AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Giurisprudenza
Rifiuti
2007
(Vedi anche le voci: inquinamento - acqua - aria - suolo - V.I.A....)
Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni
2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-97
Gli aggiornamenti successivi
sono reperibili sul nuovo sito della rivista AmbienteDiritto.it
RIFIUTI - Emergenza rifiuti in
Campania - Installazioni di discariche - Ricorso - Competenza -
Giurisdizione amministrativa - Principio di diritto “nell’interesse della
legge” - C.d. diritto vivente - Art. 363, comma 3, c.p.c. - Fattispecie.
E’ inammissibile il ricorso della Presidenza del Consiglio e del Commissario
straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania avverso un'ordinanza del
Tribunale di Salerno che aveva ordinato in via cautelare al Commissario
straordinario di astenersi dall'installare e dal porre in esercizio un
impianto di discarica dei rifiuti nel Comune di Serre, ritenendo tale
attività potenzialmente lesiva del diritto alla salute dei cittadini e del
diritto ad un ambiente igienicamente sicuro delle imprese casearie del
medesimo territorio. (Nella specie, la Cassazione a Sezioni Unite, ha
pronunciato la prima sentenza “nell'interesse della legge”, ai sensi della
nuova formulazione dell'art. 363, comma 3, c.p.c., formulando il principio
di diritto da applicare in analoghe fattispecie). Presidente V. Carbone,
Relatore F. Forte.
CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. Civile del 28/12/2007 (Ud. 18/12/2007),
Sentenza n. 27187
RIFIUTI - Emergenza "rifiuti"
della Campania - Ubicazione discarica - Smaltimento di scarti non pericolosi
dei rifiuti solidi urbani - Provvedimenti cautelari - Giurisdizione del G.A..
Le controversie relative alla installazione delle discariche di rifiuti
spettano all'esclusiva giurisdizione del giudice amministrativo in quanto
questioni afferenti la gestione del territorio nell'interesse dell'intera
collettività nazionale, anche qualora sia denunciata una lesione ai diritti
fondamentali tutelati dalla Costituzione, quale il diritto alla salute (art.
32 Cost.), accertando la sussistenza in concreto dei diritti vantati e
provvedendo in ordine al contemperamento o alla limitazione dei suddetti
diritti in rapporto all'interesse generale pubblico all'ambiente salubre.
Spetta allo stesso giudice amministrativo adottare, se ne ricorrono le
condizioni, i provvedimenti cautelari per assicurare provvisoriamente gli
effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie,
demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di
essere danneggiati dai comportamenti materiali o dai provvedimenti
autoritativi finalizzati all'installazione delle discariche. Presidente V.
Carbone, Relatore F. Forte.
CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. Civile del 28/12/2007 (Ud. 18/12/2007),
Sentenza n. 27187
RIFIUTI - Diritti fondamentali tutelati dalla costituzione - Diritto alla salute (art. 32 Cost.) - Provvedimenti cautelari - Giurisdizione del G.A.. Anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla costituzione, quali il diritto alla salute (art. 32 Cost.), allorché la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento materiale, espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della P.A. di cui sia denunciata l'illegittimità, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come ad es. in quella di gestione del territorio, compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative controversie e circa la sussistenza in concreto dei diritti vantati e il contemperamento o la limitazione dei suddetti diritti in rapporto all'interesse generale pubblico all'ambiente salubre e la emissione di ogni provvedimento cautelare, per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti. Presidente V. Carbone, Relatore F. Forte. CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un. Civile del 28/12/2007 (Ud. 18/12/2007), Sentenza n. 27187
RIFIUTI - Autorizzazione all’ampliamento di una discarica - Diniego -
Annullamento giurisdizionale - Obbligo di provvedere - Disciplina
applicabile - Principio del tempus regit actum - Norme in vigore al momento
della notifica della sentenza. Annullato con provvedimento
giurisdizionale il diniego all’autorizzazione per ampliare una discarica, e
sorto pertanto l’obbligo dell’amministrazione di provvedere nuovamente, la
domanda deve essere valutata alla stregua della disciplina in vigore al
momento in cui la sentenza è stata notificata, restando irrilevanti le sole
modificazioni intervenute dopo tale notificazione (nella specie,
legittimamente l’amministrazione provinciale ha applicato il d.lgs. n.
36/2003, già in vigore al momento della notifica della sentenza di
annullamento di un precedente atto di diniego, emesso all’esito di un
procedimento avviato sotto il regime normativo previgente). Pres. De Zotti,
Est. Gabbricci - F. s.p.a. (avv.ti Tassetto e Zambelli) c. Provincia di
Treviso (n.c.) -
T.A.R. VENETO, Sez. III - 18 dicembre 2007, n. 4027
RIFIUTI - Discariche di II categoria, tipo A - Art. 17, d.lgs. n. 36/2003 -
Disciplina transitoria - Modificazioni dell’assetto originario. Il fatto
che la disciplina di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 36/2003 consenta alle
preesistenti discariche di II categoria, tipo A, di continuare ad operare
secondo la precedente disciplina fino ad una scadenza più volte prorogata,
presuppone che queste non introducano modificazioni nel loro assetto:
peraltro, una cosa è adeguare una discarica preesistente alla nuova
disciplina; altro è ampliare quella stessa discarica. Pres. De Zotti, Est.
Gabbricci - F. s.p.a. (avv.ti Tassetto e Zambelli) c. Provincia di Treviso (n.c.)
-
T.A.R. VENETO, Sez. III - 18 dicembre 2007, n. 4027
RIFIUTI - Terre e rocce da
scavo destinate al riutilizzo - Art. 10 L. 93/2001 - Art. 1, cc. 17 e 19, L.
443/2001 - Direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE – Nozione di “rifiuti”-
Repubblica Italiana - Inadempimento. Nella misura in cui l’art. 10 della
legge 23 marzo 2001, n. 93, recante disposizioni in campo ambientale, e
l’art. 1, commi 17 e 19, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, Delega al
Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici
ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive, hanno escluso
dall’ambito di applicazione della disciplina nazionale sui rifiuti le terre
e le rocce da scavo destinate all’effettivo riutilizzo per reinterri,
riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di quelli provenienti da
siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai
limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti, la Repubblica
italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della
direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, sui rifiuti, come
modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CE.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. III, 18/12/2007, Causa
C-194/05
RIFIUTI - Scarti alimentari originati dall'industria agroalimentare
destinati alla produzione di mangimi - Circ. Min. Ambiente 28 giugno 1999 -
Residui della preparazione di cibi destinati alle strutture di ricovero per
animali di affezione - Art. 23 L. 179/2002 - Esclusione dalla disciplina dei
rifiuti - Art. 1, lett. a) dir. 75/442/CEE; Dir. 91/156/CEE - Repubblica
italiana - Inadempimento. La Repubblica italiana, avendo adottato
indirizzi operativi validi su tutto il territorio nazionale, esplicitati in
particolare per mezzo della circolare del Ministro dell’Ambiente 28 giugno
1999, recante chiarimenti interpretativi in materia di definizione di
rifiuto, e con comunicato del Ministero della Salute 22 luglio 2002,
contenente linee guida relative alla disciplina igienico-sanitaria in
materia di utilizzazione dei materiali e sottoprodotti derivanti dal ciclo
produttivo e commerciale delle industrie agroalimentari nell’alimentazione
animale, tali da escludere dall’ambito di applicazione della disciplina sui
rifiuti gli scarti alimentari originati dall’industria agroalimentare
destinati alla produzione di mangimi; e avendo, per mezzo dell’art. 23 della
legge 31 luglio 2002, n. 179, recante disposizioni in materia ambientale,
escluso dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti i residui
derivanti dalle preparazioni nelle cucine di qualsiasi tipo di cibi solidi,
cotti e crudi, non entrati nel circuito distributivo di somministrazione,
destinati alle strutture di ricovero per animali di affezione, è venuta meno
agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 1, lett. a), della
direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, sui rifiuti, come
modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. III, 18/12/2007, C-195/05
RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Art. 14 D.L. 138/2002 - Direttive 75/442/CEE
e 91/156/CEE - Repubblica italiana - Inadempimento. La Repubblica
italiana, avendo adottato e mantenuto in vigore l’art. 14 del decreto legge
8 luglio 2002, n. 138, relativo a interventi urgenti in materia tributaria,
di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il
sostegno dell’economia anche nelle aree svantaggiate, divenuto, in seguito a
modifica, legge 8 agosto 2002, n. 178, che esclude dall’ambito di
applicazione del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, relativo
all’attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui
rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio,
da un lato, le sostanze, i materiali o i beni, destinati alle operazioni di
smaltimento o di recupero non esplicitamente elencati agli allegati B e C a
tale decreto e, dall’altro, le sostanze o i materiali residuali di
produzione dei quali il detentore abbia deciso o abbia l’obbligo di
disfarsi, qualora gli stessi possano essere e siano riutilizzati in un ciclo
produttivo o di consumo, a condizione che non sia effettuato alcun
intervento preventivo di trattamento e che gli stessi non rechino
pregiudizio all’ambiente, oppure, anche qualora venga effettuato un
intervento preventivo di trattamento, quando quest’ultimo non configuri
un’operazione di recupero fra quelle individuate all’allegato C al medesimo
decreto, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 1,
lett. a), della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, sui
rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991,
91/156/CEE, e dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. III, 18/12/2007, C-263/05
RIFIUTI - Art. 33 d.lgs. n.
22/97 - Operazioni di recupero in regime semplificato - Mancato rispetto
delle norme tecniche - Poteri inibitori della Provincia - Limiti.
L’articolo 33 (operazioni di recupero) del decreto legislativo n. 22 del
1997 - oggi la disciplina va ricercata nel d. lgs. n. 152/2006 -, nel
prevedere che a fronte del mancato rispetto delle norme tecniche e delle
prescrizioni specifiche per l’avvio delle operazioni di recupero in regime
semplificato, la Provincia dispone con provvedimento motivato il divieto di
inizio o di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda
a conformarsi alla normativa vigente, è chiaro nel condizionare
l'operatività della potestà inibitoria della Provincia al fatto che
l'interessato non adotti un comportamento conformativo nel termine in
proposito assegnatogli (cfr. T.A.R. Lazio, II, 21 gennaio 2004 n. 593).
Pres. Petruzzelli, Est. Toschei - T. s.n.c. (avv.ti Campagni e Palazzo) c.
Regione Toscana (n.c.), Provincia di Prato (avv. Giovannelli), Comune di
Prato (avv.ti Gisondi, Tognini e Bartelesi) e altri (nn. cc.) -
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 dicembre 2007, n. 4841
RIFIUTI - Iscrizione nel registro delle imprese che esercitano attività di
recupero dei rifiuti - D.Lgs. n. 22/97 - Natura - Interpretazioni -
Dichiarazione di inizio attività - Silenzio assenso - Decorso del periodo di
90 giorni - Effetti. Il legislatore del 1997 ha costruito la vicenda
procedimentale della iscrizione o del rinnovo dell’iscrizione nel registro
delle imprese che esercitano attività di recupero dei rifiuti alla stregua
di una denuncia di inizio attività di cui all’allora vigente art. 19 della
legge 7 agosto 1990 n. 241, attribuendo all’Amministrazione competente uno
spazio temporale di 90 giorni per adottare gli interventi interdettivi che
il caso necessitasse ed esitando l’inerzia eventuale dell’Amministrazione
quale un provvedimento sostitutivo dell’autorizzazione “di cui all'art. 15,
lettera a ) del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
203”. Accanto a tale intepretazione se ne pone una diversa, di origine
giurisprudenziale, incline a ricondurre la fattispecie all’istituto del
silenzio-assenso (cfr. in tal senso Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2004 n.
2707). In disparte l’esatta individuazione di quale istituto giuridico
generale possa evocarsi per chiarire la portata della previsione contenuta
nell’art. 33 del decreto legislativo n. 22 del 1997, l’effetto giuridico
dello spirare del termine di novanta giorni dalla presentazione della
comunicazione per l’iscrizione (o la reiscrizione) nel registro provinciale
delle imprese che esercitano attività di recupero rifiuti è costituito dal
consolidarsi della posizione dell’interessato e, nello stesso tempo, dalla
consumazione del potere inibitorio da parte dell’Amministrazione procedente.
Quand’anche l’Amministrazione dovesse rilevare una insussistenza dei
presupposti che consentono la registrazione dell’impresa nel registro ovvero
il mantenimento di quella posizione, essa non potrà mai recta via
intervenire in senso pregiudizievole nei confronti dell’iscritto ma dovrà
attivare una procedura di secondo grado al fine di adottare in via di
autotutela e con il conforto partecipativo dell’interessato gli atti di
annullamento o revoca che la situazione consiglia ovvero impone. Pres.
Petruzzelli, Est. Toschei - T. s.n.c. (avv.ti Campagni e Palazzo) c. Regione
Toscana (n.c.), Provincia di Prato (avv. Giovannelli), Comune di Prato
(avv.ti Gisondi, Tognini e Bartelesi) e altri (nn. cc.) -
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 dicembre 2007, n. 4841
RIFIUTI - Art. 17, c. 2 L.R. Piemonte n. 24/2002 - Obiettivi di raccolta differenziata ex art. 24 d.lgs. n. 22/97 - Mancato raggiungimento - Irrogazione di sanzione pecuniaria ai comuni - Deroga al principio di cui all’art. 3 della L. 689/81 - Inconfigurabilità - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’art. 17, c. 2 della L.R. Piemonte n. 24/2002, nella parte in cui stabilisce che, qualora non siano raggiunti, a livello di Comune, gli obiettivi di raccolta differenziata previsti dall’art. 24 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, si applica ai Comuni una sanzione amministrativa pecuniaria, non deroga al principio sancito dall’art. 3 della legge n. 689/1981, in base al quale l’irrogazione delle sanzioni amministrative postula che la violazione accertata sia riconducibile ad un comportamento doloso o colposo dell’intimato: nel sistema di gestione dei rifiuti delineato dalla surriportata legge regionale, spetta infatti ai comuni, non solo assicurare l’organizzazione in forma associata dei servizi, attraverso la costituzione del consorzio di bacino, ma altresì rispettare ed adeguarsi alle delibere adottate dagli organi consortili, nell’esercizio delle competenze elencate dall’art. 4 della legge regionale, siccome tenuti anche a garantire nell’àmbito territoriale di pertinenza «una distinta raccolta delle diverse frazioni di rifiuti urbani» e l’«inserimento delle infrastrutture finalizzate alla raccolta differenziata», usufruendo eventualmente delle agevolazioni loro direttamente riconosciute, in conformità all’art. 13, comma 2, della stessa legge, «in proporzione agli obiettivi di raccolta differenziata raggiunti». Pres. Bile, Red. Tesauro - G.l.c. promosso dal Tribunale di Cuneo nel procedimento civ. tra Comune di Saluzzo e Provincia di Cuneo - CORTE COSTITUZIONALE, 14 dicembre 2007 (ud. 10 dicembre 2007), ordinanza n. 437
RIFIUTI - Fanghi di depurazione e residui agroalimentari - Recupero mediante spandimento in agricoltura - Costituisce “trattamento” ai sensi dell’art. 49 delle N.T.A. del PAQE della Regione Veneto. Ai fini di cui all’art. 49 del le N.T.A. del Piano d’Area -Quadrante Europa (PAQE) della Regione Veneto, che vieta la collocazione di impianti di trattamento e/o smaltimento dei rifiuti nelle zone individuate come ambiti prioritari per la difesa del suolo, costituisce “trattamento” la manipolazione di rifiuti, per ricavarne concimi o ammendanti, laddove l’operazione che ne consegue (“spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura”) è un’operazione di recupero, per espressa statuizione dell’allegato C al d.lgs. n. 22/97. Il termine “trattamento”, non è infatti proprio del D.Lgs. n. 22/97, il cui art. 2, c. 2 fa riferimento alle sole operazioni di recupero o smaltimento: pertanto sono operazioni di trattamento/recupero tutte quelle che coinvolgono rifiuti, non qualificabili come smaltimento. (Nella specie, la provincia aveva negato l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di “condizionamento dei fanghi di depurazione ed altri residui agroalimentari finalizzato al loro recupero mediante spandimento in agricoltura”, sulla scorta della previsione di cui all’art. 49 sopra riportato). Pres. De Zotti, Est. De Piero - A. s.r.l. (avv. ti Facciolo, Ferrari e Pinello) c. Provincia di Verona (avv.ti Biancardi, Sorio e Sartori) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 12 dicembre 2007, n. 3963
RIFIUTI - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Effluenti gassosi - Disciplina applicabile - Fonti normative del diritto interno e del diritto comunitario. Gli effluenti gassosi destinati, al termine di attività di carattere produttivo, ad essere immessi nell’atmosfera, direttamente o previa combustione, non possono costituire “rifiuti”, restando invece assoggettati unicamente alla disciplina specificamente prevista dalla parte quinta del d.lgs. n. 152 del 2006, in materia di tutela dell’aria, inglobante quella già contemplata dal d.P.R. n.203 del 1988 (si trattava, nella specie, di effluenti gassosi provenienti da attività di raffinazione di prodotti petroliferi effettuata senza distaccarsi dalle previsioni e senza superare i valori contenuti nei provvedimenti autorizzativi regolarmente ottenuti). Al contrario, possono costituire rifiuto, sulla base in particolare degli allegati alla direttiva 75/442/CEE e al d. lgs. n. 22 del 1997, le sostanze gassose qualora esse, ai fini dello smaltimento, siano immesse, da sole o insieme ad altra sostanza, in contenitori ovvero, sulla base dei principi interpretativi fissati dalla Corte di Giustizia in tema di nozione di rifiuto e richiamati nella sentenza, quegli effluenti che siano stoccati per essere successivamente trattati e smaltiti o in un impianto diverso da quello che li abbia generati oppure da parte di terzi. Presidente E. Lupo, Relatore L. Marini. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 12/11/2007 (Ud. 09/10/2007), Sentenza n. 41582
RIFIUTI - Impianti portuali per i rifiuti di sfruttamento delle navi ed i residui di carico - Difetto di recepimento e d'attuazione dei piani di ricezione e di trattamento dei rifiuti per tutti i porti - Inadempimento di Stato - Dir. 2000/59/CE. Non avendo recepiti ed attuati, entro i termini prescritti, i piani di ricezione e di trattamento dei rifiuti per tutti i suoi porti, la repubblica francese ha mancato agli obblighi che gli incombono ai sensi degli articoli 5, paragrafo 1, e 16, paragrafo 1, della direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Conseil, del 27 novembre 2000, sugli impianti di ricezione portuali per i rifiuti di sfruttamento delle navi ed i residui di carico. La repubblica francese è condannata alle spese. (Testo Uff. En n’ayant pas établi et mis en œuvre, dans le délai prescrit, des plans de réception et de traitement des déchets pour tous ses ports, la République française a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu des articles 5, paragraphe 1, et 16, paragraphe 1, de la directive 2000/59/CE du Parlement européen et du Conseil, du 27 novembre 2000, sur les installations de réception portuaires pour les déchets d’exploitation des navires et les résidus de cargaison). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. V, 06/12/2007, Causa C-106/07
PROCEDURE E VARIE - RIFIUTI -
Ricorso incidentale - Presupposti - Interesse all’impugnazione - Rapporto
con l’impugnazione in via principale - Ricorso incidentale proposto
dall’amministrazione resistente - Elusione della perentorietà dei termini -
Principio di unilateralità dell’azione - Fattispecie in tema di
autorizzazione prefettizia alla realizzazione di una discarica. Nel
processo amministrativo il ricorso incidentale assolve la funzione
eccezionale di consentire al controinteressato (e non già, come nella
fattispecie, alla stessa amministrazione resistente, autrice dell’atto
impugnato) di inserire nel giudizio un thema decidendum, subordinato
all’accoglimento del ricorso principale o comunque teso a paralizzare la
possibilità di accoglimento di questo (così, Cons. St., decisione n. 8051
del 14.12.2004). Ne consegue che presupposto di ammissibilità
dell’ampliamento del thema decidendum, è la circostanza che l’interesse
all’impugnazione del medesimo atto impugnato con il ricorso principale (o di
un atto presupposto) nasca in occasione e per l’effetto dell’impugnazione in
via principale, ed in funzione solo di questa, giacché diversamente verrebbe
ad essere elusa la perentorietà dei termini fissati dalla legge per la
verifica di legittimità dei provvedimenti amministrativi e verrebbe altresì
“violato il principio dell’unilateralità dell’azione che, a differenza del
processo civile, governa quello amministrativo, con la conseguenza che
l’atto impugnato in via incidentale, ove diverso da quello contestato in via
principale, deve comunque iscriversi nell’ambito dello stesso rapporto o
procedimento rispetto a quello cui mette capo quest’ultimo” (Cons. St.,
decisione n. 8051/2004 cit.). (Nella specie, il Comune, resistente nel
giudizio avverso l’ordinanza contingibile e urgente di sospensione dei
lavori relativi alla realizzazione di una discarica controllata per rifiuti
non pericolosi, impugnava in via incidentale il provvedimento emanato dal
Prefetto, quale commissario straordinario per l’emergenza rifiuti nella
Regione Sicilia, ai sensi dell’art. 27 del d.lgs. n. 22/97. Il TAR ha
rilevato che l’interesse a ricorrere era sorto, in via autonoma, all’atto
dell’emanazione del provvedimento prefettizio di autorizzazione della
discarica, conformemente alla prevalente giurisprudenza amministrativa che
riconosce la legittimazione ad impugnare i provvedimenti di localizzazione e
di approvazione dei progetti per la realizzazione di discariche di rifiuti
proprio ai Comuni nel cui territorio l'impianto viene insediato, in quanto
enti esponenziali degli interessi dei residenti nonché titolari del potere
di pianificazione urbanistica su cui incide la collocazione dell'impianto in
questione). Pres. Amodio, Est. Martino - D. s.p.a. (avv.ti Abbamonte, Alì e
Sanino) c. Comune di Sant’Agata di Militello (avv. Amata), Commissario
Delegato per l’emergenza rifiuti e tutela delle acque in Sicilia (Avv.
Stato) e altri (nn. cc.) -
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 5 dicembre 2007, n. 12470
RIFIUTI - Art. 27 d.lgs. n. 22/97 - Conferenza di servizi - Natura
istruttoria - Inapplicabilità dei principi in materia di apporto volitivo
delle amministrazioni partecipanti. La conferenza di servizi prevista
dall’art 27 del d.lgs. b. 22/97 per l’approvazione di progetti di
smaltimento e di recupero dei rifiuti, ha carattere istruttorio e non
decisorio, rappresentando pertanto non già uno strumento di formazione del
consenso, quanto di emersione e comparazione di tutti gli interessi pubblici
coinvolti. In particolare, gli enti locali interessati - chiamati ad
esprimere il loro parere sugli insediamenti che ci si propone di realizzare,
sulla loro ubicazione e sulla compatibilità dei medesimi con le esigenze
ambientali e territoriali - arricchiscono la visione e la ponderazione della
scelta finale che è però affidata, nel momento volitivo e decisionale, alla
Regione (o all’Ente da questa appositamente delegato, ovvero ancora, come
nella fattispecie, all’Organo deputato a gestire la situazione di
emergenza). La conferenza di tipo istruttorio non è, pertanto, un mezzo di
manifestazione del consenso, con la conseguenza che, ad essa non si
applicano le disposizioni (come quella di cui all’art. 14-ter, comma 6,
della l. n. 241/990) volte a disciplinare l’apporto volitivo delle
amministrazioni partecipanti. Tuttavia, i pareri favorevoli resi in sede di
conferenza, in quanto atti endoprocedimentali, producono immediatamente i
loro effetti, di talchè la loro eventuale revoca non sarebbe comunque idonea
a travolgere il provvedimento finale adottato. Pres. Amodio, Est. Martino -
D. s.p.a. (avv.ti Abbamonte, Alì e Sanino) c. Comune di Sant’Agata di
Militello (avv. Amata), Commissario Delegato per l’emergenza rifiuti e
tutela delle acque in Sicilia (Avv. Stato) e altri (nn. cc.) -
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 5 dicembre 2007, n. 12470
PROCEDURE E VARIE - RIFIUTI -
Termovalorizzatore - Procedimento autorizzatorio - Impugnazione -
Proprietari delle aziende agricole situate entro l’area destinata a subire
gli effetti negativi dell’impianto - Legittimazione - Sussistenza. Sono
legittimati ad impugnare gli atti del procedimento volto alla progettazione,
realizzazione, gestione ed autorizzazione di un nuovo termovalorizzatore, in
quanto titolari di una posizione differenziata, i proprietari delle aziende
agricole situate all’interno della cd. “area di influenza”, quale area
destinata a risentire effetti negativi dall’azione dell’impianto. Pres.
Calvo, Est. Plaisant - B.P. e altri (avv. Reineri) c. Provincia di Torino
(avv. Enrichens), Comune di Torino (avv.ti Caldo e Lacognata), TRM s.p.a.
(avv. Buscaglino) e altri (nn.cc.) -
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 1 dicembre 2007, n. 3607
RIFIUTI - Regione Piemonte - Artt. 19 e 10 L.R. Piemonte n. 24/2002 -
Potere surrogatorio provinciale - Potere di gestione e coordinamento e di
realizzazione degli interventi connessi. Il richiamo operato dall’art.
19, comma 5 della L.R. Piemonte n. 24/2002, all’intero art. 10, comma 2,
comporta l’attribuzione alla provincia del potere di provvedere non soltanto
alla gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti, ma anche alla
realizzazione dei connessi interventi. Tale conclusione discende dal tenore
testuale del richiamato art. 10, comma 2, ove si parla espressamente della
“… realizzazione e gestione degli impianti tecnologici, di recupero e
smaltimento dei rifiuti, ivi comprese le discariche, fermo restando
l’eventuale compito di espletare le gare previsto dall’articolo 113, comma
13, d.lgs. 267/2000 come modificato dall’articolo 35 della legge 28 dicembre
2001, n. 448”. Non può, quindi, condividersi, la tesi secondo cui
l’espressione utilizzata nell’art. 19, comma 5 (“governo della gestione dei
rifiuti”) implicherebbe una distinzione tra attività di gestione e di
coordinamento (art. 12, comma 4, lett. a), attribuita al potere surrogatorio
provinciale, e realizzazione degli interventi (art. 12, comma 4, lett. b),
da esso esclusa. Pres. Calvo, Est. Plaisant - B.P. e altri (avv. Reineri) c.
Provincia di Torino (avv. Enrichens), Comune di Torino (avv.ti Caldo e
Lacognata), TRM s.p.a. (avv. Buscaglino) e altri (nn.cc.) -
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 1 dicembre 2007, n. 3607
RIFIUTI - Regione Piemonte - Artt. 6, c. 2 e 12, c. 4 L.R. Piemonte n.
24/2004 - Individuazione del sito idoneo alla realizzazione dell’impianto di
smaltimento e recupero dei rifiuti - Associazione d’ambito - Potere
surrogatorio provinciale. Le disposizioni di cui agli artt. 6, c. 2 e12,
c. 4 della L.R. Piemonte n. 24/2004 attribuiscono all’associazione d’ambito
il compito di provvedere all’individuazione del sito idoneo alla
realizzazione del nuovo impianto per lo smaltimento e recupero dei rifiuti;
dal combinato disposto delle stesse norme non può che discendere
l’identificazione del “proponente”, nella medesima associazione, che
esercita tale funzione nell’ambito dei più generali compiti che le sono
attribuiti dal legislatore. Tale potere può e deve essere esercitato, in via
surrogatoria e nelle more dell’istituzione dell’associazione d’ambito, dalla
provincia. Pres. Calvo, Est. Plaisant - B.P. e altri (avv. Reineri) c.
Provincia di Torino (avv. Enrichens), Comune di Torino (avv.ti Caldo e
Lacognata), TRM s.p.a. (avv. Buscaglino) e altri (nn.cc.) -
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 1 dicembre 2007, n. 3607
RIFIUTI - Piano provinciale per la gestione dei rifiuti - Natura di
strumento di pianificazione territoriale ai sensi dell’art. 20 L.R. Piemonte
n. 40/1998 - Esclusione. Ai sensi dell’art. 20 della L.R. Piemonte 14
dicembre 1998, n. 40, la necessità d’inserire “le informazioni relative
all’analisi di compatibilità ambientale” riguarda “gli strumenti di
programmazione e pianificazione, che rientrano nel processo decisionale
relativo all’assetto territoriale e che costituiscono il quadro di
riferimento per le successive decisioni d’autorizzazione”: ciò non può dirsi
con riferimento al Programma provinciale per la gestione dei rifiuti, la cui
natura deve essere desunta dalla relativa definizione normativa, contenuta
nell’art. 6 della legge Regione Piemonte 24/2002. Se infatti, in base a
detta disposizione, il Piano provinciale per la gestione dei rifiuti deve
essere raccordato con il Piano territoriale di coordinamento ciò significa
che è solo quest’ultimo a delineare l’assetto del territorio, laddove il
primo si occupa, invece, della gestione del ciclo dei rifiuti e detta regole
generali ed autonomamente vincolanti solo con riferimento a questo specifico
aspetto, che esula dalla gestione del territorio in senso stretto. Né assume
rilievo il fatto che il Programma provinciale contenga prescrizioni relative
alla “individuazione delle aree potenzialmente idonee e delle aree non
idonee alla localizzazione degli impianti”, dettando “Criteri di
localizzazione degli impianti” ed “Indirizzi per la valutazione di impatto
ambientale”. Questi aspetti sono, infatti, riguardati nel Programma
nell’ottica della gestione del ciclo dei rifiuti mentre, sotto il profilo
dell’assetto territoriale, lo stesso non può derogare alle statuizioni
contenute negli atti di pianificazione urbanistica, il che conferma la sua
non riconducibilità alla previsione di cui all’art. 20 della legge Regione
Piemonte 40/1998. Pres. Calvo, Est. Plaisant - B.P. e altri (avv. Reineri)
c. Provincia di Torino (avv. Enrichens), Comune di Torino (avv.ti Caldo e
Lacognata), TRM s.p.a. (avv. Buscaglino) e altri (nn.cc.) -
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 1 dicembre 2007, n. 3607
RIFIUTI - Discariche di rifiuti urbani e speciali - Misure di
compensazione - Art. 16 L.R. Piemonte n. 24/2004 - Contributo a carico del
soggetto gestore e a favore di comuni interessati - Pretese immediatamente
esigibili dai privati danneggiati - Esclusione. La materia delle misure
di compensazione correlate ai danni prodotti dalle discariche di rifiuti
urbani e speciali è disciplinata dall’art. 16 della legge Regione Piemonte
24/2002, ove si prevede la corresponsione - a carico dei soggetti gestori ed
a favore dei comuni su cui insistono le aree danneggiate - di un contributo
annuo determinato in misura percentuale. La richiamata disposizione
normativa precisa, inoltre, al comma 9, che “I contributi di cui ai commi 1,
2, 3, 4 e 6 sono versati dai gestori degli impianti, rispettivamente ai
comuni ed alle province territorialmente competenti, entro il mese
successivo alla scadenza del trimestre solare in cui sono state effettuate
le operazioni di gestione dei rifiuti”. In base a tale disciplina, quindi,
le misure compensative non si traducono in pretese immediatamente esigibili
dai privati danneggiati, bensì in contributi a favore dei comuni
interessati, che potranno conseguirle, peraltro, solo dopo l’effettivo
verificarsi degli eventi dannosi e, quindi, ad operazioni di gestione dei
rifiuti concretamente iniziate. Pres. Calvo, Est. Plaisant - B.P. e altri
(avv. Reineri) c. Provincia di Torino (avv. Enrichens), Comune di Torino
(avv.ti Caldo e Lacognata), TRM s.p.a. (avv. Buscaglino) e altri (nn.cc.) -
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 1 dicembre 2007, n. 3607
RIFIUTI - Delibera di assunzione dei poteri surrogatori da parte della
provincia - Competenza consiliare - Specifica localizzazione del
termovalorizzatore - Competenza residuale della giunta. Mentre la
deliberazione di generale assunzione dei poteri surrogatori da parte della
provincia ha contenuto generale e d’indirizzo ed è, come tale, di competenza
consiliare, la specifica localizzazione del nuovo termovalorizzatore è atto
di concreta gestione, come tale non riconducibile all’art. 42 del decreto
legislativo 267/2000 (che delimita le competenze dei consigli comunali e
provinciali) bensì alla competenza “residuale” della giunta. Pres. Calvo,
Est. Plaisant - B.P. e altri (avv. Reineri) c. Provincia di Torino (avv.
Enrichens), Comune di Torino (avv.ti Caldo e Lacognata), TRM s.p.a. (avv.
Buscaglino) e altri (nn.cc.) -
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 1 dicembre 2007, n. 3607
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Termovalorizzatore - Impianto termico
di produzione energetica - Funzione accessoria rispetto a quella di
smaltimento - Impianto di incenerimento - Valutazione di impatto ambientale
provinciale - L.R. Piemonte n. 40/1998. La previsione di un impianto
termico di produzione energetica è conforme a quanto previsto dall’art. 22,
comma 5, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, che impone di
dotare i nuovi impianti della capacità di recuperare parte dell’energia
termica sviluppata dal processo di combustione dei rifiuti. In quest’ottica
l’impianto energetico ha funzione evidentemente accessoria rispetto a
quella, principale, di smaltimento dei rifiuti. A ciò consegue che il
termovalorizzatore, nel suo complesso, debba considerarsi “impianto di
incenerimento” ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 11 maggio 2005,
n. 133 (ove si distingue tale tipologia da quella degli impianti di “coincenerimento”,
ove la produzione energetica assume, invece, carattere “principale”), come
tale soggetto a valutazione di impatto ambientale provinciale, anziché
ministeriale, secondo quanto previsto dall’allegato 2, n. 6, della legge
Regione Piemonte 40/1998. Pres. Calvo, Est. Plaisant - B.P. e altri (avv.
