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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Giurisprudenza
Rifiuti
2010
(Vedi anche le voci: inquinamento - acqua - aria - suolo - V.I.A....)
Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni
2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-97
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RIFIUTI - Traffico illecito di
rifiuti - Art. 260 d.lgs. n. 152/2006 - Competenza per territorio -
Individuazione. La competenza per il reato di cui all’art. 260 del d.lgs. n.
152/2006 non si determina nel luogo ove si organizza l’articolato sistema per
evadere la disciplina e sfuggire ai controlli (illecita declassificazione dei
rifiuti e predisposizione di falsi certificati), ma in quello in cui avviene
l’arrivo dei vari camion di rifiuti e il loro interramento, poiché solo
l’accumulo di ingenti quantitativi di rifiuti sigla il perfezionamento del
reato. Ed invero il delitto intende sanzionare comportamenti non occasionali di
soggetti che, al fine di conseguire un ingiusto profitto, fanno della illecita
gestione dei rifiuti la loro redditizia, anche se non esclusiva, attività (cfr
Cass penale 3, n. 46705 del 3/11/20009 e 824 del 26/4/2010). Pres. Persico, Est.
Alfano - Imp. Br. Gi. Ba. e altri -
TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I Penale - 29 dicembre 2010, n. 17359
RIFIUTI - Traffico illecito di rifiuti - Art. 260 d.lgs. n. 152/2006 - Pluralità
di condotte in continuità temporale - Reato abituale - Determinazione della
competenza. Il delitto previsto dall’art. 260 del d.lgs. n. 152/2006 implica
un pluralità di condotte in continuità temporale, relativa ad una o più delle
diverse fasi nelle quali si concretizza ordinariamente la gestione dei rifiuti e
più operazioni illegali degli stessi. Queste operazioni, se considerate
singolarmente, possono essere inquadrate sotto altre e meno gravi fattispecie,
ma valutate in modo globale integrano gli estremi del reato di cui al menzionato
art. 260; in altre parole, alla pluralità delle azioni, che è elemento
costitutivo del fatto, corrisponde un’unica violazione di legge. Pertanto il
reato deve considerarsi abituale dal momento che per il suo perfezionamento è
necessario la realizzazione di più comportamenti della stessa specie; ne
consegue che la competenza deve essere determinata nel luogo in cui le varie
frazioni della condotta, per la loro reiterazione, hanno determinato il
comportamento punibile (cfr. Cass. Penale sez. 3, n. 46705 del 3/11/2009). Pres.
Persico, Est. Alfano - Imp. Br. Gi. Ba. e altri -
TRIBUNALE DI NAPOLI, Sez. I Penale - 29 dicembre 2010, n. 17359
RIFIUTI - Abbandono - Ordine di smaltimento - Proprietario del fondo - Art.
192 d.lgs. n. 152/2006. In mancanza di adeguata dimostrazione da parte
dell'amministrazione procedente, sulla base di un'istruttoria completa e di
un'esauriente motivazione (quand'anche fondata su ragionevoli presunzioni o su
condivisibili massime d'esperienza), dell'imputabilità soggettiva della
condotta, devono ritenersi illegittimi gli ordini di smaltimento di rifiuti
abbandonati in un fondo che siano indiscriminatamente rivolti al proprietario
del fondo stesso in ragione della sua sola qualità. E’ in tal senso il dato
testuale dell’art.14 d.lgs. n. 22/97 ed è di analogo tenore il sopravvenuto
art.192 del d.lgs. n.152/2006 che reca la nuova disciplina in materia,
disponendo l’abrogazione di quella precedente (cfr. art.264). Pres. Urbano, Est.
Serlenga - ANAS (Avv. Stato) c. Comune di Andria (avv.ti De Candia e Di Bari) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. II - 28 dicembre 2010, n. 4313
RIFIUTI - Abbandono - Pertinenze stradali - Ente proprietario della strada -
Obbligo di rimozione - Art. 14 codice della Strada. L’art.14 del codice
della strada (d.lgs. n.285/1992). pone un onere incondizionato di manutenzione,
gestione e pulizia delle strade e “delle loro pertinenze” a carico degli enti
proprietari delle strade stesse (quali l’A.N.A.S. nel caso di specie) allo scopo
di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione; deve pertanto
ritenersi sussistente in capo all’A.N.A.S. l’obbligo di provvedere alla
rimozione dei rifiuti intimata con ordinanza sindacale, a prescindere da ogni
accertamento in ordine alla configurabilità in capo all’Ente proprietario di una
concreta responsabilità. Pres. Urbano, Est. Serlenga - ANAS (Avv. Stato) c.
Comune di Andria (avv.ti De Candia e Di Bari) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. II - 28 dicembre 2010, n. 4313
RIFIUTI - Abbandono - Concordato
preventivo - Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Commissario liquidatore
- Legittimazione passiva - Esclusione. Il debitore ammesso al concordato
preventivo subisce uno «spossessamento attenuato», in quanto conserva, come nel
fallimento, oltre ovviamente alla proprietà, l'amministrazione e la
disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa
della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale
all'esecuzione del concordato (Cass. civ., sez. trib., 25 febbraio 2008, n.
4728). In particolare, nel concordato con cessione dei beni la legittimazione a
disporne viene attribuita dalla legge (art. 167 r.d. n. 267/1942) al commissario
liquidatore, che agisce non in nome o per conto dei creditori concordatari,
bensì nel rispetto delle direttive impartite dal tribunale al fine di provvedere
alla liquidazione del patrimonio e alla distribuzione dell’attivo ai creditori
(Cass. civ., sez. lav., 10 febbraio 2009, n. 3270). Ne discende che la
Liquidazione giudiziale, non avendo la proprietà del bene in questione non è
legittimata passivamente a ricevere l’ordine impartito con l’ordinanza, secondo
quanto stabilito dall’art. 192 del Codice dell’ambiente. Pres. Nicolosi, Est.
Massari - Liquidazione giudiziale dei beni ceduti ai creditori della I. s.r.l.
(avv. Colagrande) c. Comune di Pontremoli (avv. Montana) -
TAR TOSCANA, Sez.II - 23 dicembre 2010, n. 6862
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Sanzione amministrativa di
tipo reintegratorio - Autore materiale - Comportamento titolato -
Riconducibilità dell’evento al soggetto responsabile. La fattispecie
normativa di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 introduce una sanzione
amministrativa di tipo reintegratorio, avente a contenuto l'obbligo di
rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del
responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva cioè di "chiunque viola
i divieti di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo", in
solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di
godimento sull'area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o
di colpa. La norma, dunque, ai fini dell'imputabilità della condotta, richiede,
a carico dell'autore materiale un comportamento titolato (dolo o colpa) (Cons.
Stato, sez. VI, 20/01/2003, n. 168; TAR Puglia, Bari, sez. I, 27/02/2003, n.
872; TAR Sardegna, 19/09/2004, n. 1076; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II,
22/01/2008, n. 78). È peraltro evidente che prima ancora del profilo soggettivo
attinente alla qualificazione del comportamento del presunto autore materiale
dell'illecito è necessario che sia verificata e provata la riconducibilità
dell'evento al soggetto che viene dall'amministrazione indicato come
responsabile in capo al quale gravano gli obblighi stabiliti dalla legge. Pres.
Nicolosi, Est. Massari - Liquidazione giudiziale dei beni ceduti ai creditori
della I. s.r.l. (avv. Colagrande) c. Comune di Pontremoli (avv. Montana) -
TAR TOSCANA, Sez.II - 23 dicembre 2010, n. 6862
RIFIUTI - Abbandono - Proprietario - Onere reale - Previsione - Esclusione.
A differenza di quanto previsto per la bonifica dei siti inquinati, per la
rimozione dei rifiuti non è stato previsto dal legislatore, a carico del
proprietario, alcun onere reale che possa giustificare l’emanazione
dell’ordinanza anche nei suoi confronti. Pres. Nicolosi, Est. Massari -
Liquidazione giudiziale dei beni ceduti ai creditori della I. s.r.l. (avv.
Colagrande) c. Comune di Pontremoli (avv. Montana) -
TAR TOSCANA, Sez.II - 23 dicembre 2010, n. 6862
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Requisito della colpa -
Generica culpa in vigilando - Insufficienza. Il requisito della colpa
postulato dall’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 può ben consistere nell’omissione
delle cautele e degli accorgimenti che l’ordinaria diligenza suggerisce ai fini
di un’efficace custodia, ma non può essere spinto, ordinariamente al di là di
tale confine, fermo restando che, a tal fine, non è sufficiente una generica
"culpa in vigilando" (Cons. Stato sez. V, 8 marzo 2005, n. 935; id., 25 agosto
2008, n. 4061, TAR Campania, Napoli, sez. V, 1 giugno 2010, n. 11437). Pres.
Nicolosi, Est. Massari - Liquidazione giudiziale dei beni ceduti ai creditori
della I. s.r.l. (avv. Colagrande) c. Comune di Pontremoli (avv. Montana) -
TAR TOSCANA, Sez.II - 23 dicembre 2010, n. 6862
RIFIUTI - Tutela dell’ambiente - Competenza esclusiva dello Stato - Regioni -
Regolamentazione della materia nel proprio ambito territoriale - Possibilità -
Esclusione. La competenza in tema di tutela dell’ambiente, in cui rientra la
disciplina dei rifiuti, appartiene in via esclusiva allo Stato, e non sono
perciò ammesse iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio ambito
territoriale la materia (ex plurimis sentenze n. 127 del 2010 e n. 314
del 2009) pur in assenza della relativa disciplina statale. Pres. De Siervo,
Est. Finocchiaro - Presidente del Consiglio dei ministri c. Regione Puglia.
CORTE COSTITUZIONALE - 22 dicembre 2010, n. 373
RIFIUTI - Tutela dell’ambiente - Regioni - Individuazione di livelli di
tutela più elevati rispetto alla disciplina statale - Limite delle competenze
regionali - Art. 3, c. 1, lett. f), L.r. Puglia n. 36/2009 - Linee guida per la
gestione integrata dei rifiuti - Illegittimità costituzionale. Le Regioni,
nell’esercizio delle loro competenze, devono rispettare la normativa statale di
tutela dell’ambiente, ma possono stabilire, per il raggiungimento dei fini
propri delle loro competenze (in materia di tutela della salute, di governo del
territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.), livelli di tutela più
elevati (sentenze nn. 61, 30 e 12 del 2009, 105, 104 e 62 del 2008). Con ciò
certamente incidendo sul bene materiale ambiente, ma al fine non di tutelarlo,
essendo esso salvaguardato dalla disciplina statale, bensì di disciplinare
adeguatamente gli oggetti riconducibili alle competenze delle Regioni stesse. Si
tratta cioè di un potere insito nelle stesse attribuzioni di queste ultime, al
fine della loro esplicazione. Va pertanto dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera f), secondo periodo, della legge
della Regione Puglia n. 36 del 2009, relativo all’emanazione da parte della
Regione di linee guida per la gestione integrata dei rifiuti: la Regione non
dichiara infatti di intervenire nell’ambito della propria competenza, ma per
regolamentare «gli ambiti di attività soggetti alla previa emanazione di
disciplina statale nelle more della determinazione degli indirizzi nazionali,
come nel caso dei criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani»,
con ciò invadendo la competenza statale. Il legislatore regionale non poteva
dunque disporre che l’esercizio delle funzioni pianificatorie della Regione
potesse prescindere dalla previa adozione degli indirizzi di carattere generale
che la legge statale ritiene invece essenziali. Pres. De Siervo, Est.
Finocchiaro - Presidente del Consiglio dei ministri c. Regione Puglia.
CORTE COSTITUZIONALE - 22/12/2010, n. 373
RIFIUTI - Gestione integrata - Principio di unicità - Deroga - - Art. 6, c.
4, L.r. Puglia n. 36/2009 - Illegittimità costituzionale. L’art, 6, comma 4,
della legge della Regione Puglia n. 36 del 2009 - nell’ammettere la deroga al
principio della unicità della gestione integrata dei rifiuti - si pone in
contrasto con l’art. 200, comma primo, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006,
secondo cui la gestione dei rifiuti urbani è organizzata, fra l’altro, sulla
base del criterio del superamento della frammentazione delle gestioni attraverso
un servizio di gestione integrata dei rifiuti. Ne deriva l’illegittimità
costituzionale della norma regionale per violazione dell’art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione. Pres. De Siervo, Est. Finocchiaro -
Presidente del Consiglio dei ministri c. Regione Puglia.
CORTE COSTITUZIONALE - 22 dicembre 2010, n. 373
RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza di rimozione - Proprietario del fondo -
Accertamento dell’esistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa -
Art. 192 d.lgs. n. 152/2006. In materia di abbandono o deposito
incontrollato di rifiuti non sussiste un indiscriminato obbligo di rimozione in
capo al proprietario del fondo, necessitando l’accertamento dell’esistenza
dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa; l’ordinanza sindacale emanata
dall’amministrazione locale ex art. 192 d. lg. n. 152 del 2006 è pertanto
illegittima se adottata senza il dovuto e preventivo accertamento della
responsabilità e/o della corresponsabilità del proprietario del terreno, nei
confronti del quale non è ipotizzabile una responsabilità oggettiva per
violazione di un obbligo generico di vigilanza. Pres. Esposito, Est. Severini -
S.M.R. (avv.ti Fortunato e Portanova) c. Comune di Campagna (avv. Pendino).
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. II - 22 dicembre 2010, n. 13801
RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza di rimozione - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 -
Avviso di avvio del procedimento - Obbligo. L’ordinanza di rimozione di
rifiuti abbandonati ex art. 192 d. lg. n. 152 del 2006 deve essere preceduta
dalla comunicazione, prevista dall’art. 7, l. n. 241 del 1990, di avvio del
procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto
procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento
all’accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito dei
rifiuti. Pres. Esposito, Est. Severini - S.M.R. (avv.ti Fortunato e Portanova)
c. Comune di Campagna (avv. Pendino).
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. II - 22/12/2010, n. 13801
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Emergenza rifiuti nella regione Campania - D.L. n. 172/08 (convertito con modificazioni dalla L. 30/12/2008, n. 210 - Fattispecie: trasporto dei rifiuti liquidi tramite l'autocisterna sequestrata. Attraverso la conversione del D.L. n. 172/08 (Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210) è stato aggiunto all'art. 6 il comma 1 bis il quale prevede per tutte le fattispecie penali previste dall'articolo, attuate con l'uso di un veicolo, il sequestro preventivo dello stesso finalizzato alla successiva confisca, obbligatoria in caso di sentenza di condanna. La disposizione, eliminando qualsiasi discrezionalità sulla adozione del provvedimento di sequestro preventivo del mezzo di trasporto in ragione della confisca - estesa rispetto ai limiti indicati dall'art. 259 cpv D.L.vo n.152/06 -, comporta quanto al periculum in mora che, coincidendo quest'ultimo con la confiscabilità del bene, solo ove venga meno la presenza delle condizioni che legittimano la confisca possa procedersi alla revoca del sequestro. (Dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza n.2168/2009 TRIB. LIBERTA' di NAPOLI, DEL 07/12/2009) Pres. Ferrua, Est. Sarno, Ric. Trincone. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/12/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n. 44985
RIFIUTI - Scarti di origine
animale - Configurazione come sottoprodotti e non come rifiuti - Presupposti -
Artt. 256, 183, c. 1, lett. n) D.L.vo n. 152/2006 - Reg. CE 1774/02. Gli
scarti di origine animali sono sottratti all'applicazione della normativa in
materia di rifiuti e sono esclusivamente soggetti al Regolamento CE n.
1774/2002, solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti, ai
sensi del d. Igs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), mentre in ogni
altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo
smaltimento restano soggetti alla disciplina del Testo Unico in materia
ambientale. (conferma sentenza n. 127/2008 TRIB. di Catania SEZ .DIST. di
GIARRE, del 20/11/2008) Pres. Teresi, Est. Rosi, Ric. Valastro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/12/2010 (Ud. 5/11/2010), Sentenza n.
44979
RIFIUTI - Sottoprodotti di origine animale - Disciplina applicabile - Testo
Unico in materia ambientale e profili sanitari e di polizia veterinaria -
Trasporto e smaltimento dei rifiuti provenienti da attività di macellazione,
senza la prescritta autorizzazione - Contenuto del tubo digerente definito
"fertilizzante organico” - Profili sanitari e di polizia veterinaria - Artt.
256, 183, c. 1, lett. n) D.L.vo n. 152/2006 - Reg. CE 1774/02 - D. Lgs. n.
508/1992. Ai sensi del Regolamento CE n. 1774/2002 è stato adottato il
termine sottoprodotti di origine animale, abbandonando quello di rifiuti di
origine animale utilizzata nel d. Igs. n. 508 del 1992 e che ai sensi del d. Lgs.
n.152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), si intendono per sottoprodotti i
materiali risultanti dal processo produttivo, che pur non costituendo l'oggetto
proprio del ciclo produttivo, scaturiscono da esso e sono destinati dai
produttore ad ulteriore impiego o al consumo (il riutilizzo, però, deve essere
certo, senza l'intervento di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per
l'ambiente). Inoltre, poiché la nozione di rifiuto e le espressioni che la
qualificano non possono essere interpretate in senso restrittivo, (Cass. Sez.3
sentenza n.8520/2002, Leuci), sono le esclusioni dall'ambito di applicazione
della disciplina generale sui rifiuti di determinate sostanze a dover essere
oggetto di interpretazione restrittiva. Da ciò deriva che il Regolamento CE n.
1774/2002 assicura solo una tutela sanitaria per le carogne e per i
sottoprodotti di origine animale e che resta ferma la disciplina sanitaria
dettata dal Regolamento n. 1774/2002 in materia di sottoprodotti di origine
animale non destinati al consumo umano, se e in quanto configurabili come
sottoprodotti e non come rifiuti, dovendosi intendere questa disciplina come
esaustiva ed autonoma in ordine al profilo sanitario. Pertanto, l'ambito di
operatività del Regolamento CE n.1774 del 2002 in tema di gestione di
sottoprodotti di origine animale e della normativa di cui al d. Igs. 3 aprile
2006, n. 152, in tema di gestione dei rifiuti, si verifica per le disposizioni
di settore relativo ai sottoprodotti di origine animale che regolano
esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria, mentre rimangono
escluse da tale disciplina le attività di gestione degli scarti, in quanto
rifiuti, per le quali permane l'operatività della disciplina generale in materia
(Cass. Sez.3, n. 12844 del 24/3/2009, De Angelis; Cass. Sez.3 sentenze
n.21095/2007, Guerrini; Cass. n. 21676/2007, Zanchin). (conferma sentenza n.
127/2008 TRIB. di Catania SEZ .DIST. di GIARRE, del 20/11/2008) Pres. Teresi,
Est. Rosi, Ric. Valastro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/12/2010 (Ud. 5/11/2010), Sentenza n.
44979
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Tutela
della salute pubblica - Ordinanza ex art. 38 L. n. 142/1990 - Danni temuti. Il provvedimento contingibile ed urgente emesso dal Sindaco ai sensi dell’art.
38 L. 8 giugno 1990, n. 142, quando mira alla tutela della salute pubblica, può
essere adottato non solo per porre rimedio a danni già verificatisi alla salute,
ma anche e soprattutto per evitare che tali danni si verifichino. Ciò anche
quando la salute pubblica sia minacciata da fenomeni di inquinamento ambientale
provocati da rifiuti, emissioni inquinanti nell’aria e scarichi inquinanti.
Pres. Salamone, Est. Lotti - M.G. e altri (avv. Frisani) c. Comune di Avigliana
(avv. Manni) -
TAR PIEMONTE, Sez. II - 18 dicembre 2010, n. 4584
RIFIUTI - Discarica - Atti autorizzatori - Comune - Impugnazione -
Legittimazione - Produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità -
Necessità - Esclusione. La legittimazione ad agire, da parte di un Comune,
contro gli atti autorizzatori di un impianto di discarica per rifiuti, non si
può subordinare alla produzione di una prova puntuale della concreta
pericolosità dell’impianto, reputandosi sufficiente la prospettazione delle
temute ripercussioni su un territorio comunale collocato nelle immediate
vicinanze della discarica da realizzare (Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002,
n. 6657). Pres. Cavallari, Est. Santini - Comune di Statte (avv. Lenoci) c.
Provincia di Taranto (avv. Giancotti) e altro (n.c.) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 16 dicembre 2010, n. 2870
RIFIUTI - Discariche - Criteri per l’individuazione delle aree idonee o meno
alla localizzazione di impianti di smaltimento - Regioni - Art. 196 d.lgs. n.
152/2006 - Regione Puglia - Piano di gestione - Rifiuti pericolosi - Distanza di
2000 metri dai centri abitati - Rifiuti non pericolosi - Valutazione caso per
caso. Spetta alle regioni, ai sensi dell’art. 196 del codice dell’ambiente,
la definizione dei criteri per l’individuazione delle aree idonee o meno alla
localizzazione degli impianti di smaltimento. Al riguardo il piano di gestione
della Regione Puglia, come integrato sul punto dal decreto del commissario
delegato n. 246 del 2006, prevede che, mentre per gli impianti di smaltimento di
rifiuti pericolosi vige la distanza minima di 2.000 mt dai centri abitati, per
quelli non pericolosi (anche se speciali) va invece operata, alla stessa stregua
dei rifiuti urbani (cfr. punto 9.5 decreto citato), una valutazione caso per
caso sulla base delle “condizioni locali di accettabilità” (all. 1 decreto
legislativo n. 36 del 2003, pure espressamente richiamato dal suddetto piano
regionale), non essendo previsti in proposito particolari obblighi di distanza a
carattere generale. Pres. Cavallari, Est. Santini - Comune di Statte (avv.
Lenoci) c. Provincia di Taranto (avv. Giancotti) e altro (n.c.) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 16 dicembre 2010, n. 2870
RIFIUTI - Scorie di acciaieria -
Sottoprodotto - Esclusione - D. Lgs. n.22/97 oggi D.L.vo n. 152/2006. Le
scorie di acciaieria sono estranee alla nozione legislativa di sottoprodotto,
escludendo quest'ultima la necessità di trasformazioni preliminari, laddove
invece necessita per ricavare la frazione ferrosa un procedimento che prevede
l'impiego di appositi macchinari e attrezzature e che consiste in un preliminare
raffreddamento per ridurre le scorie dallo stato liquido allo stato solido,
nonché nella successiva separazione della frazione ferrosa dalla frazione inerte
attraverso l'utilizzo di magneti. Inoltre, la normativa vigente non distingue
tra trasformazioni preliminari e procedimenti trattamenti prettamente meccanici.
Sicché, vi è dunque adeguata spiegazione per l'esclusione delle predette scorie
dalla nozione di sottoprodotto. (annulla senza rinvio per prescrizione dei reati
sentenza n. 20/2007 CORTE APPELLO di TARANTO, del 21/05/2009) Pres. Ferrua, Est.
Sarno, Ric. Capogrosso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/12/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n.
44401
RIFIUTI - Scorie di acciaieria - Operazioni di recupero - Applicazione alla
“frazione sterile” della procedura semplificata - Esclusione - Messa a riserva
delle scorie - Fattispecie - D. Lgs. n. 4/2008 - Art. 31 e 33 d.L.vo n.22/97
oggi D.L.vo n. 152/2006 - Art. 6 lett.c) e d) D.M. 5.2.1998. Al deposito di
residui di scorie di acciaieria non è applicabile la procedura semplificata
prevista dagli articoli 31 e 33 del d.L.vo n.22/97 per l'attività di recupero
della frazione sterile. Nella specie, risultava accertato che i cumuli di
rifiuti non erano abbancati su basamenti pavimentati o impermeabilizzati e che
non erano protetti dall'azione del vento con conseguente violazione
dell'articolo 6 lettere c) e d) del DM 5.2.1998 che detta le condizioni per
l'applicazione della procedura semplificata. (annulla senza rinvio per
prescrizione dei reati sentenza n. 20/2007 CORTE APPELLO di TARANTO, del
21/05/2009) Pres. Ferrua, Est. Sarno, Ric. Capogrosso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/12/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n.
44401
RIFIUTI - Trasporto rifiuti non pericolosi connessi all'esercizio dell'attività di impresa - Necessità dell'iscrizione all'albo con modalità semplificate - Art. 30 D.L.vo n.22/97 - Artt. 212 e 256 co. 1 D.L.vo n.152/06. In tema di gestione dei rifiuti, per lo svolgimento dell'attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi anche propri connessi all'esercizio dell'attività di impresa, (e ciò in linea con le decisioni comunitarie che avevano riguardato l'art. 30 D.L.vo n.22/97) il legislatore, con le modifiche del 2008, ha inteso confermare la necessità dell'iscrizione all'albo - seppure con modalità semplificate -. Pertanto, l'espressione "... a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti... ", rappresenta un opportuno chiarimento rispetto alla originaria formulazione contenuta nel comma 8 "Le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare". (conferma sentenza n. 6422/2009 TRIBUNALE di TORINO, del 08/01/2010) Pres. Ferrua, Est. Sarno, Ric. Moro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/12/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 44398
DIRITTO URBANISTICO - Ristrutturazione - Distinzione tra ristrutturazione pesante e ristrutturazione leggera - Artt. 10, c. 1, lett. c) e 22, c. 1 d.P.R. n. 380/2001 - Titolo abilitante - Sanzioni applicabili in caso di interventi abusivi. La distinzione tra le due tipologie di ristrutturazione edilizia (cd. pesante, disciplinata dall’art. 10, comma 1 lettera c) del D.P.R. 380/2001 e cd. leggera, disciplinata dall’art. 22, comma 1 dello stesso D.P.R.) rileva sotto un duplice profilo: quanto al titolo abilitante all’edificazione e quanto alle sanzioni applicabili in caso di interventi abusivi. Sotto il primo profilo, mentre gli interventi di ristrutturazione edilizia pesante sono subordinati a permesso di costruire, gli interventi di ristrutturazione edilizia “leggera” sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività; sotto il secondo profilo, mentre gli interventi di ristrutturazione edilizia “pesante” sono sanzionati (allorchè abusivi) con la rimozione o la demolizione dell’opera, ovvero, nel caso in cui il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, con l’applicazione di una sanzione pecuniaria, secondo quanto previsto dall’art. 33 del D.P.R. 380/2001, gli interventi di ristrutturazione edilizia “leggera”, invece, possono essere sanzionati (ove abusivi) soltanto con l’applicazione di una sanzione pecuniaria, secondo quanto previsto dall’art. 37, comma 1 D.P.R. 380/2001. Pres. Binachi, Est. Limongelli - T.S. (avv. Capello) c. Comune di S. Francesco al Campo (avv. Saracco). TAR PIEMONTE, Sez. I - 16 dicembre 2010, n. 4551
RIFIUTI - Iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali - Art. 18, c. 2 l.p. Bolzano n. 11/2009 - Violazione del giudicato costituzionale - Illegittimità costituzionale. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione del giudicato costituzionale (art. 136 Cost.), dell’art. 18, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Bolzano, 22 dicembre 2009, n. 11., il quale prevede che “La giunta provinciale può disciplinare le procedure e l’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’art. 20”. Con sentenza n. 315 del 2009, era già stata infatti dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 6, della legge provinciale n. 4 del 2008, norma di portata precettiva identica. Pres. De Siervo, Est. Tesauro - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Provincia Autonoma di Bolzano - CORTE COSTITUZIONALE - 7 dicembre 2010, n. 350
RIFIUTI - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Ruoli TARSU/TIA - Sottrazione all’accesso - Inconfigurabilità - Natura di dati sensibili - Esclusione. I ruoli Tarsu/Tia ed Ici non rientrano fra i documenti sottratti all’accesso dall’art. 24 della legge sul procedimento, non costituendo essi documentazione interna ai singoli procedimenti tributari (attività di accertamento) “per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano” (lettera b dell’art. 24). Né è a dirsi che costituiscano dati sensibili, ancorchè anche tale qualificazione non ne precluderebbe di per sé, sempre e comunque, l’accesso. Pres. Conti, Est. Monaciliuni - G.B. e altro (avv.ti Della Corte e Della Corte) c. Comune di Villa di Briano (avv. D’Angiolella) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VI - 2 dicembre 2010, n. 26573
RIFIUTI - Potere di ordinanza ex art. 13 d.lgs. n. 22/97 - Contingibilità -
Prerequisito imprescindibile. La contingibilità, ossia l’eccezionalità della
situazione di fatto generatasi e la correlativa eccezionale urgenza a
provvedere, costituisce prerequisito imprescindibile per l’esercizio sia del
potere specifico di ordinanza contemplato all’art. 13 del Decreto Ronchi, sia
del generico e residuale potere di ordinanza di cui all’art. 38 dell’abrogata L.
n. 142/1990. (Nella specie, il TAR ha ritenuto non potersi riconoscere nessuna
contingibilità a fronte di un abbandono di rifiuti risalente nel tempo). Pres.
Bianchi, Est. Graziano - C.W. (avv.ti Barosio e Simoncini) c. Comune Alessandria
(avv.ti Taverna, Bocchio e Rossi) -
TAR PIEMONTE, Sez. I - 2 dicembre 2010, n. 4376
RIFIUTI - Rimozione di rifiuti - Onere reale a carico del proprietario -
Insussistenza - Accertamento del dolo o della colpa - Necessità. A
differenza di quanto previsto per la bonifica dei siti inquinati, per la
rimozione dei rifiuti non è stato previsto dal legislatore alcun onere reale a
carico del proprietario, che possa giustificare l’emanazione dell’ordinanza
anche nei suoi confronti. Sussiste, quindi, la necessità dell’accertamento del
dolo o della colpa del proprietario (Consiglio di Stato, sez. V, 16 luglio 2010
, n. 4614). Pres. Bianchi, Est. Graziano - C.W. (avv.ti Barosio e Simoncini) c.
Comune Alessandria (avv.ti Taverna, Bocchio e Rossi) -
TAR PIEMONTE, Sez. I - 2 dicembre 2010, n. 4376
RIFIUTI - Interramento di pelli ed interiora di cinghiali in un’area di ridotte
dimensioni - Discarica abusiva - Configurabilità - Esclusione - Presupposti
normativi - Artt. 185 e 256, d. Lgs. n. 152/2006. L’interramento occasionale
in un’area di ridotte dimensioni, (nella specie circa 10-12 mq), di pelli ed
interiora di cinghiali non configura il reato di cui all’art. 256, d. Lgs. 3
aprile 2006, n. 152. Affinché possa parlarsi di discarica abusiva, occorre che
sussistano alcuni requisiti e caratteristiche particolari, indicativi della
presenza di una vera e propria discarica, quali una condotta (più o meno
sistematica, ma comunque ripetuta nel tempo e non occasionale) di accumulo di
rifiuti su un'area, la destinazione dell'area a centro di raccolta dei rifiuti,
lo scarico ripetuto di essi, il degrado (anche solo tendenziale) dell'area
stessa, consistente nell'alterazione permanente dello stato dei luoghi, una
consistente quantità di rifiuti depositati abusivamente, la definitività del
loro abbandono (Cass. Sez. III, 8/11/2006, Munafò; Cass. Sez. III, 14/04/2005,
Colli; Cass. Sez. V, 14/01/2005, Spagnolo; Cass. Sez. III, 12/07/2004, Tomasoni;
Cass. Sez. III, 12/05/2004, Micheletti; Cass. Sez. III, 10/1/2002, Garzia).
Pertanto, per la configurabilità del più grave reato di realizzazione di una
discarica senza autorizzazione occorre l'allestimento di un'area con
l'effettuazione di opere, quali spianamento del terreno, apertura di accessi,
sistemazione, perimetrazione o recinzione, mentre per la configurabilità della
diversa ipotesi di gestione di una discarica non autorizzata occorre che
sussista una organizzazione, anche se rudimentale, di persone e cose diretta al
funzionamento della medesima (Cass. Sez. F., 2.8.2007, n. 33252, Setzu; Cass.
Sez. III, 2/7/2004, Pastorino; Cass. Sez. III, 11.4.1997, n. 4013, Vasco).
(annulla con rinvio al tribunale di Bologna ordinanza del 15/02/2010 dal
tribunale del riesame di Bologna) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Bichicchi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/11/2010 (Cc. 10/11/2010), Sentenza n.
42436
RIFIUTI - Scarti di origine animale - Disciplina applicabile - Art. 185, c.
1, lett. b), d. Lgs. n. 152/2006 (come sostituito dall'art. 2, c. 22, del d. Lgs.
n. 4/2008 - Norme sanitarie - Reg. (CE) 3/10/2002, n. 1774. In tema di
gestione dei rifiuti, anche dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. 16 gennaio
2008, n. 4, al testo originario dell'art. 185, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile
2006, n. 152 agli scarti di origine animale rientrano nel campo d'applicazione
della disciplina dei rifiuti, salvo che siano classificabili come sottoprodotti
del processo di macellazione, destinati al riutilizzo senza trasformazioni
preliminari e senza pregiudizio dell'ambiente, dovendosi applicare, in
quest'ultimo caso, le norme sanitarie relative ai sottoprodotti d'origine
animale non destinati al consumo umano di cui al Reg. (CE) 3 ottobre 2002, n.
1774. (Cass. Sez. III, 4.11.2008, n. 45057, Cinefra; Cass. Sez. III, 26.1.2007,
n. 45057, n. 21676, Zanchin; Cass. Sez. III, 5.2.2009, n. 12844, De Angelis).
(annulla con rinvio al tribunale di Bologna ordinanza del 15/02/2010 dal
tribunale del riesame di Bologna) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Bichicchi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/11/2010 (Cc. 10/11/2010), Sentenza n.
42436
RIFIUTI - Traffico illecito di rifiuti - Attività organizzate - Nozione di ingente quantitativo - Fattispecie - Art.260 D.L.vo n.152/2006 ex art.53 bis D.L.vo 22/97 di cui al capo b). In tema di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, la nozione di ingente quantitativo deve essere riferita al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso una pluralità di operazioni che, se considerate singolarmente, potrebbero essere di entità modesta. Tale requisito non può peraltro essere desunto automaticamente dalla stessa organizzazione e continuità dell'abusiva gestione di rifiuti (Cass. pen. sez.3, 15.11.2005, n.12433; conf. Cass. pen. sez.3, 20.11.2007, n.358). Fattispecie: Prelevamento di rifiuti, presso numerosi impianti alberghieri, ristoratori e commerciali, con trasportato abusivo su automezzi non autorizzati - reato di cui all'art.260 D.L.vo n.152/2006, così riqualificato l'originario reato ex art.53 bis D.L.vo 22/97 di cui al capo b). (annulla senza rinvio sentenza del 25.2.2009 della Corte di Appello di Napoli) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Pesce. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 41513
RIFIUTI - Abbandono o deposito
incontrollato di rifiuti e gestione di discarica abusiva - Proprietario del
terreno in buona fede - Obbligo giuridico di impedire l'evento - Esclusione -
Obbligo di rimozione - Ordinanza comunale - Necessità - Art. 256, cc. 2 o 3, d.
lgs. n. 152/2006. L’obbligo giuridico di eliminare i rifiuti in capo al
proprietario del terreno che non abbia concorso con gli autori materiali
dell'abbandono, può sorgere solo a seguito di una ordinanza comunale che gli
ordini la rimozione dei rifiuti stessi e lo sgombero dell'area nei limiti e
nelle modalità previste dalla legge. Sicché, la consapevolezza da parte del
proprietario del fondo dell'abbandono sul medesimo di rifiuti da parte di terzi
non è sufficiente ad integrare il concorso nel reato di cui all'art. 256, commi
2 o 3, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (abbandono o deposito incontrollato di
rifiuti e gestione di discarica abusiva), atteso che la condotta omissiva può
dare luogo a ipotesi di responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli
estremi del comma secondo dell'art. 40 c.p., ovvero sussista l'obbligo giuridico
di impedire l'evento (Cass. Sez. III, 1/7/2002, Ponzio). (annulla con rinvio al
tribunale di Napoli ordinanza emessa il 3/11/2009 dal tribunale del riesame di
Napoli) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Gatto.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n.
41020
RIFIUTI - Realizzazione e gestione di discarica abusiva - Reati di cui
all’art. 256, cc. 2 o 3, d. lgs. n. 152/2006 - Presupposti per la
configurabilità - Obbligo giuridico di impedire l'evento - Limiti - Art. 40,
2°c., cod. pen. - Giurisprudenza - Fattispecie: compravendita di un terreno.
I reati per la realizzazione e gestione di discarica abusiva non possono
configurarsi nel mero mantenimento della discarica o dello stoccaggio da altri
realizzati, pur in assenza di qualsiasi partecipazione attiva e in base alla
sola consapevolezza della loro esistenza. Non è sufficiente, pertanto, ad
integrare il reato di cui all’art. 256, commi 2 o 3, d. lgs. 3 aprile 2006, n.
152 la mera consapevolezza da parte del possessore di un fondo del fenomeno di
abbandono sul medesimo di rifiuti da parte di terzi senza che risulti accertato
il concorso, a qualsiasi titolo, del predetto possessore del fondo con gli
autori del fatto. Nel nostro sistema penale, una condotta omissiva può dar luogo
a responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi dell'art. 40,
secondo comma, cod. pen., e cioè quando il soggetto abbia l'obbligo giuridico di
impedire l'evento (Cass. Sez. F., 13.8.2004, n. 44274, Preziosi). Sicché, non dà
luogo alla configurabilità dei reati in questione, la condotta di chi avendo la
disponibilità di un'area sulla quale altri abbiano abbandonato rifiuti si limiti
a non attivarsi perché questi ultimi vengano rimossi (Cass. Sez. III, 3.10.1997,
n. 8944, Gangemi). Anche, nel caso vi sia una compravendita di un terreno sul
quale erano già stati raccolti dal venditore rifiuti, il reato in questione non
può essere integrato, a carico del compratore, neanche sotto il profilo che,
trattandosi di reato permanente, esso debba essere addebitato a colui che, pur
non avendo concorso nell'attività di accumulazione di rifiuti, abbia acquistato
la proprietà del terreno ove gli stessi si trovino (Cass. Sez. I, 4.3.1999, n.
7241, Pirani). (annulla con rinvio al tribunale di Napoli ordinanza emessa il
3/11/2009 dal tribunale del riesame di Napoli) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric.
Gatto.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n.
41020
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti abusiva - Destinatario della norma penale -
Gestore dell'impianto e proprietario del terreno - Profili e limiti di
responsabilità. In tema di rifiuti, destinatario della norma penale che
punisce la realizzazione e gestione di discarica abusiva è il gestore
dell'impianto di raccolta e non il proprietario del terreno sul quale si attua
lo smaltimento di rifiuti speciali non autorizzato, il quale può concorrere come
estraneo nel reato proprio commesso dal gestore solo quando il concorso esterno
materiale (cogestione di fatto) o morale (istigazione, rafforzamento,
agevolazione) si realizzi con condotta commissiva, ovvero con condotta omissiva
- in linea teorica - ma sempre che il «non agere» si innesti in uno
specifico obbligo giuridico di impedire l'evento. (annulla con rinvio al
tribunale di Napoli ordinanza emessa il 3/11/2009 dal tribunale del riesame di
Napoli) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Gatto.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n.
41020
RIFIUTI - Discarica abusiva e nuovo acquirente del terreno - Tribunale del
riesame - Verifiche - Nozione di buona fede e del periculum in mora
- Fattispecie. Anche in materia ambientale, la buona fede deve essere
valutata in relazione non allo stato dell'area bensì alla attività criminosa,
consistente nella condotta commissiva di abbandono dei rifiuti. Mentre il
periculum in mora che deve essere presente consiste nella concreta ed
attuale possibilità che il ricorrente continui a reiterare l'attività criminosa
contestata, ossia che continui ad abbandonare in modo incontrollato rifiuti sul
terreno, e non già nella possibilità che non tolga i rifiuti esistenti, non
avendone allo stato l'obbligo. Nella specie il tribunale del riesame è caduto
nell'errore di ritenere che il ricorrente, in quanto acquirente del terreno,
avesse un obbligo giuridico di eliminare i rifiuti ivi depositati prima
dell'acquisto o comunque depositati senza il suo concorso. (annulla con rinvio
al tribunale di Napoli ordinanza emessa il 3/11/2009 dal tribunale del riesame
di Napoli) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Gatto.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n.
41020
RIFIUTI - Discarica senza autorizzazione e gestione di una discarica non
autorizzata - Configurabilità dei reati. In tema di gestione dei rifiuti,
per configurare il più grave reato di realizzazione di una discarica senza
autorizzazione occorre l'allestimento di un'area con l'effettuazione di opere,
quali spianamento del terreno, apertura di accessi, sistemazione, perimetrazione
o recinzione, mentre per potersi configurare la diversa ipotesi di gestione di
una discarica non autorizzata occorre che sussista una organizzazione, anche se
rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento della medesima (Cass.
Sez. F., 2.8.2007, n. 33252, Setzu; Cass. Sez. III, 2/7/2004, Pastorino; Cass.
Sez. III, 11.4.1997, n. 4013, Vasco). (annulla con rinvio al tribunale di Napoli
ordinanza emessa il 3/11/2009 dal tribunale del riesame di Napoli) Pres. Ferrua,
Est. Franco, Ric. Gatto.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Cc. 21/10/2010), Sentenza n.
41020
RIFIUTI - Demolizione di edifici
o scavi di strade - Assimilazione alle terre e rocce da scavo - Esclusione -
Caratteristica di rifiuti speciali - Continuità normativa - Artt.7 c.3 lett.b) e
8 lett.f) bis D. L.vo n.22/1997 - Art.1 c. 17-19 L. n.443/2001 - Art.10 c.1 L.
n.93/2001 - Decreto legislativo n.156/2006. I rifiuti provenienti dalle
attività di scavo, erano esclusi dalla disciplina sui rifiuti alle condizioni
stabilite con l'art.1 comma 17-19 della legge 21 dicembre 2001 n.443, che
interpretava autenticamente sia il comma 3 lett.b) dell'art.7 del decreto
Legislativo n.22/1997 (c.d. Ronchi), che l'art.8 lett.f) bis del menzionato
decreto, lettera inserita con I'art.10 comma 1 legge 23 marzo 2001 n.93. La non
assimilazione degli inerti derivanti da demolizione di edifici o da scavi di
strade alle terre e rocce da scavo è stata ribadita con il decreto legislativo
n.156 del 2006 (Cass. pen. sez.3 n.103 del 15.1.2008 Pagliaroli). Pertanto, gli
inerti provenienti da demolizioni di edifici o da scavi di manti stradali erano
e continuano ad essere considerati rifiuti speciali anche in base al decreto
legislativo n.152 del 2006, trattandosi di materiale espressamente qualificato
come rifiuto dalla legge, del quale il detentore ha l'obbligo di disfarsi
avviandolo o al recupero o allo smaltimento. (conferma sentenza del 23.62009 del
Tribunale di Milano) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Guadagnolo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n.
41016
RIFIUTI - Rifiuti speciali - Trattamenti ed operazioni di recupero -
Disciplina applicabile - Cd. test di cessione - Art.14 D.L. n.138/2002, conv. L.
n.178/2002 - Art.7 c.3°, D.L.gs n.22/1997, ora art.184, c.3° D.Lgs. n.152/2006.
I rifiuti speciali previsti dall'art.7 comma terzo D.L.gs n.22 del 1997, ora
art.184, comma terzo D.Lgs. n.152 del 2006, sono sottratti, in quanto
rappresentati da una congerie di materiali di vario tipo necessitanti, prima del
loro nuovo uso, di preventivi trattamenti ed operazioni di recupero (vagliatura,
cernita, separazione, rimozione di eventuali sostanze inquinanti, recupero di
metalli e composti metallici, frantumazione etc.) previste negli allegati al
D.Lgs. n.22 del 1997, all'ambito di applicabilità delle deroghe di cui
all'art.14 D.L. n.138 del 2002, conv. con la L.n.178 del 2002 (Cass. Sez. III,
sentenza n.7465 del 15.1.2008). (conferma sentenza del 23.62009 del Tribunale di
Milano) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Guadagnolo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n.
41016
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Sottoprodotto - Regime autorizzatorio in
deroga alla disciplina dei rifiuti - Presupposti - Qualificazioni a carattere
oggettivo - Art.183, c.1°, lett.p) D. L.vo n.152/2006, come modif. dal D.L.vo
n.4/2008. In tema di gestione dei rifiuti, tra le condizioni previste ai
fini dell'applicabilità del regime autorizzatorio in deroga alla disciplina dei
rifiuti contemplato per i sottoprodotti, è richiesto che le sostanze o i
materiali non siano sottoposti ad operazioni di trasformazione preliminare
(art.183, comma primo lett.p) D. L.vo 3 aprile 2006 n.152, come modif. dal
D.L.vo 16.1.2008 n.4), in quanto tali operazioni fanno perdere al sottoprodotto
la sua identità e sono necessarie per il successivo impiego in un processo
produttivo o per il consumo (Cass. sez.3 (4.12.2007 dep. 7.4.2008), n.14323).
Inoltre, ai fini della qualificazione di una sostanza o di un materiale quale
sottoprodotto ai sensi dell'art.183 lett.p) D.L.gs.3 aprile 2006 n.152, come
modificato dal D.L.gs. 16 gennaio 2008 n.4, le cinque condizioni previste dalla
norma devono sussistere contestualmente (Cass. pen. sez.3, 28.1.2009, n.10711).
Infine, il sottoprodotto deve, ovviamente, essere tale "oggettivamente" e non in
base a valutazioni di carattere soggettivo. Sicché, ai sensi della normativa di
cui al D.L.vo 152/2006, sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali che
soddisfino i seguenti criteri, requisiti e condizioni: a) siano originati da un
processo non direttamente destinato alla loro produzione; b) il loro impiego sia
certo fin dall'inizio ed integrale ed avvenga direttamente nel corso del
processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e
definito; c) soddisfino i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei
a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti
ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati
per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; d) non debbano essere
sottoposti a trattamenti preventivi per soddisfare i requisiti merceologici e di
qualità di cui al punto c); e) abbiano un valore economico di mercato. (conferma
sentenza del 23.62009 del Tribunale di Milano) Pres. Ferrua, Est. Amoresano,
Ric. Guadagnolo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n.
