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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Giurisprudenza
Rifiuti
2008
(Vedi anche le voci: inquinamento - acqua - aria - suolo - V.I.A....)
Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni
2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000-97
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RIFIUTI - Sottoprodotti - Nozione - Recupero di materiale lapideo - Fattispecie - Art 256, c.1, lett. a) D.Lgs. n. 152/2006 - Art. 183, D.Lgs. n. 152/2006 - Art. 186 D.Lgs. n. 152/2006, ora modificato dal D.Lgs. n. 4/2008. In tema di gestione dei rifiuti, rientra nel campo di applicazione della disciplina dei sottoprodotti, l'attività di recupero di materiale lapideo che soddisfi i criteri, i requisiti e le condizioni previste dall'art. 183, comma primo, lett. p) del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. (Fattispecie nella quale è stato annullato, per difetto del "fumus" del reato di gestione non autorizzata di rifiuti non pericolosi, il sequestro preventivo di un impianto per la frantumazione ed il lavaggio di materiali composto da sfridi, cocciame costituente scarto di lavorazione e peloni, cioè testate inutilizzabili derivanti dalla segatura dei blocchi di marmo). Pres. Altieri, Est. Franco, Ric. Prati. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/12/2008 (Ud. 16/10/2008), Sentenza n. 48037
RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Rottami destinati all'impiego in attività siderurgiche - Combustibile da rifiuti di qualità elevata - Trasposizione non corretta - Inadempimento di uno Stato (Italia) - Art. 1, Direttiva 75/442/CEE. La Repubblica italiana, avendo adottato e mantenuto in vigore disposizioni quali: l'art. 1, commi 25-27 e 29, lett. a), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione, e l'art. 1, comma 29, lett. b), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, nonché gli artt. 183, comma 1, lett. s), e 229, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, per mezzo delle quali, rispettivamente, certi rottami destinati all'impiego in attività siderurgiche e metallurgiche e il combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR‑Q) sono sottratti a priori all'ambito di applicazione della legislazione italiana sui rifiuti di trasposizione della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, è venuta meno agli obblighi derivanti dall'art. 1, lett. a), della medesima direttiva. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 22/12/2008, causa C‑283/07
RIFIUTI - Nozione di “deposito
temporaneo”- Possibilità di commistione di rifiuti riconducibili a diversi
codici - Deposito separato dei rifiuti - Nozione di “imballaggi in materiali
misti” - Direttiva 75/442/CEE - Decisione 2000/532/CE. La direttiva del
Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata
dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre
2003, n. 1882, e la decisione della Commissione 3 maggio 2000, 2000/532/CE,
che sostituisce la decisione 94/3/CE, che istituisce un elenco di rifiuti
conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva del Consiglio
75/442/CEE relativa ai rifiuti e la decisione del Consiglio 94/904/CE, che
istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1,
paragrafo 4, della direttiva del Consiglio 91/689/CEE relativa ai rifiuti
pericolosi, non ostano alla commistione, da parte del produttore di rifiuti,
di rifiuti riconducibili a codici diversi dell’elenco allegato alla
decisione 2000/532 al momento del loro deposito temporaneo, prima della loro
raccolta, nel luogo in cui sono prodotti. Tuttavia, gli Stati membri sono
tenuti ad adottare misure che obbligano il produttore di rifiuti alla
cernita e al deposito separato dei rifiuti al momento del loro deposito
temporaneo, prima della loro raccolta, nel luogo in cui sono prodotti,
utilizzando a tal fine i codici di detto elenco, qualora ritengano che
siffatte misure siano necessarie per raggiungere gli obiettivi fissati
dall’art. 4, primo comma, della direttiva 75/442, quale modificata dal
regolamento n. 1882/2003.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 11/12/2008, causa
C‑387/07
RIFIUTI - Nozione di “imballaggi in materiali misti” - Possibilità di
commistione di rifiuti riconducibili a diversi codici - Decisione
2000/532/CE. Poiché la normativa nazionale riprende l’elenco dei rifiuti
