenza. Nei comuni sprovvisti dei piani di zona ex lege n. 167 del 1962 o comunque esauriti, il provvedimento di localizzazione adottato a mente dell’art. 51, l. n. 865 del 1971 non presuppone l’intervenuta approvazione da parte della regione, dello strumento urbanistico generale recante la nuova destinazione a edilizia residenziale delle aree espropriande, bensì la semplice adozione e trasmissione in vista dell’approvazione; conseguentemente ben possono adottarsi tutti gli atti della sequenza procedimentale espropriativa, compreso il decreto di occupazione d’urgenza prima dell’approvazione stessa. Consiglio di Stato, Sezione IV, - 30 giugno 2003, Sentenza n. 3896 (vedi: sentenza per esteso)

Dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e urgenza - il termine per impugnare la delibera di approvazione di un progetto - decorrenza - necessità di notifica. Il termine per impugnare la delibera di approvazione di un progetto adottata ai sensi della legge n. 1 del 1978, non decorre, se la delibera, recante dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e urgenza, incide direttamente sulla sfera giuridica di un destinatario determinato, il proprietario dell’area, se non è stata allo stesso comunicata. (C.d.S. sez. IV, 14 giugno 2001 n. 3169). Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040 (vedi: sentenza per esteso)

Partecipazione all’iter procedimentale in materia espropriativa - impone la comunicazione agli interessati dell'avvio del procedimento relativo alla dichiarazione di pubblica utilità - art. 97 Cost. - natura privata dei soggetti agenti. La generale disciplina dettata dal capo III della legge n. 241 del 1990, in tema di partecipazione all’iter procedimentale, trova applicazione anche in materia espropriativa ed impone la comunicazione agli interessati dell'avvio del procedimento relativo alla dichiarazione (anche implicita) di pubblica utilità (cfr. ad es. Consiglio Stato a. plen., 15 settembre 1999, n. 14). La ratio sottesa alle norme in tema di garanzie partecipative, connessa all’attuazione dei principi di cui all'art. 97 Cost. in un sistema quindi caratterizzato dalla democraticità delle decisioni e della accessibilità dei documenti amministrativi, in cui l'adeguatezza dell'istruttoria si valuta anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire, non può ritenersi superata dalla mera conoscibilità derivante da sistemi di pubblicazione assolutamente inidonei nei confronti di soggetti direttamente incisi nell’ambito della propria sfera, personale e patrimoniale, giuridicamente rilevante. Nessun rilievo può poi attribuirsi alla natura privata dei soggetti agenti, quali concessionari ed appaltatori dell’amministrazione: infatti, se per un verso gli stessi agiscono sulla scorta di un potere derivato dall’amministrazione e regolato dalle medesime norme, per un altro ragionando in senso contrario si giungerebbe ad una soluzione la quale, oltre ad apparire irragionevole e possibile fonte di tentativi di elusione delle garanzie suddette, comporterebbe una evidente disparità di trattamento costituzionalmente censurabile. A quest’ultimo proposito, costituisce principio pacifico quello per cui, in caso di dubbi interpretativi, occorre dare prevalenza all’opzione ermeneutica conforme ai principi costituzionali (cfr. ad es. Corte costituzionale 28 maggio 1999, n. 197). Tribunale Amministrativo Regionale Liguria, sezione I, 30 Aprile 2003- sentenza n. 544

Procedure espropriative - giurisdizione del giudice amministrativo - espropriazione per pubblica utilità indirizzate alla gestione del territorio ed all'attuazione degli obiettivi programmati con quegli strumenti. In materia di procedure espropriative la giurisdizione del giudice amministrativo viene altresì in rilievo in termini esclusivi ai sensi dell’art. 34 d.lgs. 80\98: al riguardo, secondo la prevalente opinione espressa dal giudice amministrativo ai sensi dell’art. 34 cit. la materia urbanistica comprende "tutti gli aspetti dell'uso del territorio", inclusi, pertanto, i procedimenti di esproprio sotto il profilo della cognizione sia degli atti e dei provvedimenti che dei comportamenti della pubblica amministrazione (cfr. ad es. Consiglio Stato sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169 e T.A.R. Toscana sez. I, 25 febbraio 2002, n. 375). Nella medesima direzione si è mossa altresì la prevalente giurisprudenza del Giudice ordinario, per cui la norma in esame va interpretata nel senso che nella nozione di urbanistica individuata dal comma 2 rientrano anche le controversie che nascono da atti, provvedimenti e comportamenti relativi a procedure di espropriazione per pubblica utilità indirizzate alla gestione del territorio ed all'attuazione degli obiettivi programmati con quegli strumenti (cfr. ad es. Cassazione civile sez. un., 25 maggio 2000,ord. n. 43 e Tribunale Trani, 22 gennaio 2001). Tribunale Amministrativo Regionale Liguria, sezione I, 30 Aprile 2003- sentenza n. 544

Contestazione della legittimità della procedura di esproprio - la carenza della verifica della fattibilità urbanistica e ambientale dell’intervento - l’impugnazione di un provvedimento - lesività concreta ed attuale. Se per un verso il proprietario inciso ben può contestare la legittimità di ogni aspetto della procedura di esproprio, come ad esempio la carenza della verifica della fattibilità non solo urbanistica ma anche ambientale dell’intervento, dall’altro lato appare ormai superata la tradizionale opinione a tenore della quale l’impugnazione di un provvedimento, in materia ad esempio edilizia, non possa coinvolgere aspetti ricollegabili a distinti, pur se connessi, interessi pubblici, quali quelli di carattere ambientale (cfr. ad es. Consiglio Stato sez.V, 9 febbraio 1989 n. 102); infatti, la complessità dei procedimenti coinvolgenti una pluralità di interessi e funzioni, e conseguentemente di soggetti, se da un punto di vista procedimentale ha comportato il sorgere di istituti (quali ad esempio gli accordi procedimentali, le conferenze di servizi) diretti a garantire la contestuale acquisizione dei diversi contributi, dal lato processuale non appare conforme ai principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24, 97, 103 e 113 (fra cui assumono rilievo ragionevolezza, diritto di difesa, buon andamento, imparzialità) escludere la possibilità di contestare, nell’ambito dell’impugnazione del provvedimento definitivo, ogni eventuale e presunta illegittimità emersa nel corso del procedimento, la quale non può che sfociare nell’unico atto direttamente impugnabile alla luce della relativa lesività concreta ed attuale. Tribunale Amministrativo Regionale Liguria, sezione I, 30 Aprile 2003- sentenza n. 544

Espropriazione in carenza di potere - il decreto assessoriale dichiarativo della pubblica utilità con l´indicazione del termine per l´esecuzione dei lavori. Nel caso in cui il Comune ritiene che rientra nella sua competenza di completare, in via di integrazione, il decreto assessoriale dichiarativo della pubblica utilità con l´indicazione del termine per l´esecuzione dei lavori (precedentemente omessa) non si versa in una ipotesi di espropriazione in carenza di potere. Ai fini del "simultaneus processus" voluto dal legislatore con la legge n. 205 del 2000, e precisamente, ai fini dell´impugnazione con motivi aggiunti, di cui all´art. 21 prima comma legge Tar, all'ipotesi di documento nuovo deve essere assimilata quella di documento esistente ma non conosciuto per causa non imputabile alle parti. E´ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 31 marzo 1998 e della L. 21 luglio 2000, n. 205, per contrasto con gli artt. 24, 113 e 42 della Costituzione, per non essere stata regolata in via transitoria la sorte di quelle procedure espropriative ritenute emesse in carenza di potere espropriativo e i cui provvedimenti venivano dal G.O. disapplicati, in quanto in questo caso - a differenza che nell´ipotesi della devoluzione delle controversie sul pubblico impiego (in cui è stata stabilita la "perpetuatio" della giurisdizione del giudice amministrativo) - il legislatore costituzionale si è attenuto alla regola generale sancita dall´art. 5 del c.p.c., secondo cui la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 26 marzo 2003, n. 4

P.e.e.p. - procedura espropriativa. Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 38 della l. n. 865 del 1971, la mancanza del programma pluriennale di attuazione non si configura come limite al corretto esercizio della procedura espropriativa delle aree comprese nei piani approvati, bensì soltanto come impedimento alla cessione delle aree in regime di proprietà, dovendo la loro utilizzazione avvenire esclusivamente in regime di superficie. Consiglio di Stato, Sezione IV, 25 marzo 2003 Sentenza n. 1545 (vedi: sentenza per esteso)

L'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità - scadenza dei termini - l'automatismo delle proroghe - la scadenza del termine per il compimento dei lavori e della procedura espropriativa - dichiarazione di pubblica utilità. L'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità consegue, però, alla scadenza di tutti e quattro i termini, (data di inizio e compimento delle procedure espropriative, dell'inizio e compimento dei lavori) come ripetutamente affermato dalla Cassazione in Sezione Unite: 1989 n. 2078; 1995 n.4987; 1998 n. 5144; 1998 n.4571; 1990 n. 11553; 1996 n.4717; 1995 n.1962. Pertanto, solo con la scadenza dell'ultimo termine (compimento dei lavori) poteva, concorrendone le altre condizioni, verificarsi l'acquisto, a favore del Comune espropriante, dei terreni in questione. L'automatismo delle proroghe invocate dalla ricorrente (Cass. 1995 n. 7807; 1996 n.6649; 1997 n.3798) non vale a spostare la scadenza del termine per il compimento dei lavori e della procedura espropriativa, perché si riferisce alla occupazione d'urgenza e non ai - diversi - termini fissati in sede di dichiarazione di pubblica utilità. Cassazione civile, sez. I, 15 luglio 2002, n. 10251

La dichiarazione di pubblica utilità dell'opera - l'indicazione della data di inizio e compimento delle procedure espropriative, dell'inizio e compimento dei lavori - il potere espropriativo della pubblica amministrazione, a tutela dell'interesse pubblico e privato - termini. La dichiarazione di pubblica utilità dell'opera (deve seguire all'approvazione del progetto) deve contenere l'indicazione della data di inizio e compimento delle procedure espropriative, dell'inizio e compimento dei lavori (Consiglio di Stato IV, 1997 n.1383). Si tratta di indicazioni necessarie, ai sensi dell'art. 13 l. s. 2359-1865, per delimitare, nel tempo, il potere espropriativo della pubblica amministrazione, a tutela dell'interesse pubblico e privato (Cass. S. U. 1997 n.1907). Cassazione civile, sez. I, 15 luglio 2002, n. 10251

La dichiarazione di pubblica utilità - procedimento espropriativo. La dichiarazione di pubblica utilità costituisce la base comune su cui poggiano sia il procedimento espropriativo comma 9 dell'art. 9 del D.P.R. 18 marzo 1965 n. 342 - a tenore del quale "i decreti di autorizzazione in via provvisoria di cui all'art. 113 del T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775, hanno anche essi efficacia di dichiarazione di indifferibilità ed urgenza" - deve essere interpretato sistematicamente in relazione sia ai principi giuridici di ordine generale sopra enunciati, sia al contenuto del comma 8 dello stesso art. 9 D.P.R. n. 362 del 1965 in base al quale "i decreti di autorizzazione degli elettrodotti da costruirsi da parte dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica hanno efficacia di dichiarazione di pubblica utilità nonché di indifferibilità ed urgenza delle opere relative agli elettrodotti medesimi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 71 della L. 25 giugno 1865, n. 2359 e successive modificazioni". TAR Campania-Napoli, Sez. V - Sentenza 11 giugno 2002 n. 3386 (vedi: sentenza per esteso) Urbanistica - uso del territorio - procedure espropriative - competenza del giudice ordinario se il soggetto pubblico agisce uti dominus. Il Collegio è a conoscenza dell’orientamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, espresso con la sentenza 14 luglio 2000 n.494/2001 e nell’ordinanza 25 maggio 2000 n.43 di rimessione alla Corte delle Leggi, secondo cui la formula adottata dall’art.34 comma 2 D.Lgs. 31 marzo 1998 n.80 si presta ad essere intesa come volta ad abbracciare la totalità degli aspetti dell’uso del territorio, ivi compreso quello gestionale, e che pertanto possono dirsi attribuite al giudice amministrativo anche le controversie relative a diritti soggettivi connessi a comportamenti materiali della pubblica amministrazione in procedure espropriative finalizzate alla gestione del territorio. Tuttavia il Collegio ritiene che la controversia in esame (nella specie, il Comune di S. Giorgio a Cremano aveva realizzato un varco di accesso ad un area adiacente il fabbricato di proprietà del ricorrente, e posizionato diversi contenitori per la nettezza urbana), presenti profili stigmatizzanti che non consentano in alcun modo il suo inquadramento nell’ambito del concetto di urbanistica, pur essendo esso oggetto di una tale ampliante rivisitazione, atteso che la P.A. opera nel caso di specie non quale soggetto pubblico che, per esigenze della medesima natura, conculca sine titulo la proprietà privata, bensì quale persona giuridica che agisce uti dominus, ovverosia riconoscendosi ex ante titolare di diritto dominicale sull’area in contestazione acquisito attraverso un atto traslativo di natura squisitamente privatistica. Ne deriva che l’oggetto del giudizio consiste appunto nell’indagine dell’effettiva ascrizione del diritto dominicale, che è di sicura attrazione alla sfera della potestà di ius dicere del giudice ordinario, in quanto al di fuori di ogni procedura espropriativa. Il comportamento materiale dell’amministrazione resistente, al quale parte ricorrente annette ragione di danno, non va quindi inquadrato nel contesto pubblicistico di un’attività appropriativa, sia pure di fatto, ma è semplicemente espressione delle facoltà di godimento connesse al diritto di proprietà che l’Amministrazione ritiene gravante sull’area. La giurisdizione va quindi declinata a favore del giudice ordinario. TAR Campania - Napoli, Sez. IV - Sentenza 7 febbraio 2002 n. 729.  

Partecipazione del privato al procedimento amministrativo - Il principio è applicabile anche ai procedimenti ablativi per occupazione d’urgenza. La L. 241/90 sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo consente al privato di partecipare al procedimento prima dell’inizio dei lavori e della ablazione degli immobili, né può sostenersi che la generica dichiarazione di indifferibilità e urgenza sia idonea ad esonerare l’Amministrazione dal suddetto onere. Il principio del contraddittorio in tema di procedimento amministrativo, introdotto dalla legge 241 del 1990 impone l’obbligo della partecipazione al procedimento dei soggetti incisi dall’atto finale ovvero l’intervento dei soggetti che comunque possano riceverne un pregiudizio. Tale principio si pone dunque come momento essenziale nell’esercizio dell’attività autoritativa della P.A., tendenzialmente finalizzato alla realizzazione del giusto procedimento e della trasparenza, e pertanto preordinato al concreto raggiungimento di quel coordinamento dell’interesse pubblico con gli interessi dei soggetti privati coinvolti, che permette la realizzazione dei fini istituzionali dell’ente pubblico con il minor sacrificio possibile delle situazioni giuridiche soggettive dei privati.A tal proposito la giurisprudenza, nell’interpretare l’impianto normativo costituito dagli artt. 7 e 8 della legge 241/90, ha avuto più volte occasione di affermare che il principio della partecipazione del privato all’azione amministrativa ha una portata di carattere generale che non ammette deroghe se non nei casi espressamente previsti ed ancora, sia pure dopo una iniziale oscillazione, che il suddetto principio è comunque applicabile anche ai procedimenti ablativi per occupazione d’urgenza, ancorché per gli stessi procedimenti siano già previste dagli artt. 10 e 11 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 specifiche forme di pubblicità (v. ad es. Cons. Stato, IV, 30.04.1999, n. 753). TAR Lazio, SEZ. I TER - Sentenza 28 luglio 2001 n. 6851

Espropriazione - l'inedificabilità dei terreni prospicienti i tracciati autostradali - distanza dal ciglio autostradale - inedificabilità senza indennizzo - previsioni dei PRG. In materia di espropriazione, l'inedificabilità dei terreni prospicienti i tracciati autostradali non è legittimamente indennizzabile tutte le volte in cui il relativo vincolo risulti conseguenza della collocazione dei terreni stessi nell'ambito della distanza dal ciglio autostradale previsto dalle disposizioni di legge di cui agli art. 41 della legge urbanistica del 1942 (come modificato dall'art. 19 della legge n. 765 del 1967, dal d.m. 1 aprile 1968, nonché dall'art. 9 della legge n. 729 del 1961, che fissano fasce di inedificabilità senza indennizzo di varia misura dalle strade ed autostrade), e dal conseguente vincolo assoluto imposto da detta normativa, e non già dalle previsioni dei PRG in vigore nella zona, ovvero delle relative (e successive) varianti. Cassazione civile, sez. I, 17 gennaio 2001, n. 556

Variante al piano di fabbricazione - aree da espropriare caratterizzate da destinazione originariamente agricola - nuova destinazione - indennizzo del privato non commisurato alla acquisita natura del bene - principio generale della irrilevanza della modificazione valore del suolo "in melius". In tema di espropriazione, se, prima della introduzione di una variante al piano di fabbricazione che individui l'ubicazione delle erigende opere pubbliche (nella specie, edifici universitari), le relative aree da espropriare siano caratterizzate da una destinazione originariamente agricola (tale da comportare un indice di edificabilità sensibilmente inferiore a quella poi risultante dalla specifica utilizzazione pubblica prevista dalla cennata variante), alla nuova, specifica destinazione, di carattere prodromico rispetto all'espropriazione, non consegue il diritto del privato ad un indennizzo commisurato alla acquisita natura edificatoria del bene, atteso che il generale principio della irrilevanza della modificazione del valore edificatorio di un suolo non può non operare, oltre che nei casi in cui dalla apposizione di un vincolo pubblicistico derivi una diminuzione del valore economico della "res", anche in quelli in cui si verifichi, all'opposto, un incremento di tale valore, quale conseguenza di una modificazione "in melius" (prevista, peraltro, in funzione dell'attuazione concreta di un fine di pubblica utilità, e non a titolo di gratuito beneficio della categoria dei privati proprietari), consistente nella utilizzabilità edificatoria del suolo nell'ambito della pianificazione urbanistica. L'affermazione dell'opposto principio porterebbe, difatti, a ritenere che qualsiasi area a destinazione agricola dovrebbe essere valutata come edificatoria sol perchè scelta per la localizzazione dell'"opus publicum", posto che, prima che questa venga materialmente eseguita, va approvata la variante allo strumento urbanistico, e che i lavori, disposta normalmente l'occupazione d'urgenza, vengono quantomeno iniziati prima del verificarsi della vicenda ablativa. Cassazione civile, sez. I, 22 febbraio 2000, n. 1987

