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Giurisprudenza

 

Rifiuti

 

2009

 

 

(Vedi anche le voci: inquinamento - acqua - aria - suolo - V.I.A....)

 

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-97

 

Gli aggiornamenti successivi

 

sono reperibili sul nuovo sito della rivista AmbienteDiritto.it

 

 

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RIFIUTI - Tariffa di igiene ambientale - Determinazione della tariffa - D.P.R. n. 158/99 - Principio della totale copertura dei costi - Delibere comunali - Imposizione del contenimento dell’importo nel valore del prezzo di aggiudicazione - Illegittimità. Le deliberazioni di determinazione della tariffa di igiene ambientale adottate dal Comune - tenuto ad applicare e riscuotere la tariffa per il tramite del soggetto gestore del servizio - , laddove si limitano a contenere l’importo nel valore del prezzo di aggiudicazione della gara, si pongono in contrasto con l’esigenza della corretta determinazione, poiché il diverso regime normativo di cui al D.P.R. n. 158/99 impone alle amministrazioni locali una totale copertura dei costi (sentenza TAR Puglia Lecce del 25 ottobre 2004 n. 7452). Pres. Costantini, Est. Esposito - A. s.r.l. (avv. Mariano) c. Comune di Melendugno (avv.Capone) e altri (n.c.). TAR PUGLIA, Lecce, Sez. II - 30/12/2009, n. 3346

 

RIFIUTI - D.L. 208/2008 - Regime transitorio ex art. 17 d.lgs. n. 36/2003 - Cessazione - 1° luglio 2009 - Entrata a regime della normativa ex d.lgs. n. 36/2003 e D.M. 3 agosto 2005 - Derogabilità dei parametri di cui al test di cessione ex D.M. 5 febbraio 98 - Regime non più operante - deroghe per specifici parametri - Limiti. In virtù di quanto previsto dall’art. 5, comma 1 bis del decreto legge n. 208 del 2008 convertito in legge n. 13 del 2009, il 30 giugno 2009 è cessato il regime transitorio di cui all’art. 17 del d. lgv. n. 36 del 2003. Pertanto dal 1°luglio 2009, con la definitiva entrata a regime della normativa di cui al d. lgv. n. 36 del 2003 (attuazione della direttiva 1999/31/CE) ed al DM 3 agosto 2005 “Definizione dei criteri di ammissibilità del rifiuto in discarica” non è più operante il previgente regime che consentiva la derogabilità dei parametri di cui al test di cessione ex DM 5 febbraio 1998 e cioè fino a 10 volte per le discariche di categoria II di tipo B. Attualmente, ai sensi dell’art. 7 del DM 3 agosto 2005 ad oggetto “Sotto categorie di discariche per rifiuti non pericolosi”, le autorità territorialmente competenti possono autorizzare anche per settori confinanti, alcune sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi secondo criteri stabiliti caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche dei rifiuti, della valutazione di rischio e prevedendo deroghe per specifici parametri, tra i quali i parametri DOC, TOC e TDS. Pres. Allegretta, Est. Durante - I. s.p.a. (avv.ti Pasqualone, Sechi e Chianese) c. Regioen Puglia (avv. Lancieri). TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 30/12/2009, n. 3330

RIFIUTI - Identificazione - Formulari e registri di carico e scarico - Caratteristiche qualitative e quantitative - Prescrizioni regionali - Obbligo di effettuare le analisi fisico-chimiche su ogni carico di rifiuti in entrata anche provenienti dal medesimo produttore nel medesimo ciclo produttivo - Sproporzione e irragionevolezza. Tutta la disciplina in materia di rifiuti (artt. 188, 190, 193 del d. lgv. n. 152 del 2006 e DM 3 agosto 2005) impone l’obbligo al produttore di identificare il rifiuto che intende smaltire e al produttore di caratterizzazione dei rifiuti che intende avviare allo smaltimento. L’identificazione deve risultare dai formulari e dai registri di carico e scarico: registri che devono essere detenuti anche dai soggetti che effettuano operazioni di trasporto o recupero o smaltimento. Tali norme obbligano il produttore ad annotare su appositi registri e formulari le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti e ad effettuare scrupolosa analisi su ciascuna tipologia di rifiuti da conferire in discarica. Analisi chimiche che devono essere eseguite dallo stesso produttore prima del conferimento in discarica ovvero dopo l’ultimo trattamento effettuato. Le predette analisi sono compiute al fine di determinare tutte le caratteristiche dei rifiuti attraverso anche la raccolta di ogni informazioni necessaria per lo smaltimento finale in condizioni di sicurezza. La ratio della normativa è, dunque, proprio quella di escludere a priori il trasporto o il recupero e lo smaltimento di rifiuti che non siano sin dall’origine specificatamente individuati nelle caratteristiche qualitative e quantitative. Fermo tanto, la prescrizione regionale che impone l’omologa su ogni lotto di entrata di rifiuti con determinato codice equivale ad imporre l’obbligo di effettuare le analisi chimico - fisiche ogni giorno su ogni carico di rifiuti in entrata anche se provenienti dallo stesso produttore e con lo stesso ciclo produttivo. Tale prescrizione imponendo a carico dell’impresa una defatigante attività giornaliera di controllo invero eccessivo e privo di concreta utilità si manifesta nella sua irragionevolezza e sproporzione rispetto al fine che intenderebbe perseguire di tutela dell’ambiente. Pres. Allegretta, Est. Durante - I. s.p.a. (avv.ti Pasqualone, Sechi e Chianese) c. Regioen Puglia (avv. Lancieri). TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 30/12/2009, n. 3330

 

RIFIUTI - CAVE E MINIERE - Rifiuti di estrazione - Art. 10 d.lgs. n. 117/08 - Cava dismessa o abbandonata - Recupero ambientale - Riempimento con rifiuti diversi da quelli di estrazione - Assoggettabilità alla disciplina di cui al d.lgs. n. 36/2003 - Procedure semplificate di recupero - D.M. 5 febbraio 1998 - Applicabilità - Esclusione. Il riempimento di una cava abbandonata o dismessa con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione deve ritenersi assoggettato -ex art. 10, comma 3, del d. lgs. n. 117/08- alle disposizioni di cui al d. lgs. n. 36 del 2003, relativo alle discariche di rifiuti. Nella prospettiva di prevenire la produzione di rifiuti da destinare allo smaltimento in discarica, l’art. 10 del decreto legislativo n. 117/08 permette infatti agli operatori di utilizzare i rifiuti di estrazione, vale a dire i rifiuti prodotti nel corso o a seguito dell’attività estrattiva, per il riempimento dei vuoti e delle volumetrie causati dalle escavazioni, subordinando tale possibilità a una serie di condizioni. La scelta del legislatore delegato concerne il riempimento, con rifiuti di estrazione, di vuoti e di volumetrie prodotti dall’attività estrattiva. L’art. 10 non distingue tra cave in esercizio e cave dismesse o abbandonate, tra vuoti e volumetrie (pre)esistenti e vuoti e volumetrie conseguenti a una attività di cava in esercizio. L’unica distinzione è quella tra rifiuti di estrazione e rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione. Tutte quelle situazioni nelle quali si trattano rifiuti diversi da quelli provenienti dalle attività estrattive - relative sia alle cave in esercizio che alle cave dismesse o abbandonate - devono pertanto essere assoggettate , a norma del citato art. 10, c. 3, alle disposizioni di cui al d. lgs. n. 36/03 sulle discariche di rifiuti, non invece alla più favorevole disciplina di cui al d.m. 5 febbraio 1998 (procedure semplificate di recupero). Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e Martelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto (avv.ti Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3810

RIFIUTI - Principio della priorità del recupero sullo smaltimento - Natura - Principio cogente - Esclusione.
Il principio di derivazione comunitaria della priorità del recupero rispetto allo smaltimento in discarica (si vedano gli articoli 179 e 181 del t. u. n. 152/06)non rappresenta un principio cogente ma un semplice criterio di priorità dettato dal Legislatore delegato all’azione della P. A. . Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e Martelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto (avv.ti Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3810


RIFIUTI - CAVE E MINIERE - Rifiuti di estrazione - Art. 10 d.lgs. n. 117/08 - Favor normativo verso il recupero - Rifiuti prodotti durante l’escavazione - Immediato riutilizzo.
Il “favor” normativo verso il recupero di rifiuti si traduce, nell’art. 10 del d. lgs. n. 117/08, nella possibilità che i rifiuti di estrazione, prodotti durante l’attività estrattiva, siano, a determinate condizioni, collocati subito, a mano a mano che l’attività estrattiva prosegue, nei vuoti creati dall’estrazione, dato che sarebbe irragionevole avviare allo smaltimento rifiuti di estrazione prodotti durante l’escavazione i quali possano essere subito riutilizzati nella cava di provenienza. Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e Martelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto (avv.ti Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3810

RIFIUTI - CAVE E MINIERE - Rifiuti di estrazione - D.lgs. n. 117/08 - D.M. 5 febbraio 1998 - Rapporto gerarchico.
Il decreto legislativo n. 117/08, recante norme sulla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, oltre a essere successivo al d. m. 5 febbraio 1998, in tema di recupero di rifiuti non pericolosi, è fonte di rango superiore rispetto alla normativa, secondaria e regolamentare, da ultimo citata. Pres. De Zotti, Est. Buricelli - T. s.r.l. (avv.ti Butti, Peres e Martelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Sartori e Scappini), Regione Veneto (avv.ti Zanlucchi e Zanon), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3810

 

RIFIUTI - Ordinanza di rimozione e smaltimento - Mancanza di una preventiva attività istruttoria finalizzata ad individuare l’effettivo responsabile dell’abbandono - Illegittimità - Fattispecie. E’ illegittima una ordinanza emessa ex art. 14, comma 3, del D.lg 5 febbraio 1997, n. 22, con la quale il Sindaco ordini al proprietario di un’immobile di procedere alla rimozione e all’avvio al recupero o allo smaltimento dei rifiuti ivi presenti, senza svolgere alcuna preventiva valida attività istruttoria finalizzata ad accertare ed individuare l’effettivo responsabile dell’abbandono dei rifiuti medesimi, atteso che gli adempimenti concernenti l’eliminazione dei rifiuti ed il ripristino dei luoghi non possono essere addossati indiscriminalmente al proprietario per il solo fatto di questa sua qualità, ma è necessario l’accertamento di un suo comportamento, anche omissivo, di corresponsabilità e quindi di un suo coinvolgimento doloso o quantomeno colposo. (C.di S., Sez V, 25 gennaio 2005, n. 136) (fattispecie relativa all’ordinanza di smaltimento diretta ai locatori di un capannone industriale). Pres. f.f. ed Est. Antonelli - R.I. e altro (avv.ti Cattan, Coronin, Orsolato e Zambelli) c. Comune di Minerbe (avv.ti Righetti e Curato). TAR VENETO, Sez. III - 23/12/2009, n. 3803

RIFIUTI - Ordine di smaltimento - Mancanza di comunicazione di avvio del procedimento - Illegittimità. E illegittimo l’ordine di smaltimento dei rifiuti non sia preceduto da una preventiva e formale comunicazione di avvio del procedimento (C. S. Sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. f.f. ed Est. Antonelli - R.I. e altro (avv.ti Cattan, Coronin, Orsolato e Zambelli) c. Comune di Minerbe (avv.ti Righetti e Curato). TAR VENETO, Sez. III - 23 dicembre 2009, n. 3803

 

RIFIUTI - Impianti di smaltimento - Localizzazione - Competenze statali, regionali e provinciali - Artt. 195-199 d.lgs. n. 152/2006 - Delibera della Giunta regionale Lombarda n. 6581/2008. La disciplina normativa in tema di localizzazione degli impianti prevede all’articolo 195 comma 1 lettera p) del D.Lgs. n.152 del 2006 che tra le competenze statali vi è la indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti. Si tratta quindi di una indicazione in negativo, che comporta la esclusione di una serie di aree da quelle potenzialmente allocatarie di impianti. (cfr., in tema, Corte Costituzionale n. 249/2009). Per le regioni, l’art. 196, comma 1 prevede la competenza “alla definizione dei criteri per l’individuazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p) (lettera o)”, e “la definizione di criteri per la individuazione, da parte delle provincie, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p” (lettera n). La sede per la previsione dei criteri in questione da parte della regione è il piano regionale di gestione dei rifiuti, come si evince dall’art. 199, lettera h), o altro atto di tipo generale. Alle province spetta ai sensi dell’art. 197, comma 1 lettera d) “la individuazione…delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti”. Tale individuazione avviene con indicazioni di ordine positivo (la previsione delle zone idonee) e di ordine negativo (la previsione delle zone non idonee). L’attività provinciale è a sua volta sottoposta a una serie di vincoli sia contenutistici che procedimentali: la individuazione va effettuata sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento ex art. 20 TUEL e delle previsioni di cui all’articolo 199, comma 3, lettere d) e h) del TU Ambientale, ossia in conformità di quanto previsto nel piano regionale di gestione dei rifiuti o altro atto a valenza generale o pianificatoria; l’ individuazione va effettuata “sentiti l’Autorità d’ambito ed i comuni” (pareri obbligatori ma non vincolanti) .(Fattispecie relativa alla delibera della Giunta regionale lombarda n. 6581 del 2008, con cui è stato escluso in modo assoluto che le attività di recupero rifiuti possano essere localizzate in zone soggette a vincolo paesaggistico, ovvero a distanza inferiore a 1.000 metri da beni culturali singolarmente individuati). Pres. Cossu, Est.De Felice - B. s.r.l. (avv.ti Carrà e Rota) c. Provincia di Lecco (avv. Anghileri) e Regione Lombardia (avv. Pujatti) - (Conferma TAR Lombardia Milano, n. 2065/2009). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 21 dicembre 2009, n. 8532

 

RIFIUTI - Art. 4 L. n. 90/2008 - Giurisdizione esclusiva del G.A.. Nella materia della gestione dei rifiuti, l’art. 4 della legge n.90 del 2008 ha attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva. Pres. Cavallari, Est. Moro - C. s.p.a. (avv.ti Quinto) c. Autorita' di Gestione Bacino Ta/1 (n.c.). TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 18 dicembre 2009, n. 3184

 

RIFIUTI - Provvedimenti commissariali adottati nelle situazioni di emergenza - Art. 3, c. 2-bis, d.l. n. 245/2005 - Competenza funzionale del TAR Lazio, Roma - Rilevabilità d’ufficio - Inderogabilità - Applicazione ai giudizi in corso. In forza dell'art. 3, co. 2-bis, del decreto legge n. 245 del 2005, le controversie riguardanti i provvedimenti commissariali adottati nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, co. 1, della legge n. 225 del 1992, sono devolute in via esclusiva alla competenza di primo grado del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma; l'incompetenza funzionale è rilevabile d'ufficio e non derogabile e, in base all'art. 3, co. 2-ter e 2-quater, del suddetto decreto-legge, si riferisce anche ai giudizi in corso. Pres. Guida, Est. Donadono - Comune di Frattaminore (avv. Allamprese) c. Commissario di Governo per l’Emergenza Rifiuti in Campania (Avv. Stato). TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 17 dicembre 2009, n. 8858

 

RIFIUTI - Regione Friuli Venezia Giulia - Autorizzazione - Art. 17 L.R. 30/87 - Inosservanza di prescrizioni - Diffida - Indicazione del termine entro cui eliminare le irregolarità - Necessità. La chiara ed inequivocabile locuzione legislativa di cui all’art. 17 della L. R. Friuli Venezia Giulia n. 30 del 7 settembre 1987 (legge ad oggetto: “Norme regionali relative allo smaltimento dei rifiuti”), nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalle leggi regionali n. 65 del 1988 e 22 del 1996, non dà adito a dubbi sul fatto che la diffida (nella specie: ad allontanare il percolato da una discarica) deve prevedere necessariamente un termine per la eliminazione delle irregolarità. Pres. Corasaniti, Est. Farina - E. s.r.l. (avv. Persello) c. Provincia di Udine (avv. Aita) - TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez.I - 17 dicembre 2009, n. 838

 

RIFIUTI - Discarica di rifiuti - Nozioni di 'deposito sotterraneo' di 'gas di discarica' - Obbligo di determinare soglie d'emissione - Effetto nocivo rilevante sulla qualità delle acque sotterranee - Difetto di trasposizione entro il termine prescritto - Inadempimento di Stato (Belgio) - Art. 2, lett. f), j) e k), e all. III, punto 4, C, Direttiva 1999/31/CE. Non avendo garantito l'attuazione, per quanto riguarda la "Regione Vallone", dell'articolo 2, lett. f), j) e k), e dell'allegato III, punto 4, C, della direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti, il regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che gli incombono ai sensi della presente direttiva. (Testo Uff.: En n’ayant pas assuré la transposition, en ce qui concerne la Région wallonne, de l’article 2, sous f), j) et k), ainsi que de l’annexe III, point 4, C, de la directive 1999/31/CE du Conseil, du 26 avril 1999, concernant laEn n’ayant pas assuré la transposition, en ce qui concerne la Région wallonne, de l’article 2, sous f), j) et k), ainsi que de l’annexe III, point 4, C, de la directive 1999/31/CE du Conseil, du 26 avril 1999, concernant la mise en décharge des déchets, le Royaume de Belgique a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive., le Royaume de Belgique a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive). Pres. Levits - Rel. Berger - Commissione europea c. regno del Belgio. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. V, 17/12/2009, Sentenza C-120/09

 

RIFIUTI - Gestione - Giurisdizione esclusiva del TAR - Art. 4 d.l. n. 90/2008 - Competenza inderogabile del Tar Lazio Roma - Esclusione. Non può affermarsi che in forza dell’art. 4 d.l. n. 90/2008 conv. in l. n. 123/2008 la competenza inderogabile del TAR Lazio, Roma sia stata estesa alla complessiva gestione dei rifiuti: l’art. 4 si limita infatti a stabilire la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo su tali controversie, mentre la competenza inderogabile del Tar Lazio, Roma - atteso il suo carattere eccezionale e di stretta interpretazione - avrebbe dovuto essere espressamente prevista per tutte le controversie comunque attinenti alla gestione dei rifiuti. Pres. f.f. Monaciliuni, Est. Passarelli Di Napoli - C.V. e altri (av. Sorgente) c. Regione Campania (avv. Marzocchella), Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Caserta e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 16 dicembre 2009, n. 8807

RIFIUTI - Discariche - Provvedimenti di localizzazione - Impugnazione - Legittimazione - Mero dato dell’appartenenza al territorio comunale - Insufficienza - Situazioni specifiche.
In materia di legittimazione all’impugnazione di atti di localizzazione di discariche e di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti solidi urbani, l’interesse sostanziale non può evincersi dalla mera appartenenza al territorio comunale, ma deve collegarsi a specifiche situazioni quali l’immediata vicinanza all’impianto che riduca il valore economico del fondo limitrofo; l’inosservanza delle distanze minime di sicurezza dalla zona dell’intervento; la dimostrazione che le modalità di costruzione e di gestione dell’impianto siano inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle vicinanze della discarica (Tar Emilia Romagna, Bologna, I, n. 3216/2006). Pres. f.f. Monaciliuni, Est. Passarelli Di Napoli - C.V. e altri (av. Sorgente) c. Regione Campania (avv. Marzocchella), Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Caserta e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 16 dicembre 2009, n. 8807

 

RIFIUTI - Terre e rocce da scavo - Inosservanza delle procedure per il riutilizzo - Applicabilità delle disposizioni in materia di rifiuti - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza di rimozione - Competenza - Sindaco. Le rocce ed i materiali di scavo vanno considerati alla stregua di rifiuti, anche se appaiono come idonei all’utilizzo fatto in concreto, ove non siano state seguite le procedure per il loro riutilizzo (art. 186 del d.lvo 3.4.2006, n. 152): trovano quindi applicazione le disposizioni su tali materiali, tra le quali l’art. 192 del T.U. Ambiente, che riguarda il divieto di abbandono dei rifiuti sul suolo e nel suolo. Ove si verifichi tale evento è il sindaco a dover provvedere con l’ordinanza prevista dal comma 3 della norma citata. Pres. Balba, Est. Peruggia - M. s.r.l. (avv.ti Giromini) c. Comune di Ameglia. TAR LIGURIA, Sez. I - 15 dicembre 2009, n. 3741

 

RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Sanzione di tipo reintegratorio - Obbligo di rimozione e recupero o smaltimento - Responsabilità - Proprietario dell’area - Elemento soggettivo - Dolo o colpa. La fattispecie normativa di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/20006 (per la sua esegesi, cfr. Cons. Stato, V, 25.8.2008, n.4061) ha introdotto una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio, potendo essere adottata anche in assenza di una situazione in cui sussista l’urgente necessità di provvedere con efficacia e immediatezza (T.A.R. Veneto, III, 29.9.2009, n.2454) e avente a contenuto l’obbligo di rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva, a carico, cioè, di “chiunque viola i divieti di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo”, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa; la norma, pertanto, ai fini dell’imputabilità della condotta del divieto di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo, richiede, a carico del proprietario o dei titolari di diritti reali o personali sul bene, un comportamento titolato di dolo o colpa, così come richiesto per l’autore materiale, mentre le conseguenze sanzionatorie connesse alla violazione del divieto di abbandono incontrollato di rifiuti sul suolo o nel suolo sono accollate anche al proprietario dell’area, ma ciò solo nel caso in cui la violazione sia a lui imputabile a titolo di dolo o di colpa (ex multis, T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 20.10.2009, n.1118; Cons. Stato, V, 19.3.2009, n.1612; T.A.R. Sardegna, 18.5.2007, n.975; 19.9.2004, n. 1076; T.A.R. Puglia, Bari, 27.2.2003, n. 872; T.A.R. Lombardia, Milano, I, 26.1.2000, n. 292). Pres. Onorato, Est. Nunziata - R.s.p.a. (avv. Cantore) c. Comune di S. Maria Capua Vetere (avv. Bosco) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 15 dicembre 2009, n. 8739

RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza di rimozione - competenza - Dirigenti - Art. 107, c. 5, d.lgs. n. 267/2000.
Ai sensi dell'art. 107, comma 5, del Decr.Legisl. n.267/2000, n. 267, rientra nella competenza del dirigente, e non del Sindaco, l'adozione dell'ordinanza di rimozione di rifiuti rivolta al proprietario di un'area sulla quale gli stessi sono stati abbandonati (T.A.R. Basilicata, 23.5.2007, n. 457). Pres. Onorato, Est. Nunziata - R.s.p.a. (avv. Cantore) c. Comune di S. Maria Capua Vetere (avv. Bosco) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 15 dicembre 2009, n. 8739

 

RIFIUTI - Gestione non autorizzata - Responsabilità - Elemento psicologico del reato - Documenti di trasporto - CER classificazione fittizia - Fattispecie. In tema di rifiuti, la responsabilità per l'attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione [Cassazione Sezione III n. 47432/2003]. Fattispecie: gestione dei materiali ricevuti e distribuiti, con fittizie classificazioni CER, costituiti da rifiuti solidi urbani indifferenziati, non trasformati ma soltanto ridotti di volume con una grossolana operazione di tritovagliatura inidonea a separare la frazione secca dagli altri rifiuti, tale essendo il senso della locuzione "la frazione secca resta contaminata». Anche la doglianza sull'elemento psicologico del reato è infondata essendo stata esclusa la buona fede sia per l'ingente quantità dei rifiuti gestiti per oltre un anno, sia per l'esperienza e la capacità tecnica acquisita dallo stesso nel corso di un'attività imprenditoriale significativa nel campo del trattamento dei rifiuti. (conferma Corte d'Appello di Firenze sentenza in data 1.07.2008) Pres. Onorato, Est Teresi, Ric. Fontani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/12/2009 (Ud 28.10.2009), Sentenza n. 46834
 

RIFIUTI - Ordinanza di rimozione e smaltimento - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Competenza - Sindaco - Criterio cronologico e di specialità - Prevalenza sul disposto di cui all’art. 107, c. 5 d.lgs. n. 267/2000. L’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152 del 2006, che è norma speciale sopravvenuta rispetto all`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000, attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti: per il criterio della specialità e per quello cronologico la norma prevale sul disposto dell`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. ed Est. De Zotti - B. s.r.l. (avv.ti Avanzi, Calegari, Creuso, Lovisetto, Ruffo, Sala, Zambelli) c. Comune di Lavagno (avv. Longo), Provincia di Verona (avv.ti Curato e Zumerle) e A.R.P.A.V. (avv.ti Bondi', Casella e Scudier) - TAR VENETO, Sez. III - 4 dicembre 2009, n. 3460

 

RIFIUTI - Operazioni di smaltimento e recupero - Autorizzazione - D.lgs. n. 22/97 - Regime semplificato - Prestazione di garanzia fideiussoria - Necessità - Esclusione - Artt. 27, 28 e 29 d.lgs. n. 22/97 - D. M. 5.2.1998 - D.M. 28.04.2008 n. 406. Ai fini dell’autorizzazione per l’esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, il D. Lgs. 05.02.1997, n.22, prevede l’obbligo di prestare “garanzie finanziarie” solo a carico delle imprese che effettuano operazioni di smaltimento e recupero rifiuti in regime autorizzatorio “ordinario”, disciplinato dagli articoli 27, 28 e 29. In piena sintonia con la normativa statale di riferimento si pongono i decreti ministeriali di attuazione della stessa. In particolare, il D. M. 5.2.1998, recante “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22”, non prevede obblighi di prestazione di garanzie fideiussorie. A sua volta, il D.M. 28.04.2008 n. 406, avente ad oggetto “la disciplina dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti”, all’art. 14 esclude espressamente dall’obbligo di prestare “idonea garanzia finanziaria a favore dello Stato” le imprese esercenti l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi “individuati ai sensi dell'articolo 33, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, avviati al recupero in modo effettivo ed oggettivo”. Da tali considerazioni consegue che la decisione della giunta provinciale di subordinare alla prestazione di una garanzia fideiussoria lo svolgimento delle attività di gestione dei rifiuti svolte in ambito provinciale in regime semplificato ex art. 33 D. Lgs. 22/97, è illegittima in quanto non trova fondamento in alcuna norma di legge statale o regolamentare. Pres. Calvo, Est. Limongelli -I. s.p.a. (avv.ti Giardini e Mazza) c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Terzano e Vella) - TAR PIEMONTE, Sez. II - 4 dicembre 2009, n. 3242

 

RIFIUTI - Strade in concessione all’ANAS - Abbandono di rifiuti sulle immediate pertinenze - Ordinanza di rimozione e smaltimento - Normativa applicabile - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Esclusione - Art. 14 Codice della Strada - Fondamento - Elementi di specialità - Pulizia delle strade - Competenza dell’ente proprietario o del concessionario - Competenza ad emettere l’ordinanza - Elemento soggettivo. In materia di rifiuti abbandonati sulle immediate pertinenze di strada in concessione all’ANAS , la norma fondamentale di riferimento va rinvenuta non nell’art. 192 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (ed in precedenza, nell’art. 14 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), ma nella specifica previsione dell’art. 14 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo Codice della strada), che possiede elementi di specialità al cospetto del diverso precetto contenuto nell’art. 192 citato. Ed invero, l’art. 14 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 si preoccupa di disciplinare la manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, attribuendo all’ente proprietario della strada (o al concessionario, nel caso di strada in concessione) la competenza a provvedere . Ne deriva che: non recando l’art. 14 un’espressa attribuzione della competenza, deve trovare applicazione, si fini dell’emanazione dell’ordinanza di rimozione dei rifiuti, la competenza dirigenziale ex art. 107 d.lgs. n. 267/2000; la previsione in esame prevede la responsabilità oggettiva del gestore della strada e, quindi, una strutturazione della responsabilità che non richiede il previo accertamento del dolo o colpa dello stesso; la medesima disposizione non esclude infine l’applicazione delle previsioni normative e degli obblighi di sicurezza in materia di smaltimento dei rifiuti (Cass. civ. sez. II, 24 giugno 2008, n. 17178) previsti dalle fonti normative in materia di rifiuti (nel caso di specie, delle previsioni relative allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto). Pres. Ravalli, Est. Dibello - A. s.p.a. (avv. Flascassovitti) c. Comune di Galatina (avv. Quarta) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 3 dicembre 2009, n. 2975

 

RIFIUTI - Rifiuti speciali -Regioni - Limitazione alla libera circolazione - Limitazioni generalizzate - Divieto - Sentenze Corte Cost. nn. 281/2000, 335/2001 e 10/2009 - Art. 199 d.lgs. n. 152/2009. La normativa statale di riferimento (identificabile sia nell’art. 22 del D.Lgs. n. 22/1997 che nel vigente art. 199 del D.Lgs. n. 152/2006) stabilisce che le Regioni possono prevedere specifiche limitazioni alla libera circolazione dei rifiuti speciali, a patto che questo sia giustificato dall’esigenza di contenere la movimentazione di tali rifiuti (in un’ottica di prevenzione dell’inquinamento ambientale provocato dai trasporti su gomma), nonché dalla capacità tecnico-ricettiva dei singoli impianti, fermo restando che tali prescrizioni non debbono introdurre limitazioni generalizzate (cfr., in questo senso,sentenze Corte Cost. nn. 281/2000, 335/2001 e 10/2009). Pres. Passanisi, Est. Capitanio - F. s.r.l. (avv. Felici) c. Provincia di Ascoli Piceno (avv. Cavaliere), Regione Marche (avv. De Bellis) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 30 novembre 2009, n. 1441

RIFIUTI - Smaltimento fuori regione - Emergenza rifiuti in Campania - Normativa speciale - R.S.U. e rifiuti speciali - Previo accordo tra Commissario delegato e Regione interessata.
La normativa speciale sulla c.d. emergenza rifiuti in Campania e segnatamente , l’art. 5, commi 1 e 3, del D.L. n. 263/2006, convertito in L. n. 290/2006 non distingue, in relazione alle possibilità di smaltimento fuori regione, fra rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali, prevedendo in entrambi i casi il previo accordo fra Commissario delegato e Regione interessata. La possibilità di smaltire fuori regione anche i r.s.u. (per i quali vale invece ordinariamente il principio dell’autosufficienza e quindi il divieto di smaltimento fuori regione) implica infatti un incremento esponenziale dei quantitativi di rifiuti che affluiscono presso altre Regioni, dei quali, normalmente, una parte (quelli speciali) potrebbe circolare liberamente. Ma questo non è possibile in situazione di emergenza, in quanto l’enorme incidenza dei r.s.u. impone di calibrare la capacità ricettiva degli impianti tenendo conto, unitariamente, sia dei rifiuti solidi urbani che di quelli speciali e questo può avvenire solo in sede di accordi fra Commissario delegato e Regioni. Pres. Passanisi, Est. Capitanio - F. s.r.l. (avv. Felici) c. Provincia di Ascoli Piceno (avv. Cavaliere), Regione Marche (avv. De Bellis) e altri (n.c.) - TAR MARCHE, Sez. I - 30/11/2009, n. 1441

 

RIFIUTI - Deposito - Granulato di plastica - Ordine di rimozione e smaltimento - Mancanza di istruttoria volta ad appurare la natura di rifiuto e il superamento dei valori ex art. 239, c. 2, lett. a), d.lgs. n. 152/2006 - Illegittimità. In mancanza di un accertamento tecnico volto ad appurare, in primo luogo, la natura inquinante del materiale depositato (nella specie: granulato di plastica) e, in secondo luogo, il superamento dei valori che in ipotesi imporrebbe - ai sensi dell’art. 239, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 152/06 - di procedere alla caratterizzazione dell’area in funzione di eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale, sono illegittimi i provvedimenti adottati dal Comune con i quali siano stati imposti, previa delimitazione dell’area, la rimozione e lo smaltimento del materiale presso una discarica autorizzata (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 27 luglio 2009, n. 4464; altresì, IV, 2 settembre 2009, n. 4598; II, 29 marzo 2007, n. 1318). Pres. Leo, Est. De Vita - Azienda agricola S. (avv.ti Capurro, Greppi e Razeto) c. Comune di Barzanò (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 24 novembre 2009, n. 5144

 

RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza di rimozione e smaltimento - Competenza - Sindaco - Principio di specialità e principio cronologico - Art. 107 d.lgs. n. 267/2000. L’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006 è norma speciale sopravvenuta rispetto all`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 ed attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, prevalendo per il criterio della specialità e per quello cronologico sul disposto dell`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V, 25.8.2008, n. 4061). Pres. De Zotti, Est. Perrelli - C. s.r.l. (avv.ti Del Giudice e Stradiotto) c. Comune di Sona (avv.ti Bezzi e Stefana) - TAR VENETO, Sez. III - 24 novembre 2009, n. 2968

RIFIUTI - Attività di trasporto - Responsabilità in ordine alla gestione dei rifiuti - Assenza delle autorizzazioni prescritte per l’impianto di stoccaggio - Responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo dei rifiuti - Elevato livello di tutela ambientale.
Sulla scorta dei principi generali di cui all’art. 178 del d.lgs. n. 152/2006 e tenuto altresì conto di quanto affermato dalla giurisprudenza, secondo cui l'attività di trasporto dei rifiuti a soggetto risultato, poi, in posizione irregolare quanto alle necessarie autorizzazioni, è assimilabile a quella di abbandono dei rifiuti, non appare condivisibile la tesi secondo cui l’essere stata un’impresa incaricata del solo trasporto dei rifiuti implica che la stessa vada esente da ogni responsabilità in ordine alla loro gestione e, quindi, anche in relazione all’assenza delle autorizzazioni prescritte per l’impianto nel quale sono stati stoccati. Una simile affermazione confligge, infatti, con i principi di responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo afferente la gestione dei rifiuti. L’estensione della suddetta posizione di garanzia si fonda, d’altra parte, sull’esigenza di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente (principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del Trattato) (cfr. altresì TAR Veneto n. 40/2009, secondo la quale la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, poiché si tratta di soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi). Pres. De Zotti, Est. Perrelli - C. s.r.l. (avv.ti Del Giudice e Stradiotto) c. Comune di Sona (avv.ti Bezzi e Stefana) - TAR VENETO, Sez. III - 24 novembre 2009, n. 2968

