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Giurisprudenza
Rifiuti
2011 (Vedi anche le voci: inquinamento - acqua - aria - suolo - V.I.A....)
Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni 2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-97
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RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza
ex art. 14 d.lgs. n. 22/97 (oggi, art. 192, d.lgs. n. 152/2006) - Partecipazione
al procedimento amministrativo. In tema di ordinanza ex art. 14 d.lgs. n.
22/97 (oggi, art. 192 d.lgs. n. 152/2006), il generico riferimento all’urgenza
di provvedere alla rimozione dei rifiuti al fine di eliminare ogni pericolo per
la salute dei cittadini non è sufficiente a legittimare la deroga al principio
fondamentale della partecipazione al procedimento amministrativo dei soggetti
che vi sono coinvolti: ciò a maggior ragione ove gli adempimenti relativi
vengano accollati al proprietario dell’area, nella pretesa impossibilità di
risalire ai responsabili dell’abbandono dei rifiuti. Pres. ed Est. Balba - F.
s.p.a. (avv. Cocchi) c. Comune di Castiglione Chiavarese (n.c.).
TAR LIGURIA, Sez. I - 28 luglio 2011, n. 1191
RIFIUTI - Incenerimento -
Disciplina ex d.lgs. n. 133/2005 - Rapporto di specialità rispetto alla
disciplina generale di cui agli artt. 208 e ss. d.lgs. n. 152/2006. L’intera
disciplina contenuta nel d.lgs. n. 133 del 2005, in materia di incenerimento dei
rifiuti, si pone in termini di specialità rispetto alla disciplina generale
riguardante gli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, contenuta
negli artt. 208 e ss. del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale), e rispetto a quella riguardante i soli impianti di
incenerimento di rifiuti urbani, sottoposti all’autorizzazione integrata
ambientale, già contenuta nel d.lgs. n. 59 del 2005, oggi trasfusa nel Titolo
III-bis del d.lgs. n. 152 del 2006. Pres. Quaranta, Est. Silvestri - Giudizio di
legittimità costituzionale promosso dal Tribunale di Trieste -
CORTE COSTITUZIONALE - 27 luglio 2011, ordinanza n. 253
RIFIUTI - Incenerimento - Art. 19, cc. 1 e 2 d.lgs. n. 133/2005 - Maggior rigore
rispetto all’art. 16, c. 1 d.lgs. n. 59/2005 (oggi art. 29-quattuordecies d.lgs.
n. 152/2006 - Irragionevolezza - Esclusione. L’art. 19, commi 1 e 2, c
d.lgs. n. 133/2005 configura come reati contravvenzionali le condotte di
esercizio di impianti di incenerimento (e coincenerimento) dei rifiuti in
assenza delle prescritte autorizzazioni, distinguendo a seconda che l’attività
abbia ad oggetto rifiuti pericolosi o non, e prevedendo in entrambi i casi la
pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda, con differenti valori edittali;
diversamente, la norma contenuta nell’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 59 del
2005 (oggi trasfuso nell’art. 29-quattuordecies del d.lgs. n. 152 del 2006),
sanziona con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda l’esercizio, in
assenza di autorizzazione integrata ambientale, delle attività di cui
all’allegato I al citato decreto legislativo (oggi allegato VIII alla parte
seconda del d.lgs. n. 152 del 2006), tra le quali rientra quella svolta dagli
impianti di incenerimento dei rifiuti urbani (punto 5.2. dell’allegato); la
scelta legislativa di sanzionare con particolare rigore l’attività di
incenerimento dei rifiuti svolta in assenza di autorizzazione non può dirsi
manifestamente irragionevole, attesa la necessità di garantire che tale attività
si svolga nel rispetto delle condizioni di esercizio e nell’osservanza delle
prescrizioni tecniche, dettate dallo stesso d.lgs. n. 133 del 2005 allo scopo di
evitare o di limitare gli effetti negativi dell’incenerimento (e del
coincenerimento) dei rifiuti sull’ambiente. Pres. Quaranta, Est. Silvestri -
Giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Tribunale di Trieste -
CORTE COSTITUZIONALE - 27 luglio 2011, ordinanza n. 253
RIFIUTI - Competenza esclusiva
statale - Regione Veneto - Fissazione di limiti allo smaltimento di rifiuti
speciali non pericolosi - Violazione del principio sancito dall’art. 182-bis del
d.lgs. n. 152/2006 - Art. 33, c. 2 L.r. Veneto n. 3/2000 - Illegittimità
costituzionale. La disciplina dei rifiuti si colloca nell’ambito della
tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, anche se
interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi
riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero
territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla cura di
interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (sentenze
n. 249 del 2009 e n. 62 del 2008).Il legislatore veneto, fissando dei limiti,
riferiti al soggetto produttore dei rifiuti speciali non pericolosi, alla
possibilità di smaltimento di questi ultimi nelle discariche ubicate nella
Regione ha invece individuato un autonomo principio estraneo alla legislazione
statale in materia ambientale (la quale esclude, anzi, la sussistenza del
principio dell’autosufficienza locale con riferimento ai rifiuti speciali anche
non pericolosi: cfr. sent. Corte Cost. n. 335 del 2001 e n. 10 del 2009). Tale
principio, per un verso, non è espressione di alcuna competenza regionale, non
emergendo elementi specifici ed obiettivi in base ai quali ancorare l’intervento
legislativo né alla materia del governo del territorio né a quella della tutela
della salute. L’istituzione di siffatti limiti soggettivi, col restringere
considerevolmente la generale fruibilità delle discariche, determina anzi di
necessità una maggiore movimentazione dei rifiuti sul territorio, stante la
contrazione dell’offerta di idonei siti disponibili allo smaltimento dei rifiuti
speciali non pericolosi. In tal modo rimane violato il principio sancito (ora)
dall’art. 182-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 (ma già in passato affermato
dall’art. 182 del medesimo decreto legislativo nel testo previgente) in base al
quale, tenuto conto del contesto geografico e della necessità di impianti
specializzati per determinati tipi di rifiuti, si deve tendere «al fine di
ridurre i movimenti dei rifiuti stessi». Ne consegue la declaratoria di
l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 2, della legge della Regione
Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti),
limitamente alle parole «non superiore al venticinque per cento della capacità
ricettiva». Pres. Quaranta, Est. Napolitano - Giudizio promosso dal Tribunale
Amministrativo Regionale per il Veneto -
CORTE COSTITUZIONALE - 25 luglio 2011, n. 244
RIFIUTI - Natura di bene commercialmente rilevante - Art. 33, c. 2 l.r. Vento n.
3/2000 - Fissazione di limiti alla possibilità di smaltire rifiuti speciali non
pericolosi - Contrasto con l’art. 41 Cost. La specie rifiuto non è estranea
al più ampio genere di bene commercialmente rilevante, essendo di comune
esperienza il fatto che anche le operazioni di smaltimento dei rifiuti per conto
terzi sono suscettibili di formare oggetto dello svolgimento di attività
imprenditoriale. Del resto, già nella sentenza di questa Corte n. 335 del 2001
si è affermato che «anche alla luce della normativa comunitaria il rifiuto è pur
sempre considerato un prodotto». In base a tale prospettiva deve affermarsi il
contrasto dell’art. 33, c. 2 l.r. Veneto n. 3/2000 (limitatamente alle parole
“non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva”) anche con
l’art. 41 della Costituzione. Infatti, attraverso la fissazione di un limite,
rapportato alla complessiva capacità dell’impianto, alla possibilità di ricevere
rifiuti speciali non pericolosi prodotti da soggetti diversi dal gestore della
discarica si determina, in assenza di ragioni di utilità sociale ovvero senza
che ciò valga a prevenire danni alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità
dell’uomo, un ingiustificato vincolo, a carico del gestore medesimo, alla sua
libera facoltà di svolgere un’iniziativa economica. Pres. Quaranta, Est.
Napolitano - Giudizio promosso dal Tribunale Amministrativo Regionale per il
Veneto -
CORTE COSTITUZIONALE - 25 luglio 2011, n. 244
RIFIUTI - Abbandono - Art. 193 d.lgs. n. 152/2006 - Proprietario dell’area - Ipotesi legale di responsabilità oggettiva - Esclusione - Accertamenti - Contraddittorio - Omissione colpevole. In tema di abbandono di rifiuti, la giurisprudenza amministrativa, già con riferimento alla misura prevista dall'art. 14 dell’abrogato D.Lgs. n. 22/97, riteneva che il proprietario dell'area fosse tenuto a provvedere allo smaltimento, ma solo a condizione che ne fosse dimostrata la corresponsabilità almeno a titolo di colpa con gli autori dell'illecito, e, conseguentemente, escludeva che la norma configurasse un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva, affermando l'illegittimità degli ordini di smaltimento di rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in mancanza di adeguata dimostrazione dell’imputabilità soggettiva della condotta, sulla base di un'istruttoria completa e di un'esauriente motivazione. I medesimi principi si traggono, oggi, dalla previsione di cui all'art. 192 del D.Lgs. n. 152/06, che non soltanto riproduce il tenore dell'art. 14 cit. circa la necessaria imputabilità dell’abbandono a titolo di dolo o colpa, ma integra il precedente precetto, precisando che l'ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo (Cons. Stato, sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612); con il corollario secondo cui, anche se si ritenga sufficiente, ad integrare la corresponsabilità del proprietario per lo smaltimento di rifiuti abbandonati su un fondo di sua proprietà, la semplice omissione di cautele suggerite dall'ordinaria diligenza, sono pur sempre necessari indizi concreti che permettano di addebitare una omissione colpevole, non essendo a tal fine sufficiente la mera assenza di comportamenti volti a rimuovere i rifiuti (Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 2010, n. 4614). Pres. Nicolosi, Est. Grauso L.R. e altri (avv.ti Usai e Spatocco) c. Comune di Scarperia (avv. Cecchi) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 19 luglio 2011, n. 1245
RIFIUTI - Abbandono sull’area di
sedime della strada - Abbandono nelle vicinanze dell’area stradale - Ente
Proprietario o ente gestore - Obbligo di rimozione - Diversità. L'Ente
proprietario (e, in sua vece, l’Ente gestore) della strada ha l'obbligo di
provvedere alla pulizia della stessa in modo da non creare danno o pericoli alla
circolazione; pertanto spetta alla detta P.A. procedere alla raccolta dei
rifiuti abbandonati da terzi “sull'area di sedime della strada stessa” a
prescindere dalla sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa
del detto proprietario (Cfr. Cons. Stato Sez. IV 18 giugno 2009 n. 4005). La
soluzione è invece diversa allorchè si tratti di rifiuti solidi non pericolosi
abusivamente depositati nelle “vicinanze” dell'area stradale e non risulti
riscontrabile né tanto meno denunciato alcun profilo soggettivo di dolo o quanto
meno di colpa in capo all' Ente proprietario o gestore (TAR Campania, Napoli, V,
5.12.2008, n.21013). Pres. Fiorentino, Est. Nunziata - Regione Campania (avv.
Marzocchella) c. Comune di Saviano (avv. De Luca) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3835
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Sanzione amministrativa di
tipo reintegratorio - Responsabilità - Individuazione. L’art.192 del Decr.
Legisl. n.152/2006, attualmente vigente e che ha riprodotto l'art. 14, comma 3,
del Decr. Legisl. n.22/1997 (per la sua esegesi, cfr. Cons. Stato, V, 25.8.2008,
n.4061) ha introdotto una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio,
potendo essere adottata anche in assenza di una situazione in cui sussista
l’urgente necessità di provvedere con efficacia e immediatezza (T.A.R. Veneto,
III, 29.9.2009, n.2454) e avente a contenuto l’obbligo di rimozione, di recupero
o di smaltimento e di ripristino a carico del responsabile del fatto di
discarica o immissione abusiva, a carico, cioè, di “chiunque viola i divieti di
abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo”, in solido con il
proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento
sull’area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa.
(ex multis, T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 20.10.2009, n.1118; Cons. Stato, V,
19.3.2009, n.1612; T.A.R. Sardegna, 18.5.2007, n.975; 19.9.2004, n. 1076; T.A.R.
Puglia, Bari, 27.2.2003, n. 872; T.A.R. Lombardia, Milano, I, 26.1.2000, n.
292). Pres. Fiorentino, Est. Nunziata - Regione Campania (avv. Marzocchella) c.
Comune di Saviano (avv. De Luca) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3835
RIFIUTI - Abbandono su aree stradali - Comune - Imposizione all’ente gestore
dell’obbligo di pulizia - Illegittimità. Nessuna norma di legge nel settore
specifico della viabilità attribuisce ai Comuni il potere di assicurare la
pulizia delle strade imponendo autoritativamente obblighi di facere al gestore
al fine di garantire "la sicurezza e la fluidità della circolazione", né un tal
potere può desumersi implicitamente dalla natura del Comune quale ente locale a
fini generali atteso che tra gli interessi pubblici affidati alla cura dei
comuni non v'è anche quello di garantire la sicurezza e la fluidità della
circolazione delle strade. Pres. Fiorentino, Est. Nunziata - Regione Campania
(avv. Marzocchella) c. Comune di Saviano (avv. De Luca) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3835
RIFIUTI - Abbandono su aree stradali - Ordine di rimozione rivolto al
proprietario della strada - Assenza di adeguata istruttoria - Imputabilità
soggettiva - Art. 14, cc. 1 e 3 cod. strada - Attività naturalmente connesse con
la gestione della strada. E’ Illegittimo l’ordine di rimozione dei rifiuti
rivolto al proprietario della strada in assenza di adeguata istruttoria e di
idonea motivazione circa l'imputabilità soggettiva di una qualche condotta
attiva od omissiva che abbia anche solo agevolato la violazione del divieto di
abbandono di rifiuti: dall'ente gestore sono piuttosto esigibili, ai sensi del
combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art.14 del Codice della strada, solo le
attività ordinarie e straordinarie naturalmente connesse alla gestione della
sede stradale (a titolo di mero quanto non esaustivo esempio: manutenzione
dell'asfalto, della segnaletica orizzontale e verticale, delle eventuali
infrastrutture a corredo, potatura degli arbusti prospicienti e delle aiuole
divisorie e pulizia connessa, eliminazione di pericoli, ect.). Pres. Fiorentino,
Est. Nunziata - Regione Campania (avv. Marzocchella) c. Comune di Saviano (avv.
De Luca) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 14 luglio 2011, n. 3835
RIFIUTI - Abbandono - Ordine di rimozione - Comunicazione di avvio del
procedimento - Adempimento indispensabile all’instaurazione del contraddittorio.
L’ordine di rimozione dei rifiuti può essere adottato esclusivamente in base
agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai
soggetti preposti al controllo; rispetto a tale contraddittorio la comunicazione
dell'avvio del procedimento si configura come un adempimento indispensabile al
fine della sua effettiva instaurazione (Cons. Stato, Sez. V, Sent. n. 4061 del
25-08-2008, T.A.R. Salerno Sez. II, n. 1826, del 7 maggio 2009), apparendo
recessive, dunque, in tale specifica materia, le regole stabilite in via
generale dagli artt. 7 e 21 octies della L. n. 241/1990. Pres. f.f. Caso, Est.
Loria - T. s.p.a. (avv.ti Vinti e Mazzullo) c. Comune di Fidenza e altri (n.c.)
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TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 12 luglio 2011, n. 255
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza di rimozione -
Carattere sanzionatorio - Responsabilità oggettiva del proprietario -
Inconfigurabilità. L’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006 configura l'ordinanza
di rimozione di rifiuti abbandonati - riproducendo nella sostanza il
provvedimento già previsto dall'art. 14 D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22 - quale
ordinanza di sgombero a carattere sanzionatorio, per la quale è pertanto
necessaria l'imputazione a carico dei soggetti obbligati in solido a titolo di
dolo o colpa del comportamento tenuto in violazione dei divieti di legge,
giacchè non è ipotizzabile una responsabilità oggettiva del proprietario per
violazione di un obbligo generico di vigilanza. Pres. f.f. Caso, Est. Loria - T.
s.p.a. (avv.ti Vinti e Mazzullo) c. Comune di Fidenza e altri (n.c.)
-
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 12 luglio 2011, n. 255
RIFIUTI - Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Natura di ordinanza
contingibile ed urgente - Esclusione. Le ordinanze di rimozione dei rifiuti
ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. 152/2006 non sono sussumibili nella categoria
delle ordinanze disciplinate dall'art. 54 T.U. 18 agosto 2000 n. 267, in quanto
le non hanno natura di ordinanza contingibile e urgente e il relativo potere ha
una diversa ratio. Pres. f.f. Caso, Est. Loria - T. s.p.a. (avv.ti Vinti e
Mazzullo) c. Comune di Fidenza e altri (n.c.) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 12 luglio 2011, n. 255
RIFIUTI - Compostaggio - Impiego dello stallatico - Art. 5, c. 2, lett. e) Reg.
CE 3 ottobre 2002, n. 1174 - Comune e Provincia - Compatibilità
igienico-ambientale della lavorazione - Principi di gradualità e
proporzionalità. L’impiego dello stallatico per finalità di compostaggio è
consentito dall’art. 5 comma 2 lett. e) del Reg. CE 3 ottobre 2002 n. 1174; la
produzione di terriccio deve rispettare le norme tecniche della materia (cfr.
DGR Lombardia n. 7/12764 del 16 aprile 2002). Il Comune e la Provincia, secondo
le rispettive competenze, svolgono attività di controllo e possono adottare
provvedimenti per garantire la compatibilità igenico-ambientale della
lavorazione, ma, in ogni caso, eventuali misure volte a ridurre il disagio per i
cittadini devono rispettare i principi di gradualità, proporzionalità e garanzia
del contraddittorio. Pres. Petruzzelli, Est. Mosconi - Azienda Agricola F.
s.r.l. (avv.ti Bertoli, Crippa e Ferrario) c. Comune di Cenate Sotto (avv.
Asdrubali) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 8 luglio 2011, n. 1025
RIFIUTI - ACQUA - Liquami
zootecnici - Spandimento - Materiale detenzione dei terreni - Necessità -
Formale disponibilità giuridica - Insufficienza. In tema di attività di
spandimento dei liquami zootecnici, allorché sorga un contrasto tra privati in
ordine all’uso di date aree, l’Amministrazione deputata al rilascio del titolo
abilitativo deve necessariamente tenere conto dello stato di materiale
detenzione del bene e non già della formale disponibilità giuridica dello
stesso, giacché è dal suo effettivo impiego che deriva il presupposto perché sia
riconosciuta, in quella fase storica, all’uno anziché all’altro soggetto la
capacità di operarvi. (Nella specie, , la ditta affittuaria delle aree
interessate si era opposta allo spandimento dei liquami della ricorrente: la
mera pretesa di quest’ultima a che la ditta che aveva la materiale detenzione
dei terreni si attenesse all’impegno assunto in sede contrattuale risultava
carente del requisito dell’«effettività», acquisibile solo con una pronuncia del
giudice civile che desse concreta attuazione al diritto asseritamente disatteso,
così rendendolo effettivo). Pres. Arosio, Est. Caso -B.G. (avv.ti Bongiorno e
Marchesi) c. Provincia di Piacenza (avv. Manfredi) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 28 giugno 2011, n. 217
RIFIUTI - Fanghi (provenienti da Cave) - Disciplina applicabile - Art. 185,
lett. d), D.Lgs. n. 152/2006. I fanghi sono soggetti alla disciplina sui
rifiuti soltanto quando non derivano dalla attività estrattiva e dalle connesse
attività di cernita e di pulizia, bensì derivano da una successiva e differente
attività di lavorazione dei materiali (estratti, selezionati e puliti), e cioè
quando può affermarsi che tale successiva attività è ontologicamente estranea al
ciclo produttivo dello sfruttamento della cava. In altre parole, solo quando si
dia luogo ad una successiva, nuova e diversa attività di lavorazione sui
prodotti della cava, i residui e gli inerti di questa nuova attività, sganciata
da quella di cava, devono considerarsi rifiuti, sottoposti alla disciplina
generale circa il loro smaltimento, ammasso, deposito e discarica. (annulla con
rinvio sentenza del 27/01/2010 tribunale di Bergamo) Pres. Gentile, Est. Franco,
Ric. Locatelli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 23/06/2011 (Ud. 31/03/2011) Sentenza n.
25193
RIFIUTI - Cave - Gestione dei rifiuti - Fanghi e limi - Cd. «prima pulitura»
del materiale estratto - Disciplina applicabile - Attività di sfruttamento della
cava che esula dal ciclo estrattivo - Art. 185, lett. d), D.Lgs. n. 152/2006.
In tema di gestione dei rifiuti, i materiali derivanti dallo sfruttamento delle
cave, quando restano entro il ciclo produttivo della estrazione e connessa
pulitura, sono esclusi dalla normativa sui rifiuti, mentre, poiché l'attività di
sfruttamento della cava non può confondersi con la lavorazione successiva dei
materiali, se si esula dal ciclo estrattivo, gli inerti provenienti dalla cava
sono da considerarsi rifiuti ed il loro smaltimento, ammasso, deposito e
discarica è regolato dalla disciplina generale (Cass. Sez. 111, 28/11/2005, n.
42966, Viti). In altre parole, i fanghi provenienti dalla prima pulitura
connessa alla attività estrattiva, vanno considerati come derivanti direttamente
dallo sfruttamento della cava e non da diversa e successiva lavorazione delle
materie prime. La c.d. prima pulitura del materiale estratto dalla cava rientra
nella attività di estrazione latamente considerata e per tale ragione è
sottratta alla applicazione della disciplina sui rifiuti ai sensi dell'art. 185,
comma I , lett. d), del d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152. Tale attività può essere
costituita anche da pulitura effettuata mediante lavaggio, con la conseguenza
che anche i rifiuti, ed in particolare i fanghi e limi, derivanti da tale
lavaggio del materiale ricavato dallo sfruttamento delle cave non rientrano nel
campo di applicazione della parte quarta del d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152.
Restano escluse da questa disciplina soltanto le attività successive alla prima
pulitura del materiale estratto e dirette ad una funzione differente, che sono
per questa ragione antologicamente diverse dalla attività di estrazione del
materiale e di sfruttamento della cava. (annulla con rinvio sentenza del
27/01/2010 tribunale di Bergamo) Pres. Gentile, Est. Franco, Ric. Locatelli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 23/06/2011 (Ud. 31/03/2011) Sentenza n.
25193
RIFIUTI - Nozione di “discarica” - Presupposti - Abitualità dello smaltimento
- Degrado dell’ambiente - art. 2. C. 1 lett. g) D. L.vo n. 36/2003 e s.m..
L'art. 2. comma 1 lett. g), del decreto legislativo 13.1.2003 n. 36, nel dettare
i criteri atti a individuare la nozione di "discarica" non richiede l'esistenza
di un apparato organizzato di uomini e mezzi, essendo sufficiente che un'area
sia adibita a smaltimento dei rifiuti mediante deposito sul suolo o nel suolo.
Sicché è sufficiente l'abitualità dello smaltimento di rifiuti in un'area
determinata e la consistenza del loro accumulo, idonea a provocare il degrado
dell'ambiente (Cass. sez. III, 18.9.2008 n. 41351, Fulgori e altro; Cass. sez.
V, 14.1.2005 n. 11924, Spagnolo ed altri). (conferma sentenza del 19.5.2010
Corte di Appello di Genova) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Piga.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/5/2011) Sentenza n. 25047
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Responsabilità del legale rappresentante di
società - Prova di una gestione di fatto della società – Ininfluenza - Obbligo
giuridico inerente alla qualità di amministratore - Vigilanza e controllo - Art.