allegato alla decisione 2000/532, il codice 15 01 06, corrispondente agli
«imballaggi in materiali misti», può essere utilizzato per identificare
rifiuti costituiti da imballaggi di diverso materiale, tra loro raggruppati.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 11/12/2008, causa
C‑387/07
RIFIUTI - Impianti di ricezione portuali per i rifiuti di sfruttamento delle navi ed i residui di carico - Difetto di avere elaborato, attuati o approvato dei piani di ricezione e di trattamento dei rifiuti per tutti i porti - Direttiva 2000/59/CE - Inadempimento di Stato (regno di Spagna). Omettendo di elaborare, di attuare ed approvare, per tutti i porti spagnoli, piani di ricezione e di trattamento dei rifiuti, il regno di Spagna ha mancato agli obblighi che gli incombono ai sensi degli articoli 5, paragrafo 1, e 16, paragrafo 1, della direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2000, sugli impianti di ricezione portuali per i rifiuti di sfruttamento delle navi ed i residui di carico. Il regno di Spagna è condannato alle spese. (Testo uff. En omettant d’élaborer, de mettre en œuvre et d’approuver, pour tous les ports espagnols, des plans de réception et de traitement des déchets, le Royaume d’Espagne a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu des articles 5, paragraphe 1, et 16, paragraphe 1, de la directive 2000/59/CE du Parlement européen et du Conseil, du 27 novembre 2000, sur les installations de réception portuaires pour les déchets d’exploitation des navires et les résidus de cargaison. Le Royaume d’Espagne est condamné aux dépens). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 11/12/2008, causa C‑480/07
RIFIUTI - Art. 212, cc. 5, 18 e 20 d.lgs. n. 152/2006 - Attività di raccolta e trasporto di rifiuti sottoposti a procedure semplificate - Iscrizione all’albo dei gestori ambientali secondo le procedure ordinarie - Sufficienza. Alla luce dell’art. 212, cc. 5, 18 e 20, del d.lgs. n. 152/2006, chi risulta iscritto all’Albo dei gestori ambientali secondo le procedure ordinarie può effettuare attività di raccolta e trasporto di rifiuti sottoposti alle procedure semplificate, senza dover effettuare la comunicazione di cui al comma 18 dello stesso articolo, e quindi senza dover iscriversi secondo la procedura semplificata, purché i rifiuti siano effettivamente avviati al recupero ed al riciclaggio ed i rifiuti avviati alle operazioni suddette siano della stessa categoria, classe e tipologia di rifiuti per i quali le imprese sono iscritte secondo la procedura ordinaria. Pres. Santoro, Est. Caringella - D.V.T. s.p.a. (avv.ti Contieri, Clarizia e Macri) c. Comune di Venosa (avv.ti Armenante e Galdi) - (Conferma TAR Basilicata n. 3/2008) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 9 dicembre 2008, n. 6064
RIFIUTI - Nozione di rifiuto -
Impianto di coincenerimento - Sostanze in forma gassosa - Esclusione - Direttiva
2000/76/CE. La nozione di «rifiuto» contenuta all'art. 3, punto 1, della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE,
sull'incenerimento dei rifiuti, non riguarda sostanze che si presentano in forma
gassosa.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 04/12/2008, causa C‑317/07
RIFIUTI - Nozione di “impianto di
incenerimento” - Trattamento termico dei rifiuti - Dir. 2000/76/CE. La
nozione di «impianto di incenerimento» di cui all'art. 3, punto 4, della
direttiva 2000/76 riguarda qualsiasi unità o attrezzatura tecnica destinata al
trattamento termico dei rifiuti, purché le sostanze che risultano dall'impiego
del trattamento termico siano successivamente incenerite e, a tale riguardo, la
presenza di una linea di incenerimento non costituisce un criterio necessario ai
fini di tale qualifica.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 04/12/2008, causa C‑317/07
RIFIUTI - ENERGIA - Impianto di gassificazione - Incenerimento dei rifiuti - Depurazione e incenerimento - Centrale elettrica - Combustibile aggiuntivo - Gas grezzo prodotto a partire da rifiuti - Dir. 2000/76/CE. Un impianto di gassificazione che persegue l'obiettivo di ottenere prodotti in forma gassosa, nella fattispecie un gas depurato, sottoponendo determinati rifiuti a un trattamento termico deve essere qualificato come un «impianto di coincenerimento» ai sensi dell'art. 3, punto 5, della direttiva 2000/76. Mentre, una centrale elettrica che utilizza come combustibile aggiuntivo, in sostituzione di combustibili fossili impiegati in prevalenza nella sua attività di produzione, un gas depurato ottenuto dal coincenerimento di rifiuti in un impianto di gassificazione non rientra nella sfera di applicazione di tale direttiva. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 04/12/2008, causa C‑317/07
