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Giurisprudenza

 

Rifiuti

2004

(Vedi anche le voci: inquinamento - acqua - aria - suolo - V.I.A....)

 

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-97

 

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RIFIUTI - Accumulo di rifiuti tossico-nocivo - Discarica non autorizzata - Tutela ambientale - Innocuizzazione - Disciplina applicabile - D.lgs. n. 22/1997 - D.Lgs. n. 36/2003 - D.Lgs. n. 152/2006. I materiali di risulta provenienti da attività metallurgiche, quali polveri di macinazione e schiumatura di alluminio e polveri da abbattimento di fumi, non costituiscono una particolare categoria di rifiuti, peculiarmente disciplinata ai fini di tutela ambientale, sicché per essi valgono i principi della normativa generale sui rifiuti. Nella specie, il sito di accumulo di rifiuti costituisce, "discarica non autorizzata " anche alla stregua della definizione fornita dall'art. 2, lett. g), del D.Lgs. n. 36/2003, non configurandosi, deposito temporaneo, né stoccaggio in attesa di recupero o trattamento, né stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore ad un anno. Rigon ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dep. 16/12/2004 (ud. 11/11/2004), Sentenza n. 48402

RIFIUTI - Accumulo di rifiuti - Discarica non autorizzata - Presupposti. Costituisce gestione di discarica non autorizzata l'accumulo di sostanze, (nella specie, polveri di macinazione e schiumatura di alluminio e polveri da abbattimento di fumi) quando non vi sia una loro selezione per omogeneità e risulti macroscopica l'eccedenza dei quantitativi delle scorie accumulate rispetto a quelli episodicamente rimossi, sicché può escludersi anche la mera eventualità di un reimpiego totale dei materiali in un ciclo produttivo o di consumo. Le deroghe introdotte dal 2° comma dell'art. 14 del D.L. n. 138/2002, dunque, non sono comunque applicabili nella specie per la carenza dei presupposti. Rigon ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dep. 16/12/2004 (ud. 11/11/2004), Sentenza n. 48402

RIFIUTI - Gestione di discarica - Tutela da rischi per la salute e l'ambiente - Gestione post-operativa - Fasi - Prescrizioni, manutenzione, sorveglianza e controlli. Ai sensi dell'art. 2, lett. o), le fasi di gestione di una discarica "vanno dalla realizzazione e gestione della discarica fino al termine della gestione post - operativa compresa" e la gestione post - operativa è attualmente disciplinata dall'art.13 del D.Lgs. n. 36/2003, il cui primo comma impone, anche in tale fase: il rispetto sia delle prescrizioni stabilite dall'autorizzazione e dai piani di gestione pure di ripristino ambientale sia delle norme in materia di gestione dei rifiuti, di scarichi idrici e tutela delle acque, di emissioni in atmosfera, di rumore, di igiene e salubrità degli ambienti di lavoro, di sicurezza e prevenzione incendi; nonché la necessità di assicurare la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le opere funzionali ed impiantistiche della discarica. Mentre, il secondo comma dello stesso art. 13 stabilisce, inoltre, che "la manutenzione, la sorveglianza e i controlli della discarica devono essere assicurati anche nella fase della gestione successiva alla chiusura, fino a che l'ente territoriale competente accerti che la discarica non comporta rischi per la salute e l'ambiente. In particolare, devono essere garantiti i controlli e le analisi del biogas, del percolato e delle acque di falda che possano essere interessate". La permanenza del reato di discarica abusiva, però, si correla alla protrazione nel tempo della condotta materiale accompagnata dalla cosciente volontà di mantenimento della stessa. La legge punisce la mancanza di autorizzazione in un'ottica di funzionamento, mentre, allorquando ha effettivo inizio la gestione post - operativa, si pone in essere una condotta che pone fine alla situazione antigiuridica e viene meno la stessa "ratio" della richiesta di autorizzazione; il sito non è più destinato permanentemente a luogo di scarico e deposito di rifiuti, sicché a perdurare nel tempo sono soltanto gli effetti del precedente illecito accumulo. Rigon ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dep. 16/12/2004 (ud. 11/11/2004), Sentenza n. 48402

RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Gestione post-operativa di una discarica - Permanenza del reato di discarica abusiva - Giurisprudenza. La nozione di "gestione dei rifiuti" (introdotta appunto dall'art. 6, 1° comma - lett. d, del D.Lgs. n. 22/1997) è un concetto nuovo e vastissimo - onnicomprensivo delle pur sempre diverse ed autonome fasi della raccolta, trasporto, smaltimento e recupero - rispetto al precedente impianto normativo espresso dal D.P.R. n. 915/1982, basato sulla più limitata nozione di "smaltimento". In tale prospettiva l'art. 2, lett. o), del D.Lgs. n. 36/2003 ha inteso affermare senza equivoci che va ricondotta, alla "gestione dei rifiuti" anche la gestione post - operativa di una discarica, in un'ottica di garanzia dello smaltimento "sicuro". Ciò non significa, però, che la discarica possa considerarsi tenuta in esercizio anche allorquando non è più operativa, (contra: sentenza 27.1.2004, n. 2662, ric. P.M, in proc. Zanoni, "la permanenza del reato di discarica abusiva verrà meno solo dopo dieci anni dalla cessazione dei conferimenti ovvero con l'ottenimento dell'autorizzazione o la rimozione dei rifiuti"). Rigon ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dep. 16/12/2004 (ud. 11/11/2004), Sentenza n. 48402

RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Excursus normativo europeo - Trasporti transfrontalieri di rifiuti. Le caratteristiche principali della nozione di "rifiuto", in ambito europeo, sono individuate dall'art. 1 della direttiva del Consiglio 15.7.1975, n. 75/442/CEE (sui rifiuti in generale), modificata dalla direttiva 18.3.1991, n. 91/156/CEE e dall'art. 1 della direttiva del Consiglio 20.3.1979, n. 78/319/CEE (sui rifiuti tossici e pericolosi), modificata dalla direttiva 12.12.1991, n. 91/689/CEE. Secondo tali direttive "per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'obbligo di disfarsi secondo le disposizioni nazionali vigenti". La direttiva n. 91/156/CEE ha ampliato e specificato tale nozione, riportandone le categorie nell'Allegato I e rinviando alla Commissione il compito di preparare, entro il 1° aprile del 1993, un elenco (suscettibile di riesame periodico) dei rifiuti rientranti nelle suddette categorie. La nozione medesima è stata altresì recepita dall'art. 2, lett. a), del Regolamento del Consiglio CEE 1 febbraio 1993, n. 259/93, relativo ai trasporti transfrontalieri di rifiuti (immediatamente e direttamente applicabile in Italia secondo Corte Cost. n. 170/1984). Rigon ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dep. 16/12/2004 (ud. 11/11/2004), Sentenza n. 48402

RIFIUTI - Attività di gestione di rifiuti pericolosi - Concorso di reato - Art. 51, 1° e 3° c., D.Lgs. n. 22/1997. L'art. 51, 1° comma, del D.Lgs. n. 22/1997 stabilisce un obbligo generale, penalmente sanzionato, di autorizzazione per chi esercita un'attività di gestione di rifiuti (stoccaggio, raccolta e trasporto, smaltimento, recupero, commercio ed intermediazione), con pene più severe se si tratta di rifiuti pericolosi. Il reato anzidetto sicuramente può concorrere con quello di discarica abusiva, autonomamente previsto dal 3° comma dell'art. 51, riferito ad una condotta reiterata nel tempo con cui si smaltiscono rifiuti in una determinata area, che assume una oggettiva e non equivoca destinazione alla definitiva ed incontrollata ricezione di rifiuti con immediato impatto ambientale. Rigon ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dep. 16/12/2004 (ud. 11/11/2004), Sentenza n. 48402

RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Obbligo di rimozione dei rifiuti - Inadempimento - Effetti - Risarcimento - Recupero delle spese anticipate dal Comune - art. 14 e 17 D.Lgs. n. 22/1997. In relazione all'inadempimento dell'obbligo di rimozione dei rifiuti e di ripristino dello stato dei luoghi, previsto dall'art. 14 del D.Lgs. n. 22/1997, nonché dell'obbligo di bonifica, secondo le scansioni temporali stabilite dall'art. 17 dello stesso testo normativo e le prescrizioni stabilite in concreto dall'autorità, competente, il Comune può agire, in via di rivalsa, per il recupero delle spese anticipate. Nella specie è stato disposto il risarcimento "delle spese sostenute per la messa in sicurezza del capannone e per quelle di bonifica del sito", oltre che "per il danno ambientale e non patrimoniale, ricomprensivo di quello all'immagine". Rigon ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dep. 16/12/2004 (ud. 11/11/2004), Sentenza n. 48402

Reati di danno ambientale - Associazioni ecologiste - Costituzione di parte civile - Ammissibilità - Condizioni - Sedi locali. Le associazioni ecologiste sono legittimate alla costituzione di parte civile nei procedimenti per reati che offendono l'ambiente, anche se non riconosciute ai sensi dell'art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, a condizione che abbiano direttamente subito un danno di natura patrimoniale (come può avvenire per i costi di attività finalizzate a prevenire il pregiudizio ambientale) o non patrimoniale (che può connettersi al discredito derivante dalla frustrazione dei fini istituzionali), e non si atteggino semplicemente a soggetti portatori di un interesse diffuso. (In motivazione la Corte ha rilevato come, affinchè una associazione possa ritenersi titolare di un proprio diritto soggettivo, sia necessario che la tutela dell'ambiente costituisca il suo essenziale fine statutario, che sia radicata sul territorio anche mediante sedi locali, che rappresenti un gruppo significativo di consociati e che abbia dato prova della continuità e della rilevanza del suo contributo alla difesa dell'ambiente). Presidente: Dell'Anno P. Estensore: Squassoni C. Relatore: Squassoni C. Imputato: P.C. e Resp. civile in proc. Morra. P.M. Izzo G. (Diff.) - (Rigetta, App. Torino, 10 Dicembre 2003). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 02/12/2004 (Ud.21/10/2004), Sentenza n. 46746

Rifiuti - Incenerimento - Direttiva 2000/76/CE - Repubblica italiana - Inadempimento. La Repubblica italiana, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva, in particolare dell’art. 21, n. 1. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, Sez. IV - 2 dicembre 2004, Causa C-97/04

Rifiuti - Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti - L. n. 441/1987 - Effetti. Le disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti contenute nel decreto legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, non scalfiscono affatto, né modificano la predetta normativa, ma hanno invero il dichiarato scopo di favorirne la piena e completa attuazione. Pres. COSTANTINO Est. SALTELLI - s.a.s. “L'IGIENICA DI A. A.” (avv. Napolitano, Di Bonito e Sarro) c.REGIONE CAMPANIA (avv. Baroni) - (Conferma TAR Campania, sez. I, n. 151 del 28 aprile 1993). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 29 novembre 2004 (C.c. 14 novembre 2003), sentenza n. 7806

Rifiuti - Impianti esistenti alla data del 31 dicembre 1986 si riferisce esclusivamente agli impianti di discarica regolarmente autorizzati. L'espressione “impianti esistenti alla data del 31 dicembre 1986” contenuta nell'articolo 2 del decreto legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, si riferisce esclusivamente agli impianti di discarica che a quella data, oltre ad essere esistenti, fossero anche regolarmente autorizzati. Pres. COSTANTINO Est. SALTELLI - s.a.s. “L'IGIENICA DI A. A.” (avv. Napolitano, Di Bonito e Sarro) c.REGIONE CAMPANIA (avv. Baroni) - (Conferma TAR Campania, sez. I, n. 151 del 28 aprile 1993). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 29 novembre 2004 (C.c. 14 novembre 2003), sentenza n. 7806

Rifiuti - Rifiuti presenti nell’ex stabilimento Enichem - Repubblica italiana - Mancata adozione delle misure necessarie per il recupero e lo smaltimento - Artt. 4 e 8 Direttiva 75/442/CEE - Inadempimento. Non avendo adottato le misure necessarie per assicurare che i rifiuti stoccati o depositati in discarica, presenti nel sito dell’ex stabilimento Enichem di Manfredonia e nella discarica di rifiuti urbani Pariti I, sita nella zona di Manfredonia, fossero ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, e non avendo adottato le disposizioni necessarie affinché il detentore dei rifiuti stoccati o depositati in discarica presenti nel sito Enichem e il detentore dei rifiuti presenti nella discarica Pariti I e nella discarica di rifiuti urbani Conte di Troia, consegnassero tali rifiuti ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata della direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, oppure provvedessero essi stessi al loro ricupero o smaltimento, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 4 e 8 della detta direttiva. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, Sez. V - 25 novembre 2004, Causa C-447/03

Rifiuti - Ordinanza di rimozione - Proprietario - Onere di ovviare alle situazioni di pericolo pubblico insistenti nella sua proprietà - Sussistenza - Pubblica amministrazione - Dimostrazione del dolo o della colpa - Necessità. Il proprietario del fondo ha l’onere di ovviare alle situazioni di pericolo pubblico insistenti nella sua proprietà dalle quali possano derivare rischi per la salute pubblica, sicchè non può rimanere inerte nei casi in cui si vengano a creare scarichi abusivi di rifiuti, soprattutto se speciali o pericolosi; tuttavia, al fine di ordinare la rimozione dei rifiuti, la pubblica amministrazione deve dimostrare che vi siano stati dolo o colpa del proprietario nel lasciare smaltire ai terzi i rifiuti ed abbia mantenuto un comportamento passivo di fronte alla creazione della discarica nel proprio fondo. Pres. Vivenzio, Est. Prosperi - R.B. e altro (Avv.ti Bestini e Di Virgilio) c. Comune di Ventimiglia (Avv. Alberti) - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 18 novembre 2004, n. 1555

Rifiuti - Rifiuti illecitamente abbandonati da terzi su un fondo - Proprietario - Istanza volta allo sgombero a cura del Comune - Art. 17, c. 9 D. Lgs. 22/97 - Inerzia del Comune - Legittimazione ad agire - Sussistenza. Il proprietario (interessato) ha legittimazione ad agire giudizialmente contro l’inerzia formalizzata degli organi comunali preposti all’esercizio dei relativi poteri (nella specie, il T.A.R. ha ritenuto assimilabili la situazione di colui che invochi l’adozione di misure sanzionatorie edilizie per abusi realizzati su un fondo limitrofo, con la posizione del proprietario che richieda lo sgombero a cura del Comune - ex art. 17, c. 9 D. Lgs. 22/97 - dei rifiuti illecitamente abbandonati da terzi sul suolo di sua proprietà, in vista del superiore interesse ala tutela dell’ambiente). Pres. Orrei, Est. Liguori - C.V. (Avv. Esposito) c. Comune di Nocera Superiore (Avv. Sessa) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno - 17 novembre 2004, n. 2033

Rifiuti - Responsabile dello sversamento - Omesso ripristino dello stato dei luoghi - Intervento d’ufficio dell’Ente territorialmente ineteressato - Obbligo di provvedere. L’omesso ripristino dello stato dei luoghi da parte del responsabile dello sversamento di rifiuti, costituisce presupposto per l’intervento “d’ufficio” dell’Ente territoriale interessato, al fine di porre in sicurezza, bonificare, e ripristinare il sito ex c. 9° dell’art. 17 Decr. Leg.vo 22/1997: tale norma, per la sua formulazione, fonda certamente un obbligo di provvedere da parte del Comune (in vista del superiore interesse pubblico alla tutela dell’ambiente), una volta venuti in essere i presupposti da essa stessa individuati, e indipendentemente dal successivo ed eventuale recupero delle spese anticipate nei confronti del soggetto ritenuto responsabile del fatto. Pres. Orrei, Est. Liguori - C.V. (Avv. Esposito) c. Comune di Nocera Superiore (Avv. Sessa) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno - 17 novembre 2004, n. 2033

Rifiuti - Aree protette - Compatibilità fra parchi e discariche - Deroga al procedimento autorizzatorio - Presupposti - Extrema ratio - Verifica di tutte le possibilità alternative - Necessità - Fattispecie. L’art. 4 comma 2 della OPCM del 2 maggio 1997 non attribuisce al Prefetto il potere di realizzare senz’altro una discarica in area protetta (in specie in Terzigno), ma solo “ove necessario”, con ciò evidenziando, anche in relazione alla necessità di rispettare i principi generali dell’ordinamento giuridico (che in materia di aree protette, ne impongono, per quanto possibile, la conservazione integrale), che la soluzione volta alla riattivazione della discarica nell’ambito del parco, in via diretta, ed in deroga al procedimento autorizzatorio, deve essere intesa come extrema ratio, perseguibile solo dopo avere esperito tutte le indagini ed i tentativi possibili per evitare tale alterazione dell’ambiente protetto. Fattispecie: annullamento degli atti prefettizi adottati con i quali si era decisa la riattivazione della discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio, in quanto, non erano assistiti da istruttoria e motivazione adeguata, nonostante l’ampia partecipazione invero garantita alle amministrazioni interessate, dovendosi procedere ad accertamenti che in via definitiva accertavano che nel bacino NA4 o in bacini limitrofi non vi erano altri siti disponibili, non oggetto di tale penetrante forma di protezione a tutela dell’ambiente. Pres. GIOVANNINI - Est. MONTEDORO - ENTE PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO (avv.ti Sanino, Abbamonte e Corporente) c. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (Avvocatura Generale dello Stato) ed altri (annulla TAR della Campania- Napoli - n. 1014 del 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 16 novembre 2004 (C.c. 4 giugno 2004) sentenza n. 7472

Rifiuti - Aree Protette - Compatibilità fra parchi e discariche - Tutela ambientale - Limiti - Conservazione integrale dell’area protetta - Alterazione dell’ecosistema del parco - Eccezione - Presupposti - Condizioni. In materia di compatibilità fra parchi e discariche, occorre ricordare che l’art. 11 comma 3 della legge n. 394 del 1991 contiene l’iniziale affermazione che l’apertura e l’esercizio di cave , di miniere e di discariche, nonché l’asportazione di minerali sono vietate nei parchi pubblici. Il successivo quarto comma, però, ridimensiona fortemente la perentorietà dell’affermazione, statuendo che il regolamento del Parco stabilisce eventuali deroghe ai divieti di cui al comma 3. Non vi è quindi un’incompatibilità assoluta fra aree protette ed interventi invasivi quali l’attivazione e la realizzazione di discariche nei parchi naturali, ma ciò nel rispetto del principio generale che vuole garantita, per quanto possibile, in forma tendenziale, la conservazione integrale dell’area protetta ed ammette l’alterazione dell’ecosistema del parco solo in quanto non vi siano alternative possibili alla scelta adottata ed in quanto sia garantita una successiva bonifica e ripristino dell’area. Pres. GIOVANNINI - Est. MONTEDORO - ENTE PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO (avv.ti Sanino, Abbamonte e Corporente) c. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (Avvocatura Generale dello Stato) ed altri (annulla TAR della Campania- Napoli - n. 1014 del 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 16 novembre 2004 (C.c. 4 giugno 2004) sentenza n. 7472

Rifiuti - Definizione - Dir. 75/442/CEE, art. 1 lett.a) - Intepretazione - Sostanze o materiali destinati o soggetti alle operazioni di smaltimento o recupero menzionati negli allegati IIA e IIB oppure in elenchi equivalenti - Indicazione tassativa - Esclusione. La definizione di rifiuto contenuta nell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442 non può essere interpretata nel senso che essa ricomprenderebbe tassativamente le sostanze o i materiali destinati o soggetti alle operazioni di smaltimento o di recupero menzionate negli allegati II A e II B della detta direttiva, oppure in elenchi equivalenti, o il cui detentore abbia l'intenzione o l'obbligo di destinarli a siffatte operazioni. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, - Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02

Rifiuti - Definizione - Art. 14 D.L. 138/02 - Residui di produzione o di consumo - Sottrazione alla qualifica di rifiuto - Contrasto con l'art. 1, lett. a), primo comma dir. 75/442/CEE. Secondo l'interpretazione risultante da una disposizione quale l'art. 14 del decreto legge n. 138/02, affinché un residuo di produzione o di consumo sia sottratto alla qualifica come rifiuto sarebbe sufficiente che esso sia o possa essere riutilizzato in qualunque ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni all'ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un'operazione di recupero ai sensi dell'allegato II B della direttiva 75/442. Un'interpretazione del genere si risolve manifestamente nel sottrarre alla qualifica come rifiuto residui di produzione o di consumo che invece corrispondono alla definizione sancita dall'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, - Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02

Rifiuti - Rottami ferrosi - Qualifica di rifiuti - Sussistenza - Fino al momento in cui essi non siano effettivamente riciclati in prodotti siderurgici. I rottami ferrosi, non riutilizzati in maniera certa e senza previa trasformazione nel corso di un medesimo processo di produzione o di utilizzazione, sono sostanze o materiali di cui i detentori si sono disfatti. Essi conservano la qualifica di rifiuti finché non siano effettivamente riciclati in prodotti siderurgici, finché cioè non costituiscano i prodotti finiti del processo di trasformazione cui sono destinati. Nelle fasi precedenti, essi non possono ancora essere considerati riciclati, poiché il detto processo di trasformazione non è terminato. Viceversa, fatto salvo il caso in cui i prodotti ottenuti siano a loro volta abbandonati, il momento in cui i materiali in questione perdono la qualifica di rifiuto non può essere fissato ad uno stadio industriale o commerciale successivo alla loro trasformazione in prodotti siderurgici poiché, a partire da tale momento, essi non possono più essere distinti da altri prodotti siderurgici scaturiti da materie prime primarie. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, - Sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02

Rifiuti - Definizione - Dir. 75/442/CEE, art. 1 lett.a) - Interpretazione - Residui di produzione o consumo riutilizzati in un ciclo produttivo - Non possono essere esclusi dalla nozione di rifiuti. La nozione di rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156 e dalla decisione 96/350, non dev'essere interpretata nel senso che essa escluderebbe l'insieme dei residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in un ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni all'ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un'operazione di recupero ai sensi dell'allegato II B di tale direttiva. CORTE DI GIUSTIZIA Comunità Europee, - Sentenza 11/11/2004, causa C-457/02

RIFIUTI - AGRICOLTURA - Gestione dei rifiuti - C.d. "pastazzo" di agrumi - Riutilizzazione come concime agricolo - Spandimento sul suolo a beneficio dell'agricoltura - All. C D.Lgs. n. 22/1997. In tema di gestione dei rifiuti, la riutilizzazione come concime agricolo del cosiddetto "pastazzo" di agrumi, composto da buccia e polpa di agrumi residuati dalla loro lavorazione, non esclude lo stesso dal regime dei rifiuti, atteso che sotto il profilo oggettivo rientra tra i residui di produzione e sotto il profilo soggettivo la destinazione ad operazioni di smaltimento e di recupero rientra nell'ipotesi nella quale il detentore del rifiuto abbia deciso di disfarsi dello stesso, in quanto tra le operazioni di recupero indicate nell'Allegato C del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 è compresa quella di spandimento sul suolo a beneficio dell'agricoltura (R10). Muzzupappa (rv. 230478). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 11/11/2004, Sentenza n. 43946

Beni culturali e ambientali - Opera realizzata in zona sottoposta a vincolo paesistico - Bene protetto - Sequestro preventivo - Criteri per verificare la sussistenza delle esigenze cautelari - Sequestro preventivo ed esigenze cautelari. Ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, la sola esistenza della struttura abusiva, realizzata senza autorizzazione e in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, integra il requisito della concretezza e dell'attualità cautelare, che sussiste proprio perché l'offesa al territorio è destinata in tal modo a perdurare ed a consolidarsi. (Nella fattispecie, la Corte ha osservato che qualunque lavoro eseguito senza autorizzazione, in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, può costituire un'offesa al bene giuridico protetto rappresentato dall'armonia paesaggistica). Pres. Savignano G. Est. De Maio G. Rel. De Maio G. Imp. Macino. P.M. Meloni VD. (Parz. Diff.) (Rigetta, Trib.Libertà Venezia, 20 Aprile 2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, del 10/11/2004 (Cc. 30/09/2004 ), Sentenza n. 43880 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Discarica - Ordinanza di bonifica - Proprietario - Non è soggetto passivo dell’ordine di bonifica ove non sia accertata la sua responsabilità - Obbligo di bonifica - Esclusione - Onere - Sussistenza - Ragioni - Artt. 14 e 17 D. Lgs. 22/97. Ai sensi degli artt. 14 e 17 del D. Lgs. 22/97 e dell’art. 8 D.M. 471/99, il proprietario non può ritenersi soggetto passivo di ordinanze che impongono obblighi di bonifica del sito inquinato (comprendenti il piano di caratterizzazione, la messa in sicurezza, il risanamento definitivo del sito inquinato) laddove non sia comprovato un suo contributo, colposo o doloso, alla realizzazione della discarica ed alla causazione dell’inquinamento o del suo aggravarsi. Ove egli non sia responsabile della violazione, non ha l’obbligo di provvedere, ma solo l’onere di farlo se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare. Conseguentemente, l’ordinanza di messa in sicurezza o di bonifica ben può essere notificata al proprietario al fine di renderlo edotto di tale onere (che egli ha facoltà di assolvere per liberare l’area dal vincolo correlativo), ma non può imporgli l’obbligo di realizzare direttamente gli interventi di bonifica, se la sua responsabilità non sia stata acclarata. Pres. Barbieri, Est. Spadavecchia - E. s.r.l. (Avv.ti Villata e sembri) c. Comune di Vimodrone (Avv.ti Chiarolanza e Marsico) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano - 8 novembre 2004, n. 5681 (Vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Ordinanza di bonifica - Rivolta al proprietario incolpevole - Spese sostenute dal proprietario per la bonifica - Ripetibilità nei confronti dell’amministrazione - Esclusione - Risarcimento del danno conseguente all’illegittimità della delibera - Esclusione - Rivalsa - Può essere esercitata solo nei confronti del responsabile dell’inquinamento. L’illegittimità dell’ordinanza di bonifica rivolta al proprietario non attribuisce il diritto di recuperare dal Comune le spese già sostenute per indagini, prelievi, campionamenti, analisi, ecc.. Ciò in quanto l’art. 17 d.lgs. n. 22/1997 conferisce all’Amministrazione il diritto di essere tenuta comunque indenne dal proprietario dell’area; al quale è quindi precluso, ove abbia provveduto direttamente alla bonifica in luogo del responsabile, di ripeterne le spese dall’Amministrazione che egli stesso è tenuto a garantire. Ne consegue che l’azione di rivalsa può essere esperita dal proprietario nei confronti del responsabile dell’inquinamento, ma non nei confronti dell’Amministrazione, neppure sub specie di risarcimento del danno conseguente all’illegittimità dell’ordinanza. Pres. Barbieri, Est. Spadavecchia - E. s.r.l. (Avv.ti Villata e sembri) c. Comune di Vimodrone (Avv.ti Chiarolanza e Marsico) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano - 8 novembre 2004, n. 5681 (Vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Situazione annosa che non presenti emergenze - Presupposti per l’ordine di facere al proprietario a prescindere dalla sua responsabilità - Esclusione - Ordinanza contingibile e urgente - Illegittimità. Una situazione annosa nella quale non viene prospettata alcuna reale emergenza che richieda il ricorso a strumenti extra ordinem, non presenta i presupposti - astrattamente idonei a giustificare un ordine di facere al proprietario a prescindere dalla sua responsabilità nell’inquinamento (cfr. Cons. Stato V, 2.4.03 n. 1678) - per l’emanazione di un’ordinanza contigibile e urgente ex art. 38 L. 142/90. Pres. Barbieri, Est. Spadavecchia - E. s.r.l. (Avv.ti Villata e sembri) c. Comune di Vimodrone (Avv.ti Chiarolanza e Marsico) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano - 8 novembre 2004, n. 5681 (Vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Deposito temporaneo - Condizioni - Stoccaggio - Individuazione- Discarica e stoccaggio - Definizione. In tema di gestione dei rifiuti, il raggruppamento degli stessi nel luogo di produzione non è soggetto ad autorizzazione ove contenuto nel limite temporale dell'anno ed in quelli quantitativi previsti dall'art. 6 del D.Lgs. n. 22 del 1997, integrando diversamente l'ipotesi di deposito incontrollato punito ex art. 51, comma secondo, del citato decreto n. 22; diversamente ove il deposito avvenga in luogo diverso da quello di produzione si configura uno stoccaggio solo se riguarda rifiuti destinati allo smaltimento o al recupero ex art. 6, comma primo lett. l), del decreto n. 22. Pres.: Dell'Anno P. Est.: Petti C. Rel.: Petti C. Imp.: De Flammineis. P.M. Consolo S. (Conf.) (Qualifica appello il ricorso, Trib. Ries. Bari, 16 Febbraio 2004) CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3, del 28/10/2004 (ud. 29/09/2004), Sentenza n. 42212 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Materiali rinvenienti da operazioni di costruzione e demolizione - Qualifica di rifiuti - Rientrano - Normativa di riferimento. I materiali rinvenienti dalle operazioni di costruzione e demolizione sono qualificati rifiuti ai sensi direttiva ministeriale 9 aprile 2002, che, nell’attuare il regolamento della Commissione dell’Unione Europea n. 2357/2001 del 28 dicembre 2001 in tema di sorveglianza e di controllo delle spedizioni dei rifiuti, ha - nella sostanza - modificato gli allegati al D.M. 5 febbraio 1998 recante in origine la disciplina attuativa degli anzidetti artt. 31 e 33 del D.L.vo 22 del 1997. Pres. Trivellato, Est. Rocco - D.C. s.r.l. (Avv. Florian) c. Comune di San Fior (Avv.ti Borella e Stivanello Gussoni) e Provincia di Treviso (Avv.ti Botteon, Sartori e Tonon) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 25 ottobre 2004, n. 3767