2392 c.c.. In tema di gestione dei rifiuti, la qualità di amministratore
unico di una società e i doveri di controllo ad essa inerenti, riferiti
all'operato della società medesima e non a quello di terzi estranei, configura
la responsabilità, in concorso, nella realizzazione della discarica abusiva e
nello smaltimento dei rifiuti. Inoltre, non ha rilevanza l'eventuale prova di
una gestione di fatto della società da parte del coimputato, stante il preciso
obbligo giuridico inerente alla qualità di amministratore unico di controllare
la gestione della società, del cui operato è direttamente responsabile ex lege
(art. 2392 c.c.). (Cass. sez. III, 6.4.2006 n. 22919, Furini, con specifico
riferimento ai doveri di vigilanza e controllo che incombono sull'amministratore
della società anche se questi sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano
agito quali amministratori di fatto). (conferma sentenza del 19.5.2010 Corte di
Appello di Genova) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Piga.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/5/2011) Sentenza n. 25047
RIFIUTI - Reati di deposito incontrollato, realizzazione e gestione di
discarica abusiva - Natura commissiva. Il reato di deposito incontrollato di
rifiuti, così quello di realizzazione e gestione di una discarica abusiva, hanno
natura commissiva (Cass. sez. III, 19.12.2007 n. 6098 del 2008, Sarra).
(conferma sentenza del 19.5.2010 Corte di Appello di Genova) Pres. Petti, Est.
Lombardi, Ric. Piga.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/5/2011) Sentenza n. 25047
RIFIUTI - Residui di attività di demolizione edilizia - Deposito nel suolo senza le prescritte autorizzazioni - Società in nome collettivo - Corresponsabilità - Sussistenza - Fattispecie - Art. 256, c. 1 lett. a), D. L.gs n. 152/2006. La responsabilità per le violazioni contravvenzionali commesse nell'ambito di una società in nome collettivo grava su ciascun socio in quanto titolare del diritto-dovere di amministrare, essendo irrilevante l'esercizio di fatto di mansioni diverse da parte dei singoli soci. (Cass. sez. III, 15.6.2007 n. 35883, Miglianti; Cass. sez. V, 13.11.1985 n. 1303/1986, Gallo; Cass. sez. V, 6.11.1984 n. 698/1985, Baroncelli; Cass. sez. V, 18.11.1980 n. 1991/1981, Zibetti). Fattispecie: deposito nel suolo su un'area di circa 900 mq., di rifiuti costituiti da residui di attività di demolizione edilizia senza le prescritte autorizzazioni ad opera di imprese di modeste dimensioni con natura societaria, con carattere familiare della gestione, senza delega di funzioni al loro interno. (conferma sentenza in data 21.5.2010 del Tribunale di Padova, sezione distaccata di Este) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Bottaro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06//2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 25045
RIFIUTI - Appaltatore - Smaltimento abusivi dei rifiuti - Committente dei
lavori edili e direttore dei lavori - Obbligo giuridico di impedire l’evento -
Esclusione - D.Lgs. n. 22/1997 oggi D. Lgs n. 152/2006 - Art. 29 DPR n.
380/2001. In materia di rifiuti, il committente dei lavori edili e il
direttore dei lavori non possono essere ritenuti responsabili a titolo di
concorso con l'appaltatore per la raccolta e Io smaltimento abusivi dei rifiuti
non pericolosi connessi all'attività edificatoria. Infatti, nessuna fonte
legale, né scaturente da norma extrapenale (ossia ricavabile dalle disposizioni
del D.Lgs. n. 22 del 1997 oggi D. Lgs n. 152/2006), né da contratto, pone in
capo a tali soggetti l'obbligo di garanzia in relazione all'interesse tutelato
ed il correlato potere giuridico di impedire che l'appaltatore commetta il reato
di abusiva gestione dei rifiuti. (Cass. sez. III, 22.9.2004 n. 40618, Bassi e
altro; Cass. sez. III, 28.1.2003 n. 15165, Capecchi Massimo, con specifico
riferimento alla posizione del committente dei lavori). (annulla sentenza in
data 16.2.2010 del Tribunale di Avellino) Pres. Petti , Est. Lombardi. Ric.
Spagnuolo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/05/2011), Sentenza n.
25041
RIFIUTI - DIRITTO URBANISTICO - Lavori edili - Abusiva gestione dei rifiuti
dell’appaltatore - Concorso nel reato del committente dei lavori e direttore dei
lavori - Presupposti e limiti - Art. 6 della L. n. 47/1985 ed attualmente
dell'art. 29 del DPR n. 380/2001 - D.Lgs. n. 22/1997 oggi D. Lgs n. 152/2006.
In particolare, è stato osservato, con riferimento alla posizione del
committente e del direttore dei lavori, che i doveri di controllo imposti a tali
soggetti, ai sensi dell'art. 6 della L. n. 47/1985 ed attualmente dell'art. 29
del DPR n. 380/2001, riguardano esclusivamente la conformità della costruzione
alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano, al permesso di costruire,
nonché l'osservanza delle altre prescrizioni contenute nel testo unico per
l'edilizia, mentre nessun obbligo è imposto dalla legge a tali soggetti riguardo
alla osservanza della disciplina in materia di smaltimento dei rifiuti. (Cass.
sez. IIl, 21.10.2009 n. 44457, Leone; Cass. sez. 3°, 21.1.2000 n. 4957, Rigotti
e altri). Sicché, salva l'ipotesi di un diretto concorso nella commissione del
reato, non può ravvisarsi alcuna responsabilità a carico di tali soggetti, ai
sensi dell'art. 40, comma secondo, c.p., per non essere intervenuti al fine di
impedire violazioni della normativa in materia di rifiuti da parte della ditta
appaltatrice. (annulla sentenza in data 16.2.2010 del Tribunale di Avellino)
Pres. Petti , Est. Lombardi. Ric. Spagnuolo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/6/2011 (Ud. 25/05/2011), Sentenza n.
25041
RIFIUTI - Smaltimento dei reflui derivanti dalla lavorazione e trasformazione delle olive - Ruscellamento liquami - Disciplina applicabile - Artt. 137 e 256, c. 1 e 2, D. L.vo n. 152/2006. In assenza di una condotta di scarico, le acque reflue devono qualificarsi rifiuti liquidi, il cui versamento sul suolo ovvero la cui immissione in acque superficiali o sotterranee, senza autorizzazione, è sanzionata penalmente dall'art. 256, commi 1 e 2, dei medesimo Testo Unico - D. L.vo n. 152/2006 (Cass. sez. III, 18.6.2009 n. 35138, Bastone; Cass. sez. III, 13.4.2010 n. 22036, Chianura). Nella specie, le acque reflue provenienti dagli impianti del frantoio confluivano nel canale per effetto di "ruscellamento" sul terreno, sicché deve escludersi l'esistenza di un sistema di collettamento tra il luogo di fuoriuscita delle acque ed il luogo in cui si riversavano nel canale, con la conseguente esclusione della configurabilità del reato di cui all'art. 137 del D. Lgs n. 152/2006. (annulla con rinvio sentenza in data 24.5.2010 del Tribunale di Crotone) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Olivo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 22/06/2011 (Ud. 25/05/2011), Sentenza n. 25037
RIFIUTI - Spedizione illecita di rifiuti - Ritagli di materiali tessili - Sottoprodotto - Esclusione - Trattamento diverso dalla normale pratica industriale - Fattispecie: Verifica della perdita della qualifica di rifiuto - Artt. 184 bis e ter, 259, c. 1, 260, c.1, D. Lgs n. 152/2006 - Art. 483 c.p. - Art. 2, c. 1, punto 35 lett. e) Reg. 259/1993 CEE e s.m. Reg. CE 1013/2006 - Art. 9 bis, c.1 lett. a), D.L. n. 172/2008 conv. con mod. L. n. 210/2008 - D. L.vo n. 205/2010 in att. Dir. n. 2008/98/CE. I ritagli di materiali tessili, non possono rientrare nella nozione di sottoprodotto, sia pure come novata dall'art. 184 bis del D. Lgs. n. 152/2006, trattandosi di materiali già sottoposti ad un ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale (art. 184 bis, comma 1 lett. c). Fattispecie: verifica della sussistenza del fumus dei reati con riferimento ai criteri specificati nel vigente art. 184 ter del D. Lgs n. 152/2006, concernenti la perdita della qualifica di rifiuto. (annulla con rinvio al Tribunale di Taranto ordinanza del 15.6.2010) Pres. Petti, Est. Gentile, Ric. Calcagni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 17/06/ 2011 (Cc. 25/05/ 2011), Sentenza n. 24427
RIFIUTI - Disciplina dei rifiuti - Materia della “tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema” - Competenza esclusiva statale - Rifiuti prodotti sulle navi -
Possibile inclusione nella disciplina dei porti e aeroporti civili, di
competenza regionale - Inconfigurabilità - L.r. Marche n. 16/2010, art. 42, cc.
7 e 9 - Affidamento della gestione dei rifiuti prodotti dalle navi -
Attribuzione delle funzioni amministrative al Comune - Illegittimità
costituzionale - Contrasto con l’art. 5, c. 4 d.lgs. n. 182/2003. La
disciplina dei rifiuti ricade nella più generale materia della «tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema» (così, fra le più recenti, le sentenze n. 373
del 2010, n. 127 del 2010 e n. 61 del 2009). Il fatto che i rifiuti siano
prodotti all’interno di una nave nel corso del tragitto compiuto da questa dal
porto di partenza a quello di arrivo pare circostanza irrilevante e non
certamente idonea ad attrarre siffatta disciplina alla materia, di competenza
regionale concorrente, relativa ai porti e aeroporti civili e alle grandi reti
di trasporto e navigazione. Il legislatore regionale delle Marche ha inteso
allocare, con un suo atto legislativo, la funzione amministrativa relativa alla
cura delle procedure finalizzate all’affidamento del servizio di gestione della
ricordata categoria di rifiuti presso l’ente territoriale Comune, laddove la
legge dello Stato (il più volte ricordato art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 182 del
2003) ha, viceversa, individuato nella Regione il soggetto pubblico cui tale
funzione è assegnata. L’evidenziata discrasia normativa giustifica la pronunzia
di illegittimità costituzionale dei commi 7 e 9 dell’art. 42 della legge
regionale delle Marche n. 16 del 2010. Pres. Maddalena, Est. Napolitano -
Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Marche -
CORTE COSTITUZIONALE- 15 giugno 2011, n. 187
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Responsabilità dei detentori e/o produttori -
Concetto di "coinvolgimento" - Artt.2 e 16 D.L.vo n.205/2010 - Art. 188 D.Lgs.
n. 152/2006 - Art. 10 D.Lgs. n. 22/1997. In tema di gestione dei rifiuti, le
responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni
nazionali e comunitarie gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione,
distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi,
e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione,
determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti
(Cass. Sez. 3", 24.2.2004, n. 7746, Turati ed altro). Il concetto di
"coinvolgimento" trovava specificazione nelle disposizioni poste dal D.Lgs. n.
22 del 1997, art. 10 ed attualmente D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 188 (fatte
salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), ma anche la mera osservanza
delle condizioni di cui all'art. 10 non vale ad escludere la responsabilità dei
detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano "resi
responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una
compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti
commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti" (Cass., Sez. 3°,
6.2.2000, n. 1767, Riva). I principi sopra richiamati risultano sostanzialmente
ribaditi anche alla luce del D.L.vo 3 dicembre 2010,n.205 (artt.2 e 16).
(conferma sentenza del 31.3.2010 del Tribunale di Lucera, sez. dist.di Apricena)
Pres. Petti, Est. Amoresano, Ric. Graniero.
CORTE
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15/06/2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 23971
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti nel ciclo - Responsabilizzazione e
cooperazione di tutti i soggetti "coinvolti" - Art. 2, c. 3, D.Lgs. n. 22/1997 -
Art. 178, c. 3, D.Lgs. n. 152/2006. Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 2, comma
3, già prevedeva la responsabilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti
"coinvolti", a qualsiasi titolo, nel ciclo di gestione non soltanto dei rifiuti
ma anche degli stessi "beni da cui originano i rifiuti" e il D.Lgs. n. 152 del
2006, art. 178, comma 3, ha puntualmente ribadito il principio di
"responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella
produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui
originare i rifiuti (Cass. pen. sez.3 n.6420 del 7.11.2007, dep.11.2.2008).
(conferma sentenza del 31.3.2010 del Tribunale di Lucera, sez. dist.di Apricena)
Pres. Petti, Est. Amoresano, Ric. Graniero.
CORTE
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15/06/2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 23971
RIFIUTI - Impresa edile produttrice di rifiuti - Attività di gestione non
autorizzata - Individuazione dei soggetti responsabili - Omessa vigilanza
sull'operato dei dipendenti - Reato di cui al c. 1, art.256 D.Lgs. n. 152/2006.
In tema di gestione abusiva di rifiuti, non c'è dubbio che il reato di cui
al comma 1 dell'art.256 D.Lgs. n. 152/2006 non sia un reato proprio non dovendo
necessariamente essere integrato da soggetti esercenti professionalmente
l'attività di gestione rifiuti, dal momento che la norma fa riferimento a
"chiunque". E' altrettanto indubitabile, però, che in presenza di una attività
di gestione svolta da un'impresa vigono i principi sopra richiamati in ordine
alla individuazione dei soggetti responsabili. Si è così affermato che "In tema
di rifiuti la responsabilità per l'attività di gestione non autorizzata non
attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della
condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza
per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella
predetta gestione e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla
direzione dell'azienda. (In applicazione di tali principi è stata riscontrata la
responsabilità dei titolari di una impresa edile produttrice di rifiuti per il
trasporto e lo smaltimento degli stessi, con automezzo di proprietà della
società, in assenza delle prescritte autorizzazioni (Cass. pen.
sez.3,11.12.2003, n.47432). Successivamente è stato ribadito che in tema di
gestione dei rifiuti, il reato di abbandono incontrollato di rifiuti è
ascrivibile ai titolari di enti ed imprese ed ai responsabili di enti anche
sotto il profilo della omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti che hanno
posto in essere la condotta di abbandono (Fattispecie riguardante un autocarro
adibito al trasporto di rifiuti abbandonati in modo incontrollato e condotto da
un dipendente del titolare dell'impresa) (Cass. pen. sez.3, n.24736 del
18.5.2007). (conferma sentenza del 31.3.2010 del Tribunale di Lucera, sez.
dist.di Apricena) Pres. Petti, Est. Amoresano, Ric. Graniero.
CORTE
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 15/06/2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 23971
RIFIUTI - Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Qualità di rifiuto -
Art. 183 lett. a) T.U.A. - Pubblica amministrazione - Onere della prova. In
tema di ordinanza di rimozione e avvio al recupero o allo smaltimento di rifiuti
abbandonati, spetta alla P. A. , trattandosi di prova relativa all’esistenza dei
presupposti per la legittima emanazione dell’ordinanza medesima, comprovare la
qualifica di rifiuti, dimostrando che il detentore si sia disfatto, abbia avuto
l’intenzione di disfarsi o l’obbligo di disfarsi del materiale; grava cioè sulla
P. A. l’onere di provare la sussistenza dei presupposti al fine di verificare se
si ricada nel campo di applicazione del combinato disposto degli articoli 183/a)
e 192 t. u. 152/06). Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli -E. s.r.l. (avv.ti Codato e
Zanenghi) c. Comune di Venezia (avv.ti Ballarin, Gidoni, Morino, Ongaro e
Venezian) e altro (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 14 giugno 2011, n. 999
RIFIUTI - APPALTI - Servizio di raccolta e trasporto rifiuti - Richiesta di proroga - Affidataria - Rifiuto - Ordinanza contingibile e urgente diretta ad assicurare la continuità del servizio - Affidamento per effetto di provvedimento extra ordinem - Non costituisce impedimento alla partecipazione ad altre gare. In tema di servizio raccolta e trasporto rifiuti, allorché in prossimità della scadenza della proroga il Comune contatti la società attuale affidataria del servizio al fine di acquisire la disponibilità ad un'ulteriore proroga del servizio, alle medesime condizioni economiche e tecniche in atto, nelle more della predisposizione degli atti e degli adempimenti necessari per l'affidamento mediante pubblica gara del nuovo servizio, e l'affidataria declini la proposta di ulteriore proroga, alla luce del disposto di cui all'art. 23 bis, d.l. n. 112 del 2008, onde evitare il pregiudizio derivante dall'impedimento alla partecipazione ad altre gare, è legittima l'ordinanza contingibile ed urgente assunta dal Sindaco ai sensi dell'art. 50, d.lg. n. 267 del 2000, al fine di assicurare comunque la continuità del servizio di gestione dei rifiuti urbani, tenuto conto della qualità di servizio essenziale, non suscettibile di subire interruzioni; in tal caso l'avvenuto affidamento del servizio alla società per effetto di un provvedimento extra ordinem, assunto sulla base di presupposti di diritto del tutto diversi da quelli in base ai quali in via ordinaria si procede mediante proroga dell'affidamento in corso, non è assimilabile a tale ultima ipotesi e quindi non può costituire per la società istante impedimento per l'eventuale partecipazione ad altre gare (cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 9 luglio 2010 n. 2906). Pres. f.f. Maggio, Est. Flaim - E. s.r.l. (avv. Pinna) c. Comune di Siniscola (avv. Murgia) - TAR SARDEGNA, Sez. I - 11 giugno 2011, n. 556
RIFIUTI - Emergenza rifiuti in Campania - Principio ispiratore - Messa in opera
di tutti gli strumenti necessari al superamento dell’emergenza - Enti locali
inadempienti - Procedure di natura sostitutiva - Misura coerente ai fini
perseguiti. L’intera disciplina per l’emergenza rifiuti vigente in Campania
è improntata al principio della messa in opera di tutti gli strumenti necessari
per il superamento dell’emergenza medesima, ivi compreso quello della rimozione
degli amministratori locali inadempienti: e proprio in tale contesto il
meccanismo sostitutivo contemplato dall’art. 8, comma 4, dell’ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 2008, come modificata
dall’ordinanza n. 3693 del 2008, non può essere apoditticamente riguardato quale
istituto del tutto anomalo per il nostro ordinamento, ma va invece riconosciuto
come misura del tutto coerente con i fini di ordine generale perseguiti dal
legislatore nella materia di cui trattasi. Detto altrimenti, lo scopo -
assolutamente ineludibile - di rendere efficace l’azione amministrativa che si
identifica nella gestione dell’emergenza rifiuti non può che contemplare
procedure di natura sostitutiva nei riguardi degli Enti locali inadempienti,
onde evitare che l’inattività degli Enti locali costituisca intralcio
all’attività degli organi straordinari preposti al superamento dell’emergenza
medesima. Pres. Numerico, Est. Rocco - Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della Protezione Civile (Avv. Stato) c. Comune di Recale (avv.
Adinolfi) - (Riforma T.A.R. Lazio, Roma, n. 1655/2009) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 8 giugno 2011, n. 3502
RIFIUTI - Emergenza rifiuti in Campania - Eventi emergenziali - Atti
amministrativi in deroga alle disposizioni vigenti - Previsione normativa -
Conformità al principio di buon andamento dell’azione amministrativa. La
circostanza per cui una disposizione di legge contempli l’emanazione di atti
amministrativi per affrontare eventi emergenziali mediante deroghe ad ogni
disposizione vigente ma nell’ineludibile osservanza dei principi generali
dell’ordinamento giuridico non contravviene ad alcuna clausola di
costituzionalità dell’ordinamento medesimo, ma si configura come pienamente
conforme alla fondamentale esigenza del “buon andamento” dell’azione
amministrativa (art. 97 Cost.) , esplicitata a sua volta negli altrettanto
necessari requisiti della sua economicità, efficacia e imparzialità (cfr. art. 1
della L. 7 agosto 1990 n. 241 come modificato dall’art. 1 della L. 11 febbraio
2005, n. 15 e successivamente dall’art. 7, comma 1, lettera a), della L.18
giugno 2009 n. 69). Pres. Numerico, Est. Rocco - Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della Protezione Civile (Avv. Stato) c. Comune di Recale
(avv. Adinolfi) - (Riforma T.A.R. Lazio, Roma, n. 1655/2009) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 8 giugno 2011, n. 3502
RIFIUTI - Ordine di smaltimento ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Presupposto -
Accertamento della responsabilità. Secondo l’art. 192 del D. Lgs. 152/2006
l’ordine di smaltimento presuppone l’accertamento di una responsabilità a titolo
quantomeno di colpa in capo all’autore dell’abbandono dei rifiuti, e lo stesso
vale per il proprietario o titolare di altro diritto reale o personale sull’area
interessata, che venga chiamato a rispondere in solido dell’illecito (TAR
Toscana Sez. II sent. 1447 del 17 settembre 2009). Pres. Leo, Est. Di Mario -
Consorzio d. R. (avv. Mantovani) c. Comune di Milano (avv.ti Ammendola e Surano)
-
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 7 giugno 2011, n. 1408
RIFIUTI - Ordine di rimozione - Proprietario del fondo - Responsabilità
oggettiva - Esclusione - Dimostrazione dell’imputabilità soggettiva della
condotta - Istruttoria - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006. L’ordine di rimozione
dei rifiuti presenti sul fondo può essere rivolto al proprietario (o al titolare
di diritti reali o personali di godimento) solo quando ne sia dimostrata almeno
la corresponsabilità con gli autori dell’illecito, per avere cioè posto in
essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo,
dovendosi escludere che la norma configuri un’ipotesi legale di responsabilità
oggettiva, con conseguente illegittimità degli ordini di smaltimento dei rifiuti
indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua
mera qualità ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte
dell’amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di
un’esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta (Cons.
Stato, V, 25 gennaio 2005, n. 136). Tale orientamento è stato confermato anche
con riferimento al disposto di cui all’art. 192 del d. lgs. 152/2006 (cfr. Cons.
Stato, V, 25 agosto 2008, n. 4061 e Cons. Stato, V, 19 marzo 2009, n. 1612).
Pres. Zaccardi, Est. Monteferrante -A. s.p.a. (Avv. Stato) c. Comune di Venafro
(avv. Vallone) -
TAR MOLISE, Sez. I - 1 giugno 2011, n. 302
RIFIUTI - Ordine di rimozione - Preventiva comunicazione - Necessità - Art. 192
d.lgs. n. 152/2006. La cogenza del principio di necessaria preventiva
comunicazione di avvio del procedimento è ribadita dal disposto di cui all’art.
192 del d. lgs. 152/2006, che condiziona la perseguibilità del proprietario e
dei titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, alla verifica
della imputabilità della condotta a titolo di “dolo o colpa in base agli
accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai
soggetti preposti al controllo” (Cons.Stato, Sez. V, n. 4061/2008). Pres.
Zaccardi, Est. Monteferrante -A. s.p.a. (Avv. Stato) c. Comune di Venafro (avv.