Reineri) c. Provincia di Torino (avv. Enrichens), Comune di Torino (avv.ti
Caldo e Lacognata), TRM s.p.a. (avv. Buscaglino) e altri (nn.cc.) -
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 1 dicembre 2007, n. 3607
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Eliminazione dei policlorobifenili e dei policlorotrifenili - Omissione di comunicazione dei piani e progetti necessari - Direttiva 96/59/CE articolo 11 - Inadempimento di Stato. Omettendo di comunicare i piani ed i progetti richiesti all'articolo 11 della direttiva 96/59/CE del Consiglio, del 16 settembre 1996, relativa all'eliminazione dei policlorobifenili e dei policlorotrifenili (PCB e PCT), la repubblica di Malta è venuta meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di quest'articolo 11, letto in combinazione con l'articolo 54 dell'atto relativo alle condizioni d'adesione all'Unione europea della Repubblica ceca, della repubblica dell'Estonia, della repubblica di Cipro, della repubblica della Lettonia, della repubblica della Lituania, della repubblica dell'Ungheria, della repubblica di Malta, della repubblica della Polonia, della repubblica della Slovenia e della repubblica slovacca, ed agli adattamenti di trattati sui quali è fondata l'Unione europea. (Testo Uff. En omettant de communiquer les plans et les projets requis à l’article 11 de la directive 96/59/CE du Conseil, du 16 septembre 1996, concernant l’élimination des polychlorobiphényles et des polychloroterphényles (PCB et PCT), la République de Malte a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cet article 11, lu en combinaison avec l’article 54 de l’acte relatif aux conditions d’adhésion à l’Union européenne de la République tchèque, de la République d’Estonie, de la République de Chypre, de la République de Lettonie, de la République de Lituanie, de la République de Hongrie, de la République de Malte, de la République de Pologne, de la République de Slovénie et de la République slovaque, et aux adaptations des traités sur lesquels est fondée l’Union européenne). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 29/11/2007, Causa C-508/06
RIFIUTI - Bonifica e rimozione dei sedimenti - Gara di appalto -
Iscrizione all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei
rifiuti - Mera domanda di iscrizione - Equivalenza - Esclusione - Avvenuta
comunicazione di accoglimento della richiesta - Sufficienza. In tema di
requisiti di ammissibilità prescritti dal bando di gara per l'affidamento del
servizio di bonifica e rimozione dei sedimenti inquinanti, se è vero che la
natura di accertamento costitutivo, di carattere pressoché vincolato, propria
dell'atto di iscrizione all’Albo nazionale delle Imprese che effettuano la
gestione dei rifiuti non è sufficiente ad attribuire natura equivalente alla
mera domanda di iscrizione, giacché soltanto l'iscrizione nel registro attesta
legalmente il possesso dei requisiti necessari che abilitano all'esercizio della
relativa attività (non essendovi automatismo tra presentazione della domanda e
iscrizione al perché la vincolatività dell'azione amministrativa presuppone
comunque un momento di verifica dell'esistenza in capo al soggetto richiedente
dei requisiti previsti dalla legge), a conclusioni opposte è dato giungere
allorché si sia in presenza non già di mera istanza di iscrizione, ma di
avvenuta comunicazione di accoglimento della richiesta ad opera dell’organismo
competente a disporre l’iscrizione stessa e la relativa documentazione sia stata
tempestivamente prodotta nei confronti della Stazione appaltante. Pres. De Lise,
Est. Politi - T. s.p.a. e altri (avv.ti Magri, Ambroselli e De Filippo) c.
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Commissario delegato per il superamento
dell’emergenza socio-economico-ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno
(Avv. Stato) -
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 16 novembre 2007, n. 11322
RIFIUTI - Iscrizione all’albo delle imprese che effettuano la gestione dei
rifiuti - Decorrenza - Dies a quo - Deliberazione favorevole della Sezione
regionale dell’Albo sulle garanzie finanziarie prestate dall’impresa.
L’efficacia temporale dell’iscrizione all'Albo delle imprese che effettuano la
gestione dei rifiuti decorre dalla data della favorevole deliberazione della
Sezione regionale dell'Albo sulle garanzie finanziarie prestate dall'impresa, a
seguito della comunicazione di avvenuto accoglimento della propria istanza di
iscrizione, considerato che il potere deliberativo decisionale circa
l'accoglimento (o meno) della domanda di iscrizione all'Albo, attribuito alla
Sezione Regionale dal comma 4 dell'art. 12 del D.M. 28 aprile 1998 n. 406, ha
carattere costitutivo e che il successivo comma 6 dispone - a pena di decadenza
- che la garanzia finanziaria di cui all'art. 14 sia prestata entro il termine
di novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di avvenuto accoglimento
dell'istanza di iscrizione (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 22 novembre 2005
n. 5235). Pres. De Lise, Est. Politi - T. s.p.a. e altri (avv.ti Magri,
Ambroselli e De Filippo) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Commissario
delegato per il superamento dell’emergenza socio-economico-ambientale del bacino
idrografico del fiume Sarno (Avv. Stato) -
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 16 novembre 2007, n. 11322
RIFIUTI - Imprese esercenti attività di gestione dei rifiuti - Albo
nazionale gestori ambientali - Art. 212 D.Lgs. n. 152/2006 - Imprese che
esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come
attività ordinaria e regolare - Parziale innovazione rispetto all’art. 30, c. 4
del D.Lgs. n. 22/97. L’art. 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152 regola in termini parzialmente innovativi, rispetto al d.lgs. n. 22/97, la
materia dell'iscrizione delle imprese esercenti attività di gestione dei rifiuti
nell'apposito Albo (il quale assume ora la denominazione di «Albo nazionale
gestori ambientali»); in particolare, il comma 8 dell'art. 212 obbliga
all'iscrizione all'Albo - con il presidio della sanzione penale comminata
dall'art. 256, comma 1 (che sostituisce l'art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 22 del
1997) - anche le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri
rifiuti non pericolosi come «attività ordinaria e regolare» e le imprese che
trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti i limiti già
previsti, ai fini dell'esonero dall'iscrizione, dall'art. 30, comma 4, del
d.lgs. n. 22 del 1997 (trenta chilogrammi o trenta litri al giorno): sia pur
prefigurando, per dette imprese, un regime sensibilmente agevolato (esse non
sono infatti tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie normalmente
imposte dal comma 7 dell'art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006 e la loro
iscrizione all'Albo ha luogo in base a semplice richiesta scritta, senza che la
stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacità finanziaria e
all'idoneità tecnica del richiedente e senza che occorra la nomina di un
responsabile tecnico); l’articolo 30, comma 4, del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22,
come modificato dalla legge 9 dicembre 1998, n. 426, articolo 1, comma 19,
imponeva invece l'obbligo dell'iscrizione solo per "le imprese che svolgono
attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e
le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi" (escluse per queste
ultime i trasporti inferiori a una determinata soglia quantitativa giornaliera).
Pres. Turco, Est. Trizzino - C.s.n.c. (avv. Balì) c. Comune di Aosta (avv.
Azzoni) -
T.A.R. VALLE D’AOSTA - 14 novembre 2007, n. 137
RIFIUTI - Bando di gara - Requisito dell’iscrizione all’albo delle imprese
autorizzate al trasporto dei rifiuti non pericolosi ex D.M. 406/1998 -
Sufficienza dell’iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali per l’esercizio
dell’attività di raccolta e trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come
attività ordinaria e regolare - Esclusione - Ragioni. La richiesta di
iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali per l’esercizio dell’attività di
raccolta e trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e
regolare non è sufficiente ad integrare il requisito, prescritto nel bando di
gara, di iscrizione all’albo delle imprese autorizzate al trasporto dei rifiuti
non pericolosi ai sensi del D.M. 406 del 1998. Quest’ultimo, emanato ai sensi
dell’articolo 30, comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, si
riferisce infatti alla diversa ipotesi di imprese che svolgono attività di
raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi. Pres. Turco,
Est. Trizzino - C.s.n.c. (avv. Balì) c. Comune di Aosta (avv. Azzoni) -
T.A.R. VALLE D’AOSTA - 14 novembre 2007, n. 137
RIFIUTI - Disciplina normativa - Competenza esclusiva dello Stato - Art.
117, c. 2, lett. s, Cost. - Attribuzione alle Regioni (e alle Province autonome)
di specifiche funzioni in materia - Art. 85 D.Lgs. n. 112/1998 - D.Lgs. n.
152/2006. La materia dei rifiuti, che non può farsi rientrare nella nozione
di urbanistica e piani regolatori, né in quella di igiene e sanità, di cui allo
statuto della Provincia autonoma di Trento, non può che ricadere nella
competenza dello Stato, come espressamente previsto dall’art. 117, comma 2,
lettera s), Cost., il quale prevede una competenza esclusiva in materia di
ambiente ed ecosistema. Tale competenza esclusiva non esclude naturalmente che
lo Stato possa anche attribuire alla Provincia funzioni al riguardo. Ed è da
ricordare a questo proposito che già l’art. 85 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59), ripreso poi dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale), attribuiva alle Regioni le competenze concernenti la
gestione dei rifiuti, e che le norme statali di attuazione delle direttive
comunitarie, per quanto attiene alla Provincia di Trento, non fanno eccezione a
questo principio (ad esempio per quanto concerne i piani di adeguamento delle
discariche). Occorre inoltre precisare, in relazione a tale argomento, che le
norme statali di cui si discute sono norme di attuazione di direttive
comunitarie, che la Provincia autonoma è tenuta ad osservare. Pres. Bile, Red.
Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Provincia Autonoma di
Trento -
CORTE COSTITUZIONALE, 14 novembre 2007 (ud. 5 novembre 2007), sentenza n. 378
RIFIUTI - Discariche - Art. 8, c. 14, L.P. Trento n. 10/2004 - Illegittimità
costituzionale. Il comma 14 dell’art. 8 della legge della Provincia autonoma
di Trento n. 10/2004 deve ritenersi costituzionalmente illegittimo per contrasto
con le previsioni di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 36/2003, tenuto conto che
esso crea un regime alternativo a quello predisposto dallo Stato in attuazione
di direttive comunitarie: la norma dispensa infatti sia dalla data di scadenza
(31 dicembre 2006) per l’utilizzazione delle discariche già autorizzate, sia dal
piano di adeguamento dello discariche stesse. Pres. Bile, Red. Maddalena -
Presidente del Consiglio dei Ministri c. Provincia Autonoma di Trento -
CORTE COSTITUZIONALE, 14 novembre 2007 (ud. 5 novembre 2007), sentenza n. 378
RIFIUTI - Discariche - Art. 8, c. 15, L.P. Trento n. 10/2004 - Interpretazione -
Movimentazione in sito dei rifiuti - Non lesività - Art. 193 D.Lgs. n. 152/2006.
Il comma 15 dell’art. 8 della LP Trento n. 10/2004, in riferimento all’ipotesi
del rinvenimento di una discarica o di uno stoccaggio di rifiuti abusivi,
prevede che si può procedere alla bonifica del sito e che «per l’esecuzione
delle operazioni di messa in sicurezza si prescinde dalla prestazioni delle
garanzie finanziarie, nonché dagli adempimenti previsti dagli artt. 11, 12 e 15
del decreto legislativo n. 22 del 1997 (di attuazione della direttiva 91/156/CE
sui rifiuti, della direttiva 91/689/CE sui rifiuti pericolosi e della direttiva
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), tranne che per i
rifiuti allontanati dal sito» (paragrafo 1-ter, lettera c). La disposizione, se
interpretata nel senso che per le operazioni di messa in sicurezza si procede
soltanto alla “movimentazione” in sito dei rifiuti, e non alla loro “raccolta e
trasporto”, come fa pensare l’inciso «tranne che per i rifiuti allontanati dal
sito», non presenta profili di lesività. Le norme statali di cui agli artt. 11,
12 e 15 del d.lgs. n. 22 del 1997, si riferiscono infatti solo alla “raccolta ed
al trasporto” dei rifiuti e non alla loro movimentazione all’interno di un’area
privata. Lo conferma, del resto, l’art. 193, comma 9, del successivo decreto
legislativo n. 152 del 2006, secondo il quale «la movimentazione dei rifiuti
esclusivamente all’interno di aree private non è considerata trasporto ai fini
della parte quarta del presente decreto». La dizione usata dal legislatore
provinciale deve, in altri termini, considerarsi impropria, poiché non si tratta
di disapplicazione di norme statali, come farebbe ritenere l’espressione «si
prescinde», ma di semplice loro non pertinenza al caso. Pres. Bile, Red.
Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Provincia Autonoma di
Trento -
CORTE COSTITUZIONALE, 14 novembre 2007 (ud. 5 novembre 2007), sentenza n. 378
RIFIUTI - Ordinanza ex art. 14 D.Lgs. n. 22/97 - Competenza dirigenziale -
Natura vincolata - Art. 21 octies L. 241/1990. L’ordinanza di cui all’art.
14 del d.lgs. n. 22/97 costituisce espresso esercizio delle competenze previste
dall’art. 107 del TU degli Enti locali (d. l.vo 267/2000), ed assolvendo
chiaramente a finalità di prevenzione ambientale d’urgenza è ascrivibile alle
competenze dirigenziali verso l’esterno individuate dalla norma citata, che del
resto ha ridisegnato in via generale tutti i poteri delle autorità locali.
Peraltro, ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/90, che deve ritenersi
rivolto anche al potere di annullamento giurisdizionale, i vizi formali del
procedimento quali l’incompetenza non possono determinare l’annullamento
dell’atto allorquando il potere di cui esso ha costituito espressione ha natura
vincolata; e l’espressione utilizzata dall’art 14 del decreto n. 22/97
(“dispone”) non induce dubbi sulla natura vincolata del potere di rimozione
esercitato. Pres. Radesi, Est. Potenza - S.I.C. s.r.l. (avv.ti Altavilla e D’Antone)
c. Comune di Cascina (avv. Bimbi) -
T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 6 novembre 2007, n. 3580
RIFIUTI - Attività di lavorazione e deposito di materiali edili - DIA presentata
allo Sportello Unico Imprese - Sufficienza ai fini del recupero dei rifiuti -
Esclusione - Comunicazione ex art. 33 D.Lgs. n. 22/97. La DIA presentata
allo Sportello Unico Imprese, relativa all’attività di lavorazione e deposito
dei materiali edili, non sostituisce la comunicazione alla Provincia dell’inizio
attività di recupero dei rifiuti. La prima si riferisce infatti all’attività
generica di natura commerciale e viene presentata al Comune; per l’attività di
recupero, che, comportando differenziazione tra materiali utili e rifiuti, ha
valenza ambientale, si richiede invece la comunicazione prevista dall’art 33 del
d.lgs. n. 22/97, da inoltrarsi alla Provincia, competente a procedere a
verificarne l’ammissibilità. Pres. Radesi, Est. Potenza - S.I.C. s.r.l. (avv.ti
Altavilla e D’Antone) c. Comune di Cascina (avv. Bimbi) -
T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 6 novembre 2007, n. 3580
RIFIUTI - Trattamento di inerti su aree vincolare - Regione Toscana - Attività
libera - Esclusione - Art. 13 regolamento attuativo L.R. n. 25/98. Il
trattamento degli inerti su aree site in zona vincolata non è libero, a ciò
ostando l’art. 13 del regolamento attuativo della legge regionale toscana
n.25/98, che impone il rispetto delle prescrizioni urbanistiche. Pres. Radesi,
Est. Potenza - S.I.C. s.r.l. (avv.ti Altavilla e D’Antone) c. Comune di Cascina
(avv. Bimbi) -
T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 6 novembre 2007, n. 3580
RIFIUTI - Autorità d’Ambito -
Art. 201 D.Lgs. n. 152/2006 - Procedure per il conferimento del servizio - D.M.
22164/2006 - Inapplicabilità. Ai sensi dell’art.201 D.Lgs.152/06, per
l’istituzione delle neo “Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale”, le quali
svolgono essenzialmente funzioni di organizzazione e controllo e sono preposte
alla organizzazione del servizio (non anche alla effettiva gestione dello
stesso), è previsto un termine di sei mesi dalla entrata in vigore della parte
IV: nelle more sono fatte salve (ai sensi del successivo art.204) le “gestioni”
esistenti. Peraltro, le procedure individuate dal D.M. 2/5/2006 n. 22164 per il
conferimento del servizio, non sono attualmente applicabili, anche in ragione
del fatto che detto decreto è stato dichiarato “non produttivo di effetti”
(giusto comunicato del Ministero dell’Ambiente del 26/06/2006 in G.U.R.I. n.146
del 26/6/2006) in quanto non preventivamente sottoposto al parere obbligatorio
della Corte dei Conti. Pres. Giallombardo, Est. Valenti - Comune di Sciacca
(avv.ti Armao e Serra) c. SOGEIR Ag 1 s.p.a. (avv.ti Pitruzzella e Mangano) -
T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 5 novembre 2007, n. 2511
RIFIUTI - Servizio pubblico - Art. 113 D.Lgs. n. 267/2000 - Gestione degli
impianti - Erogazione del servizio - Modalità di conferimento -
Esternalizzazione, “autoproduzione”, società mista. L’art.113 D.Lgs 267/00
differenzia nettamente la disciplina della gestione (separata dall’erogazione
del servizio) delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali
dell’ente locale (co.4 art.113 cit.), da quella afferente l’erogazione del
servizio che, in conformità alla previsioni comunitarie in materia di
concorrenza, deve essere conferito: a) a società di capitali individuate
attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a
società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga
scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che
abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia
di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti
attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a società a capitale
interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del
capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante
della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. In
ragione della normativa in parola, possono quindi essere individuati tre
differenti modelli organizzativi. Ai due estremi si posizionano le contrapposte
soluzioni riconducibili 1) alla c.d. esternalizzazione (variamente definita con
il termine outsourging o contracting out) del servizio, in cui l’amministrazione
si rivolge al privato, scelto attraverso gara (art.113 co.5 lett.a); ovvero 2)
alla c.d. autoproduzione del bene o del servizio da erogare, mercè il ricorso
alla propria compagine organizzativa e senza apertura a terzi e al mercato. Tra
i differenti opposti, si posizione il modello riconducibile alla c.d. “società
mista” (art.113 co.5 lett.b cit.), a prevalente partecipazione pubblica, in cui
il socio privato è scelto con procedura di evidenza pubblica. Pres. Giallombardo,
Est. Valenti - Comune di Sciacca (avv.ti Armao e Serra) c. SOGEIR Ag 1 s.p.a.
(avv.ti Pitruzzella e Mangano) -
T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 5 novembre 2007, n. 2511
RIFIUTI - Pubblica amministrazione - In house providing - Partecipazione
pubblica totalitaria - Necessità - Esclusione - Giurisprudenza comunitaria.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee (causa
C-107/98 - Teckal, C-26/03 - Stadt Halle e RPL Lochau; C 231/03; C 458/03;
C-29/04; C-410/04; C-340/04; C-220/05) ha delineato i contorni dell’istituto
dell’in house providing, precisando che la partecipazione pubblica totalitaria è
condizione necessaria ma non sufficiente per la compatibilità del modello con le
regole comunitarie. Queste ultime possono essere legittimamente derogate ove si
dia prova che l’ente locale possa in concreto esercitare idonei mezzi di
controllo sulla società in house, in misura più penetrante di quanto previsto
dal diritto civile. Gli indici rivelatori del c.d. controllo analogo sono
individuabili come segue: - il consiglio di amministrazione della società in
house non deve avere rilevanti poteri gestionali e l’ente pubblico deve poter
esercitare maggiori poteri rispetto a quelli che il diritto societario riconosce
alla maggioranza sociale; - l’impresa non deve aver “acquisito una vocazione
commerciale che rende precario il controllo” da parte dell’ente pubblico (tale
vocazione risulterebbe, tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale;
dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali;
dall’espansione territoriale dell’attività della società a tutta l’Italia e
all’estero: cfr., in tal senso, le già citate sentenze 13 ottobre 2005, causa C
458/03 - Parking Brixen GmbH e 10 novembre 2005, causa C-29/04 - Mödling o
Commissione c/ Austria); - le decisioni più importanti devono essere sottoposte
al vaglio preventivo dell’ente affidante (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V,
decisione 8 gennaio 2007, n. 5, in cui si afferma che se il consiglio di
amministrazione ha poteri ordinari non si può ritenere sussistere un “controllo
analogo”); - il controllo analogo si ritiene escluso dalla semplice previsione
nello statuto della cedibilità delle quote a privati (tra le tante cfr.Tar
Puglia, 8 novembre 2006, n. 5197; Consiglio di Stato, V sez., 30 agosto 2006, n.
5072). La stessa giurisprudenza comunitaria ha inoltre precisato che, in
astratto, non è escluso un “controllo analogo” anche nel caso in cui il
pacchetto azionario non sia detenuto direttamente dall’ente pubblico, ma
indirettamente mediante una società per azioni capogruppo (c.d. holding)
posseduta al 100% dall’ente medesimo. Pres. Giallombardo, Est. Valenti - Comune
di Sciacca (avv.ti Armao e Serra) c. SOGEIR Ag 1 s.p.a. (avv.ti Pitruzzella e
Mangano) -
T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 5 novembre 2007, n. 2511
RIFIUTI - Pubblica amministrazione - Società mista - Riconducibilità al modello
dell’in house providing - Esclusione - Parere Cons. Stato n. 456/07. Il
modello organizzativo della società mista non è riconducibile all’in house
providing (cfr. Consiglio di Stato, parere n.456/07 del 18/04/2007, nonchè Corte
di Giustizia C.E. del 6 aprile 2006, causa C-410/04 - ANAV c/o Comune di Bari:
“se la società concessionaria è una società aperta, anche solo in parte, al
capitale privato, tale circostanza impedisce di considerarla una struttura di
gestione «interna» di un servizio pubblico nell’ambito dell’ente pubblico che la
detiene”). Pres. Giallombardo, Est. Valenti - Comune di Sciacca (avv.ti Armao e
Serra) c. SOGEIR Ag 1 s.p.a. (avv.ti Pitruzzella e Mangano) -
T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 5 novembre 2007, n. 2511
RIFIUTI - Affidamento di servizi pubblici - Società mista - Compatibilità con il
sistema comunitario - Condizioni. Nell’ambito dell’affidamento di servizi
pubblici, il modello “società mista” è percorribile (in un’ottica di
compatibilità con il sistema comunitario e semprechè siano ravvisabili congrue
ragioni per non procedere ad un affidamento integrale esterno) in presenza di
adeguate garanzie, ossia: 1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara
per l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del socio, in cui
quest’ultimo si configuri come un “socio industriale od operativo”, che concorre
materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso; 2)
che si preveda un rinnovo della procedura di selezione “alla scadenza del
periodo di affidamento” (in tal senso, soccorre già una lettura del comma 5,
lett. b), dell’art. 113 t.u.e.l. in stretta connessione con il successivo comma
12), evitando così che il socio divenga “socio stabile” della società mista,
possibilmente prevedendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio
privato siano chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso (con
liquidazione della sua posizione), per il caso in cui all’esito della successiva
tara egli risulti non più aggiudicatario (così letteralmente C.d.S., sez.II,
parere cit.). Pres. Giallombardo, Est. Valenti - Comune di Sciacca (avv.ti Armao
e Serra) c. SOGEIR Ag 1 s.p.a. (avv.ti Pitruzzella e Mangano) - T.A.R.
SICILIA, Palermo, Sez. I - 5 novembre 2007, n. 2511
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Ordinanza di attivazione delle misure dirette a verificare il livello d’inquinamento - Competenza comunale - Esclusione. Esorbita dalla competenza ordinamentale del Comune, in quanto rientrante nella competenza della Provincia, l’ordinanza, diretta al gestore di una discarica autorizzata, di attivare le misure finalizzate a verificare il livello di inquinamento a monte e a valle della discarica (non configurabile, nella specie, come ordinanza di bonifica di un sito inquinato e diretta al destinatario non in qualità di responsabile dell’inquinamento, ma di gestore della discarica). Pres. Borea, Est. Settesoldi - P. s.r.l. (avv.ti Pellegrini e Sbisà) c. Comune di Premariacco e altri (n.c.) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 25 ottobre 2007, n. 701
RIFIUTI - PROCEDURE E VARIE - P.A. - Enti locali - Localizzazione di una discarica di rifiuti - Legittimazione a ricorrere - Presupposti - Fattispecie. Anche se la legittimazione all'impugnazione del provvedimento di localizzazione di una discarica di rifiuti viene normalmente riconosciuta ai Comuni nel cui territorio l'impianto dovrebbe essere collocato (cfr. Sez. V, 2 ottobre 2006 , n. 5713; Sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657; Sez. V, 2 aprile 2002, n. 1797), valgono, non di meno, anche per essi, i principi in merito alla necessità che gli enti in parola dimostrino il concreto pregiudizio che la realizzazione dell’impianto sarebbe in grado di produrre negli ambiti territoriali di rispettiva competenza. Nella specie, i Comuni ricorrenti in primo grado non si sono dati cura della richiesta dimostrazione e, in particolare di fornire elementi concreti e dimostrabili utili a confortare l’assunto secondo cui la semplice vicinanza dell’impianto ai rispettivi territori comunali avrebbe potuto produrre il pregiudizio genericamente lamentato; donde il difetto di legittimazione attiva a ricorrere anche dei predetti enti locali. Pres. Varrone - Est. Buonvino - A.GE.CO.S. (Azienda Generale Costruzioni e Servizi) S.P.A. (avv. Paparella e Palieri) c. PATETTA ed altri (conferma sentenze del T.A.R. della Puglia, sede di Bari, sezione terza, 10/05/2006, rispettivamente, nn. 1639 (appello n. 5519/2006), 1640 (appello n. 5520/2006) e 1638 (appello n. 5521/2006)). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 19/10/2007 (Cc. del 26/06 e 13/09 - 2007) Sentenza n. 5453
RIFIUTI - Obbligo di ripristino ambientale - Decorrenza di un
lungo lasso di tempo - Responsabilità dell’inquinamento - Esenzione -
Esclusione - Verifica - D. Lgs n. 152/2006. La decorrenza di un
lungo lasso di tempo non è di per sé in grado di esentare dall'eventuale
responsabilità dei fatti inquinanti e quindi dall’obbligo di provvedere ad
effettuare l’indispensabile ripristino ambientale. Tuttavia, tale lasso di
tempo non è comunque privo di rilevanza agli effetti della verifica della
responsabilità dell’inquinamento. Pres. Varrone - Est. Caringella - Esso
Italiana S.R.L. (avv. Zanchini) c. Comune di Trieste (Avv.ti Giraldi e
Vicini) e Autorità Portuale di Trieste (n.c.) (conferma Tribunale
Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia sentenza n. 488/2001).
CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, del 09/10/2007 (C.C. 15/05/2007), Sentenza n.
5283
RIFIUTI - Mancata eliminazione degli effetti inquinanti -
Continuità sostanziale con le disposizioni pregresse - Cagionamento o
pericolo d’inquinamento - Bonifica - Condotta omissiva a
carattere permanente - Disciplina applicabile ratione temporis
vigente - Art. 51 bis, D.lgs n. 22/1997 oggi art. 257 D. Lgs n. 152/2006.
In materia di rifiuti, trova applicazione in qualunque situazione di
inquinamento l’art. 51 bis, ratione temporis vigente, del d.lgs n.
22/1997 (attualmente riprodotta nella fattispecie prevista dall'art.
257 D.Lgs. n. 156/2006), con i vari profili di continuità sostanziale con le
disposizioni pregresse, (cfr. Cass. pen. 28 aprile 2000, n. 1783). Sicché,
lo stato d’inquinamento dà luogo ad una situazione di carattere permanente
che perdura fino a che non ne vengano rimosse le cause ed i parametri
ambientali alterati siano riportati entro i limiti normativamente
accettabili. Pertanto, le norme in materia si applicano a qualunque sito che
risulti attualmente inquinato, indipendentemente dal momento in cui possa
essere avvenuto il fatto o i fatti generatori dell’attuale situazione
patologica. La formulazione legislativa, collega la pena non al momento in
cui viene cagionato l’inquinamento o il relativo pericolo ma alla mancata
realizzazione, da parte del responsabile, della bonifica, ai sensi dell’art.
17. Non si tratta di conseguenza di portata retroattiva della norma ma
dell’applicazione ratione temporis della legge onde fare cessare gli
effetti di una condotta omissiva a carattere permanente, che possono essere
elisi solo con la bonifica; detto altrimenti, non viene sanzionato
l’inquinamento in epoca precedente prodotto ma la mancata eliminazione degli
effetti che permangono nonostante il fluire del tempo. Pres. Varrone - Est.
Caringella - Esso Italiana S.R.L. (avv. Zanchini) c. Comune di Trieste
(Avv.ti Giraldi e Vicini) e Autorità Portuale di Trieste (n.c.) (conferma
Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia sentenza n.
488/2001).
CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, del 09/10/2007 (C.C. 15/05/2007), Sentenza n.
5283
RIFIUTI - Obbligo di bonifica - Inadempimento - Reato omissivo di pericolo presunto - Disciplina applicabile - D.M. 471/1999 - D.lgs n. 22/1997 - D. Lgs n. 152/2006. La contravvenzione di cui all’art. 51 bis del d.lgs n. 22/1997 (attualmente riprodotta nella fattispecie prevista dall'art. 257 D.Lgs. n.156/2006), si configura come reato omissivo di pericolo presunto che si consuma ove il soggetto non proceda all’adempimento dell’obbligo di bonifica secondo le cadenze procedimentalizzate dall’art. 17 (Cass. pen. n. 1773/2000 cit.). La predetta si applica anche a situazioni verificatesi in epoca anteriore all’emanazione del regolamento di cui al D.M. 471/1999”. Pres. Varrone - Est. Caringella - Esso Italiana S.R.L. (avv. Zanchini) c. Comune di Trieste (Avv.ti Giraldi e Vicini) e Autorità Portuale di Trieste (n.c.) (conferma Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia sentenza n. 488/2001). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, del 09/10/2007 (C.C. 15/05/2007), Sentenza n. 5283
RIFIUTI - Impianti di ricezione portuali per i rifiuti di sfruttamento delle navi ed i residui di carico - Difetto di avere stabilito ed attuato dei piani di ricezione e di trattamento dei rifiuti per tutti i porti - Inadempimento di Stato - Direttiva 2000/59/CE. Non avendo stabilito ed attuato i piani di ricezione e di trattamento dei rifiuti per tutti i suoi porti, la repubblica della Finlandia ha mancato agli obblighi che gli incombono ai sensi degli articoli 5, paragrafo 1, e 16, paragrafo 1, della direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2000, sugli impianti di ricezione portuali per i rifiuti di sfruttamento delle navi ed i residui di carico. La repubblica della Finlandia è condannata alle spese. (Testo Uff.: En n’ayant pas établi et mis en œuvre des plans de réception et de traitement des déchets pour tous ses ports, la République de Finlande a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu des articles 5, paragraphe 1, et 16, paragraphe 1, de la directive 2000/59/CE du Parlement européen et du Conseil, du 27 novembre 2000, sur les installations de réception portuaires pour les déchets d’exploitation des navires et les résidus de cargaison. La République de Finlande est condamnée aux dépens). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE C.E., Sez. VI, 04/10/2007, Causa C-523/06
RIFIUTI - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Quota gravante sugli esercizi destinati ad “alberghi, pensioni, ristoranti, trattorie, bar”. CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 4/10/2007 (C.c. 30/01/07), Sentenza n. 5125
RIFIUTI - Impianti di incenerimento e coincenerimento - Accesso alle informazioni ambientali - Dir. 76/2000 e d.lgs. n. 133/2005 - Domande di nuova autorizzazione - Pubblicazione preventiva - Varianti progettuali per le sole opere civili - Fattispecie. La presentazione di una variante progettuale relativa alle sole opere civili per la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione del CDR non integra una domanda nuova ai fini di cui all’art. 12 della direttiva 76/2000, trattandosi piuttosto di mera prosecuzione dei lavori. La disposizione menzionata (cfr. ora il d.lgs. n. 133 dell’11/5/2005), richiede infatti che siano accessibili per un periodo di tempo adeguato, in uno o più luoghi aperti al pubblico, solo le domande di “nuova autorizzazione”per impianti di incenerimento e coincenerimento, in funzione strumentale all’informazione e alla partecipazione del pubblico e dei cittadini residenti. Pres. Trotta, Est. Caringella - Comune di Acerra (avv.ti Petretti e Balletta) c. Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania e altro (Avv. Stato) e altri (n.c.) - Conferma TAR Campania, Napoli, n. 20693/2005 - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 25 settembre 2007 (C.C. 13/04/2007), Sentenza n. 4934
RIFIUTI - Obbligo di iscrizione all'albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento - Leggi penali speciali - Ius superveniens - Questione di costituzionalità. La Corte ripropone la questione di costituzionalità dell’art. 30, comma quarto, del D.Lgs. n. 22 del 1997 che consentiva l'esercizio della raccolta e trasporto dei rifiuti propri in forma professionale senza obbligo di iscrizione all'Albo, in aperto contrasto con la normativa comunitaria di cui all’art. 12 della Direttiva 91/156/CE. La questione, già sollevata dalla medesima Sezione - ord. n. 10328 del 2006 - non era stata però esaminata dalla Corte Costituzionale che aveva restituito gli atti al Giudice rimettente con ordinanza n. 126 del 2007, essendo stato medio tempore abrogato il D.Lgs. n.22 del 1997 dal cosiddetto Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152). Muovendo dall’orientamento espresso con la sentenza della Corte Cost. n. 394 del 2006 (sullo scrutinio di costituzionalità in malam partem delle cosiddette norme penali di favore), la Corte di Cassazione ritiene non applicabile ai fatti pregressi l’art. 212, comma ottavo, del D.Lgs. n.152 del 2006 (che oggi prevede un obbligo di iscrizione all’Albo regionale territorialmente competente anche per le imprese che esercitano la raccolta ed il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come “attività ordinaria e regolare”), in quanto norma che introduce una disciplina meno favorevole rispetto a quella prevista dall’abrogata disposizione. Il rinnovato controllo di costituzionalità richiesto al Giudice delle leggi, secondo l’ordinanza di rimessione, può dirigersi verso la disposizione abrogata che, escludendo una specifica tipologia di trasporti di rifiuti dall’obbligo di iscrizione all’Albo, ne determina la sottrazione all’applicazione della fattispecie incriminatrice. Presidente G. De Maio, Relatore L. Marini. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 21/09/2007 (Ud. 21/06/2007), Ordinanza n. 35235
RIFIUTI - Comitato nazionale dell’albo delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti - Del . 12.12.2001 - Professionisti idonei a qualificare l’impresa per la gestione dei rifiuti - Mancata inclusione dei biologi - Illegittimità. La delibera del Comitato nazionale dell’albo delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti del 12.12.2001 (G.U. n. 15 del 18.1.2002) è illegittima, con riferimento alla categoria di imprese 9 (bonifica dei siti), classe B, C e D, nella parte in cui non inserisce espressamente i biologi nel novero dei professionisti idonei a qualificare l’impresa per la gestione dei rifiuti (cfr. TAR Lazio n. 3097/2001 e 2140/97). Pres. Giulia, Est. Cogliani - Ordine Nazionale dei Biologi (avv. Clarizia) c. Comitato nazionale dell’albo delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti e Ministero dell’ambiente (n.c.) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II bis - 20 settembre 2007, n. 9172
RIFIUTI - Modifica strutturale
di un impianto di trattamento rifiuti - Variazione dell’impianto -
Ampliamento delle tipologie di rifiuti - Nuova autorizzazione - Necessità -
Verifica dell’incidenza dell’impianto sulla complessiva attività di
smaltimento dei rifiuti - Necessità - Fattispecie. Le modifiche
strutturali di un impianto di trattamento e recupero di rifiuti, che ne
comportino un cambiamento sostanziale della logica funzionale,
trasformandolo in un vero apparato di eliminazione dei rifiuti, privo
dell’originaria vocazione al “recupero”, comportano la necessità di ottenere
una nuova autorizzazione. La radicalità dell’innovazione non è esclusa né
dal riferimento, in seno all’autorizzazione originaria, al trattamento dei
rifiuti speciali non tossici nocivi e dei loro residui, anche mediante
termodistruzione, né dal criterio interpretativo traibile dalla disciplina
dell’albo nazionale, che descrive in modo omogeneo alcune categorie
oggettive di materiali trattati negli impianti di recupero o eliminazione
dei rifiuti. Tale ultimo criterio attiene infatti al profilo soggettivo e
non all’aspetto oggettivo attinente ai caratteri dell’impianto. Non è
decisiva nemmeno la circostanza che il livello delle emissioni prodotte in
seguito alle richieste modifiche dell’impianto resterebbe sostanzialmente
immutato, o addirittura migliorerebbe. Questo elemento, pur astrattamente
importante in relazione ad un profilo dell’impianto (gli effetti
sull’ambiente), non è affatto determinante per stabilire il carattere non
innovativo delle modifiche proposte, valutate nella loro globalità. Pres.