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO - Industrie insalubri - Pianificazione urbanistica - Previsione di distanze minime dagli altri fabbricati - Comune- Potere - Sussistenza - Individuazione di un’apposita area riservata gli insediamenti produttivi - Trattamento preventivo e generalizzato peggiorativo per gli insediamenti insalubri - Illegittimità. Ai sensi del D.M. 2 aprile 1968, il Comune in sede di pianificazione urbanistica ben può stabilire le distanze minime che i singoli insediamenti consentiti (nella specie: impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti) debbono rispettare rispetto agli altri fabbricati e ciò anche tenendo conto dell’aspetto sanitario, proprio perché la pianificazione deve essere riassuntiva ed applicativa di tutte le norme che disciplinano l’uso del territorio. Tuttavia, se il Comune individua un’apposita area riservata agli insediamenti produttivi, notoriamente comprensiva delle industrie insalubri,.queste non possono essere oggetto di un preventivo e generalizzato trattamento peggiorativo rispetto agli altri insediamenti consentiti, per di più avulso da qualsiasi valutazione concreta sulla loro effettiva pericolosità. Pres. Zuballi, Est. Ranalli - M. s.r.l. (avv. Cerceo) c. Comune di Rosciano (avv. De Carolis) e altri (n.c.). TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. I- 20 novembre 2009, n.1029

 

RIFIUTI - Stoccaggio provvisorio - Autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata - Comune - Ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi adottata ai sensi del T.U. edilizia - Competenza - Difetto - Rilascio dell'autorizzazione - Potestà provinciale. Lo stoccaggio provvisorio, al pari del deposito provvisorio di rifiuti (cfr., da ultimo Cass. 20 maggio 2008 n. 27073) costituisce specifica fattispecie disciplinata dall’art. 6 lett. m d.lgs. n. 22/97, come riprodotto dal d.lgs. n. 152/06, assoggettata al regime d’autorizzazione o di comunicazione in procedura semplificata: sicchè l’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi mediante rimozione di abbancamento di inerti asseritamente abusivo, adottata ai sensi del testo unico sull’edilizia, esorbita dall’ambito della materia di competenza comunale, compromettendo la potestà attribuita alla Provincia di rilascio dell’autorizzazione allo stoccaggio provvisorio. Pres. Balba, Est. Caputo - I. s.r.l. (avv.ti Gerbi e Massa) c. Comune di Taggia e altro (n.c.) - TAR LIGURIA, Sez. I - 19 novembre 2009, n. 3406

 

RIFIUTI - Nozione tendenzialmente oggettiva di matrice comunitaria - Art. 183 d.lgs. n. 152/2006 - Scarti vegetali - Natura di rifiuto - Art. 184, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 - Fattispecie: malli di mandorle. Il c.d. Codice Ambiente approvato con D.lgs 3 aprile 2006 n.152 all’art 183 comma primo lett a) codifica una ampia nozione tendenzialmente oggettiva di rifiuto, definito come “qualsiasi sostanza ed oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore di disfi o abbia deciso o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”, superando le precedenti nozione contenute nel D.L. n.138/2002 che avevano dato luogo a procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea. L’art 184 comma terzo Codice Ambiente nel ricomprendere nella nozione di rifiuto speciale anche gli scarti vegetali , consente di richiedere anche per i malli delle mandorle lo smaltimento secondo la normativa sui rifiuti (Cassazione sez III 14 maggio 2009 n.20248). Pres. Morea, Est. Amovilli - M.M. (avv. Ippedico) c. Comune di ruvo di Puglia (avv. Sivo) e altro (n.c.) - TAR PUGLIA, Bari, Sez. II - 19 novembre 2009, n. 2760

 

RIFIUTI - APPALTI - Affidamento del servizio di gestione dei rifiuti - Iscrizione all’albo dei gestori ambientali - Requisito essenziale - Art. 212 codice ambiente - Garanzie per la P.A. - Criteri di proporzionalità e buona amministrazione. L’iscrizione all’albo dei gestori ambientali costituisce il requisito minimo ed essenziale per consentire non solo alle imprese di operare in questo settore ma anche per assicurare, alle pubbliche amministrazioni che decidono di rivolgersi al mercato per lo svolgimento di siffatte attività, di poter fare leva su soggetti dotati di alta professionalità e serietà. In questi termini, la scelta (o meglio l’obbligo) della PA di prevedere l’iscrizione all’albo di cui all’art. 212 del codice ambiente, ai fini della partecipazione ad appalti relativi alla gestione dei rifiuti, senz’altro risponde a criteri di proporzionalità e buona amministrazione. Pres. Ravalli ,Est. Santini - T. coop e altro (avv. Ponzo) c. Autorità portuale di Bari (Avv. Stato) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 19 novembre 2009, n. 2799

 

RIFIUTI - Rifiuti prodotti dalle navi - Direttiva n. 2000/59/CE - D.lgs. n. 182/2003 - Costi di raccolta e gestione degli impianti di portuali di raccolta - Sistema tariffario - Obbligo di pagamento di una quota a carico di tutte le navi, a prescindere dal conferimento - Ratio della scelta legislativa - Disincentivazione degli scarichi in mare - Interpretazione conforme della normativa nazionale. La normativa comunitaria (più specificamente, l’art. 9 della direttiva n. 2000/59/CE, di cui il d.lgs. n. 182/2003 costituisce attuazione) detta un sistema tariffario, per i rifiuti prodotti dalle navi, articolato su due livelli: un primo livello, tramite cui i costi degli impianti portuali di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti vengono posti a carico, in misura significativa, di tutte le navi che approdano nei porti dello Stato membro, a prescindere dall’effettivo uso degli impianti (art. 9, comma 2, lett. a), della direttiva); un secondo livello, con il quale la parte dei costi non coperta dal primo livello è coperta “in base ai quantitativi e ai tipi di rifiuti prodotti dalla navi effettivamente conferiti dalle navi”. La ratio di una simile scelta si coglie nel “considerando” n. 14 della direttiva de qua, dove - ferma rimanendo la messa a carico delle navi del costo degli impianti portuali di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti, in base al principio “chi inquina, paga” - al regime tariffario è affidato l’obiettivo di incentivare il conferimento dei rifiuti nei porti, invece dello scarico in mare: obiettivo che è possibile conseguire “prevedendo che tutte le navi contribuiscano ai costi di raccolta e di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi al fine di ridurre gli incentivi economici agli scarichi in mare”. Che ciò si traduca in un obbligo di pagamento almeno di una quota parte della tariffa a carico di tutte le navi, a prescindere dal conferimento, si deduce dall’ulteriore passaggio in cui il “considerando” in discorso rinvia agli Stati membri la facoltà di stabilire “se e in quale proporzione i contributi applicabili ai quantitativi di rifiuti effettivamente conferiti dalle navi debbano essere inclusi nei sistemi di recupero dei costi per l’uso degli impianti portuali di raccolta”: il che indica la scelta del Legislatore comunitario di attribuire all’effettivo conferimento dei rifiuti un ruolo al più concorrente, e non già esclusivo, nella determinazione della tariffa. In altri termini, la scelta del Legislatore comunitario di porre a carico delle navi il pagamento della quota fissa della tariffa anche ove non conferiscano i rifiuti ha un obiettivo preciso, che è quello di disincentivare sul piano economico gli scarichi in mare, nell’interesse della tutela ambientale: una finalità simile sarebbe, invece, frustrata se l’intera tariffa, e pertanto anche la quota fissa, dovesse essere pagata solamente dalle navi che conferiscono i rifiuti: basterebbe infatti evitare il conferimento per non dover pagare alcuna somma. Ciò non toglie che per talune navi occorra prevedere un regime differenziato e meno gravoso e di tale necessità si mostra ben consapevole il Legislatore comunitario, lì dove, al “considerando” n. 16 della direttiva, riconosce la possibilità, per le navi che svolgono servizio regolare con approdi frequenti e regolari, di esenzione “da taluni obblighi” della medesima (tra cui l’art. 9 della direttiva indica anche quello dell’art. 8, cioè quello del pagamento della tariffa), al fine di evitare un onere eccessivo per le parti interessate e sempreché sia dimostrato che esistono disposizioni atte a garantire il conferimento dei rifiuti ed il pagamento dei relativi contributi. In forza del criterio di interpretazione conforme, la normativa nazionale - in particolare, quella di cui al d.lgs. n. 182/2003 - va interpretata alla luce dei richiamati principi. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - M. s.p.a. e altri (avv. Morini) c. Ministero dei Trasporti, Capitaneria di Porto di Livorno ed Autorità Portuale di Livorno (Avv. Stato) - TAR TOSCANA, Sez .II - 6 novembre 2009, n. 1586

RIFIUTI - D.lgs. n. 182/2003 - Rifiuti prodotti dalle navi - Tariffa - Individuazione della sola soglia minima - Soglia massima - Valutazione discrezionale dell’Amministrazione - Distorsioni della concorrenza - Esclusione - Disincentivazione dello scarico in mare - Dir. 2000/59/CE.
L’Allegato IV, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 182/2003 ha individuato solo la soglia minima della quota fissa della tariffa e non anche quella massima, lasciando alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione la determinazione della percentuale che rende congruo il rapporto tra quota fissa della tariffa e costi complessivi, con una scelta che, in specie per le Autorità Portuali, si rivela coerente con i margini di autonomia (su cui T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 12 giugno 2008, n. 797; id., 7 marzo 2007, n. 739) e con i poteri a queste attribuiti dall’ordinamento; non ha provocato distorsioni della concorrenza, la quale, anzi, viene incentivata dalla previsione solo di una soglia minima, potendo la concorrenza stessa dispiegarsi in misura soddisfacente tramite l’ampia possibilità, per i porti, di diversificare l’entità della quota fissa della tariffa al di sopra della soglia minima; e, in perfetta coerenza con la normativa comunitaria (cfr. art. 8, comma 1, lett. a), della direttiva n. 2000/59/CE), ha stabilito che la quota fissa della tariffa sia rapportata a tutti i costi degli impianti portuali di raccolta dei rifiuti, e, pertanto, non solo ai costi di investimento, ma anche a quelli di trattamento e smaltimento dei rifiuti. Sotto quest’ultimo profilo, vi è un evidente incentivo affinché le navi conferiscano effettivamente i rifiuti, implicito nel rischio di pagare, altrimenti, anche una quota parte dello smaltimento di rifiuti altrui, ma non si può dire che ciò concretizzi un’illegittimità, giacché il tutto è finalizzato all’obiettivo di disincentivare lo scarico in mare, nell’interesse della tutela ambientale. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - M. s.p.a. e altri (avv. Morini) c. Ministero dei Trasporti, Capitaneria di Porto di Livorno ed Autorità Portuale di Livorno (Avv. Stato) - TAR TOSCANA, Sez .II - 6 novembre 2009, n. 1586

 

RIFIUTI - Regione Abruzzo - Impianti di smaltimento dei rifiuti - Provvedimenti di rinnovo e proroga - L.R. n. 83/2000, art. 24, c. 7 - Sospensione dell’efficacia - Interpretazione. Il settimo comma dell'art. 24 della L.r. Abruzzo n. 83/2000, come si evince dal dato testuale e dalla logica sottesa alla norma, va inteso quale sospensione dell’efficacia dei provvedimenti di rinnovo e proroga degli impianti di smaltimento dei rifiuti, non già della sospensione dei termini di durata delle singole autorizzazioni; in altri termini il legislatore regionale ha voluto che le eventuali proroghe o rinnovi non fossero operative senza la previa valutazione di impatto ambientale, non già prorogare la durata delle autorizzazioni in essere. Pres. ed Est. Zuballi - D. s.p.a. (avv. Di Zio) c. Regione Abruzzo (Avv. Stato). TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. I - 5 novembre 2009, n. 655

 

RIFIUTI - Impianti di smaltimento - Autorizzazione integrata ambientale - Provvedimento positivo - Ricorrenti - Legittimazione ed interesse ad agire - Mero dato della vicinitas - Insufficienza. L’autorizzazione integrata ambientale presuppone una valutazione particolarmente incisiva dell’impatto ambientale dell’impianto interessato (nella specie: impianto per lo smaltimento dei rifiuti): per sua natura prescinde dal dato della distanza dalle abitazioni, in quanto gli elementi qualitativi riguardanti l’abbattimento delle emissioni inquinanti prevalgono sui meri dati relativi alla distanza, in un’ottica tecnicamente più avanzata e conforme alla disciplina europea. Ne discende come il mero dato di prossimità delle abitazioni non può fondare la legittimazione e interesse ad agire dei residenti, ove non venga supportato da ulteriori elementi. Pres. ed Est. Zuballi - A.G. ed altri (avv.ti De Massis e Febbo) c. Regione Abruzzo (Avv. Stato) e altri (n.c.). TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. I - 5 novembre 2009, n. 652

 

RIFIUTI - Smaltimento - Mancata attuazione della normativa in tema di pianificazione - Situazione di emergenza non fronteggiabile con rimedi ordinari - Ricorso al potere extra ordinem ex art. 13 d.lgs. n. 22/97 (oggi, art. 191 d.lgs. n. 152/2006) - Legittimità. La mancata attuazione della normativa in tema di pianificazione per lo smaltimento dei rifiuti - a prescindere da eventuali responsabilità per la mancata realizzazione - comporta una obiettiva situazione di emergenza non fronteggiabile in breve tempo con rimedi ordinari: sotto tale profilo si presenta pertanto legittimo l'esercizio del potere "extra ordinem" previsto dall’art. 13 del d.lgs. n. 22/1997 (oggi, art. 191 d.lgs. n. 152/2006), da parte del Sindaco, al fine di far fronte all'emergenza rifiuti e scongiurare, in tal modo, situazioni di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente (Consiglio di Stato, sez. V, 17 settembre 2008; nn. 4434, 4435 e 4436; 2 dicembre 2002, n. 6624; 3 febbraio 2000, n. 596). Pres. Adamo, Est. Cappellano - B.A.G. (avv. Lupo) c. Comune di Serradifalco (avv. Pignatone). TAR SICILIA, Palermo, Sez.III - 4 novembre 2009, n. 1726

 

RIFIUTI - Ordinanza di rimozione - Competenza - Dirigenti - Art. 14, c. 3 d.lgs. n. 22/97 - Art. 152 d.lgs. n. 152/2006. La disposizione di cui all’art. 14, comma 3°, del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 affida al Sindaco il potere di ordinare la rimozione dei rifiuti abbandonati, ma, in virtù del principio sulla separazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni gestionali, di cui all’art. 107 del T. U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, la norma va ora letta alla luce del nuovo principio per il quale spetta ai dirigenti tutta l’attività di gestione, tra cui è ricompresa quella sulla rimozione dei rifiuti abbandonati . Lza soluzione non cambia neppure dopo l’adozione del D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152, il cui articolo 192, comma 3°, ultima parte, riproduce, con identica formulazione, la disposizione di cui all’art. 14, come 3°, ultimo periodo. Pres. Panunzio, Est. Scano - A. s.p.a e altro (avv. Allori) c. Comune di Ploaghe (n.c.) - TAR SARDEGNA, Cagliari, Sez. II - 4 novembre 2009, n. 1598

 

RIFIUTI - DIRITTO DELLE ACQUE - Acque di scarico domestiche evacuate tramite pozzi settici in ambiente rurale - Rifiuti non coperti da un'altra legislazione - Mancata trasposizione di norme - Inadempimento di Stato (Irlanda) - Direttiva 75/442/CEE. Non avendo adottato, ad eccezione della contea di Cavan, qualsiasi disposizione legislativa regolamentare ed amministrativa necessaria per conformarsi agli articoli 4 e 8 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio del 18 marzo 1991, per quanto riguarda le acque di scarico domestiche eliminate in ambiente rurale tramite pozzi settici e di altri sistemi di trattamento individuali delle acque di scarico, l'Irlanda è venuta meno agli obblighi che gli incombono ai sensi di questa direttiva. L'Irlanda è condannata ai tre quarti dei costi della Commissione delle Comunità europee e sopporta le sue spese. La Commissione delle Comunità europee sopporta il quarto dei suoi costi. (Testo Uff.: En n’ayant pas pris, sauf dans le comté de Cavan, toutes les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer aux articles 4 et 8 de la directive 75/442/CEE du Conseil, du 15 juillet 1975, relative aux déchets, telle que modifiée par la directive 91/156/CEE du Conseil, du 18 mars 1991, en ce qui concerne les eaux usées domestiques éliminées en milieu rural au moyen de fosses septiques et d’autres systèmes de traitement individuels des eaux usées, l’Irlande a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive. L’Irlande est condamnée aux trois quarts des dépens de la Commission des Communautés européennes et supporte ses propres dépens. La Commission des Communautés européennes supporte le quart de ses propres dépens). Pres. Bonichot (relatore), Commissione delle Comunità europee c. Irlanda. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 29/10/2009, Sentenza C-188/08

 

RIFIUTI - Gara di rilievo comunitario per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti urbani - gara deserta - Modalità di affidamento - Principio della libertà di scelta dell’Amministrazione - Sindacato del giudice amministrativo - Limiti. In tema di gara di rilievo comunitario per il servizio di raccolta di rifiuti urbani, vige il principio della sostanziale libertà di scelta dell’Amministrazione, in ordine alla modalità di affidamento del servizio, una volta andata deserta la gara (comunitaria) bandita: dall’esperimento di una nuova procedura di appalto, alla trattativa privata, all’affidamento in house; le scelte in questione impingono nel merito dell’azione amministrativa e come tali si sottraggono al sindacato di legittimità, salvo che non siano palesemente arbitrarie, irragionevoli, irrazionali, illogiche e fondate su di un macroscopico travisamento di fatto (Consiglio di Stato (Sez. V, 28 settembre 2009, n. 5808). Pres. ed Est. Calderoni - B. sas e altro (avv. Salvadori) c. Comune di Roncadelle (avv. Ballerini). Tribunale Amministrativo Rrgionale LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 28/10/2009, n. 1780

 

RIFIUTI - Art. 202 D.lgs. n. 152/2006 - Mancata istituzione della società d’ambito - Inoperatività della norma - Capo II del Titolo I della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006. L’art. 202 D.Lgs. n. 152/2006 è sicuramente inoperante nell’ipotesi di mancata costituzione della società d'ambito”: l’inoperatività deve intendersi, evidentemente, estesa - oltre che alla suddetta, singola disposizione - all’intero Capo III del Titolo I della Parte Quarta del D. Lgs. 152 (Capo espressamente dedicato al Servizio di gestione integrata dei rifiuti). Pres. ed Est. Calderoni - B. sas e altro (avv. Salvadori) c. Comune di Roncadelle (avv. Ballerini). TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 28/10/2009, n. 1780

 

RIFIUTI - Abbandono - Ordine di rimozione e smaltimento - Competenza - Sindaco - Art. 192, c. 3, d.lgs. n. 152/2006. L’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006 è norma speciale sopravvenuta rispetto all`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 ed attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, prevalendo per il criterio della specialità e per quello cronologico sul disposto dell`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V, 25.8.2008, n. 4061). Pres. De Zotti, Est. Perrelli - E. s.p.a. (avv. Cerruto) c. Comune di Sona (avv.ti Bezzi e Stefana) - TAR VENETO, Sez. III - 20 ottobre 2009, n. 2623

RIFIUTI - Abbandono - Ordine di rimozione e smaltimento - Intermediario senza detenzione - Responsabilità - Artt. 178 e 212 d.lgs. n. 152/2006.
Sulla scorta dei principi generali di cui all’art. 178 d.lgs. n. 152/2006 e tenuto altresì conto dell’obbligo sancito dall’art. 212 di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori di rifiuti anche per gli intermediari senza detenzione, non può ritenersi che la mancata disponibilità del rifiuto da parte di questi ultimi implichi l’esenzione da ogni responsabilità in ordine alla sua gestione. Una simile affermazione confligge con i principi di responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo afferente la gestione dei rifiuti e non rende ragione dell’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori dei rifiuti che non avrebbe alcun senso se l’intermediario senza detenzione dei medesimi fosse parificato ad un qualsiasi altro intermediario (cfr. TAR Veneto n. 40/2009 con la quale si è affermato che la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, poiché si tratta di soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi: l’estensione della suddetta posizione di garanzia si fonda, infatti, sull’esigenza di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente - principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del Trattato). Ne consegue che il Comune può correttamente individuare nell’intermediario senza detenzione il destinatario dell’ordine di rimozione dei rifiuti. Pres. De Zotti, Est. Perrelli - E. s.p.a. (avv. Cerruto) c. Comune di Sona (avv.ti Bezzi e Stefana) - TAR VENETO, Sez. III - 20 ottobre 2009, n. 2623

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO - Terre e rocce da scavo provenienti da un sito sottoposto a bonifica - Equiparazione ai rifiuti - Art. 186, lett. e) d.lgs. n. 152/2006. L’art. 186 del d.lgs. n. 152/2006, alla lett. e) del comma 1 subordina il riutilizzo delle terre e rocce da scavo al previo accertamento della loro non provenienza da siti contaminati, ovvero sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi degli artt. 239 e segg. del medesimo decreto legislativo. Ne deriva la legittimità dell’equiparazione ai rifiuti delle terre da scavo provenienti da un sito di interesse nazionale sottoposto a bonifica , dovendosi la predetta equiparazione ritenere derivante dallo stesso dettato normativo. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - D. s.r.l. (avv.ti Capria, Marocco, Nuti e Chiti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 14 ottobre 2009, n.1540
 

RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza di rimozione - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Natura contingibile e urgente - Esclusione - Carattere sanzionatorio - Fondamento. L'ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati, prevista dall’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006, che riproduce, nella sostanza, il provvedimento già previsto dall'art. 14 del D.Lgs. n. 22/1997, ha diverso fondamento rispetto alle ordinanze contingibili e urgenti di cui all’art. 54 del T.U.E.L.. L’art. 192 prefigura infatti un’ordinanza a carattere sanzionatorio, di cui è riprova il fatto che per la sua applicazione a carico dei soggetti obbligati in solido, è necessaria l'imputazione agli stessi a titolo di dolo o colpa del comportamento tenuto in violazione dei divieti di legge. Tale interpretazione acquista ulteriore rilievo se si considera che sia il D.P.R. n. 915/1982 sia il D.Lgs. n. 22/1997, sia, infine, il D.Lgs. n. 152/2006, hanno espressamente attribuito al Sindaco la titolarità del potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti in materia di rifiuti, rispettivamente agli art. 12, 13 e 191 (cfr. Cons. Stato,. V, 25.8.2008, n. 4067; Cons. giust. amm., 2.3.2007, n. 97). Pres. De Zotti, Est. Perrelli - C.s.r.l. (avv. MIchelian) c. Comune di Zero Branco (avv. Gatto) - TAR VENETO, Sez.III - 29 settembre 2009, n.2454

RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza di rimozione ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Competenza - Sindaco.
L’adozione dell’ordinanza di rimozione dei rifiuti ex art. 192, c. 3 del d.lgs. n. 152/2006 (disposizione posteriore rispetto all’ art. 107 del D.lgs. n. 267/2000) è di competenza del Sindaco, sulla scorta, oltre che del dato testuale della norma, del tradizionale canone ermeneutico lex posterior specialis derogat anteriori generali. Pres. De Zotti, Est. Perrelli - C.s.r.l. (avv. MIchelian) c. Comune di Zero Branco (avv. Gatto) - TAR VENETO, Sez.III - 29 settembre 2009, n.2454

RIFIUTI - Materiale proveniente dall’attività di costruzione - Riutilizzo - Presupposti - Attività di separazione - Mancanza di pregiudizio per l’ambiente.
Il riutilizzo del materiale proveniente dall'attività di costruzione non può prescindere dalla preventiva attività di separazione richiesta dal D.M. 5.2.1998 posto che, come affermato dalla Corte di Cassazione, detto materiale conserva la natura di rifiuto sino al completamento delle attività di separazione e cernita, in quanto la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica sino al completamento delle operazioni di recupero, tra le quali l’ art. 183 lett. h)del d.lgs. n. 152/2006 indica la cernita o la selezione (Cfr. Cass. 15.6.2006 n. 33882). In ogni caso, inoltre, il riutilizzo nelle opere di riempimento deve avvenire, come ribadito dall’art. 186 del citato D.Lgs. senza recare pregiudizio all'ambiente. Pres. De Zotti, Est. Perrelli - C.s.r.l. (avv. MIchelian) c. Comune di Zero Branco (avv. Gatto) - TAR VENETO, Sez.III - 29 settembre 2009, n.2454

RIFIUTI - Discariche e impianti di trattamento - Atti di localizzazione - Impugnazione - Persona fisica - Legittimazione - Mera vicinitas - Insufficienza - Prova del danno.
La legittimazione di una persona fisica ad impugnare atti di localizzazione di discariche e di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti solidi urbani non discende dalla mera vicinanza dell'abitazione ad una discarica, ma è subordinata alla prova del danno che il ricorrente riceve nella sua sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione dell'impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate dall'autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell'impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18.07.1995, n. 754; Consiglio di Stato, Sez. V, 13.07.1998, n. 1088; Consiglio di Stato, Sez. V, 31.01.2001, n. 358; Consiglio di Stato, Sez. V, 16.4.2003, n. 1948 e più recentemente T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. I, 11.12.2006, n. 3216; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, Sez. I, 26.11.2007, n. 3365; Consiglio di Stato, Sez. VI, 13.09.2007, n. 5453). Pres. Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292

RIFIUTI - Art. 183 c.1, lett. p) d.lgs. n. 152/2006 - Sottoprodotto - Impiego - Processo di produzione.
In forza dell’art. 183, co. 1, lett. p) del d.lgs. n. 152/2006, l’impiego del sottoprodotto deve avvenire direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione individuato e definito. Pres. Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292

RIFIUTI - Scarti legnosi dell’agricoltura - Residuati della lavorazione meccanica del legno - natura id rifiuto - Esclusione - Utilizzo nell’alimentazione di un impianto di produzione di energia da biomasse.
Non costituiscono rifiuto e possono quindi essere tipicamente e propriamente utilizzati nell’alimentazione di un impianto di produzione di energia da biomasse vegetali, gli scarti legnosi dell’agricoltura e i residuati della lavorazione esclusivamente meccanica del legno, quali segature, tondelli, cortecce e cippato legnoso, anche ove quest’ultimo sia trattato con impiego di acqua per estrarne il tannino, poiché l‘acqua naturale non è un solvente e non può essere assimilata ad una sostanza chimica. Pres. Bianchi, Est. Graziano - Associazione F. e altri (avv.ti Sommovigo e Verrienti) c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro, Vella e Fortuna), Comune di Voltaggio (avv. De Bartolo) e altro (n.c.) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 25 settembre 2009, n. 2292

 

RIFIUTI - Recupero - Art. 216 d.lgs. n. 152/2006 - Comunicazione di inizio attività - Completa realizzazione dell’impianto - Presupposto necessario - Ragioni - Circolare Albo Nazionale dei Gestori ambientali n. 1962/2006. L’inequivoco disposto dell’art.2 16 d.lgs. n. 152/2006 - del tutto analogo all’art. 33, c. 6 del d.lgs. n. 22/97, come modificato dal d.lgs. n. 389/97 - postula l’esigenza che l’impianto destinato alle operazioni di recupero dei rifiuti sia pienamente realizzato al momento della comunicazione di inizio attività, in quanto, contrariamente, la Provincia non sarebbe in grado di accertare il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui è cenno nelle disposizioni: solo un impianto completo in tutte le sue componenti consente alla competente Autorità di verificarne l’idoneità sotto l’aspetto della osservanza di specifiche norme e condizioni (cfr. circolare n. 1962 del 29.12.2006 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio - Albo Nazionale dei Gestori Ambientali - Comitato Nazionale, avente ad oggetto “Applicazione art. 216, d.lgs. 152/06”: con questa circolare, con riferimento al suddetto art. 216, il Comitato Nazionale ha espresso l’avviso che le comunicazioni di inizio attività per lo svolgimento delle operazioni di recupero da svolgersi presso impianti non ancora realizzati o parzialmente realizzati al momento della comunicazione stessa non rispetterebbero le condizioni previste dagli articoli 214 e 216 del d.lgs. 152/2006 e, pertanto, non possono essere ritenute ammissibili). Pres. Corasaniti, Est.Farina - E.s.r.l. (avv. Persello) c. Provincia di Udine (avv. Raffa) - TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 24 settembre 2009, n. 670

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO - Abbandono di rifiuti - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 e art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Proprietario dell’area - Imputabilità dell’abbandono a titolo di dolo o colpa. In tema di abbandono di rifiuti, la giurisprudenza amministrativa, già con riferimento alla misura prevista dall'art. 14 del D.Lgs. n. 22/97, riteneva che il proprietario dell'area fosse tenuto a provvedere allo smaltimento, ma solo a condizione che ne fosse dimostrata la corresponsabilità almeno a titolo di colpa con gli autori dell'illecito, ed aveva conseguentemente escluso che la norma configurasse un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva, affermando l'illegittimità degli ordini di smaltimento di rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in mancanza di adeguata dimostrazione, da parte dell'amministrazione procedente, dell’imputabilità soggettiva della condotta, sulla base di un'istruttoria completa e di un'esauriente motivazione. I medesimi principi si traggono oggi dalla previsione di cui all'art. 192 del D.Lgs. n. 152/06, che non soltanto riproduce il tenore dell'art. 14 cit. circa la necessaria imputabilità dell’abbandono a titolo di dolo o colpa, ma integra il precedente precetto, precisando che l'ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente “in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. Nicolosi, Est. Grauso - I .s.r.l. (avv.ti Camero e Del Seppia) c. Comune di Lucca (avv.ti Picone e Papanicolau) - TAR TOSCANA, Sez. II - 17 settembre 2009, n. 1448

 

RIFIUTI - Abbandono - Artt. 14 d.lgs. n. 22/97 e 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordine di smaltimento - Curatela fallimentare - Mancanza di prove in ordine alla corresponsabilità nell’abbandono - Amministrazione procedente - Esecuzione in danno dello operazioni di smaltimento - Insinuazione al passivo. In conformità con gli orientamenti maturati in seno alla giurisprudenza circa l’interpretazione dell’art. 14 D.Lgs. n. 22/97, sostanzialmente riprodotto nell’art. 192 D.Lgs. n. 152/06 - l’ordine di smaltimento presuppone l’accertamento di una responsabilità a titolo quantomeno di colpa in capo all’autore dell’abbandono dei rifiuti, e lo stesso vale per il proprietario o titolare di altro diritto reale o personale sull’area interessata, che venga chiamato a rispondere in solido dell’illecito (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 17 aprile 2009, n. 1431; id., 1 agosto 2001, n. 1318). Ne deriva che, ove non sia possibile ascrivere la (cor)responsabilità dell’abbandono, sia pure in via presuntiva, alla curatela del fallimento, l’ordine di smaltimento impartito è illegittimo, dovendo l’amministrazione procedere all’esecuzione in danno delle relative operazioni, per poi insinuarsi al passivo della procedura fallimentare onde recuperare il proprio corrispondente credito. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Fallimento M. (avv.ti Giallongo e Luiso) c. Comune di Capannori (avv. Giovannelli) - TAR TOSCANA, Sez. II - 17 settembre 2009, n. 1447

RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza di smaltimento - Art. 50 d.lgs. n. 267/2000 - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Poteri - Esercizio congiunto - Illegittimità.
E’ illegittimo l’esercizio congiunto dei poteri di cui all’art. 50 del d. lgs. 267/2000 e di quelli di cui all’art. 192 del d. lgs. 152/2006, considerato che si tratta di poteri distinti che hanno presupposti diversi. Pres. Leo, Est. Marzano - A. s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune di Mozzate (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 4598

RIFIUTI - Obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Confronto.
L'art. 192, d.lg. 3 aprile 2006 n. 192, non si limita a riprodurre il tenore dell’abrogato art. 14, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (cd. decreto Ronchi) con riferimento alla necessaria imputabilità a titolo di dolo o di colpa, per l'obbligo di rimozione dei rifiuti illecitamente abbandonati, ma integra l'anzidetto precetto precisando che tale ordine può essere adottato esclusivamente in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo, con il palese intento di rafforzare e promuovere le esigenze di effettiva partecipazione dei potenziali destinatari del provvedimento allo specifico procedimento (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. Leo, Est. Marzano - A. s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune di Mozzate (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 4598

RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza di rimozione e smaltimento - Competenza - Sindaco.
Spetta al sindaco, ai sensi dell'art. 192, comma 3, d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, norma speciale sopravvenuta rispetto all'art. 107, comma 5, d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti abbandonati (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. Leo, Est. Marzano - A. s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune di Mozzate (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 4598

RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordine di smaltimento - Mancata comunicazione di avvio del procedimento - Illegittimità.
È illegittimo un ordine di smaltimento di rifiuti emanato ai sensi dell'art. 192 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, nei confronti del proprietario dell'area, senza che a quest'ultimo sia stata inviata da parte dell'Amministrazione formale comunicazione dell'avvio del procedimento, adempimento obbligatorio dovendosi ritenere recessive, nella specifica materia, le regole di cui agli art. 7 e 21octies L. 7 agosto 1990 n. 241 (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. Leo, Est. Marzano - A. s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune di Mozzate (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 4598

RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Responsabilità solidale del proprietario dell’area interessata dai rifiuti con l’autore materiale della trasgressione - Limiti.
L’art. 192, comma 3, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sancisce la responsabilità solidale del proprietario o del titolare di diritti reali o personali di godimento sull'area interessata dalla presenza di rifiuti abbandonati, rispetto all'autore materiale della trasgressione, nel solo caso in cui la violazione possa essergli ascritta a titolo di dolo o colpa. Siffatto sistema sanzionatorio esclude la configurabilità di ipotesi di responsabilità oggettiva o di posizione, tale cioè da poter chiamare il proprietario del sito che ospita rifiuti abbandonati, per ciò solo, a risponderne indipendentemente dalla concreta verifica, da parte della Pubblica amministrazione, di una condotta anche semplicemente agevolatrice del fatto illecito del terzo. Pres. Leo, Est. Marzano - A. s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune di Mozzate (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 4598

 

RIFIUTI - Competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, c. 2, lett. s) Cost. - Fissazione dei livelli di tutela uniforme sul territorio nazionale. La disciplina dei rifiuti si colloca nell’àmbito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (ex multis, sentenze n. 62 del 2008). Anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell’ambiente, possono venire in rilievo interessi sottostanti ad altre materie, per cui la «competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire [...]», ovviamente nel rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (sentenza n. 62 del 2005, altresì, sentenze n. 247 del 2006, n. 380 e n. 12 del 2007). Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 249

 

RIFIUTI - Art. 189, c. 1 D.L.vo n. 152/2006 - Catasto dei rifiuti - Contrasto con il riparto di competenze delineato nella legge delega - Esclusione - Contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost. - Esclusione. L’articolo 189, c. 1 del D.L.vo n. 152/2006 non contrasta né con il riparto di competenze delineato nella normativa richiamata dalla legge delega ( già l’art. 18 del D.L.vo n. 22 del 1997 prevedeva, alla lettera h), che fosse di competenza dello Stato la riorganizzazione e la tenuta del Catasto nazionale dei rifiuti), né con gli artt. 117 e 118 Cost. Infatti, è evidente che, per espressa previsione normativa, il Catasto dei rifiuti intende garantire la formazione di un quadro conoscitivo unitario e costantemente aggiornato dei dati raccolti, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti. In tal senso, quindi, le funzioni svolte da tale istituto sono prodromiche alla fissazione di livelli uniformi di tutela dell’ambiente, di esclusiva competenza statale. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Impianti di “preminente interesse nazionale” - Art. 195, c. 1, lettere f) e g) D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Art. 117 Cost - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all’art. 117 Cost. - dell’art. 195, lett. f), del D.L.vo n. 152/2006. Trattandosi di impianti di “preminente interesse nazionale”, la valutazione relativa alla loro individuazione deve necessariamente essere attribuita allo Stato, in coerenza con il principio di sussidiarietà, in vista dell’obiettivo del soddisfacimento dell’esigenza unitaria di una dislocazione strategica dei medesimi impianti sull’intero territorio nazionale. In tale prospettiva, è infondata anche la violazione del principio di leale collaborazione, tenuto conto che la norma impugnata prevede che la predetta funzione di individuazione degli impianti sia esercitata «sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281» e tale forma di coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali si rivela adeguata, incidendo la predetta attività su competenze regionali (governo del territorio, tutela della salute) concorrenti, in ordine alle quali spetta comunque allo Stato dettare i principi fondamentali. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in riferimento alla previsione della competenza statale in tema di predisposizione di un piano nazionale di comunicazione e conoscenza ambientale (lettera g). Tale attribuzione, infatti, non determina alcuna lesione delle sfere di competenza regionale, in quanto non impedisce alle Regioni di predisporre propri piani territoriali sulla base dei quali, peraltro, solo lo Stato può provvedere a definire - «nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni» e «sentita la Conferenza unificata» - un adeguato piano nazionale.Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Criteri generali differenziati per i rifiuti urbani e i rifiuti urbani e speciali - Art. 195, c. 1, lett. m) D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Art. 76 Cost - Infondatezza. Sono infondate le censure sollevate, in relazione all’art. 76 Cost., nei confronti dell’attribuzione allo Stato del compito di determinare i criteri generali differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini dell’elaborazione dei piani regionali dei rifiuti nonché le linee guida per gli ambiti territoriali ottimali (art. 195, lett. m) , D.L.vo n. 152/2006). Va infatti osservato che già l’art. 18, comma 1, lettera i), del D.L.vo n. 22 del 1997, attribuiva una simile competenza allo Stato, e che tale attribuzione è in linea con l’esigenza di una individuazione dei predetti criteri generali uniforme ed omogenea sul territorio nazionale, incidendo i medesimi sia sulla materia del governo del territorio di competenza regionale concorrente, in ordine alla quale spetta allo Stato dettare i principi fondamentali, sia sulla materia di competenza statale esclusiva della tutela dell’ambiente. A tal proposito occorre, inoltre, osservare che, non essendo possibile individuare una materia prevalente alla quale ricondurre la norma impugnata, la previsione del raggiungimento di un’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, in specie ai fini della determinazione delle linee guida per la individuazione degli ambiti territoriali ottimali, costituisce adeguato strumento di attuazione del principio di leale collaborazione. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Gestione integrata - Linee guida per la definizione delle gare d’appalto per la concessione del servizio - Competenza statale - Art. 195, c. 1, lett. n) D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La previsione della competenza statale in tema di linee guida per la definizione delle gare d’appalto per la concessione del servizio di gestione integrata dei rifiuti, di cui all’art. 195, lett. n) , D.L.vo n. 152/2006, non determina alcuna lesione delle sfere di competenza regionale, tenuto conto che essa, attenendo, fra l’altro, all’identificazione dei «requisiti di ammissione delle imprese e dei relativi capitolati» alle gare, costituisce esercizio della competenza statale in tema di tutela della concorrenza, e si rivela in armonia con il principio di leale collaborazione, quanto alle inevitabili interferenze con la materia dei servizi pubblici locali (alla quale deve ricondursi la disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti) di competenza regionale residuale, nella parte in cui stabilisce che la determinazione delle predette linee guida deve avvenire d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Ambito territoriale ottimale - Tariffa - Riscossione - Linee guida inerenti alle forme ed ai modi della cooperazione fra gli enti locali - Competenza statale - Art. 195, c. 1, lett. o) D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Devono respingersi le censure mosse nei confronti della attribuzione allo Stato della competenza a determinare le linee guida inerenti alle forme ed ai modi della cooperazione fra gli enti locali anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nell’ambito territoriale ottimale (all’art. 195, lett. o) , D.L.vo n. 152/2006). Si tratta, infatti, di previsione che, pur incidendo su ambiti di competenza regionale, quali quello della promozione delle forme di cooperazione fra gli enti locali e quello dei servizi pubblici locali, è finalizzata a soddisfare l’esigenza di individuazione dei criteri più idonei a garantire l’efficiente espletamento del servizio in tutto il territorio nazionale, nel pieno rispetto del principio di leale collaborazione, mediante la previsione della previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Impianti - Determinazione dei criteri generali per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione - Art. 195, c. 1, lett. p) D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La determinazione dei criteri generali per l’individuazione delle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti, di cui all’art. 195, lett. p) del D.L.vo n. 152/2006, non risulta lesiva di alcuna competenza regionale, costituendo esercizio della competenza statale a dettare i principi fondamentali in tema di governo del territorio; il compito di adeguare le norme della parte quarta del decreto impugnato alla normativa comunitaria, di cui alla successiva lettera t), non può che spettare allo Stato, nell’esercizio delle proprie competenze. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Art. 195, c. 2, lettere b), e), l), m), n), q), s) - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Le disposizioni di cui all’art. 195, comma 2, lettere b), e), l), m), n), q) ed s), non determinano l’attribuzione impropria di competenze allo Stato, ma provvedono ad individuare gli ambiti tecnici in relazione ai quali si dà attuazione ai livelli uniformi di tutela dell’ambiente. Si tratta, infatti, di: determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani (lettera e); definizione del modello e dei contenuti del formulario e regolamentazione del trasporto dei rifiuti (lettera l); individuazione delle tipologie di rifiuti che possono essere smaltiti in discarica (lettera m); adozione di un modello uniforme del registro di cui all’art. 190 e delle modalità di tenuta dello stesso (lettera n); adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio (lettera q); individuazione delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente sperimentate da università o istituti specializzati (lettera s). Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Piano regionale di gestione dei rifiuti - Potere sostitutivo ministeriale - Art. 199, c. 9 D.L.vo n. 152/2006 - Illegittimità costituzionale. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 199, comma 9, del D.L.vo n. 152 del 2006, nella parte in cui attribuisce al Ministro dell’ambiente il potere sostitutivo nel caso in cui “le autorità competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale» di gestione dei rifiuti “nei termini e con le modalità stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all’attuazione del piano medesimo”. Si tratta, infatti, di una ipotesi di sostituzione statale che si attiva direttamente in caso di inerzia degli enti locali in riferimento ad un ambito di competenza regionale costituito dall’attuazione del piano regionale, senza che le Regioni, competenti all’adozione del piano, siano poste nella condizione di esercitare il proprio potere sostitutivo, con conseguente lesione delle relative attribuzioni. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Poteri sostitutivi straordinari ex art. 120 D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’art. 120, secondo comma, Cost. prevede solo un potere sostitutivo straordinario, in capo al Governo, da esercitarsi sulla base dei presupposti e per la tutela degli interessi ivi esplicitamente indicati, mentre lascia impregiudicata l’ammissibilità e la disciplina di altri casi di interventi sostitutivi, configurabili dalla legislazione di settore, statale o regionale, in capo ad organi dello Stato o delle Regioni o di altri enti territoriali, in correlazione con il riparto delle funzioni amministrative da essa realizzato e con le ipotesi specifiche che li possano rendere necessari. Gli interventi sostitutivi oggetto delle norme di cui agli artt. 199, c. 8 e 204, c. 3, secondo periodo non sono riconducibili all’ambito di operatività dell’art. 120 Cost., non essendo connessi ad alcuna delle ipotesi di emergenza istituzionale di particolare gravità ivi contemplate (il mancato rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, il pregiudizio per l’incolumità e la sicurezza pubblica nonché per l’unità giuridica ed economica, il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali), tali da giustificarne l’attribuzione in via esclusiva al Governo: sicché deve ritenersi priva di fondamento l’asserita lesione della predetta norma costituzionale nella parte in cui assegna esclusivamente al Governo l’esercizio del solo potere ivi previsto. Né può accogliersi la censura di violazione delle garanzie prescritte a tutela dell’ente inadempiente, in relazione a quanto previsto dall’art. 204, comma 3, secondo periodo, considerato che la norma impugnata reca modalità procedimentali finalizzate a porre il predetto ente - a sua volta operante in via sostitutiva - nelle condizioni di provvedere, evitando la sostituzione. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI- Servizio di gestione dei rifiuti - Gestioni esistenti - Esercizio del potere sostitutivo da parte del Presidente della Giunta regionale - Disciplina - Art. 204, c. 3, D.L.vo n. 152/2006 - Illegittimità costituzionale. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 204, comma 3, del D.L.vo n. 152 del 2006, nella parte in cui disciplina l’esercizio del potere sostitutivo del Presidente della Giunta regionale in tema di gestioni esistenti del servizio di gestione dei rifiuti. Infatti, tenuto conto che è la legge regionale che, nel disciplinare l’esercizio di funzioni amministrative di competenza dei Comuni nelle materie di propria competenza, può prevedere anche poteri sostitutivi in capo ad organi regionali per il compimento di atti o attività obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell’ente competente, è egualmente solo ad essa che spetta provvedere a regolare dettagliatamente modalità e termini di esercizio del proprio potere sostitutivo. Nella specie, la norma statale impugnata prevede un termine entro il quale i Presidenti delle Giunte regionali, in caso di inerzia delle Autorità d’ambito, devono nominare un commissario ad acta per l’adozione di provvedimenti per disporre i nuovi affidamenti del servizio di gestione dei rifiuti, nel rispetto delle disposizioni di cui alla medesima parte quarta del decreto n. 152 del 2006. Tale previsione, avendo ad oggetto la disciplina puntuale di modalità e tempi di esercizio del potere sostitutivo della Regione nei confronti degli enti locali in una materia, quella della gestione del servizi pubblico locale di gestione dei rifiuti, di competenza regionale, lede la relativa competenza legislativa regionale. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Obiettivi di riciclo e recupero dei rifiuti - Normativa regionale - Previa intesa con il Ministro dell’ambiente - Art. 205, c. 6 D.L.vo n. 152/2006 - Illegittimità costituzionale. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 205, comma 6, del D.L.vo n. 152 del 2006, nella parte in cui assoggetta ad una previa intesa con il Ministro dell’ambiente l’adozione delle leggi con cui le Regioni possono indicare maggiori obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti. La sottoposizione a vincoli procedimentali dell’esercizio della competenza legislativa regionale in tema di individuazione di maggiori obiettivi di riciclo e recupero dei rifiuti, che la stessa norma statale attribuisce ad essa, determina evidentemente una lesione della sfera di competenza regionale. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Accordi e contratti di programma finalizzati a promuovere l’impiego di tecniche volte ad assicurare livelli più elevati di tutela ambientale - Art. 206, cc. 2 e 3 D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Artt. 117 e 118 Cost. - Infondatezza.Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost.- dell’art. 206, cc. 2 e 3 D.L.vo n. 152/2006 .L’asserita violazione delle attribuzioni regionali è infatti priva di fondamento, trattandosi di un ambito normativo, quello inerente alla disciplina degli accordi e contratti di programma finalizzati a promuovere l’impiego, su tutto il territorio nazionale, di tecniche volte ad assicurare livelli più elevati di tutela dell’ambiente (mediante la promozione dell’utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale nonché del ritiro dei beni di consumo al termine del ciclo di utilità), riconducibile, in via prevalente, alla competenza statale esclusiva in tema di tutela dell’ambiente, con conseguente esclusione della necessità di forme di coinvolgimento delle autonomie territoriali. Né, d’altra parte, risulta violato l’art. 118 Cost., tenuto conto che è con la stipulazione dei predetti accordi e contratti che vengono fissati gli standard di tutela dell’ambiente connessi all’impiego delle tecniche richiamate, sicché l’attribuzione agli organi statali della relativa competenza obbedisce all’esigenza unitaria di assicurare che detti livelli siano uniformemente rispettati sull’intero territorio nazionale. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Nuovi impianti - Procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica - Art. 208, c. 10, D.L.vo n. 152/2006 - Poteri sostitutivi statali - Interpretazione. L’art. 208, c. 10 D.L.vo n. 152/2006 non interviene a disciplinare il potere sostitutivo dello Stato in caso di inerzia, nella conclusione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica per i nuovi impianti, da parte di autorità competenti riconducibili agli enti locali, escludendo che le Regioni, titolari di proprie competenze in tema di governo del territorio e di tutela della salute, possano esercitare preventivamente il proprio potere sostitutivo. Al contrario, la norma si inserisce nell’ambito della disciplina di un articolato procedimento all’esito del quale è attribuito alla Regione il compito di approvare il progetto ed autorizzare la realizzazione e la gestione dell’impianto. Tale procedimento è puntualmente disciplinato al fine di assicurare che il rilascio dell’autorizzazione avvenga sulla base di una complessa istruttoria finalizzata a garantire, in attuazione delle indicazioni della normativa comunitaria, la regolarità della messa in esercizio dei predetti impianti «proprio in considerazione dei valori della salute e dell’ambiente che si intendono tutelare in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale» (sentenze n. 62 del 2008, n. 173 del 1998; si vedano, altresì, le sentenze n. 194 del 1993 e n. 307 del 1992). Per questo motivo - ed in considerazione della necessità che si giunga in termini di tempo ragionevoli ad una verifica relativa alla sussistenza o meno dei requisiti prescritti per la messa in opera degli impianti - la norma stabilisce che l’istruttoria, che deve svolgersi mediante convocazione di apposita conferenza dei servizi cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti ed i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali interessati nonché con l’eventuale ausilio delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, si concluda entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda con il rilascio dell’autorizzazione o con il diniego motivato della stessa da parte dell’ente competente, e cioè della Regione. E’ perciò in sostituzione di quest’ultima - ed a protezione dei richiamati interessi costituzionali - che l’art. 208, comma 10, prescrive l’operatività dei poteri sostitutivi statali di cui all’art. 5 del D.L.vo n. 112 del 1998, senza con ciò escludere l’esercizio, da parte delle Regioni, di un proprio potere sostitutivo, inerente alle proprie competenze, in ordine all’espletamento delle singole fasi del procedimento istruttorio. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Impianti di ricerca e sperimentazione - Procedimento di autorizzazione - Art. 211, c.3, D.L.vo n. 152/2006 - Interessato - Possibilità di adire l’amministrazione centrale in caso di inerzia regionale - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La disposizione di cui all’art. 211, c. 3 D.L.vo n. 152/2006 si colloca nell’ambito della disciplina del procedimento di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di ricerca e sperimentazione per il quale sono stabiliti, al ricorrere di specifiche condizioni, termini di tempo ridotti rispetto a quelli previsti per la generalità degli impianti, proprio in ragione della rilevanza degli stessi in vista della protezione dell’ambiente. Orbene, la possibilità accordata dalla norma censurata all’interessato di adire direttamente l’amministrazione centrale nell’eventualità che la Regione non abbia provveduto ad approvare il progetto o ad autorizzare la realizzazione di uno dei predetti impianti nei termini prescritti costituisce solo il riconoscimento in capo all’interessato di uno strumento di stimolo all’eventuale attivazione del potere sostitutivo statale, che non è peraltro fatto oggetto di disciplina e, comunque, non esclude, anzi impone che l’amministrazione centrale tenga conto delle motivazioni che, in sede istruttoria, hanno indotto la Regione a non emettere il provvedimento richiesto nel termine previsto, non configurandosi pertanto alcuna lesione delle competenze regionali. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Albo nazionale dei gestori ambientali - Comitato nazionale - Sezioni regionali e provinciali - Art. 212, c. 2, D.L.vo n. 152/2006 - Riduzione dei componenti di derivazione regionale - Lesione delle sfere di competenza regionali - Insussistenza. Sia il Comitato nazionale che le sezioni regionali e provinciali - cfr. art. 212, c. 2 D.L.vo n. .152/2006 - sono organi dell’albo nazionale dei gestori ambientali, le cui competenze sono essenzialmente costituite dalla verifica della sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge per lo svolgimento delle attività di raccolta, trasporto, commercio ed intermediazione dei rifiuti, nonché di gestione degli impianti di smaltimento e di recupero degli stessi, da parte delle imprese che chiedano l’iscrizione al medesimo albo, in vista del principale obiettivo della garanzia del rispetto, da parte delle predette imprese, dei livelli omogenei di tutela dell’ambiente, in tutto il territorio nazionale. Detti organi operano, pertanto, in funzione del soddisfacimento delle predette esigenze unitarie, in un ambito riconducibile alla materia della tutela dell’ambiente, di competenza esclusiva statale, sicché la riduzione del numero dei componenti di derivazione regionale all’interno dei medesimi non determina alcuna lesione delle sfere di competenza regionale. Pres. Amirante, Est. Tesauro - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24/07/2009, n. 249

 

RIFIUTI - Imballaggi - Artt. 217-226 D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Principio di leale collaborazione - Infondatezza. E’ infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento al principio di leale collaborazione - degli artt. da 217 a 226 del D.L.vo n. 152 del 2006. Le tematiche afferenti al rispetto delle procedure di leale collaborazione esulano infatti dalla materia relativa al procedimento di produzione normativa di rango primario (fra le ultime, sentenze n. 371 e n. 222 del 2008 e n. 401 del 2007). Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

RIFIUTI - Imballaggi - Consorzi - Art. 223 D.L.vo n. 152/2006 - Predisposizione di uno statuto tipo - Contrasto con l’art. 118 D.L.vo n. 152/2006 - Esclusione. E’ ragionevole e non in contrasto con l’art. 118, primo comma, Cost. - il quale prevede, tra l’altro, che, al fine di assicurarne l’esercizio unitario, le funzioni amministrative possano essere conferite allo Stato - che quest’ultimo, nella materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, specificamente assegnata alla sua competenza legislativa esclusiva , abbia riservato ad organi centrali , con l’art. 223 del D.L.vo n. 152 del 2006, sia la predisposizione di uno schema di statuto tipo sia il controllo sul rispetto di tale schema, ed abbia, altresì, previsto, onde evitare una parcellizzazione di competenze sul territorio, che i ricordati consorzi operino su tutto il territorio nazionale (cfr. sentenza n. 235 del 2009). Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

RIFIUTI - Imballaggi - Art. 223 D.L.vo n. 152/2006 - Consorzi - Struttura unitaria a livello nazionale - Violazione dei principi di cui alla legge delega - Esclusione. L’art. 40 del D.L.vo n. 22 del 1997, nel prevedere la costituzione di «un Consorzio per ciascuna tipologia di materiale di imballaggio», evidentemente ne postulava, stante la unicità per tipo e non la pluralità, la struttura unitaria a livello nazionale, non diversamente da quanto ora, con maggiore chiarezza, prevede l’art. 223 del D.L.vo n. 152 del 2006. Nessuna privazione di attribuzioni regionali precedentemente conferite si è, pertanto, realizzata con la disposizione normativa ora in questione che, di conseguenza, non può, per tale motivo, essere ritenuta adottata in violazione della delega legislativa. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

RIFIUTI - Imballaggi - Consorzio nazionale imballaggi - Art. 224 D.L.vo n. 152/20006 - Conferimento delle funzioni amministrative a livello statale - Esercizio coordinato e unitario - Competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. La disciplina del Consorzio nazionale imballaggi, di cui all’art. 224 del D.L.vo n. 152 del 2006, per la quale nell’ambito legislativo deve riconoscersi la competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», consente di rinvenire, per le ragioni già precedentemente esposte, quelle esigenze che, in puntuale attuazione delle regole della sussidiarietà, giustificano il conferimento anche delle funzioni amministrative al livello statale, per assicurarne l’esercizio coordinato e unitario. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

RIFIUTI - Consorzi nazionali di raccolta e trattamento degli oli e grassi vegetali ed animali esausti, per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene e per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati - Conferimenti di funzioni amministrative a livello statale - Esercizio coordinato e unitario - Competenza legislativa esclusiva statale - Artt. 233,234 e 236 D.L.vo n. 152/2006 - Decreto correttivo n. 4/2008 - Consorzio nazionale unico. Analogamente a quanto osservato in merito alla previsione normativa avente ad oggetto il Consorzio nazionale imballaggi, va rilevato che la disciplina relativa ai Consorzi nazionali di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti, ai Consorzi nazionali per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene e ai Consorzi nazionali per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, per la quale nell’ambito legislativo deve riconoscersi la competenza esclusiva statale, consente di rinvenire quelle esigenze che, in puntuale attuazione delle regole della sussidiarietà, giustificano il conferimento anche delle funzioni amministrative al livello statale, per assicurarne l’esercizio coordinato e unitario. A tale proposito è il caso di osservare che, mentre il legislatore del D.L.vo n. 152 del 2006, pur affermando la necessaria dimensione nazionale dei Consorzi in discorso, aveva previsto che gli operatori della rispettiva filiera produttiva potessero costituire «uno o più consorzi» per ciascuna delle diverse tipologie di rifiuti indicati dalle predette disposizioni legislative, in sede di adozione del decreto legislativo “correttivo” n. 4 del 2008 - proprio al fine di meglio tutelare le esigenze di coordinamento che stanno alla base della scelta della dimensione nazionale dei detti Consorzi - ha espunto la facoltà di costituzione di una pluralità di Consorzi, prevedendo, invece, che, per ciascuna delle categorie di rifiuti, così come accorpate dagli articoli 233, 234 e 236 del D.L.vo n. 152 del 2006, sia costituito un solo Consorzio nazionale. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

RIFIUTI - Tariffa per la gestione dei rifiuti solidi urbani - Art. 238 D.L.vo n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Art. 76 Cost. - Infondatezza - Legge delega n. 308/20004 - Riordino ed integrazione della normativa. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all’art. 76 Cost. - dell’art. 238 del D.L.vo n. 152 del 2006 che disciplina la nuova tariffa per la gestione dei rifiuti solidi urbani, in sostituzione della tariffa di igiene ambientale di cui all’art. 49 del D.L.vo n. 22 del 1997. Il comma 1 dell’art. 1 della legge n. 308 del 2004 attribuiva al legislatore delegato, tramite gli emanandi decreti legislativi, non solo il compito di procedere al «coordinamento» delle previgenti disposizioni, ma anche quello di provvedere al «riordino» e all’«integrazione» della normativa relativa ai settori elencati nello stesso comma 1. L’uso dei termini «riordino» e «integrazione» è sufficiente a consentire l’attuazione di interventi innovativi e non di sola ricognizione (vedi sentenza n. 225 del 2009). La volontà del legislatore delegante di innovare la disciplina preesistente è, peraltro, confermata anche dalla lettura dei princìpi e criteri direttivi indicati nei successivi commi 8 e 9 dello stesso art. 1 della legge n. 308 del 2004, molti dei quali, implicitamente o esplicitamente, presuppongono o impongono la modifica sostanziale della normativa ambientale all’epoca vigente. Con riferimento alla disciplina della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, deve aggiungersi che essa, oltretutto, costituisce attuazione diretta dell’art. 1, comma 9, lettera a), della legge delega n. 308 del 2004 che prevede, tra i princìpi e criteri specifici della delega stessa, quello di «assicurare una maggiore certezza della riscossione della tariffa sui rifiuti urbani, anche mediante una più razionale definizione dell’istituto». Essa è anche in linea con gli altri principi e criteri specifici quali «assicurare un’efficace azione per l’ottimizzazione quantitativa e qualitativa della produzione dei rifiuti, finalizzata, comunque, a ridurne la quantità e la pericolosità; […] razionalizzare il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, mediante la definizione di ambiti territoriali di adeguate dimensioni all’interno dei quali siano garantiti la costituzione del soggetto amministrativo competente, il graduale passaggio allo smaltimento secondo forme diverse dalla discarica e la gestione affidata tramite procedure di evidenza pubblica». Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

RIFIUTI - Tariffa - Art. 49 decreto Ronchi - Natura della tariffa - Sentenza Corte Cost. n. 238/2009 - Riconoscimento della natura tributaria - Nuova definizione della tariffa ex art. 238 del D.L.vo n. 152/2006 - Qualificazione - Corrispettivo del servizio o tributo - Competenza legislativa esclusiva dello Stato - Fondamento. L’art. 238 del Codice dell’ambiente detta una disciplina che, pur mantenendo in parte il contenuto della normativa relativa alla tariffa di cui all’art. 49 del “decreto Ronchi”, presenta caratteristiche parzialmente diverse. A fronte dell’affermazione esplicita del legislatore delegato che, all’art. 238, ha testualmente previsto che la «tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio prestato», la natura della tariffa in esame non è ancora definita, riflettendosi sulla stessa il dibattito che si è svolto sulla tariffa di igiene ambientale di cui all’art. 49 del D.L.vo n. 22 del 1997 (cfr. sent. n. 238/2009, la quale ha riconosciuto carattere tributario alla tariffa di cui all’art. 49 del decreto Ronchi, senza però affrontare la questione della diversa “tariffa” prevista dall’art. 238 T.U. Ambiente). A prescindere dalla qualificazione da riconoscersi alla nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, la relativa disciplina è comunque ascrivibile alla competenza esclusiva dello Stato. Invero, qualora si volesse attribuire alla tariffa natura di corrispettivo del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani, l’art. 238 sarebbe inquadrabile nelle materie ordinamento civile, tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente, tutte rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. Qualora, invece, si volesse qualificare la tariffa in esame come tributo, anche in questo caso si dovrebbe riconoscere la competenza esclusiva dello Stato, e, conseguentemente, l’impossibilità delle regioni di interferire con la legge statale che tale tariffa ha istituito. Il sistema finanziario e tributario degli enti locali è oggetto delle disposizioni dell’art. 119 della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Peraltro fino all’attuazione da parte del legislatore statale del nuovo disegno costituzionale, si deve ritenere preclusa alle Regioni «la potestà di legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali e per converso si deve ritenere tuttora spettante al legislatore statale la potestà di dettare norme modificative anche nel dettaglio della disciplina dei tributi locali esistenti» (sentenza n. 37 del 2004). Le sopraindicate conclusioni non vengono ad essere modificate dalla recente approvazione della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), posto che la citata normativa fissa principi e criteri direttivi che per mutare l’attuale impalcatura del sistema tributario hanno necessità di essere attuati attraverso un articolato percorso normativo che nella legge delega trova il suo fondamento. Va osservato, infine, che la disciplina in esame rientra anche nella materia tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la determinazione della tariffa si inserisce in un complesso assetto normativo diretto, come si evince dalla stessa legge delega, ad «assicurare un’efficace azione per l’ottimizzazione quantitativa e qualitativa della produzione dei rifiuti, finalizzata, comunque, a ridurne la quantità e la pericolosità», ed a «promuovere il riciclo e il riuso dei rifiuti, anche utilizzando le migliori tecniche di differenziazione e di selezione degli stessi», «promuovere la specializzazione tecnologica delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti speciali, al fine di assicurare la complessiva autosufficienza a livello nazionale»; «assicurare tempi certi per il ricorso a procedure concorrenziali come previste dalle normative comunitarie e nazionali e definire termini certi per la durata dei contratti di affidamento delle attività di gestione dei rifiuti urbani» (art. 1, comma 9, lettera a, della legge delega n. 308 del 2004). Stante l’individuazione delle sopraindicate materie di competenza esclusiva statale, spetta allo Stato anche il potere regolamentare. Pertanto la forma di collaborazione individuata dal comma 6 dell’art. 238, che prevede che sia sentita la Conferenza Stato-Regioni, deve ritenersi sufficiente. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

RIFIUTI - Tariffa - Criteri di determinazione - Riferimento all’estensione dei locali utilizzati - Contrasto con il principio comunitario “chi inquina paga” - Esclusione. Dal principio comunitario “chi inquina paga” non può desumersi il divieto per gli Stati membri di istituire un tributo per la gestione dei rifiuti urbani o la preclusione di predisporre dei criteri di determinazione della tariffa che tengano conto anche dei parametri relativi all’estensione dei locali detenuti o agli indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Marche c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 24 luglio 2009, n. 247

 

RIFIUTI - Ordine di rimozione, smaltimento e riduzione in pristino - Proprietario - Colpa - Amministratore della società proprietaria -Deposito di detriti - Rapporto con la responsabilità penale - Fatto illecito dell’ausiliario o del preposto - Culpa in eligendo e in vigilando. A fronte della presenza di una certa fonte di inquinamento è indiscusso ed indiscutibile che l’amministrazione possa ordinarne la rimozione, lo smaltimento e la riduzione in pristino dell’area anche al proprietario, in solido con il responsabile dell’inquinamento, qualora in capo al primo sia ravvisabile un profilo di dolo o di colpa, a prescindere dalla diretta responsabilità per l’inquinamento ovvero l’accumulo sul luogo. Ovviamente il profilo di colpa rilevante ai fini per cui è causa non è necessariamente coincidente con la commissione di un fatto penalmente rilevante; al di là del fatto che sia o meno ascrivibile all’amministratore della società una fattispecie di reato per il materiale deposito dei detriti, ben potrebbe comunque ravvisarsi una responsabilità colposa omissiva sotto il profilo civilistico, non solo nel proprietario che tollera il deposito di materiale ignoto da parte di ignoti pure colti sul fatto sul proprio terreno, ma ancor di più di colui che civilisticamente risponde del fatto illecito del proprio ausiliario o preposto per non averne controllato debitamente l’operato, e quindi per culpa vuoi in eligendo vuoi in vigilando. Pres. Bianchi, Est. Malanetto - I. s.r.l. (avv.ti Rollero e Scancarello) c. Comune di Cameri (avv.ti Inserviente e Monteverde). TAR PIEMONTE, Sez. I - 21/07/2009, n. 2067

 

RIFIUTI - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Finanziamento di un servizio di gestione e smaltimento dei rifiuti urbani - Calcolo della tassa - Art. 15, lett. a), Direttiva 2006/12/CE - Mancata ripartizione dei costi dello smaltimento dei rifiuti in funzione della loro effettiva produzione - Compatibilità con il principio “chi inquina paga” - Domanda di pronuncia pregiudiziale - Giudice a quo. L’art. 15, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti, dev’essere interpretato nel senso che, allo stato attuale del diritto comunitario, esso non osta ad una normativa nazionale che disponga la riscossione, per il finanziamento di un servizio di gestione e smaltimento dei rifiuti urbani, di una tassa calcolata sulla base di una stima del volume di rifiuti generato dagli utenti di tale servizio e non sulla base del quantitativo di rifiuti da essi effettivamente prodotto e conferito. Spetta, tuttavia al giudice a quo accertare, sulla scorta degli elementi di fatto e di diritto sottopostigli, se la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni su cui verte la causa principale non comporti che taluni «detentori», nel caso di specie le aziende alberghiere, non si facciano carico di costi manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili. Pres. Timmermans, Rel. Toader, Futura Immobiliare srl Hotel Futura ed altri, c. Azienda Speciale Igiene Ambientale (ASIA) SpA. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 16/07/2009, Sentenza C-254/08

 

RIFIUTI - TIA - Approvazione delle proiezioni tariffarie - Art. 238 d.lgs. n. 152/2006 - Competenza - Fattispecie. La competenza all’approvazione delle proiezioni tariffarie TIA, nelle more della attuazione dell’art. 238 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, va affidata ai Comuni. L’eventuale inerzia, ove questa debba ritenersi configurabile, può essere oggetto di intervento sostitutivo, ai sensi dell’art. 24 L.R. 3.12.1991 n. 44, da parte dell’Assessore regionale agli enti locali, cui compete il compito di nominare un commissario ad acta, che, in sostituzione dell’amministrazione, possa adottare gli atti obbligatori per legge (cfr. Ordinanza di questa stessa Sezione 17.10.2008, n. 1447) (fattispecie relativa alla deliberazione del commissario ad acta, e all’illegittimo conferimento di potere da parte dell’ARRA - Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque). Pres. Zingales, Est. Savasta - Adiconsum (avv.ti Giarrusso e Minacapilli) c. Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque - Arra e altri (Avv. Stato). T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 07/07/2009, n. 1245