Vallone)
-
TAR MOLISE, Sez. I - 1 giugno 2011, n. 302
RIFIUTI - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed a Protezione Speciale - Impianto di smaltimento rifiuti - Autorizzazione integrata ambientale - Nulla-osta dell’Ente preposto alla gestione del vincolo ambientale - Necessità - D.L.vo n. 152/06 - Artt. 5 e 7 del D.L.vo n. 59/05 - L. n. 394/91 - Art. 181 D.L.vo n. 42/04. In tema di Autorizzazione Integrata Ambientale, l’assunto secondo cui la stessa sostituisce ai fini della realizzazione di laghetti artificiali connessi ad un impianto di smaltimento rifiuti anche il nulla-osta dell’Ente preposto alla gestione del vincolo ambientale è errato in diritto, poiché non conforme alla disciplina di cui agli artt. 5 e 7 del D.L.vo n. 59/05. Detta Autorizzazione Integrata Ambientale, sostituisce ed assorbisce tutte le autorizzazioni necessarie per l’installazione ed il funzionamento degli impianti destinati allo smaltimento dei rifiuti, di cui al D.L.vo n. 152/06, ma non sostituisce il nulla-osta richiesto dalla L. n. 394/91, stante la specifica funzione cui è connessa detta autorizzazione diretta a tutelare le zone a protezione speciale avente una propria specifica peculiarità. (conferma Ordinanza Tribunale di Roma, emessa il 20/09/010) Pres. Squassoni, Est. Gentile, Ric. Baroni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 1/06/2011 (Cc. 3/05/2011) Sentenza n. 21863
RIFIUTI - Cantieri
edili di demolizione - Impianti mobili di macinatura, vagliatura e
deferrizzazione dei materiali inerti - Autorizzazione - Necessità - Art. 256, c.
1 - lett. a), del D.Lgs. n. 152/2006. Gli impianti mobili adibiti alla
macinatura, vagliatura e deferrizzazione dei materiali inerti prodotti da
cantieri edili di demolizione, sono assoggettati al procedimento autorizzatorio
in quanto, non possono essere considerati impianti che effettuano una semplice
riduzione volumetrica e separazione di eventuali frazioni estranee, essendo essi
impiegati per effettuare un'operazione "di trattamento" il cui principale
risultato è quello di permettere ai residui ferrosi "di svolgere un ruolo utile"
(in linea anche con la nozione di "recupero" posta dal D.Lgs. 3.12.2010, n. 205,
ove viene espressamente previsto che l'elenco delle operazioni di cui
all'allegato C del D. L.vo n. 152/2006 non è per nulla esaustivo). (conferma
ordinanza del 23/09/2010, n. 47 TRIBUNALE LIBERTA' di CHIETI) Pres. Petti, Est.
Fiale, Ric. Colanzi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 1/06/2011 (Cc. 27/04/2011) Sentenza n. 21859
RIFIUTI - Impianti mobili di smaltimento e di recupero dei rifiuti -
Autorizzazione - Necessità - Procedura semplificata - Violazione - Art. 256, c.1
- lett. a), D.Lgs. n. 152/2006 - Configurabilità - Attività esclusa alla
procedura - Art. 208, c. 15, D. L.vo n. 152/2006. In tema di rifiuti, l'art.
208, comma 15, del D.Lgs. n. 152/2006 prevede e disciplina una procedura
semplificata per l'autorizzazione degli impianti mobili di smaltimento e di
recupero dei rifiuti, disponendo che i soggetti interessati devono presentare
domanda alla Regione (ove hanno la sede legale o quella di rappresentanza) per
ottenere l'autorizzazione definitiva all'uso dell'impianto. Per lo svolgimento,
poi, delle singole "campagne di attività" sul territorio nazionale, i soggetti
che hanno ottenuto detta autorizzazione, almeno 60 giorni prima
dell'installazione dell'impianto, devono comunicare alla Regione nel cui
territorio si trova il sito prescelto, le "specifiche dettagliate" relative alla
campagna di attività e la Regione può adottare prescrizioni integrative oppure
può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della
stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o
della salute pubblica. Sono esclusi dall'osservanza della procedura anzidetta
gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da
impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo
presso il quale operano, nonché gli impianti che effettuano esclusivamente
riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee. Sicché l’assenza
della prescritta autorizzazione configura, conseguentemente, il fumus
dell'ipotizzato reato di cui all'art. 256, comma i - lett. a), del D.Lgs. n. 152
del 2006. (conferma ordinanza del 23/09/2010, n. 47 TRIBUNALE LIBERTA' di
CHIETI) Pres. Petti, Est. Fiale, Ric. Colanzi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 1/06/2011 (Cc. 27/04/2011) Sentenza n. 21859
RIFIUTI - Controversie attinenti alla gestione dei rifiuti - Competenza
inderogabile del Tar Lazio - Art. 135, c. 1, lett. e) c.p.a. - Clausole
convenzionali di deroga del foro - Irrilevanza. L’art. 135, comma 1, lett.
e), C.p.a., attribuisce alla competenza funzionale inderogabile del TAR del
Lazio tutte le controversie di cui all’art. 133, comma 1, lett. p), C.p.a., tra
le quali quelle “… comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del
ciclo dei rifiuti”, sicchè non rilevano, ai fini della competenza territoriale,
eventuali clausole derogatorie del foro convenzionalmente stabilite dalle parti.
Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani) c. regione
Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
Protezione Civile (Avv. Stato) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915
RIFIUTI - Rifiuti derivanti da attività di selezione meccanica degli RSU -
Natura di rifiuti speciali - Esclusione - Abrogazione dell’art. 184, c. 3, lett.
n) del d.lgs. n. 152/2006 - Classificazione quali rifiuti urbani. La lettera
n) del terzo comma dell’articolo 184 del Codice dell’Ambiente (che classificava
nell’ambito dei ‘rifiuti speciali’ i rifiuti derivati dalle attività di
selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani) è stata soppressa dall'art. 2,
comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, quindi, i rifiuti derivati
dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani non possono
essere più considerati e classificati quali rifiuti speciali, ma rientrano
nell’ambito della classificazione dei rifiuti urbani. In senso contrario non può
essere richiamato l’Allegato D) alla Parte IV del Codice dell’Ambiente - recante
l’Elenco dei rifiuti di cui alla Decisione 2000/532/CE - il quale indica i
rifiuti urbani con un codice CER a sei cifre che inizia con la serie 20, mentre
i codici CER contrassegnati con la serie iniziale 19 identificano rifiuti
speciali. Infatti, il citato Allegato D) precisa che il codice a sei cifre
riferito a ciascun rifiuto è utile per identificare la ‘fonte che genera il
rifiuto’ stesso e, quindi, per individuare la disciplina applicabile occorre,
comunque, fare riferimento alla normativa primaria contenuta nell’articolo 184,
commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152/2006, che reca la puntuale classificazione dei
rifiuti urbani e di quelli speciali. Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti
Sechi e Sticchi Damiani) c. regione Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile (Avv. Stato)
-
TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915
RIFIUTI - Separazione meccanica della frazione secca dalla frazione umida -
Trasformazione del rifiuto da urbano a speciale - Impossibilità - Principio di
autosufficienza - Divieto di smaltimento in regioni diverse da quella di
produzione. La semplice separazione meccanica della frazione secca dalla
frazione umida di un rifiuto non può comportare il mutamento della natura del
rifiuto da urbano a speciale, con conseguente sottrazione del ‘rifiuto speciale’
alla disciplina del ‘rifiuto urbano’. Si giungerebbe altrimenti alla conclusione
irrazionale che ciò che non può essere smaltito e trasportato fuori Regione
“intero” (il rifiuto urbano), possa poi essere smaltito e trasportato una volta
“frazionato” (il rifiuto speciale con codice CER 19.12.12). In sostanza, a tal
fine non può essere considerata decisiva l’attribuzione del codice CER 19.12.12,
perché le operazioni di tritovagliatura si pongono come preliminari rispetto a
quella che sarà l’operazione compiuta di recupero o smaltimento cui il rifiuto
deve essere sottoposto e non sono, quindi, utili, da sole, a cambiare la
classificazione del rifiuto secondo l’origine. Affermare il contrario
significherebbe consentire - mediante la semplice operazione meccanica e di
riduzione del volume - di disattendere la normativa che disciplina la gestione
dei rifiuti urbani, il principio di autosufficienza ed il divieto di smaltimento
in regioni diverse da quella di produzione (cfr. Cass. Penale, Sez. III, 9
dicembre 2009, n. 46843: Tribunale di Milano, Ufficio GIP, 23 marzo 2006). Pres.
Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani) c. regione Puglia
(avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione
Civile (Avv. Stato)
-
TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915
RIFIUTI - Legislazione eccezionale introdotta per fronteggiare l’emergenza
rifiuti in Campania - Eccezioni al principio di smaltimento intra regionale dei
rifiuti urbani - Esclusione - Necessità di specifico assenso. La
legislazione statale di natura eccezionale e derogatoria, introdotta per
fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania non prevede eccezioni al principio
di smaltimento intra-regionale dei rifiuti urbani, quali devono essere
classificati quelli con codice CER 19.12.12: l’assenso della Regione Puglia al
trasferimento dei rifiuti campani è pertanto il presupposto che abilita lo
smaltimento dei rifiuti campani nel territorio pugliese, in base alla previsioni
contenute nell’art. 182, comma 3 del d.lgs. n. 152 del 3.4.2006, nell’art. 5,
comma 3, del d.l. n. 263 del 9 ottobre 2006, nell’art. 1, comma 7 del d.l. n.
196 del 26 novembre 2010. In base alla disciplina emergenziale, fino alla
cessazione dello stato di emergenza, non sarebbe stato possibile conferire
extra-regione rifiuti solidi urbani o speciali non pericolosi provenienti dagli
STIR campani, in mancanza o al di fuori specifici accordi stipulati tra la
Regione Campania e le regioni disponibili ai conferimenti nel proprio
territorio. Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani)
c. regione Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento Protezione Civile (Avv. Stato) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915
RIFIUTI - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Indagini preliminari - Decorrenza del
termini - Ritardi nella iscrizione - Effetti e limiti - Gravi indizi di reato e
indispensabilità dell’intercettazione - Fattispecie: intercettazioni telefoniche
relative ad un imponente traffico di rifiuti pericolosi - Artt. 407, co. 3, 266
e ss. c.p.p.. Il termine delle indagini preliminari decorre dalla data in
cui il p.m. ha iscritto nel registro delle notizie di reato il nome della
persona cui il reato è attribuito, senza che al Gip sia consentito stabilire una
diversa decorrenza. Sicché gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione,
tanto della notizia di reato, quanto del nome della persona cui lo stesso reato
è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto
previsto dall'art. 407, co. 3, c.p.p.. Né l'eventuale violazione del dovere di
tempestiva iscrizione, che pur potrebbe configurare responsabilità disciplinari
o addirittura penali a carico del p.m. negligente, è causa di nullità degli atti
compiuti, non ipotizzabile in assenza di una espressa previsione di legge, in
ossequio al principio di tassatività, fissato dall'art. 177 del codice di rito
(Cass. S.U. 24/9/09, n. 40538; Cass. 8/4/08, Bruno). Conseguentemente la
tardività della iscrizione nel registro delle notizie del reato non può
determinare la inutilizzabilità delle indagini (intercettazioni telefoniche)
acquisite precedentemente a detta iscrizione (Cass. S.U. 21/6/2000, Tammaro).
Sicché, i gravi indizi di reato, che costituiscono, il presupposto per il
ricorso alle intercettazioni attengono alla esistenza dell'illecito penale e non
alla colpevolezza di un determinato soggetto, sicché per procedere
legittimamente ad intercettazioni non è necessario che tali indizi siano a
carico di una persona individuata o del soggetto le cui comunicazioni debbano
essere captate a fine di indagine (Cass. 21/12/06, n. 42017 ). Nella specie, le
disposte intercettazioni telefoniche risultavano pienamente giustificate dal
fatto che erano in corso indagini relative ad un imponente traffico di rifiuti
pericolosi. (conferma sentenza n. 10974/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
25/02/2009) Pres. Squassoni, Est. Gazzara, Ric. Roma.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 27/5/2011 (Ud. 13/4/2011) Sentenza n. 21311
RIFIUTI - Trasporto rifiuti - Titoli abilitativi - Art 46, comma 1 L. n. 298/74 - Iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali - Art. 212 d.lgs. n. 152/2006 - Fattispecie - Prevalenza dell’iscrizione sul titolo abilitativo generale. In materia di trasporto dei rifiuti, disciplinato da una normativa speciale di settore e per il quale è richiesta l’apposita iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, la distinzione tra il trasporto in conto proprio e quello per conto terzi non rileva giacché l'iscrizione all’albo di cui all’art. 212 del D. L.vo n. 152\06 supera ed assorbe le autorizzazioni di cui alla legge n. 298/74. GdP Battista - R. S.r.l. (avv. Sechi) c. Ministero dell’Interno (contumace) - (segnalata dagli Avv.ti Giampaolo Sechi e Rosa Ficarella) - GIUDICE DI PACE DI AVELLINO - 17.12.2010 (dep. 27/05/2011), n. 3029
RIFIUTI - Rifiuti solidi urbani - Tariffe - D.lgs. n. 507/1993 - Deliberazioni
comunali - Carenza di motivazione e istruttoria - Illegittimità. L’art. 69
d.lg. n. 507 del 1993 dispone che le deliberazioni comunali debbano indicare i
rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai
costi del servizio nonché i dati e le circostanze che hanno determinato
l’aumento per la copertura minima del costo ovvero gli aumenti. Ciò in sintonia
con l’art. 65 dello stesso d.lg. il quale prevede che la determinazione della
tassa sia commisurata alla quantità e qualità dei rifiuti nonché al costo dello
smaltimento. La carenza di motivazione e di istruttoria che non consente di
comprendere l’iter logico seguito per la determinazione delle tariffe
costituisce motivo di illegittimità (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 10 giugno
1998, n. 1430). Pres. Cavallari, Est. Santini - B.G. (avv. Soggia) c. Comune di
Pulsano (avv. Fanelli) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966
RIFIUTI - Rifiuti solidi urbani - Tariffe - D.lgs. n. 507/1993 -
Rideterminazione della tariffa - Disciplina ex art. 13 L. n. 241/1990 -
Applicabilità - Esclusione - Disciplina speciale ex art. 69, c. 2 d.lgs. n.
507/1993. E’ illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere per
difetto di istruttoria e di motivazione il provvedimento con cui è stata (ri)determinata
la tariffa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nel caso in
cui dal provvedimento medesimo non sia ricavabile alcun elemento idoneo a
ricostruire i presupposti di fatto e di diritto in ordine all’aumento della
tariffa. Infatti, pur avendo il provvedimento natura di atto generale, si deve
ritenere che nei confronti dello stesso non sia applicabile la disciplina
prevista dall’art. 13 l. n. 241/1990, bensì, per il suo carattere di specialità
e maggiore garanzia procedimentale, la disciplina prevista dall’art. 69, comma
2, d.lgs. n. 507/1993, secondo cui l’Amministrazione, quando (ri)determina le
tariffe, deve dar conto delle ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe,
nonché dei dati e delle circostanze che hanno determinato l’aumento per la
copertura minima obbligatoria del costo; tale disposizione comporta l’obbligo
per l’Amministrazione di motivare analiticamente le scelte espresse nella
relativa deliberazione (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 1° ottobre 2009, n.
1550; in questa stessa direzione cfr., anche, Cons. Stato, sez. V, 11 agosto
2010, n. 5616; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 19 febbraio 2009, n. 127; T.A.R.
Sardegna, sez. II, 11 marzo 2008, n. 411; T.A.R. Toscana, sez. I, 21 gennaio
2001, n. 23). Pres. Cavallari, Est. Santini - B.G. (avv. Soggia) c. Comune di
Pulsano (avv. Fanelli) -
TAR PUGLIA,
Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966
RIFIUTI - Rifiuti solidi urbani - Tariffe - D.lgs. n. 507/1993 -
Differenziazione tra diverse categorie di utenti - Motivazione. La
differenziazione tra diverse categorie di utenti, sebbene consentita (es.
distinzione tra locali ad uso abitativo ed esercizi alberghieri, che pure sono
in via di massima assimilati dall’art. 68 del d.lgs. n. 507/1993), deve essere
in ogni caso effettuata sulla base di specifiche caratteristiche, purché
adeguatamente enunciate, che ne consiglino un diverso trattamento ai fini
dell'imposizione della tassa sui rifiuti solidi urbani (T.A.R. Campania Napoli,
sez. I, 30 maggio 2006, n. 6399; Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2009, n. 2301).
Pres. Cavallari, Est. Santini - B.G. (avv. Soggia) c. Comune di Pulsano (avv.
Fanelli) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966
RIFIUTI - F.O.S. - Natura di rifiuto urbano - Esclusione - Ragioni -
Classificazione tra i rifiuti speciali ex art. 184, c. 3, d.lgs. n. 152/2006 -
Abrogazione dell’art. 184, c. 1, lett. n) ad opera del d.lgs. n. 4/2008 -
Conseguenze. La natura di rifiuto speciale ex art. 184, comma 3, lett. g),
del d.lgs. n. 152/2006, da riconoscere alla F.O.S., deriva dal diritto positivo
e precisamente dal medesimo d.lgs. n. 152/2006. Quest’ultimo, infatti, tra gli
Allegati alla Parte IV contiene l’Allegato D, il quale reca l’elenco delle
diverse categorie di rifiuti, classificati in base ad un codice a sei cifre. E
mentre i rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti - quale la
F.O.S. - risultano classificati con i codici: a) 19.12.11 e b) 19.12.12,. la
categoria dei rifiuti urbani è identificata, invece, con il codice 20 e le varie
tipologie di rifiuti che la compongono sono identificate da codici a sei cifre,
tutti recanti come prime due cifre il codice 20. Ne segue che, per esplicita
previsione di diritto positivo, i rifiuti derivati dal trattamento meccanico dei
rifiuti non appartengono alla categoria dei rifiuti urbani, Ciò, d’altro lato, è
confermato, sempre sul piano del diritto positivo, dal fatto che la F.O.S. - e,
più in generale, i rifiuti derivati dal trattamento meccanico dei rifiuti - non
sono compresi nell’elenco dei rifiuti urbani di cui all’art. 184, comma 2, del
d.lgs. n. 152/2006. E’, invece, indubbiamente corretta la classificazione della
F.O.S. - e, più in generale, dei rifiuti derivati dal trattamento meccanico dei
rifiuti - tra i rifiuti speciali ex art. 184, comma 3, lett. g), del d.lgs. n.
152/2006: tale disposizione vi comprende, infatti, i rifiuti derivanti
dall’attività di recupero e smaltimento dei rifiuti. Detta conclusione non è in
alcun modo infirmata dall’intervenuta abrogazione della lett. n) dell’art. 184,
comma 3, del d.lgs. n. 152 cit. operata dal d.lgs. n. 4/2008. A tale abrogazione
non può, infatti, attribuirsi l’inserimento della F.O.S. tra i rifiuti urbani,
quanto, invece, il significato di un riconoscimento legislativo dell’inutilità
della succitata lett. n), dovendo, per quanto esposto, i rifiuti derivati dal
trattamento meccanico dei rifiuti considerarsi rifiuti speciali già ai sensi
dell’art. 184, comma 3, lett. g), di cui la lett. n) costituiva (in parte qua)
un’inutile duplicazione. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - CISPEL Toscana
Confservizi e altri (avv. Grazzini) c. Regione Toscana (avv.ti Bora) e Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 18 maggio 2011, n. 917
RIFIUTI - ACQUA - Fanghi
biologici - Regione - Adozione di misure interdittive al di fuori dei casi
previsti dall’art. 4 del d.lgs. n. 99/92 - Illegittimità. Non compete alla
Regione l’adozione di misure interdittive all’utilizzazione dei fanghi biologici
in agricoltura al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore
mediante il disposto dell’art. 4 del d.lgs. n. 99/92, dovendo, invece,
l’amministrazione limitarsi all’esplicazione dei poteri previsti dall’art. 6
dello stesso d.lgs., fra i quali è ricompresa la possibilità di adottare mere
limitazioni nel rispetto dei presupposti espressamente previsti dalla
disposizione normativa. Pres. Leo, Est. Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e
Robald) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione
Lombardia (avv. Pujatti) e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262
RIFIUTI - ACQUA - Fanghi biologici - Art. 127 d.lgs. n. 152/2006 - Assenza di
particolare potenzialità inquinanti - Riutilizzo. Ai sensi dell’art. 127 del
d.lgs. n. 152/2006, i fanghi biologici devono essere riutilizzati ogni qualvolta
il loro reimpiego risulti appropriato, ipotesi che ricorre certamente nei casi
in cui non emerga una particolare potenzialità inquinante. Pres. Leo, Est.
Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e Robald) c. Provincia di Bergamo (avv.ti
Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione Lombardia (avv. Pujatti) e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262
RIFIUTI - ACQUA - Fanghi biologici - Art. 101, c. 10 d.lgs. n. 152/2006 -
Stipula di accordi di programma - Recupero dei fanghi di depurazione. L’art.
101, comma 10, del codice dell’ambiente prevede la possibilità da parte delle
autorità competenti di stipulare accordi di programma con i soggetti economici
interessati, al fine di favorire il recupero dei fanghi da depurazione e di
fissare limiti in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle
norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di
qualità. Risulta, infatti, quanto più opportuna in materia ambientale
l’utilizzazione del modulo convenzionale che, sulla scia dell’art. 11 della
legge generale sul procedimento amministrativo, permetta l’esplicazione della
potestà pubblica secondo modalità flessibili, in relazione alle complesse
situazioni che la stessa si trova ad affrontare in tale ambito di attività ed in
considerazione della particolare rilevanza degli interessi pubblici alla stessa
sottesi. Pres. Leo, Est. Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e Robald) c.
Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione Lombardia
(avv. Pujatti) e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262
RIFIUTI - Risarcimento in forma specifica - Obbligo di ripristino ex art. 2058
c.c.. In tema di rifiuti, il ripristino non è configurabile quale sanzione
accessoria a quella penale, ma è, nella sostanza, un risarcimento in forma
specifica che discende ex lege dalla condanna, con il limite previsto dalla
legge ("ove sia possibile") ed è anche diverso, quindi, dall'obbligo di
ripristino disciplinato ex art. 2058 c.c.. (conferma sentenza n. 13651/2008
CORTE APPELLO di TORINO, del 20/11/2009) Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Boccardo
ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/05/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n.
18815
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Condanna al ripristino e tutela risarcitoria -
Differenza - Giurisprudenza civile e panale. In tema di danno ambientale, il
giudice, ove non sia possibile una precisa quantificazione del danno, ne
determina l'ammontare in via equitativa, tenendo comunque conto della gravità
della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino, e del profitto
conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni
ambientali (comma 6), e inoltre "dispone, ove sia possibile, il ripristino dello
stato dei luoghi a spese del responsabile" (comma 8). Tale sistema rende
possibile "un risarcimento in forma specifica (ripristino dello stato dei
luoghi) che non esaurisce l'ammontare del danno (Cass. Sez. 3, n. 11870 del
12/3/2004, Giora ed altri). Infatti il danno può essere risarcito per
equivalente considerando in via equitativa più parametri: non soltanto il costo
monetario del ripristino, ma anche il profitto conseguito dal contravventore e
la gravità della sua colpa. In altri termini, la tutela risarcitoria è più ampia
e non è alternativa alla tutela riparatoria (ripristino), poiché quest'ultima
non è (può non essere) pienamente satisfattiva del danno arrecato ai soggetti
portatori del diritto fondamentale all'integrità dell'ambiente." (Così anche
nella giurisprudenza civilistica, è stato stabilito che il risarcimento del
danno informa specifica non esaurisce in sè, di regola, tutte le possibili
conseguenze dannose del fatto lesivo - ed in particolare quelle prodottesi prima
che la riduzione in pristino sia materialmente eseguita ovvero quelle diverse
residuate nonostante tale riduzione in pristino (Cass. Civ., Sez. 2, n. 3802 del
11 aprile 1991, Scrocca c. Scrocca). Anche la giurisprudenza penalistica ha
confermato tale principio chiarendo che in tema di smaltimento di rifiuti,
l'ordine di ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile, a norma
dell'art. 18, c.8, I. 8 luglio 1986, n. 349, discende dalla legge ed è
perfettamente compatibile con la condanna al risarcimento del danno ambientale e
a quello dei danni subiti dalla parte civile in quanto si tratta di misure
diverse, predisposte a tutela di beni diversi, che possono essere congiuntamente
applicate a carico di una stessa persona (Cass. Sez. 3, n. 7567 del 27/6/1992,
Abortivi). Pertanto, è errato il fatto che la condanna al risarcimento dei danni
debba porsi in "alternatività" con la condanna al ripristino. (conferma sentenza
n. 13651/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del 20/11/2009) Pres. Lombardi Est. Rosi
Ric. Boccardo ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/05/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n.
