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Giurisprudenza

 

Rifiuti

 

2006

(Vedi anche le voci: inquinamento - acqua - aria - suolo - V.I.A....)

 

Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-97

 

Gli aggiornamenti successivi

 

sono reperibili sul nuovo sito della rivista AmbienteDiritto.it

 

 

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RIFIUTI - Gestione dei rifiuti non autorizzata - Sentenza di condanna - Confisca del mezzo di trasporto - Obbligatorietà - Fattispecie: reato di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione dei rifiuti in difetto di autorizzazione. In tema di gestione dei rifiuti, anche dopo la entrata in vigore del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, in caso di condanna per il reato di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione dei rifiuti in difetto di autorizzazione, di cui all'art. 256 del citato decreto n. 152, va disposta la confisca del mezzo di trasporto ex art. 259, comma secondo, stesso decreto. Presidente De Maio, Estensore Gentile, Imputato Gironda. (Rigetta, Trib. lib. Reggio Calabria, 15 dicembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, del 22/12/2006 (c.c. 15/11/2006), Sentenza n. 42227

 

RIFIUTI - Impresa trasferitasi in altro sito - Rimozione di rifiuti speciali - Ordine - Legittimità - Art. 14, d.lg. n. 22/1997. E’ legittimo l'ordine emanato dall’autorità amministrativa di provvedere, ex art. 14, d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22, alla rimozione di rifiuti speciali, nonostante il trasferimento di sede del soggetto destinatario dell'ordine, in quanto il trasferimento di sede in altro sito rispetto a quello sul quale insisteva l'azienda e sul quale era stato abbandonato il rifiuto, nonché la titolarità della proprietà del terreno in capo a soggetto differente rispetto al ricorrente, non sono elementi decisivi a far ritenere illegittimo il provvedimento. M. c. Comune di L'Aquila. T.A.R. ABRUZZO L'AQUILA, 20 dicembre 2006, n. 1026

 

Rifiuti - Codice dell’Ambiente - Riciclaggio dei rifiuti dei beni in polietilene - Produttori ed importatori - Consorzio per il riciclaggio - Necessità - Esclusione - D. L.vo n. 152/2006 - D. Lgs. n. 22/97. Il nuovo decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ha esplicitamente escluso l’obbligatorietà della partecipazione al Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti dei beni in polietilene per i produttori ed importatori di materie prime in polietilene stabilendo, al comma 5 dell’articolo 234, che tali operatori potessero (e non dovessero) eventualmente aderire al consorzio. Ne consegue, l’inapplicabilità agli stessi delle disposizioni del nuovo decreto legislativo concernenti gli obblighi e le sanzioni previste per coloro che, pur essendovi obbligatoriamente tenuti, non aderiscono al consorzio ed il venir meno del capo di domanda come originariamente proposta per la parte concernente la dedotta incostituzionalità dell’articolo 48 del D. Lgs. n. 22/97. Pres. Schinaia - Est. Luce - Polimeri Europa S.r.l., Dow Italia S.p.A. e BP Italia S.p.A., Solvay Italia S.A (avv. Ruffolo) c. Ministero dell'ambiente e il Ministero dell'industria, Commercio e Artigianato (Avvocatura Generale dello Stato) ed altro (riforma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma Sez. II bis n. 2589/1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 18/12/2006 (C.C. 17/10/2006), Sentenza n. 7560

 

Rifiuti - Materie prime destinate alla fabbricazione di beni in polietilene - Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti - Obbligatoria partecipazione - Esclusione. L’obbligatoria partecipazione, al Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti, dei produttori ed importatori di materie prime destinate alla fabbricazione di beni in polietilene è illegittima. Pres. Schinaia - Est. Luce - Polimeri Europa S.r.l., Dow Italia S.p.A. e BP Italia S.p.A., Solvay Italia S.A (avv. Ruffolo) c. Ministero dell'ambiente e il Ministero dell'industria, Commercio e Artigianato (Avvocatura Generale dello Stato) ed altro (riforma Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma Sez. II bis n. 2589/1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 18/12/2006 (C.C. 17/10/2006), Sentenza n. 7560

 

Rifiuti - Autosmaltimento - Metodi e condizioni di smaltimento - Comunicazione d'inizio attività - Rispetto delle norme tecniche - Autorizzazione - Necessità - D. l.vo n. 22/1997 - D. L.vo n. 152/2006. L'autosmaltimento, a norma dell'articolo 32, decreto legislativo n. 22 del 1997, può essere effettuato decorsi novanta giorni dalla comunicazione d'inizio attività alla provincia a condizione però che siano rispettate le norme tecniche dettate per tale attività dal Governo in persona dei Ministri competenti (Ambiente, Industria Commercio, Artigianato ecc). I decreti ministeriali devono individuare per ciascun tipo di attività le quantità di rifiuti, i procedimenti, i metodi e le condizioni di smaltimento. Senza l'adozione dei decreti ministeriali non è possibile avvalersi della procedura semplificata e l'interessato è obbligato a richiedere l'autorizzazione. Ora, mentre per le attività di recupero di cui all'articolo 33 sono stati adottati decreti ministeriali, analoga iniziativa non è stata assunta per l'autosmaltimento. Pertanto, non si tratta di una violazione meramente formale, non essendo demandato all'arbitrio del singolo la scelta delle quantità o delle condizioni ritenute più idonee per l'autosmaltimento. A seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006, la disciplina in materia non ha subito modificazioni più favorevoli. Pres. Papa - Est. Petti - Ric. Rando. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 18 dicembre 2006 (Ud. 08/11/2006), Sentenza n. 41290

 

Rifiuti - Impianto di smaltimento - Generica autorizzazione - Esclusione - Fattispecie: Autosmaltimento - D. l.vo n. 22/1997 - D. L.vo n. 152/2006. A norma degli articoli 27 e 28 decreto Ronchi (d. l.vo n. 22/1997) sia la mera realizzazione di un impianto di smaltimento che la stessa attività di smaltimento devono essere autorizzate. L'obbligo dell'autorizzazione è inderogabile solo per l'attività di smaltimento vero e proprio ossia per il conferimento in discarica mentre può essere derogato da procedure semplificate per quanto riguarda le attività di recupero e quelle di autosmaltimento. Tuttavia non è sufficiente una qualsivoglia generica autorizzazione, ma ciascuna attività deve essere esplicitamente assentita con la procedura specificamente prevista per essa ed alle condizioni appositamente stabilite, non potendo essere demandato all'arbitrio del singolo la scelta delle quantità o delle condizioni ritenute più idonee per l'autosmaltimento. La disciplina in materia non ha subito modificazioni più favorevoli a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006. Pres. Papa - Est. Petti - Ric. Rando. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 18/12/2006 (Ud. 08/11/2006), Sentenza n. 41290

 

Rifiuti - Deposito in discarica - Tributo - Determinazione - Competenza esclusiva dello Stato - Esercizio della potestà legislativa delle regioni - Ammissibilità - Nei limiti consentiti dalla legge statale - L.R. Toscana n. 70/2005, art. 5 - Illegittimità costituzionale. La disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi rientra nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e, di conseguenza, l’esercizio della potestà legislativa delle regioni riguardo a tale tributo è ammesso solo nei limiti consentiti dalla legge statale. Si tratta, infatti, di un tributo che va considerato statale e non già “proprio” della Regione, nel senso di cui al vigente art. 119 Cost., senza che in contrario rilevino né l’attribuzione del gettito alle regioni ed alle province, né le determinazioni espressamente attribuite alla legge regionale dalla citata norma statale. Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della L.R. Toscana n. 70/2005, nella parte in cui determina l’ammontare del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi con decorrenza dal 1° gennaio 2006, anziché dal 1° gennaio 2007, data quest’ultima a partire dalla quale il nuovo ammontare di detto tributo speciale acquisterà efficacia, ai sensi dell’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995. Pres. Bile, Red. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Toscana - CORTE COSTITUZIONALE - 14 dicembre 2006 (ud. 4 dicembre 2006), sentenza n. 413

 

Rifiuti - Deposito in discarica - Tributo - Determinazione - Competenza esclusiva dello Stato - Esercizio della potestà legislativa delle regioni - Ammissibilità - Nei limiti consentiti dalla legge statale - L.R. Toscana n. 70/2005, art. 5 - Illegittimità costituzionale. La disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi rientra nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e, di conseguenza, l’esercizio della potestà legislativa delle regioni riguardo a tale tributo è ammesso solo nei limiti consentiti dalla legge statale. Si tratta, infatti, di un tributo che va considerato statale e non già “proprio” della Regione, nel senso di cui al vigente art. 119 Cost., senza che in contrario rilevino né l’attribuzione del gettito alle regioni ed alle province, né le determinazioni espressamente attribuite alla legge regionale dalla citata norma statale. Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della L.R. Toscana n. 70/2005, nella parte in cui determina l’ammontare del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi con decorrenza dal 1° gennaio 2006, anziché dal 1° gennaio 2007, data quest’ultima a partire dalla quale il nuovo ammontare di detto tributo speciale acquisterà efficacia, ai sensi dell’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995. Pres. Bile, Red. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Toscana - CORTE COSTITUZIONALE - 14 dicembre 2006 (ud. 4 dicembre 2006), sentenza n. 413

 

Rifiuti - Tributo speciale per il deposito in discarica - Disciplina - Competenza esclusiva dello Stato - Art. 117, c. 2, lett. e). La disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi rientra nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con la conseguenza che l’esercizio della potestà legislativa delle regioni riguardo a tale tributo è ammesso solo nei limiti consentiti dalla legge statale. Si tratta, infatti, di un tributo che va considerato statale e non già “proprio” della Regione, nel senso di cui al vigente art. 119 Cost., senza che in contrario rilevino né l’attribuzione del gettito alle regioni ed alle province, né le determinazioni espressamente attribuite alla legge regionale dalla citata norma statale. Pres. Bile, Red. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Molise - CORTE COSTITUZIONALE - 14 dicembre 2006 (ud. 4 dicembre 2006), sentenza n. 412

 

Rifiuti - Tributo speciale per il deposito in discarica - Art. 7, c. 3 L.R. Molise n. 1/2003 - Previsione di provvedimento della Giunta regionale, in luogo della legge regionale, quale fonte della regolamentazione delle modalità di versamento - Illegittimità costituzionale - L. 549/1995. L’art. 7, comma 3, della L.R. Molise n. 1 del 2003, quale sostituito dall’art. 6 della legge regionale n. 34 del 2005 è costituzionalmente illegittimo. La norma eccede, infatti, i limiti fissati dalla norma statale quanto alla fonte regionale utilizzabile per la regolamentazione delle modalità di versamento del tributo speciale (sent. n. 335 del 2005). In particolare, mentre l’art. 3, comma 30, della legge statale n. 549 del 1995 impone alle regioni di fissare con legge tali modalità di versamento, la norma regionale impugnata stabilisce che esse siano fissate «con apposito provvedimento della Giunta regionale», e cioè con uno strumento normativo diverso. Pres. Bile, Red. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Molise - CORTE COSTITUZIONALE - 14 dicembre 2006 (ud. 4 dicembre 2006), sentenza n. 412

 

Rifiuti - tributo speciale per il deposito in discarica - Art. 9, c. 1 L.R. Molise n. 1/2003 - Trattamento sanzionatorio - Scostamento dalle previsioni di cui alla L. n. 549/1995 - Illegittimità costituzionale. L’art. 9, comma 1, della L.R. Molise n. 1 del 2003, quale modificato dall’art. 8, comma 1, della legge regionale n. 34 del 2005è costituzionalmente illegittimo. Infatti, mentre l’art. 3, comma 31, della legge statale n. 549 del 1995 prevede la medesima sanzione amministrativa in misura variabile (dal duecento al quattrocento per cento del tributo) sia per l’omessa registrazione sia per l’infedele registrazione delle operazioni di conferimento in discarica, la norma regionale stabilisce invece, per gli stessi illeciti, un diverso trattamento sanzionatorio, e cioè, per l’omessa registrazione, la sanzione amministrativa in misura fissa del quattrocento per cento del tributo e, per l’infedele registrazione, la sanzione amministrativa, anch’essa in misura fissa, del duecento per cento del tributo. Essendo di competenza dello Stato anche la disciplina sanzionatoria del tributo, sussiste, quindi, contrasto fra la norma regionale e la norma statale interposta. Pres. Bile, Red. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Molise - CORTE COSTITUZIONALE - 14 dicembre 2006 (ud. 4 dicembre 2006), sentenza n. 412

 

Rifiuti - Tributo speciale per il deposito in discarica - Art. 11,c. 3 bis L. R. Molise n. 1/2003 - Interpretazione - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. E’ infondata la questione di legittimità dell’art. 11, comma 3-bis, della L.R. Molise n. 1 del 2003, introdotto dall’art. 10 della legge della Regione Molise n. 34 del 2005. il comma 1 dello stesso art. 11, nel disporre l’applicabilità delle sanzioni previste dall’art. 9 per l’omessa registrazione e per l’omessa dichiarazione, in aggiunta alla sanzione amministrativa da esso stesso comminata per l’“esercizio dell’attività di gestione di una discarica abusiva”, ha il solo scopo di consentire l’applicazione congiunta delle indicate sanzioni e non quello di “individuare” le violazioni alle quali non si applica la riduzione. Tale essendo la funzione del richiamo effettuato dall’art. 11, comma 1, alle sanzioni previste dal citato art. 9, l’esclusione della riduzione disposta dalla norma censurata vale solo per la sanzione del triplo del tributo comminata direttamente dallo stesso art. 11, comma 1, per l’“esercizio dell’attività di gestione di una discarica abusiva”, e non anche per le sanzioni richiamate dall’art. 11, comma 1, ai soli fini dell’applicazione congiunta, e cioè quelle previste dall’art. 9 per la violazione degli obblighi strumentali di registrazione e di dichiarazione. La modifica introdotta con il comma 3-bis non altera, dunque, la conformità del regime sanzionatorio regionale a quello statale. Anche il combinato disposto dei commi 31 e 32 dell’art. 3 della legge n. 549 del 1995 limita, infatti, nel caso di esercizio di attività di discarica abusiva, l’applicazione delle menzionate misure agevolative alle violazioni degli obblighi strumentali di registrazione e di dichiarazione. Siffatta interpretazione della normativa regionale in senso conforme a quella statale deve essere preferita, in quanto costituzionalmente orientata, a quella secondo cui, nel caso di attività di discarica abusiva, anche gli illeciti di omessa registrazione e omessa dichiarazione sarebbero esclusi, in base al censurato comma 3-bis, dalle «misure agevolative indicate nell’art. 9, comma 4». Pres. Bile, Red. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Molise - CORTE COSTITUZIONALE - 14 dicembre 2006 (ud. 4 dicembre 2006), sentenza n. 412

 

Rifiuti - Tributo speciale per il deposito in discarica - Art. 14 L.R. Molise n. 34/2005 - Determinazione dell’ammontare del tributo con decorrenza dal 1° gennaio 2006 - L.R. intervenuta successivamente al 31 luglio 2005 - Contrasto con l’art. 3, c. 29 della L. n. 549/1995 - Illegittimità costituzionale. L’art. 14 della L.R. Molise n. 34 del 2005 è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui determina l’ammontare del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi con decorrenza dal 1° gennaio 2006, perché detto termine contrasta con quello stabilito dalla legge statale n. 549 del 1995. La norma statale interposta (art. 3, c. 29) prevede che «l’ammontare dell’imposta è fissato, con legge della regione entro il 31 luglio di ogni anno per l’anno successivo», e che, «in caso di mancata determinazione dell’importo da parte delle regioni entro il 31 luglio di ogni anno per l’anno successivo, si intende prorogata la misura vigente». Con la norma censurata, la Regione, innovando la disciplina previgente, stabilisce, invece, che «l’ammontare del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi […] è determinato, con decorrenza dal 1° gennaio 2006, nelle misure minime previste dal comma 29 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549». Pur essendo contenuto in una legge regionale promulgata il 10 ottobre 2005 e, quindi, intervenuta successivamente al 31 luglio del 2005, il denunciato art. 14 fissa l’ammontare del tributo con effetto dal 1° gennaio 2006, in evidente violazione del secondo periodo del comma 29 (v. sentenza n. 397 del 2005). Pres. Bile, Red. Gallo - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Molise - CORTE COSTITUZIONALE - 14 dicembre 2006 (ud. 4 dicembre 2006), sentenza n. 412

 

RIFIUTI - Accumulo dei rifiuti - Nozione - Caratteristiche modalità e tempi. Le caratteristiche delle modalità e dei tempi d'accumulo dei materiali delineano la nozione normativa di discarica abusiva punibile quando, per effetto di una condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo di rifiuti, sicché rientra nella nozione in parola l'accumulo sul ruolo ripetuto dei rifiuti con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli dei rifiuti e dello spazio occupato, a nulla rilevando la circostanza che tale accumulo avvenga sullo stesso terreno in cui è situato l'operatore che in parte li tratta [Cassazione Sezione III n. 7577/1992, Abortivi, RV. 190924]. Pres. De Maio - Est. Teresi - Ric. Ferro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/11/2006), Sentenza n. 40446

 

Rifiuti - Differenza tra abbandono e discarica abusiva - Fattispecie - D. L.vo n. 36/2003 - Art. 6 lett. m. decreto n. 22/1997. Solo l'abbandono di rifiuti connotato dall'assenza di caratteristiche quantitative e di sistematicità, vale ad escludere la realizzazione o la gestione di una discarica abusiva. Rientra,. in specie, nella definizione di discarica introdotta col decreto legislativo n. 36/2003, la realizzazione di un depositato incontrollato nell'area circostante a una segheria di un ingente quantità di rifiuti prodotti dalla lavorazione del marmo [polveri e fanghi di marmo] raccolti in vasche di decantazione aziendali per oltre un anno. Né era in atto una legittima operazione preliminare all'attività di gestione, preparatoria al recupero non ricorrendo un deposito temporaneo di rifiuti [art. 6 lett. m. decreto n. 22/1997] " quale raggruppamento dei rifiuti effettuando, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti" nel rispetto di precise condizioni temporanee, quantitative e qualitative. Pres. De Maio - Est. Teresi - Ric. Ferro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/11/2006), Sentenza n. 40446

 

Rifiuti - Deposito di rifiuti nel luogo diverso da quello in cui sono stati prodotti - Gestione di rifiuti non autorizzata - Presupposti. Il deposito di rifiuti nel luogo diverso da quello in cui sono stati prodotti è equiparabile giuridicamente all'attività di gestione di rifiuti non autorizzata, prevista come reato dall'art. 51 del d. lgs. 22/1997 (Cass. Sez. III n. 7140, 21.03.2000, Eterno, RV 216977). In specie, correttamente è stata esclusa la ricorrenza delle condizioni che integrano il concetto normativo di deposito temporaneo di rifiuti poiché risulta che non sono state rispettate la condizioni relative alle cadenze temporali di raccolta e d'avviamento alle operazioni di recupero o di smaltimento; ai termini massimi di durata e alle modalità de deposito stesso. Quindi, i detentori si sono disfatti degli scarti della lavorazione del marmo effettuando un'attività di smaltimento mediante deposito al suolo di rifiuti per un tempo prolungato. Pres. De Maio - Est. Teresi - Ric. Ferro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 dicembre 2006 (Ud. 28/11/2006), Sentenza n. 40446

 

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Deposito temporaneo - Deposito preliminare - Messa in riserva in attesa di recupero - Deposito incontrollato o abbandono - Nozione e differenza - Scelta fra le varie opzioni - Elementi specifici della fattispecie concreta - Artt. 255 e 256 D.Lgs. 152/2006 - D.Lgs. 22/1997. In materia di rifiuti il deposito esula dai confini di quello temporaneo, esso può integrare alternativamente: a) gli estremi del deposito incontrollato o abbandono, sanzionato a seconda dei casi come illecito amministrativo ai sensi dell'art. 50 D.Lgs. n. 22/1997 (ora art. 255 D.Lgs. n. 152/2006) o come reato contravvenzionale ai sensi dell’art. 51 comma 2, D.Lgs. 22/1997 (ora art. 256, comma 2, D.Lgs. 152/2006); b) gli estremi del deposito preliminare (o stoccaggio), che, essendo una forma di gestione dei rifiuti, in assenza della prescritta autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata, è sanzionato come contravvenzione dall’art. 51, comma 1, D.Lgs. 22/1997 (ora art. 256, comma 1, D.Lgs. 152/2006); c) una messa in riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero, che è sempre soggetta ad autorizzazione, in quanto configura un ulteriore forma di gestione dei rifiuti (punto R. 13 allegato C dei D.Lgs. 22/1997 e 152/2006). Alcune sentenze hanno adottato la prima soluzione (Cass. Sez. III, n. 20780 dell’11.4.2002, Brustia, rv. 221883; Cass. Sez. III n. 9057 del 22.1.2003, Costa, rv. 224172), altre hanno adottato la seconda (Cass. Sez. III, n. 7140 del 21.3.2000, Eterno, rv. 216977; Cass. Sez. III, n. 14762 del 5.3.2002, Amadori, rv. 221576). Sicché, la scelta fra le varie opzioni dipende soltanto dagli elementi specifici della fattispecie concreta. Pertanto, quando non ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito incontrollato o abbandono quando è “definitivo” nel senso che non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o di recupero. Pres. Papa - Est. Onorato - Ric. Tesolat ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 30 novembre 2006 (Ud. 11/10/2006), Sentenza n. 39544

 

Rifiuti - Deposito temporaneo - Elementi - Deposito preliminare o stoccaggio - Presupposti - D.Lgs. 3.4.2006 n. 152 - D. Lgs. 22/1997. Ai sensi delle direttive comunitarie in materia e del D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, che con la parte quarta ha sostituito il D.Lgs. 22/1977 attuativo delle medesime, (precisamente nell’art. 183 Iett. m) per il deposito temporaneo, e nell’allegato B alla parte quarta, punto D15, per il deposito preliminare). Si intende per deposito temporaneo, ogni raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, quando siano rispettate precise condizioni di qualità, di tempo, di quantità di organizzazione tipologica e di rispetto delle norme tecniche, elencate nella lett. m) dell’art. 6 D.Lgs. 22/1997. Si intende invece per deposito preliminare (o stoccaggio), quello effettuato in qualsiasi luogo prima di una delle operazioni di smaltimento elencate nei punti da D1 a D14 dell’allegato B al D. Lgs. 22/1997, senza il rispetto dello predette condizioni (v, Cass. Sez. III, n. 21024 del 25.2.2004, Eoli, rv. 229225/6). Pres. Papa - Est. Onorato - Ric. Tesolat ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 30 novembre 2006 (Ud. 11/10/2006), Sentenza n. 39544
 