Rifiuti - Regime semplificato - Adempimenti richiesti - Rinterro di ex cava - Mancanza di autorizzazione provinciale - Imposizione di alternativa tra l’uso di terreno vegetale da ghiaia o la presentazione di progetto di discarica - Legittimità. Anche in regime semplificato, l’attività di recupero dei rifiuti non pericolosi rimane assoggettata a comunicazione all’Amministrazione Provinciale competente per territorio, non svolgibile prima del decorso del termine di 90 giorni decorrente dalla data di effettuazione della comunicazione medesima; subordinata, ai sensi dell’art. 5 del D.M. 5 febbraio 1998, ad apposito progetto approvato dall’autorità competente; oltre che, nel caso di rinterro di ex cave, compatibile con le caratteristiche chimico-fisiche, idrogeologiche e geomorfologiche dell’area da recuperare. Permane inoltre l’obbligo dell’attivazione di un registro di carico e scarico delle operazioni relative ai rifiuti recuperati (art. 12, comma 3, del D.L.vo 22 del 1997). In tale contesto, ed in mancanza dell’autorizzazione provinciale, deve ritenersi legittima l’imposizione da parte dell’amministrazione dell’alternativa tra l’utilizzazione, per il riempimento di un’ex cava, di materiale esclusivamente costituito da terreno vegetale da ghiaia, ovvero la presentazione di un regolare progetto di discarica. Pres. Trivellato, Est. Rocco - D.C. s.r.l. (Avv. Florian) c. Comune di San Fior (Avv.ti Borella e Stivanello Gussoni) e Provincia di Treviso (Avv.ti Botteon, Sartori e Tonon) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 25 ottobre 2004, n. 3767

Rifiuti - TARSU - Disciplina generale della tariffa - Competenza - Consiglio Comunale - Quantificazione degli importi tariffari - Competenza - Giunta Comunale - Competenza dei dirigenti nella delimitazione tariffaria - Esclusione. Tra gli atti fondamentali di competenza del Consiglio comunale, ai sensi dell’art. 42, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, è da annoverare "la disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi", comprensiva della individuazione dei criteri economici sulla base dei quali deve procedersi alla determinazione delle tariffe; delle eventuali esenzioni o agevolazioni; delle modalità di graduazione delle tariffe sulla base di fasce orarie o delle zone in cui il servizio viene prestato e di altri criteri di carattere generale per la determinazione delle tariffe; la concreta quantificazione degli importi tariffari spetta invece alla Giunta comunale. Va escluso che il potere di aggiornamento della tariffa possa essere attribuito ai dirigenti e ciò per il motivo che a questi spettano tutti gli atti di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, tra i quali non può annoverarsi quello di stabilire la concreta delimitazione tariffaria dei servizi offerti dal Comune ovvero, ove si ritenga che la TARSU abbia natura di tributo, la potestà determinativa delle aliquote d’imposta. Pres. Vacirca - Est. Massari - A.P.D.A. (Avv. Astori) c. Comune di Prato (Avv.ti Tognini e Gisondi) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 20 ottobre 2004, n. 5003

Rifiuti - Pubblica Amministrazione - Diniego alla realizzazione ed esercizio di una discarica di II categoria, tipo B, per rifiuti speciali - Motivazione per relationem - Legittimità. E’ legittima l’adesione dell’amministrazione alle argomentazioni contenute negli atti specificamente richiamati, secondo la tecnica della motivazione per relationem. E’ appena il caso di rilevare che, la motivazione di un provvedimento amministrativo costituisce il mezzo attraverso cui la pubblica amministrazione rende manifesto l’iter logico - giuridico che ha condotto alla sua emanazione, consentendone il sindacato. Si ritiene che non sussiste difetto di motivazione allorché quest’ultima sia ricavabile da altri atti del procedimento di cui l'interessato abbia avuto sicura conoscenza (C.d.S., sez. IV, 10 aprile 2002, n. 1924), poiché la garanzia di adeguata tutela delle proprie ragioni che l’ordinamento assicura nei confronti di ogni atto amministrativo non viene meno per il solo fatto che nel provvedimento finale non risultino chiaramente e compiutamente esplicitate le ragioni sottese alle scelte, se le stesse possano essere agevolmente colte dalla lettura degli atti afferenti le diverse fasi nelle quali si articola il procedimento (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2001, n. 125). (Fattispecie: diniego alla realizzazione ed esercizio di una discarica di II categoria, tipo B, per rifiuti speciali). Pres. Frascione - Est. Corradino. S.E.P. Società Ecologica Pavese s.r.l. (Avv.ti Boifava e Ferrari) c. Regione Lombardia (Avv.ti Colombo e Pujatti e Tedeschini) e nei confronti Provincia di Pavia - Comune di Bressana Bottarone (Conferma T.A.R. Lombardia, sez.I, n. 1554/1999). CONSIGLI DI STATO Sez. V, 20 ottobre 2004 (C.c. 30.3.2004), sentenza n. 6814

Rifiuti - Pubblica Amministrazione - Diniego alla realizzazione ed esercizio di una discarica di II categoria, tipo B, per rifiuti speciali - Conferenza di servizi - Distinta ed autonoma ponderazione - Presupposti. Il parere sfavorevole al rilascio dell’autorizzazione espresso dagli enti locali partecipanti alla conferenza di servizi, legittimamente è acquisito dalla Giunta Regionale (Lombardia), che ha espressamente affermato di procedere al diniego dell’atto autorizzatorio “condividendo le osservazioni evidenziate dagli enti in sede di conferenza”, ed “assumendo come proprie le predette valutazioni”. In sostanza, l’organo regionale ha compiuto una distinta ed autonoma ponderazione degli interessi sottesi al rilascio del provvedimento richiesto. (Fattispecie: diniego alla realizzazione ed esercizio di una discarica di II categoria, tipo B, per rifiuti speciali). Pres. Frascione - Est. Corradino. S.E.P. Società Ecologica Pavese s.r.l. (Avv.ti Boifava e Ferrari) c. Regione Lombardia (Avv.ti Colombo e Pujatti e Tedeschini) e nei confronti Provincia di Pavia - Comune di Bressana Bottarone (Conferma T.A.R. Lombardia, sez.I, n. 1554/1999). CONSIGLI DI STATO Sez. V, 20 ottobre 2004 (C.c. 30.3.2004), sentenza n. 6814

Rifiuti - Regolamento (CEE) n. 259/93 relativo alle spedizioni di rifiuti - Competenza dell'autorità di spedizione a controllare la classificazione della finalità della spedizione (recupero o smaltimento) e ad opporsi a una spedizione basata su una classificazione errata - Modalità dell'opposizione. Il regolamento (CEE) del Consiglio 1º febbraio 1993, n. 259, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, quale modificato dalle decisioni della Commissione 18 maggio 1998, 98/368/CE, e 24 novembre 1999, 1999/816/CE, dev’essere interpretato nel senso che quando uno Stato membro ricorre, in conformità alle disposizioni dell’art. 6, n. 8, del detto regolamento, alla procedura particolare di notifica, da parte dell’autorità competente di spedizione, del documento di accompagnamento predisposto ai fini di una spedizione di rifiuti destinati al recupero, tale autorità, qualora ritenga di dover sollevare un’obiezione alla spedizione a causa dell’erroneità della classificazione di tale operazione effettuata dal notificatore, non può riclassificare d’ufficio tale spedizione ed è tenuta a notificare il documento alle altre autorità competenti e al destinatario. Essa ha invece la possibilità di far conoscere la sua obiezione con tutti i mezzi, entro e non oltre la scadenza del termine previsto dall’art. 7, n. 2, dello stesso regolamento, al notificatore e alle altre autorità competenti. CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA, Sez. V - 19 ottobre 2004, proc. C-472/02

Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti - Committente dei lavori edili - Poteri di controllo - Limiti - Svolgimento dell'appalto - Responsabilità - Esclusione. Il committente dei lavori edili, anche in qualità di proprietario dell’area su cui si svolgono i lavori, non può, per ciò solo, essere considerato responsabile della mancata osservanza da parte dell'assuntore di detti lavori, delle norme in materia di smaltimento dei rifiuti, non essendo derivabile da alcuna fonte giuridica l’esistenza, in capo al committente, di un dovere di garanzia della esatta osservanza delle norme in materia (D. Lgs. n° 22/1997), (Cass. Sez. III, n. 1 5165 del 1.4.2003, Capecchi, rv. 224706). Egli, ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori nel suo interesse ex art. 1662 cod. civ., per esempio verificando che i materiali utilizzati siano conformi a quelli pattuiti o che le opere siano eseguite a regola d'arte; ma non ha il diritto di interferire sullo svolgimento dei lavori a tutela degli interessi ambientali, a meno che questi non coincidano col suo interesse contrattuale. Più concretamente, ha la facoltà di controllare la qualità dei materiali utilizzati per il riempimento del terreno, ma non ha il potere (e non ha l’obbligo) di chiedere all’appaltatore se è abilitato allo smaltimento dei rifiuti utilizzati allo scopo; e tanto meno ha il potere di impedire all’appaltatore non autorizzato di smaltire i rifiuti che lui utilizza per lo svolgimento dell'appalto. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 19 ottobre 2004 Sentenza n. 40618 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Responsabilità penale di tutti i soggetti coinvolti - Presupposti - Principi di responsabilizzazione e di cooperazione - Artt. 2, c.3 e 10, c.1, D.Lgs. n. 22/1997 - Committente di lavori edili o urbanistici - Esclusione - Fondamento. In tema di gestione dei rifiuti è tradizionale l'affermazione che ogni soggetto che interviene nello smaltimento degli stessi ha il dovere d’accertarsi che colui al quale sono consegnati i materiali per l'ulteriore fase di gestione sia fornito della necessaria autorizzazione, sicché in caso di omesso controllo egli ne risponde penalmente a titolo di concorso. A fondamento di questa conclusione si richiama la norma dell'art. 2, comma 3, D.Lgs. n. 22/1997, secondo cui "la gestione dei rifiuti si conforma ai principi di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale e comunitario”; nonché la norma di cui all'art. 10, comma 1, dello stesso decreto legislativo, secondo cui "gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni individuate nell'allegato B al presente decreto (i - e le operazioni di smaltimento), e dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti". Tuttavia è errato utilizzare queste fonti legali per sostenere che anche il committente (di lavori edili o urbanistici è "garante" della corretta gestione dei rifiuti da parte dell'appaltatore e quindi penalmente corresponsabile del reato di abusiva attività di raccolta, trasporto, recupero o smaltimento di rifiuti che l'appaltatore abbia effettuato nell'esecuzione dell'appalto. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 19 ottobre 2004 Sentenza n. 40618 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Inquinamento - Tutela dell’ambiente - Principio della responsabilità penale “personale” (art. 40 c.p.) - Presupposti - Committente di lavori edili - Obbligo giuridico di impedire - Esclusione -Fattispecie: scorretta gestione di rifiuti da parte dell'appaltante. Secondo il principio della responsabilità penale “personale”, la condizione di "garante" rispetto a un bene da tutelare (nel caso concreto, la integrità ambientale) presuppone in capo al soggetto il potere giuridico di impedire la lesione del bene, ovverosia quell'evento (reato) evocato dal capoverso dell'art. 40 c.p.. Quando questa norma precisa che "non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo" fonda la responsabilità penale dell'omittente non solo sull'obbligo, ma anche sul connesso potere giuridico di questi di impedire l'evento. Responsabilizzare un soggetto per non aver impedito un evento, anche quando egli non aveva alcun potere giuridico (oltre che materiale) per impedirlo, significherebbe vulnerare palesemente il principio di cui all'art. 27 Cost.. Alla luce di questo principio è evidente come il committente di lavori edili o urbanistici non può essere "garante" della corretta gestione di rifiuti da parte dell'appaltante, e quindi penalmente responsabile della abusiva gestione di rifiuti eventualmente effettuata dal secondo. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 19 ottobre 2004 Sentenza n. 40618 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Abbandono e deposito di rifiuti da parte di ignoti in area di pertinenza di ente pubblico - Ordinanza di rimozione e ripristino - In assenza di indagine in ordine all’elemento soggettivo del dolo o della colpa - Illegittimità. L’ordinanza di rimozione e ripristino emanata non sul presupposto della responsabilità nell’abbandono e nel deposito dei rifiuti, quanto sulla circostanza che l’area è di pertinenza di un ente pubblico, è illegittima, giacchè, in presenza di un ripetuto riversamento, da parte di ignoti, di rifiuti in un sito non adibito legittimamente a discarica, il proprietario del fondo non può essere chiamato a rispondere dell'illecito abbandono o di deposito incontrollato di rifiuti su tale area, se non sia individuato a suo carico l'elemento soggettivo del dolo o della colpa. Pres. ed Est. Veneziano - Provincia Regionale di Caltanissetta (Avv. Cauchi) c. Comune di Caltanissetta (Avv. Costa) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 14 ottobre 2004, n. 2287

Rifiuti - Gestione commissariale - Discariche - Approvazione dei progetti - Deroga alla normativa vigente - Espressa indicazione della normativa derogabile - Necessità - Zona tutelata paesaggisticamente - Decreto del Commissario - Va comunicato al Ministero competente per l’annullamento dell’autorizzazione paesistica. La possibilità di deroga alla legislazione vigente di cui all’ordinanza ministeriale n. 3077/2001 (gestione commissariale - approvazione di progetti e autorizzazioni ex artt. 27 e 28 d. lgs. 22/97 concernenti discariche) non esclude la necessità che la normativa derogabile venga espressamente indicata; sicchè, nell’ipotesi in cui non risulti che il commissario abbia inteso avvalersi dei suoi poteri straordinari non può invocarsi detta deroga. In ogni caso, ove il decreto del commissario delegato avesse sostituito pareri, autorizzazioni, concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, in aree tutela paesaggisticamente rimarrebbe comunque fermo l’obbligo di comunicazione, ai sensi dell’art.151, comma 5, d.lgs.490/99, delle autorizzazioni rilasciate dalla Soprintendenza al Ministero al quale compete l’eventuale annullamento. Pres. Urbano, Est. Durante - Italia Nostra O.N.L.U.S. (Avv. Colapinto) c. Commissario delegato per l’emergenza ambientale nella Regione Puglia (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 13 ottobre 2004, n. 4445 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Inquinamento - Bonifica di siti contaminati - Risanamento effettuato - Permanenza dell’inquinamento - Non esclude la necessità di nuova bonifica - Nuova destinazione dell’area - Limiti dell’accettabilità di contaminazione - Limiti più restrittivi - D.lgs. n.22/97. Una bonifica già effettuata non esclude la necessità di procedere a nuova bonifica ove si riscontri la permanenza dell’inquinamento. La specifica normativa è infatti diretta a risanare qualunque sito inquinato purché sia tale al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n.22/97, poiché l’inquinamento va considerato come fenomeno permanente finché non venga riportato nei limiti dell’accettabilità di contaminazione, i quali andranno determinati avuto riguardo all’eventuale modifica di destinazione che comporti l’applicazione di limiti più restrittivi (cfr. d. lgs. 22/97 e Accordo di programma sulla chimica a Porto Marghera). Pres. Zuballi, Est. Savoia - L.I.V. s.r.l. (Avv. Gambato) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (n.c.), Ministero delle Attività Produttive (n.c.), Ministero della Salute (n.c.), Ministero dei Lavori Pubblici (n.c.), Regione Veneto (Avv.ti Mora, Zanlucchi e Munari), Provincia di Venezia (Avv.ti Chinaglia e Tonon), Comune di Venezia (n.c.) e Autorità Portuale di Venezia (n.c.) - T.A.R VENETO, Sez. III - 12 ottobre 2004, n. 3650

Rifiuti - Rifiuti non pericolosi - Fanghi di dragaggio (D.M. 5.2.98) - Terre e rocce da scavo (d. Lgs. 22/97 e L. 443/2001) - Equiparabilità - Esclusione. I fanghi di dragaggio (12.2. All. 1 D.M. 5.2.1998 - rifiuti non pericolosi da recuperare con procedure semplificate) non sono equiparabili alle terre e rocce da scavo (lett. f.bis art. 8 D. Lgs n. 22/97). L’interpretazione autentica fornita dal legislatore con l. n. 443 del 21.12.2001, con la quale è stato chiarito che “le terre e rocce da scavo…non costituiscono rifiuti”, non può estendersi oltre i casi da essa espressamente chiariti. Pres. Fedullo, Est. Gaudieri - E. s.p.a. (Avv.ti Izzi e Marrama) c. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Avv. Stato) - T.A.R CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 8 ottobre 2004, n. 1867 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Rifiuti non pericolosi - Procedure semplificate - Mancata indicazione della quantità massima assoggettabile al recupero in regime di dispensa - Repubblica italiana - Inadempimento. La Repubblica italiana, non avendo stabilito nel decreto 5 febbraio 1998, sull’individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt. 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, quantità massime di rifiuti, per tipo di rifiuti, che possano essere oggetto di recupero in regime di dispensa dall’autorizzazione, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 10 e 11, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE. CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA, Sez. I - Sentenza 7 ottobre 2004, Causa C-103/02

Rifiuti - Rifiuti non pericolosi - Procedure semplificate - Mancata esatta definizione dei tipi di rifiuti assoggettabili al recupero in regime di dispensa - Repubblica italiana - Inadempimento. La Repubblica italiana, non avendo definito con esattezza i tipi di rifiuti relativi alle norme tecniche 5.9 e 7.8 dell’allegato 1 del detto decreto, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi dell’art. 11, n. 1, della direttiva 75/442, come modificata, e dell’art. 3 della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi. CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA, Sez. I - Sentenza 7 ottobre 2004, Causa C-103/02

Rifiuti - Discarica abusiva - Ordinanza di sgombero - Istruttoria - Deve accertare la qualificazione del rifiuto e la natura dell’attività esercitata dal proprietario dell’area. L’ordinanza di sgombero di rifiuti ha carattere sanzionatorio, non rientrando nel novero delle ordinanze contingibili e urgenti; essa deve essere preceduta da congrua istruttoria volta ad accertare, eventualmente in contraddittorio, l’esatta qualificazione del materiale presente nel deposito abusivo, e la reale natura dell’attività esercitata dal proprietario dell’area: l’eventuale assenza di saltuarietà e provvisorietà può infatti escludere la qualifica del deposito quale discarica non autorizzata. Pres. f.f. Rovis, Est. Savoia - T.A.R VENETO, Sez. III - 5 ottobre 2004, n. 3594

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Motori e parti di veicoli - Scarico o sversamento degli olii sul terreno - Verifica della effettiva percolazione - Necessità - Esclusione - Fondamento. In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo, non è necessario l'accertamento dell'attualità della percolazione di sostanze liquide costituenti rifiuto, essendo sufficiente che questa costituisca, in una valutazione che tenga conto del dato logico e dell'esperienza comune, una conseguenza inevitabile o altamente probabile, atteso che la disposizione di cui al citato art. 14 costituisce una norma di chiusura che persegue la finalità di impedire che per effetto della raccolta e dell'accumulo sul suolo di rifiuti possa derivare una danno all'ambiente. (Fattispecie relativa al deposito di motori ed altre parti di veicoli in difetto di autorizzazione). Pres. Dell'Anno P. - Est. Sarno G.- Rel. Sarno G.- Imp. Frison.- P.M. Izzo G. (Conf.). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III 1 Ottobre 2004 (Ud. 09/07/2004), Sentenza n. 38689 (vedi: sentenza per esteso)

Rifuti - Rifiuti pericolosi - Art. 4  Direttiva 91/689/CEE - Nozione di “produttore di rifiuti” - Inserimento o meno di persone fisiche. L’obbligo di tenere un registro di rifiuti pericolosi ai sensi dell’art. 4 della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi, riguarda tutti i produttori di questi rifiuti, tra cui gli studi medico-dentistici, e non solo i produttori di rifiuti pericolosi che esercitano la loro attività sotto forma di un'impresa o di un ente. CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA, Sez. VI - 28 settembre 2004, proc. C-115/03

Rifiuti - Valutazione Impatto Ambientale - Discarica di tipo 2 “B” e 2 “C” - Ipotesi di “autorizzazione di rinnovo” - Obbligo della V.I.A. - Sussiste - Esercizio delle attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti - Disciplina procedimentale - L.R. Abruzzo, n. 73/1996 e n. 65/1998. In tema di rifiuti, l’art. 2 della l. reg. Abruzzo 30 agosto 1996, n. 73, con il rinvio all’art. 4 della precedente legge regionale 22 novembre 1993, n. 65, dispone che, anche in ipotesi di “autorizzazione di rinnovo”, si deve far luogo alla valutazione di impatto ambientale per le discariche di tipo 2B e 2C previste, nel richiamato art. 4. Inoltre, la l. reg. 10 marzo 1998, n. 15, all’art. 10, comma 2, riconduce sotto la medesima disciplina procedimentale sia le domande di autorizzazione all’esercizio delle attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti, sia le domande di “rinnovo o proroga delle stesse”, sicché non se ne possono trarre argomenti per disattendere la tesi della inapplicabilità della V.I.A.. Nella specie, la Giunta ha esattamente concluso nel senso dell’applicabilità dell’art. 2 della l. reg. 73/96, sulla esigenza della V.I.A.. Pres. Frascione - Est. Farina - s.r.l. SMI Società Meridionale Inerti (avv. Scoca e Pelillo) c. Regione Abruzzo (Avvocatura generale dello Stato) e altro (conferma T.A.R. Abruzzo, sede staccata di Pescara, n. 903/99). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 27 settembre 2004, Sentenza n. 6301 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Abbandono/deposito incontrollato - Deposito controllato o temporaneo - Nozione - Raggruppamento dei rifiuti - Condizioni - Rifiuti sanitari - Requisiti comuni - Fondamento - Art. 6 lett. m) D.L.vo 22/97 - Art. 51, II comma, D.L.vo 22/97. In tema di gestione dei rifiuti, ogni deposito controllato non può che essere anche temporaneo, e viceversa, di conseguenza, un deposito, perché possa ritenersi controllato ovvero temporaneo, deve essere rispettoso dì tutte le condizioni normativamente imposte dall'art. 6 lett. m) D.L.vo 22/97, norma che, segnatamente e tra l'altro, esige il raggruppamento, prima della raccolta, nel luogo della produzione dei rifiuti e il rigoroso controllo dei tempi di giacenza, in ragione della natura e dei quantitativi; che, difettando anche solo tale ultimo requisito, rigidamente imposto dalle disposizioni inequivoche di cui ai nn. 2 e 3 del cit. art. 6 lett. m), non può, con tutta evidenza, parlarsi di deposito controllato o temporaneo, con la conseguenza che il fatto è riconducibile al reato di cui all'art.51 co. 2 di abbandono o deposito incontrollato commesso da titolare di impresa (cfr., di recente, Cass. sez.IIl, 11.4.2002 n.869, Brustia, rv.221883; 5.3.2002, Pasotti; 10.8.2001 n.31128,rv.220104). Né, in senso contrario, ha rilievo il richiamo stabilito dall'art.51 co.6 per i rifiuti sanitari, perché, da un lato, il detto diverso trattamento sanzionatorio, più che un effetto "voluto (e meditato)" è "solo frutto di uno scoordinamento delle due norme incriminatrici; dall'altro, è evidente che una nozione di deposito temporaneo o controllato, che ponga in secondo piano i limiti temporali stabiliti (come si è visto, con carattere di preminenza e rigidamente) dalla norma contrasterebbe con la definizione stessa dell'istituto stesso, oltre che con una interpretazione ideologica e sistematica della normativa. Pertanto, anche quando il raggruppamento dei rifiuti avvenga prima della raccolta nel luogo di produzione degli stessi, devono, anche essere rigorosamente rispettati i tempi di giacenza. Qualora difetti uno di questi requisiti non si può parlare di deposito controllato, ma il fatto sarà riconducibile al reato di cui all’articolo 51, II comma, D.L.vo 22/97. Imp. Frassy (conferma Corte d'Appello di Torino del 4.7.2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale - Sez. III, del 24/09/2004, Sentenza n. 37879

Rifiuti - Ordinanza contingibile e urgente di rimozione e smaltimento - Finalità ripristinatorie - Destinatari del provvedimento - Proprietari - Fattispecie. L’ordinanza contingibile e urgente di rimuovere i rifiuti per avviarli allo smaltimento o al riutilizzo come materia prima, prescinde da eventuali responsabilità non avendo finalità afflittive e/o sanzionatorie, bensì ripristinatorie, in quanto diretto alla adozione di interventi idonei ad eliminare tempestivamente la situazione di pericolo. Ne consegue che il provvedimento, di regola, va diretto al proprietario che per il suo status ha la disponibilità del bene, il quale può poi eventualmente rivalersi sui responsabili. (Nella specie, il T.A.R. ha ritenuto legittimo l’ordine rivolto agli assuntori di un fallimento, definito con sentenza omologata, stante il verificarsi dell’effetto traslativo della proprietà dei beni in capo agli assuntori a seguito dell’omologazione). Pres. Urbano, Est. Durante - G. L.M. e altri (Avv.ti Giannini e Nasca) c. Comune di Barletta (Avv.ti Danzi e Cuocci Martorano) e curatela fallimentare della L. s.r.l. (n.c.) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 23 settembre 2004, n. 4178

Rifiuti - Smaltimento - Residui di origine animale - Normativa applicabile - D. Lgs. 508/1992. Il D. Lgs. N.22/1997, che regolamenta in generale lo smaltimento dei rifiuti, non è applicabile alla attività di smaltimento dei residui di origine animale, regolamentata dalla specifica normativa dettata dal D.Lgs. n. 508/1992. Pres. Giallombardo, Est. Maisano - P.N.G. (Avv.ti Scarlata e Agugliaro) c. A.S.L. n. 6 di Palermo (Avv.ti Antinoro e Abbruzzese) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 21 settembre 2004, n. 2064

Rifiuti - Differenza tra lo “stoccaggio” ed il “deposito temporaneo” - Operazioni di messa in riserva di materiali - Raggruppamento dei rifiuti - Rifiuti speciali non pericolosi - Modalità di trattamento. In tema di gestione dei rifiuti, in base all'art 6 co. 1 lett. f) ed m) D. Lgs. 5/02/97, n. 22, rientrano nel concetto giuridico di "stoccaggio" tutte le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D 15 dell'allegato B), nonché quelle di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R 13 dell'allegato C, mentre per "deposito temporaneo" s'intende il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, a condizione che, trattandosi - come nel caso in specie - di rifiuti speciali non pericolosi, essi siano raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero - in alternativa - annuale se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i venti metri cubi. (Imp. Costantino), CORTE DI CASSAZIONE Penale - Sez. III, 8 settembre 2004, Sentenza n. 36061

Rifiuti - Appalti - Attività di gestione e di smaltimento dei rifiuti - Affidamento diretto di vari servizi pubblici - Interesse diretto all'impugnazione - Necessità. Per configurare l’esistenza di un interesse ad ottenere l’annullamento dell’atto impugnato, non è sufficiente che la società interessata abbia nel suo oggetto sociale le voci di attività corrispondenti a quelle della società vincitrice ma è indispensabile che essa abbia provato di avere già svolto analoghi servizi in tutta la loro gamma ovvero abbia dimostrato di essere concretamente in grado di farlo per essere provvista della necessaria potenzialità, per disponibilità di mezzi, di personale e di capacità organizzative. Difetta pertanto di interesse diretto all'impugnazione la Società che, di fatto, non può occuparsi della costruzione e della gestione di impianti per il trattamento dei rifiuti, della bonifica dei siti contaminati nè può procedere all’accertamento, alla liquidazione e alla riscossione delle tariffe. Pres. Iannotta - Est. Marchitiello Ciampa A., s.r.l. (Avv. Palma) c. Comune di Sorrento (Avv. Marone) e altro (Conferma T.A.R. Campania, I Sezione, del 20.1.2000, n. 136). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 30 Agosto 2004 (C.c. 16 aprile 2004), Sentenza n. 5643

Rifiuti - Rifiuti tossici e nocivi - Smaltimento - Eliminazione - Assimilabilità - Autorizzazione regionale per ciascuna fase - Necessità - Inerzia della regione sul controllo - Non equivale ad autorizzazione. L’art. 16 del DPR 915/1982 prevede che ogni fase dello smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi sia autorizzata dalla regione. Il principio può essere esteso all’eliminazione dei suddetti rifiuti, assimilato allo smaltimento nella previsione generale dell’art. 6 comma 1 lett. c) e d) del medesimo DPR 915/1982. Sull’attività di smaltimento (e per estensione anche su quella di eliminazione) la regione esercita un costante potere di controllo e repressione di abusi ai sensi del successivo art. 17. L’inerzia della Regione nel controllo non equivale ad autorizzazione. Pres. Mariuzzo, Est. Pedron - E. S.p.A. (Avv. Pillitteri, Lanero e Gorlani) c. Ministero dell’Ambiente (Avv. Stato) e Ministero della Salute (Avv. Stato) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia - 24 agosto 2004, n. 929 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Centrali termoelettriche - Art. 5 DM 124/2000 - Applicabilità - Impianti di coincenerimento. Le centrali termoelettriche che utilizzano come combustibile i rifiuti non sono escluse dal regime autorizzatorio di cui all’art. 5 del DM 124/2000, atteso che l’art. 2 comma 1 lett. b) estende la disciplina anche agli impianti di coincenerimento (“sono inclusi gli impianti che effettuano coincenerimento, cioè gli impianti non destinati principalmente all'incenerimento di rifiuti pericolosi che bruciano tali rifiuti come combustibile normale o addizionale per qualsiasi procedimento industriale”), definizione entro cui è compresa la centrale termoelettrica. Pres. Mariuzzo, Est. Pedron - E. S.p.A. (Avv. Pillitteri, Lanero e Gorlani) c. Ministero dell’Ambiente (Avv. Stato) e Ministero della Salute (Avv. Stato) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia - 24 agosto 2004, n. 929 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Smaltimento e raccolta dì rifiuti senza autorizzazione - Confisca obbligatoria del mezzo - Ex art. 240 c.p. e art. 53 d.l.vo n. 22/1997 - Terzo estraneo al reato proprietario del mezzo - Diritto alla restituzioni - Presupposti. Un'interpretazione costituzionalmente orientata (cfr. fra fante Corte Cost. n.2 del 1987, a 229 del 1974, n. l del 1997 e n.78 del 2001) impone di escludere, in ossequio al principio della personalità della responsabilità penale, la misura della confisca obbligatoria, qualora la cosa appartenga, non necessariamente a titolo di proprietà o in base ad un diritto reale di godimento, ad un terzo estraneo, che non abbia violato alcun obbligo di diligenza e sia, quindi, in buona fede, intesa quest'ultima come assenza di condizioni che rendano profilabile a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell'uso illecito della cosa e senza che esista alcun collegamento diretto o indiretto, ancorché non punibile, con la consumazione di esso, incombendo a chi richiede la restituzione la rigorosa dimostrazione di questi presupposti secondo quanto richiesto dalla giurisprudenza costituzionale su richiamata e da quella di legittimità in fattispecie analoghe (cfr. Cass. sez. III 10 ottobre 2002 n.33941, Kilerci rv.222276; Cass. sez. III 20 maggio 2003 n.22065, Mascheroni rv.224486; Cass. sez. I 8 maggio 2001 n. 18664, Hu Jianhong rv.219304 e Cass. sez. I 31 gennaio 2001 n.3792, Semeraro rv.218045). Fattispecie: richiesta di restituzione di un autocarro confiscato, oggetto di processo a carico di persone imputate di smaltimento e raccolta dì rifiuti senza autorizzazione, diverse dall'attuale richiedente-proprietario, ex art. 240 c. p. e art.53 d.l.vo n. 22 del 1997, poiché la confisca del mezzo, sebbene obbligatoria, non può estendersi al terzo estraneo al reato. Ric. Datola CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 3/08/2004, sentenza n. 33281