Frascione - Est. Lipari - S.R.L. SOL (avv. Dell'Anno) c. Regione Veneto
(avv. Arena) e Comune di Sernaglia della Battaglia (n.c.) (conferma TAR
Veneto, Sezione Prima, 17 aprile 1997, n. 1051).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 31/08/2007 (C.C. 12/01/2007), Sentenza n. 4531
RIFIUTI - Discariche - Atto di indirizzo del consiglio provinciale - Sospensione delle autorizzazioni in attesa dell'adozione degli atti di programmazione di settore - Illegittimità - Ingiustificato arresto procedimentale - Art. 2 L. 241/2007 - Art. 97 Cost. E’ illegittima, per violazione dell’art 2 della legge 241/90 e dell’art 97 cost., la delibera con la quale il Consiglio provinciale, nell’adottare un atto di indirizzo per le politiche ambientali del territorio di riferimento in materia di rifiuti, si determina a soprassedere in merito alla approvazione o autorizzazione, anche in ampliamento, di impianti di discariche di rifiuti speciali, pericolosi e non, in attesa dell'adozione di atti di futura programmazione del settore, in quanto, pur costituendo esercizio di una legittima potestà di indirizzo politico amministrativo, si risolve in un ingiustificato arresto del procedimento avviato ad istanza del privato. Pres. Ravalli, Est. Dibello - E. s.p.a. (avv.ti Quinto, Pasqualone e Quinto) c. Provincia di Taranto (avv. Decorato) - T.A.R. PUGLIA, Sez. I - 28 agosto 2007, n. 3111
RIFIUTI - Barbabietole da zucchero - Terriccio e calci di defecazione residuati dalla lavorazione - Natura di rifiuto - Esclusione - Circ Reg. Emilia Romagna del 2/8/99. Il terriccio le calci di defecazione che residuano dalla lavorazione delle barbabietole da zucchero secondo le normali pratiche agronomiche non costituiscono rifiuti da assoggettare alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 22/1997 (oggi, parte IV del D.Lgs. n. 152/2006). All'opposto, tali materiali costituiscono un'importante risorsa da non dissipare , avendo le terre di restituzione la composizione di un terreno più fertile di quello di provenienza (cfr. circolare della Regione Emilia-Romagna del 2/8/99). Pres. Di Benedetto, Est. Giovannini - A. s.r.l. (avv. GUareschi) c. Comune di Colorno (avv. Cugurra) - T.A.R. EMILIA-ROMAGNA, Parma, Sez. I - 1 agosto 2007, n. 433
RIFIUTI - APPALTI - Affidamento del servizio di raccolta, trasporto, smaltimento dei sanitari pericolosi a rischio infettivo CER 180103 - Gara ad asta pubblica - Fattispecie - D. L.vo. 152/06. In materia di gestione dei rifiuti, l’attività di trasporto non può essere considerata unitaria e diretta, se effettuata con mezzi diversi. Nella specie, non rileva il riferimento al D. L.vo. 152/06, ed in particolare all’art. 193, trattandosi di disciplina non vigente alla data di espletamento della gara. La gara concerneva l’affidamento, per tre anni, del servizio di raccolta, trasporto, smaltimento dei sanitari pericolosi a rischio infettivo CER 180103. Per tali rifiuti, secondo la direttiva ministeriale 9 aprile 2002 (Allegato B - Codice CER - 18) la raccolta e lo smaltimento richiede precauzioni particolari in funzione della prevenzione delle infezioni. Pres. Virgilio - Est. Falcone - A.T.I. tra le imprese PROGETTO ECOLOGIA s.r.l., (capogruppo) e D.E.A. Service s.r.l. (mandante) (avv. Chiarello) c. ECOLOGIA OGGI s.r.l. (avv. Pedrotti) (confema T.A.R. per la Sicilia, Sez. di Catania, sez. II, n. 719/2006 del 10.5.2006). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana, 23/07/2007 (C.c. 29/11/2006), Decisione n. 690
INQUINAMENTO - RIFIUTI -
Sedimenti contaminati - Natura di rifiuto anteriormente alla loro
asportazione - Esclusione. I sedimenti, prima della loro eventuale
asportazione, laddove eventualmente contaminati, non costituiscono ancora
rifiuti, ma vanno qualificati come matrici ambientali, da sottoporre agli
opportuni interventi di bonifica. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l.
(avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e
altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri
ric. -
T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Classificazione di un rifiuto come pericoloso -
Livello di concentrazione delle sostanze pericolose - Predeterminazione
delle concentrazioni - Art. 252, c. 5 D.Lgs. n. 152/2006 - Interferenze
decisionali ministeriali - Illegittimità. Laddove, ai fini della
classificazione dei rifiuti, la normativa di riferimento va individuata
nella Decisione UE 200/532/CE, nella Direttiva MATT del 9 Aprile 2002 e nel
Dlgs. 152/06 parte quarta All.D., secondo la quale un rifiuto è classificato
come pericoloso solo se le sostanze pericolose raggiungono determinate
concentrazioni, tali concentrazioni vanno predeterminate (e poi riscontrate)
ex art. 252, comma 5, del d.lgs n. 152 del 2006 tramite appositi organi
tecnici e senza possibilità di interferenze decisionali del Ministero (cfr.
T.A.R. Piemonte, Sez. II - 16 gennaio 2006, n. 89, cit.). Pres. Zingales,
Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di
Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv.
Coppa), riunito ad altri ric. -
T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Gestione dei rifiuti prodotti nel corso delle opere
di bonifica - Autorizzazione unica rilasciata nel decreto ministeriale di
approvazione del progetto di bonifica - Sufficienza. Tutte le
autorizzazioni relative alla gestione dei rifiuti prodotti nel corso delle
opere di bonifica sono da ritenersi assorbite dall’autorizzazione rilasciata
con il decreto interministeriale relativo all’intervento di bonifica, ai
sensi dell’art. 10, comma 10, del d.m. n. 471 del 1999, come richiamato dal
successivo art. 15, comma 6. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l.
(avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e
altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri
ric. -
T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254
Rifiuti - Imballaggi e rifiuti di imballaggi - Mancata trasposizione entro il termine prescrive - Inadempimento di Stato - Direttiva 2004/12/CE. Non recependo tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, che modifica la direttiva 94/62/CE relativa agli imballaggi ed ai rifiuti di imballaggi, il regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di questa direttiva. (Testo uff. En ne prenant pas toutes les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer à la directive 2004/12/CE du Parlement européen et du Conseil, du 11 février 2004, modifiant la directive 94/62/CE relative aux emballages et aux déchets d’emballages, le Royaume de Belgique a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive). GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 12/07/2007, causa C‑90/07
RIFIUTI - Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti - Recupero dei rifiuti - Realizzazione della “terza linea” dell’inceneritore di rifiuti di Brescia - Pubblicità della domanda di autorizzazione - Inadempimento di uno Stato (Repubblica italiana) - Direttive 75/442/CEE, 85/337/CEE e 2000/76/CE. Non avendo sottoposto, prima della concessione dell’autorizzazione alla costruzione, il progetto di una «terza linea» dell’inceneritore appartenente alla società ASM Brescia Spa alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. da 5 a 10 della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, di tale direttiva. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 5 luglio 2007, causa C‑255/05
RIFIUTI - Dichiarazione di situazioni di emergenza ex art. 5 L. n. 225/92 - Provvedimenti adottati dagli organi esponenziali di enti territoriali - Profilo di omogeneità - Esclusione. Non può ravvisarsi un profilo di omogeneità tra le situazioni di dichiarata emergenza ex art. 5, c. 1 della L. n. 225/1992 e i provvedimenti adottati - in genere - dagli organi esponenziali di enti territoriali regionali o sub regionali. Indipendentemente dal loro (più o meno delimitato) ambito territoriale di efficacia, i provvedimenti posti in essere dai commissari delegati sono atti dell’amministrazione centrale dello Stato (in quanto emessi da organi che operano come longa manus del Governo) finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunità locali coinvolte dalle singole situazioni di emergenza, e ciò in ragione tanto della rilevanza delle stesse, quanto della straordinarietà dei poteri necessari per farvi fronte. Difatti, la dichiarazione della situazione di emergenza - ai sensi del citato art. 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992 - ha quale suo presupposto il verificarsi di taluno degli eventi «di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c)», della medesima legge, e cioè, non quelli «naturali o connessi con l’attività dell’uomo» suscettibili di «essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria» (o attraverso un coordinamento degli stessi), bensì solo «calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari». Pres. Bile, Red. Quaranta - G.l.c. promosso da TAR Sicilia Palermo, TAR Sicilia Catania, C.G.A. Sicilia, TAR Campania, TAR Veneto, TAR Calabria - CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 2007 (ud. 18 giugno 2007), sentenza n. 237
RIFIUTI - Situazioni di emergenza - Attribuzione della competenza al TAR
Lazio - Contrasto con l'art. 125 Cost. - Questione di legittimità
costituzionale - Infondatezza. L’attribuzione della competenza al
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, anziché ai diversi Tribunali
amministrativi regionali dislocati su tutto il territorio nazionale, non
altera il sistema di giustizia amministrativa, e dunque non viola l’art. 125
Cost. (sentenza n. 189 del 1992); ciò in special modo quando esistono
ragioni idonee a giustificare la deroga agli ordinari criteri di
ripartizione della competenza tra gli organi di primo grado della giustizia
amministrativa. Pres. Bile, Red. Quaranta - G.l.c. promosso da TAR Sicilia
Palermo, TAR Sicilia Catania, C.G.A. Sicilia, TAR Campania, TAR Veneto, TAR
Calabria -
CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 2007 (ud. 18 giugno 2007), sentenza n. 237
RIFIUTI - Situazioni di emergenza - Provvedimenti adottati dal commissario
delegato - Attribuzione della competenza al TAR Lazio - Art. 3, cc. 2-bis,
ter e quater del d.l. n. 245/2005, introdotti dalla legge di conversione n.
21/2006 - Contrasto con l’art. 24 Cost. - Questione di legittimità
costituzionale - Infondatezza. Con riferimento all’attribuzione della
competenza al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ex art. 3, commi
2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245 (Misure
straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella
regione Campania), aggiunti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n.
21, non ricorre quella condizione di «sostanziale impedimento all’esercizio
del diritto di azione garantito dall’art. 24 della Costituzione» (così, da
ultimo, la sentenza n. 266 del 2006), che è suscettibile di integrare la
violazione del citato parametro costituzionale. La concentrazione presso il
Tribunale amministrativo regionale del Lazio del contenzioso de quo neppure
ha l’effetto di rendere «oltremodo difficoltosa» la tutela giurisdizionale
contro gli atti della pubblica amministrazione, evenienza che potrebbe dar
luogo al contrasto con l’art. 113 Cost. (ordinanza n. 382 e n. 213 del
2005), in quanto si tratta di una norma il cui disposto, «interpretato nel
suo complesso», non implica affatto che esso «intenda assicurare in ogni
caso contro l’atto amministrativo una tutela giurisdizionale illimitata e
invariabile, essendo invece rimesso al legislatore ordinario, per
l’esplicito disposto del terzo comma, di regolare i modi e l’efficacia di
detta tutela» (sentenza n. 100 del 1987). Pres. Bile, Red. Quaranta - G.l.c.
promosso da TAR Sicilia Palermo, TAR Sicilia Catania, C.G.A. Sicilia, TAR
Campania, TAR Veneto, TAR Calabria -
CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 2007 (ud. 18 giugno 2007), sentenza n. 237
RIFIUTI - Situazioni di emergenza - Provvedimenti adottati dal commissario
delegato - Attribuzione della competenza al TAR Lazio - Art. 3, cc. 2-bis,
ter e quater del d.l. n. 245/2005, introdotti dalla legge di conversione n.
21/2006 - Contrasto con l’art. 23 dello Statuto siciliano - Questione di
legittimità costituzionale - Infondatezza. L’attribuzione della
competenza al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, anziché ai
diversi Tribunali amministrativi regionali dislocati su tutto il territorio
nazionale», in materia di provvedimenti adottati dal commissario delegato
per l’emergenza ex art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge
30 novembre 2005, n. 245, aggiunti dalla legge di conversione 27 gennaio
2006, n. 21, non viola l’art. 23 dello statuto siciliano, giacché esso
«stabilisce soltanto che gli organi giurisdizionali centrali debbano avere
in Sicilia le sezioni per gli affari concernenti la regione: norma in
esecuzione della quale è stato a suo tempo istituito il Consiglio di
Giustizia Amministrativa» (sentenza n. 189 del 1992). Pres. Bile, Red.
Quaranta - G.l.c. promosso da TAR Sicilia Palermo, TAR Sicilia Catania,
C.G.A. Sicilia, TAR Campania, TAR Veneto, TAR Calabria -
CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 2007 (ud. 18 giugno 2007), sentenza n. 237
RIFIUTI - Situazioni di emergenza - Provvedimenti adottati dal commissario
delegato - Attribuzione della competenza al TAR Lazio - Art. 3, cc. 2-bis,
ter e quater del d.l. n. 245/2005, introdotti dalla legge di conversione n.
21/2006 - Contrasto con l’art. 25 Cost. - Questione di legittimità
costituzionale - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata con riferimento all’applicazione in via transitoria
(comma 2-quater) della disciplina recata dai commi 2-bis e 2-ter dell’art.
3, D.L. n. 245/2005, aggiunti dalla legge di conversione n. 21/2006, in
relazione all’art. 25, primo comma, Cost. Se è vero, infatti, che alla
nozione di giudice naturale - la quale, «corrisponde a quella di “giudice
precostituito per legge”» (sentenza n. 460 del 1994; nello stesso senso,
sentenze n. 72 del 1976 e n. 29 del 1958) - non è affatto estranea «la
ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa
nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio» (da ultimo, sentenza n.
41 del 2006), deve notarsi che la giurisprudenza costituzionale non reputa
necessariamente in contrasto con l’art. 25, primo comma, Cost. gli
interventi legislativi modificativi della competenza aventi incidenza anche
sui processi in corso. Ha affermato, difatti, questa Corte che il principio
costituzionale del giudice naturale «viene rispettato» allorché «la legge,
sia pure con effetto anche sui processi in corso, modifica in generale i
presupposti o i criteri in base ai quali deve essere individuato il giudice
competente: in questo caso, infatti, lo spostamento della competenza
dall’uno all’altro ufficio giudiziario non avviene in conseguenza di una
deroga alla disciplina generale, che sia adottata in vista di una
determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo
ordinamento - e, dunque, della designazione di un nuovo giudice “naturale” -
che il legislatore, nell’esercizio del suo insindacabile potere di merito,
sostituisce a quello vigente» (sentenza n. 56 del 1967; nello stesso senso,
sentenze n. 207 del 1987 e n. 72 del 1976). Pres. Bile, Red. Quaranta -
G.l.c. promosso da TAR Sicilia Palermo, TAR Sicilia Catania, C.G.A. Sicilia,
TAR Campania, TAR Veneto, TAR Calabria -
CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 2007 (ud. 18 giugno 2007), sentenza n. 237
RIFIUTI - Situazioni di emergenza - Provvedimenti adottati dal commissario delegato - Attribuzione della competenza al TAR Lazio - Art. 3, cc. 2-bis, ter e quater del d.l. n. 245/2005, introdotti dalla legge di conversione n. 21/2006 - Contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost. - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non può ipotizzarsi il contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost dell’art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 245/2005, aggiunti dalla legge di conversione n. 21/2006 - in ragione del fatto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio sarebbe necessariamente chiamato a decidere in ordine alla «revoca o modifica delle misure cautelari in precedenza disposte». Tale interpretazione, difatti, non trova conforto nello stesso tenore letterale della norma. Giova sottolineare che, ai sensi del censurato comma 2-quater, l’efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata può riproporre il ricorso. Il giudice rimettente avrebbe dovuto valutare la possibilità di interpretare la norma in conformità con quanto previsto dall’art. 21, tredicesimo comma, della legge n. 1034 del 1971; nel senso cioè che l’efficacia del provvedimento cautelare adottato dal Tribunale locale sia destinata a venire meno, in tutto o in parte, non in forza di una revisione da compiersi necessariamente da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il quale in tal modo assumerebbe una anomala funzione di giudice di secondo grado rispetto a provvedimenti emessi da un organo giurisdizionale equiordinato, bensì in forza di una decisione da prendere sulla base degli ordinari presupposti previsti dall’ordinamento del processo amministrativo per la modificazione o revoca di precedenti misure cautelari già concesse. Pres. Bile, Red. Quaranta - G.l.c. promosso da TAR Sicilia Palermo, TAR Sicilia Catania, C.G.A. Sicilia, TAR Campania, TAR Veneto, TAR Calabria - CORTE COSTITUZIONALE, 26 giugno 2007 (ud. 18 giugno 2007), sentenza n. 237
RIFIUTI - Terre e rocce da scavo - Livello di contaminazione - Accertamento - Modalità - Ripristino ambientale - Gestione dei rifiuti - Fattispecie: riutilizzo di terre e rocce da scavo per il riempimento di una cava e ripristino ambientale - D.M. n. 471/1999. In materia di terre e rocce da scavo, la verifica relativa al rispetto dei livelli di sostanze inquinanti presenti, fissati dal D.M. 25 ottobre 1999 n. 471, e tali da sottrarle alla disciplina sui rifiuti, deve essere effettuata con riferimento alla composizione media dell'intera massa estratta e non mediante accertamento sui siti di destinazione dei materiali una volta omogeneizzata con altri elementi. Fattispecie: riutilizzo di terre e rocce da scavo per il riempimento di una cava e conseguente ripristino ambientale. Pres. Postiglione A. Est. Squassoni C. Imputato: Berrugi e altri. (Annulla in parte senza rinvio, Trib. Pisa, 15 marzo 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 23/06/2007 (Ud. 10/05/2007), Sentenza n. 22038
RIFIUTI - Trasporto illecito (culpa in vigilando) - Omissione - Responsabilità - Natura - Art. 256, c. 2 D. Lgs. n. 152/2006. In materia di rifiuti, il reato di cui all'art. 256, comma secondo del D. Lgs. n. 152 del 2006, sebbene reato proprio dell'imprenditore o del responsabile di ente, non è necessariamente un reato a condotta attiva, potendo concretarsi anche in una omissione, nel caso in esame ipotizzata quanto meno con riferimento ad una culpa in vigilando, restando riservato alla sede di merito l'accertamento pieno dell'eventuale contenuto attivo, partecipativo o omissivo della condotta del ricorrente. Pres. Lupo - Est. Ianniello - Ric. Sorce. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 22/06/2007 (Cc 18/05/2007), Sentenza n. 24736
RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato - Rimozione dei rifiuti
abbandonati in un'area di pertinenza aziendale o dell'ente - Ordinanza del
Sindaco - Omissione - Effetti - Responsabilità dei "titolari di imprese" o dei
"responsabili di enti" - Individuazione - Reato a consumazione istantanea - Art.
51, 2° c. D. Lgs. n. 22/1997 (oggi art. 256, c. 2° D. Lgs n. 152/2006) - Art. 14
D. Lgs. n. 22/97 (oggi c. 3° 'art. 255 D. L.vo n. 152/06). La
contravvenzione di cui all'art. 51, 2° comma del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22,
a consumazione istantanea e punita con le sanzioni penali di cui al primo comma
del medesimo articolo (oggi riprodotto in piena continuità normativa nei due
commi dall'art. 256, comma 2° del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152) consiste nel
atto dell'abbandono o del deposito incontrollato di rifiuti da parte dei
"titolari di imprese" o dei "responsabili di enti". La relativa condotta può
consistere in un comportamento attivo dei titolari di imprese o dei responsabili
di enti, di diretta partecipazione all'operazione vietata anche attraverso
ordini impartiti ai collaboratori oppure in un comportamento omissivo,
consistente nella mancata adozione di misure doverose atte ad evitare l'evento
prevedibile o previsto o nella omissione della necessaria vigilanza sull'operato
dei collaboratori dipendenti concorrente a cagionare l'evento. In nessun caso la
responsabilità per la contravvenzione in esame può invece estendersi al titolare
di impresa o al responsabile di ente che non si attivi per rimuovere i rifiuti
abbandonati in un'area di pertinenza aziendale o dell'ente, in ragione del fatto
che in forza della relativa norma incriminatrice non grava su tale soggetto
alcun obbligo di impedire il mantenimento dell'evento lesivo già realizzato o di
attivarsi per rimuoverne le conseguenze. Un tale obbligo nasce unicamente in
forza dell'art. 14 del D. Lgs. n. 22/97, costituisce oggetto di specificazione
con ordinanza del Sindaco e solo la violazione di tale ordinanza dà luogo alla
diversa contravvenzione di cui all'art. 50, comma 2° del medesimo decreto (oggi
comma 3° dell'art. 255 del D. Lgs. n. 152/06). Pres. Lupo Est. Ianniello Ric.
Pino. (annulla Corte Appello di Catanzaro, Sentenza del 16/10/2006).
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/06/2007, (Ud. 15/05/2007), Sentenza n.
24477
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Deposito incontrollato - Legale rappresentante - Responsabilità - Individuazione - Fattispecie: incarico ricevuto successivamente alla commissione del reato. In materia di gestione dei rifiuti, risponde della contravvenzione prevista dall'art. 51, comma 2° del D. Lgs. n. 22/97 (oggi dall'art. 256, comma 2° del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152), in quanto reato a consumazione istantanea colui che al momento del fatto era il legale rappresentante della società nel cui ambito avveniva il deposito incontrollato dei rifiuti in concorso con gli autori materiali della condotta lesiva. Sicché, è da escludere la responsabilità per il legale rappresentante che abbia ricevuto l’incarico successivamente alla commissione del reato. Pres. Lupo Est. Ianniello Ric. Pino. (annulla Corte Appello di Catanzaro, Sentenza del 16/10/2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/06/2007, (Ud. 15/05/2007), Sentenza n. 24477
RIFIUTI - Attività siderurgiche e metallurgiche - Materie prime secondarie -
Artt. 183, lett. q) e 181 lett. u) D.Lgs. n. 152/2006. In tema di rifiuti,
la definizione delle materie prime secondarie e delle materie prime secondarie
per attività siderurgiche e metallurgiche è contenuta all'art. 183, lett. q) in
relazione all'art. 181 e lett. u) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, in ciò
anticipato dai commi 25° e 29° dell'articolo unico della legge 15 dicembre 2004
n. 308. Pres. Lupo, Est. Ianniello, Ric. Livieri. (conferma Sentenza del
01/03/2006 Trib. Sez. Dist. di Castelfranco Veneto).
CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Penale, 21/06/2007 (Ud. 15/05/2007), Sentenza n.
24471
RIFIUTI - Residuo di produzione - Sottoprodotto - Elemento di valutazione del giudice - Dir. 75/442 (oggi 2006/12/CE). In base alla direttiva 75/442 (oggi 2006/12/CE), il fatto che una sostanza utilizzata sia un residuo di produzione costituisce, in via di principio, un indizio dell'esistenza di un'azione, di un intenzione o di un obbligo di disfarsene. Ciò non esclude, peraltro, che si tratti di un sottoprodotto o di una materia prima secondaria, che il detentore intende sfruttare o commercializzare, purché "il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza previa trasformazione...". Questa esigenza di certezza del riutilizzo o della commercializzazione immediati del residuo viene recepita anche dalla normativa italiana e costituisce l'elemento di valutazione sul quale il giudice deve fondare la propria qualificazione del materiale. Pres. Lupo, Est. Ianniello, Ric. Livieri. (conferma Sentenza del 01/03/2006 Trib. Sez. Dist. di Castelfranco Veneto). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Penale, 21/06/2007 (Ud. 15/05/2007), Sentenza n. 24471
RIFIUTI - Fertilizzanti non conformi alla legge (differenza con disciplina dei rifiuti) - Repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di prodotti agrari e di sostanze di uso agrario - Trasmissione degli atti al Prefetto competente - Obbligo - L. n. 748/1984 - Art. 1, D.P.R. n. 571/1982 - Art. 11 l. n. 748/1984. La produzione di fertilizzanti, in particolare di ammendante compostato misto, è disciplinata, quanto alla definizione, alla composizione, le caratteristiche, le indicazioni ammesse sugli imballaggi, etc. dalla legge 19 ottobre 1984 n. 748 (cfr.in particolare, artt 2 e 9 della legge nonché il relativo allegato 1 C alla stessa). L'art. 12 di tale norma prevede l'ipotesi di vendita di fertilizzanti "non conformi alle norme della presente legge e dei suoi allegati", per collegare l'irrogazione di una sanzione amministrativa variamente modulata, "salvo che il fatto sia previsto come reato dal codice penale". Ove venga accertata l'irregolare composizione dell'ammendante si versa in una fattispecie di illecito amministrativo, qualora si sia trattato della vendita - e conseguente affidamento ad un trasportatore per la consegna - di un fertilizzante, di cui è stata contestata la rispondenza della composizione ai parametri stabiliti dalla medesima legge. Appare pertanto forzata la costruzione, che, traducendo tale consegna di fertilizzante non conforme in un fatto di trasporto e deposito di rifiuti, imputabile a responsabilità di chi tale consegna ha disposto, ne trasferisce la rilevanza nell'ambito di una fattispecie contravvenzionale i cui elementi costitutivi sono in realtà diversi. Nella specie è stata disposta la trasmissione degli atti al Prefetto competente, ai sensi dell'art. 1 del D.P.R. 29 luglio 1982 n. 571, a ricevere rapporti in materia di violazione alle norme concernenti la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di prodotti agrari e di sostanze di uso agrario, cui è riconducibile anche l'ammendante prodotto e commercializzato dall'impresa in cui sono coinvolti gli imputati, come risulta dall'art. 11 della legge n. 748 del 1984 che affidava al Ministero dell'agricoltura la vigilanza per l'applicazione della legge medesima. Pres. Lupo Est. Ianniello Ric. Baldan ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21 Giugno 2007 (Ud. 15/05/2007), Sentenza n. 24468
RIFIUTI - Regolare e costante tenuta degli albi e dei registri - Diritto iscrizione nel registro - Mancato o ritardato pagamento dei diritti annuali - Effetti - Sospensione dell'iscrizione - Imprese soggette alla procedura semplificata e/o ordinaria di autorizzazione - Iscrizione - Necessità. Il mancato o ritardato pagamento (entro il 30 aprile di ciascun anno) del diritto annuale di iscrizione nel registro provinciale da parte delle imprese soggette alla procedura semplificata di autorizzazione all'attività di recupero e smaltimento di determinati tipi di rifiuto determina la sospensione dell'iscrizione nei registri di cui agli artt. 32, comma 3° e 33, comma 3° del D. Lgs. n. 22 (art. 3, comma 3° del D.M del Ministro dell'ambiente 21 luglio 1998 n. 350). Identica disciplina è inoltre dettata con riguardo al mancato o ritardato pagamento dei diritti annuali di iscrizione al registro regionale, da parte delle imprese soggette alla procedura ordinaria di autorizzazione, dall'art. 21, comma 7° del D.M. 28 aprile 1998 n. 406. Sicché, il legislatore ha individuato nella regolare e costante tenuta degli albi e dei registri il mezzo per garantire la regolarità e l'efficacia dei controlli da effettuare sulle imprese che chiedono ed hanno ottenuto l'iscrizione e sulle loro attività ed ha poi individuato nel pagamento annuale dei diritti di iscrizione da parte degli interessati il mezzo economico essenziale per assicurare i mezzi finanziari necessari a garantire l'effettiva copertura delle spese occorrenti per la regolare e costante tenuta degli albi e dei registri e per lo svolgimento delle necessarie attività di controllo. (cfr. Cass. 16 giugno 2004 n. 26923). Pres. Lupo Est. Ianniello Ric. Bertagna. (conferma Tribunale di La Spezia Sentenza del 21/12/2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/06/2007 (Ud. 15/05/2007), Sentenza n. 24467
RIFIUTI - Cavi composti da rame
e da PVC - Fili di cablaggio - Esportazione in Cina a fini di recupero -
Condizioni - Voce GC 020 - Regolamento (CEE) n. 259/93. La voce GC 020
della lista verde di rifiuti figurante nellallegato II del regolamento (CEE)
del Consiglio 1° febbraio 1993, n. 259, relativo alla sorveglianza e al
controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea,
nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, come modificato dal
regolamento (CE) della Commissione 28 dicembre 2001, n. 2557, deve essere
interpretata nel senso che essa riguarda fili di cablaggio soltanto a
condizione che questi provengano da equipaggiamenti elettronici. c. Omni
Metal Service.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLA COMUNITA' EUROPEA Sez. I, 21 giugno 2007,
procedimento C-259/05
RIFIUTI - Rifiuto misto - Combinazione di due sostanze figuranti nella lista verde di rifiuti - Mancata inclusione di tale rifiuto misto in detta lista - Conseguenze. Il regolamento n. 259/93, come modificato dal regolamento n. 2557/2001, deve essere interpretato nel senso che il fatto che un rifiuto composito combini due sostanze figuranti entrambe nella lista verde di rifiuti contenuta nell’allegato II di detto regolamento non comporta che il regime istituito in forza del medesimo regolamento, per quanto concerne i rifiuti figuranti in tale lista, si applichi al rifiuto composito di cui trattasi. c. Omni Metal Service. CORTE DI GIUSTIZIA DELLA COMUNITA' EUROPEA Sez. I, 21 giugno 2007, procedimento C-259/05
RIFIUTI - Discariche - Proprietario frontista - Legittimazione a ricorrere avverso il provvedimento di approvazione dell’opera - Prova del danno - Necessità. La mera vicinanza di un’abitazione ad una discarica non legittima il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento di approvazione dell’opera (cfr. Cons. St., sez. V 16.4.2003, n. 1948), essendo al riguardo necessaria la prova del danno che da questo egli riceve nella sua sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze: da ciò consegue, pertanto, che il mero collegamento in un fondo con il territorio sul quale è localizzata una discarica non è da solo sufficiente a legittimare il proprietario a provocare “uti singulus” il sindacato di legittimità su qualsiasi provvedimento amministrativo preordinato alla tetela di interessi generali che nel territorio trovano la loro esplicazione (cfr. Cons.St. sez. IV 13.7.1998 n. 1088). Pres. Santoro, Est. Russo - Comitato “Vigiliamo per la discarica” e altri (avv. Lupo) c. Provincia di Taranto (n.c.), Regione Puglia e altro (Avv. Stato) e altri (n.c.) - (Conferma TAR PUGLIA, Lecce, sent. n. 3829/2006) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 14 giugno 2007 (C.C. 04/05/2007), sentenza n. 3192
RIFIUTI - Rifiuti pericolosi - Obbligo di elaborare e comunicare piani di gestione dei rifiuti - Ambiente - Direttive 75/442/CEE e 91/689/CEE - Inadempimento di uno Stato. Non avendo elaborato: il piano di gestione dei rifiuti per la Provincia di Rimini, conformemente all’art. 7, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE relativa ai rifiuti, come modificata con direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE; i piani di gestione dei rifiuti comprendenti i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento dei rifiuti per la Regione Lazio, conformemente all’art. 7, n. 1, quarto trattino, della direttiva 75/442, come modificata con direttiva 91/156; i piani di gestione dei rifiuti per le Regioni Friuli‑Venezia Giulia e Puglia nonché per la Provincia autonoma di Bolzano‑Alto Adige e la Provincia di Rimini, conformemente all’art. 6 della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tali direttive. La Repubblica italiana è condannata alle spese. CORTE DI GIUSTIZIA DELLA COMUNITA' EUROPEA Sez. VIII, 14 Giugno 2007, causa C‑82/06
RIFIUTI - Emergenza rifiuti in Campania - Informazione e partecipazione dei cittadini - Diritto di accesso alle informazioni ambientali - Sussistenza - Carta di Aalborg - L.R. Campania n. 290/2006. Sussiste l’obbligo del Commissario delegato per l’emergenza rifiuti in Campania di provvedere alla adozione, con propria ordinanza, delle misure volte a assicurare l'informazione e la partecipazione dei cittadini in conformità ai principi della «Carta di Aalborg», approvata dai partecipanti alla Conferenza europea sulle città sostenibili tenutasi a Aalborg il 27 maggio 1994. Nella specie, è stato imposto al commissario delegato per l’emergenza rifiuti in Campania di provvedere nel termine di giorni trenta. Per il caso di persistente inerzia alla scadenza del predetto termine, provvederà in via sostitutiva a tutti i necessari adempimenti, nell’ulteriore termine di sessanta giorni, un commissario ad acta. Pres. Guida, est. Sarracino - Nocerino (avv. Nocerino) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli). TAR CAMPANIA Napoli, Sez. I, 12 Giugno 2007 (C.c. 18/04/2007), n. 6075
RIFIUTI - Responsabilità per
realizzazione e gestione di discarica abusiva - Amministratori o liquidatori
della società. La situazione di grave illegalità e di rilevante
pericolosità provocata dagli esiti di gestione di una società non possono
trovare nelle oggettive e rilevanti difficoltà di soluzione una circostanza
impropriamente scriminante. Così come non è accettabile, sul piano
giuridico, che le cautele di intervento derivanti dalla legge e dagli atti
amministrativi possano trasferire sugli enti territoriali e sulle
amministrazioni pubbliche forme più o meno dirette di responsabilità che
farebbero venir meno quelle degli amministratori o liquidatori della società
che ha dato origine alla situazione di illegalità e pericolo. In altri
termini, la violazione da parte dei privati delle regole di cautela e degli
obblighi connessi alla realizzazione e gestione di una discarica non può
perdere il carattere di illiceità sul presupposto che neppure le autorità e
gli enti aventi competenza sul sito e sugli immobili hanno saputo riportare
nell'ambito della legalità una situazione gravemente compromessa cui i
privati hanno dato origine. Pres. Onorato - Est. Marini - Ric. PG ed altri
in proc. Arcese.
CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 12 giugno 2007 (Ud. 27/03/2007) Sentenza
n. 22826
RIFIUTI - Prodotti contenenti
amianto - Costituiscono tecnicamente "rifiuti" - Carattere di pericolosità.
I prodotti contenenti amianto costituiscono tecnicamente "rifiuti" avente
carattere di pericolosità. Sul punto, costante giurisprudenza Cass. Sez. III,
tra cui sentenza 26 ottobre-29 novembre 2006, n.39360, Lo Bello (rv 345464)
e la recentissima decisione del 27 Marzo 2007, n.sezionale 00959/2007,
Bertuzzi ed altri, non massimata. Pres. Onorato - Est. Marini - Ric. PG ed
altri in proc. Arcese.
CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 12 giugno 2007 (Ud. 27/03/2007) Sentenza
n. 22826
RIFIUTI - Discarica abusiva di rifiuti pericolosi - Condotta di gestione - Permanenza nel reato - Concetto. La condotta di gestione di una discarica abusiva di rifiuti pericolosi rappresenta un esempio paradigmatico e di solare evidenza di permanenza del reato (sul punto si rinvia, Sezione III, 29/9/-4/12/1989, n.12273, Barucca, rv 177178; 7/7/-27/09/1995, n.2691, rv 203476; 14/4/-5/5/2005, n.16890, Gallucci e altro, rv 231649, 15-27 gennaio 2004, n.2662, PM in proc.Zanoni, rv 227219; si veda anche Quinta Sezione Penale, sentenza 14 gennaio-25 marzo 2005, n.11924, Spagnolo e altri, rv 231704). Pres. Onorato - Est. Marini - Ric. PG ed altri in proc. Arcese. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 12 giugno 2007 (Ud. 27/03/2007) Sentenza n. 22826
RIFIUTI - AGRICOLTURA - Sansa e acque di vegetazione delle olive - Qualifica di rifiuti - Condizioni di esclusione dalla categoria di rifiuti - Utilizzazione agronomica irriguo o fertirriguo - Stoccaggio delle acque di vegetazione - Preventiva comunicazione al sindaco - Obbligo - Art. 6, L. n.574/96 - artt. 38, 59 c. 11 ter e 2 lett. n bis D.L.vo 152/99; Artt. 112, 137 co. 14 e 74 lett. p) D.L.vo 152/2006. Tra i rifiuti, -al di fuori dall'utilizzazione agronomica- va inclusa la sansa di cui non si fa peraltro menzione né negli artt. 38 e 59 comma 11 ter del Divo 152/99, né negli artt. 112 e 137 comma 14 del D.Lvo 152/2006 che li hanno sostituiti. Ma anche le acque di vegetazione possono senz'altro rientrare tra i rifiuti qualora di esse si faccia una raccolta finalizzata, come nella specie, all'abbandono, mediante raccolta in contenitori o in invasi. Né vale, richiamare la disposizione dell'art. 6 della 1. 574/96 che consente lo stoccaggio delle acque di vegetazione per un termine non superiore ai trenta giorni in silos, cisterne o vasche interrate o sopraelevate all'interno del frantoio o in altra località. L'applicazione dell'art. 6 citato è condizionata, all'uso agronomico dei reflui oleari e, nell'ambito citato, è comunque subordinata alla preventiva comunicazione al sindaco - di cui nella specie non vi è menzione. Al di fuori di tale contesto trovano evidentemente applicazione, come rilevato dal tribunale, le disposizioni sulla raccolta dei rifiuti. Pres. Onorato Est. Sarno Ric. Conti. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 5/06/2007 (Ud. 27/03/2007) Sentenza n. 21777
RIFIUTI - INQUINAMENTO IDRICO - Fanghi da attività di autolavaggio - Rifiuti speciali - Fattispecie. I fanghi di spurgo degli autolavaggi sono certamente riconducibili alla categoria dei fanghi da trattamento sul posto degli effluenti - recanti in origine il codice CER 07.06.02 - e, a seguito della Direttiva del Ministero dell'Ambiente 9.4.2002, i codici 07.06.11 (fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose) e 07.06.12 (fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 070611). Sicché, è da escludere che, per quanto concerne gli autolavaggi, solo le soluzioni acquose possano rientrare nella categoria dei rifiuti. In quanto, oltre ad esse vanno certamente ricompresi, nella categoria dei rifiuti anche i fanghi prodotti. Fattispecie: fanghi derivanti dall'attività di autolavaggio e relativo materiale depositato per decantazione nelle vasche ove confluisce l'acqua utilizzata per il lavaggio. Pres. Onorato Est. Sarno Ric. Pizzotti ed altro (dich. inammissibile il ricorso contro Sentenza del 27/09/2005 Tribunale di Varese). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 05/06/2007, (Ud. 27/03/2007), Sentenza n. 21774
RIFIUTI - Materiali da demolizioni edilizie - Deposito temporaneo - Mancata riutilizzazione - Natura di rifiuto - Integrazione del reato di deposito incontrollato - Sussistenza - D.Lgs. 22/1997 - D.Lvo n.152/2006. In base a quanto contenuto nella recente disciplina sui rifiuti, non può escludersi la natura di "rifiuto" dei materiali provenienti da demolizioni edilizie che non sono concretamente riutilizzati. Nella specie, i materiali giacevano nel terreno inutilizzati per oltre due anni escludendo la qualifica del deposito temporaneo ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. m) D.Lgs. 22/1997 e s.m.. e integrando il reato di deposito incontrollato di rifiuti previsto e punito dall'art. 51, comma 2. Pres. Papa Est. Onorato Ric. Cantelmi ed altro. (conferma Tribunale Monocratico di Tivoli sentenza 9.12.2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 04/06/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 21677
RIFIUTI - Terreno in affitto - Smaltimento illecito di rifiuti - Responsabilità personale dell’affittuario - Culpa in vigilando - Responsabilità del proprietario - Fattispecie. In materia di responsabilità per lo smaltimento illecito di rifiuti su terreno in affitto, non può escludersi la responsabilità personale dell'affittuario, proprio perché egli ha la gestione diretta del terreno, tuttavia, sussiste anche la responsabilità del proprietario, almeno sotto il profilo della culpa in vigilando. Fattispecie: abbandono di materiali di risulta provenienti dalla demolizione di un muro. Pres. Papa Est. Onorato Ric. Cantelmi ed altro. (conferma Tribunale Monocratico di Tivoli sentenza 9.12.2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 04/06/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 21677
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Degrado ambientale connesso all'abbandono dei rifiuti - Costituzione di parte civile - Proprietari limitrofi - Legittimità. Sono legittimati a costituirsi parti civili, lamentando il danno derivante dal degrado ambientale connesso all'abbandono dei rifiuti sul terreno, i proprietari dei terreni limitrofi. Pres. Papa Est. Onorato Ric. Cantelmi ed altro. (conferma Tribunale Monocratico di Tivoli sentenza 9.12.2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 04/06/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 21677
RIFIUTI - Rifiuti di origine animale - Incenerimento - Smaltimento delle ceneri - Modalità - Fattispecie. I rifiuti di origine animale, non essendo rifiuti urbani, ma rifiuti speciali, non possono essere conferiti nei cassonetti approntati per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, ma devono essere smaltiti in discarica, conferendoli alle ditte autorizzate, oppure devono essere autorizzati all'autosmaltimento. Nella specie, avendoli conferiti nei cassonetti, i titolari dei canili, si sono resi responsabili del reato contravvenzionale loro contestato, di gestione non autorizzata di rifiuti, del quale certamente ricorre anche l'elemento psicologico, almeno sotto la specie colposa, dovendosi ritenere che professionisti del settore dotati di media perizia e diligenza dovessero conoscere la normativa applicabile nella soggetta materia, o potessero informarsi al riguardo dall'autorità amministrativa competente. Pres. Papa - Est. Onorato - Ric. Zanchin ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 4/06/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 21676
RIFIUTI - Carogne di animali - Smaltimento - D.Lv. n. 152/06 - D.Lgs. 22/997 - Reg. CE n. 1774/2002 - Dir. 90/667/CEE - D.Lgs. n. 508/1992 - Reg CE n. 1774/2002. L’esclusione dal regime generale dei rifiuti prevista dal citato art. 8 va interpretata restrittivamente, con la conseguenza che il regime generale va ancora applicato per le carogne e gli scarti animali, giacché la disciplina prevista dal predetto D.Lgs. 14.12.1992 n. 508, attuativa della direttiva 90/667/CEE, non può essere qualificata come specifica e derogatoria, in quanto regola esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria della fase di trasformazione dei rifiuti di origine animale, con esclusione dei profili di gestione degli stessi rifiuti. (Cass. Sez. III, n. 8520 del 16.1.2002, Leuci, rv. 221273). Quest'ultimo orientamento è stato ribadito anche dopo l'entrata in vigore del Regolamento CE 3.10.2002 n. 1774 (norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinate al consumo umano), atteso che anche questo provvedimento, che è stato ritenuto tacitamente abrogante il predetto D.Lgs. 508/1992, regola esclusivamente i profili di polizia sanitaria degli scarti di origine animali non destinati al consumo umano (così Cass. Sez. III, n.26851 del 5.5.2004, Milone). (Contra, Cass. Sez. III, n. 2923,6 dell'11.6.2003, Miccoli, rv. 225419, che ha stabilito che la materia di rifiuti di origine animale è disciplinata dal D.Lgs. 14.12.1992 n. 508, attuativo della direttiva 90/6667/CEE, sicché, in virtù del principio di specialità, è sottratta alla disciplina generale di cui al D.Lgs. 5.2.1997 n. 22). Pres. Papa - Est. Onorato - Ric. Zanchin ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 4/06/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 21676
RIFIUTI - Incenerimento - Smaltimento delle ceneri - Modalità. Le ceneri di un impianto di incenerimento per spoglie animali, sono qualificabili come rifiuti speciali ex art. 7, comma 3, D.Lgs. 22/1997; e che pertanto o deovono essere conferite a terzi appositamente autorizzati per lo smaltimento o il recupero, o dovevano essere autosmaltite nell'impianto del canile previa specifica autorizzazione ex art. 28 D.Lgs. 22/1997. Pres. Papa - Est. Onorato - Ric. Zanchin ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 4/06/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 21676
RIFIUTI - Scarti di lavorazione del legno - Sottoprodotti industriali - Esclusione. Gli scarti della lavorazione del legno costituiti da truciolato e addensato ovvero da scarti di legno sminuzzati a varie granulometrie e forme successivamente compattati con l’utilizzo di collanti sono da considerarsi rifiuti e non sottoprodotti industriali "legalmente commercializzabili dall'impresa che li produce". Pres. Vitalone, Est. De Maio, Ric. De Filippis. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 1/06/2007 (CC. 20/04/2007), Sentenza n. 21625
RIFIUTI - Discarica abusiva - Confisca dell'area appartenente appartenga
ad una società - Conseguenze patrimoniali. La confisca dell'area sulla
quale la discarica insisteva va disposta anche nel caso in cui la stessa
appartenga ad una società, atteso che quando l'attività illecita è posta in
essere attraverso i propri organi rappresentativi, mentre a costoro sono
addebitabili le responsabilità per i singoli reati, le conseguenze
patrimoniali ricadono sull'ente esponenziale in nome e per conto del quale
gli organi hanno agito, salvo che si dimostri che l'imputato abbia agito di
propria esclusiva iniziativa (vedi Cass., Sez. 16.11.2004, n. 44426, Vangi;
9.1.2004, n. 299, Andrisano). Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Coppola ed
altro.
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29 Maggio 2007, (Ud. 27/02/2007),
Sentenza n. 21120
RIFIUTI - Discarica abusiva - Realizzazione e/o gestione - Decisione
emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p. - Confisca dell'area - Art. 51, c. 3,
del D.Lgs. n. 22/1997 (disposizione attualmente trasfusa nell'art. 256, 30
c., del D.Lgs. n. 152/2006. Ai sensi dell'art. 51, comma 3, del D.Lgs.
n. 22/1997 (disposizione attualmente trasfusa nell'art. 256, 30 comma, del
D.Lgs. 3.4.2006, n. 152), nel caso di accertata realizzazione e/o gestione
di una discarica abusiva, alla sentenza di condanna o alla decisione emessa
ai sensi dell'art. 444 c.p.p. consegue la confisca dell'area sulla quale è
realizzata la discarica, se di proprietà dell'autore o del compartecipe al
reato e tale confisca deve ritenersi obbligatoria per legge (vedi Cass.,
Sez. 28.5.2001, n. 21640, Cannavò). Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Coppola ed
altro.
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 29/05/2007, (Ud. 27/02/2007), Sentenza
n. 21120
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Scarichi illegali e non controllati - Direttive 75/442/CEE e 1999/31/CE - Inadempimento di Stato. Non avendo preso, entro il termine prescritto, le misure necessarie per garantire l'applicazione agli scarichi di Níjar, Hoyo di Miguel e Cueva del Mojón (provincia di Almería) degli articoli 4,.9 e 13 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, come pure dell'articolo 14 della direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla messa in scarico dei rifiuti, il regno di Spagna è venuto meno agli obblighi che gli incombono in virtù di queste disposizioni. 2) Il regno di Spagna è condannato alle spese. (Testo uff.: Declarar que el Reino de España ha incumplido las obligaciones que le incumben en virtud de los artículos 4, 9 y 13 de la Directiva 75/442/CEE del Consejo, de 15 de julio de 1975, relativa a los residuos, en su versión modificada por la Directiva 91/156/CEE del Consejo, de 18 de marzo de 1991, y del artículo 14 de la Directiva 1999/31/CE del Consejo, de 26 de abril de 1999, relativa al vertido de residuos, al no haber adoptado dentro del plazo fijado las medidas necesarias para garantizar la aplicación de dichas disposiciones a los vertederos de Níjar, Hoyo de Miguel y Cueva del Mojón (provincia de Almería). Condenar en costas al Reino de España).CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 24 Maggio 2007, causa C-361/05
RIFIUTI - Attività di recupero - Individuazione - Art. 183, lett. h), d.lgs.
n. 152/2006. Ai sensi dell’art. 183, lett. h), del D.L.vo n. 152/06, sono
definite attività di recupero “le operazioni che utilizzano rifiuti per generare
materie prime secondarie … attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o
biologici, incluse la cernita e la selezione”. Pres. ed Est. Borea - N. s.p.a.
(avv. De Pauli) c. Provincia di Udine (avv.ti Raccaro e Raffa) -
T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA - 10 maggio 2007, n. 342
RIFIUTI - Disciplina - Obiettivo - Riduzione dello smaltimento nelle discariche
- Riutilizzo, reimpiego e riciclaggio - Trasformazione dei rifiuti in prodotti
commerciabili. L’obiettivo di fondo cui si ispira la disciplina normativa in
materia di rifiuti, contenuta ora negli artt. 179 e ss. del D.Lgs. n. 152/2006,
è quello, a tutela dell’ambiente, di favorire progressivamente la riduzione
della produzione di rifiuti (art. 179), ciò che, in primo luogo, comporta la
riduzione dello smaltimento nelle discariche mediante riutilizzo, reimpiego e
riciclaggio - ovverossia recupero - e trasformazione dei rifiuti in prodotti
commerciabili quali ad es. il compost da usare in agricoltura e il CDR per
produrre energia. Oltre al miglioramento della tutela ambientale si raggiunge
così l’ulteriore obiettivo di rendere i rifiuti un bene economico, ciò che
spiega bene l’incentivo di cui all’art. 3, c. 40 della L. n. 549/95 (art. 181
D.Lgs. n. 152/2006). Pres. ed Est. Borea - N. s.p.a. (avv. De Pauli) c.
Provincia di Udine (avv.ti Raccaro e Raffa) -
T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA - 10 maggio 2007, n. 342
RIFIUTI - Impianto di smaltimento o recupero - Classificazione - Trasformazione
in compost e CDR - Limite percentuale minimo per la classificazione entro la
categoria degli impianti di recupero - Esclusione - Riferimento al valore minimo
di raccolta differenziata ex art. 205 D.Lgs. n. 152/2006 - Esclusione.
Nessuna norma della parte quarta del T.U. sull’ambiente n. 152/06 fissa un
limite preciso in termini di quantitativi percentuali di rifiuti sottratti alla
destinazione finale in discarica in quanto trasformati in CDR o compost al di
sotto del quale l’impianto ove i rifiuti solidi urbani vengono recapitati debba
essere classificato come di smaltimento anziché come di recupero. Né è possibile
far riferimento al traguardo del 35% di raccolta differenziata previsto per il
32 dicembre 2006 dall’art. 205 del D.L.vo n. 152/06. A prescindere dal fatto che
tale norma riveste valore programmatico, va infatti rilevato che il CDR e il
compost stanno a valle del ciclo di lavorazione dei rifiuti, mentre la raccolta
differenziata si opera a monte, prima dell’inoltro agli impianti di
trasformazione. Sicchè è illegittimo il diniego di autorizzazione all’esercizio
dell’attività di recupero motivato in ragione del ritenuto insufficiente valore
percentuale di compost prodotto. Pres. ed Est. Borea - N. s.p.a. (avv. De Pauli)
c. Provincia di Udine (avv.ti Raccaro e Raffa) -
T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA - 10 maggio 2007, n. 342
RIFIUTI - Impianti di smaltimento o recupero - Distinzione - Elencazione delle
operazioni di smaltimento di cui all’allegato B alla parte IV del d.lgs. n.
152/2006 - Rilevanza - Limiti. La distinzione tra un impianto di smaltimento
e uno di recupero, nel caso di produzione di compost e CDR, non può fondarsi
sull’elencazione delle “operazioni di smaltimento” di cui all’allegato B alla
Parte IV del D.lgs. n. 152/2006. Se è vero, infatti, che sotto la rubrica
“operazioni di smaltimento” figurano anche, in via residuale i trattamenti
biologici e fisico-chimici non specificati altrove, occorre anche tenere
presente che nel N.B. che precede l’elencazione delle operazioni di smaltimento
si ha cura di precisare che l’elencazione in questioni riguarda le operazioni
“come avvengono nella pratica”, e non assume quindi valenza normativa cogente,
rispetto alla quale normativa, anzi, la previsione si pone in contrasto, posto
che l’obiettivo finale è quello di non portare a smaltimento e cioè a discarica
i rifiuti che possono essere trattati, sottratti alla destinazione in discarica
e destinati a utilizzazione commerciale: il che, con riferimento al caso di
specie (produzione di compost e CDR), trova poi conferma nel successivo allegato
C, il quale sotto la rubrica “operazioni di recupero” contiene anche la voce R3,
riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi, ivi
comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche. Pres.
ed Est. Borea - N. s.p.a. (avv. De Pauli) c. Provincia di Udine (avv.ti Raccaro
e Raffa) -
T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA - 10 maggio 2007, n. 342
RIFIUTI - Caratterizzazione, certificato di identificazione e accertamento
dell’idoneità allo smaltimento - Destinatario dell’obbligo - Detentore dei
rifiuti - Artt. 11 d.lgs. n. 36/2006 e 193 d.lg. n. 152/2006. La
caratterizzazione dei rifiuti, l’accompagnamento con un certificato di
identificazione e l’accertamento dell’idoneità ad essere smaltiti spettano al
detentore, ai sensi dell’art. 11 D.Lgs. n. 36/03, che a quest’ultimo attribuisce
l’obbligo di specificare la composizione dei rifiuti prima del conferimento in
discarica, e dell’art. 193 del T.U. n. 152/2006, che prescrive l’accompagnamento
nel trasporto dei rifiuti di un formulario di identificazione con indicazione
della tipologia di appartenenza. Pres. ed Est. Borea - N. s.p.a. (avv. De Pauli)
c. Provincia di Udine (avv.ti Raccaro e Raffa) -
T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA - 10 maggio 2007, n. 342
RIFIUTI - Rifiuti provenienti da un impianto di recupero - Autorizzazione
provinciale - Divieto di invio al di fuori dei confini provinciali -
Illegittimità - Art. 182 d.lgs. n. 152/2006 - Confini regionali - Rifiuti
urbani. E’ illegittima la disposizione autorizzatoria secondo cui scarti,
sovvalli e altri rifiuti provenienti da un impianto di recupero debbano essere
inviati esclusivamente a impianti di bacino situati entro la provincia, posto
che l’art. 182 T.U. n. 152/06 proibisce soltanto il trasporto al di fuori dei
confini regionali. Tale limitazione riguarda peraltro i rifiuti urbani, e non
anche i rifiuti speciali (entro cui rientrano i rifiuti prodotti nel caso di
specie: rifiuti derivanti da attività di recupero e smaltimento - comma 3 lett.
g) art. 184 D.Lgs. n. 152/2006). Pres. ed Est. Borea - N. s.p.a. (avv. De Pauli)
c. Provincia di Udine (avv.ti Raccaro e Raffa) -
T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA - 10 maggio 2007, n. 342
RIFIUTI - Impianti di smaltimento e recupero - Autorizzazione - Durata - 10 anni
- Art. 208 d.lgs. n. 152/2006 - Art. 28 c. 3 d.lgs. 22/97 - Dies a quo -
Individuazione. L’art. 208, comma 12 del T.U. n. 152/2006 prevede una durata
dell’autorizzazione per impianti di smaltimento e recupero di dieci anni, con
possibilità di rinnovo, e non più cinque, come prevedeva l’abrogato art. 28, c.
3 del d.lgs. n. 22/97, salvi naturalmente gli eventuali interventi sanzionatori
(sospensione o revoca dell’autorizzazione) in caso di inadempimento delle
condizioni e prescrizioni previste nella autorizzazione stessa (art. 208 cit.,
comma 13). Il dies a quo del termine in questione va individuato nella data di
scadenza della precedente autorizzazione, prescindendo da eventuali proroghe.
Pres. ed Est. Borea - N. s.p.a. (avv. De Pauli) c. Provincia di Udine (avv.ti
Raccaro e Raffa) -
T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA - 10 maggio 2007, n. 342
RIFIUTI - Direttive 75/442/ CEE, 91/156/CEE e 91/271/CEE - Acque reflue che
fuoriescono dal sistema fognario - Qualifica - Sfera di applicazione delle
direttive 75/442/CEE e 91/271/CEE. Le acque reflue che fuoriescono da un
sistema fognario gestito da un’impresa pubblica che si occupa del trattamento
delle acque reflue ai sensi della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991,
91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della
normativa emanata ai fini della sua trasposizione costituiscono rifiuti ai sensi
della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti,
come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE. La
direttiva 91/271 non costituisce «altra normativa» ai sensi dell'art. 2, n. 1,
lett. b), della direttiva 75/442 come modificata dalla direttiva 91/156. Spetta
al giudice del rinvio verificare, conformemente ai criteri definiti dalla
presente sentenza, se possa ritenersi che la normativa nazionale costituisca
«altra normativa», ai sensi della detta disposizione, ciò che si verifica se
tale normativa nazionale contiene disposizioni precise che organizzano la
gestione dei rifiuti di cui trattasi e se è tale da garantire un livello di
tutela dell'ambiente equivalente a quello che risulta dalla direttiva 75/442,
come modificata dalla direttiva 91/156 e, segnatamente, dagli artt. 4, 8 e 15
della direttiva stessa. La direttiva 91/271 non può essere ritenuta, con
riguardo alla gestione delle acque reflue che fuoriescono dal sistema fognario,
come lex specialis rispetto alla direttiva 75/442, come modificata dalla
direttiva 91/156 e, pertanto, non può applicarsi ai sensi dell'art. 2, n. 2, di
quest'ultima direttiva.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 10 maggio 2007, Causa C-252/05
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Differenza tra attività di "raccolta" e "abbandono" - Elemento soggettivo - Condotta concreta - Elemento oggettivo - Artt. 632, 639 bis e 734 cod. pen. - art. 51, commi 3 e 5, D.Lgs n. 22/1997. In materia di smaltimento dei rifiuti, vi è una sostanziale differenza tra l'attività di "raccolta" e quella di "abbandono", che si differenziano sia sotto il profilo della volontà del soggetto agente (elemento soggettivo) sia in relazione alla condotta concreta posta in essere (elemento oggettivo). La volontà che sottende all'abbandono è invero sostanzialmente diretta a disfarsi ed a disinteressarsi completamente della cosa, mentre quella che sottende alla raccolta è diretta a conservare i materiali per poter poi compiere sugli stessi una attività successiva, sia di riutilizzo o di smaltimento. Sotto il profilo oggettivo, poi, la condotta ritenuta ha ad oggetto beni diversi e si è svolta in luoghi differenti rispetto a quella contestata. I due fatti, quindi si trovano sostanzialmente in rapporto di alterità ed eterogeneità. Pres. ONORATO - Est. FRANCO - P.M. SALZANO. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 7 Maggio 2007 (c.c. 14/03/2007 ), Sentenza n. 17256
RIFIUTI - Obbligo di rimozione da parte del proprietario - Abbandono o concorso nell’abbandono del rifiuto - Necessità - Ordinanza sindacale - Assenza dei presupposti normativi - Illegittimità - Fattispecie - Art. 14 d. lgs. n. 22/1997 ora art. 192 d. lgs. n. 152/2006. L’ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti abbandonati e di ripristino dei luoghi emessa ex art. 14 del d. lgs. n. 22 del 1997, sost. dall’art. 192 del d. lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario che non abbia abbandonato o concorso nell’abbandono del rifiuto è illegittima. Sicché, in assenza dei presupposti di legge, non è configurabile nei confronti del proprietario del rifiuto il reato di cui all’art. 50, comma 2, del decreto n. 22 del 1977, sost. dall’art. 255, comma 2, del decreto n. 152 del 2006. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza assolutoria del proprietario di una autovettura abbandonata, successivamente ad un furto, in terreno di terzi). Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Salamò. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 04/05/2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 16957
RIFIUTI - Reato - Abbandono di rifiuto - Destinatario dell'ordinanza del sindaco - Proprietario del rifiuto abbandonato da altri - Inconfigurabilità - Presupposti - Art. 50 D.Lgs. n. 22/97 (ora art. 255 D.Lgs. n. 152/06). Il reato di cui all'art. 50, comma 2, del D.Lgs. n.22/1997 (ora trasfuso nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 255, comma 3) non è configurabile nei confronti di chi, non essendo colui che ha abbandonato i rifiuti, o non avendo concorso materialmente o moralmente con questi, e non essendo il proprietario o titolare di diritto di godimento sull'area ove i rifiuti sono stati abbandonati, sia stato destinatario di una ordinanza del sindaco emessa nei suoi confronti esclusivamente perchè proprietario del rifiuto abbandonato da altri, attesa la illegittimità e la conseguente disapplicabilità di siffatto provvedimento. Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Procura Generale della Repubblica presso la Corte d' Appello di Genova. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 04/05/2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 16957
RIFIUTI - Deposito temporaneo e stoccaggio - Differenza - Attività di smaltimento - Condizioni - Deposito di rifiuti effettuato dopo la raccolta e in un luogo diverso da quello di produzione - Reato di smaltimento non autorizzato - Configurabilità - Art. 6 D.L.vo n. 22/1997 (ora, art. 183 D.Lgs. n. 152/2006). Ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 6, lett. m, (ora, dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 183, lett. M) il deposito temporaneo è costituito dal "raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti", mentre, nel caso di deposito effettuato dopo la raccolta e in un luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono stati prodotti, si configura l’ipotesi di stoccaggio destinato al futuro smaltimento o recupero dei rifiuti che ai sensi della lett. l) dei citati artt. 6 e 183, costituisce una fase della "attività di smaltimento", integrando, peraltro, l’ipotesi dello smaltimento non autorizzato. Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. B.G.C.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 04/05/2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 16955
RIFIUTI - Materiali di risulta delle attività di demolizione e di ricostruzione - Volontà di destinarli al riutilizzo e alla vendita - Perdita della qualità di "rifiuto" - Esclusione. Affinchè i materiali di risulta delle attività di demolizione e di ricostruzione possano perdere la loro natura di rifiuti non è certamente sufficiente una generica volontà di destinarli al riutilizzo ed alla vendita, ma occorre una loro effettiva ed oggettiva riutilizzazione nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente. Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. B.G.C.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 04/05/2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 16955
RIFIUTI - Materiali provenienti da attività di demolizione e costruzioni edili - Perdita della qualità di "rifiuto"- Condizioni - Fattispecie. I materiali provenienti da attività di demolizione e costruzioni edili (nella fattispecie si tratta di residui del lavaggio delle betoniere, di residui di calcestruzzo indurito, di frammenti di materiali edili quali: mattoni rotti, pezzi di pietra e residui rotti del magazzino di laterizi) non vengono qualificati più "rifiuti" a fronte di una generica volontà di destinarli al riutilizzo, di una effettiva ed oggettiva riutilizzazione degli stessi nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, sempreché i suddetti materiali non abbiano subito alcun intervento preventivo di trattamento e vengano utilizzati senza recare pregiudizio all'ambiente. Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. D. U. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4 maggio 2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 16953
RIFIUTI - Rifiuti non pericolosi - Rifiuti accumulati lungo una scarpata - Deposito temporaneo - Esclusione - Violazione degli artt. 14, c. 1 e 51, c. 2 del d.lgs. n. 22/1997 (Decreto Ronchi) ora D.Lgs. n. 152/2006, art. 183, lett. M) - Fattispecie. I rifiuti accumulati lungo una scarpata non configurano un deposito temporaneo, ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, lett. m), allorquando gli stessi si trovano raccolti in un’area diversa dal loro luogo di produzione e non sono raggruppati per tipi o per categorie omogenee, (contravvenendo così ai requisiti ora richiesti anche dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. m). Pres. Papa - Est. Onorato- Ric. R.P.F. ed altri. CORTE DI CASSAZIONE penale, Sez. III, 3/05/2007 (Ud. 16/01/2007), Sentenza n. 16846
RIFIUTI - Rifiuti non pericolosi - Deposito incontrollato - Operazioni maldestre di movimentazione - Corresponsabilità dei soci coamministratori - Sussistenza - D.Lgs. n. 22/ 1997, art. 51. Ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, sussiste la corresponsabilità dei soci coamministratori che contravvengono all'obbligo di vigilanza che loro incombe. Nella specie, il deposito irregolare di rifiuti (consistenti in inerti provenienti da demolizioni, calcinacci, mattoni, pezzi di asfalto, terriccio etc) accumulati lungo una scarpata che di fatto non poteva qualificarsi episodio improvviso e imprevedibile ma era perdurante nel tempo, come dimostrato dalla circostanza che esso era il risultato di plurime operazioni maldestre di movimentazione effettuate e che fu oggetto di segnalazione alla polizia prima del sopralluogo effettuato da questa. Pres. Papa - Est. Onorato- Ric. R.P.F. ed altri. CORTE DI CASSAZIONE penale, Sez. III, 3/05/2007 (Ud. 16/01/2007), Sentenza n. 16846
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Costruzione discarica - Diritto alla salute prevalenza sulle esigenze pubbliche - Art. 700 c.p.c.. Il diritto alla salute dei cittadini, costituzionalmente tutelato, prevale sull’esigenze pubbliche ricollegabili alla necessità della realizzazione di una megadiscarica per il deposito ed il riciclaggio dei rifiuti di una vasta area territoriale. (Fattispecie: smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania). TRIBUNALE SALERNO, Sez. I, del 28/04/2007 Ordinanza n. 1189
RIFIUTI - Potere di ordinanza del
Commissario Straordinario - Diritti costituzionali e principi dell'ordinamento -
Rispetto - Obbligo. Il potere di ordinanza del Sindaco, provvisoriamente
trasferito al Commissario, deve comunque conformarsi ai principi
dell'ordinamento ed ai precetti costituzionali (v. C.Cost. 2. 7. 56 n. 8; C.
Cost. 23.5.61 n. 26; Cons. St. 1.6.94 n. 467), come in subiecta materia prevede
anche l'art. 1 del d.lg. n. 263/06 (misure straordinarie per fronteggiare
l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania). Sicché il
menzionato potere di ordinanza del Commissario Straordinario non può in ogni
caso, precludere al Comune la tutela di diritti costituzionali propri e dei
cittadini. Ric. Comune di Serre.
TRIBUNALE DI SALERNO,
Sez. I,
del 28 aprile 2007,
Ordinanza n. 1189
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Situazioni di emergenza - Apertura di una
discarica - Potere di deroga alle norme in materia - Esclusione. In materia di
rifiuti, anche in situazioni di emergenza che richiedono l'apertura di una
discarica, l'ubicazione della stessa non può essere disposta in deroga alle
prescrizioni poste a specifica garanzia di quegli stessi interessi pubblici
(salute ed ambiente salubre), prioritari e non disponibili, cui gli interventi
urgenti per lo smaltimento dei rifiuti dovrebbero ovviare (v. Cons.St. 12.10.99
n. 5). Ric. Comune di Serre.
TRIBUNALE DI SALERNO,
Sez. I,
del 28 aprile 2007,
Ordinanza n. 1189
RIFIUTI - Installazione ed
esercizio di una discarica - Attività pericolose - Applicabilità della
presunzione di colpa ex art. 2050 c.c. alla p.a.. L'installazione e
l'esercizio di una discarica rientra tra le attività pericolose ex art. 2050
c.c., per i mezzi adoperati e per l'inquinamento che può derivarne (v. Cass.
1.9.95 n. 9211), pertanto, incombe sull'amministrazione resistente dimostrare di
avere adottato tutte le misure idonee - alla stregua della normativa di settore
- ad escludere pericoli per la pubblica incolumità (sull'applicabilità della
presunzione di colpa ex art. 2050 c.c. alla p.a., v. Cass. 27.2.84 n. 1393;
Cass. 27.1.82 n. 537). Ric. Comune di Serre.