41016
RIFIUTI - CAVE E TORBIERE - Prima pulitura del materiale di cava - Limo - Applicazione della disciplina sui rifiuti - Esclusione - Fattispecie - Artt. 185 e 256 c.3 D. L.vo n.152/2006. Il limo non rientra nel campo di applicazione della disciplina sui rifiuti di cui alla parte quarta del D.L.gs. n.152 del 2006. I fanghi ed i limi derivanti dalla prima pulitura del materiale di cava non possono essere considerati rifiuti, l'esclusione contemplata dal D.L.gs n.152 del 2006, art.185, non può operare esclusivamente per la prima setacciatura del materiale estratto, in quanto non si vede la ragione per la quale la prima pulitura del materiale estratto, debba avvenire esclusivamente mediante setacciatura o grigliatura e non possa avvenire, quando necessità tecniche lo richiedano o lo rendano opportuno, mediante lavaggio il quale costituirebbe, a differenza della setacciarura o grigliatura, attività ontologicamente successiva alla estrazione vera e propria. Nella specie, risultando il limo veniva prodotto dall'attività di primo lavaggio "...consistita nel primo lavaggio della ghiaia rilevata da coltivazioni di cava...", va ritenuta insussistente l'ipotesi di reato di cui all'art.256 c.3 D. L.vo n.152/06. (Annulla senza rinvio sentenza del 16.9.2009 del Tribunale di Pordenone) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Coletto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/11/2010 (Ud. 21/10/2010) Sentenza n. 41014
RIFIUTI - Veicoli fuori uso -
Modalità di raccolta e rottamazione - Attività organizzate per il traffico
illecito di rifiuti - D.L.vo n. 209/2003 - Dir. 2000/53/CE - Artt. 231 e 260
D.L.vo 152/2006 - Art. 416 c.p.. II trattamento sanzionatorio previsto dal
D.L.vo n. 209/2003, che costituisce attuazione della direttiva 2000/53/CE,
riguarda la violazione delle espresse previsioni contenute nel medesimo D.L.vo
in tema di raccolta e trattamento dei veicoli fuori uso, e conseguentemente non
"esaurisce" e "sostituisce" ogni ipotesi relativa alla disciplina dei rifiuti
prevista dalla normativa "generale" di cui al D.L.vo n. 152/2006. Tant'è che
l'art.231 di quest'ultimo D.L.vo si limita a disciplinare le modalità di
rottamazione dei veicoli a motore o dei rimorchi non previsti dal D.L.vo
n.209/2003. Pertanto, non essendovi una deroga esplicita, né incompatibilità,
anche per i veicoli fuori uso di cui al D.L.vo n. 209/2003, trova applicazione,
ove ne ricorrano i presupposti, l'ipotesi delittuosa di cui all'art.260.
Peraltro, sarebbe in contrasto con la stessa 'ratio' ed i principi ispiratori
del D.L.vo 209/2003, che ha previsto una disciplina rigorosa per la raccolta ed
il trattamento dei veicoli fuori uso, escludere l'ipotesi delittuosa ex art.260
in presenza di un'attività organizzata per il traffico illecito di detti
rifiuti. (riforma ordinanza del 28.1.2010 del Tribunale di Napoli) Pres. Ferrua,
Est. Amoresano, Ric. Del Prete ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/11/2010 (Ud. 21/10/2010) Sentenza n.
40945
RIFIUTI - Gestione di rifiuti - Veicoli fuori uso - Attività organizzate -
Presupposti - Art.53 bis del D.L.gs.n.22/97 ora Art. 260 D.L.vo 152/2006 - Art.
416 c.p.. Il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei
rifiuti, idoneo ad integrare il delitto di cui all'art.53 bis del D.L.gs.n.22/97,
ora art.260 del D.Lgs. n.152 del 2006, si riferisce anche a quelle attività che,
per le loro concrete modalità, risultino totalmente difformi da quanto
autorizzato (Cass. pen. sez.3, 20.11.2007, n.358). Pertanto, sussiste il
carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione rifiuti qualora essa si
svolga continuativamente nell'inosservanza delle prescrizioni delle
autorizzazioni, il che si verifica non solo allorché tali autorizzazioni
manchino del tutto (cosiddetta attività clandestina), ma anche quando esse siano
scadute o come, nella specie, palesemente illegittime e comunque non commisurate
al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli autorizzati
e accompagnati da bolle false quanto a codice attestante la natura del rifiuto,
in modo da celarne le reali caratteristiche e farli apparire conformi ai
provvedimenti autorizzatori. (Cass. sez.5, 11.2.2006, n.40330). (riforma
ordinanza del 28.1.2010 del Tribunale di Napoli) Pres. Ferrua, Est. Amoresano,
Ric. Del Prete ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/11/2010 (Ud. 21/10/2010) Sentenza n.
40945
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti -
Requisito dell'ingente quantità - Nozione - Conseguimento dell’ingiusto profitto
- Nozione - Semplice riduzione dei costi aziendali - Giurisprudenza. In
relazione al requisito dell'ingente quantità, è pacifico che esso vada riferito
al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso una pluralità
di operazioni che, se considerate singolarmente, potrebbero essere di modesta
entità. Anche se tale requisito non può essere desunto automaticamente dalla
stessa organizzazione e continuità dell'abusiva gestione di rifiuti (Cass. pen.
sez.3, 15.112005, n.12433). Ed è stata anche ritenuta manifestamente infondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art.53 bis D.L.gs.n.22 del 1997,
ora art.260 del D.Lgs. n.152 del 2006 per violazione dell'art.25 Cost. sul
presupposto dell'asserita indeterminatezza del concetto di ingente quantità di
rifiuti, "essendo al contrario senz'altro possibile definire l'ambito
applicativo della disposizione tenuto conto che tale nozione, in un contesto che
consideri anche la finalità della norma, va riferita al quantitativo di
materiale complessivamente gestito attraverso una pluralità di operazioni, anche
se queste ultime, considerate singolarmente, potrebbero essere di entità
modesta" (Cass. pen. sez.3, 20.11.2007, n.358). In ordine al "fine di conseguire
un ingiusto profitto" deve considerarsi il risparmio dei costi aziendali di
smaltimento, che i soggetti avrebbero dovuto sostenere se si fosse applicato in
modi corretto la normativa di cui al D.L.vo 209/2003. Sicché, ai fini della
sussistenza del dolo specifico richiesto per l'integrazione del delitto di
gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti, il profitto perseguito
dall'autore della condotta può consistere nella semplice riduzione dei costi
aziendali (Cass. pen. Sez.4, 2.7.2007, n.28158). Non dovendo tale profitto
necessariamente assumere natura di ricavo patrimoniale, potendo integrarsi anche
con il semplice risparmio di costi o con il perseguimento di vantaggi di altra
natura (Cass. sez.3, 6.10.2005, n.40827). (riforma ordinanza del 28.1.2010 del
Tribunale di Napoli) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Del Prete ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/11/2010 (Ud. 21/10/2010) Sentenza n.
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RIFIUTI - Gestione e traffico illecito di rifiuti - Attività organizzate -
Configurabilità del reato di cui all'art.416 c.p. - Art.260 D.L.vo 152/2006 -
Fattispecie: falsa attribuzione del codice CER - mulino di frantumazione, con
produzione del "proler" e del "fluff" senza bonifica preventiva - falsificazione
dei documenti di trasporto. Si configura il reato di cui all'art.416 c.p.,
anche, quando il programma criminoso, preveda la commissione di una serie
indeterminata di reati non riconducibili solo alla violazione dell'art.260
D.L.vo 152/2006. Nella specie, al fine di organizzare l'ingente e lucrativo
traffico illecito di rifiuti si faceva ricorso ad una indeterminata serie di
reati di falso, ad un avvio fraudolento dei veicoli non bonificati allo
smaltimento presso altre ditte facendo ricorso alla falsificazione dei documenti
di trasporto, celando alle ditte di smaltimento la reale natura dei veicoli
conferiti (veniva sistematicamente e sostanzialmente omessa l'operazione di
messa in sicurezza) ricorrendo alla falsificazione dei codici identificativi.
(Cass. n.18351 del 7.5.2008; Cass. sez. 3 s n.45057/2008 e n.25207/2008).
Infine, al sodalizio, partecipavano anche soggetti estranei alla compagine
sociale (ad es. autotrasportatori di "fiducia") e con diversi ruoli. Sicché
anche sotto tale profilo, le condotte risultavano "assolutamente scisse
dall'oggetto sociale statutariamente esistente" e qualificate " come
sintomatiche di quell'affectio societatis di cui all'art.416 c.p..
(riforma ordinanza del 28.1.2010 del Tribunale di Napoli) Pres. Ferrua, Est.
Amoresano, Ric. Del Prete ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/11/2010 (Ud. 21/10/2010) Sentenza n.
40945
RIFIUTI - Materiali di risulta di
costruzioni e demolizioni - Disciplina sui rifiuti - Applicabilità - Presupposti
- All. A, art. 6, c. 1 lett. a) d.Lgs. 22/1997 ora d. Lgs. n. 152/2006. I
materiali di risulta di costruzioni e demolizioni [categoria espressamente
incluse nell'allegato A di cui all'art. 6, comma 1 lett. a) d.Lgs. 22/1997 ora
d. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152] rientrano nella nozione generale dei rifiuti,
trattandosi di cose oggettivamente destinate all'abbandono, a nulla rilevando
l'intenzione di riutilizzo da parte del detentore, la cui facoltà di recupero è
condizionata a precisi adempimenti, in mancanza dei quali materiali in questione
vanno considerati, comunque, cose di cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi.
(conferma sentenza del Tribunale di Napoli in Ischia in data 4.06.2009) Pres.
Ferrua, Est. Teresi, Ric. Di Costanzo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n.
40860
RIFIUTI - Movimentazione dei rifiuti effettuato in via eccezionale - Reato di
trasporto illecito - Mezzi propri non autorizzati - Iscrizione all'Albo
nazionale - Art. 256, c. 1°, D. Lgs. n. 152/2006. In tema di gestione dei
rifiuti, integra il reato di trasporto illecito [oggi disciplinato dall'art.
256, comma primo, d. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152] la movimentazione dei rifiuti
che, pur avendo avuto inizio in area private, sia obiettivamente finalizzata al
loro trasporto all'esterno a tale area, non essendo applicabile in questo caso
la norma derogatoria di cui all'art. 193, comma 9, del citato decreto che
sottrae alla disciplina dei rifiuti esclusivamente il trasporto in area private
a condizione che lo stesso sia finalizzato ad una diversa sistemazione dei
rifiuti all'interno delle predette area ed in quanto i rifiuti medesimi non
siano destinati all'esterno [Cassazione Sezione III n. 5312/2008]. Ne consegue
che il trasporto di tali rifiuti, anche se prodotti nell'esercizio della
medesima attività d'impresa, richiede l'iscrizione all'Albo nazionale di cui 30
del decreto n. 22/1997 stante che, integra il reato di cui all'art. 256. comma
primo, d. Lgs. n. 152 del 2006, il trasporto di rifiuti propri non pericolosi,
sebbene effettuato in via eccezionale, nel caso in cui il produttore, non
avvalendosi della prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento
regolarmente autorizzate ed iscritte all'Albo nazionale dei gestori ambientali,
abbia utilizzato mezzi propri non autorizzati (Cassazione Sezione III n.
8300/2010). (conferma sentenza del Tribunale di Napoli in Ischia in data
4.06.2009) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Di Costanzo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n.
40860
RIFIUTI - Materiali provenienti da demolizione edilizia - Riutilizzo -
Presupposti - Cd. test di cessione - Fattispecie: trasferimento non autorizzato
di rifiuti de loco ad locum - D.M. 5/02/1998 - Artt. 33 e 51 , c. 1°, lett. a)
D.Lgs. n. 22/1997 - D. Lgs. n. 152/2006. I materiali provenienti da
demolizione edilizia sono rifiuti speciali non pericolosi e possono essere
riutilizzati nello stesso od in diverso ciclo produttivo - ad esempio nelle
opere di riempimento previo preventive "test di cessione" degli stessi, in
conformità al D.M. 5 febbraio 1998, in modo da non recare pregiudizio
all'ambiente; in assenza del menzionato test ogni recupero dei materiali
cosiddetti risulta integra la contravvenzione di cui all'art. 51 , comma primo,
lett. a) del D.Lgs. n. 22 del 1997. [Cassazione Sezione III n. 30127/2004]. In
fatto, a stato accertato, che rifiuti non pericolosi sono stati trasportati,
dall’autista dipendente della ditta, da un cantiere della ditta presso un
terreno appartenente allo stesso titolare sito in altro luogo ove riversarli in
una scarpata su rifiuti dello stesso tipo già depositati. Il che esclude la
finalità di riutilizzo o di recupero, nonché la cosiddetta messa in riserva,
regolamentata dal DM 5 febbraio 1998, sottoposta a procedura semplificata ex
art. 33 del D.Lgs. n. 22 del 1997, [che avrebbe comportato, nella specie,
operazioni di raccolta in cantiere di materiale proveniente da demolizione, non
destinata ad alcun riutilizzo (Cassazione Sezione III n. 21576/2004) denotando
l’esercizio di attività di smaltimento. Si trattava, cioè, di un non autorizzato
trasferimento di rifiuti de loco ad locum, idonea a rendere configurabile
il reato contestato, non essendo necessario menzionare una condotta di
smaltimento, peraltro, poi, effettivamente concretatasi. (conferma sentenza del
Tribunale di Napoli in Ischia in data 4.06.2009) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric.
Di Costanzo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n.
40860
RIFIUTI - Evento potenzialmente inquinante Responsabile dell'inquinamento - Bonifica - Adempimenti richiesti - Apposita comunicazione - Artt. 242, 257, c. 1 e 304, c.2, D. Lgs. n. 152/2006. L'art. 257, comma 1, del d. lgs. n. 152/2006 prevede che chiunque cagiona inquinamento del suolo è tenuto a dare la comunicazione di cui all'art. 242 che dispone che, "al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro le 24 ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'art. 304, comma 2". Pertanto, la complessità e la specificità degli adempimenti richiesti all’operatore in caso di evento potenzialmente inquinante dall'articolo 304, comma 2 D.Lv. 152\06 escludono che il predetto possa esimersi dall’attuare nell’immediatezza del fatto, a sue spese, le necessarie misure di sicurezza e di prevenzione e dal dare l’apposita comunicazione agli Enti interessati sol perché siano intervenuti sul luogo dell’inquinamento operatori dei suddetti Enti (che, nel caso in esame, pur avevano invitato la società al rispetto del precetto normativo). La comunicazione non costituisce, un mero adempimento burocratico, ma serve per consentire agli organi preposti alla tutela ambientale del Comune, della Provincia e della Regione del territorio in cui si prospetta l’evento lesivo di prenderne compiutamente cognizione con riferimento ad ogni possibile implicazione e di verificare lo sviluppo delle iniziative ripristinatorie intraprese. (conferma sentenza del Tribunale di Tortona del 28.04.2009) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Pigliacelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 40856
RIFIUTI - Riutilizzo di materiali altrimenti considerati rifiuti - Onere della prova - Fattispecie - Artt. 81 cpv., 110 c. p.; Art. 51, c. 2, D. Lgs. n. 22/1997 ora D. L.vo n. 152/2006. Per il legittimo riutilizzo di materiali, altrimenti considerati rifiuti, la prova della destinazione al riuso deve essere obiettiva, univoca e completa, non potendosi tener conto solo delle affermazioni o delle intenzioni dell'interessato, posto che i rifiuti richiedono un corretto e tempestivo recupero, se possibile e dimostrato, oppure il loro smaltimento in modo compatibile con la salute e l'ambiente (Cassazione Sez. III n. 11007/1999; Cass. Sez. III n. 32235/2003). In specie, materiali consistenti in inerti e ferrosi, veicoli in evidente stato di disuso, pneumatici, batterie esauste, elettrodomestici dismessi accumulati alla rinfusa e tra loro frammisti in modo da escludere che gli stessi potevano essere destinati al riutilizzo. (conferma sentenza della Corte d'Appello di Genova del 2.11.2009) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Marino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), Sentenza n. 40855
RIFIUTI - Smaltimento e recupero - Autorizzazione - Inadempienze - Procedura ex art. 28, c. 4 d.lgs. n. 22/97 (oggi art. 208, c. 13 d.lgs. n. 152/2006) - Contestazione, sospensione e revoca. La procedura di cui all’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 22 del 1997 (oggi art. 208, c. 13 d.lgs. n. 152/2006)- in materia di inadempienze, rilevate in operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti - prevede una fase di contestazione delle inadempienze stesse, accompagnata da sospensione dell’autorizzazione al riguardo rilasciata e preceduta da diffida, nonchè successiva revoca di tale autorizzazione, che si configura come atto dovuto in caso di verificata assenza di ripristino dello stato dei luoghi nei modi prescritti. Pres. Severini, Est. De Michele - F. s.p.a. (avv.ti Bertinelli Terzi, Casellato e Cecconi) c. Provincia di Pesaro e Urbino (avv. Valentini), Comune di Fano (avv.ti Isotti e Reboa) e altri (n.c.) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 15 novembre 2010, n. 8049
RIFIUTI - Controversie attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti - Competenza funzionale del TAR Lazio, Roma- Art. 135, c. 1, lett. e) cod. proc. amm. - Nuovo criterio di assegnazione della competenza - Applicazione della regola della perpetuatio di cui all’art. 5 c.p.c. Il nuovo codice del processo amministrativo devolve alla competenza funzionale inderogabile del Tar romano (ai sensi dell’art. 135, comma 1, lett. e), tra le altre, tutte «le controversie di cui all’art. 133, comma 1, lettera p», cioè «le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a diritti costituzionalmente tutelati». L’art. 133, comma 1, lett. p), del codice è norma che fonda una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo corrispondente a quella affermata nella parte del comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 90/08, convertito in legge n. 123/08. L’inclusione nell’ambito della competenza inderogabile del tribunale amministrativo romano anche delle «controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti» costituisce un nuovo criterio di assegnazione della competenza, rispetto al quale trova applicazione la regola della perpetuatio di cui all’art. 5 c.p.c., come novellato dalla riforma del 1990, pacificamente applicabile al processo amministrativo (ora anche in virtù dell’art. 39, comma 1, del nuovo codice). Pres. Guida, Est. Guarracino - Consorzio C.S. (avv.ti Ottaviano e Ambroselli) c. S. s.p.a. (avv. Cimadomo) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 5 novembre 2010, n.23133
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Attività potenzialmente inquinante - Provvedimento
autorizzativo - Impugnazione - Dimostrazione del danno - Necessità - Esclusione.
Ai fini dell’impugnativa di un provvedimento che autorizza l’avvio di
un’attività potenzialmente inquinante, il ricorrente non è tenuto a dimostrare
che si è verificato un danno, in quanto tale questione attiene al merito, ed è
invece sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni sul territorio
collocato nelle immediate vicinanze (cfr. Tar Toscana Sez. II, 6 ottobre 2009 ,
n. 1505; Consiglio di Stato, Sez. V, 28 novembre 2008 , n. 5910; Consiglio di
Stato, Sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657; Consiglio di stato, Sez. V, 12 ottobre
1999 , n. 1445). Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - A.A. e altri (avv.ti Garancini e
Padovan) c. Regione Veneto (avv.ti Ligabue e Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 5 novembre 2010, n. 5982
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti urbani - gestione dei rifiuti speciali - Regimi e
discipline differenziate - Fattispecie. La gestione dei rifiuti urbani e di
quelli speciali coinvolge problematiche ambientali diverse, e soggiace
conseguentemente a regimi e discipline considerevolmente differenziate anche per
quanto riguarda la loro pianificazione. Il principio di libera circolazione -
cfr. Corte Costituzionale n. 10 del 2009 - ad esempio, trova applicazione solo
per i rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi e non per i rifiuti urbani,
per i quali vale invece il divieto di smaltimento in territorio extraregionale,
in quanto per i rifiuti speciali “non è possibile preventivare in modo
attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire,
cosa che, conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito
territoriale ottimale che valga a garantire l'obiettivo della autosufficienza
nello smaltimento» (fattispecie relativa all’applicazione ad un impianto di
rifiuti speciali di limiti e divieti di localizzazione previsti esclusivamente
per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani dalla specifica
pianificazione di settore). Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - A.A. e altri (avv.ti
Garancini e Padovan) c. Regione Veneto (avv.ti Ligabue e Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 5 novembre 2010, n. 5982
RIFIUTI - Impianti per il recupero di rifiuti - Approvazione dei progetti -
Variante allo strumento urbanistico - Art. 208, c. 6 d.lgs. n. 152/2006 - art.
23, c. 2 l.r. Veneto n. 10/1999 - Dissenso tra Regione e Comune - Regola di
composizione. L’art. 208, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che sul
punto ripete quanto già previsto dall’art. 27, comma 5, del Dlgs. 5 febbraio
1997, n. 22) e l’art. 23, comma 2, della legge regionale del Veneto 26 marzo
1999, n. 10, hanno previsto che l’approvazione dei progetti di impianti per il
recupero dei rifiuti “costituisce, ove occorra, variante allo strumento
urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed
indifferibilità dei lavori”, e quindi il possibile contrasto è già risolto in
via preventiva dal legislatore. In tale contesto, il giudizio di compatibilità
urbanistica costituisce una questione che attiene al merito delle valutazioni
discrezionali proprie dell’Amministrazione, ed il legislatore statale con l’art.
208, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha preventivamente dettato la
regola di composizione del possibile dissenso tra la Regione e il Comune,
facendo prevalere la volontà dell’ente di maggiori dimensioni, secondo un
paradigma utilizzato dal legislatore ogniqualvolta vengono in gioco interessi di
carattere sovracomunale. Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - A.A. e altri (avv.ti
Garancini e Padovan) c. Regione Veneto (avv.ti Ligabue e Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 5 novembre 2010, n. 5982
RIFIUTI - Trasporto - Indicazione
del carico presunto - D.M. 145/98 - Norma di regolamento - Indicazione di una
cifra completamente sganciata da quella reale - Violazione di una norma di legge
- Art. 193 d.lgs. n. 152/2006. La norma (di regolamento - D.M. 145/98) che
consente alle ditte di indicare anche il carico presunto non può essere
interpretata nel senso della possibilità di indicare una cifra completamente
sganciata da quella reale, pena la violazione della norma (di legge - art. 193
d.lgs. 152/06) che impone di riportare la quantità di rifiuti trasportata nel
formulario di identificazione rifiuti. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.r.l.
(avv.ti Di Giovine e Ferrajoli) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori e
Pasinelli) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 2 novembre 2010, n. 4526
RIFIUTI - Impianti di smaltimento e recupero - Iter autorizzativo -
Autorizzazione unica ex art. 208 d.lgs. n. 152/2006 - Termine - Mancato rispetto
- Attivazione dei poteri sostitutivi - Violazione, nelle more,
dell’autorizzazione originaria - Possibilità - Esclusione. Il co. 10
dell’art. 208 t.u. ambiente prevede che “ove l'autorità competente non provveda
a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica entro i
termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui
all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112”. Pertanto
l’inadempimento dell’amministrazione in ordine al rispetto dei termini legittima
l’impresa richiedente l’autorizzazione soltanto ad attivare i poteri
sostitutivi, ma non a violare nelle more le prescrizioni dell’autorizzazione
originaria. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.r.l. (avv.ti Di Giovine e
Ferrajoli) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori e Pasinelli) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 2 novembre 2010, n. 4526
RIFIUTI - Impianti di smaltimento e recupero - Art. 208, c. 3, d.lgs.n. 152/2006
- Termine endoprocedimentale - Mancato rispetto - Evento produttivo di danno -
Esclusione - Rilevanza giuridica esterna del termine di conclusione del
procedimento. Il mancato rispetto del termine di cui al co. 3 dell’art. 208
del d.lgs. n. 152/2006 (secondo cui “Entro trenta giorni dal ricevimento della
domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento
e convoca apposita conferenza di servizi…”), non può essere di per sé solo
produttivo di danno trattandosi di un mero termine endoprocedimentale di
carattere sollecitatorio, posto che ciò che assume rilevanza giuridica esterna è
soltanto il termine di conclusione del procedimento (ovvero, il termine di 150
gg. previsto dal co. 8), e non il rispetto dei sottotermini delle singole
sottofasi del procedimento. Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.r.l. (avv.ti Di
Giovine e Ferrajoli) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori e Pasinelli) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 2 novembre 2010, n. 4526
RIFIUTI - Operazioni di recupero - Utilizzo promiscuo, a fine produttivo, di
rifiuti e di altra materia prima - Qualifica di impianto di recupero -
Fondamento - Utilizzo esclusivo o prevalente di rifiuti - Necessità -
Esclusione. Non è rinvenibile nell’ordinamento di settore nessuna norma la
quale, ai fini della qualificazione come impianto di recupero, richieda che vi
siano processati esclusivamente, o prevalentemente, rifiuti. In altri termini,
non esiste una distinzione tra impianto di produzione industriale ed impianto di
recupero di rifiuti, bensì rapporto di genere a specie tra il primo e il
secondo. Un impianto che, ai fini di una specifica produzione industriale (nel
caso di specie: produzione di conglomerato bituminoso) utilizzi e tratti
(anche)"rifiuti",effettuando le"operazioni di recupero" definite nell'allegato C
alla parte quarta del decreto legislativo n°152 del 2006, è per ciò stesso
qualificabile, ai fini della normativa ambientale, come "impianto di recupero di
rifiuti" . Esso costituirà tutt'al più un impianto di tipo promiscuo, nella
misura in cui tratti, con riferimento allo specifico settore produttivo in cui
opera, "aggregati (o inerti) naturali" e materie prime vere e proprie, accanto
ad "aggregati riciclati", permanendo tuttavia la sua qualificazione come
impianto di recupero. Pres. Mozzarelli, Est. Pasi - S. s.p.a. (avv.ti Pittalis e
Roversi Monaco) c. Provincia di Forlì-Cesena (avv. Dacci) e Regione Emilia
Romagna (avv. Oppi)
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TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 27 ottobre 2010, n. 8012
RIFIUTI - VIA - Impianti di recupero - Aumento della capacità di recupero -
Assenza di modificazioni strutturali/edilizie - Modifica sostanziale -
Configurabilità - Assoggettamento a VIA - Punto 8, lett. t) dell’Allegato IV al
d.lgs. n. 152/2006. L'aumento di capacità di recupero - pur in assenza di
modificazioni strutturali/edilizie- comporta un ampliamento dell'impianto, del
pari sottoposto a verifica di assoggettabilità, ai sensi del punto 8 lett. t)
dell’Allegato IV al d.lgs. n. 152/2006. Anche la modifica puramente gestionale,
infatti, pur rimanendo invariata la struttura, configura un ampliamento o
un'estensione e pertanto rientra nel concetto di "modifica sostanziale". Detta
soluzione, che considera anche il mero potenziamento produttivo, ove comporti
superamento delle "soglie" previste per le varie categorie progettuali,
nell'ambito delle "modifiche o estensioni di progetti già autorizzati,
realizzati...che possono avere notevoli ripercussioni negative
sull'ambiente...," è l’unica coerente con la funzione che la disciplina della
VIA riveste nell'ordinamento nazionale e comunitario. Tale strumento è
finalizzato infatti ad individuare, descrivere e valutare tutti gli effetti,
diretti ed indiretti, permanenti o transitori,positivi e negativi, dei
"progetti" sull'ambiente circostante, nelle sue componenti naturali ed
antropiche. Ben si comprende, pertanto, che un impianto o un'infrastruttura
debba essere valutata non solo per le sue caratteristiche "fisiche"(dimensione,
localizzazione, ecc.) ma anche in ragione degli impatti che il suo funzionamento
può avere sull'ambiente circostante (cfr. TAR Lombardia, n°5534/2008, secondo
cui l'aumento del quantitativo dei rifiuti complessivamente trattati presenta
inequivocabilmente le caratteristiche di una "modifica sostanziale"
dell'impianto, con conseguente assoggettamento alla procedura di VIA, siccome
comportante il superamento delle soglie dimensionali fissate negli Allegati alla
parte seconda del D.Lgs. n°152/2006). Pres. Mozzarelli, Est. Pasi - S. s.p.a.
(avv.ti Pittalis e Roversi Monaco) c. Provincia di Forlì-Cesena (avv. Dacci) e
Regione Emilia Romagna (avv. Oppi) -
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RIFIUTI - VIA - Impianti di recupero sottoposti a procedure semplificate -
Esclusione dall’obbligo di VIA - Inconfigurabilità - D.lgs. n. 152/2006 -
Novella ex d.lgs. n. 4/2008 - Sentenza Corte di Giustizia CE del 23.11.2006,
causa C-486/04. Nella versione riformata del D.Lgs n.152/2006, dopo le
modifiche introdotte dal D.Lgs n.4/2008, gli Allegati III e IV alla parte
seconda del citato decreto legislativo, contenenti, rispettivamente, i progetti
da sottoporre a VIA e a verifica di assoggettabilità, non prevedono più alcuna
esclusione dall’obbligo di VIA per gli impianti di recupero rifiuti sottoposti
alle procedure semplificate (cfr. sentenza Corte di Giustizia delle Comunità
Europee del 23.11.2006, causa C-486/04 che ha sanzionato per inadempimento
l’Italia, per aver escluso dalla valutazione di impatto ambientale i progetti di
impianti che effettuano operazioni di recupero dei rifiuti in procedura
semplificata; nella medesima sentenza, la Corte, motivando la sua contrarietà a
qualsiasi regime derogatorio di esclusione anticipata dalla procedura di VIA, ha
posto una distinzione tra finalità dell’attività di recupero - preservare le
risorse naturali - e modalità con le quali l’attività di recupero è effettuata,
potendo esse comportare, al pari di quella di smaltimento, rilevanti
ripercussioni per l’ambiente. Dal momento che le operazioni di smaltimento e di
recupero di rifiuti si distinguono per lo scopo perseguito e non per i mezzi
adoperati, la normativa nazionale non può dispensare anticipatamente dall’ambito
di applicazione della disciplina sulla VIA gli impianti che effettuano
operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi, senza averne previamente
accertato in concreto la loro incidenza ambientale). Pres. Mozzarelli, Est. Pasi
- S. s.p.a. (avv.ti Pittalis e Roversi Monaco) c. Provincia di Forlì-Cesena
(avv. Dacci) e Regione Emilia Romagna (avv. Oppi) -
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RIFIUTI - VIA - Procedure semplificate - Artt. 214, c. 2 e 216, c. 1 d.lgs. n.
152/2006 - Osservanza dei parametri ex D.M. 5.2.98 - Condizione di ammissione
alle procedure semplificate - Interferenza con la procedura VIA - Esclusione.
L’osservanza dei parametri ex DM 5.2.98 è prevista dagli artt.214, comma 2, e
216, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 come unica condizione di ammissione alle
procedure semplificate, ma senza previsione di alcuna interferenza con la
organica ed esaustiva disciplina della VIA, contenuta in altra parte (seconda)
dello stesso decreto. Pres. Mozzarelli, Est. Pasi - S. s.p.a. (avv.ti Pittalis e
Roversi Monaco) c. Provincia di Forlì-Cesena (avv. Dacci) e Regione Emilia
Romagna (avv. Oppi)
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TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 27 ottobre 2010, n. 8012
RIFIUTI - Artt. 214-216 d.lgs. n. 152/2006 - Procedure semplificate - Deroga al
regime autorizzatorio ex artt. 208 e ss. d.lgs. .n 152/2006. Gli artt. 214,
215 e 216, sotto il comune titolo di “procedure semplificate” (capo V del titolo
I della parte quarta del decreto) recano, ove siano osservate le prescrizioni
stabilite con gli appositi decreti di cui al comma 2 dell’art.214 (v.D.M. 5.2.98
e s.m.i.), una esplicita deroga soltanto al regime autorizzatorio ordinario di
cui agli artt.208 e ss. (capo IV dello stesso titolo I: “Autorizzazioni e
iscrizioni”), consentendo senz’altro, alle condizioni ivi indicate, l’esercizio
delle operazioni di recupero decorsi 90 (novanta)giorni dalla comunicazione di
inizio senza che siano nel frattempo intervenuti provvedimenti inibitori (cd.
regime semplificato). Pres. Mozzarelli, Est. Pasi - S. s.p.a. (avv.ti Pittalis e
Roversi Monaco) c. Provincia di Forlì-Cesena (avv. Dacci) e Regione Emilia
Romagna (avv. Oppi) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 27 ottobre 2010, n. 8012
RIFIUTI - VIA - Procedure semplificate - Lettura coordinata degli artt. 214-216
d.lgs. n. 152/2006 - Osservanza dei parametri di cui al D.M. 5.2.98 - Condizione
aggiuntiva e non sostitutiva rispetto a quelle ordinariamente prescritte per le
operazioni di recupero dei rifiuti. La lettura coordinata degli artt. 214,
215 e 216 della parte II e IV del DLgs 152/06 impone di ritenere che
l’osservanza dei parametri ex DM 5.2.98 è condizione aggiuntiva e non
sostitutiva rispetto a quelle ordinariamente prescritte per le operazioni di
recupero dei rifiuti (ivi comprese, ove occorrano lo “screening ambientale e/o
la VIA stessa), necessaria e sufficiente al solo scopo di consentirne un
esercizio-che sia già altrimenti legittimato dall’osservanza di tutti i
presupposti di legge- in regime semplificato, cioè previa DIA non seguita da
inibitoria, e senza necessità di previa autorizzazione espressa. Pres.
Mozzarelli, Est. Pasi - S. s.p.a. (avv.ti Pittalis e Roversi Monaco) c.
Provincia di Forlì-Cesena (avv. Dacci) e Regione Emilia Romagna (avv. Oppi) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 27 ottobre 2010, n. 8012
RIFIUTI - Procedure semplificate - Osservanza dei parametri ex DM 5.2.98 -
Garanzia ex ante delle esigenze di protezione ambientale - Esclusione - Art. 1,
c. 1 . Che le esigenze di protezione ambientale non siano garantite “ex
ante” dall’osservanza dei parametri ex DM 5.2.1998 (che non assorbono, quindi,
la valutazione dell’impatto ambientale, ma costituiscono soltanto le condizioni
di esonero dall’autorizzazione) è confermato dallo stesso tenore testuale
dell’articolo introduttivo (art.1 comma1) del decreto medesimo, il quale
premette alla definizione dei parametri che “le attività, i procedimenti, e i
metodi di recupero ... non devono costituire un pericolo per la salute dell’uomo
e recare pregiudizio all’ambiente e in particolare” creare rischi per acqua,
aria, suolo, flora e fauna, rumori ed odori, né danni al paesaggio, premessa di
carattere generale che sarebbe del tutto superflua ed ultronea, se tale esigenza
di tutela ambientale fosse già ex sè assicurata dall’osservanza dei parametri
tecnici successivamente stabiliti. Pres. Mozzarelli, Est. Pasi - S. s.p.a.
(avv.ti Pittalis e Roversi Monaco) c. Provincia di Forlì-Cesena (avv. Dacci) e
Regione Emilia Romagna (avv. Oppi) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 27 ottobre 2010, n. 8012
RIFIUTI - Atti di localizzazione di una discarica - Impugnazione - Comuni
confinanti - Legittimazione - Dimostrazione del danno ambientale. Poiché la
circostanza della prossimità all’opera da realizzare non è in sé idonea a
radicare l’interesse al ricorso, i comuni confinanti hanno titolo ad impugnare
gli atti di localizzazione di una discarica di rifiuti nel solo caso in cui
siano in grado di fornire una congrua dimostrazione del danno ambientale che
deriverebbe dall’impianto all’ambito territoriale di loro competenza (v., tra le
altre, Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2006 n. 5713 e 14 aprile 2008 n. 1725).
Pres. Perrelli, Est. Caso - Comune di Villanova sull’Arda (avv. Molinari) c.
Comune di Cortemaggiore (n.c.) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 26 ottobre 2010, n. 473
RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Sistema sanzionatorio - Responsabilità oggettiva o di posizione - Esclusione - Provvedimenti amministrativi emanati in forza della norma - Motivazione in ordine alla responsabilità del proprietario. Tutti i provvedimenti amministrativi emanati in base all’art. 14 del d.lgs. n. 22/97 devono essere puntualmente motivati con riguardo agli elementi in forza dei quali sia affermata la responsabilità dei proprietari, per lo meno con riguardo alla colpa per omessa vigilanza sulle attività inquinanti poste in essere da terzi (in tal senso la giurisprudenza è univoca, tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 25 gennaio 2005, n. 136; 8 febbraio 2005; sez. IV, 5 settembre 2005, n. 4525; TAR Puglia, Lecce, sez. 1,11, 2006, n. 113). Il sistema sanzionatorio, delineato dal decreto Ronchi in materia di rifiuti, esclude infatti la configurabilità di responsabilità oggettiva o di posizione, e cioè che il proprietario del sito che ospita rifiuti abbandonati sia chiamato, per ciò solo, a risponderne, indipendentemente dalla concreta verifica, da parte della p.a., di una condotta anche semplicemente agevolatrice del fatto illecito del terzo, ovvero omissiva, cioè di astensione dall’adozione di quelle cautele che possono ragionevolmente pretendersi da un soggetto dotato di diligenza media. Pres. Allegretta, Est. Durante - B.G. (avv. Amati) c. Comune di Trani (avv. Capurso) - TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 21 ottobre 2010, n.3747
RIFIUTI - Discarica abusiva - Confisca - Area in comproprietà -
Corresponsabilità di tutti i comproprietari e responsabilità limitata ad alcuni
dei comproprietari - Individuazione dei soggetti responsabili - Disciplina
applicabile e giurisprudenza - Art. 256, c. 3 D.Lgs. n. 152 del 2006. In
caso di comproprietà indivisa dell'area la confisca non può essere disposta nei
confronti di quei comproprietari che non siano responsabili, quanto meno a
titolo di concorso, del reato di discarica abusiva, non potendo applicarsi la
misura di sicurezza, ablativa della proprietà, in danno di persone che non hanno
commesso alcun illecito penalmente rilevante e non avendo l'area medesima natura
intrinsecamente criminosa (vedi Cass., Sez. 3, 26.2.2002, n. 7430, bessena). La
restituzione dell'intero bene, però, ad uno o più titolari della comproprietà
indivisa rimasti estranei al reato, consentirebbe anche al proprietario
condannato di riacquistare la piena disponibilità dell'immobile, con evidente
elusione della "ratio" della norma, che va individuata nell'opposta
esigenza di evitare che l'area interessata rimanga nella disponibilità del
proprietario il quale la abbia già utilizzata come strumento del reato.
Affinché, pertanto, il diritto del terzo estraneo al reato non venga
sacrificato, la quota di spettanza di esso estraneo potrà essergli restituita
come proprietà singolare sulla quale il reo non abbia diritto di disporre
(Cass., Sez. 3, 21.2.2006, n. 6441, Serra). In conclusione, allorché venisse
ravvisata - nel giudizio di rinvio - la corresponsabilità di tutti i
comproprietari, dovrà essere disposta la confisca dell'intera area; mentre, in
caso di responsabilità limitata ad alcuni soltanto dei comproprietari, la
confisca medesima dovrà essere limitata alle sole quote dei soggetti condannati,
demandandosi alla fase esecutiva la individuazione concreta di tale quota.
(Cass. sez. 3 n.2477 del 9.10.2007, Marcianò ed altri). (Dichiara inammissibile
il ricorso avverso ordinanza del 28.9.2009 del GIP del Tribunale di Udine) Pres.
Onorato, Est. Amoresano, Ric. Brandolino.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010 (Cc. 2/07/2010), Sentenza n.
37199
RIFIUTI - Discarica abusiva - Sentenza di condanna o decisione emessa ai
sensi dell'art. 444 c.p.p. - Confisca - Continuità normativa tra l'art.51 c. 3
D.L.vo n.22/1997 e il D.Lgs. n. 152/2006, art. 256, c. 3. Sussiste una
continuità normativa tra l'art.51 comma 3 D.L.vo n.22/1997 e la disposizione
D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3 che è stata testualmente riprodotta.
Pertanto, alla sentenza di condanna o alla decisione emessa ai sensi dell'art.
444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è
realizzata la discarica abusiva se dì proprietà dell'autore o del compartecipe
al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei
luoghi. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso ordinanza del 28.9.2009 del
GIP del Tribunale di Udine) Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Brandolino.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010 (Cc. 2/07/2010), Sentenza n.
37199
RIFIUTI - Spedizione transfrontaliere di rifiuti - Documento di accompagnamento
- Cd. FTR (formulario identificazione rifiuti) - Notifica - Necessità - Ambito
di applicazione - Nozione "regolamentare" di rifiuti - Fattispecie: scarti di
materie plastiche - Art. 1, lett. a) Dir. 75/442/CEE - Reg. n. 259/1993/CEE - D.
L.vo n. 22/1997 oggi D. L.vo n. 152/2006 e s.m.. Ai sensi del Reg. del
1.2.1993 n. 259/1993/CEE, relativo alla sorveglianza e al controllo delle
spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità Europea, nonché in entrata e in
uscita dal suo territorio, l'articolo 2, lettera a) stabilisce che si intendono
per rifiuti quelli definiti nell'articolo 1, lettera a) della direttiva
75/442/CEE. Tale norma del regolamento, che è direttamente applicabile
nell'ordinamento italiano, recepisce la nozione di rifiuto definita dalla
direttiva 75/442/CEE soltanto ai fini della specifica materia disciplinata dal
regolamento, ovverosia limitatamente alle spedizioni di rifiuti, a scopo di
sorveglianza e pertanto devono essere previamente notificate e munite di un
documento di accompagnamento. Sicché, questa nozione "regolamentare" non è
direttamente applicabile né per l'attività di abbandono né per tutte le attività
di gestione dei rifiuti elencate nel Decreto Legislativo n. 22 del 1997,
articolo 6, lettera g), che sono ben diverse dall'attività di spedizione, e cioè
raccolta, trasporto, recupero e smaltimento. Anche una risalente sentenza della
Corte di Giustizia ha avuto modo di stabilire che la nozione "regolamentare" di
rifiuti, "che è stata istituita al fine di garantire che i sistemi nazionali di
sorveglianza e controllo delle spedizioni di rifiuti rispettino criteri minimi,
si applica direttamente anche alle spedizioni di rifiuti all'interno di
qualsiasi Stato membro", ma non ha affatto esteso la diretta applicabilità della
nozione alle altre tradizionali attività di gestione o all'attività di
abbandono, comunque diverse dalla spedizione (C.G.CE, sent. del 25.6.1997,
Tombesi e altri). Fattispecie: scarti di materie plastiche contenenti materiale
di postconsumo industriale (polistirolo, cavi elettrici, legno e platica)
miscelati, triturati e contaminati da terriccio. (conferma sentenza del
13.10.2009 della Corte di Appello di Reggio Calabria) Pres. Onorato, Rel.
Amoresano, Ric. N.A..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37196
RIFIUTI - Traffico illecito - Sentenza di condanna o applicazione dell’art.
444 c.p.p. - Sanzioni - Confisca del mezzo di trasporto - Obbligo - Reato ex
art. 53, D.Lgs. 22/97 oggi D. L.vo n. 152/2006 e s.m.. Il Decreto
Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53, comma 2 (riprodotto nel Decreto
Legislativo n. 152 del 2006, articolo 259, comma 2) prevede che alla sentenza di
condanna o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 c.p.p., per i reati
relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui
all'articolo 51 e all'articolo 52, comma 3, consegue obbligatoriamente, la
confisca del mezzo di trasporto. Non c'è dubbio, quindi, che trattasi di
confisca obbligatoria (ex multis Cass. pen. Sez. 3, 22.12.2006, n.
42227). (conferma sentenza del 13.10.2009 della Corte di Appello di Reggio
Calabria) Pres. Onorato, Rel. Amoresano, Ric. N.A..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37196
RIFIUTI - Accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto - Competenza
- Giudice di merito. L'accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto
è demandata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità se
sorretta da motivazione esente da vizi logici o giuridici (Cass. sez. 3,
9.4.2002 n. 14762). (conferma sentenza del 13.10.2009 della Corte di Appello di
Reggio Calabria) Pres. Onorato, Rel. Amoresano, Ric. N.A..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37196
RIFIUTI - Inerti derivanti da demolizione di edifici o da scavi di strade - Deposito - Disciplina vigente - Codice CER 17.00.00 - Art. 51 cc. 1 e 2 D.L.vo n.22/97 - Art.6 D.L.vo n.22/97 (oggi art.183 D.L.vo n.152/2006). Il deposito di rifiuti derivanti da demolizioni edili, per essere lecito, deve essere temporaneo ed effettuato sul posto. La non assimilazione degli inerti derivanti da demolizione di edifici o da scavi di strade alle terre e rocce da scavo è stata ribadita con il decreto legislativo n.156 del 2006 (cfr. Cass. pen. sez.3 n.103 del 15.1.2008-Pagliaroli). Pertanto gli inerti provenienti da demolizioni o da scavi di manti stradali erano e continuano ad essere considerati rifiuti speciali anche in base al decreto legislativo n.152 del 2006, trattandosi di materiale espressamente qualificato come rifiuto dalla legge, del quale il detentore ha l'obbligo di disfarsi avviandolo o al recupero o allo smaltimento (codice CER 17.00.00). Infine, i residui delle attività di demolizione edile non costituiscono rifiuti speciali se sono destinati ad essere certamente riutilizzati. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del 2.10.2007 del Tribunale di Milano) Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Persegoni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010 (Ud. 2/07/2010), Sentenza n. 37195
RIFIUTI - Rifiuti speciali non pericolosi - Smaltimento tranfrontaliero -
Ipotesi omissiva in concorso con altri - Dirigente dell'U.O. della Regione
Lombardia, competente all’esportazione dei rifiuti - Soggetti non autorizzati e
non in regola - Gestione abusiva - Reato di cui all’art. 51, c. 1, lett. a) D.
L.vo n. 22/1997, (ora art. 256, D. L.vo n. 152/2006) - Art. 521 cod. proc. pen.