Rifiuti - TARSU - Commisurazione della tassa e della tariffa - Metodi e criteri - Apposito regolamento - Necessità - Agevolazioni - Art. 65, d.lgs. n. 507/1993. Secondo il dettato dell’art. 65 (“commisurazione e tariffe”) del d.lgs. n. 507/1993 che prevede: “1. La tassa può essere commisurata o in base alla quantità e qualità medie ordinarie per unità di superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi sono destinati, e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento. 2. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune, secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti”. Il successivo art. 68 (“regolamenti”) prevede, a sua volta che: “1. Per l'applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere:a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria; b) le modalità di applicazione dei parametri di cui all'art. 65; c) la graduazione delle tariffe ridotte per particolari condizioni di uso di cui all'art. 66, commi 3 e 4; d) la individuazione delle fattispecie agevolative, delle relative condizioni e modalità di richiesta documentata e delle cause di decadenza. Conf.: CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. l’ORDINE dei MEDICI CHIRURGHI e ODONTOIATRI di GENOVA ed altri (avv. RUSCA) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR Liguria, Sezione I, 5 ottobre 2002, n. 908). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 3 agosto 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5438 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - P.A. - Deliberazioni di tariffa - Art. 69, d.lgs. n. 507/1993 - Criteri di graduazione contenuti nel regolamento - Termini e proroga. Ai sensi dell’art. 69, d.lgs. n. 507/1993 “deliberazioni di tariffa”, entro il 31 ottobre i comuni deliberano, in base alla classificazione ed ai criteri di graduazione contenuti nel regolamento, le tariffe per unità di superficie dei locali ed aree compresi nelle singole categorie o sottocategorie, da applicare nell'anno successivo. In caso di mancata deliberazione nel termine suddetto si intendono prorogate le tariffe approvate per l'anno in corso. Conf.: CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. l’ORDINE dei MEDICI CHIRURGHI e ODONTOIATRI di GENOVA ed altri (avv. RUSCA) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR Liguria, Sezione I, 5 ottobre 2002, n. 908). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 3 agosto 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5438 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - P.A. - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Adozione della tariffa - Controllo di legittimità - Criteri - Art. 69, d.lgs. n. 507/1993 - Fattispecie: Mancata indicazione del criterio metodologico utilizzato ai fini della determinazione tariffaria. Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3, dell’ art. 69, d.lgs. n. 507/1993. L’esigenza di fornire idonei chiarimenti circa le modalità di applicazione dei parametri anzidetti nasce, del resto, anche dal citato art. 69 che, sia pure ai fini del controllo di legittimità, richiede al comma 2, che la deliberazione indichi “le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3”. Nella specie l’Amministrazione, disattendendo il chiaro dettato normativo, non ha, in sede regolamentare, enucleato alcun criterio metodologico ai fini della determinazione tariffaria, essendosi limitata a riprodurre le generiche indicazioni fornite dal legislatore stesso. La medesima ha, poi, demandato ad un soggetto privato ogni attività di indagine conoscitiva e di acquisizione dati senza, peraltro, aver fornito a detto soggetto - proprio per il sostanziale vuoto regolamentare - alcuna vincolante indicazione circa i criteri con i quali l’indagine stessa avrebbe dovuto essere condotta e le finalità che essa doveva proporsi. Allo stesso soggetto privato ha anche demandato il compito di elaborare i criteri metodologici da utilizzare, salvo poi, farli propri, in modo, peraltro, sostanzialmente acritico, al fine di integrare la carente norma regolamentare; e tale integrazione - avvenuta, tra l’altro, come si è visto, con modalità e contenuti del tutto insoddisfacenti - è affidata ad indicazioni essenzialmente descrittive e riepilogative, che non forniscono chiarimenti in ordine alle concrete modalità di definizione e di omogeneizzazione degli indici utilizzati e di aggregazione delle differenti categorie di utenti. Conf.: CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. l’ORDINE dei MEDICI CHIRURGHI e ODONTOIATRI di GENOVA ed altri (avv. RUSCA) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR Liguria, Sezione I, 5 ottobre 2002, n. 908). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 3 agosto 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5438 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Tariffa - Incertezza sui criteri di graduazione contenuti nel regolamento - Illegittimità - Sussiste. L’elaborazione dei dati in funzione della definizione del parametro non può - né deve - essere lasciata alle incertezze interpretative e, soprattutto, quelle del cittadino, il quale deve essere posto in grado di comprendere, in base a elementi debitamente pubblicizzati, l’iter logico che ha condotto ad enucleare i differenti parametri e, in definitiva, a definire la tassazione di cui si tratta. Conf.: CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. l’ORDINE dei MEDICI CHIRURGHI e ODONTOIATRI di GENOVA ed altri (avv. RUSCA) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR Liguria, Sezione I, 5 ottobre 2002, n. 908). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 3 agosto 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5438 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Adozione della tariffa - Diritto dei cittadini di comprendere compiutamente l’iter logico seguito dalla P.A. - Sussiste. La ricerca dei criteri utilizzati dalla P.A., del senso logico che li caratterizza e delle connessioni che li legano non può conseguire, solo a complesse e approfondite analisi dei numerosi dati rinvenibili nella relazione di indagine conoscitiva e di acquisizione di elementi, in assenza di indirizzi operativi e metodologici in grado di guidare l’indagine stessa. Al contrario, i criteri logici utilizzati debbono essere esposti con chiarezza nella norma regolamentare e debbono, essi sì, guidare l’indagine e permettere, al soggetto alla quale essa è demandata, di addivenire ad una corretta e coerente attività conoscitiva ai fini della concreta determinazione tariffaria in conformità con i criteri direttivi previamente offertigli dall’Amministrazione. Ed è su queste basi che i destinatari della disciplina di cui si tratta - i cittadini - sono messi in grado di comprendere compiutamente l’iter logico che ha condotto la stessa P.A., sulla base della congerie di elementi istruttori acquisiti, alla individuazione dei valori parametrici posti a base delle novità tariffarie. Conf.: CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. l’ORDINE dei MEDICI CHIRURGHI e ODONTOIATRI di GENOVA ed altri (avv. RUSCA) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR Liguria, Sezione I, 5 ottobre 2002, n. 908). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 3 agosto 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5438 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Concessione e gestione di discarica - Esecuzione della convenzione - Controversie - Giudice amministrativo - Competenza - Sussiste - Art. 11 c. 5° L. n. 241/1990. In tema di gestione di rifiuti, sulle controversie inerenti all’esecuzione del contratto o convenzione che regola il rapporto di concessione e gestione di un impianto di smaltimento di rifiuti ai sensi dell’art. 11 comma 5° della legge del 1990 n. 241, è competente il giudice amministrativo. (Conf.: C.d.S., sez. V, 11 gennaio 2002, n. 132. Contra: TAR Umbria 20 dicembre 2002 n. 1330) Pres. FRASCIONE - Est. FARINA - F.lli Manghi S.p.A. (avv.ti Mancini e Carbone) c. Comune di Mulazzo (avv. Barese). (riforma T.A.R. Toscana sez. II, 22.11.2000, n. 2362). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 3 agosto 2004, Sentenza n. 5418

Rifiuti - Tariffa smaltimento - Servizio Pubblico - Art. 33 D. Lgs. 80/98 - Sent. Corte Cost. 204/2004 - Giurisdizione - Giudice ordinario. Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, la materia relativa a indennità, canoni ed altri corrispettivi dovuti ai gestori di servizi pubblici (materia prima rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 33 D. Lgs. 80/98) è stata restituita alla giurisdizione del giudice ordinario (fattispecie: fatture emesse a titolo di tariffa smaltimento rifiuti). Pres. Coraggio, Est. Passarelli di Napoli - F. C. S.p.A. (Avv. E. e F. Magrì e Ambroselli) c. Comune di Caserta (Avv. Lerio Miani) e Commissario di Governo per l’Emergenza Rifiuti (Avv. Stato) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 30 luglio 2004, n. 10909

Rifiuti - Biomasse - Operazioni di recupero dei rifiuti - Provvedimento autorizzatorio - Procedura semplificata - Comunicazione di inizio di attività - Verifica della sussistenza dei requisiti e delle condizioni tecniche - Termini - Art. 33, D.Lgs. n. 22/1997 - Attività già autorizzate - Emissioni determinate dai rifiuti - art. 15, lettera a), DPR n. 203/1988 - Divieto di inizio o di prosecuzione dell’attività - Comunicazione incompleta o non veritiera - Recupero dei rifiuti non pericolosi - Aria - Combustione di rifiuti non pericolosi - Emissioni inquinanti - D.M. 5.02.1998 - Controlli.  Il ricorso alla procedura semplificata nelle ipotesi ed in presenza dei presupposti indicati a norma dell’art. 33 D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese “a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 31, “decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente” (comma 1). Ricevuta la documentata comunicazione dell’impresa interessata, la Provincia è tenuta (comma 3) ad iscriverla in un apposito registro; quindi procede nei detti novanta giorni a verificare la sussistenza dei requisiti e delle condizioni tecniche fissate in via generale dalla normativa e, successivamente, ad effettuare controlli periodici in corso d’esercizio. Le prescrizioni specifiche e le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 31 sono quelle contenute nel decreto interministeriale 5 febbraio 1998, emanato dal Ministro dell’Ambiente di concerto con i Ministri dell’Industria, della Salute e delle Politiche Agricole. Quanto alle attività già autorizzate, la comunicazione di inizio dell’attività e la conseguente iscrizione nel registro sostituiscono, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle suddette norme tecniche, anche l’autorizzazione richiesta dall’art. 15, lettera a), del DPR 24 maggio 1988 n. 203 per apportare agli impianti industriali modifiche sostanziali. Nel caso in cui accerti che la comunicazione è incompleta o non corrisponde al vero oppure verifichi che l’attività non rispetta le previsioni della normativa tecnica, la Provincia dispone il divieto di inizio o di prosecuzione dell’attività, salva la possibilità per l’interessato di conformarsi entro un termine prefissatogli (art. 33, comma 4). Si tratta, con evidenza, di disposizione che, sul presupposto della equiparazione all’attività industriale delle attività di recupero dei rifiuti non pericolosi individuati dal D.M. 5 febbraio 1998, intende incentivarle evitando duplicazioni di procedimenti autorizzatori secondo un meccanismo di silenzio assenso (cfr. Cons. Stato 4 maggio 2004 n. 2707) e, così, consentendone l’esercizio, se effettuato in conformità alle prescrizioni e condizioni indicate in quel decreto, a seguito di semplice comunicazione di inizio. Pres. Iannotta - Est. Allegretta - TERNI EN.A. s.p.a. (avv.ti Calzoni, Neri e Carbone) c. Ass. Italiana per il World Wide Fund For Nature - W.W.F. Italia e l'Ass. Italia Nostra (avv. Segarelli) e Provincia di Terni e Regione Umbria (n.c.) (riforma Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria in data 6 novembre 2003 sentenza n. 852). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 29 luglio 2004 (ud. 17 febbraio 2004) Sentenza n. 5333 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Ordinanza di rimozione ex art. 14 D. Lgs. 22/97 - Proprietario del terreno o soggetti titolari di diritti reali o di godimento - Corresponsabilità con l'autore dell'abbandono dei rifiuti - Sussistenza - A titolo di dolo o colpa - Fattispecie. L'art. 14 comma 3 del D.lg. 5 febbraio 1997 n. 22 consente l'emissione dell'ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati anche nei confronti di coloro i quali (proprietario del terreno o soggetti che vi hanno diritti reali o personali di godimento) possano essere qualificati solidalmente corresponsabili con l'autore dell’abbandono ove possano ritenersi imputabili a titolo di dolo o di colpa (nella specie, ritenuto che i rifiuti abbandonati erano il risultato di una mancanza di custodia del sito protrattasi per un lungo periodo di tempo, che il sito era ben circoscritto e quindi facilmente controllabile, posto vicino al centro abitato e non soggetto ad uso da parte della collettività, la discarica abusiva è stata imputata a carico dell'Ente proprietario a titolo di colpa nella vigilanza). Pres. TOSTI, Est. SCANO - Gestione governativa Ferrovie della Sardegna (Avv. Stato) c. Comune di Bultei (n.c.) - TAR SARDEGNA, SEZ. II - Sentenza 19 luglio 2004, Sentenza n.1076 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Impianti di trattamento - Rifiuti conferiti dai Comuni - Qualità e quantità - Controllo - Spetta ai soggetti gestori. I soggetti preposti alla gestione di impianto di trattamento rifiuti sono istituzionalmente tenuti ad assicurare una elevata protezione dell’ambiente (con particolare riguardo ai rumori ed odori) ed a effettuare il controllo della qualità e quantità dei rifiuti conferiti dai Comuni ai fini della loro corrispondenza alle autorizzazioni provinciali (art. 2 del D. Lgs. n. 22 del 1997 ed art. 21 del D.P.G.R. n. 502 del 1991). Pres. Sammarco, Est. Farina - S. s.r.l. (Avv.ti Malattia, Malattia e Fusco) c. Provincia di Pordenone (Avv. De Col) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA - 17 luglio 2004, n. 421

Rifiuti - P.A. - Deliberazioni di tariffa - Art. 69, d.lgs. n. 507/1993 - Criteri di graduazione contenuti nel regolamento - Termini e proroga. Ai sensi dell’art. 69, d.lgs. n. 507/1993 “deliberazioni di tariffa”, entro il 31 ottobre i comuni deliberano, in base alla classificazione ed ai criteri di graduazione contenuti nel regolamento, le tariffe per unità di superficie dei locali ed aree compresi nelle singole categorie o sottocategorie, da applicare nell'anno successivo. In caso di mancata deliberazione nel termine suddetto si intendono prorogate le tariffe approvate per l'anno in corso. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. ACQUARONE ed altri (avv.ti ANSELMI, MAOLI e ROMANELLI) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR della Liguria, Sezione I, 3 settembre 2002, n. 911). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - P.A. - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Adozione della tariffa - Controllo di legittimità - Criteri - Art. 69, d.lgs. n. 507/1993 - Fattispecie: Mancata indicazione del criterio metodologico utilizzato ai fini della determinazione tariffaria. Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3, dell’ art. 69, d.lgs. n. 507/1993. L’esigenza di fornire idonei chiarimenti circa le modalità di applicazione dei parametri anzidetti nasce, del resto, anche dal citato art. 69 che, sia pure ai fini del controllo di legittimità, richiede al comma 2, che la deliberazione indichi “le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3”. Nella specie l’Amministrazione, disattendendo il chiaro dettato normativo, non ha, in sede regolamentare, enucleato alcun criterio metodologico ai fini della determinazione tariffaria, essendosi limitata a riprodurre le generiche indicazioni fornite dal legislatore stesso. La medesima ha, poi, demandato ad un soggetto privato ogni attività di indagine conoscitiva e di acquisizione dati senza, peraltro, aver fornito a detto soggetto - proprio per il sostanziale vuoto regolamentare - alcuna vincolante indicazione circa i criteri con i quali l’indagine stessa avrebbe dovuto essere condotta e le finalità che essa doveva proporsi. Allo stesso soggetto privato ha anche demandato il compito di elaborare i criteri metodologici da utilizzare, salvo poi, farli propri, in modo, peraltro, sostanzialmente acritico, al fine di integrare la carente norma regolamentare; e tale integrazione - avvenuta, tra l’altro, come si è visto, con modalità e contenuti del tutto insoddisfacenti - è affidata ad indicazioni essenzialmente descrittive e riepilogative, che non forniscono chiarimenti in ordine alle concrete modalità di definizione e di omogeneizzazione degli indici utilizzati e di aggregazione delle differenti categorie di utenti. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. ACQUARONE ed altri (avv.ti ANSELMI, MAOLI e ROMANELLI) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR della Liguria, Sezione I, 3 settembre 2002, n. 911). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Tariffa - Incertezza sui criteri di graduazione contenuti nel regolamento - Illegittimità - Sussite. L’elaborazione dei dati in funzione della definizione del parametro non può - né deve - essere lasciata alle incertezze interpretative e, soprattutto, quelle del cittadino, il quale deve essere posto in grado di comprendere, in base a elementi debitamente pubblicizzati, l’iter logico che ha condotto ad enucleare i differenti parametri e, in definitiva, a definire la tassazione di cui si tratta. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. ACQUARONE ed altri (avv.ti ANSELMI, MAOLI e ROMANELLI) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR della Liguria, Sezione I, 3 settembre 2002, n. 911). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Adozione della tariffa - Diritto dei cittadini di comprendere compiutamente l’iter logico seguito dalla P.A. - Sussiste. La ricerca dei criteri utilizzati dalla P.A., del senso logico che li caratterizza e delle connessioni che li legano non può conseguire, solo a complesse e approfondite analisi dei numerosi dati rinvenibili nella relazione di indagine conoscitiva e di acquisizione di elementi, in assenza di indirizzi operativi e metodologici in grado di guidare l’indagine stessa. Al contrario, i criteri logici utilizzati debbono essere esposti con chiarezza nella norma regolamentare e debbono, essi sì, guidare l’indagine e permettere, al soggetto alla quale essa è demandata, di addivenire ad una corretta e coerente attività conoscitiva ai fini della concreta determinazione tariffaria in conformità con i criteri direttivi previamente offertigli dall’Amministrazione. Ed è su queste basi che i destinatari della disciplina di cui si tratta - i cittadini - sono messi in grado di comprendere compiutamente l’iter logico che ha condotto la stessa P.A., sulla base della congerie di elementi istruttori acquisiti, alla individuazione dei valori parametrici posti a base delle novità tariffarie. Pres. Frascione - Est. Buonvino - Comune di GENOVA (avv.ti ROMANELLI, DE NITTO e ODONE) c. ACQUARONE ed altri (avv.ti ANSELMI, MAOLI e ROMANELLI) e nei c. AMIU - AZIENDA MULTISERVIZI e IGIENE URBANA (n.c.) (conferma TAR della Liguria, Sezione I, 3 settembre 2002, n. 911). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 17 luglio 2004 (ud. 24 febbraio 2004), Sentenza n. 5158 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Realizzazione di una discarica - Associazioni ambientaliste - Legittimazione processuale - Sedi territoriali - Esclusione - Art. 18 della legge n. 349 del 1986 - Giurisprudenza. La legittimazione processuale riconosciuta ai sensi dell’art. 18 della legge n. 349 del 1986, riguarda le associazioni ambientaliste nazionali formalmente riconosciute e non alle loro sedi territoriali, le quali non sono munite di autonoma legittimazione processuale, nemmeno per l’impugnazione di un provvedimento con effetti territorialmente circoscritti. Fattispecie. Realizzazione di una discarica di rifiuti. Conforme: C.d.S. sez. IV, 11/07/2001, n. 3878. Contra: C.d.S. sez. IV, 26/07/2001 n. 4123). Pres. IANNOTTA - Est. MILLEMAGGI COGLIANI - Rotamfer S.P.A. (avv. Dell’Anno) c. Legambiente di Verona ed altri (avv.ti Sartori e sanino), Comune di Sona (avv.ti Clementi e Cevelotto), Reg. veneto (avv. Zimbelli e Manzi), prov. di Verona e Comune di Verona (nn.cc.). (riforma T.A.R. veneto, sez. III, 1/03/2003 n. 1629) CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 luglio 2004, Sentenza n. 5136

Rifiuti - Realizzazione di una discarica - Abitanti limitrofi all’area - Legittimazione al ricorso - Sussiste. Gli abitanti limitrofi all’area in cui si dovrebbe realizzare una discarica di rifiuti, sono legittimati a ricorrere a tutela dei propri interessi. Pres. IANNOTTA - Est. MILLEMAGGI COGLIANI - Rotamfer S.P.A. (avv. Dell’Anno) c. Legambiente di Verona ed altri (avv.ti Sartori e sanino), Comune di Sona (avv.ti Clementi e Cevelotto), Reg. veneto (avv. Zimbelli e Manzi), prov. di Verona e Comune di Verona (nn.cc.). (riforma T.A.R. veneto, sez. III, 1/03/2003 n. 1629) CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 luglio 2004, Sentenza n. 5136

Rifiuti - V.I.A. - Realizzazione di una discarica - Trasformazione di discarica di rifiuti di tipo B in tipo C - Valutazione d’impatto ambientale - Necessità. Il progetto di trasformazione di discarica di rifiuti di tipo B in tipo C in variante deve essere sottoposto a preventiva valutazione d’impatto ambientale. (C.d.S. sez. V, 30/10/2003, n. 6759) Pres. IANNOTTA - Est. MILLEMAGGI COGLIANI - Rotamfer S.P.A. (avv. Dell’Anno) c. Legambiente di Verona ed altri (avv.ti Sartori e sanino), Comune di Sona (avv.ti Clementi e Cevelotto), Reg. veneto (avv. Zimbelli e Manzi), prov. di Verona e Comune di Verona (nn.cc.). (riforma T.A.R. veneto, sez. III, 1/03/2003 n. 1629) CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 luglio 2004, Sentenza n. 5136

Rifiuti - L.R. Piemonte n. 24/2002 - Esercizio di funzioni amministrative conferite agli enti locali - Poteri sostitutivi in capo agli organi regionali in caso di inerzia dell’ente competente - Art. 120 Cost. - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 2, comma 1, lettera i), 3, comma 1, lettera l), 11, commi 13 e 14, e 12, commi 7 e 8, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti), sollevate, in riferimento all’art. 120 della Costituzione. L’articolo 120, secondo comma, Cost. non preclude infatti la possibilità che la legge regionale, intervenendo in materie di propria competenza, e nel disciplinare l’esercizio di funzioni amministrative conferite agli enti locali, preveda anche poteri sostitutivi in capo a organi regionali o di altro livello di governo nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell’ente ordinariamente competente. Pres. e Red. Zagrebelsky - CORTE COSTITUZIONALE, 16 luglio 2004 (dec. 8 luglio 2004) sent. n. 227

Rifiuti - Attività di smaltimento con autorizzazione scaduta - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. 22 del 1997 - Sussiste - Procedura di rinnovo in corso - Irrilevanza - Fattispecie. Risponde del reato di cui all'art. 51 D.Lgs. 22 del 1997 il titolare di una attività di giardinaggio la cui società non risulta iscritta nell'albo nazionale delle imprese esercenti servizio di smaltimento rifiuti per essere l'autorizzazione scaduta, non rilevando che quest'ultima sia in attesa di rinnovo. In specie, è stato ritenuto irrilevante (ai fini della fase cautelare) sia che l'autorizzazione fosse in attesa di rinnovo, sia che la società svolgesse una "legittima attività di giardinaggio": deve, infatti, essere osservato, sotto il primo profilo, che il legale responsabile della società, vertendosi in materia contravvenzionale, risponde anche dell'eventuale inadempienza di altri (e, peraltro, l'autorizzazione era scaduta da quasi due anni) e, sotto il secondo, che non è in discussione "la lecita attività di giardinaggio", bensì quella, che si è vista illecita, di smaltimento di rifiuti anche pericolosi (residui di amianto). Pres.Papadia U. - Est. De Maio G.- Rel. De Maio G.- Imp.Giardino. - P.M. Izzo G. (Conf.).  CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 13/07/2004 (ud. 09/06/2004), Sentenza n. 30351 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Smaltimento - Rifiuti pericolosi - Veicoli fuori uso - Nuovo CER - Art. 51, I c., D. Lgs. 22/1997 - Configurabilità. In materia di veicoli fuori uso, si configura il reato di cui all’art. 51, I comma, del D. Lgs. 22/1997 anche quando il proprietario non si è ancora formalmente disfatto del veicolo o quanto meno abbia la chiara intenzione di farlo, senza la prescritta autorizzazione di cui all’art. 28 oltre all’obbligo giuridico derivante dall’art. 46 D. L.vo n. 22/1997. Sempre con riferimento alla nozione di rifiuto, fornita dal menzionato art. 6 del decreto Ronchi, deve poi rilevarsi, sotto il profilo oggettivo, che nel nuovo CER i veicoli fuori uso figurano alla voce 16 01 04 come rifiuti pericolosi e sono stati oggetto, in sede comunitaria, di una decisione ad hoc (dec. 27/1/2001, n. 119/2001/CE). In specie è stato, il veicolo in questione (privo di targhe e in precarie condizioni) considero correttamente "rifiuto" prodotto da terzi e la ditta dell’indagato, sprovvista dell’autorizzazione di cui all'art. 28 D. L.vo n. 22/97, non poteva effettuarne il recupero e il trasporto. Pres. Savignano G.- Est. Grillo C.- Rel. Grillo C.- Imp.Franciosa. - P.M. Izzo G. (Parz. Diff.), (Dichiara inammissibile, Trib. Ries. Brindisi, 9 Febbraio 2004). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 13/07/2004, sentenza n. 30342 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Attività di raccolta dei veicoli destinati al disuso - Autorizzazione - Necessità - Mancanza - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs n. 22 del 1997 - Sussistenza. L'attività di recupero e di trasporto dei veicoli destinati al disuso rientra in quella di gestione dei rifiuti e necessita, pertanto, dell'autorizzazione prevista dall'art. 28 D.Lgs. 22 del 1997, in mancanza della quale è configurabile il reato di cui all'art. 51 del D.Lgs. citato. (Nella specie, la Corte ha evidenziato che i veicoli fuori uso figurano nell'elenco comunitario dei rifiuti pericolosi a seguito delle modifiche al Catalogo Europeo dei Rifiuti introdotte dalla decisione 22/1/2001 n. 119 CE). Pres. Savignano G.- Est. Grillo C.- Rel. Grillo C.- Imp.Franciosa. - P.M. Izzo G. (Parz. Diff.), (Dichiara inammissibile, Trib. Ries. Brindisi, 9 Febbraio 2004). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 13/07/2004 (Cc. 19/05/2004), Ordinanza n. 30342 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Apertura di discarica comunale abusiva - Responsabilità penale del Sindaco - Sussiste - Ripartizione delle funzioni tra organi di governo e organi burocratici del comune - Area sottoposta a vincolo paesaggistico e idrogeologico - Attività di smaltimento dei rifiuti - Sindaco e Dirigenti - Compiti. Il Sindaco di un Comune che autorizzi l'apertura di discariche abusive ne risponde penalmente. La ripartizione delle funzioni tra organi di governo e organi burocratici del comune stabilita dall’art. 107 D.L.vo 18/8/2000 n. 267, non può esonerare il sindaco dalla sua responsabilità per aver realizzato una discarica di rifiuti non autorizzata in un’area di proprietà comunale sottoposta a vincolo paesaggistico e idrogeologico. Detta ripartizione funzionale può liberare il sindaco da responsabilità inerenti a inosservanza delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni rilasciate dall’autorità competente (Sez. III, n. 8530 del 4/3/2002, Casti, rv. 221261), o da responsabilità inerenti alle soluzioni operative adottate nel servizio di raccolta differenziata (Sez. III, n. 23855 del 21/6/2002 PG in proc. Pino, rv. 222706), che invece spettano ai dirigenti amministrativi. Ma ha anche escluso l’effetto liberatorio nel caso di realizzazione di una discarica non autorizzata, attese le specifiche competenze del sindaco, il quale, come capo dell’amministrazione comunale, ha il compito di programmare l’attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, e, come ufficiale di governo, ha il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti a tutela della salute pubblica e dell’ambiente (Sez. III, n. 3878 del 27/3/2000, Stillitani, rv. 216212). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III 1 luglio 2004 (25 marzo 2004), sentenza n. 28674 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Condotte che rientrano nell’ambito esecutivo o gestionale riservato ai dirigenti amministrativi - Sindaco - Responsabilità - Esclusione. In materia di gestione dei rifiuti, il sindaco va esente da responsabilità solo per quelle condotte che rientrano nell’ambito esecutivo o gestionale riservato ai dirigenti amministrativi, ma deve sempre rispondere delle scelte programmatiche e di quelle contingibili e urgenti che egli adotti nell’ambito dei suoi poteri, o anche eccedendo da questo abito. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III 1 luglio 2004 (25 marzo 2004), sentenza n. 28674 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti - Dipendenti comunali - Illecito amministrativo - Disciplina e differenze - Concorso consapevole del reato di gestione non autorizzata di discarica - Artt. 50 c.1 e 51 cc.2 e 3, D.L.vo 22/1997. In tema di rifiuti, chi abbandona o deposita in modo incontrollato rifiuti risponde solo dell’illecito amministrativo di cui all’art. 50, comma 1, a meno che non sia titolare di imprese o responsabile di un ente, nel qual caso risponde del reato di cui all’art. 51, comma 2, D.L.vo 22/1997, o a meno che non si provi un suo concorso consapevole del reato di gestione non autorizzata di discarica di cui all’art. 51, comma 3, D.L.vo 22/1997. In specie, i dipendenti comunali, essendosi resi responsabili di un illecito amministrativo e non dei reati di cui all’art. 51, potevano essere sentiti come testimoni. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III 1 luglio 2004 (25 marzo 2004), sentenza n. 28674 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Inquinamento - Ordinanza contingibile e urgente - Art. 38 L. 142/1990 - Carattere sanzionatorio - Inconfigurabilità - Destinatario - Proprietario - Legittimità - Accertamento della responsabilità nel cagionamento dell’inquinamento - Necessità - Esclusione. L'ordinanza contingibile ed urgente, adottata ai sensi dell’art. 38 L. 142/1990 per fronteggiare la situazione di inquinamento derivante da un incendio nell’immobile in cui veniva esercitata in parziale sublocazione l’attività di recupero rifiuti, non ha carattere sanzionatorio avendo come scopo quello di evitare pericoli per la salute pubblica salute e l’ambiente. Nell'individuazione dei destinatari si deve pertanto tener conto non solo dell'eventuale, astratta, responsabilità degli stessi nell'evento ma, soprattutto, della possibilità di realizzare le misure necessarie per fronteggiare l'emergenza. In tale ottica, emerge la necessità di notificare l’ordinanza anche al proprietario, indipendentemente da un accertamento circa la sua responsabilità nell’inquinamento. Pres. Papiano, Est. Lelli - S.O.A. & C.s.n.c. (Avv.ti Pettine e Califano) c. Comune di Vigarano Mainarda (Avv. Dani) - TA.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 29 giugno 2004, n. 1531