Rifiuti - Attività di gestione dei rifiuti - Deposito preliminare - Operazioni di smaltimento dei rifiuti - Diritto comunitario - Principio di precauzione. Il deposito preliminare è incluso nelle operazioni di smaltimento dei rifiuti e - come tale - è soggetto ad autorizzazione o a comunicazione in procedura semplificata; mentre il deposito temporaneo esula dalle operazioni di smaltimento e in genere da tutta l’attività di gestione dei rifiuti, costituendo un’operazione preliminare o preparatoria alla gestione, e - come tale - è libero, anche se è pur sempre soggetto al rispetto dei principi di precauzione e di azione preventiva che le direttive comunitarie impongono agli stati nazionali in forza dell’art. 130 R (ora art. 174) del Trattato CE (v. Corte di Giustizia Europea, Quarta Sezione, del 5.10.1999, Lirussi e Bizzaro, cause riunite C-175/98 e 177/98). In linea con siffatto principio precauzionale del diritto comunitario, l’art. 28, comma 5, del D.Lgs. 22/1997 (ora art. 208, comma 17, D.Lgs. 152/2006) assoggetta anche il deposito temporaneo al divieto di miscelazione dì cui all’art. 9 (ora art. 187 D.Lgs. 152/2006) e all’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’art. 12 (ora art. 190 D.Lgs.152/2006). In quanto deroga ai principi comunitari di protezione dell’ambiente, la nozione di deposito temporaneo deve essere interpretata in senso restrittivo (così la Commissione nelle cause riunite Lirussi e Bizzarro, succitate; v. anche Cass. Sez. III, n. 4957 del 21.1.2000, Rigotti, rv. 215946). Pres. Papa - Est. Onorato - Ric. Tesolat ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 30/11/2006 (Ud. 11/10/2006), Sentenza n. 39544
 

Rifiuti - Inquinamento (Amianto) - Attività di smaltimento di rifiuti pericolosi - Smaltimento amianto - Senza autorizzazione - Lavori di bonifica - Concetto di smaltimento - Iscrizione all'Albo Nazionale Fattispecie. Nel concetto di smaltimento dei rifiuti rientrano tutte le operazioni aventi ad oggetto i rifiuti comprese tra il momento della produzione e quello della definitiva eliminazione dei rifiuti. Tra tali operazioni rientrano, le attività di prelievo e di trattamento fisico-chimico dell'amianto, in attesa di avviarlo alla discarica. Sicché, sussiste l'obbligo di iscrizione all'Albo Nazionale da parte di impresa di bonifica dall’amianto o, in mancanza, di munirsi della prescritta autorizzazione sul presupposto che l’attività di recupero dell’amianto di altri materiali e di successiva messa in sicurezza rientra nella nozione di raccolta dei rifiuti. Nella specie, la ditta avrebbe dovuto iscriversi all’albo nazionale delle imprese previsto dal citato art. 30 del D.L.vo n. 22/97 e, in attesa delle norme tecniche per la istituzione dell'albo, avrebbe dovuto iscriversi all’albo previgente istituito dall’art. 10 del D.L. n. 361/87, convertito in L. n. 441/87, ovvero munirsi dell'autorizzazione prevista dell'art. 6 Iett. d) del D.P.R. n. 915/82. Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Ric. Lo Bello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 novembre 2006 (Ud. 26/10/2006), Sentenza n. 39360

 

Rifiuti - Attività di recupero dell’amianto - Messa in sicurezza - Nozione di raccolta dei rifiuti - Iscrizione all’Albo o autorizzazione - Necessità - Mancanza - Art. 51, co. 1, del D.L.vo n. 22/97 - Sussistenza. L’attività di recupero dell’amianto da altri materiali e di successiva messa in sicurezza rientra senza ombra di dubbio nella nozione di raccolta dei rifiuti secondo la definizione di cui all’art. 6, co. 1 lett. e), del D.L.vo n. 22/97. Pertanto, ai sensi dell’art. 30, co. 4, del decreto legislativo “L’iscrizione”...- sostituisce l’autorizzazione all’esercizio delle attività dl raccolta di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti” sicché sì palesa evidente che, mancando l’iscrizione all’Albo, resta operante l’obbligo di munirsi della autorizzazione prescritta in via generale dalla legge. In mancanza si configura il reato di cui all'art. 51, co. 1, del D.L.vo n. 22/97. Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Ric. Lo Bello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 novembre 2006 (Ud. 26/10/2006), Sentenza n. 39360
 

Rifiuti - Valutazione dell’impatto ambientale di taluni progetti - Recupero dei rifiuti - Impianto di produzione di energia elettrica mediante incenerimento di combustibili derivati da rifiuti e di biomasse sito in Massafra (Taranto) - Inadempimento di uno Stato (Italia) - Direttive 75/442/CEE e 85/337/CEE. Avendo dispensato dalla procedura di valutazione di impatto ambientale l’impianto, sito in Massafra, destinato all’incenerimento di combustibili derivati da rifiuti e di biomasse, avente una capacità superiore a 100 tonnellate al giorno e rientrante nell’allegato I, punto 10, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione dell’impatto ambientale», recante modifica dell’allegato A, lett. i) ed l), del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale», la quale consente che i progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 97/11, siano sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della detta direttiva, e avendo adottato una norma quale l’art. 3, primo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 1999, la quale, per stabilire se un progetto rientrante nell’allegato II della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 97/11, debba essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale, fissa un criterio inadeguato, in quanto questo può portare all’esclusione dalla detta valutazione di progetti che hanno rilevanti ripercussioni sull’ambiente, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1, 2 e 3, della detta direttiva. Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 23 novembre 2006, causa C-486/04 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Gestione dei rifiuti e realizzazione di una discarica - Competenza dei dirigenti - Atto autorizzatorio a rilevanza esterna - Verifiche ambientali, urbanistiche e paesaggistiche - Necessità - Attribuzioni della Regione - L.R. Lombardia n. 13/2002 - Fattispecie: autorizzazione alla realizzazione di una discarica esercitata dal dirigente. In materia di gestione dei rifiuti, con la soppressione ad opera della L.R. Lombardia n. 13/2002, delle lett. e) e l) dall’art. 2, co. 1, L.R. n. 16/1996, ai dirigenti regionali sono stati attribuiti tutti i provvedimenti amministrativi di competenza della regione previsti dalle leggi statali, ad eccezione di quelli attribuiti ad organi diversi (fra i quali la giunta e il consiglio) da leggi regionali ad hoc. Sicché, la distribuzione delle competenze così delineata ha ricondotto l’approvazione del progetto di smaltimento di rifiuti alla figura dell’atto autorizzatorio a rilevanza esterna, sottratto all’organo politico e soggetto ad un preciso "iter" procedurale volto semplicemente a verificare la rispondenza del progetto alle esigenze di carattere ambientale, nonché a quelle urbanistico - edilizie e paesaggistiche. (Cons. Stato, V, 8 agosto 2003, n. 4596). Pres. Santoro - Est. Lamberti - Systema Ambiente a r.l. (avv.ti Ciampoli, Vaiano) C. Comune di Pozzo D’Adda (avv. Orlandi) (riforma T.A.R. Lombardia - Milano - Sezione II del 5 maggio 2006, n. 1140). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 21 Novembre 2006 (C.C. 12/09/2006), Sentenza n. 6809 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Conferenza di servizi sugli impianti di smaltimento e di recupero - Criterio della semplificazione e concentrazione istruttoria - Adempimenti istruttori - Art. 27 D.Lgs. n. 22/1997 - C. Cost. n. 79/1996. In tema di funzionamento della Conferenza di servizi sugli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti (Corte Costituzionale sentenza n. 79/1996), il divieto di commettere gli adempimenti istruttori ad un gruppo di valutazione di responsabili dei servizi regionali con esclusione dei Comuni interessati non implica di per sé che la partecipazione di costoro possa essere variamente limitata in ragione della prevalenza del criterio della semplificazione e concentrazione istruttoria su quello del raccordo e del reciproco coordinamento nell’ambito della conferenza di servizi, specie se priva di competenze decisorie come quella prevista dall'art. 27 D.Lgs. n. 22/1997 (Cons. Stato, VI, 4 giugno 2004, n. 3505). Pres. Santoro - Est. Lamberti - Systema Ambiente a r.l. (avv.ti Ciampoli, Vaiano) C. Comune di Pozzo D’Adda (avv. Orlandi) (riforma T.A.R. Lombardia - Milano - Sezione II del 5 maggio 2006, n. 1140). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 21 Novembre 2006 (C.C. 12/09/2006), Sentenza n. 6809 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Discarica - Gestore della discarica - Sindaco - Imposizione di oneri attenenti a profili di sicurezza della comunità locale - Ordinanza contingibile e urgente - Legittimità. L’ordinanza con cui si impone al gestore di una discarica l’adozione di misure di sicurezza, nonché il rispetto dei valori di concentrazione dei livelli di zinco, riscontrati nei pozzi spia in misura superiore al massimo consentito dal D.M. 471/1971, è legittimata, sotto il profilo della competenza del Sindaco, dai caratteri di urgenza immediata a scongiurare un attuale pericolo per la salute e l'incolumità pubblica; caratteri propri delle ordinanze contingibili e urgenti. Le misure indicate, per la cui esecuzione è fatto obbligo alla società gerente, attengono infatti a profili di sicurezza della comunità locale, insediata nelle immediate vicinanze della discarica, e pertanto si attagliano alla competenza del Sindaco quale rappresentante della stessa comunità, nel rispetto di quanto statuito dall'art. 50 del D.Lgs. 18.8.2000 n. 267. Non sono invece assistite dai caratteri dell’urgenza le imposizioni di oneri che si riferiscono certamente a doveri dell’impresa ma che non appaiono dirette alla immediata prevenzione di un pericolo attuale sul territorio (nomina del direttore tecnico, iscrizione all’albo nazionale delle imprese di gestione dei rifiuti, presentazione della cauzione) Pres. Scognamiglio, Est. Vinciguerra - S. s.c.r.l. (avv. Scalise) c. Comune di Bracciano (avv. Damiani) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II ter - 17 novembre 2006, n. 12691

 

Rifiuti - Appalti - Servizio di raccolta, trasporto e smaltimento - Quantitativo di rifiuti da movimentare ammontante a 90 tonnellate annue - Clausola del bando richiedente l’iscrizione all’albo dei gestori nella classe “E” - Irragionevolezza. E’ irragionevole, e limitativa della concorrenza tra gli operatori del settore, la clausola del bando per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti che prescriva, quale requisito per partecipare alla gara “la iscrizione all’Albo Nazionale delle imprese esercenti il servizio di smaltimento dei rifiuti per le categorie IV classe E e V classe E”, che consente di trattare rifiuti nella quantità compresa tra 3.000 e 6.000 tonnellate, piuttosto che la classe “F”, che fissa una quantità inferiore a 3.000 tonnellate, nell’ipotesi in cui dal capitolato di appalto emerga che i quantitativi di rifiuti da movimentare ammontino nel complesso a 90 tonnellate annue. Pres. Giallombardo, Est. Giamportone - L.F. s.n.c. (avv. Buscaglia) c. Azienda Ospedaliera San Giovanni Di Dio di Agrigento (n.c.) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 15 novembre 2006, n. 3030 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Appalti - Servizio di raccolta, trasporto e smaltimento - Clausola del bando richiedente lo smaltimento entro il territorio regionale - Irragionevolezza - Art. 182 D.Lgs. n. 152/2006. E’ irragionevole, e limitativa della concorrenza tra gli operatori del settore, la clausola del bando per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti che ponga l’obbligo per le imprese partecipanti di smaltire i rifiuti nel territorio regionale. La norma di riferimento, e cioè l’art. 182 del D.L.vo n. 152/2006, infatti, pur prevedendo che in linea di principio lo smaltimento dei rifiuti avvenga presso impianti più vicini ai luoghi di produzione e raccolta, non pone alcun obbligo di conferire i rifiuti pericolosi nell’ambito regionale. Piuttosto, la menzionata disposizione di legge prioritariamente stabilisce che i rifiuti vadano smaltiti in impianti appropriati e specializzati che utilizzino i metodi e le migliori tecnologie disponibili più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica. Pres. Giallombardo, Est. Giamportone - L.F. s.n.c. (avv. Buscaglia) c. Azienda Ospedaliera San Giovanni Di Dio di Agrigento (n.c.) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 15 novembre 2006, n. 3030 (vedi: sentenza per esteso)

 

RIFIUTI - Elettrodomestici in disuso (provenienti dalla raccolta dei rifiuti cittadini) e basolato di pietra - Illecita gestione di rifiuti - Assenza della prescritta autorizzazione regionale - Responsabile dell'ufficio tecnico e di responsabile del servizio di nettezza urbana - Qualificazione di rifiuto - Elementi Art. 51, 1° c. lett. a), del D.Lgs. n. 22/1997 (oggi trasfusa nel D.Lgs. n. 152/2006). Devono considerarsi rifiuti, il basolato di pietra e gli elettrodomestici in disuso, in assenza della dimostrazione che gli stessi potessero essere o fossero effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente, ovvero dopo avere subito un trattamento preventivo, ma senza la necessità di alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell'Allegato C) del D.Lgs. n. 22/1997. Nella specie, è stata individuata la responsabilità penale, di cui all'art. 51, 1° comma - lett. a), del D.Lgs. n. 22/1997 oggi trasfusa nel D.Lgs. n. 152/2006 (per avere - nelle rispettive qualità di responsabile dell'ufficio tecnico e di responsabile del servizio di nettezza urbana del Comune di Montescaglioso esercitato attività di illecita gestione di rifiuti, depositando, in assenza della prescritta autorizzazione regionale, nella parte retrostante dell'autoparco comunale due cumuli di basolato di pietra, per un volume di circa 30 mc., proveniente da rifacimento di manto stradale, nonché elettrodomestici in disuso provenienti dalla raccolta dei rifiuti cittadini. Pres. Vitalone, Est. Fiale, Ric. Pietrocola ed altro (conferma Tribunale monocratico di Matera sentenza del 21.12.2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/11/2006 (Ud. 28/06/2006), Sentenza n. 37401
 

RIFIUTI - Elettrodomestici in disuso (provenienti dalla raccolta dei rifiuti cittadini) - Art. 183, lett. m), del D.Lgs. n. 152/2006 - art. 6, c. 1, lett. m), del D.Lgs. n. 22/1997 (mod. intr. dal D.Lgs. n. 389/1997). Gli elettrodomestici in disuso, dei quali i precedenti detentori si sono sicuramente disfatti, costituiscono oggettivamente materiali che non possono essere riutilizzati in alcun ciclo produttivo pertanto sono da considerarsi rifiuti. Pres. Vitalone, Est. Fiale, Ric. Pietrocola ed altro (conferma Tribunale monocratico di Matera sentenza del 21.12.2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/11/2006 (Ud. 28/06/2006), Sentenza n. 37401
 

RIFIUTI - Basole di pietra - Rifiuti speciali - Operazione di recupero. Le basole di pietra, ai sensi dell'art. 7, 3° comma - b), del D.Lgs. n. 22/1997 e dell'art. 184, 3° comma - lett. b), del D.Lgs. n. 152/2006 sono rifiuti speciali "i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione ...". Nella fattispecie in esame, però, non risultavano "certi" né la sede ove le basole di pietra erano destinate né il loro riutilizzo in un ulteriore ciclo produttivo. Le stesse pietre, inoltre, avevano già subito un'attività di selezione (in seguito alla quale parte del materiale rimosso dalla strada era stata avviata in discarica) e, prima di essere (eventualmente) riutilizzate, dovevano subire una ulteriore preliminare attività di scalpellatura e di ripulitura dai residui di cemento, anteriormente alla quale esse conservano la qualifica di rifiuti. Si delinea, infatti, la necessità di un'operazione di recupero secondo l'individuazione di cui ai punti R5 e R13 dell'Allegato C) del D.Lgs. n. 22/1997. Pres. Vitalone, Est. Fiale, Ric. Pietrocola ed altro (conferma Tribunale monocratico di Matera sentenza del 21.12.2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/11/2006 (Ud. 28/06/2006), Sentenza n. 37401

 

Rifiuti - Appalti - Gestione dei rifiuti urbani - Affidamento in house a società a capitale misto - Principi comunitari - Artt. 43, 49 e 86 del Trattato CE - Art. 113, c. 5, d.lgs. n. 267/2000 - Controllo analogo e prevalenza dell’attività - Ricorrenza - Necessità. Sulla scorta dell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza comunitaria (sentenze della Corte di Giustizia “Teckal” e “Stadt-Halle”, quest’ultima riferita all’ipotesi di società mista a capitale pubblico-privato) e in forza dell’applicabilità generale dei principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, di cui agli artt. 43, 49 e 86 del trattato CE, l’affidamento “in house” di un appalto o di una concessione di pubblico servizio, anche locale se a rilevanza economica, non può prescindere dall’accertamento dei criteri di cui alla ricordata sentenza “Teckal”, cardini fondamentali ai fini della valutabilità della aderenza all’ordinamento comunitario ed a quello nazionale ad esso conformato (art. 113, comma 5, d.lgs. n. 267/2000, come modificato dall’art. 14, comma 1, del d.l. 30 settembre 2003, conv. in l. n. 326/2003), id est “controllo analogo” e “prevalenza dell’attività”, principi che devono essere oggetto di interpretazione restrittiva (come ha chiarito la sentenza 13.10.2005, in causa C-485/03 Parkiing Brixen - vd. anche la sentenza 6.4.2006, in causa C-410/04, AMTAB). (Nella specie, era impugnato l’affidamento in house del servizio di gestione dei rifiuti urbani e nettezza urbana dei comuni aderenti al consorzio affidante). Pres. Calvo, Est. Correale - S.E.A. s.r.l. (avv.ti Quaranta e Lanfredi) c. Consorzio Intercomunale di Servizi per l’Ambiente di Ciriè (avv.ti Prato e Angelini) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 13 novembre 2006, n. 4164 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Gestione di rifiuti speciali pericolosi - Attività di recupero di rifiuti di legno, scarti di legno e sughero, imballaggi di legno - Assenza della prescritta autorizzazione o iscrizione per revoca - Art. 14 DL n. 138/2002 - Artt. 181 e 183, D.L.vo n. 152/2006. In materia di gestione dei rifiuti, non è astrattamente riconducibile alla nozione di materia prima secondaria già contemplata dall’abrogato art. 14 DL n. 138/2002 né a quella di MPS ora disciplinata dall’art. 181 lettera b) D.L.vo n. 152/2006 o di sottoprodotto definita dall’art. 183 lettera n) del medesimo D.L.vo, l’attività di recupero di rifiuti speciali pericolosi costituiti da scarti di legno e sughero e imballaggi di legno, consistente nell’acquisizione e nel primo assemblaggio degli scarti da cedere ad altri in vista di successive trasformazioni che ne consentano l’utilizzo. Pres. Papa - Est. Sarno - Ric. Nataloni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 novembre 2006 (Ud. 4/10/2006), Sentenza n. 37303

 

Rifiuti - Definizione di rifiuto - Nozione di sottoprodotto - Materia prima secondaria - Vicende legislative - Disciplina vigente - L. 308/2004 - D.lgs. n. 152/2006 - Direttiva 75/442/CEE - Dir. 2006/12/CE. Il d.lgs. n. 152 del 2006 ha espressamente abrogato, all'art. 264, comma 1, lettera l), la norma di interpretazione autentica di cui all'art. 14 del d.l. n. 138 del 2002, - pure originariamente tenuta ferma in alcune disposizioni della L. 308/2004 ed ha provveduto con l'art. 183 a ridefinire la nozione di rifiuto (lettera a) introducendo, al contempo, alla lettera n) la nozione di sottoprodotto e prevedendo alla lettera q) quella di materia prima secondaria. Peraltro, come osservato dalla stessa Corte Costituzionale, il quadro normativo di riferimento deve contemporaneamente registrare anche l'abrogazione della direttiva 75/442/CEE ad opera della nuova direttiva in materia di rifiuti 2006/12/CE del 5 aprile 2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 27 aprile 2006, n. L 114, ed entrata in vigore 17 maggio 2006 che, tra l'altro, all'art. 1, paragrafo 1, lettera a), modifica anche, sia pure parzialmente, la precedente definizione di rifiuto espressamente includendo nella definizione anche i beni dei quali vi sia "l'intenzione di disfarsi". Pres. Papa - Est. Sarno - Ric. Nataloni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 novembre 2006 (Ud. 4/10/2006), Sentenza n. 37303

 

Rifiuti - Impianto per la produzione di compost - Destinazione agricola di zona - Incompatibilità. Gli impianti per la produzione di compost, di natura intrinsecamente industriale, sono incompatibili con la destinazione agricola di zona. I materiali utilizzati nel processo di produzione del compost, infatti, non sono equiparabili a “prodotti” dell’agricoltura, quanto piuttosto a residui della stessa, sicchè non è dato ravvisare quella connessione tra l’attività medesima e quella agricola, che, in virtù del disposto di cui all’art. 2135 c.c., sarebbe suscettibile di ricondurre agli effetti urbanistici la prima alla seconda. Pres. ed Est. Esposito - G.A. e altri (avv.ti Onori e Acone) c. Comune di Prata di Principato Ultra (avv. Mastromarino), Provincia di Avellino (avv. Di Martino) e A.A.G. s.a.s. (avv. Matarazzo) - T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. II - 7 novembre 2006, n. 1956 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Gestione e smaltimento - Residui delle attività di demolizioni edili - Impossibilità di utilizzo nel ciclo produttivo - Rifiuti speciali - Sequestro preventivo - Art. 184, 3° c. - lett. b), D.Lgs. n. 152/2006. In tema di gestione e smaltimento dei rifiuti, i residui delle attività di demolizioni edili trasportati in altra area ed ivi ammassati in cumuli, quando non possono essere riutilizzati, oggettivamente, in alcun ciclo produttivo, per la particolare composizione degli stessi di varia natura (nella fattispecie non selezionabili: pietre, macerie, plastica, acciaio, isolanti, ferro etc.), costituiscono "rifiuti speciali" ai sensi dell'art. 7, 3° comma - lett. b), del D.Lgs. n. 22/1997 e dell'art. 184, 3° comma - lett. b), del D.Lgs. n. 152/2006 costituendo i presupposti al sequestro preventivo. Pres. Lupo - Est. Fiale - Ric. P.M. in proc. Barbati. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9 ottobre 2006 (C. c. 15/06/2006), Sentenza n. 33882 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Materiali provenienti da demolizione - Materie prime secondarie - Esclusione - Presupposti - Nozione di rifiuto - Disciplina applicabile - Artt. 181 e 183, lett. a), D. L.vo n. 152/2006 - Dir. n. 2006/12/CE. Alla luce della nozione di rifiuto elaborata dalla giurisprudenza comunitaria, i materiali provenienti da demolizioni, devono considerarsi rifiuti a tutti gli effetti né può applicarsi agli stessi, se necessitano di operazioni di recupero quali la cernita e la selezione, la disciplina prevista dall’articolo 181 D.Lv. 152 del 2006 in tema di “materie prime secondarie”. (Le caratteristiche principali della nozione di "rifiuto", in ambito europeo, sono individuate dall'art. 1 della direttiva del Consiglio 15.7.1975, n. 75/442/CEE (sui rifiuti in generale), modificata dalla direttiva 18.3.1991, n. 91/156/CEE [sostituita dalla direttiva del Parlamento e del Consiglio dell'Unione Europea 5.4.2006, n. 2006/12/CE] e dall'art. 1 della direttiva del Consiglio 20.3.1978, n. 78/319/CEE (sui rifiuti tossici e pericolosi), modificata dalla direttiva 12.12.1991, n. 91/689/CEE. Secondo tali direttive "per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto [che attualmente rientri nelle categorie riportate nell'Allegato I alla direttiva n. 2006/12/CE] di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi". La nozione medesima è stata altresì recepita dall'art. 2, lett. a), del Regolamento del Consiglio CEE 1 febbraio 1993, n. 259/93, relativo ai trasporti transfrontalieri di rifiuti, immediatamente e direttamente applicabile in Italia secondo Corte Cost. n. 170/1984). Pres. Lupo - Est. Fiale - Ric. P.M. in proc. Barbati. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9 ottobre 2006 (C. c. 15/06/2006), Sentenza n. 33882 (vedi: sentenza per esteso)
 