- Art. 40 c.p. - Fattispecie. In tema di correlazione tra l'imputazione
contestata e la sentenza, qualora la contestazione comprenda tanto l'ipotesi
omissiva quanto quella commissiva nessuna violazione del principio di cui
all'articolo 521 cod. proc. pen. ha luogo quando le ricostruzioni si mantengano
nei limiti della contestazione, atteso peraltro il criterio sostanzialistico,
improntato alla verifica concreta della sussistenza del pregiudizio dei diritti
della difesa, con il quale va valutato il principio di correlazione (Cass. pen.
sez. 4 n. 24058 del 6.4.2004; Cass. pen. sez. 3 n. 16286 del 18.12.2008). Nella
specie, configurato il reato di gestione abusiva di rifiuti, che con
argomentazioni corrette in fatto ed in diritto è stato ritenuto che, la
contestazione facesse riferimento a contributi causali sia di natura commissiva
che omissiva e che il riferimento all'articolo 40 cpv. c.p. riguardasse,
soltanto le condotte omissive. Pur con una non felice formulazione è
indubitabile, che all'imputato è stato contesto di aver con le sue condotte
omissive e commissive (... omettendo ... utilizzando ...) contribuito
all'abusiva gestione (... operatore di fatto nelle gestione ...) e contribuendo
ad essa evidentemente non l'ha impedita (... non impediva la predetta gestione
abusiva di ingenti quantità di rifiuti ...) ed anzi l'ha agevolata. Inoltre,
l’imputazione descrive in modo preciso i profili soggettivi (persone fisiche e
giuridiche coinvolte), oggettivi (quantitativi di rifiuti trattati), temporali
(dal, al) e spaziali (in ….) e che quanto alle condotte omissive e commissive
non rileva la omessa elencazione (essendo stata descritta la struttura del fatto
e la natura del contributo). (riforma sentenza del 16.10.2009 della Corte di
Appello di Milano) Pres. Onorato, Rel. Amoresano, Ric. V. A..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37194
RIFIUTI - Impianto di recupero in regime di procedura semplificata - Trattamento di codici CER non autorizzati - Frammenti di rivestimenti stradali asfalto contenente catrame - Reato di deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi - Sussiste - Artt. 51, 31 e 33 D. L.vo n. 22/1997 (ora D. L.vo n. 152/2006) - Art. 110 c.p. - Codici 7.1, 7.2 - all. 1, suball. 1 D. M. 5/02/1998. Nei casi in cui l'autorizzazione rilasciata non prevede la possibilità di trattare, in regime di procedura semplificata, frammenti di rivestimenti stradali, indicando, peraltro, espressamente la tipologia dei rifiuti da trattare con richiamo dei rispettivi codici CER (e tra di essi non compariva il codice 17.03.02 asfalto non contenente catrame), è improprio il richiamo ai codici 7.1, 7.2 - all. 1, suball. 1 al Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998 che riguardano il "codice attività". Pertanto, non può esservi alcun equivoco con la possibilità di trattare frammenti di rivestimenti stradali, non essendo questi comprensivi necessariamente di asfalto. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del 21/10/2009 della Corte di Appello di Cagliari) Pres. Onorato - Rel. Amoresano, Ric. M. A. ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/10/2010, Sentenza n. 37193
RIFIUTI - Osservatorio Nazionale sui Rifiuti - Art. 206 bis d.lgs. n. 152/2006 -
Istituzione - Finalità. L’ Osservatorio Nazionale sui Rifiuti trova la sua
fonte primaria nell’art. l’art. 206-bis del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152, recante
“Norme in materia ambientale”, introdotto dall’art.2, comma 29 bis del D.Lgs. 16
gennaio 2008, n. 4. Tale organismo è istituito per garantire l’attuazione delle
norme in materia di gestione dei rifiuti (parte IV del D.Lgs. n. 152 del 2006)
anche in attuazione delle direttive comunitarie in materia sulle varie categorie
degli stessi, atteso che la gestione dei rifiuti costituisce attività di
pubblico interesse ed è disciplinata dalle norme nazionali e comunitarie in
materia ambientale al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e
controlli efficaci, tenendo anche conto della gestione dei rifiuti pericolosi.
Pres. Pugliese, Est. Caminiti - A.C. e altri (avv.ti Pungì e Romito) c.
Ministero del’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Satto) e
altri (n.c.) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. II bis - 18 ottobre 2010, n. 32862
RIFIUTI - Osservatorio Nazionale sui Rifiuti - Art. 9, c. 4 DPR n. 140/2009 -
Cessazione dell’incarico dei componenti - Illegittimità - Finalità di
contenimento della spesa pubblica - Autonomia finanziaria dell’organismo. La
cessazione dell’incarico dei componenti “generalizzata” anche nei confronti di
quelli dell’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti, disposta dall’art.9, comma 4,del
DPR n. 140 del 2009., non può essere legittimata da finalità di contenimento
della spesa pubblica essendo l’Organismo del tutto indipendente e autonomo anche
dal punto di vista finanziario, né risultano emanati i provvedimenti di riordino
dell’Organismo di ridimensionamento e revisione quantitativa e qualitativa delle
professionalità richieste, finalizzati alla cessazione dell’incarico dei
componenti l’organismo collegiale in relazione alla dichiarata razionalizzazione
della struttura statale. Pres. Pugliese, Est. Caminiti - A.C. e altri (avv.ti
Pungì e Romito) c. Ministero del’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare (Avv. Satto) e altri (n.c.) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. II bis - 18 ottobre 2010, n. 32862
RIFIUTI - Osservatorio Nazionale sui Rifiuti - Art. 9 DPR 140/2009 - Potere
di nomina - Conferimento al Ministero dell’Ambiente - Norma di cui all’art. 206
bis del d.lgs. n. 152/2006 - Nomina dei membri dell’ONR - Decreto del Ministro
dell’Ambiente di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico. La norma
recata dall’art.9 del DPR n. 140 del 2009 conferisce il potere di nomina dei
componenti degli organismi di supporto soltanto al Ministro dell’Ambiente,
mentre nello specifico la norma generale gerarchicamente superiore di cui
all’art 206-bis del D.Lgs. n. 152 del 2006, confermato dall’art. 7, comma 1, del
D.P.R. n.90 del 2007, n. 90, dispone invece la nomina dei membri dell’O.N.R.
mediante decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del
Mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Pres. Pugliese, Est.
Caminiti - A.C. e altri (avv.ti Pungì e Romito) c. Ministero del’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Satto) e altri (n.c.) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. II bis - 18 ottobre 2010, n. 32862
RIFIUTI - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Ordinanza contingibile e urgente -
omissione della comunicazione di avvio del procedimento - Presupposto - Urgenza
qualificata. Il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed
urgente (nella specie, di rimozione e smaltimento di rifiuti) giustifica
l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento unicamente in presenza
di un’”urgenza qualificata”, in relazione alle circostanze del caso concreto,
che deve essere debitamente esplicitata in specifica motivazione (Cfr.: T.A.R.
Campania, Sez. V, 3.2.2005, n. 764; T.A.R. Marche, 25 gennaio 2002, n. 97;
T.A.R. Toscana, Sez. II, 14 febbraio 2000, n. 168). Pres. Onorato, Est. Cernese
- Consorzio E. (avv.ti Gallo e Tagliaferro) c. Comune di Afragola (avv.
Schiavone) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 18 ottobre 2010, n. 19881
RIFIUTI - Rimozione e smaltimento - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza
sindacale - Accertamenti effettuati in contraddittorio con i soggetti
interessati. Alla stregua dell’art. 192, II comma, del D.L. vo n. 152/2006,
le misure di rimozione, avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti e di
ripristino ambientale dello stato dei luoghi a carico di “chiunque i divieti di
cui ai commi 1 e 2”, disposte con ordinanza sindacale, sono in ogni caso
condizionate “ad accertamenti effettuati in contraddittorio con i soggetti
interessati, dai soggetti preposti al controllo”. Pres. Onorato, Est. Cernese -
Consorzio E. (avv.ti Gallo e Tagliaferro) c. Comune di Afragola (avv. Schiavone)
-
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 18 ottobre 2010, n. 19881
RIFIUTI - AGRICOLTURA - Spandimento di fanghi biologici - Art. 6 d.lgs. n. 99/92 - Art. 196 d.lgs. n. 152/06 - Comuni - Potestà regolamentare in materia - Esclusione. L’art 6 del D.Lgs. n.99/92 demanda alla Regione la potestà di stabilire “ limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura di fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di colture praticate, alla composizione dei fanghi, alle modalità di trattamento”, nonché di stabilire “ le distanze di rispetto per l'applicazione dei fanghi dai centri abitati, dagli insediamenti sparsi, dai pozzi di captazione delle acque potabili, dei corsi d'acqua superficiali, tenendo conto delle caratteristiche dei terreni (permeabilità, pendenza), delle condizioni meteo climatiche della zona, delle caratteristiche fisiche dei fanghi”; l'art. 196 del D.Lgs. n. 152/06 stabilisce, inoltre, che spetta alla Regione la regolamentazione dell'attività di gestione dei rifiuti. Deve, quindi, considerarsi sottratta ai comuni ogni potestà regolamentare in materia di fanghi biologici, restando riservata agli stessi solo la potestà di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa regolamentare in materia di igiene. Pres. Riccio, Est. Metro - Comune di Lomello (avv. Adavastro) c. C. s.r.l. (avv.ti Ferraris, Masini e Robaldo) - (Conferma T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV, n. 3848/2009) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 15 ottobre 2010, n. 7528
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti non pericolosi - Raccolta, trasporto, recupero
e smaltimento - Attività svolta senza autorizzazione - Piccolo imprenditore
agricolo - Consentita - Imprenditore artigiano - Esclusione - Reato ex art. 256,
c.2, D.Lgs. n. 152/2006 - Configurabilità - Continuità normativa con la
fattispecie ex art. 51, c. 2, D.Lgs. 22/97. Premessa la continuità normativa
tra il disposto del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51, comma 2, e
quello di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2,
relativi alla attività non autorizzata di gestione dei rifiuti. (Cass., sez. 3,
28/11/2007, n. 44289). In tema di autorizzazione per la raccolta, il trasporto,
il recupero e lo smaltimento di rifiuti non pericolosi, il Decreto Legislativo
n. 152 del 2006 esonera dalla sua osservanza solo il piccolo imprenditore
agricolo, prevedendola espressamente all'articolo 302 per l'imprenditore
artigiano. (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del 14.4.2009 del
Tribunale di Salerno, sez. dist. di Cava dei Tirreni) Pres. Onorato - Rel.
Amoroso - Ric. C..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/10/2010, Sentenza n. 35948
RIFIUTI - Gestione di discarica non autorizzata - Comproprietà dell'area - Provvedimento di confisca pro quota - Esclusione - Fondamento - Eccezione - Concorso nel reato - Art. 51, c. 3 D.Lgs. 22/97 (oggi art. 256, D.Lgs. n. 152/2006) - Fattispecie: raccolta di rottami non autorizzata. In caso di condanna per il reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, non è possibile disporre la confisca, anche solo parziale, dell'area sulla quale risulta realizzata la discarica, in caso di comproprietà dell'area stessa, se non nell'ipotesi in cui tutti i comproprietari siano responsabili, quantomeno a titolo di concorso (Cass., sez. 3, 2/07/2009, n. 26950; Cass., sez. 3, 21/02/2006, n. 6441; Cass., sez. 3, 26/02/2002, n. 7430). (riforma sentenza del 17.12.2009 della Corte d'appello di Caltanissetta) Pres. Onorato, Rel. Amoroso, Ric. S.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/10/2010, Sentenza n. 35947
RIFIUTI - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Attività imprenditoriale inquinante - Nozione di titolare di impresa o responsabile di ente - Reato di abbandono di rifiuti - Configurabilità - Art 51, 2° c., d.lgs. n. 22/1997 (ora art. 256, 2° c., d.lgs. n. 152/2006) - continuità normativa - Fattispecie: discarica abusiva di lavorazione di agrumi (cd pastazzo) con deturpazione ed alterazione dei luoghi sottoposti a vincolo paesaggistico (art. 734 c.p.). Ai fini della configurabilità del reato di abbandono di rifiuti cui all'art. 51, comma secondo, d.lgs. n. 22 del 1997 - ora art. 256, comma secondo, d.lgs. n. 152 del 2006, in continuità normativa - per titolare di impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell'attività ma anche colui che eserciti di fatto l'attività imprenditoriale inquinante. Nella specie: il ricorrente è stato sorpreso mentre operava l'attività dello scarico dei rifiuti in un fiume, ciò assicurando la riferibilità all'imputato di tale azione ed assicurando che egli è stato chiamato a rispondere direttamente della sua condotta. L'imputato ha dedotto di essere solo un operario, ma non ha indicato alle dipendenze di chi lavorasse sicché l'obiezione difensiva mossa è stata ritenuta generica ed inidonea dai giudici di merito. (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del 5.10.2009 della Corte d'appello di Messina) Pres. Onorato, Est. Amoroso, Ric. Aronica. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 7/10/2010 (Ud. 22/07/2010), Sentenza n. 35945
RIFIUTI - Discarica abusiva - Realizzazione - Presupposti. La
realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso il vero e proprio
allestimento dell'area con il compimento delle opere occorrenti a tal fine o,
anche, con il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente
destinate all'abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito,
degradato dalla presenza dei rifiuti. (dichiara inammissibile il ricorso avverso
sentenza del 5.10.2009 della Corte d'appello di Messina) Pres. Onorato, Est.
Amoroso, Ric. Aronica.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 7/10/2010 (Ud. 22/07/2010), Sentenza n.
35945
RIFIUTI - Abbandono di rifiuti speciali non pericolosi sul margine della strada - Attività di pulizia conferita a soggetto terzo - Responsabilità del titolare - Onere probatorio - Elemento soggettivo del reato - Reato ex art. 256, c. 2, D.Lgs. 152/2006. La riferibilità dell'abbandono dei rifiuti ad un soggetto si può legittimamente fondare sul fatto che l'ammasso di rifiuti sia frutto di reiterati abbandoni cumulatisi nel tempo, che gli stessi si trovino vicinissimo all’attività del soggetto (nella specie bar), ma anche e soprattutto sul fatto che dentro i sacchi di rifiuti, contenenti principalmente bottiglie e lattine vuote, siano rinvenuti numerosi scontrini di cassa intestati proprio a detta attività. Quanto all'elemento soggettivo del reato, la circostanza che i rifiuti abbandonati si trovino a pochi passi dall'esercizio commerciale dimostra che l'abbandono deriva dalla sua iniziativa o dalla sua incuria, sicché si integra quanto meno l'elemento della colpa per omessa vigilanza, anche in presenza di delega dell'attività di pulizia conferita a soggetto terzo, (in specie, provata documentalmente con fatture). (conferma sentenza del 21/10/2009 della CORTE D'APPELLO di Trento) Pres. Onorato - Est. Franco - Ric. H.A.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2010, Sentenza n. 35777
RIFIUTI - Abbandono di rifiuti - Scarico lungo una strada provinciale all'interno di un bosco di sughereto - Materiale di risulta (asfalto e cemento) - Individuazione della responsabilità - Appaltatore o subappaltatore dei lavori - Necessità - Contratto di nolo a freddo del mezzo - Art. 110 c.p. - Art. 256 D. L.vo n.152/2006. Non può essere affermata la responsabilità, contenuta nell'articolo 256 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, del datore di lavoro sul presupposto che egli fosse il titolare dell'impresa edile, da cui proveniva il materiale di risulta scaricato illecitamente o per il solo fatto che fosse proprietario del veicolo, quando emerge che i lavori erano in subappalto e venga prodotto il contratto di nolo a freddo del mezzo "..senza alcun apporto di manodopera...". (Annulla con rinvio sentenza del 7.7.2009 del Tribunale di Patti) Pres. Onorato, Rel. Amoresano, Ric. S. M.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2010, Sentenza n. 35776
RIFIUTI - Bonifiche ambientali - Piano di caratterizzazione - Progetto di bonifica - Impedimento della formazione - Principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. - Fattispecie: sversamento del cromo esavalente nel corso del procedimento produttivo - Artt. 242 e ss. e 257 D. L.vo n. 152/2006. In materia di bonifiche ambientali, è configurabile il reato contenuto nell’art. 257 del D. L.vo 3 aprile 2006, n. 152, allorché il soggetto «non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti», anche qualora il soggetto, come nel caso di specie, addirittura impedisce la stessa formazione del progetto di bonifica, e quindi la sua realizzazione, attraverso la mancata attuazione del piano di caratterizzazione, necessario per predispone il progetto di bonifica. Non si tratta di non consentita interpretazione estensiva in malam partem o di applicazione analogica della norma penale incriminatrice, ma dell'unica interpretazione sistematica atta a rendere il sistema razionale e non in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Invero, sarebbe manifestamente irrazionale una disciplina che prevedesse la punizione di un soggetto che dà esecuzione al piano di caratterizzazione ma poi omette di eseguire il conseguente progetto di bonifica ed invece esonerasse da pena il soggetto che addirittura omette anche di adempiere al piano di caratterizzazione così ostacolando ed impedendo la stessa formazione del progetto di bonifica. (conferma sentenza emessa il 12/03/2009 dal giudice del tribunale di Udine), Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Morgante. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2010 (Ud. 2/07/2010), Sentenza n. 35774
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Reato di omessa bonifica - Condotta commissiva
(cagionare il superamento dei limiti CSR o l'evento potenzialmente inquinante) -
Inottemperanza al piano di caratterizzazione - C.d. condizione di punibilità a
contenuto negativo - Continuità normativa - Art. 257 D. L.vo n.152/2006 (art. 51
bis D. L.vo n.22/1997). Si configura il reato contenuto nell’art. 257 del D. L.vo 3 aprile 2006, n. 152, allorché il responsabile dell’inquinamento impedisce
di predisporre e di realizzare la bonifica già attraverso la mancata attuazione
del piano di caratterizzazione. Tali comportamenti sono punibili sia ai sensi
del sopravvenuto art. 257 del D. L.vo 3 aprile 2006, n. 152 sia ai sensi ed in
vigenza dell'art. 51 bis d. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. (conferma sentenza
emessa il 12/03/2009 dal giudice del tribunale di Udine), Pres. Onorato, Est.
Franco, Ric. Morgante.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/10/2010 (Ud.
2/07/2010), Sentenza n. 35774
RIFIUTI - Gestione di discarica abusiva - Accumulo del limo per anni -
Mancanza di un progetto di destinazione e del progressivo reimpiego - Deposito
incontrollato - Artt. 186 e 256, c.3° d.lgs. n.152/2006. Ai sensi dell’art.
186 D. L.vo n. 152/2006, l'accumulo del limo per anni, senza un progetto di
destinazione e senza il progressivo reimpiego contrasta con la lettera e le
finalità della legge e comporta un deposito incontrollato non soggetto ad alcuna
procedura di destinazione e di regolarizzazione. (conferma, sentenza del
4/6/2009, TRIBUNALE DI PORDENONE) Pres. Onorato, Est. Marini, Ric. Tonon.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 4/10/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n.
35540
RIFIUTI - Concetto di rifiuto di sottoprodotto e di materia prima secondaria
- Art.183 e All. D) D.Lgs. n.152/2006 - Direttiva 2006/12/CE. La disciplina
introdotta dall'art.183 e dall'allegato D) del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152, in
conformità ai principi comunitari in materia, fornisce una chiara distinzione
tra il concetto di rifiuto e quelli di sottoprodotto e di materia prima
secondaria, così che si versa in materia di rifiuti, e non di sottoprodotti,
nella ipotesi di materiale che non risulti con certezza destinato all'impiego
diretto da parte dell'impresa senza dover ricorrere ad ulteriori attività di
trasformazione preliminare (Corte di Giustizia delle Comunita' Europee, sentenza
11/11/2004, causa C-457/02, Niselli e Cass. Sez. III, 10/11/2006 sentenza n..
37303, Nataloni). (conferma, sentenza del 4/6/2009, TRIBUNALE DI PORDENONE)
Pres. Onorato, Est. Marini, Ric. Tonon.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
4/10/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 35540
RIFIUTI - Regime di gestione -
Affidamento del servizio - Gestioni esistenti - Prosecuzione - Condizioni -
Affidamento con procedura concorsuale - Affidamenti diretti - Cessazione - Artt.
198, 200, 202 e 204 d.lgs. n. 152/2006 - Art. 113, c. 15-ter d.lgs. n. 267/2000. Dal contesto normativo ricavabile dagli artt.
198, 200, 202 e 204 del d.lgs. n. 152/2006 è dato evincere: a) che l’Autorità
d’Ambito ha la titolarità delle funzioni nella materia dei rifiuti e procede
all’affidamento della gestione del ciclo integrato con procedura di evidenza
pubblica ovvero nelle diverse forme previste dalla normativa regionale di
attuazione del TUA; b) che i Comuni, nelle more dell’operatività del nuovo
regime di gestione, conservano la competenza in materia e, quindi, la
legittimazione ad affidare il servizio, ovviamente con procedura di evidenza
pubblica, in conformità alla disciplina nazionale e comunitaria di settore; c)
che le gestioni esistenti, alla data dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 152
(29 aprile 2006), proseguono, sempre che le stesse siano state affidate con
procedura concorsuale, fermo restando la loro cessazione, anche in via
anticipata, nel caso di affidamento al gestore unico; d) che gli affidamenti
diretti, senza gara, invece, sono regolati dall’art. 204, 2° comma, come risulta
testualmente dal richiamo all’art. 113, comma 15 ter del d. lgs. n. 267/2000(che
è appunto la norma sulla cessazione delle gestioni instaurate al di fuori del
modulo concorsuale); e) che per tali affidamenti diretti non solo il legislatore
non ha previsto alcun periodo transitorio, con consequenziale slittamento del
termine di decadenza ex lege del 31.12.2006, ma ha anzi confermato la predetta
scadenza, avendo espressamente sancito l’obbligo di procedere a nuovi
affidamenti in conformità a quanto previsto dal d. lgs. n. 152/2006. Pres. De
Leo, Est. Grasso - S. s.p.a. (avv. Morra) c. Comune di Eboli (avv.ti Rizzo e
Soprano) -
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 23 settembre 2010, n. 11099
RIFIUTI - Gestione del ciclo integrato - Affidamenti in corso - Art. 204, c. 1
del d.lgs. n. 152/2006 - Proroga ex lege - Inconfigurabilità - Decadenza dei
contratti conclusi senza gara - Ordinamento comunitario. L’art. 204. 1°
comma del d.lgs. n. 152/2006 non ha previsto la proroga ex lege degli
affidamenti in corso, essendosi invece limitato a sancire la “permanenza” dei
contratti in corso, stipulati all’esito di procedure di evidenza pubblica,
secondo il proprio regime temporale, fermo restando la cessazione ex lege, anche
anticipata, con l’operatività del nuovo gestore: interpretazione che trova
conferma nell’ultimo comma del citato art. 204, che parla di “scadenza”,
escludendo così la possibilità di una proroga ex lege. Del resto quand’anche
l’art. 204 cit. dovesse essere interpretato nel diverso senso per cui lo stesso
prefigurasse la proroga dei contratti in corso alla data del 29 aprile 2006, si
dovrebbe comunque limitare la proroga ai soli affidamenti del servizio
effettuati con procedura concorsuale. La normativa sulla decadenza dei
contratti, conclusi senza gara, in quanto diretta a conformarsi all’ordinamento
comunitario, infatti, integra sicuramente un regime speciale, prevalente
rispetto alla proroga degli affidamenti ordinari fino alla operatività del
gestore unico dell’A.T.O. Pres. De Leo, Est. Grasso - S. s.p.a. (avv. Morra) c.
Comune di Eboli (avv.ti Rizzo e Soprano) -
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 23 settembre 2010, n. 11099
RIFIUTI - Spandimento di fanghi biologici - Autorizzazione - Istanza di rinnovo
- Termine di centottanta giorni - Art. 208, c. 12 d.lgs. n. 152/2006 - Norma di
carattere generale - Applicabilità alla procedura semplificata prevista dal
successivo art. 210. Il termine di centottanta giorni stabilito ai fini
della tempestività dell’istanza di rinnovo dell’autorizzazione allo spandimento
di fanghi biologici, stabilito dall’art. 208, co. 12, del D.Lgs. n. 152/06, è
norma di carattere generale che tipizza la procedura per l’autorizzazione ed i
rinnovi e che non trova alcun richiamo derogatorio nella diversa procedura
semplificata prevista dal successivo art. 210, che disciplina la diversa
fattispecie del rinnovo dell’autorizzazione per coloro che ne erano già in
possesso al momento dell’entrata in vigore del decreto. Non può pertanto
convenirsi con la tesi secondo cui, non essendo previsti, per tale rinnovo,
termini per la presentazione dell’istanza, questa può proporsi anche
immediatamente prima della scadenza: tale interpretazione contrasta, infatti,
con la disciplina generale dell’art. 208. Pres. Riccio, Est. Metro - Comune di
Lovello (avv. Adavastro) c. Provincia di Pavia (n.c.).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 23 settembre 2010, n. 7073
RIFIUTI - Gestione illecita di rifiuti - Attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti - Confisca del mezzo di trasporto - Artt. 259 e 256 D. Lgs. n. 152/2006. Per il reato di cui all'art. 259 del d. Igs. n. 152/2006, (traffico illecito di rifiuti) è obbligatoria la confisca del mezzo di trasporto. Tale norma contiene, infatti, un riferimento esplicito a tutte le ipotesi di cui all'art. 256, compresa quella del trasporto, senza operare alcuna distinzione in merito all'attività di gestione illecita per la quale i rifiuti sono trasportati. Pertanto, la confisca del mezzo va disposta, non solo nell'ipotesi di trasporto illecito di rifiuti di cui all'art. 256, di trasporto di rifiuti senza formulario o con formulario con dati incompleti o inesatti, ovvero con uso di certificato falso durante il trasporto, ma anche per le attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti allorché tali attività siano compiute utilizzando mezzi di trasporto. I veicoli impiegati per il traffico illecito di rifiuti costituiscono non già i mezzi contingentemente utilizzati per la commissione del reato, ma lo strumento essenziale che integra gli estremi della fattispecie astratta di reato, atteso che la norma punisce una serie di condotte che devono essere realizzate attraverso la predisposizione di mezzi e attività continuative organizzate (Cass. sez. II, 22/12/2004 n.42227). (conferma ordinanza 25.05.2009 del Tribunale di Messina) Pres. De Maio, Est. Teresi, Ric. Galipò. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 20/09/2010 (Cc. 23.6.2010), Sentenza n. 33916
RIFIUTI - Regione Siciliana - T.I.A. - Art. 7, c. 5 l.r. n. 19/2005 - Potere sostitutivo dell’A.R.R.A. - Determinazione della tariffa - Prelievo forzoso dalle casse del Comune - Incompetenza. Il potere sostitutivo dell’A.R.R.A. (Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque), di cui al comma 5 dell’art. 7 della l.r. Sicilia 22.12.2005, n. 19,é relazionato all’esercizio delle competenze alla stessa attribuite, che, in materia di rifiuti, sono esattamente definite, senza, cioè, la previsione di alcuna diposizione di ordine “generale” e con un elenco del tutto puntuale (cfr. art. 7, c. 4): nessuna norma consente, in particolare, la sostituzione in tema di determinazione della TIA e meno che mai il prelievo “forzoso” dalla “casse” del Comune per far fronte alle emergenze determinate dalla gestione dei rifiuti. Pres. Zingales, Est.Savasta - Comune di Nissoria (avv. Segreto) c. Enna - Euno S.p.A. - Ato Enna 1 (avv. Bonura), A.R.R.A. e altri (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR SICILIA, Catania, Sez. I - 20 settembre 2010, n. 3768
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Trattamento e smaltimento - Principio di precauzione - Incertezza circa l’esistenza o la portata di rischi per la salute - Armonizzazione con il principio di proporzionalità. Il principio di precauzione, di derivazione comunitaria, sancito dall'art. 174 par. 2, del Trattato di Roma, trova applicazione in tutti quei settori in cui si manifesta la necessità di un elevato livello di protezione, indipendentemente dall'accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 23 gennaio 2003, n. 260). In tale senso le stesse istituzioni giudiziarie dell’Unione europea hanno avuto modo di affermare l’immediata applicabilità del principio di precauzione quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, e la conseguente possibilità di adottare misure protettive, senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (Tribunale I grado C.E., sez. II, 19 novembre 2009; C.G. C.E. sentenza 14 luglio 1998, causa C-248/95; id. 3 dicembre 1998, causa C-67/97, Bluhme). Il principio è pacificamente ritenuto applicabile alla materia del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti (Corte giustizia C.E., sez. IV, 4 marzo 2010, n. 297), dovendo, peraltro, armonizzarsi, nella concreta applicazione, con quello di proporzionalità, non potendo chiaramente prefigurarsi la prevalenza del primo sul secondo, ma dovendosi ricercare un loro equilibrato bilanciamento in relazione agli interessi pubblici e privati in gioco. Conseguentemente tutte le decisioni adottate dalle autorità competenti in materia ambientale devono essere assistite - in relazione alla pluralità e alla rilevanza degli interessi in gioco - da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di una attività istruttoria parimenti ineccepibile (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 2 novembre 2009, n. 6758). Pres. Nicolosi, Est. Massari - I.C.M. s.r.l. (avv.ti Anselmi, Colzi e Sommovigo) c. Provincia di Massa Carrara (avv. Guccinelli) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 31 agosto 2010, n. 5145
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Reato abituale di condotta - Competenza territoriale - Individuazione - Elemento costitutivo del reato - Art. 260 D. Lgs n. 152/2006. La fattispecie criminosa di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, art. 260 del D. Lgs n. 152/2006 configura un reato abituale di condotta. Pertanto, il luogo di consumazione dello stesso, in quanto si concreta nella commissione di una pluralità di operazioni di traffico illecito di rifiuti attraverso l'allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, si identifica con quello in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato. Sicché, la competenza territoriale per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti deve essere individuata nel luogo in cui le varie frazioni della condotta, per la loro reiterazione, hanno determinato il comportamento punibile. (Cass. sez. III, 3.11.2009 n. 46705, Caserta). Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. Leorati ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/07/2010 (Cc. 08/07/2010), Sentenza n. 29619
RIFIUTI - Abbandono di rifiuti - Proprietario del fondo ordine di rimozione dei rifiuti in ragione della sua sola qualità - Illegittimità - Rimozione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati - Differenza - Corresponsabilità solidale del proprietario o dei titolari di diritti personali o reali di godimento sull'area - Presupposti e limiti - C.d. responsabilità omissiva - Art. 14 d.lgs. n. 22/1997, (oggi D. L.vo n. 156/2006 e s.m.). Ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, (oggi D. L.vo n. 156/2006 e s.m.) sono illegittimi gli ordini di smaltimento di rifiuti abbandonati in un fondo che siano indiscriminatamente rivolti al proprietario del fondo stesso in ragione della sua sola qualità, in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell'amministrazione procedente, sulla base di un'istruttoria completa e di un'esauriente motivazione (quand'anche fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d'esperienza), dell'imputabilità soggettiva della condotta (Cons. Stato, V, n. 1612/2009; C.d.S. n. 807/2008; C.d.S., VI, n. 4525/2005; C.d.S., V, n. 136/05; C.d.S. n. 323/05). Peraltro, a differenza di quanto previsto per la bonifica dei siti inquinati, per la rimozione dei rifiuti non è stato previsto dal legislatore alcun onere reale a carico del proprietario, che possa giustificare l’emanazione dell’ordinanza anche nei suoi confronti. Inoltre, sebbene l'art. 14, comma 3, d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (applicabile "ratione temporis") preveda la corresponsabilità solidale del proprietario o dei titolari di diritti personali o reali di godimento sull'area ove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, solo in quanto la violazione sia agli stessi imputabile a titolo di dolo o colpa, tale riferimento va inteso, per le sottese esigenze di tutela ambientale, in senso lato, comprendendo, quindi, qualunque soggetto che si trovi con l'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell'ambiente; per altro verso, il requisito della colpa postulato da tale norma può ben consistere nell'omissione delle cautele e degli accorgimenti che l'ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un'efficace custodia. (Cassazione civile , sez. un., 25/02/2009 , n. 4472, in fattispecie relativa ad ordinanza nei confronti di un consorzio di bonifica per provvedere alla rimozione, all'avvio al recupero, allo smaltimento ed alla messa in sicurezza dei rifiuti depositati lungo un fiume). Tuttavia, la responsabilità omissiva non può farsi derivare, dall’assenza di atti idonei a rimuovere i rifiuti, in quanto la condotta della rimozione dei rifiuti si pone come conseguenza dell’accertamento della responsabilità, e la sua assenza non può costituire un antecedente logico di tale accertamento. Con riguardo all’omessa vigilanza va rilevato che risulta, in specie, che siano stati gli stessi proprietari a presentare formale denuncia all’autorità giudiziaria nei confronti del responsabile dello stoccaggio. Per cui, la presentazione della menzionata denuncia costituisce ulteriore indice della buona fede dei proprietari e dell’assenza di addebitabilità dello stoccaggio dei rifiuti. (conferma, sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: Sez. I n. 01232/2000) - Pres. Piscitello - Rel. Chieppa - Comune di Genova, rappresentato (avv. Odone e Pafundi) c. Cattaneo ed altro (avv. Cocchi e Villani). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 16/07/2010, Decisione n. 4614
RIFIUTI - Impianto di trattamento
- Definizione del procedimento di approvazione - Termine - Art. 27 d.lgs. n.
22/97 - Natura ordinatoria. Il termine indicato dalla norma ex art. 27 d.lg.
n. 22 del 1997 per la definizione del procedimento di approvazione di impianto
di trattamento rifiuti è meramente ordinatorio, atteso che alla sua scadenza la
norma stessa non ricollega alcuna sanzione e tanto meno la decadenza
dell'esercizio della relativa funzione (T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 15 marzo
2006 , n. 204).
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 15 luglio 2010, n. 2992
RIFIUTI - Art. 27 d.gls. n. 22/97 - Conferenza di servizi - Natura istruttoria.
La conferenza dei servizi prevista dall’art. 27 del d.lgs. n. 22/97 ha
natura istruttoria (Consiglio Stato , sez. V, 11 luglio 2002 , n. 3917): si deve
pertanto escludere che ad essa si applichino le disposizioni dell’art. 14-ter
della L. 241/90 relative alla conferenza decisoria che siano incompatibili con
la natura della conferenza istruttoria, quali quelle che regolano gli effetti
della mancata partecipazione alla conferenza.
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 15 luglio 2010, n. 2992
RIFIUTI - Gestione integrata -
Assetto organizzativo e gestionale - Organizzazione sovracomunale (ATO) -
Appartenenza necessaria dell’ente locale - Singolo comune - Scelta di modalita
di gestione del servizio diverse da quelle individuate dall’Autorità -
Possibilità - Esclusione - Ragioni. Il principio dell’appartenenza
necessaria dell’ente locale all’organizzazione sovracomunale operante in materia
di gestione integrata dei rifiuti, diversamente denominata dalle norme che si
sono succedute, non è discutibile. Se così non fosse, dette Autorità sarebbero
inevitabilmente destinate alla paralisi: in un simile contesto, gli eventuali
conflitti tra le amministrazioni locali coinvolte non possono che trovare la
loro composizione attraverso la mediazione politica esplicabile all’interno
degli organi dell’organizzazione sovracomunale; fermo restando che, alla fine, è
la maggioranza che decide, e che i provvedimenti dell’organizzazione
sovracomunale - se adottati nel rispetto del procedimento di formazione della
volontà degli organi collegiali, ed indenni da vizi di legittimità - risultano
vincolanti anche per la minoranza (cfr., TAR Lazio, Latina, 17 febbraio 2009, n.
124). Così che il singolo ente locale non può intraprendere percorsi autonomi e
scegliere modalità di gestione del servizio diverse da quelle individuate
dall’Autorità (cfr. TAR Lombardia, Brescia, II, 19 novembre 2009, n. 2238).
D’altra parte, tale assetto organizzativo e gestionale discende anche da ragioni
di ordine tecnico. Solo un’organizzazione associata, che comprenda un’area di
adeguate dimensioni e caratteristiche, può assicurare una gestione dei rifiuti
efficiente dal punto di vista ambientale, attraverso l’utilizzazione di una rete
adeguata di impianti, consentendo di conseguire su tutto il territorio nazionale
i livelli di qualità (percentuali di raccolta differenziata; autosufficienza
nella gestione dei rifiuti) indicati dal d.lgs. 152/2006, a tariffe sostenibili
per tutti gli utenti. Pres. Lignani, Est. Ungari - Comune di Assisi (avv.
Caforio) c. Ambito Territoriale Ottimale - A.T.O. - n. 2 “Perugino - Trasimeno -
Marscianese - Tuderte e altro (avv.ti Caia, Colombari e Figorilli) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 9 luglio 2010, n. 402
RIFIUTI - Comune - Autonoma gestione di singole fasi del ciclo dei rifiuti -
Spazzamento, raccolta e trasporto - Possibilità - Esclusione - Principio della
gestione unitaria. L’ordinamento, in linea di principio, non asseconda
l’aspirazione di un Comune ad occuparsi autonomamente del ciclo dei (propri)
rifiuti, o di alcune delle relative fasi (come lo spazzamento delle strade, la
raccolta ed il trasporto). Siccome ciascun Comune, per il collocamento finale
dei rifiuti prodotti sul suo territorio, necessita della collaborazione con gli
altri Comuni compresi nel medesimo ambito e delle sinergie che l’utilizzazione
delle risorse territoriali e delle infrastrutture di ciascuno di essi sono in
grado di generare a vantaggio comune, è del tutto coerente che anche le fasi
antecedenti della raccolta e del trasporto dei rifiuti siano organizzati e
gestiti unitariamente; altrimenti, si perderebbe la possibilità di sfruttare
dette sinergie, e qualcuno degli enti finirebbe per generare costi ambientali
dei quali non sopporta (almeno non integralmente) l’onere, “scaricandoli” sui
Comuni limitrofi (ciò, in contrasto con il principio comunitario del “chi
inquina paga”, sancito dall’articolo 191, par. 2, del Trattato UE). In materia,
la partecipazione dei Comuni al sistema di gestione dei rifiuti urbani ed
assimilati, in base agli articoli 198, commi 1 e 2, e 200, del d.lgs. 152/2006,
si sostanzia in un ruolo consultivo rispetto alla delimitazione degli Ambiti da
parte della Regione, e nell’esercizio del potere regolamentare. Pres. Lignani,
Est. Ungari - Comune di Assisi (avv. Caforio) c. Ambito Territoriale Ottimale -
A.T.O. - n. 2 “Perugino - Trasimeno - Marscianese - Tuderte e altro (avv.ti Caia,
Colombari e Figorilli) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 9 luglio 2010, n. 402
RIFIUTI - Art. 2, c. 186-bis della L. n. 191/2009, introdotto dall’art. 1, c.
1-quinquies del d.l. n. 2/2010, conv. in L. n. 42/2010 - Soppressione delle
Autorità d’Ambito - Gestione sovracomunale - Cessazione - Esclusione -
Riallocazione delle funzioni. La gestione sovracomunale dei rifiuti non è
venuta meno neanche a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 2, comma
186-bis, della legge 191/2009, come introdotto dall’articolo 1, comma
1-quinquies, del d.l. 2/2010, convertito in legge 42/2010. Detta disposizione,
infatti, prevede la soppressione delle Autorità di Ambito, ma dispone che, entro
un anno, “le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle
Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza”. Il Legislatore statale, in tal modo, non ha voluto senz’altro
ripudiare la scelta di gestire il servizio in un ambito sovracomunale; ma
soltanto consentire una riallocazione delle funzioni (alla Regione, alle
Province, a forme associative o convenzionali tra Comuni) secondo le diverse
esigenze dei territori e delle collettività regionali, prevedendo comunque
(evidentemente, per ragioni di contenimento della spesa) l’eliminazione di un’entificazione
autonoma del soggetto titolare delle funzioni (altrimenti, come già avvenuto ad
opera del precedente comma 186 per la soppressione dei Consorzi di funzioni,
avrebbe disposto semplicemente la retrocessione ai Comuni dei relativi compiti).
Pres. Lignani, Est. Ungari - Comune di Assisi (avv. Caforio) c. Ambito
Territoriale Ottimale - A.T.O. - n. 2 “Perugino - Trasimeno - Marscianese -
Tuderte e altro (avv.ti Caia, Colombari e Figorilli) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 9 luglio 2010, n. 402
RIFIUTI - Gestione sovracomunale - Obiettivo - L’Efficienza ed efficacia del
sistema nel suo complesso - Singole gestioni - Maggiore economicità -
Irrilevanza - Prospettiva solidaristica. Obbiettivo della disciplina in
materia di gestione sovracomunale dei rifiuti, è l’efficienza ed efficacia del
sistema regionale nel suo complesso (articolo 12, comma 4, l.r. 14/2002), non
quale sommatoria di tante gestioni ottimali quanti sono gli enti locali
interessati. In ogni caso, se anche se il costo del servizio sostenuto dal
singolo Comune anteriormente al contratto di servizio fosse effettivamente
inferiore, ciò di per sé non inficierebbe la scelta dell’ATI, dato che questa si
giustifica alla luce dell’esigenza di considerare le diseconomie ambientali,
nonché le opportunità tecniche ed infrastrutturali, all’interno di un ambito
territoriale adeguato, in una prospettiva sia di ottimizzazione del servizio,
sia strettamente solidaristica. Pres. Lignani, Est. Ungari - Comune di Assisi
(avv. Caforio) c. Ambito Territoriale Ottimale - A.T.O. - n. 2 “Perugino -
Trasimeno - Marscianese - Tuderte e altro (avv.ti Caia, Colombari e Figorilli) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 9 luglio 2010, n. 402
RIFIUTI - Piano d’ambito - Contenuti obbligatori - Art. 203, c. 3 d.lgs. n.
152/2006. I contenuti obbligatori del Piano d’Ambito sono definiti
dall’articolo 203, comma 3, del d.lgs. 152/2006. Detta disposizione prevede che
il Piano sia “comprensivo di un programma degli interventi necessari,
accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed
organizzativo. Il piano finanziario indica, in particolare, le risorse
disponibili, quelle da reperire, nonché i proventi derivanti dall’applicazione
della tariffa sui rifiuti per il periodo considerato”. Pres. Lignani, Est.
Ungari - Comune di Assisi (avv. Caforio) c. Ambito Territoriale Ottimale -
A.T.O. - n. 2 “Perugino - Trasimeno - Marscianese - Tuderte e altro (avv.ti Caia,
Colombari e Figorilli) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 9 luglio 2010, n. 402
RIFIUTI - Servizio di gestione - Corrispettivo - Applicazione e riscossione -
TARSU e TIA - Differenza. Il corrispettivo del servizio di gestione dei
rifiuti viene applicato e riscosso dai Comuni singolarmente, finché essi
mantengono il regime della TARSU; una volta completata la transizione al sistema
della TIA, questa viene determinata tramite l’Autorità di Ambito e riscossa dal
gestore (articolo 201, comma 2, e 238 del d.lgs. 152/2006). Pres. Lignani, Est.