 

RIFIUTI - Attività di recupero - Inibitoria ex art. 216 c. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Contrasto con le norme tecniche e con le norme vigenti a tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente - Compatibilità urbanistica - Rilevanza - Fondamento. L’inibitoria dell’attività di recupero di rifiuti ex art. 216, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 può intervenire non solo nel caso di inosservanza delle norme tecniche sulle quantità ed i tipi di rifiuti recuperabili, ma anche nell’ipotesi di contrasto dell’attività di recupero dei rifiuti con le norme vigenti in materia di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente, come si evince dal combinato disposto dell’art. 216, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 1, comma 3, del d.m. 5 febbraio 1998. La compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dalle prefate disposizioni, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area. Tale interpretazione è l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla normativa urbanistica ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali”. Tale giudizio di compatibilità, attenendo all’attività concretamente esercitata ed all’impianto condotto, deve essere ripetuto ogni cinque anni in occasione del rinnovo della comunicazione di avvio, e deve assumere come parametro la disciplina urbanistica in vigore, prescindendo dall’eventuale conformità alla normativa urbanistica applicabile al momento del primitivo insediamento, nonché dal titolo edilizio rilasciato illo tempore per la realizzazione del manufatto. Pres. Guida, Est. Guarracino - S.A. (avv.ti Militerni e Militerni) c. Provincia di Napoli (avv.ti Scetta e Cristiano) e Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d’Oranges, Andreottola, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci e Romano). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 06/07/2009, n. 3733

 

RIFIUTI - Art. 191 d.lgs. n. 152/2006 - Ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti - Ordinanza contingibile e urgente - Preventiva assunzione dei pareri di cui all’art. 191, c. 2 - Necessità. Il d.lgs. 152/06 prevede che l’emissione di ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti va effettuata “garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente” (art. 191, co. 1) e che tali ordinanze sono adottate “su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali” (co. 2). Sicchè è evidentemente illegittima l’ordinanza adottata senza la preventiva assunzione dei riferiti pareri. Pres. Guida, Est. Guarracino - J. s.r.l. (avv. Bello) c. Comune di Ercolano (avv. Daniele). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 06/07/2009, n. 3732

 

RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Reati in materia di smaltimento di rifiuti - Risarcimento - Sequestro conservativo in favore delle parti civili. E’ legittimo il provvedimento con il quale il Tribunale, all’esito di sentenza emessa in primo grado nei confronti di soggetto condannato (nella specie: alla pena di anni sei di reclusione)  in riferimento a molteplici reati in materia di smaltimento di rifiuti, su richiesta delle parti civili disponga il sequestro conservativo avente per oggetto vari beni immobili sino alla concorrenza dei crediti vantati dalle parti civili medesime. Pres. Onorato, Est. Gentile, Ric. Lancellotti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/06/2009 (Ud. 06/05/2009), Sentenza n. 26107

 

RIFIUTI - Discariche - Normativa sopravvenuta ex d.lgs. n. 36/2003 - Obbligo di adeguamento - Impianti non ancora in esercizio. L’obbligo di adeguarsi alla normativa sopravvenuta del d.lgs. 36/2003 imposto agli impianti già in esercizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo deve essere affermato, a maggior ragione e per evidenti ragioni sistematiche, anche nei confronti degli impianti non ancora entrati in esercizio. Pres. Ravalli, Est. Viola - I. sp.a. (avv.ti Marra e Perli) c. Provincia di Taranto (avv. Semeraro), Ministero dell'Ambiente della Tutela del Territorio del Mare (Avv. Stato) e altro (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 18/06/2009, n. 1551

 

RIFIUTI - Discariche - D.lgs. n. 36/2003, all. II, par. 7. punto 7.1 - Piano di sorveglianza e di controllo - ARPA e ASL-SISP - Attività di controllo - Adempimento a carico dell’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione - Mancata acquisizione dell’assenso da parte del privato - Diniego dell’autorizzazione - Illegittimità - Ragioni. La previsione dell’allegato II, paragrafo 7, punto 7.1. al d.lgs. 36/2003 non individua la semplice disponibilità dell’A.R.P.A. e dell’A.S.L.-S.I.S.P. ad eseguire i controlli, ma una vera e propria approvazione da parte delle stesse dei contenuti dell’attività di controllo evidenziati da quell’atto fondamentale costituito dal «piano di sorveglianza e controllo» che deve essere presentato da parte del gestore; deve però rilevarsi come la stessa intitolazione del punto 7 dell’Allegato II al d.lgs 36 del 2003 chiarisca espressamente come si tratti di «adempimenti a carico dell’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione» e non del privato richiedente; la richiesta dell’approvazione da parte degli enti competenti al controllo del piano di sorveglianza e controllo del piano di sorveglianza e controllo presentato dalla ricorrente deve pertanto essere effettuata d’ufficio da parte dell’Amministrazione provinciale e non può costituire motivo per un provvedimento di diniego basato sulla semplice mancata acquisizione dell’assenso da parte del privato. Pres. Ravalli, Est. Viola - I. sp.a. (avv.ti Marra e Perli) c. Provincia di Taranto (avv. Semeraro), Ministero dell'Ambiente della Tutela del Territorio del Mare (Avv. Stato) e altro (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 18/06/2009, n. 1551

 

RIFIUTI - Regione Puglia - Programmazione regionale in materia di gestione dei rifiuti speciali - Localizzazione degli impianti - Fase di gestione - Estraneità - A.I.A. Le previsioni della programmazione regionale in materia di gestione dei rifiuti speciali (di cui ai decreti 9.12.2005 n. 187 e 28 dicembre 2006 n. 246 del Commissario delegato all’emergenza ambientale nella Regione Puglia), attengono manifestamente alla fase di localizzazione degli impianti e, quindi, non possono trovare applicazione in sede di rilascio dell’A.I.A. che attiene, al contrario, alla diversa fase della gestione degli impianti già localizzati. Pres. Ravalli, Est. Viola - Comitato V. (avv. Lupo) c. Regione Puglia (avv. Liberti), Provincia di Taranto (avv. Semeraro), Comune di Grottaglie (avv. Relleva), ASL Taranto (avv. Boccuni), Enac e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 18/06/2009, n. 1550

 

RIFIUTI - Principio di autosufficienza - Art. 182, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 - Rifiuti pericolosi e non pericolosi - Sentenza Corte Costituzionale n. 10/2009. Alla stregua del principio di autosufficienza stabilito espressamente, ora, dall'art. 182, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ma, già in passato, affermato dall'art. 5, comma 5, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), il divieto di smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale è applicabile ai rifiuti urbani non pericolosi; il principio dell'autosufficienza locale ed il connesso divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale non possono invece valere né per quelli speciali pericolosi (sentenze n. 12 del 2007, n. 62 del 2005, n. 505 del 2002, n. 281 del 2000), né per quelli speciali non pericolosi (sentenza n. 335 del 2001). Si è, infatti, rilevato che per tali tipologie di rifiuti non è possibile preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale che valga a garantire l'obiettivo della autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335 del 2001)» (Corte cost. 23 gennaio 2009 n. 10). Pres. Ravalli, Est. Viola - Comitato V. (avv. Lupo) c. Regione Puglia (avv. Liberti), Provincia di Taranto (avv. Semeraro), Comune di Grottaglie (avv. Relleva), ASL Taranto (avv. Boccuni), Enac e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 18/06/2009, n. 1550

 

RIFIUTI - Discariche - Impianti preesistenti al d.lgs. n. 36/2003 - Piano di adeguamento - Art. 17, cc. 3 e 4. Per gli impianti preesistenti, le disposizioni del d.lgs. 36/2003 debbano trovare graduale applicazione secondo la scansione temporale prevista dal piano di adeguamento previsto dall’art. 17, commi 3-4 del d.lgs. 36 del 2003 (cfr. Cass. pen. 3.10.2008 n. 37559). Pres. Ravalli, Est. Viola - Comitato V. (avv. Lupo) c. Regione Puglia (avv. Liberti), Provincia di Taranto (avv. Semeraro), Comune di Grottaglie (avv. Relleva), ASL Taranto (avv. Boccuni), Enac e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 18/06/2009, n. 1550

 

RIFIUTI - Impianti di smaltimento - Prossimità localizzativa e gestione da parte di un unico soggetto - Unitarietà dell’impianto a fini A.I.A. - Esclusione - Fattispecie. La prossimità localizzativa e la gestione da parte di unico soggetto non sono sufficienti perché due impianti per lo smaltimento dei rifiuti siano considerati unitariamente a fini A.I.A. (nella specie, l’esistenza di una strada provinciale operava una sostanziale soluzione di continuità, escludendo ogni possibilità di poter prospettare un unico grande impianto sostanzialmente diviso in tre lotti). Pres. Ravalli, Est. Viola - Comitato V. (avv. Lupo) c. Regione Puglia (avv. Liberti), Provincia di Taranto (avv. Semeraro), Comune di Grottaglie (avv. Relleva), ASL Taranto (avv. Boccuni), Enac e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 18/06/2009, n. 1550

 

RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi art. 192 d.lgs. n. 152/2006) - Proprietario dell’area - Responsabilità nell’abbandono - Elemento soggettivo - Istruttoria - Ordine di rimozione, recupero e ripristino - Proprietario incolpevole - Illegittimità. A mente dell’art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi confluito nell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006), il coinvolgimento del proprietario dell’area è previsto soltanto ove lo stesso sia il diretto responsabile dell’abbandono ovvero se, in solido con il diretto responsabile, abbia compiuto la violazione a titolo di dolo o colpa ma tale accertamento del suo titolo di coinvolgimento deve essere compiuto in maniera adeguata e ne deve essere data indicazione con congrua motivazione nel relativo provvedimento, con esclusione di una configurazione di responsabilità di tipo “oggettivo” o residuale nell’ipotesi in cui i responsabili omettano di intervenire pur se intimati. La norma individua, perciò, solo nel profilo “soggettivo” della condotta dell'autore dell'abbandono - per il proprietario esplicitamente richiamando il titolo di dolo o di colpa - la fonte dell'obbligo a provvedere alla rimozione, al recupero e al ripristino. Ne consegue che l'amministrazione non può imporre ai proprietari che non hanno alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno di abbandono di rifiuti contestato, ma che vengono individuati solo in quanto titolari di diritto reale sul bene, lo svolgimento di attività di rimozione, recupero e di ripristino (T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002, n. 320). Pres. Nicolosi, Est. Correale - Agenzia del Demanio (Avv. Stato) c. Comune di Fauglia (n.c.). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 18/06/2009, n. 1062

 

RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Applicazione - Natura pericolosa dei rifiuti - Non rileva. La pericolosità dei rifiuti è indifferente ai fini dell’applicazione dell’art. 14 d.lgs. n. 22/97, rilevando, semmai, sull’applicazione dell’art. 17 d.lgs. n. 22/97 in relazione ad una eventuale situazione di inquinamento e correlate procedure di messa in sicurezza e bonifica del terreno. Pres. Nicolosi, Est. Correale - Agenzia del Demanio (Avv. Stato) c. Comune di Fauglia (n.c.). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 18/06/2009, n. 1062

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO - Obbligo di bonifica dei siti inquinati - Art. 17 d.lgs. n. 22/97 - Artt. 242 e ss. d.lgs. n. 152/2006 - Principio comunitario “chi inquina paga”. Nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile dell'inquinamento stesso, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato non implica di per sé l'obbligo di effettuazione della bonifica. In tal senso disponeva la disciplina anteriore all'attuale Codice dell'Ambiente, vale a dire il D.Lgs. 22/1997 (c.d. decreto "Ronchi") ed il DM 471/1999, ed allo stesso modo era orientata la giurisprudenza. La fattispecie del mero abbandono o deposito di rifiuto -che coinvolge anche i proprietari delle aree - va distinta da una situazione di vero e proprio inquinamento di un determinato sito, che è invece disciplinata dall'art. 17 dello stesso decreto legislativo. L’assetto normativo sul dovere di bonifica è stato confermato dal vigente D.Lgs. 152/2006: l'obbligo di bonifica è posto pertanto in capo al responsabile dell'inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244 D.Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (art. 245); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253). Il complesso di questa disciplina è rispondente ai dettami del diritto comunitario ed, in particolare, al principio “chi inquina paga” che va interpretato in senso sostanzialistico, in modo da non pregiudicare l’efficacia del diritto comunitario. Pres. Branca, Est. Montedoro - A.L. (avv.ti Carozzo e Menghini) c. Comune di Ciriè (avv.ti Montanaro e Romanelli) e ARPA Piemonte (avv.ti Villata e Vivani), riunito ad altri ricorsi - Conferma TAR Piemonte n. 2207/2004. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 16/06/2009, n. 3885

 

RIFIUTI - Terreni interessati da attività di tiro a volo - Ordinanza di pulizia e smaltimento - Potere del Sindaco - Artt. 54 d.lgs. n. 267/2000 e 14 d.lgs. n. 22/97. Ordinare la pulizia dei terreni interessati dall’attività di tiro a volo, interessati dalla dispersione di materiale, con conseguente raccolta e smaltimento, costituisce espressione del potere del sindaco discendente dalle norme di cui all’art. 54 del d.lgs. n. 267/2000 e dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/97 (vigente all’epoca dei fatti.) L’atto sindacale si posiziona nel crocevia tra le materie della sicurezza e dell’ordine pubblico (di cui all’art. 54, cit.), da un lato, e della rimozione e smaltimento di rifiuti (di cui all’art. 14 cit.), dall’altro lato: materie che rientrano senz’altro nella competenza ordinaria del Sindaco quale ufficiale di Governo (cfr., TAR Sardegna, n. 284 del 2007). Pres. Calvo, Est. Masaracchia - Associazione T. (avv. Caviglione) c. Comune di Balangero (avv.ti Comba e Coscia). T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 12/06/2009, n. 1684

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO - Custodia di autoveicoli e motoveicoli sequestrati - Attività di realizzazione e gestione di discarica - Presupposti - Fattispecie e quadro normativo - Rifiuti inquinanti destinati all'abbandono - Art. 256, D.Lvo n. 152/2006. In tema di gestione dei rifiuti, non configura attività di realizzazione e gestione di discarica la custodia di autoveicoli e motoveicoli sequestrati e tenuti a disposizione dell'autorità giudiziaria o amministrativa, non essendo detti beni destinati all'abbandono, a meno che non vi sia spargimento sul terreno di carcasse di veicoli in pessime condizioni, di pneumatici o altro materiale (quale olio o liquidi refrigeranti) poiché in tal caso i veicoli sequestrati si trasformano in rifiuti inquinanti destinati all'abbandono costituendo una discarica con assoluto degrado ambientale. TRIBUNALE NAPOLI 10/06/009

 

RIFIUTI - Art. 33 d.lgs. n. 22/97 - Procedura per silenzio assenso - Presupposto della disponibilità del sito in capo al richiedente - Non accoglimento per carenza di detto presupposto - Conseguente cancellazione dal registro delle imprese che effettuano il recupero dei rifiuti. Le disposizioni di cui all’art. 33, d.lgs. n. 22/97, cc. 1, 3 e 4, benché non sia detto espressamente, configurano una procedura per silenzio - assenso, salvo intervenga diniego espresso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2004, n. 2707). Peraltro, il presupposto perché s'instauri efficacemente la procedura e si formi il silenzio - assenso è che il sito, in cui s'intende effettuare l'attività di smaltimento, sia a disposizione del richiedente e che non si tratti d'impianto per l'uso del quale è già stato autorizzato altro soggetto. Ne deriva il legittimo diniego, da parte della Provincia, dell’istanza di rinnovo dell’attività di recupero di rifiuti, essendo già presente sul sito individuato altra impresa. E’ altrettanto legittima la precisazione che il non accoglimento comporta il divieto di svolgimento dell’attività e la cancellazione della ditta dal registro provinciale delle imprese che effettuano il recupero dei rifiuti. Quest’ultimo effetto consegue automaticamente al provvedimento di non accoglimento avendo il predetto registro natura meramente ricognitiva della situazione ritraibile dalla mappatura delle imprese esercenti sul territorio ed essendo del tutto privo di valenza costitutiva o autorizzatoria. Pres. Leo, Est. Marzano - L.S.F. (avv.ti Reho e Pantano) c. Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Ferrari, Fiori e Zimmitti) e Comune di Bollate (avv. Brambilla Pisoni). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 10/06/2009, n. 3946

 

RIFIUTI - Art. 27 d.lgs. n. 22/97 - Autorizzazione espressa - Compatibilità dell’impianto in materia urbanistica e ambientale - Giunta regionale - Conferenza di servizi. La procedura di cui all’art. 27 del d.lgs. n. 22/97, a differenza di quella semplificata di cui all’art. 33, è finalizzata al conseguimento di una autorizzazione espressa, che investe a 360 gradi l’attività di smaltimento o di recupero da intraprendere, concernente la compatibilità dell’impianto e dell’attività ivi da svolgere, tanto in materia urbanistica, quanto in materia di tutela ambientale, della salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. In particolare, sotto il profilo urbanistico, ai sensi del comma 5 della indicata norma, l’approvazione del progetto da parte della Giunta regionale, all’esito di apposita conferenza di servizi, sostituisce ogni ulteriore atto autorizzativo e costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. Pres. Leo, Est. Marzano - L.S.F. (avv.ti Reho e Pantano) c. Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Ferrari, Fiori e Zimmitti) e Comune di Bollate (avv. Brambilla Pisoni). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 10/06/2009, n. 3946

 

RIFIUTI - Impianti di smaltimento - Procedura autorizzatoria - Scelte discrezionali - Atti di gestione amministrativa - Esclusione - Competenza della Giunta regionale. La procedura per l'autorizzazione alla realizzazione di un impianto di smaltimento rifiuti, in ragione dei numerosi e rilevanti interessi coinvolti (ad es.: valutazione di impatto ambientale e pianificazione urbanistica), coinvolge scelte connotate da ampia discrezionalità che hanno natura strategica tanto che le relative decisioni non possono essere ritenute di mera gestione amministrativa; infatti l'art. 27 comma 5 d.lgs. n. 22 del 1997 prevede espressamente la competenza della Giunta regionale ad approvare il progetto per la realizzazione del relativo impianto (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 5 maggio 2006, n. 1139). Pres. Leo, Est. Marzano - L.S.F. (avv.ti Reho e Pantano) c. Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Ferrari, Fiori e Zimmitti) e Comune di Bollate (avv. Brambilla Pisoni). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 10/06/2009, n. 3946

 

RIFIUTI - TARSU - Fissazione della tariffa - Esercizio del potere regolamentare comunale - Controversie - Giurisdizione - TAR. Le controversie aventi ad oggetto provvedimenti comunali con cui in via autoritativa e nell’esercizio di poteri discrezionali è fissata la tariffa per la TARSU ed esercitato il relativo potere regolamentare (Cass. S.U. 1.3.2002 n. 3030; Cons. Stato, V, 1.7.2003 n. 1379) rientrano nella giurisdizione del Tribunale amministrativo. Pres. Guida, Est. Corciuolo - G.s.r.l. (avv. Fiorentino) c. Comune di Pimonte (avv. Armenante). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 09/06/2009, n. 3173

 

RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Proprietario - Ordinanza di rimozione - Elemento soggettivo - Dolo o colpa. In forza dell’art. 192 D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152, in caso di riversamento di rifiuti su un sito da parte di terzi ignoti, il proprietario o comunque il titolare in uso di fatto del terreno non può essere chiamato a rispondere della fattispecie di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti sulla propria area se non viene individuato a suo carico l' elemento soggettivo del dolo o della colpa, per cui lo stesso soggetto non può essere destinatario di ordinanza sindacale di rimozione e rimessione in pristino. Pres. ed Est. Onorato - G.C. e altri (avv. Lipani) c. Comune di Acerra. T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 09/06/2009, n. 3159

 

RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza di rimozione - Competenza dirigenziale - Art. 107 T.U. n. 267/2000. Ai sensi dell'art. 107 comma 5 T.U. 3 18 agosto 2000, n. 267, rientra nella competenza del dirigente, e non del Sindaco, l'adozione dell'ordinanza di rimozione di rifiuti rivolta al proprietario di un'area sulla quale gli stessi sono stati abbandonati (T.A.R. Basilicata 23 maggio 2007 n. 457). Pres. ed Est. Onorato - G.C. e altri (avv. Lipani) c. Comune di Acerra. T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 09/06/2009, n. 3159

 

RIFIUTI - Provvedimenti di localizzazione delle discariche - Autorizzazione al trattamento e recupero di rifiuti - Impugnazione - Legittimazione - Comuni interessati - Dimostrazione del danno - Rifiuti pericolosi - Implicita sussistenza del danno - Esclusione. In materia di smaltimento di rifiuti, la legittimazione all’impugnazione del provvedimento di localizzazione di una discarica (provvedimento al quale può essere ragionevolmente accomunato quello di autorizzazione al trattamento e al recupero di rifiuti) viene normalmente riconosciuta ai comuni nel cui territorio l’impianto dovrebbe essere collocato subordinatamente alla dimostrazione di un effettivo pregiudizio che detta discarica sarebbe in grado di arrecare nell’ambito territoriale di rispettiva competenza. La mera circostanza della prossimità all'opera pubblica da realizzare non è idonea a radicare un interesse all'impugnazione in assenza della congrua dimostrazione del danno che deriverebbe dall'impianto (Cons. St., sez. V, 14 aprile 2008, n. 1725; Cons. St, sez. VI, 19 ottobre 2007, n. 5453; Cons. St. sez. V, 2 ottobre 2006, n. 5713; Cons. St., sez. V, 16 aprile 2003 n. 1948). Nè la sussistenza di un danno può ritenersi implicita nella peculiare tipologia di attività autorizzata, tanto da potersene omettere la dimostrazione sul presupposto che esso sarebbe connaturato al carattere “pericoloso” dei rifiuti trattati. Pres. Calvo, Est. Limongelli - Comune di Bosco Marengo (avv.ti Coscia e Traverso) c. Provincia di Alessandria (avv.ti Sannazzaro e Vella). T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 05/06/2009, n. 1585

 

RIFIUTI - Tassa per la gestione dei rifiuti - Disciplina generale - Competenza - Consiglio comunale - Concreta determinazione delle aliquote e individuazione delle categorie merceologiche e soggettive delle utenze - Attività di dettaglio - Competenza - Giunta. L’art. 42 del d.lgs. n. 267/2000 rimette alla competenza del Consiglio solo la disciplina generale delle tariffe nonché l’istituzione e l’ordinamento dei tributi (nella specie, tassa per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati). La concreta determinazione delle aliquote, come pure l’individuazione specifica delle categorie merceologiche e soggettive delle utenze colpite dal prelievo, costituisce attività di dettaglio, che non può che competere alla Giunta, esulando dalla disciplina generale delle tariffe, attribuita al Consiglio. Pres. Binachi, Est. Graziano - G.S. e altri (avv.ti Giacobina e Giacobina) c. Comune di Torino (avv. Arnone). T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 05/06/2009, n. 1576

 

RIFIUTI - Sottoprodotto - Riutilizzo certo, anche in diverso ciclo produttivo - Giurisprudenza comunitaria - Art. 183 d.lgs. n. 152/2006. Alla luce dell’evoluzione della giurisprudenza comunitaria, il concetto di sottoprodotto presuppone un riutilizzo certo, a prescindere dal fatto che tale riutilizzo avvenga nel medesimo o in un diverso ciclo produttivo (fattispecie relativa al cippato di legno detannizzato, utilizzato quale biomassa per la produzione di energia elettrica) Si comprende quindi il perché delle censure comunitarie ad una normativa italiana che, nella originaria versione dell’art. 183 del d.lgs. 152/2006, pareva qualificare una sostanza sottoprodotto sulla sola base della sua astratta commerciabilità o del suo potenziale valore economico; non basta infatti, come visto, che il bene possa teoricamente essere commercializzato (anche se ciò ovviamente aumenta le sue possibilità di reimpiego) occorre che esso concretamente venga destinato al reimpiego. Ancora correttamente l’ultima versione dell’art. 183 lett. p) del d.lgs. 152/2006, nel qualificare il sottoprodotto, non puntualizza che esso deve reimpiegarsi nel “medesimo” processo produttivo ma in un processo di produzione e utilizzazione preventivamente individuato e definito, quindi certo. Pres. Bianchi, Est. Malanetto - S. s.r.l. (avv.ti Munari, Scaparone e Blasi) c. Provincia di Asti (avv. Marengo) e Comune di Castagnole delle Lanze (avv. Polliotto). T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 05/06/2009, n. 1563

 

RIFIUTI - ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Procedura autorizzatoria per l’installazione di una centrale a biomasse - Definizione di biomassa - Dir. 77/2001/CE - art. 2 d.lgs. n. 387/2003 - Diversa definizione ex d.lgs. n. 152/2006 - Non pertinenza rispetto alla materia della produzione di energia elettrica. In tema di procedura autorizzatoria prevista dall’art. 12 del d.lgs. 387/2003 per l’installazione di una centrale elettrica a biomasse, la definizione di “biomassa” non può che ricavarsi direttamente dall’art. 2 della dir. 77/2001/CE di cui tale decreto legislativo è attuativo e che si occupa specificamente di fonti energetiche rinnovabili (l’art. 2 del d.lgs. n. 387/2003 riprende peraltro testualmente la definizione di cui alla direttiva menzionata)”. Trattasi dell’unica definizione di biomassa presente nella legislazione italiana rilevante e congruente con la pertinente direttiva al fine di stabilire cosa possa intendersi per biomassa nel contesto di disciplina afferente le fonti rinnovabili di energia; essa può poi convivere con altre e solo parzialmente coincidenti definizioni. Non del tutto pertinente è allora l’eventualmente diversa definizione ricavabile dal d.lgs. 152/2006 e relativo allegato X alla parte V, non dettata in attuazione specifica della direttiva in materia di fonti rinnovabili di energia, E’ infatti pur vero che l’art. 267 co. 4 del d.lgs. 152/2006 formula espresso richiamo alla direttiva 2001/77/CE e al d.lgs. 387/2003, ciò tuttavia avviene senza per altro modificare il contenuto di quest’ultimo, inclusa la definizione di cui all’art. 2, che dunque continua a sussistere; la definizione di biomassa che in tale ultima norma resta così cristallizzata ben può definirsi “speciale” alla luce di quanto evincibile dai considerando della direttiva; vero è allora che, se nell’allegato X del d.lgs. 152/2006 si riprende una pregressa definizione di biomassa anche non del tutto congruente con quella evincibile dalla direttiva 77/2001, quest’ultima e solo questa sarà la norma rilevante quando venga in causa l’applicabilità della disciplina dettata dal d.lgs. 387/2003. D’altro canto la configurabilità come “rifiuto” di una sostanza non esclude l’applicabilità alla medesima, in una fase successiva, della normativa afferente le fonti di energia rinnovabili per quella parte di “rifiuti biodegradabili” che sono infatti espressamente contemplati dalla direttiva 77/2001 e quindi dal d.lgs. 387/2003. Pres. Bianchi, Est. Malanetto - S. s.r.l. (avv.ti Munari, Scaparone e Blasi) c. Provincia di Asti (avv. Marengo) e Comune di Castagnole delle Lanze (avv. Polliotto). T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 05/06/2009, n. 1563

 

RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97, oggi art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordine di smaltimento rivolto al proprietario - Corresponsabilità con l’autore dell’illecito abbandono - Imputabilità a titolo di dolo o colpa - Fattispecie: omessa recinzione del fondo. L’art. 14 del d.lgs.vo 5 febbraio 1997, n. 22 (attualmente trasfuso nell’art. 192 del d.lgs.vo 3 aprile 2006, n. 152), è pacificamente interpretato dalla giurisprudenza amministrativa nel senso che è illegittimo l'ordine di smaltimento di rifiuti rivolto al proprietario di un fondo inquinato in quanto tale, atteso che la responsabilità di tale soggetto sorge esclusivamente se lo stesso può ritenersi titolare di un obbligo specifico, che può desumersi esclusivamente da un comportamento, anche omissivo, di corresponsabilità con l'autore dell'illecito abbandono, cosicchè l'amministrazione deve fornire adeguata dimostrazione, attraverso un'istruttoria completa ed un'esauriente motivazione, dell'inquinamento avvenuto in area ben individuata ed appartenente in modo certo ad un determinato soggetto, al quale l'abbandono dei detti rifiuti sia addebitabile a titolo di dolo o colpa (ex plurimis Consiglio Stato, V, 4 marzo 2008, n. 807; II, 13 luglio 2005 , n. 4310; II, 25 maggio 2005 , n. 3602; TAR Emilia Romagna, II, 22 gennaio 2008 , n. 78; TAR Sardegna, II, 18 maggio 2007, n. 975; TAR Campania Napoli, V, 16 aprile 2007 , n. 3727). (fattispecie relativa all’omessa recinzione di un fondo, confinante con la strada provinciale e pertanto agevolmente raggiungibile, ove erano riversati rifiuti di vario tipo: il TAR ha ritenuto sussistere la responsabilità per colpa). Pres. Giallombardo, Est. Lento - S.A.S. s.r.l. (avv.ti Lupo e Lupo) c. Comune di Caltanissetta (avv. Bullaro) e Comune di Caltanissetta - Ufficio tutela ambientale (n.c.). T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 04/06/2009, n. 1006

 

RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Obbligo di rimozione - Proprietario - Elemento soggettivo - Fattispecie: abbandono di pneumatici da parte del conduttore del fondo. L'articolo 192 del D. lgs. 152 del 2006 (che ha sostanzialmente recepito lo stesso principio contenuto nel previgente articolo 9 del D.P.R. 10/9/1982, n. 915, nonché dell'articolo 14 del decreto legislativo 5/2/1997, n. 22) dispone che l'obbligo di procedere alla rimozione dei rifiuti abbandonati può gravare, in solido con il responsabile, anche a carico del proprietario e del titolare di diritti reali o personali di godimento solo se tale violazione sia anche a loro imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, da coloro che sono preposti al controllo (fattispecie relativa all’abbandono di pneumatici da parte del conduttore del fondo: la responsabilità del proprietario è stata esclusa in ragione del fatto che egli non ha la disponibilità del bene concesso in locazione né, di conseguenza, è consentita la facoltà di controllare adeguatamente l'operato del conduttore). Pres. Mozzarelli, Est. Lelli - I.M. s.r.l. (avv. Villani) c. Comune di Ferrara (avv.ti Indelli, Montini, Nannetti e Balli) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 04/06/2009, n. 878

 

RIFIUTI - Responsabilità da inquinamento o abbandono di rifiuti - Fallimento - Riconsegna al proprietario del bene dato in locazione, onerato dai rifiuti prodotti dal conduttore - Rifiuto del proprietario - Legittimità -Oneri dello smaltimento - Procedura fallimentare - Bonifica mediante esecuzione d’ufficio - Insinuazione in danno.  Pur essendo quella del curatore una posizione caratterizzata da poteri limitati e finalizzati, il fallimento di per sé non muta l’attribuzione della responsabilità da inquinamento od abbandono di rifiuti, né può impedire al proprietario di rifiutare la riconsegna del bene onerata da rifiuti prodotti dal conduttore ancora da smaltire. Gli oneri dello smaltimento, se di pertinenza della società fallita, quindi, non possono essere esclusi dalla procedura fallimentare, eventualmente anche mediante lo strumento dell’insinuazione in danno da parte dell’Amministrazione nell’ipotesi in cui questa debba disporre la bonifica mediante esecuzione d’ufficio (si vedano TAR Lombardia, Milano, II, n. 1159/2005; TAR Toscana II, n. 1318/2001). Pres. Mozzarelli, Est. Lelli - I.M. s.r.l. (avv. Villani) c. Comune di Ferrara (avv.ti Indelli, Montini, Nannetti e Balli) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 04/06/2009, n. 878

 

RIFIUTI - APPALTI - Bonifica dei siti inquinati da amianto - Avvalimento - Impresa ausiliaria iscritta all’albo nazionale dei gestori ambientali, categoria 10 - Dichiarazione ex art. 49, c. 2, lett. d), del d.lgs. n. 12 aprile 2006 n. 163 - Riferimento ai soli automezzi - Mancata menzione del personale specializzato e delle condizioni di cui alla categoria 10 - Inidoneità della dichiarazione. L'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali è regolata dall’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152. Per la specifica categoria 10 (bonifica dei siti inquinati da amianto), la disciplina contiene una serie di particolarità quanto alle garanzie economiche e di professionalità, giustificate dalla pericolosità di tale tipo di attività. È infatti imposto (v. deliberazione 30 marzo 2004 n. 1 del Comitato nazionale dell’Albo) alle imprese il possesso (ovvero la “piena ed esclusiva disponibilità”) delle attrezzature minime, specificamente individuate nella tipologia e nel loro valore, e la presenza di responsabili tecnici con precisi requisiti professionali. A norma del terzo comma dell’articolo 59-quaterdecies (“Formazione dei lavoratori”) del decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626, introdotto dall’articolo 2 del decreto legislativo 25 luglio 2006 n. 257 (“Attuazione della direttiva 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto durante il lavoro), inoltre, “Possono essere addetti alla rimozione e smaltimento dell'amianto e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano frequentato i corsi di formazione professionale di cui all'articolo 10, comma 2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n. 257”. Ne consegue l’inidoneità, in un contratto di avvalimento, della dichiarazione, ex art. 49, c. 2, lett. d), del d.lgs. n. 12 aprile 2006 n. 163, dell’impresa ausiliaria iscritta all’albo dei gestori ambientali, con la quale siano messi a disposizione della ditta partecipante alla gara tutti gli automezzi necessari alla raccolta, al trasporto e allo smaltimento, ma non siano menzionati gli appositi macchinari, il personale specializzato e le ulteriori garanzie condizionanti l’iscrivibilità della ditta alla categoria 10 dell’albo ambientale, che rappresentano d'altra parte le risorse indispensabili per poter svolgere l'attività di bonifica dei siti inquinati dall’amianto. Pres. Allegretta, Est. Adamo - T. s.p.a. (avv. Poli) c. A.P. s.p.a. (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 03/06/2009, n.1379