TRIBUNALE DI SALERNO,
Sez. I,
28 aprile 2007,
Ordinanza n. 1189
RIFIUTI - Diritto alla salute ed all'ambiente salubre - Provvedimento d'urgenza - Domanda cautelare - Configurabilità - Fattispecie. Nell’ipotesi in cui la domanda cautelare abbia ad oggetto un provvedimento d'urgenza a tutela del diritto alla salute, il pregiudizio affermato è da considerarsi sempre irreparabile ed imminente (Trib. Torino, 1.7.02, in Giur. it., 2002, 2334; Trib. Milano, 7.10.99, in Foro it., 2001,l, 141; Pret. Torino, 31.12.97, ivi, 1999, 302). Nella specie, il Comune di Serre ha legittimamente agito per la tutela, in via cautelare, del diritto alla salute ed all'ambiente salubre, riproponendosi di chiedere, nel giudizio di merito, il risarcimento di danni e la definitiva inibizione all'installazione della discarica nella zona in questione, deve ritenersi senza dubbio sussistente la giurisdizione del giudice ordinario in ordine all'azione proposta dal ricorrente. Ric. Comune di Serre. TRIBUNALE DI SALERNO, Sez. I, 28 aprile 2007, Ordinanza n. 1189
RIFIUTI - INQUINAMENTO - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Risarcimento del danno ambientale - legittimazione esclusiva del Ministero dell'Ambiente - Legittimazione degli enti territoriali - Fattispecie - D. L.vo n. 156/06 c.d. Codice dell'ambiente - Art. 18, c. 3°, L. n. 349/86. L’art. 18, co. 3°, della L. n. 349/86, che prevedeva la legittimazione anche degli enti territoriali, sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo, all'azione per il risarcimento del danno ambientale è stato abrogato dall'art. 318 d.lg. 3.4.06.n.152 (c.d. codice dell'ambiente), che ha lasciato in vigore solo il co. 5° dell'art. 18 L 349/86 (relativo al diritto di intervento delle associazioni ambientaliste nei giudizi per il risarcimento del danno). Lo stesso d.lg. n. 152/06 ha previsto, quindi, la legittimazione esclusiva del Ministro dell'Ambiente a far valere in giudizio il danno ambientale (art 311), attribuendo al medesimo anche penetranti poteri di intervento e di tutela dell'ambiente, sia in via preventiva e ripristinatoria (artt. 311-310), che in via sanzionatoria e riparatoria (artt. 311-316). Tuttavia al fine di chiarire l'effettiva portata di detta legittimazione esclusiva del Ministero dell'Ambiente, deve farsi riferimento alla nozione di danno ambientale annunciata nel art. 300 comma 1° del d.lg. n. 152/06, a tenore del quale tale pregiudizio si concreta in "qualsiasi deterioramento significativo o misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima". Nella specie, è stato ritenuto che un evento pericoloso per la salute dell'intera comunità territoriale, come l'installazione di una unica discarica, per le possibili ripercussioni sul territorio e per le potenziali devastazioni ambientali che possono scaturirne, possa configurare una lesione allo stesso diritto costituzionale dell'ente territoriale esponenziale alla propria identità culturale, politica ed economica alla cui tutela Comune è sicuramente legittimato (Cass. 15.4.98 n. 3807). Ric. Comune di Serre. TRIBUNALE DI SALERNO, Sez. I, 28 aprile 2007, Ordinanza n. 1189
RIFIUTI - Discariche - Gestione dei rifiuti - Dir. 75/442/CEE e succ. mod., dir. 91/689/CEE, dir. 1999/31/CE - Inadempimento di Stato - Repubblica Italiana. Non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari: - per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti; - affinché ogni detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni di smaltimento o di recupero, oppure provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento conformandosi alle disposizioni della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE; - affinché tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano operazioni di smaltimento siano soggetti ad autorizzazione dell’autorità competente; - affinché in ogni luogo in cui siano depositati (messi in discarica) rifiuti pericolosi, questi ultimi siano catalogati e identificati; e - affinché, in relazione alle discariche che hanno ottenuto un’autorizzazione o erano già in funzione alla data del 16 luglio 2001, il gestore della discarica elabori e presenti per l’approvazione dell’autorità competente, entro il 16 luglio 2002, un piano di riassetto della discarica comprendente le informazioni relative alle condizioni per l’autorizzazione e le misure correttive che ritenga eventualmente necessarie; e affinché, in seguito alla presentazione del piano di riassetto, le autorità competenti adottino una decisione definitiva sull’eventuale proseguimento delle operazioni, facendo chiudere al più presto le discariche che non ottengano l’autorizzazione a continuare a funzionare, o autorizzando i necessari lavori e stabilendo un periodo di transizione per l’attuazione del piano, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 4, 8 e 9 della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE, dell’art. 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi, e dell’art. 14, lett. a) c), della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti. Pres. Rosas, Rel. Klucka - Commissione delle Comunita europee c. Repubblica Italiana - CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Sez. III, 26 aprile 2007, causa C-135/05
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Presupposti - Eccezione - D. Lgs. n. 152/2006. Il produttore, ferme la altre condizioni qualitative, può decidere di conservare i rifiuti in deposito per tre mesi in qualsiasi quantità, prima di avviarli allo smaltimento o al recupero (privilegiando il limite temporale) oppure può scegliere di conservare i rifiuti in deposito per un anno, purché la quantità non raggiunga i venti metri cubi (assumendo così come decisivo il limite quantitativo). Solo per le isole minori è eccezionalmente consentito che il deposito sia protratto per un anno anche se il quantitativo depositato supera il limite predetto (Cass. 30 novembre 2006 n. 39544). Pres. Onorato, Est. Ianniello, Ric. Storace. (annulla senza rinvio, sentenza del 26 maggio 2006, Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 aprile 2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 15997
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti
- Obblighi previsti dalle norme di settore - Amministratore di una società -
Responsabilità penale. In materia di smaltimento di rifiuti,
l'amministratore di una società che gestisce un impianto produttivo è
destinatario degli obblighi previsti dalle norme di settore. Pertanto, sussiste,
la responsabilità penale, quanto meno, per colpa se il legale rappresentante non
adotti le misure atte ad assicurare il corretto smaltimento dei rifiuti e se non
assolva l'onere di provare che il servizio di prevenzione sia funzionante e che
ad esso sia preposto un dirigente responsabile. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric.
Minella. (Conferma Tribunale di Padova del 26.01.2006).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 aprile 2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza
n. 15989
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Vigilanza - Produttore dei rifiuti - Posizione di garanzia - Responsabilità - Art. 6, c. 1, lett. b), d. lgs. n. 22/1997 ora D. L.vo 152/2006. In materia di smaltimento di rifiuti, è, configurabile una posizione di garanzia nei confronti del produttore dei rifiuti il quale è tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche, dovendosi intendere produttore di rifiuti, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b), del d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione ed a carico del quale sia quindi configurabile, quale titolare di una posizione definibile come di garanzia, l'obbligo, sancito dall'art. 10, comma 1, del citato decreto, di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Minella. (Conferma Tribunale di Padova del 26.01.2006). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 aprile 2007 (Ud. 14/03/2007), Sentenza n. 15989
RIFIUTI - Imballaggi - Rifiuti urbani e di raccolta differenziata di carta, cartone, plastica e vetro - Rifiuti di imballaggio di carta, cartone, vetro e plastica - Equivalenza - Esclusione. Il concetto di imballaggio, la cui definizione è contenuta nell’art. 35 del d.lgs. n. 22/97, non può tout court identificarsi con il materiale da cui è formato, costituendo un dato dell’esperienza comune che non tutta la carta, la plastica o il vetro costituiscono “imballaggio”. Non vi è equivalenza tra i rifiuti urbani e di raccolta differenziata di carta, cartone, plastica e vetro e i rifiuti di imballaggio di carta, cartone, vetro e plastica: la direttiva 9 aprile 2002 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, infatti, identifica i primi con il codice 20 01 e i secondi con il codice 15 01. Il codice 15 01 non individua specifici materiali, ma una specifica tipologia di rifiuto, quello di imballaggio (nella specie, la parte ricorrente muoveva dal presupposto per cui l’attività di raccolta differenziata avrebbe ad oggetto la raccolta ed il trasporto di rifiuti di imballaggio, argomentando dal fatto che la carta, il vetro, le lattine, la plastica, ecc., contenuti nelle campane della raccolta differenziata, costituirebbero imballaggio). Pres.Vitiello, Est. Leggio - I. s.a.s. (avv. Bonura) c. A.T.O. Ragusa Ambiente s.p.a. (avv. Piccione) e altro (n.c.) - TAR SICILIA, Catania, Sez. II - 19 aprile 2007, n. 694
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Art. 17
D.Lgs. n. 22/97 - Inquinamento cagionato negli anni ’60 da una società
successivamente estinta per incorporazione - Responsabilità - Individuazione.
Il fenomeno della fusione per incorporazione di una società in un'altra
determina una successione inter vivos a titolo universale per cui, ai sensi
dell'art. 2504 bis c.c., la società incorporante acquista i diritti e gli
obblighi di quella incorporata; in particolare, la successione nei rapporti
attivi e passivi dei quali era titolare la società incorporata si verifica al
momento dell'estinzione di quest'ultima ed è, a sua volta, contestualmente
determinata dalla produzione degli effetti dell'atto di fusione. Con specifico
riferimento agli obblighi di bonifica di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 22/97,
tuttavia, questi non possono considerarsi sussistenti in capo alla società,
successivamente incorporata, che esercitava la propria attività in un periodo
(nella specie, gli anni ’60) in cui non era stata ancora emanata la disciplina
di cui al decreto Ronchi, né ne esisteva una analoga. La tesi della
giurisprudenza che, riportandosi al concetto di reato permanente, afferma che la
normativa di cui all’art. 17 cit. si applica a qualunque situazione di
inquinamento in atto al momento dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 22/97,
indipendentemente dal momento in cui possa essere avvenuto il fatto generatore
dell'attuale situazione patologica, può trovare applicazione a condizione che il
soggetto che ha posto in essere la condotta all’epoca in cui non vigeva ancora
il d.lgs. n. 22/97 sia lo stesso che opera al momento del verificarsi
dell’inquinamento successivamente all’entrata in vigore di tale normativa, ma
non quando l’inquinatore si è estinto, atteso che, altrimenti, si verrebbe
arbitrariamente a scomporre la fattispecie dell’illecito, la cui porzione
imputabile consisterebbe nel solo evento, che, isolatamente considerato, non
può, invece, dar luogo ad alcuna responsabilità. D’altra parte, il principio
dell’irretroattività, oltre ad essere sancito dall’art. 11 delle disposizioni
preliminari al codice civile, che ammette deroghe solo per espresse previsioni
tassative, ritrova piena vigenza nella materia in questione anche per la
doverosa applicazione nel nostro ordinamento della direttiva n. 2004/35/CE sul
danno ambientale, con la quale è stato dettagliatamente disciplinato il
principio “chi inquina paga” e che, all’art. 17, dispone l’irretroattività delle
disposizioni della direttiva medesima ed in particolare la non applicabilità
delle stesse “al danno in relazione al quale sono passati più di 30 anni
dall’emissione, evento o incidente che l’ha causato”. Pres. Piacentini, Est.
Quadri - E. s.p.a. (avv.ti Ribolzi e Invernizzo) c. Comune di Melegnano (avv.
Borasi), riunito ad altri ric. -
T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. I - 19 aprile 2007, n. 1913
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Attività ispettiva diretta alla verifica del
rispetto dei limiti massimi di inquinamento - Contraddittorio con le parti
interessate - Principio di diritto vivente - Imparzialità dell'azione
amministrativa. L’onere di effettuare gli accertamenti in contraddittorio
con le parti interessate, anche nel caso di attività ispettiva o di vigilanza
dirette alla verifica del rispetto dei limiti massimi di inquinamento previsti
dalla normativa vigente, risponde ad evidenti ragioni di trasparenza e
pubblicità, principi del diritto vivente cui l’amministrazione deve uniformarsi
in ogni momento della propria azione, oltre che all'interesse pubblico
all’imparzialità dell'azione amministrativa. Pres. Piacentini, Est. Quadri - E.
s.p.a. (avv.ti Ribolzi e Invernizzo) c. Comune di Melegnano (avv. Borasi),
riunito ad altri ric. -
T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. I - 19 aprile 2007, n. 1913
RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Art. 183, c. 1 lettera a) D.L.vo 152/2006 - Sottoprodotto - Condizioni - Codice dell’ambiente. Secondo l’art. 183, comma 1 lettera a) D. L.vo 152/2006, attuativo della delega di cui alla legge n. 308/2004, che ha abrogato l'art. 14 della legge n. 178/2002 [art. 264, gomma 1, lett. l)] secondo cui, ex art. 183, comma 1 lettera a), è rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A della parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso di disfarsi o ubbia l'obbligo di disfarsi" e rifiuti speciali sono "i rifiuti da lavorazioni artigianali", [art.184, comma 3 lett. d)], tenendo presente che per potere riconoscere ai prodotti dell'attività d'impresa la qualità di sottoprodotto o di materia prima secondaria occorre la ricorrenza dei requisiti di cui alle lettere n) e q) del decreto citato. Pres. Vitalone Est. Teresi Ric. PM in proc. Prati. (annullata con rinvio al Tribunale di Verona del 15.12.2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 18/04/2007 (Cc. 15/03/2007), Sentenza n. 15562
RIFIUTI - Disciplina dei rifiuti - Obbligo di iscrizione all'albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento - Art. 30 d.lgs. n. 22 del 1997 - Restituzione degli atti. La Corte di cassazione aveva sollevato, con ord. Se. III, n. 10328 del 24/11/2005 Ced Cass. n. 233667, la questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., dell’art. 30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), come modificato dall’art. 1, comma 19, della legge 9 dicembre 1998, n. 426 (Nuovi interventi in campo ambientale), nella parte in cui esclude che gli imprenditori che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi da essi stessi prodotti siano tenuti ad iscriversi all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti. Tale norma si porrebbe in contrasto - come accertato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee con sentenza 9 giugno 2005, in causa C-270/03 - con l’art. 12 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE, che, nel prevedere che «gli stabilimenti e le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto di rifiuti a titolo professionale […] devono essere iscritti presso le competenti autorità qualora non siano soggetti ad autorizzazione», include tra gli imprenditori soggetti ad iscrizione anche quelli che trasportano professionalmente rifiuti “propri”. La Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti alla Corte di cassazione, ai fini di una nuova valutazione circa la rilevanza della questione sollevata, alla luce dell’entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), contenente una nuova disciplina della gestione dei rifiuti, integralmente sostitutiva di quella già contenuta nel decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. In particolare, ad avviso della Corte, la nuova disciplina regola, in termini parzialmente innovativi, la materia dell’iscrizione delle imprese esercenti attività di gestione dei rifiuti nell’apposito Albo (il quale assume ora la denominazione di «Albo nazionale gestori ambientali»), comprendendovi - se pur con un regime agevolato - anche le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come «attività ordinaria e regolare» e le imprese che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti i limiti già previsti, ai fini dell’esonero dall’iscrizione, dall’art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 1997 (trenta chilogrammi o trenta litri al giorno). Presidente F. Bile - Relatore G.M. Flick. CORTE COSTITUZIONALE del 16 aprile 2007, Ordinanza n. 126
RIFIUTI - Regione Puglia - Impianto di smaltimento di rifiuti - Autorizzazione - Reati di mafia - Art. 6 L.R. Puglia n. 30/86 - Istanza di voltura di un impianto di stoccaggio - Rinvio a giudizio per violazione di norme in materia di smaltimento - Diniego ex art. 6 L.R. n. 30/86 - Illegittimità. La disposizione di cui all’art. 6 della L.R. Puglia n. 30/86 esclude la possibilità che il progetto per un impianto di smaltimento di rifuti venga approvato nel caso in cui il titolare e/o legale rappresentante e/o il Presidente e/o gli amministratori, anche se non soci, e/o i soci dell'impresa, società o ente risultino condannati o sottoposti a procedimento penale o a misure di sicurezza per uno dei reati ivi menzionati. Ai fini del diniego è pertanto necessario che l’azione penale sia iniziata con la richiesta di rinvio a giudizio formulata, ai sensi dell’art. 416 c.p.p., dal p.m. a chiusura delle indagini preliminari, per i reati previsti dalle leggi indicate dal citato art. 6 (tutte norme contenenti disposizioni per la lotta contro la mafia). Il riferimento a tale disposizione non appare pertanto idonea ragione giustificatrice del diniego all’ istanza di voltura dell’autorizzazione allo stoccaggio provvisorio liquami per essere stata la società richiedente rinviata a giudizio per violazione di norme in materia di smaltimento dei rifiuti. Pres. Cavallari, Est. Bini - I. s.r.l. (avv. Manelli) c. Amministrazione Provinciale di Taranto (avv. Quinto) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. II - 14 aprile 2007, n. 1586
RIFIUTI - Interpretazione autentica della definizione di rifiuto - Nozione di rifiuto alla luce della nuova disciplina comunitaria - Distinzione del "sottoprodotto" dal rifiuto - Dir. 2006/12/CE. Ai sensi della definizione comunitaria contenuta nell'art. 1 della direttiva 75/442/CEE, come sostituito dall'art. 1 della direttiva 91/156/CEE, è rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi. Secondo la definizione contenuta nella recente direttiva 2006/12/CE, entrata in vigore il 17.5.2006, e quindi successivamente al D.L. 8 luglio 2002, n. 138 nonchè al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi. Sicché, può esulare dalla nozione comunitaria di rifiuto solo un materiale derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo, quando lo stesso produttore lo riutilizza, senza trasformazione preliminare, nel corso dello stesso processo produttivo: in tal caso non si tratta di un residuo, bensì di un "sottoprodotto", che non ha la qualifica di rifiuto proprio perchè il produttore non intende "disfarsene", ma vuole invece riutilizzarlo nel medesimo ciclo produttivo, (C.G.E. Sezione 2^ dell’11.11.2004, Causa C-457/02, Niselli, che riprende sul punto la precedente sentenza Palin Granit Oy del 18.4.2002, C-900). Pertanto, per distinguere il "sottoprodotto" dal rifiuto è comunque necessario che il riutilizzo sia certo, che avvenga nel medesimo processo produttivo e senza trasformazioni preliminari, cioè senza modificazioni del carattere chimico o merceologico della sostanza. Presidente Vitalone - Estensore Onorato. (Conferma, Sentenza del 17.11.2004 - Tribunale monocratico di Alba, sezione distaccata di Bra). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/04/2007 (Ud. 21/12/2006), Sentenza n. 14557
RIFIUTI - Deposito temporaneo e
stoccaggio di rifiuti - Configurazione - Operazione di smaltimento - Fase di
gestione dei rifiuti - Deposito preliminare - Intermediazione non autorizzata di
rifiuti non pericolosi. E' da escludere la configurazione di deposito
temporaneo, quando i materiali genericamente depositati non sono raggruppati per
categorie omogenee nel luogo di produzione (anche se rispettino i requisiti
quantitativi e temporanei richiesti alternativamente dalla specifica disciplina:
v. Cass. Sez. 3^, ud. 11.10.2006, Tesolat). Per conseguenza, essi configurano
propriamente uno stoccaggio, cioè una fase di gestione dei rifiuti, sotto forma
di deposito preliminare prima di una specifica operazione di smaltimento (ai
sensi della lettera D 15 dell'allegato B) ovvero di messa in riserva prima di
un'operazione specifica di recupero (ai sensi della lettera R 13 dell'allegato C
del D.Lgs. n. 22 del 1997 nonchè della Parte Quarta del D.Lgs. n. 152 del 2006).
Come tale, questa forma di gestione, in quanto pacificamente priva di
autorizzazione, va punita a norma del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, e
ora del D.Lgs. n. 151 del 2006, art. 256, comma 1. Presidente Vitalone -
Estensore Onorato. (Conferma, Sentenza del 17.11.2004 - Tribunale monocratico di
Alba, sezione distaccata di Bra).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
11/04/2007 (Ud. 21/12/2006), Sentenza n. 14557
RIFIUTI - Sottoprodotto - Nuova categoria - Definizione - Esclusione dalla disciplina sui rifiuti - Condizioni - D.Lgs. n.152/2006 - Dir. 75/442/CEE. Il D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 introduce la nuova categoria legislativa di "sottoprodotto". Essa comprende i prodotti dell'attività dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo produttivo e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo (art. 183, lett. n). In ogni caso, per escludere la disciplina sui rifiuti, è necessario che a destinare il sottoprodotto al riutilizzo senza trattamenti di tipo recuperatorio sia lo stesso produttore e non un semplice detentore cui la sostanza sia stata conferita a qualche titolo. Presidente Vitalone - Estensore Onorato. (Conferma, Sentenza del 17.11.2004 - Tribunale monocratico di Alba, sezione distaccata di Bra). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/04/2007 (Ud. 21/12/2006), Sentenza n. 14557
RIFIUTI - Utilizzazione del sottoprodotto - Disciplina sui rifiuti - Ius superveníens - D.Lgs. n. 152/06. Secondo lo ius superveníens non sono soggetti alla specifica disciplina sui rifiuti “i sottoprodotti di cui l’impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi o non abbia deciso di disfarsi, e in particolare i sottoprodotti impiegati direttamente dall’impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l’impresa stessa direttamente per il consumo o per l’impiego, senza la necessità di operare trasformazioni preliminari, in un successivo processo produttivo”. E’ necessario però che l’utilizzazione del sottoprodotto sia certa e non eventuale, e avvenga senza trasformazioni preliminari, cioè senza quei trattamenti che mutano la identità merceologica della sostanza. Presidente Vitalone - Estensore Onorato. (Conferma, Sentenza del 17.11.2004 - Tribunale monocratico di Alba, sezione distaccata di Bra). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/04/2007 (Ud. 21/12/2006), Sentenza n. 14557
RIFIUTI - Attività di demolizioni edili - Reimpiego - Materie prime secondarie - Disciplina applicabile - Art. 7, 3° c. - lett. b), D.Lgs. n. 22/1997 - Art. 14 D.L. n. 138/2002 - Art. 184, 3° c. lett. b), D.Lgs. n. 152/2006. In tema di residui delle attività di demolizioni edili e del loro reimpiego l’applicabilità dell’abrogato art. 14 D.L. 138/2002 era subordinata alla condizione che risultasse certa : a) l’individuazione del produttore e/o detentore dei materiali; b) la provenienza degli stessi, c) la sede ove sono destinati, il loro utilizzo in un ulteriore ciclo produttivo. La situazione non muta alla stregua della normativa introdotta dal D.Lgs. n. 152/2006, tenuto conto che il materiale utilizzato (misto di mattoni e cemento provenienti da demolizioni) non può qualificarsi "materia prima secondaria", ai sensi dell'art. 181, contrai 6 e 13, del D.Lgs. n. 152/2006, anche in mancanza del decreto ministeriale di attuazione previsto dal 6 comma. Pres. papa Est. Fiale Ric. Brugnera ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 5 aprile 2007 (Ud. 13 dic. 2006), Sentenza n. 14185
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Raccolta differenziata - Allocazione in un tratto di strada - Illegittimità - Fondamento - Fattispecie. E’ illegittima l’individuazione (e relativa chiusura) di un tratto di strada come luogo deputato all’allocazione ed alla gestione dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata (nella specie consistente in sacchi multimateriale e in rifiuti ingombranti). Tale scelta, oltre ad essere incoerente e illogica, è pregiudizievole per le qualità paesaggistiche ed ambientali del luogo e per la stessa salute ed incolumità dei soggetti residenti nelle vicinanze. (Pres. Onorato, Est. Francavilla, Ric. Schiano Di Colella ed altri (avv. Barone) c. Comune di Procida ed altri (avv. D’Angiolella), TAR NAPOLI, Sez. V, 05 Aprile 2007, (08/03/2007) Sentenza n. 3121
RIFIUTI - Sansa di oliva disoleata - Natura di sottoprodotto - Esclusione - Presupposti - Fondamento - Art. 183 lett. n) D.L.vo 152/2006 (definizione di sottoprodotto) - Art. 14 1. 138/2002. Nonostante, che nella parte seconda, sezione quarta, allegato X del D.L.vo 152/2006 (Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di riutilizzo) alla lettera f) si fa effettivamente riferimento alla sansa di oliva disoleata, occorre tuttavia che la sansa in questione, per essere utilizzata come combustibile, abbia "caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenute dal trattamento delle sanse vergini con n-esano per l'estrazione dell’olio di sansa destinato all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico" e che "i predetti trattamenti siano effettuati all'interno del medesimo impianto". "Tali requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dell'impianto stesso di produzione devono risultare da un sistema di identificazione conforme al punto 3''. E dunque, necessitando il riutilizzo della sansa una trasformazione preliminare si deve escludere che la stessa possa rientrare nel concetto di sottoprodotto sia. Alla luce della nozione individuata dalla Corte di Giustizia Europea nella vigenza della pregressa normativa, sia anche in relazione al D.L.vo l52/2006 che, oltre ad avere abrogato l'art. 14 1. 138/2002, nel fornire all'art. 183 lettera n) la nozione di sottoprodotto, ribadisce la necessità che per l'impiego non si rendano necessarie operazioni preliminari ed, inoltre, che l'utilizzazione del sottoprodotto debba essere certa e non eventuale. Pres. Vitalone Est. Sarno Ric. Romano. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, del 4/4/2007 (Ud. 28/02/ 2007), Sentenza n. 13754
RIFIUTI - Impianto di termodistruzione di rifiuti speciali destinati
all'incenerimento con produzione in cogenerazione di energia elettrica e calore
- Illegittimità del titolo abilitativo e poteri del giudice penale - Reati in
materia ambientale (Art. 256, c, 1°, n. 1, D.Lgs, 3.4.2006, n. 152 (già art. 51,
1° c,, lett. b, D.Lgs. 5.2.1997, n. 22) - Art. 279, c, 2°, D.Lgs. 3.4.2006, n,
152 (già art. 24, c, 4, D.P.R. 24.5.1988, n. 203) - Art. 260 D.Lgs. 3.4.2006, n.
152 (già art. 53 bis D.Lgs. 5.2.1997, n. 22) - Art. 28 del D.Lgs. n. 22/1997).
La valutazione della configurabilità di reati in materia ambientale non esclude
il giudizio sulla legittimità chi atti amministrativi autorizzatori
eventualmente rilasciati ma anzi comporta necessariamente tale giudizio
(ovviamente non esteso ai profili di discrezionalità) allorché quegli atti
costituiscano presupposto o elemento costitutivo o integrativo del reato. Una
determinata attività incidente sullo stato dell'ambiente, infatti, seppure
formalmente assentita, non può svolgersi in contrasto con la disciplina di
settore risultante dal complesso delle norme statali e regionali e degli
ulteriori strumenti di pianificazione settoriale vigenti. Pres. Vitalone Est.
Fiale Ric. Lovato ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 3 Aprile 2007 (c.c. 15 dic. 2007),
Sentenza n. 13676
RIFIUTI - Impianto di termodistruzione di rifiuti speciali destinati
all'incenerimento con produzione in cogenerazione di energia elettrica e calore
- Costruzione e l'esercizio - Procedure semplificate di cui all'art. 31 e segg.
del D.Lgs. n. 22/1997 - Limiti. La costruzione e l'esercizio di un impianto
di termodistruzione di rifiuti speciali destinati all'incenerimento con
produzione in cogenerazione di energia elettrica e calore risulta
illegittimamente autorizzata con le procedure semplificate di cui all'art. 31 e
segg. del D.Lgs. n. 22/1997, alle quali non può farsi ricorso per impianti non
previsti dal piano regionale, tranne che non vengano stipulati appositi accordi
di programma con il coinvolgimento dei Ministeri dell'ambiente e dell'industria
e della Regione (accordi di pianificazione inesistenti nel caso in esame). Pres.
Vitalone Est. Fiale Ric. Lovato ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 3 Aprile 2007 (c.c. 15 dic. 2007),
Sentenza n. 13676
RIFIUTI - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Inquinamento ambientale - "Rischio" di una reiterazione dell'inquinamento atmosferico - Sequestro preventivo - Legittimità - "Periculum in mora". E’ legittimo il sequestro preventivo emesso (oltre che per interrompere la prosecuzione dell'attività di smaltimento e recupero di rifiuti in carenza dei presupposti di legge) fondamentalmente allo scopo di interrompere l'attività illecita dell'impianto in questione con riferimento all'emissione di diossine, quanto meno fino al sicuro accertamento delle cause ed all'adozione dei rimedi occorrenti (nella specie, anche in ottemperanza alla determinazione dirigenziale della Provincia). Pres. Vitalone Est. Fiale Ric. Lovato ed altri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 3 Aprile 2007 (c.c. 15 dic. 2007), Sentenza n. 13676
RIFIUTI - Discarica -
Realizzazione e gestione illecita - Natura dei reati - Reati permanenti -
Concorso morale da parte del proprietario del fondo. La realizzazione e la
gestione di discarica non autorizzata ha natura di reato permanente, che può
realizzarsi solo in forma commissiva (Sez. Un. n. 12753 del 5.10.1994,
Maccarelli, rv. 199385), salva peraltro la possibilità di un concorso morale da
parte del proprietario del fondo, che acconsente consapevolmente alla
realizzazione o alla gestione della discarica nel suo terreno (v. Cass. Sez. Fer.
n. 44274 del 13.8.2004, Preziosi, rv. 230173). Sicché, è permanente il reato di
discarica abusiva, in quanto, la "realizzazione" della stessa permane sino a che
perdura l'attività di predisposizione e allestimento dell'area adibita allo
scopo (ad es. spianamento del terreno, apertura degli accessi, recinzione etc.);
mentre la "gestione" della discarica permane sino a che perdura l'attività di
conferimento e di manipolazione dei rifiuti: sempre che, nei due casi, la
permanenza del reato non venga a cessare per il rilascio della relativa
autorizzazione. Pres. De Maio, Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2 aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza
n. 13456
RIFIUTI - Raccolta e trasporto di rifiuti - Natura dei reati - Reati istantanei - Art. 256, c. 1, D.Lgs. 152/2006 - Art. 51, c. 1, D.Lgs. 22/1997. Il reato di raccolta e trasporto di rifiuti, ha carattere istantaneo ex art. 51, comma 1, D.Lgs. 22/1997 (ora sostituito in perfetta continuità normativa dall'art. 256, comma 1, D.Lgs. 152/2006, che ha soltanto modificato in aumento le pene pecuniarie, arrotondandole), giacché esso si perfeziona nel luogo e nel momento in cui si realizzano le singole condotte tipiche, a meno che, nel caso in cui la condotta è ripetuta, non si configuri come reato eventualmente abituale, per evitare un aggravamento sanzionatorio che sembra obiettivamente eccedente rispetto alla portata offensiva della condotta. Pres. De Maio, Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2 aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 13456
RIFIUTI - Subordinazione della
sospensione condizionale della pena - Art. 51 c. 1, 2, e 3 D.Lgs. 22/1997 (ora
art. 256 D.Lv. 152/2006) - Art. 165 C.P.. Ove ricorra uno dei
prodromici reati previsti dai commi 1, 2, e 3 dell'art. 51 D.Lgs. 22/1997 (ora
art. 256 D.Lv. 152/2006), che cagionino comunque un inquinamento, il beneficio
della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla bonifica
del sito ai sensi della noma generale dell'art. 165 C.P., secondo cui detto
beneficio può essere subordinato, salvo che la legge disponga diversamente,
"alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato" (v. Cass.
Sez. III, n. 35501 del 30.5.2003, Spadetto, rv. 225881). In tal caso, da una
parte l'inquinamento comunque prodotto è indubbiamente una conseguenza del
reato, dall'altra non si può ritenere che la legge abbia diversamente disposto,
atteso che la surrichiamata disposizione dell'art. 51 bis non configura una
disciplina "diversa", ma piuttosto costituisce una specifica applicazione del
generale principio codicistico. Applicando il principio generale di cui all'art.
165 C.P., la bonifica alla quale subordinare il beneficio penale non è
necessariamente quella proceduralizzata dall'art. 17 D.Lgs. 22/1997 (e ora
dall'art. 242 D.Lgs. 152/2006), ma coinciderà con quella stabilita concretamente
dal giudice per eliminare le conseguenze del danno ambientale prodotto, che
potrà eventualmente essere verificata ex post dal giudice della esecuzione.
Pres. De Maio, Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2 aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza
n. 13456
RIFIUTI - Subordinazione del
beneficio alla bonifica - Nuova e vecchia disciplina - Art. 257 D.Lgs. 152/2006
- Art. 51 bis D.Lgs. 22/1997 - D.M. n. 471/1999. La subordinazione del
beneficio alla bonifica del sito può essere disposta ex art. 51 bis del D.Lgs.
22/1997 solo nel caso in cui l'imputato è stato condannato per aver cagionato
l'inquinamento del sito, cioè il superamento dei limiti di accettabilità della
contaminazione previsti dal D.M. 25.10.1999 n. 471 (ex art. 17, commi 1 e 2,
richiamati dallo stesso art. 51 bis), ovvero un pericolo concreto a attuale di
inquinamento (analoga disciplina è ora prevista dall'art. 257 D.Lgs. 152/2006;
solo che il livello di inquinamento necessario è più alto, perché coincide con
il superamento di più intense concentrazioni soglia di rischio). Pres. De Maio,
Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2/04/2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n.