Ungari - Comune di Assisi (avv. Caforio) c. Ambito Territoriale Ottimale -
A.T.O. - n. 2 “Perugino - Trasimeno - Marscianese - Tuderte e altro (avv.ti Caia,
Colombari e Figorilli) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 9 luglio 2010, n. 402
RIFIUTI - Collocamento in discarica - Direttiva 1999/31/CE - Regola del previo
trattamento - Temperamento - Principio di proporzionalità - Non necessità e
inidoneità rispetto allo scopo perseguito. In applicazione del principio
generale di proporzionalità, il quale implica la positiva affermazione della
necessità di una misura, della sua idoneità allo scopo da raggiungere e della
stretta adeguatezza rispetto allo scopo da raggiungere, al fine di evitare un
inutile sacrificio economico non giustificato dal fine di raggiungere obiettivi
di tutela dell’ambiente e della salute, la regola del previo trattamento -
inteso come processo fisico, termico, chimico, o biologico, inclusa la cernita,
che modifichi le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o
la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero (cfr.
art. 2, lett. h della direttiva 1999/31/CE), che ha lo scopo di ridurre la
quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana o l’ambiente - subisce dei
temperamenti nella stessa direttiva(art. 6) quando superi la soglia della non
necessità e dell’inidoneità rispetto allo scopo perseguito. Pres. Di Nunzio,
Est. Mielli - I. s.r.l. (avv.ti Biondaro e Curato) c. Regione Veneto (avv.ti
Zanon, Munari e Zanlucchi) -
TAR VENETO, Sez. III - 7 luglio 2010, n. 2875
RIFIUTI - Conferimento di rifiuti pericolosi in discariche di rifiuti non
pericolosi - Stabilità e non reattività - Criteri di ammissibilità ex art. 6 DM
3 agosto 2005 - Colaticcio - Previo trattamento di solidificazione o
vetrificazione - Necessità - Esclusione. Il conferimento di rifiuti
pericolosi nelle discariche di rifiuti non pericolosi è ammesso quando siano
stabili e non reattivi, e presentino i criteri di ammissibilità previsti
dall’art. 6 del DM 3 agosto 2005, evidenziando in tal modo un comportamento del
colaticcio equivalente a quello dei rifiuti non pericolosi (come prescritto
dall’ art. 6, lett. c, punto iii della direttiva 1999/31/CE): ove sia
analiticamente provata la presenza delle predette caratteristiche, non è
necessario un previo trattamento di solidificazione o vetrificazione. Pres. Di
Nunzio, Est. Mielli - I. s.r.l. (avv.ti Biondaro e Curato) c. Regione Veneto
(avv.ti Zanon, Munari e Zanlucchi) -
TAR VENETO, Sez. III - 7 luglio 2010, n. 2875
RIFIUTI - Traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti - Falsi formulari di identificazione rifiuti - Sequestro e restituzione con prescrizioni - Fattispecie - Art. 260, c.1, D.Lgs. n. 152/2006 - Art. 258, c.4, D. L.vo n. 152/2006. Appare contrario alla logica del sistema di garanzie adottato dal legislatore a tutela di diritti costituzionalmente garantiti ritenere che il giudice che abbia concesso il sequestro non abbia poi anche il potere di decidere su istanze che comportano in fatto una sostanziale modifica della misura cautelare o che incidano sulla stessa. Fattispecie: in tema di restituzione di beni in sequestro preventivo - impianto di stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi - con prescrizioni. (dichiara inammissibili i ricorsi avverso l'ordinanza emessa il 25/05/2009 dal tribunale del riesame di Brindisi) Pres. De Maio, Est. Franco, Ric. PM in proc. Vidori. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/07/2010 (Cc. 19/06/2010), Sentenza n. 26213
RIFIUTI - Abbandono - Obbligo di rimozione e smaltimento - Proprietario dell’area - Presupposto - Abbandono in concorrenza omissiva. Ai fini dell’imposizione, al proprietario dell’area interessata, dell’obbligo di rimozione e smaltimento di rifiuti abbandonati, è necessario che l’autorità comunale dimostri, in odo non equivoco, che i rifiuti siano stati ivi abbandonati almeno in concorrenza omissiva da parte del proprietario ed ivi continuino ad insistere per disponibilità del medesimo. Pres. Petruzzelli, Est. Mosconi - S. s.p.a. (avv. Ballerini) c. Comune di Rodengo Saiani (avv. Bonomi) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 23 giugno 2010, n. 2368
RIFIUTI - Abbandono - Obbligo di rimozione e smaltimento - Proprietario - Assenza di prove in ordine alla cooperazione nell’abbandono - Illegittimità. L’obbligo di rimozione e smaltimento non può essere accollato in modo automatico al proprietario, a carico del quale non vi siano prove dell’avvenuta cooperazione nell’illecita attività di abbandono. Pres. Balba, Est. Peruggia - B. s.r.l. (avv.ti Manzi, Gerbi e Massa) c. Comune di Sarzana (avv. Cozzani) - TAR LIGURIA, Sez. I - 18 giugno 2010, n. 5506
RIFIUTI - Gestione di rifiuti - Chiusura di una discarica - Materiali provenienti da operazioni di sbancamento - Area già adibita a discarica - Disciplina sui rifiuti - Applicazione - Normativa su terre e rocce da scavo - Applicazione - Esclusione - Art. 13, c. 1, D. Lgs n.36/2003 - D. L.vo n. 152/2006 - D. Lgs n. 22/97. Anche dopo la chiusura di una discarica, ai sensi dell'art. 13, comma 1, del D. Lgs 13 gennaio 2003 n. 36, devono essere osservate le norme in materia di gestione di rifiuti, pertanto i materiali provenienti da operazioni di sbancamento nell'area destinata a discarica sono in ogni caso sottoposti alla normativa sui rifiuti. Nella specie, i materiali utilizzati per operazioni di riempimento provenivano da un'area già adibita in passato a discarica, sicché agli stessi non possono in nessun caso applicarsi le disposizioni in materia di terre e rocce da scavo. (Conferma sentenza della Corte di Appello di Cagliari del 16.10.2009, a conferma del Tribunale di Cagliari, sez. dist. di Iglesias, del 20.5.2008) Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Mascia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22767
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Legale rappresentante di persona giuridica -
Responsabilità penale - Configurabilità - Eventuale esimente - Onere della
prova. In materia di smaltimento di rifiuti, l'amministratore di una società
che gestisce un impianto produttivo é destinatario degli obblighi previsti dalle
norme di settore, in qualità di legale rappresentante. Pertanto, si configura la
responsabilità penale, quanto meno per colpa, se il legale rappresentante di una
persona giuridica non adotti tutte le misure idonee ad assicurare il corretto
smaltimento dei rifiuti e se non assolva l'onere di provare che il servizio di
prevenzione sia funzionante e che ad esso sia preposto un dirigente
responsabile. (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza della Corte
d'Appello di Roma del 19.06.2009) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Mancini.
CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22765
RIFIUTI - Impresa produttrice di rifiuti - Disciplina sullo smaltimento dei
rifiuti - Legale rappresentante di una società - Responsabilità - Norme
ambientalistiche - Osservanza ope legis. L'osservanza delle
norme, in materia di smaltimento di rifiuti, consegue, ope legis e chi è
destinatario di esse, anche il legale rappresentante di una società, é tenuto a
osservarle. Sicché, la formazione di un deposito incontrollato in assenza delle
prescritte autorizzazioni configura, la responsabilità del legale rappresentante
dell'impresa produttrice di rifiuti, tenuto a vigilare che propri dipendenti o
altri sottoposti o delegati osservassero le norme ambientalistiche. (dichiara
inammissibile il ricorso avverso sentenza della Corte d'Appello di Roma del
19.06.2009) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Mancini.
CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22765
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Attività di gestione non autorizzata -
Responsabilità - Posizione di garanzia nei confronti del produttore dei rifiuti
- Dipendenti o altri sottoposti o delegati - Vigilanza - Obbligo - Art. 183, c.
1, lett. b), d. lgs. n. 152/2006. In materia di smaltimento di rifiuti, è
configurabile una posizione di garanzia nei confronti del produttore dei rifiuti
il quale é tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati
osservino le norme ambientalistiche, dovendosi intendere produttore di rifiuti,
ai sensi dell'art. 183, comma 1, lett. b), del d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, non
soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei
rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta
produzione. Inoltre, la responsabilità per l'attività di gestione non
autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e
volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i
doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per
evitare illeciti nella predetta gestione, e che legittimamente si richiedono ai
soggetti preposti alla direzione dell'azienda [Cassazione Sezione III n.
47432/2003]. (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza della Corte
d'Appello di Roma del 19.06.2009) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Mancini.
CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22765
RIFIUTI - Reato di deposito incontrollato di rifiuto - Configurabilità.
Il reato di deposito incontrollato di rifiuto si configura, quando si accerti
attività di stoccaggio e smaltimento di rifiuti, dovendosi considerare tali i
materiali ammassati, senza autorizzazione alcuna, sull'area. (dichiara
inammissibile il ricorso avverso sentenza della Corte d'Appello di Roma del
19.06.2009) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Mancini.
CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22765
RIFIUTI - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Impianti per il trattamento dei rifiuti
che comportano emissioni nell'atmosfera - Limiti di emissione ed obbligo di
comunicazione - Continuità normativa tra le disposizioni di cui all'art. 24 e
segg. del d.P.R. n.203/1988 e quelle di cui all'art. 279 d. lgs. n. 152/2006.
In tema di inquinamento atmosferico, sussiste continuità normativa tra le
disposizioni di cui all'art. 24 e segg. del d.P.R. n.203/1988 e quelle di cui
all'art. 279 d. lgs. n. 152/2006, atteso che in entrambe le disposizioni è
previsto il rispetto dei limiti di emissione, l'obbligo di comunicare la messa
in esercizio dell'impianto, l'obbligo di comunicare all'autorità competente i
dati relativi alle emissioni. Sicché, in tema di gestione dei rifiuti, gli
impianti per il trattamento degli stessi che comportano emissioni nell'atmosfera
sono soggetti sia alla disposizioni di cui al d. Igs. 5 febbraio 1997 n. 22 in
materia di rifiuti, sia a quelle di cui al d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203,
entrambi sostituiti dal d. Igs 3 aprile 2006 n. 152" [Cassazione 08051/2007].
(dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza della Corte d'Appello di
Roma del 19.06.2009) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Mancini.
CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22765
RIFIUTI - Scarti dell'attività di panificazione - Qualificazione dei rifiuti
provenienti dalla gestione di un forno - Smaltimento attraverso la nettezza
urbana - Esclusione - Qualificazione come compost o sottoprodotti - Esclusione -
Fattispecie - Art. 256 c. 1 lett. a) D. lgs. n. 152/2006. I materiali
provenienti da scarti dell'attività industriale di panificazione destinati allo
smaltimento e sparsi alla rinfusa, parzialmente ricoperti di vegetazione
spontanea, su un'area attigua al laboratorio, trattandosi di residui di
lavorazione, sono da considerarsi rifiuti. La natura degli stessi, nella specie,
frammisti a residui d’incenerimento di bancali di legno e a parti di metallo,
richiede il rispetto della normativa sui rifiuti di cui al d. lgs. n. 152/2006 e
preclude lo smaltimento attraverso la nettezza urbana. Per concludere, tali
materiali non possono essere qualificati neppure come compost o sottoprodotti
trattandosi, in realtà, di rifiuti sparsi alla rinfusa e insuscettibili di
riutilizzazione. (conferma sentenza del Tribunale di Urbino del 28.05.2009)
Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Larghetti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n.
22757
RIFIUTI - TUTELA DELL’AMBIENTE - Gestione illecita dei rifiuti - Violazione
della normativa ambientale - Danno sostanziale al territorio e all'ambiente -
Enti locali - Costituzione di parte civile. In tema di gestione dei rifiuti
è ipotizzabile anche per gli enti locali un danno sostanziale che li rende
portatori dell'interesse a costituirsi parte civile potendo dalla violazione
della normativa ambientale derivare danno al territorio e all'ambiente
[Cassazione Sez. III n. 755/2009; Cass. n. 29214/2003]. (conferma sentenza del
Tribunale di Urbino del 28.05.2009) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Larghetti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n.
22757
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti
sanitari - Abbandono o deposito incontrollato - Responsabilità dei
titolari o rappresentanti delle strutture, enti o persone giuridiche. In
materia di rifiuti costituiti da medicinali, dell’abbandono o del deposito
incontrollato deve essere chiamato a rispondere il soggetto che nella struttura
sanitaria ricopre la qualifica di amministratore o direttore generale o di
presidente. Lo stesso, è tenuto, ope legis, a vigilare che i propri
dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche.
(dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza resa dal Tribunale di
Milano, sezione distaccata di Rho, in data 1/4/08) Pres. Onorato, Est. Gazzara,
Ric. Bianchi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n.
22755
RIFIUTI - Abbandono dei rifiuti - Soggetti responsabili - Omessa vigilanza - Art. 110 c.p. - Art. 256, d.Lvo 152/06 (ex art. 51, d.Lvo n. 22/97) - D. L.vo n.4/08 - Art. 2082 c.c.. In tema di gestione dei rifiuti, il reato di abbandono incontrollato di essi è ascrivibile ai titolari di enti ed imprese ed ai responsabili di enti, anche sotto il profilo della omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti che hanno posto in essere la condotta illecita ( Cass.18/5/07, n. 24376). Si tratta della applicazione del principio generale della responsabilità per il mancato rispetto della normativa di settore, come delineata dal D. L.vo 3/4/06, n. 152, modificato dal D. L.vo 16/1/08, n. 4, discendente dalla attività di produzione di beni e servizi organizzata sotto forma di impresa, individuale o societaria o gestita in via istituzionale. Inoltre, il reato di cui alla imputazione, ex art. 256 (prima previsto e punito dall'art. 51, d.Lvo n.22/97), è ipotizzabile non solo in capo alle imprese o agli enti che effettuano una delle attività indicate nel co. 1 dello stesso articolo, ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all'art. 2082 c.c. o ente con personalità giuridica o operante di fatto (Cass. 2/3/04, n. 9544 ). Fattispecie: abbandono incontrollato di rifiuti non pericolosi (pneumatici fuori uso), riempiendo con gli stessi interamente un autocarro lasciandolo parcheggiato sulla via pubblica. (conferma sentenza resa dal Tribunale di Genova il 2/7/09) Pres. Onorato, Est. Gazzara, Ric. De Salve. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n. 22754
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti
- Persona giuridica e responsabilità - Fattispecie - Art. 51, c.4, d. L.vo 22/97
(oggi D.L.vo n. 152/2006 e s.m.). In materia di smaltimento dei rifiuti, al
legale rappresentante di una società è attribuita una posizione di garanzia, per
cui è tenuto, ope legis, a vigilare che i propri dipendenti o altri sottoposti o
delegati osservino le norme ambientalistiche (Cass. Sez. III n. 24732/2007).
Fattispecie: smaltimento autorizzato o non - rottura del nastro di carico.
(conferma sentenza del Tribunale di Avezzano del 6.06.2008) Pres. Onorato, Est.
Teresi, Ric. Bisegna.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n.
22752
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti non previsti nell'autorizzazione - Rottura
del nastro di carico - Violazione della disciplina sui rifiuti - Sussistenza.
L'irrazionale trattamento dei RSU consistente nella mancata selezione e
stabilizzazione della frazione organica a causa della rottura del nastro di
carico, rientra nella violazione della disciplina sui rifiuti. Pertanto, non era
possibile effettuare il loro carico nell'impianto per la separazione della
frazione secca da quella organica da destinare alla stabilizzazione. (conferma
sentenza del Tribunale di Avezzano del 6.06.2008) Pres. Onorato, Est. Teresi,
Ric. Bisegna.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 29/04/2010), Sentenza n.
22752
RIFIUTI - Nozione di
sottoprodotto - Riutilizzo senza trattamenti nel corso del processo di
produzione - Produttore e detentore - Differenza - Art. 183, c. 1, lett. p), D.
Lgs. n.152/2006 come mod. dal D. Lgs. n. 4/2008. E’ ravvisabile un
sottoprodotto in quanto il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una
materia prima sia non solo eventuale, ma "certo, senza previa trasformazione, ed
avvenga nel corso del processo di produzione" [Corte di giustizia sez. Il,
11/11/2004, C-457/02]. Sicché, per escludere la disciplina sui rifiuti è
necessario che a destinare il sottoprodotto al riutilizzo senza trattamenti di
tipo recuperatorio sia lo stesso produttore e non un semplice detentore cui la
sostanza sia stata conferita a qualche titolo. (annulla con rinvio sentenza
pronunciata dal Tribunale di Montepulciano del 13.01.2009) Pres. Onorato, Est.
Teresi, Ric. PM in proc. Guidetti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza n.
22743
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Sottoprodotto - Qualificazione - Disciplina
sui rifiuti - Regime derogatorio - Art. 183, c. 1, lett. p), D. Lgs. n.152/2006
come mod. dal d. lgs. n. 4/2008. In tema di gestione dei rifiuti, ai fini
dell'applicabilità del regime derogatorio contemplato per i sottoprodotti, si
richiede che le sostanze o i materiali non siano sottoposti a operazioni di
trasformazione preliminare [d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 183, comma 1,
lett. p), come modificato dal d. lgs. 16 gennaio 2008, n. 4], perché tali
operazioni fanno perdere al sottoprodotto la sua identità [Cass. Sez. III n.
14323/2008; Cass. n.37303/2006; Cass. n. 14557/2007]. (annulla con rinvio
sentenza pronunciata dal Tribunale di Montepulciano del 13.01.2009) Pres.
Onorato, Est. Teresi, Ric. PM in proc. Guidetti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza n.
22743
RIFIUTI -
VIA - Discarica - Impatto sul territorio - Intera area funzionale
all’esercizio - Coinvolgimento di comune diverso da quello nel cui territorio è
prevista la localizzazione. L’impatto sul territorio, idoneo a giustificare
il coinvolgimento, nella procedura di VIA, di un comune diverso da quello nel
cui territorio è prevista la localizzazione dell’impianto, non può ritenersi
circoscritto all’area destinata alla escavazione, ove si valuta di realizzare la
discarica, ma deve essere esteso fino a ricomprendere l’intera area funzionale
all’esercizio della discarica medesima. Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - CVI
(avv.ti Tassetto e Zambelli) c. Provincia di Vicenza (avv.ti Bolisani, Balzani,
Mistrorigo, Fracasso e Sartori) e Comune di Rosà e altri (avv. Battaglini) -
TAR VENETO, Sez. III - 14 giugno 2010, n.
2512
RIFIUTI -
VIA - Realizzazione ed esercizio di discarica su area di cava in atto
- Condizioni. La realizzazione e l’esercizio di una discarica possono essere
consentiti sull’area di una cava, in atto, una volta esaurita l’attività
estrattiva anche solo su una porzione della cava medesima, sempre che vi siano
le condizioni per organizzare e svolgere in modo differenziato l’attività di
discarica e quella di cava , al fine di consentire il regolare svolgimento
dell’attività di trasporto connessa con la cava e la discarica (cfr. DGRV n.
924/98 -direttiva sull’applicazione delle ll. reg. nn. 44/82 e 33/85). Pres. Di
Nunzio, Est. Buricelli - CVI (avv.ti Tassetto e Zambelli) c. Provincia di
Vicenza (avv.ti Bolisani, Balzani, Mistrorigo, Fracasso e Sartori) e Comune di
Rosà e altri (avv. Battaglini) -
TAR VENETO, Sez. III - 14 giugno 2010, n.
2512
RIFIUTI - Reato di realizzazione o gestione di discarica abusiva - Sentenza di condanna e/o c.d. patteggiamento - Confisca obbligatoria - Limiti - Art.51 c. 3° D.L.vo n.22/1997 oggi art. 256 c.3° D.L.vo n. 152/06 - - Art. 240 c.p. - Art. 444 c.p.p.. Per espressa disposizione dell’art. 51 comma 3 D.L.vo 5 febbraio 1997 n.22 (oggi art. 256 c.3° D.L.vo n. 152/06), “…alla sentenza di condanna o alla decisione emessa ai sensi dell'art.444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato...”. Pertanto, si può disporre la confisca dell'area su cui è stata realizzata la discarica abusiva, in quanto essa sia di proprietà (e non meramente “appartenente”) dell’autore o del compartecipe del reato. Inoltre, in caso di condanna per il reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, di cui all'art.51 comma terzo del D.L.gs. 5 febbraio 1997 n.22, non è possibile disporre la confisca dell'area sulla quale risulta realizzata la discarica, in caso di comproprietà dell'area stessa, se non nell'ipotesi in cui tutti i comproprietari siano responsabili, quantomeno a titolo di concorso, del reato di cui al citato art.51 c.3° (Cass. sez.3 n.6441 del 24.1.2006; Cass. sez.3 n.26950 del 7.4.2009). (annullata senza rinvio, ordinanza del 17.42009 - Corte di Appello di Catania) Pres. De Maio Est. Amoresano Ric. Failla. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/06/2010 (Cc. 22/04/2010), Sentenza n. 22236
RIFIUTI - Impianti di trattamento - Atti approvativi - Comune -
Legittimazione all’impugnazione - Sussistenza - Rappresentatività degli
interessi radicati nel territorio - Interesse pubblico differenziato e
qualificato. I Comuni sono in linea generale riconosciuti quali titolari
di una situazione rappresentativa degli interessi radicati nel proprio
territorio, in specie nel nuovo contesto costituzionale in cui
all'equiparazione tra diversi livelli di governo, come fissata dall'art. 114
Cost., si accompagna l'emersione del principio di sussidiarietà quale
parametro di affidamento delle funzioni amministrative. Nella sua qualità di
ente esponenziale, portatore in via continuativa di interessi radicati nel
proprio territorio che fanno capo ad una circoscritta e determinata
popolazione residente, il Comune è dunque portatore di un interesse pubblico
differenziato e qualificato tale da giustificare l'impugnativa di atti
incidenti su tali interessi, come in tema di impugnativa di atti approvativi
di rilevanti impianti che possano avere significative ricadute sull’ambiente
e sulla qualità della vita. Pres. Mariuzzo, Est. Stevanato - Comune di
Mezzocorona e altro (avv. Dragogna) c. Comune di Trento (avv.ti Colpi e
Leone) e Provincia autonoma di Trento (avv.ti Pedrazzoli, Fozzer e Leone) -
T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento - 11 giugno 2010, n. 158
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Impianti di combustione, con recupero energetico,
di RSU - Progettazione, realizzazione e gestione - Prescrizione di utilizzo
delle BAT - Riferimento a tecnologie già collaudate - Contraddittorietà -
Esclusione - Ragioni. Non è contraddittoria, in seno agli atti di
indizione di una gara per la progettazione, realizzazione e gestione di un
impianto di combustione, con recupero energetico , di rifiuti urbani, la
prescrizione dell’impiego di BAT già collaudate in almeno tre impianti
esistenti in Europa. La scelta rappresenta infatti un giusto contemperamento
tra l’esigenza di impiegare le tecnologie più avanzate e quella di avere la
garanzia che esse siano affidabili nel tempo e non lo siano soltanto
teoricamente, ma siano state già proficuamente in uso in impianti esistenti.
Pres. Mariuzzo, Est. Stevanato - Comune di Mezzocorona e altro (avv.
Dragogna) c. Comune di Trento (avv.ti Colpi e Leone) e Provincia autonoma di
Trento (avv.ti Pedrazzoli, Fozzer e Leone) -
T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento - 11 giugno 2010, n. 158
RIFIUTI - Liquidi trasportati con
auto spurgo - Disciplina sui rifiuti - Applicabilità - Art. 256 D.L.vo n.
152\06. I liquami vanno ricompresi nella categoria dei rifiuti, sicché,
anche nel caso di smaltimento di reflui trasportati su auto spurgo è
configurabile il reato previsto dall'articolo 256 D.L.vo n. 152\06. (conferma
sentenza n. 10035/2008 TRIB. SEZ. DIST. di MANDURIA, del 28/04/2009) Pres.
Onorato, Est. Sarno, Ric. Chianura.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/06/2010 (Ud. 22/04/2010), Sentenza n.
22036
RIFIUTI - Nozione di rifiuti allo stato liquido - Fattispecie: liquame di
scarico - Art. 51 D.L.vo n. 22/97 riprodotto nell’art. 256 D.L.vo n. 152\06 - D.
L.vo n. 152/1999. Sono da considerarsi rifiuti allo stato liquido, soggetti
alla disciplina dell'art. 256 D.Lgs. n. 152 del 2006, i reflui stoccati in
attesa di un successivo smaltimento, fuori del caso delle acque di scarico,
ovvero di quelle oggetto di diretta immissione nel suolo, nel sottosuolo o nella
rete fognaria mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento (Cass.
Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009) e che l'interruzione funzionale del nesso di
collegamento diretto fra la fonte di produzione del liquame ed il corpo
ricettore determina la trasformazione del liquame di scarico in un ordinario
rifiuto liquido, con la conseguente inapplicabilità delle disposizioni del
decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 ed il necessario rispetto delle
previsioni del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22. (Fattispecie nella
quale i liquami erano provenienti dall'attività di espurgo Cass. Sez. 3, n. 43
849 del 06/11/2007). Infine, le tematiche valevoli per articolo 51 D.L.vo n.
22/97 sono a fortiori riproponibili per la violazione dell'articolo 256 D.L.vo
n.152/06 che riproduce la prima disposizione. (conferma sentenza n. 10035/2008
TRIB. SEZ. DIST. di MANDURIA, del 28/04/2009) Pres. Onorato, Est. Sarno, Ric.
Chianura.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/06/2010 (Ud. 22/04/2010), Sentenza n.
22036
RIFIUTI - Nozione di veicolo
fuori uso - Iscrizione negli elenchi del P.R.A. - Ininfluenza - Lett. d) c.
2 art. 3 D.L.vo n.309/03. La circostanza che un veicolo risulti ancora
iscritto negli elenchi del P.R.A. (Pubblico Registro Automobilistico) non ne
esclude la natura di rifiuto speciale, nel caso in cui il suo stato di
degrado lo renda inidoneo alla circolazione (Cass. Sez. 3, n. 20424 del
27/01/2009). Pertanto, tenuto conto di quanto sancito alla lettera d) del
comma 2 dell'art. 3 D.L.vo n.309/03 , deve essere considerato "fuori uso"
sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia
l'obbligo di disfarsi, sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente
privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della materiale
consegna a un centro di raccolta, sia quello che - come nella specie -
risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata
(Cass. Sez. 3, n. 33789 del 23/06/2005). (conferma sentenza n. 3057/2008
CORTE APPELLO di FIRENZE, del 20/03/2009) Pres. Onorato, Est. Sarno, Ric.
Brilli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza
n. 22035
RIFIUTI - Reato di deposito incontrollato di rifiuti - Nozione - Art. 51,
c. 2° decreto legislativo n. 22/1997 oggi art. 256 del DLvo 152/06 - L. n.
426/1998. Il reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui all'art.
51, comma secondo, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, è
ipotizzabile non soltanto in capo alle imprese o agli enti che effettuano
una delle attività indicate al comma primo del citato art. 51 (raccolta,
trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti),
ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all'art. 2082 cod.
civ., o ente, con personalità giuridica o operante di fatto, atteso che il
precedente riferimento alla attività di gestione dei rifiuti originariamente
previsto dal comma in questione risulta soppresso con legge 9 dicembre 1998
n. 426 (Sez. 3, n. 9544 del 11/02/2004 Rv. 227570). Tali considerazioni non
possono che essere ribadite per l'art. 256 del DLvo 152/06 che riproduce
l'art. 51 co. 2 nella più recente formulazione. (conferma sentenza n.
3057/2008 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 20/03/2009) Pres. Onorato, Est.
Sarno, Ric. Brilli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza
n. 22035
RIFIUTI - INQUINAMENTO IDRICO - Gestione dei rifiuti messi illegalmente in scarico Inadempimento di Stato - Protezione delle acque sotterranee - Tutela dell’ambiente - Direttiva 2006/12/CE - Direttiva 80/68/CEE. Non avendo adottato le misure necessarie nel quadro della gestione dei rifiuti depositati illegalmente nelle vecchie carriere di limasti e Linos, situate nel comune di Lourosa, la repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi che gli incombono in virtù rispettivamente degli articoli 4 e 8 della direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti, che codificano la direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti, e degli articoli 3, sotto b), e 5 della direttiva 80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, relativa alla protezione delle acque sotterranee contro l'inquinamento causato da alcune sostanze pericolose. (Testo .Uff. En n’ayant pas adopté les mesures nécessaires dans le cadre de la gestion des déchets entreposés illégalement dans les anciennes carrières des Limas et des Linos, situées dans la commune de Lourosa, la République portugaise a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu respectivement des articles 4 et 8 de la directive 2006/12/CE du Parlement européen et du Conseil, du 5 avril 2006, relative aux déchets, codifiant la directive 75/442/CEE du Conseil, du 15 juillet 1975, relative aux déchets, et des articles 3, sous b), et 5 de la directive 80/68/CEE du Conseil, du 17 décembre 1979, concernant la protection des eaux souterraines contre la pollution causée par certaines substances dangereuses). Pres. Lenaerts - Rel. Šváby - Commissione Europea c. Repubblica portoghese. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 10/06/2010, Sentenza C-37/09
RIFIUTI - Trasporto di rifiuti non autorizzato - Confisca e richiesta di restituzione del mezzo - Terzo proprietario del mezzo ed estraneo alla commissione del reato - Dimostrazione della buona - Art. 256 D. Lgs n. 152/2006. In materia di rifiuti, in caso di trasporto non autorizzato, il terzo proprietario del mezzo adoperato per il trasporto, estraneo alla commissione del reato, per evitare la confisca ed ottenere la restituzione del mezzo deve provare la sua buona fede, ovvero di non essere stato a conoscenza dell'uso illecito o che tale uso non era collegabile ad un proprio comportamento negligente. (Cass. sez. III, 2/07/2008 n. 26529, Torre; conf. Cass. sez. III, 12/12/2008 n. 46012, Castellano; Cass. sez. III, 3/08/2004 n. 33281, Datola). Incombe, quindi, sul terzo proprietario, che chiede la restituzione del bene, la dimostrazione rigorosa del presupposto della sua buona fede, che giustifica la mancata confisca. (conferma ordinanza in data 19.10.2009 del Tribunale di Macerata) Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Grisetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Cc. 29/04/2010), Sentenza n. 22026
RIFIUTI - Reflui zootecnici tracimati e confluiti in acque superficiali - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata - Disciplina sui rifiuti - Applicazione - Reflui zootecnici - Esclusione dalla disciplina sui rifiuti - Presupposti - Artt.185, 192 c.1 e 256 D. L.vo n. 152/2006. I reflui zootecnici restano esclusi dalla disciplina sui rifiuti, a sensi 185 c.1 sub e D. L. vo n. 152/2006 solo se utilizzati nella attività agricola (tale uso, nella specie, è da escludersi per la circostanza non messa in discussione nei motivi di ricorso che i reflui sono tracimati e confluiti in acque superficiali con violazione dell'espresso divieto di abbandono contenuto nell'art.192 c.1 e sanzionato dal successivo art.256 D. L.vo n. 152/2006. Inoltre, nel caso in cui i rifiuti fossero stati in esubero rispetto alle necessità del fondo, avrebbe dovuto stoccarli in attesa del loro spandimento sul suolo (o affidarli per lo smaltimento ad una impresa specializzata ed autorizzata) e non disfarsene convogliandoli nelle acque). Infine, non è idonea ad escludere l'elemento psicologico del reato la tesi prospettata dal ricorrente (tra l'altro priva della necessaria concretezza e di elementi che la rendano credibile) secondo il quale la condotta per cui è processo è addebitabile ad un suo dipendente. Anche in questa evenienza, il ricorrente risponde della contravvenzione per culpa vigilando, cioè, per non avere dato le necessarie direttive al suo collaboratore ed avere controllato che venissero eseguite. (conferma sentenza n. 62/2007 TRIBUNALE di AOSTA, del 12/10/2007) Pres. Onorato, Est. Squassoni, Ric. Marcoz. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza n. 22005
RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza ripristinatoria - Artt. 14 d.lgs. n. 22/97 - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Competenza - Sindaco - Deroga al disposto di cui all’art. 107 d.lgs. n. 267/2000. L’art. 14 D.lgs 22\97 - attualmente riprodotto senza modifiche nell’art. 192 Codice dell’Ambiente - affida il compito di emanare tali ordinanza ripristinatorie al Sindaco ,e trattandosi di norma speciale rispetto all’art. 107 D.lgs 267\00, deroga alla ordinaria competenza dei funzionari per i provvedimenti di ordinaria amministrazione. L'art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006 poi è norma speciale sopravvenuta rispetto all`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 ed attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, prevalendo per il criterio della specialità e per quello cronologico sul disposto dell`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V, 25.8.2008, n. 4061). Pres. Leo, Est. De Carlo - A. s.a.s. (avv.ti Dalla Libera e Sangiorgio) c. Comune di Lomagna (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 9 giugno 2010, n. 1764
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti sanitari - Acque di emodialisi - Rifiuti pericolosi a rischio infettivo - Configurabilità - DPR 15 luglio 2003, n.254 - L. n.179/2002 - Art. 256 C. 6, D. L.vo n. 152/06. Ai sensi del DPR 15 luglio 2003, n.254 (Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179) tutt’ora in vigore come si rileva tra l’altro anche dal richiamo che ad esso viene fatto dall’art. 256 Co. 6 del D.L.vo n. 152/06, le acque di emodialisi sono da considerarsi rifiuti pericolosi a rischio infettivo. (annulla con rinvio ordinanza n. 6015/2009 TRIB. LIBERTA' di NAPOLI, del 30/09/2009), Pres. Onorato Est. Sarno Ric. PM in proc. Pesce ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Cc. 13/04/2010), Sentenza n. 22021
RIFIUTI - Rifiuti provenienti da lavorazioni aziendali - Eliminazione con l'interramento - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata - Fattispecie: paletti di sostegno delle viti in cemento e ferro - Art. 256, c. 2, d. lgs. n. 152/2006. Si configura il reato di cui all'art. 256, comma 2, d. lgs. n. 152/2006 per i materiali provenienti da lavorazioni aziendali non più reimpiegati nell'ambito del ciclo produttivo ed eliminati con l'interramento (che e' una forma di smaltimento o di abbandono e pertanto deve essere autorizzata). Nella specie, si trattava di un cospicuo quantitativo di paletti di sostegno delle viti, in cemento e ferro, non più idonei all'uso e, per questo, interrati in un'area di ampia estensione. (conferma, sentenza del Tribunale di Lecce in Campi Salentina del 21.05.2009) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Maci. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza n. 22015
RIFIUTI - Rottami ferrosi -
Disciplina applicabile - Art. 183 c.1 lett.u D.L.vo n.152/2006 attualmente
modificato dal D.L.vo n.4/2008. Con le modifiche introdotte all’art. 183 c.1
lett.u D.L.vo n.152/2006 con il D.L.vo n.4/2008, i materiali ferrosi rientrano
nel campo della disciplina sui rifiuti salvo che gli stessi provengano da un
centro autorizzato di gestione e di trattamento dei rifiuti, presentino
caratteristiche rispondenti a quelle elencate dai Decreti Ministeriali per il
recupero agevolato dei rifiuti assumendo, in tale caso, la qualifica di materia
prima secondaria. (conferma sentenza n. 900/2008 TRIBUNALE di PADOVA, del
24/02/2009) Pres. Onorato, Est. Squassoni, Ric. Dainese.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza n.
22013
RIFIUTI - Albo nazionale gestori
ambientali - Iscrizione - Abilitazione al trasporto dei rifiuti - Esclusione -
Attività di gestione di rifiuti non autorizzata - Attività di gestione dei
rifiuti - Titoli abilitativi - Fattispecie - Artt. 208, 212 e 256, c, 1 lett. a)
D. L.vo n. 152\06. L'iscrizione all’albo di cui all’art. 212 del D. L.vo n.
152\06 non può essere sopperita dall’autorizzazione di cui all’art. 208 d. lgs.
n. 152/2006 che abilita solo allo smaltimento o al recupero di rifiuti, anche
pericolosi e non al loro trasporto. Nella specie, il trasporto di quarzo
(trattandosi di rifiuto), dalla ditta di produzione a quella incaricata della
separazione del silicio integra la fattispecie criminosa contenuta nell’art.
256, comma 1 lettera a), d. lgs. n. 152/2006 (Attività di gestione di rifiuti
non autorizzata). (conferma, sentenza Tribunale di Rovereto del 24.03.2009)
Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Frioli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza n.
22010
RIFIUTI - Residuo di produzione e sottoprodotto - Differenza - Disciplina
vigente - Art. 1, direttiva 75/442 - Dir 78/319 - D. L.vo n. 152\06. In tema
di rifiuti, occorre essenzialmente distinguere tra residuo di produzione, che è
un rifiuto, pur suscettibile di eventuale utilizzazione previa trasformazione, e
sottoprodotto, che invece non lo è, fermo restando che la nozione di rifiuto, ai
sensi degli art. 1 della direttiva 75/442, nella sua versione originale, e della
direttiva 78/319, non deve intendersi nel senso che essa esclude le sostanze e
gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica. Sicché, è ravvisabile un
sottoprodotto in quanto il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una
materia prima sia non solo eventuale, ma "certo, senza previa trasformazione, e
avvenga nel corso del processo di produzione". Anche alla luce della nuova
normativa di cui al d. lgs. n. 152/2006, che ha introdotto la nozione di
sottoprodotto, il suddetto orientamento è stato mantenuto quanto al reimpiego
certo e sicuro del residuo di lavorazione. (conferma, sentenza Tribunale di
Rovereto del 24.03.2009) Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Frioli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza n.
22010
RIFIUTI - Reato di omessa
bonifica - Principio di legalità - Procedure operative ed amministrative -
Bonifica da parte dell'amministrazione - Artt. 242, 250 e 257 T.U.A., D.L.vo
n.152/06. Il sistema delineato dagli artt. 242 e 257 T.U.A., D.L.vo
n.152/06 che, attraverso la sanzione penale, per un verso persegue
l'obiettivo di indurre chi inquina ad attivarsi tempestivamente per
rimuovere le conseguenze dannose della propria condotta notiziando
tempestivamente le autorità competenti del verificarsi degli eventi in grado
di contaminare il sito e dall'altro si preoccupa di assicurare il corretto
ed effettivo adempimento delle prescrizioni finalizzate alla bonifica del
sito stesso. Tuttavia, ai sensi dell'art. 250 D.L.vo n.152/06 ove i soggetti
responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli
adempimenti previsti, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242
sono comunque realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente o
dagli altri enti indicati dalla stessa disposizione. E dunque poiché
l'omessa comunicazione non pregiudica in realtà l'adozione del progetto di
bonifica si deve necessariamente ritenere che di regola essa da sola non
possa dar luogo ad un danno risarcibile per le associazioni qualora risulti
comunque - come nella specie - attivata la procedura per il progetto di
bonifica. Pertanto, non sembra possibile, alla luce del principio di
legalità, stante il chiaro disposto normativo, estendere l'ambito
interpretativo della nuova disposizione ricomprendendo nella fattispecie
anche l'elusione di ulteriori adempimenti previsti dall'art. 242 TUA ed
estendere quindi il presidio penale, come sollecita il ricorrente, alla
mancata ottemperanza di obblighi diversi da quelli scaturenti dal progetto
di bonifica se non espressamente indicati. Sicché, in assenza di un progetto
definitivamente approvato, non può configurarsi il reato di cui all’art. 257
TUA. (Riforma sentenza n. 122/2007 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 23/06/2008)
Pres. Onorato Est. Sarno Ric. WWF Italia ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza
n. 22006
RIFIUTI - Bonifica dei siti - Natura pericolosa delle sostanze -
Aggravamento del reato - Successione di leggi penali - Effetti - Art. 257 c.
1 D.L.vo n.152/06, TUA - Art. 51 bis D.L.vo n. 22/97. La natura
pericolosa delle sostanze produce, unicamente l'aggravamento del reato del
comma 1 dell'art. 257 TUA senza incidere sulla esistenza dello stesso. Da
qui la conseguenza che l'avvenuta bonifica secondo le disposizioni del
progetto comporta indubbiamente l'estinzione del reato a prescindere dalla
natura (pericolosa o meno) delle sostanze inquinanti. Peraltro, la
formulazione dell'art. 51 bis D.L.vo n. 22/97 non è esattamente
sovrapponibile a quella dell'art. 257 TUA e che per i principi valevoli in
tema di successione di leggi penali gli imputati non possono continuare a
rispondere di condotte non più direttamente sanzionate. (Riforma sentenza n.
122/2007 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 23/06/2008) Pres. Onorato Est. Sarno
Ric. WWF Italia ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza
n. 22006
RIFIUTI - Progetto di bonifica - Omessa comunicazione - Effetti -
Procedure ed interventi realizzati d’ufficio - Bonifica da parte
dell'amministrazione - Artt. 242 e 250 D.L.vo n. 152/06. Ai sensi
dell’art. 250 D.L.vo n. 152/06 ove i soggetti responsabili della
contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti previsti, le
procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono comunque realizzati
d’ufficio dal comune territorialmente competente o dagli altri enti indicati
dalla stessa disposizione. Per cui, l’omessa comunicazione non pregiudica in
realtà l’adozione del progetto di bonifica si deve necessariamente ritenere
che di regola essa da sola non possa dar luogo ad un danno risarcibile per
le associazioni qualora risulti comunque attivata la procedura per il
progetto di bonifica. (Riforma sentenza n. 122/2007 CORTE APPELLO di
TRIESTE, del 23/06/2008) Pres. Onorato Est. Sarno Ric. WWF Italia ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza
n. 22006
RIFIUTI - Reato di omessa bonifica e progetto di bonifica -
Responsabilità penale - Individuazione. L’esegesi della norma penale
deve necessariamente farsi carico anche del rispetto dei principi
fondamentali in tema di responsabilità penale, per cui, sono da escludere
scelte ermeneutiche che facciano gravare sull’imputato inadempienze o
ritardi delle amministrazioni competenti per la procedura di bonifica non
ascrivibili ad alcun titolo anche a quest’ultimo. Anche per tale ragione,
sono inaccettabili le conclusioni in cui si è ritenuto che la permanenza del
reato inizi a decorrere dall’evento inquinamento e l’osservanza delle
disposizioni del progetto di bonifica sia apprezzabile come causa di non
punibilità di fatto rilevante solo se la procedura amministrativa si
esaurisca comunque prima della conclusione del giudizio penale. (Riforma
sentenza n. 122/2007 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 23/06/2008) Pres. Onorato
Est. Sarno Ric. WWF Italia ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza
n. 22006
RIFIUTI - Bonifica dei siti - Mancata approvazione del progetto di
bonifica - Configurabilità del reato - Esclusione - Assenza di un progetto
definitivamente approvato - Procedure operative ed amministrative - Artt.
242 e 257 D.L.vo n. 152/06 - Art. 51 bis D.L.vo n.22/97. La nuova
fattispecie, ex art. 257 TUA, prevede ora che la bonifica debba avvenire in
conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del
procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti - che regola la procedura
di caratterizzazione ed il progetto di bonifica -, così superando la
formulazione dell'art. 51 bis D.L.vo n.22/97 che si limitava a prevedere la
bonifica secondo il procedimento di cui all'articolo 17. Si deve ritenere,
dunque, che, in assenza di un progetto definitivamente approvato, non possa
nemmeno essere configurato il reato di cui all'art. 257 TUA. Ritenendo
sufficiente la mancata approvazione del progetto di bonifica per escludere
la configurabilità del reato in questione. (Riforma sentenza n. 122/2007
CORTE APPELLO di TRIESTE, del 23/06/2008) Pres. Onorato Est. Sarno Ric. WWF
Italia ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/06/2010 (Ud. 13/04/2010), Sentenza
n. 22006
RIFIUTI - Potere di ordinanza
ex art. 191 d.lgs. n. 152/2006 - Efficacia temporale - Testo anteriore alla
novella ex d.l. n. 90/2008 - Testo vigente. In tema di rifiuti, uno
specifico potere di ordinanza contingibile e urgente è espressamente
previsto dall’articolo 191 del d.lgs. 152/2006, la formulazione originaria
prevedeva che le ordinanze, aventi efficacia per un periodo non superiore a
sei mesi, potessero essere reiterate per non più di due volte, salva la
possibilità, in presenza di “comprovata necessità”, che (soltanto) il
Presidente della regione d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio, dettando “specifiche prescrizioni”, adottasse
ordinanze “anche oltre i predetti termini” (comma 4). Nella formulazione
vigente del comma 4, introdotta dal d.l. 90/2008, convertito dalla legge
123/2008, il limite delle due reiterazioni è stato sostituito dal
riferimento ad “un periodo non superiore a 18 mesi per ogni speciale forma
di gestione dei rifiuti”. Pres. Lignani, Est. Ungari - A. s.a.s. (avv. De
Matteis) c. Sindaco del Comune di Bettona (Avv. Stato) e Comune di Bettona
(avv. Frenguelli) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 8 giugno 2010, n. 360
RIFIUTI - Ordinanza contingibile e urgente ex art. 1919 d.lgs. .n 152/2006 -
Presupposti - Valutazione oggettiva - Situazione di pericolosità perdurante
nel tempo. Ai sensi dell’art. 191 d.lgs. 152/2006, i presupposti per
l’esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente sono : una
situazione di eccezionale ed urgente necessità di tutela dell'ambiente, e
l’impossibilità di provvedere altrimenti (vale a dire, da un lato
l’impossibilità di differire l’intervento in relazione alla ragionevole
previsione di un danno incombente; dall’altro, l’insufficienza degli
ordinari strumenti offerti dalla normativa). I presupposti della
contingibilità ed urgenza devono essere valutati da un punto di vista
oggettivo, cioè con riguardo alla situazione da fronteggiare ed agli
strumenti disponibili, senza condizionamenti derivanti dall’eventuale
coinvolgimento soggettivo dell’organo titolare del potere. Infatti, la
contingibilità non viene meno anche se la situazione di pericolosità duri
nel tempo, potendo anzi un ulteriore ritardo accentuare l’urgenza. Pres.
Lignani, Est. Ungari - A. s.a.s. (avv. De Matteis) c. Sindaco del Comune di
Bettona (Avv. Stato) e Comune di Bettona (avv. Frenguelli) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 8 giugno 2010, n. 360
RIFIUTI - Ordinanza contingibile e urgente ex art. 191 d.lgs. n. 152/2006 -
Mancata indicazione del termine finale di durata o efficacia - Illegittimità
- Esclusione - Ragioni. Le ordinanze contingibili ed urgenti sprovviste
di un termine finale di durata o efficacia, non per questo sono
automaticamente illegittime in quanto, pur provocando mutamenti
irreversibili di una particolare situazione, non determinano un assetto
stabile e definitivo della disciplina (cfr. Cons. Stato, V, 13 agosto 2007,
n. 4448). In ogni caso, la mancanza di un espresso termine finale di durata
o efficacia non può viziare il provvedimento, laddove sia la disposizione
normativa che prevede il potere a stabilirne la durata massima (e
l’eventuale reiterabilità, insieme ai relativi presupposti), come avviene
con l’articolo 191 del d.lgs. 152/2006. Pres. Lignani, Est. Ungari - A.
s.a.s. (avv. De Matteis) c. Sindaco del Comune di Bettona (Avv. Stato) e
Comune di Bettona (avv. Frenguelli) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 8 giugno 2010, n. 360
RIFIUTI - Rimozione, recupero e smaltimento - Ordinanza - Destinatari -
Trasgressori del divieto - Proprietario - Responsabilità solidale - Dolo o
colpa - Specifica indicazione. Gli obblighi relativi alla rimozione, al
recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei
luoghi possono essere legittimamente imposti dal Sindaco unicamente ai
soggetti trasgressori del divieto di abbandono o di deposito dei rifiuti. Il
proprietario dell’area interessata può essere chiamato in causa, in modo
solidale, soltanto se la violazione sia imputabile anche a lui “a titolo di
dolo o di colpa”. Ne consegue che, qualora l’ordinanza del Sindaco chiami il
proprietario ad effettuare tali interventi, deve essere specificato il
titolo di responsabilità, dolosa o colposa, di costui, insieme alla
ricostruzione dei fatti e delle deduzioni di ordine logico che conducono a
ritenere che effettivamente il proprietario si sia reso responsabile delle
violazioni. Pres. Calvo, Est. Masaracchia - G.P. (avv. Oderda) c. Comune di
Groscavallo (n.c.) -
TAR PIEMONTE, Sez. II - 28 maggio 2010, n. 2699
RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza
di rimozione - Competenza - Individuazione - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Art.
107, c. 5 d.lgs. n. 267/2000 - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006. La
competenza sindacale, pur formalmente riconosciuta dall’art. 14, comma 4 del
d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, è stata successivamente traslata in capo al
dirigente del settore competente in forza della generale previsione di cui
all’art. 107, comma 5 del d. lgs. 267 del 2000 che ha disciplinato il
riparto di competenze fra organi di indirizzo politico e organi burocratici.