 

RIFIUTI - CAVE - Fango e limo - Prima pulitura mediante lavaggio - Disciplina applicabile - Artt. 256 c.1, lett. a) e 185, c. 1, lett. b n. 4 D.L.vo n.152/06 - Art. 137 D.Lg.vo 152/06. I fanghi e di limi, derivanti dalla prima pulitura mediante lavaggio del materiale ricavato dallo sfruttamento delle cave, non rientrano nel campo di applicazione della disciplina sui rifiuti, di cui alla parte quarta del D.Lgs. n. 152 del 2006, in quanto l'art. 185, comma 1, lett. b n. 4 esclude dalla disciplina in questione i rifiuti risultanti dallo sfruttamento delle cave, tra i quali rientrano quelli risultanti dalla pulitura effettuata sia mediante setacciatura o grigliatura sia mediante lavaggio. Ciò non deve indurre alla conclusione di un disinteresse dell'ordinamento per le ricadute che l'attività di lavaggio può avere sull'ambiente circostante, posto che - in caso di eventuali modalità di trattamento del materiale che comportino ricadute negative sulle acque fluviali interessate - la normativa a tutela delle acque e della loro qualità può costituire punto di riferimento. Pres. Onorato, Est. Mulliri, Ric. Pichler. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/05/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 22468

RIFIUTI - CAVE - Fango e limo - Natura di rifiuto - Sottoprodotto - Necessità tecniche - Caso d’esclusione - Applicabilità della disciplina sulla tutela delle acque - Art. 137 D.Lg.vo n. 152/06 - Artt. 183 lett. f) e 185, D.L.vo n.152/06. Quando si verte in materia di rifiuti è necessario anche la verifica in concreto della sussistenza dei requisiti grazie ai quali, nella specie, il limo, possa essere riconducibile alla nozione di "sottoprodotto" di cui all'art. 183 lett. f) D.L.vo n.152/06. Una volta escluso, che il materiale fangoso esula dal ciclo estrattivo autorizzato non si vede la ragione per la quale escludere la sua riconducibilità nell'ambito dei casi di esclusione di cui all'art. 185 D.L.vo n.152/06 come se la "prima pulitura" del materiale estratto, necessaria per separare il materiale commerciale, debba avvenire esclusivamente mediante setacciatura o grigliatura e non possa avvenire, quando necessità tecniche lo richiedano o lo rendano opportuno, mediante lavaggio... il quale costituirebbe, a differenza della setacciatura o grigliatura, attività ontologicamente successive alla estrazione vera a propria". Tuttavia, l'attività di lavaggio può avere ricadute sull'ambiente circostante sanzionabili ai sensi dell’art. 137 D.Lg.vo n. 152/06. Pres. Onorato, Est. Mulliri, Ric. Pichler. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/05/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 22468

 

RIFIUTI - Fanghi biologici - Spandimento su terreni agricoli - Comune - Competenza regolamentare - Difetto - D.lgs. n. 152/2006 e 99/1992. In materia di utilizzo dei fanghi biologici in agricoltura il Comune è sprovvisto di qualsiasi competenza: la disciplina per lo spandimento è contenuta infatti nei d.lgs. n. 152/06 e 99/92, i quali rivestono carattere di norma speciale rispetto al T.U. delle leggi sanitarie e i quali attribuiscono alla regione la potestà regolamentare. Ne deriva l’illegittimità del regolamento per l’utilizzo su terreno agricolo di fertilizzanti, reflui zootecnici e fanghi da depurazione approvato dal comune. Pres. Leo, Est. De Carlo - C. s.r.l. e altro (avv.ti Ferraris e Robaldo) c. Comune di Lomello (avv.ti Adavastro, Filippi Filippi e Re). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 26/05/2009, n. 3848

 

RIFIUTI - Tarsu - Regolamento di determinazione - Impugnazione - Termine - Decorrenza - Pubblicazione. Il termine per impugnare i regolamenti di determinazione delle tariffe e delle tasse dovute per la gestione di servizi locali (nella specie: tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) decorre dal giorno in cui scade il termine per la pubblicazione, trattandosi di atti per i quali non è richiesta la notifica individuale; tanto nel presupposto della immediata lesività dei regolamenti in questione e della loro conseguente autonoma impugnazione rispetto ai successivi provvedimenti di accertamento e riscossione dei corrispettivi. Ciò risponde alla regola generale secondo cui gli atti di natura normativa secondaria, in quanto aventi destinatari indeterminati, non vanno notificati personalmente ai fini della decorrenza del termine per impugnare (Consiglio Stato , sez. V, 13 giugno 2008 , n. 2971). Pres. Ferlisi, Est. Salamone - A. soc. cons. r.l. (avv. Massimino) c. Comune di Acireale (avv. Senfett). T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. III - 26/05/2009, n. 963

 

RIFIUTI - Impianti di smaltimento - Discariche gestite da società a partecipazione provinciale - Poteri della Provincia - Autorizzazione della discarica - Esclusione - Approvazione del Piano di adeguamento. L’art. 23, comma 1 bis, della L.r. Friuli Venezia Giulia n. 30/87 prevede che “qualora la Provincia promuova o partecipi ad aziende o società … che abbiano tra le proprie attività di progettazione, la realizzazione e la gestione di impianti di smaltimento dei rifiuti e che le esercitino direttamente o tramite partecipazione ad altre società, il provvedimento finale di autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio, come previsto dalle vigenti disposizioni di legge e regolamentari, spettano rispettivamente alla Giunta regionale ed al Direttore regionale dell'ambiente”. La norma va intesa nel senso che la Provincia non può autorizzare discariche gestite da Società cui essa stessa partecipa , ma non certo che, per tale ragione, essa non può esercitare le proprie funzioni istituzionali, tra cui quelle relative all’approvazione dei Piani di Adeguamento. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - Consorzio Comunita' Collinare del Friuli (avv.ti Mansi e Mansi) c. Provincia di Udine (avv. Aita). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 21/05/2009, n. 379

 

RIFIUTI - D.lgs. n. 36/2003 - Entrata in vigore - Discariche in attività - Presentazione del piano di adeguamento - Garanzie finanziarie - Discariche in fase avanzata di coltivazione - Discariche esaurite. La circostanza che una discarica fosse in attività alla data di entrata in vigore del D.Lg. 36/03 la fa indiscutibilmente rientrare tra quelle per cui è obbligatoriamente prevista la presentazione del Piano di Adeguamento, nonché fra quelle per le quali - qualsiasi sia l’esito del procedimento di approvazione del Piano stesso - sussiste l’obbligo di effettuarne quantomeno la chiusura nel rispetto di tutte le nuove previsioni normative. Le stesse argomentazioni valgono per le garanzie finanziarie: ai sensi dell’art. 17, cc. 2, 3 e 5 del D.Lg. 36/03, per le discariche già in avanzata fase di coltivazione al momento dell’entrata in vigore della nuova normativa non è stata prevista l’esenzione delle garanzie, bensì una riduzione delle stesse; le discariche già esaurite (ma non ancora ricomposte) sono gravate solo dall’onere di fornire garanzie per la gestione post-mortem. In altri termini, tutte le discariche ancora attive al momento dell’entrata in vigore del D.Lg. 36/03 sono soggette - in misura ovviamente diversa, secondo la singola situazione di fatto - alla prestazione delle garanzie di durata trentennale. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - Consorzio Comunita' Collinare del Friuli (avv.ti Mansi e Mansi) c. Provincia di Udine (avv. Aita). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 21/05/2009, n. 379

 

RIFIUTI - Discariche - Regolamento comunale di igiene e sanità - Prescrizione di distanze minime - Situazioni pregresse - Applicabilità. Le disposizioni contenute nei regolamenti di igiene e sanità, in quanto espressive di principi di ordine pubblico, si applicano anche a situazioni pregresse, salvo che non contengano disposizioni derogatorie specificamente rivolte a disciplinare tali ipotesi (cfr. Cons. St. sez. V, 9 ottobre 1997, n. 1112, sez. V, 4 agosto 1986, n. 396). (Fattispecie relativa alla prescrizione di distanze minime dai centri urbani delle discariche). Pres. Iannotta, Est. Poli - F. s.n.c. (avv. Palieri) c. Comune di Triggiano (avv. Gagliardi La Gala) - (Conferma TAR Puglia, Bari, n. 1000/2008). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 19 maggio 2009, n. 3073

 

RIFIUTI - Ordinanza ex art. 13 d.lgs. n. 22/97 a tutela della salute pubblica e dell’ambiente - Proroga reiterata - Competenza del Sindaco - Esclusione. L’art. 13 D.Lgs. 22/1997 prevede che le ordinanze a fini di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, non possono avere efficacia superiore a sei mesi. Al quarto comma si prevede che le ordinanze contingibili e urgenti di cui al primo comma non possono essere reiterate più di due volte. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della Regione d’intesa con il ministero dell’Ambiente può adottare, sulla base di specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini. Ne deriva che non è di competenza del sindaco la proroga, per la quarta volta, della medesima requisizione nei confronti del medesimo soggetto): in caso di ulteriori esigenze di proroga e in caso di comprovate necessità, la competenza è del Presidente della Regione d’intesa del Ministero dell’Ambiente, o del commissario straordinario. Pres. Onorato, Est. Cernese - A. sas (avv. Cafiero) c. Comune di Boscoreale (avv. Leone). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 18/05/2009, n. 2702

 

RIFIUTI - Emergenza rifiuti nella Regione Campania - Art. 2, c. 6 d.l. n. 90/2008 - Poteri d’urgenza in materia ambientale e di igiene pubblica connessi alla gestione dei rifiuti - Intesa tra il Sindaco e il Sottosegretario all’Emergenza Rifiuti - Profili oggettivo e soggettivo. In forza dell’art. 2, c. 6, del d.l. 23.05.2008, n. 90, convertito dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, nella Regione Campania, l’esercizio da parte del sindaco dei poteri d’urgenza in materia ambientale e di igiene pubblica comunque connessi alla gestione dei rifiuti deve «combinarsi» con quelle proprie e prevalenti del Sottosegretario all’Emergenza Rifiuti in Campania, organo cui è stato demandato il compito di gestire la fase transitoria a decorrere dalla liquidazione del Commissario Straordinario alla cessazione dello stato di emergenza, fissato al 31.12.2009. Tale intesa si concretizza, sotto il profilo oggettivo, in un provvedimento il cui contenuto sia condiviso, quanto all’an, al quando ed al quomodo, da entrambi gli organi cui la legge attribuisce il potere e, sotto il profilo soggettivo, nell’imprescindibile emanazione congiunta dello stesso da parte del Sottosegretario e del sindaco, o mediante la sottoscrizione di entrambi ovvero mediante acquisizione, preventiva, da parte di quest’ultimo del consenso del primo alla «proposta» di ordinanza d’urgenza da assumersi. Pres. Onorato, Est. Pannone - Provincia di Napoli (avv.ti Di Falco e Cosmai) c. Comune di Acerra (avv. Balletta) e altri (n.c.). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 18/05/2009, n. 2689

 

RIFIUTI - INQUINAMENTO - Deposito abusivo di rifiuti speciali - Bonifica - Ordinanza diretta al proprietario incolpevole - Illegittimità - Responsabilità - Individuazione - Artt. 17 d.gls. n. 22/97 e 3,9 3 13 D.P.R. n. 915/82. Ai sensi degli artt. 3 comma 3, 9 e 13 del D.P.R. 915/82 il proprietario dell'area sulla quale siano stati depositati rifiuti speciali non è tenuto allo smaltimento degli stessi ed alla bonifica dell'area stessa laddove non abbia in alcun modo contribuito a causare il danno ambientale. Ne discende l’illegittimità delle ordinanze con cui la bonifica è stata imposta alla proprietà senza alcuna valutazione dei comportamenti intrapresi e del loro collegamento causale con l'evento dannoso, e senza svolgere alcuna indagine tesa ad accertarne la responsabilità dell'illecito. In assenza di uno specifico accertamento di responsabilità del proprietario, infatti, il Comune avrebbe dovuto limitarsi a portare a conoscenza di questi la necessità di procedere alla bonifica dell’area, al fine di consentirgli la possibilità di esercitare la facoltà di porre in essere gli interventi di recupero ambientale, in modo tale da evitare l'esproprio connesso all'onere reale gravante sul suo terreno (cfr. art. 17 d.lgs. n. 22/97). Pres. Conti, Est. Bertagnolli - M.R. (avv.ti Bini e Onofri) c. Comune di Asola (avv.ti Giannone e Nicolini). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 15/05/2009, n. 1038

 

RIFIUTI - ACQUE - AGRICOLTURA - Materie fecali - Fertirrigazione e rifiuti - Disciplina applicabile - Testo unico n. 152/2006 (codice dell’ambiente). Le materie fecali sono sottratte dalla disciplina sui rifiuti se vengono utilizzate nell'agricoltura. L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamenti deve avvenire nel rispetto delle prescrizioni regionali adottate a norma del comma secondo dell'articolo 112 del testo unico n 152 del 2006. Il mancato rispetto di tali disposizioni ovvero dei divieti di esercizio o della sospensione a tempo determinato delle attività è sanzionato a norma dell'articolo 137 comma 14. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Crema. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19880

RIFIUTI - INQUINAMENTO IDRICO - Effluenti di allevamento - Smaltimento - Fattispecie: smaltimento di un rifiuto e non una fertirrigazione - D.L.vo n.152/2006. Gli effluenti di allevamento, se non vengono utilizzati nella fertirrigazione, danno luogo ad uno scarico, parificato a quello domestico a tutti gli effetti se vengono smaltiti tramite condotta nel rispetto delle prescrizioni imposte dalla legge. Mancando invece la condotta, lo sversamento sul suolo o nel sottosuolo, al di fuori della fertirrigazione dà luogo allo smaltimento di un rifiuto. Nella fattispecie si è accertato che i reflui erano smaltiti al di fuori di qualsiasi pratica di fertirrigazione mediante spandimento sul suolo. Si è compiuta cioè un' attività di smaltimento di un rifiuto e non una fertirrigazione. Di conseguenza legittimamente è stata applicata la disciplina sui rifiuti. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Crema. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19880

 

RIFIUTI - Deposito incontrollato o abbandono - Deposito preliminare (o stoccaggio) - Messa in riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero - Deposito temporaneo - Configurabilità - Condizioni - Gestione dei rifiuti e operazioni di smaltimento - Autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata - Sanzioni - Artt. 255, 256 D.Lgs.. n. 152/2006 - D.Lgs. n. 22/1997. In tema di rifiuti, quando il deposito esula dai confini di quello temporaneo, esso può integrare alternativamente: a) gli estremi del deposito incontrollato o abbandono, sanzionato a seconda dei casi o come illecito amministrativo ai sensi del D.Lgs.. n. 152 del 2006, art. 255 - già 14 e 50 decreto Ronchi - o come reato contravvenzionale ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, già art. 51 comma 2 decreto Ronchi); b) gli estremi del deposito preliminare (o stoccaggio), che, essendo una forma di gestione dei rifiuti, in assenza della prescritta autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata, sanzionato come contravvenzione dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 -già art. 51 comma 1 del decreto Ronchi-); c) una messa in riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero, che e' sempre soggetta ad autorizzazione, in quanto configura un ulteriore forma di gestione dei rifiuti (punto R.13 allegato C dei D.Lgs. n. 22 del 1997 e D.Lgs. n. 152 del 2006), (Cass. Sez. 3°, n.39544/2006, Tesolat). La scelta tra le varie opzioni dipende soltanto dagli elementi specifici della fattispecie concreta, sicché, quando non ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva, se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito incontrollato o abbandono quando non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o di recupero. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

RIFIUTI - Depositi: temporanei, preliminari, incontrollati - Configurabilità - Artt. 255, 256 D.Lgs.. n. 152/2006. Quando non ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva, se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito incontrollato o abbandono quando non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o di recupero. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

 

RIFIUTI - Deposito temporaneo - Assenza delle prescrizioni - Accumulo dei rifiuti - Configurabilità del reato - Sussistenza - Artt. 255, 256 D.Lgs.. n. 152/2006. Una volta accertato che l'accumulo dei rifiuti non corrisponde alle prescrizioni imposte per il deposito temporaneo, non è necessario esaminare a fondo tutte le violazioni riscontrate essendo sufficiente ai fini della configurabilità del reato anche la violazione di una sola prescrizione. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

 

RIFIUTI - Disciplina sui rifiuti e forme di deposito - Deposito: temporaneo, preliminare o stoccaggio, sul suolo o nel suolo e deposito incontrollato - Definizione legislativa - Artt. 183 lett. m), 208 c. 17, 192 c. 1 e 255, c. 1 e 256 c. 2° D. L.vo n. 152/2006 - Artt. 6 lett. m), 14 ,50 e 51 D.Lgs. n. 22/1997 (c.d. Decreto Ronchi). La disciplina sui rifiuti prevedeva e continua a prevedere diverse forme di deposito in senso lato. In particolare prevede: a) il deposito temporaneo, definito come l'aggruppamento dei rifiuti effettuato prima della raccolta nel luogo in cui sono prodotti, secondo i criteri e le condizioni specificati nella lettera m) dell'articolo 183 del decreto legislativo n 152 del 2006 -già art. 6 lettera m decreto Ronchi-; se sono rispettate le condizioni stabilite dalla legge il deposito temporaneo è esonerato dall'obbligo di autorizzazione ed è soggetto a norma dell'articolo 208 comma 17 decreto legislativo n. 152 del 2006 al solo obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico; b) il deposito preliminare o stoccaggio che consiste nell'operazione di messa in riserva nell'attesa dello smaltimento o recupero; c) deposito sul suolo o nel suolo che indica l'operazione di smaltimento finale, come ad esempio il deposito in discarica; d) deposito incontrollato di cui v'é menzione negli artt. 192 comma 1 e 255 comma 1 e 256 comma secondo del decreto legislativo n. 152 del 2006 (già artt. 14 ,50 e 51 del decreto Ronchi). Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

 

RIFIUTI - Definizione in via analogica di “miscelazione di rifiuti” - Reg. CE n 1013 del 2006 - Fattispecie: materiali ferrosi e non proveniente dalla demolizione di autoveicoli. Nell'ambito del Regolamento CE n 1013 del 2006, a proposito della spedizione di rifiuti, nell'articolo 2 n 3 si parla di " miscela di rifiuti" e si stabilisce che detta "miscela" consiste "nei rifiuti che risultano dalla mescolanza intenzionale o involontaria di due o più tipi di rifiuti diversi quando per tale miscela non esiste una voce specifica negli allegati II,IIIB,IV e IV A". Tale definizione può in via analogica essere applicata anche alla normativa generale sui rifiuti e quindi la miscelazione potrebbe essere definita come l'operazione consistente nella mescolanza, volontaria o involontaria, di due o più tipi di rifiuti aventi codici identificativi diversi in modo da dare origine ad una miscela per la quale invece non esiste uno specifico codice identificativo. (Nella fattispecie la prova della miscelazione è stata legittimamente desunta dal processo verbale di constatazione e dalla deposizione dei verbalizzanti. Si è infatti accertato che alcuni spazi erano occupati, non solo da materiale ferroso proveniente dalla demolizione di autoveicoli, attività per la quale l'imputato era autorizzato, ma anche da rifiuti, ferrosi e non, di altro tipo, quali ad esempio, vasche da bagno, termosifoni, elettrodomestici ecc. Inoltre su tutto il suolo ed in modo particolare nella zona adibita allo smontaggio dei motori si erano riscontrate tracce di olio e di altri liquidi. Tale accatastamento di vari rifiuti e la presenza di tracce di diversi liquidi dimostra la configurabilità del reato posto che si sono comunque mescolati rifiuti anche pericolosi aventi codici identificativi diversi. Nella sentenza si è inoltre sottolineato che la commistione tra liquidi diversi era favorita dal fatto che, pur con la presenza di due cisterne, v'era carenza di strutture che permettessero un adeguato convogliamento delle acque meteoriche). Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Cantatore. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19333

 

RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Responsabilità dell’amministratore di una società per azione (S.p.A.) - Dipendenti o altri sottoposti o delegati - Obbligo di vigilanza - Sussistenza - Specifica delega del Consiglio di amministrazione - Ininfluenza - Art. 6, c. 1, lett. b), del d. lgs. n. 22/1997 - D. lgs. n. 152/2006. In materia di smaltimento di rifiuti, l'amministratore di una società che gestisce un impianto produttivo è destinatario degli obblighi previsti dalle norme di settore. E', infatti, configurabile una posizione di garanzia nei confronti del produttore dei rifiuti il quale è tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche, dovendosi intendere produttore di rifiuti, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b), del d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione. L'osservanza delle norme in questione consegue, quindi, ope legis e chi è destinatario di esse, legale rappresentante di una società per azione, è tenuto a osservarle non occorrendo che a ciò sia delegato dal Consiglio di amministrazione. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Soria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19332

RIFIUTI - Rappresentante impresa edile - Responsabilità per fatto dei dipendenti - Norme ambientalistiche - Soggetti preposti alla direzione dell'azienda - Obbligo di vigilanza - Fattispecie: formazione di un deposito incontrollato in assenza delle prescritte autorizzazioni. In tema di rifiuti, la responsabilità per l'attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione, e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell'azienda. In applicazione di tali principi, è stata ritenuta la responsabilità del legale rappresentante dell'impresa edile produttrice di rifiuti, tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservassero le norme ambientalistiche in tema di formazione di un deposito incontrollato in assenza delle prescritte autorizzazioni (Cass. Sez. III, n.47432/2003). Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Soria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19332

 RIFIUTI - INQUINAMENTO ATMOSFERICO -Gestione dei rifiuti - Impianti che comportano emissioni nell’atmosfera - Art. 24 d.P.R. n. 203/1988, d. lgs. n. 22/1997 ed art. 279 d. lgs. n. 152/2006 - Continuità normativa tra le disposizioni. In materia d'inquinamento atmosferico, sussiste continuità normativa tra le disposizioni di cui all'art. 24 del d.P.R. n. 203/1988 e quelle di cui all'art. 279 d. lgs. n. 152/2006, atteso che in entrambe le disposizioni è previsto il rispetto dei limiti di emissione, l'obbligo di comunicare la messa in esercizio dell'impianto, l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati relativi alle emissioni. Sicché, in tema di gestione dei rifiuti, gli impianti per il trattamento degli stessi che comportano emissioni nell’atmosfera sono soggetti sia alle disposizioni di cui al d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 in materia di rifiuti, sia a quelle di cui al d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203, entrambi sostituiti dal d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (Cass. n.08051/2007). Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Soria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19332

 

RIFIUTI - Costituzione di una discarica abusiva - Configurabilità del reato - Presupposti - Concetto di discarica e deposito temporaneo - Art. 2 c.1 lett. g) D. L.vo n. 36/2003. In materia di rifiuti, per la configurabilità del reato di costituzione di una discarica, non è necessario che l'accumulo sussista per almeno un anno. Il riferimento alla durata annuale contenuto nell'articolo 2 comma 1 lettera g) del decreto legislativo n. 36 del 2003 è riferito al deposito temporaneo nel senso che questo si trasforma automaticamente in discarica se l'accumulo dei rifiuti nel luogo di produzione si protrae oltre l'anno. Ai fini del concetto di discarica ciò che conta è la destinazione di un'area a ricettacolo permanente di rifiuti da parte di un determinato soggetto e non la sua durata. Una discarica non cessa di essere tale se viene scoperta e smantellata dagli inquirenti due o tre mesi dopo la sua costituzione. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Pagliara. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19330

 

RIFIUTI - Art. 17, c. 5 d.lgs. n. 36/03 - Richiamo all’art. 12 - Significato. Il richiamo all’art. 12 contenuto nel comma 5 dell’art. 17 del d.lgs. n. 36/2003 (“in caso di mancata approvazione del Piano di cui al comma 3, l'autorità competente prescrive modalità e tempi di chiusura della discarica, conformemente all'articolo 12, comma 1, lettera c.”) non significa che la Provincia deve iniziare un procedimento ad hoc per la chiusura, essendo in re ipsa che la reiezione del Piano ha come conseguenza la chiusura della discarica (non adeguabile), per impossibilità di continuare il conferimento di rifiuti; ma, più semplicemente, che il diniego di approvazione del Piano di Adeguamento costituisce uno dei “gravi motivi”, che impongono la chiusura della discarica, proprio per prevenire “danni all'ambiente e alla salute”. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - E. s.p.a. (avv. Comand) c. Provincia di Udine (avv. Aita). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 08/05/2009, n. 320

 

RIFIUTI - Discarica in attività al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 36/03 - Piano di adeguamento - Garanzie finanziarie. La circostanza che una discarica fosse in attività alla data di entrata in vigore del D.Lg. 36/03 la fa indiscutibilmente rientrare tra quelle per cui è obbligatoriamente prevista la presentazione del Piano di Adeguamento, nonché fra quelle per le quali - qualsiasi sia l’esito del procedimento di approvazione del Piano stesso - sussiste l’obbligo di effettuarne quantomeno la chiusura nel rispetto di tutte le nuove previsioni normative. Le stesse argomentazioni valgono per le garanzie finanziarie: è evidente, dall’art. 17, c. 3, che il legislatore ha avuto ben presente la situazione delle discariche già in avanzata fase di coltivazione al momento dell’entrata in vigore della nuova normativa, per le quali non è stata prevista l’esenzione delle garanzie, bensì un riduzione delle stesse; così come ha avuto presente la situazione delle discariche che essendo già esaurite (ma non ancora ricomposte) sono gravate solo dall’onere di fornire garanzie per la gestione post-mortem. Tutte le discariche ancora attive al momento dell’entrata in vigore del D.Lg. 36/03 sono soggette - in misura ovviamente diversa, secondo la singola situazione di fatto - alla prestazione delle garanzie di durata trentennale. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - E. s.p.a. (avv. Comand) c. Provincia di Udine (avv. Aita). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 08/05/2009, n. 320

RIFIUTI - Regione Friuli Venezia Giulia - Art. 1, c. 3 L.r. 32/2005 - Piano di monitoraggio ARPA - Predisposizione dei piezometri - Lavori di adeguamento. Il piano di monitoraggio ARPA conseguente alla predisposizione di almeno tre piezometri da concordare con l’ARPA nulla ha a che vedere con i lavori di adeguamento conseguenti all’approvazione del relativo piano. Trattasi di un incombente che deriva direttamente dall’art. 1, comma 3 della l.r. 32/2005 “modifiche all’art. 4 della l.r 15/2005” che ne ha imposto l’effettuazione a tutti i gestori di discariche ( non essendovi alcuna limitazione che permetta di escludere quelle di inerti) entro tre mesi dall’entrata in vigore di detta legge e che comporta a carico dei gestori degli impianti l’onere di attivarsi al fine di coordinarsi con l’ARPA per la “localizzazione, dimensionamento e altri aspetti tecnici”. Dopo che i suddetti piezometri saranno stati realizzati scatterà per l’ARPA l’obbligo di effettuare un piano di monitoraggio delle falde. Pres. Corasaniti, Est. Settesoldi - I. srl (avv.ti Bellavista e Gabrielli) c. Provincia di Udine (avv. Aita). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 08/05/2009, n. 306

RIFIUTI - Terreno adibito a discarica da parte di terzi - Ordinanza sindacale diretta al proprietario - Art. 192, c. 3 d.lgs. n. 152/06 - Comunicazione di avvio del procedimento - Accertamento in contraddittorio - Verifica dei presupposti del dolo o della colpa - Generica violazione dell’obbligo di vigilanza - Insufficienza. Nei casi di ordinanze sindacali dirette anche contro il proprietario di un terreno, adibito a discarica da parte di terzi, invito domino è doverosa la comunicazione d’avvio del procedimento, così come è doveroso, ai sensi dell’art. 192 comma 3° del D.L.vo 152/06, effettuare l’accertamento, da parte dei soggetti preposti al controllo, in contraddittorio con i proprietari ovvero con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area; nel contempo è richiesto un accertamento - in positivo - dei presupposti del dolo o della colpa del proprietario del terreno, o del titolare di altro diritto reale o personale di godimento dell’area, non essendo sufficiente, ai fini della prova di tale indefettibile elemento psicologico, la mera deduzione, da parte della P. A. procedente, di una generica violazione dell’obbligo di vigilanza. Pres. Esposito, Est. Severini - RTI spa (avv. Cantore) c. Comune di Sarno (avv. Ferrara). T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. II - 07/05/2009, n. 1826

RIFIUTI - Rifiuti contenenti idrocarburi - Assegnazione della caratteristica di pericolo H7 “cancerogeno” - Art. 6 quater del D.L. 208/08 conv. in L. n. 13/09 - Metodica. L’art. 6 quater del D.L. 208\08 convertito con modificazioni nella L. 13\09 fissa i criteri di classificazione dei rifiuto contenenti idrocarburi ai fini dell’assegnazione della caratteristica di pericolo H7 “ cancerogeno” rimandando alla Tabella A2 dell’Allegato A del Decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 7.11.08. La metodica che può ricavarsi dalla lettura della Tabella A2 è conforme a quanto, peraltro, era contenuto in due pareri dell’Istituto Superiore di Sanità del 2004 e del 2006 ed in uno dell’APAT del 2006; essa, infatti, prevede che, qualora la presenza degli idrocarburi totali superi la soglia dello 0,1%, sarà necessario procedere ad ulteriore analisi per verificare se, all’interno della frazione di idrocarburi presenti nel rifiuto da classificare come pericoloso o meno, siano presenti specifiche sostanze indicate come cancerogene in misura superiore alla soglia che le qualifica come pericolose. Pres. Leo, Est. De Carlo - A. s.p.a. (avv. Mazzarelli) c. Provincia di Milano (avv.ti Bartolomeo, Baviera, Ferrari, Fiori, Gabigliani e Zimmitti). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 07/05/2009, n. 3651

RIFIUTI - URBANISTICA ED EDILIZIA - Impianto di trattamento - Valutazione dell’utilità - Variazione dello strumento urbanistico - Ulteriore motivazione - Necessità - Esclusione. La valutazione della utilità dell’impianto di trattamento rifiuti è sufficiente per determinare la variazione dello strumento urbanistico comunale senza che debba darsi una specifica motivazione del perché non si sia scelta un’area compatibile urbanisticamente con l’attività da autorizzare. Pres. Leo, Est. De Carlo - Comune di Bollate (avv. Brambilla Pisoni) c. Regione Lombardia (avv. Forloni). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 07/05/2009, n. 3650

RIFIUTI - Discariche - Discariche esistenti - Disciplina transitoria ex art. 17 d.lgs. n. 36/03 - Piano di adeguamento - Discarica esaurita - Gestione post-operativa - Fideiussione - Esigibilità - Esclusione. La disciplina transitoria prevista dall’art. 17 D. lgs. 36\03 prevede la presentazione di un piano di adeguamento per le discariche esistenti con la previsione delle garanzie di cui all’art. 14 del medesimo decreto. La normativa non precisa se il piano di adeguamento e gli obblighi connessi debbano essere applicati anche ad impianti chiusi o in cui alcuni lotti sono ormai esauriti. Tuttavia, ancorché l'art. 3 precisi che "le disposizioni del presente decreto si applicano a tutte le discariche" di cui all'art. 2, comma 1, lett. g) e, di conseguenza, correttamente, la Regione escluda solo quelle "già chiuse, cioè per le quali era già stata inoltrata la comunicazione di fine lavori" (il che fa rientrare nella previsione generale quella gestita dalla ricorrente), il successivo art. 8 stabilisce che l'obbligo "di gestione post-operativa per un periodo di almeno trent'anni" deve essere contenuto nella "domanda di autorizzazione", e ciò ovviamente non può riferirsi che alle "nuove" domande di autorizzazione. Un indizio del fatto che il legislatore, quando nell'art. 17 ha imposto i piani di adeguamento per tutte le strutture esistenti, si riferiva, solo a quelle in piena attività, si ritrova inoltre nel comma IV, ove è detto che con il provvedimento di approvazione del piano di adeguamento l'autorità competente "autorizza la prosecuzione dell'esercizio della discarica". All'evidenza, se essa è invece esaurita, non vi sarà spazio né per aumentare la durata della gestione successiva oltre il termine fissato nell'autorizzazione originaria, né per imporre nuove garanzie finanziarie non collegabili ai prezzi praticati durante l'attività.” Sicchè, il mancato recupero dei nuovi oneri dovuti alla normativa sopravvenuta nei confronti dei clienti come previsto dalla normativa comunitaria, impone ai gestori un piano di adeguamento per disciplinare la fase di chiusura, messa in sicurezza e gestione post-operativa, ma non consenta alle Regioni di prevedere una fideiussione per la fase della gestione post-operativa. Pres. Leo, Est. De Carlo - S. s.r.l. (avv. Ciampoli) c. Regioen Lombardia (avv. Fidani)  T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 7 maggio 2009, n. 3648

RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati - Comunicazione di avvio del procedimento - Necessità - Art. 192, c. 3 d.lgs. n. 152/2006. L’ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati ex art. 14 d.lgs. n. 22/97 deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che questi possono fornire, almeno con riguardo all’accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti: ciò tanto più che l’esigenza di un effettivo contraddittorio tra Amministrazione procedente e tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nel fatto è espressamente prevista, nelle fattispecie come quella ora in esame, dall’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente). Anche a voler ammettere che l’irrogazione della sanzione ripristinatoria ex art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 22/1997, costituisca attività vincolata (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 28 ottobre 2004, n. 1164), è tuttavia vero che, in via generale, la comunicazione ex art. 7 della l. n. 241 cit. è dovuta anche in caso di attività vincolata della P.A., quando la partecipazione del privato possa apportare un contributo sull’accertamento dei presupposti di fatto necessari per l’emanazione del provvedimento. Pres. Nicolosi, Est. De Bernardinis - R.T. (avv.ti Denarosi e Cavezzuti) c. Comune di Reggello (avv. Viciconte). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 6 Maggio 2009, n. 772

RIFIUTI - ACQUA - Servizio idrico integrato e di gestione RSU - Gestione diretta in economia - Esclusione - Quadro normativo. L’inequivocità del quadro normativo statale e regionale di riferimento (artt. 8 e 9 legge “Galli” del 1994, art. 23 Decreto “Ronchi” del 1997, art. 113 comma 5 T.U. Enti locali del 2000, art. 148 D. Lgs. n. 152/2006, artt. 10 e 16 L.R. Emilia Romagna n. 25/1999), esclude qualsiasi attuale possibilità di gestione diretta in economia del servizio idrico integrato e del servizio di gestione RSU. Pres. Piscitello, Est. Calderoni - Comune di Montese (avv. Graziosi) c. Agenzia d'ambito per i Servizi pubblici di Modena (avv. Vaccari), M. s.p.a. (avv.ti Aicardi e Caia) e altro (n.c.) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 24/04/2009, n. 543

RIFIUTI - Provvedimento di localizzazione di una discarica - Comune interessato - Legittimazione all’impugnazione - Presupposti - Pregiudizio effettivo. In materia di smaltimento di rifiuti la legittimazione all'impugnazione del provvedimento di localizzazione di una discarica viene normalmente riconosciuta ai Comuni nel cui territorio l'impianto dovrebbe essere collocato subordinatamente alla dimostrazione di un effettivo pregiudizio che detta discarica sarebbe in grado di arrecare nell’ambito territoriale di rispettiva competenza (cfr. Cons. St., Sez. V, 2 ottobre 2006 n. 5713 e Cons. St., V, 14 aprile 2008, n. 1725). A maggior ragione, anche i Comuni viciniori devono fornire elementi concreti atti a dare prova della idoneità della discarica a produrre disagi e conseguenze negative sulla salute della popolazione. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - Comune di Gonars (avv Giadrossi) c. Provincia di Udine (n.c.). T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 24/04/2009, n. 280

RIFIUTI - INQUINAMENTO - Acque di falda emunte nel corso del procedimento di bonifica - Natura di rifiuto liquido - Fondamento - Rifiuto liquido e scarico - Differenza - Disciplina comunitaria e nazionale - Nozione di rifiuto - Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Regime derogatorio - Inconfigurabilità. Secondo l’insegnamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa e penale, la presenza di uno iato - materiale e temporale - tra la fase di emungimento e quella di trattamento già di per sé depone per la qualificabilità delle acque in termini di “rifiuto liquido”. E, difatti, l’alternativa nozione di “scarico” ontologicamente implica la sussistenza di una continuità tra la fase di “generazione” del refluo e quella della sua “immissione” nel corpo recettore, mentre l’esistenza di una fase intermedia, in cui le acque sono stoccate in attesa della loro destinazione finale, richiama direttamente i noti concetti di “trattamento” e “smaltimento”, tipici della disciplina dei rifiuti. Ma, anche a prescindere da queste considerazioni di ordine generale, le acque emunte da una falda inquinata rientrano a buon diritto nella nozione comunitaria e nazionale di “rifiuto liquido”. Detta nozione è, infatti, elastica e comprensiva di qualunque sostanza, non più direttamente utilizzabile, idonea ad arrecare un danno all’ambiente, come si evince, in primo luogo, dal tenore della disciplina comunitaria vigente, dettata da ultimo dall’art. 1, lett. a), della Direttiva 2006/12/CE (cfr. altresì la sentenza della Corte di Giustizia CE, 7 settembre 2004, in causa C-103 Van de Walle e a.). Tale impostazione trova ulteriore riscontro nella definizione di bonifica recata dall'art. 2, comma 1, lettera e), del d.m. 471/1999 (ribadita dalla successiva normativa di settore): tale definizione conferma che i limiti di soglia individuati dal d.m. 471/1999 sono riferibili anche alle acque di falda emunte in sede di bonifica, come dimostra l’espresso riferimento normativo alle “acque sotterranee”. Né la tesi trova smentita nella nuova disciplina introdotta dal d.lgs. 152/2006, la cui lettura complessiva depone per il sostanziale favor del legislatore nazionale - sulla falsariga delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario - ad una notevole estensione del concetto di “rifiuto liquido”, quanto meno laddove sussistano i “requisiti sostanziali” della non riutilizzabilità e della potenzialità inquinante. Ed è sulla base di queste premesse sistematiche che devono leggersi le disposizioni di cui all’ art. 243 del d.lgs. 152/2006: non è condivisibile quindi, per le ragioni esposte ed anche in base al generale principio di prevenzione e cautela, la tesi secondo cui tale disposizione avrebbe introdotto, per le acque di falda emunte per finalità di disinquinamento, un regime derogatorio rispetto alla normale disciplina dei rifiuti liquidi. Una simile interpretazione, infatti, non tiene conto della particolare natura delle stesse, certamente contaminate e normalmente destinate allo smaltimento senza riutilizzo; per di più non direttamente derivanti da ordinari cicli produttivi, il che ne rende ancor più insostenibile l’omologazione ai reflui industriali, come definiti chiaramente dal comma 1, lett. h), dell’art. 74 del d.lgs. 152/2006. Una interpretazione, infine, che ove accolta comporterebbe il contrasto della normativa nazionale con la vigente disciplina comunitaria, con inevitabile disapplicazione della prima. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv.ti Ballero e Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato), Comune di Portoscuso (avv. Franceschi) e altri (n.c.). TAR SARDEGNA, Sez. II - 21 aprile 2009, n. 549

RIFIUTI - Gestione operativa e post-operativa di una discarica - Art. 14 d.lgs. n. 36/2003 - Garanzia finanziaria - Art. 1 L .n. 384/1982 - Intermediari finanziari - T.U. n. 385/2003. L’art. 14 del d. lgv. n. 36 del 2003 (recante la disciplina generale in materia di discariche dei rifiuti), al comma 4 stabilisce che le garanzie per la gestione operativa e post operativa di una discarica devono essere “costituite ai sensi dell’articolo 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348”. In base alla disciplina vigente, la garanzia finanziaria in questione (“a favore dello Stato e degli enti pubblici”) può essere rilasciata oltre che dalle imprese che esercitano attività bancaria e assicurativa “strictu iure” anche da un intermediario finanziario così come definito dall’art. 1 del T.U. 1° settembre 1993, n. 385 purché iscritto nell’elenco generale di cui all’art. 106 e nell’elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia di cui all’art. 107 del medesimo Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia e sia sottoposto a revisione contabile da parte di una società di revisione iscritta all’albo previsto dall’art. 161 del d. lgv. n. 58 del 1998 e munito dell’autorizzazione ministeriale contemplata dal d.p.r. 30 marzo 2004, n. 115. Pres. f.f. ed Est. Durante - E. s.p.a. (avv. Pasqualone) c. Regione Puglia (n.c.). T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 20/04/2009, n.920

RIFIUTI - Bonifica - Art. 17 d.lgs. n. 22/97 - Responsabilità del proprietario dell’area inquinata - Limiti - Artt. 240 e ss. d.lgs. n. 152/2006. L’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997 impone l'obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento solamente a carico di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa. La norma individua, perciò, dal punto di vista soggettivo nella responsabilità dell'autore dell'inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la fonte dell'obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica del sito inquinato. Ne consegue che l'amministrazione non può imporre ai privati che non hanno alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengono individuati solo in quanto proprietari del bene, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento (T.A.R. Veneto, sez. III, 2 febbraio 2002, n. 320). Tale impostazione è confermata e specificata dagli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, che impongono l'esecuzione di interventi di recupero ambientale, anche di natura emergenziale, al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario. A carico di quest'ultimo, invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare. La normativa citata prevede, infatti, che, in caso di mancata esecuzione degli interventi da parte del responsabile dell'inquinamento ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'amministrazione competente la quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile, nei limiti del valore dell'area bonificata, anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi (T.A.R. Lombardia, Brescia, 16 marzo 2006, n. 291; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355). Pres. Nicolosi, Est. Massari - F.I. s.r.l. (avv. Giampietro) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altro (n.c.), riunito ad altro ricorso. T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 665

RIFIUTI - Abbandono - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Curatela fallimentare - Imputabilità dell’obbligo di messa in sicurezza e bonifica - Esclusione - Amministrazione comunale - Esecuzione d’ufficio - Insinuazione del credito al passivo fallimentare. L’obbligo di messa in sicurezza e bonifica di terreni inquinati di proprietà di persone fisiche o giuridiche per le quali è stato dichiarato il fallimento non è imputabile alla curatela fallimentare (cfr. TAR Toscana n. 1318/2001, confermata da Cons. Stato n. 4328/2003). Applicando infatti alla posizione del curatore i principi di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 22/97 (oggi art. 192 d.lgs. n. 152/2006), nonché dell’art. 130/R del Trattato dell'Unione Europea, volto a sancire il noto principio per cui “chi inquina, paga”, segnatamente per quanto concerne la legittimazione passiva rispetto all'impartito ordine di smaltimento, va osservato come i rifiuti prodotti dall'imprenditore fallito non costituiscono "beni" da acquisire alla procedura fallimentare (e, quindi non formano oggetto di apprensione da parte del curatore), sicchè, in assenza dell’individuazione di un’univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore stesso sull'abbandono dei rifiuti, nessun ordine di ripristino può essere imposto dal Comune alla curatela fallimentare. Il potere di disporre dei beni fallimentari non comporta del resto necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti. L'Amministrazione comunale, in assenza dell’ascrivibilità soggettiva della condotta preordinata allo scarico abusivo dei rifiuti, può, alla stregua di quanto stabilito dall'ultima parte del III comma dell'art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, procedere all'esecuzione d'ufficio "in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate", insinuando eventualmente il relativo credito nel passivo fallimentare in caso di comprovata responsabilità nella gestione dell’attività condotta dal responsabile dell’abbandono. Pres. ed Est. Nicolosi - Curatore fallimento C.B. s.r.l. (avv.ti Giallongo e Luiso) c. Comune di Bagni di Lucca (avv. Iacopetti). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 17/04/2009, n. 663

RIFIUTI - Situazioni di emergenza - Ordinanze commissariali - Competenza - TAR Lazio - Trasferimento del ricorso nella sede competente - Riproposizione del ricorso. A tenore della normativa di cui all’art. 3, cc. 2 bis. ter e quater del D.L. n. 245/2005, (aggiunti dalla legge di conversione n. 21/2006), passata indenne al vaglio della Corte Costituzionale, le controversie in materia di ordinanze commissariali nelle situazioni di emergenza sono attribuite alla competenza funzionale del T.A.R. del Lazio - Sede di Roma: le richiamate disposizioni sono applicabili anche ai processi in corso sulla base del mero rilievo d’ufficio da parte del giudice; ai fini del trasferimento della controversia nella sede competente, non può essere utilizzato l’ordinario meccanismo previsto per l’ipotesi di incompetenza territoriale, ostandovi il testuale enunciato del comma 2-quater, che contempla la possibilità per la parte interessata di “riproporre il ricorso”. Pres. Guida, Est. Dell’Olio - Provincia di Caserta (avv. Lamberti) c. Commissario di Governo per l’emergenza Rifiuti, Bonifiche, Tutela delle Acque nella Regione Campania e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I- 09/04/2009, n. 1889

RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Responsabilità del proprietario - Addebitabilità della violazione a titolo di dolo o colpa - Culpa in vigilando - Sufficienza - Esclusione. Dall’art. 192 d.lgs. n. 152/06 (che ha riprodotto le disposizioni previste nell’art. 14 d.lgs. n. 22/97), in materia di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, risulta che la responsabilità del proprietario o del titolare di diritti reali o personali di godimento presuppone l’addebitabilità ad essi, a titolo di dolo o colpa, della violazione posta in essere dal responsabile, fermo restando che, al fine dell’imposizione dell’obbligo di rimozione dei rifiuti, non è sufficiente una generica culpa in vigilando. (C.d.S. Sezione V, 8 marzo 2005, n. 935). Pres. f.f. ed Est. Pannone - I.P. (avv. Biamonte) c. Comune di Castello di Cisterna (avv. Della Corte). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 06/04/2009, n. 1769

RIFIUTI - Abbandono - Proprietario dell’area - Responsabilità - Colpa - Individuazione. L’art. 14 del d.lgs. n. 22/97 (oggi art. 192 d.lgs. n. 152/2006) ha introdotto una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio, avente a contenuto l'obbligo di rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa. La situazione di colpa che renderebbe il proprietario del fondo corresponsabile con gli autori materiali dell'abbandono consiste per lo più nella negligenza, dimostrata da una sua prolungata inerzia, incombendo allo stesso l'obbligo di adoperarsi, attraverso misure efficaci e non meramente simboliche, affinché siffatti episodi non vengano posti in essere e, comunque, abbiano a cessare (in termini, T.A.R. Friuli V.G., 29 settembre 2000, n. 692; T.A.R. Sardegna, sez. II, 18 maggio 2007, n. 975). Pres. Nicolosi, Est. Massari - P. s.r.l. (avv.ti O. e A. Colzi) c. Comune di Montemurlo (avv. Andreani). T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 03/04/2009, n. 560

RIFIUTI - Art. 4 d.l. n. 90/2008 convertito dalla L. n. 123/2008 - Gestione dei rifiuti - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale - Giurisdizione - A.G.O. - Sent. Corte Cost. nn. 204/2004 e 191/2006. Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4 d.l. 90/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. 123/2008, secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica, porta a ritenere, in coerenza con i principi espressi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006, che la norma attiene a situazioni che postulano l’esercizio di un potere pubblico, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa nelle ipotesi in cui l’azione ha ad oggetto il mero accertamento della sussistenza o insussistenza di diritti a carattere patrimoniale senza incidere sull’azione amministrativa di gestione dei rifiuti. Di talché, la giurisdizione del giudice amministrativo va esclusa ogniqualvolta la controversia, o la singola censura, afferisca ai rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale intervenute tra le parti per regolamentare la gestione dei rifiuti e, quindi, afferisca all’an o al quantum della pretesa patrimoniale, atteso che in tal caso la fattispecie, di tipo meramente privatistico, esula completamente dal possibile esercizio di un potere autoritativo (cfr. T.A.R. Lazio, I, 18 febbraio 2009, n. 1653 e, sostanzialmente in tal senso, Cons. Stato, V, ordinanza 30 settembre 2008, n. 5260). In altri termini - mentre tutte le controversie che attengono alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, sebbene l’amministrazione non abbia in concreto esercitato il potere in astratto conferito agendo invece attraverso comportamenti o comunque con atti paritetici con conseguente contrapposizione di posizioni di diritto soggettivo, rientrano, ai sensi della norma richiamata, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - tutte le controversie, o le singole censure, totalmente estranee all’esercizio del potere pubblico di gestione in materia di rifiuti non possono essere sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario ancorché la fonte del rapporto obbligatorio in contestazione sia volto a disciplinare, anche da un punto di vista patrimoniale, la gestione dei rifiuti. Pres. Giovannini, Est. Caponigro - Comune di Montecorvino Pugliano (avv.ti Mele e Visone) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania e altro (Avv. Stato) e F. s.p.a. (avv.ti Magrì e Carbone). T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 1 Aprile 2009, n. 3482

RIFIUTI - Rifiuti “compostabili” - Inquinamento per cromo totale - Applicazione analogica dei limiti per il cromo tetravalente di cui alla deliberazione 27.4.1984 in vigenza del d.lgs. n. 22/97 e D.M. 5.2.1998 - Esclusione. Nella vigenza del d.lgs. n. 22/97 e del D.M. 5.2.1998 - in materia di compostaggio - , va esclusa l’applicazione analogica (in ragione della mancata previsione di alcun limite per il cromo totale nel D.M. 27.3.1998, attuativo della legge n.748/1984) del limite per il cromo tetravalente di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale 27.4.1984. Pres. Passanisi, Est. Ranalli - M. s.r.l. (avv. Borgani) c. Provincia di Macerata (avv. Acquaroli), Comune di Tolentino (avv. Felici), Regione Marche (avv. Moretti) e altri (n.c.), riunito ad altri ricorsi. T.A.R. MARCHE, Sez. I - 30/03/2009, n. 146

RIFIUTI - T.I.A. (Tariffa Igiene Ambientale) - Controversie - Deliberazioni di istituzione o modifica - Giurisdizione del G.A. - Atti applicativi della tariffa - Giurisdizione tributaria. Le controversie in ordine alle deliberazioni di istituzione o modifica della T.I.A. appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo, mentre è pacifica la sussistenza della giurisdizione tributaria nei confronti degli atti applicativi della tariffa (cfr. art. 2, c. 2 d.lgs. b. 546/1992, come modificato dall’art. 3bis comma 1 lett. b) del D.L. n. 203/2005, convertito in legge n. 248/2005), anche nel caso in cui siano fatti valere vizi degli atti amministrativi presupposti concernenti le determinazione in via generale dei criteri di applicazione della tariffa (cfr. Cass. SS.UU. 24 luglio 2007 n. 16293). Pres. Cicciò, Est. Testori - S. s.r.l. (avv.ti Berti e Berti) c. Comune di Cerreto Guidi (avv. Arizzi) T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 26/03/2009, n. 516

RIFIUTI - Sottoprodotti di origine animale - Disciplina applicabile - Reg. n. 1774/2002/CE - Artt. 183, c.1° lett. n) e 185, D. Lgs n. 152/06 - Art. 22 D. Lgs. n. 4/2008 - Dir. n. 2008/98/CE. Gli scarti di origine animali sono sottratti alla applicazione della normativa in materia di rifiuti ed esclusivamente soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti, ai sensi dell'art. 183, comma primo lett. n), del D. Lgs n. 152/06, mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del Testo Unico in materia ambientale. Gli enunciati principi di diritto inoltre trovano applicazione sia con riferimento al testo originario dell'art. 185 del D. Lgs. n. 152/06, che alla nuova formulazione dell'articolo introdotta dall'art. 22 del D. Lgs 16.1.2008 n. 4, dovendo essere privilegiata quella interpretazione delle norme nazionali che sia conforme al diritto comunitario e trovando, peraltro, detta interpretazione, in relazione al secondo comma dell'articolo 185, nella formulazione previgente, un puntuale riscontro testuale, stante il riferimento della norma all'ambito di applicazione ivi indicato" (dal Regolamento CE n. 1774/2002) e, quindi, al solo profilo sanitario e di polizia sanitaria disciplinato da detto Regolamento. Infine, va, rilevato che la recente Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19.11.2008 n. 2008/98/CE, non risulta avere affatto modificato gli enunciati principi di diritto che regolano il concorso tra la disciplina sanitaria della gestione dei sottoprodotti di origine animale e la normativa in materia di rifiuti, in quanto la esclusione del principio di specialità trova puntuale riscontro proprio nelle disposizioni in essa contenute. Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844

RIFIUTI - Gestione degli scarti di origine animale - D. Lgs. n. 508/1992 e Dir. n. 90/667/CEE - Rapporto di specialità - Esclusione - D. Lgs n. 22/1997 - D. Lgs. n. 508/92 - Tutela degli interessi sanitari e di polizia sanitaria - Reg. n. 1774/2002/CE - D. Lgs n. 152/06. Nella vigenza del D. Lgs 14 dicembre 1992 n. 508 (di attuazione della Direttiva n. 90/667/CEE), non sussiste rapporto di specialità tra detta normativa in materia di scarti di origine animale e quella che disciplina la gestione dei rifiuti, di cui al D. Lgs n. 5.2.1997 n. 22, atteso che il citato D. Lgs. n. 508/92 ha come proprio obiettivo la tutela degli interessi sanitari e di polizia sanitaria che riguardano la fase di trasformazione dei predetti scarti di origine animale, con esclusione dei profili di gestione afferenti al loro smaltimento (cfr. Cass. sez. III, 200208520; Cass. sez. III, 5.5.2004 n. 26851, Milone). Tale indirizzo interpretativo è stato, poi, reiteratamente ribadito all'entrata in vigore del Regolamento CE n. 1774 del 2002 in tema di gestione di sottoprodotti di origine animale e della normativa di cui al D. Lgs 3.4.2006 n. 152, in tema di gestione dei rifiuti, avendo la giurisprudenza di legittimità riaffermato che le disposizioni di settore riguardanti i sottoprodotti di origine animale regolano esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria, rimanendo escluse le attività di gestione degli scarti, in quanto rifiuti, per le quali permane l'operatività della disciplina generale in materia (Cass. sez. III, 27.3.2007 n. 21095, Guerrini ed altro; Cass. sez. III, 26.1.2007 n. 21676, Zanchin e altro). Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844

RIFIUTI - Sottoprodotti di origine animale - Significato di "carogna" - Disciplina attualmente vigente - Reg. n. 1774/2002/CE - D. Lgs n. 508/1992. La disciplina attualmente vigente, in tema di sottoprodotti di origine animale evidenzia che solo con il Regolamento CE n. 1774/2002 è stato adottato il termine sottoprodotti di origine animale, abbandonando quello di rifiuti di origine animale utilizzata nel D. Lgs n. 508/92. Il significato di "carogna" non è del tutto sovrapponibile a quello di sottoprodotto di origine animale contemplato nel Regolamento CE n. 1774/2002 (le carogne sono i corpi di animali morti, mentre i sottoprodotti di origine animale, ai sensi dell'art. 2, comma 1 lett. a), del Regolamento sono sia i corpi interi, sia parti di animali o prodotti di origine animale non destinati al consumo, secondo le specificazioni contenute nella citata disposizione ed in quelle cui rinvia). Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844

RIFIUTI - Nozione di sottoprodotto - Giurisprudenza comunitaria e nazionale - Art. 183, c. 1° lett. n), D. Lgs n. 152/06 - Nozione di rifiuto. Si intendono per sottoprodotti, secondo la giurisprudenza comunitaria ed ai sensi dell'art. 183, comma primo lett. n), del D. Lgs n. 152/06 i materiali risultanti dal processo produttivo, che pur non costituendo l'oggetto proprio del ciclo produttivo, scaturiscono da esso e sono destinati dal produttore ad ulteriore impiego o al consumo (il riutilizzo, però, deve essere certo, senza l'intervento di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l'ambiente). Inoltre, la nozione di rifiuto e le espressioni che la qualificano non possono essere interpretate in senso restrittivo, (Cass. sez. III, 200208520, Leuci), mentre devono formare oggetto di interpretazione restrittiva le esclusioni di determinate sostanze dall'ambito di applicazione della disciplina generale sui rifiuti. Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844

RIFIUTI - Carogne di animali - Disciplina - Tutela ambientale e sanitaria - Reg. n. 1774/2002/CE. Le carogne sono escluse dalla disciplina generale sui rifiuti solo in quanto regolate da altre disposizioni normative che assicurano tutela ambientale e sanitaria. Poiché il Regolamento CE n. 1774/2002 assicura solo una tutela sanitaria per le carogne e per i sottoprodotti di origine animale, la materia delle carogne - in quanto tali - è sempre inclusa nella disciplina generale sui rifiuti, che assicura anche la tutela ambientale. Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Direttive e Regolamenti CE - Differenza - c.d. self-executing. Le Direttive della Comunità Europea, a differenza dei Regolamenti CE e delle pronunce della Corte di Giustizia, non sono "self-executing", ma necessitano di appositi atti normativi per essere introdotte negli ordinamenti dei singoli Stati appartenenti alla Comunità. Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Applicazione delle misure cautelari reali - Presupposti - Sequestro e confisca - Valutazione del giudice - Art. 273 c.p.p. - Art. 321, 2° c., c.p.p.. Ai fini della verifica della sussistenza delle condizioni per l'applicazione delle misure cautelari reali, è preclusa ogni valutazione in ordine alla esistenza degli indizi di colpevolezza e della gravità degli stessi, non essendo estensibili al sequestro le condizioni previste dall'art. 273 c.p.p. per l'applicazione delle misure restrittive della libertà personale. La valutazione del giudice inoltre deve essere limitata al controllo della compatibilità della fattispecie concreta oggetto di indagine con quella di reato ipotizzata secondo le prospettazioni della pubblica accusa (Cass. sez. un. 23.4.1993 n.4, Gifuni; Cass. sez. un. 4.5.2000 n.7, Mariano). Inoltre ai sensi dell'art. 321,comma secondo, c.p.p. la suscettibilità di confisca giustifica di per sé il sequestro della cosa pertinente a reato. Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844

INQUINAMENTO - RIFIUTI - Acque di falda emunte nell’ambito di interventi di bonifica - Rifiuti liquidi - Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 - Gestione ed autorizzazione degli impianti di trattamento - Parificazione del regime giuridico a quello proprio delle acque reflue industriali - Esclusione - Ragioni. L’art. 243 del D.Lgs. n. 152/06 introduce un peculiare regime diversicato per le acque di falda emunte nell’ambito di interventi di bonifica di siti inquinati, di per sé non idoneo tuttavia a parificarene il regime giuridico -per quanto attiene alla gestione e autorizzazione dei relativi impianti di trattamento- a quello proprio delle acque reflue industriali. Una lettura sistematica della previsione normativa in esame, in combinato disposto con le norme di cui agli artt. 185 e 108 del d.lgs. n. 152/2006 e con le ulteriori disposizioni di cui agli artt.210, 242, 124 e 125 D.Lgs.152/06, non può infatti non tenere conto della particolare natura dell’oggetto dell’attività posta in essere, siccome individuati dal legislatore quali rifiuti liquidi (cfr. codici CER 19.13.07* e 19.13.07). Le acque di falda emunte nell’ambito dell’attività di disinquinamento non derivano certamente ed in via diretta dagli ordinari cicli produttivi delle aziende, con ciò rendendone improbabile una aprioristica omologazione alle acque reflue industriali, come definite chiaramente dal co.1 lett.h) art.74 D.Lgs.cit.. Ferma restando quindi la specifica natura del prodotto oggetto di trattamento (emungimento), con le connesse implicazioni in ordine al regime autorizatorio dei relativi impianti, l’art.243 cit. si limita ad autorizzarne lo scarico nelle acque di superficie purché siano rispettati gli stessi limiti di emissione delle acque reflue industriali. Pres. Giallombardo, Est. Valenti - I. s.p.a. (avv.ti Anile, Giampietro e Pitruzzella) c. Agenzia Regionale Rifiuti e Acqua (Avv. Stato), riunito ad altro ricorso - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 marzo 2009, n. 540

RIFIUTI - Abbandono - Proprietario dell’area - Obbligo di smaltimento - Responsabilità oggettiva - Inconfigurabilità - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
In tema di abbandono di rifiuti, la giurisprudenza amministrativa, già con riferimento alla misura reintegratoria prevista e disciplinata dall'art. 14 del D.lgs. n. 22/1997 , statuì che il proprietario dell'area fosse tenuto a provvedere allo smaltimento solo a condizione che ne fosse dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell'illecito abbandono di rifiuti, per aver posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo, escludendo conseguentemente che la norma configurasse un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva (vieppiù, per fatto altrui). In particolare, fu affermata l'illegittimità degli ordini di smaltimento di rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua sola qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell'amministrazione procedente, sulla base di un'istruttoria completa e di un'esauriente motivazione (quand'anche fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d'esperienza), dell'imputabilità soggettiva della condotta. I suddetti principi a fortiori si attagliano anche al disposto dell'art. 192 del D.lgs. n. 152/2006, dal momento che tale articolo, non soltanto riproduce il tenore dell'abrogato art. 14 sopra citato, con riferimento alla necessaria imputabilità a titolo di dolo o colpa, ma in più integra il precedente precetto precisando che l'ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente "in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo". Pres. La Medica, Est. Russo - A.G. (avv.ti Astuto e Mileto) c. Comune di Sogliano Cavour (avv.ti Casarano e Caggiula) - (riforma T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione I, 19 marzo 2008, n. 793).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 19 Marzo 2009, n. 1612

RIFIUTI - Abbandono - Proprietario - Omessa recinzione del fondo o omessa spontanea bonifica - Colpa - Inconfigurabilità - Obbligazione propter rem di diritto pubblico - Introduzione ad opera dell’art. 14 d.lgs. n. 22/97 (ora art. 192 d.lgs. n. 152/2006) - Esclusione. In tema di abbandono di rifiuti, non è ravvisabile colpa nel fatto che il proprietario non abbia recintato il fondo, per principio generale del diritto (cfr. art. 841 cod. civ.) la “chiusura del fondo” costituendo una mera facoltà del proprietario, e dunque giammai un suo obbligo. Tantomeno, la colpa può ravvisarsi nel fatto negativo di non avere il proprietario spontaneamente bonificato il proprio fondo, perché un’interpretazione che ciò sostenga sarebbe in palese contrasto rispetto all’inserimento normativo della colpevolezza all’interno della fattispecie costitutiva della responsabilità di cui qui trattasi (art. 192 d.lgs. n. 152/2006). Il sistema, in altri termini, non è quello che l’interprete reputi “più funzionale”, ma quello che il legislatore ha positivamente tratteggiato. Il che porta a escludere l’introduzione, ad opera dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/97 (ora art. 192 d.lgs. n. 152/2006) di una sorta di obbligazione propter rem di diritto pubblico (in quanto funzionale al pubblico interesse e coercibile da parte dell’amministrazione nell’ambito dei suoi poteri di polizia amministrativa), a carico del proprietario o del titolare di un diritto reale sul fondo (ed estesa anche ai titolari di un diritto personale di godimento, nel caso in cui il contenuto di questo conferisca al suo titolare i poteri di disposizione necessari per provvedere alla rimozione), per il caso in cui non sia stato accertato il responsabile del deposito abusivo di rifiuti. Pres. La Medica, Est. Russo - A.G. (avv.ti Astuto e Mileto) c. Comune di Sogliano Cavour (avv.ti Casarano e Caggiula) - (riforma T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione I, 19 marzo 2008, n. 793).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 19/03/2009, n. 1612

RIFIUTI - Sottoprodotti - Individuazione, criteri, requisiti e condizioni - Definizione legislativa - Mancanza di un requisito - Applicazione della disciplina sui rifiuti - Art. 183, c. 1°, lett. p), D.Lgs. n. 152/2006, come mod. dal D.Lgs. n. 4/2008. L'articolo 183 lettera p) del decreto legislativo n 152 del 2006, come modificato dal decreto correttivo n 4 del 2008, considera sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1. lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale ed avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3, ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; abbiano un valore economico di mercato. La sussistenza delle condizioni indicate deve essere contestuale. La mancanza di una sola di esse rende il residuo di produzione soggetto alla disciplina sui rifiuti. Ai fini del regime derogatorio contemplato per i sottoprodotti, si richiede che le sostanze o i materiali non siano sottoposti ad operazioni di trasformazione preliminare in quanto tali operazioni fanno perdere al sottoprodotto la sua identità (Cass. n. 14323/2008; Cass. n. 37303/2006; Cass. n. 14557/2007). Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Pecetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10711

RIFIUTI - Fanghi provenienti direttamente dallo sfruttamento di cava - Esclusione dalla disciplina dei rifiuti - Gli inerti esaurito il ciclo estrattivo devono considerarsi rifiuti - Fattispecie.
A norma dell'articolo 185 lettera d) del decreto legislativo n 152 del 2006 sono esclusi dalla disciplina prevista per i rifiuti solo i fanghi che provengono direttamente dallo sfruttamento della cava e non pure quelli derivanti da diversa e successiva lavorazione delle materie prime (Cass. n 42966/2005; Cass. n.41584/2007), in altri termini vanno esclusi dalla disciplina sui rifiuti soltanto i materiali derivanti dallo sfruttamento delle cave nella misura in cui restino entro il ciclo produttivo dell'estrazione e connessa pulitura: infatti l'attività di sfruttamento della cava non può confondersi con la lavorazione successiva dei materiali stessi. Gli inerti, ancorché provenienti in origine da una cava, una volta esaurito il ciclo estrattivo, se vengono smaltiti, ammassati ecc. devono considerarsi rifiuti. Nella fattispecie i giudici del merito sulla base degli accertamenti compiuti dai carabinieri hanno escluso che i fanghi potessero provenire dalla prima pulitura degli inerti a seguito dell'attività estrattiva. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Pecetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10711

RIFIUTI - Reato di gestione di una discarica abusiva - Configurabilità. Il reato di gestione di una discarica abusiva presuppone l'accertamento delle seguenti condizioni: una condotta non occasionale di accumulo di rifiuti, lo scarico ripetuto, il degrado dell'area, la definitività dell'abbandono dei rifiuti medesimi o di parti di essi. Mancando il requisito dell'abbandono si realizza un deposito preliminare nell'attesa dello smaltimento o del recupero. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Pecetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10711

RIFIUTI - Rifiuti raccolti separatamente per il compostaggio - Compost di qualità - Presenza di sostanze pericolose - Difetto di autorizzazione - Art. 208 D.L.vo n.152/2006 - Reato di smaltimento di rifiuti - Configurabilità. Se nella produzione del compost di qualità viene superata la soglia d'accettabilità dei rifiuti raccolti separatamente per il compostaggio ovvero siano presenti nel compost sostanze pericolose neppure previste nelle elencazioni delle delibere regionali nella materia de qua, si applica la disciplina del recupero dei rifiuti di cui all'art. 181 e seguenti del decreto 152/2006, sicché la violazione di tale normativa configura il reato di smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi in difetto dell'autorizzazione di cui all'art. 208 dello stesso decreto. Pres. Lupo, Est. Teresi, Ric. Tenzon. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10709