18815
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Gestione dei rifiuti - Danno sostanziale - Ente
locale comunale - Costituzione parte civile e risarcimento - Art. 18 L. n.
349/1986 - Art. 2043 c.c - Art. 311, c.1, D.Lgs. n. 152/2006. Nell'ambito
della gestione dei rifiuti sulla base dell'art. 18 della legge n. 349 del 1986,
è ipotizzabile anche per l'ente locale comunale un danno sostanziale che lo
renda portatore dell'interesse a costituirsi parte civile, atteso che il danno
ai terreni privati va tenuto distinto dal danno al territorio ed all'ambiente
(Cass. Sez.3, n. 29214 dell'11/7/2003, P.G. in proc. Marino). Anche l'ente
pubblico territoriale che, per effetto della condotta illecita, abbia subito un
danno patrimoniale risarcibile è quindi legittimato a costituirsi parte civile
ex art. 2043 c.c., essendo tale legittimazione non incompatibile con quella che,
ai sensi dell'art. 311, c.1, D.Lgs. n. 152 del 2006, spetta al Ministro per
l'ambiente (Cass. Sez. 3, n. 755 dell'11/1/2010, Ciaroni). (conferma sentenza n.
13651/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del 20/11/2009) Pres. Lombardi Est. Rosi
Ric. Boccardo ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/05/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n.
18815
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Condanna alla bonifica ed al ripristino -
Responsabilità solidale - Art. 18 c. 7 L. n. 349/1986 - Art. 2055 cod. civ..
La norma contenuta nel comma 7 dell'art. 18 della legge 349 del 1986, secondo la
quale nei casi di concorso nello stesso evento di danno ciascuno risponde nei
limiti della propria responsabilità individuale, disciplina esclusivamente i
rapporti interni di regresso tra i condebitori, ponendosi come deroga al
principio generale della responsabilità solidale di cui all'art. 2055 cod. civ.,
senza nessuna trasformazione dell'obbligazione solidale prevista per le
obbligazioni risarcitorie da delitto e da fatto illecito, in obbligazione
parziaria (Cfr. Sez. 3, n. 11870 del 12/3/2004, Giora ed altri). Di conseguenza
legittimamente, in capo ai ricorrenti ed in solido tra loro, deve essere
riconosciuto l'obbligo di ripristino dello stato dei luoghi anteriore
all'illecito. (conferma sentenza n. 13651/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del
20/11/2009) Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Boccardo ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/05/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n.
18815
RIFIUTI - Bonifica dei siti -
Procedure operative ed amministrative - Omessa comunicazione dell’accertamento
di inquinamento storico - Responsabilità - Artt. 257, 245 e 242 D.L.gs n.152/06.
Il comma I dell’art. 257 sanziona penalmente due ipotesi distinte: l’omessa
bonifica del sito inquinato e la mancata comunicazione dell’evento inquinante
alle autorità competenti secondo le modalità indicate dall’art. 242. In entrambi
i casi il destinatario del precetto è tuttavia lo stesso e, cioè, colui il quale
cagiona l’inquinamento. L'autonomia della posizione di colui il quale cagiona
l'inquinamento rispetto a quella di colui il quale accerti la sussistenza di
contaminazioni sul suolo è rimarcata dall'art. 245 che ha per oggetto gli
obblighi di intervento e di notifica da parte dei soggetti non responsabili
della potenziale contaminazione. (annulla senza rinvio, sentenza n. 7095/2009
TRIBUNALE di MILANO, del 24/02/2010) Pres. Ferrua, Est. Sarno, Ric. Burani.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/05/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n.
18503
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Testo unico sull’ambiente - Superamento o
pericolo concreto e attuale del superamento delle concentrazione soglia di
contaminazione (CSC) - Obbligo di comunicazione - Risarcimento del danno
ambientale - Azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente
patrimoniale - L. n. 308/2004 - D.L.vo n.152/06. Il Decreto Legislativo
n.152 del 2006 e successive modifiche, a differenza della precedente normativa (D.L.GS
n.22/97), ha individuato anche per il proprietario del terreno che non abbia
cagionato l'inquinamento, l'obbligo di comunicazione alle autorità preposte nel
caso in cui si avveda di tale situazione. In particolare, il comma 2
dell'articolo 245 che, pure in apparente contrasto con il comma 1 - secondo il
quale le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale possono essere comunque attivate su iniziativa degli
interessati - stabilisce che il proprietario o il gestore dell'area che rilevi
il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento delle
concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla
regione ed agli altri enti preposti. Inoltre, il recepimento dei principi
contenuti nella legge 15 dicembre 2004, n. 308 ha portato alla formulazione
dell'art. 311 comma 2 del Decreto Legislativo n.152 del 2006 che, prevede
l'azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale nei
confronti dello Stato per chiunque, realizzando un fatto illecito, o omettendo
attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento di
provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza, o
violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo,
deteriorandolo o distruggendolo in tutto in parte. (annulla senza rinvio,
sentenza n. 7095/2009 TRIBUNALE di MILANO, del 24/02/2010) Pres. Ferrua, Est.
Sarno, Ric. Burani.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/05/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n.
18503
RIFIUTI - Ecopiazzole e titolo
abilitativo - Presupposti - D.Lvo n. 4/08, che modifica art. 183, D.L.vo n.
152/06 - D.M. 8/4/2008 e 13/5/2009. Al fine di verificare la necessità o
meno dell'autorizzazione regionale per le c.d. ecopiazzole, occorrerà in
concreto verificare se si sia in presenza di un centro di raccolta dei rifiuti e
se il centro sia rispondente ai requisiti indicati dai decreti ministeriali di
riferimento dovendosi escludere, in caso affermativo, la necessità di
autorizzazione regionale e, dunque la configurabilità del reato per il mancato
rilascio. Solo nel caso in cui si verifichi la non rispondenza alle previsioni
indicate o si accerti l'effettuazione presso il centro di raccolta di attività
che esulano dalla funzione propria di essi, si potrà valutare la necessità
dell'autorizzazione regionale traendo le necessarie conseguenze sul piano penale
dalla sua mancanza. (annulla con rinvio ordinanza n. 431/2010 TRIB. LIBERTA' di
SALERNO, del 24/09/2010) Pres. Ferrua Est. Sarno Ric. Ferraioli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/05/2011 (Cc. 16/3/2011), Sentenza n.
17864
RIFIUTI - ASSOCIAZIONI E COMITATI - Comitato di cittadini - Forma associativa
temporanea - Impianti di smaltimento - Legittimazione a ricorrere avverso gli
atti di localizzazione - Carenza. Un semplice Comitato di cittadini,
caratterizzato da una forma associativa temporanea, volta alla protezione degli
interessi dei soggetti che ne sono parte, non ha legittimazione a ricorrere
avverso gli atti di localizzazione di impianti per il trattamento e lo
smaltimento di rifiuti, essendo privo - oltre che del riconoscimento
ministeriale di cui all'art. 13 L. n. 349 del 1986- dal carattere di ente
esponenziale in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati sul
territorio (cfr. Cons. St. , V, sent. 3192/07 cit. ; in tema v. anche, più di
recente, CdS, IV, n. 1001/10, p. 3.1. e Tar Toscana, nn. 567/11 e 6712/10).
Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - L.Z. e altri (avv.ti Biondaro e Zorzan) c.
Regione Veneto (avv.ti Londei e Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 3 maggio 2011, n. 722
RIFIUTI - Provvedimento di localizzazione di discarica - Impugnazione - Prova
del danno concreto - Necessità - Esclusione - Ragioni. Non occorre provare
l'esistenza di un danno concreto e attuale al fine di impugnare il provvedimento
di localizzazione di una discarica o di un impianto industriale ritenuto
inquinante in quanto la questione della concreta pericolosità dell'impianto,
valutata alla luce dei parametri normativi, è questione di merito, mentre al
fine di radicare l'interesse ad impugnare è sufficiente la prospettazione di
temute ripercussioni su un territorio collocato nelle immediate vicinanze ed in
relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata, quali residenti o
proprietari o titolari di altre posizioni giuridiche soggettive rilevanti (CdS
n. 6657/02 .). Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - L.Z. e altri (avv.ti Biondaro e
Zorzan) c. Regione Veneto (avv.ti Londei e Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 3 maggio 2011, n. 722
RIFIUTI - Provvedimenti di localizzazione di discarica - Comune - Interesse a
ricorrere - Titolarità. Il comune nel cui territorio è localizzata una
discarica di rifiuti è titolare dell'interesse a ricorrere avverso la delibera
di localizzazione, sia in quanto ente esponenziale dei residenti, sia in quanto
titolare del potere di pianificazione urbanistica su cui incide il provvedimento
di localizzazione, sia in quanto soggetto che per legge può partecipare al
procedimento amministrativo e che in quanto tale può impugnarne il provvedimento
conclusivo (C. Stato, sez.V, 2.3.1999, n.217; in senso analogo CdS IV 6/10/2001
n.5296). Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - Comune di Maser (avv.Pellegrini) c.
Regione Veneto (avv.ti Londei e Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 3 maggio 2011, n. 721
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti -
Materiali provenienti da demolizioni - Assoggettamento a disposizioni più
favorevoli - Dimostrazione della sussistenza di tutti i presupposti di legge -
Necessità. In tema di gestione dei rifiuti, i materiali provenienti da
demolizioni rientrano nel novero dei rifiuti in quanto oggettivamente destinati
all'abbandono, l'eventuale recupero è condizionato a precisi adempimenti, in
mancanza dei quali detti materiali vanno considerati, comunque, cose di cui il
detentore ha l'obbligo di disfarsi. L'eventuale assoggettamento di detti
materiali a disposizioni più favorevoli che derogano alla disciplina ordinaria
implica la dimostrazione, da parte di chi lo invoca, della sussistenza di tutti
i presupposti previsti dalla legge. (Annulla con rinvio al Tribunale di Padova
l'ordinanza emessa il 22/9/2010 dal Tribunale di Padova) Pres. Squassoni, Est.
Ramacci, Ric. Spinello.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Cc. 13/04/2011) Sentenza n.
16727
RIFIUTI - Sottoprodotti - Regime gestionale in condizioni di favore -
Sussistenza delle condizioni, criteri e requisiti indicate dalla norma. La
norma riguardante i sottoprodotti è una disciplina che prevede l'applicazione di
un diverso regime gestionale in condizioni di favore, con la conseguenza che
l'onere di dimostrare l'effettiva sussistenza di tutte le condizioni di legge
incombe comunque su colui che l'invoca. Pertanto, la sussistenza delle
condizioni, criteri e requisiti indicate dalla norma per i sottoprodotti, deve
essere contestuale e, anche in mancanza di una sola di esse, il residuo rimane
soggetto alle disposizioni sui rifiuti (Cass. Sez. III n. 47085, 19/12/2008).
(Annulla con rinvio al Tribunale di Padova l'ordinanza emessa il 22/9/2010 dal
Tribunale di Padova) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Spinello.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Cc. 13/04/2011) Sentenza n.
16727
RIFIUTI - Demolizioni e costruzioni - Disfacimento del manto stradale -
Fresato di asfalto - Rifiuti speciali non pericolosi. Il fresato d'asfalto
proveniente dal disfacimento del manto stradale rientra nella definizione del
materiale proveniente da demolizioni e costruzioni, incluso nel novero dei
rifiuti speciali non pericolosi (Cass. Sez.3, n. 23788 del 19/6/2007, Arcuti e
n. 8936 del 25/2/2003, Pm in proc. Boscarato. (dichiara inammissibile il ricorso
avverso sentenza n. 17/2009 Tribunale Ordinario di Torino - Sezione distaccata
di Ciriè) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Marietta.
CORTE CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 16705
RIFIUTI - Materiali provenienti da demolizioni stradali - Applicazione della
normativa sui rifiuti - Esclusione - Presupposti - Onere della prova. Al
fine di escludere l'applicazione della normativa sui rifiuti per i materiali
provenienti da demolizioni stradali, è onere di colui che ne afferma il
riutilizzo fornire la prova di tale assunto, non ravvisandosi sul punto alcuna
inversione dell'onere probatorio, in quanto detti materiali non rientrano nella
categoria delle terre e rocce da scavo e sono qualificati come rifiuti in base
al codice CER 1709. (Cass. Sez. 3, n. 35138 del 10/9/2009, Bastone). (dichiara
inammissibile il ricorso avverso sentenza n. 17/2009 Tribunale Ordinario di
Torino - Sezione distaccata di Ciriè) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Marietta.
CORTE CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 16705
RIFIUTI - Responsabile dell'inquinamento - Obblighi di bonifica - Omessa segnalazione dell’evento - Determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (c.d. CSR) - Piano di caratterizzazione del sito - Artt. 242 e 257 d.L.vo n. 152/2006. La disciplina relativa alla bonifica dei siti inquinati prevista dall'art. 242 del D.Lgs. n. 152 del 2006 prevede che al verificarsi di un evento che abbia la potenzialità di contaminare un sito, il responsabile dell'inquinamento debba predisporre le necessarie misure di prevenzione entro ventiquattro ore e debba comunicarlo immediatamente (ex art. 304), nonché svolgere una preliminare indagine sui parametri oggetto dell'inquinamento e provvedere al ripristino della zona contaminata, dandone notizia al comune ed alla provincia, qualora verifichi che il livello della soglia di contaminazione non sia stato superato, mentre qualora accerti il superamento di tale soglia, oltre a darne immediata notizia, descrivendo le misure adottate, deve anche presentare alle amministrazioni ed alla regione competente il "piano di caratterizzazione" del sito, al fine di determinarne l'entità e l'estensione applicando le procedure di cui ai commi 4 e seguenti dell'art. 242 (al sito viene quindi applicata la procedura di analisi del rischio specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (c.d. CSR). Quindi, le segnalazione che il responsabile dell'inquinamento è obbligato ad effettuare alle autorità indicate in base all'art. 242 è dovuta a prescindere dal superamento delle soglie di contaminazione e la sua omissione è sanzionata dall'art. 257 del medesimo decreto, il quale non punisce solo l'omessa bonifica, ma anche l'omessa segnalazione (Cass. Sez.3, 30/10/2007, n. 40191 Schembri). (conferma sentenza n. 655/2009 TRIBUNALE di PISTOIA, del 21/09/2009) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Cioni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 16702
RIFIUTI - Discarica di rifiuti in area a destinazione agricola - Limiti - Attività di gestione di rifiuti - Specifica localizzazione - PRG - Giurisprudenza amministrativa condivisa. La realizzazione di un impianto destinato a discarica ed attività di gestione di rifiuti in area a destinazione agricola non può non riguardare opere per le quali gli strumenti urbanistici non prevedano una specifica localizzazione e che, per loro natura, non possono essere ubicati altro che in zona agricola. Diversamente argomentando, verrebbe vanificata la zonizzazione del territorio e l'individuazione delle diverse destinazioni d'uso. Tale opzione ermeneutica pare peraltro condivisa anche dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato Sez. V n. 7243, 1 ottobre 2010; Sez. V n. 1557, 18 marzo 2002). (conferma ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n. 16592
RIFIUTI - APPALTI - Rifiuti sanitari pericolosi - Trasporto - Contenitori - Art.
8 DPR n. 254/03 - Possibile alternativa tra contenitori esterni riutilizzabili e
monouso -Discrezionalità della stazione appaltante. Se è vero che l’art. 8
del DPR n. 254/03 consente - senza tuttavia stabilire l’equipollenza delle due
tipologie di contenitori esterni - di effettuare la raccolta ed il trasporto dei
rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo anche avvalendosi del
contenitore esterno riutilizzabile (previa idonea disinfezione ad ogni ciclo
d'uso), oltre che del monouso, è altresì vero che, in caso di possibili
alternative, la scelta della soluzione più idonea per la realizzazione del
pubblico interesse costituisce espressione tipica della discrezionalità della
stazione appaltante e, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, è
sottratta al sindacato di legittimità del giudice qualora non sia manifestamente
illogica, arbitraria ovvero macroscopicamente viziata da travisamento di fatto
in relazione alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del servizio. Pres.
Borea, Est. Rovis - M. s.p.a. (avv.ti Biagetti, Gamberini e Pacifici) c. Azienda
Ulss N. 20 Verona (avv. Volpato) -
TAR VENETO, Sez. I - 26 aprile 2011, n. 691
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito - Natura monosoggettiva
del reato - Dato oggettivo della condotta - Art. 53 bis del D. L.vo n. 22/97
(oggi trasfuso nell'art. 260 del D. L.vo n. 152/06). In tema di rifiuti, va
riconosciuta la natura monosoggettiva e non plurisoggettiva della fattispecie
delineata dall'art. 53 bis del D. L.vo n. 22/97 (oggi trasfuso nell'art. 260 del
D. L.vo n. 152/06), per la cui configurabilità non è affatto richiesta una
pluralità di soggetti agenti come si deduce agevolmente dalla stessa
terminologia adoperata dal legislatore nell'incipit della norma
("chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto... cede, trasporta,
esporta, etc."): né tale affermazione muta con riferimento alla necessità di una
pluralità di operazioni in continuità temporale tra loro, afferendo tale
circostanza ad un dato oggettivo della condotta (Cass. Sez. 3^ 16.12.2005 n.
4503, Samarati). (annulla in parte e riforma sentenza emessa il 10/02/2010 dalla
Corte di Appello di Milano) Pres. Lombardi Est. Grillo Ric. Costa ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 20/04/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n.
15630
RIFIUTI - Albo nazionale dei gestori ambientali - Cancellazione per condanne
riportate - Art. 17, c. 1 DM n. 406/1998 - Deroga per effetto della
riabilitazione o della sospensione della pena - Estensione della deroga
all’indulto - Esclusione. L’art. 17, comma 1, lett. a) del DM 28 aprile 1998
n. 406 prevede la cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali nel
caso del venir meno di uno dei requisiti di cui al precedente art. 10 (ovvero,
nella specie, una condanna definitiva per reati in materia ambientale), fatti
salvi, gli effetti della riabilitazione e della sospensione della pena. La
deroga in base alla quale viene meno l’effetto preclusivo all’accesso all’albo a
causa di condanne riportate presuppone, in entrambi i casi contemplati -
riabilitazione e sospensione della pena - una specifica pronuncia del giudice di
minor disvalore del reato commesso, successiva nel caso della riabilitazione,
preventiva e prognostica nel caso della sospensione della pena: ciò non accade
viceversa per l’indulto, la cui applicazione avviene in via automatica senza
alcuna valutazione discrezionale da parte del giudice; ne deriva che in tale
ultima ipotesi deve ritenersi legittima la sanzione della cancellazione
irrogata. Pres. ed Est. Borea - M.M. Ditta individuale (avv.ti Lucchetta e
Pagnoscin) c. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
(Avv. Stato) e Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sezione Regionale del Veneto
(n.c.) -
TAR VENETO, Sez. I - 18 aprile 2011, n. 656
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Trasporto in luogo diverso da quello di
produzione - Divieto - Art. 183, c. 1, lett. bb) d.lgs. n. 152/2006. Ai
sensi dell’art. 183 comma 1 lettera bb) del d. lgs. 152/2006, in materia di
deposito temporaneo, non è contemplato né consentito il movimento dei rifiuti in
luogo diverso da quello di produzione. Pres. Petruzzelli, Est.Gambato Spisani -
C.T. s.r.l. (avv.ti Ferrajoli e Ambrosini) c. Provincia di Bergamo (avv.ti
Vavassori e Pasinelli ) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 13 aprile 2011, n. 549
RIFIUTI - Art. 183, c. 1, lett. aa), d.lgs. n. 152/2006 - Deposito effettuato in
luogo estraneo a quello di produzione - Stoccaggio. Ai sensi dell’art. 183
comma 1 lettera aa) del d. lgs. 152/2006, lo stoccaggio comprende fra l’altro
“le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare
di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente
decreto”; esaminando poi l’allegato richiamato, si ricava che è appunto
stoccaggio il deposito preliminare ad una operazione di smaltimento,e che dal
concetto di stoccaggio è escluso il deposito temporaneo dei rifiuti “nel luogo
in cui sono prodotti”. Ne deriva che non può considerarsi deposito temporaneo
(nella specie, di lastre di amianto) il deposito effettuato in luogo estraneo a
quello di produzione dei rifiuti: trattandosi di fase prodromica allo
smaltimento, esso va invece correttamente qualificato come stoccaggio. Pres.
Petruzzelli, Est.Gambato Spisani - C.T. s.r.l. (avv.ti Ferrajoli e Ambrosini) c.
Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori e Pasinelli ) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 13 aprile 2011, n. 549
RIFIUTI - Attività di demolizione e rottamazione autoveicoli - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Rapporto di specialità tra D. Lgs. n.152/2006 e D.Lgs. n. 209/2003 - Esclusione. Non può configurarsi rapporto di specialità tra la disciplina normativa di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e quella di cui al Decreto Legislativo, posto che la disciplina contenuta nel Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 209, afferisce al complesso delle operazioni necessarie per la rottamazione dei veicoli fuori uso, dovendosi intendere per tali quelli non soltanto rottamati ma soprattutto completamente bonificati: di conseguenza una rottamazione effettuata in spregio ai criteri indicati in detta normativa equivale ad attrarre tale condotta nell'orbita della "alternativa" e più grave disciplina prevista dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006 che non si pone, quindi come lex specialis rispetto alla prima. (Fattispecie, avente ad oggetto: la demolizione sistematica di veicoli rottamati ridotti in "pacchi" e poi compattati in "cubi", in assenza di bonifica degli autoveicoli come d'obbligo; la raccolta e il trasporto di rifiuti pericolosi costituiti dai residui provenienti dai veicoli non adeguatamente bonificati e il ricorso a certificazioni non veritiere attestanti il trasporto di veicoli fuori uso non bonificati fatti passare come veicoli bonificati, nell'ambito di una attività delinquenziale organizzata, rispetto alla quale le varie operazioni di raccolta, trasporto e smaltimento costituivano i delitti-fine - artt. 416, 483 c.p. e 260 D.Lgs. 152/2006). (conferma ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli del 1/02/2010 che ha confermato il decreto di sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p. emesso dal GIP del Tribunale di Napoli in data 10/02/2009). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. De. Pr. Ma. e De Pr. Fr. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/04/2011, Sentenza n. 14042
RIFIUTI - Emergenza rifiuti Regione Campania - Sentenza di condanna - Confisca
obbligatoria del mezzo - Sentenza di patteggiamento - Effetti - Obbligo di
motivazione - Art. 444 c.p.p. - L. n. 210//2008. La confisca del veicolo
prevista dalla normativa per la gestione emergenziale dei rifiuti nella Regione
Campania (art. 6 comma 1-bis del D.L. 6 novembre 2008, n. 171, convertito con
modificazioni nella L. 30 dicembre 2008, n. 210) è obbligatoria quando consegue
ad una sentenza di condanna e non quando è disposta a seguito di sentenza di
patteggiamento, salva l'ipotesi prevista espressamente per il reato di
realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata, pertanto in caso di
sentenza ex art. 444 c.p.p. l'esercizio da parte del giudice del potere di
disporre la confisca deve essere motivato (Cass. Sez. 3, n. 40203 del
16/10/2009, Grimaldi). (annulla sentenza n. 1311/2009 TRIBUNALE di SALERNO, del
23/09/2009) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Marchetti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7/04/2011 (C.c. 12/01/2011) Sentenza
n.14039
RIFIUTI - Misura di sicurezza patrimoniale - Confisca del mezzo - Finalità
special-preventiva nei confronti della persona condannata - Terzo proprietario
estraneo al procedimento penale - Effetti. Anche in materia di rifiuti, per
l'applicazione di una misura di sicurezza patrimoniale prevale la tutela del
diritto di proprietà del terzo estraneo al procedimento penale, per il quale
vige la presunzione di non colpevolezza anche se sottoposto ad indagine penale
in relazione allo stesso fatto, poiché la misura di sicurezza patrimoniale della
confisca conserva pur sempre la sua finalità special-preventiva, rivolta in via
esclusiva nei confronti della persona condannata. (annulla sentenza n. 1311/2009
TRIBUNALE di SALERNO, del 23/09/2009) Pres. Lombardi, Est. Rosi, Ric. Marchetti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7/04/2011 (C.c. 12/01/2011) Sentenza
n.14039
RIFIUTI - Terre e rocce da scavo - Definizione rilevante ai sensi dell'art. 186 D. Lgs. 152/2006 - Attività di smaltimento di materiale proveniente da demolizione - Autorizzazione - Necessità. Perché possa parlarsi di terre e rocce da scavo assoggettate a speciale regime derogatorio dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 186, deve trattarsi di materiale naturale estratto dal terreno o costituito da roccia naturale, mentre materiale di altra natura (come quello proveniente da demolizione) in quanto avente per oggetto un manufatto costituito dall'uomo - e dunque non naturale - va ricompresso nell'ambito dei rifiuti per la cui gestione occorre una specifica autorizzazione (Cass. Sez. 3, 12.6.2008 n. 37280). Fattispecie in tema di smaltimento di materiale vario composto da detriti di varia natura provenienti da demolizioni (in prevalenza calcinacci anche di notevoli dimensioni e parti di cemento), con riconoscimento dell'ipotesi di reato di cui all'art. 256 co. 1 lett. a) D.Lgs. 152/2006. (dichiara inammissibile ricorso avverso sent. del 9 luglio 2009 pronunciata dal Tribunale di Cremona). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. Ro. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/04/2011, Sentenza n. 13717
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Decreto Ronchi - Artt. 17 e 51 bis - Continuità
normativa con l’art. 32, c. 2 d.P.R. n. 915/1982.
La normativa di cui al
d.lgs. n. 22/1997 ha reso strutturale e permanente la medesima condotta
incriminata dalla norma transitoria ex art. 32, secondo comma, del d.P.R. n.
915/1982, ampliandola e precisandola ulteriormente alla stregua del combinato
disposto degli artt. 17 e 51-bis del predetto “decreto Ronchi” (cfr. Cass. pen.,
Sez. III, n. 280/1999, cit.). D’altro lato, al pari dell’art. 17 del d.lgs. n.
22/1997, l’art. 32, secondo comma, cit. ha prescritto un obbligo personale di
fare, che si sostanzia in un comportamento attivo, tanto che la costante
giurisprudenza ha configurato la relativa fattispecie criminosa quale reato
permanente, in quanto l’attività illecita persiste con la ripetuta inerzia del
soggetto obbligato ad intervenire al fine di evitare l’effetto temuto (cfr., ex
multis, Cass. pen., Sez. III, 21 maggio 1996, n. 9332; id., 6 luglio 1994,
Cassaniti). Ne deriva che la pur riconosciuta diversità di regime giuridico e,
per conseguenza, la mancanza di continuità normativa tra gli artt. 2043, 2050 e
2058 c.c., da un lato, e l’art. 17 del cd. decreto Ronchi, dall’altro, non
impedisce di applicare il comando contenuto nel medesimo art. 17 a soggetti
estintisi prima del 1997 ad al successore universale di tali soggetti, in forza
del nesso di nesso di continuità normativa esistente tra gli artt. 17 e 51-bis
del d.lgs. n. 22 cit. e l’art. 32, secondo comma, del d.P.R. n. 915/1982. Pres.
Nicolosi, Est. De Berardinis - F. s.p.a. (avv.ti Carbone e Giampietro) c.
Provincia di Livorno (avv.ti Barbensi e Spizzamiglio) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 573
RIFIUTI - AIA - Piano interprovinciale di gestione dei rifiuti - Contenuto
dell’AIA - Incisione - Esclusione. Il carattere meramente programmatorio del
piano interprovinciale gestione rifiuti non può incidere sulla localizzazione di
impianti già esistenti né sul contenuto dell’A.I.A., rivolta esclusivamente
all’esercizio dell’impianto. Pres. Nicolosi, Est. Correale - WWF Italia (avv. Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
RIFIUTI - Impianti assoggettati al d.lgs. n. 334/1999 - AIA - Prescrizioni di
sicurezza e prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti - Assenza - Motivo di
illegittimità dell’aia - Esclusione. Ai sensi dell’art. 7, c. 8 del d.lgs.
n. 59/05, per gli impianti assoggettati al d.lgs. 17 agosto 1999, n. 334, l’a.i.a.
è rilasciata pur in assenza delle prescrizioni ai fini di sicurezza e
prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, salvo successivo aggiornamento,
con la conseguenza che tale assenza non può essere considerata motivo di
illegittimità dell’autorizzazione in questione. Pres. Nicolosi, Est. Correale -
WWF Italia (avv. Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
RIFIUTI - Attività di raccolta, trasporto e conferimento - Smaltimento finale -
Operazioni autonome - Affidamento del servizio - Fase dello smaltimento -
Soggetto diverso rispetto a chi svolge le fasi antecedenti - Ricorrenza del
subappalto o dell’avvalimento - Esclusione. La vigente normativa sui rifiuti
non postula un legame necessario ed inscindibile fra attività di raccolta,
trasporto e conferimento di rifiuti e loro smaltimento finale, ben potendo le
distinte fasi del complessivo servizio essere svolte da imprese diverse. Ciò
perché, in primo luogo si tratta di operazioni del tutto autonome fra loro, ed
in secondo luogo perché non è pensabile (a causa della carenza di un sufficiente
numero di aree idonee) imporre a ciascuna impresa operante nel settore di
possedere una propria autonoma discarica o un proprio impianto di smaltimento
finale. Pertanto, il servizio di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti
presuppone quasi di necessità che l’operazione finale (lo smaltimento) sia
appannaggio di un soggetto diverso rispetto a quello che svolge le fasi
antecedenti. Ne consegue che in relazione ad affidamenti di siffatti servizi non
è a parlarsi, per la fase dello smaltimento , di subappalto (che peraltro è un
istituto di generale applicazione, ai sensi della normativa comunitaria) e, a
rigore, neppure di avvalimento in senso stretto, visto che anche l’avvalimento
presuppone che i mezzi dell’impresa terza vengono utilizzati per svolgere una
fase dell’appalto, poiché il risultato che l’Amministrazione persegue è
semplicemente quello di essere certa che lo smaltimento finale dei rifiuti
avvenga secundum legem (in questo senso, si veda TAR Puglia, Lecce, sez. II, 24
novembre 2006 n. 5467; TAR Toscana, sez. II, 23 gennaio 2009 n. 87). Pres.
Allegretta, Est. Picone - M. s.r.l. (avv.ti Cairoli e Salvini) c. Azienda
Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia (avv.ti Pappalepore e
Mastropieri) -
TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 24 marzo 2011, n. 474
RIFIUTI - Gestione di isole
ecologiche - Conferimento di rifiuti speciali pericolosi - Mancato rilascio
dell’autorizzazione - Responsabilità penale del Sindaco e del capo dell'Ufficio
Tecnico - Rapporto di causalità con l'evento - Sussistenza. Sussiste
responsabilità per la realizzazione e gestione di una discarica considerata come
una vera e propria scelta programmatica e di indirizzo politico rientrante nelle
prerogative del Sindaco. In parallelo sussiste una (cor)responsabilità del
dirigente non già perché investito di determinati compiti delegatigli dal
Sindaco di turno ma in quanto funzionario in posizione apicale del settore
tecnico che materialmente ha coordinato l'attività di gestione materiale della
discarica coordinando l'azione di altri dipendenti ed interloquendo con i
funzionari e tecnici preposti al rilascio delle autorizzazioni. Fattispecie:
eco-piazzola all’interno della quale sarebbero stati stoccati rifiuti pericolosi
e non senza la necessaria autorizzazione. (Annulla senza rinvio per intervenuta
prescrizione sentenza del 24.04.2009 Corte di Appello di Perugia) Pres. Ferrua,
Est. Grillo, Ric. Cimicchi ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650
RIFIUTI - Deposito comunale temporaneo - Gestione di isole ecologiche -
Responsabilità penale - Assoggettabilità al regime più favorevole - Esclusione -
Art. 2 c. 2° c.p. - Art. 183 c. 1 lett. cc) del D. L.vo n. 152/06 - D.M.
8.4.2008. La natura di deposito comunale temporaneo non è assoggettabile al
regime più favorevole, ex art. 2 comma 2° c.p. previsto dall'art. 183 comma 1
lett. cc) del D. L.vo n. 152/06 come integrato dal successivo D.M. 8.4.2008 che
contempla sotto tale voce i c.d. "centri di raccolta" dettandone la specifica
disciplina, proprio perché i centri di raccolta si riferiscono ad attività di
raggruppamento di rifiuti urbani omogenei, mentre, nel caso in esame
(eco-piazzola all’interno della quale sono stati stoccati rifiuti pericolosi e
non), la eterogeneità dei rifiuti esclude che possano definirsi gli stessi
omogenei e soprattutto di origine unicamente urbana. (Annulla senza rinvio per
intervenuta prescrizione sentenza del 24.04.2009 Corte di Appello di Perugia)
Pres. Ferrua, Est. Grillo, Ric. Cimicchi ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650
RIFIUTI - Stazione ecologica
comunale - Autorizzazione amministrativa - Necessità - D. Lgs. 22/1997 - D. Lgs.
152/2006. La cd. "isola o piazzola ecologica", deve ritenersi pacificamente
centro di stoccaggio di rifiuti necessitante, per la sua attivazione, della
prevista autorizzazione, in quanto in essa si svolge una fase preliminare alle
attività di smaltimento o di recupero dei rifiuti (Cass. Sez. 3 15.1.2008 n.
9103; Cass. Sez. 3 27.6.2005 n. 34665). (annulla sentenza del 24.04.2009 della
Corte di Appello di Perugia). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio -
Ric. Ci. St., Mo. St., M.M.A..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650
RIFIUTI - Attività di stoccaggio di batterie provenienti da parchimetri
comunali - Rilevanza penale - Artt. 51 D.Lgs 22/1997, 256 D.Lgs. 152/2006 -
Continuità normativa. E' corretta l'attribuzione di natura di rifiuti
speciali pericolosi non urbani alle batterie provenienti dai parchimetri
comunali, non certo smaltiti o smaltibili dai singoli cittadini, nonché agli
accumulatori di piombo esausti. L'attività di stoccaggio e recupero di dette
tipologie di rifiuti, senza la prescritta autorizzazione della P.A., rileva ai
sensi dell'art. 51 del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22 (rispetto
al quale il Decreto Legislativo 3 aprile del 2006, n. 152, articolo 256 si pone
in termini di continuità normativa senza alcun effetto abrogativo o
derogatorio). (annulla sentenza del 24.04.2009 della Corte di Appello di
Perugia). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. Ci. St., Mo. St.,
M.M.A..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650
RIFIUTI - Deposito temporaneo di rifiuti - Attività di stoccaggio -
Differenze - Art. 6, comma 1, lettera m), D.Lgs. 22/1997. Perché possa
parlarsi di deposito temporaneo e controllato di rifiuti, disciplinato
dall'articolo 6, lettera m) del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22,
occorre il rispetto di tutte le condizioni dettate dalla norma sopra citata ed,
in particolare, il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione ed il
rispetto dei tempi di giacenza riferiti alla natura e quantità dei rifiuti, con
la conseguenza che in caso di mancato rispetto di tali indefettibili condizioni
si deve parlare non più di deposito temporaneo ma di deposito preliminare o di
stoccaggio, attività per le quali é necessaria una preventiva autorizzazione
(Cass. Sez. 3, 28.5.2002 n. 20780; Cass. Sez. 3, 22.6.2004 n. 37879; Cass. Sez.
3, 25.2.2004 n. 21024). (annulla sentenza del 24.04.2009 della Corte di Appello
di Perugia). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. Ci. St., Mo.
St., M.M.A..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23 marzo 2011, n. 11650
RIFIUTI - Reati ambientali - Rifiuti di generi alimentari - Abbandono incontrollato di materiali non più suscettibili di utilizzazione alimentare - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 256 D.Lgs. n.125/2006 - Fattispecie. Integra l'ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 256 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'accumulo di beni e materiali dichiarati fuori uso e dei quali il detentore ha deciso di disfarsi (Cass. Sez. 3, 14.11.2003 n. 10662). Nel caso di generi alimentari, ai fini della sussistenza della fattispecie, è pertanto sufficiente che vi sia un abbandono incontrollato di rifiuti non più suscettibili di utilizzazione di tipo alimentare e dunque inevitabilmente destinati dopo idonea conservazione, allo smaltimento, previa autorizzazione da parte della competente Autorità amministrativa. Fattispecie: attività di raccolta di rifiuti consistenti in 22 fusti di succhi di agrumi da litri 200 circa, non più utilizzabili nel ciclo alimentare. (Dich. inamm. il ricorso avverso sentenza emessa il 15/12/2009 dal Tribunale di Palmi). Pres. FERRUA - Est. GRILLO - P.M. D’AMBROSIO - Ric. Ar. Sa. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 22 marzo 2011, n. 11491
RIFIUTI - Mancato svuotamento di vasca contenente acque reflue - Abbandono di
carcasse di auto, motori, parti di autovetture e pneumatici - Attività di
gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 51 D.lgs. 22/1997 - Sussistenza.
Il mancato svuotamento di una vasca contenente acque reflue e l'abbandono di
carcasse di auto, motori, parti di autovetture e pneumatici - tenuto conto delle
prescrizioni inserite nel Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22,
articolo 6 lettera m) - integra l'ipotesi di deposito incontrollato di rifiuti
ai sensi dell'art. 51 comma 2 del Decreto Legislativo in parola (oggi trasfuso
nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2 in continuità
normativa con il precedente) che si verifica tutte le volte in cui non vengano
osservate le condizioni previste nel menzionato articolo 6, lettera m) sia di
tipo quantitativo che temporale e costituenti condicio sine qua non per
la configurabilità del deposito temporaneo (Cass. Sez. 3, 26.2.2003 n. 9057;
Cass. Sez. 3, 24.9.2004 n. 37879). (Dichiara inammissibile
ricorso avverso sentenza-ordinanza emessa il 22/05/2009 dal Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.G. D'Ambrosio - Ric. Ci. Vi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,, Sentenza 22 marzo 2011, n. 11489
RIFIUTI - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 51 D.lgs
22/1997 - Scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione ex D. Lgs. n.
152/1999, art. 59, c. 1 - Distinzione. Il reato di cui all'articolo 51,
commi 1 e 2, del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22 (oggi trasfuso
nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256), ha natura ed oggettività
giuridica del tutto diversa dal reato di cui all'articolo 59, comma 1, del
Decreto Legislativo 11 maggio del 1999, n. 152 (oggi trasfuso nel Decreto
Legislativo n. 152 del 2006, articolo 137), afferendo quest'ultimo alla materia
dell'inquinamento idrico da acque reflue industriali che é cosa ben diversa
dall'abbandono incontrollato di rifiuti (Cass. Sez. 3, 5.2.2009 n. 12865). (Dichiara inammissibile
ricorso avverso sentenza-ordinanza emessa il 22/05/2009 dal Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere). Pres. Ferrua - Est. Grillo -
P.G. D'Ambrosio - Ric. Ci. Vi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,, Sentenza 22 marzo 2011, n. 11489
RIFIUTI - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 51 D.lgs
22/1997 - Scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione ex D. Lgs. n.
152/1999, art. 59, c. 1 - Illeciti aventi natura di reato permanente. I
reati di cui agli articoli 51, commi 1 e 2, del Decreto Legislativo 5 febbraio
del 1997, n. 22, e 59, comma 1, del Decreto Legislativo 11 maggio del 1999, n.
152, vanno qualificati come reati permanenti, la cui condotta si interrompe solo
per effetto della bonifica del sito.(Dichiara inammissibile
ricorso avverso sentenza-ordinanza emessa il 22/05/2009 dal Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.G. D'Ambrosio - Ric. Ci. Vi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,, Sentenza 22 marzo 2011, n. 11489
RIFIUTI - Reati ambientali - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi - Responsabilità penale del titolare di un impresa o del responsabile di un ente - Sussistenza - Artt. 192, c. 1, e 256, c. 1, lett. a) D. Lgs. n. 152/2006. La nozione di abbandono indiscriminato di rifiuti provenienti da attività di impresa presuppone una responsabilità diretta del titolare dell'impresa nella attività di discarica. Infatti, rispetto ad una generale previsione di illiceità amministrativa della condotta come disciplina dal Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22, articolo 50, comma 1, oggi trasfuso nel Decreto Legislativo 3 aprile del 2006, n. 152 articolo 255, il reato di abbandono incontrollato di rifiuti ricorre quando a commetterlo sia il titolare di una impresa o il responsabile di un ente, dovendo a tale elemento attribuirsi un valore specializzante (Cass. Sez. 3, 10.5.2007 n. 33766; Cass. 3, 27.3.2008 n. 19207). (Dichiara inammissibile il ricorso avverso la sentenza del GUP presso il Tribunale di Arezzo dell'8/01/2009). Pres. FERRUA - Est. GRILLO - P.M. D’AMBROSIO - Ric. Le. Ma. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 22 marzo 2011, n. 11487
RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Obbligo
ripristinatorio - Natura - Art. 14 D.lgs. 22/97. L'obbligo ripristinatorio
previsto dal Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 14, si
configura come una sanzione amministrativa. I soggetti tenuti sono tutti quelli
che hanno un titolo di godimento sul terreno sul quale si é verificato
l'abbandono o il deposito o dal quale si sono originate le immissioni. (riforma
sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep.
26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA).
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n.
6525
RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Soggetti
responsabili ex art. 14 D.lgs. 22/97 - Individuazione. In tema di abbandono
di rifiuti, il Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 14, comma 3,
prevede la corresponsabilità solidale del proprietario o dei titolari di diritti
personali o reali di godimento sull'area ove sono stati abusivamente abbandonati
o depositati rifiuti, solo in quanto la violazione sia agli stessi imputabile a
titolo di dolo o colpa. Tale riferimento va inteso, per le sottese esigenze di
tutela ambientale, in senso lato, comprendendo, quindi, qualunque soggetto che
si trovi con l'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da
consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di
protezione e custodia finalizzata ad evitare che l'area medesima possa essere
adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell'ambiente;
per altro verso, il requisito della colpa postulato da tale norma può ben
consistere nell'omissione delle cautele e degli accorgimenti che l'ordinaria
diligenza suggerisce ai fini di un'efficace custodia (Cass. sez. un. n. 4472 del
2009). (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del
16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di
Marnate (VA).
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n.
6525
RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Rimozione, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti ex art. 14 D.lgs. 22/97 - Rilevanza. Le condotte ripristinatorie previste dall'art. 14, comma 3, del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22 hanno ciascuna una rilevanza autonoma, una cosa essendo la "rimozione", altra "l'avvio a recupero o lo smaltimento dei rifiuti", altra il "ripristino dello stato dei luoghi". Ognuno dei soggetti indicati o, comunque, contemplati implicitamente dalla norma (Cass. sez. un. n. 4472 del 2009), può certamente rendersi responsabile di tutte o solo di alcune delle inadempienze a tali condotte ad essa correlate. Inoltre, le anzidette condotte ripristinatorie, pur non essendo escluso che possano tenersi d'iniziativa del soggetto obbligato, diventano obbligatorie se e quando il sindaco abbia disposto con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere. (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525
RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Modalità di adempimento delle condotte ripristinatorie - Proprietario - Titolare di un diritto reale o personale di godimento - Obbligo ripristinatorio - Sussistenza - Art. 14 D.lgs. 22/97. Le modalità, previste dall'art. 14 del Decreto Legislativo 5 febbraio del 1997, n. 22, con le quali l'obbligo di tenere le condotte ripristinatorie dev'essere adempiuto, sono necessariamente correlate all'atteggiarsi della situazione giuridica che i soggetti espressamente contemplati (e gli altri che sono ad essi apparentabili) hanno sull'area di abbandono o deposito dei rifiuti o di origine dell'immissione. In particolare, la circostanza che la norma contempli la situazione di proprietà o di diritto reale di godimento come giustificativa dell'imposizione dell'obbligo, poiché notoriamente il proprietario ed anche il titolare di un diritto reale di godimento (almeno dell'usufrutto, posto che l'usufruttuario può locare il bene) possono godere indirettamente del bene, comporta che dell'obbligo ripristinatorio questi soggetti debbano rispondere non solo se esercitano il godimento del fondo direttamente, ma anche se lo esercitino indirettamente e, quindi, quanto al proprietario, anche se egli abbia concesso un diritto reale di godimento oppure un diritto personale di godimento (come la locazione) e, quanto al titolare del diritto reale di godimento, se abbia locato il bene. (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525
RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Attività ripristinatorie - Rifiuto di adempimento da parte dell'usufruttuario o del conduttore del bene - Obblighi del proprietario del terreno ex art. 14 D.lgs. 22/1997. La rimozione, l'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti e il ripristino dello stato dei luoghi sono attività che, per essere compiute, richiedono l'esistenza di un potere diretto sul terreno. Quando vi sia un diritto reale o personale di godimento sul bene, il proprietario non ha questo potere diretto sul terreno, ma l'obbligo di cui é onerato ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, non per questo può dirsi a lui non riferibile. Sia il proprietario verso l'usufruttuario, sia il proprietario verso il conduttore possono pretendere che l'usufruttuario e il conduttore tengano essi le condotte di cui a loro volta sono verosimilmente onerati (per essere a loro volta in colpa o di dolo) e, nel caso di rifiuto, essi possono attivarsi giudizialmente per ottenere che l'usufruttuario o il conduttore provvedano, oppure per chiedere di essere autorizzati in loro vece a provvedere. L'azione in sede giudiziale può naturalmente concretarsi anche in via cautelare. Se del caso, ove la situazione sia tale da determinare o una situazione di abuso del diritto dell'usufruttuario o di uso illecito del ben locato, l'azione giudiziale può anche indirizzarsi nella prospettiva della richiesta di accertamento dell'estinzione del diritto di usufrutto per abuso dell'usufruttuario o nella richiesta di risoluzione del contratto locativo per uso della cosa non consentito ed anzi illecito. Ciò, al fine di riacquisire la disponibilità del fondo e provvedere alle attività ripristinatorie imposte. (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525
RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Concorso del fatto colposo altrui (danneggiante e danneggiato) - Rilevabilità d'ufficio della situazione riconducibile all'articolo 1227 c.c., comma 1. Anche in materia di rifiuti, il giudice deve proporsi, anche d'ufficio, la questione dell'eventuale concorso di colpa da parte del danneggiato e, in caso di accertata sussistenza di tale concorso, deve procedere, altresì, in sede d'accertamento della responsabilità, alla qualificazione dell'incidenza causale del concorso stesso. Infatti, allorquando si prende in esame la colpa dell'autore del danno, si prende, per ciò stesso, in considerazione anche la colpa eventuale del danneggiato, in quanto le colpe dei due soggetti si fronteggiano e la gravità della colpa dell'uno va posta in correlazione con la gravità della colpa dell'altro, al fine di accertare l'entità dell'efficienza causale del fatto colposo del debitore dell'indennizzo (Cass. n. 23794 del 2009 e n. 3672 del 2010 - contra Cass. n. 1687 del 1969). Fattispecie, in tema di mancata eliminazione di rifiuti da un terreno concesso in locazione ai fini della definizione di responsabilità ex art. 14 D.lgs. 22/1997 in riferimento alle figure del proprietario e del conduttore. (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Attività
difformi da quelle oggetto di autorizzazione - Delitto di cui all'art. 53 bis
D.lgs 22/97 - Sussistenza. Il carattere abusivo dell'attività
organizzata di gestione dei rifiuti, idoneo ad integrare il delitto di cui
all'art. 53 bis del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ora art.