L’art. 192, comma 3 del d.lgs. n. 152/2006, norma speciale sopravvenuta
rispetto al menzionato art. 107, ha quindi attribuito in favore del sindaco
la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla
rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti previste dal comma 2. Pres.
Giaccardi, Est. Monteferrante - A.s.p.a. (Avv. Stato) c. Comune di Sepino
(avv. Scarano) -
TAR MOLISE, Sez. I - 28 maggio 2010, n. 227
RIFIUTI - Abbandono - Ordine di rimozione - Proprietario del fondo -
Corresponsabilità a titolo di dolo o colpa - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
L’ordine di rimozione dei rifiuti presenti sul fondo può essere rivolto
al proprietario solo quando ne sia dimostrata almeno la corresponsabilità
con gli autori dell’illecito, per avere cioè posto in essere un
comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo, dovendosi
escludere che la norma configuri un’ipotesi legale di responsabilità
oggettiva; ne discende la illegittimità degli ordini di smaltimento dei
rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione
della sua mera qualità ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte
dell’amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di
un’esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta
(Cons. Stato, V, 25 gennaio 2005, n. 136). Tale orientamento va confermato
anche con riferimento al disposto di cui all’art. 192 del d. lgs. 152/2006
(cfr. Cons. Stato, V, 25 agosto 2008, n. 4061 e Cons. Stato, V, 19 marzo
2009, n. 1612). Pres. Giaccardi, Est. Monteferrante - A.s.p.a. (Avv. Stato)
c. Comune di Sepino (avv. Scarano) -
TAR MOLISE, Sez. I - 28 maggio 2010, n. 227
RIFIUTI - Abbandono - Obbligo di pulizia delle strade - Ente proprietario o
gestore - Art. 14 codice della strada - Attribuzione del potere di ordinanza
al Sindaco - Esclusione - Ragioni. L’art. 14 del codice della strada non
può essere invocato per superare il criterio della imputabilità solidale a
titolo di dolo o colpa del proprietario dell’area con l’autore
dell’abbandono dei rifiuti. Il fatto che la norma in questione imponga uno
speciale obbligo di pulizia delle strade in capo all’ente proprietario o
gestore della strada, non può comportare infatti la simmetrica attribuzione
di un potere autoritativo in capo ad un ente terzo (il Comune) al fine di
imporne coercitivamente il rispetto, nell’ambito peraltro di un settore che
esula dalle competenze istituzionali dell’ente medesimo; a ciò osta il
principio di legalità e quello connesso di tipicità di tutti i poteri
amministrativi: nessuna norma di legge nel settore specifico della
viabilità, attribuisce infatti ai comuni il potere di assicurare la pulizia
delle strade imponendo autoritativamente obblighi di facere al gestore, al
fine di garantire “la sicurezza e la fluidità della circolazione”; né un tal
potere può desumersi implicitamente dalla natura del Comune quale ente
locale a fini generali atteso che tra gli interessi pubblici affidati alla
cura dei comuni non v’è anche quello di garantire la sicurezza e la fluidità
della circolazione delle strade statali. Pres. Giaccardi, Est. Monteferrante
- A.s.p.a. (Avv. Stato) c. Comune di Sepino (avv. Scarano) -
TAR MOLISE, Sez. I - 28 maggio 2010, n. 227
RIFIUTI - Ordine di rimozione - Obbligo di comunicazione dell’avvio del
procedimento - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006. L’obbligo di comunicazione
dell’avvio del procedimento è ora espressamente riconosciuto dall’art. 192
del d. lgs. 152/2006 (cfr. Cons. Stato, V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres.
Giaccardi, Est. Monteferrante - A.s.p.a. (Avv. Stato) c. Comune di Sepino
(avv. Scarano) -
TAR MOLISE, Sez. I - 28 maggio 2010, n. 227
RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza di rimozione e smaltimento - Competenza -
Sindaco - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Norma speciale sopravvenuta rispetto
all’art. 107, c. 5 del T.U. Enti Locali. L'art. 192, comma 3, del Dlgs.
3 aprile 2006, n. 152, è norma speciale sopravvenuta rispetto all'art. 107,
comma 5, del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, ed attribuisce espressamente al
Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla
rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, prevalendo per il criterio della
specialità e per quello cronologico sul disposto del testo unico degli enti
locali (cfr. Tar Veneto. Sez. III, 20 ottobre 2009 , n. 2623; id. 29
settembre 2009, n. 2454; Consiglio di Stato, Sez. V, 25 agosto 2008 , n.
4061; Tar Veneto, Sez. III, 14 gennaio 2009, n. 40). Pres. Di Nunzio, Est.
Mielli - A. s.s. (avv.ti Cazzagon e Cortese) c. Comune di Porto Viro (n.c.)
e A.R.P.A.V. (avv.ti Casella, Scudier e Bondi') -
TAR VENETO, Sez. III - 26 maggio 2010, n. 2210
RIFIUTI - Nozione - Riutilizzo - Modalità di conservazione - Indizio circa
la volontà del detentore - Ordinanza di rimozione - Preventiva instaurazione
del contraddittorio con gli interessati - Necessità - Art. 7 L. n. 241/90 -
Art. 192, c. 3 d.gls. n. 152/2006. Sono rifiuti le sostanze e gli
oggetti che di cui il detentore si disfi o abbia deciso di disfarsi e, salvo
che per le sostanze od oggetti di cui il detentore abbia l’obbligo di
disfarsi, ai fini della qualificazione devono essere compiute valutazioni da
svolgersi caso per caso, posto che le modalità di conservazione degli
oggetti costituiscono un indizio di centrale importanza per stabilire la
volontà del detentore: se una raccolta al riparo dagli agenti atmosferici e
su aree pavimentate è infatti idonea a dimostrare la volontà di conservare
le caratteristiche di un bene riutilizzabile senza pregiudizi per
l’ambiente, una tale intenzione è invece contraddetta da un accatastamento
alla rinfusa senza alcuna protezione. Anche per tale ragione, la necessità
dell’acquisizione dell’apporto procedimentale dei destinatari del
provvedimento, necessaria in applicazione dell’art. 7 della legge 7 agosto
1990, n. 241, assume un’importanza ancora maggiore nella specifica materia,
ai sensi dell’art. 192, comma 3, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152.
Quest’ultima norma dispone che l’ordinanza di rimozione dei rifiuti debba
essere preceduta da un accertamento da parte dei soggetti preposti al
controllo da svolgersi in contraddittorio con gli interessati (cfr.
Consiglio di Stato, Sez. V, 25 agosto 2008; Tar Emilia Romagna, Parma, Sez.
I, 31 gennaio 2008, n. 64). Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - A. s.s. (avv.ti
Cazzagon e Cortese) c. Comune di Porto Viro (n.c.) e A.R.P.A.V. (avv.ti
Casella, Scudier e Bondi') -
TAR VENETO, Sez. III - 26 maggio 2010, n. 2210
RIFIUTI - Attività di smaltimento - D13 e D14 - Autorità competente - Fissazione di limiti - Principio di analogia - Applicabilità. L’Autorità preposta alla tutela del valore ambientale, ha il potere di fissare in maniera logica dei limiti per le attività di smaltimento dei rifiuti anche se non rientranti nel novero di quelle contemplate dalle categorie D13 e D14, ciò per un giudizio di equivalenza ispirato al principio generale dell’analogia, come questa diretto a rimuovere incertezze e a colmare vuoti normativi che non può tollerare margini per violazioni dei interessi della tutela della salute pubblica e dell’ambiente; trattasi di categorie che non contengono peraltro un’elencazione tassativa, ma sono suscettibili di interpretazione analogica fondata sull’eadem ratio, interpretazione questa che, ai soli fini amministrativi, non è vietata da alcuna norma di principio (T.A.R. Lombardia, Brescia, 9.10.2009, n.1738). Pres. Onorato, Est. Nunziata - L. s.r.l. (avv.ti Rianna e Crovace) c. Regione Campania (avv. Marzocchella) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 26 maggio 2010, n. 9181
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Titolare del fondo - Dovere di diligenza - Vigilanza - Limiti. Il dovere di diligenza che fa carico al titolare del fondo, non può arrivare al punto di richiedere un costante vigilanza, da esercitarsi giorno e notte, per impedire ad estranei di invadere l’area e, per quanto riguarda la fattispecie regolata dall’art. 14, comma 3, del D.L. vo n. 22 del 1997 (ora art. 192 del D.L. vo n. 152 del 2006) di abbandonarvi rifiuti. La richiesta di un impegno di tale entità travalicherebbe oltremodo gli ordinari canoni della diligenza media (e del buon padre di famiglia) che è alla base della nozione di colpa, quando questa è indicata in modo generico, come nella specie, senza ulteriori specificazioni (Cfr., ex plurimis: C. di S., Sez. V, 8.3.2005, n. 935; T.A.R. Campania, Sez. V, 5.8.2008, n. 9795). Pres. Onorato, Est. Cernese - Regione Campania (avv. Marzocchella) c. Comune di Marigliano (avv. Tramontano) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 13 maggio 2010, n. 4924
RIFIUTI - Abbandono - Proprietario dell’area interessata - Responsabilità
- Addebitabilità a titolo di dolo o colpa della violazione. Dall’art.
192 del d.lgs. n. 152/2006 risulta che la responsabilità del proprietario o
del titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area interessata
da abbandono di rifiuti presuppone l’addebitabilità ad essi, a titolo di
dolo o colpa, della violazione posta in essere dal responsabile. Pres.
Onorato, Est. Pannone - Regione Campania (avv. Marzocchella) c. Comune di
Giugliano in Campania (n.c.)
-
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 11 maggio 2010, n. 3795
RIFIUTI - Abbandono - Ricorso all’ordinanza contingibile e urgente -
Illegittimità - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006. In materia ambientale, in
ipotesi di abbandono incontrollato di rifiuti, è esclusa la possibilità di
ricorrere allo strumento atipico e eccezionale costituito dall’ordinanza
contingibile ed urgente, rientrando tali fattispecie espressamente nel campo
di applicazione dell’art. 192 D.L. vo n. 152/2006 che, a fronte di
situazioni di inquinamento ambientale, appresta uno specifico rimedio. Pres.
Onorato, Est. Cernese - Consrzio U. (avv. Mirra) c. Comune di Caserta (avv.
Di Meo) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 11 maggio 2010, n. 3683
RIFIUTI - Abbandono da parte di terzi ignoti - Proprietario del terreno -
Responsabilità oggettiva - Inconfigurabilità - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
In caso di rinvenimento di rifiuti da parte di terzi ignoti, il proprietario
o comunque il titolare in uso di fatto del terreno non può essere chiamato a
rispondere della fattispecie di abbandono o deposito incontrollato di
rifiuti sulla propria area se non viene individuato a suo carico l’elemento
soggettivo del dolo o della colpa, per cui lo stesso soggetto non può essere
destinatario di ordinanza sindacale di rimozione e rimessione in pristino (Cfr:
T.A.R. Campania, Sez. I; 19 marzo 2004, n. 3042, T.A.R. Toscana, 12 maggio
2003, n. 1548, C. di S., IV Sez. 20 gennaio 2003, n. 168): Nel disposto
normativo di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, incentrato su una
rigorosa tipicità dell’illecito ambientale, non v’è alcun spazio per una
responsabilità oggettiva: la regola di imputabilità a titolo di dolo o colpa
non ammette eccezioni anche in relazione ad un’eventuale responsabilità
solidale del proprietario dell’area ove si è verificato l’abbandono ed il
deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo. Pres. Onorato, Est.
Cernese - Consrzio U. (avv. Mirra) c. Comune di Caserta (avv. Di Meo) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 11 maggio 2010, n. 3683
RIFIUTI - Ricorso a ordinanze a valenza ambientale - Omissione della
comunicazione di avvio del procedimento - Presupposto - Urgenza qualificata.
Il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente, o anche
avente valenza ambientale, giustifica l’omissione della comunicazione di
avvio del procedimento unicamente in presenza di un’”urgenza qualificata”,
in relazione alle circostanze del caso concreto, che deve essere debitamente
esplicitata in specifica motivazione sulla necessità e l’urgenza di
prevenire il grave pericolo alla cittadinanza (C.f.r.: T.A.R. Campania, Sez.
V, 3.2.2005, n. 764) Pres. Onorato, Est. Cernese - Consorzio U. (avv. Mirra)
c. Comune di Caserta (avv. Di Meo) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 11 maggio 2010, n. 3683
RIFIUTI - Distinzione tra
rifiuto e sottoprodotto - Art. 183, c. 1, lett. a) e p) d.lgs. n. 152/2006 -
Allegato A - Lista aperta - Concetto del “disfarsi” - Fattispecie:
sottoprodotti delle industrie alimentari destinate alla produzione di
mangimi. Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a), del c.d. “codice
dell’ambiente”, deve intendersi per “rifiuto” «qualsiasi sostanza od oggetto
che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A alla parte quarta del
presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia
l’obbligo di disfarsi». Atteso che il primo criterio non svolge un ruolo
determinante per l’identificazione del rifiuto, in quanto l’elenco contenuto
nell’allegato A costituisce una lista aperta, criterio con valore preminente
risulta essere quello fondato sul concetto del “disfarsi”. Questo indica una
condotta rispetto alla quale è irrilevante se avvenga attraverso lo
smaltimento del prodotto, ovvero tramite il suo recupero. Simmetricamente,
al punto p) della norma in esame, sono definiti come “sottoprodotti” “le
sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi”ai
sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a): tale nozione ricorre allorché
sussistano contestualmente tutte le condizioni individuate dalla norma, e
vale ad individuare quel materiale che deriva da un processo di
fabbricazione o di estrazione non principalmente destinato a produrlo, e del
quale l’impresa non ha intenzione di “disfarsi”, ma che intende sfruttare in
un differente processo successivo, senza dover attuare trasformazioni
preliminari. Si tratta dunque di materiali che, dal punto di vista
economico, hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi
trasformazione, e non sono assoggettati alla disciplina dei rifiuti proprio
perché il loro riutilizzo non è eventuale, ma certo. La norma effettua
dunque una tipizzazione del materiale di risulta di un processo di
produzione, tale da renderlo riconoscibile come rifiuto o come
sottoprodotto. (fattispecie in materia di sottoprodotti delle industrie
agroalimentari destinati alla produzione di mangimi: “Dalla disamina delle
suesposte norme appare evidente la inerenza dei sottoprodotti, e non già dei
rifiuti, alla utilizzazione per la produzione di mangimi. E’ infatti
l’impresa alimentare che, decidendo in via preventiva di destinare i propri
sottoprodotti alla filiera di produzione dei mangimi, ne garantisce il loro
riutilizzo sicuro, senza dover fare ricorso a trattamenti o trasformazioni
con finalità di risanamento di una materia originariamente non conforme”).
Pres. Lignani, Est. Fantini - S.s.n.c. (avv. Giampietro) c. Provincia di
Perugia (avv.ti Minciaroni e Valentini), Regione Umbria (avv. Iannotti),
A.S.L. n.1 - Settore Veterinario Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni
Zootecniche (avv. Bioli), Ministero Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) -
TAR UMBRIA, Perugia, Sez. I - 4 maggio 2010, n. 274
RIFIUTI - Giurisprudenza penale - Distinzione tra residuo di produzione e
sottoprodotto. Anche la giurisprudenza penale, al fine di delineare
l’ambito di operatività della nozione di rifiuto, ha chiarito che occorre
distinguere tra “residuo di produzione”, che è un rifiuto, pur suscettibile
di eventuale utilizzazione previa trasformazione, e sottoprodotto,
caratterizzato dal certo riutilizzo del bene (in termini, tra le tante,
Cass.pen., Sez. III, 14 aprile 2005, n. 20499). Pres. Lignani, Est. Fantini
- S.s.n.c. (avv. Giampietro) c. Provincia di Perugia (avv.ti Minciaroni e
Valentini), Regione Umbria (avv. Iannotti), A.S.L. n.1 - Settore Veterinario
Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni Zootecniche (avv. Bioli),
Ministero Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e altri (Avv.
Stato) e altri (n.c.) -
TAR UMBRIA, Perugia, Sez. I - 4 maggio 2010, n. 274
RIFIUTI - Fanghi di depurazione - Utilizzo in agricoltura - Disciplina
applicabile - D.Lgs. n. 99/92 - Art. 92, c. 6 d.lgs. n. 152/2006 - Rinvio al
Codice di Buona Pratica Agricola. Il D.Lg. 99/92, emesso in attuazione
della direttiva comunitaria 86/278, per disciplinare l’uso di fanghi di
depurazione in agricoltura, pur favorendone la corretta utilizzazione, ha il
preciso scopo di “evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli
animali e sull’uomo”. Per conseguire tale finalità, detta disposizioni
precise e dettagliate, che concretano una disciplina completa ed esauriente,
la quale, allo stato, è l’unica applicabile al settore. Infatti il
successivo D.Lg. 152/06, pur occupandosi delle “zone vulnerabili ai nitrati
di origine agricola”, non detta prescrizioni puntuali, ma rinvia (art. 92,
comma 6) al Codice di Buona Pratica agricola, di cui al D.M. del Ministero
delle politiche agricole e forestali del 19.4.99, che, a sua volta, rinvia
anch’esso al D.Lg. 99/92. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - T. s.r.l. avv.ti
Pellegrini e Sbisa') c. Provincia di Udine (avv. Marche) e altri (n.c.) -
TAR FRIULI - VENEZIA GIULIA, Sez. I - 3 maggio 2010, n. 299
RIFIUTI - Fanghi di depurazione - Utilizzo in agricoltura - Limiti previsti
dal d.lgs. n. 99/92 - Provincia - Previsione di limiti diversi o ulteriori -
Competenza - Esclusione. In tema di utilizzo di fanghi in agricoltura,
la Provincia (sino a quando la Regione non abbia legiferato sul punto) non
ha alcun potere di imporre ulteriori o diversi limiti rispetto a quelli
espressamente indicati dal D.Lg. 99/92. Pres. Corasaniti, Est. De Piero - T.
s.r.l. avv.ti Pellegrini e Sbisa') c. Provincia di Udine (avv. Marche) e
altri (n.c.) -
TAR FRIULI - VENEZIA GIULIA, Sez. I - 3 maggio 2010, n. 299
RIFIUTI - Discarica - Definizione - D.lgs. n. 36/2003 - Impianto di
trattamento di rifiuti - Assenza di deposito sul o nel suolo -
Assimilabilità a discarica - Esclusione. La definizione di discarica è
individuata dalla normativa, essendo contenuta nel d.lgs. 36/03, che la
definisce come un’area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni
di deposito nel suolo o sul suolo. Ne deriva che un impianto in cui non
avvenga alcun deposito nel o sul suolo, non è assimilabile in alcun modo ad
una discarica. Pres. Petruzzelli, Est. Russo -Comune di Quinzano D’Oglio
(avv. Bezzi) c. Regione Lombardia (avv. Pujatti) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1634
RIFIUTI - Definizione normativa di compost - Art. 183 d.lgs. n. 152/06 -
Impianto di trattamento di rifiuti - Trattamento biologico - Sufficienza ai
fini della qualificazione di impianto di compostaggio - Esclusione. La
definizione normativa di compost di cui all’art. 183 d.lgs. n. 152/06
richiama una espressione tecnica quale compostaggio che si qualifica per
essere un processo aerobico di decomposizione biologica della sostanza
organica che avviene in condizioni controllate, e che si svolge nelle due
fasi della biossidazione e della maturazione, e che porta alla produzione di
acqua, anidride carbonica, calore e compost. La circostanza che in un
impianto sia presente una linea di trattamento biologico, non è sufficiente
per qualificarlo- come un impianto di compostaggio, ove del compost mancano
alcune fasi di lavorazione (nella specie, la fermentazione e, quindi, la
maturazione), e comunque, la formazione del prodotto finale. Pres.
Petruzzelli, Est. Russo -Comune di Quinzano D’Oglio (avv. Bezzi) c. Regione
Lombardia (avv. Pujatti) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1634
RIFIUTI - Attività di prelievo,
analisi e campionamento - Garanzie difensive - Natura amministrativa o di
attività di polizia giudiziaria nell'ambito di una indagine preliminare -
Differenza e norma applicabile - Artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen..
L'attività di prelievo, campionamento e di analisi ha normalmente natura
amministrativa, ma sempre purché sia svolta dagli organi di polizia e di
controllo nell'ambito della loro normale attività amministrativa di
vigilanza e di ispezione, ossia quando sia diretta soltanto ad accertare la
regolarità della attività e non sia ancora emersa nessuna notizia di reato.
Tuttavia, proprio perché anche dallo svolgimento di tali verifiche
amministrative potrebbero emergere indizi di reato, il legislatore
(conformemente alle indicazioni della Corte costituzionale) con l'art. 223
delle disposizioni di coordinamento del cod. proc. pen. ha previsto alcune
garanzie difensive nei riguardi dei soggetti interessati proprio per
l'eventualità che a seguito delle analisi emergano nei loro confronti indizi
di reato. Le previsioni e le garanzie di cui all'art. 223 disp. att. cod.
proc. pen., riguardano dunque i prelievi e le analisi inerenti all'attività
meramente amministrativa, ossia appunto alla normale attività di vigilanza e
di ispezione. Da tale ipotesi bisogna pertanto distinguere nettamente le
analisi ed i prelievi inerenti non ad una attività amministrativa, bensì ad
una attività di polizia giudiziaria nell'ambito di una indagine preliminare,
per i quali devono invece trovare applicazione le norme dell'art. 220 disp.
coord. cod. proc. pen., in base al quale «quando nel corso di attività
ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di
reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere
quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono
compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice». Pertanto, nel caso
di attività di polizia giudiziaria svolta nell'ambito di una indagine
preliminare, devono operare «le norme di garanzia della difesa previste dal
codice di rito, anche laddove emergano indizi di reato nel corso di
un'attività amministrativa che in tal caso non può definirsi
extra-processum» (Cass. Sez. III, 14.5.2002, n. 23369, Scarpa, n.
221627). In altre parole, l'attività di prelievo e di analisi ha «natura
amministrativa... sempre che essa non venga eseguita su disposizione del
magistrato o non esista già un soggetto determinato, indiziabile di reati:
solo in tal caso trovano applicazione le garanzie difensive previste
dall'art. 220 disp. att. cod. proc. pen., mentre, vertendosi in attività
amministrativa, è applicabile l'art. 223 disp. att. cit.» (Cass. Sez. III,
16.10.1998, n. 12390, Fecchio). (annulla l'ordinanza, emessa il 3/04/2009
dal Tribunale del riesame di Lecce, con rinvio al Tribunale di Lecce) Pres.
Onorato, Est. Franco, Ric. Vidori ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 10/02/2010), Sentenza
n. 16386
RIFIUTI - Attività di prelievo, analisi e campionamento - Fonti di prova
e indizi di reato - Garanzie difensive - Presupposto per l'operatività
dell'art. 220 disp. att. cod. proc. Pen.. Il presupposto per
l'operatività dell'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. e dunque per il
sorgere dell'obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura
penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa
servire ai fini dell'applicazione della legge penale, è costituito dalla
«sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale
al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui
emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad
una persona determinata» (Cass. Sez. Un., 28.11.2004, n. 45477, Raineri;
Cass. Sez. II, 13.12.2005, n. 2601, Cacace). Il fatto che vengano violate le
disposizioni del codice di procedura e tutte le garanzie difensive previste
dal codice stesso per assicurare le fonti di prova e raccogliere elementi
utili alle indagini comporta che i risultati delle analisi in tal modo
ottenuti non possono assumere efficacia probatoria e, quindi, non sono
utilizzabili (cfr. Sez. III, 18.11.2008, n, 6881/09, Ceragioli, m. 242523).
(annulla l'ordinanza, emessa il 3/04/2009 dal Tribunale del riesame di
Lecce, con rinvio al Tribunale di Lecce) Pres. Onorato, Est. Franco, Ric.
Vidori ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 10/02/2010), Sentenza
n. 16386
RIFIUTI - Attività di prelievo, analisi e campionamento - Assenza del
verbale delle operazioni - Inutilizzabilità dei risultati - All. 3, del
2/08/2005 d.m. Amb. e tutela del territorio - Metodo utilizzato: IRSA-CNR
anziché UNI 10802 - Motivazioni - Necessità. In tema di prelievo,
campionamento ed analisi, l'assenza del verbale delle operazioni è causa di
inutilizzabilità dei relativi risultati in quanto rende impossibile per il
giudice il controllo sull'attività compiuta dall'organo amministrativo»
(Cass. Sez. III, 31.1.1994, n. 4423, Negrini). Inoltre, ai sensi del punto
2, dell'allegato 3, del d.m. dell'ambiente e della tutela del territorio 2
agosto 2005 (Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in
discarica), «il campionamento dei rifiuti ai fini della loro
caratterizzazione chimico-fisica deve essere effettuato in modo tale da
ottenere un campione rappresentativo secondo i criteri, le procedure, i
metodi e gli standard di cui alla norma UNI 10802 "Rifiuti liquidi,
granulari, pastosi e fanghi - Campionamento manuale e preparazione ed
analisi degli eluati "». Nella specie, l'ordinanza impugnata non ha motivato
sulle ragioni per le quali nella specie sarebbe stato correttamente
utilizzato il metodo IRSA-CNR, anziché il metodo UNI 10802 previsto dalla
norma tecnica. (annulla l'ordinanza, emessa il 3/04/2009 dal Tribunale del
riesame di Lecce, con rinvio al Tribunale di Lecce) Pres. Onorato, Est.
Franco, Ric. Vidori ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 10/02/2010), Sentenza
n. 16386
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Ordinanza di rimozione e bonifica -
Responsabilità del proprietario del terreno - Individuazione - Fattispecie:
comproprietari di aree inquinate per responsabilità di una società fallita.
La responsabilità del proprietario del terreno nel quale si ritrovano
abbandonati rifiuti deve essere accertata in concreto quanto meno a titolo
di colpa e di tale responsabilità se ne deve dare atto nel provvedimento che
ordina la rimozione dei rifiuti (nella fattispecie, i destinatari
dell’ordinanza di bonifica erano stati individuati non come soci o
amministratori della società fallita responsabile del’inquinamento, ma come
comproprietari delle aree da bonificare: in mancanza della prova di un ruolo
attivo nelle scelte imprenditoriali della società fallita, viene meno il
titolo per richiedere agli stessi una condotta di ripristino del sito
inquinato dai rifiuti abbandonati). Pres. Leo, Est. De Carlo - T.G. e altri
(avv.ti Grella e Pantò) c. Comune di Monza (avv.ti Bragante e Brambilla),
Provincia di Milano e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 27 aprile 2010, n. 1159
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Ordinanza di rimozione e bonifica - Competenza -
Comune - Sussistenza - Art. 192, c. 3 d.lgs. n. 152/2006. A mente
dell’art. 192 D.lgs. 152\06, terzo comma, Il Comune è senza dubbio
pienamente competente ad emanare le ordinanza di rimozione dei rifiuti e di
redazione di un piano di bonifica di un'area inquinata. Pres. Leo, Est. De
Carlo - T.G. e altri (avv.ti Grella e Pantò) c. Comune di Monza (avv.ti
Bragante e Brambilla), Provincia di Milano e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 27 aprile 2010, n. 1159
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Ordinanze di bonifica emesse a carico del
responsabile dell’inquinamento - Esecuzione in danno - Facoltà - Condizioni.
Il Comune non ha nessun obbligo di eseguire in danno le ordinanza emesse a
carico del responsabile dell’inquinamento e ben può procedere a tale
operazione solo quando ha verificato che nessun altro strumento a sua
disposizione si è rivelato praticabile. L’esecuzione d’ufficio delle
ordinanze emesse, nella specie, contro la società fallita responsabile
dell’inquinamento, pertanto, non può essere ritenuta come presupposto di
legittimità per poter procedere all’emissione dell’ordinanza di bonifica nei
confronti dei proprietari dell’area. Pres. Leo, Est. De Carlo - T.G. e altri
(avv.ti Grella e Pantò) c. Comune di Monza (avv.ti Bragante e Brambilla),
Provincia di Milano e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 27 aprile 2010, n. 1159
RIFIUTI - Deposito temporaneo -
Sussistenza delle condizioni fissate dalla legge - Onere della prova - Grava sul
produttore dei rifiuti - Fattispecie. In tema di rifiuti, l'onere della
prova in ordine alla sussistenza delle condizioni fissate dalla legge per la
liceità del deposito temporaneo grava sul produttore dei rifiuti in
considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo
rispetto alla disciplina ordinaria (Cass. n. 21587/2004 e n. 30647/2004). Nella
specie, è stato rilevato che non ricorrevano le condizioni per il deposito
temporaneo, sia perché non era stato osservato il divieto di miscelazione, sia
perché non tutti i rifiuti ivi raccolti provenivano da scavi in loco. (Conferma
ordinanza del tribunale della libertà di Palermo del 21/09/2009) Pres. Onorato,
Est. Petti, Ric. Abbatino.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/04/2010 (Cc. 03/03/2010), Sentenza
n.15680
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Deposito preliminare o stoccaggio - Deposito
incontrollato o abbandono di rifiuti - Presupposti - Autorizzazione o
comunicazione in procedura semplificata - Sanzioni - Zone dove vige l'emergenza
rifiuti - Art. 6 lett. m ) D. L.vo n. 22/1997 (ora art. 183 lett. m D. L.vo n.
152/2006 - Art. 6 c. 1°, lett. a) L. n. 210/2008. In tema di deposito di
rifiuti (nella specie materiale ferroso e da scavo) si ha deposito temporaneo,
come tale lecito, quando i rifiuti sono raggruppati in via temporanea ed alle
condizioni previste dalla legge, nel luogo di produzione; si ha deposito
preliminare o stoccaggio, che richiede l'autorizzazione o la comunicazione in
procedura semplificata, quando non sono rispettate le condizioni previste
dall'articolo 6 lettera m ) del decreto legislativo n 22 del 1997 (ora art 183
lettera m del decreto legislativo n 152 del 2006) per il deposito temporaneo dei
rifiuti; sia ha deposito incontrollato o abbandono di rifiuti, quando il
raggruppamento di essi viene effettuato in luogo diverso da quello in cui i
rifiuti sono prodotti e fuori della sfera di controllo del produttore (Cass. n.
33971/2007; n. 19883/2009). La sanzione per le varie ipotesi è identifica fatta
eccezione per l'abbandono effettuato da privati. Nelle zone dove vige
l'emergenza rifiuti e segnatamente nella zona in esame l'abbandono è sanzionato
penalmente sia che venga effettuato da titolari di imprese che da privati (cfr
comma primo lettera a articolo 6 della legge n 210 del 2008). (Conferma
ordinanza del tribunale della libertà di Palermo del 21/09/2009) Pres. Onorato,
Est. Petti, Ric. Abbatino.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/04/2010 (Cc. 03/03/2010), Sentenza
n.15680
RIFIUTI - Natura di un oggetto quale rifiuto - Riutilizzazione di un
materiale - Accertamento di fatto - Potere del giudice di merito. L'accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto, costituisce un quaestio
facti demandata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità se
sorretta da motivazione esente da visi logici o giuridici. (Cass. sez.III,
9/4/2002 n.14762). (Conferma Ordinanza del 15.7.2009 del Tribunale di Imperia).
Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Fiorentino ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/04/2010 (Cc.. 03/03/2010), Sentenza n.
15375
RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Riutilizzazione - Criteri - fattispecie -
Art.183 c. 1 lett. a) D.L.gs.152/2006. A norma dell'art.183 comma 1 lett. a)
D.L.gs.152/2006, si intende per rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto che
rientra nelle categorie riportate nell'allegato A alla parte quarta del presente
decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di
disfarsi". Sicché, la riutilizzazione, con accertamento di fatto, deve essere
certa ed effettiva (Cass. sez.3, 28.11.2007 n.44295). Nella specie, trattandosi
di materiale dismesso ed in mancanza della prova di una riutilizzazione è stato
correttamente ritenuto che esso fosse da considerare rifiuto. (Conferma
Ordinanza del 15.7.2009 del Tribunale di Imperia). Pres. Onorato, Est. Amoresano,
Ric. Fiorentino ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/04/2010 (Cc.. 03/03/2010), Sentenza n.
15375
RIFIUTI - Trasporto dei rifiuti - Produttori iniziali di rifiuti - Disciplina
applicabile - Iscrizione in forma semplificata - Necessità - Iscrizione
(postuma) all'Albo - Irrilevanza - Art.212 c. 8 D.L.gs. n. 152/2006, e s.m..
L'art.212 comma 8 D.L.gs. n. 152/2006, e succ. modif. ed integrazioni, prevede
che "le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 non si applicano ai produttori
iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e
trasporto dei propri rifiuti, né ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi
che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammi o trenta
litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi, a condizione che tali operazioni
costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa
dalla quale i rifiuti sono prodotti. Dette imprese non sono tenute alla
prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritte in una apposita sezione
dell'Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale
o provinciale dell'Albo territorialmente competente che rilascia il relativo
provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione
l'interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell'art.21 della
legge n.241 del 1990: a) la sede dell'impresa, l'attività o le attività dalle
quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti
prodotti; c) gli estremi identificativi e l'idoneità tecnica dei mezzi
utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto conto anche delle modalità di
effettuazione del trasporto medesimo...". Pertanto, anche per tali imprese è
prevista l'iscrizione sia pure in forma semplificata, in modo da consentire un
controllo adeguato dell'attività di trasporto effettuata. Irrilevante, sotto
tale profilo, è l’iscrizione (postuma) all'Albo. (Conferma Ordinanza del
15.7.2009 del Tribunale di Imperia). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric.
Fiorentino ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/04/2010 (Cc.. 03/03/2010), Sentenza n.
15375
RIFIUTI - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata - Trasporto illegale
di rifiuti - Mezzo di trasporto - Sequestro e confisca obbligatoria - Artt.259
c. 2 e 256 D.L.vo n.152/2006 - Art. 444 c.p.p. - Art.321 c.p.p.. Ai sensi
dell’art.259 comma 2 D.L.vo 152/2006, per il reato di cui all'art.256 medesimo
d.l.vo, prevede la confisca obbligatoria anche in relazione alla sentenza emessa
ai sensi dell'art. 444 c.p.p.. Sicché, nel caso di trasporto illegale di
rifiuti, il sequestro viene disposto anche in virtù del carattere obbligatorio
della confisca del mezzo di trasporto ed è riconducibile alla previsione di cui
al comma 2 dell’art.321 c.p.p.. (Conferma Ordinanza del 15.7.2009 del Tribunale
di Imperia). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Fiorentino ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/04/2010 (Cc.. 03/03/2010), Sentenza n.
15375
RIFIUTI - Discarica - Autorizzazione - Autorità competente - Individuazione della qualità e quantità di rifiuti che possono essere conferiti - Tipologia di sistemazione finale del sito interessato - Discrezionalità tecnica dell’amministrazione- Giudizio di legittimità - Limiti. Nel concedere l’autorizzazione alla discarica è sempre fatto obbligo all’autorità competente di stabilire non soltanto quanti e quali rifiuti possano essere conferiti, ma anche di individuare le tipologie di sistemazione finale del sito interessato, in relazione alla particolare utilizzazione dello stesso. Trattasi di potere/dovere annoverabile nell’esercizio della discrezionalità tecnica dell’amministrazione competente che com’è noto è censurabile nel giudizio di legittimità soltanto nei ristretti limiti della palese illogicità ovvero nella manifesta insussistenza dei presupposti di fatto. Pres. Salvatore, Est. Aureli - S. s.r.l. (avv.ti Castelli e Messina) c. Comune di Montechiari (avv.ti Ballerini e Ramadori) - (Conferma TAR Lombardia, Brescia, n. 739/2001). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 21 aprile 2010, n. 2266
RIFIUTI - Traffico illecito di
rifiuti - Posizione del terzo in buona fede proprietario del veicolo - Confisca
obbligatoria del mezzo di trasporto - Limite - Artt. 259, c. 2°, e 260 d. lgs.
n. 152/2006. Al terzo in buona fede proprietario del veicolo utilizzato per
il trasporto non autorizzato di rifiuti che desidera evitare la confisca
obbligatoria del mezzo di trasporto prevista per il reato di traffico illecito
di rifiuti (ex art. 259, comma secondo, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152), incombe
l’onere della prova della sua estraneità al reato, individuabile in colui che
non ha partecipato alla commissione dell'illecito ovvero ai profitti che ne sono
derivati, ovvero che l'uso illecito della "res" gli era ignoto e non
collegabile ad un suo comportamento negligente. (Cass., sez. III, 4/11/2008 -
12/12/2008, n. 46012; Cass. sez. III, 12/12/2007 - 30/01/2008, n. 4746).
(Conferma ordinanza del 4.8.2006 del tribunale della libertà di Trento) Pres.
Onorato, Est. Amoroso, Ric. Boccher.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 20/04/2010 (Cc. 15/02/2010), Sentenza n.
15105
RIFIUTI - Gestione illecita di rifiuti - Trasporto e confisca del mezzo -
Terzo in buona fede proprietario del veicolo - Art. 260 D.L.vo n.152/06. In
tema di gestione illecita dei rifiuti, fatta eccezione dell’ipotesi del terzo in
buona fede proprietario del veicolo, la confisca del mezzo utilizzato per il
trasporto non autorizzato di rifiuti si giustifica non solo con l’esigenza di
prevenire la commissione d’ulteriori reati, ma anche con la finalità di
assicurare la futura confisca. (Conferma ordinanza del 4.8.2006 del tribunale
della libertà di Trento) Pres. Onorato, Est. Amoroso, Ric. Broccher.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 20/04/2010 (Cc. 15/02/2010), Sentenza n.
15105
RIFIUTI - Traffico o trasporto illecito di rifiuti - Mezzo impiegato per il
trasporto non autorizzato - Sequestro preventivo - Intervenuta autorizzazione al
trasporto - Confisca obbligatoria - Disciplina applicabile - Funzione - Artt.
259, c. 2°, e 260 d. lgs. n. 152/2006 - Giurisprudenza. In tema di gestione
illecita dei rifiuti, deve essere disposta la confisca obbligatoria del mezzo
impiegato per il trasporto non autorizzato (Cass., sez. III, 11/03/2009 -
19/05/2009, n. 20935). Pertanto, é legittimo il sequestro preventivo dei mezzi
utilizzati per l'illecito trasporto di rifiuti pericolosi stante il disposto del
comma secondo dell'art. 52 d.lgs 25 febbraio 1997 n. 22, che ricollega al reato
di cui al comma terzo una ipotesi di confisca obbligatoria (ora artt. 259, comma
secondo, e 260 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152). (Cass., sez. III, 23/05/2001 -
8/08/2001, n. 30903). Sicché, anche a seguito dell'intervenuta autorizzazione al
trasporto dei rifiuti, non può essere disposta la restituzione del mezzo adibito
al loro trasporto illecito che sia stato oggetto di sequestro preventivo
finalizzato alla confisca, in quanto il sequestro preventivo "delle cose di cui
é consentita la confisca" si giustifica non per la pericolosità intrinseca della
cosa, ma per la funzione general-preventiva e dissuasivi attribuitale dal
legislatore (Cass., sez. III, 28/01/2009 - 11/03/2009, n. 10710). Inoltre, in
tema di traffico o di trasporto illecito di rifiuti il legislatore ha inteso
equiparare la confisca prevista dall'articolo 259 d.lgs 152/2006 a quelle
imposte dalla legge ai sensi dell'art. 240 comma 2 c.p., ed ha puntualizzato che
tale misura si caratterizza per la sua "funzione dissuasiva a carattere
generale" cosicché il sequestro preventivo, adottato per assicurare una
successiva confisca (obbligatoria per legge), può essere revocato solo se viene
meno la probabilità dell'effettiva commissione del reato (ossia il requisito del
fumus), ma non anche in virtù della cessazione delle esigenze cautelari.
(Conferma ordinanza del 4.8.2006 del tribunale della libertà di Trento) Pres.
Onorato, Est. Amoroso, Ric. Boccher.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 20/04/2010 (Cc. 15/02/2010), Sentenza n.
15105
RIFIUTI - Discariche - Autorizzazione alla costruzione ed esercizio - Campagna di monitoraggio delle acque sotterranee - Condicio sine qua non per l’avviamento dell’impianto - Art. 9, c. 1, lett. g), d.lgs. n. 36/2003. L’art. 9, co. 1, lett. g), d.lg. 36/2003, attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, dispone che, ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di una discarica, il richiedente deve impegnarsi ad eseguire preliminarmente all’avviamento dell’impianto una campagna di monitoraggio delle acque sotterranee conformemente a quanto previsto all’allegato 2, punto 7.2. La campagna di monitoraggio, pertanto, è condicio sine qua non per l’avviamento dell’impianto, a nulla rilevando che lo stesso sia stato già autorizzato. Ne consegue che la prescrizione che impone, preliminarmente all’avviamento dell’impianto, di condurre una campagna di monitoraggio delle acque sotterranee interessate non solo è del tutto legittima, ma ha carattere vincolato. Pres. Giovannini, Est. Caponigro - E. s.r.l. (avv.ti Paparella e Palieri) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile e altro (Avv. Stato), Provincia di Bari (avv. Profeta) e Comune di Trani (avv. Bottaro). TAR LAZIO, Roma Sez. I - 19 aprile 2010, n. 7453
RIFIUTI - Rottamazione veicoli fuori uso - Demolitori e sistema di compensazione dei costi di trattamento - Trasposizione non conforme - Inadempimento di uno Stato (Francia) - Artt. 5, nn. 3 e 4, 6, n. 3, e 7, n. 1 Direttiva 2000/53/CE. Non avendo adottato tutte le misure legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per trasporre in modo corretto e completo gli artt. 2, punto 13), 4, n. 2, lett. a), 5, nn. 3 e 4, - laddove, con riferimento a quest’ultimo numero, i demolitori che hanno accettato di prendere in consegna un veicolo fuori uso per la rottamazione sono esclusi dal sistema di compensazione dei costi di trattamento - 7, n. 1, e 8, n. 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 18 settembre 2000, 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva. Pres. Tizzano - Levits Rel. - Oliver e J.-B. Laignelot c. Repubblica francese. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 15/04/2010, Sentenza C-64/09
RIFIUTI - Discarica abusiva di
rifiuti sottoposta a sequestro - Fattispecie di cui all'art. 256, c.3°, D. L.vo
n. 152/2006 - Restituzione - Esclusione - Confisca - Obbligo - Art. 321, c.p.p..
Non può essere disposta la restituzione di un'area, che sia stata oggetto di
sequestro preventivo finalizzato alla confisca, in quanto il sequestro
preventivo "delle cose di cui è consentita la confisca" si giustifica non per
pericolosità intrinseca della cosa, ma per la funzione general-preventiva e
dissuasiva attribuitale dal legislatore." (Cass. sez. 3, 11/03/2009 n. 10710,
Girardi). Nella specie, (era stata respinta la richiesta di restituzione di
un'area, sottoposta a sequestro in relazione all'art. 256, comma terzo, del D.
Lgs n. 152/2006 per essere stata adibita a discarica abusiva), essendo stato
disposto il sequestro ai sensi dell'art. 321, secondo comma, c.p.p., assume
esclusiva rilevanza la sussistenza del fumus del reato oggetto di indagine,
mentre a nulla rileva la insussistenza di altre esigenze cautelare di cui
all'art. 321, primo comma, c.p.p., in quanto non sono state poste a fondamento
della misura adottata. (conferma ordinanza del 5.10.2009 del Tribunale di
Messina, con la quale é stato rigettato l'appello avverso il provvedimento del
G.I.P. del Tribunale di Patti in data 10.6.2009) Pres. De Maio, Est. Lombardi,
Ric. Lambiase.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/04/2010 (Cc. 11/03/2010), Sentenza n.
14344
RIFIUTI - Messa in riserva di rifiuti non pericolosi - Artt. 214-216 d.lgs. n. 152/2006 - Procedure semplificate - Regolamento provinciale - Richiesta di attestazione della compatibilità urbanistica - Coordinamento delle competenze in materia ambientale e urbanistica - Legittimità. Se pure l’autorizzazione per l’attività di messa in riserva di rifiuti non pericolosi (artt. 214-216 del d.lgs. n. 152/2006) viene rilasciata nell’ambito di un procedimento semplificato che consente all’interessato di rivolgersi direttamente alla Provincia, autocertificando una serie di requisiti (quali la compatibilità urbanistica), ciò non di meno la semplificazione non può significare esenzione dell’interessato dal rispetto della normativa che sotto più profili, tra cui certamente quello urbanistico, può interferire con l’esercizio dell’attività. Ne consegue che deve ritenersi legittimo il regolamento provinciale con il quale, allo scopo di coordinare le competenze in materia ambientale con quelle in materia urbanistica, viene richiesto, nel contesto dell’unitario procedimento, di attestare anche la compatibilità urbanistica. Pres. f.f. Lotti, Est. Malanetto - A. s.r.l. (avv. Carozzo) c. Provincia di Torino (avv.ti Gallo e Di Cuia) e Comune di Torino (avv. Spinelli) - TAR PIEMONTE, Sez. I - 9 aprile 2010, n. 1747
RIFIUTI - Definizione di
"rifiuto" - Interpretazione autentica - Fattispecie derogatoria che esclude
l'illecito penale - Art. 14 D.L. n.138/2002. L'art. 14 d.l. 8 luglio 2002 n.
138, conv. in legge 8 agosto 2002 n. 178, nel porre l'interpretazione autentica
della definizione di "rifiuto" stabilisce, al secondo comma, che non ricorre la
decisione di disfarsi, di cui alla lett. h) del primo comma della medesima
disposizione, per beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di
consumo ove sussista una delle seguenti condizioni: a) se gli stessi possono
essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in
analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento
preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente; b) se gli
stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel
medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito
un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di
recupero tra quelle individuate nell'allegato C del cit. digs. n. 22 del 1997.