RIFIUTI - Compost e produzione di fertilizzanti assimilabili ai rifiuti - Spandimento sul terreno - Limiti - Controlli - D.lgs. n. 217/2006 - Reg. (CE) n.2003/2003. Il d.lgs. n. 217/2006 (Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti) detta regole sulla produzione di fertilizzanti e prevede sanzioni amministrative per la commercializzazione non conforme alle disposizioni dettate. Esso non regola, invece, lo spandimento sul terreno, a scopo di deposito finalizzato alla produzione del compost, la concimazione o correzione di residui o reflui, i quali restano soggetti alla disciplina sui rifiuti o alla normativa sulle acque, ovvero alle disposizioni che regolano lo spandimento di fanghi in agricoltura. Inoltre, va escluso che l'accertamento di fatti costituenti reato, connessi all'utilizzazione di pretesi ammendanti che, in sostanza, sono assimilabili ai rifiuti, possa avvenire esclusivamente presso i laboratori abilitati a controllare la conformità dei fertilizzanti posti in commercio alle disposizioni del Regolamento (CE) n.2003/2003 e dello stesso d.lgs. [Cassazione Sez. III n. 27079/2007]. Pres. Lupo, Est. Teresi, Ric. Tenzon. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10709

RIFIUTI - Stabilimento industriale - Ispezione - Prelievo, campionamento, analisi dei campioni - Modalità - Garanzia ex art. 223 disp. att. c.p.p. - Preavviso. L'ispezione dello stabilimento industriale, prelievo e il campionamento, le analisi dei campioni, configurano attività amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme del codice di procedura penale stabilite a garanzia degli indagati per le attività di polizia giudiziaria, atteso che l'unica garanzia richiesta per le anzidette attività ispettive è quella prevista dall'art. 223 disp. att. c.p.p. che impone il preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si svolgeranno le analisi dei campioni [cfr. Cassazione Sezione III, n.15170/2003, Piropan]. Pres. Lupo, Est. Teresi, Ric. Tenzon. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10709

RIFIUTI - Analisi dei campioni - Ispezione - Prelievo, campionamento - Preavviso - Idoneità per il raggiungimento dello scopo - Necessità di forma particolare - Esclusione - Natura - Vigilanza amministrativa a tutela della salute pubblica. Il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni costituisce l'unico requisito di utilizzabilità delle analisi dei campioni per le quali non è possibile la revisione e può esser dato senza particolari formalità, anche oralmente, non solo al titolare dello scarico, ma anche a un dipendente del titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo dei campioni essendo solo necessario che esso sia idoneo al raggiungimento dello scopo [Cassazione Sezione VI n. 9994/1992, 08/09/1992 - 17/10/1992, Rinaldi]. Soltanto se le operazioni di prelievo siano state eseguite su disposizione del magistrato o se sia stato individuato un soggetto determinato, indiziabile di reati, trovano applicazione le garanzie difensive previste dal cod. proc. pen. stante che, per quanto più volte affermato, le ispezioni, i prelievi dei campioni e la loro prima analisi s'inquadrano nella vigilanza amministrativa a tutela della salute pubblica e, in quanto intervengono prima che ci sia un indiziato di reato, non possono essere considerati atti d'indagine preliminare. Qualora l'analisi dei campioni abbia dato esito sfavorevole sorgono indizi di reato e da quel momento vanno applicate le norme procedurali per l'intervento del difensore. Pres. Lupo, Est. Teresi, Ric. Tenzon. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10709

RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Attività di polizia amministrativa - Modalità di prelievo dei campioni - Irregolarità delle operazioni - Effetti. Anche in tema di smaltimento di rifiuti, le modalità di prelievo dei campioni da analizzare e le metodiche di analisi riguardano attività di polizia amministrativa volta a stabilire se sostanze prelevate siano conformi alle prescrizioni di legge, sicché l'eventuale inosservanza da parte dell'autorità procedente delle prescritte modalità e metodiche non determina la nullità delle operazioni compiute e degli esiti delle analisi. Non essendo tale nullità stabilita dalla legge, non consegue dalla suddetta inosservanza l’inutilizzabilità degli atti stessi nel processo penale istauratosi in conseguenza dell'esito positivo delle verifiche amministrative, ma soltanto l'obbligo per il giudice di tenere conto della riscontrata irregolarità delle operazioni nella formazione libera e motivata del proprio convincimento sulla sussistenza del reato e sulla colpevolezza dell'imputato. Egli dovrà farsi carico della valutazione dell'efficacia probatoria degli accertamenti preprocessuali al fine di stabilire se, nonostante l'irregolarità che potrebbe non avere avuto peso decisivo sul risultato analitico, e in concorso con altri elementi di giudizio, tale risultato possa considerarsi sufficientemente attendibile. Pres. Lupo, Est. Teresi, Ric. Tenzon. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10709

 

RIFIUTI - Regione Campania - Commissario delegato per l’emergenza rifiuti - Art. 5 d.l. n. 263/06 - Riserva di competenze - Estensione - Bonifica, messa in sicurezza e apertura discariche - Limiti. La riserva di competenze in favore del Commissario delegato per l’emergenza rifiuti vale - come recita la rubrica dell’art. 5 d. l. 263/06 - esclusivamente in tema di “bonifica, messa in sicurezza e apertura discariche”, tale essendo il significato da attribuire all’espressione “assicurare il ciclo di smaltimento dei rifiuti“, senza che lo stesso possa estendersi a provvedimenti aventi ad oggetto l’affidamento ad una ditta privata del servizio di raccolta dei r. s. u., nell’ambito del territorio comunale. Pres. Guida, Est. Corciulo - C. G. s.p.a. (avv. Lamberti) c. Comune di Castel Volturno (avv. Sasso), Ministero dell’Interno (Avv. Stato) e altri (n.c.). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez.I - 9 marzo 2009, n. 1319

 

RIFIUTI - Realizzazione di una discarica - Denunzia di nuova opera ex art. 1171 c.c. - Tutela del diritto alla salute - Pretesa ad un ambiente salubre - Sfera operativa delle azioni petitorie - Fattispecie: discarica di Chiaiano. E’ inammissibile l’azione petitoria (art. 1171 c.c.) volta all’adozione del divieto di realizzare una discarica, ove la posizione finale sottesa alla domanda dei ricorrenti sia non già il diritto dominicale vantato su immobili siti in prossimità della discarica, sibbene, più in generale, il loro “diritto alla salute”, declinato anche in termini di pretesa a un ambiente salubre, le cui modalità di protezione esulano dalla sfera operativa tipicamente riconnessa alle azioni petitorie (fattispecie relativa alla discarica di Chiaiano). Pres. Giovannini, Est. Di Nezza - B.G. e altri (avv.ti Senatore, Faiello e Bianco) c. Presidenza del Consiglio dei ministri, il Sottosegretario di Stato all’emergenza rifiuti per la Regione Campania e altro (Avv. Stato). T.A.R. LAZIO, Roma, Sez.I - 6 marzo 2009, n. 2324

 

RIFIUTI - Competenza esclusiva dello Stato - Competenza regionale in materia di tutela del’ambiente - Insussistenza. I rifiuti rientrano nella competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente (sentt. n. 10 del 2009; nn. 277 e 62 del 2008) e, conseguentemente, non può riconoscersi una competenza regionale in materia di tutela dell’ambiente (sentenze nn. 10 del 2009, 149 del 2008 e 378 del 2007). Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Valle d’Aosta. CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 2009, n. 61

RIFIUTI - Tutela dell’ambiente - Regioni - Livelli di tutela più elevati - Raggiungimento dei fini propri delle competenze regionali.
Le Regioni, nell’esercizio delle loro competenze, debbono rispettare la normativa statale di tutela dell’ambiente, ma possono stabilire per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (in materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.) livelli di tutela più elevati (vedi sentenze nn. 30 e 12 del 2009, 105, 104 e 62 del 2008). Con ciò certamente incidendo sul bene materiale ambiente, ma al fine non di tutelare l’ambiente, già salvaguardato dalla disciplina statale, bensì di disciplinare adeguatamente gli oggetti delle loro competenze. Si tratta cioè di un potere insito nelle stesse competenze attribuite alle Regioni, al fine della loro esplicazione. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Valle d’Aosta - CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 2009, n. 61

RIFIUTI - Ambiente -“Standard minimi di tutela” - Tutela adeguata e non riducibile.
La dizione, ricorrente nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, secondo la quale, in materia di tutela dell’ambiente, lo Stato stabilisce “standard minimi di tutela” va intesa nel senso che lo Stato assicura una tutela “adeguata e non riducibile” dell’ambiente. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Valle d’Aosta - CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 2009, n. 61

RIFIUTI - Art. 14, cc. 1 e 2 L.r. Valle d’Aosta n. 31/2007 - Questione di legittimità costituzionale - Fondatezza - Materiali inerti da scavo - Nozione di rifiuto.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, cc. 1 e 2 della L.r. Valle d’Aosta 3 dicembre 2007, n. 31, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, è fondata. Si tratta di disposizioni che attengono alla stessa definizione di “rifiuto”, riguardanti la materia della tutela ambientale affidata alla competenza esclusiva dello Stato, e che non sono riferibili a nessuna altra competenza propriamente regionale né statutaria né desumibile dal combinato disposto degli artt. 117 della Costituzione e 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Infatti, il comma 1, dell’art. 14 prevede che «i materiali inerti da scavo non costituiscono “rifiuti” e non sono assoggettati alle disposizioni di cui al d.lgs. n. 152 del 2006», qualora derivanti da materiali «la cui qualità ambientale risulti essere corrispondente almeno allo stato chimico di buono, come definito dall’art. 74, comma 2, lettera z) del d.lgs. n. 152 del 2006». La disciplina statale, prevedendo, invece, che tali materie sono “rifiuti”, non consente l’esclusione fissata dal legislatore. Altrettanto è da dire per il comma 2 dell’art. 14, il quale allarga anch’esso il novero dei materiali interti da scavo, restringendo la nozione di “rifiuto” e riducendo conseguentemente la tutela dell’ambiente, con l’aggiungere all’ipotesi del riutilizzo, quella dei materiali inerti provenienti da siti interessati, o già interessati, da bonifiche, ovvero già destinati ad attività di gestione dei rifiuti o soggetti a fenomeni di contaminazione ambientale, purché «risultino non pericolosi, previa apposita caratterizzazione effettuata in conformità alle procedure analitiche di cui all’art. 186, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006». Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Valle d’Aosta - CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 2009, n. 61

RIFIUTI - Art. 14, c. 3 L.r. Valle d’Aosta n. 31/2007 - Questione di legittimità costituzionale - Fondatezza - Illegittimità derivata.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, c.3 della L.r. Valle d’Aosta 3 dicembre 2007, n. 31, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, è fondata . Tale comma concerne, infatti, l’avvio al riutilizzo dei materiali da scavo non ritenuti rifiuti, ed essendosi ritenute costituzionalmente illegittime le precedenti disposizioni riguardanti la individuazione di detti materiali, e, quindi, la individuazione della nozione di “rifiuto”, va affermata l’illegittimità derivata anche di quest’ultima disposizione. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Valle d’Aosta - CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 2009, n. 61

RIFIUTI - Art. 14, cc. 5 e 6 L.r. Valle d’Aosta n. 31/2007 - Art. 64 L.r. Valle d’Aosta n. 5/2008 - Questione di legittimità costituzionale - Fondatezza - Realizzazione ed esercizio delle aree di stoccaggio attrezzate - Contrasto con l’art. 186, cc. 2 e 3 d.lgs. n. 152/2006.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, cc.5 e 6 della L.r. Valle d’Aosta 3 dicembre 2007, n. 31, nella versione di cui all’art. 64 della legge della Regione Valle d’Aosta n. 5 del 2008, è fondata. Infatti le disposizioni, sia del comma 5, che riguarda «l’individuazione delle aree di stoccaggio attrezzate» e la loro ubicazione, sia del comma 6, secondo il quale «la realizzazione e l’esercizio delle aree di stoccaggio attrezzate» dei materiali inerti da scavo non sono assoggettate alle procedure autorizzative di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, pur rientrando nella competenza statutaria della Regione in materia di urbanistica, in quanto si riferiscono alla individuazione, ubicazione, realizzazione ed esercizio delle «aree di stoccaggio attrezzate», sono in contrasto con i commi 2 e 3 dello stesso art. 186 del d.lgs. n. 152 del 2006, i quali seguono una nozione più ampia di “rifiuto” ed una disciplina più rigorosa delle «aree di stoccaggio attrezzate», ammettendo “il deposito” dei soli materiali da scavo che abbiano i requisiti di cui al comma 1 dello stesso articolo e per un tempo limitato (secondo i casi: uno o tre anni). Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Valle d’Aosta - CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 2009, n. 61

RIFIUTI - Art. 21, L.r. Valle d’Aosta n. 31/2007 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza - Centri di raccolta - Esclusione dal regime autorizzatorio di cui agli artt. 208 e 216 d.lgs. n. 152/2006 - D.M. 8 aprile 2008 - Direttiva 2008/98/CE.
La questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 21 della legge regionale n. 31 del 2007, che concerne le cosiddette «isole ecologiche», non è fondata. I centri comunali, o isole ecologiche disciplinate dalla norma, corrispondono infatti ai “centri di raccolta” menzionati dall’art. 183, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 152 del 2006, come novellato dall’art. 20, comma 23, del d.lgs. n. 4 del 2008, per la cui disciplina si rinvia ad un emanando decreto del Ministro dell’ambiente, sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni. Detto decreto è stato emanato l’8 aprile 2008, e prevede, non diversamente dalla disposizione regionale impugnata, che la disciplina di tali centri non è subordinata al regime autorizzatorio, previsto dagli artt. 208 e 216 del d.lgs. n. 152 del 2006, per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti. Dunque, la disciplina dettata dalle disposizioni regionali risponde soltanto ad esigenze di coordinamento regionale e non dispone una disciplina dei rifiuti di minor rigore rispetto alla disciplina statale. Detta previsione regionale, inoltre, non è in contrasto con il diritto comunitario. Infatti, la direttiva 2008/98/CE (che ha abrogato e sostituito la direttiva 2006/12/CE) qualifica come “raccolta” il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare ed il deposito preliminare (di tipo temporaneo), ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento (art. 3, n. 10), distinguendola dalla “messa in riserva” o dal “deposito preliminare” previste dal punto D del I allegato e dal punto R 13 del II allegato di tale nuova direttiva. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Valle d’Aosta - CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 2009, n. 61

 

RIFIUTI - Deposito temporaneo - Luogo di produzione - Eccezione alla regola generale - Impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico - Rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture - Limite - Rifiuti oggettivamente non riutilizzabili - Art. 6 lett. m) D.Lgs. n. 22/1997 (ora art. 183 D.Lgs. n. 152/2006) - Art. 51, c.2°, D.Lgs. n. 22/97 (ora sostituito dall'art. 256, c. 2°, D.Lgs. n.152/2006). Il deposito temporaneo di rifiuti deve essere effettuato presso il luogo di produzione dei rifiuti stessi (art. 183, comma primo, lett. m) D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152). A tale regola generale è stata introdotta un'eccezione dall'art. 230 del D. Lgs n. 152/06, secondo il cui disposto per i rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico il luogo di deposito temporaneo può coincidere con quello di concentramento dei rifiuti, ove gli stessi vengono trasportati per la successive valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento. Ne consegue che detta eccezione non trova applicazione nel caso di rifiuti oggettivamente non riutilizzabili (Cass. sez. III, 8.6.2007 n. 33866, Balloi). Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Dell’Onte. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9856

 

RIFIUTI - Deposito incontrollato - Art. 51, c.2°, D. Lgs n. 22/97 oggi art. 256, c.2°, D. Lgs n. 152/06 - Fattispecie. L'art. 51, comma secondo, del D. Lgs n. 22/97 ed attualmente dall'art. 256, comma secondo, del D. Lgs n. 152/06, espressamente prevedono la fattispecie sanzionata penalmente del deposito incontrollato dei rifiuti, nella cui nozione rientra inequivocabilmente il mancato rispetto delle prescrizioni previste dalla legge per il deposito stesso. Fattispecie: attività non autorizzata di raccolta e smaltimento di rifiuti pericolosi, costituiti da oli esausti. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Rossi Alfieri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9850

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Deposito controllato e temporaneo - Presupposti - Mancanza - Smaltimento illecito dei rifiuti - Reato di abbandono e deposito incontrollato - Configurabilità - Art. 6 lett. m) D. Lgs n. 22/97 - Art. 51, c.2°, D. Lgs n. 22/97 oggi art. 256, c.2°, D. Lgs n. 152/06. In materia di gestione dei rifiuti, per potersi configurare l'ipotesi del deposito controllato e temporaneo, di cui all', occorre il rispetto delle condizioni dettate dal citato articolo, ed in particolare il raggruppamento dei rifiuti deve avvenire nel luogo di produzione e con l'osservanza dei tempi di giacenza, in relazione alla natura ed alla quantità del rifiuto. In mancanza si configura il reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, sanzionato dall'art. 51, comma 2, del citato decreto n. 22/97, (oggi art. 256, comma secondo, D. Lgs n. 152/06 e s.m.) ovvero di smaltimento illecito dei rifiuti stessi. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Rossi Alfieri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9850
 

RIFIUTI - Deposito temporaneo e discarica abusiva - Differenza - Configurabilità del reato - Art. 51, c.3°, D. Lgs n. 22/97 oggi art. 256, D. Lgs n. 152/06 - Art. 2 D. Lgs n. 36/2003. La disposizione contenuta nell'art 2 del D. Lgs n. 36/2003 è di chiusura, nel senso che equipara il deposito temporaneo, espressamente citato dalla norma, alla realizzazione di una discarica, allorché lo stesso deposito temporaneo si protragga per oltre un anno, ma non individua affatto un elemento costitutivo della fattispecie, poiché, se ricorre l'ipotesi dell'abbandono reiterato di rifiuti e non del deposito temporaneo, si versa in ogni caso nella fattispecie della realizzazione di una discarica abusiva. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Gonano. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9849

RIFIUTI - Discarica abusiva - Configurabilità - Condizioni - D. Lgs n. 152/06 - D. Lgs n. 36/2003. Ai fini della configurazione di una discarica, occorre, oltre all'accumulo più o meno sistematico di rifiuti nella area in cui vengono versati, anche il degrado, quanto meno tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione (Cass. sez. III, 17.6.2004 n. 27296, Micheletti; Cass. sez. III, 20.2.2002 n. 6796). Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Gonano. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9849

 

RIFIUTI - Impianto di demolizione autovetture - Deposito temporaneo non soggetto ad autorizzazione - Esclusione - Fattispecie - D.Lgs. n. 152/06.  L'impianto di demolizione non è il luogo di produzione dei rifiuti costituiti da carcasse di auto, sicché il deposito delle stesse deve formare oggetto di apposita autorizzazione. Nella specie, è stato accertato in punto di fatto, oltre alla carenza di autorizzazione relativamente all'area nella quale era stato effettuato il deposito delle carcasse di auto, la inadeguatezza, sul piano tecnico, della stessa, trattandosi di un'area sterrata che non assicurava un'adeguata tutela dal pericolo di percolazione di sostanze provenienti dai veicoli. Sicché non risultavano, in ogni caso, rispettate le condizioni prescritte dalle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 152/06 perché potesse ravvisarsi l'ipotesi del deposito temporaneo non soggetto ad autorizzazione. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Aloisi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9848

RIFIUTI - Impianto di demolizione autovetture - Reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti - Presupposti - Deposito preliminare - Autorizzazione - Necessità - Artt. 51 e 6, c. 1° lett. m) n. 4) D.L.vo n.22 del 1997 - Art.183, c. 1° lett. m) n. 4), del D.Lgs n.152/06. Integra il reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti (art. 51 D.L.vo n.22 del 1997) l'accumulo di "beni destinati alla rottamazione" elencati nel catalogo europeo dei rifiuti (CER) quali i veicoli e i pneumatici fuori uso, le batterie e gli accumulatori, in quanto "beni" destinati allo smaltimento o al recupero delle sostanze per i quali anche il deposito preliminare è soggetto ad autorizzazione." (Cass. sez.III, 20/12/2006 n.41623, P.M. in proc. Imberti). Inoltre l'art.183, comma primo lett. m) n. 4), del D.Lgs n.152/06, che riproduce il disposto di cui all'art 6, comma primo lett. m) n. 4) del D.Lgs n.152/97, dispone che "il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché per i rifiuti pericolosi...". Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Aloisi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9848

 

RIFIUTI - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Gestione di un impianto di rifiuti - Rinnovo dell'autorizzazione - Area vincolata - Nulla osta dell'amministrazione competente - Necessità. Il rinnovo dell'autorizzazione alla gestione dell'impianto, deve essere sostanzialmente equiparato ad una nuova autorizzazione, sicché non appare dubbio che l'autorizzazione medesima debba essere preceduta dal nulla osta dell'amministrazione competente alla tutela del vincolo, anche se imposto successivamente all'inizio dell'attività. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Puccio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9847

RIFIUTI - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Discarica e abuso in atti d’ufficio - Art. 323 c.p. - Configurabilità - Presupposti - C.d. doppia ingiustizia - Necessità. Ai fini dell'integrazione del reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) è necessario che sussista la c.d. doppia ingiustizia, nel senso che ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed ingiusto deve essere l'evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia. Ne consegue che occorre una duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi far discendere l’ingiustizia del vantaggio conseguito dalla illegittimità del mezzo utilizzato e quindi dalla accertata esistenza dell'illegittimità della condotta" (Cass. sez. VI, 2003/00062, De Lucia ed altro; conf. Cass. sez. VI, 2003/11415, Gianazza). (Fattispecie in tema di discarica di rifiuti contenenti amianto). Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Puccio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9847

 

RIFIUTI - Materiali destinati al "riutilizzo" - Natura - Recupero e smaltimento - Affermazioni o intenzioni dell'interessato - Ininfluenza - Formulario di trasporto - Identificazione dei rifiuti con un codice improprio - Fattispecie: computer, stampanti, monitor, legni... . In tema di materiali destinati al "riutilizzo" la prova relativa alla loro natura deve essere obiettiva, univoca e completa, non potendosi tenere conto solo delle affermazioni o delle intenzioni dell'interessato, posto che i rifiuti richiedono un corretto e tempestivo recupero, se possibile e dimostrato, oppure il loro smaltimento in modo compatibile con la salute e l'ambiente. (Nella specie, il carico riguardava brandelli di cartone, scaffalature distrutte, computer, stampanti, monitor, legni, sedie rotte, plastica in frantumi, gomma, calcinacci, ferri ritorti, oggetti accumulati alla rinfusa ed è stato ritenuto perciò escluso che i materiali fossero destinati alla rivendita anche per l'assorbente circostanza che, al momento del controllo, l'autista aveva esibito un formulario attestante il trasporto di rifiuti [anche se falsamente descritti come non pericolosi e identificati con un codice improprio] e menzionante destinatari aventi sedi in provincia di Mantova e in provincia di Brescia incompatibili col tragitto dell'automezzo quando venne fermato). Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Quintarelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9494

 

RIFIUTI - Limo - Regime giuridico - Art.185, lett.d) 1° c. d.lgs. n.152/2006 - Attività di primo lavaggio dei materiali provenienti da escavazione. Al regime giuridico applicabile al limo derivante dall’attività di primo lavaggio dei materiali provenienti da escavazione, trova applicazione la disposizione contenuta nella lett.d) del primo comma dell'art.185 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152. Tale disposizione esclude che trovino applicazione le norme contenute nella parte quarta del citato decreto, e quindi le norme in materia di rifiuti e bonifica dei siti, con riferimento ai "rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave (sentenze n.5315 dell'11/10/2006; 8/02/2007, Doneda e n.41584 del 9/10/2007 - 12/11/2007). Pres. Onorato, Est. Marini, Ric. PM in proc. Acco ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9491

RIFIUTI - INQUINAMENTO IDRICO - Fanghi e limi - Disciplina giuridica - Tutela delle acque - Art.256, c. 3° d.lgs. n.152/2006 - Art.181 d.lgs. n.42/2004.
I fanghi ed i limi derivanti dalla prima pulitura del materiale di cava, ai sensi della lett.d) del primo comma dell'art.185 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, non possono essere considerati rifiuti. Tuttavia, va considerato, che l'escludere come "rifiuto" i fanghi di primo lavaggio non comporta un disinteresse dell'ordinamento per le ricadute che l'attività di lavaggio può avere sull'ambiente circostante, posto che la normativa a tutela delle acque e della loro qualità può costituire riferimento in caso di eventuali modalità di trattamento del materiale che comportino ricadute negative sulle acque fluviali interessate. Pres. Onorato, Est. Marini, Ric. PM in proc. Acco ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9491

 

RIFIUTI - Iscrizione Albo o registri provinciali - Imprese soggette alla procedura ordinaria e semplificata - Ritardato pagamento del diritto annuale - Sospensione automatica - Esclusione - Art. 30, c. 5, D. lgs. n. 22/1997, (ora art. 212 n.13 d. lgs. n. 152/2006). In materia di gestione dei rifiuti, sia per le imprese soggette alla procedura ordinaria mediante l'iscrizione nell'Albo, sia per le imprese soggette alla procedura semplificata mediante iscrizione nei registri provinciali è previsto l'obbligo del versamento di un diritto d'iscrizione annuale, rispettivamente nell'albo regionale o nei registri provinciali. Tuttavia, il ritardato pagamento del diritto annuale non comporta sospensione automatica (contra Cass. sentenza n. 26923/2004). Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Scocca. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9490

 

RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Campionamento e analisi - Inosservanza da parte dell'autorità procedente delle prescritte modalità e metodiche - Nullità delle operazioni compiute e degli esiti delle analisi - Esclusione. Anche in tema di smaltimento di rifiuti, le modalità di prelievo dei campioni da analizzare e le metodiche di analisi riguardano attività di polizia amministrativa volta a stabilire se le sostanze prelevate siano conformi alle prescrizioni di legge, sicché l'eventuale inosservanza da parte dell'autorità procedente delle prescritte modalità e metodiche non determina la nullità delle operazioni compiute e degli esiti delle analisi. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Nizzetto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9489

RIFIUTI - Ispezione dello stabilimento industriale - Prelievo e campionamento, analisi dei campioni - Attività amministrative - Garanzie - Preavviso - Art. 223 disp. att. c.p.p.. L'ispezione dello stabilimento industriale, il prelievo e il campionamento, le analisi dei campioni, configurano attività amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme del codice di procedura penale stabilite a garanzia degli indagati e degli imputati per le attività di polizia giudiziaria, atteso che l'unica garanzia richiesta per le anzidette attività ispettive è quella prevista dall'art. 223 disp. att. c.p.p. che impone il preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si svolgeranno le analisi dei campioni (Cass. Sez. III, n.15170/2003, Piropan). Il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni costituisce l'unico requisito di utilizzabilità delle analisi dei campioni per le quali non è possibile la revisione e può esser dato senza particolari formalità. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Nizzetto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9489

RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Delega - Identificazione dell'oggetto e del contenuto - Responsabilità - Fattispecie. In materia di smaltimento dei rifiuti l'identificazione dell'oggetto e del contenuto della delega deve essere, in linea di principio, resa possibile sulla base di specifiche determinazioni, difettando le quali, il potere concernente l'attività delegata non può ritenersi dismesso dal delegante (Cass. Sez. III, n. 4003/1999, Tilocca]. Nella specie l'imputato ha addotto che il vice presidente del consiglio d'amministrazione, "di poteri analoghi a quelli spettanti al presidente", era legittimato a compiere in piena autonomia qualsiasi atto di straordinaria amministrazione, ma ciò non equivale a rilascio di delega che deve riferirsi all'esecuzione di atti specifici rispetto ai quali viene al delegato trasferita non la competenza ma la legittimazione al compimento dei singoli atti rientranti nella competenza del delegante. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Nizzetto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9489

RIFIUTI - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Attività ispettive di vigilanza - Indizi soggettivi di reati - Operazioni di prelievo disposte dal magistrato - Garanzie difensive. In materia di attività ispettive di vigilanza, soltanto se le operazioni di prelievo siano state eseguite su disposizione del magistrato o se sia stato individuato un soggetto determinato, indiziabile di reati, trovano applicazione le garanzie difensive previste dal c.p.p. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Nizzetto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9489

 

RIFIUTI - Rifiuti non pericolosi - Trasporto in conto proprio - Iscrizione nell'apposita sezione dell'Albo nazionale dei gestori ambientali - Disciplina vigente - Trasporto di rifiuti con mezzi propri non autorizzati (art. 256, 1° c., D.Lgs. n.152/2006) - D.Lgs.. n. 4/2008 - Art. 212 D.Lgs. n.132/2006. A seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 16.1.2008, n. 4, all'art. 212 del D.Lgs. n.132/2006, deve ritenersi che una società (qualora risultasse dimostrato in punto di fatto), che non effettua la raccolta e il trasporto di propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare [ovvero con operazioni non costituenti, secondo la più recente normativa, parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sotto prodotti] - non è tenute all'iscrizione nell'apposita sezione dell'Albo nazionale dei gestori ambientali. Tuttavia, ciò non comporta, però, che l’impresa societaria può effettuare eventuali trasporti sporadici di rifiuti propri non pericolosi (cioè sostanzialmente un'attività di gestione, sia pure non sistematica e continuativa, dei rifiuti medesimi) senza alcun controllo. Per tali trasporti "eccezionali", invece, la società si deve avvalere delle prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento regolarmente autorizzate ed iscritte all'Albo, mentre l'esecuzione del trasporto di rifiuti con mezzi propri e non autorizzati è comunque inquadrabile nella previsione sanzionatoria di cui all'art. 256, 1° comma, del D.Lgs. n.152/2006. Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Bertolino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 9465

 

RIFIUTI - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Trasporto rifiuti automezzi utilizzati - Istanza di dissequestro - Rigetto - Valutazioni del consulente di parte - Natura probante - Esclusione - Assimilazione ai rilievi difensivi. L’inefficacia probante delle valutazioni del consulente di parte, assimilabili ai rilievi difensivi, rende, legittimo il rigetto dell'istanza di dissequestro (nella specie: istanza di dissequestro, basata solo sulla consulenza di parte che evidenziava la natura occasionale e non preventivabile della produzione dei fanghi in esubero costituenti oggetto dei trasporti (eccezionalmente) di rifiuti non pericolosi effettuati con propri automezzi). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Bertolino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 9465

 

RIFIUTI - Gestore dell'impianto - Non rispondenza del codice CER attribuito ai rifiuti conferiti in discarica dal produttore - Responsabilità del gestore - Formulario di identificazione - Obblighi di verifica della conformità del rifiuto - Art. 11, c.3, D. Lgs. n.36/03 - Art. 3 del DM 3.8.2005 - Direttiva 1999/31/CE. In materia di un corretto smaltimento, sia il D.Lgs. n. 36/03, di attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, che il DM 3.8.2005 pongono precisi obblighi di verifica a carico del gestore dell'impianto. Sicché, accertata la non rispondenza del codice CER attribuito ai rifiuti conferiti in discarica dal produttore degli stessi e la incompatibilità di detti rifiuti, in considerazione della loro effettiva natura, con le categorie di quelli che possono essere ammessi nella discarica, in relazione alla tipologia della stessa ed alla autorizzazione ottenuta, il gestore dell'impianto non va esente da responsabilità per tale fatto, incombendo sullo stesso precisi obblighi di verifica della conformità del rifiuto alle caratteristiche indicate nel formulario di identificazione. Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Pinzari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9192

RIFIUTI - Discariche di rifiuti e corretta gestione dell'impianto - Obblighi di verifica dei rifiuti a carico del gestore dell'impianto - Legislazione vigente - Art. 11, c.3, D. Lgs. n.36/03 - Art. 3 del DM 3.8.2005 - Direttiva 1999/31/CE. La legislazione vigente, in tema di gestione e smaltimento dei rifiuti, prevede, sia attraverso il D. Lgs. n.36/03, di attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, che il DM 3.8.2005, precisi obblighi di verifica a carico del gestore dell'impianto. Ai sensi dell'art.11, comma 3, del D.Lgs 13.1.2003 n. 36, ai fini dell'ammissione dei rifiuti in discarica, il gestore dell'impianto deve effettuare, lett. c) del terzo comma, "l'ispezione visiva di ogni carico di rifiuti conferiti in discarica prima e dopo lo scarico e verificare la conformità del rifiuto alle caratteristiche indicate nel formulario di identificazione...", nonché, lett. f) del terzo comma, "effettuare le verifiche analitiche della conformità del rifiuto conferito ai criteri di ammissibilità come indicato all'art.10, comma 1 lett. g), con cadenza stabilita dall'autorità territorialmente competente e, comunque, con frequenza non superiore ad un anno". Analogo obbligo di verificare la conformità dei rifiuti alle caratteristiche indicate dal produttore, ai fini dell'ammissione degli stessi in discarica, è previsto a carico del gestore dell'impianto dall'art. 3 del DM 3.8.2005. Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Pinzari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9192

 

RIFIUTI - Attività di recupero - Comunicazione di cessazione - Mancata cessazione dell'attività. La comunicazione di cessazione dell'attività di recupero non significa inequivocabilmente che la stessa sia davvero cessata. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Dondero. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 9176

 