RIFIUTI - Sottoprodotti di
origine animale e rifiuti - "Carogne" - Rilevanza del reg. (ce) n. 1774/2002
alla luce delle modifiche di cui al t.u. ambientale d.lgs. n. 4/2008 -
Condizioni - Art. 260, D.Lgs. n. 152/2006 - Fattispecie: reato di associazione
finalizzata al traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti. Anche
dopo le modifiche di cui al D.Lgs. n. 4 del 2008, le carogne rientrano nella
categoria dei rifiuti. Le stesse sono sottratte alla disciplina dei rifiuti
soltanto se, ed in quanto, siano configurabili come sottoprodotti del processo
di macellazione, destinati al riutilizzo senza trasformazioni preliminari e
pregiudizio dell’ambiente. Le norme sanitarie relative ai sottoprodotti di
origine animale non destinati al consumo umano (Regolamento CE 3 ottobre 2002,
n. 1774) trovano applicazione anche per le carogne, se e in quanto queste ultime
siano configurabili come sottoprodotti e non come rifiuti. Fattispecie nella
quale era contestato agli indagati il reato di associazione finalizzata al
traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti (art. 260, D.Lgs. n. 152
del 2006) costituiti da sottoprodotti di origine animale appartenenti a diverse
categorie che, trattati per il recupero, venivano trasformati in farine animali
per essere poi commercializzati. Presidente A. Grassi, Relatore P. Onorato,
Cinefra ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4/12/2008 (ud. 4/10/2008), Sentenza n.
45057
RIFIUTI - Sottoprodotti - Nozione - Presupposti - Reg. 1774/2002/CE. Si
devono intendere per sottoprodotti quei materiali risultanti dal processo
produttivo, che, pur non costituendo l'oggetto proprio del ciclo produttivo,
scaturiscono continuativamente dal ciclo produttivo stesso e sono destinati dal
produttore a ulteriore impiego produttivo o al consumo. Il produttore, quindi,
non intende disfarsi di essi (che pertanto non possono qualificarsi rifiuti), ma
li commercializza a condizioni per lui economicamente favorevoli o li impiega in
altri processi produttivi. Per evitare qualsiasi rischio per l'ambiente,
tuttavia, il riutilizzo deve essere certo, senza l'intervento di trasformazioni
preliminari e senza pregiudizio per l'ambiente. Presidente A. Grassi, Relatore
P. Onorato, Cinefra ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4/12/2008 (ud. 4/10/2008), Sentenza n.
45057
RIFIUTI - Sottoprodotti di origine animale e rifiuti - Significato di
"carogna" - Art. 2, c. 1, lett. a); art. 4, lett. a); art.5 lett. a); art. 6,
lett. c), d) e g) Reg. 1774/2002/CE. Il significato di "carogna", non è del
tutto sovrapponibile a quello di sottoprodotto di origine animale contemplato
dal Regolamento n. 1174/2002. Le carogne sono i corpi di animali morti, mentre
sottoprodotti di origine animale, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. a) del
Regolamento, sono sia i corpi interi sia parti di animali o prodotti di origine
animale non destinati al consumo. Orbene, tra le parti di animali sono compresi
ad esempio le pelli (art. 4, lett. a)), lo stallatico o il contenuto del tubo
digerente (art.5 lett. a)), o ancora pelli, zoccoli e corna (art. 6, lett. c)),
sangue ottenuto da animali (art. 6, lett. d), latte crudo proveniente da animali
(art. 6. lett. g)), insomma tutte sostanze che esulano sicuramente dalla nozione
di carogna, intesa secondo il significato comune di corpo intero di un animale
morto. Presidente A. Grassi, Relatore P. Onorato, Cinefra ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4/12/2008 (ud. 4/10/2008), Sentenza n.
45057
RIFIUTI - Sottoprodotti e rifiuti - Disciplina applicabile - D.Lgs. 152/2006
- D.Lgs. 4/2008 - Reg. 1774/2002/CE - Fattispecie: sottoprodotti di origine
animale e carogne. In tema di rifiuti e sottoprodotti, sia per il D.Lgs.
152/2006, sia per il D.Lgs. 4/2008, le "carogne" sono escluse dalla disciplina
generale sui rifiuti solo in quanto regolate da altre disposizioni normative che
assicurano tutela ambientale e sanitaria. Poiché il Regolamento (CE) n.