Rifiuti - Servizio di raccolta, trasporto e smaltimento - Singoli utenti - Impugnazione dell’affidamento diretto - Legittimazione - Insussistenza. I singoli utenti di un servizio pubblico (nella specie, raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti) non sono in generale interessati a impugnare l’affidamento diretto del servizio deciso dal comune di residenza senza un preventivo confronto concorrenziale, dato che l’illegittimità dedotta può incidere nella sfera giuridica dei destinatari del servizio in maniera soltanto occasionale e indiretta. Pres. Amoroso, Est. Buricelli - G.M. e altri (avv. Targa) c. Comune di Rubano (avv.ti Domenichelli e Zambelli) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 8 novembre 2006, n. 3749 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Servizio di raccolta, trasporto e smaltimento - Delibera consiliare di affidamento - Impugnazione - Azione popolare ex art. 9 T.U. 267/2000 - Inconfigurabilità - Ragioni. L’impugnazione di una delibera consiliare di affidamento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti non può configurarsi quale azione popolare ex art. 9 del t. u. n. 267 del 2000, poiché l'ambito di operatività dell'istituto va circoscritto alle ipotesi in cui il pregiudizio per l'ente locale derivi da atti o da comportamenti illegittimi di terzi, siano essi privati o altre amministrazioni pubbliche, e il cittadino eserciti quindi un'azione di tipo suppletivo, preordinata alla tutela degli interessi del comune in sostituzione degli amministratori inerti, mentre resta invece esclusa l'azione popolare di tipo correttivo, in cui il cittadino assume un ruolo di contrasto con l'amministrazione locale, per censurare provvedimenti o attività ad essa riconducibili. Pres. Amoroso, Est. Buricelli - G.M. e altri (avv. Targa) c. Comune di Rubano (avv.ti Domenichelli e Zambelli) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 8 novembre 2006, n. 3749 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Procedure semplificate - Artt. 30 e ss. del D.Lgs. 22/79 - Decisione della Corte di Giustizia delle Comunità europee n. C103 del 7.10.2004 - Conseguenze - Riflessi sugli atti autorizzatori provinciali - Limiti. La decisione della Corte di Giustizia delle Comunità n. C103 del 7.10.2004 - con cui la stessa ha dichiarato che la previsione di procedura semplificata, di cui agli artt. 30 e sg. Del D.Lg. 22/97, in assenza di alcuni dei requisiti previsti dalla direttiva (e, in specie la previa determinazione di norme generali che fissino i tipi e quantità di rifiuti, le condizioni dell’autorizzazione, e se i metodi di smaltimento e di recupero rispettano le condizioni previste dall’art. 4) costituisce inadempimento dello stato italiano agli obblighi derivanti dal Trattato - non è idonea a riflettersi in modo diretto su atti emessi dalla Provincia. L’unico obbligo derivante da tale tipologia di sentenze in capo allo Stato membro è quello di porre in essere il corretto adeguamento alla Direttiva; obbligo che, se ulteriormente disatteso, potrà, al più, portare ad un ulteriore procedimento contenzioso finalizzato alla condanna dello Stato al pagamento di una sanzione pecuniaria. Il cittadino (o, nel caso di specie, il Comune) non ritrae da tale sentenza alcuna pretesa tutelabile (tranne che un titolo per il risarcimento dell’eventuale danno patito). E ciò anche in ragione del fatto che ciò che la Corte di giustizia ha contestato non è una violazione del precetto comunitario, bensì una mera mancata esplicitazione dei limiti entro cui l’eccezione alla regola (consentita) può essere esercitata. In altre parole, anche la disciplina comunitaria prevede l’autorizzazione ordinaria e quella semplificata (che in Italia si consolida per silentium), ma non ne ha regolamentato tutti i casi e limiti, rimessi dalla Direttiva stessa allo Stato membro. Non vi è, quindi, alcuna norma comunitaria di tipo sopraordinato che sia possibile, nella specie, applicare direttamente. Pres. ff. ed Est. De Piero - Comune di Cologna Veneta (avv.ti Scappini e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 30 ottobre 2006, n. 3591 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Impianti di produzione di energia elettrica derivante da utilizzo di rifiuti - Realizzazione a prescindere dal piano regionale per la gestione dei rifiuti - Possibilità. L’installazione di una centrale di produzione di energia elettrica, ancorché derivante da utilizzo di rifiuti, è “realtà aziendale e giuridica diversa da una discarica e/o da un inceneritore e/o da un impianto di trattamento, stoccaggio temporaneo o definitivo dei rifiuti (tale da dovere esser inserito nel piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 915/1982)” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 6657/02), sicchè è possibile la realizzazione anche al di fuori del piano regionale per la gestione dei rifiuti. Pres. ff. ed Est. De Piero - Comune di Cologna Veneta (avv.ti Scappini e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 30 ottobre 2006, n. 3591 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Impianti di produzione di energia con utilizzo di C.D.R. - Procedure semplificate - Ammissibilità - Artt. 7, c. 3, lett. 1 bis e 33, c. 8 del D.Lgs. 22/97 - Qualifica del CDR quale rifiuto urbano - Normativa sopravvenuta. L’avvalersi della procedura semplificata per gli impianti di energia con utilizzo di C.D.R. è pacificamente ammesso (Tar Veneto n. 248/2001 e C.S., sez. V. n. 5333/04), tenuto conto, peraltro, che la qualificazione del C.D.R. è mutata da rifiuto urbano a rifiuto speciale (art. 7, comma 3, lett. l bis del D.Lg. 22/97, come modificato dalla L. 16/02), con la conseguenza che anche l’art. 33, comma 8, ne è rimasto modificato. Esso prescriveva (l’intera normativa è oggi disciplinata dal D.Lg. 3.4.06 n. 152) che le disposizioni semplificate non si applicano alle attività di recupero dei rifiuti urbani, tranne le eccezioni ivi previste. Non essendo più il C.D.R. rifiuto urbano, ne consegue che all’impiego dello stesso le disposizioni, viceversa, si applicano. Pres. ff. ed Est. De Piero - Comune di Cologna Veneta (avv.ti Scappini e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 30 ottobre 2006, n. 3591 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Impianti di produzione di energia con utilizzo di C.D.R. - Procedure semplificate - Regione e provincia - Riparto di competenze. Dal combinato disposto degli artt. 44 della L.r. Veneto n. 11/01, 4, c. 1 lett, f) n. 2, nonché 6, comma 1, lett. c) della L.r. 3/2000 - in materia di autorizzazione all’attività di recupero di rifiuti non pericolosi quale il C.D.R. si desume che alla Regione spetta l’approvazione dei progetti degli impianti, mentre la Provincia ne autorizza l’esercizio; e, a tenore dell’art. 33, la Provincia è certamente competente ad autorizzare (in via semplificata) le operazioni di recupero dei rifiuti, la prima della quali, come specifica l’all. C, è “l’utilizzazione … come combustibile, o come altro mezzo per produrre energia”. Pres. ff. ed Est. De Piero - Comune di Cologna Veneta (avv.ti Scappini e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 30 ottobre 2006, n. 3591 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Impianti di produzione di energia da C.D.R. - Principio comunitario di precauzione - Criterio orientativo generale e di massima - Introduzione nell’ordinamento italiano - Conseguenze. Il principio di precauzione integra un criterio orientativo solo generale e di larga massima, capace di ispirare le attività normative ed amministrative dell’Unione europea e degli Stati membri ma, almeno allo stato, non suscettibile di tradursi, per difetto di concretezza, in un preciso comando giuridico; se non si può escludere che l’introduzione nel nostro ordinamento ti tale principio possa determinare qualche riforma delle varie disciplina, tuttavia, finché ciò non avvenga, deve farsi riferimento alle regole positive vigenti. Ciò non comporta quindi che la realizzazione di un’opera (o la gestione di un’attività) debbano essere senz’altro privi di impatto sull’ambiente circostante, ma impone, se mai, la formulazione di un giudizio comparativo che tenga conto della necessità di salvaguardare i valori ambientali, contemperandoli con l’interesse pubblico sotteso (nella specie individuato nel favor espresso dal legislatore per il recupero dei rifiuti, in particolare per la produzione di energia) e con il diritto di intrapresa economica, specie quando non risulti provata un’effettiva lesione del bene ambiente (cfr., sul principio, ex multis: TAR Lazio, Sez. I, n. 5118/04. Cfr., anche: C.S., sez. VI, n. 1462/05 e Corte Costituzionale n. 116/06). Pres. ff. ed Est. De Piero - Comune di Cologna Veneta (avv.ti Scappini e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 30 ottobre 2006, n. 3591 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Deliberazione comunale di istituzione o modificazione delle tariffe - Controversia - Giurisdizione - G.A. In materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la controversia avente ad oggetto non gli atti di accertamento del tributo, ma le deliberazioni del consiglio comunale che conformano l’obbligo tributario, mediante l’istituzione o la modificazione delle tariffe, aventi natura regolamentare, rientra nella giurisdizione amministrativa. Pres. Gomez de Ayala, Est. Vigotti - I . s.p.a. e altri (avv.ti Barosio e Gaidano) c. Comune di Rivoli (avv.ti Dell’Anno e Allice) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 30 ottobre 2006, n. 3840 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Recupero di rifiuti inerti - D.M. 5.2.1998 - D.M. 5.4.2006 - Test di cessione - Va effettuato sulla materia prima secondaria prodotta - Test effettuato su campioni prelevati dai rifiuti prima del trattamento - Violazione dell’art. 9 c. 1 D.M. 5.2.98 - Ratio della norma. Il test di cessione richiesto, in materia di recupero di rifiuti inerti, dal D.M. 5.2.1998 (oggi D.M. 5 aprile 2006), per non vedere frustrate le finalità alle quali è preordinato, deve essere effettuato su campioni del materiale ottenuto nella medesima forma fisica prevista nelle condizioni finali d’uso, e non certo su campioni prelevati dai rifiuti prima del trattamento e quindi dopo e non prima del trattamento perché, in caso contrario, non permetterebbe di accertare se il materiale trattato presenta tutte le caratteristiche chimico-fisiche necessarie per essere idoneo ad essere qualificato giuridicamente materia prima secondaria. In altri termini, in conformità alla prescrizione contenuta nell'art. 9 comma 1 del Decreto Ministeriale 05/02/1998, i test di cessione vanno effettuati sulla materia prima secondaria prodotta e, quanto alla scansione temporale, ai sensi dell'art. 9, comma 3 del medesimo Decreto, “devono essere effettuati almeno ogni inizio di attività e, successivamente, ogni due anni e comunque, ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di recupero dei rifiuti". La ratio ispiratrice è quella di evitare che siano trattate ed utilizzate come materie prime secondarie sostanze che non presentano le richieste caratteristiche chimico-fisiche o perchè il trattamento, nel lasso di tempo intercorso tra le due analisi, potrebbe aver subito delle modifiche tali da comportare una modifica del prodotto finale, o perchè, variando la provenienza dei rifiuti iniziali, varia anche il prodotto finale, che ben potrebbe non essere idoneo all'utilizzo come materia prima secondaria (il confronto con il vigente D.M. 5 aprile 2006, che ha regolamentato la fattispecie in maniera ancora più rigorosa, rende evidente che l’evoluzione normativa in materia è improntata allo scopo di sottoporre l'attivita di recupero a controlli e verifiche ancor più puntuali, onde evitare che attività nominalmente e dichiaratamente di recupero ne mascherino altre, di tipo diverso). Pres. Borea, Est. Settesoldi - C.T. s.n.c. (avv. Longo) c. Provincia di Udine (avv. Raccaro) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA - 26 ottobre 2006, n. 695 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Attività di recupero - Deposito per la messa in riserva - Termine di 12 mesi - Art. 7, c. 2 D.M. 5.2.1998. Affinchè l'attivita di recupero di rifiuti sia definibile come tale è necessario che, ai sensi dell’art. 7, c. 2 del DM 05/02/1998, il materiale accumulato per essere trattato sia sottoposto al trattamento entro un termine di 12 mesi, scaduto il quale si può legittimamente presumere che le operazioni svolte non siano operazioni di recupero, sottoposte ad un regime privilegiato, ma attività di smaltimento svolte sotto mentite spoglie. Entro tale termine, peraltro, ove il materiale conferito sia totalmente mescolato e non sia possibile distinguere quello presente da più o meno di dodici mesi, deve essere recuperato tutto il materiale messo in riserva. Pres. Borea, Est. Settesoldi - C.T. s.n.c. (avv. Longo) c. Provincia di Udine (avv. Raccaro) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA - 26 ottobre 2006, n. 695 (vedi: sentenza per esteso)
 

Rifiuti - Urbanistica - Rilascio di titolo edilizio - Clausole limitative - Coerenza con il potere urbanistico-edilizio - Necessità - Fattispecie in tema di impianto di cogenerazione da CDR. Il rilascio di un titolo edilizio ha come unico presupposto la conformità di quanto l’interessato chiede di realizzare con lo strumento urbanistico vigente nel Comune e che eventuali clausole apposte al titolo stesso possono riguardare unicamente elementi coerenti col potere (edilizio/urbanistico) che il Comune con tale atto esercita. (Nella specie: il comune, nell’autorizzare la realizzazione di un capannone destinato a contenere C.D.R., ha previsto clausole limitative dirette ad assicurare un collegamento funzionale tra il capannone e un impianto di cogenerazione, la cui produzione di energia elettrica avrebbe dovuto servire un vicino stabilimento agroindustriale; tali previsioni sono state ritenute eccentriche rispetto al provvedimento ed esorbitanti i poteri comunali in tema di rilascio di titoli edilizi) Pres. f.f. ed Est. De Piero - E. s.r.l. (avv.ti Camerino, Mercanti e Crimaldi) c. Comune di Cologna Veneta (avv.ti Righetti e Pinello) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 17 ottobre 2006, n. 3464 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Rifiuti non pericolosi - Regime semplificato - D.M. 5.2.98 - Attività di recupero - Attrezzature inidonee - Divieto della prosecuzione dell’attività - Legittimità. In materia di trattamento dei rifiuti non pericolosi in regime semplificato, il D.M. 5.2.98 - per quanto concerne i rifiuti 3.1 (rifiuti ferrosi, di acciaio, ecc.) e 3.2 (metalli non ferrosi e loro leghe ) - stabilisce che le possibili attività di recupero da svolgersi in regime semplificato sono il recupero diretto (R4) in impianti metallurgici e nell’industria chimica e la messa in riserva (R13) per la produzione di MPS per l’industria metallurgica, mediante selezione, trattamento a secco o a umido per l’eliminazione di materiali e/o sostanze estranee in conformità alle caratteristiche nei singoli punti precisate, al fine di ottenere materiali ferrosi (o non ferrosi) o leghe nelle forme abitualmente commercializzate, sali inorganici di ferro (e, rispettivamente, di rame) nelle forme abitualmente commercializzate ovvero MPS per l’industria metallurgica conformi alle specifiche CECA AISI CAEF e UNI (ovvero UNI ed EURO). Per quanto concerne il rifiuto di tipo 5.1 (parti di autoveicoli, ecc.) stabilisce che l’attività di recupero avvenga attraverso messa in riserva R13, con frantumazione o cesoiatura per sottoporlo all’operazione di recupero negli stabilimenti metallurgici, al fine di ottenere metalli o leghe nelle forme abitualmente commercializzate. In ragione di tali specifiche previsioni, è legittimo il provvedimento della provincia di divieto della prosecuzione dell’attività di recupero e di sospensione dell’iscrizione nel registro delle imprese che effettuano operazioni di recupero rifiuti con la procedura semplificata, ove, a fronte delle puntuali contestazioni in ordine alla mancanza di strumenti tecnologici ed attrezzature idonee ad effettuare le previste operazioni di recupero, l’azienda non dimostri di essere in grado, con l’attrezzatura posseduta, di trattare i rifiuti in modo tale da ottenere un prodotto finale avente le caratteristiche descritte nel D.M. citato. Pres. f.f. ed Est. De Piero - R.G. s.r.l. (avv.ti Bezzi, Stefana e Ferrara) c. Provincia di Vicenza (avv.ti Molisani, Balzani, Mistrorigo, Fracasso e Sartori) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 17 ottobre 2006, n. 3465 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Individuazione dei beni in polietilene - D.M. GAB/DEC7102706 del 2 maggio 2006 - Sospensione degli effetti - Conferma. Il decreto GAB/DEC7102706 del 2 maggio 2006 pubblicato sulla G.U. n. 108 dell’11.5.2006 risulta sospeso, per quanto concerne la produzione degli effetti, da avviso del Ministro dell’ambiente, pubblicato sulla G.U. del 26.6.2006 n. 146; pertanto, allo stato dei fatti, non appare giustificato alcun adempimento di quanto disposto dallo stesso decreto. Pres. Giulia, Est. Cogliani - Consorzio riciclaggio rifiuti in polietilene polieco (avv.ti Calisse e Marvasi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato) - T.A.R. Lazio, Sez. II bis - 13 ottobre 2006, ordinanza n. 5657 (vedi:ordinanza per esteso)

 

Rifiuti - Acque - Gestione dei rifiuti liquidi - Attività di raccolta e smaltimento di rifiuti non pericolosi (liquami) in assenza della prescritta autorizzazione - D. Lgs. n. 22/1997 - Ordinanze contingibili e urgenti - Competenza - Fattispecie: sindaco presidente di un consorzio intercomunale. Non compete al sindaco nella sua qualità di presidente di un consorzio intercomunale titolare di un depuratore il potere di ordinanza. Questo potere extra ordinem compete al sindaco, al presidente provinciale o a quello regionale per le necessità dell'ambito territoriale e funzionale di rispettiva competenza. Nella specie, il sindaco (presidente di un consorzio intercomunale) poteva emanare un'ordinanza contingibile ed urgente solo limitatamente alle necessità straordinarie del comune da lui amministrato; ma non poteva emanarla come presidente del consorzio in relazione alle asserite necessità dei numerosi comuni non consorziati. Pres. De Maio - Est. Onorato - Ric. Caracciolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 ottobre 2006 (Ud. 23/05/2006), Sentenza n. 34131 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Emergenza rifiuti - Ordinanze contingibili e urgenti per autorizzare la gestione di rifiuti - Sindaco - Scriminante speciale - Art. 51, D.Lgs. 22/1997. In materia di emergenza rifiuti, configura una scriminante speciale del reato previsto dall'art. 51, D.Lgs. 22/1997, la possibilità che il sindaco (o il presidente della Regione o il presidente della Provincia), in situazioni di eccezionale necessità per la salute o per l'ambiente, emani un'ordinanza contingibile e urgente per autorizzare la gestione di rifiuti per le necessità dell'ambito territoriale e funzionale di rispettiva competenza, anche in deroga alle disposizioni vigenti (Sez. III n. 3257 del 16.12.1997, Santagata, rv. 210147; Sez. III n. 12692 del 16.10.1998, Schepis, rv. 212182). Pres. De Maio - Est. Onorato - Ric. Caracciolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 12 ottobre 2006 (Ud. 23/05/2006), Sentenza n. 34131 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - VIA - Stato di emergenza - Progetto della discarica “monouso” per lo smaltimento per il fluff in una cava - Rifiuti da demolizione di automezzi - Poteri del commissario a derogare disposizioni di legge - Sussiste - Limiti - Acquisizione della VIA - Omissione - Presupposti. L’articolo 13 dell’ordinanza del 23 giugno 1999 n. 2992, (che ha nominato il presidente della regione Lazio commissario delegato per la predisposizione di un piano di interventi di emergenza nel settore della gestione dei rifiuti e per la realizzazione degli interventi necessari per far fronte alla situazione di emergenza, con potere esclusivo di approvare i progetti di discariche), autorizza il commissario a derogare a numerose disposizioni di legge (sempre nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico), tra le quali l’articolo 6 della legge n. 349 del 1986, ossia alla disposizione che prevede l’acquisizione della VIA (con la precisazione, «ferma restando l’acquisizione del parere del ministero dei beni e delle attività culturali, ove necessario»). Nella specie, legittimamente lo stato di emergenza consentiva di omettere l’acquisizione della VIA, essendo stata accertata dai competenti organi regionali la compatibilità del progetto con l’ambiente; e rilevando la regolarità del progetto e la sua conformità con tutte le norme di tutela dell’ambiente e di distanza dalle acque e dalle abitazioni. Pres. Frascione - Est. Carboni - Provincia di Roma (avv.ti Fancellu e Sieni) c. Ecofer Ambiente e Italferro ed altri (avv. Amorosino), (Conferma TAR Lazio, sezione prima-ter, sentenza 2005 n. 11218, notificata il 28/11/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 10 ottobre 2006 (Ud. 11/07/2006), Sentenza n. 6029 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Gestione rifiuti - Autorizzazioni - Procedura “normale” e “semplificate”- Elementi di valutazione - Sovrapponibilità - Esclusione. Le due procedure (procedura semplificata e procedura normale) non sono sovrapponibili per quanto concerne i presupposti e gli elementi di valutazione portati al vaglio della Pubblica Amministrazione, per cui il soggetto iscritto in via semplificata non può svolgere le attività per cui necessita la procedura normale e viceversa (Cass. Sezione III, sentenza 1492/2000). Pres. Postiglione - Est. Squassoni - Ric. Riva. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 5 ottobre 2006 (Ud. 15/06/2006), Sentenza n. 33467 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Gestione rifiuti - Trasferimento di funzioni imprenditoriali - Requisiti - Presupposti. Pur in assenza di una specifica previsione normativa, dottrina e giurisprudenza ammettono la possibilità di trasferire funzioni imprenditoriali, e connesse responsabilità penali, da un soggetto ad un altro a condizione che vi sia una delega dotata di particolari requisiti. Tali requisiti sono stati enucleati per trovare un equilibrio tra due opposte esigenze: quella di evitare che l'imprenditore sia chiamato a rispondere per l'inosservanza di adempimenti ai quali non è in grado di ottemperare e quella di non permettere che il titolare originario dell'obbligo trasferisca indebitamente "verso il basso" le sue funzioni ad un collaboratore. Sicché, la delega è considerata ammissibile alle seguenti condizioni: deve essere puntuale ed espressa senza che siano intrattenuti in capo al delegante poteri discrezionali di tipo decisionale; il soggetto preposto deve essere professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; il trasferimento di funzioni deve essere giustificato in base alle esigenze organizzative della impresa; unitamente alle funzioni devono essere trasferiti i poteri decisionali e di spesa; l'esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo; la delega non deve riguardare le attività concernenti l'assetto organizzativo della impresa, che fa capo ai soggetti al vertice della stessa, e non sono trasferibili ad altre persone. Pres. Postiglione - Est. Squassoni - Ric. Riva. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 5 ottobre 2006 (Ud. 15/06/2006), Sentenza n. 33467 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Inquinamento - Sanzione amministrativa ex D.Lgs. 22/97 - Contestazione - Difetto di legittimazione del ricorrente - Giurisdizione - Giudice amministrativo - Difetto. La contestazione del diritto soggettivo del privato a non sottostare ad una sanzione prevista dall’ordinamento vuoi contestandone i presupposti (difetto di legittimazione del ricorrente), vuoi negando la natura di rifiuto e quindi l’applicabilità della normativa posta a base dell’atto impugnato esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo (Cass SSUU n.11022 del 10\6\2004). (nella specie, il ricorrente aveva prestato acquiescenza al potere amministrativo esercitato ai sensi del d.lgs. 22/97, confermando lo stato di inquinamento; veniva tuttavia contestato il criterio di attribuzione della responsabilità ai vari soggetti che a diverso titolo avevano utilizzato l’area inquinata). Pres. Petruzzelli, Est. Pupilella - A.A. e altro (avv. Lomi) c. Comune di Lucca (avv. Picone) - T.A.R. TOSCANA, sez. II - 5 ottobre 2006, n. 4226 (vedi: sentenza per esteso)
 