Pertanto, l'art. 14 D.L. n.138/2002, che al primo comma precisa in positivo la
nozione di rifiuto, delinea poi al secondo comma una fattispecie derogatoria che
esclude l'illecito penale. (Cass. n. 20499/2005). (Conferma sentenza pronunciata
dal Tribunale di Como in Cantù in data 3.07.2008) Pres. De Maio, Est. Teresi,
Ric. Furia.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/04/2010 (Ud.. 18/02/2010), Sentenza n.
13493
RIFIUTI - Nozione di "rifiuto" - Interpretazione estensiva - Normativa
comunitaria - Principi di precauzione e prevenzione - Distinzione tra residuo di
produzione e sottoprodotto - Art. 1 dir. 75/442 - Dir. 78/319. La
specificazione della nozione di "rifiuto", della quale è pur sempre necessaria
un'interpretazione estensiva in ragione dei principi di precauzione e
prevenzione espressi dalla normativa comunitaria in materia, è possibile solo
nei limiti in cui sia sottratta alla relativa disciplina ciò che risulti essere
un mero "sottoprodotto", del quale l'impresa non abbia intenzione di disfarsi.
Pertanto, occorre essenzialmente distinguere tra residuo di produzione, che è un
rifiuto, pur suscettibile di eventuale utilizzazione previa trasformazione, e
sottoprodotto, che invece non lo è, fermo restando che la nozione di rifiuto, ai
sensi degli art. 1 della direttiva 75/442, nella sua versione originale, e della
direttiva 78/319, non deve intendersi nel senso che essa esclude le sostanze e
gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica. (Conferma sentenza
pronunciata dal Tribunale di Como in Cantù in data 3.07.2008) Pres. De Maio,
Est. Teresi, Ric. Furia.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/04/2010 (Ud.. 18/02/2010), Sentenza n.
13493
RIFIUTI - Nozione di "sottoprodotto" - Disciplina applicabile. In tema di
rifiuti, è ravvisabile un "sottoprodotto" in quanto il riutilizzo di un bene, di
un materiale o di una materia prima sia non solo eventuale, ma "certo, senza
previa trasformazione, ed avvenga nel corso del processo di produzione". Sicché,
ciò che non nuoce all'ambiente e può essere inequivocabilmente e immediatamente
utilizzato come materia prima secondaria in un processo produttivo si sottrae
alla disciplina dei rifiuti, che non avrebbe ragion d'essere, la quale invece
trova piena applicazione in tutti i casi di materiale di risulta che possa
essere si utilizzabile, ma solo eventualmente ovvero "previa trasformazione",
ciò che, proprio in ragione del principio di precauzione e prevenzione
richiamato dalla Corte di giustizia, comporta l'applicazione della disciplina di
controllo dei rifiuti. (Conferma sentenza pronunciata dal Tribunale di Como in
Cantù in data 3.07.2008) Pres. De Maio, Est. Teresi, Ric. Furia.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/04/2010 (Ud.. 18/02/2010), Sentenza n.
13493
RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Interpretazione estensiva - Giurisprudenza
comunitaria - L. n. 178/2002 - D. Lgs. n. 152/2006. In materia
di rifiuti, occorre interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto, per
limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, e quindi occorre
circoscrivere la fattispecie esclusa, relativa ai "sottoprodotti", alle
situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia
prima non sia "solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e nel
corso del processo di produzione". In conclusione, alla luce della
giurisprudenza comunitaria ed anche per la normativa nazionale deve accedersi,
quanto all'ipotesi dei residui di produzione ad un'interpretazione della
fattispecie derogatoria del secondo comma dell'art. 14 d.l. 8 luglio 2002 n.
138, conv. in legge 8 agosto 2002 n. 178, orientata dall'esigenza di conformità
alla normativa comunitaria. Inoltre, con la nuova normativa di cui al d. Lgs. n.
152/2006, che ha introdotto la nozione di sottoprodotto, la soluzione non muta
poiché la definizione di cui alla lettera n) dell'art. 183 del decreto è più
restrittiva. (Conferma sentenza pronunciata dal Tribunale di Como in Cantù in
data 3.07.2008) Pres. De Maio, Est. Teresi, Ric. Furia.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/04/2010 (Ud.. 18/02/2010), Sentenza n.
13493
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Emergenza rifiuti in Campania - Requisizione di un’area per lo stoccaggio dei rifiuti solidi urbani - Derequisizione - Presupposto - Cessazione dello stato di necessità - Obbligo di ripristino dello stato originario dei luoghi - Esclusione - Obbligo di far precedere la derequisizione dalla bonifica - Esclusione - Responsabilità contrattuale dell’autorità beneficiaria della requisizione. In base alla normativa vigente la derequisizione trova il suo unico presupposto di legittimità nella cessazione dello stato necessitante valorizzato dalla precedente requisizione, non essendo condizionata dall’assolvimento dell’obbligo di ripristino dello stato originario dei luoghi (nella specie, bonifica delle aree requisite inquinate dal percolato dei RSU ivi stoccati). Invero, tale obbligo discende direttamente dalla legge in virtù della posizione di custode assunta dall’autorità beneficiaria della requisizione e può dar luogo, in caso di inosservanza, a distinta responsabilità contrattuale, ma giammai può influire sulla legittimità del provvedimento di derequisizione, che deve essere emanato senza indugio al cessare degli eventi necessitanti, per consentire al privato inciso il riacquisto delle facoltà inerenti al diritto di proprietà. Ne consegue che, nella specie, la derequisizione non deve necessariamente essere preceduta dalla bonifica. Pres. Guida, Est. Dell’Olio - P.C. e altri (avv.ti Mazziotti e Marzano) c. Comune di San Giorgio a Cremano (avv.ti Cicatiello e Carlino) e altro (n.c.) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 8 aprile 2010, n. 1824
RIFIUTI - Potestà legislativa esclusiva statale - Regolamenti - Esigenze di
uniformità. La materia dei rifiuti attiene alla potestà legislativa
esclusiva statale in materia di tutela ambientale (sentenze n. 10 e 314 del
2009, n. 62 del 2008), e, in tale materia, è consentito allo Stato emanare
regolamenti, per esigenze di uniformità (sentenze n. 233 del 2009 e 411 del
2007). Pres. Amirante, Est. Finocchiaro - Presidente del Consiglio dei Ministri
c. Regione Umbria -
CORTE COSTITUZIONALE - 8 aprile 2010, n. 127
RIFIUTI - Centri di raccolta dei rifiuti urbani - Gestione - Comune -
Autorizzazione - Non compete - Art. 7, lettera c) L.r. Umbria n. 11/2009 -
Illegittimità costituzionale - Contrasto con la normativa di cui al d.m. 8
aprile 2008 - Art. 183, c. 1, lett. c) d.lgs. n. 152/2006. L’art. 7, lettera
c) della legge della Regione Umbria 13 maggio 2009, n. 11 (Norme per la gestione
integrata dei rifiuti e la bonifica delle aree inquinate) va dichiarato
costituzionalmente illegittima nella parte in cui attribuisce ai Comuni la
funzione di «rilascio, rinnovo e modifica dell’autorizzazione alla gestione» dei
centri di raccolta. Ai Comuni non compete infatti, in aggiunta all’approvazione
dei centri di raccolta dei rifiuti urbani riguardo alla realizzazione di essi,
l’autorizzazione alla gestione. Pertanto, subordinare la gestione di tali centri
al preventivo rilascio di un’autorizzazione da parte del Comune, si pone in
contrasto con la normativa nazionale rappresentata dal d.m. 8 aprile 2008,
emesso in attuazione dell’art. 183, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 152 del
2006, che è espressione della competenza statale in materia di tutela
dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Pres.
Amirante ,Est. Finocchiaro - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione
Umbria -
CORTE COSTITUZIONALE - 8 aprile 2010, n. 127
RIFIUTI - Nozione di rifiuto stabilita dal legislatore statale di attuazione
delle direttive comunitarie - Legislatore regionale - Esclusione di particolari
sostanze o materiali - Art. 44 L.r. Umbria n. 11/2009 - Esclusione di sedimenti
non contaminati - Illegittimità costituzionale - Fondamento. Non sono
consentite esclusioni da parte del legislatore regionale di particolari sostanze
o materiali in astratto ricompresi nella nozione di “rifiuto” stabilita dalla
legislazione statale in attuazione della direttiva comunitaria (sentenze nn. 61
e 315 del 2009). L’ art.. 44 della legge della Regione Umbria 13 maggio 2009, n.
11, sottraendo alla nozione di rifiuto taluni residui che, invece, corrispondono
alla definizione sancita dall’art. 1, lettera a), della direttiva 2006/12/CE,
come «qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate
nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo
di disfarsi», si pone in contrasto con la direttiva medesima, che funge da norma
interposta per la valutazione di conformità della normativa regionale
all’ordinamento comunitario (sentenza n. 62 del 2008).Fra le sostanze escluse
dal campo di applicazione della direttiva (e della normativa statale
rappresentata dal d.lgs. n. 152 del 2006), vi sono le «acque di scarico, esclusi
i rifiuti allo stato liquido» (art. 2, par. 1, lettera b-iv, della direttiva;
art. 185, comma 1, lettera b, n. 1, del d.lgs. n. 152 del 2006), ma fra questi
non possono essere ricompresi i sedimenti, indicati dalla disposizione
regionale, che costituiscono residui semi-solidi, derivanti dal trattamento
delle acque. Neppure rileva che l’esclusione sia limitata dalla norma regionale
a quei sedimenti che non siano contaminati oltre misura: tale connotato può
considerarsi ai fini della qualificazione della sostanza come pericolosa, non
anche per l’esclusione di questa dalla categoria dei rifiuti. Sotto tale profilo
non è consentito al legislatore regionale introdurre limiti quantitativi non
previsti nella regolamentazione statale unitaria, ai fini di sottrarre un
oggetto a una determinata disciplina (così, in tema di adempimenti connessi alla
disciplina dei rifiuti pericolosi, la sentenza n. 315 del 2009), specie ove si
tratti di ambiti tecnici per l’attuazione di livelli di tutela uniforme
(sentenza n. 249 del 2009). Pres. Amirante ,Est. Finocchiaro - Presidente del
Consiglio dei Ministri c. Regione Umbria -
CORTE COSTITUZIONALE - 8 aprile 2010, n. 127
RIFIUTI - Art. 44 L.r. Umbria n. 11/2009 - Riproduzione letterale della
direttiva 2008/98/CE non ancora recepita dal legislatore statale - Competenza
all’attuazione delle direttive comunitarie - Materie di legislazione esclusiva
dello Stato - Ambiente - Iniziative del legislatore regionale - Inammissibilità.
Il dettato dell’art. 44 della legge della Regione Umbria 13 maggio 2009, n. 11
riproduce quasi letteralmente il testo dell’art. 2, par. 3, della direttiva 19
novembre 2008, n. 2008/98/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio,
relativa ai rifiuti, che abroga precedenti direttive in materia). Questa non è
stata ancora recepita da legge statale (termine di recepimento: 12 dicembre
2010). La norma comunitaria introduce una esclusione dall’ambito di applicazione
della stessa direttiva, proprio relativamente ai «sedimenti spostati all’interno
di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o
della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni
o siccità o ripristino dei suoli, se è provato che i sedimenti non sono
pericolosi».La competenza per l’attuazione delle direttive comunitarie,
tuttavia, nelle materie di legislazione esclusiva dello Stato, come la tutela
dell’ambiente, in cui rientra la disciplina dei rifiuti, appartiene
inequivocabilmente allo Stato (sentenza n. 233 del 2009), e non sono ammesse
iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio ambito territoriale la
materia, ispirandosi ad una direttiva non ancora recepita per i rifiuti. L’art.
44 della legge regionale n. 11 del 2009, dunque, è illegittimo, nella parte in
cui esclude dal campo di applicazione della legge stessa, «i sedimenti derivanti
da attività connesse alla gestione dei corpi idrici superficiali, alla
prevenzione di inondazioni, alla riduzione degli effetti di inondazioni o
siccità, al ripristino dei suoli, qualora sia stato accertato che i materiali
non risultino contaminati in misura superiore ai limiti stabiliti dalle norme
vigenti». Pres. Amirante ,Est. Finocchiaro - Presidente del Consiglio dei
Ministri c. Regione Umbria
-
CORTE COSTITUZIONALE - 8/04/2010, n. 127
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione - Carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni - Distinzione ed effetti - Art 256 4° c. d. L.vo 152\06. La fattispecie richiamata nell’art 256 quarto comma decreto Legislativo n. 152\06 non sanziona la mancanza del titolo abilitativo ma due diverse condotte che presuppongono entrambe il titolo. La prima concerne l'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione rilasciata dall'autorità per l'attività di gestione dei rifiuti. La seconda riguarda la carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni. Quest'ultima è l'ipotesi addebitata nella fattispecie, essendo pacifica la mancanza di un'esplicita autorizzazione. Tale fattispecie ha dato luogo a seri problemi interpretativi poiché la carenza dei requisiti e delle condizioni per le iscrizioni e le comunicazioni potrebbe risolversi in un'inesistente comunicazione posto che vi deve essere coincidenza tra il possesso dei requisiti specifici e l'esercizio della corrispondente attività di gestione. Pertanto l'assenza dei requisiti e/o delle condizioni richiesti per una determinata attività di gestione dei rifiuti potrebbe comportare l'impossibilità di utilizzare la procedura semplificata con la conseguenza che quella che viene descritta come ipotesi attenuata assume connotati offensivi identici all'attività di gestione dei rifiuti senza autorizzazione. Pertanto, occorre distinguere tra quei requisiti e quelle condizioni che incidono sulla medesima sussistenza del titolo abilitativo, da quelli che riguardano unicamente le modalità di esercizio della medesima attività. Così, per semplificare, si è ritenuto che il trasporto di rifiuti diversi rispetto a quelli per i quali si era chiesta l'iscrizione nell'albo dei trasportatori, configura il reato di cui al comma primo del decreto legislativo n 152 del 2006, in quanto la carenza di tale elemento rende l'iscrizione inesistente (Cass. n.43849/2007). Viceversa il trasporto di rifiuti con mezzi diversi da quelli comunicati incide solo sulle modalità di esercizio dell'attività e quindi è configurabile l'ipotesi attenuata (Cass. n. 5342/2008). (Annulla con rinvio ordinanza del tribunale di Catania del 27/07/2009) Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. Monaco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/04/2010 (Cc. 18/02/2010), Sentenza n. 13232
RIFIUTI - Procedure semplificate -Istanza di rinnovo ex art. 216, n. 5 del
d.lgs. n. 152/2006 - Provincia - Attività di controllo sulla pratica - Riscontro
di carenze documentali - Inibizione della prosecuzione dell’attività -
Legittimità. La Provincia, nell’esaminare la comunicazione di inizio di
attività, di cui all’art. 216 del d.lgs. n. 152/2006 (procedure semplificate),
deve svolgere un’attività di controllo in ordine alla completezza della pratica
e tale indagine deve essere espletata anche in sede di esame delle comunicazioni
di rinnovo di cui al successivo c. 5 dello stesso articolo; con la conseguenza
che, in caso di riscontrate carenze della istanza di rinnovo, ben può inibire la
prosecuzione dell’attività. Pres. Zuballi, Est. Eliantonio -A.F. e altro (avv.
Verna) c. Provincia di Chieti (avv.Mmanso) -
TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. I - 30 marzo 2010, n. 217
RIFIUTI - Attività assentite con le procedure semplificate -Deliberazione della
Giunta regionale d’Abruzzo n. 790/2007, integrata dalla del. n. 790/2007 -
Prestazione di garanzie finanziarie - Obbligo - Comunicazione di rinnovo -
Rinnovo delle garanzie - Necessità. La deliberazione della Giunta Regionale
d’Abruzzo 3 agosto 2007, n. 790, integrata con la successiva deliberazione 26
maggio 2008, n. 465 prescrive l’obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie
in sede di avvio delle attività assentite con le procedure semplificate: potendo
tale attività essere svolta solo per cinque anni (cfr. art. 216, c. 5 d.lgs. n.
152/2006), la parte interessata in sede di rinnovo deve necessariamente
“rinnovare” anche le prescritte garanzie finanziare, che sono poste a copertura
dei (rinnovati) rischi ambientali e costi di bonifica e di ripristino
ambientale. Pres. Zuballi, Est. Eliantonio -A.F. e altro (avv. Verna) c.
Provincia di Chieti (avv.Manso) -
TAR ABRUZZO, Pescara, Sez. I - 30 marzo 2010, n. 217
RIFIUTI - Abbandono dei rifiuti - Configurabilità - Presupposti - Art. 256 D.Lvo 152/06. In tema di rifiuti, la violazione dell’art. 256 D.Lvo 152/06 ricorre anche nel caso in cui l’attività di abbandono dei rifiuti non sia abituale né protratta per lungo tempo. (Cass. Sez. III, 16.1.04, Fiato). (Conferma sentenza del Tribunale di Taranto, del 22.6.09) Pres. Onorato Est. Mulliri Ric. Pellegrini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n. 12453
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Attività di tiro al volo - Abbandono di rifiuti - Responsabilità del titolare dell’area - Soggetto produttore dei rifiuti - Art.183 c.1 lett.b D. L.vo n. 152/2006 - Regola della equivalenza della omissione impeditiva alla azione causale - Applicazione - Fattispecie. In tema di gestione dei rifiuti, il proprietario di un terreno non può essere ritenuto responsabile, per questa sua qualifica o per una eventuale condotta di mera connivenza, dello abbandono di rifiuti che altri hanno collocato nel suo sito, ciò in quanto non è riscontrabile una fonte normativa dalla quale dedurre uno specifico dovere di garanzia, di protezione, di controllo per la integrità del bene protetto. La regola della equivalenza della omissione impeditiva alla azione causale può essere applicata sotto un diverso profilo al caso in esame nel quale non vi sono terzi che, all'insaputa dello imputato o in assenza di un suo contributo causale, hanno abbandonato residui nei siti per cui è processo. In tale situazione, l'imputato deve rispondere dei reati nella sua qualità di soggetto produttore dei rifiuti che - a sensi della definizione contenuta nell'art.183 c.1 lett.b D. L.vo n. 152/2006 e della interpretazione giurisprudenziale - deve intendersi come la persona, fisica o giuridica, dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti o al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione. Nella specie, la produzione e la giacenza del materiale (da qualificarsi come rifiuto speciale) era ben nota all'imputato dal momento che era la naturale conseguenza della attività sportiva del centro (tiro al volo) di cui era il legale rappresentante. Di conseguenza, quale legale rappresentante della società, era tenuto allo adempimento degli oneri su di lui gravanti ed a provvedere perché lo smaltimento dei rifiuti avvenisse secondo la normativa del settore (ad esempio: dando le opportune disposizioni al fine che ditte specializzate e munite di autorizzazione sgombrassero il terreno) ed a vigilare, quale titolare di una posizione di garanzia rispetto alla tutela dell'ambiente, che i propri dipendenti osservassero le prescrizioni date. (Annulla con rinvio sentenza n. 757/2008 Tribunale di Terni, del 03/06/2009) Pres. Onorato, Est. Squassoni, Ric. PG in proc. Onofri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n.12448
RIFIUTI - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani - Controversie -
An e
quantum della pretesa impositiva - Giurisdizione - Commissioni tributarie -
Giurisdizione del giudice amministrativo in materia tributaria - Limiti. La
cognizione delle controversie concernenti i tributi comunali e locali (nella
specie, tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) tutte le volte in
cui sia in contestazione l’an o il quantum della pretesa impositiva, ponendo in
discussione la specifica obbligazione relativa appartiene alla competenza
giurisdizionale delle commissioni tributarie; esse sono il giudice del rapporto
tributario, sia pure quando sia la pubblica amministrazione creditrice ad
attivare la via giurisdizionale e quindi oltre la logica impugnatoria e della
tipicità degli atti tributari impugnabili (così Cassazione a Sezioni Unite, 1
marzo 2002, n.3030). La giurisdizione del giudice amministrativo in materia
tributaria è infatti limitata ai regolamenti e agli atti generali. Pres.
Salvatore, Est. De Felice - Comune di Vimodrone (avv.ti Abbamonte e Chiarolanza)
c. Ministero delle Finanze (avv.ti Manzi e Sica) - (Conferma TAR
LOMBARDIA,Milano n. 01795/2003) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV- 24 marzo 2010, n. 1739
RIFIUTI - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani - Natura - Sentenza Corte
Cost. n. 238/2009- Potere giurisdizionale - Giudice tributario. Appartengono
alla giurisdizione tributaria le controversie relative alla debenza del canone
per lo smaltimento dei rifiuti urbani ai sensi dell’art. 2, comma 2 secondo
periodo D.Lgs. 31 dicembre 1992, n.546. La Corte Costituzionale n. 238 del 24
luglio 2009, al riguardo, ha ritenuto la natura di tassa - entrata tributaria -
e non di corrispettivo non avente natura tributaria della tassa sui rifiuti, con
conseguente legittimità della attribuzione del potere giurisdizionale al giudice
tributario. Pres. Salvatore, Est. De Felice - Comune di Vimodrone (avv.ti
Abbamonte e Chiarolanza) c. Ministero delle Finanze (avv.ti Manzi e Sica) -
(Conferma TAR LOMBARDIA,Milano n. 01795/2003) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV- 24 marzo 2010, n. 1739
RIFIUTI - Deposito incontrollato
di rifiuti - Individuazione - Esclusione delle operazione di smaltimento o
recupero - Messa in riserva - Esclusione. Allorché il deposito dei rifiuti
manchi dei requisiti per essere qualificato come temporaneo, e non sia
configurabile né un deposito preliminare, realizzato in vista di successive
operazioni di smaltimento, né una messa in riserva, realizzato in vista di
successive operazioni di recupero, si ha un deposito incontrollato o abbandono
di rifiuti che non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o recupero
(Cass., Sez. III, 11/03/2009 -11/05/2009, n. 19883).(Conferma sentenza del
12.1.2009 del Tribunale di Pesaro) Pres. Onorato, Est. Amoroso, Ric. Bardeggi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n.
11270
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Requisiti - Deposito preliminare o
"stoccaggio" - Autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata -
Necessità - Deposito incontrollato o abbandono di rifiuti - Configurabilità.
Per aversi "deposito temporaneo" di rifiuti prima della loro raccolta per lo
smaltimento occorre che i rifiuti, in relazione alla loro natura e quantità,
siano raggruppati, in via provvisoria ed alle condizioni previste dalla legge,
nel luogo della loro produzione e nel rispetto dei prescritti limiti temporali;
quando non sono rispettate le condizioni previste dall'art. 61 lett. m) /del
D.Lgs. n. 22 del 1997 per il deposito temporaneo di rifiuti , può aversi
"deposito preliminare" o "stoccaggio", che richiede l'autorizzazione o la
comunicazione in procedura semplificata; si ha invece "deposito incontrollato" o
"abbandono di rifiuti", quando il raggruppamento di essi viene effettuato in
luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori della sfera di
controllo del produttore: tale ultima condotta è sanzionata penalmente, se posta
in essere da soggetti titolari di impresa o da responsabili di enti, mentre è
sanzionata in via amministrativa, quando sia effettuata da persone fisiche
diverse da quelle precedentemente indicate (Cass., sez. III, 25/02/2004 -
5/05/2004, n. 21024). (Conferma sentenza del 12.1.2009 del Tribunale di Pesaro)
Pres. Onorato, Est. Amoroso, Ric. Bardeggi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n.
11270
RIFIUTI - Abbandono di rifiuti penalmente rilevante - Nozione di rifiuto - Individuazione - C.d. definizione aperta di rifiuto - Qualificazione e motivazione della sentenza - Artt. 256, 2°c., 192 c.1 e 183 D.Lgs. n.152/2006. In materia di rifiuti, l'art. 183 d.lgs. n. 152 del 2006 (recante le definizioni) non contiene una catalogazione chiusa, rinvia sì all'allegato A, ma in ogni caso contiene una definizione aperta: rifiuto è "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A alla parte quarta del decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi". Nella specie, è adeguatamente motivata la sentenza che, pur non indicando specificatamente in quale categoria di rifiuti “tabellati” rientrano, evidenzia la volontà dell'imputato di disfarsi del materiale, stante l'abbandono all'aperto senza protezione e cautela di sorta e la risalenza nel tempo di tale abbandono comprovata dalla produzione del fascicolo fotografico. (conferma sentenza del 2.7.2008 del Tribunale di Bologna, Sezione Distaccata di Porretta Terme) Pres. Onorato, Est. Amoroso, Ric. Cerdini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n. 11260
RIFIUTI - Materiali derivanti dalle attività di demolizione - Codice CER 170904 - Art. 184, c.3°, lett. b), D. Lgs n.152/2006 - Modifiche introdotte dal D. Lgs n. 4/2008 - Norme più favorevoli - Applicazioni. I materiali derivanti dalle attività di demolizione sono qualificati espressamente rifiuti dall'art. 184, comma 3 lett. b), del decreto legislativo n. 152/2006 e sono classificati nell'allegato D alla parte quarta del decreto con il codice CER 170904. Nella fattispecie, il fatto è stato commesso nella vigenza del D. Lgs n. 152/2006, nella formulazione antecedente le modifiche introdotte dal D. Lgs 16.1.2008 n. 4, che, con riferimento alle disposizioni in esame, appare più favorevole di quella attualmente vigente. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Uguzzoni ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n. 11259
RIFIUTI - Rifiuti abbandonati
sull’area di sedime della strada - Ente proprietario o ente gestore - Obbligo di
rimozione - Pericoli o danni alla circolazione - Dolo o colpa - Irrilevanza-
Rifiuti abbandonati nella vicinanza della sede stradale - Profilo soggettivo
dell’ente proprietario o gestore - Rilevanza. Ai sensi dell'art. 192 D.L.vo
3 aprile 2006 n. 152, l'Ente proprietario (e, in sua vece, l’Ente gestore) della
strada ha l'obbligo di provvedere alla pulizia della stessa, in modo da non
creare danno o pericoli alla circolazione; pertanto, spetta alla detta P.A.
procedere alla raccolta dei rifiuti abbandonati da terzi sull'area di sedime
della strada stessa, a prescindere dalla sussistenza dell'elemento soggettivo
del dolo o della colpa del detto proprietario (Cfr. Cons. Stato Sez. IV 18
giugno 2009 n. 4005). La soluzione è invece diversa allorchè si tratti di
rifiuti solidi non pericolosi abusivamente depositati nelle vicinanze dell'area
stradale e non risulti riscontrabile né tanto meno denunciato alcun profilo
soggettivo di dolo o quanto meno di colpa in capo all' Ente proprietario o
gestore (Cfr. TAR Campania V Sez.5 dicembre 2008 n. 21013). Pres. ed Est.
Onorato - Amministrazione provinciale di Napoli (avv.ti Cosmai e Di Falco,) c.
Comune di Acerra (avv. Balletta) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 23 marzo 2010, n. 1588
RIFIUTI - Abbandono - Curatore fallimentare - Obblighi ripristinatori -
Inconfigurabilità - Esecuzione d’ufficio in danno dei soggetti obbligati -
Insinuazione al passivo fallimentare. Nei confronti del curatore
fallimentare non è configurabile alcun obbligo ripristinatorio in ordine
all'abbandono dei rifiuti in assenza dell’accertamento univoco di un’autonoma
responsabilità del medesimo conseguente alla presupposta ricognizione di
comportamenti commissivi, ovvero meramente omissivi, che abbiano dato luogo al
fatto antigiuridico. All'Amministrazione competente, in difetto della
ascrivibilità soggettiva della condotta preordinata allo scarico abusivo dei
rifiuti, residua la possibilità, alla stregua di quanto stabilito dall'ultima
parte del III comma dell'art. 14 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, di procedere
all'esecuzione d'ufficio "in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle
somme anticipate" che può avvenire mediante insinuazione del relativo credito
nel passivo fallimentare. Pres. Nicolosi, Est. Massari - G.F. (avv. Bimbi) c.
Comune di Pontedera (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 19 marzo 2010, n.700
RIFIUTI - Atti di localizzazione di una discarica - Impugnazione - Legittimazione delle persone fisiche - Presupposti - Vicinitas - Prova del danno. La legittimazione di una persona fisica ad impugnare atti di localizzazione di una discarica e, più in generale, di impianti che potrebbero rivelarsi dannosi per la salute umana, non discende dalla vicinanza dell’abitazione del ricorrente dalla discarica, ma è subordinata alla prova del danno che quest’ultimo riceve nella sua sfera giuridica dal fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore del fondo situato nelle sue vicinanze nonostante le prescrizioni dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell’impianto a salvaguardia di chi vive nelle vicinanze (ex multis T.A.R. Piemonte Torino, sez. II 26 maggio 2008, n. 1217). Pres. Onorato, Est. Cernese - F.G. e altri (avv. Del Vecchio) c. Regione Campania (avv. Barone) e Comune di Foiano di Val Fortore (avv. Perifano) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 16 marzo 2010, n. 1479
RIFIUTI - Rimozione degli amministratori degli enti locali per gravi e persistenti violazioni di legge - Art. 142, c. 1 bis del d.lgs. n. 267/00 - Misure ordinamentali volte a far fronte ai problemi inerenti lo smaltimento dei rifiuti - Natura sanzionatoria - Ingerenza statale nell’autonomia delle amministrazioni locali - Extrema ratio - Tutela della salute della comunità. Il vigente ordinamento costituzionale contempla due forme di ingerenza statale nell'autonomia delle amministrazioni locali: quella di natura sostitutiva di cui all'art. 120 Cost., che fa fronte ad esigenze oggettive da perseguire con un intervento surrogatorio, e quella, riferibile sotto il profilo sistematico agli artt. 126 e 117, comma 2, lett. p) Cost., che è espressione di un potere di controllo sugli organi e presuppone la sussistenza di violazioni da sanzionare, in vista del soddisfacimento di un rilevante interesse nazionale. La rimozione degli amministratori degli enti locali, per atti e comportamenti contrari alla Costituzione, per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico, è espressione di una norma di chiusura del sistema di controllo sugli organi degli enti stessi (C. Stato, IV, 15 novembre 2004, n. 7455). Il paradigma delineato si rispecchia nel disposto del comma 1-bis dell’art. 142, d. lgs. 267/00, introdotto in sede di decretazione d’urgenza (art. 3, d.l. 6 novembre 2008, n. 172, convertito dalla l. 30 dicembre 2008, n. 210) nell’ambito delle misure ordinamentali volte a far fronte ai gravissimi problemi di smaltimento dei rifiuti che hanno interessato parti del territorio nazionale. Ne consegue che non può versarsi in dubbio che la rimozione del sindaco ex art. 142, comma 1-bis del tuel ha, come le fattispecie generali di cui agli artt. 141 e 142 nell’ambito delle quali si inserisce, natura schiettamente sanzionatoria, e costituisce, pertanto, l’extrema ratio per il ripristino della legalità violata in relazione al perseguimento di un interesse fondamentale dello Stato connesso alla salute della comunità. Pres. Giovannini, Est. Bottiglieri - M.F. (avv.ti Lamberti e Lamberti) c. Presidenza della Repubblica e altri (Avv. Stato). TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 17 marzo 2010, n. 4196
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Spese di bonifica - Proprietario del fondo - Limiti di valore del bene - Ipotesi in cui il proprietario del bene sia il Comune - Oneri complessivi riferibili alla realizzazione del piano di bonifica. Se è pur vero che il proprietario è obbligato alle spese di bonifica del fondo entro i limiti di valore del bene, tale criterio non può predicarsi per il soggetto titolare di diritti reali che la normativa primaria individua come responsabile della gestione territoriale nel suo complesso, qual è il Comune ex articolo 4 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Rispetto a quest’ultimo valgono evidentemente gli oneri complessivi riferibili alla realizzazione del piano di bonifica, tutte le volte che lo stesso non sia assistito da specifico finanziamento. Pres. Riccio, Est. D’Agostino - Comune di Firenze (avv.ti Lorizio e Peruzzi) c. Regione Toscana (avv.tii Bora e Ciari) - (Conferma T.A.R. TOSCANA n. 6/2009). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 15 marzo 2010, n. 1503
RIFIUTI - COBAT - D.lL. n. 397/1988 - Istituzione - Carattere obbligatorio ed
esclusivo. Il COBAT - istituito per fare fronte ai problemi ambientali
derivanti dall’abbandono di rifiuti piombosi e di batterie al piombo contenenti
componenti tossici e riciclabili - ha avuto (originario) carattere obbligatorio
ed esclusivo, con ambito di operatività esteso alla raccolta delle batterie al
piombo esauste, all’organizzazione del relativo stoccaggio, alla cessione delle
batterie esauste alle imprese che ne effettuano lo smaltimento tramite il
riciclaggio, nonché ad assicurare l'eliminazione degli stessi prodotti, ove non
fosse possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle
disposizioni contro l'inquinamento (cfr. art. 9-quinquies del decreto legge 9
settembre 1988 n. 397, aggiunto dall'articolo unico della legge 9 novembre 1988
n. 475 in sede di conversione; e successivamente abrogato dall'articolo 29 del
D.Lgs. 20 novembre 2008 n. 188 con la decorrenza prevista dal medesimo art. 29).
Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c.
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - Conferimento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti
piombosi - l. N. 39/2002 - Ampliamento del sistema di conferimento -
Conferimento ad imprese di altro stato membro della UE. La sopravvenienza
normativa di cui alla legge 1° marzo 2002 n. 39 (Legge Comunitaria 2001), ha
determinato un primo ampliamento del sistema di conferimento delle batterie al
piombo esauste o di rifiuti piombosi, potendo le batterie esauste essere
conferire anche “ad imprese di altro Stato membro della Comunità europea”.
Quindi, per effetto dell’entrata in vigore di tale disposizione, alla cessione
delle batterie al Consorzio si è affiancata - quale unica modalità alternativa
in capo ai detentori delle batterie stesse - l’esportabilità del prodotto in
ambito intracomunitario. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti
Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
(Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT - D.L. n. 397/1988 - Produttori e importatori di batterie -
Applicazione di un sovrapprezzo di vendita - Finalità. Al fine di assicurare
al Consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti, l’art.
9-quinquies, commi 7 e 8, del D.L. n. 397/1988 ha previsto l’applicazione di un
sovrapprezzo (ora indicato come “contributo ambientale”) di vendita delle
batterie, stabilito con decreto ministeriale, da anticiparsi trimestralmente a
COBAT a carico dei produttori e degli importatori di batterie al piombo, nonché
da parte degli importatori di beni contenenti piombo anche se non appartenenti a
COBAT: i quali tutti, dopo avere adempiuto all’obbligo di pagamento in favore
del Consorzio, avevano diritto di rivalsa sugli acquirenti finali del prodotto.
Tale sovrapprezzo è lo strumento necessario a finanziare l’intera attività
consortile (dalla raccolta alla cessione delle batterie esauste agli smelter per
le attività di smaltimento e riciclaggio), coprendo esso in parte, la differenza
negativa fra raccolta delle batterie esauste su tutto il territorio nazionale e
la vendita delle stesse ai riciclatori (italiani ed esteri), per altra parte, i
costi fissi di struttura consortili, comprensivi di quelli per comunicazione,
ricerca e sviluppo. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro,
Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv.
Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT - Rapporti tra COBAT e raccoglitori - CCR - Elementi
essenziali - Raccoglitori verificati - Smelters - CCS - Individuazione del
quantitativo di batterie esauste da conferire pro quota. I rapporti tra il
COBAT e i “raccoglitori” sono stati regolati da un contratto-tipo (Contratto
COBAT-Raccoglitori o “CCR”) in base al quale ciascun raccoglitore si obbligava a
garantire la raccolta delle batterie esauste nel lotto territoriale assegnatogli
mediante l’utilizzo di mezzi propri o trasportatori terzi, provvedendo poi allo
stoccaggio delle batterie esauste in propri impianti di messa in riserva, in
conformità a un apposito descrittivo tecnico adottato dal COBAT. L’acquisto
“franco destino” da parte del COBAT delle batterie raccolte avveniva sulla base
di un prezzo di cessione composito, determinato dal riconoscimento di un valore
della batteria variabile in funzione dell’andamento riscontrato presso il London
Metal Exchange (LME), di un corrispettivo di servizio, stabilito in euro/ton dal
contratto di servizio stipulato con COBAT e di un corrispettivo di trasporto,
variabile in funzione della distanza tra l’impianto di stoccaggio e l’impianto
di riciclo indicato dal COBAT. Sul territorio nazionale operava anche un’altra
categoria di raccoglitori (“autorizzati” o “verificati”), i quali, pur non
avendo ottenuto da COBAT la qualifica di “incaricato”, provvedevano alla
raccolta in vista di un’esportazione dei quantitativi così ottenuti verso
l’estero, ovvero di un eventuale conferimento a COBAT stesso. I raccoglitori non
“incaricati” potevano anche conferire a COBAT le batterie esauste autonomamente
raccolte, ma solo dietro autorizzazione del Consorzio. Al ricevimento di una
richiesta di conferimento, COBAT provvedeva a verificare il possesso da parte
del richiedente delle necessarie autorizzazioni operative e, in caso di esito
positivo, sottoponeva al soggetto la sottoscrizione di un contratto a mezzo
della quale il raccoglitore acquisiva la qualifica di “verificato”, venendo in
tal modo abilitato al conferimento delle batterie esauste agli smelter
consorziati alle medesime condizioni economiche dei raccoglitori “incaricati”,
ma senza percepire il corrispettivo di servizio a questi riconosciuto ai sensi
del CCR. A completamento del quadro operativo inerente al sistema, va
ulteriormente presa in considerazione la presenza delle imprese di riciclaggio
di batterie al piombo esauste (c.d. smelters, ossia le società Eco-Bat, Ecolead,
ESI, Meca, Piombifera Bresciana, Piomboleghe), consorziate a COBAT ed attive
attraverso altrettanti stabilimenti presenti sul territorio nazionale. Come i
raccoglitori, così anche gli smelters risultavano legati al Consorzio da
appositi rapporti contrattuali sulla base di un contratto-tipo (Contratto
COBAT-smelter o “CCS”), volto a stabilire il quantitativo annuo di batterie
esauste da conferire a ciascun riciclatore; al CCS essendo, in particolare,
rimessa l’individuazione del quantitativo di batterie cedute dal Consorzio al
singolo smelter, sulla base di quote assegnate a ciascuno. Pres. Giovannini,
Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato).
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RIFIUTI - COBAT - Posizione di monopolio legale - T.U.Ambiente - Testo
originario - Costituzione di consorzi alternativi al COBAT - Modifiche ex d.lgs.
n. 4/2008 - Ulteriori modifiche ex d.lgs. n. 188/2008 - Imprese non aderenti al
COBAT. A fronte del modello incentrato sulla configurazione della posizione
di COBAT quale monopolista legale nella gestione delle batterie al piombo
esauste e dei rifiuti piombosi, in esito all’adozione del Testo Unico
sull’Ambiente (D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152), è stata prevista la possibilità di
costituire consorzi in alternativa al COBAT, in un’ottica di apertura del
settore a dinamiche concorrenziali. Tale possibilità, venuta meno a seguito
della modifica apportata dal D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (cd. secondo correttivo
del TUA) all’art. 235 del D.Lgs. 152/2006, è stata quindi ripristinata dal
D.Lgs. 20 novembre 2008 n. 188: essendo ora pertanto consentito a tutte le
imprese di raccolta, smaltimento, installazione e produzione/importazione di
batterie al piombo non aderenti al COBAT di costituire “uno o più consorzi” per
la raccolta e lo smaltimento di tali rifiuti. Pres. Giovannini, Est. Politi - E.
s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato (Avv. Stato).
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RIFIUTI - COBAT - Legge comunitaria per l’anno 2001 (L. n. 39/2002) -
Avviamento delle batterie esauste allo smaltimento - Introduzione della facoltà
di spedizione all’estero - Principio dell’obbligatorio conferimento al COBAT -
Permanenza. A fronte della contestazione formulata dalla Commissione Europea
all’Italia con riferimento all’impossibilità, sulla base delle previsioni
dettate dal decreto legge 397/1988, di avviare batterie esauste allo smaltimento
presso operatori situati in altri Stati membri, la legge comunitaria per l’anno
2001 (1° marzo 2002 n. 39) ha introdotto la facoltà di raccolta ai fini di
spedizione all’estero (esportazione) delle batterie esauste raccolte sul
territorio italiano. La medesima legge (art. 15, comma 1, lettera a) è
intervenuta altresì sul profilo della raccolta dei rifiuti contenenti piombo,
stabilendo che “chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è
obbligato al loro conferimento al consorzio direttamente o mediante consegna a
soggetti incaricati del consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente,
a esercitare le attività di gestione di tali rifiuti”. Pertanto, la modifica
normativa del 2002 non ha condotto ad alcuna rimodulazione del sistema COBAT, se
non nella limitata ottica - preordinata a corrispondere positivamente alle
preoccupazioni come sopra manifestate dalla commissione Europea - di consentire
l’esportabilità intracomunitaria delle batterie esauste raccolte sul territorio
nazionale. L’apertura dell’attività di “raccolta” delle batterie al piombo
esauste a tutti gli operatori muniti delle prescritte autorizzazioni, ancorché
non “incaricati” dal COBAT (ma semplicemente “autorizzati” o “verificati”) non
ha vulnerato in alcun modo il principio dell’obbligatorio conferimento delle
batterie a quest’ultimo. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti
Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
(Avv. Stato).
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RIFIUTI - COABT - Configurazione monopolistica ex lege - Art. 235 d.lgs. n.
152/2006 - Prima modifica. La configurazione monopolistica ex lege conferita
a COBAT nel ciclo della gestione delle batterie esauste è stata per la prima
volta incisa (ma non eliminata) soltanto con il Testo Unico Ambientale, entrato
in vigore il 29 aprile 2006, che prevedeva la possibilità di costituire consorzi
aventi obiettivi e caratteristiche identiche a quelle del COBAT. L’art. 235,
comma 5, ha, infatti, consentito alle imprese non aderenti a COBAT di costituire
“uno o più consorzi” composti (analogamente a quanto disposto per COBAT) da
tutte le categorie interessate, ossia “a) le imprese che effettuano il riciclo
delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (…); b) le imprese che
svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di batterie al piombo;
c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei
rifiuti piombosi; d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita
delle batterie al piombo”. Detti consorzi, a composizione verticalmente
integrata, avrebbero avuto (al pari di COBAT) personalità giuridica di diritto
privato senza scopo di lucro, avrebbero dovuto essere retti da uno statuto
redatto in conformità ad uno schema-tipo redatto dal Ministero dell’Ambiente (di
concerto con il Ministero delle Attività produttive) ed avrebbero dovuto
svolgere su tutto il territorio nazionale (art. 235, comma 4) le medesime
attività eseguite da COBAT. L’art. 235, commi 6 (per gli istituendi consorzi) e
16 (per il COBAT), ha inoltre puntualmente disciplinato i criteri di
attribuzione delle quote di partecipazione delle imprese ai rispettivi consorzi,
recependo a livello di normazione primaria quanto previsto sin dai tempi della
sua costituzione nello statuto del COBAT. Pres. Giovannini, Est. Politi - E.
s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato (Avv. Stato).
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RIFIUTI - COABT - Art. 235 d.lgs. n. 152/2006 - Concorrenzialità a livello di
consorzio - Mancata emanazione dei decreti attuativi - Modifiche ex d.lgs. n.
4/2008 - D.lgs. n. 188/2008 - Costituzione di sistemi di raccolta dei rifiuti
alternativi al COBAT. Il Legislatore del Testo Unico, lungi dall’esprimere
linee strategiche apertamente configgenti con l’architettura del “sistema” COBAT
- ancorché in presenza di una tendenziale apertura alla concorrenza in un
contesto di mercato “liberalizzato” - ha invece confermato la validità del
relativo impianto a tal punto da indicarne, con tratti di paradigmaticità,
taluni aspetti anche con riferimento agli assetti dei (futuri quanto potenziali)
consorzi alternativi. Le modificazioni introdotte dal Testo Unico Ambiente hanno
arricchito il (previgente) sistema con profili di concorrenzialità
esclusivamente operanti a livello di consorzi: venendo quindi in considerazione
un modello di competitività tra “sistemi” integrati verticalmente secondo il
modello istituzionale di COBAT e non già una concorrenzialità diffusa fra
singole categorie di operatori. Nel periodo di vigenza del testo originario del
Testo Unico, non sono stati peraltro mai emanati i decreti attuativi da parte
del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, né si sono registrate
iniziative concrete da parte di gruppi di operatori al fine di istituire
consorzi verticalmente integrati per svolgere attività in concorrenza con il
COBAT. Le disposizioni dettate dall’art. 235 del Testo Unico hanno formato
oggetto di un profondo ripensamento ad opera del D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4
(Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 3 aprile 2006 n.