1774/2002 assicura solo una tutela sanitaria per le carogne e per sottoprodotti
di origine animale, la materia delle carogne - in quanto tali - è sempre inclusa
nella disciplina generale sui rifiuti, che assicura anche la tutela ambientale.
Resta ferma la disciplina sanitaria dettata dal Regolamento n. 1774/2002 in
materia di sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, e
quindi anche delle carogne se e in quanto configurabili come sottoprodotti e non
come rifiuti, dovendosi intendere questa disciplina come esaustiva ed autonoma
in ordine al profilo sanitario. Presidente A. Grassi, Relatore P. Onorato,
Cinefra ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4/12/2008 (ud. 4/10/2008), Sentenza n.
45057
RIFIUTI - Inerti - Contaminazione al di sotto delle soglie normativamente
previste - Conferimento in discarica per inerti - Possibilità. Ai sensi del
combinato disposto dell’art. 2, comma 1, lett. e), del Dlgs. 13 gennaio 2003, n.
36 e dell’ art. 5, comma 1, lett. b), e comma 2, del DM 3 agosto 2005, in
presenza di inquinanti sotto le soglie normativamente predeterminate, non è
impedito il conferimento degli inerti in discarica. Pres. De Zotti, Est. Mielli
- Comune di Villafranca di Verona (avv.ti Picotti, De Strobel e Suppiej) c.
Provincia di Verona (avv.ti Ruffo e Sartori) -
T.A.R. VENETO, Sez. III - 26 novembre 2008, n. 3697
RIFIUTI - Conferimento in discarica - Fanghi - Classificazione come rifiuti
inerti - Possibilità- Art. 2, c. 1, lett. e) ed r) d.lgs. n. 36/2003. E’
vero che l’art. 2, comma 1, lett. e), del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36,
definisce gli inerti come rifiuti solidi; tuttavia la successiva lett. r),
definisce come liquido (non ammesso in discarica ai sensi dell’art. 6, comma 1,
lett. a, del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36 ) “qualsiasi rifiuto sotto forma
liquida, comprese le acque reflue non convogliate in reti fognarie ed esclusi i
fanghi”. Ne discende che i rifiuti costituiti da fanghi, ai fini del
conferimento in discarica, non costituiscono un’autonoma categoria e,
possedendone le caratteristiche, possono essere classificati come rifiuti
inerti. Pres. De Zotti, Est. Mielli - Comune di Villafranca di Verona (avv.ti
Picotti, De Strobel e Suppiej) c. Provincia di Verona (avv.ti Ruffo e Sartori) -
T.A.R. VENETO, Sez. III - 26 novembre 2008, n. 3697
RIFIUTI - L.R. Veneto n. 3/2000 - Impianti di smaltimento e recupero -
Localizzazione - Zona agricola di tipo E - Compatibilità - Art. 208, c. 6 d.lgs.
n. 152/2006. L’art. 21 della L.R. Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 dispone che i
nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti siano ubicati nell'ambito
delle singole zone territoriali omogenee produttive o per servizi tecnologici,
precisando tuttavia che ciò debba avvenire “di norma”. Tale disposizione
pertanto non esclude la possibilità, da valutare caso per caso, di localizzare
discariche di questo tipo in zona agricola di tipo E, tanto più ove si consideri
che l’approvazione di tale tipo di impianti costituisce, ove occorra, variante
agli strumenti urbanistici (cfr. art. 27, comma 5, del Dlgs. 5 febbraio 1997, n.
22, ora art. 208, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152). Pres. De Zotti,
Est. Mielli - Comune di Villafranca di Verona (avv.ti Picotti, De Strobel e
Suppiej) c. Provincia di Verona (avv.ti Ruffo e Sartori) -
T.A.R. VENETO, Sez. III - 26 novembre 2008, n. 3697
RIFIUTI - L.R. Veneto n. 3/2000 - Distanza di 150 metri tra la discarica e gli
edifici - Computo - Perimetro dell’area destinata ad essere occupata dai
rifiuti. La distanza di 150 metri tra la discarica e gli edifici, di cui
all’art. 32, comma 1, della L.R. Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, non va calcolata
tenendo conto anche delle aree adibite al transito dei veicoli, atteso che la
disposizione in esame prevede espressamente che le distanze debbano essere
misurate dal perimetro dell'area destinata ad essere occupata dai rifiuti. Pres.