260 del D.Lgs. n. 152 del 2006, si riferisce anche a quelle attività che, per le
loro concrete modalità, risultino totalmente difformi da quanto autorizzato
(Cass. pen. sez. III, 20.11.2007, n. 358). (conferma sentenza del Tribunale di
Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M.
Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri.
CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti -
Riduzione dei costi aziendali - Dolo specifico - Configurabilità del reato -
Art. 53 bis D.lgs 22/97. Ai fini della sussistenza del dolo specifico
richiesto per l'integrazione del delitto di gestione abusiva di ingenti
quantitativi di rifiuti, previsto dall'art. 53 bis del Decreto
Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, (ora sostituito dall'art. 260 Decreto
Legislativo 3 aprile 2006, n. 152), il profitto perseguito dall'autore della
condotta può consistere anche nella semplice riduzione dei costi aziendali.
(conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del
11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri.
CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889
RIFIUTI - Rottami ferrosi - Rilevanza in riferimento alla normativa in materia di rifiuti. Nella legge delega 15 dicembre 2004, n. 308, si precisa che i rottami ferrosi, di cui il detentore non si disfi e che non conferisca in sistemi di raccolta o trasporto rifiuti ma destini all'impiego in cicli produttivi siderurgici e metallurgici, sono sottoposti al regime delle materie prime, se rispondenti alla definizione di materia prima secondaria. Nel caso in cui, invece, la polvere di ferro, quale residuo di lavorazioni industriali, venga prodotta come scarto di lavorazione ed affidata a terzi per il suo trasporto e smaltimento come rifiuto speciale non pericoloso, la sua gestione rimane sottoposta alla normativa in materia di rifiuti. (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Confisca del mezzo di trasporto utilizzato per la commissione del reato - Obbligatorietà - Art. 53 bis D.lgs 22/97. In relazione al reato di attività organizzate per il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti di cui all'art. 53 bis del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, poi sostituito dall'art. 260 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la confisca del mezzo di trasporto eventualmente utilizzato per la commissione dello stesso è obbligatoria, essendo tale misura di sicurezza espressamente prevista dall'art. 53 del decreto legislativo citato (sostituito dall'art. 259 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152), contenente un riferimento esplicito a tutte le ipotesi di attività di gestione illecita di rifiuti (Cass. sez. III 22/12/2006 n. 42227). (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889
RIFIUTI - Traffico illecito di rifiuti - Legittimazione delle associazioni ecologiste alla costituzione di parte civile ai fini del risarcimento danni derivante dal reato - Sussistenza. Anche a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto Testo Unico ambientale) che ha attribuito in via esclusiva la richiesta risarcitoria per danno ambientale al Ministero dell'Ambiente, le associazioni ecologiste sono legittimate a costituirsi parte civile al solo fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti dal sodalizio a causa del degrado ambientale, mentre non possono agire in giudizio per il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica. (conferma sentenza del Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, del 11/07/2008). Pres. Luzio - P.M. Costanzo - Appellanti Fu.Ma. e altri. CORTE D'APPELLO PALERMO, Sez. IV penale, 18/03/2011, Sentenza n. 889
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Sanzione amministrativa di
tipo reintegratorio - Proprietario o titolare di diritti reali o personali di
godimento - Imputabilità della condotta - Conseguenze sanzionatorie - Dolo o
colpa.
L’art.192 del D. Lgs.. n.152/2006, che ha riprodotto l'art. 14, comma
3, del Decr. Legisl. n.22/1997, prevede una sanzione amministrativa di tipo
reintegratorio, potendo essere adottata anche in assenza di una situazione in
cui sussista l’urgente necessità di provvedere con efficacia e immediatezza
(T.A.R. Veneto, III, 29.9.2009, n.2454) e avente a contenuto l’obbligo di
rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a carico del
responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva, in solido con il
proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento
sull’area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa;
la norma, pertanto, ai fini dell’imputabilità della condotta del divieto di
abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e delle connesse
conseguenze sanzionatorie, richiede, a carico del proprietario o dei titolari di
diritti reali o personali sul bene, un comportamento titolato di dolo o colpa,
così come richiesto per l’autore materiale (ex multis, T.A.R. Calabria,
Catanzaro, I, 20.10.2009, n.1118; Cons. Stato, V, 19.3.2009, n.1612; T.A.R.
Sardegna, 18.5.2007, n.975; 19.9.2004, n. 1076; T.A.R. Puglia, Bari, 27.2.2003,
n. 872; T.A.R. Lombardia, Milano, I, 26.1.2000, n. 292). Pres. f.f. Cernese,
Est. Nunziata - L. s.r.l. (avv. Pannone) c. Comune di Vairano Patenora(avv. Di
Nocera) e altro (n.c.)
-
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 16 marzo 2011, n. 1481
RIFIUTI - Abbandono - Proprietario dell’area - imposizione dell’obbligo di
rimozione - Deduzione in concreto di profili di responsabilità per dolo o colpa
- Assenza - Illegittimità - Fattispecie. Va censurato (ex multis, TAR
CAMPANIA, 15.12.2010, n.27375; 15.12.2009, n.8739; 9.6.2009, n.3159; 5.8.2008,
nn. 9796 e 9795; 14.2.2008, n.841; 23.5.2007, n.5606; 16.4.2007, n.3727;
7.3.2007, n.1407; ma anche, T.A.R. Lombardia, Brescia, 15.5.2009, n.1038; Cons.
Stato, V, 3.2.2006, n.439; 8.3.2005, n.935) l’operato dell’Amministrazione ogni
qualvolta essa ometta di dedurre in concreto profili di responsabilità a titolo
di dolo o colpa in capo al soggetto sanzionato, che sono necessari per
l’imposizione dell’obbligo di rimozione dei rifiuti dal momento che non è
sufficiente una generica “culpa in vigilando”; la stessa condizione di colpa
che, ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, rende corresponsabile il
proprietario di un fondo con gli autori materiali dell’abbandono non autorizzato
di rifiuti, consentendo al Comune di ingiungergli di provvedere al loro
smaltimento sotto pena di esecuzione in danno, consiste per lo più nella
negligenza dimostrata da una sua prolungata inerzia, incombendo allo stesso
l'obbligo di adoperarsi, attraverso misure efficaci e non meramente simboliche,
affinché siffatti episodi non vengano posti in essere e, comunque, abbiano a
cessare (Cons. Stato, V, 25.1.2005, n.136; T.A.R. Friuli V.G., 29.9.2000, n.
692) (Nella specie, non è stata ritenuta sussistente la colpa del proprietario
di un’area che, per le sue caratteristiche anche in termini di estensione e
modalità di uso, era oggetto di una utilizzazione generale e diretta da parte di
terzi, il che limitava in concreto la possibilità di custodia e vigilanza).
Pres. f.f. Cernese, Est. Nunziata - L. s.r.l. (avv. Pannone) c. Comune di
Vairano Patenora(avv. Di Nocera) e altro (n.c.) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 16 marzo 2011, n. 1481
RIFIUTI - Art. 216, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Sospensione dell’attività per
mancato adeguamento alle prescrizioni - Preventiva diffida - Necessità. L’
art. 216, quarto comma del D.Lgs. n. 152/2006 presuppone che, durante il
controllo effettuato dalla Provincia su attività che può anche essere stata già
avviata, emerga il mancato adeguamento a qualcuna delle prescrizioni prevista
dalle disposizioni in materia di ambiente. In tal caso è prevista la sospensione
a meno che l’interessato non si conformi alle prescrizioni imposte
dall’amministrazione entro il termine concessogli; ciò evidentemente presume che
debba essere concesso al controllato un termine per adeguarsi prima di giungere
ad un provvedimento gravemente lesivo quale il divieto di prosecuzione
dell’attività. Pres. Leo, Est. De Carlo - E. s.r.l. (avv.ti Salomoni, Cipolloni
e Sala) c. Provincia di Milano (avv. Ferrari) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 9 marzo 2011, n. 640
RIFIUTI - Abbandono - Responsabilità - Addebitalità della condotta a dolo o
colpa del soggetto attivo - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Fattispecie. La
responsabilità per l’illecito di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti,
posta a fondamento dell’ Ordinanza sindacale di sgombero e rimozione di cui
all’art. 14 del d.lgs. n. 22/97., presuppone l’addebitabilità della condotta a
dolo o colpa a del soggetto attivo del fatto tipizzato dalla norma (Cons. Stato,
sez. V, 16 luglio 2010, n. 4614) (nella specie, il deposito dei rifiuti è stato
la conseguenza di una lecita attività imprenditoriale di recupero di rifiuti
regolarmente autorizzata, come tale non idonea ad integrare gli estremi della
condotta illecita addebitabile agli amministratori. Pres. Piscitello,
Est.Caringella - M.F.(avv. Resta) c. Comune di Torino (avv.ti Colarizi e
Lacognata) - (Conferma T.A.R. PIEMONTE, Sez. II, n. 3256/2005) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 4 marzo 2011, n. 1384
RIFIUTI - Ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti - Art. 192 d.lgs. n.
152/2006 - Mancata comunicazione di avvio del procedimento - Illegittimità- Art.
7 L. n. 241/1990. Ai procedimenti preordinati all’emanazione dell’ordinanza
di rimozione e smaltimento dei rifiuti ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n.
152/2006 deve applicarsi la disciplina sulla comunicazione di avvio del
procedimento ex art. 7 della l. n. 241/1990, in quanto adempimento obbligatorio,
rispetto al quale risulta recessivo, nella specifica materia, l’art. 21-octies
della l. n. 241 cit., con conseguente illegittimità dell’ordinanza non preceduta
dalla comunicazione stessa (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 25 agosto 2008, n.
4061; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 2 settembre 2009, n. 4598; T.A.R.
Campania, Salerno, Sez. II, 7 maggio 2009, n. 1826; TAR Toscana, Sez. II, 6
maggio 2009, n. 772; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 31 gennaio 2008, n.
64). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Azienda Agricola L. s.n.c. (avv. Sanalitro) c. ARPAT (avv. Simongini) e altri (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 marzo 2011, n. 389
RIFIUTI - Pietre e marmi - Art. 186, c. 7-ter, d.lgs. n. 152/2006 - Ambito di
applicazione - Attività di lavorazione, non di mera estrazione. L’art 186,
comma 7-ter, del d.lgs. n. 152/2006 concerne i residui dell’attività di
lavorazione - non già di mera estrazione - di pietre e marmi Pres. Nicolosi,
Est. De Berardinis - Azienda Agricola L. s.n.c. (avv. Sanalitro) c. ARPAT (avv.
Simongini) e altri (n.c.)
-
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 marzo 2011, n. 389
RIFIUTI - Fanghi derivanti dal processo di lavaggio e chiarificazione delle
acque - Qualifica di sottoprodotto - Requisiti ex art. 184-bis d.lgs. n.
152/2006. I fanghi derivanti dal processo di lavaggio e chiarificazione
delle acque possono essere qualificati come sottoprodotti ove sussistano i
requisiti di cui all’art. 183, comma 1, lett. p) della preesistente versione del
d.lgs. n. 152/2006 - ora art. 184-bis, comma 1, del medesimo decreto
legislativo: il derivare la sostanza da un processo produttivo, il cui scopo
primario non è la produzione della sostanza stessa, la certezza dell’impiego sin
dalla fase della loro produzione, il valore economico del materiale utilizzato.
Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Azienda Agricola L. s.n.c. (avv. Sanalitro)
c. ARPAT (avv. Simongini) e altri (n.c.)
-
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 marzo 2011, n. 389
RIFIUTI - Linee guida per l’attribuzione di codice CER a determinate categorie
di rifiuti - Adozione - Trasportatori, smaltitori e recuperatori -
Partecipazione al procedimento - Necessità - Esclusione. Ai fini
dell’adozione di un atto di indirizzo per la corretta attribuzione dei codici
CER a rifiuti derivanti da specifiche attività produttive, non incombe sulla
provincia l’onere di far partecipare al procedimento trasportatori, smaltitori e
recuperatori o organizzazioni rappresentative di tali categorie, essendo solo i
produttori e i detentori dei rifiuti , ai sensi del’art. 193, c. 2 del d.lgs. n.
152/2006 i soggetti che sono tenuti per legge ad assegnare il codice CER. Pres.
Di Nunzio, Est. Antonelli - E.A. s.p.a. e altri (avv. Cerruto) c. Provincia di
Vicenza (avv. ti Balzani, Fracasso, Mistrorigo, Piccin, Tranfaglia e Dalla
Chiara) e altro (n.c.) -
TAR VENETO, Sez.III - 1 marzo 2011, n. 359
RIFIUTI - Abbandono - Proprietario di un compendio immobiliare nel quale vengano
svolte attività da arte di terzi, in forza di rapporto contrattuale -
Disponibilità giuridica e custodia dei beni - Principio di elevato livello di
tutela ambientale - Obblighi di vigilanza e controllo in capo al proprietario -
Responsabilità titolo omissivo o colposo - Ordinanza ex art. 192 d.lgs. n.
152/2006. Il proprietario di un compendio immobiliare nel quale da terzi, in
forza di un rapporto contrattuale, vengano svolte attività, conserva comunque la
disponibilità giuridica e dunque la custodia dei beni, tant’è vero che non è
possibile compiere nell'immobile interventi e modifiche senza il consenso del
proprietario il quale, per questa via, ne assume la eventuale responsabilità
verso i terzi; il fine di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente
(che è principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174,
par. 2, del Trattato), comporta inoltre che, nel caso in cui siano svolte da
terzi, in forza di un rapporto contrattuale, attività produttive ad elevato
impatto ambientale, pericolose per la salute e l’ambiente (nel caso all’esame vi
era esercitata un’industria insalubre), in capo al proprietario sono
configurabili obblighi di vigilanza e controllo da svolgere secondo standard di
diligenza adeguati alla pericolosità insita nelle lavorazioni. Ciò consente di
configurare responsabilità di carattere omissivo o colposo anche in capo al
proprietario delle aree in concorso con l’autore materiale dell’abbandono: ne
deriva la legittimità dell’ordinanza emanata ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n.
152/2006 nei confronti del medesimo. Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - A. s.n.c. (avv-.
De Poli) c. Comune di Musile di Piave (avv. Longo) e altro (n.c.) -
TAR VENETO, Sez.III - 1 marzo 2011, n. 336
RIFIUTI - Terre e rocce da scavo provenienti da siti bonificati contaminati -
Natura pericolosa - Art. 186 D.L.gs n.152/06 come sostituito dal D.L.vo n.4/08.
La provenienza da siti bonificati, senza ulteriori interventi di
caratterizzazione, postula la natura pericolosa delle terre e rocce di scavo
tant'è che, anche nei più recenti approdi normativi, si è ribadito che "Le terre
e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono
essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purche'...;
e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad
interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente
decreto;" (art. 186 D. L.gs n.152/06 come sostituito dal D.L.vo n.4/08).
(conferma sentenza n. 2910/2006 CORTE APPELLO di GENOVA, del 29/05/2008) Pres.
Lombardi, Est. Sarno, Ric. Furia.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 01/03/2011 (Ud. 12/01/2011), Sentenza n.
7948
RIFIUTI - Rifiuti allo stato liquido - Natura del percolato - Nesso funzionale - art. 2, lett. m), del D.Lgs. 13.1.2003, n. 36 - Direttiva 1999/31/CE - All. D) parte IV, D.Lgs. n. 152/2006. I "rifiuti allo stato liquido" sono costituiti da acque reflue di cui il detentore si disfa, senza versamento diretto, non convogliandoli cioè in via diretta in corpi idrici ricettori, bensì avviandoli allo smaltimento, trattamento o depurazione a mezzo di trasporto (Cass., sez. III, 4.5.2005, n. 20679). Alla stregua del principio generale - secondo il quale è l'interruzione del nesso funzionale e diretto delle acque reflue con il corpo idrico ricettore a ricondurre la gestione delle acque reflue medesime nell'ambito dei rifiuti - va individuata la disciplina del "percolato", che l'art. 2, lett. m), del D.Lgs. 13.1.2003, n. 36 {Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti] definisce quale "liquido che si origina prevalentemente dall'infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi". Pertanto, il "percolato", ben può assumere la connotazione di "rifiuto" [come è confermato dall'attuale previsione dell'Allegato D) alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006: punti 19 07, 19 07 02 e 19 07 03] ma ciò soltanto allorquando lo stesso non si configuri quale acqua sostanzialmente "di processo" direttamente smaltita in un corpo idrico ricettore. (conferma sentenza n. 144/2009 CORTE APPELLO di POTENZA, del 22/10/2009) Pres. Ferrua, Est. Fiale, Ric. Copeti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza n. 7214
RIFIUTI - Discariche - Vigneti - Zone tipiche di produzione - Regione Friuli
Venezia Giulia - Perimetro di salvaguardia - Divieto di localizzazione - Deroghe
- Duplice modalità - Art. 7, c. 2 e 2-bis l.r. Friuli Venezia Giulia n. 13/98 -
Interpretazione. L’art. 7, commi 2 e 2-bis, della L.r. Friuli Venezia Giulia
n. 13/98 prevede, quale regola generale, il divieto (che non necessita di
motivazione alcuna, essendo fondato su evidenti ragioni di sicurezza e di
salvaguardia della produzione di vini pregiati) di localizzare discariche entro
il raggio di due chilometri da dove insistono i vigneti. Tale distanza di
sicurezza può peraltro essere, in alcuni casi, oggetto di motivata deroga. E ciò
può avvenire, stando al dettato normativo, con una duplice modalità: infatti, il
comma 2 consente al soggetto che autorizza il nuovo impianto, o l’ampliamento di
quello esistente, di derogare al divieto nel procedimento di autorizzazione e
per due sole tipologie di discariche (di rifiuti inerti e di rifiuti non
pericolosi). Per contro, il comma successivo stabilisce che i divieti di
localizzare ogni tipo di impianto (ivi compresi, eventualmente, anche quelli di
rifiuti inerti e di rifiuti non pericolosi), entro il perimetro di salvaguardia
di due chilometri possono trovare giusta collocazione in sede di Programma
Provinciale per la Gestione dei Rifiuti. Secondo il Collegio, in definitiva,
tendenzialmente l’intero sistema delle (possibili) deroghe dovrebbe essere
contenuto nel Programma Provinciale per la Gestione dei Rifiuti; il che comunque
non significa che, anche se la deroga è astrattamente possibile, l’Ente che la
valuterà in fase autorizzatoria la debba necessariamente concedere, ben potendo,
in relazione alle particolarità della singola vicenda anche non consentirvi.
Tuttavia non vale l’inverso, nel senso che, nel silenzio dell’atto
pianificatorio, l’Amministrazione procedente non potrà rifiutarsi di esaminare
l’istanza di deroga anche nella sola fase di autorizzazione, purchè essa
riguardi impianti di rifiuti inerti e di rifiuti non pericolosi. Pres.
Corasaniti, Est. De Piero - E. s.p.a. (avv.ti Cacciavillani e Crismani) c.
Regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Di Danieli), Provincia di Udine e altri
(avv. Zgagliardich)
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TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 24 febbraio 2011, n. 113
RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Sanzione amministrativa di tipo
reintegratorio - Responsabilità - Dolo o colpa. L’art. 14 del d.lgs. n.
22/97 ha introdotto una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio, avente a
contenuto l'obbligo di rimozione, di recupero o di smaltimento e di ripristino a
carico del responsabile del fatto di discarica o immissione abusiva (a carico,
cioè, di "chiunque viola i divieti di abbandono e di deposito incontrollato di
rifiuti sul suolo"), in solido con il proprietario e con i titolari di diritti
reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia
imputabile a titolo di dolo o di colpa, addossando la responsabilità all’autore
materiale della trasgressione. La responsabilità in solido con i proprietari
dell'area o con i titolari di altro diritto reale ricorre nel caso in cui la
violazione possa essere a questi ultimi ascritta a titolo di dolo o colpa. Pres.
Trizzino, Est. Moro - D.G.A.F. (avv.ti Dodaro e Mappa) c. Comune di Massafra (n.c.)
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TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 24 febbraio 2011, n. 384
RIFIUTI - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Sistema sanzionatorio - Responsabilità
oggettiva o di posizione - Esclusione - Proprietario dell’area - Condotta
omissiva - Rilevanza. Se la giurisprudenza ha ritenuto che il sistema
sanzionatorio, delineato dal decreto Ronchi in materia di rifiuti, esclude la
configurabilità di responsabilità oggettiva o di posizione, e cioè che il
proprietario del sito che ospita rifiuti abbandonati sia chiamato, per ciò solo,
a risponderne, indipendentemente dalla concreta verifica, da parte della p.a.,
di una condotta anche semplicemente agevolatrice del fatto illecito del terzo,
ovvero omissiva, cioè di astensione dall'adozione di quelle cautele che possono
ragionevolmente pretendersi da un soggetto dotato di diligenza media, va
osservato che tale responsabilità tuttavia ricade inevitabilmente sul
proprietario ove non vi siano ragioni per escluderne l’estraneità (per es. in
assenza di esposti, denunce all’Autorità Giudiziaria, apposizioni di cartelli di
divieto) senza che la P.A. debba preventivamente svolgere accertamenti di sorta
sugli autori dell’abuso. Pres. Trizzino, Est. Moro - D.G.A.F. (avv.ti Dodaro e
Mappa) c. Comune di Massafra (n.c.) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 24 febbraio 2011, n. 384
RIFIUTI - Illecita gestione di discarica - Smaltimento di rifiuti pericolosi o tossici differenti da quelli autorizzati - Sequestro - Titolarità dell’azienda e provvedimenti cautelari. In tema di smaltimento illecito di rifiuti, a prescindere dalla questione della confiscabilità, non può essere di ostacolo al sequestro preventivo, il fatto che, in conseguenza del trasferimento ad altra società dell'azienda, l'amministratore unico sia persona diversa dall'indagato e a sua volta non sottoposto ad indagini. E ciò in quanto trattandosi di provvedimenti cautelari reali il "fumus delicti" non deve essere necessariamente riferito al soggetto nei cui confronti il provvedimento viene adottato, ma questo ben può essere emesso nei confronti di terzi estranei prevalendo le più generali esigenze di giustizia e di tutela della collettività. (conferma ordinanza n. 123/2009 TRIB. LIBERTA' di BRINDISI, del 22/01/2010) Pres. Lombardi, Est. Sarno, Ric. Formica. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/02/2011 (Cc. 12/01/2011), Sentenza n. 7127
RIFIUTI - Trasporto di rifiuti speciali non pericolosi - Assenza di iscrizione
all'Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sequestro del mezzo utilizzato per il
trasporto - Finalità della misura cautelare e motivazioni intrinseche -
Fattispecie - Artt. 256, c.c 1°- 4° e 212 c.8°, D.L.vo n. 152/2006. E’
legittimo il sequestro del mezzo di trasporto, quando si ha la libera
disponibilità del veicolo, destinato per le intrinseche caratteristiche
costruttive, al trasporto di materiali e già utilizzato al trasporto illecito di
rifiuti dal proprietario titolare di impresa individuale, in quanto, svolgendo
attività comportante la produzione di rifiuti possa, con lo stesso, agevolare la
commissione di altri reati. Inoltre, l'indicazione di tali circostanze
soddisfino adeguatamente l'obbligo di motivazione imposto al giudice,
relativamente alla misura cautelare. Fattispecie: sequestro preventivo di un
automezzo utilizzato per il trasporto di rifiuti speciali non pericolosi in
assenza di iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali e, per tali ragioni,
in violazione di quanto disposto dall'articolo 256, commi primo e quarto del
D.L.vo n. 152/2006 in relazione all'articolo 212, comma ottavo dello stesso
decreto. (conferma l'ordinanza emessa l' 11/6/2010 dal Tribunale di Pistoia)
Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n.