I vincoli di inedificabilità generali concretano un modo di essere della proprietà immobiliare - considerati conformativi - non indennizzabili - se sono derogabili una volta approvata la deroga incidono sulla valutazione del bene stesso. I vincoli di inedificabilità generali concretano un modo d'essere della proprietà immobiliare e, in quanto investono una pluralità indifferenziata di proprietà (in funzione delle caratteristiche del bene o del rapporto, di norma spaziale, con un'opera o un bene pubblico) vengono considerati conformativi e non suscettibili d'indennizzo. Ne deriva che tali vincoli, se sono inderogabili, incidono sulla qualificazione del bene; se, invece, sono derogabili (relativi), una volta approvata la deroga essi incidono sulla valutazione del bene stesso. (La S.C. ha così cassato la sentenza che aveva qualificato come edificabile un suolo ricadente in zona classificata come B/2 e ricadente nella fascia ferroviaria di rispetto di cui all'art. 49 del d.P.R. n. 753 del 1980, senza che la riduzione della distanza di rispetto risultasse autorizzata ai sensi dell'art. 60 dello stesso d.P.R.). Cassazione civile, sez. I, 4 febbraio 2000, n. 1220  

Disciplina della materia relativa all'indennità per l'occupazione di suoli a vocazione edificatoria - valutazione e determinazione dell'indennità - procedimento di occupazione preliminare come fase subprocedimentale del procedimento espropriativo. La materia relativa all'indennità per la occupazione di suoli a vocazione edificatoria, preordinata alla successiva espropriazione, deve ritenersi assoggettata alla disciplina generale di cui all'art. 72, comma 4, della l. n. 2359 del 1865, (il cui disposto trova generale applicazione in assenza di eventuali disposizioni che stabiliscano diversi criteri), la quale è da interpretarsi nel senso che all'immobile va attribuito il medesimo valore, tanto per la determinazione dell'indennità per l'occupazione quanto per quella dell'indennità relativa alla successiva espropriazione; ciò in quanto il procedimento per l'occupazione preliminare non si prospetta come autonomo e meramente collegato a quello espropriativo, ma rappresenta una mera fase subprocedimentale di quest'ultimo, ed attese, inoltre, l'omogeneità morfologica e funzionale delle indennità spettanti al proprietario in relazione a ciascuno dei due fenomeni, e la conseguente perdita di autonomia, sotto un tale profilo, della indennità di occupazione rispetto a quella di espropriazione. Da ciò consegue che l'indennità di occupazione, ove determinabile, appunto, ai sensi del citato art. 72, comma 4, della l. n. 2359 del 1865, deve essere sempre liquidata in misura corrispondente ad una percentuale (legittimamente identificabile nel saggio degli interessi legali) dell'indennità che sarebbe dovuta per l'espropriazione dell'area occupata, e non anche con riferimento al valore del bene; ciò anche nel caso in cui la determinazione (o la rideterminazione giudiziale) dell'indennità di espropriazione sia soggetta ai criteri riduttivi di cui all'art. 5 bis introdotto nel d.l. 11 del 1992 n. 333 con la legge di conversione 8 agosto 1992 n. 359. Da ciò consegue altresì che, anche nell'ipotesi in cui l'ablazione della proprietà finisca per derivare poi - in difetto di un valido ed efficace provvedimento finale espropriativo - da un fenomeno di occupazione appropriativa (e quindi per il proprietario finisca per rendersi configurabile non già il diritto all'indennità di espropriazione, bensì quello al risarcimento del danno), l'indennità di occupazione debba essere pur sempre determinata con riferimento al parametro virtuale rappresentato dall'indennità che sarebbe stata dovuta per l'espropriazione, ove il procedimento ablatorio espropriativo fosse sfociato nella sua naturale e prevista, fisiologica conclusione. Cassazione civile, sez. I, 4 febbraio 2000, n. 1210 

Nell'approvazione del progetto di opera pubblica è applicabile in via analogica la disciplina sulla partecipazione della dichiarazione di pubblica utilità esplicita. La disposizione sull'obbligo di dare avviso dell'avvio del procedimento di cui all'art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241, rende applicabile in via analogica alla dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione di progetto di opera pubblica, la disciplina sulla partecipazione nella dichiarazione di pubblica utilità esplicita. Consiglio di Stato Ad. Plen., 24 gennaio 2000, n. 2

Conclusione del procedimento espropriativo con un contratto di cessione volontaria - sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dei criteri di determinazione del prezzo - giurisdizione. Quando il procedimento espropriativo si conclude con un contratto di cessione volontaria in base al prezzo determinato dalla l. n. 385 del 1980, salvo successivo conguaglio, la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dei criteri di cui alla suddetta legge implica il diritto del cedente di ottenere, rispetto a quanto già incassato a titolo di accordo, la maggiore entità del prezzo definitivo, ma la relativa domanda, non rientrando tra le specifiche previsioni dell'art. 19 l. n. 865 del 1971, che, in via eccezionale, riserva alla corte d'appello le sole controversie relative all'opposizione alla stima definitiva, resta soggetta ai comuni criteri di determinazione della competenza, e, perciò, va rimessa alla cognizione del giudice di primo grado competente per valore. Cassazione civile, sez. I, 21 gennaio 2000, n. 655

Occupazione e trasformazione del immobile - mancanza di valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità - pregiudizio al privato - ristoro sotto forma di risarcimento e non di indennità - la determinazione prescinde dai criteri riduttivi. Nel caso di occupazione e successiva trasformazione di un immobile non assistita da valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, il pregiudizio cagionato al privato dalla privazione della disponibilità del bene durante l'occupazione temporanea esige ristoro sotto forma di risarcimento e non di indennità, e la determinazione del danno risarcibile (da corrispondersi nella sua interezza da parte della p.a.) prescinde del tutto dai criteri riduttivi di cui all'art. 3, comma 65, della l. n. 662 del 1996. Cassazione civile, sez. I, 18 gennaio 2000, n. 479  
 
Determinazione dell'indennità di esproprio di terreni a vocazione non edificatoria - suddivisione delle aree in due sole categorie - limiti tabellari. Ai fini della determinazione dell'indennità di esproprio di terreni a vocazione non edificatoria siti nella Provincia di Trento - anche per la quale opera la suddivisione delle aree nelle due sole categorie di cui all'art. 5 bis della l. n. 359 del 1992 - il giudice dell'opposizione alla stima deve fare applicazione della disciplina di cui all'art. 28 della legge provinciale n. 31 del 1972, come modificato dalla legge provinciale n. 14 del 1983, e deve pertanto stabilire il valore del terreno espropriato tra i limiti tabellari minimo e massimo stabiliti dalla competente commissione per ciascuna coltura in relazione alle singole zone agrarie. Cassazione civile, sez. I, 5 gennaio 2000, n. 50

Avvio del procedimento - comunicazione - dichiarazione di pubblica utilità e indifferibilità ed urgenza implicita nella approvazione del progetto. La comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241 deve essere inviata ai soggetti interessati anche nel caso in cui la dichiarazione di pubblica utilità e d'indifferibilità ad urgenza dell'opera realizzanda sia implicita nell'approvazione del progetto da parte dell'organo competente. Consiglio di Stato Sez. IV, 21 dicembre 1999, n. 1902

Mancata emissione del decreto di esproprio entro il periodo di occupazione autorizzata - illegittima l'impossibilità di restituzione del fondo alla scadenza - termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno. La mancata emissione del decreto di esproprio entro il periodo di occupazione autorizzata, nel quale la p.a. può procedere a tutte le operazioni dirette alla realizzazione dell'opera pubblica, rende illegittima l'impossibilità di restituzione del fondo alla scadenza, da cui logicamente consegue la perdita della proprietà del privato e l'acquisto a titolo originario a favore dell'ente pubblico: ne consegue che è dalla scadenza dell'occupazione autorizzata, che decorre il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno. Cassazione civile, sez. I, 21 dicembre 1999, n. 14357  
 

Valutazione edificabilità delle aree - vincolo preordinato all'esproprio - principio giurisprudenziale consolidato - stima dell'area espropriata secondo la qualità edificatoria o meno dell'area. La norma dell'art. 5 bis della l. n. 359 del 1992, laddove stabilisce che, per la valutazione della edificabilità delle aree, si devono considerare le possibilità legali ed effettive di edificazione, esistenti al momento dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, secondo la lettura che ne ha dato la Corte cost. nella sentenza n. 442 del 1993, per poter essere considerata conforme a Costituzione, deve essere intesa nel senso che il legislatore con essa abbia voluto consacrare il principio giurisprudenziale consolidato, secondo cui nella stima dell'area espropriata non si deve tenere conto del vincolo espropriativo, conseguendone che, alla valutazione del bene a fini indennitari, si deve procedere sulla base di una ricognizione della qualità edificatoria o meno dell'area espropriata, che sia pienamente aderente alle possibilità "legali ed effettive" di edificazione, sussistenti al momento del verificarsi della vicenda ablativa, cioè del decreto di espropriazione. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che la sentenza di merito impugnata avesse fatto corretta applicazione di tali principi, laddove aveva dato rilievo, sulla base degli accertamenti espletati da una consulenza tecnica, alla circostanza che il suolo espropriato ricadeva in una zona di espansione dell'adottato piano regolatore generale comunale, era stato poi inserito nel piano di zona di cui alla l. n. 167 del 1962 ed era ubicato in zona urbanizzata intorno al 1980 e sita a poca distanza da strade importanti). Cassazione civile, sez. I, 19 novembre 1999, n. 12861  

Immissioni provenienti da opere pubbliche - ragioni di danno indennizzabile nei confronti della proprietà che le subisce - danno particolare e permanente - tollerabilità. Le immissioni provenienti da un'opera pubblica possono costituire ragioni di danno indennizzabile ai sensi dell'art. 46 della l. n. 2359 del 1865 a condizione che nei confronti della proprietà che le subisce costituiscano fattore di danno particolare permanente superiore alla normale tollerabilità. Cassazione civile, sez. I, 19 novembre 1999, n. 12853 

Indissolubile collegamento tra indennità di espropriazione e momento del trasferimento della proprietà del bene attraverso l'espropriazione per pubblica utilità - necessità del provvedimento ablativo - decreto di espropriazione come condizione dell'azione avente ad oggetto la determinazione dell'indennità.- Dato l'indissolubile collegamento che esiste tra indennità di espropriazione e momento del trasferimento della proprietà del bene attraverso l'espropriazione per pubblica utilità, non può addivenirsi ad una statuizione sull'ammontare dell'indennità definitiva se non in presenza del provvedimento ablatorio e pertanto, il decreto di espropriazione costituisce una condizione dell'azione avente ad oggetto la determinazione, in modo non più modificabile o revocabile e impugnabile, dell'indennità suddetta; tale principio trova applicazione, se non diversamente disposto, anche nei procedimenti non disciplinati dalle leggi n. 2359 del 1865 e n. 865 del 1971 e quindi il decreto di esproprio si configura quale condizione dell'azione anche nel giudizio, devoluto alla cognizione della Giunta speciale per le espropriazioni presso la Corte d'appello di Napoli, avente ad oggetto la determinazione delle indennità di cui all'art. 18 d.l.lt. n. 219 del 1919, convertito nella l. n. 1290 del 1921, spettanti ai proprietari in conseguenza delle espropriazioni di immobili nel comune di Napoli strumentali all'attuazione del Programma straordinario di edilizia residenziale nell'area metropolitana di Napoli di cui alla l. n. 219 del 1981. Cassazione civile, sez. unite, 25 ottobre 1999, n. 746

La cessione volontaria da luogo a una forma alternativa del procedimento espropriativo mediante l'utilizzazione di uno strumento privatistico - soggetto ai principi civilisti che regolano la conclusione dei contratti - soggetto a norme imperative per la determinazione del prezzo - in caso di inadempimento trovano applicazione le norme sulla risoluzione del contratto - manifestazione di volontà del privato in riferimento ad un prezzo determinato dalla pubblica amministrazione dettate in violazione delle norme imperative. In materia di espropriazione per pubblica utilità, la "cessione volontaria" dà luogo ad una forma alternativa di realizzazione del procedimento espropriativo, mediante l'utilizzazione di uno strumento privatistico soggetto ai principi civilistici che regolano la conclusione dei contratti e, per alcuni aspetti, tra cui in particolare la determinazione del prezzo, a norme imperative; pertanto, da un lato, in caso di inadempimento trovano applicazione le norme sulla risoluzione del contratto, dall'altro la manifestazione di volontà del privato in riferimento ad un prezzo, che sia stato determinato dalla p.a., non sulla base dei criteri legali ma in violazione delle norme imperative dettate ad integrazione del contenuto necessario del contratto, è priva di efficacia negoziale pubblicistica e dotata della efficacia privatistica, salva la possibilità dell'espropriato, una volta rimosso il formale titolo d'acquisto per intervenuta risoluzione del contratto, di richiedere il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento che ha dato luogo alla risoluzione.  Cassazione civile, sez. I, 12 ottobre 1999, n. 11435

Giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento al accertamento della invalidità del decreto di espropriazione e del provvedimento di determinazione della indennità. In tema di espropriazione per pubblica utilità, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alla domanda, con la quale si chieda l'accertamento della invalidità del decreto di espropriazione e del provvedimento di determinazione della indennità, in quanto derivata dalla illegittimità degli atti e del procedimento che ne costituiscono il presupposto e particolarmente dalla circostanza che la p.a. abbia inesattamente individuato come applicabile all'esproprio in concreto realizzato un tipo di procedimento espropriativo diverso da quello previsto dalla legge, poichè in tal caso si lamenta la lesione dell'interesse legittimo alla regolarità dell'azione amministrativa ed al giusto procedimento, denunciandosi non già l'esplicazione da parte della p.a. di un'attività senza averne avuto assolutamente il potere, ma soltanto un cattivo esercizio del potere stesso, con la conseguenza che la controversia non potrebbe essere portata avanti al giudice ordinario, postulandosi da parte sua la determinazione dell'indennità adeguata al tipo di procedimento che sarebbe stato applicabile nella specie, previa disapplicazione del provvedimento determinativo dell'indennità (in conformità al tipo di procedimento erroneamente adottato), e dovendosi, in ogni caso, tenere conto che la stessa scelta operata dalla p.a. tra i procedimenti ablatori apprestati dall'ordinamento in relazione alle diverse finalità perseguite con l'esproprio, non è mai sindacabile dal giudice ordinario, neanche ai soli effetti della determinazione dell'indennità. (Nella specie si era lamentato che la p.a. aveva adottato il procedimento ablativo di cui alla l. n. 865 del 1971 con riferimento ad un'ipotesi disciplinata dalle disposizioni dell'art. 12 della l. n. 167 del 1962 in relazione all'art. 147 del t.u. n. 1523 del 1967). Cassazione civile, sez. un. (ord.), 27 maggio 1999, n. 308  
 
Determinazione dell'indennità di esproprio - terreni senza vocazione edificatoria e utilizzazione differente a quella agricola - valutazione secondo parametri omogenei a quelli utilizzati per i terreni agricoli. In tema di determinazione dell'indennità di esproprio, i terreni che non abbiano vocazione edificatoria, anche se suscettibili di una utilizzazione differente da quella agricola, devono essere valutati secondo parametri omogenei a quelli utilizzati per i terreni agricoli ed alcun rilievo assume la pregressa e non più in atto utilizzazione industriale quale attività estrattiva di cava del terreno. Cassazione civile, sez. I, 26 maggio 1999, n. 5085  

P.e.e.p.- disegno normativo volto a inquadrare l'acquisizione delle aree in uno strumento urbanistico più ampio - non può essere in contrasto con un precedente piano urbanistico generale - il fatto che un terreno sia compresso nel p.e.e.p. è di per se elemento giustificativo del carattere edificatorio medesimo. Il piano di edilizia economica e popolare (P.e.e.p.) rientra in un disegno normativo volto a consentire che l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare sia inquadrato in uno strumento urbanistico più ampio, sicchè esso non può essere in contrasto con un precedente piano urbanistico generale, di cui costituisce pur sempre l'attuazione nella versione originaria o in quella modificata dal P.e.e.p., che del P.r.g. ha effetto di variante. Il fatto stesso, quindi, che un terreno sia compreso nel P.e.e.p., che del P.r.g. costituisce attuazione o variante, è di per sè elemento giustificativo del legale carattere edificatorio del terreno medesimo, sia pure nei limiti che il P.e.e.p. consente, con la conseguenza che, nella valutazione della natura edificabile del terreno secondo diritto, non è sufficiente fare riferimento al P.r.g. nella sua originaria formulazione, ma occorre tenere presente la destinazione che quel terreno abbia assunto nel P.e.e.p., onde riconoscerne la natura edificatoria e valutarne le caratteristiche, mentre l'omessa, tempestiva approvazione dei piani attuativi entro cinque anni dall'approvazione del P.r.g. comporta, d'altro canto, il venir meno dei soli vincoli di inedificabilità del suolo (oltre che di quelli preordinati all'esproprio), ma non anche la perdita di efficacia dell'originaria identificazione del suolo stesso in termini di edificabilità, così come originariamente stabilito in sede di elaborazione del P.r.g., con la conseguenza che l'eventuale indennità di occupazione va liquidata con riferimento alla misura degli interessi legali di quella di espropriazione, da determinare tenendo conto del carattere edificabile del suolo. Cassazione civile, sez. I, 20 maggio 1999, n. 4903 

Localizzazione di un impianto sportivo - area di destinazione agricola - variante dell'originario strumento urbanistico - elemento giustificativo del carattere edificatorio del terreno - liquidazione dell'indennità. La localizzazione di un impianto sportivo in un'area avente destinazione agricola comporta, per ciò stesso, variante dell'originario strumento urbanistico, e costituisce, di per sé, elemento giustificativo del carattere edificatorio del terreno ai fini della liquidazione dell'indennità relativa ad una successiva procedura espropriativa. Cassazione civile, sez. I, 26 aprile 1999, n. 4131  
 