Rifiuti - Ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti - Ordinanza contingibile e urgente - Art. 13, c. 3, D.Lgs. 22/97 - Indicazione specifica delle norme derogate - Necessità - Parere degli organi tecnico-sanitari - Necessità - Omissione - Invalidità dell’ordinanza. L’art. 13, c. 3 del D.Lgs. 22/97, che attribuisce al sindaco il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, richiede espressamente l’indicazione delle norme alle quali si intende derogare, nonché il parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, con specifico riferimento alle conseguenze ambientali. L’omissione di detti adempimenti inficia in radice l’ordinanza sindacale. Pres. D’Alessandro, Est. De Maio - I.M. (avv. Bravaccio) e S. s.p.a. (avv.ti Collina e Fenucci) c. Comune di San Potito Sannitico (avv. Cappello) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 25 settembre 2006, n. 8255 (vedi: sentenza per esteso)

 

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Acque di sentina - Natura di rifiuto - Destinazione al recupero - Irrilevanza ai fini del pagamento delle accise sui combustibili - Art. 183 e 232 del D.Lgs. n. 152/2006. Le acque di sentina rientrano nella nozione di rifiuto ai sensi degli artt. 183 e 232 del D.Lgs. n. 152 del 2006, e vanno considerate tali fino alla ultimazione della procedura di recupero che, ai sensi dell'art. 183, comma terzo lett. h) del citato decreto n. 152, può portare a generare combustibili. Nella specie, è stato evidenziato che le acque di sentina non possono essere considerate "medio tempore" quali prodotti, in quanto il combustibile in esse contenuto non è suscettibile di destinazione diretta al consumo, e che pertanto non può essere soggetto ad accisa se non dopo l'ultimazione della procedura di recupero. Pres. Papa, Est. Sarno, Imp. Scavo ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21 settembre 2006 (Ud. 27/06/2006), Sentenza n. 31396

 

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico - Procedura semplificata di iscrizione all'albo - Smontaggio di parti di veicoli fuori uso ed altro - Operazioni di selezione, separazione per tipi omogenei - Fattispecie. In tema di gestione dei rifiuti, l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico, prescritti dall'art. 12 del D. Lgs. 5 febbraio 1977 n. 22, grava su tutti coloro che effettuano operazioni di recupero dei rifiuti, anche se ammessi alla procedura semplificata di iscrizione all'albo delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti ex art. 33 del citato decreto, atteso che anche le procedure semplificate devono garantire un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci. (v. Cass. pen. n. 12122/2002). Fattispecie: rottami di parti di veicoli fuori uso ed altro, operazioni di messa riserva ed operazioni di recupero di rifiuti senza la tenuta dei registri di carico e scarico ed in assenza dei relativi formulari di identificazione nel trasporto degli stessi. Presidente A. Elefante, Relatore V. Colarusso. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 13 settembre 2006 (Ud. 11/07/2006), Sentenza n. 19643 (vedi: sentenza per esteso)

 

RIFIUTI - Bonifica dei siti inquinati - Art. 257 D.Lv. n. 152/2006 e art. 51 bis D. Lv. n. 22/97 - Continuità normativa - C.d. nuovo codice ambientale. La configurazione del reato di cui d'art. 257 D.Lv. n. 152/2006 è del tutto corrispondente e perfettamente sovrapponibili a quella del precedente reato di cui all'art. 51 bis D. Lv. n. 22/97 essendo, anche in punto di pena sufficiente un lievissimo arrotondamento della pena pecuniaria, poiché continua a prevedere la punibilità del fatto di inquinamento se l'autore "non provvede alla bonifica in conformità" al progetto di cui all'art. 242 del nuovo codice ambientale (in precedenza era previsto che la bonifica dovesse avvenire secondo il procedimento del corrispondente art.17 cd. decreto Ronchi (d. Lgs. n. 22 del 1997). Il che significava e significa che la bonifica, se integralmente eseguita escludeva ed esclude la punibilità del fatto anche secondo la precedente normativa (come è stato sempre pacifico anche in giurisprudenza), mentre il comma 4 dell'art. 257 ha specificato non già la non punibilità per gli autori dell'inquinamento in ordine al reato di cui si tratta, bensì la estensione della non punibilità in caso di accertata bonifica, anche agli altri eventuali reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento. Pres. Chieffi - Est. Corradini - Ric. Pezzotti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. I, 8 settembre 2006 (Ud. 13/06/2006), Sentenza n. 29855

RIFIUTI - Reato di omessa bonifica e ripristino ambientale - Reato permanente - Sequestro dell’area - Finalità - D. Lgs. n. 152/2006 (artt. 247 e 242) - Fattispecie: inquinamento della flora, che aveva costituito l'alimentazione delle mucche il cui latte era stato trovato a sua volta inquinato - rifiuti pericolosi. In materia di rifiuti, il sequestro era ed è preordinato alla eliminazione del danno e non impedisce, neppure dopo la entrata in vigore del D. Lgs. n. 152 del 2006 (art. 247), così come non li impediva prima, gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree anche al fine di evitare la ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale. Sarebbe invero singolare che il sequestro dalle aree, diretto ad impedire i danni ulteriore e ad assicurare gli interventi di cui all’art. 17 del decreto Ronchi e 242 del nuovo codice ambientale, possa determinare la cessazione della permanenza e cioè della anitigiuridicità di una condotta che il responsabile della stessa è tenuto a denunciare ed a riparare evitando pure il sequestro se si mette immediatamente a disposizione e predispone gli interventi riparatori. In sostanza il legislatore, proprio per agevolare la bonifica dei siti inquinati (secondo il principio “chi inquina paga” formalizzato testualmente in legge nell’art. 239 del nuovo codice ambientale, ma già esistente come tale anche nel cd. decreto Ronchi) e quindi impedire la prescrizione del reato nei tempi estremamente brevi previsti per le contravvenzioni, insufficienti di regola per gli intereventi di ripristino ambientale dei siti contaminati, ha strutturato il reato di cui si tratta come reato la cui permanenza persiste fino alla bonifica avvero fino alla sentenza di condanna, ma la cui punibilità può essere fatta venire meno, sempre fino alla sentenza di condanna, attraverso la condotta riparatoria, in tal modo creando un particolare interesse per l’autore dell’inquinamento - che non può invocare la prescrizione se non ha provveduto alla bonifica - ad attuare le condotte riparatorie, onde eliminare la punibilità del reato. Pres. Chieffi - Est. Corradini - Ric. Pezzotti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. I, 8 settembre 2006 (Ud. 13/06/2006), Sentenza n. 29855

RIFIUTI - Danno ambientale - Associazioni di protezione ambientale - Intervento nei giudizi - Legittimazione - Azione per il risarcimento del danno - Art. 318, c. 2, lett. a) del D. Lgs. n. 152/2006. L’art. 318, comma 2, lett. a) del D.Lv. 152/2006 ha lasciato il vita in comma 5 dell’art. 18 della legge n. 349 del 1986 (che riguarda l’intervento nei giudizi per danno ambientale delle associazioni di protezione ambientale, a fianco del quale dovrebbe altresì persistere la azione per il risarcimento del danno patrimoniale proprio in base ad una giurisprudenza ormai consolidata; v. per tutte Cass. sez. 3 n. 46746 deI 2004, Rv 231306). Per cui, nella specie, l’intervento di Lega Ambiente nel presente giudizio resta indiscutibile anche in base alla nuova disposizione, per quanto riguarda la legittimazione degli enti territoriali occorre rilevare che le nuove disposizioni si applicheranno al futuro e cioè ai giudizi promossi dopo la entrata in vigore della nuova disciplina. Peraltro, non potrebbe negarsi neppure per il futuro la possibilità per gli enti locali e per gli altri soggetti pubblici o privati di agire per il risarcimento dei propri danni patrimoniali o non patrimoniali derivanti dalla azione inquinante, diversi da quelli dell’inquinamento del sito, come nel caso in esame in esame in cui la azione degli enti locali ha riguardato un danno più esteso ed anche diverso da quello strettamente ambientale. Pres. Chieffi - Est. Corradini - Ric. Pezzotti ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. I, 8 settembre 2006 (Ud. 13/06/2006), Sentenza n. 29855

 

Rifiuti - Discarica abusiva - Rifiuti pericolosi e non pericolosi - Sanzioni applicabili - Principio di proporzionalità - Art. 51, 3 c., d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. E’ manifestamente infondata la eccezione pregiudiziale comunitaria in ordine alla sanzione applicabile in materia di discarica abusiva di rifiuti in quanto il legislatore nazionale ha rispettato in pieno il principio di proporzionalità prevedendo una pena più severa nel caso in cui la discarica riguardi rifiuti pericolosi e nessuna disposizione comunitaria impone l’applicazione di sanzioni amministrative in caso si tratti di rifiuti non pericolosi. Nella specie era stata realizzata e gestita, senza la prescritta autorizzazione, una discarica di rifiuti speciali non pericolosi (blocchi e frammenti di pavimentazione stradale in conglomerato bituminoso, calcestruzzo e materiali lapidei). Pres. Vitalone Est. Franco Ric. Salvi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 settembre 2006 (Ud. 06/06/2006), Sentenza n. 29740 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Siti contaminati - Bonifica - Artt. 17 D.Lgs. 22/97 e 8 D.M. 497/99 - Proprietario - Responsabile dell’inquinamento - Non corrispondenza - Iter procedimentale. In tema di bonifica di siti contaminati, ex artt. 17 d.lgs. 22/97 e 8 D.M. 479/99, in caso di non corrispondenza tra soggetto responsabile dell’inquinamento e proprietario delle aree inquinate, il sistema deve essere ricostruito nel modo seguente: la bonifica deve in linea di principio essere eseguita dal responsabile dell’inquinamento; se questi non è noto o non risulta possibile obbligarlo alla bonifica, quest’ultima è eseguita dall’amministrazione che potrà, per recuperare le spese, rivalersi sul proprietario, essendo il suo credito assistito da privilegio speciale immobiliare sull’area (sulla quale la bonifica costituisce “onere reale”). A sua volta il proprietario - al fine di sottrarsi a questa conseguenza - ha la facoltà di eseguire lui stesso la bonifica con la procedura indicata dall’articolo 9 del D.M. 497/99. Pres. Bianchi, Est. Soricelli - S. s.p.a. (avv.ti Tanzanella e Malinconico) c. Comune di Latina (avv. Di Leginio) - T.A.R. LAZIO, Latina - 5 settembre 2006, n. 600 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - siti contaminati - Bonifica - Ordinanza ex artt. 17 D.Lgs. 22/97 e 8 D.M. 497/99 - Iniziativa del proprietario del sito - Conseguenza - Paralisi del potere di ordinanza - Esclusione. Il potere di ordinanza di cui all’art. 17 d.lgs. 22/97 e 8 d.m. 479/99 non è paralizzato dall’iniziativa del proprietario del sito inquinato ex art. 9 d.m. 479/99. L’ordinanza ex articolo 8, infatti, ha come destinatario il “responsabile dell’inquinamento” e non il proprietario del sito (cui l’ordinanza medesima, come pure si è sopra accennato, deve essere solo notificata per gli effetti di cui ai commi 10 e 11 dell’art. 17 del d.lg. n. 22). Poiché quindi il primo soggetto responsabile della bonifica è l’autore dell’inquinamento non può ritenersi che l’iniziativa del proprietario impedisca al comune di ingiungere la bonifica al responsabile. Pres. Bianchi, Est. Soricelli - S. s.p.a. (avv.ti Tanzanella e Malinconico) c. Comune di Latina (avv. Di Leginio) - T.A.R. LAZIO, Latina - 5 settembre 2006, n. 600 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Siti contaminati - D.M. 479/99 - Termine per la presentazione del piano di caratterizzazione - Natura. Il termine prescritto dal D.M. 479/99 per la presentazione del piano di caratterizzazione ha natura perentoria, nel senso che, pur non determinando la sua inosservanza una definitiva decadenza del proprietario dalla facoltà di eseguire la bonifica, attribuisce al comune il potere di attivarsi per promuovere altrimenti la bonifica. Pres. Bianchi, Est. Soricelli - S. s.p.a. (avv.ti Tanzanella e Malinconico) c. Comune di Latina (avv. Di Leginio) - T.A.R. LAZIO, Latina - 5 settembre 2006, n. 600 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Abbandono di rifiuti - Art. 14 D.Lgs. 22/97 - Proprietario dell’area - Ipotesi di responsabilità per colpa. La mancata vigilanza del proprietario su un immobile da lui concesso (nella specie: contratto misto di locazione e affitto) ad un’impresa responsabile di abbandono di rifiuti, in un contesto complessivo di inadempimento contrattuale, si connota chiaramente per negligenza e superficialità ed è tale da integrare l’elemento di colpa richiesto dall’articolo 14 del D. Lvo 6 febbraio 1997 n. 22 per l’imputazione della responsabilità per i danni conseguenti dall’abbandono di rifiuti nell’area stessa ed il conseguente obbligo di bonifica. Pres. Santoro, Est. Zaccardi - M.B. s.p.a. e altro (avv.ti Bertolassi, Riva e Manzi) c. Comune di Carmignano di Brenta (avv.ti Antonimi e Verzotto) - (Conferma T.A.R. Veneto n. 1439/2005) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 29 agosto 2006 (c.c. 16 dicembre 2005), sentenza n. 5045 (vedi: sentenza per esteso)

 

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Traffico illecito - Reato di cui all'art. 260 D.Lgs. n. 152 del 2006 - Configurabilità - Presupposti. Il delitto di traffico illecito di rifiuti, di cui all'art. 53 bis del D.Lgs. n. 22 del 1997, introdotto dalla legge n. 93 del 2001 (ed attualmente trasfuso nelle previsioni dall'art. 260 del D.Lgs. n. 152 del 2006), riguarda qualsiasi forma di gestione dei rifiuti, anche attraverso attività di intermediazione e commercio, che sia svolta in violazione delle disposizioni in materia, e non può ritenersi agganciato alla nozione di "gestione" di cui all'art. 6, comma primo, lett. d) del citato D.Lgs. n. 22 (sostituito dall'art. 183, lett. d), del D.Lgs. n. 152 del 2006), né limitato ai casi in cui l'attività venga svolta al di fuori delle prescritte autorizzazioni. Pres.: Papa E. Est.: Fiale A. Rel.: Fiale A. Imp.: Buttone. P.M. Favalli M. (Diff.), (Annulla senza rinvio, Trib. lib. Napoli, 6 febbraio 2006). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 09/08/2006 (Ud. 04/05/2006) Sentenza n. 28685

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Configurabilità - Condotte sanzionate dall'art. 183, lett. d), del D.Lgs. n. 152/2006 - Nozione di "ingenti quantitativi" di rifiuti. La gestione abusiva dei rifiuti e le altre condotte previste come illecito devono concretizzarsi in più operazioni ed intervenire attraverso allestimento di mezzi e attività continuative organizzate ed entrambi gli aspetti devono configurarsi cumulativamente (Cass., Sez. III, 17.1.2002, Paggi). Le condotte sanzionate si riferiscono a qualsiasi "gestione" dei rifiuti (anche attraverso attività di intermediazione e Commercio) che sia svolta in violazione della normativa speciale disciplinante la materia, per cui esse non possono intendersi ristrette dalla definizione di "gestione" già delineata dall'art. 6, l° comma - lett. d), del D.Lgs. n. 22/1997 ed attualmente dall'art. 183, lett. d), del D.Lgs. n. 152/2006, né limitate ai soli casi in cui l'attività venga svolta al di fuori delle prescritte autorizzazioni (Cass., Sez. III, 10.11.2006, n. 40827, Carretta). Pertanto, l'elemento della gestione di "ingenti quantitativi" di rifiuti, va riferito all'attività abusiva nel suo complesso, cioè al quantitativo di rifiuti complessivamente gestito attraverso la pluralità di operazioni. (Cass., Sez. VI, 13.7.2004, n. 30373, P.M. in proc. Ostuni). Pres.: Papa E. Est.: Fiale A. Rel.: Fiale A. Imp.: Buttone. P.M. Favalli M. (Diff.), (Annulla senza rinvio, Trib. lib. Napoli, 6 febbraio 2006). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 09/08/2006 (Ud. 04/05/2006) Sentenza n. 28685

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Mero risparmio dei costi aziendali di smaltimento - Nozione di "profitto ingiusto" - Dolo specifico - Configurabilità. In materia di rifiuti, lo scopo di conseguire un "profitto ingiusto" richiesto in capo all'agente (dolo specifico) dalla norma incriminatrice, non è necessario ai fini della perfezione del reato, che ben può ritenersi integrato, anche soltanto dalla finalità di realizzare un mero risparmio dei costi aziendali di smaltimento (Cass., Sez. III, 10.11.2005, n. 40828, P.M. in proc. Fradella ed altri). Pres.: Papa E. Est.: Fiale A. Rel.: Fiale A. Imp.: Buttone. P.M. Favalli M. (Diff.), (Annulla senza rinvio, Trib. lib. Napoli, 6 febbraio 2006). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 09/08/2006 (Ud. 04/05/2006) Sentenza n. 28685

 

Rifiuti - Raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante - Titolo abilitativi - Necessità - Limiti - Fattispecie. Può essere legittimamente esercitata l'attività di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante solo previo conseguimento del titolo abilitativo [dopo l'abrogazione dell'art. 121 TU leggi p. s. è necessaria l'iscrizione dell'attività presso la CCIA e l'apertura della partita IVA per l'esercizio della medesima attività] e limitatamente ai rifiuti compresi nell'attività autorizzata, sicché in mancanza di abilitazione è configurabile il reato contestato nel d.lgs.n .22/1977. (Fattispecie: attività di raccolta e commercio ambulante di materiali ferrosi senza alcun titolo abilitativo). Pres. Papa - Est. Teresi - Ric. Cestari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 agosto 2006 (Ud. 05/07/2006), Sentenza n. 28366 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Attività di smaltimento dei rifiuti - Raccolta e trasporto di rifiuti - Singola fase del ciclo - Adempimenti e obblighi - Tutela dell'ambiente - D.lgs.n .22/1997. In materia di attività di smaltimento dei rifiuti, il d.lgs.n .22/1997 prevede una serie di adempimenti e di obblighi per ogni singola fase del ciclo finalizzati alla tutela dell'ambiente. Sulla raccolta e sul trasporto di rifiuti vigono le disposizioni degli art. 11, 12, 15 e 30 del decreto che, con l'introduzione dell'art. 58, comma 7-quater, non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuati da soggetti abilitati alla svolgimento di tali attività in forma ambulante. Pres. Papa - Est. Teresi - Ric. Cestari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 8 agosto 2006 (Ud. 05/07/2006), Sentenza n. 28366 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Urbanistica e edilizia - Impianto di compostaggio di natura industriale - Autorizzazione in zona agricola - Esclusione. In materia di rifiuti, un impianto di compostaggio, avente -almeno in apparenza- natura industriale, non può essere assentito in zona agricola, senza previa modifica dello strumento urbanistico. Pres. Di Virgilio Est. Milo Ric. Freda ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 19 luglio 2006 (Ud. 13/06/2006), Sentenza n. 25063 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Impianto di compostaggio - Realizzazione - Iter - Conferenza di servizi - Autorizzazioni - Presupposti. La realizzazione di un impianto di compostaggio che ricade nella disciplina di cui all'art. 27 n. 22/97 (c.d. decreto "Ronchi"), pone come passaggi obbligati: la nomina da parte della Regione di un responsabile del procedimento, la convocazione di una conferenza di servizi "cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti degli enti locali interessati" e prescrive una rigida procedura per l'approvazione del progetto e l'autorizzazione dell'opera da parte della Giunta Regionale. Sicché, l'approvazione del progetto e l'autorizzazione alla realizzazione dell'impianto possono costituire variante allo strumento urbanistico soltanto se il provvedimento ex art. 27 "sia adeguatamente motivato in relazione alla pubblica utilità dell'opera, per cui l'amministrazione, pur nell'esercizio di un potere discrezionale, deve effettuare una approfondita valutazione dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'impianto in variante allo strumento urbanistico sotto il profilo della pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell'opera e solo la ricorrenza di tali esigenze può legittimare la compressione delle scelte effettuate dai Comuni in sede di pianificazione urbanistica". Nella specie, deve porsi nuovamente in esecuzione il decreto di sequestro preventivo a suo tempo adottato. Pres. Di Virgilio Est. Milo Ric. Freda ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 19 luglio 2006 (Ud. 13/06/2006), Sentenza n. 25063 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Emergenza ambientale - Regione Calabria - Legge Regionale n. 13/2005, artt. 14, c. 5 e 33, c. 2 - Esercizio della potestà legislativa regionale diretta alla sospensione di provvedimenti commissariali - Illegittimità costituzionale. Il legislatore regionale non può utilizzare la potestà legislativa per paralizzare - nel periodo di vigenza della situazione di emergenza ambientale - gli effetti di provvedimenti di necessità ed urgenza, non impugnati, emanati in attuazione delle disposizioni di cui alla L. 225/1992, espressiva di principi fondamentali in materia di protezione civile. Deve pertanto ritenersi costituzionalmente illegittimo il disposto degli artt. 14, c. 5 e 33, c. 2, della legge della Regione Calabria 17 agosto 2005, n. 13 che ha sospeso gli effetti di determinati interventi disposti dal Commissario delegato per l’emergenza ambientale, in attesa dell’adozione del piano regionale dei rifiuti (con specifico riferimento al raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro e all’impianto di smaltimento e stoccaggio di rifiuti sito in Reggio Calabria). Pres. Bile, Red. Quaranta - Pres. del Consiglio dei Ministri c. Regione Calabria - CORTE COSTITUZIONALE, 14 luglio 2006 (ud. 3 luglio 2006), sentenza n. 284 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Determinazione della tariffa - Campeggi - Assimilazione alle strutture alberghiere - Legittimità. I campeggi costituiscono una struttura ricettiva che, anche se utilizzata per un periodo limitato, determinano, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, una produzione di rifiuti che è del tutto assimilabile a quella che contrassegna la vita di una struttura alberghiera, di guisa che appare del tutto plausibile e giustificata la collocazione dei campeggi all’interno della più ampia categoria delle strutture ricettive di tipo alberghiero ai fini della determinazione della tariffa al metro quadro della tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Pres. Vacirca, Est. Massari - B. s.n.c. (avv.ti Frullini e Vecola) c. Comune di Serravezza (avv. Messina) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 13 luglio 2006, n. 3101 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Raccolta e smaltimento - Tributo - Principio di correlazione patrimoniale tra la misura del tributo e quella del servizio - Esclusione - Determinazione politico-discrezionale. La configurazione del tributo per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani come tassa non riposa sull'esclusivo principio di sinallagmaticità o di correlazione patrimoniale tra la misura del tributo stesso e quello del servizio reso dall'amministrazione, ma ne consente l'adeguamento politico sociale alle esigenze delle diverse fasce di popolazione con determinazione politico-discrezionale, insindacabile in sede di legittimità, della misura di partecipazione degli utenti ai costi di servizio. Pres. Vacirca, Est. Massari - B. s.n.c. (avv.ti Frullini e Vecola) c. Comune di Serravezza (avv. Messina) - T.A.R. TOSCANA, Sez. I - 13 luglio 2006, n. 3101 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Abbandono - Presenza di rifiuti sul ciglio della strada - Disciplina applicabile - Art. 14 codice della strada - Dovere funzionale di raccolta, trasporto e smaltimento - In capo all’ente proprietario o gestore - Sussistenza. La presenza di rifiuti abbandonati sul ciglio della strada è regolata in primis dalla alla norma di cui all’art. 14 (Poteri e compiti degli enti proprietari delle strade) del codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285), norma speciale che prevale sulla norma di settore in materia di rifiuti e che impone al proprietario o al gestore la pulizia della strada anche a fini di sicurezza della viabilità, sicchè il dovere funzionale di raccolta, trasporto e avvio a smaltimento dei rifiuti giacenti su una strada statale attribuita in gestione all’ente provinciale incombe in capo a quest’ultimo. Pres. d’Alessandro, Est. Carpentieri - Amministrazione Provinciale di Napoli (avv.ti Di Falco e Cosmai) c. Comune di Casoria (avv.ti Cresci e Iavarone) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 11 luglio 2006, n. 7428 (vedi: sentenza per esteso)
 