De Zotti, Est. Mielli - Comune di Villafranca di Verona (avv.ti Picotti, De
Strobel e Suppiej) c. Provincia di Verona (avv.ti Ruffo e Sartori) -
T.A.R. VENETO, Sez. III - 26 novembre 2008, n. 3697
RIFIUTI - Recupero di rifiuti non pericolosi - Limiti quantitativi di cui al DM
n. 186/2006 - Procedure semplificate - Aumento dei rifiuti sottoposti a recupero
oltre tali limiti - Assoggettamento all’ordinaria procedura di VIA - Art. 23
d.lgs. n. 152/2006. L’esercizio dell’attività di recupero di rifiuti non
pericolosi nel rispetto dei limiti quantitativi previsti dal DM del 5 aprile
2006, n. 186 (nella specie, 2.000 t/anno per il recupero di fanghi da industria
cartaria) consente di assoggettare l’autorizzazione di tali attività al regime
di procedura semplificata di cui agli articoli 214 e 216 del d.lgs. n. 152/2006.
L’aumento del quantitativo di fanghi da sottoporre a recupero sino a 30.000
t/anno, invece, comportando il superamento dell’ora ricordato limite, non può
che determinare l’inapplicabilità della procedura semplificata e
l’assoggettamento all’ordinaria procedura di valutazione ambientale (art. 23
d.lgs. n. 152/2006). Pres. Leo, Est. Bertagnolli - C. s.p.a. (avv. Pasqualini
Salsa) c. Regione Lombardia (avv. Fidani) -
T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 21 novembre 2008, n. 5534
RIFIUTI - A.I.A. - Conferenza di servizi - Parere non vincolante - Poteri della
regione. Rientra appieno nel potere della Regione, a cui è attribuito la
competenza al rilascio dell’A.I.A, di discostarsi dal parere non vincolante
della Conferenza di servizi, a maggior ragione laddove siano ravvisabili
possibili violazioni della norma in cui la Conferenza stessa sia incorsa. (cfr.
T.A.R. Lecce, I, 22 novembre 2005, n. 5236, secondo cui “Alla Conferenza di
servizi prevista dall'art. 27 d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22 sono affidati compiti
di carattere puramente istruttorio, e non di tipo decisorio; la stessa non
costituisce, quindi, un organo collegiale con funzioni decisorie ma solo uno
strumento procedimentale di accelerazione del procedimento finalizzato
all'emersione ed alla comparazione dei diversi interessi pubblici coinvolti.”).
Pres. Leo, Est. Bertagnolli - C. s.p.a. (avv. Pasqualini Salsa) c. Regione
Lombardia (avv. Fidani) -
T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 21 novembre 2008, n. 5534
RIFIUTI - Produzione di energia elettrica da rifiuti - Autorizzazione ex dpr
n. 203/1988 - Sufficienza - Esclusione. L’autorizzazione prevista dal dpr n.
203 del 1988, che si riferisce alla tutela della qualità dell’aria, non
esaurisce l’ambito dei controlli previsti per l’attività di produzione di
energia elettrica da rifiuti, che ha la duplice valenza di attività industriale
e di smaltimento di rifiuti. Pres. Barbagallo, Est. Vigotti - Comune di Cologna
Veneta (avv.ti Sanino e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - Riforma TAR
Veneto n. 3591/2006.