6890
RIFIUTI - Confisca del mezzo di trasporto - Presunzione di pericolosità e
funzione "generalpreventiva - dissuasiva" - Posizioni dei singoli concorrenti -
Art. 259 D.L.vo n. 152/2006. In tema di rifiuti, la confisca prevista dalla
normativa, ex articolo 259 del D.L.vo n. 152/2006, è stata imposta dal
legislatore a seguito di una evidente presunzione di pericolosità del mezzo di
trasporto utilizzato per lo svolgimento dell'attività illecita e si giustifica
non per la pericolosità intrinseca della cosa, ma per la funzione "generalpreventiva
- dissuasiva" attribuitale dal legislatore con connotati repressivi propri delle
pene accessorie e, pertanto, può prescindere dalla pericolosità intrinseca della
cosa (Cass. Sez. III, 11/03/2009 n. 10710). Inoltre, le posizioni dei singoli
concorrenti in relazione al contributo fornito singolarmente per la
realizzazione del reato andranno poi valutate dal giudice sulla base dei criteri
generali previsti dal codice penale. (conferma l'ordinanza emessa l' 11/6/2010
dal Tribunale di Pistoia) Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n.
6890
RIFIUTI - Confisca - Art. 259 D.L.vo n. 152/2006 e art. 53 D.L.vo n. 22/1997
- Continuità normativa. Sussiste continuità normativa tra l'articolo 259 del
D.L.vo n. 152/2006 e il testo dell'articolo 53 del D.L.vo n. 22/1997
precedentemente in vigore, infatti, la misura della confisca era già prevista in
precedenza. (conferma l'ordinanza emessa l' 11/6/2010 dal Tribunale di Pistoia)
Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n.
6890
RIFIUTI - Trasporto di rifiuti
speciali non pericolosi - Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione -
Reato di cui all’art. 256, c.4°, D.L.vo n.152/2006 - Natura di reato formale di
pericolo - Configurabilità - Concreto pregiudizio per il bene giuridico protetto
- Necessità - Esclusione. Il reato previsto dall’articolo 256, quarto comma
D.L.vo n. 152/2006 è reato formale di pericolo per la configurabilità del quale
è sufficiente lo svolgimento di una delle attività soggette a titolo abilitativo
senza osservarne le prescrizioni, non essendo richiesto che la condotta sia
anche idonea a configurare una situazione di concreto pregiudizio per il bene
giuridico protetto (Cass. Sez. III, 8/10/2003 n. 38186). Pertanto, la natura di
reato di mera condotta fa sì che, per l'integrazione della fattispecie, non
assuma rilievo l'idoneità della condotta medesima a recare concreto pregiudizio
al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del
controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione (Cass. Sez. III,
18/04/2007 n. 15560; Cass. Sez. III, 21/05/2008, n. 20277). Fattispecie: i
ricorrenti, nelle rispettive qualità di rappresentante legale della società
autorizzata a trasporto dei rifiuti e proprietaria dei veicoli e di esecutore
materiale del trasporto, avevano violato le prescrizioni dell'autorizzazione,
effettuando un trasporto di rifiuti speciali non pericolosi senza disporre di
una copia autentica del provvedimento di iscrizione all'Albo nazionale delle
imprese che effettuano la raccolta ed il trasporto di rifiuti non pericolosi
prodotti da terzi (punto 1 dell'autorizzazione) e per aver effettuato detto
trasporto senza idonea copertura dei rifiuti, lasciandoli esposti agli agenti
atmosferici (punto 2 dell'autorizzazione) in quanto protetti solo da un tela
traforato. (conferma sentenza n. 148/2008 TRIB. SEZ. DIST. di POGGIBONSI, del
10/06/2010) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Mariottini ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/02/2011 (Ud. 2/02/2011), Sentenza n.
6256
RIFIUTI - Trasporto di rifiuti - Pericolo di un pregiudizio - Struttura della
norma e contenuto offensivo del reato - Natura di reato di mera condotta - Art.
256, c.4°, D.L.vo n.152/2006. Lo scopo del legislatore, nel reato previsto
dall’articolo 256, quarto comma D.L.vo n. 152/06, è quello di apprestare una
difesa anticipata del bene giuridico protetto, facendo si che alcune condotte
eminentemente formali e non collegate alla tutela di un interesse esplicitamente
indicato e neppure immediatamente percepibile siano scrupolosamente osservate,
con la conseguenza che la loro violazione viene punita indipendentemente da
qualsiasi accertamento di una qualsiasi lesione concreta e da qualsiasi concreto
interesse (Cass. Sez. III, 27/09/2007 n. 35621; conf. Cass. Sez. III, 7/03/2003,
n. 10641 con riferimento ad altro reato di pericolo - articolo 163 del decreto
legislativo 29 ottobre 1999 n. 490). (conferma sentenza n. 148/2008 TRIB. SEZ.
DIST. di POGGIBONSI, del 10/06/2010) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Mariottini
ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/02/2011 (Ud. 2/02/2011), Sentenza n.
6256
RIFIUTI - Carcasse di macchine agricole - Prescrizioni - Impermeabilizzazione
del piazzale e predisposizione di pozzetti per la raccolta delle acque -
Legittimità. La prescrizione di impermeabilizzare il piazzale ove è
effettuato il deposito di carcasse di macchine agricole e di predisporre
pozzetti per la raccolta delle acque (onde evitare che i materiali inquinanti
vengano trascinati nel suolo dalle acque di dilavamento del piazzale) è del
tutto conforme agli obblighi che sono individuati a carico di chi gestisce una
attività di questo tipo (cfr. sul punto Cass. pen., sez. III, 9848/2009, secondo
cui “nella specie, è stato accertato in punto di fatto, oltre alla carenza di
autorizzazione relativamente all'area nella quale era stato effettuato il
deposito delle carcasse di auto, la inadeguatezza, sul piano tecnico, della
stessa, trattandosi di un'area sterrata che non assicurava un'adeguata tutela
dal pericolo di percolazione di sostanze provenienti dai veicoli. Sicché non
risultavano, in ogni caso, rispettate le condizioni prescritte dalle
disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 152/06 perché potesse ravvisarsi l'ipotesi
del deposito temporaneo non soggetto ad autorizzazione”) Pres. Conti, Est. Russo
- M.L. (avv. Malaspina) c. Comune di Roverbella (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 18 febbraio 2011, n. 316
RIFIUTI - Accumulo di beni destinati alla rottamazione - Necessità di specifica
autorizzazione - Deposito temporaneo - Categorie omogenee - Art. 183 d.lgs. n.
152/2006 - Macchine agricole non funzionanti e materiale ferroso di vario tipo -
Qualità di rifiuti - Sussistenza - Provvedimento comunale che impone lo
smaltimento - Legittimità. E’ necessaria una autorizzazione per svolgere una
attività di “accumulo” di beni destinati alla rottamazione elencati nel catalogo
europeo dei rifiuti (CER) quali i veicoli e i pneumatici fuori uso, le batterie
e gli accumulatori, in quanto "beni" destinati allo smaltimento o al recupero
delle sostanze per i quali anche il deposito preliminare è soggetto ad
autorizzazione. L'art.183, comma primo lett. m) n. 4), del D.Lgs n.152/06,
dispone inoltre che "il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie
omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché per i
rifiuti pericolosi..." (Cass. pen., sez. III, 9848/2009). In assenza di
specifica autorizzazione, pertanto, le macchine agricole non funzionanti e prive
di parti meccaniche , il materiale ferroso di vario tipo, le cisterne di gasolio
vuote, le botti spargi liquame arrugginite e i pneumatici di trattore bucati o
altrimenti non utilizzabili accumulati in un’area di proprietà rientrano nella
nozione di rifiuto, a prescindere dalla asserita possibilità di riutilizzo per
l’attività di commercio di pezzi di ricambio usati di macchine agricole. Ne
deriva la legittimità del provvedimento del comune che ne impone lo smaltimento.
Pres. Conti, Est. Russo - M.L. (avv. Malaspina) c. Comune di Roverbella (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 18 febbraio 2011, n. 316
RIFIUTI - Autorizzazioni ex artt. 208 e 210 d.lgs. n. 152/2006 - Differenze
sostanziali e procedurali. Le autorizzazioni previste dagli artt. 208 e 210
del d.lgs. n. 152/2006 non hanno identità di contenuti. Il primo disciplina il
procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica per i nuovi impianti di
smaltimento e recupero de i rifiuti. L’art. 210, invece, disciplina il
procedimento di rilascio dell’autorizzazione per casi particolari, tra i quali
l’ipotesi in cui si intenda chiedere una modifica dell’autorizzazione alla
gestione di cui si è in possesso; il procedimento, che si applica anche a quanti
intendono avviare un’attività di recupero o di smaltimento dei rifiuti in un
impianto già esistente, utilizzato in precedenza, è molto più agile di quello ex
art. 208, dovendosi concludere entro novanta giorni (l’art. 208 prevede invece
un termine di 150 giorni) dalla presentazione dell’istanza e non comportando la
convocazione di alcuna Conferenza di servizi. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis
- Ditta C.M. s.r.l. (avv. Bruni)c. Comune di Firenze (avv.ti Sansoni e Rogai) e
Provincia di Firenze (avv.ti Cardona, De Santis e Possenti) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 17 febbraio 2011, n. 334
RIFIUTI - Passaggio dal regime semplificato al regime ordinario - Art. 210
d.lgs. n. 152/2006 -Lacuna dell’iter procedimentale - Verifica di conformità
urbanistica -Esecuzione, per la prima volta, in sede di autorizzazione ex art.
210 - Legittimità - Fondamento. In sede di passaggio dal regime semplificato
ex art. 33 del d.lgs. n. 22/97 al regime “ordinario”, con il procedimento ex
art. 210 del Codice Ambiente e sfruttando la disciplina transitoria dettata
dall’art. 11 del d.m. 5 febbraio 1998 (come novellato dal d.m. n. 186 del 2006),
ponendosi l’esigenza di accertare la conformità urbanistica dell’impianto da
autorizzare, appare legittimo l’operato della Provincia volto colmare una lacuna
dell’iter procedurale di cui al predetto art. 210, eseguendo per la prima volta
la verifica di conformità urbanistica, pur non espressamente prevista dall’art.
210 per gli impianti appartenenti a soggetti già in possesso dell’autorizzazione
secondo lo schema “semplificato”, i quali intendano passare al regime
“ordinario”. Ciò, al fine di evitare il rischio che, diversamente opinando, si
finisse per autorizzare impianti non in regola sotto il punto di vista della
disciplina urbanistica, in quanto mai controllati con la procedura
“semplificata” ex art. 33 del d.lgs. n. 22/1997 e neppure ora, in sede di
passaggio al regime “ordinario”, sottoposti ad una verifica sotto questo
profilo: eventualità, quest’ultima, manifestamente irragionevole e contraria ai
principi di buona amministrazione ex art. 97 Cost.. Pres. Nicolosi, Est. De
Berardinis - Ditta C.M. s.r.l. (avv. Bruni)c. Comune di Firenze (avv.ti Sansoni
e Rogai) e Provincia di Firenze (avv.ti Cardona, De Santis e Possenti) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 17 febbraio 2011, n. 334
RIFIUTI - Fanghi da depurazione - Deposito incontrollato - Disciplina dei rifiuti - Fattispecie - Reato di cui all'art. 256, 2° c., D.L.vo n. 152/06 - Art. 127 D.L.vo n. 152/06 (così modificato dall’art. 2, c. 12 bis, D.Lvo n.4/08). Ai sensi dell'art. 127 del Decreto Legislativo n.152 del 2006 (così come modificato dall'art. 2, comma 12 bis, Decreto Legislativo n. 4/08), i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione. Nella fattispecie, attinente al deposito incontrollato di fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue, il Tribunale non ha accertato se i fanghi ritrovati nelle vasche annesse ai depuratori fossero quelli esitati al termine del complesso processo di trattamento delle acque reflue effettuato negli impianti di depurazione. (Annulla con rinvio Ordinanza emessa il 20/04/2010 dal Tribunale di Rieti) Pres. Lombardi, Est. Gentile, Ric. Refrigeri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 14/02/2011 (Ud. 12/01/2011), Sentenza n. 5356
RIFIUTI - Abbandono - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Obbligo di rimozione -
Responsabile - Dolo o colpa - Fattispecie - Culpa in vigilando. Ai sensi
dell’art. 14 co. 3 del D.Lgs. 5.2.97 n. 22, è tenuto a procedere alla rimozione
dei rifiuti abbandonati sul suolo, nonché alle connesse attività di recupero,
smaltimento e ripristino dello stato dei luoghi il responsabile dell’abuso in
solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali di godimento
sull’area, “ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa”
(nella specie, è stato ritenuto responsabile, per culpa in vigilando, un
Consorzio titolare di un diritto personale di godimento esclusivo su un’area
demaniale munita di recinzione e di cancello di accesso) Pres. Morea, Est. Pasca
- Consorzio B. (avv. Verrina) c. Comune di Foggia (avv. De Vitto) -
TAR PUGLIA, Bari, Sez. III -
10 febbraio 2011, n. 263
RIFIUTI - Impianto per la messa in riserva e recupero - Autorizzazione -
Conferenza di servizi - Destinazione urbanistica dell’area - Rilevanza - Art.
208 d.lgs. n. 152/2006. L'effettiva destinazione urbanistica dell'area
destinata alla realizzazione di un impianto per la messa in riserva e recupero
di rifiuti speciali non pericolosi, rientra tra gli elementi che la conferenza
di servizi deve tenere in considerazione nell'assumere il proprio parere,
sostituendo l'approvazione del progetto ad ogni effetto visti, pareri,
autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, e
costituendo, ove occorra, variante allo strumento urbanistico,ex art. 208 del
d.lgs. n. 152/2006 (cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 14 luglio 2008, n. 2002)
Nondimeno, la destinazione urbanistica della zona non costituisce una variabile
dipendente rispetto alla scelta discrezionale dell’Amministrazione di approvare
o meno il progetto presentatole. L'effettiva destinazione urbanistica dell'area,
destinata alla realizzazione ovvero alla modificazione sostanziale di un
impianto, rientra tra gli elementi di cui l’Amministrazione procedente,
integrata in conferenza di servizi con la partecipazione degli altri enti
interessati, deve tenere in considerazione nell'assumere il proprio parere,
senza far discendere dalla stessa una invalicabile preclusione, ma al contempo
facendo rientrare tale profilo in una valutazione complessiva di tutti gli
aspetti e di tutti gli interessi in gioco, primo fra tutti, quello della tutela
dell’ambiente e della salute. Pres. Nicolosi, Est.Massari - S. s.p.a. (avv.ti
Narese e Franceschetti) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi), Comune di
Arezzo (avv.ti Pasquini e Ricciarini), Regione Toscana (avv. Ciari), Azienda
U.S.L. n. 8 Arezzo (avv. Barcaioli) e altri (n.vc.) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 4 febbraio 2011, n. 224
RIFIUTI - Impianti di trattamento - Autorizzazione - Conferenza di servizi -
Funzione. Tutto l’impianto normativo prefigurato dal Codice dell’ambiente in
materia di autorizzazione alla realizzazione e gestione di impianti di
trattamento di rifiuti si propone di fare emergere, attraverso lo strumento
procedimentale della conferenza di servizi, le condizioni essenziali e le
eventuali criticità connesse alla realizzazione dell’impianto progettato dal
soggetto proponente affinché, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori
tecnologie disponibili, tutti i rappresentanti degli enti coinvolti possano
eventualmente richiedere e acquisire i documenti, le informazioni e i
chiarimenti necessari. Pres. Nicolosi, Est.Massari - S. s.p.a. (avv.ti Narese e
Franceschetti) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi), Comune di Arezzo (avv.ti
Pasquini e Ricciarini), Regione Toscana (avv. Ciari), Azienda U.S.L. n. 8 Arezzo
(avv. Barcaioli) e altri (n.vc.) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 4/2/2011, n. 224
RIFIUTI - ENERGIA - Nucleare - Costruzione ed esercizio degli impianti - Autorizzazione - Parere della Regione interessata - Necessità - Art. 4 d.lgs. n. 31/2010 - Illegittimità costituzionale. Deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del d.lgs. n. 31 del 2010 nella parte in cui non prevede che la Regione interessata, anteriormente all’intesa con la Conferenza unificata, esprima il proprio parere in ordine al rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari. Pres. ed Est. De Siervo - Giudizio di legittimità costituzionale promosso dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Puglia - CORTE COSTITUZIONALE - 2 febbraio 2011, n. 33
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito - Artt. 260 D.L.vo n. 152/06 e 53 bis D.L.vo n. 22/97 - Continuità normativa. Tra il disposto di cui all’articolo 53 bis D.L.vo n. 22/97 e quello ora contemplato dall’articolo 260 D.L.vo n. 152/06 sussiste continuità normativa del reato (Cass. Sez. III, 8/03/2007, n. 9794). Tale assunto trova conferma non solo nell'identità di contenuto dei due articoli, ma anche nel disposto dell’articolo 264, comma primo, lettera i) D.L.vo n. 152/06 laddove il legislatore espressamente afferma l'intento di "...assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta" e, a tale proposito, dispone che i provvedimenti attuativi del D. L.vo n. 5 febbraio 1997 n. 22 continuino ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del D.L.vo n. 152/06. (dich. inammissibile il ricorso avverso la sentenza emessa il 3/12/2009 dal G.U.P. del Tribunale di Larino) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. PG in proc. D’Alessandro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/02/2011 (Cc. 21/12/2010) Sentenza n. 3638
RIFIUTI - Rifiuti interrati - Operazioni di rimozione e smaltimento - Conferimento con il codice errato in discarica non autorizzata - Funzionari ARPA - Responsabilità per illecita gestione - Condotte omissive - Configurabilità - Fattispecie: bonifica di un sito con rifiuti ospedalieri - D.L.vo n. 152/06. Il pubblico ufficiale, preposto al controllo e alla vigilanza ambientale che venga a conoscenza della esistenza di rifiuti interrati e partecipi alle operazioni di rimozione, assume una posizione di garanzia in relazione alle sue condotte omissive. Fattispecie: funzionari dell’ARPA consapevoli dell’esistenza di rifiuti ospedalieri sul sito da bonificare, non effettuavano alcun controllo sostanziale sulle operazioni di rimozione e smaltimento del rifiuto, di tal ché non impedivano che lo stesso fosse gestito come semplice terra, consentendone il conferimento con il codice errato in discarica non autorizzata. (annulla con rinvio ordinanza, resa dalla Corte di Appello di Trieste, in data 23/4/2010) Pres. Ferrua, Est. Gazzara, Ric. PM in proc. Zanello ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/02/2011 (Cc. 15 /12/2010) Sentenza n. 3634
RIFIUTI - INQUINAMENTO - DANNO AMBIENTALE - Reati in materia di gestione di rifiuti - Poteri del giudice penale - Sospensione condizionale della pena e subordinarla alla bonifica del sito - Ripristino ambientale - Fattispecie - Art. 165 c.p. - Art. 256, co. 1, lett. a), e co. 2, d.Lvo n.152/06 - Art. 181, d.L.vo n. 42/04 - Art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/01 - Art. 734 c.p.. Nel caso di reati inerenti alla materia dei rifiuti, per perseguire lo scopo di ripristinare ecologicamente le aree inquinate, l'ordinamento offre al giudice penale una sola possibilità, che è quella di concedere, ove applicabile, la sospensione condizionale della pena, e di subordinarla alla bonifica del sito. Mentre in caso di condanna per gli altri, o per altri reati che cagionino danni ambientali, il giudice può subordinare la sospensione condizionale della pena al ripristino ambientale o a una bonifica del sito non legislativamente regolamentata, e tuttavia soggetta al controllo della autorità giudiziaria o di un organo tecnico appositamente delegato, in virtù del principio generale consacrato nell'art. 165 c.p., secondo cui il detto beneficio può essere subordinato alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (Cass. 12/6/08, n. 37280; Cass. 20/11/06, n. 13456; Cass. 30/5/03, n. 35501). Fattispecie: decreto penale di condanna in ordine ai reati di cui all'art. 256, co. 1, lett. a), e co. 2, d.Lvo n.152/06, perché, in difetto della prescritta autorizzazione, si effettuava attività di trasporto rifiuti non pericolosi; del reato di cui all'art. 181, d.L.vo n. 42/04, in relazione all'art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/01, perché, in assenza di qualsiasi autorizzazione, effettuava lavori costituiti da scarifica dello stato vegetale, con asporto di terreno; del reato di cui all'art. 734 c.p. perché distruggeva o alterava le bellezze naturali dei luoghi soggetti a speciale protezione da parte dell'Autorità. (dich. inammissibile il ricorso avverso il decreto penale di condanna, reso dal Gip presso il Tribunale di Treviso in data 17/10/09) Pres. Ferrua, Est. Gazzara, Ric. Chiappetta. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/02/2011 (Cc. 15 /12/2010) Sentenza n. 3633
RIFIUTI - Delibera tariffaria TA.R.S.U. - Annullamento a seguito di pronuncia del g.a. - Effetti - Rimborso della parte di tributo non dovuto - Potere impositivo del Comune - Limiti. La caducazione della delibera tariffaria a seguito di pronuncia del giudice amministrativo comporta la necessità di applicare il regime impositivo precedentemente in vigore. L'annullamento della delibera, infatti, non fa venir meno il potere impositivo del Comune. Non si tratta, quindi, di un inammissibile esercizio di pretesa da indebito arricchimento, che può verificarsi soltanto in totale assenza del potere impositivo. Pertanto, i giudici di rinvio dovranno applicare il regime impositivo previgente alle delibere tariffarie annullate del giudice amministrativo osservando le regole in materia di ripartizione dell'onere probatorio, disponendo il rimborso della parte di tributo non dovuto, e decidere anche sulle spese di questa fase. (riforma Sentenza commissione provinciale regionale della Liguria n. 67, dep. il 4/12/2006) Pres. Altieri, Est. Polichetti, Ric. Te. s.r.l. c. COMUNE DI GENOVA. CORTE DI CASSAZIONE Sez. TRIBUTARIA CIVILE, 31/01/2011, Sentenza n. 2201
RIFIUTI - Accertamento T.A.R.S.U. - Annullamento delibera tariffaria - Effetto demolitorio della pronuncia del TAR - Conseguenza invalidante sull'atto impositivo comunale - Applicazione del regime tariffario precedente - Principio della retroattività - Poteri decisori del giudice tributario. L'affermazione dei giudici di merito, secondo cui l'annullamento della delibera tariffaria da parte del giudice amministrativo non avrebbe alcuna conseguenza invalidante sull'atto impositivo del comune costituisce violazione della regola fondamentale che regola gli effetti dell'annullamento giurisdizionale degli atti amministrativi, che quella della retroattivita'. La pronuncia del TAR comporta, quindi, un effetto di invalidita' derivata dell'atto impositivo, del quale la tariffa costituiva presupposto regolatore. L'effetto demolitorio della pronuncia del TAR non poteva essere, quindi, disconosciuto dal giudice tributario che, nella specie, non poteva neppure, stante l'immediata efficacia erga omnes di tale decisione, avente ad oggetto un atto a contenuto generale, conoscere incidenter tantum dell'atto tariffario, ai fini dell'esercizio del potere di disapplicazione. (conf. Cass. sentenza n. 16937/07). Inoltre, non ha alcun rilievo il fatto che l'utente abbia comunque usufruito del servizio, e che il ricorso introduttivo non contenesse alcuna domanda di applicazione del regime tariffario precedente. I poteri decisori del giudice tributario non si esauriscono, infatti, col mero annullamento dell'atto impugnato, dovendo il giudice applicare la disciplina che regola il rapporto tributario; nella specie, quindi, individuare il regime tariffario applicabile, ove ripristinato dall'annullamento giurisdizionale. (Cass. Sez. Trib. sentenza n. 18123/09). (riforma sentenza della commissione tributaria regionale della Liguria sez. 2 , n. 54, dep. il 26/05/2006) Pres. Altieri, Est. Polichetti, Ric. Pa. Gi. Pa. C. COMUNE di GENOVA. CORTE DI CASSAZIONE Sez. TRIBUTARIA CIVILE, 31/01/2011, Sentenza n. 2199
RIFIUTI - Art. 135 codice del processo amministrativo - Controversie attinenti
alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti - Competenza
funzionale del TAR Lazio Roma - Giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo - Nozione di “gestione del ciclo di rifiuti” - Art. 183, c. 1,
lett. d) del d.lgs. n. 152/2006 - Comportamenti della P.A. - Riconducibilità
all’esercizio di un pubblico potere. In forza dell’art. 135 , comma 1,
lett.e), del cod. proc. amm. sono devolute alla competenza funzionale
inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma,
salvo ulteriori previsioni di legge, due distinte tipologie di vertenza, non
necessariamente coincidenti, la prima riferita agli atti commissariali adottati
in situazioni emergenziali ex art. 5 legge n.225 del 1992, la seconda alla
complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti ; l’art.133 , comma 1,
lett. p), in parte qua riguarda la gestione in sé considerata, in accezione
ricollegabile a quella dell’art.183, comma 1, lett. d, del D. Lgs. 3 aprile
2006, n. 152, in forza del quale nel concetto di gestione dei rifiuti vanno
ricondotti la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti,
compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche
dopo la chiusura; nella materia de qua, oggetto di giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, rientrano dunque le vertenze che riguardano atti
normativi, programmatori e organizzatori, atti provvedimentali, moduli
consensuali, comportamenti attinenti in senso stretto alla gestione e, in quanto
tali, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei
rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica
amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico
potere, quand'anche relative a diritti costituzionalmente tutelati. E ciò in
armonia con quanto già previsto dall’art. 4 (ora abrogato) del d.l. 23 maggio
2008, n. 90 convertito con legge 14 luglio 2008, n.123 e con la precisazione,
quanto ai comportamenti, della necessaria riconducibilità, anche mediata, degli
stessi all’esercizio di un pubblico potere (in linea con gli orientamenti della
Corte costituzionale n.35/2010). Pres. Trovato, Est. Amicuzzi - Reg. di
competenza richiesto dal T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, con ord. n. 1580/2010 nel
giudizio tra D. s.p.a. (avv.ti Clarizia, Contieri e Macrì) c. Azienda Generale
Servizi Municipali di Verona s.p.a. (avv.ti Biondaro e Clarich) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 26 gennaio 2011, ordinanza n. 586
RIFIUTI - Pagamento della Tariffa di Igiene Ambientale (T.I.A.) - Restituzione
delle maggiori somme indebitamente corrisposta a titolo di IVA - Controversia
tra soggetti privati - Diritto di rivalsa - Giurisdizione del giudice ordinario
- Contemporanea pendenza giudizio tributario - Art. 10, D. L.vo n. 546/1992 -
Art. 295 c.p.c.. In tema di IVA, spetta al giudice ordinario la
giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei
confronti del professionista o dell'imprenditore che abbia effettuato la
cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione
delle maggiori somme addebitategli in via di rivalsa per effetto
dell'applicazione di un'aliquota asseritamente superiore a quella prevista dalla
legge: poiche', infatti, soggetto passivo dell'imposta e' esclusivamente colui
che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, la controversia in
questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed
Amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti
privati, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine all'ammontare
dell'imposta applicata in misura contestata" (Cass. SS.UU. 2775/2007; conf.