Facoltà di sottrarsi alla decurtazione - cessione volontaria del bene - mancanza di accettazione e opposizione alla stima. La pronuncia additiva della Corte cost. n. 283 del 1993, con la quale è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 5 bis, comma 2, del d.l. n. 333 del 1992, convertito in l. n. 359 del 1992, ha introdotto, per i soggetti già espropriati alla data di entrata in vigore della nuova disciplina normativa concernente i criteri per la liquidazione della indennità di espropriazione di cui allo stesso art. 5 bis (semisomma del valore di mercato e del reddito dominicale rivalutato, ridotta del 40%) , la facoltà di sottrarsi alla prevista decurtazione, attraverso l'accettazione della indennità calcolata alla stregua di tali nuovi criteri, per equiparare la posizione di costoro a quella dei soggetti espropriandi, ai quali la nuova legge consente di evitare detta riduzione con le cessione volontaria del bene. Pertanto, nel caso in cui manchi l'accettazione, e venga, invece, proposta opposizione alla stima dell'indennità calcolata secondo i criteri di cui al citato art. 5 bis, la riduzione del 40% va comunque applicata, indipendentemente dalla circostanza che l'opposizione stessa si riveli fondata, nel senso che il valore cui commisurare l'indennità si accerti essere sproporzionato rispetto all'offerta formulata dall'espropriante. Cassazione civile , sez. I, 22 aprile 1999, n. 3994 

Approvazione del progetto - variante non approvata- illegittima occupazione d'urgenza - illegittimità non sanata con l'adozione del piano regolatore da parte del comune. E' illegittima l'occupazione d'urgenza di un'area per la realizzazione di un'opera pubblica il cui progetto sia stato approvato ai sensi dell'art. 1 l. 3 gennaio 1978 n. 1, quando ciò comporti variante allo strumento e tale variante non sia stata ancora approvata. Tale illegittimità non è peraltro sanata con l'adozione da parte del comune del piano regolatore, quantunque la delibera di approvazione sia anteriore alla autorizzazione ad emettere il decreto di occupazione d'urgenza. Consiglio di Stato Sez. IV, 11 marzo 1999, n. 262 

Natura dell'area - un suolo è da considerarsi agricolo quando la sua destinazione sia imposta così dagli strumenti di programmazione dell'uso del territorio - l'utilizzazione agricola non può far venir a meno la natura edificatoria di un terreno definito edificabile dallo strumento urbanistico. In tema di espropriazione per pubblica utilità e di valutazione della natura dell'area oggetto di tale espropriazione, un suolo è da considerarsi agricolo solo quando possa essere ritenuto tale di diritto, nel senso che la destinazione agricola deve essere imposta dagli strumenti di programmazione dell'uso del territorio, atteso che l'espressione "aree agricole" è adottata nell'ambito di una disciplina che fa separato riferimento all'edificabilità o inedificabilità effettiva o di fatto; ne consegue che l'utilizzazione agricola non può far venire meno la natura edificatoria di un terreno che tale sia definito dallo strumento urbanistico. Cassazione civile, sez. I, 1 marzo 1999, n. 1699 

Dichiarazione implicita di pubblica utilità - decorso il termine di vigenza del piano - diviene inefficace la dichiarazione di pubblica utilità - perdurante validità della disciplina urbanistica anche dopo la scadenza del piano. Poiché il piano di zona ex l. 18 aprile 1962 n. 167, in quanto strumento urbanistico esecutivo, comporta la dichiarazione implicita di pubblica utilità per le opere in esso previste, decorso il termine di vigenza del piano, diviene altresì inefficace la relativa dichiarazione di pubblica utilità, che radica il potere espropriativo dell'amministrazione. Ne consegue che pur sussistendo in ordine all'area medesima la vincolatività dei previsti allineamenti e delle prescrizioni di zona nella costruzione di edifici, come effetto della perdurante validità della disciplina urbanistica anche dopo la scadenza del piano (art. 17 comma 1 l. 17 agosto 1942 n. 1150) è illegittimo il decreto di esproprio dell'area "de qua", adottato oltre il termine di efficacia del piano non più rinnovato. Consiglio di Stato Sez. IV, 15 aprile 1999, n. 644  

Le formalità di pubblicazione e di avviso "ad opponendum" costituiscono condizione di legittimità dell'emanando decreto di espropriazione - anche quando la dichiarazione di p.u. sia implicita nella approvazione del progetto - queste formalità non debbono necessariamente espletarsi prima dell'approvazione. Nel procedimento di espropriazione per p.u. di cui agli art. 9 e ss. l. 22 ottobre 1971 n. 865, le formalità di pubblicazione e di avviso "ad opponendum" di cui agli art. 10 e 11 della legge stessa costituiscono condizione di legittimità dell'emanando decreto di espropriazione anche quando la dichiarazione di p.u. è implicita per legge a seguito dell'approvazione del progetto, ma siffatte formalità non debbono necessariamente espletarsi prima dell'approvazione del progetto, per cui è legittima ed efficace la dichiarazione di p.u., indifferibilità ed urgenza delle opere anche se non è stata preceduta dalle dette formalità, fermo restando che esse debbono essere compiute nel corso del procedimento espropriativo. Tribunale Superiore Acque, 11 febbraio 1999, n. 33 

Il prezzo della cessione volontaria va determinato in base all'art. 5 bis l.8 agosto 1992 equiparandolo all'indennità espropriativa. Il prezzo della cessione volontaria di un bene assoggettato a procedura espropriativa, per il quale fu corrisposto anticipo salvo conguaglio, ai sensi della l. 29 luglio 1980 n. 385, successivamente dichiarata incostituzionale (sentenza della Corte cost. 19 marzo 1983 n. 223), va determinato in base all'art. 5 bis l. 8 agosto 1992 n. 359, posto che il comma 6, introdotto dall'art. 1, comma 65, l. 28 dicembre 1995 n. 549, dichiarato incostituzionale solo quanto alla misura del risarcimento da occupazione illegittima (sentenza 2 novembre 1996 n. 369), regola il prezzo della cessione equiparandolo all'indennità espropriativa. Cassazione civile, sez. I, 11 febbraio 1999, n. 1146

Prima dell'adozione del decreto di esproprio il privato ha la facoltà di sottrarsi alla detrazione "de qua" soltanto attraverso lo strumento della cessione volontaria. In tema di espropriazione, la pronuncia additiva della Corte cost. di cui alla sentenza n. 283 del 1993, nel limitare la portata dell'applicazione retroattiva della nuova disciplina dell'indennizzo di cui all'art. 5 bis della l. n. 359 del 1992, ha inteso riequilibrare la posizione dei soli proprietari già espropriati, onde evitare loro (impossibilitati, ormai, ad una qualsivoglia cessione volontaria del bene) la detrazione del 40% , prevista dalla norma citata, attraverso il meccanismo transattivo (sostitutivo della cessione) della accettazione dell'indennità, mentre, nella (diversa) ipotesi in cui la procedura ablativa non sia ancora pervenuta alla fase dell'adozione del decreto di esproprio, il privato ha la facoltà di sottrarsi alla detrazione "de qua" soltanto attraverso lo strumento della cessione volontaria, attuata sulla base dell'indennità già (provvisoriamente) determinata dalla p.a., e non anche per effetto di una mera dichiarazione unilaterale di disponibilità a trattare, seguita, poi (come nella specie), dalla impugnazione giudiziale della stima comunicata "medio tempore" dall'amministrazione. Cassazione civile, sez. I, 1 febbraio 1999, n. 830  

Illegittimità del provvedimento di espropriazione adottato quando il termine finale per il completamento del procedimento ablatorio era scaduto. E' illegittimo il provvedimento che dispone l'espropriazione di un'area che sia stato adottato quando il termine finale per il completamento del procedimento ablatorio era scaduto, determinando il venir meno del potere espropriativo. T.A.R. Marche, 29 gennaio 1999, n. 77 Sistema indennitario - divisione tra suoli edificabili e non edificabili -inesistenza del "tertium genus" -  Il sistema indennitario disciplinato dall'art. 5 bis l. n. 359 del 1992, prevedente una netta divisione tra suoli edificabili e non edificabili, non tollera, con riferimento alle aree non edificabili l'introduzione di varianti valutative ispirate alla configurabilità di un "tertium genus" e idonee a valorizzare potenzialità reddituali o paraedificatorie, con la conseguenza che, in relazione ad un'area destinata in massima parte a parcheggio pubblico e in minima parte a utilizzazione commerciale o direzionale, la prima va indennizzata ricorrendo ai criteri applicabili ai suoli agricoli, senza introduzione di correttivi artificiosamente commisurati al numero dei posti macchina, la seconda ricorrendo al metodo della semisomma sulla base del valore venale accertato in prospettiva delle volumetrie concretamente realizzabili. Cassazione civile, sez. I, 19 gennaio 1999, n. 465 

Funzione garantistica dei termini - tutela della proprietà privata. Nel procedimento espropriativo, i termini stabiliti dall'art. 13 l. 25 giugno 1865 n. 2359, per l'inizio e il compimento delle espropriazioni e dei lavori, stante la funzione garantistica di tutela della proprietà privata ad essi assegnata, devono essere certi sia nell'"an" sia nel "quando". Consiglio di Stato Sez. V, 11 gennaio 1999, n. 1758 

Il decreto di esproprio emesso dopo la scadenza dei termini ma in costanza di occupazione legittima, non è emesso in carenza di potere dalla p.a - valido provvedimento di esproprio - il proprietario non può vantare alcun credito risarcitorio per perdita del diritto di proprietà - indennità di esproprio. Il decreto di esproprio emesso dopo la scadenza dei termini di cui all'art. 13 l. 25 giugno 1865 n. 2359, ma in costanza di occupazione legittima, prorogata legislativamente, non è emesso in carenza di potere dalla p.a.; ne consegue che essa non acquista il bene occupato a titolo originario per accessione acquisitiva, bensì in forza di un valido provvedimento di esproprio ed il privato espropriato non può vantare alcun credito risarcitorio per perdita del diritto di proprietà, bensì solo l'indennità di esproprio. Tribunale Parma, 6 febbraio 1998 

Le formalità garantistiche previste per l'espropriazione per pubblica utilità - devono essere rispettate - risultando ininfluente la mera dichiarazione di indifferibilità ed urgenza. Dopo l'entrata in vigore della l. 7 agosto 1990 n. 241, le formalità garantistiche previste per l'espropriazione per pubblica utilità dagli art. 10 e 11 l. 22 ottobre 1971 n. 865 devono essere rispettate anche nel caso di occupazione d'urgenza, risultando ininfluente rispetto all'esigenza partecipativa tutelata dalla l. n. 241 citata, la mera dichiarazione di indifferibilità ed urgenza dell'opera. T.A.R. Campania, sez. V Napoli, 19 gennaio 1998, n. 129  

Gli atti di dichiarazione di pubblica utilità che incidono sui diritti dei proprietari attribuiscono a questi la qualità di persone direttamente contemplate - diritto di notifica individuale - le altre forme di pubblicità non sono valide a superare l'obbligo di notifica. Gli atti di dichiarazione di pubblica utilità, assoggettando beni determinati all'espropriazione e incidendo sui diritti dei proprietari, attribuiscono a questi ultimi la qualità di persone direttamente contemplate e con ciò il diritto a ricevere la notificazione individuale dei medesimi, non essendo valide a superare l'obbligo di notifica individuale ai diretti destinatari del provvedimento le forme di pubblicità operate mediante avviso pubblico nei comuni in cui sono situati i beni o nel giornale delle pubblicazioni amministrative della provincia, atti che non possono considerarsi sostitutivi della richiesta notifica, nè potendo realizzare la piena conoscenza del provvedimento, la circostanza che gli interessati abbiano avuto notizia della sua esistenza attraverso la notifica del decreto di occupazione di urgenza, atto non valido ad assorbirne il contenuto. T.A.R. Abruzzi, Pescara, 15 gennaio 1998, n. 135

 

 

Occupazione abusiva - occupazione d'urgenza - occupazione usurpativa - occupazione appropriativa - accessione invertita - decreto di occupazione...     ^

ESPROPRIAZIONE - Occupazione illegittima di aree private - Somme dovute e titolo di risarcimento del danno - Corresponsione di interessi anatocistici - Esclusione. Il valore del ristoro spettante per l’ipotesi di occupazione illegittima di aree private deve essere integrale e, pertanto, sulla somma spettante a titolo di risarcimento danni, costituente la sorte capitale di un debito di valore, vanno corrisposti la rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo, e gli interessi legali (di natura compensativa) sulle somme anno per anno rivalutate fino alla data di deposito della sentenza con cui viene riconosciuto il diritto, e soltanto gli interessi legali da tale data fino a quella di effettivo soddisfo, con esclusione degli interessi anatocistici in quanto non espressamente previsti dalle legge. Fattispecie in tema di richiesta di risarcimento dei danni prodotti dalla trasformazione di fondi e dall’illegittima perdita della proprietà, a seguito di occupazione in via temporanea ed urgente di terreni per la durata di cinque anni, allo scadere dei quali non veniva adottato il decreto di esproprio. (conferma T.A.R. per la Sicilia - Sezione staccata di Catania, Sez. II - 3 settembre 2008, n. 1616). Pres. Virgilio - Est. Mastrandrea - Ric. Scandura Diego e altri (avv.ti Tortorici e Alessi) c. Comune di Viagrande (avv. Privitera). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 2 maggio 2011, n. 352

ESPROPRIAZIONE - Espropriazione per pubblica utilità - Occupazione senza titolo - Danni conseguenti - Risarcibilità. L’utilizzazione senza titolo di un bene di proprietà privata comporta, normalmente, due distinti danni, i quali vanno entrambi risarciti, avuto riguardo, altresì, ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), relativi alla necessaria integrità del ristoro del pregiudizio derivante da attività illecita dell’amministrazione. Il primo attiene alla perdita (definitiva) della proprietà, che avviene nel momento in cui è adottato il provvedimento di cui all’articolo 43 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (norma dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza C. Cost. 293/010) o quando il privato “rinuncia” alla proprietà. Il secondo danno riguarda la mancata utilizzazione del bene (o del suo corrispondente valore monetario) per il periodo compreso tra l’inizio della occupazione senza titolo e la perdita della proprietà (CGA per la regione Siciliana, 18 febbraio 2009, n. 49). (riforma T.A.R. Sicilia - Sez. staccata di Catania, sez. II, 23 giugno 2010, n. 2485). Pres. Virgilio - Est. Mastrandrea - Ric. La Rosa A. e altri (avv.ti Tamburello e Raimondi) c. Comune di Catania (avv. Gullotta). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 2 maggio 2011, n. 351

ESPROPRIAZIONE - Espropriazione per pubblica utilità - Occupazioni di urgenza in corso al primo gennaio 1991 - Proroga biennale di cui all’art. 22 L. 158/1991 - Applicabilità. La proroga biennale introdotta dall'art. 22 della legge 20 maggio 1991, n. 158 si applica indistintamente per tutte le occupazioni d'urgenza in corso al primo gennaio 1991, atteso che, per espressa previsione dell'art. 23, le disposizioni della citata legge n. 158 del 1991 hanno effetto a decorrere dal primo gennaio 1991. A fugare ogni dubbio sulla inconsistenza di interpretazioni diverse è intervenuta la legge 1 agosto del 2002, n. 166, la quale, con la norma di cui all’art. 4, dispone che tutte le proroghe disposte dalla normativa emergenziale e, quindi, anche quelle introdotte dalla menzionata disposizione legislativa del 1991 devono intendersi con effetto retroattivo, riferite ai procedimenti espropriativi comunque "in corso alle scadenze previste dalle singole leggi e si intendono efficaci anche in assenza di atti dichiarativi delle amministrazioni procedenti", l'effetto di proroga deve, infine, essere esteso anche ai connessi procedimenti espropriativi, compreso il termine per l'emissione del decreto di esproprio, essendo illogica la previsione del perdurare di un regime occupatorio temporaneo senza il corrispondente slittamento dei termini utili per il completamento del procedimento ablativo. (Cass., 8734/1997; Cass., sez. un. 2630/2006; Cass.,10216/2010). Pres. VITRONE - Est. SALVAGO - P.M. RUSSO - Ric. Immobiliare Va. S.p.a. (avv. Ga. Vi.), Controric. e ric. Incidentale Autostrade per L'Italia - Concessioni e Costruzioni Autostrade S.p.a. (avv. Pi. Lu. Sa.). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 14 marzo 2011, n. 6002

ESPROPRIAZIONE - Occupazione appropriativa - Area destinata ad opere di viabilità - Determinazione dell’indennità di espropriazione - Liquidazione del danno - Criteri di valutazione. La condizione di inedificabilità del suolo assoggettato a procedura ablatoria, perché destinato a servizi ed attrezzature pubbliche, deve essere valutata per la determinazione dell'indennità di espropriazione e per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa, qualora sia riconoscibile un vincolo conformativo, ovvero riguardante porzioni del territorio comunale identificate in base a criteri generali e predeterminati, riconducibili alla logica della zonizzazione (Cass. n. 8218/2007). Quindi, per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa di area destinata ad opere di viabilità dallo strumento urbanistico, occorre verificare se tale destinazione comporti limitazioni incidenti su beni determinati in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione lenticolare dell'opera pubblica e sia, quindi, riconducibile a vincoli imposti a titolo particolare, a carattere espropriativo, ovvero se venga effettuata nell'ambito del programma generale di sviluppo urbanistico così assumendo contenuto conformativo della proprietà privata. Nella seconda ipotesi, l'area va qualificata come non edificabile (Cass. sez, un., n. 26615/2008). (riforma parzialmente sentenza del Tribunale di Matera del 5/6/2001) Pres. De Angelis - Est. Nesti - Appellante Comune di Policoro (avv. Gi. Di.) c. Ro.Ga. e Gi.Pa. (avv.ti Ma.St. e Fl.Ga.). CORTE DI APPELLO DI POTENZA, Sez. civile, 28/01/2011, Sentenza n. 7

ESPROPRIAZIONE - Vincoli preordinati all’esproprio - Mancata reiterazione entro il quinquennio - Effetti. In materia urbanistica, poiché la potestà dei Comuni d'imporre vincoli preordinati all'esproprio o all'inedificabilità non è illimitata, decadendo tali vincoli, ai sensi dell'art. 2 della legge 19 novembre del 1968, n. 1187, al termine del quinquennio, si determina, in caso di mancata reiterazione dei vincoli pregressi o di mancato inserimento dei terreni nell'ambito di una precisa pianificazione conformativa, una condizione di "vuoto urbanistico", disciplinata dall'art. 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio del 1977, n. 10, dovuta alla violazione dell'obbligo di ripianificazione incombente sulla P.A. (Cass. n. 8530/2010). (riforma parzialmente sentenza del Tribunale di Matera del 5/6/2001) Pres. De Angelis - Est. Nesti - Appellante Comune di Policoro (avv. Gi. Di.) c. Ro.Ga. e Gi.Pa. (avv.ti Ma.St. e Fl.Ga.). CORTE DI APPELLO DI POTENZA, Sez. civile, 28/01/2011, Sentenza n. 7