 

Rifiuti - Inquinamento - Attività di recupero rifiuti - Ordinanza contingibile e urgente - Art. 38 L. 142/1990 - Carattere sanzionatorio - Inconfigurabilità - Destinatario - Conduttore - Legittimità - Accertamento della responsabilità nel cagionamento dell’inquinamento - Necessità - Esclusione. L'ordinanza contingibile ed urgente, adottata ai sensi dell’art. 38 L. 142/1990 per fronteggiare la situazione di inquinamento derivante da un incendio nell’immobile in cui veniva esercitata in parziale sublocazione l’attività di recupero rifiuti, non ha carattere sanzionatorio avendo come scopo quello di evitare pericoli per la salute pubblica salute e l’ambiente. Nell'individuazione dei destinatari si deve pertanto tener conto non solo dell'eventuale, astratta, responsabilità degli stessi nell'evento ma, soprattutto, della possibilità di realizzare le misure necessarie per fronteggiare l'emergenza. In tale ottica, emerge la necessità di notificare l’ordinanza anche al conduttore, in quanto il proprietario e il subconduttore, in relazione ai vincoli contrattuali, non potrebbero intervenire senza il suo consenso. Pres. Papiano, Est. Lelli - B.L. (Avv.ti Caligiuri e Ferrari) c. Comune di Vigarano Mainarda (Avv. Dani) - TA.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 29 giugno 2004, n. 1530
 

Rifiuti - Inquinamento - Attività di recupero rifiuti - Ordinanza contingibile e urgente - Art. 38 L. 142/1990 - Carattere sanzionatorio - Inconfigurabilità - Destinatario - Subconduttore - Legittimità - Accertamento della responsabilità nel cagionamento dell’inquinamento - Necessità - Esclusione. L'ordinanza contingibile ed urgente, adottata ai sensi dell’art. 38 L. 142/1990 per fronteggiare la situazione di inquinamento derivante da un incendio nell’immobile in cui veniva esercitata in parziale sublocazione l’attività di recupero rifiuti, non ha carattere sanzionatorio avendo come scopo quello di evitare pericoli per la salute pubblica salute e l’ambiente. Nell'individuazione dei destinatari si deve pertanto tener conto non solo dell'eventuale, astratta, responsabilità degli stessi nell'evento ma, soprattutto, della possibilità di realizzare le misure necessarie per fronteggiare l'emergenza. In tale ottica, il detentore del bene che esercita in sublocazione l’attività di recupero dei rifiuti, non può essere escluso dai soggetti incaricati di realizzare le misure previste per mettere in sicurezza l'area interessata da un incendio, indipendentemente dall’accertamento della sua responsabilità nel cagionamento dell’incendio. Pres. Papiano, Est. Lelli - O. S.a.s. (Avv.ti Anselmo e Lodi) c. Comune di Vigarano Mainarda (Avv. Dani) - TA.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 29 giugno 2004, n. 1529

 

Rifiuti speciali - V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) - Procedura V.I.A relativa alla realizzazione della discarica (discarica di categoria II di tipo B) - Regione Abruzzo - Norme applicabili - Ante L. reg. 28 aprile 2000 n. 83 - Individuazione. Nella Regione Abruzzo, prima della emanazione della legge regionale 28 agosto 2000 n. 83, alla procedura VIA per discariche di tipo 2B, espressamente contemplate dalla legge regionale 22 maggio 1993 n. 22, dovevano trovare applicazione le disposizioni della legge regionale 9 maggio 1990 n. 66 alla quale fa espresso rinvio la legge regionale 10 marzo 1998 n. 15 (che disciplinava la materia delle discariche in ambito regionale), senza che potessero trovare diretta applicazione le direttive impartite dal Governo con D.P.R. 12 aprile 1996, non recepite ed in particolare la norma (art. 5) che prevedeva la trasmissione della istanza, del progetto, dello studio di impatto ambientale e della relativa documentazione, alla Provincia ed ai Comuni interessati dall’intervento. Pres. FRASCIONE, Est. MILLEMAGGI COGLIANI - Parti: Soc. De Patre Ferrometalli S.r.l. (Avv. Cerceo) c. Comune di Notaresco (Avv.ti Russo e Camerini) ed altri. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, Sez. V, 28 giugno 2004 (Ud. 24 febbraio 2004) Sentenza n. 4780 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Art. 14 c. 3 D. Lgs. 22/97 - Ordine sindacale di rimozione - Motivazione circa la responsabilità dei soggetti intimati - Necessità. I provvedimenti emessi dal Sindaco ai sensi dell’art. 14 comma III del D. Lgs. n. 22/97 devono essere specificamente motivati con riguardo alla responsabilità dei soggetti intimati, quanto meno per colpa sotto il profilo dell’omessa vigilanza su attività inquinanti poste in essere da altri. Pres. Urbano, Est. Greco - A.N.A.S. S.p.A. (Avv. Bucci) c. Comune di Capurso (n.c.) - T.A.R. PUGLIA, , Bari, Sez. III - 28 giugno 2004, n. 2823

 

Rifiuti - Deposito di rifiuti e di materiali di risulta - Tutela delle zone paesistiche - Reato di cui all'art. 181 del d. l.vo n. 42/2004 - Sussiste. L'ambito di applicazione della normativa penale in materia di tutela dei beni ambientali non è ristretto, alla esecuzione di opere edilizie per le quali sia necessario un titolo abilitativo e ben può rientrare nella previsione dell'art. 151 del D.Lgs. n. 490/1999 anche lo scarico ed il deposito di rifiuti e di materiali di risulta. Sicché, configura il reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, ora sostituto dall'art. 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (cosiddetto codice Urbani), ogni modificazione dell'assetto del territorio, in assenza di autorizzazione, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia ma di qualunque genere, atteso che con le disposizioni in questione si è inteso assicurare una immediata informazione ed una preventiva valutazione da parte della pubblica amministrazione dell'impatto sul paesaggio di ogni tipo di intervento intrinsecamente idoneo a comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche. Pres. Savignano G. Est. Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Signorini. P.M. Consolo S. (Conf.) (Annulla in parte con rinvio, Trib. riesame Napoli, 22 settembre 2003) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III 26 giugno 2004 (Cc. 12/02/2004), Sentenza n. 23980  (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Pollina - Liquami - Natura di rifiuti - Regione Veneto - Assoggettabilità alla disciplina del D. Lgs. 22/97 - Esclusione - Ragioni. La pollina ha natura di vero e proprio rifiuto (in quanto liquame) che, però, nell’ambito territoriale del Veneto non soggiace alla disciplina di cui al DLgs n. 22/97 in virtù del combinato disposto dalla norma derogatoria contenuta nell’art. 8 dello stesso testo legislativo e dagli artt. 1 segg. dell’allegato D al PRRA., che di tale categoria di rifiuti si occupano specificatamente prevedendone il loro utilizzo mirato. Pres. f.f. ed Est. Rovis - B. e altri (Avv. Tonetto) c. Comune di Musile di Piave (Avv. Rizzi) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 23 giugno 2004, n. 2164

 

Rifiuti - Olii esausti - Raccolta obbligatoria - Abbandono di olii usati - Art. 14 D.Lgs. n. 95/1992 - Configurabilità - Prova di un concreto danno al suolo o all’ambiente - Esclusione. Rientrano, a pieno titolo, nella categoria dei rifiuti gli olii usati, ad essi si applica lo speciale principio di prevenzione e prudenza, dovendo obbligatoriamente essere raccolti e destinati all'apposito Consorzio, per cui anche una quantità limitata di materiale oleoso sparsa su terreno non asfaltato integra il reato di cui all'art. 14 D.Lgs. n. 95 del 1992 indipendentemente dalla prova di un concreto danno al suolo o all’ambiente in genere. Controra CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. III, 18 giugno 2004 (ud. 18 maggio 2004), Sentenza n. 27507

 

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Reato di realizzazione di discarica non autorizzata - Elementi integrativi - Condizioni - Individuazione. In tema di gestione di rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, di cui all'art. 51, comma terzo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, è necessario l'accumulo, più o meno sistematico ma comunque ripetuto e non occasionale, di rifiuti in un area determinata, la eterogeneità dell'ammasso dei materiali, la definitività del loro abbandono ed il degrado, anche solo tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione. (Cass. sez. 3^, 20.2.2002 n. 6796, Garzia). Infine, è irrilevante che, sporadicamente, determinate quantità di rifiuti siano prelevate e riutilizzate da terzi (salvo, come nel caso in esame, a essere immediatamente reintegrate con altre dello stesso tipo), in quanto tale circostanza non è idonea a escludere la destinazione dell'area a discarica (Cass. sez. 3^, 9.121.95 n. 11071, Magli, rv. 202870). Pres. Dell'Anno P. - Est. De Maio G. - P.M. Passacantando G. (Conf.) - Imp. Micheletti. (Rigetta, App.Roma, 18 marzo 2002. CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 17 giugno 2004 (Ud. 12/05/2004), Sentenza n. 27296 (vedi:sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Attività di raccolta di veicoli fuori uso finalizzata all'attività di autoriparatore - Autorizzazione - Necessità - Assenza - Reato di cui all'art. 51 del D.Lgs. n. 22/1997 - Sussiste. L'attività di raccolta di veicoli fuori uso e di rottamazione, costituisce attività di gestione di rifiuti anche se finalizzata alla attività di autoriparatore, e se svolta in assenza di autorizzazione configura il reato di cui all'art. 51, comma primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che anche a seguito della entrata in vigore del D.Lgs. 24 giugno 2003 n. 209, attuazione della Direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, il centro di raccolta deve essere autorizzato alla stessa stregua dei soggetti che effettuino il trasporto destinato al centro stesso. (vedi Cass., Sez. 6^, 6.7.1999, n. 1899, Archidiacono ed altro; nonché Sez. 3^: 25.1.1999, n. 902, Convertini, 21.10.1998, n. 10952, Boccanera e 24.7.1998, n. 8572, Pontone). Pres. Vitalone C. - Est. Fiale A. - Imp. Celli.- P.M. Passacantando G. (Conf.) (Rigetta, Trib. Rieti, 18 dicembre 2001). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 17 giugno 2004, (Ud. 26/03/2004), Sentenza n. 27282 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Veicoli fuori uso - Nozione - Art. 3, del D.Lgs. n. 209/2003. L'art. 3, del D.Lgs. 24.6.2003, n. 209, (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso) considera il veicolo "fuori uso" un rifiuto sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della consegna ad un centro di raccolta, nonché quello che risulti in evidente stato di abbandono ancorché giacente in area privata. Il centro di raccolta deve essere autorizzato alla stessa stregua dei soggetti che effettuino il trasporto destinato al centro stesso. Pres. Vitalone C. - Est. Fiale A. - Imp. Celli.- P.M. Passacantando G. (Conf.) (Rigetta, Trib. Rieti, 18 dicembre 2001). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 17 giugno 2004, (Ud. 26/03/2004), Sentenza n. 27282 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Smaltimento - Iscrizione all'Albo gestori rifiuti - Procedura semplificata dell'iscrizione nel registro provinciale - Mancato o ritardato pagamento del diritto annuale - Automatica sospensione ope legis - Fondamento. In tema di gestione dei rifiuti, sia per le imprese soggette alla procedura ordinaria di iscrizione nell'Albo regionale sia per quelle ammesse alla procedura semplificata dell'iscrizione nel registro provinciale, il mancato o il ritardato pagamento del diritto annuale di iscrizione comporta automaticamente la sospensione ope legis dalla iscrizione nell'Albo, senza la necessità di alcun provvedimento dichiarativo o costitutivo dall'Albo regionale (ai sensi dell'art. 21, comma 7, del regolamento approvato con D.M. 28 aprile 1998, n. 406) o dal registro provinciale (ai sensi dell'art. 3, comma 3, del regolamento approvato con D.M. 21 luglio 1998, n. 350). Pres. Papadia - Est. Franco - P.M. Iacoviello (diff.) - Ric. P.M. in proc. Baglio. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 16 giugno 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 26923. (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Iscrizione all'Albo gestori rifiuti - Scadenza del termine per il pagamento dei diritti di iscrizione - Sospensione automatica - Attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione - Art. 51, 1° c., D.L.vo n. 22/1997 - Sussiste. Il mancato tempestivo pagamento dei diritti di iscrizione, comporta la sospensione automatica della iscrizione sia negli albi sia nei registri, con la conseguenza che, nel caso in cui il soggetto o l'impresa continui a svolgere la propria attività dopo la scadenza del termine per il pagamento dei diritti di iscrizione senza che questo sia avvenuto, e quindi nel periodo in cui l'iscrizione è automaticamente sospesa ex lege, in questo periodo il soggetto agisce in mancanza della necessaria iscrizione, e quindi deve trovare applicazione la norma penale di cui all'art. 51, primo comma, D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22, il quale punisce appunto la condotta di «chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33». Pres. Papadia - Est. Franco - P.M. Iacoviello (diff.) - Ric. P.M. in proc. Baglio. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 16 giugno 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 26923. (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Scarti di macellazione - Disciplina applicabile - Normativa generale sui rifiuti - D.Lgs. n. 22 del 1997 - Disposizioni di cui al D.Lgs. n. 508/92 - Disciplina applicabile - Fondamento. In tema di gestione dei rifiuti, configura l'ipotesi di reato di cui agli art. 30 e 51 del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 lo svolgimento dell'attività di raccolta, trasporto e stoccaggio di scarti animali non trattati in assenza della iscrizione all'albo nazionale delle imprese esercenti la gestione dei rifiuti, atteso che la esclusione dal regime generale dei rifiuti prevista dall'art. 8, comma 1, del citato decreto n. 22 per le carogne ed altri rifiuti agricoli specificamente indicati, non può estendersi agli scarti animali in quanto le esclusioni dall'ambito di una normativa devono essere oggetto di interpretazione restrittiva" (sez. 3^, 200208520, Leuci E, riv. 221273), (contra: sez. 3^, 200329236, Miccoli, riv. 2215419). Pres. Savignano G. Est. Lombardi AM. Rel. Lombardi AM. Imp. Milone ed altri. P.M. Izzo G. (Diff.), (Rigetta, Trib.Ries. Bari, 22 Dicembre 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 15/06/2004 (ud. 05/05/2004), Sentenza n. 26851

 

Rifiuti - Scarti di macellazione - Disciplina applicabile - Normativa generale sui rifiuti - D.Lgs. n. 22/1997 - Esclusione - Disposizioni di cui al D.Lgs. n. 508/92 - Fondamento - Direttiva 90/667/CEE. La materia dei rifiuti di origine animale è disciplinata dal D.Lgs. 14 dicembre 1992 n. 508 (attuativo della Direttiva 90/667/CEE) e, pertanto, le attività di smaltimento e trasporto degli scarti da macellazione sono sottratte, in virtù del principio di specialità, alla disciplina generale in tema di rifiuti contenuta nel D.Lgs. n. 22 del 1997. Pres. Savignano G. Est. Lombardi AM. Rel. Lombardi AM. Imp. Milone ed altri. P.M. Izzo G. (Diff.), (Rigetta, Trib.Ries. Bari, 22 Dicembre 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 15/06/2004 (ud. 05/05/2004), Sentenza n. 26851 (vedi: sentenza per esteso) Mass. Uff.

 

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Gestione dei sottoprodotti di origine animale - Reg. Ce n. 1774/2002 - Art. 14, D.lgs n. 22/97. Nel rapporto tra la normativa in materia di gestione dei sottoprodotti di origine animale e quella in materia di gestione dei rifiuti non opera il principio di specialità, in considerazione dei limiti afferenti ai profili sanitari e di polizia sanitaria cui ha riguardo la prima. La disciplina dettata dal regolamento Ce n. 1774/2002, pertanto, concorre con quella di cui al D.lgs n. 22/97 per quanto riguarda i profili della gestione dei sottoprodotti di origine animale riferentesi alla loro natura di rifiuti, in quanto debbono essere considerati tali, anche alla luce delle disposizioni interpretative di cui all'articolo 14, comma secondo lettere a) e b), del Dl 8.7.2002 n. 138, convertito in legge 8.8.2002 n. 178, e, cioè, per quanto interessa ai fini del presente procedimento cautelare, in ogni caso in cui risultino destinati alla eliminazione. Pres. Svignano. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III 15 giugno 2004 (Cc. 5 maggio 2004), sentenza n. 587 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Regione Campania - Gestione commissariale - Ordinanza ex artt. 50 e 54 T.U. 267/2000 - Realizzazione di un sito di stoccaggio provvisorio - Sindaco - Competenza - Difetto. Il Sindaco difetta di competenza all’emanazione di provvedimenti contingibili e urgenti in materia di “emergenza rifiuti”, assoggettata a regime commissariale, atteso che detto regime, in materia, ha sottratto ai sindaci il potere di ordinanza ex artt. 50, c. 5 e 54, c. 2, T.U. 267/2000, affidandolo ai Prefetti e al Commissario delegato, con riguardo unitario all’intero territorio commissariato. Non è pertanto consentita al Sindaco l’emanazione in via autonoma di un’ordinanza di requisizione di un’area al fine di realizzarvi un sito per lo stoccaggio temporaneo RSU. Pres. Coraggio, Est. Monaciliuni - I. s.r.l. (Avv.ti Lamberti) c. Comune di Aversa (Avv. Nerone) e altri (n.c.) - T.A.R CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 14/06/2004, n. 9409

Rifiuti - Regione Campania - Emergenza rifiuti - Gestione - Commissario delegato - Realizzazione di un sito temporaneo di stoccaggio - Sindaco - Competenza - Difetto. La normativa straordinaria che regola l’emergenza rifiuti in Campania prepone alla gestione dell'emergenza nel suo insieme il commissario delegato cui sono attribuiti i poteri extra ordinem ed in capo al quale incombe la responsabilità di garantire la fuoriuscita dall’emergenza con riguardo all’intero territorio commissariato. Non è pertanto consentito al Sindaco realizzare in via autonoma un sito temporaneo di stoccaggio dei rifiuti, fatto oggetto di disciplina puntuale da parte del commissario straordinario. Pres. Coraggio, Est. Monaciliuni - A.M.T. (Avv. D’Angiolella) c. Comune di Aversa (Avv. Nerone) e Sindaco di Aversa (n.c.) e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli sez. I, 11/06/2004, sentenza n. 9408

Rifiuti - Sito temporaneo di stoccaggio - Valutazione di impatto ambientale - Necessità - Art. 15 L. 306/2003 - Esclusione - Presupposti. Nella realizzazione di un sito temporaneo di stoccaggio dei rifiuti, non può prescindersi dalla valutazione di impatto ambientale, se non nella sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 15 della l. 31.10.2003, n. 306 (comunitaria 2003), previa effettuazione degli adempimenti pure ivi previsti e solo in presenza di esercizio dei poteri di ordinanza ai sensi dell’art. 5, comma 2 e 5 della l. 225/1992. Pres. Coraggio, Est. Monaciliuni - A.M.T. (Avv. D’Angiolella) c. Comune di Aversa (Avv. Nerone) e Sindaco di Aversa (n.c.) e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli sez. I, 11/06/2004, sentenza n. 9408

Rifiuti - Regione Siciliana - Ord. 30/12/2003 - Tariffa per lo smaltimento di rifiuti pericolosi - Previsione di una tariffa unica per tutte le discariche siciliane - Illegittimità. L’ordinanza regionale 30 dicembre 2003, recante: “Tariffa di smaltimento dei rifiuti pericolosi in discariche pubbliche finanziate dal Commissario delegato”, prevedendo una tariffa unica per tutte le discariche della Sicilia, si pone in contrasto con la normativa (O.P.C.M. - Dip. Prot. Civ. n. 2983 del 31 maggio 1999; artt. 13-15 del d.lgs. n. 36/2003 e art. 10 dir. 1999/31/CE; art.117 d.lgs. n. 267/2000) che individua un meccanismo di determinazione della tariffa da applicare a ciascuna discarica sulla base del piano finanziario predisposto dall’ente gestore. Pres. Giallombardo, Est. Maisano - AMIA Palermo (Avv. Galioto) c. Presidente della regione Siciliana - Commissario delegato per l’emergenza rifiuti e la tutela delle acque (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 10 giugno 2004, n. 1022

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Lesione o messa in pericolo della pubblica incolumità - Organizzata attività di gestione abusiva - Aggressione ambientale - “Ingente quantità” - Art. 53 bis D. Lgs. 22/1997. In tema di gestione di rifiuti, i rapporti fra la nuova fattispecie delittuosa dell'art 53 bis del D. L.vo n.22 del 05.02.1997, introdotta dall'art. 22 della L. n. 93 del 23.03.2001, e le preesistenti figure contravvenzionali degli artt. 51 e 53 dello stesso decreto, si riferiscono alla necessità di rinvenire un preciso criterio differenziatore, che desse conto del diverso livello repressivo. "Ratio" dell'introduzione della nuova norma incriminatrice, il sostanziale implicito riferimento alla lesione o messa in pericolo della pubblica incolumità che, in ragione appunto della sua entità e della aggressione ambientale connessavi (tenuta particolarmente in considerazione dal disposto sull'ordine di "ripristino dello stato dell'ambiente", di cui al comma 4 dello stesso art. 53 bis), l'organizzata attività di gestione abusiva deve determinare per integrare il delitto. Ric. Giordano. CORTE DI CASSAZIONE Penale., Sez. III, del 9/06/2004, Sentenza n. 25992

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Reato di abbandono o deposito incontrollato - Configurabilità - Reato di realizzazione o gestione di discarica - Differenze. In tema di smaltimento dei rifiuti, l'abbandono di rifiuti effettuato dal titolare di una impresa configura il reato di cui all'art. 51, comma secondo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 anche se effettuato occasionalmente ed in misura limitata, atteso che l'assenza di caratteristiche quantitative e di sistematicità costituisce esclusivamente elemento di differenziazione del reato de quo da quello di realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata previsto dal comma terzo del citato articolo 51. Pres. Papadia U. Est. Squassoni C. Ric.: P.M. in proc. Bono. (Conf.) (Annulla con rinvio, Gip Trib.Torino, 6 agosto 2003). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 8 giugno 2004 (Cc. 15/04/2004), Sentenza n. 25463 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Abbandono di rifiuti - Natura - Presupposti - Art. 51 c.2 D.L.vo 22/1997. Il D.L.vo 22/1997 non fornisce una nozione di "abbandono" di rifiuti che è stata, tuttavia, enucleata dalla giurisprudenza in relazione alla diversa nozione di "discarica"; si è, in tale modo, evidenziata la natura occasionale e discontinua dell'attività di abbandono rispetto a quella abituale o organizzata di discarica per integrare il reato di cui all’art. 51 c.2 D.L.vo 22/1997. Pres. Papadia U. Est. Squassoni C. Ric.: P.M. in proc. Bono. (Conf.) (Annulla con rinvio, Gip Trib.Torino, 6 agosto 2003). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 8 giugno 2004 (Cc. 15/04/2004), Sentenza n. 25463 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Impianto di termodistruzione - Opera funzionale al servizio di smaltimento dei rifiuti - Natura pubblicistica - Configurabilità. L’opera relativa alla realizzazione di un impianto di termodistruzione di rifiuti, deve ritenersi pubblica ai sensi della legge 1/1978, in quanto opera funzionale al servizio di smaltimento dei rifiuti (servizio avente natura pubblica in senso oggettivo). Pres. Finati, Est. Maiello - Comune di Fagnano Castello (Avv. Torchia) c. Regione Calabria (Avv. Rotella) - T.A.R CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 7 giugno 2004, n. 1384

Rifiuti - Impianti di smaltimento e recupero rifiuti - Localizzazione - Art. 19 D.Lgs. 22/97 - Zone industriali - Diversa localizzazione - Variante - Congrua motivazione - Necessità. A norma dell’art. 19 D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, le aree destinate ad allocare impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti devono, di norma, essere reperite nelle zone destinate dal piano regolatore a zone industriali. Ne discende che, ogni qualvolta si privilegi una diversa localizzazione, trattandosi di eccezione ad una regola di portata generale, la scelta di provvedere in variante deve essere congruamente motivata dando atto della impossibilità (ed indicandone le ragioni) di localizzare il previsto intervento edilizio in aree contraddistinte da vocazione industriale per effetto della programmazione urbanistica generale, segnatamente quando la scelta della variante interferisca con un’area di particolare pregio ambientale. Pres. Finati, Est. Maiello - Comune di Fagnano Castello (Avv. Torchia) c. Regione Calabria (Avv. Rotella) - T.A.R CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 7 giugno 2004, n. 1384

Rifiuti - Impianti di smaltimento - Regione Veneto - L.R. n. 3/2000 - Realizzazione di nuovi impianti - Allocazione - Zone territoriali omogenee - Mancata previsione di zone territoriali omogenee - Amministrazione provinciale - Deve valutare l’opportunità di autorizzare l’impianto con riguardo all’effettivo stato dei luoghi. L’art. 21 II° comma L.R. Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, nel prevedere che i nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti sono ubicati, di norma, nell’ambito delle singole zone territoriali omogenee produttive, non va interpretato come avente portata preclusiva in senso assoluto alla localizzazione in aree diverse. Laddove non siano presenti, a livello di realtà territoriale, zone omogenee produttive, l’amministrazione provinciale è tenuta a valutare l’opportunità di autorizzare il nuovo impianto avuto riguardo all’effettivo stato dei luoghi. Pres. Zuballi, Est. Springolo - U. & figli (Avv.Alegiani) c. Provincia di Venezia (Avv.ti Chinaglia e Tonon) - T.A.R VENETO, Sez. III - 4 giugno 2004, n. 1806

Rifiuti - Discariche - Tariffa smaltimento R.S.U. - Documentazione contabile sulla gestione della discarica - Comune con territorio compreso nel bacino di utenza che si avvale della discarica - Accesso agli atti - Interesse - Sussistenza. Il Comune il cui territorio è ricompreso nel bacino di utenza che si avvale della discarica di prima categoria per lo smaltimento di R.S.U., ha interesse a conoscere la documentazione contabile relativa alla gestione della discarica posta a base della relativa tariffa, chiunque sia l’ Ente che materialmente la detiene. Pres. Bacarino, Est. Depiero - Comune di Bovolone (Avv.ti Della Mura e Bertagnolli) c. Provincia di Verona e Soc. Legnago Servizi S.p.A. (Avv.ti Ruffo e Sartori) - T.A.R VENETO, Sez. I - 3 giugno 2004, n. 1785

Rifiuti - Nozione - Art. 6 D. L.vo 22/97 - Requisiti - Destinazione all’abbandono - Necessità. La nozione normativa di rifiuto (art. 6 Dlvo. n. 22/97) contempla tra i propri requisiti la destinazione della res all'abbandono, elemento evidentemente incompatibile con il suo reimpiego nel ciclo produttivo o nell'attività economica del titolare. Pres. Giambartolomei, Est. Bellomo - D.F. (Avv.ti Fini e Guaglione) c. Comune di Rocchetta S. Antonio (Avv. Megliola) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. II - 3 giugno 2004, n. 2376

Rifiuti - Materiale di origine rocciosa - Dubbi intorno alla sussumibilità entro la categoria dei rifiuti derivanti da demolizione di costruzioni - Comune - Analisi scientifica del materiale - Necessità. In presenza di deposito di materiale di origine rocciosa, qualora non vi sia certezza circa la sua sussumibilità entro la categoria dei “rifiuti derivante da demolizione di costruzioni” (art. 7 c. 3 lett. b) del d.lgs. 22/97), il Comune ha il dovere di procedere ad analisi scientifica che ne accerti l'effettivo livello di tossicità o di pericolosità per l'ambiente. Pres. Giambartolomei, Est. Bellomo - D.F. (Avv.ti Fini e Guaglione) c. Comune di Rocchetta S. Antonio (Avv. Megliola) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. II - 3 giugno 2004, n. 2376