13456
RIFIUTI - Subordinazione del beneficio alla bonifica - Orientamenti giurisprudenziali. In materia della subordinazione del beneficio condizionale della pena alla bonifica, la giurisprudenza di legittimità è oscillante. Un primo orientamento, ha stabilito che il giudice, nel concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato al versamento di una provvisionale a favore della parte civile, può fissare un termine per il versamento stesso anteriore al passaggio in giudicato della sentenza: per giungere a questa conclusione in genere si valorizza il carattere immediatamente esecutivo della provvisionale a norma dell'art. 540, comma 2, c.p.p. (ex plurimis Sez. I, n. 5568 del 21.1.2004, Sorgendone, rv. 229831; Sez. IV, n. 36769 del 9.6.2004, Cricchi, rv. 229691; Sez. II, n. 870 del 13.11.1997, Fascini, rv. 219576). (Questo primo orientamento, benché maggioritario, non è condiviso dalla Corte perché, anche nelle decisioni più argomentate, esso non distingue correttamente tra l'esecutività del capo civile sulla provvisionale e la esecutività del capo penale sulla subordinazione della sospensione condizionale della pena). Un altro orientamento, invece, ha affermato che in tal modo si renderebbe irreversibile contra ius la statuizione sulla subordinazione del beneficio, e quindi su un capo penale, anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza (così Sez. VI, n. 2347 del 5.2.1998, Serra, rv. 209988; nello stesso senso in precedenza Sez. I ord. n. 766 del 31.3.1978, Marini, rv. 138842 e Sez. VI sent. n. 4610 del 22.10.1988, Tornatore, rv. 180015). Pres. De Maio, Rel. Onorato, Ric. Gritti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 2 aprile 2007 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 13456
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti -
Direttive 75/442/CEE e 1999/31/CE - Scarichi illegali o incontrollati -
Inadempimento di Stato. Non adottando tutte le misure necessarie per
garantire il rispetto degli articoli 4,.8, e 9 della direttiva 75/442/CEE del
Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, come modificata dalla
direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991, e dell'articolo 14, sotto
a), b) e c), della direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999,
relativa alla messa in scarico dei rifiuti, la repubblica francese è venuta meno
agli obblighi che gli incombono in virtù di queste disposizioni. La repubblica
francese è condannata alle spese. (Testo uff.: En ne prenant pas toutes les
mesures nécessaires pour assurer le respect des articles 4, 8, et 9 de la
directive 75/442/CEE du Conseil, du 15 juillet 1975, relative aux déchets, telle
que modifiée par la directive 91/156/CEE du Conseil, du 18 mars 1991, et de l’article
14, sous a), b) et c), de la directive 1999/31/CE du Conseil, du 26 avril 1999,
concernant la mise en décharge des déchets, la République française a manqué aux
obligations qui lui incombent en vertu de ces dispositions. La République
française est condamnée aux dépens). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VII, 29
Marzo 2007, Causa C-423/05
RIFIUTI - Abbandono incontrollato di rifiuti in area di proprietà comunale - Responsabilità del sindaco - Sussiste - Delega di funzioni - Carattere tecnico - operativo - Dirigente comunale - Art.51 c.2 DLvo 22/1997 - D. L.vo n. 152/2006. In caso di abbandono incontrollato di rifiuti su area di proprietà comunale, compete al Sindaco il potere, di porre in essere i necessari atti di indirizzo e di mettere il delegato in condizione di operare adeguatamente, (nella specie, delega di funzioni, mentre la gestione amministrativa del settore ed ogni ulteriore problema di carattere tecnico - operativo spetta al dirigente comunale). Né è invocabile, nel caso in esame, il principio secondo il quale il controllo dell'organo elettivo e di governo è limitato alla verifica del corretto svolgimento degli obiettivi di programmazione generale perché una tale programmazione non è stata effettuata; né è applicabile la regola secondo la quale il Sindaco non deve interferire ed invadere le sfere di competenza dei delegati che, nei compiti di gestione loro affidati, operano in piena autonomia. Sicché, va riconosciuta la responsabilità del Sindaco specie qualora gli sia noto che lo smaltimento sia in violazione della legge avendo concordato con il responsabile dell’area tecnica le modalità di gestione dell’area comunale. Pres. Papa, Est. Squassoni, Ric. Nardini, (conferma sentenza 26 maggio 2006, il Tribunale di Modena). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 26 marzo 2007 (Ud. 21/02/2007), Sentenza n. 12434
RIFIUTI - Realizzazione di una centrale termoelettrica alimentata da combustibile derivato da rifiuti e biomasse - Valutazione delle problematiche ambientali attinenti alla zona - Acquisizione di ulteriori elementi d’ufficio - Legittimità - Fattispecie: autoannullamento e rigetto della concessione edilizia. E' legittima la richiesta dell’Amministrazione, di acquisire d’ufficio, prima di deliberare in ordine alla localizzazione di una centrale termoelettrica, una relazione tecnica sugli effetti della coesistenza di tale opera con gli impianti per rifiuti speciali già realizzati nella medesima zona, al fine di potersi più compiutamente soddisfare l’esigenza per il Comune di esaminare e valutare le problematiche ambientali attinenti alla zona oggetto d'intervento. Fattispecie: procedimento di autoannullamento della concessione edilizia e conseguente rigetto dell'istanza di concessione edilizia. Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Canosa di Puglia (Avv.ti Amatucci, Giotta e Paccione) c. Solvic s.r.l. (Avv. Paparella) (riunisce ed annulla T.A.R. per la Puglia, Bari, Sezione II, n. 1958/02, pubblicata in data 16 aprile 2002 e n. 3605/03, del 29 settembre 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20 Marzo 2007 (C.c. 11.4.2006), Sentenza n. 1345
RIFIUTI - Discariche di rifiuti -
Esercizio ed attività - Assimilazione delle discariche adeguate alle nuove
discariche - Esclusione - Disciplina applicabile - Iter procedimentale -
Standard di tutela ambientale - D. Lgs. n. 36/2003. Indipendentemente dalle
modificazioni ed integrazioni apportate all’art. 17 del D.Lgs. 13 gennaio 2003
n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di
rifiuti, dai D.L. 30 giugno 2005 n. 115 (art. 11) e 30 settembre 2005 n. 203
(art. 9), come modificati ed integrati dalle rispettive leggi di conversione
(art. 1 L. n. 168/2005 ed art. 1 L. n. 248/2005), le disposizioni transitorie
ivi contenute devono essere interpretate nel senso che - pur non essendo
preclusa, alle discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del
decreto, la possibilità di richiedere l’autorizzazione al conferimento di
rifiuti prima non autorizzati, in sede di presentazione del piano di adeguamento
(obbligatorio ai fini della possibilità di prosecuzione dell’esercizio, che deve
essere autorizzata, a seguito della approvazione del piano, come espressamente
indicato al comma 4) - non vi è assimilazione delle discariche adeguate alle
nuove discariche di cui al comma 2 dello stesso articolo; con la conseguenza che
le prime “possono continuare a ricevere”, per effetto della procedura di
adeguamento, soltanto “i rifiuti per cui sono state autorizzate”, mentre, per
ciò che concerne la richiesta di altra autorizzazione, deve essere applicato,
alla discarica che ne faccia richiesta, il regime ordinario contemplato dal
decreto legislativo n. 36 del 2003, con la necessaria osservanza di tutte le
prescrizioni ivi contenute e richiamate, compresi i rinvii a leggi delle Stato e
prescrizioni regionali che disciplinano l’ordinario iter procedimentale. Pres. Frascione - Est. Millemaggi Cogliani - Comune di Paese (Avv.ti Giuri e Di
Mattia) c. Provincia di Treviso (Avv.ti Giampietro e Botteon) ed altri (annulla
Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, n. 2671/2005, del 27giugno 2005).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20 Marzo 2007
(C.C. 15/12/2006), Sentenza n. 1329
RIFIUTI - Discariche “già autorizzate” e discariche nuove - Art. 17, cc. 1 e 3, D.Lgs. n. 36/2003
- Presentazione del piano - Disciplina applicabile. Le
discariche “già autorizzate” alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo n. 36/2003, possono continuare a ricevere fino alla data fissata nel
comma 1 dell’art. 17 (e successive proroghe) nei soli limiti dei “rifiuti per
cui sono autorizzate” ed in ciò è tassativo il disposto dell’art. 17 come 1,
come pure è tassativa la disposizione del successivo comma 3, nel senso che la
presentazione del piano di adeguamento non è per nulla opzionale, per il fine di
partecipare del regime riservato alle discariche nuove, ma obbligatorio,
affinché la facoltà accordata dalla norma contenuta nel comma 1 resti operativa,
oltre il termine dei sei mesi accordati dal comma 3 per la presentazione del
piano. Non rileva, sul punto, che la norma statale non preveda una espressa
sanzione per il caso di omissione o ritardo nella presentazione del piano, in
quanto tale presentazione costituisce condizione essenziale per l’autorizzazione
alla prosecuzione dell’esercizio (comma 4), con la conseguenza che la sua
mancata presentazione, nei termini, previsti “determina l’impossibilità di
proseguire nella gestione della discarica”. Pres. Frascione - Est. Millemaggi
Cogliani - Comune di Paese (Avv.ti Giuri e Di Mattia) c. Provincia di Treviso
(Avv.ti Giampietro e Botteon) ed altri (annulla Tribunale Amministrativo
Regionale del Veneto, n. 2671/2005, del 27giugno 2005).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20 Marzo 2007
(C.C. 15/12/2006), Sentenza n. 1329
RIFIUTI - Piano di adeguamento - Applicazione consequenziale ai nuovi progetti
ed alle nuove istanze di autorizzazione - Esclusione - Prescrizioni contenute
negli atti normativi. Il piano di adeguamento ed il relativo progetto di
ampliamento di una discarica, non può che involgere la necessaria osservanza
delle prescrizioni contenute negli atti normativi ivi espressamente richiamati.
Pertanto, l’abrogazione dell’art. 6 del D.P.R. 8 agosto 1994, ad opera del comma
6 lett. d) dell’art. 17 del decreto legislativo del 2003 n. 36, non ne consente
la protratta applicazione ai nuovi progetti ed alle nuove istanze di
autorizzazione, siano esse pendenti all’atto di entrata in vigore del decreto
legislativo, siano essi avanzati con la presentazione del piano previsto dal
comma 3, da titolari di discariche già autorizzate, ai fini dell’adeguamento.
Pres. Frascione - Est. Millemaggi Cogliani - Comune di Paese (Avv.ti Giuri e Di
Mattia) c. Provincia di Treviso (Avv.ti Giampietro e Botteon) ed altri (annulla
Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, n. 2671/2005, del 27giugno 2005).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20 Marzo 2007
(C.C. 15/12/2006), Sentenza n. 1329
RIFIUTI - Discariche - Autorizzazione alla costruzione e all’esercizio - Unico
provvedimento amministrativo - Esclusione - L. Reg. Veneto n. 3/2000 - Iter
procedurali amministrativi distinti ed autonomi - D.Lgs. n. 36/2003.
Nonostante il decreto legislativo n. 36/2003 utilizzi i termini “autorizzazione
alla costruzione e all’esercizio” come se si trattasse di un unico provvedimento
amministrativo, i riferimenti espressi agli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 22/1997,
dalla L.Reg. Veneto n. 3/2000 e nei punti 5 e 7 della deliberazione regionale n.
2454/2003, stanno ad indicare come gli iter procedurali amministrativi previsti
dalle citate disposizioni restino comunque distinti ed autonomi. Pres. Frascione
- Est. Millemaggi Cogliani - Comune di Paese (Avv.ti Giuri e Di Mattia) c.
Provincia di Treviso (Avv.ti Giampietro e Botteon) ed altri (annulla Tribunale
Amministrativo Regionale del Veneto, n. 2671/2005, del 27giugno 2005).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20 Marzo 2007
(C.C. 15/12/2006), Sentenza n. 1329
RIFIUTI - V.I.A. - Piano di adeguamento e progetto di ampliamento ex art. 17, c.
3, D.Lgs. n. 36/2003 - Sostanze o prodotti contenenti amianto legato in matrice
cementizia e resinoide - Procedura V.I.A. - Necessità - Codice CER 17.05.06.
In sede di aggiornamento ai sensi dell’art. 17, comma 3, D.Lgs. n. 36 del 2003,
una discarica che prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto non era
autorizzata allo smaltimento del rifiuto individuato con il codice CER 17.05.06,
(sversamento promiscuo di materiale di matrice cementizia contenti amianto) non
può essere autorizzata attraverso il piano di adeguamento ed il relativo
progetto di ampliamento, non potendosi sottrarsi alla procedura V.I.A. o alle
norme in materia di tutela ambientale. Pres. Frascione - Est. Millemaggi
Cogliani - Comune di Paese (Avv.ti Giuri e Di Mattia) c. Provincia di Treviso
(Avv.ti Giampietro e Botteon) ed altri (annulla Tribunale Amministrativo
Regionale del Veneto, n. 2671/2005, del 27giugno 2005).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 20 Marzo 2007
(C.C. 15/12/2006), Sentenza n. 1329
RIFIUTI - Emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania - Art. 3, cc.
1 e 2 D.L. n. 245/2005 - Sospensione delle procedure esecutive - Applicabilità
nei rapporti tra Comuni, commissario delegato e società affidatarie del servizio
di raccolta e smaltimento - Esclusione. La norma di cui all’art. 3, co. 1 e
2 del d.l. n. 245 del 2005, convertito con modificazioni in legge 27 gennaio
2006 n. 21, nel vincolare “le risorse finanziarie comunque dirette al
commissario delegato” alla realizzazione del piano di smaltimento rifiuti e nel
renderle insuscettibili di procedure esecutive, è chiaramente ed
inequivocabilmente dettata per accelerare la messa a disposizione del
commissario delegato delle somme necessarie, tra l’altro, al regolare
svolgimento dell’attività da parte delle affidatarie del servizio di raccolta e
smaltimento dei rifiuti. Sicchè la sospensione delle azioni esecutive non trova
applicazione nei rapporti intercorrenti tra i Comuni, il Commissario delegato e
le predette società. Pres. Santoro, Est. Giambartolomei - Comune di Caserta
(avv. Giuliani) c. F. C. s.p.a. (avv.ti E. ed F. Magrì) - (Conferma T.A.R.
Campania, Napoli, n. 7725/2006) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 19 marzo 2007
(C.C. 27 ottobre 2006), Sentenza n. 1301
RIFIUTI - INQUINAMENTO
- Operazioni di M.I.S.E. e
bonifica - Proprietario dell'area inquinata - Responsabilità per danno cagionato
da cose in custodia. Il proprietario, secondo le regole civilistiche, si
presume responsabile dei danni cagionati a terzi dalle cose in custodia, salvo
che non provi il caso fortuito. E' pertanto correttamente individuata nella
persona del proprietario dell'area inquinata la responsabilità ai fini
dell'imposizione dell'obbligo di attivare le operazioni di M.I.S.E., a
prescindere dalla sua dichiarazione di non aver avuto conoscenza dell'esistenza
di una fonte di inquinamento (nella specie, cisterna interrata utilizzata per il
deposito di idrocarburi). Pres. Petruzzelli, Est. Spiezia - B.M. (avv.
Formichini) c. Comune di Capannori (avv. Masi) e altri (n.c.) -
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 marzo 2007, n. 393
RIFIUTI - INQUINAMENTO- Bonifica di siti contaminati - D.M. 471/1999 - Parametri previsti per le aree residenziali - Obiettivo - Immobile adibito ad attività produttiva ubicato in area residenziale - Parametri applicabili. In materia di bonifica dei siti inquinati, i limiti più severi (rispetto a quelli dettati per le zone industriali) previsti dal D.M. n. 471/1999, all. 1, tab. A per le aree residenziali sono riconducibili all’obiettivo di tutelare non il singolo immobile, ma l’intera area circostante. Ne deriva la legittimità dell’ordinanza di bonifica che faccia riferimento alla classificazione urbanistica residenziale della zona, richiamandone i relativi parametri, senza tener conto che l’immobile interessato è adibito ad attività produttiva. Pres. Petruzzelli, Est. Spiezia - B.M. (avv. Formichini) c. Comune di Capannori (avv. Masi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 marzo 2007, n. 393
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Messa in
sicurezza, caratterizzazione e bonifica di un sito di interesse nazionale -
Artt. 17 del D.Lgs. n. 22/97, 10 e 15 del D.M. n. 471 del 1999 - Conferenza di
servizi decisoria - Natura endoprocedimentale - Verbale di conclusione dei
lavori - Rango di provvedimento conclusivo - Esclusione. La conferenza di
servizi (nella specie convocata per la messa in sicurezza, la caratterizzazione
e la bonifica di un sito di interesse nazionale, ex artt. 17, del D.Lgs. n.
22/97, 10 e 15 del D.M. n. 471 del 1999) non costituisce un ufficio speciale
della Pubblica amministrazione, autonomo rispetto ai soggetti che vi
partecipano, ma un modulo procedimentale; essa riverbera i propri effetti (che
sono di natura procedimentale), sull’atto finale (cfr. Cons. St. IV sez., 9
luglio 1999 n. 1193), ma non assurge alla dignità di organo “ad hoc”, nè
acquista soggettività giuridica autonoma, essendo solo uno strumento
procedimentale di coordinamento di Amministrazioni che restano diverse tra loro
e mantengono la rispettiva autonomia soggettiva. La conferenza costituisce,
dunque, un momento di comparazione di interessi e di valutazione preventiva, il
cui espletamento non è rigidamente formalizzato e le cui conclusioni si
inscrivono nel percorso endoprecedimentale della formazione della volontà
dell’Amministrazione (cfr. Cons. St. sez. IV, 6 ottobre 2001 n. 5296 e sez. V, 2
marzo 1999 n. 212). Ne deriva che il verbale di conclusione dei lavori di
conferenza di servizi, seppur decisorio, non assurge a rango di provvedimento
conclusivo idoneo a pregiudicare la posizione giuridica del privato interessato.
Pres. Petruzzelli, Est. Fiorentino - C. s.p.a. (avv.ti Giampietro e Fonderico)
c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero dello
Sviluppo Economico, Ministero della Salute (Avv. Stato), Conferenza di Servizi
decisoria (Avv. Stato) e altro (n.c.) -
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 marzo 2007, n. 383
RIFIUTI - Discarica abusiva -
Responsabilità del proprietario dell’area - Presupposti - Obbligo del
proprietario imputabile a titolo di dolo o colpa - Ripristino dello stato dei
luoghi - D.L.vo n. 22/97 - D.L.vo n. 152/2006. In base al disposto
dell'articolo 14, del D.L.vo n. 22/97 (c.d. decreto Ronchi) ora D.L.vo n.
152/2006, il proprietario del terreno è corresponsabile della realizzazione o
gestione della discarica effettuata da altri se l'accumulo continuato e
sistematico di rifiuti sul suo terreno gli può essere addebitato almeno a titolo
di negligenza: ad esempio, se pure essendo consapevole dell'attività di
discarica effettuata da altri non si attivi con segnalazioni, denunce
all'autorità, installazione di una recinzione ecc. L'obbligo del proprietario
del suolo di attivarsi per evitare che sul suo terreno vengano abbandonati i
rifiuti si è accentuato nel senso che costui è obbligato insieme con l'autore
dell'abbandono alla rimozione dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei
luoghi a condizione che il fatto gli sia imputabile a titolo di dolo o colpa.
Quindi il proprietario del suolo può essere chiamato a rimuovere i rifiuti in
concorso con il terzo a condizione che sia ravvisabile almeno una sua colpa.
Pres. Papa - Est. Petti - Ric. Marinelli.CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12/03/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10484
RIFIUTI - Illecita introduzione
dei rifiuti - Proprietario dell'area - Obbligo della rimozione. L'obbligo
della rimozione a carico del proprietario presuppone che a monte sia sempre
configurabile una responsabilità dolosa o colposa per l'illecita introduzione
dei rifiuti. Di conseguenza obbligato al ripristino ed autore o coautore
dell'illecito coincidono. In proposito il Consiglio di Stato sez V con sentenza
del 2 aprile del 2001 ha statuito che "il proprietario dell'area non può essere
destinatario dell'ordinanza ex art 14 decreto legislativo n 22 del 1997, in
assenza dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa". Pres. Papa - Est.
Petti - Ric. Marinelli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
12/03/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10484
RIFIUTI - Art. 14 c. 3, D.L.vo n.22/97 - Abbandono dei rifiuti - Proprietari del terreno inquinato - Responsabilità. Il precetto di cui all'articolo 14 comma terzo, D.L.vo n.22/97 è rivolto ai responsabili dell'abbandono dei rifiuti ed ai proprietari del terreno inquinato; mentre quello dell'articolo 50 comma secondo è rivolto ai destinatari formali dell'ordinanza sindacale per via amministrativa o giurisdizionale. Pres. Papa - Est. Petti - Ric. Marinelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12/03/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10484
RIFIUTI - Attività di demolizione - Sottoprodotti e relazione con la previgente disciplina - L. n. 178/2002 - Art. 264, c.1 lett. I), D. L.vo n. 152/2006. L'art. 14 del D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 8.8.2002 n. 178, è stato abrogato dall'art. 264, comma 1 lett. I), del D. L.vo 3.4.2006 n. 152, mentre ai sensi dell'art. 184, comma 3 lett. b) del medesimo testo normativo i materiali provenienti da attività di demolizione rientrano nella categoria dei rifiuti speciali, senza che risulti riprodotta l'eccezione alla applicabilità della normativa in materia di rifiuti di cui all'abrogato articolo 14 della L. n. 178/2002, con riferimento all'ipotesi del riutilizzo dei materiali nel medesimo o in analogo ciclo produttivo. Nella specie, la disciplina abrogata è più favorevole per l'imputato, con la conseguente applicabilità di quest'ultima ai sensi dell'art. 2, comma 3, C.P.. Pres. Papa, Est. Lombardi, Ric. Noaro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, del 9 marzo 2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10270
RIFIUTI - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Emissione di fumi - Incenerimento parti di autovetture - Art. 674 c.p. - Configurabilità - Presupposti - Molestia alla persona - Nozione. L'incenerimento di accessori e parti di autovetture senza alcuna autorizzazione è vietato dalla legge e configura, un fatto idoneo a molestare le persone (punibile attraverso il reato di cui all’art. 674 c.p.). Peraltro, con il termine molestia alla persona si intende ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio e disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano. Sicché, per la configurabilità della contravvenzione non si richiede un effettivo nocumento alle persone. (Nella specie, la prova del disagio si trae dalla stessa denuncia dei vicini di cui si dà atto nella sentenza). Pres. Papa Est. Petti Ric. Di Censi. (conferma Tribunale di Roma del 14/01/2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 9 marzo 2007 (Ud. 26 gen. 2007), Sentenza n. 10269
RIFIUTI - Gestione di discarica in difetto di autorizzazione - Ordinanza sindacale ex art. 13 D.Lgs. n. 22/1997 - Attribuzione di compiti - Dirigente ufficio tecnico comunale - Distinzione tra compiti di gestione politica ed amministrativa nella organizzazione dell'ente. In tema di gestione dei rifiuti, la prosecuzione dell'attività di gestione di discarica in difetto di autorizzazione successivamente alla scadenza della validità dell'ordinanza emessa dal sindaco ex art. 13 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, configura in capo a questi il reato di cui all'art. 51 del citato decreto n. 22 anche in presenza della attribuzione di compiti in materia al dirigente dell'ufficio tecnico comunale, attesa la distinzione tra compiti di gestione politica ed amministrativa nella organizzazione dell'ente e stante la riferibilità all'organo politico dei compiti di organizzazione generale e di predisposizione dei mezzi occorrenti al corretto funzionamento dei singoli settori di attività dell'ente. (Cass. sez. III, 200435700, Pinta, RV 229391; conf. Cass. sez. III, 200428674, Caracciolo, RV 229293). Pres. Papa, Est. Lombardi, Ric. Fiorito. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9 marzo 2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10266
RIFIUTI - Ordinanze contingibili e urgenti - Limite legislativo alla reiterabilità - Fondamento. L'applicazione delle disposizioni in tema di ordinanze contingibili ed urgenti emesse per provvedere al temporaneo smaltimento dei reflui urbani non può effettuarsi tenendo conto, ai fini del computo del limite legislativo alla reiterabilità delle predette ordinanze, del numero di provvedimenti emessi da ciascun sindaco quale persona fisica. Tale interpretazione contrasta con la lettera della norma, che si riferisce ai sindaco quale organo di governo dell'ente locale e non alla persona fisica che di volta in volta ne assume l'incarico, e con lo spirito della disposizione, che mira a limitare la possibilità di aggirare le prescrizioni della normativa in materia di rifiuti anche da parte degli organi della pubblica amministrazione, facendo ricorso alla illimitata reiterazione dei provvedimenti derogatori. Pres. Papa, Est. Lombardi, Ric. Fiorito. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9 marzo 2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10266
RIFIUTI - Rifiuti liquidi - Acque reflue civili non immesse nella pubblica fognatura - Trasporto mediante autobotti in apposite vasche di raccolta - Attività senza le prescritte autorizzazioni - Art. 6, c. 1 lett. a), D. L.vo n. 22/97 e dell'art 8, comma 1 lett. e) e normativa sulla tutela delle acque dall'inquinamento. Le acque reflue provenienti da civili abitazioni, non immesse nella pubblica fognatura, ma trasportate mediante autobotti in apposite vasche di raccolta, sono da qualificare quali rifiuti liquidi, ai sensi degli art. 6, comma 1 lett. a), del D. L.vo n. 22/97 e dell'art 8, comma 1 lett. e), del medesimo decreto legislativo, trattandosi di sostanze di cui ci si disfa o si è obbligati a disfarsi. Sicché, la normativa in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, disciplina esclusivamente lo smaltimento dei reflui nelle ipotesi dello scarico degli stessi diretto o mediante appositi corpi recettori nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque superficiali o sotterranee, mentre in ogni altro caso i reflui di qualsiasi tipo di attività e le sostanze liquide in genere non sono sottratte alle disposizioni in materia di rifiuti, ai sensi del citato art. 8, primo comma lett. e), del D. L.vo n. 22/97. Pres. Papa, Est. Lombardi, Ric. Fiorito. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9 marzo 2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10266
RIFIUTI - Sottoprodotti - Attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi - Legislazione previgente - Disciplina applicabile - D. L.vo 3.4.2006 n. 152 - L. n. 178/2002. L'art. 14 del D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 8.8.2002 n. 178, è stato abrogato dall'art. 264, comma 1 lett. l), del D. L.vo 3.4.2006 n. 152, senza che risulti riprodotta l'eccezione alla applicabilità della normativa in materia di rifiuti di cui all'abrogato articolo 14. Nella specie, la disciplina abrogata è più favorevole per l'imputato, con la conseguente applicabilità di quest'ultima ai sensi dell'art. 2, comma 3, C.P. (principio del favor rei). Pres. Papa, Est. Lombardi, Ric. Poli. (Conferma sentenza del 17.3.2005 Tribunale di Lucca). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9 marzo 2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10264
RIFIUTI - Sottoprodotti e residui
- Condizioni per l'utilizzazione - Mancanza di danno per l'ambiente - D. L.vo
n.152/2006. L'articolo 14 comma secondo lettera a) del decreto legge 8
luglio 2002 n 138, convertito nella legge 8 agosto 2002 n 178 è stato abrogato
dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (art 264 lettera 1) il quale con
l'articolo 183 lettera n) detta le condizioni per l'utilizzazione dei
sottoprodotti (che non sempre coincidono con i residui, posto che quest'ultima
categoria è più ampia di quella dei sottoprodotti) stabilendo che possono essere
utilizzati alle condizioni ivi previste, purché non comportino per l'ambiente e
la salute condizioni peggiorative rispetto a quelle delle normali attività
produttive. Spetta al soggetto che deduce la riutilizzazione la prova della
mancanza di danno per l'ambiente. Pres. Papa, Est. Petti, Ric. Barcella.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 9 marzo 2007 (Ud. 26 gen. 2007),
Sentenza n. 10262
RIFIUTI - Deposito temporaneo -
Nozione - Raggruppamento di rifiuti - Elementi legislativi - D. 183 lettera m)
D. L.vo n.152/2006. Ai sensi della nuova e della vecchia disciplina, per
deposito temporaneo si intende il raggruppamento di rifiuti effettuato prima
della raccolta nel luogo in cui sono prodotti (art 6 lettera m) del decreto
Ronchi e 183 lettera m) del decreto legislativo n 152 del 2006). Pres. Papa,
Est. Petti, Ric. Barcella.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 9 marzo 2007 (Ud. 26 gen. 2007),
Sentenza n. 10262
RIFIUTI - Rifiuti speciali - Materiale da demolizione e scavo di strade - Assimilabilità a terre e rocce da scavo - Esclusione - Artt. 185 c. 3° lett. b) e 186 D. L.vo. n.152/2006. Il materiale da demolizione e scavo di strade non è assimilabile alle terre e rocce da scavo in quanto non contiene esclusivamente terre da scavo, ma anche pezzi di asfalto, ferro calcestruzzo ecc. (Cass n 12851 del 2003, Favale; n 39568 del 2005, Francucci). La distinzione tra materiale da demolizione e terre e rocce da scavo elaborata dalla giurisprudenza è stata ribadita con il decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale include tra i rifiuti speciali anche quelli derivanti da attività di demolizione e costruzione e quelli pericolosi derivanti da scavi (art. 185 comma terzo lettera b) e li contrappone alle terre e rocce da scavo che sono escluse dalla disciplina del decreto sui rifiuti alle condizioni di cui all'articolo 186. Pres. Papa, Est. Petti, Ric. Barcella. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 9 marzo 2007 (Ud. 26 gen. 2007), Sentenza n. 10262
RIFIUTI - Discarica abusiva -
Gestione dei rifiuti - Zona interna al luogo di produzione dei rifiuti -
Definizione di discarica - Art. 2, c. 1 lett. g), D. L.vo n. 36/2003 attuazione
Dir. 1999/3l/CE. In materia di gestione dei rifiuti, rientra anche nella
definizione di discarica, ai sensi dell'art. 2, comma I lett. g), del D. L.vo
13.1.2003 n. 36, emanato in attuazione della Direttiva 1999/31/CE, anche la zona
interna al luogo di produzione dei rifiuti destinata stabilmente allo
smaltimento degli stessi. Nella specie, è stato affermato inoltre che
l’inesistenza nel territorio della Provincia di discariche autorizzate per lo
smaltimento dei fanghi di depurazione non giustifica la realizzazione di una
discarica abusiva, risolvendosi peraltro tale carenza solo in una maggiore
onerosità e non nella impossibilità delle operazioni di smaltimento. Pres. Papa,
Est. Lombardi, Ric. Bonfiglio.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, del 9 marzo 2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n.
10258
RIFIUTI - Realizzazione o gestione di discarica non autorizzata - Nozione di discarica abusiva - Art. 51, c. 3°, D. L.vo n. 22/1997 - D.L.vo n. 152/2006. Ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, di cui all'art. 51, comma terzo, del D. L.vo 5 febbraio 1997 n. 22, è necessario l'accumulo, più o meno sistematico ma comunque ripetuto e non occasionale, di rifiuti in un'area determinata, la eterogeneità dell'ammasso dei materiali, la definitività del loro abbandono ed il degrado, anche solo tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione. (sez. III,17.6.2004 n. 27296, Micheletti, RV 229062; conf. sez. 111, 8.9.2004 n. 36062, Tornasoni, RV 229484). Pres. Papa, Est. Lombardi, Ric. Bonfiglio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, del 9 marzo 2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n. 10258
RIFIUTI speciali - Scarti di
lavorazione del legno - Segatura e truciolame - Recupero o smaltimento senza
autorizzazione o fuori dei casi di cui agli articoli 31, 32, 33 del d.l.vo
22/'97 - Sottoprodotti industriali - Esclusione - Art. 51, 1° c. D.L.vo n.
22/1997 - Configurabilità. Il recupero o comunque lo smaltito di segatura e
truciolame quali residui del ciclo produttivo, senza autorizzazione e comunque
al di fuori dei casi di cui agli articoli 31, 32, 33 del d. leg.vo 22/'97,
costituiscono rifiuti. Pres. Papa, Est. Petti, Ric. Albertani.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 9/3/2007 (Ud. 26/01/2007), Sentenza n.
10257
Rifiuti - Traffico illecito di
rifiuti - Continuità normativa tra l'art. 53 bis D.Lgs. 22/1997 e l’art. 260
D.Lgs. 152/2006. L'astratta configurabilità del reato, già previsto
dall'art. 53 bis del D.Lgs. 22/1997 ed è ora ugualmente previsto in perfetta
continuità normativa dall'art. 260 D.Lgs. 152/2006, ricorre sia nei suoi
elementi materiali della condotta (gestione illecita organizzata) e dell'oggetto
(ingente quantità di rifiuti, diesumibile dalla vastità dell'area interessata,
dalla dimensione delle opere gestite in appalto, da cui provenivano i rifiuti, e
dal prolungamento nel tempo della condotta), sia nell'elemento psicologico del
dolo specifico. Sicché, il vigente art. 260 D.Lgs. 152/2006, non fa altro che
riprodurre le disposizioni della norma previgente in tema di repressione penale
dell'attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti. Pres. Papa Est.
Onorato Ric. Montigiani.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 8 Marzo 2007 (Ud. 29/11/2006), Sentenza n. 9794
Rifiuti - Bonifica dei siti
contaminati - Procedura per la bonifica o il ripristino - Presupposti - Art. 239
D.Lgs. 152/2006 Testo unico sull’Ambiente - Disciplina applicabile. Ai sensi
dell'art. 239 D.Lgs. 152/2006, la disciplina in tema di bonifica di siti
contaminati contenuta nel titolo V della parte IV dello stesso decreto non si
applica all'abbandono dei rifiuti. In tal caso, qualora a seguito di rimozione,
d'avvio al recupero o di smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in
modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà
procedere alla caratterizzazione dell'area al fine di verificare la eventuale
necessità di effettuare la bonifica o il ripristino ambientale ai sensi dello
stesso titolo V. Quindi, la procedura per la bonifica o il ripristino deve
essere attivata solo dopo che venga accertato il superamento dei livelli di
attenzione. Pres. Papa Est. Onorato Ric. Montigiani.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 8 Marzo 2007 (Ud. 29/11/2006), Sentenza n. 9794
Rifiuti - Procedura operativa e
amministrativa per la bonifica dei siti - Rapporto tra gli artt. 17 D.L.vo
22/97, 242 D.Lv. 152/2006 e D.M. n. 471/1999 - Concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC) - Concentrazione soglia di rischio (CSR). Ai sensi
dall'art. 242 D.Lgs. 152/2006, la procedura operativa e amministrativa per la
bonifica dei siti è ora disciplinata con regole che non sono completamente
sovrapponibili con quelle stabilite dal previgente art. 17 D.Lgs. 22/1997, in
quanto: il presupposto generalmente previsto per l'apertura della procedura,
secondo la normativa previgente, consisteva nel superamento dei limiti di
accettabilità della contaminazione stabiliti con D.M. 25.10.1999 n. 471, ovvero
nel pericolo concreto e attuale del superamento dei medesimi limiti (art. 17
cit., comma 2,); mentre, secondo la normativa vigente, l'anzidetto presupposto
consiste nell'accertamento di più precise concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC) al di sopra delle quali si apre un procedimento di
caratterizzazione e di analisi rischio sito specifica, in esito al quale, se è
accertato il superamento di concentrazione soglia di rischio (CSR), è richiesta
la messa in sicurezza e la bonifica del sito (art. 242 cit., in relazione
all'art. 240). Pres. Papa Est. Onorato Ric. Montigiani.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 8 Marzo 2007 (Ud. 29/11/2006), Sentenza n. 9794
Rifiuti - Mancata bonifica -
Reato di evento a condotta libera o reato causale puro, sottoposto a condizione
obiettiva di punibilità negativa - Struttura del reato contravvenzionale - Art.
257 D.Lv. 152/2006 e art. 51 bis D.Lgs. 22/1997 - D.M. 25.10.1999 n. 471. La
struttura del reato contravvenzionale di cui all'art. 51 bis D.Lgs. 22/1997 è
stata ora riprodotta nella fattispecie prevista dall'art. 257 D.Lgs. 156/2006,
giacché entrambe le norme puniscono chiunque cagiona l'inquinamento del sito se
non provvede alla bonifica secondo la relativa procedura prevista. Trattasi, di
reato di evento a condotta libera o reato causale puro, sottoposto a condizione
obiettiva di punibilità negativa. Tuttavia, l’evento è diversamente configurato
nelle due fattispecie: in quella previgente, desumibile dal combinato disposto
degli artt. 17 e 51 bis, l'evento consiste nell'inquinamento, definito come
superamento dei limiti di accettabilità previsti dal D.M. 25.10.1999 n. 471; o
nel pericolo concreto e attuale di inquinamento, in qualche modo definibile come
avvicinamento ai quei limiti di accettabilità; nella fattispecie vigente
prevista dall'art. 257 D.Lgs. 152/2006, invece, l'evento è esclusivamente di
danno, perché consiste solo nell'inquinamento (non nel pericolo di inquinamento)
ed è definito come superamento delle concentrazioni soglia di rischio (CSR).
Anche la condizione obiettiva di punibilità (non provvedere alla bonifica) è
configurata nelle due fattispecie a confronto secondo presupposti e regole
procedimentali non perfettamente sovrapponibili. Pres. Papa Est. Onorato Ric.