Rifiuti - Rifiuti radioattivi - Legge Regione Molise 27 maggio 2005, n. 22 - Divieto di deposito e stoccaggio di materiali nucleari non prodotti nella regione - Illegittimità costituzionale. E’ costituzionalmente illegittima la legge della Regione Molise 27 maggio 2005, n. 22 (Disciplina regionale in materia di rifiuti radioattivi), atteso che la materia dell’ambiente e dell’ecosistema rientra nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. s, Cost), anche se ciò non esclude il concorso di normative regionali, fondate sulle rispettive competenze, volte al conseguimento di finalità di tutela ambientale. Lo specifico problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, che ha una dimensione nazionale, non può essere risolto dal legislatore regionale in base al criterio della c.d. autosufficienza a livello regionale, dovendo invece tenersi conto della possibile irregolare distribuzione di tali rifiuti sul territorio nazionale. E’ inoltre escluso che la Regione possa adottare misure dirette ad ostacolare la circolazione di persone e cose tra le Regioni (cfr. Sent. Corte Cost. n. 62/2005). Pres. Marini, Est. Bile - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Molise - CORTE COSTITUZIONALE, 28 giugno 2006 (ud. 21 giugno 2006), sentenza n. 247 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - V.I.A. - Impianto di incenerimento - Sottoposizione a VIA - Parametro di riferimento - Capacità progettuale e nominale dell’impianto - DM 503/97, DM 124/00, Dir. 200/76/CE. Ai fini della sottoposizione alla procedura di VIA, la normativa, è inequivoca nel prendere a riferimento non la concreta e attuale capacità di un impianto di incenerimento, ma la sua capacità progettuale e nominale, definita (art 2. comma 1 lett. b) del DM n. 503/97 e dell’art. 2 comma 1 lett. g) del DM n. 124/00) come “la somma della capacità di incenerimento dei forni che compongono l’impianto quali previste dal costruttore e confermate dal gestore” espressa nella quantità di rifiuti che può essere incenerita in un’ora, come analogamente dispone anche l’art. 4, n. 7 della direttiva CE n. 2000/76. Pres. Santoro, Est. Metro - C. s.r.l. (avv.ti Cantarella, Maggiani e Codacci Pisanelli) c. Provincia di Pavia (avv. Adavastro) - (conferma T.A.R. LOMBARDIA, Milano, n. 1634/2004) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 27 giugno 2006 (c.c. 12 luglio 2005), sentenza n. 4136 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Terre e rocce da scavo - Sostanze inquinanti. L’inquinamento che non snatura le terre e rocce da scavo è esclusivamente quello afferente alle sostanze inquinanti, derivanti dall’attività di escavazione, perforazione e costruzione e, cioè, dalle stesse operazioni di scavo, mentre i materiali diversi, derivanti da demolizioni edilizie, non rientrano in tale categoria. Pres. Postiglione - Est. Lombardi - Ric. Dotti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 23 giugno 2006 (Ud. 09/06/2006), Sentenza n. 22063 (vedi: sentenza per esteso)

 

Codice dell’Ambiente - D. Lgs. 152/2006 - Norme in materia ambientale - Regione Emilia Romagna - Istanza di sospensione ex artt. 35 e 40 L. 87/1953 - Non luogo a provvedere. La Corte Costituzionale dichiara non luogo a provvedere sull’istanza di sospensione degli artt. 63, 64, 101, comma 7, 154, 155, 181, commi da 7 ad 11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, 214, commi 3 e 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) proposta dalla Regione Emilia-Romagna, atteso che la ricorrente, nel sollecitare l’esercizio del potere di sospensione delle norme impugnate, ha tuttavia prospettato in maniera sostanzialmente assertiva la sussistenza dei relativi presupposti, omettendo di svolgere argomenti in grado di indurre questa Corte ad eventualmente adottare, d’ufficio, i provvedimenti di cui agli artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953. Pres. Bile, Red. Tesauro - Regione Emilia Romagna c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE, 22 giugno 2006 (ud. 21 giugno2006), ordinanza n. 245 (vedi: ordinanza per esteso)

 

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Qualifica di “sottoprodotto” - Fanghi provenienti dalla lavorazione di materiali lapidei - Esclusione - Requisito della certezza del riutilizzo del materiale - Dimostrazione attraverso riscontri oggettivi - Necessità - Art. 183, lett. n) D. Lgs. 3/04/2006 n. 152. In tema di rifiuti, va esclusa la qualifica di “sottoprodotto” ai fanghi provenienti dalla lavorazione di materiali lapidei allorquando manchi la certezza che gli stessi possono essere e sono effettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente. Il requisito della certezza del riutilizzo del materiale, non può essere comprovato dalle mere dichiarazioni testimoniali di dipendenti della società ma deve essere suffragato da riscontri oggettivi, quali l’annotazione nei registri di carico e scarico, la documentazione del trasporto presso i cantieri ove sarebbe avvenuto il riutilizzo ed in presenza di rilevi diretti della PG che documentino, in relazione all’altezza ed al grado di essiccazione dei cumuli una prolungata giacenza degli stessi sul luogo di deposito. Pres. Postiglione Est. Ianniello Ric. Giannecchini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21 giugno 2006 (c.c. 25/05/2006), Sentenza n. 21512

 

Rifiuti - Materiale di dragaggio porti marittimi - Rifiuti dei "materiali litoidi" - Esclusione - Art. 185, c. 1° D.Lgs. 152/2006. Il materiale di dragaggio dei porti marittimi non rientra nell'ipotesi di esclusione dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti dei "materiali litoidi" di cui all'articolo 185, comma primo D.Lgs. 152/2006. Pres. Postiglione Est. Fiale Ric. Poggi. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 21 giugno 2006, (Ud 21 marzo 2006), sentenza n. 21488 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Deposito temporaneo - Presupposti - Art. 6, co. I lett. m), del D. L.vo n. 22/97. Deve essere esclusa l'applicabilità dell'art. 6, co. I lett. m), del D. L.vo n. 22/97 circa il deposito temporaneo dei rifiuti, nel caso accertato che il deposito, oltre ad essere eseguito in quantità superiore a quella consentita dalla norma (20 mc.), non avviene nel luogo di produzione dei rifiuti, come prescritto dal citato art. 6, (in specie a circa quattro chilometri dalla località dichiarata), sicché a nulla rileva il fatto che anche il luogo di deposito potesse essere definito cantiere, risultando, peraltro, che lo stesso apparteneva ad un soggetto diverso (l'ente locale) dalla ditta esecutrice dei lavori. (Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Imp. Stefani ed altro).  CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16/06/2006 (Ud. 03/05/2006), Sentenza n. 20762 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Materiali bituminosi provenienti da demolizioni stradali sono rifiuti - Abbandono - Pubblica amministrazione - Ipotesi di rilascio di un'autorizzazione non rientrante nella sua competenza. I materiali bituminosi provenienti da demolizioni stradali sono rifiuti. In caso di abbandono degli stessi l'organo della pubblica amministrazione concorre con l'autore materiale anche nell'ipotesi di rilascio di un'autorizzazione non rientrante nella sua competenza allorché la stessa abbia rafforzato il proposito dell'autore della violazione o, addirittura, reso possibile la commissione del fatto. (Pres. Vitalone - Est. Lombardi - Imp. Stefani ed altro). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16/06/2006 (Ud. 03/05/2006), Sentenza n. 20762 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Ordinanze contingibili e urgenti - Presupposti - Fattispecie: ordinanza di cessazione dello spargimento di rifiuti inquinanti sul suolo. Il ricorso ai provvedimenti contingibili ed urgenti è indubbiamente legittimo quando sussistono situazioni nelle quali gli interventi da attuare per la tutela di taluni interessi primari (igiene, salute pubblica e tutela dell’ambiente) non possono essere né differiti, né attuati nelle forme proprie dei provvedimenti ordinari (postulanti, secondo regola, il previo avvio del procedimento), per l’immanenza della situazione di pericolo e per la necessità di reprimere una condotta illecita permanente rivolta contro tali specifici interessi, e ciò, ove occorra, anche in funzione cautelare e salvi i provvedimenti definitivi, sanzionatori o ripristinatori che conseguano alla misura contingibile ed urgente. (Nella specie, l’amministrazione aveva adottato un’ordinanza di cessazione dello spargimento di materiale organico, sulla scorta del risultato delle analisi condotte dall’ARPAV - il materiale sparso non aveva natura di ammendante organico ma di rifiuto inquinante - e della concretezza e attualità del pericolo, determinato dalla prosecuzione arbitraria di un’attività di compromissione ambientale già precedentemente inibita) Pres. ed Est. De Zotti - L.A. (avv.ti Fratta Pasini, Facciolo, Annunziata e Bondì) c. Comune di San Bonifacio (avv. Brugnoli) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 13 giugno 2006, n. 1726 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Appalti - Servizio di pulizia dell’arenile nella stagione estiva - Iscrizione all’Albo dei gestori - Necessità - Esclusione. L’affidamento del servizio di pulizia dell’arenile nel corso della stagione estiva, in quanto diverso dal servizio, di maggior impegno e complessità, di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani e assimilati, non richiede il requisito dell’iscrizione all’Albo nazionale delle imprese che effettuano professionalmente la gestione dei rifiuti. Pres. f.f. Speca, Est. Rasola - E. s.r.l. (avv. De Paulis) c. Comune di Tortoreto (n.c.) - T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila, 9 giugno 2006, n. 407

 

Rifiuti - Tassa comunale per lo smaltimento dei rifiuti - D.Lgs. 546/1992 - Tariffa - D.Lgs. 22/97 - Controversie - Riparto di giurisdizione. Le controversie, promosse in sede giurisdizionale nell'intervenuta vigenza ed operatività del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, per contestare, per il tramite dell'impugnazione di specifici atti impositivi, la sussistenza di obbligazioni tributarie concernenti la tassa comunale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, appartengono alla giurisdizione delle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 2 D.L.vo 546 del 1992, sia nel testo originario, sia in quello sostituito ad opera dell'art. 12 della L. 28 dicembre 2001 n. 448, avendo ad oggetto tributi comunali (Cass., SS.UU., 7 maggio 2003 n. 6954). Spettano invece alla giurisdizione amministrativa le controversie che investono la legittimità delle deliberazioni che istituiscono o modificano le tariffe sui rifiuti solidi urbani, in quanto eventualmente lesive di interessi legittimi (cfr., T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 3 luglio 2002 n. 3071, T.A.R. Veneto, Sez. III, n. 3808/2003). Né a diversa conclusione si perviene con riguardo alla qualificazione della nuova tariffa di cui all’art. 49, comma 5, del D.L.vo 22 del 1997 e succ. modd. e intt. come prezzo pubblico per il servizio e non già come tributo,e ai sensi del quale è affermata la sussistenza al riguardo della giurisdizione del giudice ordinario: permane infatti la giurisdizione del tar ove si faccia questione della legittimità di provvedimenti a contenuto generale che affermano la sussistenza dei presupposti per l’istituzione del nuovo sistema tariffario. Pres. Amoroso, Est. Rocco - R.E. ed altri (avv.ti Curato e Di Pietro) c. Comune di Conegliano (avv. Pellegrini) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 8 giugno 2006, n. 1718 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Tariffa di igiene ambientale - D.P.R. 158/1999 - Determinazione della parte variabile della tariffa - Sistema di calibratura individuale - Coefficienti presuntivi. In materia di tariffa di igiene ambientale, ai sensi del D.P.R. 158/1999, se un’Amministrazione ha impostato, reso operativo e "validamente sperimentato" un sistema di calibratura individuale (ossia di pesatura dei conferimenti individuali), farà riferimento a tali dati per il calcolo della parte variabile della tariffa; se, viceversa, non è stato ancora sperimentata in via operativa un meccanismo affidabile di calibratura, si provvederà all’applicazione di coefficienti presuntivi che costituiscono una base statistica comunque affidabile per la corretta applicazione della tariffa medesima. Pres. Amoroso, Est. Rocco - R.E. ed altri (avv.ti Curato e Di Pietro) c. Comune di Conegliano (avv. Pellegrini) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 8 giugno 2006, n. 1718 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - D.M. 324/1991 - Imprese iscritte alla CCIAA in settori diversi dallo smaltimento dei rifiuti - Necessità di preventivo aggiornamento dell’oggetto sociale - Esclusione - Iscrizione all’Albo degli smaltitori - Ammissibilità. Il requisito dell’iscrizione alla CCIAA come ditta esercente l’attività di smaltimento, richiesto dall’art. 11 del D.M. n. 324 del 21 giugno 1991, nel testo precedente al D.M. n. 406/98, deve essere inteso nel senso che le imprese che non rechino nell’oggetto sociale l’esercizio dell’attività di smaltitore possono essere assimilate alle “imprese di nuova costituzione”, con la conseguenza che esse potranno chiedere l’aggiornamento dell’oggetto sociale successivamente all’iscrizione all’Albo. La soprariportata tesi ermeneutica è confermata dal nuovo D.M. 28 aprile 1998, n. 406 -dettato in attuazione dell’art. 30, comma 6 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 - il quale ha abrogato il precedente D.M. n. 324/91 (art. 23, comma 7) ed ha disposto, all’art. 10, comma 2 che, per l’iscrizione all’Albo, i soggetti interessati devono essere semplicemente iscritti al registro delle imprese, con la sola eccezione delle imprese individuali. Pres. Giulia, Est. Giordano - Z. s.c.a r.l. (avv. Reale) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altro (Avv. Stato) e altro (n.c.) - T.A.R. LAZIO, Roma, sez. II bis - 31 maggio 2006, n. 4169 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Emergenza rifiuti - Provvedimenti commissariali (Campania) - Divieto di conferire e trattare nel medesimo impianto, rifiuti delle differenti tipologie - Illegittimità. In materia di  situazione di emergenza rifiuti e relativi provvedimenti commissariali, non è dato rinvenire, né nel decreto legislativo n. 22 del 1997, né nel decreto 5 febbraio 1998, alcuna disposizione dalla quale possa desumersi il divieto di conferire e trattare nel medesimo impianto rifiuti di differenti tipologia; al contrario, nell’ordinanza 13 aprile 2000 n. 103 del Presidente Regionale della Campania, adottata sulla base del disposto dell’art. 5 del D.Lgs. 22 del 1997, si rinvengono disposizioni nel senso della compatibilità del trattamento presso il medesimo impianto di differenti tipologie di rifiuti. Sicché, è illegittima la sospensione generalizzata dell’attività di messa in riserva e recupero dei rifiuti non pericolosi e la sospensione dal registro delle imprese di cui agli artt. 31 - 33 del D. Lgs. 22 febbraio 1997 n. 22, dell'impianto che disponga dell’autorizzazione ordinaria di cui agli artt. 27 e 28, disposte per effetto del provvedimento commissariale che immotivatamente disapplichi la normativa di settore. Pres. Elefante - Est. Allegretta - Ecopartenope s.r.l. (avv.ti Iacona e Andreoli) c. Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifica e tutela delle acque nella Regione Campania (riforma T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 14/01/2005 sentenza n. 146). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 29 maggio 2006 (c.c. 25/11/2005), Sentenza n. 3273 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Sospensione senza fissazione del temine finale dell’attività e dell’iscrizione nel registro delle imprese - Provvedimenti commissariali - Illegittimità. I provvedimenti commissariali impugnati e conseguentemente, per gli effetti riflessi, il provvedimento provinciale anch’esso oggetto dell’impugnazione devono essere annullati nella parte in cui dispongono la sospensione - senza fissazione del temine finale - dell’attività e dell’iscrizione nel registro delle imprese di cui agli artt. 31 - 33 del D. Lgs. 22 febbraio 1997 n. 22. Pres. Elefante - Est. Allegretta - Ecopartenope s.r.l. (avv.ti Iacona e Andreoli) c. Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifica e tutela delle acque nella Regione Campania (riforma T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 14/01/2005 sentenza n. 146). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 29 maggio 2006 (c.c. 25/11/2005), Sentenza n. 3273 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Attività di recupero di fertilizzanti - Comunicazione di inizio di attività - Carenza dei requisiti - Ordine al diniego di inizio attività - Errata interpretazione della sentenza di cui si chiede l’ottemperanza - Art. 57, sesto c., D.Lgs. n. 22/97 - Fattispecie. A seguito di sentenza di annullamento per carenza di motivazione e mancato rispetto dell’iter procedimentale, devono ritenersi legittimi, in quanto attuativi della sentenza, i successivi provvedimenti, emendati dai vizi riscontrati in giudizio, con i quali l’amministrazione accerti l’insussistenza dei requisiti per la prosecuzione dell’attività, dando un’adeguata motivazione in ordine al diniego per contrasto con nuove prescrizioni tecniche. (Nella specie erano stati annullati con sentenza il provvedimento dirigenziale d'interruzione dell’attività di produzione di fertilizzanti, nonchè il provvedimento dello stesso dirigente che aveva rigettato la comunicazione di inizio di attività. Il primo provvedimento era stato annullato in quanto l’amministrazione aveva fondato il diniego sulla diversa classificazione dell’attività di recupero di fertilizzanti, senza accertare la carenza dei requisiti previsti dall’articolo 57, sesto comma, del decreto legislativo n. 22/97, ai fini dell’applicazione del regime transitorio ed il secondo provvedimento, per carenza di motivazione). Pres. Santoro - Est. Metro - Soc. I.R.M.A. s.r.l. (avv.ti Marcomini e Giampiero) c. Amministrazione Provinciale di FERRARA (avv.ti Berti e Natoli) (conferma T.A.R. Emilia Romagna (BO) Sezione II, n. 139/2004). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 29/05/2006 (C.C. 1/07/2005), Sentenza n. 3232

 

Rifiuti - Appalti - Bando di gara inerente lo smaltimento di liquami di fogna - Requisito della iscrizione all’albo degli smaltitori - Necessità di specifica previsione nel bando - Esclusione - Norme imperative autoesecutive - Trovano applicazione anche in difetto di richiamo nella lex specialis. Le norme imperative cd. autoesecutive trovano applicazione nelle procedure ad evidenza pubblica anche nel caso in cui esse non vengano richiamate dalla lex specialis (ex multis, TAR Veneto, Sez. I, 15.4.2004, n. 1038; Cons. Stato, Sez. IV, 10.1.2002, n. 113). Viceversa, l’Amministrazione deve richiamare espressamente nel bando quelle norme la cui inosservanza può essere causa di esclusione dalla procedura, ma che trovano applicazione solo in determinati casi, e ciò in quanto le imprese partecipanti debbono conoscere in anticipo le cause di esclusione. Ne deriva che, nell’ipotesi di bando di gara avente ad oggetto lo smaltimento di liquami di fogna, l’Amministrazione non è tenuta ad indicare nel bando l’obbligo di iscrizione nel Registro delle imprese abilitate allo smaltimento dei rifiuti, tanto più ove gli specifici lavori di smaltimento non integrino la soglia minima di cui all’art. 18, comma 2, della L. 55/1990, in quanto, in tal caso, l’impresa aggiudicataria può eseguire la lavorazione con qualsiasi sistema (ivi compreso il subappalto) senza dover comunicare nulla alla stazione appaltante. Resta ferma, naturalmente, la necessità, per il soggetto che eseguirà materialmente la prestazione, di essere in possesso di tutte le autorizzazioni previste dalle vigenti norme. Pres. Cavallari, Est. Capitanio - N.P. s.r.l. e altro (avv. Capone) c. Comune di Gallipoli (avv. Tuccari) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. II - 23 maggio 2006, n. 2956

 