Rifiuti - Inquinamento atmosferico - Discarica di RSU - Gestione - Emissioni di biogas -Specifiche prescrizioni tecniche durante l’esercizio dell’attività - Autorizzazione integrata preventiva - D.P.R. n. 203/88. Le emissioni di biogas di una discarica di rifiuti rientrano nella normativa sulla prevenzione dell'inquinamento atmosferico di cui al D.P.R. n. 203/88 e devono formare oggetto di specifiche prescrizioni tecniche durante tutto l'esercizio dell'attività e non solo quando la discarica si sia esaurita. L'obbligo di provvedere alla captazione discende direttamente dalla legge, mentre la P.A. può solo determinare le modalità tecniche con cui provvedere. Le discariche sono stabilimenti di pubblica utilità idonei a dar luogo all'inquinamento atmosferico, fenomeno che deve essere considerato nella unitaria autorizzazione integrata preventiva. (D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, art. 24). - Pres. Papadia - Est. Postiglione - P.M. lacoviello (conf.) - Ric. Gambato ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 28 maggio 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 24328 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Discarica di RSU - Gestione del percolato - Scarico indiretto - Violazione dell'art. 21 L. n. 319/76 - Esclusione - Fondamento - L. n. 152/99. Nella gestione del percolato, per la pretesa violazione dell'art. 21 L. n. 319/76, è stata dichiarata la insussistenza del reato per scarico indiretto in forza della sopravvenuta legge n. 152/99 (fattispecie: trasporto dei liquidi di percolato, presso uno stabilimento finale). La giurisprudenza formatasi sulla legge n. 319/76 ricomprendeva anche lo scarico indiretto nel concetto di scarico (Cass., 8 gennaio 1990, n. 48, Zagra), sicché sul punto la decisione di applicare la legge n. 152/99 che ha eliminato il concetto di scarico indiretto appare corretta (pur con il rilievo della sottoposizione alla più rigida disciplina sui rifiuti Cass., sez. III, 24 febbraio 2003, Conte). Pres. Papadia - Est. Postiglione - P.M. lacoviello (conf.) - Ric. Gambato ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 28 maggio 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 24328 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Discarica di RSU - Contenimento dei rifiuti - misure tecniche necessarie - percolato recuperato nelle forme previste - Necessità. Nelle discariche i rifiuti devono essere contenuti con le misure tecniche necessarie e non fuoriuscire dall'area ad essi deputata, mentre il solo percolato può defluire ed essere recuperato nelle forme previste. Pres. Papadia - Est. Postiglione - P.M. lacoviello (conf.) - Ric. Gambato ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 28 maggio 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 24328 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Carenza dell'elemento soggettivo del reato - Punibilità - Esclusione. In mancanza di elementi certi in ordine al tempo, al contenuto, ai poteri conferiti, è corretto il giudizio di assoluzione per carenza dell'elemento soggettivo del reato ex art. 51, quarto comma D.L.vo n. 22/97. Pres. Papadia - Est. Postiglione - P.M. lacoviello (conf.) - Ric. Gambato ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 28 maggio 2004 (ud. 4 maggio 2004), Sentenza n. 24328 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti - Traversine ferroviarie dismesse impregnate di olio di creosoto - Qualifica di rifiuto - Configurabilità - Art. 6 D.Lgs. n. 22/1997 - Interpretazione autentica di cui alla L. n. 178/2002 - Nozione di rifiuto. Le traversine in legno impregnate di olio di creosoto dismesse dall'ente ferroviario vanno qualificate quali rifiuto ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 anche dopo l'entrata in vigore del decreto Legge 8 luglio 2002 n. 138, convertito con Legge 8 agosto 2002 n. 178, non sussistendo in ogni caso la fondamentale condizione dell'assenza di pregiudizio per l'ambiente. Pres. Savignano G. - Est. De Maio G. - Imp. Pesce. - P.M. Consolo S. (Conf.) (Rigetta, Trib.riesame Savona, 4 dicembre 2003). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III del 26 maggio 2004, (Cc. 14/04/2004) Rv. 228688, Sentenza n. 23988 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Realizzazione e gestione di discarica non autorizzata - Opere, di spianamento del terreno, apertura di accessi, sistemazione, perimetrazione o recinzione - Gestione di discarica abusiva - Differenze - Quantitativo di rifiuti presente - Rilevanza - Esclusione. In materia di gestione dei rifiuti, integra il reato di realizzazione di discarica in difetto di autorizzazione l'allestimento di un'area con l'effettuazione di opere, quali spianamento del terreno, apertura di accessi, sistemazione, perimetrazione o recinzione, mentre è configurabile la diversa ipotesi di gestione di discarica abusiva allorchè sussiste una organizzazione, anche se rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento della medesima, nè assume rilevanza in quest'ultima ipotesi il dato che il quantitativo di rifiuti presenti in loco non risulti di particolare entità. Presidente: Papadia U. Estensore: Lombardi AM. Relatore: Lombardi AM. Imputato: Pastorino. P.M. Albano A. (Conf.) (Rigetta, App. Genova, 8 Maggio 2002). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. 3, del 29/09/2004 (Ud. 02/07/2004), Sentenza n. 38318 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Discarica di rifiuti - Realizzazione e gestione - Rifiuti provenienti da demolizioni edili e stradali in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale - Assenza delle autorizzazioni - Fattispecie. In tema di rifiuti e loro gestione, la qualificazione di discarica deriva dalla destinazione oggettiva dell'area, in considerazione della ripetitività delle operazioni di scarico, dello spianamento dell'area ad essa destinata e della sua perimetrazione e recinzione, della previsione del conferimento di ulteriori quantità di rifiuti. Pertanto, è configurabile il reato di gestione di discarica abusiva di rifiuti speciali, quando esiste una rudimentale organizzazione di persone e cose, diretta al funzionamento della medesima sussiste, invece, la contravvenzione di realizzazione di discarica, quando vi sia l'allestimento di un'area con effettuazione di opere a ciò occorrenti (spianamento del terreno, apertura di accessi; sistemazione; perimetrazione; recinzione). Il reato di gestione è caratterizzato dalla permanenza, che cessa con il rilascio dell'autorizzazione o con la chiusura o la disattivazione o con la sentenza di primo grado." (sez. 3^, 199704013, Vasco, riv. 207613). Non assume, pertanto, rilevanza per negare l'esistenza della discarica, la circostanza che il quantitativo dei rifiuti, non risulti di particolare entità, allorché sussistano gli altri elementi. Fattispecie: realizzazione e gestione una discarica di rifiuti provenienti da demolizioni edili e stradali in difformità della concessione, rilasciata per l'esecuzione di opere di bonifica e di risistemazione di suolo agricolo mediante riporto di terreno esclusivamente vegetale. Presidente: Papadia U. Estensore: Lombardi AM. Relatore: Lombardi AM. Imputato: Pastorino. P.M. Albano A. (Conf.) (Rigetta, App. Genova, 8 Maggio 2002). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. 3, del 29/09/2004 (Ud. 02/07/2004), Sentenza n. 38318 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Materiali di risulta provenienti da demolizioni edili - Classificazione - Rifiuti speciali - Sussiste. In tema di rifiuti e loro gestione, i materiali di risulta provenienti da demolizioni edili rientrano nella categoria dei rifiuti speciali, secondo la classificazione di cui all'allegato A del D. L.vo n. 22/97. Presidente: Papadia U. Estensore: Lombardi AM. Relatore: Lombardi AM. Imputato: Pastorino. P.M. Albano A. (Conf.) (Rigetta, App. Genova, 8 Maggio 2002). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. 3, del 29/09/2004 (Ud. 02/07/2004), Sentenza n. 38318 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti - Deposito incontrollato di rifiuti - Inottemperanza all'ordinanza sindacale di sgombero - Soggetto attivo - Proprietario o possessore dell'immobile - Giacenza non ascrivibile al soggetto destinatario dell'ordinanza - Irrilevanza. In tema di smaltimento dei rifiuti, integra il reato omissivo punito dall'art. 50, comma secondo del D.Lgs. n.22 del 1997, la mancata osservanza dell'ordinanza sindacale emanata ai sensi dell'art. 14, comma terzo del citato decreto, con la quale si intima al proprietario (o possessore) dell'immobile, ove risulta giacente un deposito incontrollato di rifiuti, la rimozione degli stessi, senza che possa avere rilevanza il fatto che l'accumulo dei rifiuti non sia ascrivibile al comportamento del destinatario dell'intimazione o risalga a tempi antecedenti l'acquisto dell'immobile stesso. Pres. Savignano G. Est. Piccialli L. Imputato: Armani. P.M. Izzo G. (Conf.) (Dichiara inammissibile, App. Firenze, 22 aprile 2002). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III del 14 maggio 2004 (Ud. 02/04/2004), Sentenza n. 22791 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Rifiuti contenenti amianto - Smaltimento - Regime speciale - Prevalenza rispetto alla disciplina di cui al D. Lgs. 22/97 - Riparto di competenze Stato, Regione, Province. Per lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto è previsto un regime speciale, in deroga alle norme ordinarie in materia di gestione dei rifiuti, rimasto in vigore nelle sue componenti essenziali anche dopo la riforma di cui al D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22. Detto regime costituisce una regolamentazione specifica rispetto alla quale le disposizioni di carattere generale concernenti la competenza degli Enti territoriali in materia ambientale non determinano modifiche o integrazioni. In particolare le attribuzioni in materia di programmazione ed organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale contemplate dall’art. 20 del DPR 22/1997 si pongono in posizione subordinata, integrativa ed attuativa sia del potere regionale di predisporre i piani di gestione dei rifiuti che del potere statale di “determinare la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto” e di individuare le tipologie di rifiuti “che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti in discarica” (art. 18, comma seconda, lett. b) ed l) del DPR 22/1997). In tema di disciplina dei rifiuti contenenti amianto è, quindi, lo Stato che può dettare le condizioni per lo smaltimento in discarica mentre alla regione spettano attribuzioni di pianificazione ed alle province compiti attuativi del quadro normativo così delineato. Pres. Elefante, Est. Zaccardi - Provincia di Treviso (Avv. Manzi) c. F.lli Bonato di B.E. & C s.n.c. (avv.ti Benassi, Matronola e Pagnoscin) - Conferma T.A.R. Veneto, Sez. III, n.2228/2001 - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 11 maggio 2004, n. 2943 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Stoccaggio e recupero di rifiuti non pericolosi - Messa in riserva - Procedura semplificata - Applicabilità - Fattispecie relativa a materiale proveniente da demolizione non destinato al riutilizzo. In tema di stoccaggio e recupero di rifiuti non pericolosi, le operazioni di raccolta in un cantiere di materiale proveniente da demolizione, non destinato ad alcun riutilizzo, costituiscono la cosiddetta messa in riserva, regolamentata dal decreto ministeriale 5 febbraio 1998, sottoposta alla procedura semplificata di cui all'art. 33 del D.Lgs. n.22 del 1997; per tale attività non è necessaria l'autorizzazione, ma è sufficiente la tenuta dei registri di carico e scarico e delle bolle di trasporto. In virtù dell'art. 6 c. 1 del DM 5.2.1998, la messa in riserva è sottoposta alla proceduta semplificata di cui all'art. 33 D.Lvo 22/1997. Pres. Savignano G.- Est. Squassoni C. - Imp. Moretto.- P.M. Esposito V. (Parz. Diff.) (Annulla senza rinvio, Trib. Pordenone, 5 giugno 2001). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 6 maggio 2004 (Ud. 11/03/2004), Sentenza n. 21576 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione rifiuti non pericolosi - Materiale proveniente da demolizione - Nozione di “messa in riserva” - Procedura semplificata - Art. 33 DLvo 22/1997. In materia di gestione rifiuti si può definire per “messa in riserva” l’insieme di operazioni rientranti nella definizione di stoccaggio, che costituiscono attività di recupero di rifiuti e che possono generare prodotti direttamente sottoponibili al regime delle materie secondarie. Il referente normativo, (in specie materiale proveniente da demolizione) è da individuarsi nel DM 5.2.1998 che, all’art. 6, disciplina la messa in riserva dei rifiuti non pericolosi individuati e destinati ad una delle attività comprese negli allegati 1, 2 (l'allegato 1 al punto 7/1 annovera i rifiuti provenienti da demolizione e destinati alla produzione di materie secondarie per la edilizia mediante fasi meccaniche e tecnologicamente interconnesse di macinazione, vagliatura, selezione granuvolumetrica). Sicché, in virtù dell'art. 6 c. 1 del DM 5.2.1998, la messa in riserva è sottoposta alla procedura semplificata di cui all'art. 33 DLvo 22/1997. Pres. Savignano G.- Est. Squassoni C. - Imp. Moretto.- P.M. Esposito V. (Parz. Diff.) (Annulla senza rinvio, Trib. Pordenone, 5 giugno 2001). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 6 maggio 2004 (Ud. 11/03/2004), Sentenza n. 21576 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Detentore di rifiuti speciali - Consegna di rifiuti a terzi autorizzati - Obbligo di verificare la sussistenza dell'autorizzazione - Sussiste - Violazione - Responsabilità a titolo di concorso in ordine al reato di cui all'art. 51 co. 1°, D.Lgs. n.22/1997 - Configurabilità. Il detentore di rifiuti speciali non pericolosi (nella specie elettrodomestici usati, ceduti dai clienti in occasione della vendita e consegna di nuovi) qualora non provveda ad affidare la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il servizio pubblico, può, ex art. 10 del D.Lgs. 22 del 1997, delegare tale servizio ad altri soggetti privati affinché lo svolgano per suo conto, ma in tal caso ha l'obbligo di controllare che gli stessi siano autorizzati alle attività di raccolta e smaltimento o recupero; qualora tale doverosa verifica sia omessa, il detentore risponde a titolo di colpa, per inosservanza della citata regola di cautela imprenditoriale, della contravvenzione di cui all'art. 51 comma primo del D.Lgs. n. 22 del 1997. Pres. Papadia U. - Est. Piccialli L. - Imp. Ingrà ed altri. - P.M. Albano A. (Conf.) (Rigetta, Trib. Firenze, 10 dicembre 2002). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 6 maggio 2004 (Ud. 01/04/2004) Rv. 228798, Sentenza n. 21588 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Smaltimento di rifiuti - Deposito temporaneo - Condizioni. In tema di smaltimento dei rifiuti è lecita l'operazione di "deposito temporaneo" di rifiuti, da intendersi come raggruppamento di rifiuti effettuato nel luogo della loro produzione, prima della raccolta, ai sensi e sotto le condizioni, anche di temporaneità, previste dall'art.6 lett. m) del D.Lgs. n. 22 del 1997; in caso di mancato rispetto di una delle citate condizioni, il deposito temporaneo va qualificato come "deposito preliminare", o stoccaggio, attività per la quale sono necessarie l'autorizzazione, o la comunicazione in procedura semplificata, previste dal citato D.Lgs. Pres. Rizzo AS. - Est. Onorato P.- Imp. Eoli.- P.M. Passacantando G. (Conf.) (Rigetta, App.Brescia, 19 febbraio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 05 maggio 2004, (Ud. 25/02/2004), Sentenza n. 21024 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Deposito temporaneo di rifiuti - Deposito preliminare o stoccaggio - Autorizzazione - Comunicazione - Procedura semplificata - art. 6 lett. m) del D.Lgs. n. 22/1997. In tema di deposito di rifiuti, si ha deposito temporaneo, come tale lecito, quando i rifiuti sono raggruppati, in via temporanea ed alle condizioni previste dalla legge, nel luogo della loro produzione; si ha deposito preliminare o stoccaggio, che richiede l'autorizzazione o la comunicazione in procedura semplificata, quando non sono rispettate le condizioni previste dall'art. 6 lett. m) del D.Lgs. n. 22 del 1997 per il deposito temporaneo di rifiuti; si ha invece deposito in controllato o abbandono di rifiuti, quando il raggruppamento di essi viene effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori della sfera di controllo del produttore: tale ultima condotta è sanzionata penalmente, se posta in essere da soggetti titolari di impresa o da responsabili di enti, mentre è sanzionata in via amministrativa, quando sia effettuata da persone fisiche diverse da quelle precedentemente indicate. Pres. Rizzo AS. - Est. Onorato P.- Imp. Eoli.- P.M. Passacantando G. (Conf.) (Rigetta, App.Brescia, 19 febbraio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 05 maggio 2004, (Ud. 25/02/2004), Sentenza n. 21024 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Abbandono o deposito incontrollato effettuato da titolari di imprese o da responsabili di enti - Attività di gestione dei rifiuti - Art. 51, comma 2, D.Lgs. n. 22/1997. L'abbandono o deposito incontrollato può assumere il carattere di un'attività di gestione dei rifiuti (cioè di raccolta, trasporto, recupero o smaltimento), quando esso è effettuato da titolari di imprese o da responsabili di enti. In tali casi il D.Lgs. n. 22 del 1997, commina la sanzione penale ai sensi dell'art. 51, comma 2. (Cass. Sez. 3^, sent. 20780 del 28/05/2002, Brustia, rv. 221883, Cass. Sez. 3^, n. 31128 del 10.8.2001, P.M. in proc. Migliozzi, rv. 220104, nonché Cass. Sez. 3^, sent. 09057 del 26/02/2003, Costa, rv. 224172, hanno statuito che il deposito temporaneo, in assenza delle condizioni previste dalla lettera m) dell'art. 6, configura il reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, sanzionato dall'art. 51, comma 2). Pres. Rizzo AS. - Est. Onorato P.- Imp. Eoli.- P.M. Passacantando G. (Conf.) (Rigetta, App.Brescia, 19 febbraio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 05 maggio 2004, (Ud. 25/02/2004), Sentenza n. 21024 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Localizzazione di un impianto di smaltimento - Autorizzazione - Parere negativo del Comune - Posizione di controinteressato dell’ente locale - Inconfigurabilità. Nell’ambito di un procedimento di autorizzazione alla localizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti, i comuni non assumono la posizione di controinteressati neppure se abbiano esposto un parere negativo, poiché la loro partecipazione è finalizzata alla miglior tutela dell’interesse pubblico di cui è portatrice l’autorità emanante e non già alla tutela di un interesse diverso e personale degli stessi (*). Ad esito analogo si giunge quando si qualifichi lo stesso Comune come soggetto esponenziale degli interessi ambientali correlati al proprio territorio, poiché, anche in tale veste, non è dato ravvisare quale utilità lo individuerebbe come titolare d’un interesse qualificato alla conservazione del ripetuto diniego, nè l’eventuale annullamento dello stesso provvedimento negativo determinerebbe di per sé all’Ente alcun pregiudizio. (*) C.d.S., IV, 28 novembre 1994, n. 968. Pres. Zuballi - Fratelli Carraio s.n.c. (Avv. Micozzi) c. Provincia di Padova (Avv.ti Pata, Carbone e Voci) e Comune di Campodarsego (Avv.ti Domenichelli e Zambelli) - T.A.R. VENETO, Venezia, Sez. III - 5 maggio 2004, n.1353 (vedi sentenza per esteso)

Rifiuti - Impianti di smaltimento - L. R. Veneto n. 3/2000 - Localizzazione sul territorio - Zone territoriali omogenee produttive o a servizi - Proposta di collocamento in altra zona - Diniego - Motivazione - Richiamo alla previsione di legge - Sufficienza - Art. 21 III comma - Impianti per il recupero di rifiuti inerti da costruzione - Localizzazione - Aree di cava di materiali gruppo A - Autorizzazione all’impianto in area a destinazione diversa (z.t.o. agricola) - E’ consentita - Motivazione - Requisiti. In tema di localizzazione degli impianti di smaltimento sul territorio, il legislatore regionale, esercitando la sua potestà normativa in materia urbanistica, ha stabilito, con l.r. 3/00 prescrizioni dettagliate, prevalenti sulle disposizioni comuni contenute nell’art. 27 del d. lgs. 22/97. L’art. 21 fissa la norma generale, per la quale gli impianti di smaltimento e recupero vanno ordinariamente localizzati nelle zone territoriali omogenee produttive o a servizi: sicché la proposta di collocamento in altra zona può essere respinta dall’autorità competente, senza necessità di particolari giustificazioni e solo richiamando la previsione di legge: è invece la scelta di accogliere tale domanda - certamente consentita - che le impone di fornire una congrua motivazione per la deroga disposta. Lo stesso legislatore, poi, per determinate tipologie d’impianti, ha introdotto, al III comma dello stesso art. 21, una disciplina diversa: quanto agli impianti per il recupero di rifiuti speciali inerti da costruzione, si prevede che “preferibilmente” siano collocati in aree di cava di materiali inclusi nel gruppo A. L’avverbio “preferibilmente”, se certamente privilegia una peculiare destinazione - quella cioè in area di cava per materiali di gruppo A - non esclude che l’Amministrazione possa, con motivazione assai meno rigorosa di quanto richiesto dal precedente II comma, autorizzare l’impianto in un’area con utilizzo o destinazione diversi, purché compatibili, comprese dunque anche aree incluse in z.t.o. agricola. In presenza di particolari circostanze - come la mancanza, in un ambito territoriale esteso, di impianti simili, ovvero di aree con la ricordata destinazione privilegiata - l’Amministrazione, proprio per la relativa elasticità della disposizione, è tenuta a giustificare adeguatamente la scelta di negare l’autorizzazione, e non le è sufficiente rilevare il contrasto tra la prescrizione di legge ed il concreto utilizzo dell’area interessata. Pres. Zuballi - Fratelli Carraio s.n.c. (Avv. Micozzi) c. Provincia di Padova (Avv.ti Pata, Carbone e Voci) e Comune di Campodarsego (Avv.ti Domenichelli e Zambelli) - T.A.R. VENETO, Venezia, Sez. III - 5 maggio 2004, n.1353 (vedi sentenza per esteso)

Rifiuti - Smaltimento di rifiuti - Attività di recupero dei rifiuti urbani speciali e assimilabili - Procedura semplificata - Sussistenza dei presupposti e dei requisiti per l’esercizio dell’attività - Necessità - Silenzio-assenso - Presupposti - Art. 33, D.Lgs. n. 22/1997 - Fattispecie: comunicazione inefficace (ossia improduttiva di effetti). L’articolo 33 del decreto legislativo 5 luglio 1997 n. 22, contenente attuazione di direttiva CEE in materia di smaltimento di rifiuti, prevede una procedura semplificata, mediante denunzia d’inizio d’attività, di autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti. Il comma 1 dispone che l’attività possa essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione d’inizio di attività alla provincia territorialmente competente, il comma 3 prevede che entro quel termine la provincia verifichi d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti per l’esercizio dell’attività, e il comma 4 prevede che, accertato il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la provincia disponga il divieto d’inizio dell’attività. È chiaro dall’insieme delle tre norme, benché nessuna delle anzidette disposizioni lo dica espressamente, che si tratta di una procedura per silenzio assenso e che il divieto deve intervenire entro il termine di novanta giorni, altrimenti tutta la procedura mancherebbe di senso. Peraltro il presupposto perché s’instauri efficacemente la procedura e si formi il silenzio-assenso è che il sito, in cui s’intende effettuare l’attività di smaltimento, sia a disposizione del richiedente, e che non si tratti d’impianto per l’uso del quale è già stato autorizzato altro soggetto. Nella specie, correttamente la provincia ha deciso, non già di vietare l’attività o di annullare un’autorizzazione formatasi tacitamente, bensì che la comunicazione era inefficace (ossia improduttiva di effetti), l’impianto essendo già utilizzato per operazioni di recupero di rifiuti dalla la società Z. A.. Quanto alle spiegazioni fornite dal comune appellante circa i rapporti con la Z. A. (che sarebbe un’incaricata del comune e la cui attività dovrebbe cessare al subentrare del comune), esse sarebbero dovuto essere allegate e documentate all’atto della denuncia d’attività, o in ogni caso rappresentate alla provincia in sede amministrativa, né può addebitasi alla provincia di non essersi fatto carico di un’istruttoria su fatti che non le erano stati rappresentati; tanto meno esse possono essere esaminate in questa sede. Pres. Elefante - Est. Carboni - Comune di LIGNANO SABBIADORO (avv. Verbari) c. PROVINCIA DI UDINE (avv. Raffa) (Conferma T.a.r. Friuli-Venezia Giulia sentenza 22 marzo 2003 n. 105). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 4 MAGGIO 2004 (ud. 27 febbraio 2004), sentenza n. 2707 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Rifiuti speciali non pericolosi - Pneumatici usati - Operazioni di recupero dei rifiuti - Procedura semplificata - Messa in riserva - Nozione - Accatastamento - Esclusione - Art. 33, D. L.vo n. 22/1997. In tema di rifiuti, i pneumatici usati, in quanto rifiuti speciali non pericolosi, possono essere avviati al recupero attraverso le procedure semplificate di cui all'art. 33, comma 1, D. L.vo n. 22/1997 disponendo che l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio attività alla provincia territorialmente competente". Tale termine è finalizzato - spiega il comma 3 - a rendere possibile da parte della P.A. la verifica d'ufficio, sulla base della relazione prodotta dall'interessato, della sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti e, in caso di carenza di essi, a vietare l'inizio dell'attività (comma 4). Soltanto se tale divieto non intervenga entro il termine di novanta giorni, è consentito al richiedente di effettuare, in mancanza della normale autorizzazione, le operazioni di recupero dei rifiuti con detta "procedura semplificata". Sicché, il semplice accatastamento dei pneumatici usati, in quanto rifiuti speciali non pericolosi, non equivale alla "messa in riserva di rifiuti" e pertanto non determina la violazione della disposizione indicata per l'inizio prematuro delle attività di recupero. Pres.: Zumbo A. Est.: Grillo Imp.: PM in proc. Vishtak P.M: Iacoviello FM. (Parz. Diff.) (Rigetta, Tribunale di Biella, 6 aprile 2002). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 28 aprile 2004 (Ud. 20 aprile 2004) Sentenza n. 19578 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Nozione di "recupero" - Art. 6, c.1, lett. h), D. L.vo n. 22/1997 - Rifiuti speciali non pericolosi - Operazioni di recupero dei rifiuti - Pneumatici usati - Procedure semplificate di recupero - Messa in riserva dei rifiuti - definizione - Art. 6 D.M. 5/2/1998. La definizione di "recupero" fornita dall'art. 6, comma 1 lett. h), D. L.vo n. 22/1997 ( c.d., decreto Ronchi), rinvia alle "operazioni previste nell'allegato C". Tra queste è annoverata (cod. R13) la "messa in riserva di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R11". Mentre l'art. 6 del D.M. 5/2/1998, relativo alle procedure semplificate di recupero, assoggetta la configurabilità della "messa in riserva" al rispetto di determinate condizioni generali, quali: lo stoccaggio dei rifiuti da recuperare separato dalle materie prime eventualmente presenti nell'impianto; lo stoccaggio separato per rifiuti tra loro incompatibili; l'accatastamento dei rifiuti su basamenti pavimentati o addirittura impermeabilizzati. Inoltre, per i rifiuti della tipologia di quelli in questione (pneumatici di veicoli cod. CED 160103), rientranti nella categoria 10 del suballegato 1 del menzionato decreto ministeriale ("Rifiuti solidi in caucciù e gomma), la messa in riserva, per le successive operazioni di recupero, prevede: il lavaggio, la triturazione e/o la vulcanizzazione "cod. 10.2.3." (per i pneumatici non ricostruibili) ovvero la selezione e accettazione delle carcasse "cod. 10.3.3." (per i pneumatici ricostruibili). Nella specie, non può essere addebitata nessuna violazione quando ci si limiti ad accatastare i pneumatici senza compiere alcuna delle operazioni sopra indicate, che connota la "messa in riserva" dei rifiuti. Pres.: Zumbo A. Est.: Grillo Imp.: PM in proc. Vishtak P.M: Iacoviello FM. (Parz. Diff.) (Rigetta, Tribunale di Biella, 6 aprile 2002). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 28 aprile 2004 (Ud. 20 aprile 2004) Sentenza n. 19578 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Danno ambientale - Ciclo di produzione e smaltimento di rifiuti tossici e nocivi - Soggetti coinvolti - Responsabilità in solido - Risarcimento dei danni cagionati - Art. 18 L. n. 349/86. In materia di danno ambientale, posto che questo non consiste solo in una compromissione dell'ambiente ai sensi dell'art. 18 L. 8/7/86, n. 349, ma anche in un'offesa alla persona umana nella propria dimensione individuale e sociale, come ritenuto dalla Corte Costituzionale nelle sentenze nn. 210 e 641 del 1987, ne deriva che tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di produzione e smaltimento di rifiuti tossici e nocivi sono responsabili, in solido fra loro, del risarcimento dei danni cagionati (v. conf. Cass. sez. 1^ civ., 1/9/95, n. 9211). Pres. Zumbo - Est. Grassi A. - Imp.: Ambrosi ed altro. - P.M. Iacoviello F. (Parz. Diff.). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 aprile 2004, (Ud. 16/03/2004), Sentenza n. 19505 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti - Danno ambientale - Ente comunale - Diritto al risarcimento - Sussiste - Soggetti responsabili - Individuazione. In tema di reati ambientali compete al Comune, quale ente territoriale, il diritto al risarcimento del danno ambientale derivante dalla inosservanza delle disposizioni in tema di gestione di rifiuti, atteso che questo non consiste soltanto in una compromissione dell'ambiente, ma altresì in una offesa alla personalità umana nella sua dimensione individuale e sociale; inoltre tale risarcimento grava su tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di produzione e smaltimento dei rifiuti, responsabili in solido tra loro. Pres. Zumbo - Est. Grassi A. - Imp.: Ambrosi ed altro. - P.M. Iacoviello F. (Parz. Diff.).CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 aprile 2004, (Ud. 16/03/2004), Sentenza n. 19505 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti - Stoccaggio provvisorio - Accumulo temporaneo - Distinzione - Smaltimento di rifiuti tossici e nocivi - Obbligo della autorizzazione anche per lo stoccaggio provvisorio - D.P.R. 915/82. In materia di smaltimento dei rifiuti, per stoccaggio provvisorio deve intendersi -in virtù delle norme di cui al D.P.R. 10/9/82, n. 915- la raccolta e l'immagazzinamento di essi, in attesa della loro eliminazione, sia nei luoghi di produzione, che altrove, sicché solo nell'ipotesi in cui gli stessi siano stati trattenuti in attesa del loro ritiro, periodico e frequente, da parte di ditte specializzate, può essere esclusa la figura giuridica del loro stoccaggio provvisorio che si distingue dall'accumulo temporaneo di essi perché questo costituisce il risultato finale della produzione del rifiuto, precariamente ammassato sotto il diretto controllo del produttore, in attesa di smaltimento, mentre il primo si qualifica per il carattere non precario dello ammasso e per la destinazione dei rifiuti alle ulteriori fasi di smaltimento contemplate dall'art. 16 D.P.R. 915/'82 (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 7/11/95, Siriani e 27/6/96, Perette). L'art. 26 D.P.R. 915/82, attuativo delle direttive C.E.E., prevede l'obbligo della autorizzazione, senza eccezioni, in materia di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi e, dunque, anche per lo stoccaggio provvisorio di essi, che del relativo smaltimento costituisce una fase (v. conf. Corte Cost. 1/7/92, n. 307 e Cass. sez. 3^ pen., 19/02/99, Frascio). Pres. Zumbo - Est. Grassi A. - Imp.: Ambrosi ed altro. - P.M. Iacoviello F. (Parz. Diff.). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 aprile 2004, (Ud. 16/03/2004), Sentenza n. 19505 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Rifiuti tossici e nocivi - Accumulo non autorizzato - Art. 51 co. 2 D Lgs. 5/02/'97, n. 22 - Configurabilità - Deposito "controllato" e temporaneo - Art. 6 lett. m) D.Lgs. 22/'97 - D.P.R. 915/82. L'accumulo non autorizzato, anche in area di propria pertinenza, di materiali qualificabili come rifiuti tossici e nocivi, già qualificabile come reato ai sensi dell'art. 26 dell'abrogato D.P.R. 915/82, rientra oggi -senza soluzioni di continuità- nella previsione dell'art. 51 co. 2 D Lgs. 5/02/'97, n. 22, in base al quale il detto accumulo può costituire reato solo se "incontrollato" ed, affinché possa configurarsi l'ipotesi del deposito "controllato" e temporaneo, ai sensi dell'art. 6 lett. m) D.Lgs. 22/'97, occorre il rispetto delle condizioni dettate dal citato articolo ed, in particolare, il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione e l'osservanza dei tempi di giacenza, in relazione alla natura e qualità del rifiuto (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 30/9/98, Tiragallo ed 11/6/02, Brustia). Pres. Zumbo - Est. Grassi A. - Imp.: Ambrosi ed altro. - P.M. Iacoviello F. (Parz. Diff.). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 aprile 2004, (Ud. 16/03/2004), Sentenza n. 19505 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Abbandono ripetuto di rifiuti da demolizione - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997 - Configurabilità - Fattispecie. L'abbandono - come nel caso in specie non occasionale e non autorizzato - di rifiuti provenienti da attività di demolizione e ristrutturazione di immobili integra, in considerazione della ripetitività della condotta, l'ipotesi di gestione e smaltimento di rifiuti sanzionata penalmente dall'art. 51 co. 1 lett. a) D.Lgs. 22/'97, anche se trattasi di rifiuti "propri" (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 10/11/'00, Duclos). Nella specie, il Giudice di merito, tenuto conto della reiterazione, per anni, della condotta, dell'estensione dell'area in cui i materiali venivano depositati e dell'ingente quantità di essi, ha legittimamente e motivatamente ritenuto non ipotizzabile giuridicamente la figura del deposito controllato e temporaneo di rifiuti, non sussistendo le condizioni dettate dall'art. 6 lett. m) D.Lgs. 22/'97, in particolare il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione e l'osservanza dei tempi di giacenza di essi (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 11/4/'02, Brustia). Pres. Zumbo R. Est. Grassi P.M. Iacoviello F. (Parz. Diff.) Imp. Favero. (Rigetta, Trib. Padova, 11 maggio 2001). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III 27 aprile 2004 (Ud. 16 marzo 2004), sentenza n. 19498 (vedi: sentenza per esteso)