RIFIUTI - Lavorazione del marmo - Versamento in mare dei fanghi residui - Sequestro preventivo dell’intera azienda - Ammissibilità - Fattispecie. In materia di sequestro preventivo, oggetto della misura cautelare reale può essere anche un'intera azienda ove sussistano indizi che anche taluno soltanto dei Beni aziendali, proprio per la sua collocazione strumentale, sia utilizzato per la commissione del reato, non assumendo alcun rilievo la circostanza che l'azienda svolga anche normali attività imprenditoriali (Cass., Sez. III, 7/11/2007-11/02/2008, n. 6444). Nella specie la condotta di versamento in mare dei fanghi residui dalla lavorazione del marmo riguardava - nella prospettiva accusatoria - l’attività dell'intera azienda sicché il sequestro preventivo non poteva essere limitato ad un determinato processo produttivo specificamente interessato dalla condotta abusiva. Nell'immediato l'esigenza preventiva sottesa alla misura cautelare non poteva che afferire all'intera azienda. Pres. Altieri, Est. Amoroso, Ric. Di Pierdomenico. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/02/2009 (Ud. 21/01/2009), Sentenza n. 8082

 

RIFIUTI - Ingiunzione di pagamento al Commissario Straordinario Emergenza Rifiuti - Giudizio di ottemperanza - Sospensione - L. n 21/2006 - Fattispecie. L’art. 3 comma 1 del Decreto Legge n. 245 del 2005 convertito dalla Legge n 21 del 2006 non introduce una fattispecie di estinzione in rito del giudizio di ottemperanza introdotto anteriormente alla sua entrata in vigore, ma piuttosto ne impone la sospensione fino alla cessazione dello stato di emergenza (CdS. n. 4105/2008). Fattispecie: ingiunzione al Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella regione Campania di pagare al comune di Caivano la somma di Euro 431.912,00 oltre interessi legali come richiesti e spese della procedura monitoria. Pres. VACIRCA - Est. ANASTASI - COMUNE DI CAIVANO (avv. Sartorio) c. COMMISSARIO DI GOVERNO PER L’EMERGENZA RIFIUTI IN CAMPANIA e la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (Avvocatura Generale dello Stato). (Sospende T.A.R. Campania - V Sezione n. 8286 del 25.9.2006). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 23 febbraio 2009, (C.C. 16/12/2008), Decisione n. 1063

 

RIFIUTI - Art. 4 d.l. n. 90/2008 - Devoluzione alla giurisdizione esclusiva del g.a. delle controversie attinenti alla gestione dei rifiuti - Interpretazione costituzionalmente orientata - Sent. Corte Cost. n. 204/2004 - Rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni negoziali - Giurisdizione dell’A.G.O. Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4 d.l. 90/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. 123/2008, secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica, porta a ritenere, in coerenza con i principi espressi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006, che la norma attiene a situazioni che postulano l’esercizio di un potere pubblico, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa nelle ipotesi in cui la censura ha ad oggetto il mero accertamento di diritti di carattere patrimoniale senza incidere sull’azione amministrativa di gestione dei rifiuti. Di talché, la giurisdizione del giudice amministrativo è da escludere ogniqualvolta la controversia, o la singola censura, afferisca ai rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale intervenute tra le parti per regolamentare la gestione dei rifiuti e, quindi, afferisca all’an o al quantum della pretesa patrimoniale, atteso che in tal caso la fattispecie, di tipo meramente privatistico, esula completamente dal possibile esercizio di un potere autoritativo. In altri termini - mentre tutte le controversie che attengono alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, sebbene l’amministrazione non abbia in concreto esercitato il potere in astratto conferito agendo invece attraverso comportamenti o comunque con atti paritetici con conseguente contrapposizione di posizioni di diritto soggettivo, rientrano, ai sensi della norma richiamata, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - tutte le controversie, o le singole censure, totalmente estranee all’esercizio del potere pubblico di gestione in materia di rifiuti non possono essere sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario ancorché l’accordo privatistico fonte del rapporto obbligatorio in contestazione sia stato stipulato per regolamentare, anche da un punto di vista patrimoniale, la gestione dei rifiuti. Pres. Giovannini, Est. Caponigro - Comune di Recale (avv. Adinolfi) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile - Sottosegretario di Stato PCM delegato emergenza rifiuti Regione Campania (Avv. Stato) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 18 febbraio 2009, n. 1655

RIFIUTI - Attività di gestione non autorizzata di rifiuti (art. 256 D.Lgs. 152/2006) e trasporto di rifiuti pericolosi con formulari di identificazione mancanti o falsi (art. 258, comma 4, D.Lgs. 152/2006) - Confisca mezzi di trasporto - Art. 321 c.p.p. - Art. 240, c. 3, c.p..
In tema di gestione non autorizzata e trasporto abusivo di rifiuti, per legittimare il sequestro preventivo, occorre un collegamento tra il reato e la cosa sequestrata e non tra il reato e una persona, giacché a norma dell'art. 321 c.p.p.: a) non è indispensabile per adottare la misura che sia individuato il responsabile del reato stesso; b) la misura può colpire anche cose di proprietà di terzi estranei al reato, purché la loro libera disponibilità possa favorire la prosecuzione del reato. Sicché, in sede cautelare, l'esigenza di prevenire la commissione dei reati prevale sulla tutela del diritto di proprietà del terzo incolpevole. Al contrario, in sede di misura di sicurezza patrimoniale, prevale la tutela del diritto di proprietà del terzo incolpevole, posto che l’art. 240, comma 3, c.p. esclude la confisca facoltativa e quella obbligatoria delle cose che costituiscano il prezzo del reato quando le cose appartengono a persona estranea al reato (per un'applicazione del principio in tema di trasporto abusivo di rifiuti v. da ultimo Cass. Sez. III, n. 26529 del 20.5.2008, Torre). Con tutta evidenza, la misura di sicurezza, anche quando ha per oggetto una "res" patrimoniale, come nel caso della confisca, conserva una finalità specialpreventiva che intende colpire la persona che in qualche modo è colpevole del reato. Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Arcuri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/02/2009 (Ud. 18/11/2008), Sentenza n. 6904

 

RIFIUTI - Regione Campania - OPCM n. 3686/2008 - Attribuzione del potere di nomina commissariale - Illegittimità. E’ illegittima l’attribuzione del potere di nomina commissariale di cui all’ art. 8, co. 4 dell’OPCM n. 3686/2008 (che ha disposto lo scioglimento dei Consorzi di bacino di Napoli e Caserta e la loro riunione in un unico consorzio), poichè l’attribuzione di poteri che possono incidere autoritativamente ed unilateralmente sulle posizioni giuridiche contrapposte deve essere sempre effettuata dalla legge e non da un atto amministrativo, sia pure ad indirizzo politico ed a carattere generale. D’altra parte, se è vero che, ai sensi dell’art. 5, co. 2 e 5, l. 225/1992, per l’attuazione degli interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, è altrettanto vero che occorre comunque agire nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e che le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione, assente nel caso di specie, delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate. Pres. Giovannini, Est. Caponigro - Comune di Recale (avv. Adinolfi) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile - Sottosegretario di Stato PCM delegato emergenza rifiuti Regione Campania (Avv. Stato) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 18 febbraio 2009, n. 1655


RIFIUTI - Sentenza di condanna o di pena concordata - Obblighi - Sequestro e confisca - Effetti ed Adempimenti - Obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi - Art. 256 c.3 D. L.vo 152/2006.
Il disposto dell'art. 256 c.3 D. L.vo 152/2006 prevede che, alla sentenza di condanna o di pena concordata, consegua la confisca del sito sul quale è stata realizzata la discarica se di proprietà dell'autore o del compartecipe del reato "fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi" (obblighi che devono essere ottemperati prima della acquisizione definitiva della area al patrimonio pubblico). La norma è esplicita nel precisare che la confisca è applicabile anche se il sito è stato bonificato per cui tale circostanza (che fa venire meno le esigenze di cautela di cui all'art. 321 c.1 c.p.p.) non ha rilievo per la ipotesi del c.2 dello articolo. Pres. Lupo, Est. Squassoni, Ric. Anatriello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/02/2009 (Ud. 09/01/2009), Sentenza n. 6564

 

RIFIUTI - Servizio di smaltimento - Iscrizione all’Albo - Requisito ineludibile - Art. 212, c. 5 d.lgs.n. 152/2006. Analogamente a quanto previsto dalla previgente normativa (d.lgs. n. 22 del 1997), l’art. 212, co. 5, d.lgs. n. 152 del 2006 sancisce che l’iscrizione all’Albo è requisito ineludibile per lo svolgimento del servizio di smaltimento dei rifiuti. Pres. Baccarini, Est. Poli - A. s.p.a. (avv.ti Ilari e Fiore) c. M. s.r.l. (avv. Della Rocca) - Conferma TAR Abruzzo, Pescara, n. 140/2008. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 13/02/2009, (C.C. 25/11/2008), n. 824

RIFIUTI - Servizio di gestione integrata - Organizzazione territoriale - Enti gestori - Esternalizzazione del servizio - Artt. 199-201 d.lgs. n. 152/2006. A mente del combinato disposto degli artt. 199, 200 e 201, d.lgs. n. 152 del 2006 l’organizzazione territoriale dei servizi di gestione integrata dei rifiuti è affidata agli enti gestori degli ambiti territoriali ottimali; questi ultimi, giusta il puntuale disposto dell’art. 202, d.lgs. n. 152 cit., sono obbligati ad esternalizzare il servizio mediante gara nel rispetto dei principi comunitari e nazionali; non è prevista la formula organizzativa della società pubblica. Pres. Baccarini, Est. Poli - A. s.p.a. (avv.ti Ilari e Fiore) c. M. s.r.l. (avv. Della Rocca) - Conferma TAR Abruzzo, Pescara, n. 140/2008. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 13 febbraio 2009, (C.C. 25/11/2008), n. 824

 

RIFIUTI - Traffico illecito - Documenti di accompagnamento allegati ai containers - Errata indicazione dei soggetti interessati alla spedizione - Reato ex art. 259 D.L.vo 152/06 - Configurabilità - Elementi. Si configura il reato di cui all’articolo 259 1° comma, D.L.vo 152/06 allorquando le irregolarità riscontrate nella documentazione allegata ad una spedizione di rifiuti sono tali da determinare totale incertezza sulla individuazione dell'effettivo autore delle diverse fasi del trasporto (nella specie, il tutto in violazione della disciplina di cui all'art. 37 del Regolamento CE n. 1013/06 e del Regolamento CE n. 801/07 (normative che hanno sostituito le disposizioni di cui all'art. 26 Regolamento CE n. 259/93, indicato nel testo di cui all'art. 259 D.L.vo 152/06). Inoltre, la presenza di un profitto, ulteriore e diretto, riconducibile all'attività illecita non è un requisito richiesto ai fini della sussistenza dell'elemento obiettivo di cui al reato ex art. 259 D.L.vo 152/06. Pres. Onorato, Est. Gentile, Ric. Bologna. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/02/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 6227

 

RIFIUTI - Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani - Art. 238 d.lgs. n. 152/2006 - Disciplina transitoria ex c. 11 - Società d’ambito - Potere di determinare la tariffa prima dell’emanazione del regolamento ministeriale di cui al comma 6 - Insussistenza. La “Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” - ai sensi del combinato disposto dei commi 3, 6 e 11 dell’art. 238 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152- “è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d'ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6”; infatti il Ministro dell’ambiente - cui il cit. comma 6 conferisce tale potere ex art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 - “disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa”; conseguentemente, ai sensi del cit. comma 11, “sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l'applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”. È pertanto evidente che la disciplina transitoria, espressa dal cit. comma 11, implichi la radicale esclusione della sussistenza, in capo alla società d’ambito, del potere di determinazione della Tariffa, neppure in via provvisoria, prima dell’emanazione del regolamento di cui al cit. comma 6; con l’avvertenza che è del tutto pacifica la natura ordinatoria dei termini di legge per l’emanazione di atti regolamentari. Sicché le società d’ambito, finché non sia stato emanato il predetto regolamento, non hanno il potere di determinazione della Tariffa prevista dal cit. art. 238, ma possono soltanto gestire il servizio sulla base delle tariffe già determinate dai diversi comuni interessati. Pres. Virgilio, Est. De Francisco - Assoutenti (avv. Faraci) c. E. s.p.a. - Ambito territoriale ottimale per la gestione integrata dei rifiuti della Provincia di Enna (avv. Armao) , riunito ad altro ricorso - Riforma T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, n. 52/2008 - CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 9 febbraio 2009, n. 48

RIFIUTI - Tariffa di igiene ambientale - Regione Siciliana - O.M. n. 2983/1999 - Fissazione commissariale della tariffa - Società d’ambito - Traslazione sugli utenti - Limiti.
La fissazione commissariale della tariffa di igiene ambientale (O.M. n. 2983/1999) non può essere direttamente traslata, al di fuori del procedimento disciplinato dall’art. 238 del d.lgs. n. 152/2006, dalle società d’ambito ai cittadini. È, infatti, la stessa ordinanza di protezione civile a prevedere che “le amministrazioni competenti … provvederanno alla gestione ordinaria con le proprie disponibilità”; le quali, dunque, non possono che essere quelle conseguenti all’applicazione delle ordinarie norme tariffarie, allorché il servizio sia gestito dalle società d’ambito. Se, in altri termini, il Commissario può fissare extra ordinem le tariffe “per il servizio di gestione dei rifiuti” nei casi di cui all’art. 7, comma 3, O.M. cit., e altresì può adeguare, ai sensi del comma 5, “la tariffa delle discariche comunque in esercizio” (che, però, incide solo mediatamente sul costo del servizio per i privati), l’esegesi rigorosa e restrittiva delle disposizioni straordinarie testé ricordate non consente di affermare che la tariffa commissariale per il servizio di gestione dei rifiuti possa essere autonomamente fatta propria dalle società d’ambito cui sia stata affidata la gestione ordinaria del servizio, né che la tariffa per il conferimento in discarica possa essere del pari traslata sugli utenti per autonoma iniziativa delle stesse società d’ambito. Pres. Virgilio, Est. De Francisco - Assoutenti (avv. Faraci) c. E. s.p.a. - Ambito territoriale ottimale per la gestione integrata dei rifiuti della Provincia di Enna (avv. Armao) , riunito ad altro ricorso - Riforma T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, n. 52/2008 - CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 9 febbraio 2009, n. 48

RIFIUTI - Società d’ambito - Adeguamento della tariffa - Delega di funzioni da parte dei comuni ricompresi nell’A.T.O. - Esclusione.
Va escluso in radice che le società d’ambito - per poter direttamente stabilire la Tariffa dei rifiuti, o per adeguare l’ammontare delle tasse comunali in vigore - possano invocare un’eventuale delega di funzioni da parte dei comuni ricompresi nell’A.T.O., giacché, al di fuori di una chiara previsione legislativa, gli enti pubblici non possono autonomamente disporre delle competenze loro attribuite dalla legge. Pres. Virgilio, Est. De Francisco - Assoutenti (avv. Faraci) c. E. s.p.a. - Ambito territoriale ottimale per la gestione integrata dei rifiuti della Provincia di Enna (avv. Armao) , riunito ad altro ricorso - Riforma T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, n. 52/2008 - CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 9 febbraio 2009, n. 48

RIFIUTI - Tariffa di igiene ambientale - Natura - Prestazione patrimoniale imposta.
la Tariffa di igiene ambientale è riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, perché ad essa gli amministrati non hanno modo di sottrarsi. Pres. Virgilio, Est. De Francisco - Assoutenti (avv. Faraci) c. E. s.p.a. - Ambito territoriale ottimale per la gestione integrata dei rifiuti della Provincia di Enna (avv. Armao) , riunito ad altro ricorso - Riforma T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, n. 52/2008 - CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 9 febbraio 2009, n. 48

 

RIFIUTI - Capannone adibito a deposito di rifiuti illecitamente raccolti - Provvedimento inibitorio della P.A. e sequestro - Fattispecie: in tema di motivazione circa la permanenza del "periculum in mora" e specifica motivazione. Il solo fatto dell'emissione di un provvedimento inibitorio della pubblica amministrazione non è sufficiente a fra ritenere cessate le esigenze cautelari. Una volta che un capannone sia stato adibito a deposito dei rifiuti illecitamente raccolti, e per questa ragione sequestrato, le esigenze cautelari possono dirsi superate solo nel caso che non permangano rischi connessi alla presenza di sostanze e nel caso che il capannone risulti destinato a diversa utilizzazione, così interrompendosi il nesso che lo lega alle condotte illecite. Nella fattispecie, non è stato concesso all'a.g. far discendere la necessità di mantenere sequestro sulla cosa dalla mera circostanza che gli indagati abbiano violato la legge, essendo il requisito del "periculum in mora" diverso e ulteriore rispetto al "fumus" di reato e, dunque, tale da richiedere una specifica motivazione. Pres. Lupo, Est. Marini, Ric. Tissi ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/02/2009 (Ud. 04/12/2008), Sentenza n. 4532

 

RIFIUTI - Art. 3, c. 2bis D.L. n. 245/2005 - Ordinanze governative di emergenza - Competenza funzionale del TAR Lazio - Provvedimenti delle altre amministrazione adottati a valle - Esclusione. L’inequivoco tenore letterale dell’art. 3, comma 2 bis del D.L. 30 novembre 2005 n. 245, induce a ritenere che la competenza funzionale ivi prevista si riferisca propriamente solo alle ordinanze governative di emergenza ed ai conseguenti provvedimenti delle autorità commissariali, restando esclusi eventuali provvedimenti di altre amministrazioni adottati a valle, a meno che, ma non è questo il caso di specie, tali provvedimenti non siano impugnati unitamente alle ordinanze governative e/o commissariali che ne costituiscano il presupposto. Tale interpretazione è in sintonia con l’eccezionalità della norma in esame, che introduce una particolare deroga alla competenza territoriale prefissata dalla legge per i tribunali amministrativi regionali. Pres. Guida, Est. Dell’Olio - Provincia di Napoli (avv.ti Di Falco e Cosmai) c. Comune di Caivano (avv. Agliata) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez.I - 29 gennaio 2009, n. 527

RIFIUTI - Stato emergenziale nella gestioen dei rifiuti in Campania - Piazzole di stoccaggio delle ecoballe del Comune di Caivano - Provincia di Napoli - Potere-dovere di rimuovere i rifiuti - Inconfigurabilità - D.L. n. 107/2008 - Trasferimento alla Provincia della titolarità degli impianti di selezione e trattamento rifiuti - Siti di stoccaggio provvisorio - Estraneità.
Atteso il permanere dello stato emergenziale nella gestione dei rifiuti in Campania e delle attribuzioni del Commissario Governativo ivi preposto, non può rinvenirsi in capo alla Provincia di Napoli alcun (astratto) potere-dovere di rimuovere i rifiuti (cd. ecoballe)sulle piazzole di stoccaggio del Comune di Caivano, giacché le prerogative afferenti alla titolarità ed alla gestione degli impianti di CDR, e dei relativi siti di stoccaggio provvisorio, devono legittimamente intendersi imputate alla struttura commissariale ed alle ditte affidatarie del servizio di smaltimento rifiuti. Né influisce sul caso di specie il sopraggiungere del D.L. 17 giugno 2008 n. 107, che all’art. 1, comma 1, così dispone: “Allo scopo di favorire il rientro nelle competenze degli enti che vi sono ordinariamente preposti, è trasferita alle province della regione Campania la titolarità degli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti, di cui all’articolo 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, ubicati nei rispettivi ambiti territoriali. Le province rimangono estranee alle situazioni debitorie e creditorie insorte anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.”. Infatti, la legittimità del provvedimento impugnato in sede giurisdizionale va appurata con riferimento ai presupposti di fatto e di diritto sussistenti all’epoca della sua emanazione, non avendo rilievo le contingenze e le innovazioni normative subentrate successivamente (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. I, 2 aprile 2008 n. 1786). Ad ogni modo, tale novella legislativa si occupa solo degli impianti di smaltimento dei rifiuti, lasciando inalterato il quadro delle competenze relativo alla gestione dei siti di stoccaggio provvisorio, viceversa interessati dall’ordinanza quivi impugnata. Pres. Guida, Est. Dell’Olio - Provincia di Napoli (avv.ti Di Falco e Cosmai) c. Comune di Caivano (avv. Agliata) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez.I - 29 gennaio 2009, n. 527

RIFIUTI - Area adiacente all’impianto CDR del Comune di Caivano - Ecoballe - Siti di interesse nazionale - Art. 252 d.lgs. n. 152/2006 - Procedura di bonifica - Competenza - Ministero dell’Ambiente.
L’area adiacente all’impianto CDR del Comune di Caivano (ove sono stoccate le cd. ecoballe) rientra nei siti di interesse nazionale di cui all’art. 252 del D.Lgs. n. 152/2006, la cui procedura di bonifica è attribuita al Ministero dell’Ambiente e non alla Provincia di Napoli. Pres. Guida, Est. Dell’Olio - Provincia di Napoli (avv.ti Di Falco e Cosmai) c. Comune di Caivano (avv. Agliata) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez.I - 29 gennaio 2009, n. 527


RIFIUTI - Art. 239, c. 2, lett. a) del d.lgs. n. 152/2006 - Accertamento del superamento dei valori di attenzione - Individuazione del soggetto gravato - Destinatario dell’ordine di rimozione smaltimento/recupero ex art. 192.
L’art. 239, c. 2. lett. a) del d.lgs. n. 152/2006, da un lato fa salva la disciplina sull’abbandono di rifiuti ex art. 192 del codice ambiente per quanto riguarda le fasi preliminari dell’accertamento di responsabilità, quella costituiva dell’ordine di provvedere e, infine, il momento esecutivo della vera e propria rimozione. Dall’altro lato, concentra in quest’ultimo segmento procedurale - o meglio subito dopo di esso - una ulteriore fase di accertamento concernente il superamento o meno di alcuni valori di attenzione che, se del caso, potrà dare luogo alla applicazione delle disposizioni in tema di bonifica ambientale ai sensi degli artt. 239 ss. del codice stesso. Per quanto attiene alla individuazione del soggetto che dovrebbe accertare il superamento di tali valori di attenzione, dal tenore della disposizione di cui all’art. 239 sembra corretto ritenere che tale attività debba essere posta a carico di colui che risulta il destinatario, ex art. 192, dell’ordine di rimozione e smaltimento/recupero. Pres. Ravalli, Est. Santini - S. s.r.l. (avv.ti Relleva e Camposano) c. Comune di Taranto (avv. Fischetti) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29 gennaio 2009, n.123

 

RIFIUTI - Principio di autosufficienza regionale - Art. 182, c. 5 d.lgs. n. 152/2006 - Divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale - Rifiuti urbani non pericolosi - Rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi. Alla stregua del principio di autosufficienza stabilito espressamente, ora, dall'art. 182, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ma, già in passato, affermato dall'art. 5, comma 5, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), il divieto di smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale è applicabile ai rifiuti urbani non pericolosi, mentre non può valere né per quelli speciali pericolosi (sentenze n. 12 del 2007, n. 62 del 2005, n. 505 del 2002, n. 281 del 2000), né per quelli speciali non pericolosi (sentenza n. 335 del 2001). Per tali tipologie di rifiuti non è possibile preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale che valga a garantire l'obiettivo della autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335 del 2001). Pres. Flick, Est. Napolitano - Ricorsi riuniti promossi con ordinanze del 21 febbraio 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, e del 24 aprile 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione prima. CORTE COSTITUZIONALE - 23 gennaio 2009 (ud. 14 gennaio 2009), sentenza n. 10

RIFIUTI - Trasporto - Regioni ad autonomia ordinaria e speciale - Misure volte ad ostacolare la libera circolazione delle cose tra le regioni - Divieto.
Con riguardo al trasporto dei rifiuti le Regioni, sia ad autonomia ordinaria, sia ad autonomia speciale, non possono adottare misure volte ad ostacolare «in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni» (sentenze n. 64 del 2007; n. 247 del 2006; n. 62 del 2005 e n. 505 del 2002; n. 161 del 2005). Pres. Flick, Est. Napolitano - Ricorsi riuniti promossi con ordinanze del 21 febbraio 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, e del 24 aprile 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione prima. CORTE COSTITUZIONALE - 23 gennaio 2009 (ud. 14 gennaio 2009), sentenza n. 10

RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale - Art. 3, c. 1, L.R. Puglia n. 29/2007 - Divieto non assoluto - Illegittimità costituzionale - Contrasto con l’art. 120 Cost.
Anche se l’art. 3, comma 1, della legge della Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29 pone allo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non assoluto, ma relativo - in quanto consente lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi extraregionali «a condizione che quelli siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali» - non viene meno l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata. Tale norma viola l'art. 120 della Costituzione, il quale vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che siano di ostacolo alla libera circolazione delle cose. Pres. Flick, Est. Napolitano - Ricorsi riuniti promossi con ordinanze del 21 febbraio 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, e del 24 aprile 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione prima. CORTE COSTITUZIONALE - 23 gennaio 2009 (ud. 14 gennaio 2009), sentenza n. 10

RIFIUTI - Disciplina - Competenza esclusiva statale - Art. 3, c. 1 L.r. Puglia n. 29/2007 - Limite allo smaltimento extraregionale dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi - Contrasto con l’art. 182, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 - Legittimità del divieto con riferimento ai rifiuti urbani non pericolosi.
La disciplina dei rifiuti si colloca nell'ambito della "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. L’art. 3, comma 1, della legge della Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29 - prevedendo un divieto, legato a limitazioni territoriali, allo smaltimento extraregionale dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi - viene a porsi in contrasto con quanto stabilito dal comma 3 dell’art. 182 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che riproduce l’espressione precedentemente contenuta nel comma 3 dell’art. 5 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), che non prevede specifici divieti, pur manifestando favore verso «una rete integrata ed adeguata di impianti» «per permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi». Laddove nella disciplina statale l’utilizzazione dell’impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne “permette” anche altre, nella disciplina regionale impugnata costituisce la soluzione obbligata. Tale divieto viene, altresì, a contrastare con lo stesso concetto di «rete integrata di impianti di smaltimento» che presuppone una possibilità di interconnessione tra i vari siti che vengono a costituire il sistema integrato e non ostruzioni determinate da blocchi che impediscano l’accesso ad alcune sue parti. Il divieto è legittimo con riferimento ai rifiuti urbani non pericolosi in quanto è la normativa statale che lo prevede, mentre si pone in contrasto con la Costituzione nella parte in cui una fonte di produzione legislativa regionale lo venga a contemplare nei confronti degli altri tipi di rifiuti di provenienza extraregionale. Pres. Flick, Est. Napolitano - Ricorsi riuniti promossi con ordinanze del 21 febbraio 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, e del 24 aprile 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione prima. CORTE COSTITUZIONALE - 23 gennaio 2009 (ud. 14 gennaio 2009), sentenza n. 10


RIFIUTI - TUTELA DELL'AMBIENTE - Gestione rifiuti e gerarchia delle fonti normative - Competenza esclusiva dello Stato (Art. 117 Cost.) - Legge regionale, circolare o altro - Competenza - Esclusione - Art. 51, c. 3, D.Lgs. 22/1997.
In materia di autorizzazione per la gestione dei rifiuti, una legislazione regionale e a maggior ragione una circolare o qualsiasi atto amministrativo generale della Regione, non può derogare alla disciplina legislativa dello Stato, giacché lo Stato ai sensi dell'art. 117 Cost. ha competenza esclusiva nella tutela dell' ambiente. Pres. Grassi, Est. Onorato, Ric. Cavalli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2009 (Ud. 04/11/2008), Sentenza n. 1824
 

RIFIUTI - Produttore e detentore - Responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti - Art. 188 d.lgs. n. 152/2006 - Consegna dei rifiuti ad intermediari muniti di autorizzazione - Destinazione finale dei rifiuti - Formulario di identificazione dei rifiuti - Individuazione dell’impianto di destinazione - verifica del possesso delle autorizzazioni in capo al destinatario - Obbligo di diligenza del produttore o detentore. La responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava, ai sensi dell’art. 188 del d.lgs. n. 152/2006, su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento. Anche il produttore e il detentore sono pertanto investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento. Per quanto riguarda più in particolare il produttore o detentore di rifiuti speciali, gli obblighi sono assolti solo qualora siano stati conferiti ad un soggetto autorizzato allo smaltimento e il produttore sia in grado di esibire il formulario di identificazione dei rifiuti datato e controfirmato dal destinatario. In caso contrario il produttore e il detentore rispondono del non corretto recupero o smaltimento dei rifiuti (sul punto cfr. Cass. Pen. Sez. III, 16 febbraio 2000, n. 1767; id. 21 gennaio 2000, n. 4957; id. 27 novembre 2003, n. 7746; id. 1 aprile 2004, n. 21588). Peraltro, a causa dell’estensione della suddetta posizione di garanzia che si fonda sull’esigenza di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente (principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del Trattato), la consegna dei rifiuti a degli intermediari muniti di autorizzazione non vale a trasferire su di loro la responsabilità per il corretto smaltimento e non autorizza pertanto il produttore a disinteressarsi della destinazione finale dei rifiuti. Poiché inoltre, i formulari di identificazione dei rifiuti recano l’indicazione dell’impianto di destinazione e del nome e indirizzo del destinatario (cfr. art. 193, coma 1, lett. c ed e del Dlgs. n. 152 del 2006), la verifica ed il controllo del possesso delle necessarie autorizzazioni in capo al destinatario rientra senz’altro tra gli obblighi di diligenza esigibili dal produttore o detentore dei rifiuti. Pres. De Zotti, Est. Mielli - F.S. s.r.l. (avv.ti Calzolari e Guida) c. Comune di Sona (avv.ti Bezzi e Stefana). T.A.R. VENETO, Sez. III - 14/01/2009, n. 40

RIFIUTI - Art. 192 c. 3 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti - Competenza del sindaco - Criterio cronologico e di specialità sul disposto di cui all’art. 107, c. 5, del d.lgs. n. 267/2000. L’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152 del 2006, che è norma speciale sopravvenuta rispetto all`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000, attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, prevalendo per il criterio della specialità e quello cronologico sul disposto dell`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. De Zotti, Est. Mielli - F.S. s.r.l. (avv.ti Calzolari e Guida) c. Comune di Sona (avv.ti Bezzi e Stefana). T.A.R. VENETO, Sez. III - 14 gennaio 2009, n. 40

 

RIFIUTI - Rottami ferrosi - Qualificazione di materia prima secondaria - Modifiche legislative - Decreto correttivo n. 4/2008 al d. l.vo n.152/2006. Nell'ambito dei rottami ferrosi, il decreto correttivo n. 4/2008 ha apportato significative modifiche al decreto legislativo n 152 del 2006, eliminando la definizione di "materie prime secondarie per attività siderurgiche e metallurgiche" e riconducendo quindi i rottami nel campo di applicazione dei rifiuti. In particolare la qualificazione di materia prima secondaria, allo stato attuale ed al momento del sequestro, poteva e può essere attribuita solo se il rottame proviene da un centro autorizzato di gestione e trattamento rifiuti e presenta le caratteristiche rispondenti a quelle dettate nei citati decreti ministeriali. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Lettica. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/01/2009 (Ud. 04/12/2008), Sentenza n. 833

 

RIFIUTI - Carta da macero - Impurità superiori alla misura dell' 1% - Costituisce rifiuto - Materia prima secondaria - Esclusione - Fattispecie: decreto di sequestro probatorio e limite del sindacato del giudice - D.M. 05/02/98 Allegato 1 n. 1 - Art. 181, comma 12, D.Lv. 152/06. La carta da macero che presenta in modo evidente una rilevante quantità di impurità, superiori alla misura dell' 1% prescritto dalla normativa vigente in materia (ossia il D.M. 05/02/98 Allegato 1 n. 1) costituisce non materia prima secondaria ex art. 181, comma 12, D.Lv. 152/06 bensì rifiuto. Nella specie, inoltre, trattasi di censura non consentita in sede di legittimità in materia di misure cautelari reali e di sequestro probatorio, dovendo il sindacato del giudice essere limitato alla sola verifica dell'astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato, senza sconfinare nel sindacato della concreta fondatezza dell'accusa [Corte Costituzionale Ord. N. 153 del 04/05/07]. Pres. De Maio Est. Gentile Ric. Scalia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/01/2009 (Ud. 05/11/2008), Sentenza n. 617

 

PROCEDURA E VARIE - RIFIUTI - Decreto di sequestro probatorio - Motivazione "per relationem" - Legittimità - Procedimento incidentale di riesame - Artt. 257, 324 cpp. - Fattispecie - Art. 260 D.L.vo 152/06. E’ legittimo, il decreto di sequestro probatorio del PM rinvia - ad integrazione della motivazione sulla sussistenza dell'ipotesi di reato contestato in atti - ai rilievi ed agli accertamenti contenuti nell'informativa redatta dalla PG operante (nella specie, Corpo Forestale Regionale e Provinciale di Udine). Trattasi di motivazione "per relationem" che fa riferimento ad atto conoscibile (l’informativa di p.g.) da parte dell'interessato e di fatto conosciuto integralmente dal ricorrente nel procedimento incidentale di riesame promosso dallo stesso ex artt. 257, 324 cpp; con conseguente ed integrale rispetto del diritto di difesa [conforme Cass. Sez. V Sent. n. 2108 dell' 08/06/2000; Cass. Sez. IV Sent. n. 31080 del 18/09/02; Cass. Sez. VI Sent. n. 28051 del 22/06/04]. Fattispecie: decreto di sequestro probatorio disposto con decreto del PM avente per oggetto 22 containers contenenti 25 tonnellate di carta da macero ciascuno; il tutto in ordine al delitto di cui all'art. 260 D.L.vo 152/06. Pres. De Maio Est. Gentile Ric. Scalia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/01/2009 (Ud. 05/11/2008), Sentenza n. 617
 

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