Montigiani.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 8 Marzo 2007 (Ud. 29/11/2006), Sentenza n. 9794
Rifiuti - Bonifica - Limiti di accettabilità (CSC) e (CSR) - L'inquinamento che perfeziona il reato - Trattamento sanzionatorio - Rapporti tra D.Lgs 22/1997 e D.Lgs. 152/2006. Le tabelle allegate al D.M. 471/1999, per definire i limiti di accettabilità, coincidono con quelle inserite nell'Allegato 5 alla Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006 per definire le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC); e che una volta superate le CSC si deve procedere alla caratterizzazione e alla analisi di rischio sito specifica, in esito alla quale se si accerta il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (CSR) si deve far luogo alla messa in sicurezza e alla bonifica. Ne deriva che secondo la fattispecie vigente l'evento del reato è diverso sotto un duplice profilo: a) perché è previsto solo come evento di danno, ossia come inquinamento; b) perché l'inquinamento è definito come superamento delle CSR, che è un livello di rischio superiore ai livelli di attenzione individuati dalle CSC e quindi ai livelli di accettabilità già definiti dal D.M. 471/1999. In altri termini, l'inquinamento che perfeziona il reato di cui all'art. 257 D.Lgs. 152/2006 è più grave dell'inquinamento che perfezionava il reato di cui all'art. 51 bis D.Lgs. 22/1997. Quanto al trattamento sanzionatorio, l'art. 51 bis D.Lgs 22/1997 prevedeva la pena congiunta dell'arresto e dell'ammenda, mentre l'art. 257 D.Lgs. 152/2006 prevede la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda (con arrotondamento della pena pecuniaria). Solo nel caso in cui l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose, sia la norma previgente che quella vigente prevedono la pena congiunta dell'arresto e dell'ammenda (sempre con arrotondamento di quest'ultima nella norma vigente). Sul punto, si deve mettere in evidenza che la nuova fattispecie penale, pur avendo la stessa struttura di quella precedente, è meno grave perché riduce l'area dell'illecito (restringendola alla condotta di chi cagiona inquinamenti più invasivi) e attenua il trattamento sanzionatorio. Pres. Papa Est. Onorato Ric. Montigiani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 Marzo 2007 (Ud. 29/11/2006), Sentenza n. 9794
Rifiuti - Terre e rocce da scavo
- Storico normativo - Esclusione dalla categoria dei rifiuti - Condizioni -
Disciplina applicabile. Vero è che le terre e rocce da scavo sono escluse
dalla disciplina dei rifiuti a norma dell'art.8 lett. f bis) D. Lgs. 22/1997
(aggiunta dall'art. 10, comma 1, legge 23.3.2001 n. 93); che questa disposizione
è stata interpretata estensivamente dall'art. 1, comma 17, legge 21.12.2001 n.
443, poi modificato dall'art. 23 della legge 31.10.2003 n. 306; che infine la
esclusione è stata ribadita dall'art. 186 D.Lgs. 152/2006. Ma è altrettanto vero
che, in ognuna delle versioni della travagliata normativa sulla materia, la
esclusione dalla categoria dei rifiuti è disposta a condizione che le terre e
rocce da scavo, anche se contaminate per effetto del processo di escavazione o
perforazione entro una soglia di inquinamento tollerata, siano destinate
all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati. Pres.
Papa Est. Onorato Ric. Montigiani.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 8 Marzo 2007 (Ud. 29/11/2006), Sentenza n. 9794
Rifiuti - Disciplina dei rifiuti militari - Disciplina speciale - Norma di settore - Art. 185 del D.Lgs. 152/2006. In materia di rifiuti militari, presupposto dell’esenzione alla disciplina generale sui rifiuti, ai sensi lettera dell'art. 185 del D.Lgs. 152/2006, è che le cose siano destinate direttamente e attualmente alla difesa e alla sicurezza nazionale (come è confermato anche dall'ultimo periodo della lettera m), secondo il quale i magazzini, i depositi e i siti di stoccaggio nei quali vengono custoditi i materiali de quibus costituiscono opere destinate alla difesa nazionale). La ratio evidente dell'art. 185 del D.Lgs. 152/2006 (lettera n) è che i beni e i materiali con destinazione militare i quali tuttavia non siano inclusi nell'apposito decreto ministeriale restino ugualmente esclusi dalla disciplina generale sui rifiuti sino a che non intervenga la c.d. dichiarazione fuori uso di materiali per vetustà o per usura di cui agli artt. 361 e ss. del citato D.P.R. 1076/1976, ora peraltro abrogato e sostituito con il D.P.R. 21.2.2006 n. 167 a decorrere dal 1.1.2007. Pres. Papa Est. Onorato Ric. Montigiani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 Marzo 2007 (Ud. 29/11/2006), Sentenza n. 9794
RIFIUTI - Discarica - Esaurimento - Prevedibilità e certezza - Ordinanza
contingibile e urgente - Avviso del procedimento - Omissione - Illegittimità.
L’esaurimento di una discarica non è evento contingibile, ma anzi prevedibile e
certo, oggetto di una conoscenza non meramente statistica, ma addirittura
scientifica, facilmente esplorabile con il ricorso a regole matematiche e
appartenenti alla tecnica specifica, e quindi certo nell’an e ragionevolmente
certo perfino nel quando. Ne deriva l’insussistenza delle “particolari esigenze
di celerità” che, a norma dell’art. 8 della L.R. Sicilia n. 10/1991 autorizzano
l’omissione agli interessati dell’avviso del procedimento. Pres. Virgilio, Est.
Zucchelli - O.F.N. e altri (avv. Paterniti La Via) c. Comune di Misterbianco (n.c.)
-
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 2 marzo 2007,
n. 97
RIFIUTI - Ordinanza contingibile e urgente - Esercizio del potere extra
ordinem ex art. 191 d.lgs. 152/2006 - Tutela della salute pubblica -
Presupposti. L’articolo 12 del d.p.r. n. 915 del 1982 (oggi sostituito
dall’articolo 191 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) attribuisce al
Presidente della Regione o al Sindaco un potere extra ordinem strettamente
connesso con la tutela della salute pubblica in relazione allo smaltimento dei
rifiuti, esplicazione specifica del generale potere di emanazione di ordinanze
contingibili e urgenti, di cui all’art. 50 del D.Lgs. n. 267/2000. La necessità
che giustifica l’esercizio di siffatto potere si deve essere verificata per una
deviazione dall’ordine naturale delle cose che era lecito e ragionevole
attendersi: non può pertanto condividersi l’impostazione secondo cui il potere è
demandato al sindaco quando il pericolo per la salute sia comunque insorto,
costituendo esso stesso, evento contingibile cui porre rimedio. Pres. Virgilio,
Est. Zucchelli - O.F.N. e altri (avv. Paterniti La Via) c. Comune di
Misterbianco (n.c.) -
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 2 marzo 2007,
n. 97
RIFIUTI - Individuazione di una discarica - Natura del provvedimento - Forma
“particolare” di smaltimento dei rifiuti - Esclusione. L’individuazione di
una discarica non può considerarsi “particolare forma di smaltimento dei
rifiuti” come da art. 12 del d.p.r. n. 915 del 1982 (oggi art. 191 del d.lgs. 3
aprile 2006, n. 152). Individuare una forma speciale di smaltimento significa,
infatti, dare disposizioni perché i rifiuti siano smaltiti in maniera differente
dall’ordinario, e quindi l'esatto contrario della individuazione di una
discarica ordinaria di smaltimento. Pres. Virgilio, Est. Zucchelli - O.F.N. e
altri (avv. Paterniti La Via) c. Comune di Misterbianco (n.c.) -
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 2 marzo 2007,
n. 97
RIFIUTI - Discarica - Requisizione di un’area da adibire a discarica -
Competenza sindacale e competenza prefettizia - Limiti. La requisizione di
un’area da adibire a discarica di rifiuti, come espressione del potere di
ordinanza contingibile e urgente ex art. 71 L. n. 2359/1865 (o ex art. 7 L. n.
2248/1865), può rientrare nell’ambito del potere sindacale anziché prefettizio
nell’ipotesi di eccezionalità della situazione contingibile che non consenta
nemmeno l’indugio necessario per permettere l’intervento del prefetto, quando,
quindi, la necessità dell’intervento fosse ad horas. Pres. Virgilio, Est.
Zucchelli - O.F.N. e altri (avv. Paterniti La Via) c. Comune di Misterbianco (n.c.)
-
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 2 marzo 2007,
n. 97
RIFIUTI - Sorveglianza e controllo delle spedizioni di rifiuti - Farine animali - Regolamento (CEE) n. 259/93. Ai sensi dell’art. 1, n. 3, lett. a), del regolamento (CEE) del Consiglio 1° febbraio 1993, n. 259, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 28 dicembre 2001, n. 2557, la spedizione di farine animali classificate come rifiuti a causa dell’obbligo o dell’intenzione di disfarsi di esse, le quali sono destinate unicamente ad essere recuperate e rientrano nell’allegato II al regolamento, è esclusa dall’ambito di applicazione delle norme del regolamento stesso, fatta eccezione per quelle di cui alle lett. b)‑e) del citato n. 3 e degli artt. 11 e 17, nn. 1‑3, del regolamento. Spetta tuttavia al giudice del rinvio garantire che la citata spedizione sia effettuata conformemente alle esigenze che derivano dalle norme del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 3 ottobre 2002, n. 1774, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 12 maggio 2003, n. 808, fra le quali possono essere rilevanti quelle degli artt. 7, 8 e 9 e dell’allegato II a tale ultimo regolamento. KVZ retec GmbH contro Repubblica d’Austria. CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Sez. I, 1° marzo 2007, procedimento C-176/05
RIFIUTI - Attrezzature elettriche ed elettroniche - Inadempimento di Stato - Direttive 2002/96/CE e 2003/108/CE. Non avendo preso le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi: - alla direttiva 2002/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, relativa ai rifiuti di attrezzature elettriche ed elettroniche (DEEE), e - alla direttiva 2003/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 dicembre 2003, che modifica la direttiva 2002/96, il Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord è venuto meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di queste direttive. Il Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord è condannato alle spese. (lingua processuale: En n’ayant pas pris les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer: à la directive 2002/96/CE du Parlement européen et du Conseil, du 27 janvier 2003, relative aux déchets d’équipements électriques et électroniques (DEEE), et à la directive 2003/108/CE du Parlement européen et du Conseil, du 8 décembre 2003, modifiant la directive 2002/96, le Royaume-Uni de Grande-Bretagne et d’Irlande du Nord a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de ces directives. Le Royaume-Uni de Grande-Bretagne et d’Irlande du Nord est condamné aux dépens). Commissione della Comunità Eruropea c. Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord. CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Sez. VI, 1 marzo 2007 Sentenza C-139/06
RIFIUTI - Pneumatici fuori uso -
Nozione di rifiuti - D.lgs 152/2006 e D.Lvo. 22/1997 - Disciplina applicabile -
Pneumatici "fuori uso" e c.d, pneumatici ricostruibili - Differenza. La
nozione di rifiuti è attualmente ristretta ai soli pneumatici "fuori uso"
(rimanendone esclusi, i c.d, pneumatici ricostruibili) ciò in quanto l'art. 23
della legge 31 luglio 2002, n. 179 ha disposto che "all'allegato A [del d.lgs
22/97] le parole: "16.01.03 pneumatici usati" sono sostituite dalle seguenti:
"16.01.03 pneumatici fuori uso" ed, attualmente, sia l'art. 228 che l'allegato
A) - voce 16.01.03 - del d.lgs 152/2006, contemplano anch'essi nella categoria
dei rifiuti unicamente i "pneumatici fuori uso" (a differenza da quanto indicato
nell’originaria formulazione del D.Lv. 22/1997). Pres. De Maio, Est. Sarno, Ric.
Vitale ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 1 marzo 2007 (Ud. 23/01/2007), Sentenza n.
8679
RIFIUTI - Gestione di rifiuti - Assenza di autorizzazione - Natura del reato - Fattispecie: attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria. Il reato di attività di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione, previsto dall'art. 51 del d.lgs 5 febbraio 1997 n. 22, non ha natura di reato proprio integrabile soltanto da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti, ma costituisce una ipotesi di reato comune che può essere pertanto commesso anche da chi esercita attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa (ex plurimis Sez. 3, n. 16698 del 11/02/2004 Rv. 227956). Pres. De Maio, Est. Sarno, Ric. Vitale ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 1 marzo 2007 (Ud. 23/01/2007), Sentenza n. 8679
RIFIUTI - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Gestione di rifiuti - Impianti di trattamento di rifiuti - Emissioni in atmosfera - Tutela dall'inquinamento atmosferico - Disciplina applicabile. In tema di gestione di rifiuti, gli impianti di trattamento di rifiuti che comportino emissioni in atmosfera sono soggetti sia alle disposizioni di cui al d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (ora d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152), sia alla disciplina di cui all'art. d.p.R. 24 maggio 1988, n. 203 (tutela dall'inquinamento atmosferico) atteso che la normativa nazionale e comunitaria in tema di inquinamento atmosferico completa e non assorbe quella sui rifiuti (cfr. Sez. III, 5 aprile 2002, Kiss Gmunter H., m. 221.875; Sez. III, 4 maggio 2004, Gambato, m. 230.104; Sez. III, 7 dicembre 1992, Fava, m. 192.634). D'altra parte, nel caso di specie, non si tratta nemmeno di rifiuti destinati alla produzione di energia, per i quali potrebbe porsi il problema della applicabilità di una normativa (nazionale e comunitaria) particolare. Pres. Vitalone C. - Est. Franco A. - Imp. Zambrotti. (Rigetta, Trib. Sala Consilina, 19 Dicembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 27/2/2007 (Ud.11/01/2007), Sentenza n. 8051
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Raccolta differenziata - Piazzole comunali (c.d. ecologiche o eco piazzole) - Natura di centri di stoccaggio - Attività di smaltimento o recupero - Autorizzazione - Necessità. In tema di gestione dei rifiuti, le piazzole comunali destinate alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, cosiddette piazzole ecologiche o ecopiazzole, hanno natura di centri di stoccaggio ai sensi dell'art. 6, comma primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che nelle stesse si effettuano attività di smaltimento, consistente nel deposito preliminare in vista di altre operazioni di smaltimento definitive ex punto D15 dell'allegato B al citato decreto n. 22, o attività di recupero, consistente nella messa in riserva ex punto R13 dello stesso allegato B (Sez. III, 21 aprile 2005, Zumino, m. 231.938) e che «conseguentemente si verte in tema di stoccaggio quale fase preliminare alle attività di smaltimento o recupero, e come tale necessitante la prevista autorizzazione» (Sez. III, 26 ottobre 2005, Marino, m. 232.353). Pres. Vitalone C. - Est. Franco A. - Imp. Zambrotti. (Rigetta, Trib. Sala Consilina, 19 Dicembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 27/2/2007 (Ud.11/01/2007), Sentenza n. 8051
RIFIUTI - Custodia di rifiuti stoccati - Cambio gestore - Responsabilità -
Concorso e continuazione - Legale rappresentante dell'ente - Custodia e prova
del riutilizzo - Fattispecie. La custodia di ogni rifiuto stoccato
-qualsiasi ne sia la provenienza, anche se da precedente gestione, anche per
fatti non inerenti il normale ciclo di produzione o altre evenienze
straordinarie- ricade sotto la personale responsabilità del legale
rappresentante dell'ente che lo detiene attualmente, generandosi una sorta di
traditio da un amministratore all'altro. Nella specie, il deposito dei
rifiuti speciali era da attribuirsi materialmente all'attività svolta dalla
precedente gestione ovvero, per meglio dire, era solo idoneo a indicare, in modo
ormai insuperabile che parte del materiale rinvenuto era stato depositato dalla
precedente società, tuttavia, non si è potuto escludere che altra parte del
materiale sia riferibile all'attività dell'attuale gestione generando, così, una
forma di “concorso” nella responsabilità da un amministratore all'altro. Pres.
Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27
febbraio 2007 (U.p. 11/01/2007), Sentenza n. 8050
RIFIUTI - Riutilizzo dei rifiuti - Prova della destinazione - Smaltimento
compatibile con la salute e l'ambiente - Necessità - Giurisprudenza. La
prova della destinazione al riutilizzo dei rifiuti deve essere obiettiva,
univoca e completa, non potendosi tener conto solo delle affermazioni o delle
intenzioni dell'interessato, posto che i rifiuti richiedono un corretto e
tempestivo recupero, se possibile e dimostrato, oppure il loro smaltimento in
modo compatibile con la salute e l'ambiente, interessi primari della
collettività (giurisprudenza assolutamente pacifica, fin dalla sent. sez.III,
27.9.1999 n.11007, rv.214453). Pres. Vitalone Est. De Maio Ric. Matticari ed
altro.
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III del 27
febbraio 2007 (U.p. 11/01/2007), Sentenza n. 8050
RIFIUTI - ACQUA - Situazioni di emergenza - Art. 3, c. 2-bis del d.l. 245/2005 - Competenza territoriale funzionale del TAR Lazio - Limiti. La competenza territoriale funzionale del TAR Lazio individuata dall’art. 3, c. 2-bis del d.l. 30 novembre 2005, n. 245 (conv. in l. 27 gennaio 2006, n. 21), in materia di situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, non è riferita in modo indifferenziato ad ogni tipologia di atto posto in essere a seguito della dichiarazione di emergenza dal Presidente del Consiglio o dai Commissari delegati. Al contrario, dall’inequivoco disposto normativo di cui all’art. 3 del d.l. 245, cit., emerge che la devoluzione in questione resti limitata alle sole ipotesi di impugnativa “delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali”, poste in essere a seguito della dichiarazione di cui al comma 1 dell’art. 5, cit. (ci si riferisce, come è evidente, da un lato all’istituto delle c.d. ‘ordinanze in deroga’, di cui al comma 2 dell’art. 5 e dall’altro alla diversa figura delle ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o cose, di cui è menzione al comma 3 del medesimo articolo). La deroga alla competenza territoriale non trova invece applicazione nelle ipotesi in cui l’impugnativa giurisdizionale concerna (non già le ordinanze di cui all’art. 5, cit., ovvero i provvedimenti ad esse conseguenti, bensì) atti e provvedimenti amministrativi di diversa natura costituenti esercizio di un’ordinaria attività gestionale, sia pure esplicantesi nell’ambito delle particolari situazioni di cui all’art. 2, comma 1,lettera c) della l. 225. Pres. Ravalli, Est. Contessa - Comune di Galatone (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente della Regione Puglia, Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia (Avv. Stato), Regione Puglia (avv. Paccioni) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 22 febbraio 2007, n. 614
RIFIUTI - Piazzole comunali ecologiche o ecopiazzole destinate alla raccolta
differenziata dei rifiuti urbani - Natura di centri di stoccaggio - Gestione dei
rifiuti - Autorizzazione - Necessità - D.Lgs. n. 22/1997 ora D. lgs. 3 n.
152/2006. In tema di gestione dei rifiuti, le piazzole comunali destinate
alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, cosiddette piazzole ecologiche o
ecopiazzole, hanno natura di centri di stoccaggio ai sensi dell'art. 6, comma
primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che nelle stesse si effettuano
attività di smaltimento, consistente nel deposito preliminare in vista di altre
operazioni di smaltimento definitive ex punto D15 dell'allegato B D. L.vo n.
22/97, o attività di recupero, consistente nella messa in riserva ex punto R13
dello stesso allegato B» (Sez. III, 21 aprile 2005, Zumino, m. 231.938» e che
«conseguentemente si verte in tema di stoccaggio quale fase preliminare alle
attività di smaltimento o recupero, e come tale necessitante la prevista
autorizzazione» (Cass. Sez. III, 26 ottobre 2005, Marino, m. 232.353). Pres.
Vitalone, Est. Franco, Ric. PM in proc. Noto.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. III, del 22/02/2007 (c.c. 11 gen. 2007),
Sentenza n.7285
RIFIUTI - Ammasso dei rifiuti - C.d. ecopiazzole o isole ecologiche - Definizione - Funzioni - Disciplina - Attività di gestione dei rifiuti - D. lgs. n. 152/2006. La c.d. «ecopiazzola» è un luogo dove viene effettuata attività di gestione dei rifiuti, e precisamente un centro di stoccaggio, ai sensi dell’art. 183, lett. l), d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nel quale i rifiuti vengono accumulati lontano da luogo di produzione in attesa dello smaltimento o del recupero definitivi. In tale luogo, pertanto, si effettua attività di smaltimento, consistente nel deposito preliminare in vista di altre operazioni di smaltimento definitive o di attività di recupero, di modo che la gestione della piazzola doveva essere preventivamente autorizzata. La sua gestione senza la necessaria autorizzazione, quindi, lede l'interesse tutelato dalla norma di un controllo preventivo della pubblica amministrazione sulla gestione dei rifiuti. Pres. Vitalone, Est. Franco, Ric. PM in proc. Noto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. III, del 22/02/2007 (c.c. 11 gen. 2007), Sentenza n.7285
RIFIUTI - Materiali da
demolizioni edilizie - Reimpiego - Rifiuti speciali - Test di cessione dei
materiali provenienti da demolizioni - D. L.vo n. 152/2006. L'art. 14 del
D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 8.8.2002 n. 178, è
stato abrogato dall'art. 264, comma 1 lett. l), del D. L.vo 3.4.2006 n. 152,
mentre ai sensi dell'art. 184, comma 3 lett. b) del medesimo testo normativo i
materiali provenienti da attività di demolizione rientrano nella categoria dei
rifiuti speciali, senza che risulti riprodotta dal nuovo codice in materia
ambientale l'eccezione alla applicabilità della normativa sui rifiuti di cui
all'abrogato articolo 14 della L. n. 178-2002. Pres. Grassi, Est. Lombardi, Ric.
Agazzini.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15 febbraio 2007 (Ud. 17/01/2007), Sentenza
n. 6435
RIFIUTI - Demolizione edilizia - Materiali - Smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi - Test di cessione - Pregiudizio all'ambiente - Codice in materia ambientale - Art. 51, c. 1°, lett. a) D.Lgs. n. 22/1997 - Art. 14 D.L. n. 138/02 - D. L.vo n. 152/2006. In materia di rifiuti da demolizione è stato reiteratamente affermato, il principio di diritto, che nella vigenza dell’art. 14 del D.L. n. 138/02, convertito in L. n. 178/02, "i materiali provenienti da demolizione edilizia sono rifiuti speciali non pericolosi e possono essere riutilizzati nello stesso od in diverso ciclo produttivo - ad esempio nelle opere di riempimento -previo preventivo "test di cessione" degli stessi, in conformità al D.M. 5 febbraio 1998, in modo da non recare pregiudizio all'ambiente; in assenza del menzionato test ogni recupero dei materiali cosiddetti di risulta integra la contravvenzione di cui all'art. 51, comma primo, lett. a) del D.Lgs. n. 22 del 1997." (sez. III, 200430127, Piacentino, RV 229467; conf. sez. III, 200536955, P.M. in proc. Noto ed altri, RV 232192) Pres. Grassi, Est. Lombardi, Ric. Agazzini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15 febbraio 2007 (Ud. 17/01/2007), Sentenza n. 6435
Rifiuti - Piano regionale di gestione dei rifiuti adottato al commissario delegato per l’emergenza ambientale - Natura - Atto di alta amministrazione - Atto amministrativo generale. Il piano regionale di gestione dei rifiuti adottato dal Commissario delegato per l’emergenza ambientale costituisce un atto di alta amministrazione, caratterizzato da amplissima discrezionalità in quanto espressione di una funzione di raccordo tra indirizzo politico, di pertinenza dello Stato comunità, e attività amministrativa in senso stretto, riferibile allo Stato amministrazione; il suddetto piano è altresì atto amministrativo generale in quanto si rivolge ad una pluralità indistinta di soggetti, non individuabili a priori, per cui non comporta la ponderazione di interessi che si appuntino su soggetti particolari e, di norma, non incide direttamente sulla sfera giuridica di possibili destinatari. Pres. de Lise Est. Caponigro - D. s.p.a. (avv.ti Soprano e Secchione) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio, Ministero dell’Interno, Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia (Avv. Stato) e Regione Puglia (avv. Clarizio) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 13 febbraio 2007, n. 1335
Rifiuti - Lavori di ampliamento
di una discarica - Provvedimento comunale di diniego - Efficacia - Esclusione -
Competenza regionale - Sussistenza. I lavori di ampliamento di una discarica
approvati da un apposito provvedimento regionale non possono essere impediti,
sotto il profilo ambientale, da un provvedimento comunale (perché il Comune non
è titolare di attribuzioni in materia) e perché, dal punto di vista urbanistico,
in materia, non si configura alcuna competenza del settore ecologia del Comune.
Pres. Santoro - Est. Russo - s.r.l. VE-PART (avv.ti Abbamonte e Cacciavillani)
c. Comune di Sommacampagna (avv. Coglitore), (riforma, T.A.R. Veneto, Sez. III,
n. 608 del 17/03/2006).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 12 febbraio 2007 (C.C. 19/12/2006), Sentenza n. 572
Rifiuti - Piani regionali -
Approvazione di un progetto - Effetti - Variante allo strumento urbanistico -
Dichiarazione di pubblica utilità - Urgenza ed indifferibilità dei lavori - Art.
22 del d.lgs. n. 22/97. In materia di rifiuti, l’approvazione di un
progetto, come specificato in applicazione dell’art. 22 del d.lgs. n. 22/97
(Piani regionali), comporta variante allo strumento urbanistico nonché
dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. Pres.
Santoro - Est. Russo - s.r.l. VE-PART (avv.ti Abbamonte e Cacciavillani) c.
Comune di Sommacampagna (avv. Coglitore), (riforma, T.A.R. Veneto, Sez. III, n.
608 del 17/03/2006).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 12 febbraio 2007 (C.C. 19/12/2006), Sentenza n. 572
Rifiuti - Discarica “esistente” - Nozione - Fase della cd. gestione post operativa - Gestore della discarica - Responsabile - L.R. Veneto n. 3/2000, artt. 32 e 32 bis - Art. 13, direttiva 1999/31/CE. La nozione di discarica “esistente”, ai sensi della L.R. Veneto n. 3/2000, artt. 32 e 32 bis, (che distinguno tra discarica per rifiuti speciali “esistente” e discarica “non più in attività”), va riferita a qualunque sito nel quale sia in corso, non soltanto l’attuale conferimento di rifiuti, ma anche la fase della cd. gestione post operativa. Nell’un caso e nell’altro, l’area compresa nell’originario provvedimento autorizzatorio soggiace al regime previsto per le discariche e ad ogni altra cautela in materia. La riprova è che il gestore della discarica, anche nella fase della cd. gestione post operativa, non risulta destinatario di una “minore responsabilità alle condizioni stabilite dall’autorizzazione” (art. 13, direttiva 1999/31/CE). Pres. Santoro - Est. Russo - s.r.l. VE-PART (avv.ti Abbamonte e Cacciavillani) c. Comune di Sommacampagna (avv. Coglitore), (riforma, T.A.R. Veneto, Sez. III, n. 608 del 17/03/2006). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 12 febbraio 2007 (C.C. 19/12/2006), Sentenza n. 572
RIFIUTI - CAVE - Riutilizzo di
limo di lavaggio - Connotazione di rifiuto - Esclusione - Presupposti. Il
materiale ricavato in seguito al processo di lavaggio della roccia frantumata
nell'ambito di un'attività estrattiva “c.d. limo”, se riutilizzato per
interventi di risistemazione dello stesso sito dell'attività di cava senza le
operazioni di recupero contemplate dalla legge non assume la connotazione di
rifiuto (conforme, v. Cass., sez. I, 25/08/2006, n. 18556; Cass, sez. II,
21/2/2006, n. 3740; Trib. S. Maria Capua V. 10/06/2005; Corte giust. CE, sez. II,
11/11/2004, n. 457; Cass., sez. III, 6/06/2003; Cass., sez. III, 25/06/2003;
Cass., sez. III, 24/03/2003; Cass., sez. III, 13/12/2002, Pittini; Cass., sez.
III, 24/02/2003; Trib. Milano 14/04/2003; Cass, sez. III, 31/07/2003).
TRIBUNALE TRENTO, 09 febbraio 2007
RIFIUTI - Riutilizzo - Nozione di rifiuto - Condizioni per il riutilizzo - Art. 14 l. n. 178/2002 - Allegato «c» D.lg. n. 22/1997 - D.L.vo 152/2006. In materia di rifiuti, ai sensi dell'art. 14 l. n. 178 del 2002, sono esclusi dalla nozione di rifiuto, le sostanze e materiali di produzione e di consumo che abbiano ancora una valenza economica e dei quali non vi sia ancora stata la manifestazione della volontà di disfacimento. Sicché, per escludere una sostanza, un bene o un materiale dalla nozione di rifiuto occorre che il suo riutilizzo sia non solo possibile ma, soprattutto, certo e che esso avvenga senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero, tra quelle contemplate dall'allegato «c» al d.lg. n. 22 del 1997, anche se ha subito un mero «trattamento preventivo». TRIBUNALE TRENTO, 09 febbraio 2007
RIFIUTI - Veicoli fuori uso - Disciplina specifica - Demolizione, al recupero dei materiali e alla rottamazione dei veicoli - C.d. frantumazione e alla separazione del cd. fluff: rifiuto - D. L.vo n.152/2006 - D. L.gs n. 149/2006 - D. L.vo n. 209 /2003. Per quanto attiene i veicoli fuori uso, vi è una disciplina specifica contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 ( non modificato sul punto dall’art. 2 del successivo decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 149 “disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209”) che considera il veicolo fuori uso appartenente ad una delle categorie indicate nello stesso articolo un rifiuto, (v. Cass. sez. III, 4/03/2005, n. 21963, D'Agostino), sicché l'attività del soggetto che provvede allo smantellamento dei veicoli altrui non più funzionanti rientra sempre nell'ambito dello smaltimento e del recupero e non può essere esercitata senza autorizzazione. Ugualmente, ai sensi dell’art. 231 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, non può procedersi alla demolizione, al recupero dei materiali e alla rottamazione dei veicoli non facenti parte delle categorie indicate nell'art. 3 del decreto legislativo n. 209 del 2003, comunque definiti rifiuti dall'art. 184 lettera 1 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 senza l’autorizzazione di cui agli artt. 208, 209 e 210 del medesimo decreto. Pres. Lupo - Est. Marmo - Ric. Sanfilippo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (Ud. 7/12/2006), Sentenza n. 5319
RIFIUTI - Attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione - Mancanza di autorizzazione iscrizione o comunicazione - Effetti - D. L.vo n. 152/2006. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito ai sensi dell'art. 51 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, avente ad oggetto l'Attuazione delle direttive CEE sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio, noto come " decreto Ronchi", (sostituito ora dall'art. 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006), con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi. Pres. Lupo - Est. Marmo - Ric. Sanfilippo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (Ud. 7/12/2006), Sentenza n. 5319
RIFIUTI - CAVE - Attività di
estrazione - Pulitura effettuata mediante lavaggio - Condizioni - D. L.vo n.
152/2006 - D. L.vo n.22/1997. La cosiddetta prima pulitura del materiale
estratto dalla cava - la quale rientra nella attività di estrazione latamente
considerata e per tale ragione è sottratta alla applicazione della disciplina
sui rifiuti ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. b), del d.Igs. 5 febbraio 1997,
n. 22, ed ora dell'art. 185, comma 1, lett. d), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152
- non è costituita soltanto dalla pulitura effettuata mediante grigliatura a
secco o setacciatura, ma può essere costituita anche dalla pulitura effettuata
mediante lavaggio, con la conseguenza che anche i rifiuti, ed in particolare i
fanghi e limi, derivanti dalla prima pulitura mediante lavaggio del materiale
ricavato dallo sfruttamento delle cave non rientrano nel campo di applicazione
della parte quarta del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Fattispecie: sequestro
preventivo, in riferimento al reato di cui all'art. 51, terzo comma, d.lgs. 5
febbraio 1997, n. 22, di due vasche di decantazione riempite con limo. Pres.
Papa - Est. Franco - Ric. Doneda.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (c.c. 11/10/2006), Sentenza
n. 5315
RIFIUTI - CAVE - Rifiuti
risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di
risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave - Prima pulitura del materiale
estratto - Lavaggio - Disciplina applicabile - Art. 185, c. 1, lett. d), d.lgs.
n. 152/2006. La «prima pulitura» del materiale estratto, necessaria per
separare il materiale commerciale, non necessariamente deve avvenire
esclusivamente mediante setacciatura o grigliatura, quando necessità tecniche lo
richiedano o lo rendano opportuno, può avvenire mediante lavaggio. L'art. 185,
comma 1, lett. d), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dispone che «Non rientrano
nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:.... d) i
rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento,
dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave». Pres. Papa -
Est. Franco - Ric. Doneda.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (c.c. 11/10/2006), Sentenza
n. 5315
RIFIUTI - CAVE - Materiali
derivanti dallo sfruttamento delle cave - Inerti provenienti dalla cava -
Smaltimento, ammasso, deposito e discarica - Disciplina generale sui rifiuti.
I materiali derivanti dallo sfruttamento delle cave quando restano entro il
ciclo produttivo della estrazione e connessa pulitura, sono esclusi dalla
normativa sui rifiuti, mentre, poiché l'attività di sfruttamento della cava non
può confondersi con la lavorazione successiva dei materiali, se si esula dal
ciclo estrattivo, gli inerti provenienti dalla cava sono da considerarsi rifiuti
ed il loro smaltimento, ammasso, deposito e discarica è regolato dalla
disciplina generale (Sez. III, 28 novembre 2005, n. 42966, Viti, m. 232.243;
contra: Cass. Sez. III, 29/10/2002, Sentenza n. 42949, Totaro). Pres. Papa -
Est. Franco - Ric. Doneda.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (c.c. 11/10/2006), Sentenza
n. 5315
RIFIUTI - CAVE - Artt. 183 (sottoprodotti) e 186 terre e rocce da scavo e residui della lavorazione della pietra - Rifiuti - Ambito di esclusione - Disciplina vigente - D. lgs. n. 152/2006. Il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 art. 186 (nel quale è stata trasfusa la disposizione già contenuta nell'art. 8, comma 1, lett. f bis), del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, introdotta dall'art. 10, comma 1, della l. 23 marzo 2001, n. 93, ed interpretata dall'art. 1, comma 17, della legge 21 dicembre 2001, n. 443), stabilisce ora che «le terre e rocce da scavo anche di gallerie, ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non costituiscono rifiuti e sono, perciò, esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto sola nel caso in cui, anche quando contaminati, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione siano utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale ovvero, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente, ove ciò sia espressamente previsto, previo parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, semprechè la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti e dal decreto di cui al comma 3» (comma 1), mentre il comma 2 precisa che «ai fini del presente articolo, le opere il cui progetto è sottoposto a valutazione di impatto ambientale costituiscono unico ciclo produttivo, anche qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti utilizzi, a condizione che tali utilizzi siano tutti progettualmente previsti», ed il comma 5 puntualizza, a sua volta, che «per i materiali di cui al comma 1 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale, nonché il riempimento delle cave coltivate oppure la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorità amministrativa competente, qualora ciò sia espressamente previsto, previo, ove il relativo progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 3 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità progettuali di rimodellazione ambientale del territorio interessato» .Pres. Papa - Est. Franco - Ric. Doneda. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 febbraio 2007 (c.c. 11/10/2006), Sentenza n. 5315
RIFIUTI - Rifiuti tossico/nocivi
- Smaltimento - Realizzazione e gestione di discarica abusiva - Autorizzazione
allo stoccaggio provvisorio - Legittimità - Esclusione - Artt. 16 e 26 d.P.R. n.