ESPROPRIAZIONE - DIRITTO URBANISTICO - Vincolo di inedificabilità - Mancata reiterazione entro il quinquennio - Criteri di valutazione delle c.d. "aree bianche". Quando l'imposizione del vincolo di inedificabilità, conseguente all'atto di pianificazione urbanistica, diviene inefficace per decorso del quinquennio, opera la disciplina transitoria prevista dalla norma di salvaguardia di cui all'art. 4, ult. comma, della legge 28 gennaio del 1977, n. 10, applicabile alle "aree bianche" che, in quanto prive di disciplina urbanistica, sono valutabili secondo il criterio dell'edificabilità di fatto, ovvero alla stregua delle aree circostanti, costituenti nel loro insieme un microsistema urbanistico (Cass. n. 21434/2007). (riforma parzialmente sentenza del Tribunale di Matera del 5/6/2001) Pres. De Angelis - Est. Nesti - Appellante Comune di Policoro (avv. Gi. Di.) c. Ro.Ga. e Gi.Pa. (avv.ti Ma.St. e Fl.Ga.). CORTE DI APPELLO DI POTENZA, Sez. civile, 28/01/2011, Sentenza n. 7

ESPROPRIAZIONE - DIRITTO URBANISTICO - Risarcimento del danno derivante da atto illecito - Versamenti di somme effettuati prima della liquidazione del credito - Applicabilità dell’art. 1194 c.c. - Esclusione. La disposizione dell'art. 1194 del codice civile, secondo cui senza il consenso del creditore il debitore non può imputare il pagamento al capitale piuttosto che agli interessi o alle spese, presuppone la simultanea esistenza della liquidità e della esigibilità di ambedue i crediti, e cioè sia di quello per capitale che dell'altro, accessorio, per interessi o spese. Pertanto, in tema di risarcimento del danno derivante da atto illecito, i versamenti di somme effettuati in favore del creditore prima della liquidazione (giudiziale o negoziale) non sono imputabili agli interessi ed agli accessori, non essendo applicabile il criterio previsto dal citato art. 1194 cod. civ., che presuppone, appunto, l'esistenza di un debito pecuniario (Cass. n. 16448/2009). (riforma parzialmente sentenza del Tribunale di Matera del 5/6/2001) Pres. De Angelis - Est. Nesti - Appellante Comune di Policoro (avv. Gi. Di.) c. Ro.Ga. e Gi.Pa. (avv.ti Ma.St. e Fl.Ga.). CORTE DI APPELLO DI POTENZA, Sez. civile, 28/01/2011, Sentenza n. 7

ESPROPRIAZIONE - Occupazione acquisitiva o appropriativa - Caratteristiche - Espropriazione per pubblica utilità - Diritto all'indennità - Assenza di formale decreto di esproprio - Risarcimento del danno - Limite al diritto dominicale sul bene. Il fenomeno della cosiddetta occupazione acquisitiva o appropriativa presenta, in sintesi, i seguenti caratteri: a) la trasformazione irreversibile del fondo, con destinazione ad opera pubblica o ad uso pubblico, determina l'acquisizione della proprietà alla mano pubblica; b) il fenomeno, in assenza di formale decreto di esproprio, ha il carattere dell'illiceità, che si consuma alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata (e, quindi, legittima) se nel frattempo l'opera pubblica è stata realizzata, c) l'acquisto a favore della p.a. si determina soltanto qualora l'opera sia funzionale ad una destinazione pubblicistica e ciò avviene solo per effetto di una dichiarazione di pubblica utilità formale (cass.2003/6853). Ove la fattispecie estintiva - acquisitiva della proprietà dell'area occupata si perfezioni alla scadenza del termine di occupazione legittima, il proprietario del bene occupato, oltre al diritto all'indennità per il periodo di occupazione autorizzata, consegue il diritto al risarcimento del danno da occupazione appropriativa ma non anche al risarcimento del danno da occupazione illegittima per il periodo successivo a tale evento, in cui è ormai venuto meno il suo diritto dominicale sul bene. (riforma sentenza CORTE D'APPELLO di NAPOLI, n. 1007 depositata il 19/03/2004) Pres. Carnevale - Est. Giancola - Ric. Gu. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 20/01/2011 (Ud. 17/12/2010), Sentenza n. 1362

ESPROPRIAZIONE - Procedimenti espropriativi - Occupazioni d'urgenza - Proroga i termini - Limiti - Fatto (illecito) acquisitivo - Indennità - L. n. 219/1981 - Art. 9 d. lgs. n. 354/1999. In tema di attuazione dei procedimenti espropriativi per la realizzazione degli interventi di cui al titolo ottavo della legge 14 maggio 1981, n. 219, l'art. 9 d. lgs. 20 settembre 1999, n. 354 che proroga i termini relativi alle occupazioni d'urgenza, se prescinde dalla legittimità o illegittimità dell'occupazione al tempo della sua entrata in vigore, riguarda comunque solo i procedimenti espropriativi che siano in corso alla stessa data; ne deriva che la norma può valere a restituire legittimità ad occupazioni divenute inefficaci o illegittime solo se l'obiettivo di recupero della procedura espropriativa - costituente la "ratio" dichiarata della norma - sia conseguibile per non essersi già perfezionato il fatto (illecito) acquisitivo per effetto del concorrere dell'illegittimità dell'occupazione e dell'irreversibile trasformazione del fondo (Cass. Sez. Unite sentenza n. 6769 del 2009; Cass. 2004/3966; 2005/7544; sezioni unite 2008/3358; 2009/3225; 2009/28332). (riforma sentenza CORTE D'APPELLO di NAPOLI, n. 1007 depositata il 19/03/2004) Pres. Carnevale - Est. Giancola - Ric. Gu. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 20/01/2011 (Ud. 17/12/2010), Sentenza n. 1362

ESPROPRIAZIONE - Opere pubbliche - Concessione cd. Traslativa - Esercizio delle funzioni oggettivamente pubbliche - Trasferimento al concessionario. In tema di opere pubbliche, la concessione cd. traslativa, comporta il trasferimento al concessionario, in tutto o in parte, dell'esercizio delle funzioni oggettivamente pubbliche proprie del concedente e necessarie per la realizzazione delle opere ed in particolare il compimento in nome proprio di tutte le operazioni materiali, tecniche e giuridiche occorrenti per la realizzazione del programma edilizio, ancorché comportanti l'esercizio di poteri di carattere pubblicistico. Ne consegue che il concessionario, acquistando poteri e facoltà trasferitigli dall'amministrazione concedente, si sostituisce a quest'ultima nello svolgimento dell'attività organizzativa e direttiva necessaria per realizzare l'opera pubblica e diviene, in veste di soggetto attivo del rapporto attuativo della concessione, l'unico titolare di tutte le obbligazioni che ad esso si ricollegano. (riforma sentenza CORTE D'APPELLO di NAPOLI, n. 1007 depositata il 19/03/2004) Pres. Carnevale - Est. Giancola - Ric. Gu. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 20/01/2011 (Ud. 17/12/2010), Sentenza n. 1362

ESPROPRIAZIONE - Popolazioni colpite dagli eventi sismici - Concessione di cui all'art. 81 L. n. 219/1981 - Natura c.d. traslativa. Per gli interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981, la concessione di cui all'art. 81 della legge n. 219 del 1981, stante l'ampiezza dei poteri che la norma prevede per il concessionario, ha natura c.d. traslativa (Cass. 2007/26261). (riforma sentenza CORTE D'APPELLO di NAPOLI, n. 1007 depositata il 19/03/2004) Pres. Carnevale - Est. Giancola - Ric. Gu. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 20/01/2011 (Ud. 17/12/2010), Sentenza n. 1362

ESPROPRIAZIONE - Occupazione acquisitiva - Espropriazione per pubblica utilità - Strumento della concessione traslativa - Disciplina speciale - Attribuzione al concessionario affidatario dell'opera della titolarità di poteri espropriativi - Limiti - Principio di legalità dell'azione amministrativa - Obblighi indennitari e risarcitori - Legittimazione passiva e risarcimento del danno - Artt. 80, 81 e 84, L. n. 219/1981. In tema di espropriazione per pubblica utilità, il mero ricorso allo strumento della concessione traslativa, con l'attribuzione al concessionario affidatario dell'opera della titolarità di poteri espropriativi, non può comportare indiscriminatamente l'esclusione di ogni responsabilità al riguardo del concedente, essendo necessario a tal fine che, in osservanza al principio di legalità dell'azione amministrativa, l'attribuzione all'affidatario di detti poteri e l'accollo da parte sua degli obblighi indennitari e risarcitori siano previsti da una legge che espressamente li autorizzi. Ne consegue che -avendo gli artt. 80, 81 e 84 (e, segnatamente, l'art. 81) della legge 14 maggio 1981, n. 219 (relativa al programma straordinario di urbanizzazione nell'area metropolitana del Comune di Napoli) autorizzato, in forza di una disciplina speciale e in parte derogatoria rispetto a quella sulle espropriazioni, il ricorso alla concessione traslativa - la fonte della responsabilità esclusiva del concessionario e della sua legittimazione passiva, sia in relazione al risarcimento del danno per l'occupazione acquisitiva, che in relazione al pagamento delle indennità dovute in conseguenza di espropriazioni rituali, deve essere individuata proprio nelle menzionate norme di legge (cfr cass SU 200906769). (riforma sentenza CORTE D'APPELLO di NAPOLI, n. 1007 depositata il 19/03/2004) Pres. Carnevale - Est. Giancola - Ric. Gu. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 20/01/2011 (Ud. 17/12/2010), Sentenza n. 1362

ESPROPRIAZIONI - Cd. “occupazione acquisitiva” o “accessione invertita” - Procedura espropriativa - Conferimento ad una cooperativa edilizia - Decreto di esproprio - Scadenza del termine dell’occupazione legittima - Effetti - Corresponsabilità dell’Ente delegante per lesione patrimoniale - Presupposti - Risarcimento ex artt. 2043 e 2055 c.c.. In tema di espropriazione per pubblica utilità, qualora una cooperativa edilizia, cui sia stato conferito dal Comune espropriante l’incarico di compiere la procedura espropriativa e non soltanto di curare la realizzazione dell’opera, non abbia ottenuto la pronuncia del decreto di esproprio prima della scadenza del termine dell’occupazione legittima, ma, consapevole dell’illegittimità del persistere di questa, abbia provveduto all’esecuzione dell’opera stessa e reso irreversibile la destinazione pubblica dell’area, permanendo nel possesso dell’immobile pur dopo la scadenza di siffatto termine, è a detta cooperativa che, in veste di autrice materiale della radicale trasformazione del bene e, quindi, di responsabile per la lesione patrimoniale subita dal proprietario a seguito del maturarsi, in difetto di tempestiva emanazione del richiamato decreto, dei presupposti della figura della cosiddetta “occupazione acquisitiva” o “accessione invertita”, deve imputarsi l’illecito aquiliano risultante dal concorso di tale trasformazione e dall’illegittimità dell’occupazione in ragione del perdurare senza titolo di questa, ricadendo sul delegato, ancorché superficiario ovvero indipendentemente dalla circostanza che l’opera eseguita non entri nel patrimonio dell’autore della condotta, l’onere di attivarsi affinché il decreto di esproprio intervenga tem-pestivamente e la fattispecie venga mantenuta entro la sua fisiologica cornice di legittimità. In tal caso, sussiste una corresponsabilità dell’Ente delegante il quale avrebbe dovuto promuovere la procedura espropriativa, atteso che siffatta procedura si svolge non solo “in nome e per conto” del Comune, ma “d’intesa” con esso (art. 60 della legge 22 ottobre 1971, n. 865), sicché è da ritenere che detto Ente non si spogli, con la delega, della responsabilità relativa allo svolgimento della procedura stessa, ma conservi un potere di controllo e di stimolo dei comportamenti del delegato, il cui mancato o insufficiente esercizio, sotto il profilo della negligenza o dell’inerzia, è ragione di corresponsabilità con il medesimo delegato per i danni da quest’ultimo materialmente arrecati, restando pur sempre l’Ente, anche nell’ipotesi in cui ricorra all’istituto della delega, dominus della procedura e, quindi, responsabile della condotta del delegato, in applicazione del principio in forza del quale la delega ad un altro soggetto della cura della procedura espropriativa non fa venir meno, in chi tale delega abbia conferito, la qualità di espropriante e, quindi, il dovere di cooperare al controllo del razionale e tempestivo svolgimento della procedura stessa, cui si accompagna, quindi, come accennato, nell’ipotesi di mancata, tempestiva emanazione del decreto di esproprio, una posizione di corresponsabilità che obbliga lo stesso delegante, ove ne ricorrano tutti i presupposti (condotta attiva od omissiva; elemento psicologico della colpa; danno, nesso di causalità tra condotta e pregiudizio), al relativo risarcimento ai sensi del combinato disposto degli artt. 2043 e 2055 c.c.). (Cass. Civ., sez. I, 12/07/2001, n. 9424, Cass. Civ. sez. I, 19/10/2007, n. 21096). (riforma sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sez. staccata di Catania (sez. III) - n. 1085 del 12/06/2009) Pres. Virgilio - Est. Salemi - GURRIERI (avv.ti Tamburello e Raimondi) c. COMUNE DI SIRACUSA (avv. Latina). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 26/10/2010, n. 1334

ESPROPRIAZIONE - Risarcimento danni per illegittima occupazione e trasformazione aree - Decreto di esproprio nullo e privo di giuridica efficacia - Giudizio di ottemperanza - Limiti di procedibilità - Fondi occupati illegittimamente - Proprietà - Fattispecie - Artt.37 L. n.1034/1971 e 27 R.D. n.1054/1924. Il giudizio di ottemperanza previsto dagli artt.37 della legge n.1034 del 1971 e 27 del R.D. n.1054 del 1924 è diretto a far dichiarare il dovere dell’Amministrazione a conformarsi alle decisioni coperte da giudicato per far conseguire agli interessati l’utilitas o il bene della vita già loro riconosciuta in sede di cognizione nell’ambito del quadro processuale che ha costituito il substrato fattuale e giuridico della sentenza di cui si chiede l’esecuzione sulla base del petitum, causa petendi e motivi del decisum (Cons. Stato Sez. IV 16/11/2007 n.5883). Nella specie, il TAR disponeva il rigetto dei ricorsi “dovuto da una parte al fatto che i fondi occupati sono ancora di proprietà dei ricorrenti i quali possono pretenderne la immediata restituzione e dall’altro lato ad una incompletezza delle domande, non essendo stata formulata né richiesta di restituzione né di risarcimento di danni diversi da quelli conseguenti alla perdita della proprietà”. Lo stesso Tribunale nel dispositivo accertava e dichiarava che il decreto di esproprio, “emesso dal Comune di è nullo e privo di giuridica efficacia”. (dich. inammissibile il ricorso in ottemperanza del CONSIGLIO DI STATO - Sez. IV n. 07762/2006) Pres. Giaccardi - Rel. Migliozzi - Contursi ed altro (Agostinacchio e Basso) c. Comune di Cassano delle Murge (n.c.). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 03/08/2010, Sentenza n. 5175

ESPROPRIAZIONE - DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Occupazione usurpativa - Mancanza dell’esercizio di un pubblico potere - Giurisdizione g.a. - Esclusione - Competenza g.o. - Fattispecie - Artt. 43 e 53 del DPR n. 237/2001 - Art. 34 D. L.vo n. 80/1998. Deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ipotesi di ”occupazione usurpativa”. La cognizione di questo genere di controversie appartiene, indubbiamente, al giudice ordinario, in quanto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle occupazioni illegittime sussiste solo in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile in base al procedimento svolto e alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano, compresi i comportamenti della Pubblica amministrazione in materia urbanistica ed espropriativa, come impossessamento del bene altrui, purché collegati all’esercizio della pubblica funzione (Corte cost. sent. nn. 191/2006 e 204/2004; Cass.SS. UU., n. 2688/2007, Ap.n. 9/2007; Cons. Stato, V Sez., n. 5422/2009). Fattispecie: occupazione di un terreno, da parte dell’Ente, in assenza di alcun atto di approvazione di progetto, realizzando una strada e determinando la trasformazione irreversibile dell’area e acquisendola al patrimonio del Comune. (conferma sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE III n. 01190/2004) Pres. Giaccardi - Est. Leoni - Sisto (avv. Colapinto) c. Comune di Cassano delle Murge (avv. De Marco). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 03/08/2010, Sentenza n. 5154

ESPROPRIAZIONE - Progetto di pubblica utilità - Ordinanza di occupazione - Motivazione che rilevi l’urgenza - “Legge obiettivo” n.443/2001 - Occupazione anticipata finalizzata all'esproprio di terreni - Art.22 bis, testo unico sugli espropri n.327/2001 - Fattispecie. A seguito dell’entrata in vigore dell‘art.22 bis, testo unico sugli espropri n. 327 del 2001, deve ritenersi sufficiente la motivazione dell’ordinanza di occupazione che rilevi l’urgenza di consentire la realizzazione previste dal progetto di pubblica utilità. Nella specie, l’immissione in possesso riguardava la realizzazione di lavori aventi una specifica qualificazione legale di urgenza, in quanto volti al raddoppio della strada statale Aurelia bis, rientrante nell’ambito di applicazione della “legge obiettivo” n.443/2001. (riforma sentenza T.A.R. LIGURIA - GENOVA, Sez. I n. 00308/2009) - Pres. Giaccardi - Est. Migliozzi - Anas Spa (Avvocatura di Stato) c. Torcello ed altri (avv.ti Magrone e Brunetti). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 03/08/2010, Sentenza n. 5174

ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità, nonché di urgenza ed indifferibilità - Decreto di occupazione scaduto - Decreto prefettizio di proroga dell’occupazione - Piano particellare espropriativo - Verbale di consistenza degli immobili - Necessità - Operazioni di immissione in possesso - Casi di illegittimità sopravvenuta del procedimento - Giurisprudenza - Fattispecie - Art. 20 L. n. 865/71 - Art.3 L.n. 1/78. In tema di espropriazione, nei procedimenti non governati, ratione temporis, dalle norme sostanziali del T.U. n. 327 del 2001, la dichiarazione di pubblica utilità è l'atto autoritativo che fa emergere il potere pubblicistico in rapporto al bene privato e costituisce, al tempo stesso, origine funzionale della successiva attività. (C.d.S. in Adunanza plenaria decisioni nn. 9 e 12 del 2007). Inoltre, rispetto ai casi di illegittimità sopravvenuta del procedimento si ravvisano “evidenti punti di contatto“ con quelle che si determinano a seguito dell'annullamento in s.g. della dichiarazione di pubblica utilità, in quanto in entrambi i casi gli effetti retroattivi naturalmente conseguenti alla pronuncia demolitoria o quelli derivanti dalla mancata conclusione del procedimento non sembrano poter travolgere a posteriori il nesso funzionale che ha comunque legato l'attività dell'Amministrazione alla realizzazione del fine di interesse collettivo individuato all'origine (Cons. Stato, IV Sez., n. 7744 del 10/12/2009). Sicché, le vicende patologiche del procedimento, quali la mancata adozione del provvedimento espropriativo entro il termine fissato a monte dalla predetta dichiarazione (ovvero, la protrazione dell’occupazione oltre il termine biennale di efficacia previsto dall’art. 73 della legge n. 2359 del 1865) non sembra poter dequalificare la valenza giuridica di un'attività appunto espletata nel corso e in virtù di un procedimento, che la dichiarazione ha ab origine funzionalizzato a scopi specifici e concreti di pubblica utilità. Nella specie, l'appellante avrebbe comunque dovuto impugnare il cd. atto di proroga. Non avendolo fatto, l’atto conserva la sua legittimità e i suoi effetti conseguenti mantengono la loro efficacia. Infine, è ininfluente la censura riguardante la mancata redazione del verbale di immissione in possesso, non avendo l'appellante dimostrato che l’attività di occupazione, svolta in base ad un titolo giuridico esecutivo, non impugnato, avesse comportato mutamento dello stato dei luoghi oggetto di esproprio, rimanendo con ciò confermato lo stato dei luoghi precedentemente accertato. (conferma sentenza del TAR BASILICATA - POTENZA n. 00994/2003) – Pres. Pozzi – Est. Leoni - Flapfruit Srl (avv. Cerisano) c. Ente Nazionale Per Le Strade, (Avvocatura Stato). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16/07/2010, Decisione n. 4599

 

ESPROPRIAZIONE - Provvedimenti in materia di acque pubbliche - Cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche - Art. 140 R.D.. n. 1175/33 - Provvedimenti espropriativi o di occupazione di urgenza delle aree occorrenti per la realizzazioni di opere idrauliche. Tra i provvedimenti in materia di acque pubbliche che il R.D. 11.12.1933, n. 1175, all’art. 140, lett. a) e d), devolve alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, devono includersi tutti quelli che influiscono sul regime delle acque pubbliche e che, per effetto della loro incidenza sulla realizzazione, modificazione, sospensione o eliminazione di un’opera idraulica riguardante un’acqua pubblica, concorrono, in concreto, a disciplinare le modalità di utilizzazione di quell’acqua; sicché vi sono compresi anche i provvedimenti espropriativi o di occupazione d’urgenza delle aree occorrenti per la realizzazione dell’opera idraulica, compresi quelli successivi aventi ad oggetto la loro sospensione o la loro revoca, nonché i provvedimenti comunque influenti sulla localizzazione dell’opera idraulica o il suo spostamento (cfr. da ultimo, Cass., SS.UU., 12 maggio 2009, n. 1846). Pres. Giovannini, Est. Martino - S.P. (avv. Simeoni) c. Commissario Delegato per l’emergenza inquinamento e crisi idrica nei territori dei Comuni serviti dal Consorzio per l’acquedotto del “Simbrivio” (Avv. Stato), A.A. s.p.a. (avv. Puca) e altro (n.c.). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 18/01/2010, n. 304

 

ESPROPRIAZIONE - Bene occupato dall’amministrazione - Domanda di risarcimento per equivalente monetario - Giudice - Modalità risarcitorie - Accoglimento sub specie di reintegrazione in forma specifica. La domanda di restituzione del bene occupato dall’amministrazione deve essere qualificata come richiesta di reintegrazione in forma specifica conseguente alla detenzione illecita del bene medesimo (Corte di Cassazione, sez. un., sentenza 20 marzo 2008 , n. 7442, cit.): il che evidentemente implica che, proposta la domanda di risarcimento per equivalente, e ferma l’unitarietà concettuale della domanda risarcitoria, ben può il giudice, nell’ambito delle modalità risarcitorie, accogliere la domanda medesima mediante reintegrazione piuttosto che mediante condanna alla corresponsione di un equivalente monetario. Se la condanna al risarcimento del danno per equivalente monetario non può essere pronunciata per l’inconfigurabilità di un effetto traslativo connesso alla realizzazione dell’opera, ciò non implica che la domanda risarcitoria proposta nel giudizio debba essere senz’altro rigettata, dovendosi valutare se sussistano o meno i presupposti per il suo accoglimento sub specie della reintegrazione in forma specifica (mediante restituzione del bene). Pres. Monteleone, Est.Aprile - M.P. (avv. Rubino) c. Comune di Aragona (avv. Rucireta). TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 11 novembre 2009, n. 1753

 

ESPROPRIAZIONE - Occupazione appropriativa - Risarcimento del danno - Prescrizione del diritto al risarcimento del danno - Rinuncia - Art. 2937 cod. civ.. Verificatasi l'occupazione appropriativa, gli atti dell'amministrazione rivolti ad offrire, liquidare o depositare una somma a titolo non di risarcimento del danni, ma di indennità espropriativa o di corrispettivo forfetario dell'effettuato acquisto, non possono di per sé integrare rinuncia "per facta concludentia" ad opporre la prescrizione del relativo diritto al risarcimento del danno (art. 2937, ultimo comma, cod. civ.), atteso che tale comportamento, riferendosi ad un'obbligazione distinta, alternativa e soggetta a disciplina differenziata rispetto al suddetto debito risarcitorio, non si pone in relazione d'incompatibilità assoluta con la volontà di conservare l'indicata eccezione. Pres. R. De Musis, Rel. S. Del Core. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 29/05/2008, Sentenza n. 14350

 

ESPROPRIAZIONE - Occupazione appropriativi - Nuovi criteri risarcitori - L. 24/12/2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) - Calcolo - Giudizi in corso - Applicazione. L'art. 2, comma 89, lett. e) legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) il quale, colmando il vuoto normativo conseguente alla pronuncia di illegittimità costituzionale (sentenza n. 349 del 2007) dell'art. 5-bis, comma 7 bis, d.l. n. 333 del 1992, convertito con modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992, ha modificato l'art. 55 d.P.R. n. 327 del 2001 disponendo che nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, il risarcimento del danno è liquidato in misura pari al valore venale del bene. La norma è applicabile nei giudizi in corso in cui sia ancora in discussione il "quantum" del risarcimento e che quest'ultimo non può superare in nessun caso il valore che il proprietario trarrebbe dall'immobile se decidesse di porlo sul mercato con la destinazione stabilita dallo strumento urbanistico, dovendosi escludere rilevanza ad altre destinazioni di fatto impresse dal proprietario. Presidente C. Carnevale, Relatore S. Salvago. CORTE DI CASSAZIONE Sez. I Civile, 31/03/2008, Sentenza n. 8384

 

ESPROPRIAZIONE - URBANISTICA E EDILIZIA - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Strada privata, destinata ad uso pubblico - Realizzazione della rete pubblica di illuminazione e la posa di asfalto - Inversione del possesso - Esclusione - Fondamento - Occupazione usurpativa - Esclusione - Art. 43 t.u. n. 327/2001. La realizzazione della rete pubblica di illuminazione e la posa di asfalto (interventi che non possono essersi tradotti in una occupazione della strada privata da parte della p.a. ma più semplicemente a delle attività di manutenzione e sistemazione di una strada privata, destinata ad uso pubblico; attività necessarie al fine di scongiurare pericoli per la pubblica incolumità), costituiscono delle utilità per il proprietario ricorrente e, oltre a non essere idonee a stravolgere l'identità del bene, sono conformi al contenuto del diritto di uso pubblico, con l'ulteriore conseguenza che non costituiscono opere pubbliche tali da determinare un'inversione del possesso, da contenuto del diritto reale pubblico di passaggio a diritto reale di proprietà pubblica. Nella specie, non si è verificata, alcuna ipotesi di occupazione usurpativa (la quale, tra l'altro, ex articolo 43 del t.u. n. 327 del 2001, non determinerebbe da sola il trasferimento alla p.a. del diritto di proprietà, in difetto di un atto formale, benché postumo, di trasferimento da parte dell'Autorità amministrativa o giurisdizionale). Pres. Ravalli - Rel. Balloriani - Carracciolo (avv. Del Cuore) c. Comune di Lecce (avv. De Salvo). TAR PUGLIA, Lecce Sez. I, 9 Gennaio 2008, Sentenza n. 48

 

ESPROPRIAZIONE per pubblica utilità - Dichiarazione d'incostituzionalità dei primi due commi dell'art. 5 bis d.l. 333/92 - Conseguenze sul calcolo dell'indennità di esproprio - Piano di lottizzazione non seguito da convenzione - Inefficacia del piano - Calcolo dell’indennità. Ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 348/2007 (che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, nonché, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale, in via consequenziale, dell'art. 37, commi 1 e 2, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327), ancor prima delle modifiche al d.P.R. n. 327 del 2001 da parte dell’art. 2, commi 89 e 90, della L. n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 5-bis cit. per contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione - introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - determina: - la cessazione di efficacia erga omnes con effetto retroattivo della norma relativamente a situazioni o rapporti cui sarebbe ancora applicabile la norma stessa, di talché, ove sia ancora in discussione, nei giudizi pendenti, la congruità dell'attribuzione indennitaria, i relativi rapporti di credito non possono più essere regolati dalla norma dichiarata incostituzionale, a nulla rilevando l'anteriorità dell'espropriazione rispetto all'introduzione del parametro costituzionale per contrasto con il quale la disposizione legislativa è stata espunta dall'ordinamento; - la reviviscenza dell'art. 39 della legge sulle espropriazioni n. 2359 del 1865, in conformità al principio della giusta indennità enunciato dall’art. 834 cod. civ. e ribadito dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo con la decisione del 29 marzo 2006, nella causa Scordino contro Italia, con conseguente applicazione del criterio generale dell’indennizzo pari al valore venale. Nell’applicazione di tale criterio in riferimento ad un’area edificabile compresa in un piano di lottizzazione non seguito da convenzione, così come previsto dall’art. 28 della legge urbanistica del 1942, sussiste l’inefficacia del piano, con la conseguenza che l’indennità va calcolata non considerando il maggior indice di edificabilità da esso previsto, ma quello (minore) del P.R.G.. Presidente C. Carnevale, Relatore A. Giusti. CORTE DI CASSAZIONE Sez. I Civile, 14/12/2007 Sentenza n. 26275

 

ESPROPRIAZIONE per pubblica utilità - Immobili costruiti abusivamente - Esclusione dell'indennità di espropriazione e dell'indennizzo per l'espropriazione c.d. larvata. Per gli immobili costruiti abusivamente non spetta l’indennità di espropriazione, a meno che alla data dell’evento ablativo non risulti già rilasciata la concessione in sanatoria, e non si applica nella liquidazione il criterio del valore venale complessivo dell'edificio e del suolo su cui il medesimo insiste, ma si valuta la sola area, sì da evitare che l'abusività degli insediamenti possa concorrere anche indirettamente ad accrescere il valore del fondo. La stessa regola vale anche per le ipotesi di espropriazione c.d. larvata - già previste dall’art. 46 della legge n. 2359 del 1865 ed ora dall’art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001 -, atteso il necessario raccordo tra l’indennizzo previsto da tali norme e l’indennità di espropriazione (anche se regolata da leggi speciali), e ciò pure se il danno lamentato consista proprio nella diminuzione di godimento dell’immobile abusivo, poiché è principio di carattere generale desumibile dalla normativa sia urbanistica, che delle espropriazioni, quello per cui il proprietario non può trarre beneficio alcuno dalla sua attività illecita. Presidente D. Plenteda, Relatore S. Salvago. CORTE DI CASSAZIONE Sez. I Civile, 14/12/2007, Sentenza n. 26260

 

ESPROPRIAZIONE - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - URBANISTICA E EDILIZIA - ESPROPRIAZIONE - Dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere - Annullamento - Effetti - Occupazione “usurpativa e occupazione appropriativa - Distinzione. L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità comporta che l’attività esecutiva della pubblica amministrazione di apprensione del bene e di irreversibile trasformazione dello stesso sia qualificabile come comportamento materiale riconducibile nell’ambito dell’occupazione “usurpativa” (Cass. n. 1814/00) che si distingue dall’occupazione appropriativa la quale presuppone l’esistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità. Il venir meno degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità delle opere, la cui eliminazione, per il peculiare nesso procedimentale ivi configurabile, si riverbera con effetto caducante sul decreto di esproprio (così Cons. Stato sez. IV n. 3984/07; Cons. Stato sez. IV n. 3040/03; Cons. Stato sez. V n. 3833/02). Pres. Onorato - Est. Francavilla - DE FRANCISCIS GIULIA (avv. Branca) c. CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI CASERTA (avv. Sorgente). T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI, Sez. V, 03 Ottobre 2007 (C.c. 05/07/2007), Sentenza n. 8822

 

ESPROPRIAZIONE - Occupazione di una parte maggiore di quanto enunciato nell’atto di esproprio - Comportamento illecito dell’amministrazione - Risarcimento e domanda di restituzione - Competente giudice civile - Sindacabilità del G.A. - Esclusione. L’occupazione di una parte maggiore di quanto enunciato nell’atto di esproprio non attiene ai vizi di legittimità del provvedimento, sindacabili dal giudice amministrativo, ma alla sua esecuzione, da censurare innanzi al giudice civile, competente a conoscere degli eventuali danni prodotti all’espropriato dal comportamento illecito dell’amministrazione a disporne l’eventuale risarcimento (ex plurimis Cass., sez. I, 14 gennaio 2000, n. 350) e a decidere sulla domanda di restituzione. Pertanto, è inammissibile la censura del ricorso introduttivo nella quale il ricorrente afferma che, relativamente alla particella di sua proprietà, le operazioni di occupazione sarebbero avvenute per quattrocento metri in più di quanto riportato nel provvedimento. Pres. Iannotta - Est. Lamberti - Dedoni (avv.ti Polacco e Carsana) c. comune di Roma (avv. Marzolo) - (conferma T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, 20 ottobre 2005, n. 9141). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20 Marzo 2007 (C.c. 11/04/2006), Sentenza n. 1338

 

ESPROPRIAZIONE - Occupazione usurpativa - Tutela restitutoria - Risarcimento del danno - Giurisdizione - Fattispecie. La fattispecie, qualificabile come "occupazione usurpativa", ovvero come manipolazione del fondo di proprietà privata in assenza di titolo legittimante (Cass. 18.2.2000, n. 1814) rientra, sia che ne venga invocata la tutela restitutoria (eventualmente azionata con ricorso per la reintegrazione del possesso), sia che, attraverso una abdicazione implicita al diritto dominicale, si opti per il risarcimento del danno, nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass. 16.11.2004, n. 21637, rv. 578046; 10 luglio 2006, n. 15615, rv. 590414; 17.1.2005, n. 730, rv. 578536, in fattispecie analoga alla presente, di apposizione di segnale di limitazione del traffico su area privata). Nella specie, è stato riconoscito che i comportamenti, materialmente posti in essere dal Comune, non furono preceduti da nessun atto formale di natura ablatoria. Come tali, la riconduzione, pur operata dal giudice amministrativo d'appello, alla materia urbanistico-edilizia, resta irrilevante, non essendo predicabile l'esercizio di alcun pubblico potere, ed emergendo unicamente la lesione di un diritto soggettivo. La dedotta destinazione all'uso pubblico, pur uso ultraventennale, attiene al merito della controversia, che sarà oggetto di accertamento da parte del giudice ordinario. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE SS. UU., 13 febbraio 2007 (Ud. 18/1/2007) Sentenza n. 3043

 

Espropriazione - Urbanistica e edilizia - Occupazione c.d. usurpativa - Valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell’opera - C.d. accessione invertita - Uso del territorio - Potere amministrativo in materia urbanistica - Limiti. Non tutti i comportamenti implicanti un uso del territorio sono riconducibili alla materia alla materia urbanistica quelli che, esprimendo l’esercizio di un potere amministrativo, siamo collegati ad un fine pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarativo; in difetto di ciò, si è al di fuori dell’ambito della riversa di giurisdizione in favore del Giudice Amministrativo, prevista dall’art. 34 del decreto legislativo n. 80/1998, nel testo sostituito dall’art. 7 della legge n. 205/2000; ne consegue che nelle controversie avanti ad oggetto fattispecie di occupazione c.d. usurpativa -nelle quali, mancando una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell’opera in ragione della quale è stata disposta l’occupazione del fondo, non si realizza della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito generatore del danno- sussiste la giurisdizione del Giudice Ordinario, non essendo tali fattispecie in alcun modo riconducibili all’esercizio di un potere amministrativo in materia urbanistica (Cass. S.U. n. 9139/2003). GOT Nocera - Spagnolo e Mogavero (avv. De Mitri) c. Telecom Italia S.p.A.. TRIBUNALE LECCE Sez. Dist. Campi Salentino, 17 luglio 2006 Sentenza n. 75

 

Espropriazioni per pubblica utilità - Occupazioni illegittime - Comportamenti della P.A. - Risarcimento del danno - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Illegittimità costituzionale - Portata. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 325 del 2001 (T.U. delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità - Testo B), trasfuso nell’art. 53, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001, nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie concernenti << i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati>>, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere. La Corte costituzionale era stata investita della questione con due ordinanze emesse nel corso di giudizi aventi ad oggetto il risarcimento del danno da occupazione appropriativa: fenomeno che si verifica quando il fondo, occupato a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, abbia subito una irreversibile trasformazione in esecuzione dell’opera di pubblica utilità senza che sia, tuttavia, intervenuto il decreto di esproprio o altro atto idoneo a produrre l’effetto traslativo della proprietà; fenomeno che viene contrapposto a quello c.d. di occupazione usurpativa, caratterizzato dall’apprensione materiale del fondo altrui in carenza di titolo. Il Giudice delle leggi ha richiamato la propria sentenza n. 204 del 2004, con la quale, investito della questione di legittimità costituzionale della devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dei <> relative ai servizi pubblici ed all’edilizia ed urbanistica, ed altresì del potere di giudicare di azioni risarcitorie, riconosciutogli come attributo della giurisdizione esclusiva, da un lato, aveva dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 33, commi 1 e 2, e dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituiti dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, nella parte in cui prevedevano la devoluzione a detta giurisdizione esclusiva anche delle controversie nelle quali risultasse assente ogni profilo riconducibile alla pubblica amministrazione-autorità; dall’altro, aveva statuito che il potere di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce, sotto alcun profilo, una nuova materia attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo, bensì uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico, demolitorio e/o conformativo, da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della p.a. Con la conseguenza che è da escludere che, sol perché la domanda proposta abbia ad oggetto solo il risarcimento del danno, la giurisdizione competa al giudice ordinario. In sostanza, al precedente sistema, che attribuiva al giudice ordinario le controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi, il legislatore, con l’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, sostituito dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, ha contrapposto un sistema che riconosce al solo giudice naturale della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e, quindi, anche il potere di risarcire il danno sofferto per l’illegittimo esercizio della funzione, a prescindere dalla circostanza che la pretesa risarcitoria abbia, oppur no, intrinseca natura di diritto soggettivo. Presidente A. Marini - Relatore R. Vaccarella. CORTE COSTITUZIONALE, 11/05/2006, Sentenza n. 191