152). Il comma 30-octies dell’art. 2, infatti, ha restituito un ruolo di
centralità di sistema (previgente rispetto all’originaria stesura del testo
Unico Ambientale) in capo a COBAT, reintroducendo l’obbligo generalizzato di
partecipazione al COBAT e riconfermandolo come l’unico operatore autorizzato ad
operare nel settore della raccolta e del trattamento delle batterie al piombo
esauste e dei rifiuti piombosi: con la conseguenza che, a partire dal gennaio
2008, la disciplina di riferimento tornava ad assestarsi sull’assetto ante-Testo
Unico, con obbligo, in capo a tutte le imprese di cui all’art. 9-quinquies del
decreto legge 397/1988, di operare nell’ambito del “sistema” COBAT. Veniva, in
altri termini, meno la facoltà, peraltro mai concretamente attuata, di istituire
consorzi integrati verticalmente che svolgessero la propria attività in
concorrenza rispetto a COBAT. Impregiudicata ogni considerazione in termini di
complessiva coerenza dell’azione legislativa, deve osservarsi come il quadro di
insieme proponga (con l’unico hiatus rappresentato dalla breve sopravvivenza
dell’originaria formulazione dell’art. 235 TUA) una prolungata immanenza del
ruolo di centralità in capo a COBAT in chiave monopolistica. In sede di
attuazione della Direttiva 2006/66/CE, con l’art. 20 del D.Lgs. 20 novembre 2008
n. 188, entrato in vigore nel dicembre 2008, il Legislatore ha nuovamente
modificato il proprio orientamento in rapporto alle figure istituzionalmente
preposte al trattamento delle batterie esauste e dei rifiuti piombosi, tornando
ad assestarsi sulle indicazioni rivenienti dall’originaria formulazione del TUA
e, conseguentemente, prefigurando l’istituzione di nuovi e diversi “sistemi” di
raccolta, idonei a coprire in modo omogeneo tutto il territorio nazionale, in
alternativa ai “sistemi esistenti”, ossia al COBAT.. L’opzione esercitata dal
Legislatore consente di apprezzare che il trattamento ed il riciclaggio delle
batterie esauste è affidata a sistemi organizzati e gestiti dagli operatori del
settore (i produttori di pile e accumulatori industriali, o i terzi che agiscono
in loro nome), ai quali è rimessa la scelta se “aderire a sistemi esistenti
(ovvero a COBAT, il quale, secondo quanto indicato dal riportato art. 20,
continua a svolgere la propria attività, ancorché non più in regime di
esclusiva) ed utilizzare la rete di raccolta facente capo alle medesime ovvero,
provvedere alla costituzione (su base individuale o collettiva; per l’effetto
dovendo argomentarsi la decentralizzazione dell’opzione necessariamente
consortile del relativo modulo organizzativo) di sistemi di raccolta dei rifiuti
di pile e accumulatori industriali. Pres. Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a.
(avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT - Natura - Consorzio obbligatorio per legge - Disposizioni
normative - Disposizioni statutarie. Il COBAT è un Consorzio per legge
obbligatorio, dalla cui operatività è escluso (innanzi tutto in capo a COBAT;
secondariamente, da parte degli operatori consorziati) alcun profilo di
volontarietà delle politiche imprenditoriali. Ciò non soltanto con riferimento
alle disposizioni di diretta promanazione normativa; ma anche con riguardo alle
previsioni statutarie: le quali, quantunque costituiscano formale espressione
della volontà formatasi in ambito consortile, hanno nondimeno ricevuto espressa
validazione ad opera della decretazione ministeriale di approvazione. Pres.
Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c.
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT - Costituzione - Esigenze di tutela dell’ambiente e della
salute. La costituzione del Consorzio ad opera del Legislatore non è
intervenuta all’interno (o quale conseguenza) di una scelta condizionata da
interessi di carattere economico e/o imprenditoriale, quanto, piuttosto, a
fronte della rappresentata esigenza di tutela dell’ambiente e della salute dei
cittadini, direttamente contemplate non soltanto dalla carta costituzionale, ma
anche nel quadro dei principi di ispirazione comunitaria. Pres. Giovannini, Est.
Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT -Natura - Persone giuridiche di diritto pubblico. Il
COBAT è sussumibile nel novero delle “persone giuridiche di diritto pubblico …
istituite per legge al fine di soddisfare specificamente esigenze collegate alla
salute pubblica, che sono esigenze di interesse generale, e tali esigenze hanno
un carattere non industriale o commerciale, dato che i servizi sono prestati …
senza scopo di lucro”(cfr. TAR Lazio, n. 4034/2001), alla stregua della
definizione fornita dalla IV Sezione della Corte di Giustizia CE con recente
sentenza dell’11 giugno 2009 (Causa C-300/07, Hans & Christophorus Oymanns GbR,
Orthopädie Schuhtechnik contro AOK Rheinland / Hamburg). Pres. Giovannini, Est.
Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT - Evoluzione normativa della disciplina in materia di
raccolta e smaltimento delle batterie esauste - Opzione del legislatore verso
l’istituzione di un modulo consortile. L’evoluzione della normativa
applicabile alla disciplina della raccolta e smaltimento delle batterie esauste
conferma l’esistenza di una fondamentale opzione, esercitata dal Legislatore,
riguardante l’istituzione e l’operatività di un modulo consortile, verticalmente
integrato (e, quindi, composto da una pluralità eterogenea di operatori del
settore, portatori di interessi non necessariamente convergenti): opzione che,
per come attuata dall’originario intervento legislativo (legge 397/1988) è stata
poi confermata ora espressamente (TUA e D.Lgs. 4/2008), ora implicitamente,
attraverso la confermata presenza di COBAT (ancorché in chiave non più
monopolistica, ma) come “uno” dei sistemi di raccolta e trattamento (si
confrontino, in proposito, le previsioni di cui al D.Lgs. 188/2008). Pres.
Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c.
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT - Periodo compreso tra il 1988 e il 2009 - Esistenza di
periodi di liberalizzazione del mercato - Esclusione - Qualifica della condotta
del COBAT in termini di anticompetitività - Esclusione. Escluso che, dal
1988 fino al 2009, vengano in considerazione (così come sostenuto dall’Autorità)
periodi anche ampi di liberalizzazione del mercato, atteso che, nell’arco
temporale oggetto di osservazione (2002 - 2009), soltanto in due (peraltro
significativamente circoscritti) brevi periodi COBAT avrebbe potuto essere
“astrattamente” affiancato da “sistemi” concorrenti, va rilevato che nel
rimanente periodo COBAT ha posto in essere condotte che, lungi dalla
qualificabilità in termini “anticompetitivi”, hanno, piuttosto, puntualmente ed
efficacemente attuato, nella disegnata configurazione monopolistica del
Consorzio stesso, le attività di tutti gli operatori attivi nella filiera della
produzione e successiva raccolta ed avvio al riciclaggio delle batterie
industriali e per veicoli, contenenti piombo. Pres. Giovannini, Est. Politi - E.
s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT - Condotte anticoncorrenziali - Insussistenza - Ragioni.
Va escluso che le condotte attribuite a COBAT (disincentivazione della
formazione di sistemi di raccolta autonomi, delle attività di riciclaggio
indipendenti rispetto a quelle amministrate dal Consorzio, assegnazione dei
rifiuti agli smelters applicando il criterio di ripartizione pro quota mutuato
dal criterio statutario e, nel periodo 2006-2008, legislativo di assegnazione
delle quote all’interno del Consorzio) ed agli operatori in esso consorziati
possano legittimamente ricevere qualificazione in termini di
anticoncorrenzialità, atteso che esse presuppongono un contesto normativo ed
operativo di riferimento incompatibile con l’adozione da parte degli operatori
del settore di comportamenti autonomi dal, ed eventualmente contrastanti con il
sistema di gestione dei rifiuti rappresentato dal Consorzio obbligatorio. Pres.
Giovannini, Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c.
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT - Obbligo di adesione - Attività di smaltimento al di fuori
del sistema consortile - Violazione delle finalità istitutive del COBAT.
L’obbligo, in capo ai riciclatori, di adesione al COBAT, rende l’affermato
ostacolo allo sviluppo delle attività di riciclaggio indipendenti da quelle
amministrate dal Consorzio difficilmente configurabile, in quanto lo stesso
COBAT non avrebbe potuto assecondare attività di smaltimento al di fuori del
“sistema” consortile senza con ciò violare la propria finalità istituzionale,
predeterminata per legge ed insuscettibile di deroghe. Pres. Giovannini, Est.
Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9/03/2010, n. 3572
RIFIUTI - COBAT - Assegnazione dei rifiuti agli smelters secondo il criterio
di ripartizione pro quota - Legittimità - Fondamento - Ricorso al diverso
criterio della gara - Preferibilità - Esclusione. L’assegnazione dei rifiuti
agli smelters secondo il criterio di ripartizione pro quota in funzione della
capacità produttiva rivela elementi di non discutibile coerenza (oltre che di
difficilmente controvertibile ragionevolezza) rispetto alla funzione
istituzionale demandata a COBAT, il cui compito consiste nella massimizzazione
della raccolta e del riciclaggio delle batterie esauste, e non già nel
conseguimento di elementi di profitto dalla cessione dei medesimi rifiuti agli
smelters (dovendosi, in proposito, rammentare come sia stata legislativamente
fissata l’esclusione di alcuno scopo lucrativo quanto all’attività dei consorzi
e/o sistemi per la gestione di particolari tipologie di rifiuti). Né - una volta
dato atto della intrinseca logicità del conferimento pro-quota (in ragione
dell’unico parametro di ripartibilità, sostanziato appunto dalle quote di
partecipazione degli operatori al Consorzio, a loro volte attributarie delle
pertinenti capacità operative) - il (diverso) criterio della gara (dall’AGCM
avvalorato quale metodologia elettivamente pro-competitiva) rivela (in difetto
di compiuti, quanto dimostrabili, elementi di convincimento) profili di
intrinseca preferibilità, anche in ragione dei connessi oneri. Pres. Giovannini,
Est. Politi - E. s.p.a. (avv.ti Tesauro, Ruggiero e Ielo) c. Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato (Avv. Stato).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 9
marzo 2010, n. 3572
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Operazioni di smaltimento - Spandimento sul suolo di materiali di risulta a fini di livellamento del terreno - Deposito permanente - Art. 6, 1° c. lett. g), D. L.gs n. 22/97 - Art. 183, 1 c. lett. g), D. Lgs n. 152/06 come sostituito dall'art. 2, c. 20, D. Lgs n. 4/2008. In materia di gestione dei rifiuti, sia l'art. 6, primo comma lett. g), del D. Lgs n. 22/97, che l’art. 183, primo comma lett. g), del D. Lgs n. 152/06, come sostituito dall'art. 2, comma 20, del D. Lgs 16 gennaio 2008 n. 4, si limitano a rinviare la definizione delle operazioni di smaltimento, alle descrizioni contenute nell'allegato B dei rispettivi decreti (parte quarta per quello vigente). Tra le operazioni di smaltimento descritte nell'allegato B, il cui contenuto è rimasto immutato, alla lettera D12 é indicato il "deposito permanente" dei rifiuti. Sicché, non vi è dubbio che, l'attività di spandimento sul suolo dei materiali di risulta a fini di livellamento del terreno rientra nella ipotesi di cui alla citata lettera D12 dell'allegato B, essendo evidentemente destinata a rendere permanente il deposito dei rifiuti. Inoltre, è appena il caso di rilevare sul punto che la previsione specifica contenuta nella lettera D12 di una condotta che integra il deposito permanente ha carattere meramente esemplificativo, come indicato dallo stesso disposto. (Conferma sentenza dell’11.3.2008 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Carinola) Pres. Grassi, Est. Lombardi, Ric. Ibello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/03/2010 (Cc. 21/01/2010), Sentenza n. 9252
RIFIUTI - Danno ambientale - Responsabilità ambientale - Direttiva
2004/35/CE applicabilità ratione temporis
- Inquinamento anteriore alla data prevista per il recepimento di detta
direttiva e proseguito dopo tale data - Disciplina applicabile - Attuazione dir.
91/156/CEE che mod. la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti - Art. 311, c.
2, d. lgs. n. 152/2006. Quando, in un’ipotesi d’inquinamento ambientale, non
sono soddisfatti i presupposti d’applicazione ratione temporis e/o
ratione materiae della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21
aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilità ambientale in materia di
prevenzione e riparazione del danno ambientale, un’ipotesi del genere dovrà
essere allora disciplinata dal diritto nazionale, nel rispetto delle norme del
Trattato e fatti salvi altri eventuali atti di diritto derivato. Pres. Skouris -
Rel. Toader - Raffinerie Mediterranee (ERG) SpA ed altri c. Ministero Ambiente e
Tutela del Territorio e del Mare ed altri.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. Grande, 09/03/2010, Sentenza C-378/08
RIFIUTI - INQUINAMENTO AMBIENTALE - Inquinamento a carattere diffuso -
Vicinanza degli impianti alla zona inquinata - Nesso di causalità - Principio
“chi inquina paga” - Normativa nazionale che imputa i costi di riparazione dei
danni connessi a detto inquinamento a una pluralità di imprese - D. lgs. n.
152/2006 - Direttiva 2004/35. La direttiva 2004/35 non osta a una normativa
nazionale che consente all’autorità competente, in sede di esecuzione della
citata direttiva, di presumere l’esistenza di un nesso di causalità, anche
nell’ipotesi di inquinamento a carattere diffuso, tra determinati operatori e un
inquinamento accertato, e ciò in base alla vicinanza dei loro impianti alla zona
inquinata. Tuttavia, conformemente al principio «chi inquina paga», per poter
presumere secondo tale modalità l’esistenza di un siffatto nesso di causalità
detta autorità deve disporre di indizi plausibili in grado di dare fondamento
alla sua presunzione, quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore
all’inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti
ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell’esercizio della sua
attività. Pres. Skouris - Rel. Toader - Raffinerie Mediterranee (ERG) SpA ed
altri c. Ministero Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare ed altri.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. Grande, 09/03/2010, Sentenza C-378/08
RIFIUTI - APPALTI - Affidamento
del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani -
Provvedimenti autoritativi dell’autorità statale - Obbligo di conferimento in
nuovi e diversi siti di discarica - Evento straordinario e imprevedibile -
Aggravio di costi - Clausola preclusiva della revisione dei prezzi - Corretta
interpretazione. L’obbligo di conferimento in nuovi siti di discarica dei
rifiuti solidi urbani, diversi da quello indicato nel contratto di appalto,
avvenuto in forza di provvedimenti autoritativi dell’autorità statale
costituisce evento straordinario, imprevedibile, certamente non imputabile alla
società affidataria del servizio ed incidente in maniera rilevante e sostanziale
sul sinallagma contrattuale. Pertanto, anche in presenza di una clausola
preclusiva alla revisione dei prezzi, deve ritenersi, con interpretazione
conforme all’art.115 del d.lg.vo n.163 del 2006, che tale clausola vada riferita
alla normale alea contrattuale, ossia a quel rischio, presente in tutti i
contratti di durata a prestazione corrispettive, legato alle fluttuazioni
fisiologiche del mercato ed agli effetti che possono derivare dal decorso del
tempo. Certamente esulano dall’alea contrattuale i fattori di costo sopportati
dall’imprenditore cagionati dall’adozione di provvedimenti autoritativi che
determinato un abnome aggravio di costi. Una diversa interpretazione della
clausola - se intesa come escludente in radice la possibilità di revisione
periodica dei prezzi imposta dalla legge - ne comporterebbe la nullità ex art.
1339 c.c.. Pres. f.f. Lamberti, Est. Capuzzi - Fallimento S. (avv. Montefusco)
c. Comune di Sorrento (avv. Marone) - Riforma TAR CAMPANIA, Napoli, n.
4137/2000) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 8 marzo 2010, n. 1333
RIFIUTI - Autorizzazioni - Procedimento ex artt. 27, 28, 31, 33 e 22 d. lgs. n.
22/97 - Funzione acceleratoria - Provvedimenti di assenso di natura urbanistica
ed edilizia - Diverso fondamento -Conseguimento - Necessità. Il procedimento
di cui agli art. 27, 28, 31 comma 6, 33 e 22 comma 11 d.lg. n. 22 del 1997 ha
una funzione acceleratoria della procedure per il rilascio delle autorizzazioni
in tema di rifiuti, quando si è in presenza della pianificazione regionale e
provinciale, ovvero dell'accordo di programma di cui all'art. 22 comma 11,
sempre del d.lg. n. 22 del 1997. Tuttavia tale fine semplificatorio è limitato
dalla necessità di conseguire gli altri provvedimenti di assenso richiesti dalla
normativa urbanistica ed edilizia (Consiglio di Stato Sez. VI, 15 ottobre 2001,
n. 5411), sia perché si tratta di provvedimenti che non sono riconducibili
nell’ambito del testo normativo in disamina, avendo ragioni e fondamenti del
tutto diversi, sia perché altrimenti si verrebbero ad incidere la prerogative
comunali in tema di attività edilizia. I due piani, quello di controllo
dell’attività di trattamento dei rifiuti e quello del controllo dell’attività
edilizia, operano in ambiti diversi e non sono quindi sostituibili. Pres. Cossu,
Est. Sabatino - E. s.r.l. (avv.ti Gentile e Carbone) c. Comune di Pignataro
Maggiore (avv. Oliva) - (conferma TAR Campania, n. 9600/2008) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 marzo 2010, n. 1277
RIFIUTI - Situazione di emergenza nella Regione Campania - d.l. N.
172/2008 - Art. 6, lett. a) e d) - Previsione di un trattamento penale più
severo per i soggetti che contribuiscono a creare o mantenere la situazione
di emergenza ambientale - Questione di legittimità costituzionale -
Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità dell’art. 6,
lettere a) e d), del d.l. n. 172/2008, convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della l. n. 210/2008, sollevata con
riferimento all’art. 3 della Costituzione. La previsione di un trattamento
penale più severo per coloro i quali si rendano responsabili di illeciti che
contribuiscono a creare o mantenere una situazione di emergenza ambientale,
con grave pericolo per la salute delle popolazioni dei territori
interessati, non è manifestamente irragionevole e costituisce una risposta
che il legislatore ha ritenuto di dover dare alla diffusione di
comportamenti da reprimere con rigore. La circostanza che i destinatari di
tali norme penali sarebbero prevalentemente gli abitanti delle zone in cui è
stata dichiarata l’emergenza, non solo non incide sulla struttura delle
norme censurate, che possiedono la necessaria generalità ed astrattezza, ma
pone in rilievo che i soggetti tutelati dalle disposizioni sanzionatorie
sono proprio le popolazioni coinvolte, di volta in volta, dall’emergenza
rifiuti. Il legislatore ritiene tali popolazioni meritevoli di una tutela
rafforzata in ragione della situazione specifica in cui esse si trovano, che
conferisce alle condotte illecite previste una maggiore offensività. Risulta
pertanto rispettato il criterio generale di applicazione del principio di
uguaglianza, che impone la disciplina diversa di situazioni diverse,
identificate in modo non irragionevole dal legislatore. Pres. De Siervo,
Est. Silvestri - Giudizio promosso con promosso con ordinanza dell’11
novembre 2008 del Tribunale di Torre Annunziata.
CORTE COSTITUZIONALE - 5 marzo 2010, n. 83
RIFIUTI - Situazione di emergenza nella Regione Campania - d.l. N.
172/2008 - Art. 6, lett. a) e d) - Violazione della riserva di legge ex art.
25 Cost. - Esclusione - Questione di legittimità costituzionale -
Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità dell’art. 6,
lettere a) e d), del d.l. n. 172/2008, convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della l. n. 210/2008, sollevata con
riferimento alla riserva di legge imposta dall’art. 25, secondo comma, della
Costituzione. Le norme censurate non appartengono alla categoria delle
cosiddette “norme penali in bianco”, in quanto in esse la fattispecie
criminosa è compiutamente descritta e le pene sono specificamente previste.
La dichiarazione dello stato di emergenza, da parte dell’autorità
governativa, è solo una condizione di fatto per l’applicabilità delle norme
medesime, che non integra in alcun modo il contenuto del precetto penale,
fissato nella legge, in sé e per sé completo ed autosufficiente. Peraltro,
la stessa dichiarazione dello stato di emergenza può avvenire solo in
presenza dei presupposti legislativamente previsti, costituiti dagli eventi
di cui all’art. 2, lettera c), della legge n. 225 del 1992, nei limiti e con
le modalità specificati dall’art. 5, comma 1, della stessa legge. L’atto
amministrativo a carattere generale, che funge da presupposto per
l’applicabilità delle sanzioni penali previste dalle norme censurate, è
pertanto esso stesso suscettibile di valutazione, sotto il profilo della
legittimità, da parte dei giudici ordinari e di quelli amministrativi,
nell’ambito delle rispettive competenze. Pres. De Siervo, Est. Silvestri -
Giudizio promosso con promosso con ordinanza dell’11 novembre 2008 del
Tribunale di Torre Annunziata.
CORTE COSTITUZIONALE - 5/03/2010, n. 83
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Piano di gestione - Rete adeguata ed
integrata di impianti di smaltimento - Pericolo per la salute umana o per
l’ambiente - Forza maggiore - Turbative dell’ordine pubblico - Criminalità
organizzata - Rifiuti prodotti nella regione Campania - Inadempimento di uno
Stato (Italia - Reg. Campania) - Artt. 4 e 5, Direttiva 2006/12/CE. La
Repubblica italiana, non avendo adottato, per la regione Campania, tutte le
misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti
senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio
all’ambiente e, in particolare, non avendo creato una rete adeguata ed
integrata di impianti di smaltimento, è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza degli artt. 4 e 5 della direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti. Pres.
Bonichot - Toader Rel. - Commissione europea c. Repubblica italiana.CORTE
DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 04/03/2010, Sentenza C-297/08
RIFIUTI - Installazione di impianti di smaltimento dei rifiuti -
Opposizione della popolazione locale - Presenza di organizzazioni criminali
- Giustificazione dell’inosservanza degli obblighi e termini imposti dal
diritto comunitario - Esclusione - Inadempimento di uno Stato (Italia - Reg.
Campania). L’opposizione manifestata dalla popolazione locale
all’installazione di taluni impianti di smaltimento dei rifiuti, non può
essere eccepita da uno Stato membro come situazioni interne idonee a creare
difficoltà di attuazione emerse nella fase di esecuzione di un atto
comunitario, comprese quelle dovute alla resistenza di privati, per
giustificare l’inosservanza degli obblighi e termini imposti dal diritto
comunitario (v. sentenze 7/04/1992, causa C-45/91, Commissione/Grecia;
nonché 9/12/2008, causa C-121/07, Commissione/Francia). Inoltre, la presenza
di organizzazioni criminali o di persone connotate come operanti «al limite
della legalità» che sarebbero attive nel settore della gestione dei rifiuti,
non può giustificare la violazione, da parte di tale Stato membro, degli
obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 2006/12 (sentenza
18/12/2007, Commissione/Italia). Pres. Bonichot - Toader Rel. - Commissione
europea c. Repubblica italiana.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 04/03/2010, Sentenza C-297/08
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Piani di gestione dei rifiuti -
Razionalizzazione della raccolta - Criteri di localizzazione dei siti di
smaltimento - Protezione della salute e dell’ambiente - Divieto di
realizzare gli impianti in prossimità di zone vulnerabili - Rifiuti
pericolosi - Danni causati all’ambiente - Ambito di cooperazioni
interregionali o transfrontaliere - Limitare al massimo il trasporto -
Obiettivo di autosufficienza - Artt. 5, n. 2 e 7, n. 1, dir. 2006/12/CE.
In tema di corretta gestione dei rifiuti, una delle più importanti misure
che devono essere adottate dagli Stati membri nell’ambito del loro obbligo,
in forza della direttiva 2006/12, è quella di elaborare piani di gestione
che contemplino, in particolare, misure atte ad incoraggiare la
razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei
rifiuti, è quella, prevista all’art. 5, n. 2, di tale direttiva, consistente
nel cercare di trattare i rifiuti nell’impianto più vicino possibile (v.,
sentenza 9/06/2009, causa C-480/06, Commissione/Germania). Sicché, i criteri
di localizzazione dei siti di smaltimento dei rifiuti devono essere
individuati in considerazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva
2006/12, tra cui figurano, in particolare, la protezione della salute e
dell’ambiente, nonché la creazione di una rete integrata ed adeguata di
impianti di smaltimento che consenta in particolare lo smaltimento dei
rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini. Quindi, detti criteri
di localizzazione dovrebbero riguardare, in particolare, la distanza di tali
siti rispetto agli insediamenti in cui sono prodotti i rifiuti, il divieto
di realizzare gli impianti in prossimità di zone vulnerabili e l’esistenza
di infrastrutture adeguate per il trasporto dei rifiuti, quali il
collegamento alle reti di trasporto (v. sentenza 1°/04/2004, cause riunite
C-53/02 e C-217/02, Commune de Braine-le-Château e a.). Per quanto riguarda
i rifiuti urbani non pericolosi, per i quali non sono necessari, in linea di
principio, impianti specializzati come quelli richiesti per lo smaltimento
dei rifiuti pericolosi, gli Stati membri devono quindi adoperarsi per
disporre di una rete che consenta loro di soddisfare l’esigenza di impianti
di smaltimento quanto più vicini possibile ai luoghi di produzione, ferma
restando la possibilità di organizzare una rete siffatta nell’ambito di
cooperazioni interregionali, o addirittura transfrontaliere, che rispondano
al principio di prossimità. Ne consegue che, allorché uno Stato membro ha
singolarmente scelto nell’ambito del suo piano o dei suoi «piani di gestione
dei rifiuti» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2006/12, di
organizzare la copertura del suo territorio su base regionale, occorre
dedurne che ogni regione dotata di un piano regionale debba garantire, in
linea di principio, il trattamento e lo smaltimento dei suoi rifiuti il più
vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti. Infatti, il principio di
correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all’ambiente, principio
stabilito per l’azione della Comunità in materia ambientale dall’art. 191
TFUE, comporta che spetta a ciascuna regione, comune o altro ente locale
adottare le misure adeguate per garantire la raccolta, il trattamento e lo
smaltimento dei propri rifiuti e che questi vanno quindi smaltiti il più
vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti, per limitarne al massimo
il trasporto (v. sentenza 17/03/1993, causa C-155/91,
Commissione/Consiglio). Di conseguenza, in una tale rete nazionale definita
dallo Stato membro, se una regione non è dotata, in misura e per un periodo
rilevanti, di infrastrutture sufficienti a soddisfare le sue esigenze per
quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, si può dedurre che dette gravi
carenze a livello regionale possono compromettere la rete nazionale di
impianti di eliminazione dei rifiuti, privandola delle caratteristiche di
integrazione ed adeguatezza richieste dalla direttiva 2006/12, che consenta
allo Stato membro interessato di perseguire individualmente l’obiettivo di
autosufficienza definito all’art. 5, n. 1, della direttiva in parola. Pres.
Bonichot - Toader Rel. - Commissione europea c. Repubblica italiana.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 04/03/2010, Sentenza C-297/08
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Smaltimento di rifiuti senza pericolo per la
salute dell’uomo e senza pregiudizio all’ambiente - Potere discrezionale
nella valutazione delle misure necessarie - Art. 4, n. 1, direttiva 2006/12.
Sebbene l’art. 4, n. 1, della direttiva 2006/12 non precisi il contenuto
concreto delle misure che debbono essere adottate per assicurare che i
rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare
pregiudizio all’ambiente, ciò non toglie che la direttiva vincola gli Stati
membri circa l’obiettivo da raggiungere, pur lasciando agli stessi un potere
discrezionale nella valutazione della necessità di tali misure (sentenze
9/11/1999, causa C-365/97, Commissione/Italia e 18/11/2004, causa C-420/02,
Commissione/Grecia). Non è quindi in via di principio possibile dedurre
direttamente dalla mancata conformità di una situazione di fatto agli
obiettivi fissati all’art. 4, n. 1, della direttiva 2006/12 che lo Stato
membro interessato sia necessariamente venuto meno agli obblighi imposti da
questa disposizione, cioè adottare le misure necessarie per assicurare che i
rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare
pregiudizio all’ambiente. Tuttavia, la persistenza di una tale situazione di
fatto, in particolare quando comporta un degrado rilevante dell’ambiente per
un periodo prolungato senza intervento delle autorità competenti, può
rivelare che gli Stati membri hanno oltrepassato il potere discrezionale che
questa disposizione conferisce loro (sentenze 9/11/1999, Commissione/Italia
e 18/11/2004, Commissione/Grecia). Pres. Bonichot - Toader Rel. -
Commissione europea c. Repubblica italiana.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 04/03/2010, Sentenza C-297/08
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Gestione errata dei rifiuti su una parte
ridotta del territorio - Pericolo la salute e pregiudizio all’ambiente -
Configurabilità dell’art. 4, n. 1, dir. 2006/12 - Inadempimento di uno Stato
(Italia - Reg. Campania). Le conseguenze del mancato rispetto
dell’obbligo derivante dall’art. 4, n. 1, della direttiva 2006/12 rischiano,
per la natura stessa di tale obbligo, di mettere in pericolo la salute
dell’uomo e di recare pregiudizio all’ambiente anche in una parte ridotta
del territorio di uno Stato membro (sentenza 9/11/1999, Commissione/Italia).
Pres. Bonichot - Toader Rel. - Commissione europea c. Repubblica italiana.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 04/03/2010, Sentenza C-297/08
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Accumulo nelle strade e nelle aree di
stoccaggio temporanee di quantitativi ingenti di rifiuti - Pericolo per
l’ambiente - Inadempimento di uno Stato (Italia - Reg. Campania) - Art. 4,
n. 1, lett. a), Dir. 2006/12. I rifiuti sono oggetti di natura
particolare, cosicché il loro accumulo, ancor prima di diventare pericoloso
per la salute, costituisce, tenuto conto in particolare della capacità
limitata di ciascuna regione o località di riceverli, un pericolo per
l’ambiente (sentenza 9/07/1992, causa C-2/90, Commissione/Belgio). Pertanto,
un accumulo nelle strade e nelle aree di stoccaggio temporanee di
quantitativi ingenti di rifiuti, come è avvenuto nella regione Campania alla
scadenza del termine fissato nel parere motivato, ha dunque indubbiamente
creato un rischio «per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora»
ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. a), della direttiva 2006/12. Inoltre, tali
quantitativi di rifiuti provocano inevitabilmente «inconvenienti da odori»,
ai sensi del n. 1, lett. b), di tale articolo, in particolare se i rifiuti
rimangono per un lungo periodo abbandonati a cielo aperto nelle strade o
nelle vie. D’altra parte, tenuto conto della mancanza di disponibilità di
discariche sufficienti, la presenza di tali quantitativi di rifiuti fuori
dai luoghi di stoccaggio adeguati ed autorizzati, può «danneggiare il
paesaggio e i siti di particolare interesse» ai sensi dell’art. 4, n. 1,
lett. c), della direttiva 2006/12. Pres. Bonichot - Toader Rel. -
Commissione europea c. Repubblica italiana.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 04/03/2010, Sentenza C-297/08
RIFIUTI - Trasporto di rifiuti propri non pericolosi - Mezzi propri non autorizzati - Art. 256 c.1°, D. L.gs n. 152/2006 - Configurabilità. Il trasporto di rifiuti propri non pericolosi, ancorché effettuato in via eccezionale, integra il reato di cui all'art. 256 comma primo D.lgsn. 152 del 2006, ove il produttore, non avvalendosi delle prestazioni di imprese esercenti servizi di smaltimento regolarmente autorizzate ed iscritte all'Albo nazionale dei gestori ambientali, abbia utilizzato mezzi propri non autorizzati (Cass. pen. sez. III 25/11/2008, sent. n. 9465; Cass. pen. sez. III 19/12/2007, sent. n. 5342). (Conferma decreto n. 62/2009 TRIB. LIBERTA' di CAGLIARI, del 03/06/2009) Pres. Grassi, Est. Marmo, Ric. Cadelano. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2010 (Cc. 25/11/2009), Sentenza n. 8300
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Art. 260 D.L.vo n. 152/2006. L'art. 260 del d.lgs. n. 256 del 2006 sanziona la condotta di chi, al fine di conseguire un ingiusto profitto, attraverso l'allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, cede, riceve e trasporta e comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti. L'avverbio "abusivamente" di cui al primo comma dell'art. 260 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 si riferisce a tutte le attività non conformi ai precisi dettati normativi svolte nel delicato settore della raccolta e smaltimento di rifiuti "pericolosi e non" analiticamente disciplinato dalla normativa. Pres. Grassi, Est. Marmo, Ric. Del Prete. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2010 (Cc. 25/11/2009), Sentenza n. 8299
RIFIUTI - Imprese addette alla
raccolta dei rifiuti - Abbandono fuori dei contenitori per la raccolta -
Standard formativi - Art. 256 cc. 1 e 2 lett. a) D.L.vo n. 152/2006. Un
corretto smaltimento dei rifiuti vieta l’abbandono fuori dagli appositi
contenitori, sussistendo l’onere per le imprese addette alla raccolta dei
rifiuti, di controllare la regolare attività di smaltimento rivolgendosi ad
altro luogo di conferimento nel caso in cui siano saturi i contenitori ai
quali vengano destinati i rifiuti. Sicché, non rileva il fatto che il
materiale esecutore dell'abbandono non appartenga ai soliti addetti alla
pulizia ma faccia parte di una squadra esterna adibita alle sostituzioni
volanti, in quanto è comunque onere dell'impresa adibire a specifici servizi
tutti soggetti che presentino standard formativi uguali, sicché l'utilizzo
di un sostituto non scrimina la condotta rientrando nell'onere
imprenditoriale la verifica preventiva di idoneità e di formazione degli
addetti. Pres. Grassi, Est. Marmo, Ric. Rizzi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2010 (Cc. 25/11/2009), Sentenza
n. 8275
RIFIUTI - Delega di funzioni - Presupposti - Responsabilità - Obbligo di
controllo del delegato - Contravvenzione punibile a titolo di colpa. In
materia ambientale, per attribuirsi rilevanza penale all'istituto della
delega di funzioni, è necessaria la compresenza di precisi requisiti: a) la
delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante
di poteri residuali di tipo discrezionale; b) il delegato deve essere
tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del
compito affidatogli; c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere
giustificato in base alle dimensioni dell'impresa o, quantomeno, alle
esigenze organizzative della stessa; d) la delega deve riguardare non solo
le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali di spesa; e)
l'esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo".
(Cass. pen. sez. III 7/11/2007, sentenza n. 6420). Inoltre, trattandosi di
contravvenzione punibile a titolo di colpa, non rileva la buona fede
dell'imputato che comunque non ha adempiuto all'obbligo di controllo del
delegato. Pres. Grassi, Est. Marmo, Ric. Rizzi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2010 (Cc. 25/11/2009), Sentenza
n. 8275
RIFIUTI - Situazioni di emergenza - Ordinanze e provvedimenti commissariali - Competenza del TAR Lazio, Roma - Art. 3, cc. 2 bis, 2 ter e 2 quater del D.L. 245/2005 - “Riproposizione del ricorso” - Meccanismo della traslatio iudici. A tenore dell’art. 3, commi 2 bis, 2 ter e 2 quater del D.L. 30 novembre 2005, n. 245 - introdotti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21, in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art. 5 , comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva al Tribunale Amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. Deve ritenersi che, ai fini del trasferimento della controversia nella sede competente, non possa essere utilizzato l’ordinario meccanismo previsto per l’ipotesi di incompetenza territoriale, ostandovi il disposto letterale della norma che parla di “riproposizione” de “il ricorso”: appare invece conforme al principio dell’effettività e pienezza della tutela giurisdizionale, il meccanismo della “traslatio iudici” (sent. Corte Cost. n. 77/2007). Pres. f.f. Anastasi, Est. Falferi - Comune di Paterno Calabro (avv. Perri) c. Commisario Deleg. Emerg. Smaltimento Rifiuti Solidi Urbani (Avv. Stato), Regione Calabria (avv. Marsico) e Comune di Dipignano (avv. Leporace) - TAR CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 1 marzo 2010, n. 252
RIFIUTI - Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi -
Assoggettamento del gestore della discarica a tale imposta - Costi di gestione
di una discarica - Versamento tardivo del tributo - Effetti - Interessi di mora
- Sanzioni pecuniarie - Competenza giudice nazionale - Art. 10 Direttiva
1999/31/CE - Direttiva 2000/35/CE. L’art. 10 della direttiva del Consiglio
26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, come modificata
dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003,
n. 1882, dev’essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa
nazionale che assoggetta i gestori delle discariche ad un tributo che deve
essere loro rimborsato dalle amministrazioni locali che depongano rifiuti nelle
discariche, e che prevede sanzioni pecuniarie nei confronti dei gestori in caso
di versamento tardivo del tributo, a condizione, tuttavia, che tale normativa
sia accompagnata da misure volte a garantire che il rimborso del tributo
medesimo avvenga effettivamente e a breve termine e che tutti i costi connessi
al recupero e, in particolare, i costi derivanti dal ritardo nel pagamento delle
somme a tal titolo dovute dalle amministrazioni locali ai gestori medesimi, ivi
comprese le sanzioni pecuniarie eventualmente inflitte a questi ultimi in
ragione del ritardo, vengano ripercossi nel prezzo che le amministrazioni stesse
sono tenute a corrispondere ai gestori. Spetta al giudice nazionale verificare
se tali requisiti siano soddisfatti. Pres. Toader - Rel. Kuris - Pontina
Ambiente Srl c. Regione Lazio.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 25/02/2010, Sentenza C-172/08
RIFIUTI - Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi -
Somme imputabile all’amministrazione locale - Versamento tardivo del tributo -
Effetti - Interessi di mora - Sanzioni pecuniarie - Artt. 1, 2, punto 1, e 3
Direttiva 2000/35/CE. Gli artt. 1, 2, punto 1, e 3 della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 29 giugno 2000, 2000/35/CE, relativa alla
lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, devono essere
interpretati nel senso che le somme dovute al gestore di una discarica da parte
di un’amministrazione locale che abbia depositato rifiuti nella discarica
stessa, come quelle dovute a titolo di rimborso di un tributo, ricadono nella
sfera di applicazione della menzionata direttiva e che gli Stati membri devono
pertanto far sì, conformemente all’art. 3 della direttiva stessa, che il gestore
possa esigere interessi in caso di mora nel pagamento delle dette somme
imputabile all’amministrazione locale interessata. Pres. Toader - Rel. Kuris -
Pontina Ambiente Srl c. Regione Lazio.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 25/02/2010, Sentenza C-172/08
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Soggetto sottoposto a
procedimento penale ex art. 256 d.lgs. .n 152/2006 - Amministrazione comunale -
Individuazione quale responsabile dell’abbandono - Legittimità. Il soggetto
individuato dalle competenti forze dell’ordine quale autore e gestore di una
discarica non autorizzata e, per tali motivi, ai sensi dell’art. 256 del codice
dell’ambiente, deferito all’autorità giudiziaria e sottoposto a specifico
procedimento penale è correttamente individuato dall’amministrazione comunale
quale soggetto responsabile dell’abbandono: una tale valutazione costituisce il
frutto di un accertamento sufficientemente idoneo, in forza del procedimento
penale avviato, a supportare le conclusioni cui sarebbe pervenuta
l’amministrazione comunale ai sensi dell’art. 192 del decreto legislativo n. 152
del 2006. Pres. Ravalli, Est. Santini - N.M.B. (avv. Bruno) c. Comune di
Palagiano e altro (n.c.) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 febbraio 2010, n. 640
RIFIUTI - DIRITTO DELL’ENERGIA - Incenerimento dei rifiuti - Impianto di
incenerimento - Impianto di coincenerimento - Complesso costituito da un
impianto di gassificazione e da una centrale elettrica - Incenerimento nella
centrale elettrica di gas non depurato derivato dal trattamento termico di
rifiuti nell’impianto di gassificazione - Disciplina giuridica applicabile -
Art. 3, punto 5 Direttiva 2000/76/CE.. Una centrale elettrica che utilizza
come combustibile supplementare, in aggiunta a combustibili fossili impiegati in
prevalenza nella sua attività di produzione, un gas ottenuto in un impianto al
termine di un trattamento termico dei rifiuti va considerata, congiuntamente a
tale impianto di gassificazione, come un «impianto di coincenerimento» ai sensi
dell’art. 3, punto 5, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4
dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti, quando il suddetto
gas non è stato depurato all’interno del suddetto impianto di gassificazione.
Pres. Toader (rel.) - domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dal Korkein hallinto-oikeus (Finlandia) nella causa
promossa da Lahti Energia Oy.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VIII, 25/02/2010, Sentenza C-209/08
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Abbandono incontrollato - Espressa esclusione della procedura di bonifica ex art. 239, c. 2, lett. a) - Procedura applicabile - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006. L’abbandono incontrollato di rifiuti - non qualificabile come potenziale contaminazione del suolo -è ipotesi espressamente esclusa dalla procedura di bonifica ex art. 239 comma 2 lett. a) del Dlgs. 152/2006 salvo superamento dei valori di attenzione. Si applica quindi la procedura dell’art. 192 del Dlgs. 152/2006, che prevede la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti a cura e spese del responsabile dell’abbandono. Nel caso in cui il responsabile non sia individuato l’onere ricade sul Comune. Pres. Petruzzelli, Est. Pedron - L.B. (avv.ti La Spada e Noschese) c. Comune di Nave (avv. Gitti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 22 febbraio 2010, n. 869
RIFIUTI - Servizio di raccolta e trasporto dei r.s.u. - Scadenza del contratto - Sindaco - Ordinanza contingibile e urgente - Ordine di proseguire il servizio per un limitato periodo di tempo - Legittimità - Emergenza sanitaria - Imposizione della prosecuzione secondo le condizioni pattuite nel pregresso rapporto contrattuale - Illegittimità - Principio del giusto compenso. Il Sindaco, avvalendosi dei propri poteri di ordinanza extra ordinem, ben può imporre all’impresa già affidataria del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani, di proseguire, dopo la scadenza del contratto, nell’espletamento del servizio, per un limitato periodo di tempo, per affrontare una situazione di emergenza sanitaria (cfr. Cons. Stato, V Sez., 3/2/2000, n. 596 e 2/12/2002 n. 6624; T.A.R. Campania - Napoli, I Sez., 21/6/2005, n. 8328, T.A.R. Puglia - Lecce, 24/9/2007 n. 3361). Tuttavia, è illegittima l’imposizione della prosecuzione del servizio alle medesime condizioni pattuite nell’ambito del pregresso rapporto contrattuale, risolvendosi tale determinazione in un’ingiustificata imposizione al privato del prezzo del servizio, in contrasto con l’esigenza del giusto compenso e col principio secondo cui la potestà d'ordinanza deve, in linea di massima, limitarsi ad imporre misure tali da comportare il minor sacrificio possibile per il destinatario”(cfr. citato T.A.R. Campania - Napoli, I Sez., 21/6/2005 n. 8328, T.A.R. Sicilia - Palermo, I Sez., 27/3/2008, n. 383, e TAR Lazio - Roma, II Sez., 6/10/2001, n. 8173 nonché citato Cons. Stato, V Sez., 2/12/2002 n. 6624). Pres. Numerico, Est. Maggio C. r.l. (avv. Rossi) c. Comune di Villanova Monteleone (avv. Davini). TAR SARDEGNA, Sez. I - 19 febbraio 2010, n. 204
RIFIUTI - Materia derivante da un processo di fabbricazione che non sia principalmente destinato a produrla - Natura di sottoprodotto - Elementi - Intenzione dell’impresa di sfruttare o commercializzare il bene in un processo diverso e successivo - Fattispecie: sansa vergine essiccata per ottenere combustibile - Utilizzazioni principali della sansa. Un bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo non è sempre un residuo, ma può anche essere considerato un sottoprodotto, ossia un bene del quale l’impresa non ha intenzione di disfarsi, ma che intende utilizzare commercialmente. Centrale nella determinazione di tale concetto appare, allora, l’intenzione dell’impresa di sfruttare o commercializzare in un processo diverso e successivo il bene in questione(in termini, TAR Campania, sent. N. 8169/06). Nel caso di specie, la circostanza che l’impresa intenda utilizzare la sansa vergine proveniente da opifici di zona, per ottenere, mediante essiccazione, il nocciolino di sansa, da utilizzare quale combustibile, pare confortare l’interpretazione secondo cui non si verta in tema di rifiuti (Cass. Pen. III, 17 maggio 2005). La sansa, invero, rappresenta una materia di derivazione dal processo di estrazione dell’olio di oliva, costituito dal residuo solido della spremitura della pasta di olive, utilizzabile sia all’interno dei santifici, sia successivamente in un ciclo produttivo diverso (e ciò diversamente dalle sanse esauste, derivanti dal processo estrattivo dell’olio di sansa, che sono invece soggette di regolamentazione quale rifiuto e di procedure semplificate di recupero ex artt. 31 e 33 D.L.vo n. 22 del 1997). Gli utilizzi principali che può avere la sansa, oltre alla estrazione dell’olio di sansa, sono la distribuzione come ammendante sui terreni agrari e l’impiego come combustibile per riscaldamento (utilizzazione che interessa la fattispecie). Pres. Salvatore, Est. Leoni - O. s.r.l. (avv. Pellegrino) c. Comune di Salice Salentino e altri (avv. Quinto) e altro (n.c.) - (Conferma, con diversa motivazione,TAR Puglia- Lecce, n. 339 del 2009). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 16 febbraio 2010, n. 888
RIFIUTI - Calcolo volumetrico dei rifiuti solidi - Criterio - Art.183 d.lgs. n.152/2006 - D.lgs. n.22/1997. In tema di calcolo volumetrico di rifiuti ciò che la legge individua è l'ingombro dei materiali abbandonati e non la quantità di materia che li compone. Sicché, non può condividersi l'interpretazione secondo la quale, per i rifiuti solidi il calcolo volumetrico dovrebbe essere operato non tenendo conto degli spazi vuoti esistenti fra i diversi corpi, spazi ovviamente irregolari e diversi a seconda dei materiali. Pres. Altieri, Est. Marini, Ric. Bellini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/02/2010 (Ud. 14/01/2010), Sentenza n. 6266
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordine di smaltimento - Autore dell’abbandono - Responsabilità a titolo di dolo o colpa. In conformità con gli orientamenti maturati in seno alla giurisprudenza circa l’interpretazione dell’art. 14 D.Lgs. n. 22/97, sostanzialmente riprodotto nell’art. 192 D.Lgs. n. 152/06 - l’ordine di smaltimento presuppone l’accertamento di una responsabilità a titolo quantomeno di colpa in capo all’autore dell’abbandono dei rifiuti, e lo stesso vale per il proprietario o titolare di altro diritto reale o personale sull’area interessata, che venga chiamato a rispondere in solido dell’illecito (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 17 aprile 2009, n. 1431; id., 1 agosto 2001, n. 1318). Pres. Leo, Est. Di Mario - Falimento T. s.r.l. (avv. Grella) c. Comune di Monza (avv.ti Bragante e Brambilla) e altri (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 12 febbraio 2010, n.408
RIFIUTI - Calcolo della percentuale di raccolta differenziata operata dal comune - Art. 205 d.lgs. n. 152/2006 - Mancata emanazione del decreto attuativo - Riferimento al metodo di calcolo nazionale definito da ISPRA e Osservatorio Nazionale Rifiuti - Legittimità - L.r. Friuli Venezia Giulia n. 30/07, art. 3, c. 34 - Riferimento al solo MUD - Significato. Non essendo stato emanato il decreto previsto dall’art. 205, c. 4 del d.lgs. n. 152/2006, necessario per la determinazione la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui ai commi 1 (cioè della raccolta differenziata) e 2 (cioè della frazione umida; voce peraltro soppressa dal D.Lg. 4/08), deve ritenersi legittima - ai fini dell’erogazione del contributo ai Comuni in cui la raccolta differenziata abbia superato una certa soglia - l’adozione del metodo di calcolo nazionale definito da ISPRA e dall’Osservatorio Nazionale Rifiuti. E’ vero che la legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 30/07 (art. 3, c. 34) richiama a tale scopo unicamente il MUD, tuttavia ciò significa solo che tale documento deve essere posto a base delle valutazioni che debbono compiere gli organi a ciò preposti - in conformità alla normativa vigente - per valutare l’entità della raccolta differenziata (secondo metodologie comuni). Pres. Corasaniti, Est. De Piero - Comune di Udine (avv.ti Faggiani, Martinuzzi e Sbisa') c. Provincia di Udine (avv. Marche). TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 11 febbraio 2010, n. 129
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Art. 14
d.lgs. n. 22/97 (oggi art. 192 d.lgs. n. 152/2006) - Individuazione dei soggetti
passivi tenuti al ripristino - Titolare di funzioni di vigilanza e controllo
sulla sicurezza degli impianti - Cessazione medio tempore degli incarichi
societari - Irrilevanza. Ai fini dell’individuazione dei soggetti passivi
tenuti al ripristino ambientale ex art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi: art. 192
d.lgs. n. 152/2006), è indifferente la circostanza che tali soggetti abbiano nel
tempo a vario titolo perso il rapporto giuridico o materiale sul territorio
inquinato; in particolare, risulta irrilevante che il titolare di funzioni
qualificate di vigilanza e di controllo sulla sicurezza degli impianti abbia
medio tempore cessato dagli incarichi societari che il medesimo ricopriva
durante il periodo in cui i fatti inquinanti si sono verificati. Pres. Perrelli,
Est. Passoni - S.G. (avv.ti Di Mattia e Manzi) c. Comune di L’Aquila (avv.ti De
Nardis, Giuliani e Torelli) -
TAR ABRUZZO, L’Aquila, Sez. I - 11 febbraio 2010, n. 70
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi art. 192 d.lgs. n.