Rifiuti - Terre e rocce da scavo - L. 443/2001 - Esclusione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti - Condizioni - Impianto di smaltimento - Provvedimento della Provincia diretto ad assicurare la non diluizione delle terre provenienti da bonifica di siti contaminati - Legittimità. Ai sensi della L. 443/2001 e succ. mod., le terre e rocce da scavo sono escluse dal campo di applicazione della normativa dei rifiuti, a condizione che siano rispettate precise condizioni ricavabili dalla stessa norma: il materiale deve rispettare i limiti di concentrazione previsti dal DM 471/99 (in tema di bonifica dei siti inquinati), funzionalmente alla destinazione urbanistica del luogo nel quale sarà utilizzato; deve essere effettivamente ed oggettivamente riutilizzato; deve essere previamente acquisito il parere dell’ARPAV od in alternativa il progetto in cui dette terre vengono impiegate deve aver subito la VIA con contestuale valutazione dell’uso di tali terre da scavo; le terre devono infine essere rintracciabili, cioè occorre conservare la documentazione idonea a individuare in quali siti è stato utilizzato. Per effetto di quest’ultima esigenza, correlata alla necessità di rispettare il principio di non diluizione in riferimento alle caratteristiche dell’impianto di destinazione, deve ritenersi legittimo l’intervento dell’amministrazione provinciale volto ad evitare che rifiuti costituiti da terre e rocce da scavo derivanti da siti inquinati con caratteristiche di contaminazione completamente diverse, possano essere mescolate, consentendo che rifiuti con identico codice CER ma con caratteristiche chimiche tali da non renderli direttamente recuperabili in determinate attività, lo diventino a causa di miscelazioni comportanti diluizioni. Tale intervento, peraltro, risulta giustificato dall’art. 5, c. 2 del D.M. 3.8.2005, relativo ai criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, ai sensi del quale non è consentito lo smaltimento di rifiuti costituiti da terra da scavo senza caratterizzazione ove queste provengano da siti contaminati. (Nella specie, la provincia, in epoca successiva al rilascio della autorizzazione alla gestione dell’impianto di stoccaggio intermedio di terre da scavo derivanti dalla bonifica del sito di interesse nazionale di Porto Marghera, aveva prima diffidato il gestore dell’impianto dal ricevere detti materiali; aveva quindi emanato delle linee guida dirette ad assicurare la non diluizione di terre, richiedendo quindi allo stesso operatore di adeguare il proprio manuale di gestione alle linee guida). Pres. De Zotti, Est. Savoia - E. s.p.a. (avv.ti Giuri, Rizzardi e Veronese) c. Provincia di Venezia (avv.ti Brusegan e De Benedetti) e ARPAV (avv. Andreasi Bassi) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 23 maggio 2006, n. 1444 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Smaltimento dei rifiuti - Demanio dello Stato - Ordine di ripristino dei luoghi imposto ad altra P.A. - Legittimità - Fondamento - Spese sostenute per il perseguimento d'ufficio - Principio di sussidiarietà - Esclusione - Riparto di competenze fra Stato, Regioni, Province e Comuni. In materia dello smaltimento dei rifiuti, l’ordine di ripristino dei luoghi (rimozione dei rifiuti abusivamente depositati su un’area demaniale di un fiume e l’esecuzione delle bonifiche necessarie), è legittimamente posto a carico di altra P.A., quando si tratta di area (in specie di proprietà del Demanio dello Stato … gestita ed in possesso del Ministero delle Finanze), con la quale essa si trovi in un rapporto tale da poter, prima, impedire la causazione dell’illecito de quo e, poi, eseguire gli interventi necessari al fine di eliminare la riscontrata situazione di pericolo per la salubrità dell’ambiente e dunque per la salute pubblica (v. Cons. St., V, 2 aprile 2001, n. 1904 e 2 aprile 2003, n. 1678), che è, per di più, pacificamente presupposto legittimante l’esercizio del potere sindacale di intervenire in via contingibile ed urgente, con il richiamo in essa contenuto dell’art. 38 della legge 8 giugno 1990, n. 142. In tali casi, è inconferente l’invocazione del principio di sussidiarietà (che “impone che gli interventi pubblici siano svolti al livello più appropriato”), poiché, se è vero che tale principio sembra presiedere al complesso riparto di competenze fra Stato, Regioni, Province e Comuni disegnato nella materia dello smaltimento dei rifiuti dal legislatore del D.P.R. n. 915, la sua applicazione concreta non comporta di certo un esonero dalla specifica obbligazione gravante su chi ha la responsabilità dell’area compromessa dall’abbandono abusivo, anche quando tale soggetto sia, come nel caso di specie, una pubblica amministrazione, il principio di sussidiarietà non potendo di sicuro valere a coprire le conseguenze della violazione di precisi obblighi posti dal legislatore a salvaguardia degli interessi rilevanti in materia; salvo, poi, dover verificare in un successivo momento quali siano i soggetti, a cui effettivamente accollare le spese sostenute per il perseguimento, d'ufficio, della tutela degli interessi della collettività interessata. Pres. Saltelli - Est. Cacace - MINISTERO delle Finanze (Avvocatura Generale dello Stato) c. Comune di San Giorgio della Richinvelda (avv.ti Longo e Mazzarelli) (conferma T.A.R. Friuli  Venezia Giulia, n. 1459/98). CONSIGLIO DI STATO, Sezione IV, 12/05/2006 (c.c. 17/2/2006), Sentenza n. 2676 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Discariche - Regione Puglia - Artt. 5 e 6 L.R. 30/86 - Province - Potere autorizzatorio - Sopravvenuta normazione nazionale di principio - D.Lgs. 22/97 - Abrogazione della disciplina regionale - Attribuzione del potere autorizzatorio alle Regioni. Gli articoli 5 e 6 della L.R. Puglia n. 30/1986, che delegavano alla province pugliesi il potere di autorizzare la realizzazione degli impianti di discarica, devono ritenersi abrogati dalle disposizioni di cui agli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 22/97, che hanno attribuito alle Regioni il potere di approvare i progetti e autorizzare la realizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti. Il sopravvenire di una disciplina legislativa statale avente natura oggettiva di normazione di principio, tale da costituire un limite all’esercizio di competenze legislative delle regioni a statuto ordinario (Corte Cost. n. 171/99), comporta infatti l’effetto dell’abrogazione delle disposizioni regionali incompatibili. Ne deriva l’illegittimità dell’esercizio del potere autorizzatorio esercitato in Puglia dalla Provincia nella vigenza del D.Lgs. n. 22/97. Pres. Urbano, Est. Morea - Legambiente circolo Gaia e altri (avv. Mescia) c. Provincia di Foggia, Regione Puglia e Comune di Orta Nova (n.c.) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 10 maggio 2006, n. 1639 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Fanghi di depurazione - Gestione - Attività di spargimento dei fanghi oltre il termine previsto - Comunicazione all'autorità competente - Necessità - Reato di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione - Art. 16 D.Lgs. n. 99/1992 - Configurabilità. In tema di disciplina dei fanghi di depurazione, l'inizio dei lavori di spargimento dei fanghi oltre il termine previsto e senza alcuna comunicazione all'autorità competente, configura il reato di cui all'art. 16, comma quinto, del D.Lgs. 27 gennaio 1992 n. 99, inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione. Presidente: Papadia U. Estensore: Gentile M. Relatore: Gentile M. Imputato: P.M. in proc. Cella. P.M. Fraticelli M. (Conf.), (Annulla con rinvio, Trib. Ferrara, 1 Febbraio 2005). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 21/04/2006 (Ud. 14/03/2006), Sentenza n. 14242 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Smaltimento - Procedura semplificata - Art. 33 D.Lgs. 22/97 - Obbligo del rispetto delle prescrizioni urbanistiche e delle norme relative allo svolgimento delle attività produttive - Permanenza. La procedura semplificata di cui all’art. 33 del D.lgs. 22/97 non esclude, ma anzi presuppone, le autorizzazioni di competenza comunale. La norma esonera infatti dagli adempimenti richiesti dall’art. 28, ma fa salvi gli obblighi derivanti dalle prescrizioni urbanistiche nonché dalla normativa dettata per lo svolgimento di attività produttive. Nella Regione Toscana, analogo principio si rinviene nell’art. 13 del regolamento regionale di attuazione della L.R. n. 25/1998. Pres. Petruzzelli, Est. Spiezia - E. s.r.l. (avv.ti Altavilla e D’Antone) c. Provincia di Pisa (avv.ti Salvini e Antoniani) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 20 aprile 2006, n. 1333

 

Rifiuti - Ordinanza ex art. 14 d.lgs. 22/97 - Competenza dirigenziale - Art. 107 D.Lgs. 267/2000. L’ordinanza di cui all’art. 14 del D. Lgs. 22/97, nona vendo i caratteri di contingibilità e urgenza, è di competenza dirigenziale. Ancorché, infatti, il ricordato art. 14 conferisca al Sindaco - quale capo dell’Amministrazione locale e non in veste di ufficiale di governo - la competenza ad emettere l’ordinanza de qua, la norma va coordinata con le posteriori disposizioni, inerenti al riparto di competenze fra organi di indirizzo politico e organi burocratici. In particolare, va letta alla stregua di quanto disposto dall’art. 107 del D.Lg. 18 agosto 2000, n. 267, il quale attribuisce ai dirigenti, tra l’altro, l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’Amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’Ente. Pres. De Zotti, Est. De Piero - F.W. e altro (avv.ti Buran e Piva) c. Comune di San Donà di Piave (avv. Parrotta) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 14 aprile 2006, n. 1010

 

Rifiuti - Dichiarazione d’emergenza ambientale - Provvedimenti commissariali consequenziali - Attribuzione della competenza al TAR Lazio - Art. 3, cc. 2-bis, ter e quater L. 21/2006 - Lavori parlamentari - Contrasto con la volontà obiettiva della legge - Limitazione alla sola Regione Campania - Esclusione. L’art. 3, cc. 2-bis, ter e quater della legge 27 gennaio 2006, n. 21, che attribuisce al TAR Lazio la competenza a conoscere delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti commissariali consequenziali alla dichiarazione di emergenza ambientale, non può ritenersi limitato all’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania, pur se i lavori parlamentari sembrano deporre in tal senso. Com’è noto, infatti, ai lavori preparatori può riconoscersi valore unicamente sussidiario nell'interpretazione di una legge. Se da essi possono trarsi elementi utili ai fini dell'individuazione del significato di singole disposizioni normative e della ratio che le giustifica, tale operazione trova tuttavia un limite in ciò che la volontà da essi risultante non può sovrapporsi alla volontà obiettiva della legge, quale emerge dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dall'intenzione del legislatore intesa come volontà oggettiva della norma (voluntas legis), da tenersi distinta dalla volontà dei singoli partecipanti al processo formativo di essa (voluntas legislatoris). Pres. Amoroso, Est. Stevanato - D.E.C. n.v. (avv.ti Pagnoscin e Lucchetta) c. Commissario delegato per l’emergenza socio economico ambientale relativa ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 12 aprile 2006, ordinanza n. 1006 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Rifiuti - Emergenza ambientale - Provvedimenti commissariali consequenziali - Attribuzione alla competenza del TAR Lazio - Art. 3, c. 2-bis, ter e quater L. 21/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Rilevanza e non manifesta infondatezza - Artt. 3, 24, 111, 113 e 125 Cost. E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del D.L. 30.11.2005 n. 245 convertito in legge 27.1.2006 n. 21, per contrasto con gli artt. 3, 24, 111, 113 e 125 della Costituzione. Pres. Amoroso, Est. Stevanato - D.E.C. n.v. (avv.ti Pagnoscin e Lucchetta) c. Commissario delegato per l’emergenza socio economico ambientale relativa ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 12 aprile 2006, ordinanza n. 1006 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Rifiuti - Recupero - Iscrizione al registro delle procedure semplificate - Revoca - Art. 33 D.Lgs. 22/97 - Assegnazione di un termine per l’adeguamento alla legge e alle prescrizioni provinciali - Necessità - Mancanza - Illegittimità del provvedimento di revoca. In tema di revoca dell’iscrizione di un’impresa nel registro delle procedure semplificate, per l’accertato mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni di cui al comma 1 dell’art. 33 del D.lgs. 22/97, la potestà inibitoria della provincia è chiaramente condizionata (T.A.R. Lazio, II, 21/1/2004, n. 593) dal mancato comportamento conformativo - alla norma e alle prescrizioni provinciali - dell’interessato entro il termine a tal fine assegnatogli. Ne consegue l’illegittimità del provvedimento di revoca privo del previsto termine sollecitatorio, indipendentemente dal rinvenimento sul posto di rifiuti pericolosi, posto che la norma di cui al comma 4 del menzionato art. 33 non fa eccezioni in funzione della natura dei rifiuti. Pres. Camozzi, Est. Pennetti - D.M.E. (avv. Di Pede) c. Provincia di Matera (avv. D’Onofrio) - T.A.R. BASILICATA - 10 aprile 2006, n. 237 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Fanghi essiccati residui della lavorazione di calcestruzzo - Natura di rifiuti. In tema di gestione dei rifiuti, i fanghi essiccati derivanti dall'attività di produzione di calcestruzzo costituiscono rifiuti non pericolosi, il cui abbandono in modo incontrollato integra il reato di cui all'art. 51, comma primo, del D.Lgs. n. 22 del 1997. Pres. Postiglione A. - Est. Teresi A. - Rel. Teresi A. - Imp. Cadelano. - P.M. Ciampoli L. (Conf.). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28 marzo 2006 (Ud. 2/03/2006), Sentenza n. 10629 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Imprese esercenti servizi di smaltimento - Albo nazionale - Obbligo di iscrizione - Limitazione alle sole imprese che svolgono raccolta e trasporto di rifiuti prodotti da terzi anche se a titolo professionale - Art. 30, c. 4, D. L.vo n.22/1997 e s.m. - Eccezione di costituzionalità. La Corte ha sollevato d’ufficio la eccezione di costituzionalità della disposizione di cui all’art. 30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, come modificata dall’art. 1, comma 19, della legge 9 dicembre 1998 n. 426, ai sensi della quale l’obbligo dell’iscrizione all’Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento rifiuti sussiste solo per “le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi” osservando che la Direttiva 91/156/CEE prevede, all’art. 12, che “gli stabilimenti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto di rifiuti a titolo professionale, o che provvedono allo smaltimento o al recupero di rifiuti per conto di terzi (commercianti o intermediari) devono essere iscritti presso le competenti autorità qualora non siano soggetti ad autorizzazione” e che a tale punto della Direttiva si era data esatta attuazione con il decreto n. 22, allorché era stato previsto che “le imprese che svolgono a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi, anche se da esse prodotti…devono essere iscritte all’Albo”. Diversamente, la modifica di tale originaria disposizione operata dal citato art.1, comma 19, della legge 426 del 1998, che ha portato alla disposizione in vigore, giustifica i dubbi di costituzionalità per mancata adesione dell’Italia alle disposizioni comunitarie, atteso che sul punto anche la Corte di Giustizia, con la sentenza 9 giugno 2005 assunta nella procedura di infrazione promossa dalla Commissione, ha affermato che il nostro paese è venuto meno agli obblighi imposti con le direttive in materia di rifiuti consentendo l’esercizio della raccolta e trasporto dei rifiuti propri in forma professionale senza obbligo di iscrizione all’Albo. Presidente G. De Maio, Relatore P. Onorato. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24 marzo 2006 (ud. 24/11/2005), Sentenza n. 10328

 

Rifiuti - Spedizione transfrontaliera - Regolamento CEE n. 259/93 - Amministrazione competente - Procedimento amministrativo - L. 241/90, come modificata dalla L. 80/2005 - Mancata adozione di un provvedimento espresso nel termine di 90 giorni - Silenzio inadempimento. Il Regolamento CEE n. 259/93, con riferimento alla spedizione transfrontaliera di rifiuti speciali pericolosi destinati al recupero (nella specie: traversine di legno impregnate di olio di cresoto), non precisa le conseguenze nel caso di mancata pronuncia espressa delle autorità competenti. Non può quindi individuarsi nella disciplina comunitaria alcuna forma di silenzio tipizzato o significativo. Tuttavia, la stessa procedura, almeno per la parte che riguarda il modo di operare delle strutture pubbliche nell’ambito territoriale dello Stato italiano, non si sottrae all’applicazione della normativa interna che reca principi generali sul procedimento amministrativo. E’ pertanto necessario un provvedimento espresso ai sensi dell’art. 2 della L. 241/90, da adottarsi entro il termine di 90 giorni (L. 80/2005). L’inerzia dell’amministrazione configura un illegittimo silenzio inadempimento. Pres. De Zotti, Est. De Piero - E. s.p.a. (avv.ti Cappelletto e Carruba) c. Regione Veneto (avv.ti Morra e Specchio) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 23 marzo 2006, n. 689 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti abbandonati - Deposito incontrollato di rifiuti - Ordine di smaltimento - Proprietario dell’area o soggetto che ha la disponibilità dell’area - Limiti. L’ordine di smaltimento dei rifiuti abbandonati ex art. 14 del D.Lgs n. 22 del 1997 non può essere indiscriminatamente rivolto al proprietario, o comunque, al soggetto che ha la disponibilità dell’area, ma postula l’imputabilità al proprietario stesso “ a titolo di dolo o colpa” dei fatti di abbandono e/o di deposito incontrollato di rifiuti (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, n. 840/2005; n. 3930/2003; n. 11390/2003; n. 116/2005; sez. V, n. 6348/05; n. 11226/05; C.d.S., sez. V, n. 935/2005; n. 136/2005; n. 323/2005). Pres. D'Alessandro, - Est. Palatiello - MATANO ed altri (avv. Actis) c. COMUNE DI MARCIANISE (n.c.). T.A.R. NAPOLI, Sez. V, 23/03/2006, Sentenza n. 3686

 

Rifiuti - Rifiuti urbani e assimilati - Gestione integrale - Appalti - Società che gestiscono servizi pubblici locali - Partecipazione alle gare - Preclusione - Art. 113 c. 6, T.U. n. 267/00 - Applicabilità agli appalti in corso. Non sono ammesse a partecipare alle gare per l’affidamento della gestione integrale del ciclo dei rifiuti urbani e assimilati le società che, in Italia o all’estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi (Art.113, c. 6, T.U. n. 267/00). La norma, nel settore dei rifiuti urbani, trova applicazione anche agli appalti in corso, atteso che solo nei settori dei trasporti e della distribuzione del gas apposite disposizioni transitorie ne hanno differito l’applicabilità. (cfr. Tar Lombardia, 13 aprile 2004, n.1453). Pres. f.f. Rovis, Est. Savoia - D.V.T. s.p.a (avv.ti Contrieri e Macri) c. Comune di Ponte di Piave (avv.ti De Lucca e Veronese) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 17 marzo 2006, n. 614

 

Rifiuti - Discariche esistenti - D. Lgs. 30/2003 - Piano di adeguamento - Discarica pressoché esaurita - Prescrizioni - Limiti. Il D. Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 trova applicazione sia per le discariche da autorizzare in futuro, sia per quelle in attività (in tal senso depone l’art. 17 - che fa obbligo ai titolari delle autorizzazioni già in essere di presentare un piano di adeguamento - e l’art. 3). E’ pertanto corretto escludere dall’obbligo di presentare il piano di adeguamento le sole discariche già chiuse, ovvero quelle per le quali sia già stata inoltrata la comunicazione di fine lavori. Tuttavia, il piano di adeguamento, che non può essere una meccanica applicazione delle nuove disposizioni agli impianti esistenti, deve tener conto della situazione di fatto e dello stato in cui la discarica si trova nel momento dell’entrata in vigore della legge. Ne consegue l’illegittimità della prescrizione diretta al gestore di una discarica pressochè esaurita, che imponga la prosecuzione della gestione post operativa per un periodo almeno trentennale (ex art. 8 D. Lgs. 36/2003), senza valutare l’impraticabilità, di fatto, di un adeguamento ex post del piano finanziario di gestione dell’impianto che avrebbe consentito la revisione dei prezzi praticati al fine di provvedere ai necessari accantonamenti. Pres. De Zotti, Est. De Piero - S.I. s.p.a. (avv.ti Pellegrini e Rizzi) c. Regione Veneto (avv.ti Morra, Zanon e Specchio) e Provincia di Treviso (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 17 marzo 2006, n. 609 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Discariche - Regione Veneto - L.R. n. 3/2000, art. 32, c. 4 - Discarica esistente suscettibile di ampliamento - Nozione. Per poter essere suscettibile di ampliamento ai sensi dell’art. 32, comma 4, della Legge Regione Veneto del 21 gennaio 2000, n. 3, una discarica, definita genericamene “esistente”, deve essere “ancora in attività”. Ciò significa, utilizzando le stesse espressioni della legge regionale, che saranno ampliabili, senza che ciò implichi la creazione di una nuova discarica, ai fini dell’approvazione del relativo progetto, solo le discariche “per le quali non sia stato ultimato l’intervento di ricopertura finale in conformità al progetto approvato”, dovendo considerarsi comunque “non più in attività” quelle per le quali, dopo la ricopertura finale “sono (purtuttavia) ancora in corso la gestione ed il controllo del percolato e del biogas e gli interventi di mitigazione degli effetti della discarica sotto il profilo paesaggistico. Pres. De Zotti, Est. De Piero - Comune di Sommacampagna (avv.ti Sala e Zimbelli) c. Regione Veneto (avv.ti Morra e Zanon), riunito ad altro ricorso - T.A.R. VENETO, Sez. III - 17 marzo 2005, n. 608 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Rottame in stato di abbandono non suscettibile di riutilizzo - Natura di rifiuto - Art. 14 D. Lgs. 22/97 - D.L. 138/2002 - Fattispecie. Ai sensi dell’art. 14 del D. Lgs. 22/19997, come interpretato da D. L. 138/2002, convertito in legge 178 del 2002, costituisce rifiuto una gru ridotta a rottame, non suscettibile di riutilizzo ed in stato di abbandono da oltre due anni. (nella specie, lo stato di degrado, l’arrugginimento, il carattere obsoleto, l’inesistente manutenzione, la stessa natura di rottame, sono stati ritenuti elementi decisivi in ordine alla volontà del proprietario di disfarsi della gru). Pres. Papiano, Est. Di Benedetto - M.C. s.r.l. (avv. Angelucci) c. Comune di Monte San Pietro (avv. Ferrero) - T.A.R. EMILIA - ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 15 marzo 2006, n. 325 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Provvedimenti adottati nelle situazioni di emergenza - D.L. 245/2005 conv. in L. 21/2006 - Art 3, co. 2 bis - Devoluzione della competenza al Tar Lazio - Questione di legittimità costituzionale - Non manifesta infondatezza - Rilevanza della questione sollevata in sede cautelare, ove siano carenti i presupposti per la sospensione - Esclusione. Si appalesa non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 3, 24, 25 e 97 cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, co. 2-bis del decreto-legge n. 245 del 2005 (introdotto dalla legge di conversione n. 21 del 2006 ed entrata in vigore il 29/1/2006, applicabile anche ai giudizi pendenti) che devolve al Tar Lazio la competenza in materia di provvedimenti adottati nelle situazioni di emergenza ex art. 5, c. 1, l. 225/1992. La devoluzione ad altro Tribunale amministrativo della cognizione su controversie relative ad atti emanati da autorità amministrative insediate nella regione e con effetti circoscritti pure rientranti nell’ambito regionale, per fatti aventi la loro origine nella regione e con effetti circoscritti alla regione appare in contrasto infatti con i principi di ragionevolezza e di uguaglianza, con il principio del giudice naturale, con i principi di economicità, celerità, effettività ed agevolezza nell’accesso alla tutela giurisdizionale, nonché con il principio di buon andamento dell’attività amministrativa. E’ da escludere, tuttavia, la rilevanza della questione di legittimità costituzionale in sede di tutela cautelare, ove non sussistano i presupposti per l’emanazione dell’invocata sospensione. Pres. f.f. Donarono, Est. Buonauro - Comune di Acerra (avv. Balletta) c. Commissario di Governo Emergenza Rifiuti Campania (avv. D’Amico) e altri (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 15 marzo 2006, Ordinanza n. 733 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Rifiuti - Provvedimenti adottati nelle situazioni di emergenza ex art. 5, c. 1, l. 225/1992 - Competenza - T.A.R. Lazio, sede di Roma - L. 21/2006, art. 3, commi 2 bis, 2 ter e 2 quater - Questione di legittimità costituzionale - Rilevanza e non manifesta infondatezza - Artt. 24, 25 e 125 Cost. E' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2 bis, comma 2 ter, comma 2 quater della legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 125, 24 e 25 della Costituzione. Pres. f.f. ed Est. Messina - Comune di Paternò (avv. Mingiardi) c. Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e tutela acque, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero Ambiente - Comm. VIA (Avv. Stato), Sicil power spa (avv.ti Briguglio, D'alessandro, Abbamonte), Comune di Catania (avv. Patanè), Provincia di Catania (avv. Mineo), Società L'altacoen s.r.l. (avv. Fazzi) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 7 marzo 2006, ordinanza n. 90 (vedi: ordinanza per esteso)