 

Espropriazione - Occupazione illegittima - Determinazione dell’importo risarcitoria - Probabile valore di mercato - Criterio di calcolo. In caso di occupazione illegittima, il più probabile valore di mercato ai fini della determinazione dell’importo risarcitorio dovuto al proprietario (ai sensi dell’art.3 comma 65° della legge 662.96, che ha integrato sul punto l’art.5.bis della legge 359.92) è quello intermedio è tra il valore del medesimo terreno posto a base della determinazione dell’indennità provvisoria e quello ritratto sulla scorta di criteri riferiti al mercato immobiliare del Comune di riferimento. Presidente De Roberto, Est. Maruotti: Comune di Milo c/ Petralia Alfio. CONSIGLIO DI STATO in Adunanza Plenaria, 02 febbraio 2006 Decisione n. 1
 

Espropriazione - Tutela della proprietà - C.d. occupazione appropriativa - Testo unico delle espropriazioni - Violazione - Alternativa ad un'espropriazione formale - Esclusione - Risarcimento del danno - Fattispecie: occupazione d’urgenza con trasformazione irreversibile di un terreno. I giudici di Strasburgo hanno preso in considerazione l'evoluzione giurisprudenziale che ha condotto in Italia all'elaborazione del principio della c.d. occupazione appropriativa (in particolare, S.U., n. 5902 del 14/04/2003, rv. 562134), accolto anche dalla normativa contenuta nella legge n. 458 del 1988, e da ultimo nel testo unico delle espropriazioni. La Corte Europea ha rilevato, peraltro, l’esistenza di applicazioni contraddittorie nella giurisprudenza, come quella seguita dal Consiglio di Stato (Ad. pl., sentenza n. 2 del 29 aprile 2005), concludendo che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta non ha mai dato luogo ad una “regolamentazione stabile, completa e prevedibile”. Ad avviso della Corte Europea, qualunque sia la base giuridica dell’istituto dell'espropriazione indiretta - normativa o giurisprudenziale - essa non può costituire un'alternativa ad un'espropriazione formale (nella specie, la Corte ha ritenuto la violazione del protocollo n. 1 in relazione all’occupazione d’urgenza con trasformazione irreversibile realizzata nel 1987 su di un terreno di proprietà dei ricorrenti, in merito alla quale non era intervenuto nessun atto formale di trasferimento di proprietà. La Corte ha, tra l’altro, respinto l’eccezione di irrecevibilità avanzata dal Governo italiano, per il non esaurimento dei mezzi interni di ricorso pendenza del giudizio instaurato dai ricorrenti per il risarcimento del danno subito). Colazzo c. Italia. CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO DI STRASBURGO Sez. I, del 13 ottobre 2005, Procedimento n. 63633/00

 

Espropriazione - Urbanistica e edilizia - Approvazione del progetto definitivo di opere pubbliche - Variante al piano regolatore generale - Competenza consiglio comunale - Inesatta o inesistenza liquidazione della giusta indennità - Provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza - Fissazione del termine massimo di cinque anni. Spetta al consiglio comunale l’approvazione del progetto definitivo di opere pubbliche, qualora costituiscano variante al piano regolatore generale, mentre non costituisce motivo di illegittimità dei provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza la inesatta o inesistenza liquidazione della giusta indennità, essendo quest’ultima sganciata da tali atti (C.d.S., sez. IV, 22 settembre 2003, n. 5395; 27 maggio 2002, n. 2909; 4 dicembre 1998, n. 1599); inoltre la fissazione del termine massimo di cinque anni previsto dall’articolo 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, per l’occupazione d’urgenza del bene soggetto ad espropriazione costituisce scelta latamente discrezionale dell’amministrazione che non necessita di motivazione (C.d.S., sez. IV, 23 dicembre 2002, n. 7279; 31 luglio 2000, n. 4215; 10 giugno 1999, n. 982; 4 febbraio 1997, n. 81; 16 settembre 1993, n. 775). Pres. ed Est. SALTELLI - MORONI (avv.ti Romano e Ferrari) c. COMUNE DI LEGNANO (avv.ti Lorenzoni e Sala) (annulla TAR Lombardia, sede di Milano, sez. III, n. 1390 del 25 novembre 1995). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 12 agosto 2005 (c.c. 16.03.2005), Sentenza n. 4368 (vedi: sentenza per esteso)

 

Espropriazione - Opere da realizzare - Approvazione del progetto esecutivo - Contestuale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori - Vincolo espropriativo impresso all’area - Necessità - Scadenza del vincolo quinquennale. E’ necessario l’approvazione del progetto esecutivo (ovvero definitivo, secondo le disposizione della legge 11 febbraio 1994, n. 109) delle opere da realizzare, con contestuale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori, in modo da rendere concreta ed attuale la previsione del piano ed il vincolo espropriativo impresso all’area (C.d.S., sez. IV, 30 maggio 2002, n. 3007). Sicché, la semplice delibera consiliare, non può essere considerata atto idoneo ad evitare la scadenza del vincolo quinquennale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, impresso dal piano regolatore generale vigente sul bene di proprietà privata. (C.d.S., sez. V, 8 agosto 2003, n. 4595). Pres. ed Est. SALTELLI - MORONI (avv.ti Romano e Ferrari) c. COMUNE DI LEGNANO (avv.ti Lorenzoni e Sala) (annulla TAR Lombardia, sede di Milano, sez. III, n. 1390 del 25 novembre 1995). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 12 agosto 2005 (c.c. 16.03.2005), Sentenza n. 4368 (vedi: sentenza per esteso)

 

Espropriazione per pubblica utilità - Dichiarazione di pubblica utilità - Garanzie partecipative della L. n. 241/1990 - Indifferibilità ed urgenza dei lavori - Decreto di occupazione d’urgenza - Procedimento. Le garanzie partecipative della legge 7 agosto 1990, n. 241, si devono realizzare con riferimento al provvedimento che ha comportato la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, rispetto al quale il decreto di occupazione d’urgenza costituisce mera attuazione e nell'ambito della quale l'interessato non potrebbe più contestare le scelte operate dall'amministrazione (Sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6631; Sez. IV, 27 maggio 2002, n. 2915; Sez. IV, 7 novembre 2001, n. 5723). CGARS, 24 giugno 2005, n. 394

 

Espropriazione per pubblico interesse (o utilità) - Occupazione acquisitiva - Accessione invertita - Perdita del diritto - Irreversibile incorporazione del suolo in un'opera pubblica - Risarcimento dei danni - Competenza e giurisdizione - Fondamento. Spetta al giudice ordinario conoscere della domanda - introdotta in epoca successiva al 30 giugno 1998 e precedente il 10 agosto 2000 (data di entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205) - con la quale il proprietario di un fondo, deducendo la perdita del suo diritto per effetto di accessione invertita derivante da irreversibile incorporazione del suolo in un'opera pubblica su di esso eseguita, faccia valere la pretesa al risarcimento dei danni: detta domanda, infatti, non integra impugnazione di atti o provvedimenti autoritativi della P.A., nè fa valere posizioni di interesse legittimo devolute alla cognizione del giudice amministrativo secondo la normativa anteriore al D.Lgs. n. 80 del 1998 (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 e legge 6 dicembre 1971, n. 1034), ma denuncia fatti lesivi della proprietà, nella carenza di provvedimenti idonei a determinarne l'affievolimento o la traslazione, e così si ricollega ad un diritto soggettivo tutelabile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, in mancanza di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione. (Cass. civ., Sez. Unite, 11.11.2004, ord. n. 21411 - Cass. civ., Sez. Unite, 17.11.2004, n. ord. 21710 - Cass. civ., Sez. Unite, 22.11.2004, ord. n. 21944 - Cass. civ., Sez. Unite, 07-12-2004, ord. n. 22891). Pres. Nicastro G. - Rel. Graziadei G. - P.M. Palmieri R. (Conf.) - Cir. Costr. Srl c. Cecchi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. Unite, 20/04/2005, Ordinanza n. 8209

Espropriazione - Occupazione espropriativa - Risarcimento - Prescrizione quinquennale - Interpretazione vincolante della Corte di Strasburgo - Contrasto con CEDU - Esclusione - Presupposti - Principio di legalità. La qualificazione nell’ordinamento interno dell’occupazione appropriativa come fatto illecito, con conseguente prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento, non contrasta con l’art. 1, primo comma, del primo Protocollo addizionale alla CEDU, nell’interpretazione vincolante espressa dalla Corte di Strasburgo (sentenza del 30 maggio 1994, in causa n. 24638/1994). Infatti, questa ha rilevato che il principio di legalità della citata norma internazionale esige la presenza nell’ordinamento nazionale di disposizioni che garantiscano una tutela efficace della proprietà, mentre prescinde dal nomen iuris e dalle modalità di tutela, purchè non comportino sostanziale perdita della stessa. Presidente G. Losavio - Relatore G. Graziadei CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezione I, del 17 novembre 2004, Sentenza n. 21750

Espropriazione - Occupazione espropriativa - Domanda di indennizzo - Natura risarcitoria - Legittimazione attiva. La domanda di indennizzo da occupazione espropriativa ha natura risarcitoria ma, a differenza di quella relativa agli illeciti comuni, può proporsi nei confronti dell’espropriante dal solo espropriato e non da terzi titolari di rapporti obbligatori sull’immobile. Presidente G. Losavio - Relatore S. Salvago. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sezione I^, del 9 novembre 2004, Sentenza n. 21351

Provvedimento dichiarativo della pubblica utilità - Termini di inizio - Provvedimento di occupazione d’urgenza - Rideterminazione e valutazione concreto dell’interesse pubblico. Ai sensi del ricordato articolo 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, il provvedimento dichiarativo della pubblica utilità deve contenere in modo certo, a pena di illegittimità (in ragione della tutela del diritto di proprietà, ai sensi dell’articolo 42, comma 3, della Costituzione, così, C.d.S., sez. IV, 21 novembre 2001, n. 5904; 14 gennaio 1999, n. 22), i termini di inizio e compimento dei lavori e delle espropriazioni (ex multis, C.d.S., sez. IV, 13 settembre 2001, n. 4784), restando in ogni caso escluso che un tale onere possa essere successivamente assolto in via di convalida o di sanatoria, non potendosi ammettere neppure un’integrazione nel successivo provvedimento di occupazione d’urgenza (salva la riadozione dell’atto di approvazione del progetto implicante la implicita dichiarazione di pubblica utilità, previa nuova rideterminazione e valutazione concreto dell’interesse pubblico da perseguire, C.d.S., sez. IV, 24 luglio 2003, n. 4239; 22 maggio 2000, n. 2936). Pres. Costantino - Est. Saltelli - Corona (avv. Cacciavillani e Manzi) c. Provincia Autonoma di Trento e Comune di Canal San Bovo (Conferma T.A.R. del Trentino - Alto Adige, sezione autonoma di Trento, n. 17 del 6 giugno 2003). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 febbraio 2004, sentenza n. 393

Espropriazione per pubblica utilità - "regolarizzazione" e "sanatoria" delle procedure ablatorie illegittime e dei comportamenti illeciti dell’Amministrazione in campo espropriativo - giurisdizione esclusiva del G.A. - occupazione acquisitiva senza titolo del bene per scopi di pubblica utilità - natura della norma - la misura risarcitoria-restitutoria - domanda di "autocondanna" immediata applicabilità dello jus superveniens in campo processuale ai giudizi già pendenti al momento dell’entrata in vigore del t.u. n. 327/2001- sussistenza - le ipotesi di occupazione appropriativa nonché usurpativa - interpretazione dell’art. 43. L'art. 43, comma 3 T.U. n. 327/2001 riveste natura di norma processuale, in quanto introduce - nell’ambito della giurisdizione esclusiva del G.A., espressamente riaffermata in materia dal successivo art. 53, comma 1, con specifico riferimento alle controversie aventi ad oggetto l’applicazione delle disposizioni del T.U. - un istituto affatto nuovo e del tutto sui generis, il quale attribuisce al convenuto (amministrazione o utilizzatore del bene) la facoltà di chiedere al giudice una pronuncia che, in caso di riconoscimento della fondatezza delle pretesa avversaria, converta la misura risarcitoria-restitutoria chiesta dall’attore in quella risarcitoria per equivalente: in altri termini, una sorta di domanda di "autocondanna" (così già icasticamente definita in dottrina), in funzione del "male minore". L’evidenziata natura processuale della norma fa sì che essa - in base al noto e consolidato principio giurisprudenziale (cfr. ad es. Consiglio Stato Ad. plen., 14 febbraio 2001, n. 1; T.A.R. Toscana, 8 giugno 2000, n. 1123) dell'immediata applicabilità dello jus superveniens in campo processuale - debba essere prontamente applicata in tutti i giudizi pendenti: e dunque anche al ricorso, introdotto prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 327/2001. E' evidente la chiara finalità che la norma persegue, attraverso l’introduzione del particolare meccanismo processuale sopra descritto di "regolarizzazione" e "sanatoria" delle procedure ablatorie illegittime e dei comportamenti illeciti dell’Amministrazione in campo espropriativo: tale finalità è pacifica in dottrina ed è stata esplicitamente enunciata nel parere 29 marzo 2001, n. 4/2001 reso sul T.U. dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato, al cui punto 29.4. si afferma che l’art. 43 "mira ad eliminare" le ipotesi di occupazione appropriativa nonché usurpativa. Ma se così è, esso non può che riferirsi, come ogni disposizione di sanatoria, alla situazione pregressa di illegittimità ed illiceità, storicamente e giudizialmente accumulata, in questo caso, dalla P.A. anziché dai privati. Anche perché il perseguimento "a regime" dello stesso scopo, in via preventiva e per le evenienze future, è affidato ad altra norma del T.U., quell’art. 23 che semplifica il sistema, ponendo fine, salvo casi eccezionali espressamente previsti per legge, alla duplicazione dei decreti di esproprio e di urgenza e così consentendo ad un altro passo del parere n. 4/2001 (par. 13.2.) di osservare che "in tal modo si torna alla regola per cui la p.a. realizza l’opera sull’area oramai sua, con riduzione delle ipotesi di occupazione appropriativa (o usurpativa)". TAR EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA, SEZ. I - 27 ottobre 2003 sentenza n. 2160 (vedi: sentenza per esteso)

Approvazione di un progetto relativo ad impianto di smaltimento rifiuti - applicazione dei termini dimezzati - provvedimenti di esecuzione di opere di pubblica utilità - procedure di occupazione ed espropriazione delle aree - procedura espropriativa - interesse pubblico - l’approvazione dei progetti relativi ad impianti di trattamento dei rifiuti - modifica l’eventuale diversa destinazione urbanistica dell’area - normativa acceleratoria. Il diniego contestato, in ordine all’approvazione di un progetto relativo ad impianto di smaltimento rifiuti, non può, infatti, sfuggire all’applicazione dei termini dimezzati di cui al citato art. 19, che letteralmente trovava applicazione, tra l’altro, ai provvedimenti di esecuzione di opere di pubblica utilità, ed alle procedure di occupazione ed espropriazione delle aree ad esse destinate. Orbene, non può essere pretermesso, ai fini dell’applicabilità della citata disposizione, che l’approvazione del progetto in argomento avrebbe comportato il rilascio, seppur implicitamente, di una dichiarazione di pubblica utilità delle opere, sulla base di un’apposita previsione normativa (art. 27, comma 5, d.lg. 22/97), e quindi l’integrazione del momento iniziale di una procedura espropriativa. Il tutto, inoltre, era comunque volto alla realizzazione di un’opera di pubblica utilità, espressione quest’ultima volutamente di portata generale, nel senso della finalizzazione dell’opera da costruire allo scopo di interesse pubblico (quale è senz’altro anche quello relativo all’efficiente smaltimento dei rifiuti, seppur di produzione propria, da parte di aziende legittimamente operanti nel territorio interessato), prescindendo dalla natura - pubblica o privata - del soggetto chiamato a realizzarla. In più, l’approvazione dei progetti relativi ad impianti di trattamento dei rifiuti, come si accennava, ha l’effetto, sempre ai sensi dell’art. 27, comma 5, d.lg 22/97, di modificare l’eventuale diversa destinazione urbanistica dell’area. Il fatto poi di essere al cospetto di un provvedimento di tipo negativo - nella specie è stata respinta l’istanza di un soggetto privato relativamente alla realizzazione di un’opera di pubblica utilità - non costituisce elemento di per sé sufficiente ai fini di escludere l’applicazione dei risvolti processuali della normativa acceleratoria in argomento. Consiglio di Stato Sezione V - 1 ottobre 2003, Sentenza n. 5679