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 11 novembre 2008, n. 5619
RIFIUTI - Combustibile da rifiuti - Natura di rifiuto speciale - Sostituzione della procedura ordinaria ex artt. 27 e 28 d.lgs n.22/97 con quella semplificata ex artt. 31 e 33 - Condizioni. Il combustibile derivante da rifiuti è qualificato come rifiuto speciale dal d.lgs. n. 22 del 1997, art. 7 comma 3 lett. 1) bis, aggiunta dal d.l. n. 452 del 2001 conv. nella legge n. 16 del 2002, come modificato dall’art. 23 legge n. 179 del 2002. Per tale tipo di rifiuti, solo in presenza della pianificazione regionale e provinciale, ovvero, in alternativa, dell’accordo di programma di cui al citato art. 22, comma 11, d.lgs. n. 22 del 1997, è consentito osservare la procedura semplificata ai sensi degli artt. 31, comma 6, e 33, destinata a sostituire l’autorizzazione ex art. 27 e quella ex art. 28, salva la necessità degli altri provvedimenti di assenso richiesti dalla normativa urbanistica ed edilizia, oltre che da quella in materia di inquinamento atmosferico; viceversa, in assenza della pianificazione o dell’accordo di programma, deve escludersi la surrogabilità delle ordinarie procedure di valutazione ambientale a mezzo della procedura semplificata. Pres. Barbagallo, Est. Vigotti - Comune di Cologna Veneta (avv.ti Sanino e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - Riforma TAR Veneto n. 3591/2006. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 11 novembre 2008, n. 5619
RIFIUTI - Impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti - Regione Veneto - Art. 44 L.R. n. 11/2001 e art. 4 e 6 L.R. n. 3/2000 - Autorizzazione del progetto e autorizzazione all’esercizio - Dualità dei momenti valutativi - Competenza di Regione e Province. Dal complesso delle disposizioni che regolano la materia (art. 44 legge reg. Veneto n. 11 del 2001; art. 4 comma 1, lett. f, n. 2 e art. 6 comma 1 lett. c legge reg. Veneto n. 3 del 2000) emerge che alla Provincia resta affidato il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, mentre spetta alla Regione l’approvazione dei relativi progetti: resta così confermata la sostanziale dualità dei momenti valutativi, con la conseguenza che l’autorizzazione all’esercizio non può essere ricondotta ad un mero effetto del provvedimento regionale di approvazione del progetto e di autorizzazione alla installazione dell’impianto. Pres. Barbagallo, Est. Vigotti - Comune di Cologna Veneta (avv.ti Sanino e Sartori) c. Provincia di Verona (n.c.) - Riforma TAR Veneto n. 3591/2006. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 11 novembre 2008, n. 5619
RIFIUTI - Centri di messa in riserva - Localizzazione rispetto ai siti di
recupero - Rilevanza ai fini della classificazione dell’attività come messa in
riserva - Esclusione. I centri di messa in riserva del materiale destinato
al recupero possono essere localizzati in siti diversi da quelli in cui sono
effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero di cui ai punti da R1 a R9
dell’allegato C del D.lgs. 22/97 - è anzi normale che le imprese che raccolgono,
stoccano e trattano il materiale destinato alle opere di recupero ambientale
dispongano di siti di messa in riserva integrati nel ciclo di recupero
ambientale che non coincidono con l’area di reimpiego finale del rifiuto. La
localizzazione o meno nello stesso sito di recupero, tuttavia, non è elemento
rilevante ai fini della classificazione dell’attività come “messa in riserva”,
quando essa presenta tutti gli elementi di cui alla definizione degli artt. 6 e
7 del D.M. 5.2.1977 ossia quando consista “nell’attività di stoccaggio a tempo
indeterminato di rifiuti non pericolosi destinati ad una delle operazioni di
recupero di cui ai punti da R1 a R12 “ (escluso quindi il deposito temporaneo,
prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti). Pres. ed Est. De Zotti
-Z. s.r.l. (avv.ti Tassetto e Zambelli) c. Provincia di Treviso (avv.ti Botteon,
Sartori e Tonon) -
T.A.R. VENETO, Sez.III - 30 ottobre 2008, n.3382
RIFIUTI - Stoccaggio a tempo indeterminato - Messa in riserva - Deposito
provvisorio. Una cosa è lo stoccaggio a tempo indeterminato (consentito fino
ad un anno) del materiale raccolto per la lavorazione in funzione del suo
impiego (futuro) nelle operazioni di recupero consentite alle ditte autorizzate
che, giusta la definizione dell’art. 6 del D.M. 5 febbraio 1997, si qualifica