Rifiuti - Provvedimenti adottati nelle situazioni di emergenza ex art. 5, c. 1, l. 225/1992 - Competenza - T.A.R. Lazio, sede di Roma - L. 21/2006, art. 3, commi 2bis, 2 ter e 2 quater - Questione di legittimità costituzionale - Rilevanza e non manifesta infondatezza - Artt. 3, 24, 25 e 125 Cost. - Art. 23, c. 1 Statuto speciale Regione Siciliana. E' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme dell’art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del D.L. 3 novembre 2005 n. 245, introdotti con la legge di conversione del 27.1.2006 n. 21, per violazione degli artt. 3, 24, 25 e 125 della Costituzione, nonchè dell'art, 23, primo comma, dello Statuto speciale della Regione siciliana (R.D. Lvo 15 maggio 1946 n. 455, convertito nella l. cost. 26 febbraio 1948, n. 21 e s.m.i., in relazione anche al D. Lvo 6 maggio 1948 n. 654, e s.m.i.) nella parte in cui prevedono la competenza in primo grado, esclusiva ed inderogabile, estesa anche ai giudizi in corso, del T.a.r. del Lazio sui ricorsi giurisdizionali proposti avverso le ordinanze ed i provvedimenti adottati nell’ambito delle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art. 5 comma 1°, della legge 24 febbraio 1992 n. 225. Pres. Giallombardo, Est. Maisano - Legambiente comitato regionale siciliano (avv. Calandra) c. Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque nella regione siciliana (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 6 marzo 2006, ordinanza n. 67 (vedi: ordinanza per esteso)

 

Rifiuti - Rifiuti abbandonati - Ordinanze di rimozione e avvio al recupero - Competenza del sindaco - Esclusione - Dirigenti - Spettanza. Un consolidato e costante orientamento degli organi di giustizia amministrativa ha chiarito che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 14 del D.lg. 5 febbraio 1997, n. 22, e dell’art. 107 del D.lg. 18 agosto 2000, n. 267, il potere di adottare ordinanze per disporre la rimozione e l’avvio al recupero di rifiuti abbandonati non spetta al sindaco, ma rientra nella generale competenza gestionale dei dirigenti (T.A.R. Sardegna, sez. II, 24 gennaio 2005, n. 104; T.A.R. Molise, 25 novembre 2004, n. 729; T.A.R. Basilicata, 18 settembre 2003, n. 878; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 12 giugno 2003, n. 7532; T.A.R. Basilicata, 20 giugno 2003, n. 658). Pres. Catoni, Est. Eliantonio - A. s.p.a. (avv. Bucci) c. Comune di Spoltore (avv. Salvini) - T.A.R. ABRUZZO, Pescara - 4 marzo 2006, n. 145

 

Rifiuti - Beni culturali e ambientali - Nulla osta della Soprintendenza - Falsa rappresentazione della situazione di fatto - Determinazione Commissario Delegato, per l’emergenza rifiuti - Illegittimità. Il nulla osta della Soprintendenza, qualora dia una falsa rappresentazione della situazione di fatto, inficia la stessa determinazione, (in specie del Commissario Delegato, per l’emergenza rifiuti diretta all’esecuzione di una discarica controllata di rifiuti). Pres. Iannotta - Est. Marchitiello - Società Eco Polis, s.r.l. (Avv.ti Scoca e Profeta) c. Associazione Italia Nostra, O.N.L.U.S. (avv. Colapinto) (conferma TAR Puglia, Sezione III, del 13.10.2004, n. 4445). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 28 febbraio 2006 (c.c. 21.6.2005), Sentenza n. 879 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Valutazione di impatto ambientale - Progetto di realizzazione di una discarica - Parere della Soprintendenza - Necessità. E’ irrilevante, che il progetto di realizzazione di una discarica sia sottoposto con esito favorevole alla valutazione di impatto ambientale. Tale favorevole valutazione vale solo ad escludere, che il progetto debba essere integrato “con lo studio di impatto paesaggistico per la dimostrazione della utilità e della giustezza dell’allocazione proposta”, ma non esclude la esigenza di acquisire il parere della Soprintendenza, necessario nella specie, stante la specificità del vincolo paesaggistico posto dalla normativa a tutela delle aree archeologiche. Pres. Iannotta - Est. Marchitiello - Società Eco Polis, s.r.l. (Avv.ti Scoca e Profeta) c. Associazione Italia Nostra, O.N.L.U.S. (avv. Colapinto) (conferma TAR Puglia, Sezione III, del 13.10.2004, n. 4445). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 28 febbraio 2006 (c.c. 21.6.2005), Sentenza n. 879 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Attività di gestione di rifiuti - Concetto - Operazioni preliminari, di trattamento, di deposito - Attività volta all'eliminazione dei rifiuti - Autorizzazione regionale - Necessità - Concetto normativo di deposito temporaneo di rifiuti - Artt. 6 lettera m) n. 4, 51 d. lgs. 22/1997 - Fattispecie. Nel concetto di attività di gestione di rifiuti sono comprese tutte le fasi dell'impiego degli stessi consistenti in: operazioni preliminari (conferimento, spazzamento, cernita, raccolta e trasporto); operazioni di trattamento ( trasformazione, recupero, riciclo, innocuizzazione) ed operazioni di deposito (temporaneo e permanente nel suolo o sottosuolo). Sicché, qualsiasi attività volta all'eliminazione dei rifiuti, comprendente tutte le fasi che vanno dalla raccolta alla discarica, sono soggette all'autorizzazione regionale, pertanto per il loro smaltimento è indispensabile ottenere la prescritta autorizzazione. In specie, correttamente è stata esclusa la ricorrenza delle condizioni che integrano il concetto normativo di deposito temporaneo di rifiuti quando non sono state rispettate le condizioni di cui alla lettera m) n. 4 dell'art. 6 del decreto n. 22/1997. Il deposito temporaneo di rifiuti ai sensi dell'art. 6, punto m), del d. lgs 5 febbraio 1997 n. 22 è legittimo soltanto ove sussistano alcune precise condizioni temporanee quantitative e qualitative; in assenza di tali condizioni, il deposito di rifiuti nel luogo in cui sono stati prodotti è equiparabile giuridicamente all'attività di gestione di rifiuti non autorizzata, prevista come reato dall'art. 51 del d. lgs. 22/1997. (Cass, Sez. III n. 7140, 21.03.2000, Eterno, RV 216977). (Pres. Postiglione A.; Rel. Teresi A.; P.M Salzano F.; Imp. Castellini ed altri). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 22/02/2006 (Ud. 02/02/2006), Sentenza n. 6766 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Rapporto di continenza tra discarica abusiva e deposito di rifiuti - Principio di correlazione di cui all’articolo 521 c.p.p. tra accusa e sentenza. Tra il reato di discarica abusiva, che presuppone un’attività sistematica ed organizzata ed il deposito di rifiuti vi è rapporto di continenza con la conseguenza che la contestazione della prima lascia ampio margine per la qualificazione giuridica del fatto in sede di decisione senza che venga compromesso il principio di correlazione di cui all’articolo 521 c.p.p. tra accusa e sentenza. (Pres. Postiglione A.; Rel. Teresi A.; P.M Salzano F.; Imp. Castellini ed altri). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 22/02/2006 (Ud. 02/02/2006), Sentenza n. 6766 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Smaltimento rifiuti - Discarica non autorizzata - Confisca dell'area - Comproprietari non siano responsabili - Esclusione - Fondamento - D.L.vo 22/97. In materia di realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata, la confisca dell'area non può essere disposta dal giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 51 co. 3 cp D.L.vo 22/97, in caso di comproprietà dell'area stessa, allorché i comproprietari non siano responsabili, quanto meno a titolo di concorso, del reato di discarica abusiva, non avendo l'area natura intrinsecamente criminosa e potendo essere bonificata dai residui inquinanti (Sez. III, 26.2.2002 n.7430, rv.221384). Pres. Postiglione Est. De Maio Ric. Serra. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/2/2006 (C.c 24/1/2006), Sentenza n. 6441 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Discarica abusiva - Confisca terreno adibito a discarica - Responsabile o corresponsabile del reato - Bonifica ed il ripristino ambientale del sito - D.L.vo 22/97. Il proprietario di un’area occupata da una discarica abusiva può subirne la confisca solo se sia responsabile o corresponsabile del reato, per cui, in caso contrario, egli ha solo gli obblighi e gli oneri reali previsti dall’articolo 17 D.Lv. n. 22/1997 al fine di realizzare la bonifica ed il ripristino ambientale del sito; ne deriva che, in caso di comproprietà dell’area, i comproprietari sono soggetti alla confisca solo se sono responsabili, quanto meno a titolo di concorso, del reato di discarica abusiva. Pres. Postiglione Est. De Maio Ric. Serra. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/2/2006 (C.c 24/1/2006), Sentenza n. 6441 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi - Centro di stoccaggio provvisorio - Comune - Interesse al corretto insediamento sul territorio di impianti pericolosi - Impugnazione di atti lesivi di tale interesse - Legittimazione - Sussistenza. Il Comune, sia per la sua veste di ente preposto al governo del territorio di pertinenza, sia in quanto ente esponenziale della relativa comunità, ha un interesse qualificato ad un corretto insediamento di impianti potenzialmente pericolosi (nella specie: centro di stoccaggio provvisorio di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi), e quindi deve ritenersi legittimato a ricorrere alla tutela giurisdizionale contro gli atti che assume come lesivi di tale interesse. Pres. Iannotta, Est. Marchitiello - G. s.r.l. (avv. Loiodice) c. Comune di Putignano (avv. Amato) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 20 febbraio 2006 (c.c. 24 maggio 2005), sentenza n. 695 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Art. 27 d. lgs. 22/97 - Conferenza di servizi - Sindaco - Partecipazione alla conferenza - Impugnazione del provvedimento terminale - Preclusione - Inconfigurabilità. La partecipazione del sindaco alla conferenza di servizi ex art. 27 del d. lgs. n. 22 del 1997 non esclude la legittimazione ad impugnare il provvedimento terminale del procedimento. Detta conferenza ha infatti solo compiti istruttori e non decisori, come emerge dal 3° comma, per il quale la conferenza, operata la valutazione dei progetti e acquisiti tutti gli elementi di valutazione del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, compresa la valutazione di compatibilità ambientale, “trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla giunta regionale (nella specie alla Giunta provinciale)”, per l’approvazione dei progetti stessi. In ogni caso, il soggetto dissenziente alla conferenza dei servizi trova nel ricorso giurisdizionale lo strumento per la tutela degli interessi che assume lesi dal provvedimento emanato in base alle risultanze della conferenza. Pres. Iannotta, Est. Marchitiello - G. s.r.l. (avv. Loiodice) c. Comune di Putignano (avv. Amato) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 20 febbraio 2006 (c.c. 24 maggio 2005), sentenza n. 695 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Stoccaggio - Attività di gestione - Rientra - D. Lgs. 22/97. Lo “stoccaggio” è “attività di gestione” dei rifiuti. Per “gestione” dei rifiuti il D.Lgs. n. 22 del 1997 indica tutte le attività concernenti i rifiuti, dalla raccolta allo smaltimento. Tutte tali attività, compresa quella di trattamento e di stoccaggio, quindi, sono soggette ad autorizzazione. Pres. Iannotta, Est. Marchitiello - G. s.r.l. (avv. Loiodice) c. Comune di Putignano (avv. Amato) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 20 febbraio 2006 (c.c. 24 maggio 2005), sentenza n. 695 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Urbanistica - Assenza del requisito formale di iscrizione nel registro delle imprese abilitate allo smaltimento di rifiuti non pericolosi - Annullamento del permesso a costruire - Illegittimità. E’ illegittimo, l’annullamento del permesso a costruire, intervenuto solo per l’assenza del requisito formale di iscrizione nel registro delle imprese abilitate allo smaltimento di rifiuti non pericolosi. In particolare, in mancanza dell’attività di istruttoria tecnica in merito ai risultati del processo di combustione ed alla sussistenza di condizioni di pericolosità preclusive della possibilità di avvalersi del regime semplificato per il recupero dei rifiuti secondo le modalità stabilite dall’art. 33 del d.lgs. n. 22/1997. Pres. Schinaia - Est. Polito - Comune di Modugno ( avv.ti Petretti e Campanile) c. S.r.l. Ecoenergia (avv.to Damato) ed altro (conferma T.A.R. Puglia, Sez. III^, n. 996/2005 del 10.03.2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 17/02/2006 (C.c. 22/11/2005), Sentenza n. 671 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Inquinamento atmosferico - Incendio rifiuti speciali (polistirolo) - Art. 674 c.p. (Getto pericoloso di cose). L’incendio di rifiuti speciali è attività di smaltimento illegittima se avviene all’aperto e senza alcuna precauzione. La conseguente emissione di fumi può configurare la violazione dell’articolo 674 c.p.. (Pres. Papadia; Est. Postiglione; Imp. Licciardello - conferma Tribunale di Catania, sentenza dell'11-11-03) CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 17/2/2006 (Ud 20/1/2006), Sentenza n. 6330 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Inquinamento - Abbandono - Assenza di autorizzazione - Smaltimento illecito - Art. 51 L. 22/97 - Art. 674 c.p. Costituisce reato ex art. 51 L. 22/97 e che anche il reato ex art. 674 c.p. l"abbandono" di grandi quantità di polistirolo, (nella specie prelevamento da un capannone e riversamento in vasche esterne), in vista dello smaltimento successivo nella discarica comunale, senza autorizzazione alcuna e senza alcun controllo. Se poi come, nel caso specifico, scaturisce anche un incendio dei rifiuti speciali si è di fronte ad un'attività di smaltimento illegittima. (Pres. Papadia; Est. Postiglione; Imp. Licciardello - conferma Tribunale di Catania, sentenza dell'11-11-03) CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 17/2/2006 (Ud 20/1/2006), Sentenza n. 6330 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Deposito temporaneo dei rifiuti - Definizione di deposito "controllato" - Condizioni. Il deposito temporaneo dei rifiuti non costituisce reato se è "controllato" ed avviene presso la struttura produttiva, rispettando le condizioni qualitative, quantitative e temporali previste dalla legge 22/97. (Cass. Sez. III, 13808/01). (Pres. Papadia; Est. Postiglione; Imp. Licciardello - conferma Tribunale di Catania, sentenza dell'11-11-03) CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 17/2/2006 (Ud 20/1/2006), Sentenza n. 6330 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Spedizioni di rifiuti - Rifiuti destinati ad operazioni di recupero - Nozione di “notificatore” - Obblighi che incombono al notificatore - Termini - Rifiuti provenienti da assemblaggi elettronici - Reg. n. 259/93. I termini «qualora questo risultasse impossibile», figuranti all’art. 2, lett. g), sub ii), del regolamento (CEE) del Consiglio 1° febbraio 1993, n. 259, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, vanno interpretati nel senso che la mera circostanza che una persona sia un operatore riconosciuto non gli conferisce la qualità di notificatore di una spedizione di rifiuti destinati al recupero. Tuttavia, le circostanze che il produttore dei rifiuti è ignoto, o che il numero di produttori è talmente elevato e la produzione derivante dalla loro attività talmente esigua da rendere irragionevole che essi notifichino singolarmente la spedizione di rifiuti, possono giustificare che l’operatore riconosciuto sia considerato notificatore di una spedizione di rifiuti destinati al recupero. L’autorità competente di spedizione è legittimata, ai sensi dell’art. 7, nn. 2 e 4, lett. a), primo trattino, del regolamento n. 259/93, ad opporsi ad una spedizione di rifiuti in assenza di informazioni sulle condizioni del trattamento di questi ultimi nello Stato di destinazione. Non si può però richiedere al notificatore di dimostrare che il recupero nello Stato di destinazione sarà equivalente a quello previsto dalla normativa dello Stato di spedizione. L’art. 6, n. 5, primo trattino, del regolamento n. 259/93 va interpretato nel senso che l’obbligo di informazione sulla composizione dei rifiuti non può considerarsi adempiuto se il notificatore dichiara una categoria di rifiuti con la menzione «rifiuti provenienti da assemblaggi elettronici». Il termine fissato dall’art. 7, n. 2, del regolamento n. 259/93 comincia a decorrere dalla spedizione della conferma della notifica da parte delle autorità competenti dello Stato di destinazione, indipendentemente dal fatto che la competenti autorità dello Stato di spedizione non ritengano di aver ricevuto tutte le informazioni richieste all’art. 6, n. 5, del detto regolamento. Il superamento di tale termine esclude la possibilità, per le autorità competenti, di sollevare obiezioni contro la spedizione o di chiedere ulteriori informazioni al notificatore. CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, Sentenza della Corte (Prima Sezione), 16 febbraio 2006, procedimento C-215/04 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Regione Siciliana - Dichiarazione di emergenza ambientale - D.P.R. 22 gennaio 1999 e succ. proroghe - Imballaggi - Raccolta differenziata - Esecuzione diretta da parte del CONAI - Legittimità. Lo stato di emergenza ambientale nel settore dei rifiuti dichiarato nella Regione Sicilia con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 gennaio 1999, più volte prorogato, va considerato legittimo nella parte in cui pone a carico del CONAI l’esecuzione diretta del servizio di raccolta differenziata degli imballaggi. L’affidamento al CONAI dei compiti inerenti la raccolta differenziata degli imballaggi primari, secondari e terziari non è infatti in logico contrasto con la ratio complessiva delle disposizioni di cui al titolo II del decreto “Ronchi” , che anzi, a differenza di altre categorie di rifiuti, si caratterizzano, quanto al settore degli imballaggi, per il più diretto e partecipe coinvolgimento dei produttori e degli utilizzatori appunto associati nel CO.NA.I. E’ sufficiente considerare come sui detti soggetti gravi in sostanza il costo della raccolta, della valorizzazione e della eliminazione dei rifiuti di imballaggio laddove all’apparato pubblico spetta, in definitiva, il solo profilo organizzatorio inerente la raccolta differenziata. Non vi è, in altri termini, violazione delle competenze assegnate al CONAI, atteso che, per come già esposto, il detto affidamento risulta coerente con il complesso insieme di compiti, funzioni e ruoli assegnati nella materia de quo ai produttori ed agli utilizzatori. Pres. Tosti, Est. Mezzacapo - CONAI (avv.ti Romano e Mosco) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile (Avv. Stato), riunito ad altro - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter - 9 febbraio 2006, n. 968 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Regione Siciliana - Dichiarazione di emergenza ambientale - Imballaggi - Raccolta differenziata - CONAI - Sistema sanzionatorio delineato ex ord. min. n. 3190/2002 - Illegittimità. In tema di dichiarazione nella Regione Siciliana dello stato di emergenza ambientale nel settore dei rifiuti, va considerato illegittima la revisione del sistema sanzionatorio, come, da ultimo, delineato nell’ordinanza del ministro dell’Interno n. 3190 del 2002, la quale ha previsto a carico del CONAI l’obbligo di sostenere il costo per l’organizzazione e la gestione del servizio di raccolta differenziata su superficie pubblica nel caso di mancata attivazione o del mancato raggiungimento degli obiettivi normativamente individuati. La disposizione in esame appare irragionevole e sproporzionata avuto riguardo alla notoria difficoltà tecnico-gestionale che caratterizza il servizio della raccolta differenziata, dovuta a molteplici concause non tutte, evidentemente, addebitabili al CONAI, già chiamato sulla scorta di una situazione emergenziale a svolgere un compito che sia pure non disomogeneo con l’insieme delle sue attribuzioni, tuttavia avrebbe dovuto vedere attori di primo piano (in via ordinaria) gli enti locali. Pres. Tosti, Est. Mezzacapo - CONAI (avv.ti Romano e Mosco) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile (Avv. Stato), riunito ad altro - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter - 9 febbraio 2006, n. 968 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Servizio di raccolta e smaltimento di rifiuti solidi urbani - Affidamento in regime di concessione - Speciale proroga di un rapporto - Previsione della revisione prezzi - Esclusione - Fondamento. L’affidamento del servizio di raccolta e smaltimento di rifiuti solidi urbani in regime di concessione determina l’inapplicabilità del meccanismo revisionale, previsto unicamente per i contratti di appalto e non anche per quelli accessivi ad una concessione di pubblico servizio, per i quali vige l’opposto principio della normale invariabilità del canone concessorio, salva esplicita clausola di deroga (il tribunale esclude che nel caso di specie possa trovare applicazione il principio dell’inserzione automatica di clausole ex art. 1339 c.c., posto che la disciplina in materia di revisione dei prezzi di cui all’art. 6, 4º comma, l. 24 dicembre 1993 n. 537, come sostituito dall’art. 44 l. 23 dicembre 1994 n. 724, non possiede quelle caratteristiche di completezza precettiva necessarie per l’integrazione legale del contratto) T.a.r. Campania, sez. II, 29-06-2001, n. 3040. In ogni caso va rilevato che si tratta di una speciale proroga di un rapporto in essere che, per la sua breve durata (un anno), non è compatibile con la previsione della revisione prezzi. Pres. VARRONE - Est. SALEMI - AUTOLINEE F. & G. MANSI SNC, (Avv.ti Colapinto e Iacobelli) c. REGIONE CAMPANIA (Avv. Baroni) (conferma TAR Campania sede di Napoli Sez. III n. 2848 dell’11 marzo 2004). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 09/02/2006 (C.c. 28/10/2005), Sentenza n. 521

 

Rifiuti - Sansa - Irregolare sversamento - In vigenza del DPR 915/82 - Revoca dell’autorizzazione al mantenimento del frantoio - Legittimità. L’irregolare sversamento di sansa sul terreno, in vigenza del dPR 915/1982, da parte del titolare di un frantoio oleario accertato dalla Polizia municipale, legittima la revoca dell’autorizzazione al mantenimento dello stabilimento ai sensi dell’art. 17 del dPR cit., posta l’indubbia natura di rifiuto, sia pur non pericoloso, della sansa (Cassazione penale, sez. III, 29 febbraio 2000, n. 425). Pres. Giallombardo, Est. Taormina - G.I. (avv. Calandra) c. Assessorato Regionale alla Sanità e Ufficio del Medico Provinciale di Palermo (Avv. Stato) e Comune di Palermo (avv.ti Vallone e Lo Cascio) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 9 febbraio 2006, n. 354

 