152/2006) - Soggetto passivo dell’ordinanza di rimozione - Responsabilità -
Canoni processuali di cui agli artt. 2043 c.c. e 41 e 42 c.p. - Responsabilità
diversificata - Assoluzione in sede penale - Obbligo del soggetto di attivarsi
per la rimozione degli effetti inquinanti - Permanenza. Seppure il soggetto
passivo di ordinanze di rimozione e smaltimento di rifiuti ex ar.t 14 d.lgs. n.
22/97 (oggi: art. 192. d.lgs. n. 152/2006) deve aver concorso con dolo o colpa
al verificarsi dell’inquinamento, va puntualizzato che tale responsabilità
(sufficiente per incardinare l’obbligo di attivarsi per la bonifica dei luoghi)
non deve essere necessariamente comprovata secondo i canoni processuali ex artt.
2043 c.c. e 41-42 c.p., dovendosi invece richiedere che il destinatario
dell’ordine risulti comunque inserito e coinvolto nel contesto giuridico e
fattuale dell’evento inquinante, senza univoche esimenti dovute all’assoluta
estraneità ai fatti, ovvero alla comprovata diligenza nell’aver apprestato ogni
tentativo esigibile per scongiurare l’evento stesso. Il quadro delle
responsabilità rilevanti per la legittimazione passiva nell’ordinanza di
bonifica risulta quindi diversificata rispetto alle rigorose garanzie di difesa
dell’imputato nel processo penale, così che un’assoluzione in tale sede non
esclude l’obbligo del medesimo soggetto di attivarsi comunque per la rimozione
degli effetti inquinanti. Pres. Perrelli, Est. Passoni - S.G. (avv.ti Di Mattia
e Manzi) c. Comune di L’Aquila (avv.ti De Nardis, Giuliani e Torelli) -
TAR ABRUZZO, L’Aquila, Sez. I - 11 febbraio 2010, n. 70
RIFIUTI - Provvedimenti contingibili e urgenti emessi in materia di rifiuti - Destinatario - Soggetto che si torvi con il bene in rapporto tale da poter eseguire con celerità gli interventi necessari - Natura intrinseca dei provvedimenti contingibili e urgenti. Impregiudicata ogni rivalsa nei confronti dell’effettivo responsabile, il soggetto destinatario del provvedimento contingibile ed urgente emesso in materia di smaltimento di rifiuti, può essere individuato in chi con il bene si trovi in rapporto tale da consentirgli di eseguire con celerità gli interventi ordinati, ritenuti necessari. (Cons. Stato, Sez. V, 2 aprile 2003, n. 1678). Ciò trova una giustificazione nella necessità di procedere comunque alla eliminazione della situazione di minaccia all’interesse pubblico in base allo stato di fatto, in quanto la ricerca dell’obbligato di diritto, mediante accertamenti complessi e laboriosi, potrebbe essere incompatibile con l’intrinseca natura dei provvedimenti contingibili ed urgenti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 1991, n. 1137, che riprende Sez. V, 16 luglio 1960, n. 520; v. anche Cons. Stato, Sez. I, parere 7 aprile 1993, n. 2032/90). Pres. Piacentini, Est. Poppi - Ente Nazionale per le Strade (Avv. Stato) c. Comune di Malnate (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. I - 8 febbraio 2010, n. 287
RIFIUTI - L. r. Toscana n. 1/05 - Sopravvenuta disciplina nazionale speciale ex art. 208 d.lgs. n. 152/2006 - Applicazione inderogabile. L’art. 208 d.lgs. n. 152/06, in quanto norma speciale nazionale, sopravvenuta alla legge regionale toscana n. 1/05, e disciplinante specificamente le autorizzazioni per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, trova inderogabile applicazione in materia. Pres. Nicolosi, Est. Correale - Associazione F. e altri (avv.ti Peruzzi, Chiti e Tasselli) c. Provincia di Pistoia (avv.ti Pupino e Coppola), Comune di Serravalle Pistoiese (avv. Cecchi), Soprintendenza Beni Ambientali e Architettonici di Firenze e Pistoia e altro (Avv. Stato) e altri (n.c.). TAR TOSCANA, Sez. II - 5 febbraio 2010, n. 195
RIFIUTI - Impianti di smaltimento
o recupero - Non conformità rispetto all’autorizzazione - Sospensione
dell’attività - Art. 208 d.lgs. n. 152/2006. Ai sensi dell’art. 208 del
d.lgs. n. 152/2006 l’amministrazione è legittimata, sotto il profilo normativo,
ad imporre la sospensione dell’attività dell’impianto di smaltimento o recupero
di rifiuti (nella specie: compostaggio), ove i controlli dell’organo tecnico
abbiano rilevato la non conformità rispetto all’autorizzazione. Pres. Nicolosi,
Est. Massari - G. s.r.l. (avv.ti Gilardoni e Gagliano) c. Provincia di Arezzo
(avv. Manneschi).
TAR TOSCANA, Sez. II - 5 febbraio 2010, n. 187
RIFIUTI - Poteri di controllo e ispettivi - Accertamenti della P.A. -
Rispetto del contraddittorio con la parte privata - Necessità - Esclusione -
Processo verbale - Atto pubblico - Veridicità. Gli accertamenti che la P.A.
è tenuta a svolgere nell'esercizio dei poteri di controllo ed ispettivi su
materie affidate ai propri poteri istituzionali, tranne casi in cui vi sia
espressa previsione normativa, non richiedono il rispetto del contraddittorio
con la parte privata interessata (T.A.R. Lazio, sez. III, 10 febbraio 1988, n.
178). D’altro canto, la validità probatoria degli accertamenti ispettivi nella
fase istruttoria, può prescindere dal contraddittorio con la controparte e, in
quanto consacrati in un processo verbale di constatazione (che è atto pubblico
facente fede fino a querela di falso), assume validità sul piano della
veridicità per quanto concerne le dichiarazioni in esso riportate (fattispecie
relativa alle emissioni odorigene da impianto di compostaggio). Pres. Nicolosi,
Est. Massari - G. s.r.l. (avv.ti Gilardoni e Gagliano) c. Provincia di Arezzo
(avv. Manneschi).
TAR TOSCANA, Sez. II - 5 febbraio 2010, n. 187
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti delle industrie estrattive - Mancato recepimento delle direttive comunitarie - Inadempimento di uno stato (Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord) - Direttiva 2006/21/CE - Dir. 2004/35/CE. Non avendo adottato entro il termine prescritto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del marzo 15, 2006, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è venuto meno per adempiere i suoi obblighi ai sensi della presente direttiva. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese. (Testo uff.: En n’ayant pas adopté, dans le délai prescrit, les dispositions législatives, réglementaires et administratives nécessaires pour se conformer à la directive 2006/21/CE du Parlement européen et du Conseil, du 15 mars 2006, concernant la gestion des déchets de l’industrie extractive et modifiant la directive 2004/35/CE, le Royaume-Uni de Grande-Bretagne et d’Irlande du Nord a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu de cette directive. Le Royaume-Uni de Grande-Bretagne et d’Irlande du Nord est condamné aux dépens). Pres. Levits - Rel. Ilešic - Commissione Europea c. Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. V, 4/02/2010, Sentenza C-259/09
RIFIUTI - L.r. Toscana n. 3/94 - Autorizzazioni all’appostamento della caccia - Rispetto delle distanze legali da luoghi adibiti a posti di lavoro - Discarica - Natura di “luogo adibito a posti di lavoro” - Esclusione. Ai sensi del Testo unico dei regolamenti regionali di attuazione della legge regionale toscana 12 gennaio 1994 n. 3 di cui al DPGR 25 febbraio 2004 n. 13/R (vigente nella fattispecie, poi modificato dal DPGR Toscana 11 ottobre 2007 n. 32), la Provincia, nel rilasciare le autorizzazioni all’appostamento della caccia, deve verificare il rispetto delle distanze legali delle zone in cui si esercita la caccia rispetto ad immobili, fabbricati o stabili adibiti ad abitazioni o a posti di lavoro ( art. 33 l.r. n. 3 del 1994 ). Non può considerarsi immobile adibito a posti di lavoro un deposito di materiale organico costituente una discarica. E’ evidente infatti che una discarica di materiali di varia natura non è un “luogo adibito a posti di lavoro”, secondo la dizione utilizzata dalla legge regionale , ma semplicemente un luogo dove può solo occasionalmente verificarsi che vi sia una presenza umana , essendo la destinazione dominante del sito volta ad ospitare rifiuti. Pres. Baccarini, Est. Montedoro - C.M. (avv. De Murtas Picinelli) c. Provincia di Lucca (avv. Del Carlo) - (Conferma T.A.R. TOSCANA n. 101/2009). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 2 febbraio 2010, n. 460
RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Art. 183, c. 1, lett. n), nel testo
antecedente le modifiche di cui al d.lgs. n. 4/2008 - Esclusione dalla categoria
di rifiuto delle ceneri di pirite - Qualifica di “sottoprodotto” - Presunzione
assoluta - Contrasto con la definizione comunitaria di rifiuto - Dir. 75/442/CEE
e ss.mm. - Illegittimità costituzionale. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 183, comma 1, lettera n), del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nel testo antecedente alle modiche
introdotte dall’art. 2, comma 20, del d. Lgs. n. 4/2008, nella parte in cui
prevede: «rientrano altresì tra i sottoprodotti non soggetti alle disposizioni
di cui alla parte quarta del presente decreto le ceneri di pirite, polveri di
ossido di ferro, provenienti dal processo di arrostimento del minerale noto come
pirite o solfuro di ferro per la produzione di acido solforico e ossido di
ferro, depositate presso stabilimenti di produzione dismessi, aree industriali e
non, anche se sottoposte a procedimento di bonifica o di ripristino ambientale».
La norma - in contrasto con la definizione comunitaria di cui alla direttiva
75/442/CEE e ss.mm., che qualifica rifiuto ogni sostanza di cui il produttore si
disfi - esclude infatti dalla categoria dei rifiuti le ceneri di pirite
indipendentemente dal fatto che l’impresa produttrice se ne sia disfatta,
introducendo quindi una presunzione assoluta, in base alla quale tali materiali,
quale che sia la loro provenienza e il trattamento ricevuto da parte del
produttore, sono sempre e comunque da qualificare “sottoprodotto”. Al contrario,
la normativa comunitaria fa leva anche su fatti estrinseci e sui comportamenti
dei soggetti produttori ed utilizzatori e non si arresta alla mera indicazione
della natura intrinseca del materiale. Pres. Amirante, Est. Silvestri -
Giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Venezia, Sez. staccata di Dolo -
CORTE COSTITUZIONALE - 28 gennaio 2010, n. 28
RIFIUTI - Effettiva esistenza di un rifiuto - Accertamento - Complesso di
circostanze - Dir. 75/442/CEE.
L’effettiva esistenza di un rifiuto deve essere accertata alla luce del
complesso delle circostanze, tenuto conto della finalità della direttiva
75/442/CEE e in modo da non pregiudicarne l’efficacia (sentenza CGCE 18 dicembre
2007, in causa C-194/05, Commissione c. Repubblica italiana). Pres. Amirante,
Est. Silvestri - Giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Venezia, Sez.
staccata di Dolo -
CORTE COSTITUZIONALE - 28 gennaio 2010, n. 28
RIFIUTI - Direttiva 75/442/CEE - Corte di giustizia dell’Unione europea -
Nozione di rifiuto- Punti fermi interpretativi.
Sulla base della normativa di cui alla dir. n. 75/442/CEE, come modificata
dalla dir. 91/156/CEE (confermata sostanzialmente dalla direttiva 5 aprile 2006,
n. 2006/12/CE - Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai
rifiuti - che l’ha abrogata), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha
stabilito alcuni punti fermi interpretativi: a) la nozione di rifiuto deve
essere intesa in senso estensivo ed in tal modo devono essere interpretate le
norme che contengono riferimenti alla stessa; b) dalla suddetta nozione sono
escluse le sostanze suscettibili di utilizzazione economica, nel caso in cui non
si tratta di prodotti di cui il detentore si disfa; c) in tale nozione non sono
compresi i sottoprodotti, intesi come beni, materiali o materie prime, che
derivano da un processo di estrazione o fabbricazione, che non è destinato
principalmente a produrli, a condizione che la loro utilizzazione sia certa e
non eventuale, avvenga senza trasformazioni preliminari ed al fine di
commercializzare il materiale, anche eventualmente per destinarlo a soggetti
diversi dal produttore (ex plurimis, sentenze 18 aprile 2002, in causa C-9/00,
Palin Granit Oy, e 11 settembre 2003, in causa C-114/01, Avesta Polarit Chrome
Oy). Pres. Amirante, Est. Silvestri - Giudizio promosso dal Tribunale ordinario
di Venezia, Sez. staccata di Dolo -
CORTE COSTITUZIONALE - 28 gennaio 2010, n. 28
RIFIUTI - Residui da lavorazioni - Qualifica di rifiuti - Sottrazione - Presupposti - Art. 183, c. 1, lett. p) - Sottoprodotto. La nozione di rifiuto non dipende solamente dalla presenza o meno, nei residui da lavorazioni, di sostanze potenzialmente idonee ad un successivo utilizzo e dalla concorrente volontà di utilizzare dette sostanze: affinché un residuo di produzione possa infatti essere sottratto alla qualifica di rifiuto è necessario che esso sia riutilizzato in maniera certa nel corso del medesimo processo di produzione, in assenza di un trattamento preventivo o di trasformazioni preliminari (cfr. art. 183, c. 1, lett. p), come risultante dalle modifiche ex d.lgs. n. 4/2008). Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - R. s.p.a. (avv.ti Clementi e Maggiolo) c. Comune di Verona (avv.ti Caineri, Michelon e Squadroni). TAR VENETO, Sez. III - 26 gennaio 2010, n.149
RIFIUTI - Illecito abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordine di
rimozione - Proprietario o titolare di altro diritto reale o di godimento
dell’area - Imputabilità a titolo di dolo o colpa - Accertamenti della p.a.
procedente. Secondo quanto previsto dall’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006,
come già dal precedente art. 14 del d.lgs. n. 22/97, oltre alla diretta
responsabilità dell’autore dell’illecito, l’ordine di rimozione dei rifiuti può
essere esteso in solido anche al proprietario o titolare di altro diritto reale
o di godimento dell’area, purché la violazione gli sia imputabile a titolo di
dolo o colpa, che risultino dagli accertamenti effettuati, in contraddittorio
con i soggetti interessati, dall’amministrazione procedente.. (T.A.R. Campania
Salerno, sez. II, 07 maggio 2009, n.1826; Consiglio Stato , sez. V, 19 marzo
2009, n. 1612). Pres. f.f. Maisano, Est. Valenti - ANAS s.p.a (Avv. Stato) c.
Provincia Regionale di Palermo (avv. Garbo) e altro (n.c.).
TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 584
RIFIUTI - Illecito abbandono - Regione siciliana - Art. 160 l.r. n. 25/93 -
Attuale vigenza - Abbandono di rifiuti al di fuori dei perimetri urbani -
Raccolta - Spettanza - Provincia. L’art. 160 L.R.Siciliana n. 25/93, che non
può ritenersi abrogato dagli artt. 20 e 21 del d.lgs. n. 22/97, né risulta
superata dalle novelle apportate nel 2008 al d.lgs. n. 152/2006, postula che “al
di fuori dei perimetri urbani, ove non sia stato possibile individuare il
soggetto che ha abbandonato i rifiuti, alla Provincia spetta il compito di
provvedere alla raccolta dei rifiuti, e ciò anche su sollecitazione del Comune”
(così CGA, Sez. Giurisdiz., Decisione 28 dicembre 2006 n. 874). Negli stessi
termini è per altro la circolare dell’Assessorato Regione Territorio e Ambiente
n.6006 del 27.3.1998, che demanda direttamente alla Provincia il compito di
provvedere all’attività di raccolta e smaltimento di rifiuti solidi urbani e di
rifiuti speciali "nelle parti di territorio esterno ai perimetri dei centri
abitati”. La previsione di cui all’art.160 L.R.25/93 non risulta superata dalle
novelle apportate nel 2008 al D.Lgs.152/06. Pres. f.f. Maisano, Est. Valenti -
ANAS s.p.a (Avv. Stato) c. Provincia Regionale di Palermo (avv. Garbo) e altro (n.c.).
TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 584
RIFIUTI - Illecito abbandono ai margini delle strade - Art. 14 codice della
strada - Ente gestore- Obblighi di manutenzione, gestione e pulizia -
Riferimento alla normale attività di gestione - Estensione alle discariche di
rifiuti accumulati senza colpevole responsabilità del gestore della strada -
Esclusione - Art. 230 d.lgs. n. 152/2006 - Strutture autostradali. Gli
obblighi di manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze
e arredo (nonché delle attrezzature, impianti e servizi) cui sono tenuti i
concessionari di strade pubbliche ai sensi dell’art. 14 del codice della strada
(d.lgs. n. 285/92), come anche la pulizia e raccolta di cui al co.1 bis
dell’art.230 D.Lgs.152/06, sono da ricondurre alla normale attività di gestione
(sia ordinaria che straordinaria) della rete stradale e all’uso proprio della
stessa, sulla quale non possono ovviamente insistere discariche di rifiuti,
vieppiù accumulate senza una colpevole responsabilità dell’ente gestore. Da
quest’ultimo sono quindi esigibili, ai sensi del combinato disposto dei commi 1
e 3 art.14 Cod. Strada, e salvo che sia diversamente stabilito (così l’ultima
parte del medesimo co.3 cit.), solo le attività ordinarie e straordinarie
naturalmente connesse alla gestione della sede stradale. Per altro, sul piano
strettamente letterale, la previsione di cui al mentovato co.1 bis art.230 D.Lgs.152/06
è riferibile alle sole <strutture autostradali>. Pres. f.f. Maisano, Est.
Valenti - ANAS s.p.a (Avv. Stato) c. Provincia Regionale di Palermo (avv. Garbo)
e altro (n.c.).
TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 584
RIFIUTI - Sansa di oliva
disoleata - D.P.C.M. 08/03/2002, come modificato dal D.P.C.M. 08/10/2004 - Sanse
prodotte direttamente dall’impresa - Qualifica di biomasse combustibili -
Mancato rispetto dei parametri di cui al D.P.C.M. - Applicazione della normativa
in materia di rifiuti. L’art.1 D.P.C.M 8/10/2004 ha introdotto la nuova
lett.f) al punto.1 dell’All..3 D.P.C.M.08/3/2002 n.23959. Secondo la nuova
disposizione la sansa di oliva disoleata avente le caratteristiche riportate
nella tabella di cui allo stesso D.P.C.M., ed ottenuta dal trattamento della
sanse vergini con n.esano per l'estrazione dell'olio di sansa destinato
all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico, rientra tra le
biomasse combustibili purché i predetti trattamenti siano effettuati all'interno
del medesimo impianto. Le sanse disoletate, quindi, prodotte direttamente
dall’impresa, che rispettano i parametri di cui al novellato D.P.C.M.08/03/2002,
sono individuate non già come rifiuti (con le connesse implicazioni anche in
ordine alla tenuta dei relativi registri ed alle autorizzazioni necessarie)
bensì quali combustibili. Invece, in mancanza dello specifico presupposto
regolamentare (i.e.: accertamento del rispetto dei parametri stabiliti dal
D.P.C.M. per le sanse esauste al fine di poter ascrivere queste ultime alla
categoria di combustibili da fonti rinnovabili) non può che trovare applicazione
la differente disciplina stabilita rispettivamente dal D.Lgs.22/97 (oggi
abrogato e sostituito dal D.Lgs.152/06) e dal D.M.05/02/1998. Pres. f.f.
Maisano, Est. Valenti - O. s.r.l. (avv. Cassiba) c. Provincia Regionale di
Palermo (avv.ti Cannizzaro e Greco) e altro (n.c.).
TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 581
RIFIUTI - Sansa di oliva disoleata - Impiego all’esterno dell’impianto di
produzione - Qualificazione come combustibile - Presupposti di cui al D.P.C.M.
08/03/2002 - Mancata rispondenza del prodotto - Regime autorizzatorio e
normativa in materia di emissioni in atmosfera - Principio di precauzione ex
art. 301 d.lgs. n. 152/2006. Ai sensi della nuova lett.f) del punto.1
all’All..3 D.P.C.M.08/3/2002 n.23959, nel caso in cui l’impiego del prodotto
<sansa disoleata> avvenga all’esterno dell’impianto di produzione, il rispetto
dei requisiti per la sua corretta qualificazione come combustibile (e non come
rifiuto) deve risultare da un sistema di identificazione conforme a quanto
stabilito al successivo punto 3. In mancanza di una accertata rispondenza del
prodotto alle caratteristiche merceologiche previste per la sua qualificazione
come combustibile, anche in ragione del principio di precauzione oggi previsto
dall’art.301 D.Lgs.152/06, non può che farsi riferimento alla normativa più
stringente quanto al regime autorizzatorio e alle emissioni in atmosfera. Pres.
f.f. Maisano, Est. Valenti - O. s.r.l. (avv. Cassiba) c. Provincia Regionale di
Palermo (avv.ti Cannizzaro e Greco) e altro (n.c.).
TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 581
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Bonifica - Mera qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato - Obbligo di bonifica del sito inquinato - Esclusione - Responsabilità o corresponsabilità dell’illecito abbandono dei rifiuti. Nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile dell'inquinamento stesso, che le competenti Autorità amministrative hanno l'obbligo di individuare e ricercare, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato non implica di per sé l'obbligo di effettuazione della bonifica, con la conseguenza che esso può essere posto a suo carico solo se responsabile o corresponsabile dell'illecito abbandono (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 giugno 2009 n. 3885). Pres. Perrelli, Est. Riccio - I.A. e altro (avv. Bardaro) c. Comune di Aquino. TAR LAZIO, Roma, Sez. II ter - 19 gennaio 2010, n. 484
RIFIUTI - Emergenza rifiuti in
Campania - D.L. n. 90/2008 - Impatto derogatorio rispetto al quadro normativo
vigente -Fondamento - Salvaguardia di principi fondamentali tutelati
dall’ordinamento costituzionale - Pregiudizio per la salute e l’incolumità delle
popolazioni insediate nelle aree interessate - Presenza dei presupposti
giustificativi - Adozione di provvedimenti a carattere emergenziale - Normazione
primaria a carattere di necessaria specialità derogatoria. Il pur ampio
impatto derogatorio rispetto al quadro normativo vigente - primario e
sub-primario - realizzato dall’intervento legislativo di cui al D.L. n. 90/2008,
presenta ragionevole e condivisibile fondamento, venendo in considerazione la
salvaguardia di fondamentali principi tutelati dall’ordinamento costituzionale
la cui ulteriore compromissione, anche a fronte di una situazione di fatto che
ha acquisito notorietà a livello internazionale, avrebbe potuto determinare
irreversibile pregiudizio per la salute e l’incolumità delle popolazioni
insediate nelle aree interessate dal fenomeno, oltre che rendere
problematicamente gestibile la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici. La
vicenda dell’emergenza rifiuti in Campania, in altri termini, esibisce con
carattere di autentica paradigmaticità la presenza dei presupposti
giustificativi non soltanto ai fini dell’adozione di provvedimenti
amministrativi di carattere emergenziale, ma anche per l’introduzione di una
normazione primaria il cui carattere di necessaria specialità derogatoria
rispetto al vigente quadro di disciplina trova necessario fondamento
nell’esigenza di fronteggiare un’evenienza avente elevatissimo carattere di
allarme sociale e di pericolosità igienico-sanitaria con l’adozione di uno
strumento (il decreto legge) avente l’indispensabile immediatezza precettiva.
Pres. Giovannini, Est. Politi - V.A. e altri (avv.ti Sorge, Sorge e Di Costanzo)
c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 18 gennaio 2010, n. 319
RIFIUTI - Emergenza rifiuti in Campania - Disciplina di cui al D.L. n.
90/2008 - Vulnus agli interessi di protezione ambientale promossi dalla CEDU -
Esclusione - Ragioni - Degrado incontrollabile delle condizioni
igienico-sanitarie. La disciplina di cui al decreto legge 90/2008, lungi dal
determinare un vulnus agli interessi di protezione ambientale promossi dalla
CEDU quale indefettibile complemento della tutela riservata alla personalità
dell’individuo, ha piuttosto inteso introdurre, all’interno di un quadro di
estrema emergenzialità, misure, senz’altro eccezionali, in difetto delle quali
gli interessi stessi avrebbero subito un’irreversibile deriva degenerativa a
fronte della situazione di incontrollabile degrado delle condizioni
igienico-sanitarie che aveva coinvolto estese aree (anche urbane) nella Regione
Campania. Pres. Giovannini, Est. Politi - V.A. e altri (avv.ti Sorge, Sorge e Di
Costanzo) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato) e altri
(n.c.).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 18 gennaio 2010, n. 319
RIFIUTI - Emergenza rifiuti in Campania - Disciplina ex art. 9, c. 2 D.L. n.
90/2008 - Distinzione tra categorie di discariche - Rifiuti inerti, rifiuti non
pericolosi e rifiuti pericolosi - Smaltimento promiscuo - Ammissibilità -
Esclusione - Corretta interpretazione della norma. L’art. 9, comma 2, del
decreto legge 90/2008 fa espressamente salva (mantenendone e ribadendone la
perdurante operatività) la distinzione tra categorie di discariche di cui alla
normativa comunitaria tecnica di settore, vale a dire la distinzione tra
discarica per rifiuti inerti, discarica per rifiuti non pericolosi e discarica
per rifiuti pericolosi. La norma, nell’autorizzare lo smaltimento anche di
rifiuti pericolosi nel rispetto di tale normativa, va quindi intesa nel senso
che se la discarica è classificata come discarica per rifiuti non pericolosi, lo
smaltimento dei rifiuti pericolosi (contraddistinti dai codici CER asteriscati)
non è comunque (in essa) promiscuamente ammissibile. In altri termini, la
disposizione, nell’autorizzare lo smaltimento nei siti individuati di alcune
tipologie di rifiuti non pericolosi e di altre tipologie di rifiuti pericolosi,
non ha affatto inteso istituire una differente categoria di discarica (non
prevista né dalla normativa comunitaria né da quella nazionale), in cui sia
possibile smaltire indistintamente rifiuti pericolosi e non pericolosi; ma ha,
piuttosto, specificato i rifiuti che possono essere - alternativamente -
smaltiti a seconda che la discarica sia classificata come discarica per rifiuti
pericolosi o come discarica per rifiuti non pericolosi. Pres. Giovannini, Est.
Politi - V.A. e altri (avv.ti Sorge, Sorge e Di Costanzo) c. Presidenza del
Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 18 gennaio 2010, n. 319
RIFIUTI - AREE PROTETTE - Emergenza rifiuti in Campania - D.L. n. 90/2008 -
Previsione di una discarica entro i confini del Parco Nazionale del Vesuvio -
Compatibilità normativa - Divieto di aprire ed esercire discariche - Carattere
di assoluta insuperabilità - Esclusione - Ragioni. La (parziale)
dislocazione dell’area interessata dalla realizzanda discarica di cui al D.L. n.
90/2008 all’interno del territorio di competenza del Parco Nazionale del Vesuvio
non assurge a rilievo inficiante della previsione legislativa presupposta e
degli atti amministrativi. Prevede infatti la legge 6 dicembre 1991 n. 394
(legge quadro sulle aree protette) che all’interno del territorio dei Parchi
nazionali sono vietati, fra l’altro, l'apertura e l'esercizio di cave, di
miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali (art. 11, comma 3,
lett. b). Tale divieto, tuttavia, non riveste carattere di assoluta
insuperabilità, alla luce di quanto stabilito dal successivo comma 4: il quale
demanda al regolamento del Parco stesso l’individuazione delle ipotesi di
consentita deroga alle prescrizioni del predetto comma 3. Se è vero che una
disposizione regolamentare è suscettibile di incidere sulla inderogabilità del
divieto di che trattasi, e se è altrettanto vero che rientra comunque nella
competenza statale la disciplina della materia ambientale, non si ha, invero,
motivo di dubitare della legittimità di una previsione (quale quella concernente
la localizzazione geografica della realizzanda discarica in località Cava
Vitiello nel Comune di Terzigno) che abbia introdotto una deroga al divieto di
cui al citato art. 11 della legge 394/1991: in proposito dovendosi osservare
come il rango primario della norma legislativa non soltanto conferisce alle
relative previsioni valenza premiante rispetto alle previgenti disposizioni
promananti da equipollente fonte, ma, a fortiori, consente ad essa di imporsi,
con ogni evidenza, rispetto ad eventuali dissonanti disposizioni promananti da
previsione regolamentare. mPres. Giovannini, Est. Politi - V.A. e altri (avv.ti
Sorge, Sorge e Di Costanzo) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri
(Avv. Stato) e altri (n.c.).
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 18 gennaio 2010, n. 319
RIFIUTI - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Illecito amministrativo - Responsabilità
dell'azienda e dell'amministratore con delega alla gestione dell'impianto -
Principio societas delinquere non potest - Enti collettivi dotati
o non di personalità giuridica - Obbligazione solidale al pagamento della
sanzione con le persone fisiche, autrici della violazione - Rifiuti pericolosi e
sanzioni amministrative - Art. 6 c. 3 L. n. 689/81 - artt. 12/1 e 52/2 D.lgs.
22/97 e succ. mod.. E’ correttamente applicato l'art. 6 co. 3 della L. n.
689/81, che in aderenza al principio societas delinquere non potest
prevede che in caso di illecito amministrativo riferibili ad attività di enti
collettivi, dotati o non di personalità giuridica, gli stessi sono solo
obbligati in solido al pagamento della sanzione con le persone fisiche, autrici
della violazione. Di quest'ultima rispondono, a titolo personale, non solo
coloro che materialmente abbiano posto in essere l'attività vietata o omesso
quella imposta dalla legge, ma anche quei soggetti organicamente rappresentanti
l'ente, ai quali, in ragione del relativo ordinamento interno fa capo lo
specifico settore cui é riferibile l'attività, nel cui ambito si è verificata
l'azione o omissione illecita. Fattispecie: violazione degli artt. 12/1 e 52/2
D.lgs. 22/97 e succ. mod., per aver effettuato attività di trasporto di rifiuti
pericolosi, costituiti da liquidi nocivi provenienti da macchine automatiche per
lo sviluppo fotografico senza aver tenuto il prescritto registro di carico e
scarico. Pres. Elefante, Est. Piccialli, Ric. Folgori ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 18/01/2010 (Ud. 17/12/2009), Sentenza n.
659
RIFIUTI - Liquidi provenienti da macchine automatiche per lo sviluppo
fotografico - Rifiuti speciali - Reimpiego - Presupposti e limiti - Codice CER
(Catalogo Europeo dei Rifiuti) - Soluzioni di sviluppo e attivanti a base
acquosa (cod. CER 090101), di fissaggio (cod. CER 09104), di lavaggio e di
lavaggio del fissatore (cod. CER 090105) - D.l,gs n. 22/97 e s.m.. Rientrano
tra i rifiuti pericolosi, i liquidi provenienti da macchine automatiche per lo
sviluppo fotografico estratti dai dispositivi nelle quali hanno assolto per i
periodi di tempo programmati la loro precipua funzione, perdendo o trasformando
la loro naturale ed originaria composizione. Nella specie, i liquidi in
questione ritenuti esausti, quand'anche trasportati altrove in vista di esami
sperimentali, costituiscono già rifiuti pericolosi e il dedotto riciclaggio
degli stessi, presso la sede centrale dello stabilimento dell'impresa
produttrice, costituisce solo un'eventuale reimpiego lecitamente realizzabile
soltanto dall'impresa produttrice, rappresentando solo un'eventuale reimpiego
lecitamente realizzabile unicamente secondo le rigorose prescrizioni di cui al
D.l,gs n. 22/97 e s.m. (in particolare v. art. 33, co.2 lett. b). Tale
possibilità, comunque, non può giustificare l'inosservanza dell'obbligo della
registrazione, atteso che la mera eventualità di riutilizzazione economica,
mediante operazioni di recupero, della sostanza di cui il detentore abbia
l'obbligo di disfarsi (al riguardo derivante dall'inclusione nell'elenco dei
rifiuti pericolosi di cui all'allegato D), D. L.gs n. 22/97 e s.m.) non vale ad
escludere la stessa dal novero dei rifiuti (Cass. pen. Sez. 3° n.2125/03). Pres.
Elefante, Est. Piccialli, Ric. Folgori ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 18/01/2010 (Ud. 17/12/2009), Sentenza n.
659
RIFIUTI - PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Illeciti amministrativi- Applicazione -
Deroghe in materia di rifiuti - Esclusione - Art. 1 c.2, L. n. 689/1981. Gli
illeciti amministrativi derivante dell'art. 1 della Legge 24.11.1981 n. 689, in
particolare dal comma 2, a termini del quale "le leggi che prevedono sanzioni
amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati"
(Cass. n. 14959/09, 144771/05, 16422/05, 18212/03, 12654/03 ,6232/99), avendo
portata generale e non oggetto di particolari deroghe in materia di rifiuti.
Pres. Elefante, Est. Piccialli, Ric. Folgori ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 18/01/2010 (Ud. 17/12/2009), Sentenza n.
659
RIFIUTI - Rifiuti "tossici e nocivi" (Nuova disciplina “pericolosi”) -
Equiparazione - Annotazione nei registri di carico e scarico - Disciplina
previgente, transitoria e vigente - Obbligo della tenuta dei registri - Art.19
D.P.R.10.9.82 n.915 - Artt.57/1 u.p., 52 co. 2, D. L.gs n. 22/97 e s.m.. Nel
vigore della previgente normativa, art.19 D.P.R.10.9.82 n.915, (l'annotazione
nei registri di carico e scarico dei rifiuti "tossici e nocivi", corrispondenti,
secondo l'equiparazione contenuta nell'art.57/1 u.p. D. lgs. n. 22/97, a quelli
"pericolosi" di cui alla nuova disciplina), all'atto dell'entrata in efficacia
del Dlgs. n. 22/97, che all'art. 12, prevedendo con carattere di generalità
l'obbligo della tenuta dei registri dei rifiuti, lo ha convalidato nella parte
relativa a quelli pericolosi, sotto comminatoria di apposita sanzione (art. 52
co. 2, secondo periodo). Pres. Elefante, Est. Piccialli, Ric. Folgori ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 18/01/2010 (Ud. 17/12/2009), Sentenza n.
659
RIFIUTI - DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Classificazione errata - Lapsus
omissivo del giudice - Effetti - Mutamento della contestazione - Esclusione -
Fondamento - Art.7 c. 1 e all. D) D. L.gs 22/97 e succ. mod.. Ai sensi
dell'art.7 co. 1 del D. L.gs 22/97 e succ. mod., i rifiuti sono classificati,
secondo l'origine, in due categorie, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e,
nell'ambito di quest'ultima, secondo le caratteristiche di pericolosità, in
rifiuti pericolosi e non pericolosi; sicché l'avere il giudice di merito, nella
parte finale della motivazione, incorrendo in un evidente lapsus
omissivo, definito "speciali" i rifiuti senza anche aggiungere che gli stessi
erano anche "pericolosi" non ha dato luogo ad alcun mutamento della
contestazione, tanto meno ove si consideri che nelle altre parti della sentenza
si precisa, con inequivocabile riferimento anche ai pertinenti codici
classificatori CER, di cui all'elenco all. D del D.L.gs. 22/97, che i rifiuti in
questione erano "pericolosi". Pres. Elefante, Est. Piccialli, Ric. Folgori ed
altri.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 18/01/2010 (Ud. 17/12/2009), Sentenza n.
659
RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato - Divieto - Trasgressore - Recupero e smaltimento - Proprietario o titolare di un diritto personale di godimento dell’area interessata - Elemento soggettivo - Dolo o colpa - Art. 14 d.lgs. n. 22/97. Il trasgressore del divieto di “abbandono”e “deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo” è, bensì, “tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area”, ma - ai sensi dell’art. 14 co.III° d.lgs.n.22/1997 - sempreché ad essi tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Ai fini dell'imputazione, al titolare di un diritto personale di godimento di una area, della responsabilità per i danni conseguenti all'abbandono di rifiuti nell'area stessa, con il conseguente obbligo di bonifica, deve pertanto sussistere quantomeno l'elemento della colpa, così come richiesto dall'art. 14 citato (cfr., tra le altre, Consiglio di Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061; Cons. di Stato, Sez. V, sent. n. 5045 del 29-08-2006; Cons. St., sez. V, 25.1.2005 , n. 136). Pres. Leo, Est. Plantamura - B.C. e altri (avv.ti Andena e Fossati) c. Comune di S. Fiorano (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 13 gennaio 2010, n. 41
RIFIUTI - Attività abusiva di gestione di rifiuti speciali - Sito produttivo non autorizzate - Violazione delle prescrizioni - Risarcimento del danno ambientale - Forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale. L’effettuazione di un’attività abusiva di gestione di rifiuti speciali (nella specie messa in riserva, lavorazione e frantumazione di pneumatici usati), mediante l'utilizzo di tre aree adiacenti al sito produttivo aree non autorizzate per detta attività, in violazione delle prescrizioni previste dall'allegato 5 del D.M. 05/02/98, comporta ai sensi delle normative vigente anche il risarcimento del danno ambientale. Pres. Onorato, Est. Gentile, Ric. Ciaroni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/01/2010 (Ud. 28/10/2009), Sentenza n. 755
RIFIUTI - Trattamento di rifiuti
autorizzato - Modifica del ciclo produttivo di recupero - Nuova comunicazione di
inizio attività - Necessità - Presupposti. In materia di rifiuti, quando si
modifica il ciclo produttivo di recupero e trattamento di rifiuti la vecchia
comunicazione di inizio attività è superata. Pertanto, diventa necessario
informare preventivamente l'autorità preposta in merito alla nuova tipologia di
recupero e trattamento di rifiuti non pericolosi. Sicché, il trattamento di
rifiuti diversi da quelli per i quali si è in possesso di autorizzazione
equivale a trattamento di rifiuti senza autorizzazione, in quanto l'atto
autorizzatorio è valido soltanto per quella particolare tipologia di rifiuti in
esso indicata e per la quale vi è stata una valutazione positiva da parte della
competente autorità, ma non può estendersi come argomentato dal ricorrente - al
ciclo produttivo derivato, nella specie del tutto distinto da quello cui si
riferiva l'iniziale autorizzazione. Pres. Grassi, Rel. Sensini - Ric. Guerrieri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/01/2010 (Cc. 25/11/2009), Sentenza n.
773
RIFIUTI - Riutilizzo della sansa di oliva disoleata quale combustibile -
Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di riutilizzo
- Nozione di "sottoprodotto" - Fattispecie - All. 10 D. Lgs. n. 152/2006, lett
f). Nella parte seconda, sezione quarta, allegato 10 del D. Lgs. n.
152/2006, alla lettere f), si fa riferimento alla sansa di oliva disoleata,
tuttavia, occorre, che la sansa in questione, per essere utilizzata come
combustibile, abbia "caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenute
dal trattamento delle sanse vergini con n_ esano per l'estrazione dell'olio di
sansa e da successivo trattamento termico" e che i "predetti trattamenti siano
effettuati all'interno del medesimo impianto". Nel fatto, dovendo la sansa di
oliva - per essere utilizzata quale combustibile - subire una trasformazione
preliminare, è da escludere che la stessa potesse rientrare nella nozione di
"sottoprodotto", sia alla luce della nozione individuata dalla Corte di
Giustizia Europea nella vigenza della pregressa normativa, sia anche in
relazione al D.Lgs. n. 152/2006, che, all'art. 183 lett. n), nel fornire la
nozione di "sottoprodotto", ribadisce la necessità che, per l'impiego, non si
rendano necessarie operazioni preliminari (cfr. Cass. Sez. 3, 28/2/2007 n.
13754, Romano). Inoltre, è stato accertato in fatto che la sansa vergine
prelevata non era direttamente utilizzabile ma era soggetta ad un trattamento
specifico per ottenere un risultato economicamente apprezzabile (mediante
essiccazione e separazione del nocciolino dal polverino). Pres. Grassi, Rel.
Sensini - Ric. Guerrieri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/01/2010 (Cc. 25/11/2009), Sentenza n.
773
RIFIUTI - Declaratoria di improcedibilità per prescrizione del reato - Ordine di smaltimento impartito dal giudice - Illegittimità - Presupposti - Art. 52 c.3° D.L.vo 22/97 ora art. 258, c. 4° D.L.vo n. 152/06. In declaratoria di improcedibilità per prescrizione del reato, l'ordine di smaltimento emesso dal giudice, in modo generico, senza alcun puntuale riferimento alla situazione degli atti in particolare alla individuazione della natura dei rifiuti ed alla circostanza che fossero o meno ancora in sequestro, è illegittimo perché costituisce statuizione non prevista dalla norma specifica di cui all'art. 52 comma 3° D.L.vo n. 22/97 (ora art. 258, 4° comma D.L.vo n. 152/06). Inoltre, nella specie, non risultava che fosse stata disposta la confisca dei rifiuti quale corpo del reato. (Annulla Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Salò, del 16/11/07). Pres. Grassi, Est. Gentile, Ric. Vidori. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/01/2010 (Ud. 25/11/2009), Sentenza n. 771
RIFIUTI - Abbandono di rifiuti ed utilizzabilità videoregistrazioni - Prove documentali - Preventiva autorizzazione dell'A.G. - Esclusione - Art. 256, 2° c., D.L.vo 152/06 - artt. 266 e segg. cpp - Art. 234 cpp. Le videoregistrazioni eseguite dal proprietario del terreno nel quale venivano abbandonati rifiuti, (ai sensi dell’ art. 256, 2° comma, D.L.vo 152/06), inerenti ad area non recintata, aperta al passaggio pubblico, non lesive della libertà morale delle persone coinvolte nelle stesse non appartengono al "genus" delle intercettazioni, ma a quello delle prove documentali, non disciplinate in modo tipico della legge, ma rientranti nelle prove ex art. 234 cpp, per le quali non necessita alcuna preventiva autorizzazione dell'A.G. ex artt. 266 e segg. cpp [Giurisprudenza di legittimità consolidata: Cass. Sez. Unite Sent. n. 26796 del 28/07/06; Cass. Sez. I Sent. n. 31389 dell'01/08/07; Cass. Sez. V Sent. n. 46307 del 30/11/04; Cass. Sez. V Sent. n. 24715 del 31/05/04; Cass. Sez. I Sent. n. 7455 del 20/02/09]. Pres. Grasso, Est. Gentile, Ric. Stedile. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/01/2010 (Ud. 25/11/2009), Sentenza n. 770
RIFIUTI - Attività di trasporto di rifiuti in mancanza dell’autorizzazione - Elemento obiettivo del reato - Requisito della qualità di imprenditore in capo all’autore del trasporto abusivo - Necessità - Esclusione - Art. 6 lett. d) D.L. 172/08. In tema di trasporto illecito di rifiuti, ai fini della sussistenza dell'elemento obiettivo del reato di cui all'art. 6 lett. d) D.L. 172/08 non è richiesta la qualità di imprenditore in capo all'autore del trasporto abusivo. La citata previsione legislativa statuisce, letteralmente, che e punito chiunque effettua un'attività di trasporto di rifiuti in mancanza dell'autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritte dalla normativa vigente: senza richiedere l'ulteriore requisito dell'organizzazione imprenditoriale. Ne il requisito dell'attività di imprenditore trova una sua necessità ontologica nella ratio o finalità teleologica della fattispecie de qua, la quale, invece, tende a reprimere l'attività di chiunque trasporti abusivamente rifiuti speciali e non, con grave pregiudizio dell'integrità ambientale del territorio. Pres. Onorato, Est. Gentile, Ric. Guglielmo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 7/01/2010 (Cc. 28/10/2009), Sentenza n. 79
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