6632/2003, 1147/2000). Il principio resta valido anche quando, come nella
specie, il debito iva venga totalmente contestato. Si tratta, in ogni caso, di
una controversia tra privati, alla quale "resta estraneo l'esercizio del potere
impositivo sussumibile nello schema potestà - soggezione, proprio del rapporto
tributario" (Cass. SS.UU. 15031/2009). Ne' rileva la circostanza che il giudizio
sulla richiesta di rimborso dell'iva implichi la necessità di accertare se
l'imposta fosse dovuta e quale sia la natura dell'obbligo di pagare la TIA.
Infatti, nelle controversie tra privati, che abbiano ad oggetto la richiesta di
rimborso di una imposta che si assume essere stata indebitamente pretesa dalla
controparte (non identificabile in uno dei soggetti di cui al Decreto
Legislativo articolo 10 n. 546 del 1992), il giudice ordinario competente ha
sempre il potere "di sindacare in via incidentale la legittimità dell'atto
impositivo ove sia presupposto e di disapplicarlo, ovvero di disporre la
sospensione del giudizio, ai sensi dell'articolo 295 c.p.c., in caso di
contemporanea pendenza del giudizio tributario" (Cass. SS.UU. 15032/2009). Pres.
De Luca, Rel. Merone, Ric. Bo. Gi. C. V. S.P.A..
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, 28/01/2011 Ordinanza n. 2064
RIFIUTI - Affidamento della gestione dei rifiuti a seguito di procedura ad
evidenza pubblica - Giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di affidamento
di pubblici lavori, servizi e forniture - Art. 133, c. 1, lett. e) cod. proc.
amm. - Competenza funzionale del Tar Lazio, Roma - Esclusione - Art. 13 cod.
proc. amm. L’affidamento della gestione dei rifiuti a seguito di procedura
di evidenza pubblica non attiene alla gestione in senso stretto ma costituisce
attività meramente preparatoria e strumentale rispetto ad essa, attività come
tale autonomamente disciplinata in modo unitario dalla lettera e) dell’art. 133,
comma 1., del cod. proc. amm., che ha ribadito la giurisdizione esclusiva del
Giudice amministrativo per tutte le controversie relative a procedure di
affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque
tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della
normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica
previsti dalla normativa statale o regionale. L’art. 14 del cod. proc. amm. (che
richiama il successivo art. 135) non riserva queste ultime controversie alla
competenza funzionale di alcun Tribunale amministrativo regionale, sicché con
riguardo ad esse, ai sensi dell’art. 13 del cod. proc. amm., deve ritenersi che
sia inderogabilmente competente il T.A.R. nella cui circoscrizione territoriale
ha sede l’Amministrazione procedente o comunque sono limitati gli effetti
diretti degli atti in vertenza . La soluzione esposta è coerente con l’esigenza
di accedere ad una interpretazione letterale e restrittiva delle norme
eccezionali in deroga all’ordinaria competenza territoriale dei Tribunali
amministrativi regionali periferici. Pres. Trovato, Est. Amicuzzi - Reg. di
competenza richiesto dal T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, con ord. n. 1580/2010 nel
giudizio tra D. s.p.a. (avv.ti Clarizia, Contieri e Macrì) c. Azienda Generale
Servizi Municipali di Verona s.p.a. (avv.ti Biondaro e Clarich) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 26 gennaio 2011, ordinanza n. 586
RIFIUTI - Discarica non
autorizzata - Sentenza di condanna - Confisca del terreno - Responsabilità -
Fattispecie - Art. 256, c.3 D. L.vo n. 152/2006. Ai sensi dell’articolo 256,
comma 3 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, è legittima la confisca di un
terreno utilizzato come discarica "quale conseguenza della sentenza di
condanna". In specie, i ricorrenti sono stati giudicati responsabili - in
qualità di amministratori dell’impresa artigiana - per aver realizzato, e
comunque gestito, sul fondo agricolo di loro proprietà, una discarica non
autorizzata di rifiuti non pericolosi costituiti da marmi, piastrelle, mattoni,
refrattari ed altro materiale residuo della lavorazione del marmo. (dich. inamm.
il ricorso avverso Sentenza della Corte d'appello di Lecce del 16.2.09) Pres.
Ferrua, Est. Mulliri, Ric. Fe. Ro. Ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 Sentenza n. 2312
RIFIUTI - DANNO AMBIENTALE - Reati ambientali - Inquinamento e risarcimento del danno - Fattispecie. In tema di reati ambientali, ai fini dell'integrazione del fatto illecito quale fonte dell'obbligo di risarcimento del danno cosiddetto "ambientale", non è necessario che l'ambiente venga in tutto o in parte alterato, deteriorato o distrutto, essendo sufficiente una condotta, sia pure soltanto colposa, in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti legittimamente adottati. Fattispecie: abbandono incontrollato in discarica abusiva di una carcassa di autoveicolo e percolamento con inquinamento del terreno di olii esausti. (annulla con rinvio , limitatamente alle statuizioni civili, Sentenza della Corte d'appello di Firenze in data 30.10.09) Pres. Ferrua, Est. Mulliri, Ric. P.c. in proc. Palma. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 21/01/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n. 1874
RIFIUTI - Discarica o altro impianto per trattamento, smaltimento o recupero - Soggetto residente nel comune nel cui territorio l’impianto insiste - Legittimazione ad impugnare gli atti di approvazione o autorizzazione - Collegamento diretto - Interesse personale, concerto e attuale - Mera aspettativa alla salubrità del’ambiente - Insufficienza - INQUINAMENTO ACUSTICO - Legittimazione - Presupposti. La mera presenza di una discarica o ad altro impianto per il trattamento e lo smaltimento (o recupero) di rifiuti anche a mezzo di termocombustione, non legittima il proprietario di un bene residente nel Comune nel cui territorio l’impianto insiste ad insorgere avverso gli atti con i quali si provvede all’approvazione del progetto dell’opera sotto i vari aspetti procedimentali o all’autorizzazione alla gestione e/o alla messa in esercizio dell'opera o ancora agli scarichi e immissione nell’atmosfera del prodotto della combustione, laddove non sussista un collegamento diretto, immediato e oggettivo fra quanto deliberato con i suddetti provvedimenti e un interesse giuridico personale concreto e attuale del soggetto che si ritiene leso. Tale non può qualificarsi, per esempio, l’aspettativa alla salubrità dell’ambiente o il timore generico di possibili effetti pregiudizievoli legati esclusivamente alla presenza dell’opera pubblica o dell’impianto. Anche con riguardo ai limiti di inquinamento acustico, la legittimazione può essere favorevolmente riconosciuta solo laddove sia accertato che effettivamente l’esercizio dell’impianto superi nei confronti della stessa ricorrente i limiti di immissione o emissione. Pres. ed Est. Nicolosi - Associazione T e altro (avv. Zuccaro) c. Provincia di Lucca (avv. Traina) - TAR TOSCANA, Sez. II - 21 gennaio 2011, n. 121
RIFIUTI - Discariche - Allegato I al d.lgs. n. 36/2003, art. 2.4.2 - Barriera
geologica e barriera artificiale - Piena alternatività - Esclusione - Disciplina
regionale maggiormente restrittiva - Limitazione a tipologie geologiche che
offrano maggiori garanzie sotto il profilo della permeabilità - Legittimità.
La disposizione dell’art. 2.4.2.-Barriera geologica dell’Allegato I al d.lgs. 13
gennaio 2003, n. 36 non detta un principio di piena alternatività e indifferenza
tra barriera geologica e barriera artificiale, ma si limita solo a prevede il
“completamento” delle eventuali insufficienze tipologiche del terreno tramite
l’intervento dell’uomo; siamo pertanto in presenza di un sistema che continua a
mantenere prevalenza alle caratteristiche geologiche del terreno circostante la
discarica, sia pure prevedendo la possibilità di interventi artificiali
integrativi. In un sistema di questo tipo non può certamente essere considerata
irrazionale una previsione di fonte regionale (quella dell’art. 15, ult. comma
della deliberazione 28 dicembre 2009 n. 2668 della Giunta Regionale Pugliese)
che, in determinate circostanze eccezionali (quelle poste a base della deroga ex
art. 10 del d.m. 3 agosto 2005), preveda una disciplina più restrittiva,
costituita dalla limitazione ai soli casi in cui sia presente una tipologia
geologica del territorio circostante (quella argillosa) che offra maggiori
garanzie, sotto il profilo degli indici di permeabilità, degli indici previsti
dal citato art. 2.4.2.-Barriera geologica dell’Allegato I al d.lgs. 13 gennaio
2003, n. 36. Pres. Cavallaro, Est. Viola - C.s.p.a. (avv.ti Quinto e Quinto ) c.
Regione Puglia (avv. Colelli) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 19 gennaio 2011, n. 88
RIFIUTI - Discariche - Dec. n. 2003/33/CE - Stati membri e amministrazioni -
Previsione di una disciplina più restrittiva - Legittimità. La previsione
del punto 2.2. dei <<Criteri e procedure per l'ammissione dei rifiuti nelle
discariche>> approvati con dec. 19 dicembre 2002, n. 2003/33/CE del Consiglio
dell’Unione Europea (<<nel presente allegato i valori limite sono stabiliti solo
per i rifiuti non pericolosi collocati in discarica nella stessa area destinata
a rifiuti pericolosi stabili e non reattivi>>), non esclude il potere degli
Stati Membri e delle Amministrazioni di dettare una disciplina più restrittiva
che estenda i valori limite anche ai rifiuti non pericolosi collocati in
discarica nella stessa area destinata a rifiuti pericolosi stabili e non
reattivi. Pres. Cavallaro, Est. Viola - C.s.p.a. (avv.ti Quinto e Quinto ) c.
Regione Puglia (avv. Colelli)
-
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 19 gennaio 2011, n. 88
RIFIUTI - Discarica - Ampliamento - Autorizzazione - Artt. 15, 16 e 17 della
L.r. Toscana n. 1/2005 - Applicabilità - Esclusione - Norma speciale nazionale
sopravvenuta - Art. 208, c. 6 d.lgs. n. 152/2006. A fronte di un progetto di
ampliamento di una discarica esistente, non trova applicazione l’iter
procedurale di cui agli articoli 15, 16 e 17 della legge regionale Toscana n.
1/2005 (il quale richiede la preventiva modifica degli strumenti urbanistici
vigenti), dovendosi invece applicare la previsione di variante agli strumenti
urbanistici di cui all’’art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006, norma
speciale nazionale sopravvenuta alla citata legge regionale. Pres. Piscitello,
Est. Cirillo - Associazione F. e altri (avv.ti Serafini e Stella Richter) c.
Provincia di Pistoia e altro (avv. Cecchi), Azienda Usl 3 di Pistoia e altri
(avv. Scaramucci) - (Conferma T.A.R. TOSCANA , n. 195/2010) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 17 gennaio 2011, n. 220
RIFIUTI - T.A.R.S.U. - Determinazione della superficie tassabile - Presupposti per l’esenzione dalla TARSU - L’onere della prova costituenti fonte dell'obbligazione tributaria grava sull'amministrazione - Il diritto all'esenzione va provato dal contribuente - Potere di incidere per i Comuni sui requisiti per la fruizione della esenzione previsti dalla legislazione statale - Esclusione - Art. 62, c. 3, D.Lgs. n. 507/1993. Il Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 62, comma 3 dispone che nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Atteso il tenore della disposizione in esame - e dovendo escludersi che l'esenzione possa essere stata prevista anche per chi smaltisce rifiuti speciali in discariche abusive o nei cassonetti dei rifiuti urbani -, la norma deve essere interpretata nel senso che l'esenzione dalla TARSU per alcune aree occupate o detenute può essere riconosciuta solo alla duplice condizione che in tali aree si formino rifiuti speciali e che allo smaltimento di tali rifiuti provveda il produttore dei medesimi a proprie spese. Pertanto, l'onere della prova della sussistenza di entrambi i suddetti presupposti grava sul contribuente che intende ottenere l'esenzione, in quanto, se e' vero che l'onere della prova dei fatti costituenti fonte dell'obbligazione tributaria grava sull'amministrazione, il diritto all'esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass. n. 4766/2004). Infine, con il Decreto Legislativo n. 507 del 1993 il legislatore ha rimesso alla potestà regolamentare dei Comuni le disposizioni per la concreta applicazione della tassa, ma non ha certo attribuito ai Comuni medesimi il potere di incidere sui requisiti per la fruizione della esenzione previsti dalla legislazione statale (ossia, nella specie, dall'articolo 62 siccome interpretato in questa sede), con la conseguenza che lo smaltimento (o recupero) dei rifiuti speciali, costituendo (unitamente alla produzione dei medesimi in determinate aree) requisito per l'esenzione dalla Tarsu, doveva ritenersi presupposto (anche se non esplicitamente contemplato) anche dall'articolo 14 del Regolamento Comunale e che la Delib. 29 novembre 2004, n. 69 non ha fatto altro che esplicitare il presupposto normativo della disposizione regolamentare. (annulla sentenza depositata il 24/11/2006, n. 105 della COMM. TRIB. REG. di MILANO) Pres. Plenteda - Rel. Di Iasi - Ric. Comune di Vigevano c. Ge. Srl.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezione Tributaria, 14 gennaio 2011, Sentenza n. 775
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti urbani - Tassa - Calcolo - Riferimento alla
stima del volume di rifiuti generato - Compatibilità con il diritto comunitario
- Fondamento - Sentenza Corte di Giustizia C 254/2008. Poiché allo stato
attuale del diritto comunitario non vi è alcuna norma che imponga agli stati
membri un metodo preciso del finanziamento del costo di smaltimento dei rifiuti
urbani mentre vi è un obbligo di risultato (garantire che tutti i detentori di
rifiuti ne sopportino collettivamente e complessivamente l’onere), gli stati
membri dispongono di “competenza in merito alla forma e ai mezzi per il
perseguimento di tale risultato”. Conseguentemente “in tali circostanze,
ricorrere a criteri basati, da un lato, sulla capacità produttiva dei
«detentori», calcolata in funzione della superficie dei beni immobili che
occupano nonché della loro destinazione e/o, dall’altro, sulla natura dei
rifiuti prodotti, può consentire di calcolare i costi dello smaltimento di tali
rifiuti e ripartirli tra i vari «detentori», in quanto questi due criteri sono
in grado di influenzare direttamente l’importo di detti costi. Sotto tale
profilo, la normativa nazionale che prevede, ai fini del finanziamento della
gestione e dello smaltimento dei rifiuti urbani, una tassa calcolata in base ad
una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo di
rifiuti effettivamente prodotto e conferito non può essere considerata, allo
stato attuale del diritto comunitario, in contrasto con l’art. 15, lett. a),
della direttiva 2006/12” (cfr. Corte di Giustizia nella pronuncia 16.7.2009 in
causa C 254/2008) Pres. Bianchi, Est. Malanetto - C.M. e altri (avv. Carozzo) c.
Comune di Ghemme (avv. Servetti) -
TAR PIEMONTE, Sez. I - 14 gennaio 2011, n.29
RIFIUTI - Rifiuti urbani - Passaggio dal regime di tassa a quello di tariffa -
Calcolo dell’aliquota tariffaria - Applicazione anteriormente al passaggio al
sistema tariffario - Legittimità. Il previsto passaggio graduale dal regime
di “tassa” a quello di “tariffa”, non impedisce che il metodo per il calcolo
dell’aliquota tariffaria possa essere applicato anche prima di tale scadenza per
il calcolo della tassa sullo smaltimento dei rifiuti. E tanto specie ove il
sistema inneschi un’accelerazione nel processo di copertura dei costi del
servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani da parte dei contribuenti (Cons.
Stato n. 750/2009) Pres. Bianchi, Est. Malanetto - C.M. e altri (avv. Carozzo)
c. Comune di Ghemme (avv. Servetti) -
TAR PIEMONTE, Sez. I - 14 gennaio 2011, n.29
RIFIUTI - Società d’ambito per la gestione dei rifiuti "A.T.O." - Responsabilità
per reato dell'Ente - Sussiste - Artt. 1, 15, 45 d.lgs. n. 231/20011. La
società d’ambito, costituita nella forma di società per azioni, per espletare
secondo criteri di economicità le funzioni in materia di raccolta e smaltimento
dei rifiuti trasferite alla stessa da enti pubblici territoriali, è soggetta
alla normativa in materia di responsabilità da reato degli enti. Pres. Pagano,
Est. Diotallevi, Ric. Pubblico Ministero in proc. Enna Uno s.p.a..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. II, 10/01/2011 (Cc. 26/10/2010), Sentenza n.
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RIFIUTI - A.T.O. rifiuti - Esonero dall'applicazione del d. lgs. N. 231/2001
- Esclusione - Responsabilità per reato dell'Ente - Sussistenza - Artt. 1, 15,
45 d.lgs. n. 231/20011 - L.R.Sicilia n. 9/2010 (Messa in liquidazione delle
autorità d'ambito siciliane) - Valori costituzionali in genere - Diritto alla
salute (art. 32 cost.) - Diritto all'ambiente (art. 9 cost.). L'attribuzione
di funzioni di rilevanza costituzionale, quali sono riconosciute agli enti
pubblici territoriali, come i comuni, non possono tralaticiamente essere
riconosciute a soggetti che hanno la struttura di una società per azioni, in cui
la funzione di realizzare un utile economico, è comunque un dato caratterizzante
la loro costituzione. Una conclusione diversa, porterebbe all'inaccettabile
risultato di escludere dall'ambito di applicazione della disciplina in esame un
numero pressoché illimitato di enti operanti non solo nel settore dello
smaltimento dei rifiuti, e quindi con attività in cui viene in rilievo, come
interesse diffuso, il diritto alla salute e all'ambiente, ma anche là dove viene
in rilievo quello all'informazione, alla sicurezza antinfortunistica, all'igiene
del lavoro, alla tutela del patrimonio storico e artistico, all'istruzione e
alla ricerca scientifica, in sostanza in tutti i casi in cui vengono ad essere
coinvolti, seppur indirettamente, dall'attività degli enti interessati, i valori
costituzionali di cui alla parte prima della Costituzione (Cass., sez. II,
9/7/2010, n. 28699). In conclusione, possano essere esonerati dall'applicazione
del d. lgs. N. 231/2001 soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli
enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici
non economici (art. 1, u.c. d.lgs. 231/2001). Pres. Pagano, Est. Diotallevi,
Ric. Pubblico Ministero in proc. Enna Uno s.p.a..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. II, 10/01/2011 (Cc. 26/10/2010), Sentenza
n. 234
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