Rifiuti - Pubblica Amministrazione - Adeguamento e l’ampliamento discarica controllata per r.s.u. e realizzazione di un impianto collegato di trattamento, recupero e smaltimento di tali rifiuti - Perizia di variante al progetto dei lavori - Risarcimento dei danni conseguenti alla ritardata realizzazione - Esclusione - Fondamento. L'impugnazione di una delibera di Giunta (Regione Molise), e i relativi atti pregressi, con la quale era stata approvata la perizia di variante al progetto dei lavori per l’adeguamento e l’ampliamento della discarica controllata per r.s.u. e per la realizzazione di un impianto collegato di trattamento, recupero e smaltimento di tali rifiuti, non integra ope juris al risarcimento dei danni conseguenti alla ritardata realizzazione dell’intervento nonché alla contrazione dei futuri introiti per la riduzione del bacino d’utenza dell’impianto di cui è soggetto attuatore, non trovando (nella specie) tale domanda fondamento negli atti impugnati in sede di giudizio, ma in fattori diversi estranei agli atti del relativo giudizio. Pres. Elefante - Est. Bellavia - Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Campobasso - Bojano (avv. Ruta) c. Regione Molise (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. Molise n. 79 del 2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 7/02/2006 (C.C. 27/02/2004), Sentenza n. 502

 

Rifiuti - Traffico illecito di rifiuti - Pericolo per l'ambiente o danno ambientale - Art. 53 bis D.Lv. n. 22/1997 - Offensività della condotta - Valutazione da parte del giudice. Il traffico illecito di rifiuti, anche quando organizzato ed abituale, con ingenti quantità di rifiuti ordinariamente produce un reale pericolo per l'ambiente o di fatto un danno ambientale, tuttavia, nel reato previsto dall’articolo 53bis D.Lv. n. 22/1997 l’offensività della condotta non riguarda necessariamente la messa in pericolo della incolumità pubblica, evento peraltro ordinariamente prodotto ed, in tal caso, oggetto di valutazione da parte del giudice. Pres. Vitalone Est. Postiglione Imp. Samarati. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 3/2/2006 (C.c 16/12/2005 ), Sentenza n. 4503 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Evasione delle c.d. ecotasse - Sequestro documentazione - Legittimità - Artt. 53 bis L. 22/97, 416 e 483 cod. pen.. E’ legittimo il sequestro di documentazione contabile effettuato nell’ambito di indagini per violazione dell’articolo 53 bis, D. L.vo n. 22/1997 e s.m., degli artt. 416 e 483 c.p. e dell’art. 8 D.L.vo 74/2000 e finalizzato anche all’accertamento dell’evasione delle c.d. ecotasse. Pres. Vitalone Est. Postiglione Imp. Sartori. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 3 febbraio 2006 (c.c. 16/12/2005), Sentenza n. 4502 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Abbandono di rifiuti in un fabbricato chiuso da parte del conduttore - Rilascio dell'immobile per finita locazione - Comune - Necessità di adottare un provvedimento - Esclusione - Fondamento - Disciplina applicabile. Il Comune non è tenuto, ad adottare un provvedimento, nel caso di abbandono di rifiuti in un fabbricato chiuso da parte del conduttore al momento del rilascio dell'immobile per finita locazione. In base all’art. 14 del D.Lgs. n. 22 del 1997, il Sindaco è tenuto ad ordinare ai soggetti obbligati di rimuovere i rifiuti e di procedere in danno degli stessi soggetti in caso di inadempienza all’ordine, allorché si tratta, come testualmente emerge dall’esame del primo e del terzo comma della norma in esame, di abbandono o di deposito di rifiuti “sul suolo e nel suolo”. La disposizione individua i soggetti tenuti alla rimozione dei rifiuti, indicati nell’autore dell’abbandono e, in solido, nel proprietario o nel titolare di altri diritti reali o personali “sull’area” al quale la violazione sia ascrivibile a titolo di dolo o di colpa, e stabilisce che “il sindaco dispone con ordinanza le disposizioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”. Nella specie non si tratta di abbandono di rifiuti "sul suolo o nel suolo" tale da configurare una discarica a cielo aperto o interrata, che rappresenta il presupposto per l'intervento del Sindaco, ma di abbandono di rifiuti in un fabbricato chiuso. Inoltre, è stato rilevato che, nella fattispecie, non sussiste il presupposto richiesto dall’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971, per imporre all’amministrazione di provvedere. Pres. Elefante - Est. Marchitiello - Comune di Ronco all'Adige (Avv.ti Paoletti, Bassani ed Ribaldo) c. Soc. Scaligera Guarnizioni s.r.l. (Avv.ti Sala e Manzi) (riforma T.A.R. del Veneto, Sez. III, del 24/11/2004, n. 4326) CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 03/02/2006 (C.C. 18.10.2005), Sentenza n. 439 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Ripetitivo accumulo nello stesso luogo di materiali oggettivamente destinati all’abbandono - Realizzazione di discarica - Art. 2 lett. g), D.Lv. n. 31/ 2003. Il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di materiali oggettivamente destinati all’abbandono, con trasformazione del sito, degradato dalla presenza di rifiuti, è compatibile con la nozione di discarica introdotta dall’articolo 2 lettera g), del D.Lv. 13 gennaio 2003 n. 31 (Pres. Postiglione Est. Fiale Imp. Di Lorenzo). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 1/2/2006 (Ud 30/11/2005), Sentenza n. 3932 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Gestione dei rifiuti pericolosi - Differenza tra raccolta e smaltimento. Il D.Lgs n. 22 del 1997, relativo alla gestione dei rifiuti pericolosi, distingue nettamente l'attività di raccolta (prelievo, cernita e raggruppamento per il trasporto) da quella di smaltimento (che prevede anche il caso di incenerimento al suolo): ne consegue che la condanna per la violazione delle norme disciplinanti tale ultima attività configura - nel caso in cui l'imputazione riguardi invece l'inosservanza delle norme relative alla diversa attività di raccolta - violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza. Pres.Papadia U. Est. Franco A. Rel. Franco A. Imp. Costanzo. P.M. Izzo G. (Conf.) (Annulla senza rinvio, Trib. Catania, s.dist. Paterno', 16 Marzo 2004). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 26/01/2006 (Cc. 16/11/2005), Sentenza n. 3115 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Art. 14 d. lgs. 22/97 - Ordinanza di rimozione e smaltimento - Competenza - Sindaco - Esclusione. L’art. 14 del d. lgs. 22/97 conferisce al sindaco - quale capo dell’amministrazione locale e non in veste di ufficiale di governo - la competenza ad emettere l’ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati. Tuttavia, la norma va coordinata con le posteriori disposizioni, inerenti al riparto di competenze fra organi di indirizzo politico e organi burocratici, ed in particolare con l’art. 107 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il quale attribuisce ai dirigenti, tra l’altro, l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’Amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente (e tali non sono evidentemente gli atti emessi ex art. 14 cit.). Pres. De Zotti, Est. Gabbricci - E. s.r.l. (avv.ti De Gobbi e Bianchini) c. Comune di Legnago (n.c.) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 24 gennaio 2006, Sentenza n. 130

 

Rifiuti - Gestione veicoli fuori uso - D.Lv. 209/2003 e D.L.vo 22/97 - Successione di leggi - Disciplina applicabile - Fattispecie. L’entrata in vigore del D.Lv. 209/2003 sulla gestione dei veicoli fuori uso non ha determinato una abolitio criminis trattandosi invece di successione di leggi nel tempo senza soluzione di continuità ai sensi dell’art. 2, comma terzo c.p.. (Nella fattispecie de qua va applicata la norma di cui all'art. 51, 1 ° comma lett. a) D.L.vo 22/97, vigente all'epoca dei fatti (04/07/01), in quanto più favorevole all'imputato poiché prevede un trattamento sanzionatorio meno afflittivo rispetto a quello stabilito con l'art. 13, comma 1°, D. L.vo 209/2003). (Pres. Postiglione Est. Gentile Imp. Lolli). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 24/01/2006 (Ud 21/12/2005), Sentenza n. 2777 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Discarica di rifiuti - Gestore - Regolazione dei rapporti patrimoniali con il Comune che si avvale del servizio di smaltimento - Controversia - Giurisdizione - G.A. - Difetto. La controversia relativa alla regolazione dei rapporti patrimoniali tra una società che gestisce una discarica di rifiuti ed un Comune che si avvale di tale servizio conferendovi i propri, non rientra nella giurisdizione del G.A.. Pres. Scognamiglio, Est. Amicuzzi - I. s.r.l. (avv. Visconti) c. Comune di San Felice Circeo (avv. De Angelis) T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II ter - 20 gennaio 2006, n. 431 (vedi sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Energia - D.P.C.M. 08/03/2002 e succ. mod. - Biomasse vegetali - Vinacce esauste - Rientrano - Utilizzazione quale combustibile a fini produttivi - Limiti di emissione - Sono quelli di cui al D.P.C.M. 08/03/2002 più favorevoli rispetto a quelli di cui al D.M. 05/02/2002 - Ratio. Le vinacce esauste trattate solo con acqua e ara calda rientrano nel concetto di biomasse vegetali di cui al D.P.C.M. 08/03/2002, con particolare riferimento alla definizione “materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica dei prodotti agricoli, di cui all’all. 3, lett. E, nel testo modificato dal D.P.C.M. 08/10/2004. Vanno annoverate pertanto tra i combustibili da poter riutilizzare a fini produttivi, secondo i parametri di emissione di cui al D.P.C.M. 08/03/2006 stesso. La dizione “lavorazione esclusivamente meccanica del prodotto agricolo” va infatti correttamente interpretata non in senso stretto bensì in senso lato, siccome volta ad escludere quelle biomasse vegetali per la cui estrazione/lavorazione intervenga un ulteriore “fattore” inquinante significativo (id est: reazione chimica ulteriore o cambiamento di stato) che debba comportare, necessariamente, un relativo costo ecologico. Con il D.P.C.M. 08/03/2002, e differentemente dal D.M. 05/02/1998, si è inteso infatti regolamentare ed incentivare il ricorso a trasformazioni tecnologiche finalizzate ad un tempo al risparmio energetico e al rispetto per l’ambiente: le biomasse combustibili, individuabili sulla scorta di detti obiettivi nell’allegato III del regolamento in narrativa, che costituiscono una fonte energetica alternativa e rinnovabile, con positivi risvolti anche in tema ambientale, contribuendo a ridurre la quantità delle biomasse destinate alle discariche ed il ricorso alle più inquinanti materie prime derivanti da idrocarburi. La riconosciuta idoneità a ridurre la pericolosità ambientale, rispetto alla biomassa non trattata, giustifica quindi la più favorevole disposizione regolamentare in tema di emissioni. Pres. Giallombardo, Est. Valenti - S.T. s.r.l. (avv.ti G. e G. Immordino) c. Assessorato regionale Territorio e Ambiente (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Palermo, sez. I - 19 gennaio 2006, n. 158 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Discarica abusiva - Verbale di sequestro dell’area - Sindacabilità del giudice amministrativo - Esclusione - Giurisdizione ordinaria - Configurabilità quale atto presupposto ad un’ordinanza sindacale di rimozione di rifiuti - Esclusione. Il verbale di sequestro di un’area adibita a discarica abusiva di rifiuti non appartiene al novero di quelli sindacabili dal giudice amministrativo. Si tratta infatti di un sequestro penale, la cui disciplina, anche in termini di validità, è integralmente rimessa al codice di procedura penale, ed è quindi atto finalizzato alle esigenze di quel giudizio. Ciò significa, da un lato, che le censure in relazione all’atto di sequestro penale sono prospettabili unicamente alla magistratura ordinaria, e dall’altro lato, che il detto verbale non può essere considerato atto presupposto, nel senso processuale tecnico del termine, del provvedimento principalmente impugnato (nella specie, ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti), in quanto esterno alla fattispecie procedimentale. Pres. D’Alessandro, Est. Sabatino - S.R. (avv.ti S. e L. Tozzi) c. Comune di Caivano (n.c.) e Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Afragola (Avv. Stato) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 18 gennaio 2006, n. 716 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Art. 14 D. Lgs. 22/79 - Preclusione all’esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente ex artt. 50 e 54 D. Lgs. 267/00 - Esclusione - Pericolo - Specifica valutazione - Necessità - Omissione - Illegittimità dell’ordinanza. Se è vero che l’esistenza di un’apposita disciplina (nella specie l’art. 14 D. Lgs. n. 22/97) che regoli determinate situazioni non preclude l’esercizio del potere di ordinanza contingibile ed urgente, è pur vero che ciò è possibile quando la necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza a tutela del bene pubblico dalla legge indicato sia tanto urgente da non consentire il tempestivo utilizzo dei rimedi ordinari offerti dall'ordinamento (C.d.S. sez. IV n. 2144/04; T.A.R. Toscana n. 1006/04; T.A.R. Campania - Napoli n. 2227/03). L’omessa valutazione, in fatto, della situazione di pericolo (con specifico riferimento ai profili di attualità e gravità della stessa) comporta pertanto l’illegittimità dell’esercizio, da parte del Comune, del potere di ordinanza previsto dagli artt. 50 e 54 D. Lgs. n. 267/00. Pres. D’Alessandro, Est. Francavilla - Fallimento B.s.p.a. (avv. Ricciardelli) c. Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Caserta (Avv. Stato), Ministero degli Interni (Avv. Stato), Comune di Caserta (avv.ti Santillo e Gallo) e A.S.L. Caserta 1 (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 17 gennaio 2006, n. 679 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Nozione - Art. 14 D.L. 138/2002 - Questione di legittimità costituzionale - Rilevanza e non manifesta infondatezza. L’articolo 14 del D.L. 138/2002 non è direttamente disapplicabile dal giudice nazionale, pur essendo incontestabile, perché riconosciuto da giurisprudenza e dottrina pressoché unanimi, che la norma modifica in senso restrittivo la nozione di rifiuto di cui all’articolo 6 D.Lv. 22/1997 ed è incompatibile con la nozione di rifiuto stabilita dalla normativa comunitaria. La sentenza “Niselli” della Corte di Giustizia offre al giudice italiano elementi ermeneutici precisi per ritenere la norma indiscutibilmente incompatibile con il diritto comunitario. Lo strumento giuridico per rimediare all’innegabile vulnus arrecato dal citato art. 14 al diritto comunitario è il ricorso alla Corte Costituzionale risultando, nella fattispecie, l’evidente contrasto con gli artt. 11,117. Pres. De Maio - Est. Onorato - Imp. Rubino. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16 gennaio 2006 (udienza 14 dicembre 2005), Ordinanza n. 1414 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti di origine animale - Sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano - Disciplina - Rifiuto speciale - Fattispecie: trasporto e smaltimento del siero di latte derivante dal processo produttivo di un caseificio. Non è sussumibile nella disciplina di cui al D.Lgs. 14.12.1992 n. 508 (che ha attuato la direttiva 90/667/CEE in materia di norme sanitarie per la eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato di rifiuti di origine animale) e al Reg. CE 3.10.2002 n. 1774 (recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano), che ha espressamente abrogato la predetta direttiva CEE 90/667. Nella specie, la condotta contestata consisteva nel trasporto e nello smaltimento del siero di latte derivante dal processo produttivo di un caseificio, mentre entrambe le normative succitate prevedono norme di polizia sanitaria e veterinaria per il trasporto, la trasformazione, l'uso o l'eliminazione di rifiuti (art. 1 D.Lgs. 508/1992) o sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano (art. 1 Reg. CE 1774/2002). E' chiaro che il latte cessa di essere un sottoprodotto di origine animale quando viene impiegato come materia prima nella produzione casearia, e che il siero di latte che residua da questa produzione va qualificato come rifiuto speciale ex art. 7 del D.Lgs. 5.2.1997 n. 22 senza che possa (più) definirsi di origine animale. Sicché, manca qualsiasi presupposto ex art. 8 D.Lgs. 22/1997 per escludere dal regime generale dei rifiuti il siero di latte derivante dalla produzione casearia, non soltanto perché la polizia sanitaria e veterinaria, oggetto del D.Lgs. 508/1992 e del Reg. CE 1774/2002, è eterogenea, e non speciale, rispetto alla disciplina ambientale della gestione dei rifiuti (come ritiene Cass. Sez. III, n. 8520 del 4.3.2002, Leuci), quanto piuttosto perché l'oggetto della disciplina (il citato siero di latte) non rientra in nessuna delle categorie che il predetto art. 8 esclude dalla disciplina generale dei rifiuti (e in particolare non rientra nella categoria delle carogne o dei rifiuti di origine animale). Pres. De Maio - Est. Onorato - Imp. Rubino. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16/01/2006 (ud. 14/12/2005), Ordinanza n. 1414 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Siero di latte residuato dal processo produttivo di un caseificio - Cessione e il trasporto senza autorizzazione - Rientra nella categoria dei rifiuti speciali - Art. 51, D.Lgs. 22/1997 - Configurabilità. In materia di smaltimento dei rifiuti, il siero di latte residuato dal processo produttivo di un caseificio rientra nella categoria dei rifiuti speciali, di cui all'art. 6 e 7 D.Lgs. 22/1997, e che la cessione e il trasporto del siero, senza alcuna autorizzazione, dal caseificio all'azienda zootecnica, integra il reato di cui all'art. 51 dello stesso decreto legislativo (in senso conforme v. Cass. sez. IIL n. 33295 del 2.8.2004, Cioffi, rv. 229011). Pres. De Maio - Est. Onorato - Imp. Rubino. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16 gennaio 2006 (udienza 14 dicembre 2005), Ordinanza n. 1414 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Nozione di “rifiuto” - Art. 6 D.Lgs 22/1997 - Art. 1 Dir. 75/442/CEE - Art. 14 L. 178/2002 - Concetto di "disfarsi". Per l'art. 6 D.Lgs 22/1997 e per l'art. 1 della direttiva 75/442/CEE costituisce rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto che rientra in una delle sedici categorie elencate in allegato di cui il detentore "si disfi" o abbia deciso o abbia l'obbligo di "disfarsi". L'elenco delle categorie, di cui all'allegato A, è un elenco "aperto", perché la prima categoria (Q1) comprende tutti i residui di produzione o di consumo in appresso non specificati, e la sedicesima (Q16) qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle altre categorie. L'art. 14 legge 178/2002, invece, nel suo primo comma, identifica il concetto di "disfarsi" con quello di smaltimento o di recupero, stabilendo che le parole "si disfi" devono essere interpretate come qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del D.Lgs. 22/1997. Attraverso questa identificazione, però, la norma sedicente interpretativa restringe la nozione comunitaria di rifiuto, escludendone ogni sostanza o materiale di cui il detentore "si disfi" mediante semplice "abbandono", posto che nella direttiva comunitaria e nel D.Lgs. 22/1997 l'abbandono è nettamente distinto dallo smaltimento e a maggior ragione dal recupero (per il diritto nazionale v. art. 14 D.Lgs. 22/1997, su cui Cass. Sez. III, sent. n. 21024 del 5.4.2004, Eoli, rv. 229225-6; per il diritto comunitario v. art. 4, comma 2, direttiva 75/442/CEE, su cui C. Giustizia, Sez. II, dell' 11.11.2004, causa C-457/02. Niselli, par. 38, 39 e 40). Pres. De Maio - Est. Onorato - Imp. Rubino. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16/01/2006 (udienza 14/12/2005), Ordinanza n. 1414 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuto - Nozione di “rifiuto” - Art. 14 L. 178/2002 - Doppia deroga alla definzione comunitaria di rifiuto - Sottoprodotto - Controlli. Sulla nozione di “rifiuto” l'art. 14 della legge 178/2002 ha introdotto una doppia deroga alla definzione comunitaria di rifiuto, sia laddove ha identificato l'attività di "disfarsi" della sostanza con quella di smaltimento o di recupero della medesima (escludendo così l'attività di abbandono), sia laddove ha escluso la volontà o l'obbligo di "disfarsi" di residui di produzione o di consumo quando questi sono o possono essere riutilizzati tal quali senza trattamenti recuperatori e senza pregiudizio per l'ambiente. In tal modo ha esonerato dal controllo amministrativo e dalla disciplina sui rifiuti attività con cui il detentore si disfa di residui di produzione o di consumo, creando pericolo per l'ambiente. In definitiva, la nozione comunitaria di rifiuto non può essere interpretata nel senso di escludere l'insieme dei residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in un ciclo di produzione o di consumo senza trattamento preventivo o con trattamento non recuperatorio. Tuttavia, per distinguere il "sottoprodotto" dal rifiuto è comunque necessario che il riutilizzo sia certo, che avvenga nel medesimo processo produttivo e senza trasformazioni preliminari, cioè senza modificazioni del carattere chimico o merceologico della sostanza. Pres. De Maio - Est. Onorato - Imp. Rubino. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 16 gennaio 2006 (udienza 14 dicembre 2005), Ordinanza n. 1414 (vedi: sentenza per esteso)

 

Rifiuti - Attività di autodemolizione - Violazione delle prescrizioni imposte nell’autorizzazione - Art. 13 c. 1 D. L.gs. n. 209/2003 - Configurabilità - Art. 51 D. L.vo n. 22/1997 - Presupposti necessari - Diffida regionale - Sospensione dell’autorizzazione. Si configura il reato ex art. 13 comma 1 D. L.gs. n. 209/2003, nel caso in cui l’attività di autodemolizione, regolarmente autorizzata, sia esercitata in violazione delle prescrizioni imposte nell’autorizzazione. Mentre deve ritenersi integrato il reato previsto all’art. 51 del D. L.vo n. 22/1997 (Decreto Ronchi), solo quando sia stata rivolta al gestore una diffida regionale riferita alla violazione delle prescrizioni con conseguente sospensione dell’autorizzazione da parte della Regione, assumendo in questa circostanza rilevanza penale esclusivamente la condotta del gestore che prosegue dopo la sospensione dell’autorizzazione l’attività. Pres. Toscano - Est. Di Zenzo. TRIBUNALE DI S. MARIA CAPUA VETERE, Ordinanza del 13 gennaio 2006

 

Rifiuti - Piano infraregionale di smaltimento - Localizzazione di una discarica - Impugnazione - Residenti nei pressi dell’impianto - Legittimazione - Sussistenza - Criterio della vicinitas. In applicazione del criterio di origine giurisprudenziale della vicinitas (che, specie in materia ambientale, è soggetto ad una applicazione non restrittiva), ai soggetti che risiedono nei pressi di un’opera dalla cui realizzazione o modificazione possa loro derivare un concreto pregiudizio, è riconosciuta una posizione differenziata rispetto alla generalità dei residenti, che li legittima ad agire in giudizio per chiedere l’annullamento dei provvedimenti dell’amministrazione che direttamente ledano detta posizione di interesse legittimo (nella specie, i ricorrenti impugnavano il Piano Infraregionale di Smaltimento dei Rifiuti Urbani e Speciali della provincia di Parma, limitatamente alla parte in cui tale atto di pianificazione localizzava una discarica di rifiuti di prima categoria in prossimità delle loro residenze e/o domicili). Pres. Cicciò, Est. Giovannini - T.A. e altri (avv. Ceruti) c. Regione Emilia Romagna (avv.ti Donati e Lombini), Provincia di Parma (avv.ti Pagliari e Verdieri) e Comune di Fornivo Taro (avv.ti Pericu, Bucello e Rossolini) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma - 12 gennaio 2006, n. 1

  

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