RIFIUTI - Condizioni di riutilizzo - Inclusione nell'elenco dei rifiuti pericolosi - Divieto. In tema di smaltimento dei rifiuti le condizioni di riutilizzo introdotte dal comma 2 dell'art. 14 l. n. 178 del 2002 sono espressamente inoperanti in tutte le ipotesi in cui vi sia l'obbligo di disfarsi della sostanza, per essere la stessa inclusa nell'elenco dei rifiuti pericolosi di cui all'allegato d) d.lg. n. 22 del 1997. TRIBUNALE URBINO 16 aprile 2004

Rifiuti - Disciplina dei rifiuti - Fresato di asfalto proveniente da disfacimento del manto stradale - Natura di rifiuto - Fattispecie. In tema di disciplina dei rifiuti, il fresato di asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale costituisce rifiuto e come tale è sottoposto alla disciplina del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22. Fattispecie: esercizio senza abilitazione dell’attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi (fresato di asfalto, che aveva sparso sulla strada di accesso a un fondo oggetto di bonifica agricola) - Pres. Rizzo - Est. Onorato - Imputato Brignoli - Pm Izzo G. (Conf.) (Rigetta, Trib. Bergamo, 26 ottobre 2001). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 08 aprile 2004, (Ud. 11 febbraio 2004) sentenza n. 16695 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Divieto di inizio o di prosecuzione dell'attività in tema di operazioni di recupero dei rifiuti - Competenza - Presidente della Provincia - Determinazione adottata dal Dirigente in mancanza di una specifica delega - Inosservanza - Non integra il reato di cui all'art. 650 c.p.. In tema di rifiuti, ai sensi dei commi 3 e 4 dell'art. 33 D. Lgs. 22/1997, il Presidente della Provincia è il solo organo preposto a disporre il divieto di inizio o di prosecuzione dell'attività in tema di operazioni di recupero dei rifiuti. Pertanto, l'inosservanza all'ordine impartito con una determinazione adottata dal dirigente (settore ecologia ed ambiente della Provincia di Taranto) e non dal Presidente della Provincia, in mancanza di una specifica delega o di specifiche modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente, non integra il reato previsto dall'art. 650 c.p., in quanto il dirigente non era competente ad emettere tale ordine, trattandosi di funzioni attribuite per legge al Presidente della Provincia ai sensi dell'art. 50 co. 3 D. Lgs. 267/2000 e non ai dirigenti della Provincia, le cui funzioni sono elencate nell'art. 107 D. Lgs. citato (vedi caso analogo in materia di sicurezza pubblica deciso da questa prima sezione penale con sentenza n. 7025 del 12/02/2003, rv. 223488). Pres. Teresi R. - Est. Chieffi S - Imp.Luci. - P.M. Esposito V. (Diff.). (Annulla senza rinvio, Trib. Taranto, 17 settembre 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. I del 29 marzo 2004, (Cc. 10/03/2004), sentenza n. 15066 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Smaltimento e autorizzazione - Legalità formale e sostanziale del provvedimento dell'autorità - Competenza dell'organo all'emissione del provvedimento - Smaltimento di rifiuti - Provvedimento assunto non dal Presidente della provincia, ma da un funzionario, in assenza di deleghe - Configurabilità del reato - Insussistenza. In tema di smaltimento di rifiuti, poiché il Presidente della Provincia è il solo organo preposto a disporre il divieto di inizio o di prosecuzione delle operazioni di recupero dei rifiuti stessi, qualora il relativo provvedimento sia emesso, in assenza di una specifica delega o di specifiche modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente, da un dirigente del settore ecologia di quest'ultimo, la sua inosservanza non configura il reato previsto dall'art. 650 cod. pen. Pres. Teresi R. - Est. Chieffi S - Imp.Luci. - P.M. Esposito V. (Diff.). (Annulla senza rinvio, Trib. Taranto, 17 settembre 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. I del del 29 marzo 2004, (Cc. 10/03/2004 n. 01304) Rv. 227933, sentenza n. 15066 (vedi: sentenza per esteso)

Inquinamento - Bonifica siti contaminati - Artt. 17, c. 2 D. Lgs. 22/97 e 8 c. 2 e 3 D.M. 471/99 - Comunicazione di avvio del procedimento - Deroga - Inammissibilità. Il procedimento di cui agli artt. 17, comma 2° D.Lgs. n. 22/97 e 8, comma 2° e 3° D.M. n. 471/99 non è di per sé fondato su ragioni di particolare celerità e urgenza, tali da giustificare la deroga al principio generale di comunicazione dell’avvio del procedimento prevista dall’ art. 7, comma 1°, l. n. 241/90. Pres. Calvo, Est. Correale - Neri e altro (Avv.ti Gili, Trombetti e Sirotti) c. Comune di Vespolate (Avv. Viola), A.R.P.A. Piemonte (Avv. Vivani) e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) - T.A.R. PIEMONTE, Torino, Sez. II - 26 marzo 2004, n. 517 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Trasporto di rifiuti non pericolosi per conto proprio - Iscrizione all'albo nazionale - Obbligo per l'imprenditore - Questione di legittimità costituzionale - Art. 30, c. 4, D.Lgs. n. 22/1997 - Non manifesta infondatezza. In tema di gestione dei rifiuti, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, comma 4, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dall'art. 1, comma 9, l. 9 dicembre 1998, n. 426, nella parte in cui non prevede l'obbligo di iscrizione all'albo nazionale per l'imprenditore che a titolo professionale trasporti rifiuti non pericolosi per conto proprio, per contrasto con gli artt. 11 e 117 Cost. non è manifestamente infondata. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/03/2004, Ordinanza n. 10328

Rifiuti - Applicazione della tariffa - Controversia - Competenza - Giudice ordinario. La controversia in materia di rifiuti relativa all’applicazione della tariffa esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cassazione civile sez. un., n. 792 del 17 novembre 1999; TAR Toscana n. 691/1998; TAR Valle D’Aosta n. 36/1992; TAR Latina n. 830/1990; C. St. V n. 854/1996), mentre così non è per in caso di impugnazione degli atti regolamentari e di quelli generali di determinazione della tariffa. Pres. Papiano, Est. Lelli - Giovanni Ginestri & Co. Sas (Avv.ti Solazzi e Trombetti) c. Commissione Tributi Comune di Rocca S. Casciano (n.c.) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 17 marzo 2004, n. 396

Rifiuti - Smaltimento di carcasse di bovini - “materiale ad alto rischio” - Norme sanitarie per l'eliminazione di rifiuti di origine animale - Art. 18 D. L.vo n. 508/1992 - Art. 1 L. n. 49/2001 - Art. 650 c.p.. Lo smaltimento, (in specie attraverso un’apparecchiatura denominata “Ingestor”), di carcasse di bovini morti all’interno dell’allevamento configura la contravvenzione di cui all’art. 18 Decreto Legislativo n. 508 del 1992 (tuttora vigente), in quanto le carcasse costituiscono “materiale ad alto rischio” e devono venire trasformate con le modalità indicate dall’art. 1 della Legge n. 49 del 2001 (incenerimento o coincenerimento in strutture autorizzate). Sicché è legittima, anche, la relativa applicazione dell’art. 650 c.p. per inosservanza del provvedimento legalmente dato dall’autorità per motivi di igiene reggendo peraltro il sequestro preventivo dell’apparecchiatura. - Pres. SAVIGNANO - Est. GRILLO - Imp. PANERONI - P.M. FAVALLI (conferma Tribunale del riesame di Brescia Ordinanza 9/10/2003. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III , 16 marzo 2004 (Cc. 22 gennaio 2004) Sentenza n. 12569

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Potere regolamentare dei comuni di assimilare agli urbani i rifiuti speciali - Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani - Riscossione della tassa nel periodo transitorio - Artt. 49 e 21, c. 2, lett. g), D.Lgs. n. 22/1997 - D.Lgs. n. 507/1993. In tema di gestione dei rifiuti, l'art. 21, comma 2, lettera g), del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 ha mantenuto fermo il potere il potere regolamentare dei comuni di assimilare agli urbani i rifiuti speciali, anche dopo l'abrogazione, a decorrere dai termini previsti per il regime transitorio, del capo III del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 - recante la disciplina della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni -, ad opera dell'art. 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che ha introdotto la "tariffa per la gestione dei rifiuti urbani". Sicché la deliberazione relativa, ove adottata, costituisce titolo per la riscossione della tassa nel periodo transitorio nei confronti dei soggetti che tali rifiuti producono nel territorio comunale, a prescindere dal fatto che il contribuente ne affidi a terzi lo smaltimento. - Pres. FAVARA - Est. EBNER - Comune di Genova (avv. Romanelli) c. F.lli Pesce di P.F. S.n.c. - P.M. APICE. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. V 15 marzo 2004, Sentenza n. 5257

Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti - Danno ambientale - Soggetti responsabili - Responsabilità - Art. 18 legge n. 349/1986 - Applicabilità nei rapporti di regresso tra i condebitori- Reati ambientali. In tema di reati ambientali, la norma contenuta nel comma 7 dell'art. 18 della legge 349 del 1986, secondo la quale nei casi di concorso nello stesso evento di danno ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità individuale, disciplina esclusivamente i rapporti interni di regresso tra i condebitori, ponendosi come deroga al principio generale della responsabilità solidale di cui all'art. 2055 cod. civ.. Pres.: Zumbo A. Est.: Onorato P. Rel.: Onorato P. Imp.: Giora ed altri. P.M. Izzo G. (Conf.) (Rigetta, Trib. Mantova, 13 Febbraio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. 3, Sez. 3, del 12/03/2004 (Ud. 10/12/2003), Sentenza n. 11870

Rifiuti - Ordinanza di smaltimento emanata in vigenza dell’art. 9 d.p.r. n. 915/82 (successivamente abrogato dall’art. 14 d.lgs. 22/97) - Natura - Carattere ripristinatorio - Può legittimamente essere indirizzata al proprietario. L’ordinanza con la quale il sindaco, in vigenza e ai sensi dell’art. 9 d.P.R. n. 915/82 (ora abrogato dall’art. 14 d.lgs. 22/97), imponeva al proprietario dell’area di predisporre un piano di smaltimento dei rifiuti speciali tossici e nocivi su essa giacenti (nella specie, materiali ferrosi), non ha specifico carattere sanzionatorio, nel senso che non è diretta ad individuare e punire i soggetti ai quali è da attribuire la responsabilità civile e/o penale della situazione abusiva, ma solo ripristinatorio, in quanto diretta ad ottenere la rimozione dell’attuale stato di pericolo e a prevenire ulteriori danni all’ambiente circostante e alla salute pubblica. Ne consegue che detta ordinanza poteva essere legittimamente indirizzata al proprietario dell’area, vale a dire a colui che si trova con quest’ultima in un rapporto tale da consentirgli di eseguire gli interventi ritenuti necessari al fine di eliminare la riscontrata situazione di pericolo, ancorché essa sia da imputarsi a terzi, quali ignoti o finanche il precedente proprietario, salvo, ovviamente, il diritto di rivalsa nei confronti di questi (Cons. Stato, Sez. V, 2.4.2003, n. 1678 e Sez. V, ord. 6.5. 2003, n. 1740). La prevalenza della tutela del bene della salute pubblica, infatti, consentiva di intervenire nei confronti dell’obbligato “di fatto” - il proprietario - quando la ricerca dell’obbligato “di diritto” sarebbe stata particolarmente complessa e laboriosa e le operazioni necessarie sarebbero divenute incompatibili con la natura degli interessi in esame. Pres. Calvo, Est. Correale - C.A. (Avv. Chiara) c. Comune di Poirino (Avv. Pipitone) - T.A.R. PIEMONTE, Torino, Sez. II - 6 marzo 2004, n. 365

Rifiuti - Sentenze della Corte di Giustizia - Immediata e diretta applicabilità da parte del giudice italiano - Obbligo - Sussiste - Inapplicabilità della norma nazionale in contrasto con quella comunitaria - Fondamento. Le sentenze della Corte di Giustizia, (siano esse di condanna per inadempimento dello Stato oppure interpretative del diritto comunitario), sono immediatamente e direttamente applicabili, da parte del giudice italiano, sempre che l'esegesi del diritto comunitario sia incontrovertibile e la normativa nazionale appaia in evidente contrasto (vedi Corte Cost.: n. 113 del 1985 e nn. 232 e 389 del 1989). Secondo la Corte Costituzionale (a partire dalla sentenza n. 170/1984), il giudice italiano ha l'obbligo di non applicare la norma nazionale in contrasto con quella comunitaria. Sotto il profilo dei rapporti tra il diritto comunitario e il diritto penale interno, ha affermato la prevalenza del primo qualora si tratti di "definizioni legali di elementi normativi della fattispecie penale soggetti alla determinazione da parte delle norme comunitarie": e tale, senza dubbio, è la nozione di "rifiuto". Pres. Papadia U. - Est. Fiale A. - P.M. Min. della difesa - Imp. Iacoviello F.(Conf.) (Rigetta, Trib.La Spezia, 12 giugno 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 5 marzo 2004 (Cc. 14/11/2003), Sentenza n. 10662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Deposito temporaneo - Disciplina dei rifiuti - Beni e materiali dell'Amministrazione della difesa - Dichiarati fuori uso - Natura di rifiuto - Impossibilità a rispettare le condizioni del deposito temporaneo - Mancanza della autorizzazione - Reato di cui all'art. 51 del D. Lgs. n. 22 del 1997 - Configurabilità. In tema di gestione dei rifiuti, l'accumulo di beni e materiali dichiarati fuori uso, e dei quali pertanto il detentore ha deciso di disfarsi, e/o di materiali, sostanze e beni compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi per i quali sussiste l'obbligo di disfarsi, effettuato al di fuori delle garanzie, formali e sostanziali, di tutela imposte dal D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, anche se non avente carattere di definitività, integra l'ipotesi di deposito incontrollato di rifiuti previsto dall'art. 51, comma secondo, del citato decreto n. 22. (Fattispecie relativa a deposito di materiali fuori uso e rottami dell'amministrazione della marina militare posti all'interno dell'area militare stessa, e nella quale la Corte ha escluso che possa avere rilievo giustificativo dello sforamento dei tempi richiesti dall'art. 6 lett. m) per qualificare il deposito quale temporaneo il rispetto delle disposizioni regolamentanti il procedimento relativo all'alienazione di beni mobili dello Stato (di cui ai d.P.R. 5 giugno 1976 n. 1076 e 1077 e 13 febbraio 2001 n. 181), sul presupposto che ove tali procedure non rendano configurabile un deposito temporaneo devono essere rispettate le disposizioni in tema di rifiuti relative all'obbligo di munirsi di preventiva autorizzazione). Pres. Papadia U. - Est. Fiale A. - P.M. Min. della difesa - Imp. Iacoviello F.(Conf.) (Rigetta, Trib.La Spezia, 12 giugno 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 5 marzo 2004 (Cc. 14/11/2003 n.01762 ), Rv. 227554, Sentenza n. 10662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Aree Demaniali - Sequestro di un'area demaniale (in genere) - Legittimità - Fondamento - Uso pubblico istituzionale del bene demaniale - Fattispecie: abbandono incontrollato di rifiuti sul demanio militare - Art. 321 c.p.p. - Art. 823 cod. civ.. La formale inalienabilità ed impignorabilità dei beni demaniali, sancita dall'art. 823 cod. civ., non vale a garantire, infatti, che su tali beni o per mezzo di essi possano essere commessi reati e che tali reati, ove siano tuttora "in itinere", possano provocare ulteriori conseguenze pregiudizievoli dell'interesse primario tutelato dalla norma penale violata. Pertanto è legittimo il sequestro di un'area demaniale, allorquando la misura di cautela reale sia rivolta ad impedire il protrarsi di un'attività illecita in corso di effettuazione sull'area medesima. (Corte di Cassazione Sezione 6^ del 31.1.2001, sentenza n. 3947, ric. Sindoni). Il sequestro preventivo (che non ha alcun collegamento necessario con la confisca) è rivolto appunto a tutelare l'esigenza di protezione della collettività dalla prosecuzione dell'attività criminosa ovvero dalla commissione di nuovi reati e, nella specie, razionalmente è stata ravvisata la probabilità di danno futuro connessa all'uso (considerato illecito) che in concreto viene fatto di un'area del demanio militare. Nella vicenda in esame, con il sequestro, l'area non è stata sottratta alle finalità di difesa nazionale alle quali è destinata per la sua natura demaniale. Ciò che è stato impedito non è l'uso pubblico istituzionale del bene demaniale (vedi Cass., Sez. 3^, 16.3.1994, n. 270, ric. Filippone), bensì l'uso illecito di esso quale sito di abbandono incontrollato di rifiuti ed in proposito va ricordato che, ai sensi del 3 comma dell'art. 321 c.p.p., il giudice deve revocare immediatamente la misura di cautela allorquando "risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti" i requisiti previsti dal 1^ comma dello stesso articolo. Pres. Papadia U. - Est. Fiale A. - P.M. Min. della difesa - Imp. Iacoviello F.(Conf.) (Rigetta, Trib.La Spezia, 12 giugno 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 5 marzo 2004 (Cc. 14/11/2003), Sentenza n. 10662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Deposito incontrollato - Reato di cui all'art. 51, 2°c., D. L.vo n. 22/1997 - Soggetti attivi - Individuazione. Il reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui all'art. 51, comma secondo, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, è ipotizzabile non soltanto in capo alle imprese o agli enti che effettuano una delle attività indicate al comma primo del citato art. 51 (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti), ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all'art. 2082 cod. civ., o ente, con personalità giuridica o operante di fatto, atteso che il precedente riferimento alla attività di gestione dei rifiuti originariamente previsto dal comma in questione risulta soppresso con legge 9 dicembre 1998 n. 426. Pres.Rizzo A. - Est.Grillo C. - Pm Izzo G. - Imp. Rainaldi ed altro (Parz. Diff.). (Rigetta, Trib.L'Aquila, 15 ottobre 2001). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 2 marzo 2004 (ud. 11/02/2004 n. 00228) Rv. 227570 sentenza n. 9544 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata - Reato di cui all'art. 51 D. L.vo n. 22/1997 - Natura - Applicazione. In tema di rifiuti il reato di cui all'art. 51 D. L.vo n. 22/1997 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata) non ha natura di reato proprio, la cui commissione sia possibile solo da soggetti esercenti professionalmente detta attività, ma costituisce un'ipotesi di reato comune, che può essere commesso da "chiunque" (Cass. Sez. 3^, 14 maggio 2002, n. 21925, Saba). Pres.Rizzo A. - Est.Grillo C. - Pm Izzo G. - Imp. Rainaldi ed altro (Parz. Diff.). (Rigetta, Trib.L'Aquila, 15 ottobre 2001). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 2 marzo 2004 (ud. 11/02/2004) sentenza n. 9544 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Bruciatura di rifiuti vari - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata - Art. 51 D. L.vo n. 22/1997 - Sussiste. Integra la violazione del primo comma dell'art. 51, Decreto Legislativo n. 22/1997, l'attività consistente nello smaltimento, tramite bruciatura, di rifiuti vari. Pres.Rizzo A. - Est.Grillo C. - Pm Izzo G. - Imp. Rainaldi ed altro (Parz. Diff.). (Rigetta, Trib.L'Aquila, 15 ottobre 2001). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 2 marzo 2004 (ud. 11/02/2004) sentenza n. 9544 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Attività di raccolta di autoveicoli fuori uso - Rifiuti speciali prodotti da terzi - Mancanza di autorizzazione - Reato di cui all’art. 51 d. lg. n. 22/1997 - Configurabilità. L’attività di raccolta di autoveicoli fuori uso in assenza di autorizzazione configura il reato di cui all'art. 51 comma 1 D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (gestione di rifiuti non autorizzata) atteso che gli autoveicoli in questione rientrano nel nuovo Catalogo europeo dei rifiuti quali rifiuti speciali prodotti da terzi, in parte anche pericolosi. Rv. 227405. Pres.Papadia U. - Est.Grillo C. - Imp. Palumbo (Conf.) - (Rigetta, Gip Trib.Modena, 22 maggio 2001). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 26 febbraio 2004 (Ud. 23/01/2004), Sentenza n. 8426 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Deposito temporaneo - Nozione - Raggruppamento di rifiuti - Presupposti. La disciplina sui rifiuti, all'art. 6, comma 1 lett. m), del decreto Ronchi, definisce deposito temporaneo il "raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti", purché ricorrano una serie di condizioni specificamente indicate dalla norma. Nella specie, non sussistono neppure le condizioni dettate dal legislatore e comunque il deposito temporaneo deve essere effettuato sull'area a ciò abilitata e non altrove. Pres.Papadia U. - Est.Grillo C. - Imp. Palumbo (Conf.) - (Rigetta, Gip Trib.Modena, 22 maggio 2001). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 26 febbraio 2004 (Ud. 23/01/2004), Sentenza n. 8426 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione di rifiuti - Materiali da demolizione e scavo - Natura - Rifiuti speciali - Scarico ripetuto in difetto di autorizzazione - Reato di realizzazione di discarica abusiva - Configurabilità - Art. 51 co. 3 D. L.vo 22/9. I materiali provenienti da attività di demolizione o scavo costituiscono rifiuti speciali ai sensi dell'art. 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22; conseguentemente lo scarico degli stessi attraverso una condotta ripetuta, anche se non abituale e protratta per lungo tempo, configura il reato di realizzazione di discarica non autorizzata di cui all'art. 51 del citato decreto n. 22. (tra le molte, Cass. sez. 3^, 28.11.97, Verrastro). Fattispecie: realizzazione e gestione, in assenza di autorizzazione, di una discarica di rifiuti speciali - materiale edilizio, eternit ed altro - su suolo di sua proprietà. Pres. Papadia U. - Est. De Maio G - Pm Izzo G. - Imp. Fiato. (Conf.) (Parz. Diff.). (Dichiara inammissibile, App. Catanzaro, 27 dicembre 2002). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 26 febbraio 2004 (Ud. 16/01/2004) Sentenza n. 8424 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Produttore e detentore di rifiuti - Responsabilità - Condizioni - Individuazione. In tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie, gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti commessi dai soggetti impegnati nella gestione dei rifiuti. (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato la penale responsabilità dell'amministratore unico di una società a responsabilità limitata per non avere impedito la realizzazione del reato previsto dall'art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, avendola ritenuta obbligata all'osservanza delle prescrizioni imposte dalla legge e dal provvedimento autorizzativo regionale, nella specie non integralmente rispettato). Pres. Savignano G. - Est. Fiale A. - Imp. Turati ed altro. - P.M. D'Angelo G. (Parz. Diff.) (Rigetta, App.Milano, 15 ottobre 2002). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 24 febbraio 2004 (Ud. 27/11/2004 n. 01963) Rv. 227400 , Sentenza n. 7746 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Responsabilità penale - Principi di responsabilizzazione e cooperazione dei soggetti coinvolti - Concetto di "coinvolgimento" - Omissione di doveri di vigilanza e di controllo - Responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti - Presupposti - Fondamento - Sistema della responsabilità penale in materia di rifiuti. In tema di rifiuti nell'individuazione delle responsabilità penali nella gestione, deve rilevarsi che - ai sensi dell'art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997 - detta gestione "si conforma ai principi di responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i "rifiuti, nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale e comunitario". Il concetto di "coinvolgimento" trova specificazione nelle disposizioni poste dal successivo art. 10 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), ma la giurisprudenza ha specificato che anche la mera osservanza delle condizioni di cui all’art. 10 non vale ad escludere la responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano "resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti" (vedi Cass., Sez. III, 6.2.2000, n. 1767, Riva). Il sistema della responsabilità penale, inoltre, nella materia in oggetto, "risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettività, con il rifiuto di qualsiasi soluzione puramente formale ed astratta" (vedi Cass., Sez. III, 20.10.1999, n. 11951, Boncinelli). La consapevole omissione di doveri di vigilanza e di controllo, da parte di soggetto direttamente "coinvolto" nella gestione dei rifiuti, ha comportato responsabilità già sotto il profilo della "facilitazione" della commissione degli illeciti da parte del soggetto intromessosi nella gestione di fatto della società. Pres. Savignano G. - Est. Fiale A. - Imp. Turati ed altro. - P.M. D'Angelo G. (Parz. Diff.) (Rigetta, App.Milano, 15 ottobre 2002). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, SEZ. III, 24 FEBBRAIO 2004, Sentenza n. 7746 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Interpretazione autentica della definizione di <<rifiuto>> - Concetto di materia prima secondaria - Attività di trasformazione di rifiuti - art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 22/1977 - Prescrizioni di ordine tecnico - art. 3 comma 1 e 3 d.m. 5/2/1998 - L. n. 178/2002. La disciplina vigente sui rifiuti adotta il concetto di materia prima secondaria come risultato di una attività di trasformazione di rifiuti, idonea a modificare la natura stessa dell’oggetto trattato. Infatti, di “materia prima” ottenuta dal recupero di rifiuti parla espressamente l’art. 4, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 22/1977, e le “materie prime secondarie” sono indicate dall’art. 3 comma 1 del d.m. 5 febbraio 1998, adottato in attuazione di quanto disposto dall’art. 31 dal d.lgs. n. 22/1997. Il decreto ministeriale, nei suoi cospicui allegati, detta le prescrizioni di ordine tecnico che devono governare l’attività di recupero dei rifiuti non pericolosi, in modo da pervenire alla produzione di sostanze utilizzabili come materie prime, che al termine del processo di trasformazione non sono più ascrivibili al concetto di rifiuti. L’art. 3, comma 3, del d.m. 5 febbraio 1998, dispone: “Restano sottoposti al regime dei rifiuti i prodotti, le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti dalle attività di recupero che non vengono destinati in modo oggettivo ed effettivo all’utilizzo nei cicli di consumo o di produzione.” Sembra quindi certo che il prodotto della attività di recupero, consistente nella trasformazione del rifiuto in materia prima secondaria, non può considerarsi “rifiuto” sempre e comunque, ma solo in quanto non sia effettivamente utilizzato. Tale impostazione del problema, che emerge pienamente dalla normativa vigente all’epoca dei fatti, ha trovato formale conferma ad opera del d.l. 8 luglio 2002 n. 138, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 2002 n. 178. L’art. 14 della novella, intitolato “Interpretazione autentica della definizione di <<rifiuto>> di cui all’art. 6, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22”, esclude dal concetto di rifiuto “beni, sostanze e materiali residui di produzione” che possano essere e siano effettivamente e oggettivamente reimpiegati nello stesso o in diverso ciclo produttivo, e ciò sia che si renda necessario, ovvero che non sia necessario, un qualche trattamento preventivo, purché non si tratti di una delle operazioni di trasformazione di cui all’allegato C del d.lgs. n. 22 del 1997. Conforme: CONSIGLIO DI STATO, sez. V 19 febbraio 2004, sentenza n. 674.Pres. Elefante - Est. Branca - s.a.s. Marconi di Garzitto e C. (avv.ti Longo e Cassini) c. Provincia di Udine (avv.ti Ciccotti e Pecile) (Annulla Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, 30 agosto 2001 n. 543). CONSIGLIO DI STATO, sez. V 19 febbraio 2004, sentenza n. 675 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - DKR - Qualifica come materia prima secondaria - Presupposti - Reimpiego immediato senza ulteriori trasformazioni preliminari - Attività estranea allo smaltimento e al recupero di rifiuti. Il DKR, quando è l’unico materiale impiegato per la produzione (nella specie di manufatti) può qualificarsi come materia prima secondaria, utilizzabile senza ulteriori modificazioni o processi di recupero. Nei fatti: il DKR costituisce il prodotto di un procedimento di trasformazione di materie plastiche, eseguito in Germania presso una Società specializzata nel riciclaggio della plastica, e caratterizzato da proprietà che lo rendono idoneo al reimpiego immediato senza ulteriori trasformazioni preliminari. In questi casi, quindi, siamo in presenza di una attività del tutto estranea allo smaltimento, ma anche al recupero di rifiuti, perché il materiale utilizzato non può considerarsi tale ai sensi dell’art. 14 del d.l. 8 luglio 2002 n. 138. Conforme: CONSIGLIO DI STATO, sez. V 19 febbraio 2004, sentenza n. 674. Pres. Elefante - Est. Branca - s.a.s. Marconi di Garzitto e C. (avv.ti Longo e Cassini) c. Provincia di Udine (avv.ti Ciccotti e Pecile) (Annulla Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, 30 agosto 2001 n. 543). CONSIGLIO DI STATO, sez. V 19 febbraio 2004, sentenza n. 675 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Inquinamento - Smaltimento di rifiuti - Nozione di rifiuto e di materia prima secondaria - D.lgs. n. 22/1997 - C. Cost. sent. n. 512/1990 - “messa in riserva”. La sentenza disattende la tesi del giudice di primo grado secondo cui il d.lgs. n. 22 del 1997 avrebbe espunto dall’ordinamento il concetto di “materia prima secondaria” adottato dalla legislazione previgente e riconosciuto come distinto da quello di rifiuto dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 512 del 1990 (ragion per cui, secondo il Tar, la sostanza utilizzata dall’impresa appellante - DKR - pur essendo un rifiuto recuperabile ai fini della produzione, sarebbe pur sempre un “rifiuto”, secondo l’amplissima definizione fornita dall’art. 6, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 22 del 1997, e come tale soggetto alla disciplina del detto decreto che impone il conseguimento di determinate autorizzazioni anche in vista della semplice “messa in riserva” del materiale considerato). Sostiene , invece, il giudice d’appello che la legislazione vigente ammette anch’essa la nozione di materia prima secondaria come risultato di una attività di trasformazione di rifiuti, idonea a modificare la natura stessa dell’oggetto trattato (art. 4, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 22/1977 e art. 3 commi 1 e 3 del d.m. 5 febbraio 1998, giusta il quale “Restano sottoposti al regime dei rifiuti i prodotti, le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti dalle attività di recupero che non vengono destinati in modo oggettivo ed effettivo all’utilizzo nei cicli di consumo o di produzione.”). Tale soluzione, osserva il Consiglio, ha poi trovato formale conferma ad opera del d.l. 8 luglio 2002 n. 138, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 2002 n. 178, il cu articolo 14, intitolato “Interpretazione autentica della definizione di <<rifiuto>> di cui all’art. 6, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22”, esclude dal concetto di rifiuto “beni, sostanze e materiali residui di produzione” che possano essere e siano effettivamente e oggettivamente reimpiegati nello stesso o in diverso ciclo produttivo, e ciò sia che si renda necessario, ovvero che non sia necessario, un qualche trattamento preventivo, purché non si tratti di una delle operazioni di trasformazione di cui all’allegato C del d.lgs. n. 22 del 1997. CONSIGLIO DI STATO, sez. V 19 febbraio 2004, sentenza n. 674