come messa a riserva ed altra cosa il deposito (stoccaggio) provvisorio del
materiale già pronto per il reimpiego e collocato nel luogo stesso del suo
riutilizzo, che per la sua destinazione assolutamente temporanea nel cantiere
dove è in corso l’operazione di recupero non è tecnicamente “messo a riserva” e
quindi non è soggetto al pagamento delle garanzie fideiussorie previste per
l’attività R13. Pres. ed Est. De Zotti -Z. s.r.l. (avv.ti Tassetto e Zambelli)
c. Provincia di Treviso (avv.ti Botteon, Sartori e Tonon) -
T.A.R. VENETO, Sez.III - 30 ottobre 2008, n.3382
RIFIUTI - Art. 33 d.lgs.n. 22/97 - Operazioni di recupero - Svolgimento in
luoghi diversi dalla sede autorizzata - Dichiarazione di inizio attività -
Provincia - Controllo sulle varie fasi di gestione dei rifiuti. La
dichiarazione di inizio di attività deve essere presentata in tutti i casi in
cui le operazioni di recupero ambientale (ed in particolare quelle di categoria
R5 e R10 che consistono nel reimpiego dei rifiuti in opere da realizzarsi in
siti specifici) si svolgano in luoghi diversi dalla sede autorizzata ex art. 33
d.lgs. n. 22/97 e cioè quelle che non vengono svolte nello stabilimento in cui
l’azienda effettua solo operazioni di recupero (raccolta, lavorazione e messa in
riserva) che non comportano l’uscita dei materiali dallo stabilimento nè il loro
reimpiego in siti diversi, per operazioni che, ai sensi della previsione
generale dell’art. 33 co. 1 ^, sono soggette a previa comunicazione
all’amministrazione provinciale. L’art. 33 citato non esonera, infatti, alcuna
operazione di recupero ambientale, anche se ricadente nel regime semplificato,
dalla comunicazione preventiva all’amministrazione provinciale e dal decorso del
termine dilatorio di 90 giorni, previsto per consentire a quest’ultima la
verifica dell’ammissibilità dell’intervento ed il controllo della gestione di
tutte le specifiche operazioni di recupero ambientale. Non è sufficiente,
pertanto, che il soggetto abilitato al recupero comunichi solo l’inizio
dell’attività che intende svolgere ai fini dell’iscrizione nell’albo provinciale
(comma 3^) ma occorre, ai fini del controllo sulle varie fasi di gestione dei
rifiuti non pericolosi espressamente previsto dalla legge, una specifica
dichiarazione per ogni intervento di recupero ambientale da attuare in quello
che, ai fini dell’autorizzazione di cui all’art. 33 del d.lgs 22/1997, va
considerato, uno specifico “stabilimento”, corredata da tutte le indicazioni
necessarie per consentire la valutazione dell’ammissibilità dell’intervento ed
il controllo degli adempimenti normativi previsti per la gestione del materiale
(registro di carico e scarico, formulari, test di cessione etc.). Pres. ed Est.
De Zotti -Z. s.r.l. (avv.ti Tassetto e Zambelli) c. Provincia di Treviso (avv.ti
Botteon, Sartori e Tonon) -
T.A.R. VENETO, Sez.III - 30 ottobre 2008, n.3382
RIFIUTI - Progetti per il trattamento dei rifiuti - Autorizzazione - Conferenza di servizi - Art. 208 d.lgs. n. 152/2006 - Termine di conclusione dei lavori - Legge regione Puglia n. 30/86. In materia di autorizzazione dei progetti per il trattamento dei rifiuti, ai sensi dell’art. 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006, la conferenza di servizi deve concludere i propri lavori entro novanta giorni dalla sua convocazione. In particolare, dopo avere proceduto alla valutazione dei progetti, nonché alla acquisizione di tutti i pareri e, ove previsto dalla normativa vigente, della valutazione di compatibilità ambientale, essa trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla giunta regionale (nel caso di specie alla giunta provinciale per effetto della delega prevista dalla legge regionale Puglia n. 30 del 1986). Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza, e sulla base delle risultanze della stessa, la Giunta provinciale approva il progetto e autorizza la realizzazione dell'impianto. Pres. Ravalli, Est. Santini - S.U. (avv. Pasqualone) c. Provincia di Taranto (n.c.) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 23 ottobre 2008, n. 3063
RIFIUTI - AGRICOLTURA - Utilizzazione agronomica effluenti da allevamento -
C.d. fertirrigazione - Norma derogatoria - Ambito di applicazione - Lett. n)
art. 2 D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, in seguito corretto e
integrato prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4.