915/1982 sostituito dall'art. 51 D.Lgs. n. 22/1997 e successivamente dall'art.
256 D.Lgs n. 152/2006. In materia di smaltimento di rifiuti tossici o nocivi
senza autorizzazione si configura il reato per ciascuna delle fasi di gestione
dell'attività nel caso di mancanza dell'autorizzazione per la specifica fase e
non rileva per una diversa fase dello smaltimento stesso (nella specie,
l'autorizzazione era stata rilasciata per il solo stoccaggio provvisorio).
Presidente G. S. Coco, Relatore C. G. Brusco (Annulla in parte con rinvio, App.
Venezia, 2 Novembre 2001). CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. IV, 06/02/2007 (Ud.
17/05/2006), Sentenza n. 4675
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti
tossici nocivi - Vecchia disciplina (d.P.R. n. 915/1982 e D.Lgs. n. 22/1997) e
nuova disciplina (D.Lgs. n. 152/2006) - Nesso di continuità. In materia di
gestione dei rifiuti, tra le disposizioni di cui agli artt. 16 e 26 del d.P.R.
10 settembre 1982 n. 915 e quelle di cui all'art. 51 D.Lgs. 5 febbraio 1997 n.
22 ora art. 256 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, sussiste continuità normativa,
atteso che in entrambe le disposizioni è prevista la necessità della preventiva
autorizzazione per ogni fase dello smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi
(successivamente qualificati quali pericolosi), in difetto della quale si
configura il reato di gestione dei rifiuti non autorizzata. Presidente G. S.
Coco, Relatore C. G. Brusco (Annulla in parte con rinvio, App. Venezia, 2
Novembre 2001). CORTE DI CASSAZIONE Penale sez. IV, 06/02/2007 (Ud.
17/05/2006), Sentenza n. 4675
Rifiuti - Incenerimento e smaltimento - Coincenerimento e recupero - Elementi
comuni e distintivi. La nozione di “recupero” ha in comune con quella di
“coincenerimento” la finalità principale di produrre energia o altri beni,
mentre la nozione di “smaltimento” divide con quella di “incenerimento” la
finalità principale di eliminazione del rifiuto: ne consegue che, per regola, ad
un impianto di coincenerimento corrisponde l’attività di recupero e ad un
impianto di incenerimento l’attività di smaltimento. Pres. Calvo, Est. Plaisant
- A.L. s.p.a. (avv.ti Vivani, Pacciani e d’Ormea) c. Provincia di Cuneo e Comune
di Bra -
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 6 febbraio 2007, n. 486
Rifiuti - Trattamento termico - Classificazione di un impianto entro la
categoria dell’incenerimento o del coincenerimento - Criterio differenziale -
D.Lgs. n. 133/2005 - Mero dato del trattamento termico - Insufficienza -
Riferimento alla finalità prevalente dell’attività svolta - Necessità. La
classificazione di un impianto nella categoria dell’incenerimento piuttosto che
in quella del coincenerimento non può essere effettuata sulla base del dato, di
per sé neutro, del “trattamento termico” dei rifiuti, laddove tale elemento è
richiamato sia nella definizione normativa di “incenerimento” (art. 2, comma 1,
lettera d, del decreto legislativo 133/2005: “…qualsiasi unità e attrezzatura
tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti ai fini
dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione…”)
che in quella di coincenerimento (art. 2, comma 1, lettera e, del decreto
legislativo 133/2005: “…qualsiasi impianto, fisso o mobile, la cui funzione
principale consiste nella produzione di energia o di materiali e che utilizza
rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono
sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento…”) e non può, quindi,
costituire il criterio differenziale tra le due tipologie di impianti, che il
legislatore individua, invece, nella finalità prevalente dell’attività svolta:
eliminazione dei rifiuti per gli impianti di incenerimento, produzione di
energia (o di altri beni) per gli impianti di coincenerimento. Pres. Calvo, Est.
Plaisant - A.L. s.p.a. (avv.ti Vivani, Pacciani e d’Ormea) c. Provincia di Cuneo
e Comune di Bra -
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 6 febbraio 2007, n. 486
Rifiuti - Discariche - Fasi di esercizio già concluse o in corso di completamento - Disciplina di cui al D.Lgs. n. 36/2006 - Totale e meccanica applicazione - Esclusione. Il riferimento contenuto nel comma 1, dell'art. 17, del Dlgs. 36 del 2003, alle discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del decreto, non può comportare l'indiscriminata estensione degli obblighi ivi previsti a tutte le discariche, sia a quelle con rifiuti ancora da conferire, che a quelle già chiuse o in fase di post gestione. Infatti, in mancanza di un'espressa indicazione normativa, l'adeguamento alla disciplina sopravvenuta non può risolversi in una totale e meccanica applicazione delle nuove disposizioni agli impianti esistenti, ma deve tener conto della situazione di fatto e dello stato in cui si trova la discarica, con la conseguenza che non possono essere estesi gli obblighi relativi a fasi di esercizio già concluse o in corso di completamento alla data di scadenza del termine per la presentazione del piano di adeguamento. Un'indicazione in questo senso è contenuta nella stessa direttiva 1999/31/CE, attuata dal menzionato decreto legislativo, che al venticinquesimo considerando, dispone che "le discariche chiuse anteriormente alla data di recepimento della presente direttiva non dovrebbero essere soggette alle disposizioni da essa previste per la procedura di chiusura". Inoltre, la sanzione, contenuta all'art. 17, comma 5, del Dlgs. 36 del 2003, in caso di mancata presentazione del piano, consiste nella prescrizione della chiusura della discarica e, come osservato da condivisibile giurisprudenza che si è pronunciata su questioni analoghe, è pertanto evidente che una discarica che abbia già autonomamente cessato il conferimento dei rifiuti entro il termine per la presentazione del piano di adeguamento, non può logicamente essere sanzionata proprio con l’attivazione del procedimento di chiusura (cfr. Tar Veneto, 17 marzo 2006, n. 609; Tar Friuli Venezia Giulia, 17 novembre 2005, n. 888). Pres. Scognamiglio, Est. Mielli - M.S. s.r.l. (avv.ti Roncelli e Mazzullo) c. Provincia di Brescia (avv.ti Poli, Bugatti e Donati) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia - 6 febbraio 2007, n. 114
RIFIUTI - Mancanza di pregiudizio per l'ambiente - Prova. La prova della mancanza di pregiudizio per l'ambiente richiesta come condizione necessaria dall'art. 14, comma 2, lett. a), del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito nella legge 8 agosto 2002, n. 178, può essere data con qualsiasi mezzo, e quindi anche per presunzioni (ad esempio, omogeneità del materiale, mancanza di sostanze estranee e diverse, e così via), presunzioni che potranno naturalmente essere superate con la prova contraria dell'esistenza del pregiudizio. Pres. Vitalone, Est. Franco, Ric. Signorini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26 gennaio 2007 (Ud. 26/10/2006), Sentenza n. 2902
RIFIUTI - Demolizioni edili - Riutilizzo - Limiti - Pregiudizio all'ambiente - C.d. test di cessione. I residui delle attività di demolizioni edili costituiscono rifiuti speciali ai sensi dell'art. 7, comma 3, lett. b), d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Tuttavia, ai sensi dell'art. 14, comma 2, lett. a), del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito nella legge 8 agosto 2002, n. 178 - da interpretarsi, peraltro, in senso restrittivo ed in modo da non determinare un contrasto con i principi interpretativi affermati dalla Corte di giustizia europea - i materiali residuali non sono considerati rifiuti qualora gli stessi siano effettivamente ed oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento (o dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22) e senza recare pregiudizio all'ambiente, e sempre che i materiali abbiano carattere di omogeneità e che vi sia certezza in ordine alla individuazione del produttore o detentore in questione, alla provenienza dei materiali, alla sede dove sono destinati, al riutilizzo dei medesimi in un ulteriore ciclo produttivo (cfr. Sez. III, 12 ottobre 2004, n. 46689, Falconi, m. 230.421; Sez. III, 25 giugno 2003, n. 37508, Papa, m. 225.929; v. anche Corte di Giustizia CE, 11 settembre 2003, causa C-114/01; Corte di Giustizia UE 11 novembre 2004, causa C-457/02). Pres. Vitalone, Est. Franco, Ric. Signorini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26 gennaio 2007 (Ud. 26/10/2006), Sentenza n. 2902
Rifiuti - Rifiuti pericolosi e speciali di origine extraregionale - Principio di autosufficienza - Art. 182, c. 5 del D.Lgs. n. 152/2006 - Inapplicabilità - Art. 6, c. 19 L.R. Sardegna n. 6/2001 - Divieto di trasporto e smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale - Illegittimità costituzionale. Il principio di autosufficienza regionale nello smaltimento dei rifiuti urbani ordinari - stabilito espressamente, ora, dall’art. 182, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ma, già in passato affermato dall’art. 5, c. 5, del d.lgs. n. 22 del 1997- non trova applicazione con riguardo alle tipologie di rifiuti speciali pericolosi, fra i quali sono compresi gran parte di quelli di origine sanitaria (Corte Cost. n. 281 del 2000), né a quelli speciali non pericolosi (Corte Cost. n. 335/2001). Per tali tipologie di rifiuti - pericolosi e speciali (Corte Cost. n. 505 del 2002) - non è possibile infatti preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale che valga a garantire l’obiettivo della autosufficienza nello smaltimento» (Corte Cost. n. 335 del 2001). Peraltro, in vista della necessità, per tali categorie di rifiuti, che lo smaltimento sia effettuato nella maniera più appropriata in strutture specializzate, non presenti in maniera omogenea sul territorio nazionale, in ordine logico va data priorità al requisito della specializzazione rispetto a quello della prossimità. Ne deriva l’illegittimità costituzionale dell’ art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6, nella parte in cui, nel fare «divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale», non esclude dall’applicabilità del divieto i rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi, operando una indiscriminata assimilazione di ogni genere di rifiuto, in contrasto con il principio fondamentale rilevabile nella legislazione dello Stato. Pres. Flick, Red. Napolitano - S. s.r.l. c. Regione Sardegna - CORTE COSTITUZIONALE - 26 gennaio 2007(ud. 10 gennaio 2007), sentenza n. 12
Rifiuti - Ambiente - Regione Sardegna - Smaltimento di rifiuti - Divieto di smaltimento di rifiuti pericolosi di provenienza extraregionale. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001), nella parte in cui, nel fare «divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale», non esclude dall’applicabilità del divieto i rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi. Presidente G. M. Flick - Relatore P. M. Napoletano - S. s.r.l. c. Regione Sardegna - CORTE COSTITUZIONALE - 26 gennaio 2007(ud. 10 gennaio 2007), sentenza n. 12
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti
urbani non domestici - Violazione dell'autorizzazione - Responsabilità del
gestore - Principi - Art. 7, D. L.vo, n. 22/1977 - D. L.vo n. 36/2003. I
rifiuti urbani non domestici e, comunque, diversi da quelli urbani previsti
dall'art. 7 del decreto legislativo n 22/1977, si configurano automaticamente
speciali indipendentemente da ogni deliberazione di conferma e la loro gestione
deve essere penalmente sancita. Nella specie, è stata riscontrata la
responsabilità del gestore che, in violazione dell'autorizzazione ha versato in
discarica rifiuti, come i pneumatici usati, non compresi tra quelli "assimilati"
dal regolamento comunale e neanche inseriti nella deliberazione
interministeriale del 27 luglio 1984 [GU n. 253/1884], come materiali inerti da
demolizione, nonché rifiuti assimilati a quelli urbani in quantità superiore a
quella giornaliera autorizzata e fanghi diversi da quelli autorizzati. Pres.
Papa - Est. Teresi - Ric. Rando.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 18/12/2006), Sentenza
n. 2871
RIFIUTI - Rifiuti speciali
assimilati agli urbani - Comuni - Potere di assimilazione - Disciplina -
Principi "d'efficienza, efficacia ed economicità" - Tassabilità delle superficie
- Conferimento in discarica di rifiuti speciali - Procedura d'ammissione -
Necessità - Del. interm. 27 luglio 1984 - D. L.vo, n. 22/1977 - D. L.vo n.
36/2003. In materia di rifiuti, è stato, riconosciuta ai Comuni la facoltà
di attivare il potere di assimilazione, ripristinato con l'art. 21, comma 2
lettera g) del decreto legislativo n. 22/1997 ed esercitabile sulla base di
norme regolamentari tecniche vigenti [deliberazione interministeriale 1984] e
delle nuove disposizioni di cui agli art. 18, comma 2 lettera d) e 57, comma 1,
del d. lgs. n. 22/1997. Pertanto, i rifiuti speciali assimilati agli urbani sono
soltanto quelli che per qualità e quantità siano previsti dai regolamenti
comunali, sicché il Comune, tenuto a rispettare, nella gestione dei rifiuti
urbani, i principi "d'efficienza, efficacia ed economicità", nel concedere
l'autorizzazione [che comporta necessariamente la tassabilità delle superficie
in cui si producono i rifiuti], ha il potere, quanto alla qualità, di stabilire
quali, tra i rifiuti inseriti nella delibera interministeriale del 27 luglio
1984 [GU n. 253/1884], siano assimilabili e, quindi, escluderne altri, nonché
d'individuare le quantità conferibili. Ne consegue che, per versare rifiuti
speciali in discarica, il richiedente o il gestore deve seguire la procedura
d'ammissione stabilita dai regolamenti comunali ed osservate le prescrizioni
imposte nell'autorizzazione. Pres. Papa - Est. Teresi - Ric. Rando.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 18/12/2006), Sentenza
n. 2871
RIFIUTI - Gestione e smaltimento dei rifiuti - Criterio dell'assimilabilità - Disciplina vigente - D. M. 2/5/2006 - Dir. 75/442/CE; 91/689/CE; 75/442/CE - Dec. 2000/532/CE - D. L.vo n. 36/2003 - Ignoranza dell'illiceità della condotta - Esclusione - Art. 5 c. p.. In materia di gestione e smaltimento dei rifiuti, il criterio dell'assimilabilità è stato mantenuto anche nella Direttiva del Ministero dell'ambiente del 9 aprile 2002, in relazione alla spedizione dei rifiuti e al nuovo elenco dei rifiuti, che - al n. 20 dell'allegato A - riporta i "rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalla istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata", classificazione confermata dal Decreto Ministeriale 2 maggio 2006 sull'elenco dei rifiuti in conformità dell'art. 1, comma 1 lettera A della Direttiva 75/442/CE e dell'art. 1, paragrafo 4, della Direttiva 91/689/CE, di cui alla decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000. Conforme alla direttiva n. 31 è il decreto legislativo d'attuazione 13 gennaio 2003 n. 36 che consente l'ammissione nelle discariche dei "rifiuti urbani" e dei "rifiuti non pericolosi di qualsiasi altra origine che soddisfino i criteri di ammissione dei rifiuti previsti dalla normativa vigente ". Nella specie, i reati non sono stati esclusi sotto il profilo soggettivo per errore sull'ignoranza dell'illiceità della condotta perché nemmeno in virtù del criterio dell'ignoranza inevitabile teorizzato nella sentenza Corte Cost. n. 364/1988 è possibile scusare il gestore di attività che comportino la gestione di rifiuti senza informarsi delle leggi penali che disciplinano la materia, incombendo all'interessato l'onere di approfondire la conoscenza della normativa di settore, complessa ma di chiara precettività, di cui è presunta la conoscenza ex art. 5 cod. pen.. Pres. Papa - Est. Teresi - Ric. Rando. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 25 gennaio 2007 (Ud. 18/12/2006), Sentenza n. 2871
RIFIUTI - Nozione di rifiuto -
Giurisprudenza nazionale ed europea - Fattispecie. Deve intendersi per
rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si
disfi, o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, senza che assuma rilievo la
circostanza che ciò avvenga attraverso lo smaltimento o tramite il suo recupero;
ciò sulla base dell'interpretazione sia della nozione della legislazione
nazionale, sia delle decisioni della Corte di Giustizia della Comunità Europea,
che sono immediatamente e direttamente applicabili in ambito nazionale, secondo
cui la nozione di rifiuto non deve essere intesa nel senso di escludere le
sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica, atteso che la
protezione della salute umana e dell'ambiente verrebbe ad essere compromessa
qualora l'applicazione delle direttive comunitarie in materia fosse fatta
dipendere dalla sola intenzione (realizzabile o meno a seconda di determinate
eventualità) di escludere o meno una riutilizzazione economica da parte di altri
delle sostanze o degli oggetti di cui si disfa o si sia deciso e si abbia
l'obbligo di disfarsi. Nella fattispecie, rientra nell’attività di gestione
quella di recupero di forni per la panificazione in disuso che, una volta
smontati, vengano tenuti in deposito in un’area in vista del riutilizzo delle
parti recuperabili. Pres. Lupo, Est. De Maio, Ric. Nardone.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 gennaio 2007 (Ud. 16/11/2006), Sentenza
n. 1340
RIFIUTI - Smantellamento di
impianti industriali altrui - Recupero dei residui riutilizzabili e accumulo
degli scarti - Smaltimento. Non può essere considerato produttore di rifiuti
propri il soggetto che provvede allo smantellamento di impianti industriali
altrui, trasportati in un area in sua dotazione, ove procede alla separazione
dei vari metalli, al recupero dei residui riutilizzabili e all'accumulo degli
scarti; i rifiuti, infatti, assumono tale carattere fin dal momento in cui
vengono dimessi dal titolare dell'impianto che li conferisce per lo smaltimento.
Pres. Lupo, Est. De Maio, Ric. Nardone.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 gennaio 2007 (Ud. 16/11/2006), Sentenza
n. 1340
RIFIUTI - Deposito controllato e
temporaneo - Condizioni - Reato di abbandono - D.l.vo 22/97 ora D. L.vo
152/2006. Affinché possa configurarsi l'ipotesi del deposito controllato e
temporaneo di cui all'art. 6 lett. m d.l.vo 22/97 é necessario che siano
rispettate le condizioni di cui alla norma stessa e, in particolare, il
raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione e l'osservanza dei tempi di
giacenza in relazione alla natura e alla quantità dei rifiuti; in mancanza, si
configura il reato di abbandono e deposito dei rifiuti sanzionato dall'art. 5l
co. 2 del decreto citato. Pres. Lupo, Est. De Maio, Ric. Nardone.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19 gennaio 2007 (Ud. 16/11/2006), Sentenza
n. 1340
Rifiuti - Emergenza ambientale - Potere commissariale di ordinanza extra ordinem - Risalenza nel tempo della situazione emergenziale - Irrilevanza. Il potere commissariale di ordinanza extra ordinem (nella specie: proroga dello stato di emergenza ambientale nella Regione Lazio) può essere legittimamente esercitato anche sussistendo da tempo la situazione di fatto per cui si procede (Cons. St., sez. IV, n. 2795/2005; contra: Cons. Stato, Sez. V, nn. 6280 e 6809 del 2002). Pres. de Lise, Est. Martino - Comune di Roccasecca (avv. Meleo) c. Presidente della Regione Lazio, Regione Lazio, Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 15 gennaio 2007, n. 216
Rifiuti - Discariche - Localizzazione - D. Lgs. n. 36/2003 - Distanze dai centri abitati - “Fattore escludente” assoluto e inderogabile - Esclusione. In base alla disciplina relativa alla localizzazione delle discariche, oggi contenuta nel d.lgs. n. 36/2003, le prescrizioni in materia di distanze non costituiscono più un “fattore escludente” assoluto e inderogabile ma, semmai, di attenzione progettuale, essendo in particolare previsto (all.1, paragrafo 2.1., penultimo comma) che “Per ciascun sito di ubicazione devono essere valutate le condizioni locali di accettabilità dell'impianto in relazione a: - distanza dai centri abitati [....]”Pres. de Lise, Est. Martino - Comune di Roccasecca (avv. Meleo) c. Presidente della Regione Lazio, Regione Lazio, Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 15 gennaio 2007, n. 216
Rifiuti - Emergenza ambientale -
Commissario - Poteri extra ordinem - Programmazione ordinaria della
Regione - Non ha valore vincolante. Nell’esercizio dei poteri extra
ordinem, il Commissario delegato per l’emergenza ambientale non è vincolato
dalla programmazione ordinaria della Regione, essendo stato viceversa nominato
al precipuo fine di predisporre un piano di interventi per l’emergenza. Pres. de
Lise, Est. Martino - Comune di Roccasecca (avv. Meleo) c. Presidente della
Regione Lazio, Regione Lazio, Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato)
e altri (n.c.) -
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 15 gennaio 2007, n. 216
Rifiuti - Discariche - Procedimento autorizzatorio - Localizzazione - Valutazione degli aspetti ambientali e sanitari - Esternazione della motivazione. In tema di autorizzazione alla realizzazione di una discarica di rifiuti, la valutazione degli aspetti ambientali e sanitari deve essere esternata sin dal primo atto della sequenza procedimentale che conduce alla concreta realizzazione della discarica; di guisa che la motivazione deve riferirsi alla fase dell'approvazione del progetto generale dell' impianto, con particolare riguardo alla congruità della sua localizzazione (Cons. St., Sez. V, 1347 del 30 settembre 1998). Pres. Adamo, Est. Ferlisi - D.B. (avv. Palermo) c. Comune di Trapani (avv. Ciaravino) T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. III - 11 gennaio 2007, n. 49
Rifiuti - Discariche - Localizzazione - Bilanciamento di interessi contrapposti - Tutela dell’ambiente e smaltimento dei rifiuti - Rifiuti inerti - D.Lgs. 36/2006 - Aree nelle quali le discariche non devono essere “normalmente” localizzate - Uso dell’avverbio “normalmente” - Significato - Discrezionalità amministrativa. La localizzazione delle pubbliche discariche è essenzialmente basata su di un “bilanciamento” di interessi contrapposti (la tutela dell’ambiente, da un lato, ed il necessario smaltimento dei rifiuti, dall’altro) ed il sottostante sillogismo logico-giuridico non può che definirsi in termini di “relatività”, ossia di verifica della compatibilità tra gli interessi suddetti (o, se si vuole, in termini di massimo risultato di efficienza nello smaltimento e di minimo sacrificio dei valori ambientali e naturalistici coinvolti nel caso concreto). In tale ottica, la localizzazione di una discarica si pone come determinazione amministrativa basata in massima parte su valutazioni di puro merito, come tali riservate all’esclusiva ponderazione dell’amministrazione agente e dei suoi organi tecnici. La scelta è sindacabile solo se fondata su accertamenti tecnici inattendibili o comunque in netto contrasto con le esigenze rappresentate in conferenza di servizi o con le risultanze istruttorie (T.A.R. Puglia, Lecce, 25 marzo 2002, n. 820). Quanto detto vale a maggior ragione per le discariche di rifiuti inerti, per le quali l’Allegato I del D.Lgs 13 gennaio 2003, n. 36, attuativo della direttiva 1999/31/CE, specifica i connotati delle aree nelle quali “non devono essere normalmente localizzate”. L’uso dell’avverbio “normalmente” lascia, con ogni evidenza, alla P.A. un adeguato spazio di discrezionalità volto a bilanciare l’indubbio interesse pubblico alla tutela dell’ambiente con l’altrettanto pregnante (e talvolta drammaticamente urgente) interesse pubblico allo smaltimento dei rifiuti. Pres. Adamo, Est. Ferlisi - D.B. (avv. Palermo) c. Comune di Trapani (avv. Ciaravino) T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. III - 11 gennaio 2007, n. 49
Rifiuti - Affidamento del servizio - In house providing - Controllo analogo - Individuazione. L’affidamento di un servizio in house providing è legittimo purchè l' Ente territoriale affidante eserciti sul soggetto gestore un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e che, allo stesso tempo, quest’ultimo svolga la parte essenziale della propria attività insieme con l' ente o gli enti territoriali che lo controllano (Cfr., in particolare, Corte di giustizia C.E. 18 novembre 1999, causa C - 107/98; Corte di giustizia n. 349 - 8 maggio 2003). Quanto al requisito del controllo analogo, la giurisprudenza nazionale ha puntualizzato che il soggetto gestore si atteggia ad una sorta di longa manus dell’affidante, pur conservando natura distinta ed autonoma rispetto all’apparato organizzativo di questo; deve, in altri termini, trattarsi di una sorta di amministrazione “indiretta”, nella quale la gestione del servizio resta saldamente nelle mani dell’ente concedente attraverso un controllo gestionale e finanziario stringente sull’attività della società affidataria: la quale, a sua volta, è istituzionalmente destinata in modo assorbente ad operare in favore di questo (Cfr., ex pluribus, Cons. St., VI, 25 gennaio 2005, n. 168; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 15 luglio 2005, n. 634 e 12 dicembre 2005, n. 986; T.A.R. Sardegna, 2 agosto 2005, n. 1729; T.A.R. Campania, 30 marzo 2005, n. 2784, ove si parla di “controllo assoluto” da parte dell’ente concedente). Pres. Borea, Est. Farina - S.I. s.r.l. (avv. Citassi) c. Comune di Lignano Sabbiadoro (avv. Ponti) - T.A.R. FRIULI-VENEZIA GIULIA - 10 gennaio 2007, n. 13
RIFIUTI - Discarica non
autorizzata di rifiuti non pericolosi - Configurabilità - Fattispecie. Il
reato di discarica abusiva può essere accertato anche in base alla consistenza
ed allo stato di conservazione dei rifiuti, potendosi conseguentemente escludere
una successiva utilizzazione dei materiali. Nella specie, le modalità di
conservazione denotavano, che l'area de qua era stata trasformata, di fatto, in
deposito di rifiuti di vario genere, (pezzi di marmo asseritamente impiegati per
la realizzazione di mosaici) mediante una condotta consistente nell'abbandono
per un lungo periodo di una notevole quantità di rifiuti, sicché era irrilevante
la bonifica del sito in tempi ristretti. Pres. Lupo, Est. Teresi, Ric. Perrini.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 Gennaio 2007 (Ud. 16/11/2006), Sentenza
n. 261
RIFIUTI - Discarica non autorizzata di rifiuti - Configurabilità - Condizioni - Condotta ripetuta nel tempo - Degrado dell'area - Art. 51 d.lgs. n. 22/1997 - Art. 256, D.Lgs, n. 152/2006. L'art. 51 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 prevede e punisce, al terzo comma, la discarica non autorizzata di rifiuti per la cui configurabilità "sono necessari sia una condotta ripetuta nel tempo d'accumulo di rifiuti in un'area, sia il degrado dell'area stessa, consistente nell'alterazione permanente dello stato dei luoghi, requisito che è certamente integrato nel caso in cui sia consistente la quantità di rifiuti depositati abusivamente” (Cassazione Sezione III, n. 36062/2004, Tomasoni, RV. 229484). . Pres. Lupo, Est. Teresi, Ric. Perrini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 Gennaio 2007 (Ud. 16/11/2006), Sentenza n. 261
Rifiuti - Discarica di rifiuti
satura - Post gestione - Soggetto autorizzato alla realizzazione ed
utilizzazione della discarica - Soggetto gestore - Competenza - Limiti - Atto
convenzionale - Fasi di bonifica e sistemazione dell’area - Sistemi di drenaggio
e captazione del percolato - Biogas - DPR 27 luglio 1984. In materia di post
gestione di una discarica di rifiuti, non è applicabile, nel silenzio di
specifiche previsioni dell’atto convenzionale (e nel caso, come in specie, in
cui il soggetto gestore è diverso dal soggetto autorizzato alla realizzazione ed
utilizzazione della discarica) il disposto contenuto nel DPR 27 luglio 1984 del
competente Comitato interministeriale, che pone le attività di raccolta,
captazione ed eliminazione del percolato e del biogas a carico del gestore. Tale
decreto, infatti, non ha preso in considerazione l’ipotesi che il soggetto
gestore potesse essere diverso dal soggetto autorizzato alla realizzazione ed
utilizzazione della discarica; ma allorché, come nella specie, tali soggetti non
coincidevano - per avere il soggetto autorizzato dalla regione concesso la
gestione della discarica a terzi - spettava alle puntuali norme convenzionali
stabilire quali fossero gli specifici contenuti del rapporto e l’esatta portata
dei reciproci oneri e obblighi; in altre parole, spettava all’atto convenzionale
disciplinare gli esatti contenuti del rapporto sinallagmatico e, come si rivela
nell’atto convenzionale, la fase della post gestione non ha costituito oggetto
puntuale dell’atto disciplinante il rapporto convenzionale. Pres. Iannotta -
Est. Buonvino - AIMERI s.p.a. (avv.ti Montanaro e Vaiano) c. Azienda Consortile
Ecologica Monregalese - A.C.E.M. (avv.ti Dal Piaz e Contaldi) e Comune di Perlo
(n.c.) (riforma, T.A.R. Piemonte, Sezione II, 30/04/2003, n. 636).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 10 GENNAIO 2007 (C.C. 06/06/2006), Sentenza n. 48
Rifiuti - Chiusura della discariche di prima categoria - Recupero del
percolato e del biogas - Oneri - Competenza - DPR 27/07/1984. Il recupero
del percolato e del biogas attengono, in base al DPR 27 luglio 1984, alla fase
successiva alla chiusura della discarica con la conseguenza che i relativi oneri
devono fare carico soltanto al soggetto che, in base al rapporto convenzionale
disciplinante la gestione, è responsabile di tale fase. Pres. Iannotta - Est.
Buonvino - AIMERI s.p.a. (avv.ti Montanaro e Vaiano) c. Azienda Consortile
Ecologica Monregalese - A.C.E.M. (avv.ti Dal Piaz e Contaldi) e Comune di Perlo
(n.c.) (riforma, T.A.R. Piemonte, Sezione II, 30/04/2003, n. 636).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 10 GENNAIO 2007 (C.C. 06/06/2006), Sentenza n. 48
Rifiuti - Gestione di una discarica - Nozione di “gestore” - Differenti e autonome fasi gestorie - Soggetti responsabili - Chiusura della discarica - Gestione post-operativa - Dir. 26-4-1999 n. 1999/31/CE, art. 2 - D.Lgs. 13-1-2003 n. 36. In materia di rifiuti, si intende per “gestore la persona fisica o giuridica responsabile della discarica conformemente alla legislazione interna dello Stato membro nel quale è situata la discarica; tale persona può variare dalla fase di preparazione a quella di gestione successiva alla chiusura” (Dir. 26-4-1999 n. 1999/31/CE, art. 2), ovvero (D.Lgs. 13-1-2003 n. 36) “il soggetto responsabile di una qualsiasi delle fasi di gestione di una discarica, che vanno dalla realizzazione e gestione della discarica fino al termine della gestione post-operativa compresa; tale soggetto può variare dalla fase di preparazione a quella di gestione successiva alla chiusura della discarica”; si tratta, invero, di formulazioni normative manifestamente descrittive, con le quali si è inteso precisare che la gestione delle discariche non aveva carattere necessariamente unitario, potendosi distinguere in essa differenti e autonome fasi gestorie. Pres. Iannotta - Est. Buonvino - AIMERI s.p.a. (avv.ti Montanaro e Vaiano) c. Azienda Consortile Ecologica Monregalese - A.C.E.M. (avv.ti Dal Piaz e Contaldi) e Comune di Perlo (n.c.) (riforma, T.A.R. Piemonte, Sezione II, 30/04/2003, n. 636). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 10 GENNAIO 2007 (C.C. 06/06/2006), Sentenza n. 48
Rifiuti - Gestione di rifiuti - Abbandono di rifiuti o deposito incontrollato di rifiuti - Responsabilità proprietario terreno - Condotta omissiva. In tema di gestione di rifiuti, la consapevolezza da parte del proprietario del fondo dell'abbandono sul medesimo di rifiuti da parte di terzi non è sufficiente ad integrare il concorso nel reato di cui all'art. 51, comma secondo, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, (abbandono o deposito incontrollato di rifiuti), atteso che la condotta omissiva può dare luogo ad ipotesi di responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi del comma secondo dell'art. 40 c. p., ovvero sussista l'obbligo giuridico di impedire l'evento. (Cassazione Sezione III, n. 32158/2002; 01/07/2002 - 26/09/2002, Ponzio, RV. 222420). Pres. Lupo - Est. Teresi - Ric. Mancini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9 gennaio 2007 (Ud. 16/11/2006), Sentenza n. 137
Rifiuti - Smaltimento di rifiuti - Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti - Responsabilità proprietario terreno - Comportamento omissivo - Specifico obbligo giuridico di impedire l'evento - Necessità - Fattispecie. Anche in materia ambientale un dato comportamento omissivo acquista il connotato dell'antigiuridicità solamente in funzione di una norma che imponga al soggetto di attivarsi per impedire l'evento naturalistico di lesione dell'interesse tutelato. Tale posizione è configurabile nei confronti del produttore dei rifiuti il quale è tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche, dovendosi intendere produttore di rifiuti, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b), del d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione ed a carico del quale sia quindi configurabile, quale titolare di una posizione definibile come di garanzia, l'obbligo, sancito dall'art. 10, comma 1, del citato decreto, di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti. Nella specie, non è stato ravvisato concorso nel reato, potendosi, quello esterno materiale, realizzare con condotta commissiva mediante cogestione di fatto o morale (istigazione, rafforzamento, agevolazione) ovvero con condotta omissiva ma sempre che il non agere s'innesti in uno specifico obbligo giuridico di impedire l'evento [Cass. Sez. I, n. 12431/1995, 17/11/1995 - 15/12/1995, Insinna, RV. 203332], sicché erroneamente è stato ritenuto che integri il reato contestato la condotta del proprietario di un terreno che abbia omesso d'impedire che sul proprio fondo non recintato terzi realizzassero un deposito incontrollato di rifiuti. Pres. Lupo - Est. Teresi - Ric. Mancini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9 gennaio 2007 (Ud. 16/11/2006), Sentenza n. 137
Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni
2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 -2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-97
(N.B.: queste pagine
continueranno ad essere aggiornate)
AmbienteDiritto.it - Rivista
giuridica - Electronic Law Review -
Tutti i
diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
- ISSN 1974-9562