Rifiuti - “Area ecologica” - Definizione - Operazioni di deposito temporaneo, smaltimento e recupero - Non rientra - Attività di raccolta - Rientra - Art. 6 D. Lgs. 22/1997 - Distinte fasi della “gestione dei rifiuti - Realizzazione dell’area ecologica - V.I.A. - Necessità - Esclusione. Un’area ecologica per la raccolta differenziata dei rifiuti, può essere definita come una struttura con funzioni di raccolta, con pesatura e raggruppamento (o separazione) dei vari tipi di rifiuto conferiti dai cittadini. Non può invece essere considerata area in cui vengano svolte attività di “deposito preliminare”, smaltimento o recupero. Tanto si deduce dalle disposizioni di cui al D. Lgs. 22/1997. L’art. 6, definisce come “gestione dei rifiuti” il trattamento di essi nei momenti della raccolta, del trasporto, del recupero e dello smaltimento. Si tratta di fasi successive di un processo, che si inizia con il prelievo, la cernita ed il raggruppamento dei rifiuti per il susseguente loro trasporto (comma 1, lett. e). Se è vero che nella normativa vigente non appare la formula, né la definizione di “area ecologica”, è altresì vero che una formula sufficientemente simile (isola ecologica) è utilizzata nell’art. 9, comma 3, del d.p.r. 27 aprile 1999, n. 158, per designare i luoghi dove è “attivata” la raccolta differenziata dei rifiuti e che l’art. 6 del d. lgs. n. 22/1997 inscrive la fase della raccolta differenziata in quella della raccolta in generale, e dunque prima che si dia luogo al trasporto e prima che si proceda allo smaltimento o al recupero dei rifiuti. Lo smaltimento, secondo lo stesso art. 6, consta delle operazioni elencate nell’allegato B al decreto legislativo. Sono tutte operazioni che concernono il trattamento finale o conclusivo dei rifiuti (v. le voci dalla D 1 alla D 14). Il deposito preliminare, poi, contemplato nella voce D 15, è definito come quello che si colloca, in sequenza temporale, “prima delle operazioni di cui ai punti” precedenti: e, perciò, dopo la fase del trasporto. Il recupero, sempre secondo la stessa norma, consiste in una delle attività elencate nell’allegato C. Sono tutte operazioni che si traducono in una nuova utilizzazione dei rifiuti o nella loro rigenerazione o nel loro “riciclo”: si vedano anche le definizioni che sono date nell’art. 4 del decreto legislativo. Tutto ciò non consente di affermare che la raccolta e la separazione dei rifiuti, previste nell’area “ecologica”, si atteggi come attività di recupero dei rifiuti stessi, quale è definita dal testo normativo. Ne deriva che, per la realizzazione di un’area ecologica, non è necessario seguire la procedura di valutazione di impatto ambientale, prescritta per gli impianti di smaltimento e di recupero. Pres. Frascione, Est. Farina - Comune di Ostuni (Avv.ti Zaccaria e Petrarota) c. Consorzio Santa Caterina (Avv.ti De Giorgi Cezzi e Capone) e altri (n.c.) - (Annulla T.A.R. PUGLIA, Lecce, n. 8512/2002) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 febbraio 2004, n. 609 (vedi: sentenza per esteso)

V.I.A. - Opere assoggettate a V.I.A. - Area ecologica - Esclusione - Definizione - Attività di raccolta, non di recupero o smaltimento dei rifiuti. Un’area ecologica per la raccolta differenziata dei rifiuti, può essere definita come una struttura con funzioni di raccolta dei vari tipi di rifiuto conferiti dai cittadini e non di deposito preliminare, smaltimento o recupero. L’attività di raccolta dei rifiuti si colloca, infatti, in sequenza temporale, anteriormente al trasporto e alle successive fasi di recupero o smaltimento, per le quali soltanto è prescritta la procedura di valutazione di impatto ambientale. Pres. Frascione, Est. Farina - Comune di Ostuni (Avv.ti Zaccaria e Petrarota) c. Consorzio Santa Caterina (Avv.ti De Giorgi Cezzi e Capone) e altri (n.c.) - (Annulla T.A.R. PUGLIA, Lecce, n. 8512/2002) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 17 febbraio 2004, n. 609 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo - Smaltimento - Bando di gara - Clausola che prescriva l’obbligo di consegnare i rifiuti all’impianto di smaltimento nel giorno stesso del loro ritiro - Legittimità. La mancanza nella disciplina di riferimento (D. Lgs. 22/97 e D.M. 219/2000) di una previsione puntuale e vincolante che regoli i tempi dello smaltimento dei rifiuti sanitari non vale, di per sé, ad impedire di stabilire, nella lex specialis di gara, una regolamentazione specifica di un aspetto del servizio, rimasto sprovvisto di dettami nella normativa primaria (nella specie, la prescrizione del bando imponeva la consegna dei rifiuti all’impianto di smaltimento nel giorno stesso del loro ritiro). La natura dell’oggetto dell’obbligo sancito dalla clausola controversa - rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo (CER 180103) - e le connesse esigenze di tutela dell’ambiente e della salute pubblica (espressamente valorizzate dall’art.1 d.m. n.219/2000, con specifico riferimento alla gestione dei rifiuti sanitari) giustificano senz’altro una misura precauzionale che, in aggiunta alla disciplina primaria, riduca ulteriormente i rischi di contaminazione, mediante la limitazione spaziale e temporale della movimentazione dei rifiuti pericolosi. Tale scelta, certamente idonea ad accrescere le garanzie di sicurezza dell’ambiente e della salute pubblica già assicurate dalla legislazione primaria con la regolamentazione delle modalità del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi, si rivela oltretutto coerente con i vincoli normativi relativi all’utilizzo di impianti di smaltimento prossimi ai luoghi di produzione dei rifiuti speciali (art.22, comma 3, lett.c, d. lgs. n.22/97), alla cui categoria può essere ascritta la tipologia in questione, ed alla scelta di modalità gestorie che riducano la pericolosità di quelli sanitari (art.1 d.m. n.219/2000). Pres. Frascione, Est. Deodato - Istituto nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” (Avv. Masotti) c. Ecotras s.p.a. e altri (Avv.ti Cairoli e Salvini) - (Riforma T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III ter n. 3193/2003) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 17 febbraio 204, n. 611 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione rifiuti - Delega di funzioni - Conferimento orale - Esclusione - Art. 33, l° c., D. Lgs. 22/97 - Fattispecie. In tema di gestione dei rifiuti, è inefficace la delega di conferimento orale di funzioni, sicché, in questi casi non si realizza il trasferimento della responsabilità penale dal soggetto preposto alla gestione degli stessi. Nella specie, una società per azioni ha conferito delega ad un altro soggetto presunto incaricato per un’attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi in modo difforme dalle prescrizioni delimitate nell'art. 33, l° co., D. Lgs. 22/97. Pres. Savignano - Est. Squassoni P.M. (conf) - Rie. Ma raglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IlI, 12 febbraio 2004 (ud. 11 dicembre 2003), Sentenza n. 5777

Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti - D. lgs. 22/97 - Riparto delle competenze tra Province e Comuni - Potere autoritativo di ordinare operazioni di rimozione e ripristino luoghi - Non compete alla Provincia, ma al Sindaco. Nell’ambito dei vari ruoli attribuiti a Provincia e Comune nel quadro delle procedure dettate dal decreto legislativo 22/1997 per lo smaltimento dei rifiuti, l’art. 20 affida all’amministrazione provinciale (in espressa attuazione dell’art. 14 della legge n. 142/1990 sulle autonomie locali) funzioni amministrative di programmazione ed organizzazione dello smaltimento a livello provinciale (compresa l’individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e l’organizzazione della raccolta differenziata), nonchè il controllo e la verifica degli interventi di bonifica e del conseguente monitoraggio, mentre l’art. 14, nel disciplinare il divieto di abbandono dei rifiuti, prevede che “il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere”. Pertanto tra le competenze provinciali non è ricompreso il potere autoritativo di ordinare operazioni di rimozione e ripristino luoghi ed altre analoghe, ma quello di ben diversa natura e finalità di provvedere alla fase programmatoria ed organizzatoria dello smaltimento rifiuti e di controllo degli interventi: un atto che contiene specifiche prescrizioni in materia di recupero rifiuti e di ripristino dello stato dei luoghi, rientra piuttosto nella potestà di ordinanza riconosciuta al Sindaco dall’art. 14 citato per reprimere il deposito abusivo di rifiuti e provvedere alla eliminazione degli effetti delle condotte illecite. Pres. Papiano, Est. Spiezia - Canovi (Avv. Gualandi) c. Provincia di Modena (Avv.ti Tannini e Tirapani) e Comune di Sassuolo (n.c.) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 6 febbraio 2004, n. 193

Rifiuti - Art. 14 D. lgs. 22/97 - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Proprietario dell’area interessata - Elemento psicologico del dolo o della colpa - Ricorrenza - Necessità - Mancata segnalazione di episodi di abbandono da parte di ignoti - Non comporta responsabilità a titolo di colpa - Obbligo di recinzione del fondo - Inconfigurabilità - Onere di diligenza del proprietario - Apposizione di cartelli - Sufficienza. L’illecito di cui all’art. 14 del d.lgs. 22/97 (abbandono e deposito incontrollati di rifiuti) non può essere addebitato a titolo di responsabilità oggettiva a chi detiene l’area, atteso che l’art. 14 citato richiede espressamente l’elemento psicologico del dolo e della colpa. La mancata segnalazione di ripetuti episodi di abbandono abusivo di rifiuti da parte di ignoti non costituisce elemento idoneo a configurare una responsabilità a titolo di colpa, poichè la titolarità di un diritto di godimento o di quello dominicale non può comportare un dovere di “vigilanza attiva” in ordine al corretto uso da parte di ignoti di fondi aperti, al fine di evitare addebiti per illeciti altrui, nè tanto meno a tali fini si potrebbe surrettiziamente imporre al proprietario di dotare di recinzione i fondi situati in luoghi poco frequentati, trasformando in un onere economico una potestà dominicale. Deve invece ritenersi sufficiente ad assolvere il dovere di diligenza del proprietario l’apposizione di cartelli e mezzi preclusivi dell’accesso, anche simbolici, quali catene e sbarre innanzi ai varchi principali, che valgono a segnalare che si tratta di una proprietà privata in cui è vietato l’accesso e, quindi, ogni utilizzazione dell’area senza il consenso del proprietario. Pres. Papiano, Est. Spiezia - Canovi (Avv. Gualandi) c. Provincia di Modena (Avv.ti Tannini e Tirapani) e Comune di Sassuolo (n.c.) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 6 febbraio 2004, n. 193

Rifiuti - Art. 14 d. lgs. 22/97 - Ordinanza di rimozione dei rifiuti  Potestà - Non è di spettanza del sindaco ma dei dirigenti - Art. 107 T.U. enti locali. L’ordinanza di rimozione dei rifiuti di cui all’art. 14 d. lgs. 22/97, non rientra nella categoria di quelle contingibili e d’urgenza: quindi, la relativa potestà non è di spettanza del sindaco, ma del dirigente competente, ai sensi del sopravvenuto art. 107 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, decreto legislativo 18.8.2000 n. 267, dovendosi ricomprendere nell’ambito dei provvedimenti con rilevanza esterna non inclusi tra le funzioni di indirizzo e contratto politico-amministrativo. Pres. Papiano, Est. Spiezia - Canovi (Avv. Gualandi) c. Provincia di Modena (Avv.ti Tannini e Tirapani) e Comune di Sassuolo (n.c.) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 6 febbraio 2004, n. 193

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Trasporto dei rifiuti effettuato con veicoli non idonei - Reato di cui all’art. 51, 1 e 4 c., D. L.vo n. 22/1997 - Trasporto con mezzi diversi da quelli comunicati - Configurabilità. In tema di rifiuti si concretizza il reato di cui all’art. 51, 1 e 4 c., Decreto Legislativo n. 22 del 1997, nei casi in cui il trasporto dei rifiuti venga effettuato con veicoli non idonei e/o risulti la mancata iscrizione/comunicazione all’Albo gestori dei rifiuti dei mezzi utilizzati. Tale attività, pertanto, è da ritenersi effettuata in violazione dei requisiti, delle condizioni e delle prescrizioni richiamate nell’atto abilitativo, atteso che l'iscrizione è strettamente connessa alla categoria di inquadramento ed ai mezzi di trasporto indicati (cfr. Cass. 3^, n. 1492/2000). Pres. Zumbo A. - Est.Vangelista V. - Pm Cesqui E. - Imp. Luise. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 5 febbraio 2004, (12 dicembre 2003) sentenza n. 4373 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Responsabilità della Pubblica Amministrazione per illecito extracontrattuale - Configurabilità nel caso di informazioni inesatte - Fattispecie. La responsabilità della P.A. per illecito extracontrattuale - che può essere fatta valere dal privato con azione di risarcimento del danno davanti al giudice ordinario - è astrattamente configurabile anche nella diffusione di informazioni inesatte (Cass. 22 novembre 1999, n. 12941). Fattispecie: procedimento per il ristoro dei danni da errate informazioni, instaurato da essa società contro la R. F., poiché nel 1985 l'Ufficio regionale competente, a seguito di richiesta della M. se per svolgere attività di riciclo di cascami lignei della lavorazione di mobilifici necessitasse l'autorizzazione prevista dal D.P.R. n. 915 del 1982, ebbe a dare risposta negativa, reiterando la risposta nel 1986, salvo mutare opinione nel 1988. - Soc. MAC 2 C. Regione aut. Friuli-Venezia Giulia. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. III, 9 febbraio 2004 (ud. 24 ottobre 2003), Sentenza n. 2424 (vedi: sentenza per steso)

Rifiuti - Petrolio grezzo - Sottoprodotti - Filter-cake - Natura di rifiuto - Esclusione - Fondamento. In tema di rifiuti, la parte inorganica di petrolio grezzo che si concentra a seguito della diminuzione della componente organica per la sua trasformazione in combustibili pregiati (cosiddetti filter-cake), non ha natura di rifiuto, atteso che dallo stesso si estraggono il vanadio ed il nichelio, e rappresenta il prodotto di un razionale processo industriale. Pres.Papadia - Est. Grillo - Imp. Balistreri - Pm Iacoviello (Diff.) (Annulla senza rinvio, Gip Trib.Siracusa, 29 maggio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 3 febbraio 2004 (Cc. 14 novembre 2003 n. 01758 ) Rv. 227393 sentenza n. 3978 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Misure cautelari reali - Sequestro - Riesame - Rigetto - Revoca della misura - Presupposto: "fatti sopravvenuti" tali da escludere la sussistenza delle condizioni per l'applicabilità del sequestro. In tema di misure cautelari reali, mezzo ordinario a disposizione dell'indagato per contestare la legittimità, anche nel merito, del sequestro è il riesame, a cui, in pendenza del termine per proporlo, può aggiungersi l'istanza di revoca per fatti preesistenti o sopravvenuti, la quale, per la sua rapida definizione, può essere preferita a detto rimedio. Una volta esaurita la fase del riesame (ivi compreso l'eventuale ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza del tribunale) o anche in pendenza della stessa oppure in caso di mancata proposizione di questo mezzo di gravame, con implicito riconoscimento della legittimità ed adeguatezza della misura cautelare reale disposta e della sua conformità alle risultanze procedimentali o processuali, è possibile richiedere la revoca di detta misura, solo ove sia modificato il quadro processuale per "fatti sopravvenuti". Pertanto, ove la situazione processuale non sia mutata, diventa inammissibile ogni ulteriore richiesta di revoca della misura cautelare reale e, conseguentemente, l'appello proposto avverso l'ordinanza di rigetto o dichiarativa di questa inammissibilità, se non vengano dedotti "fatti sopravvenuti" tali da escludere la sussistenza delle condizioni per l'applicabilità del sequestro. (Cass. Sez. III, 12 maggio 1994, sentenza n. 1512, Visciano, più recentemente: Cass. Sez. 3^, 14 febbraio 2001, Incitti; Sez. 3^, 19 aprile 2001, Santacolomba; Sez. 3^, 17 ottobre 2001, D'Orazio). Pres. Papadia - Est. Grillo - Imp. Balistreri - Pm Iacoviello (Diff.) (Annulla senza rinvio, Gip Trib.Siracusa, 29 maggio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 03 febbraio 2004 (Cc. 14.11. 2003), Sentenza n. 3978 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Filter cake - Nozione - Processo industriale - Natura di rifiuto - Esclusione - Fondamento. Il filter cake, o concentrato di vanadio, è un prodotto di un "razionale processo industriale" e "rappresenta la quota inorganica del petrolio grezzo che si è concentrata sempre più con la contemporanea diminuzione della componente organica", trasformata in combustibili pregiati (benzine, nafta, gasoli, ecc.); la detta sostanza ha come principali componenti appunto il vanadio (V) ed il nichelio (Ni). Il primo metallo viene industrialmente impiegato come additivo di base di una lega utilizzata soprattutto nella produzione di acciaio, ma anche nella produzione di energia atomica, nella costruzione di aerei e nella tecnologia spaziale; l'ossido di vanadio, ricavabile dallo stesso, viene poi utilizzato, oltre che per la produzione di acciai speciali, anche per quella di farmaci; pure il nichelio, una volta separato, è abitualmente richiesto per la produzione di acciai e leghe pregiate. Pertanto, il filter cake utilizzato come prodotto di un razionale processo industriale, non può essere considerato un rifiuto. L'estrazione degli altri elementi, presenti nel filter cake in concentrazioni estremamente basse, non risulta invece economicamente vantaggiosa, per cui essi, una volta separati dal vanadio e dal nichelio, possono sì considerarsi rifiuto. Pres. Papadia - Est. Grillo - Imp. Balistreri - Pm Iacoviello (Diff.) (Annulla senza rinvio, Gip Trib.Siracusa, 29 maggio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 03 febbraio 2004 (Cc. 14.11. 2003), Sentenza n. 3978 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Illecito deposito di rifiuti - Stoccaggio illecito - Dirigente - Responsabilità - Presupposti - Colpa in capo al proprietario dell'area - Fondamento. In tema di rifiuti, affinché il dirigente abbia effettiva conoscenza dell'illecito deposito dei rifiuti, è sufficiente la colpevole ignoranza dei fatti e la conoscenza dell'ordinanza sindacale di ripristino dei luoghi, il cui presupposto per l'emanazione è la sussistenza almeno della colpa in capo al proprietario dell'area, su cui altri hanno introdotto rifiuti, configurando così una discarica, un deposito incontrollato o uno stoccaggio illecito, in quanto effettuato in area diversa dal luogo di produzione (cfr. Cons. Stato sez. 5^ 2 aprile 2001 n. 1904 e Cons. Stato sez. 5^ 1 luglio 2002 n. 3596 cui adde Cons. Stato sez. 5^ 20 gennaio 2003 n. 168); (cfr. Cass. sez. 3^ 4 marzo 2002 n. 8530, Casti rv. 221261 cui adde Cass. sez. 3^ 21 giugno 2002 n. 23855, P.G. in proc. Pino rv. 222706). Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004) Rv. 227219 sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Appalti - Obblighi in tema di rifiuti - Responsabilità relativa allo smaltimento dei rifiuti - Direttore dei lavori nominato dall'ente appaltante - Esclusione - Direttore di cantiere - Esplicita delega - Sussiste - Responsabilità del committente - Sussiste - Garanzia in ordine all'obbligo di smaltire i rifiuti secondo le modalità prescritte dal d. l.vo n. 22/1997. Il direttore dei lavori nominato dall'ente appaltante ha il compito di accertare la regolare effettuazione dell'opera e non assume alcuna posizione di garanzia e non ha alcun obbligo in tema di rifiuti, sicché la sua evocazione non assume alcun rilievo (cfr. Cass. sez. 3^ 21 aprile 2000 n. 4957, Rigotti ed altri rv. 215945), mentre il direttore di cantiere, nominato dall'appaltatore, svolge una serie di funzioni dall'organizzazione del lavoro con mezzi, attrezzature e personale al controllo della rispondenza dell'opera al progetto, sicché, ove avesse avuto un'esplicita delega, poteva essere anche investito della responsabilità relativa allo smaltimento dei rifiuti, nei confronti della sola impresa appaltatrice. Peraltro, una volta individuato nel dirigente - responsabile del settore il soggetto cui riferire le responsabilità gestionali, potrebbe richiamarsi quella giurisprudenza che pone anche il committente in una posizione di garanzia in ordine all'obbligo di smaltire i rifiuti secondo le modalità prescritte dal d. l.vo n. 22 del 1997 (cfr. Cass. n. 4957 del 2000 cit. rv. 215943 e 215944). Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004) sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Appalti - Responsabilità del committente nei c. d. pseudoappalti ed a titolo di concorso del produttore con il "gestore" dei rifiuti - Sussiste - Tra due esegesi in astratto possibili si deve scegliere quella più rispondente al dettato comunitario - Principio. In tema di rifiuti, l'affermazione, secondo cui i produttori non sarebbero responsabili dell'intero processo di gestione dei rifiuti è, in parte, distorta (cfr. Cass. sez. 3^ 16 febbraio 2000 n. 1767, Riva ed altro rv. 215687), giacché non è vero che non faccia assumere autonomo rilievo anche alla responsabilità civile ed amministrativa, mentre non è neppure sufficiente adempiere agli oneri di cui all'art. 10 d. l.vo n. 22 del 1997 per andare esente da responsabilità, e, soprattutto, tenta di astrarsi dalla nozione comunitaria di produttore, che, invece, pronuncia in esame cerca parzialmente di recuperare in adesione con quel canone di interpretazione comunitaria adeguatrice, secondo il quale fra due esegesi in astratto possibili si sceglie quella più rispondente al dettato comunitario. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004) sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Nozione di detentore - Principio "chi inquina paga". In tema di rifiuti, la nozione di detentore ha carattere residuale ed ampio e finisce con il ricomprendere tutti i soggetti che svolgono attività di raccolta, di trasporto, di recupero, di smaltimento, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, in quanto la nuova disciplina, in conformità con il principio "chi inquina paga" pone a carico del detentore gli oneri relativi allo smaltimento. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004)  sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Le discariche alla luce della recente disciplina (d. l.vo n. 36 del 2003) - Dottrina e Giurisprudenza. In tema di discariche alla luce della recente disciplina (d. l.vo n. 36 del 2003), bisogna riesaminare la questione attinente alla distinzione tra deposito incontrollato, stoccaggio e discarica, seguendo l'impostazione e le critiche rivolte da una voce dottrinale, rivedendo conseguentemente pure gli approdi in tema di permanenza del reato di discarica abusiva di una sentenza delle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. 28 dicembre 1994 n. 12753, Zaccarelli rv. 199385), già superata dal d. l.vo n. 22 del 1997 e criticata (Cass. sez. 3^ ud. 24 febbraio 1999 dep. 9 aprile 1999, Machetta, non massimata, nonostante la novità). È opportuno preliminarmente chiarire che, al di là della fondatezza o meno del primo argomento della sentenza "Capecchi", su cui non ci si sofferma, in ogni caso, l'allegato 1 del D.M. 5 settembre 1994 in G.U. 10 settembre 1994 prevede l'inerte da demolizione e costruzione come escluso dal campo di applicazione del decreto - legge 8 luglio 1994 n. 438 solo qualora sia privo di amianto, sfridi e rottami di laterizi, laterizi, intonaci e calcestruzzo armato e non, purché proveniente da idonei impianto di trattamento", sicché stupisce come detta decisione abbia potuto ritenere sussistenti, in sede di legittimità, tutti questi presupposti, interessando, nella fattispecie in esame, invece, evidenziare che dalla stessa sentenza non risultano detti requisiti e, comunque, i rifiuti sono stati detenuti fino all'agosto 1999 cioè dopo il termine di cui all'art. 57 quinto comma d. l.vo cit.. Ciò posto, occorre rilevare che la giurisprudenza di questa Corte, dopo un isolata pronuncia (Cass. sez. 3^ 30 novembre 1998 n. 12538, Tiragallo rv. 212165), che aveva considerato deposito "controllato" l'accumulo di materiali pericolosi in un'area dello stabilimento sotto un telone, è sempre stata costante nel ritenere configurabile un deposito temporaneo solo in presenza di tutti i requisiti stabiliti dal citato art. 6 lett. m) d. l.vo cit., interpretati in senso restrittivo alla luce della definizione comunitaria, imponendo, comunque, il rispetto dei limite di 20 metri cubi per i rifiuti non pericolosi in ogni momento e la durata massima di un anno, se si è sempre mantenuto detto limite (cfr. Cass. sez. 3^ 21 aprile 2000, Rigotti ed altri cit. 215945 e 215946 cui adde Cass. sez. 3^ 19 giugno 2000 n. 7140, Eterno rv. 216977 e da ultimo Cass. sez. 3^ 26 febbraio 2003 n. 9057, Costa rv. 224172) oltre al raggruppamento dei rifiuti nel luogo in cui sono prodotti. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004) sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Stoccaggio - Deposito temporaneo - Art. 51 d. l.vo n. 22/1997 - Applicabilità. In tema di rifiuti, nonostante l'art. 6 lett. 1) d. l.vo n. 22 del 1997 fornisca la nozione di stoccaggio e la successiva lettera m) quella di deposito temporaneo, la giurisprudenza ha ritenuto che, ove non ricorrano dette condizioni, si sia sempre in presenza di un deposito temporaneo irregolare e quindi di un deposito incontrollato, punito ai sensi del secondo comma dell'art. 51 d. l.vo n. 22 del 1997 senza considerare, alle volte, che deve trattarsi di un'operazione precedente alla gestione dei rifiuti e da effettuarsi nello stesso luogo di produzione, sicché, ove manchino detti presupposti, si è più propriamente in presenza di uno stoccaggio, che costituisce un modo di gestione dei rifiuti. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004) sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Discarica - Deposito temporaneo - Deposito incontrollato - D. l.vo n. 36/2003 - D. l.vo n. 22/1997. Qualora un deposito temporaneo con tutti i requisiti richiesti dalla norma in materia, superi un anno non viene più qualificato come deposito incontrollato, ma come discarica, mentre, se non si è in presenza di un deposito temporaneo, perché effettuato dopo la raccolta o non nel luogo di produzione, qualora sia autorizzato, deve essere considerato stoccaggio, che deve essere distinto se finalizzato allo smaltimento oppure al recupero dei rifiuti, con l'ulteriore conseguenza che, decorso rispettivamente, un anno o tre dallo stoccaggio Io stesso deve essere considerato discarica. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004) sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Deposito di rifiuti irregolare - Qualificazione - Stoccaggio senza autorizzazione - Deposito incontrollato - Raggruppamento finalizzato allo smaltimento dei rifiuti - Discarica. Il deposito di rifiuti in modo irregolare, se effettuato nel luogo di produzione e prima della raccolta, si qualifica come deposito incontrollato, mentre, negli altri casi, come stoccaggio senza autorizzazione, sicché, in entrambi i casi, superato il termine di un anno si è in presenza di una discarica, se il raggruppamento è finalizzato allo smaltimento dei rifiuti. Pertanto, pur essendo stabilito un uniforme regime sanzionatorio, è possibile operare una distinzione, già esistente nel vigore della pregressa normativa, tra deposito incontrollato e stoccaggio a secondo se il raggruppamento di rifiuti è effettuato nello stesso luogo di produzione e prima della raccolta in fase precedente alla gestione oppure in un luogo diverso ovvero successivamente alla raccolta. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004) sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Abbandono di rifiuti - Proprietario dell’area - Concorso per condotta omissiva - Sussiste. La giurisprudenza, non esclude la possibilità di concorso con condotta omissiva, ove sussista uno specifico obbligo di agire (Cass. sez. 3^ 26 settembre 2002 n. 32158. Ponzio rv. 222420Cfr. Cass. sez. 3^ 9 gennaio 2003 n. 2054 in Ambiente 2003, 882, e Cass. sez. 1^ 15 dicembre 1995 n. 12431, Insinua rv. 203332 cui adde Cass. sez. 3^ 3 ottobre 1997 n. 8984, Gangemi rv. 208624 fra tante). Fattispecie: indifferenza del proprietario a conoscenza dell'intervenuto abbandono di rifiuti. Pres. Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib. Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004)  sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Discarica abusiva e permanenza del reato - Reato di discarica abusiva - Natura di reato permanente - Momento di cessazione della permanenza - Individuazione. In tema di gestione dei rifiuti, il reato di cui all'art. 51, comma terzo, del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, a seguito dell'entrata in vigore del D. Lgs. 13 gennaio 2003 n. 36, che ha recepito la direttiva 31/99/CE sulle discariche dei rifiuti, ha natura permanente sino al decorrere di anni dieci dalla cessazione dei conferimenti ovvero con l'ottenimento dell'autorizzazione o la loro rimozione. Pres.Vitalone - Est. Novarese - Imp. P.M. in proc. Zanoni - Pm Passacantando G. (Diff.) (Annulla con rinvio, Trib.Trento, 24 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 gennaio 2004, (Ud. 15/01/2004) Rv. 227219 sentenza n. 2662 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Autorizzazione all’esercizio di operazioni di smaltimento di rifiuti liquidi - Imposizione di prescrizioni dirette ad assicurare un corretto espletamento delle attività autorizzate - Art. 28 D. Lgs. 22/97 - Legittimità. Sono legittime le prescrizioni imposte dalla Provincia all’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento di rifiuti liquidi, dirette ad assicurare un corretto espletamento delle attività autorizzate (nella specie, obbligo di produrre una relazione mensile sul bilancio di massa degli inquinanti trattati e obbligo di procedere all’analisi dei fanghi derivanti dal processo di trattamento dei rifiuti relativamente ad arsenico, zinco e nichel). L’ampiezza del provvedimento autorizzatorio previsto dall’art. 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 va individuata alla luce delle direttive comunitarie 91/156/ CEE sui rifiuti, n. 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio: le quali, per assicurare un alto livello di protezione alla salute umana ed all'ambiente contemplano un sistema di autorizzazioni e di controllo continuo della gestione dei rifiuti, siano essi solidi o liquidi, dalla produzione allo smaltimento definitivo. La disposizione di cui all’art. 28, integrata con le previsioni contenute nel decreto legislativo n. 36 del 2003 e nel decreto 13 marzo 2003, ha la finalità di consentire ed agevolare un'efficace vigilanza ed il complessivo controllo dell'intero processo di smaltimento dei rifiuti. Emerge inoltre un obbligo di collaborazione ai controlli amministrativi - mediante comunicazioni, denunce di attività, questionari et similia - come onere in via generale posto dalla legge a carico di soggetti che abbiano liberamente scelto di intraprendere una attività di smaltimento dei rifiuti. Pres. Sammarco, Est. Farina - Società Fingel s.r.l. (Avv. Longo) c. Provincia di Udine (Avv.Raffa) - T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA, Trieste - 26 gennaio 2004, n. 20 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Ordinanza di rimozione del materiale di risulta diretta al proprietario dell’area - Assenza di verifica in ordine all’imputazione dei fatti a titolo di dolo o colpa - Illegittimità - Violazione dell’art. 22 D. Lgs. 22/97. Viola il disposto dell’art. 22 del d.lgs. n. 22/1997 l’ordinanza che impone al proprietario dell’area di provvedere alla rimozione del materiale di risulta depositato sul terreno, prescindendo da ogni verifica in ordine all’imputazione dei fatti al proprietario a titolo di dolo o colpa. Pres. Sammarco, Est. Settesoldi - Mazzolini (Avv. Stella) c. Comune di Tarvisio (n.c.) - T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA, Trieste - 26 gennaio 2004, n. 12