Occupazione usurpativa successiva - sequenza procedimentale espropriativa successiva - P.E.E.P. - l’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità indifferibilità ed urgenza - inesistenza - nullità del provvedimento espropriativo e di occupazione d’urgenza. Lo strumento urbanistico può essere anche semplicemente adottato ai fini della legittimità della localizzazione ex art. 51, l. n. 865 cit. e della successiva sequenza procedimentale espropriativa (cfr. sez. IV, 8 maggio 2000, n. 2643); al punto che è stata ritenuta legittima l'occupazione d'urgenza di aree oggetto di localizzazione, disposta prima che i proprietari abbiano potuto formulare le osservazioni al P.E.E.P., nel quale la localizzazione si iscrive (cfr. sez. IV, 14 marzo 1990, n. 172). Secondo la prevalente giurisprudenza, infatti, sono da ritenersi essenziali ai fini di tutela delle posizioni soggettive dei privati solo quelli finali di completamento delle opere e delle procedure espropriative (cfr. da ultimo sul carattere meramente ordinatorio dei termini iniziali, Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2002, n. 8219). E’ il caso classico, dell’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità indifferibilità ed urgenza che comporta l’inesistenza - nullità del provvedimento espropriativo e di occupazione d’urgenza, dando luogo a quella che la più recente giurisprudenza qualifica come occupazione usurpativa successiva (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3819; Cass. civ. sez. I, 30 gennaio 2001, n. 1266; 28 marzo 2001, n. 4451; 18 febbraio 2000, n. 1814; Corte europea dei diritti dell’uomo, 30 maggio 2000, Belvedere). Consiglio di Stato, Sezione IV, - 30.06.2003, Sentenza n. 3896 (vedi: sentenza per esteso)

L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità - effetti. L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità ha efficacia caducante nei confronti del decreto di espropriazione. Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040 (vedi: sentenza per esteso)

L’occupazione di urgenza per interventi di edilizia agevolata e convenzionata - presupposti - la realizzazione di opere e lavori pubblici. Per procedere ad occupazione di urgenza per interventi di edilizia agevolata e convenzionata (come nel caso di specie), è necessaria la preventiva redazione dello stato di consistenza, secondo la regola generale di cui all’art. 71 l. 25 giugno 1865 n. 2359, non essendo applicabile la procedura accelerata di cui all’art. 3 l. 3 gennaio 1978 n. 1 (in base alla quale lo stato di consistenza è redatto contestualmente all’immissione nel possesso del bene), che riguarda le sole opere propriamente pubbliche (cfr. Ad. plen., 25 gennaio 2000, n. 9; 13 dicembre 1995, n. 35; 6 ottobre 1995, n. 29; 6 febbraio 1990, n. 1). Gli interventi di edilizia agevolata, infatti, al contrario di quelli sovvenzionati, sono eseguiti da soggetti privati e si traducono nella realizzazione di beni di proprietà privata, superficiaria o piena. Per tali opere, la particolare procedura di cui all’art. 3, l. n. 1 cit., non trova applicazione, non potendo soccorrere, ratione temporis, la norma introdotta dall’art. 32, l. 3 agosto 1999, n. 265, che ricomprende, senza alcuna distinzione, in materia di occupazione d’urgenza degli immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori pubblici, anche gli interventi di edilizia residenziale. Consiglio di Stato, Sezione IV, 25 marzo 2003 Sentenza n. 1545 (vedi: sentenza per esteso)

P.e.e.p. - occupazione di urgenza per interventi di edilizia agevolata e convenzionata - la legittimità dei provvedimenti espropriativi. Per procedere ad occupazione di urgenza per interventi di edilizia agevolata e convenzionata, è necessaria la preventiva redazione dello stato di consistenza, secondo la regola generale di cui all’art. 71, l. 25 giugno 1865 n. 2359, non essendo applicabile la procedura accelerata di cui all’art. 3, l. 3 gennaio 1978 n. 1 (in base alla quale lo stato di consistenza è redatto contestualmente all’immissione nel possesso del bene), che riguarda le sole opere propriamente pubbliche. La legittimità dei provvedimenti espropriativi e di occupazione d’urgenza, non è inficiata dalla inesatta o inesistente liquidazione della giusta indennità, essendo l’emanazione di tali atti sganciata da quest’ultima. Consiglio di Stato, Sezione IV, 25 marzo 2003 Sentenza n. 1545 (vedi: sentenza per esteso)

Occupazione d'urgenza - funzione dei termini di inizio e completamento dei lavori - la fissazione nel termine massimo di durata (di cinque anni). Né l'omessa indicazione dei termini di inizio e completamento dei lavori ex art. 35, lett. d), L. n. 865/71 cit. vizia, per ciò solo, il provvedimento di occupazione d'urgenza. Tale indicazione si riferisce invero alla convenzione tra Consorzio e Comune e rileva esclusivamente nel quadro dei rapporti fra l'ente concedente e il concessionario; la posizione dell'espropriando trova invece tutela nella fissazione del limite di durata dell'occupazione, ai sensi dell'art. 20, secondo comma, L. n. 865/71: peraltro, la fissazione nel termine massimo di durata (di cinque anni) costituisce scelta latamente discrezionale dell'Amministrazione e non necessita di motivazione alcuna sul punto (cfr., fra le tante, Cons. Stato, IV Sez., 31 luglio 2000, n. 4215, e 10 giugno 1999, n. 982). Consiglio di Stato Sezione IV del 23 dicembre 2002 sentenza n. 7279 

Procedimento di approvazione delle dichiarazioni di pubblica utilità - l'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione - l'annullamento della proroga delle dichiarazioni di pubblica utilità determina il travolgimento dell'occupazione d'urgenza per illegittimità derivata. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Ad. Plen. 15 settembre 1999, n. 14) ha chiarito che le disposizioni sull'avviso di avvio del procedimento hanno effetto anche sul procedimento di approvazione delle dichiarazioni di pubblica utilità, quanto meno nelle forme di cui all'articolo 10 della legge n. 165 del 1971 (deposito e notificazione del progetto, osservazione degli interessati, pronuncia sulle stesse). L'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione ha come suo presupposto di legittimità non solo una dichiarazione d'urgenza ed indifferibilità dell'opera, ma altresì una dichiarazione di pubblica utilità valida ed efficace. Conseguentemente l'annullamento della proroga delle dichiarazioni di pubblica utilità determina il travolgimento dell'occupazione d'urgenza per illegittimità derivata (Ad. Plen. 24 gennaio 2000, n. 2). Inoltre, la proroga dell'occupazione d'urgenza è viziata anche per illegittimità proprie essendo stata disposta, senza alcuna motivazione, e dopo la scadenza del pregresso decreto prefettizio di occupazione d'urgenza nonché oltre il termine di cui all'articolo 20 della legge n. 865 del 1971. Tribunale Amministrativo Regionale, sez. staccata di Parma, del 4 dicembre 2002 sent. n. 877 (vedi: sentenza per esteso

La rilevanza della distinzione tra "espropriazione sostanziale" (o "occupazione applicativa") ed "occupazione usurpativa" - il diritto al risarcimento integrale del danno ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile - la costruzione giurisprudenziale della cosiddetta "espropriazione sostanziale" - i presupposti della cosiddetta "occupazione usurpativa". È affermazione costante, nell'ambito della costruzione giurisprudenziale della cosiddetta "espropriazione sostanziale", che, allorquando la realizzazione dell'opera pubblica (con relativa trasformazione irreversibile del fondo) si verifica in pendenza di un'occupazione temporanea legittima solo alla scadenza di questa si verifica l'effetto acquisitivo della P. A. ed il correlativo sorgere del diritto risarcimento del danno del privato ( e ciò a partire dalle prime elaborazioni giurisprudenziali dell'istituto: Cass., Sez. Un., 1464/1983; Cass. Sez. Un., 4 marzo 1997, n. 1907). In realtà, poi, nella presente fattispecie potrebbero addirittura ricorrere i presupposti della cosiddetta "occupazione usurpativa" in quanto con la sentenza ha anche annullato la proroga dei termini per il completamento delle procedure espropriative e, quindi, nel caso in cui la strada fosse stata realizzata successivamente alla scadenza dell'originario provvedimento non sarebbe più operante la dichiarazione di pubblica utilità. La rilevanza della distinzione tra "espropriazione sostanziale" (o "occupazione applicativa") ed "occupazione usurpativa", che si ha quando viene meno (prima del compimento dell'opera)o manca ab origine anche la dichiarazione di pubblica utilità, potrebbe avere un effetto pratico in quanto per quest'ultima non potrebbe comunque trovare applicazione la riduzione del risarcimento del danno, operata dall'articolo 3, comma 65, della legge n. 662 del 1996, che lo quantifica nella stessa misura dell'indennità di esproprio aumentata del solo 10%. La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ritenuto compatibile con la Costituzione la riduzione del risarcimento danni di cui alla sopra citata normativa proprio sul presupposto della sua temporaneità, ovvero per "l'applicabilità alle occupazioni illegittime di suolo intervenute anteriormente al 30 settembre nella 1996" (Corte Costituzionale 30 aprile 1999, n. 148; Corte Costituzionale, 4 febbraio 2000, n. 24). In definitiva, qualunque sia il momento di realizzazione della strada, la perdita della proprietà dell'area da parte del privato, per effetto della irreversibile trasformazione del fondo, sussistendo l'illegittimità della procedura espropriativa come sopra evidenziato, ne deriva il diritto al risarcimento integrale del danno ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile. Tribunale Amministrativo Regionale, sez. staccata di Parma, del 4 dicembre 2002 sent. n. 877 (vedi: sentenza per esteso

Determinazione della giurisdizione del giudice amministrativo per effetto dell'occupazione acquisitiva o meglio "usurpativa". Ai fini della giurisdizione del giudice amministrativo, il momento consumativo dell'illecito che ha determinato la perdita di proprietà dell'area per effetto dell'occupazione acquisitiva o meglio "usurpativa" va determinato nella data di scadenza del decreto di occupazione legittimo (essendo stato annullata in questa sede la proroga) ovvero il 27/11/1998 e, quindi, dopo l'attribuzione della giurisdizione al Giudice amministrativo, per effetto del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 80, che ha fissato la data del 30 giugno 1998 quella che determina l'operatività del passaggio di giurisdizione. Tribunale Amministrativo Regionale, sez. staccata di Parma, del 4 dicembre 2002 sent. n. 877 (vedi: sentenza per esteso

Annullamento in sede giurisprudenziale di un decreto di occupazione d'urgenza - l'ottemperanza del giudicato - la restituzione del fondo - limiti - accessione invertita - impossibilità di "conversione" del giudizio di ottemperanza in giudizio di cognizione. Annullato in sede giurisprudenziale un decreto di occupazione d'urgenza, il privato può ottenere dal giudice dell'ottemperanza la restituzione del fondo solo qualora lo stesso non sia stato irreversibilmente modificato e quindi acquisito alla mano pubblica ( tra le più recenti: C.d.S. IV: Sez. 3 aprile 2001, n.1911; IV Sez.: 11 luglio 2001, n.3882). D'altra parte, come affermato costantemente dalla suprema Corte di Cassazione, l'irreversibile trasformazione dell'immobile del privato, presupposto dell'acquisto alla mano pubblica per accessione invertita, non ricorre solo nel caso di realizzazione ex novo di una costruzione, ma anche laddove l'intervento pubblico abbia inciso definitivamente, attraverso la destinazione all'uso pubblico, sulla funzione originaria del bene (ex multis: Cass. Civ., SS. UU. 15 luglio 1999, n.394; Cass. Civ., Sez.I, 3 maggio 2000, n.5513). Né sarebbe possibile una eventuale "conversione" del giudizio di ottemperanza in giudizio di cognizione, in quanto ciò si risolverebbe in una violazione del doppio grado di giudizio (cfr.C.d.S. Sez. VI, 27 marzo 2001, n.1774). Consiglio di Stato, Sezione IV, del 7 novembre 2002 sentenza n. 6078

Se manca l'autorizzazione e la dichiarazione di p.u., il privato proprietario danneggiato può richiedere, oltre al risarcimento dei danni sofferti nell'ultimo quinquennio anteriore alla domanda, anche la rimozione dell'impianto e la "restitutio in integrum" - c.d. occupazione acquisitiva - ipotesi di "occupazione usurpativa". L'annullamento dell'atto avente valore di dichiarazione di pubblica utilità comporta l'applicazione dell'orientamento sancito dalla giurisprudenza della Cassazione, secondo il quale l'apprensione "sine titulo" di un suolo di proprietà privata occorrente per l'impianto di un elettrodotto - sia che la realizzazione dell'opera non sia stata autorizzata dalla competente autorità, sia che non sia assistita da declaratoria di p.u., sia che, pur essendo stata autorizzata e dichiarata di p.u., non vi sia stato un valido asservimento per via di provvedimento amministrativo - non determina in alcun caso la costituzione di una servitù di fatto secondo lo schema della c.d. occupazione acquisitiva, trattandosi di fattispecie non applicabile per estensione alle ipotesi di acquisto da parte dell'ente costruttore, di un diritto reale "in res aliena", ed in particolare all'ipotesi di costituzione di servitu' coattiva di elettrodotto: in tutti i casi sopra menzionati la costruzione dell'impianto e il suo esercizio concretano un illecito (non istantaneo) ma a carattere permanente che perdura nel tempo sino a quando la situazione di illegittimità non venga meno, o con la rimozione dell'impianto dal fondo abusivamente occupato, o con la cessazione del suo esercizio, o con la costituzione di una regolare servitù mediante sentenza dal giudice ordinario (sempreché, in quest'ultimo caso l'impianto ed il suo esercizio siano stati autorizzati dall'autorita' competente); con la conseguenza che, se manchi l'autorizzazione e la dichiarazione di p.u., il privato proprietario da essa leso puo' richiedere, oltre al risarcimento dei danni sofferti nell'ultimo quinquennio anteriore alla domanda, anche la rimozione dell'impianto e la "restitutio in integrum" (Cassazione civile, sez. un., 3 ottobre 1989 n. 3963; Cass. Civ. sez. I, 18 settembre 1991 n. 9726). Il Collegio ben conosce la posizione giurisprudenziale secondo cui, in applicazione del principio generale dell'ordinamento di cui costituisce espressione l'art. 2933 comma 2 c.c. (per il quale non va ordinata la distruzione della cosa "se la distruzione… è di pregiudizio all'economia nazionale"), il potere di disporre la distruzione di un'opera pubblica realizzata senza titolo va esercitato tenendo conto anche degli interessi pubblici (C.S. V, 12 luglio 1996, n. 874). Di tale principio è stata fatta applicazione in giurisprudenza con riferimento al problema della restituzione delle aree interessate dall'esecuzione dell'opera pubblica nelle ipotesi di "occupazione usurpativa", sottolineandosi la rilevanza dei criteri ricavabili dall'art. 2058 c.c. e dall'art. 2933 c.c. in presenza di opere pubbliche di rilevante importanza e di ingente valore economico (cfr. in particolare C.S. IV, 14 giugno 2001, n. 3169 e C.S. V, 18 marzo 2002, n. 1562). Il Collegio ritiene peraltro che l'applicazione di queste disposizioni non possa prescindere dai principi processuali comuni. Quindi, per quanto attiene al secondo comma dell'art. 2058 c.c., che riconosce al giudice il potere di "disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore", va osservato che, pur trattandosi di un potere esercitabile d'ufficio, esso va esercitato tenendo presente l'insegnamento della Corte di Cassazione, secondo cui, poiché il giudice non ha un potere di ricerca dei fatti, il rilievo d'ufficio delle questioni presuppone che un fatto sia già stato allegato pur senza invocarne gli effetti e si riferisce alla produzione degli effetti costitutivi, modificativi, estintivi che discendono dal fatto allegato (Cass. Civ., sez. I, 7 aprile 2000, n. 4392). Per quanto attiene al limite fissato dall'art. 2933 c.c., per il caso in cui la distruzione della cosa risulti di pregiudizio per l'economia nazionale, va ricordato che trattasi di norma la cui applicazione presuppone che il concreto verificarsi di tale pregiudizio venga dedotto e dimostrato (Cass. Civ. sez. un., 16 gennaio 1986 n. 207). TAR Campania-Napoli, Sez. V dell' 11 giugno 2002 Sentenza n. 3386 (vedi: sentenza per esteso)

Occupazione temporanea e d'urgenza di beni immobili - opera dichiarata di pubblica utilità - obbligazione indennitaria - l'immissione in possesso dell'immobile - l'indennità di occupazione - l'indisponibilità giuridica dell'immobile. Tutti i casi d'occupazione temporanea e d'urgenza di beni immobili, imposta dall'esigenza di una più celere esecuzione dell'opera dichiarata di pubblica utilità, ingenerano una obbligazione indennitaria volta a compensare "medio tempore", per tutta la durata dello stato di indisponibilità del bene, il detrimento dato dal suo mancato godimento; ne consegue che, ove sia avvenuta l'immissione in possesso dell'immobile, sin da tale momento (e fino al termine dell'occupazione) è dovuta l'indennità di occupazione, mentre nel periodo precedente alla data di immissione in possesso al proprietario non è impedito lo sfruttamento del fondo se non per una sua scelta volontaria, sicché, in tal caso, conseguendo dall'adozione del provvedimento di urgenza soltanto l'indisponibilità giuridica dell'immobile, il proprietario ha diritto a reclamare un indennizzo soltanto ove sia fornita dimostrazione dell'esistenza di un reale pregiudizio in conseguenza di detta situazione giuridica (ad esempio, per l'impossibilità di alienazione del bene pur in presenza di concrete possibilità). Cassazione civile, sez. I, 20 luglio 2001, n. 9926

Criteri di liquidazione del danno da occupazione appropriativa - risarcimento all'indennità di esproprio senza riduzione del 40% e ulteriore aumento del 10% - applicabili anche nei casi di occupazione illegittima per opere di edilizia economica e popolare. I criteri di liquidazione del danno da occupazione appropriativa, stabiliti dall'art. 3, comma 65, l. n. 662 del 1996, che ha aggiunto un comma 7 bis all'art. 5 bis l. n. 359 del 1992, commisurando il risarcimento all'indennità di esproprio, con esclusione della riduzione del 40% e ulteriore aumento del 10% , è applicabile anche alle ipotesi di occupazione illegittima per l'esecuzione di opere di edilizia economica e popolare, in relazione alla quale l'art. 3 della l. n. 458 del 1988 si è limitato a prevedere l'obbligo del risarcimento del danno, senza tuttavia affatto indicare quali debbano essere le modalità per la liquidazione dello stesso. Cassazione civile, sez. I, 21 aprile 1999, n. 3926

Giurisdizione amministrativa in materia di lavori pubblici - applicabile anche nelle controversie inerenti all'approvazione dei progetti quando essa costituisce il primo atto della procedura ablatoria. L'art. 19, d.l. 25 marzo 1997 n. 67, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 maggio 1997 n. 135 - recante il nuovo rito innanzi al giudice amministrativo in materia di lavori pubblici (e di espropriazione connessa a questi ultimi) -, è applicabile pure alle controversie inerenti all'approvazione dei progetti di opere ed impianti pubblici, quando essa costituisce al contempo dichiarazione di utilità, indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori, quindi, il primo vero e proprio atto della procedura ablatoria. Consiglio di Stato Sez. V, 13 aprile 1999, n. 182