Rifiuti - Attività di raccolta di autoveicoli fuori uso - Rifiuti speciali prodotti da terzi - Mancanza di autorizzazione - Reato di cui all’art. 51 d. lg. n. 22/1997. La attività di raccolta di autoveicoli fuori uso in assenza di autorizzazione configura il reato di cui all'art. 51 comma 1 d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22 (gestione di rifiuti non autorizzata) atteso che gli autoveicoli in questione rientrano nel nuovo Catalogo europeo dei rifiuti quali rifiuti speciali prodotti da terzi, in parte anche pericolosi. RV227405 CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 23 gennaio 2004, Sentenza n. 8426

Rifiuti - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni - Presupposti oggettivi - Ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 - elementi di valutazione indicati dalle legge e dalle disposizioni del regolamento comunale" e agli "accertamenti eseguiti in giudizio. Allorché con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 sia denunziato un vizio di motivazione della sentenza impugnata, della quale si deducano l'incongruità e/o l'insufficienza delle argomentazioni svoltevi in ordine alle prove, per asserita omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie, è necessario che il ricorrente specifichi il contenuto di ciascuna delle predette risultanze - mediante loro sintetica ma esauriente esposizione e, all'occorrenza, integrale trascrizione nel ricorso - evidenziando, in relazione a tale contenuto, il vizio omissivo o logico nel quale sia incorso il giudice del merito e la diversa soluzione cui, in difetto di esso, sarebbe stato possibile pervenire sulla questione decisa. (Nella specie, avente per oggetto la dedotta insussistenza dei presupposti oggettivi per l'applicazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, la Suprema Corte ha escluso potesse integrare il requisito della specificità quale sopra illustrato il semplice riferimento agli "elementi di valutazione indicati dalle legge e dalle disposizioni del regolamento comunale" e agli "accertamenti eseguiti in giudizio" con la sola affermazione del valore probatorio di essi quale inteso soggettivamente dalla parte ricorrente). - Pres. SACCUCCI - Est. DEL CORE - Comune di Nichelino (avv.ti Menghini e Casavecchia) c. Soc. Mostre & Fiere (avv.ti Contaldi e Gaidano) ed altro - P.M. NARDI CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. V, 23 gennaio 2004 (ud. 3 luglio 2003), Sentenza n. 1170

Rifiuti - Deposito in modo incontrollato di rifiuti pericolosi e non pericolosi sul suolo - Area condominiale - Deposito temporaneo - Esclusione - Mancanza dei presupposti. In tema di rifiuti, è esclusa la configurabilità del deposito temporaneo, quando i rifiuti non sono prodotti nel luogo del deposito, non sono raggruppati per tipi omogenei e non siano osservate le norme tecniche che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in esse contenute; ciò a prescindere dal termine di durata del deposito. Giudice dr. Sergio PEZZA - TRIBUNALE DI BENEVENTO (Giudice Monocratico), 23 Gennaio 2004 (Ud. 9 Dicembre 2003) sentenza n. 965 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Amianto - CER abrogato - Nuova disciplina - Materiali da costruzione - Esclusione - L'amianto rimane rifiuto pericoloso - Fattispecie: amianto dei forni (guarnizione e letto) o frammenti di lastre di cemento-amianto. I materiali isolanti contenenti amianto (nella specie: guarnizioni e letti da forno) non possono farsi rientrare tra i materiali da costruzione. Sia per il CER abrogato (codice 170601), sia seguito della modifica in vigore dal 1° gennaio 2002, anche i componenti in amianto che abbiano funzione isolante rimangono rifiuti pericolosi. Giudice dr. Sergio PEZZA - TRIBUNALE DI BENEVENTO (Giudice Monocratico, 23 Gennaio 2004 (Ud. 9 Dicembre 2003) sentenza n. 965 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Discarica - Gestore privato - Domanda di condanna di un Unione di Comuni al pagamento delle somme di smaltimento - Giurisdizione - Giudice amministrativo - Sussistenza - Art. 33 c. 2, lett. b) D. lgs. 80/98 - Controversie tra amministrazioni pubbliche e gestori di pubblici servizi - Gestore di un impianto di smaltimento - Servizio pubblico - Rientra - Ratio. La domanda del gestore della discarica volta ad ottenere la condanna dell’Ente Locale al pagamento della somma per lo smaltimento dei rifiuti prodotti e conferiti in discarica dallo stesso Ente Locale, spetta alla cognizione del Giudice Amministrativo, in forza dell’art. 33, comma 2, lett. b), D.Lg.vo n. 80/1998 (come modificato dall’art. 7 L. n. 205/2000), il quale devolve alla giurisdizione del G.A. tutte le controversie “tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi”. Il gestore di un impianto di smaltimento rientra infatti nel concetto di servizio pubblico, dal momento che, ai sensi dell’art. 10 L.R. Puglia n. 17/1993, è tenuto a rendere disponibile l’impianto a tutti gli utenti compresi nel relativo bacino di utenza, praticando le medesime tariffe di smaltimento, e non può procedere alla chiusura della discarica senza il nulla-osta della Provincia. Tutte le attività connesse alla materia dei rifiuti (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento e controllo di tali operazioni) costituiscono fasi o vicende di un solo servizio pubblico, che va considerato unitariamente, per cui non può logicamente attribuirsi la qualificazione di servizio pubblico soltanto ad alcune delle predette attività, attesocchè il carattere unitario del servizio rifiuti costringe l’interprete a considerare come servizio pubblico tutte le attività ad esso inerenti e perciò anche il segmento finale dell’attività di smaltimento, effettuata da un gestore privato di una discarica. Pres. Cavallari, Est. Mastrantuono - Monteco s.r.l. (Avv. Dello Preite) c. Unione dei Comuni “Terre di Leuca” (Avv. Daloiso) Coop. Vereto a r.l. (Avv.ti Sansone e Sansone), Commissario delegato per l’Emergenza Ambientale in pugllia (Avv. Stato) e Comune di Ugento (Avv. Scarcia) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. II - 19 gennaio 2004, n. 626 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Servizio di raccolta e trasporto in discarica dei rifiuti solidi urbani - Affidamento del servizio ad un privato concessionario - Oneri relativi all’attività di smaltimento - Vincolo di solidarietà passiva tra ente locale e soggetto gestore - Sussistenza. In forza del combinato disposto di cui all’art. 21, comma 1, D.Lg.vo n. 22/1997 ed all’art. 10, comma 2, L.R. n. 17/1993 (da considerare come disposizione normativa attuativa del citato art. 21, comma 1, D.Lg.vo n. 22/1997) sussiste un vincolo di solidarietà passiva ex art. 1294 C.C. tra l’Ente Locale ed il soggetto gestore del servizio di raccolta e trasporto in discarica dei rifiuti urbani, relativamente al pagamento degli oneri relativi all’attività di smaltimento ex art. 10, comma 1, D.Lg.vo n. 22/1997. L’avvalersi da parte di un Ente Locale di un appaltatore e/o di un privato concessionario per il servizio di raccolta e trasporto in discarica dei rifiuti non esclude il permanere della titolarità del servizio pubblico in capo all’Ente Locale e conseguentemente la riferibilità allo stesso Ente Locale della funzione del servizio di smaltimento in discarica, a prescindere dal regolamento economico del rapporto con l’appaltatore del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti in discarica. Pertanto, risulta legittima la pretesa azionata nei confronti dell’Ente Locale, volta ad ottenere il pagamento del servizio di smaltimento dei rifiuti conferiti nel predetto periodo presso la discarica gestita dalla ricorrente, salvo il regresso spettante all’Ente Locale nei confronti dell’appaltatore / privato concessionario. Pres. Cavallari, Est. Mastrantuono - Monteco s.r.l. (Avv. Dello Preite) c. Unione dei Comuni “Terre di Leuca” (Avv. Daloiso) Coop. Vereto a r.l. (Avv.ti Sansone e Sansone), Commissario delegato per l’Emergenza Ambientale in pugllia (Avv. Stato) e Comune di Ugento (Avv. Scarcia) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. II - 19 gennaio 2004, n. 626 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Coke da petrolio riutilizzato nello stesso ciclo industriale non costituisce un rifiuto - Direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE. Il coke da petrolio prodotto volontariamente, o risultante dalla produzione simultanea di altre sostanze combustibili petrolifere, in una raffineria di petrolio ed utilizzato con certezza come combustibile per il fabbisogno di energia della raffineria e di altre industrie non costituisce un rifiuto ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE». La questione era stata sollevata dal Tribunale di Gela in relazione al disposto di cui alla lettera f-quater dell'art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 22/1997, lettera aggiunta dal d.l. 7/3/2002, n. 22, convertito con modificazioni, dalla legge 6/5/2002, n. 82. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, Ordinanza 15 gennaio 2004, Causa C-235/02 (vedi: ordinanza per esteso)

Rifiuti - Differenza tra residuo e sottoprodotto - intenzione di «disfarsi» e intenzione di utilizzare un sottoprodotto in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari. Un bene, un materiale o una materia prima che deriva da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo può costituire non tanto un residuo, quanto un sottoprodotto, del quale l'impresa non ha intenzione di «disfarsi» ai sensi dell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442, ma che essa intende sfruttare o mettere in commercio a condizioni ad essa favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, Ordinanza 15 gennaio 2004, Causa C-235/02 (vedi: ordinanza per esteso)

Rifiuti - Commissione Europea - Procedimento di Infrazione contro Francia, Grecia, Italia, Spagna, Lussemburgo, Gran Bretagna - Italia - Definizione di rifiuto - Terre e rocce da scavo - Discariche incontrollate - Discarica di Lodi. ( Commissione Europea - in inglese)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Realizzazione o gestione di discarica non autorizzata - Reato di cui all’art. 51 d. lg. n. 22/1997 - Natura permanente sino al decorso di anni dieci dalla cessazione dei conferimenti. In tema di gestione dei rifiuti, il reato di cui all'art. 51 comma 3, d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22, realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, a seguito dell'entrata in vigore del d.lg. 13 gennaio 2003 n. 36, che ha recepito la direttiva 31/99/Ce sulle discariche dei rifiuti, ha natura permanente sino al decorrere di anni dieci dalla cessazione dei conferimenti ovvero con l'ottenimento dell'autorizzazione o la loro rimozione. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 15 gennaio 2004, Sentenza n. 2662

Rifiuti - Abbandono di rifiuti - Ordinanza sindacale di sgombero e smaltimento - Mancanza di prove circa la compartecipazione del proprietario dell’area nell’abbandono dei rifiuti - Illegittimità - DPR 915/1982 - Destinatari dell’ordinanza - Produttori dei rifiuti. L’ordine sindacale d’urgenza per motivi d’igiene, sanitari ed ambientali di smaltimento dei rifiuti va impartito in linea di massima al produttore dei rifiuti che li abbia abbandonati in aree o in acque pubbliche o private e non al proprietario dell’area in quanto tale (o al titolare della disponibilità del bene), salvo che non sia configurabile una compartecipazione del proprietario. Pertanto, in assenza di un’istruttoria da parte del Comune comprovante una partecipazione attiva del proprietario nell’abbandono dei rifiuti oppure una sua culpa in vigilando, l’ordinanza è illegittima, atteso che non può imporsi al privato, proprietario dell’area, ma non responsabile dell’abbandono dei rifiuti, lo svolgimento di attività di sgombero e smaltimento degli stessi, ai sensi degli artt. 3 e 13 del DPR n. 915 del 1982 (applicabile all’epoca dell’emissione dell’ordinanza), essendo destinatari di tali provvedimenti i produttori dei rifiuti e non anche i proprietari dell’area in cui i rifiuti sono depositati. Pres. Catoni, Est. Di Giuseppe - Rossikol s.r.l. (Avv. Marsilio) c. Comune di San Giovanni Teatino (Avv. Fimiani) T.A.R. ABRUZZO, Pescara - 15 gennaio 2004, n. 34

Rifiuti - Ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti - Proprietario - Responsabilità oggettiva - Non è ravvisabile - D. Lgs. 22/97 - Comportamento doloso o colposo - Necessità - Obbligo dell’amministrazione di indicare le ragioni per cui il comportamento del proprietario possa ritenersi doloso o colposo - Sussistenza. E’ illegittima l'ordinanza sindacale di rimozione di rifiuti emessa, nei confronti del proprietario di un'area sulla quale detti rifiuti sono stati depositati, esclusivamente in considerazione dello "status" di proprietario dell'area medesima e senza che nell'ordinanza impugnata si accenni a un comportamento doloso o colposo del proprietario stesso; lo stesso criterio deve ritenersi operante in merito all’individuazione di coloro su cui grava l'onere della rimessione in pristino dei luoghi inquinati ex art .17 del D. L. vo 22 febbraio 1997, n. 22. Ciò in quanto, nell'ambito della normativa in tema di rifiuti di cui al citato D.L.vo n. 22/97, non è più ravvisabile alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva nei confronti del proprietario del terreno, da taluni ipotizzata come sussistente nell'ambito di vigenza del D.P.R n. 915/1982. Costituisce pertanto ineludibile obbligo a carico dell’Amministrazione l’indicazione, nei provvedimenti istitutivi dell'obbligo di adempiere sopra descritto, delle ragioni per cui il comportamento del proprietario, nel caso questi venga coinvolto nel procedimento, possa ritenersi corrispondente ad ipotesi dolose ovvero colpose. Pres. ed Est. Zuballi - Scaligera Guarnizioni s.r.l. (Avv.ti Ruffo, Morandi e Zambelli) c. Comune di Ronco all’Adige (Avv.ti Bacia, Baciga e Sartori) - T.A.R. VENETO, Venezia, Sez. III - 14 gennaio 2004, n. 39

Rifiuti - Art. 14 D. Lgs. 22/97 - Misura rispristinatoria - Natura - Sanzione amministrativa - Art. 22bis L. 689/81 - Giurisdizione - Tribunale civile. La misura ripristinatoria di cui all’art. 14 del DLgs n. 22/97, si configura come sanzione amministrativa - così è stata qualificata dalla Suprema Corte di legittimità con una pronuncia delle sezioni unite (26.6.2001 n. 8746) -, il cui sindacato giurisdizionale è attribuito dall’art. 22 bis della legge n. 689/81 al Tribunale civile. Pres. Zuballi - Ecoservice s.r.l. (Avv. Cavestro) c. Comune di Montegalda (Avv. Menguzzo) - T.A.R. VENETO, Venezia, Sez. III - 14 gennaio 2004, n. 51

Rifiuti - Esclusione del “pet coke” dalla nozione di rifiuto - Giudice per le indagini preliminare - Soluzione di questione interpretativa della norma da applicare - Provvedimento di sospensione per l’adozione di decisione interlocutoria - Investitura della Corte di Giustizia della Comunità Europea - Carattere abnorme - Art. 51 d. L.vo n. 22/1997 - Direttiva CEE n. 442/1975. In tema di rifiuti il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, a fronte di richiesta di archiviazione, adotti una decisione interlocutoria di sospensione del procedimento e di investitura della Corte di Giustizia della Comunità Europea, ai sensi dell’art. 234 del trattato istitutivo di detta Comunità, onde ottenere da essa la soluzione di questioni interpretative della normativa da applicare è abnorme. Fattispecie: invio alla Corte di Giustizia per una sentenza interpretativa della direttiva CEE n. 442 del 1975, onde verificare la compatibilità con essa con la sopravvenuta normativa statale che escludeva dalla nozione di “rifiuto” il c.d. pet coke, derivante da processi di raffinazione del petrolio ed utilizzabile come combustibili. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 10 febbraio 2004, Sentenza n. 5207

Rifiuti - Gestione di rifiuti - Realizzazione o gestione di discarica abusiva - Sentenza di patteggiamento - Confisca dell'area - Necessità - Proprietà da parte di società - Applicabilità - Fondamento - Rottura del rapporto organico - Responsabilità penale per i singoli fatti di reato. Con la sentenza di applicazione concordata della pena per il reato di realizzazione o gestione di discarica abusiva, di cui all'art. 51 del D. Lgs. n. 22/97, deve essere disposta la confisca dell'area su cui la stessa è stata realizzata anche nel caso in cui appartenga a soggetti, quali le società, sforniti di capacità penale, atteso che allorché l'attività illecita è stata posta in essere da una persona giuridica attraverso i propri organi rappresentativi, mentre a costoro farà carico la responsabilità penale per i singoli fatti di reato, ogni altra conseguenza patrimoniale ricade sull'ente esponenziale in nome e per conto del quale la persona fisica ha agito, con la sola esclusione dell'ipotesi di avvenuta rottura del rapporto organico per avere l'imputato agito di propria esclusiva iniziativa. PRES: Papadia U. EST: Grassi A. IMP: Andrisano. (Parz. Diff.). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 09/01/2004 (Cc. 03/12/2003 n.01830), Rv. 227220, Sentenza n. 299 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione di rifiuti - Discarica abusiva e confisca - Realizzazione o gestione di discarica abusiva - Sentenza di patteggiamento - Confisca dell'area - Necessità - Proprietà da parte di società - Applicabilità - Fondamento  - Responsabilità penale per i singoli fatti di reato. Accertata la commissione del reato di realizzazione o gestione di discarica abusiva, di cui all'art. 51 del D. Lgs. n. 22/97, deve disporsi la confisca dell'area su cui la stessa è stata realizzata anche nel caso in cui appartenga a persone giuridiche (società), sforniti di capacità penale, atteso che allorché l'attività illecita è stata posta in essere da una persona giuridica attraverso i propri organi rappresentativi, mentre a costoro farà carico la responsabilità penale per i singoli fatti di reato, ogni altra conseguenza patrimoniale ricade sull'ente esponenziale in nome e per conto del quale la persona fisica ha agito, con la sola esclusione dell'ipotesi di avvenuta rottura del rapporto organico per avere l'imputato agito di propria esclusiva iniziativa. Pres. Papadia U. - Est. Grassi A. - Imp. Andrisano. (Rigetta, Trib. Potenza, 13 maggio 2002). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 09/01/2004 (Cc. 03/12/2003), Sentenza n. 299 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Discarica non autorizzata di rifiuti realizzata da parte di una società - Rappresentante legale - Responsabilità - Sussiste. Per la realizzazione e gestione di una discarica non autorizzata da parte di una società è penalmente chiamato a rispondere il rappresentante legale. Fattispecie: realizzazione di discarica non autorizzata per circa seicento quintali, costituiti da cenere leggera derivante dalla combustione della sansa esausta di olive (C.E.R. 10.01.02) e pollina derivata da escrementi di pollame e materiali di lettiere a base vegetale (C.E.R. 02.01.06), carta e cartone (C.E.R. 15.01.01), materiale in plastica (C.E.R. 15.01.02) e materiale ferroso (C.E.R. 20.01.06). PRES: Papadia U. EST: Grassi A. IMP: Andrisano. Pres. Papadia U. - Est. Grassi A. - Imp. Andrisano. (Rigetta, Trib. Potenza, 13 maggio 2002). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 09/01/2004 (Cc. 03/12/2003), Sentenza n. 299 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Riscossione - Modalità di commisurazione. In materia di riscossione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l'art. 72 d.lg. 15 novembre 1993 n. 507, non includendo tra le disposizioni richiamate del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, quella contenuta nell'art. 15, relativa alla misura delle iscrizioni a ruolo in caso di accertamenti non definitivi, consente l'immediata iscrizione integrale a ruolo, con soprattasse ed interessi, della tassa, pur se non definitivamente accertata. Nè tale disciplina, avuto riguardo alla diversità di natura, soggetto impositore, modalità di commisurazione e rapporti fra gettito e costo di esercizio tra la tassa stessa e le imposte cui si applica il predetto art. 15, pone dubbi di legittimità costituzionale in riferimento all'art. 3 cost. (cfr.: Corte cost., sent. 30 dicembre 1999, n. 464). Va aggiunto che l'art. 19, d. lgs 26 febbraio 1999, n. 46, avendo limitato espressamente l'applicazione della disposizione medesima alle sole imposte sui redditi, esclude la possibilità di una interpretazione estensiva della relativa disciplina ai tributi locali. - Pres. Riggio - Est. Oddo - Ravea (avv.ti Costa, Cardarelli) c. Comune di Genova (avv.ti Odono e Romanelli) - P.M. Russo. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. TRIB., 9 GENNAIO 2004 (ud. 25 giugno 2003), n. 141

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Discarica in difetto di autorizzazione - Concetto di gestione di discarica - Individuazione - Sanità. Ai fini della configurabilità del reato di gestione di discarica in difetto di autorizzazione, di cui all'art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, il concetto di gestione deve essere inteso in senso ampio, in modo da comprendere qualsiasi contributo sia attivo che passivo diretto a realizzare o a tollerare lo stato di fatto che costituisce reato. PRES: Savignano G. EST: Grillo C. IMP: Aricci ed altro. P.M: Siniscalchi A. (Conf.). (Rigetta, Trib. riesame Bergamo, 22 maggio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 08 gennaio 2004 (Cc. 12 novembre 2003 n. 01733) Rv. 227064, Sentenza n. 37 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Discarica - Concetto di gestione - Fattispecie: terre di fonderia "inquinanti e pericolose" miscelate con terra naturale ed altro materiale. Il concetto di gestione di discarica deve essere inteso in senso ampio, comprensivo di qualsiasi contributo sia attivo che passivo diretto a realizzare ed anche tollerare e mantenere lo stato di fatto che costituisce reato" (Cass. Sez. 4^, 20 agosto 1996, n. 8468, Battaglia; Sez. 3^, 4 novembre 1994, Zagni). Nella specie, i giudici del merito hanno accertato - in fatto - che sono state movimentate le terre di fonderia "inquinanti e pericolose" e miscelate con terra naturale ed altro materiale "senza alcuna preventiva bonifica dell'area", per cui la discarica, cola pacificamente esistente da tempo, tanto da aver formato oggetto di un precedente giudizio penale, è stata "gestita" senza autorizzazione, se non altro per essere stata tollerata o mantenuta la situazione di fatto costituente reato. PRES: Savignano G. EST: Grillo C. IMP: Aricci ed altro. P.M: Siniscalchi A. (Conf.). (Rigetta, Trib. riesame Bergamo, 22 maggio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 08 gennaio 2004 (Cc. 12 novembre 2003), Sentenza n. 37 (vedi: sentenza per esteso)

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Concetto di "smaltimento di rifiuto" - Fasi. Nel concetto di "smaltimento di rifiuto", devono essere comprese tutte le fasi della vita dello stesso (operazioni preliminari, di trattamento, di deposito), e dunque anche la sua movimentazione ai fini dell'innocuizzazione o del recupero dell'area occupata, è astrattamente configuratile anche il reato di cui al primo comma dell’art. 51 del Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (decreto Ronchi). PRES: Savignano G. EST: Grillo C. IMP: Aricci ed altro. P.M: Siniscalchi A. (Conf.). (Rigetta, Trib. riesame Bergamo, 22 maggio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 08 gennaio 2004 (Cc. 12 novembre 2003), Sentenza n. 37 (vedi: sentenza per esteso)

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