La c.d. accessione invertita non comporta la carenza di interesse - proroga dei termini per il completamento delle procedure espropriative - l'inapplicabilità della proroga legale dei procedimenti espropriativi alle occupazioni d'urgenza - termini. Il verificarsi della c.d. accessione invertita non comporta la carenza di interesse (e prima ancora il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo), alla pronuncia sulla legittimità degli atti della sequenza ablatoria - localizzazione, approvazione del progetto, decreto di esproprio - (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2940; sez. V, 29 luglio 1997, n. 846; sez. IV, 28 maggio 1988, n. 475; ad. plen., 21 ottobre 1980, n. 37); e ciò anche quando sia stata accettata l'indennità di esproprio che non esclude l'interesse a far riscontrare le eventuali illegittimità del procedimento di espropriazione ed occupazione d'urgenza, in vista anche del maggior ristoro che il privato può ottenere a titolo risarcitorio dall'accertata illiceità conseguente all'annullamento degli atti di sottrazione del bene (cfr. Trib. sup. acque pubbl., 1 dicembre 2000, n. 140, Cons. Stato, ad. plen., n. 37 del 1980 cit.). Il carattere obbligato della proroga dei termini per il completamento delle procedure espropriative non può discendere dalla previsione legale di cui all'art. 22 l. n. 158 del 1991. Tale norma dispone la proroga biennale del termine per le occupazioni d'urgenza in corso al primo gennaio 1991 (cfr. Cass. sez. I, 8 settembre 1997, n. 8734). La sezione è consapevole che tale proroga è riconosciuta, dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione (cfr. 8 luglio 1998, n. 6626) come automatica; e che, del pari, si è preso coscienza, nell'assetto attuale delle procedure espropriative, che l'occupazione d'urgenza (ex art. 71, 1 comma, ultima parte, l. n. 2359 del 1865) è una fase preliminare indefettibile dell'ablazione della proprietà privata, trasformatasi da procedimento autonomo e collegato a momento normale subprocedimentale (cfr. in termini sez. un. 20 gennaio 1998, n. 493). Pur tuttavia, non è possibile sovrapporre e conformare i termini dell'una fase con quelli dell'altra. Proprio sotto tale aspetto è stata affermata l'inapplicabilità della proroga legale dei procedimenti espropriativi alle occupazioni d'urgenza, per ragioni di ordine sistematico e letterale, dovendosi necessariamente fare salva l'identità funzionale delle due fasi (cfr. Cass. sez. un., 26 gennaio 1998, n. 761, in una fattispecie inversa a quella oggetto del presente giudizio, in cui si cercava di estendere la proroga dei procedimenti ablatori per l'attuazione dei piani per l'edilizia economica e popolare, disposta dall'art. 17, d.l. n. 795 del 1984, alle occupazioni d'urgenza finalizzate all'esproprio; nel senso della perdurante autonomia del provvedimento di esproprio rispetto a quello di occupazione, cfr. da ultimo Cass. sez. I, 19 febbraio 1999, n. 1387); parimenti si è affermato che la proroga del termine di efficacia dell'occupazione d'urgenza delle aree espropriande non incide sul diverso termine indicato nella dichiarazione di pubblica utilità, entro il quale deve essere adottato il provvedimento espropriativo, anche quando il primo termine sia ancora in corso alla data di scadenza del secondo (cfr. Cass. sez. I, 2 aprile 1985, n. 2256). Coerentemente la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla validità del su menzionato art. 22, l. 158 del 1991 e sulle disposizioni in esso contenute, ha statuito nel senso che queste <<...pur protraendo la legittimità delle occupazioni e determinando alcune remore temporali nell'ambito del procedimento espropriativo, non producono, per la giustificazione che esse trovano nella peculiarità della situazione alla quale hanno inteso provvedere, nemmeno lesione dell'art. 42, 3 comma, in relazione all'art. 24 Cost., sotto il profilo della compressione della tutela spettante al proprietario del bene. Infatti, una volta verificata la legittimità delle proroghe, in ragione delle esigenze che le giustificano, è fuor di luogo dolerso per le remore che esse possono determinare per le azioni volte a conseguire, a seconda dei casi, l'indennità di espropriazione ovvero il risarcimento del danno>> (Corte Cost. 28 aprile 1994, n. 163). Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. del 11 aprile 2002, n. 1987.

Ai fini della configurazione della accessione invertita a favore dell'ente che abbia occupato il fondo occorre che l'opera dichiarata di pubblica utilità sia emersa come bene strutturalmente e fisicamente nuovo - Ai fini della configurazione della c.d. accessione invertita, in favore dell'ente che abbia illegittimamente occupato e destinato il fondo altrui alla realizzazione dell'opera pubblica, non è sufficiente che il fondo abbia subito una manipolazione, ma occorre che l'opera dichiarata di pubblica utilità, anche se non ultimata, sia emersa come bene strutturalmente e fisicamente nuovo, realizzandosi così un'incompatibilità tra quest'ultima e l'autonoma sopravvivenza del fondo inglobato. Consiglio di Stato Sez. IV, 24 febbraio 2000, n. 1018

Liquidazione del credito da occupazione temporanea e d'urgenza - giudizio in unico grado innanzi alla Corte d'Appello - insorgenza del diritto per effetto del verificarsi dell'occupazione medesima - l'esistenza del provvedimento amministrativo di stima dell'indennità influisce solo sul termine entro il quale la domanda deve essere proposta. L'instaurazione del giudizio in unico grado innanzi alla Corte d'appello, ai sensi dell'art. 20 della l. n. 865 del 1971 (nel testo derivante dalla pronuncia della Corte cost. l. n. 470 del 22 ottobre 1990), per l'accertamento e la liquidazione del credito discendente da occupazione temporanea e d'urgenza, presuppone esclusivamente l'insorgenza del diritto, per effetto del verificarsi dell'occupazione medesima, mentre l'eventuale esistenza del provvedimento amministrativo di stima dell'indennità influisce solo sul termine entro il quale la domanda deve essere proposta e non incide, invece, sulla natura e sulla proponibilità della domanda, che ha ad oggetto l'accertamento del credito scaturente dalla fattispecie di occupazione. Ne discende che la sopravvenienza del provvedimento di stima nel corso del giudizio non incide nè sul "petitum" nè sulla "causa petendi" della domanda e deve, pertanto, escludersi che la Corte d'appello adita, laddove accerti l'indennità in una situazione in cui l'attore abbia mantenuto ferma l'iniziale domanda di autonoma determinazione della sua misura, incorra in ultrapetizione, non essendo necessario che avverso il suddetto provvedimento debba proporsi un'opposizione alla stima ovvero che l'azione pendente debba convertirsi dalla parte da azione di accertamento in azione di opposizione. Cassazione civile, sez. I, 28 gennaio 2000, n. 950

Occupazione illegittima - costruzione opera pubblica - data di radicale trasformazione del suolo ai fini di decorrenza di termini come apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito - necessità di motivazione - prove. In caso di occupazione illegittima da parte della p.a. di un fondo di proprietà privata per la costruzione di un'opera pubblica, la determinazione della data in cui si è verificata la radicale trasformazione del suolo e la conseguente sua irreversibile destinazione alla realizzazione dell'opera pubblica, ai fini della decorrenza della prescrizione, costituisce apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito, e, pertanto, insindacabile ove sorretto da adeguata motivazione. Ai fini della formazione del proprio convincimento, il giudice può utilizzare anche prove raccolte in un diverso giudizio tra le stesse o altre parti, quali indizi idonei a fornire utili elementi di giudizio. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione della Corte di merito che aveva attribuito rilievo probante, ai fini della individuazione della data di completamento dell'opera pubblica in questione, un edificio scolastico, alla consulenza disposta in altro giudizio ed alla sentenza che lo aveva definito, pronunziata tra altre parti, ma relativa allo stesso edificio, in quanto realizzato su area in parte di proprietà di soggetto diverso dai ricorrenti). Cassazione civile, sez. I, 4 gennaio 2000, n. 8

Il soggetto espropriato può agire in via autonoma per conseguire l'indennità di espropriazione quando sia stato emesso il decreto di esproprio - in caso di procedura espropriativa non completata il privato può agire per il risarcimento del danno quando sia scaduto il termine dell'occupazione d'urgenza - termini.
In materia di espropriazione per pubblica utilità, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 67 del 1990, il soggetto espropriato può agire in via autonoma per conseguire l'indennità di espropriazione, anche se la stima amministrativa non sia stata effettuata, quando sia stato emesso il decreto di esproprio, che integra una condizione dell'azione; in caso di procedura espropriativa non completata, scaduto il termine dell'occupazione d'urgenza e intervenuta l'irreversibile trasformazione del bene, il privato può invece agire per il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva nel termine del quinquennio dalla fine dell'occupazione legittima. Cassazione civile, sez. I, 11 ottobre 1999, n. 11370

Occupazione acquisitiva - radicale trasformazione nel suo aspetto materiale - requisito della irreversibilità. Il fenomeno della cosiddetta "occupazione acquisitiva" si può realizzare anche prima dell'ultimazione dei lavori, allorquando il suolo abbia subito una radicale trasformazione nel suo aspetto materiale, in modo da perdere la sua conformazione fisica originaria e da risultare stabilmente ed inscindibilmente incorporato, quale parte indistinta e non autonoma, nel nuovo bene costituito dall'opera stessa, dovendosi, peraltro, considerare, per un verso che il requisito della irreversibilità della suddetta destinazione può non comportare necessariamente un mutamento perpetuo ed ineliminabile e per altro verso che, in relazione alla natura dell'opera realizzanda, la trasformazione del fondo può anche non consistere in una profonda sua modifica materiale, ma risultare da una sua diversa collocazione nella realtà giuridica. (Nella specie la S.C., nel cassare con rinvio la decisione del giudice di merito, ha ritenuto che inesattamente essa avesse escluso l'irreversibile trasformazione in un caso, nel quale - a seguito di occupazione temporanea per la realizzazione di un programma costruttivo da parte di una cooperativa edilizia - un terreno agricolo, già adibito a mandarineto, aveva subito l'estirpazione di tutti gli alberi, l'eliminazione dei confini, la distruzione delle condotte irrigue ed il sollevamento del piano di campagna con materiale di riporto). Cassazione civile, sez. I, 27 maggio 1999, n. 5166

La accessione invertita si verifica anche quando l'intervento pubblico abbia inciso definitivamente sulla struttura e funzione originaria del fondo, tale che renda irreversibile il ripristino dello "status quo ante". La c.d. accessione invertita, la quale ha come presupposto che l'opera pubblica realizzata sul fondo privato abbia determinato l'irreversibile trasformazione di quest'ultimo, si verifica non solo quando tale irreversibilità si realizzi nella materiale "manipolazione", ma anche quando l'intervento pubblico abbia inciso definitivamente sulla struttura e funzione originaria del fondo, tale che il vincolo di scopo che lega l'opera al terreno renda giuridicamente irreversibile il ripristino dello "status quo ante". (Nella specie, si trattava delle opere idriche realizzate attraverso l'adattamento delle cave tufacee della collina di Capodimonte, a Napoli). Tribunale Superiore delle Acque, 15 aprile 1999, n. 48

Fondo illegittimamente occupato a seguito della sua irreversibile acquisizione nell'opera pubblica - domanda risarcitoria del danno da parte del privato - Corte d'Appello in unico grado - opposizione alla stima. Qualora il privato sul presupposto della ininfluenza del decreto di esproprio per pregressa perdita della proprietà del fondo illegittimamente occupato a seguito della sua irreversibile acquisizione nell'opera pubblica chieda il risarcimento del danno, la relativa domanda esula dalla cognizione in un unico grado della Corte di appello prevista dall'art. 19 l. 22 ottobre 1971 n. 865 per l'opposizione alla stima ed è sottoposta alle ordinarie regole di competenza per valore. Tale principio opera anche se sia stata proposta subordinatamente, nello stesso giudizio o separatamente in altro processo, domanda di opposizione alla stima in ipotesi di irritualità della procedura espropriativa, fermo restando per la Corte di appello competente a decidere sull'opposizione medesima l'obbligo di sospendere il giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c. in attesa della definizione della causa risarcitoria (con la pregiudiziale questione della rilevanza o meno del provvedimento ablativo). Cassazione civile, sez. I, 25 marzo 1999, n. 2806

Occupazione d'urgenza - illegittimità costituzionale nella parte in cui, in mancanza dell'indennità di occupazione o della sua comunicazione agli interessati, non consente ai medesimi di agire in giudizio per ottenerne la liquidazione - determinazione dell'indennità. In materia di occupazione di urgenza di un immobile finalizzata all'espropriazione per pubblica utilità, ove trovi applicazione l'art. 20, comma 4, l. 22 ottobre 1971 n. 865 (modificato dall'art. 14 l. 28 gennaio 1977 n. 10) di cui con sentenza della Corte cost. n. 470 del 1990 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale nella parte in cui, in mancanza della determinazione, da parte della commissione di cui all'art. 16 l. n. 865 del 1971 cit., dell'indennità di occupazione o della sua comunicazione agli interessati, non consente ai medesimi di agire in giudizio per ottenerne la liquidazione, l'indennità spettante al proprietario deve essere calcolata in relazione a periodi di un anno e deve essere corrisposta al termine di ciascun anno di occupazione (o dell'occupazione stessa); ne consegue che la prescrizione dei crediti relativi decorre dal termine di ciascun anno di occupazione (dell'occupazione), anche con riferimento ai periodi anteriori alla pubblicazione della citata sentenza della Corte cost., in applicazione del principio secondo cui la vigenza di una norma preclusiva dell'esercizio di un diritto viziata di incostituzionalità è qualificabile come mero ostacolo di fatto all'esercizio del diritto, ovviabile mediante azione in giudizio che porti alla dichiarazione dell'incostituzionalità della norma. Cassazione civile, sez. unite, 5 febbraio 1999, n. 27

Sostituzione del decreto di occupazione di urgenza. Ai sensi dell'art. 2 l. reg. Abruzzo 9 gennaio 1979 n. 2, la notifica della delibera ove sono descritti tutti gli atti della procedura, compreso quello di approvazione del progetto di un'opera pubblica, sostituisce il decreto di occupazione di urgenza ex art. 71 l. 25 giugno 1865 n. 2359. Consiglio di Stato sez. IV, 16 marzo 1999, n. 279

Il decreto di occupazione è provvedimento formalmente e sostanzialmente autonomo rispetto a quello di espropriazione - vizi del primo non incidono sulla legittimità del secondo. Il decreto di occupazione (o di proroga della medesima) è provvedimento formalmente e sostanzialmente autonomo rispetto a quello di espropriazione, con la conseguenza che eventuali vizi inficianti la validità del primo non incidono sulla legittimità del secondo, che, ove intervenuto nei termini stabiliti dalla dichiarazione di pubblica utilità, deve ritenersi validamente emanato indipendentemente dalla scadenza del termine di occupazione legittima, risultando, per converso, "inutiliter datum" soltanto se, in seguito alla realizzazione dell'opera ed alla scadenza dell'occupazione legittima, si sia verificata la cosiddetta occupazione acquisitiva in favore dell'ente espropriante. (Principio affermato in relazione ad una vicenda processuale in cui gli espropriati lamentavano la mancata comunicazione del decreto di proroga dell'occupazione da parte dell'autorità amministrativa: la S.C., nell'affermare il principio di diritto di cui in massima, ha, altresì, precisato che le norme regolatrici del procedimento espropriativo non prevedono alcun onere di comunicazione o notificazione del decreto di occupazione - o di proroga della medesima - al proprietario dell'immobile, in conformità con il più generale principio della non recettizietà dell'atto amministrativo, salvo espressa, contraria disposizione di legge). Cassazione civile, sez. I, 19 febbraio 1999, n. 1387

Occupazione acquisitiva - acquisto a titolo originario della proprietà in capo alla p.a. - fatto illecito - violazione delle norme che fissano i casi ed i modi per il sacrificio della proprietà privata ai fini pubblici - credito risarcitorio per il fatto illecito. L'acquisto a titolo originario della proprietà in capo alla p.a., che si determina a seguito della cosiddetta "occupazione acquisitiva", tipicizza un fatto illecito, in quanto consegue alla impossibilità della restituzione del bene al privato, a sua volta dipendente da un comportamento illecito dell'amministrazione medesima, consistente nella realizzazione dell'opera pubblica con violazione delle norme che fissano i casi ed i modi per il sacrificio della proprietà privata ai fini pubblici: quindi, dà diritto ad un credito risarcitorio per fatto illecito e non ad un credito di controvalore in rispondenza di un lecito acquisto della proprietà a titolo originario. Cassazione civile, sez. unite, 26 gennaio 1998, n. 761

Notifica del decreto di occupazione d'urgenza ai proprietari - notifica individuale - insostituibilità. Gli atti di dichiarazione di pubblica utilità, assoggettando beni determinati all'espropriazione e incidendo sui diritti dei proprietari, attribuiscono a questi ultimi la qualità di persone direttamente contemplate e con ciò il diritto a ricevere la notificazione individuale dei medesimi, non essendo valide a superare l'obbligo di notifica individuale ai diretti destinatari del provvedimento le forme di pubblicità operate mediante avviso pubblico nei comuni in cui sono situati i beni o nel giornale delle pubblicazioni amministrative della provincia, atti che non possono considerarsi sostitutivi della richiesta notifica, nè potendo realizzare la piena conoscenza del provvedimento, la circostanza che gli interessati abbiano avuto notizia della sua esistenza attraverso la notifica del decreto di occupazione di urgenza, atto non valido ad assorbirne il contenuto. T.A.R. Abruzzi, Pescara, 15 gennaio 1998, n. 135

Quando la delibera di occupazione d'urgenza sia dichiarata eseguibile è immediatamente efficace - l'amministrazione è tenuta ad effettuare l'immissione nel possesso nel termine perentorio di tre mesi dalla adozione - pena di illegittimità. Nell'ipotesi in cui la delibera di occupazione d'urgenza sia dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 47 comma 3 l. 2 giugno 1990 n. 142 essa è immediatamente efficace con la conseguenza che l'amministrazione è tenuta, a pena di illegittimità, ad effettuare l'immissione nel possesso del bene nel termine perentorio di tre mesi a decorrere dalla sua adozione, a nulla rilevando la data di pubblicazione della delibera stessa all'albo. 
T.A.R. Lazio, Latina, 13 gennaio 1998, n. 14