In tema di fertirrigazione, sono sottratti alla disciplina dei rifiuti gli
effluenti se impiegati nell’effettiva utilizzazione agronomica, in qualunque
modo questa avvenga: per scarico diretto degli effluenti liquidi tramite
condotta; per scarico indiretto attraverso deposito temporaneo in vasche
impermeabili e successivo trasporto nel terreno di applicazione tramite
autocisterna o altro mezzo; mediante spandimento sulla superficie del
terreno; mediante iniezione del terreno; attraverso interramento; attraverso
mescolatura con gli strati superficiali del terreno (per riprendere le
modalità di applicazione al terreno indicate nella lett. n) dell'art. 2
D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato
prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4). Inoltre,
l’utilizzazione agronomica contemplata nella norma derogatoria può
riguardare sia acque reflue liquide o semiliquide, comunque convogliabili
tramite condotta, sia materiali palabili e comunque non convogliabili, come
sono gli effluenti di allevamento costituiti da una miscela di lettiera e di
deiezioni animali. Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con
rinvio sentenza del 29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine, sezione
distaccata di Palmanova).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza
n. 38411
RIFIUTI - AGRICOLTURA - Utilizzazione agronomica c.d. fertirrigazione -
Norme regolamentari e tecniche - Copertura regolamentare - L. n. 319/1976 -
Artt. 38 e 62, c. 8, D.Lgs. 152/1999. Per effetto dell'art. 62, comma 8,
del D.Lgs. 152/1999, fino alla adozione delle specifiche normative
secondarie previste, restano in vigore le norme regolamentari e tecniche
emanate ai sensi della abrogata legge 10.5.1976 n. 319; e che, in
particolare, per effetto dell'art. 62, comma 10, dello stesso decreto
legislativo, "fino alla emanazione della disciplina regionale di cui
all'art. 38 D.Lgs. 152/1999, le attività di utilizzazione agronomica sono
effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in
vigore del presente decreto". Sicché, non è condivisibile la tesi che non
ritiene applicabile la deroga introdotta dall'art. 38, sul rilievo che non
sono stati emanati il decreto ministeriale di attuazione e le norme
regionali connesse (Cass. Sez. III, n. 42201 dell'8.11.2006, dep.
22.12.2006, P.M. in proc. Della Valentina, rv. 235412, nonché Cass. Sez. III,
n. 37405, del 24.6.2005, dep. 14.10.2005, Burigotto). In quanto, grazie al
combinato disposto di queste norme transitorie, quindi, resta assicurata la
"copertura regolamentare" dell'art. 38, anche in mancanza del decreto
ministeriale di attuazione e delle conseguenti norme tecniche regionali.
Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del
29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di
Palmanova).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza
n. 38411
RIFIUTI - AGRICOLTURA -
Effluenti di allevamento - Utilizzazione agronomica - Modalità di utilizzo -
C.d. della fertirrigazione. Per "utilizzazione agronomica", ai sensi
D.Lgs. 11.5.1999 n. 152, art. 2, lett. n bis), poi D.Lgs. 3.4.2006 n. 152,
in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal
D.Lgs. 16.1.2008 n. 4), si intende "la gestione di effluenti di allevamento,
di acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive ovvero di
acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende
agroalimentari, dalla loro produzione all'applicazione al terreno,
finalizzata all'utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti nei medesimi
contenute ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo". Mentre, per
"applicazione al terreno", ai sensi della lett. n) del medesimo art. 2, si
intende l'apporto di materiali al terreno mediante spandimento o
mescolamento con gli strati superficiali, iniezione nel terreno o
interramento. Inoltre, secondo la lett. s) del ripetuto art. 2, gli
"effluenti di allevamento" sono le deiezioni del bestiame o una miscela di
lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto
trasformato. Come tali, questi effluenti, se raccolti separatamente e
trattati fuori sito, rientrano tra i rifiuti disciplinati dal D.Lgs.
5.2.1997 n. 22, classificati come CER 02 10 06, il quale comprende "feci
animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti
separatamente e trattati fuori sito". Invero, la raccolta separata e il
trattamento fuori del sito di produzione indicano la volontà del produttore
o detentore di disfarsi delle sostanze, secondo la definizione di rifiuto
formulata nell'art. 6, lett. a) dello stesso decreto legislativo n. 22/1997.
Tuttavia, ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs. 11.5.1999 n. 152, gli effluenti
di allevamento sono sottratti alla disciplina dei rifiuti se utilizzati
nella pratica agricola c.d. della fertirrigazione. Questa norma, dispone che
l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento (come delle acque
di vegetazione e delle acque reflue agricole) è soggetta solo a
comunicazione all'autorità competente (comma 1); e assegna alle regioni il
compito di disciplinare le attività di utilizzazione agronomica sulla base
dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del
ministro delle politiche agricole e forestali (comma 2). Pres. De Maio, Est.
Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del 29.11.2007 del
Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di Palmanova).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza
n. 38411
RIFIUTI - AGRICOLTURA - Corretta portata della deroga ex art. 38 D.Lgs. 152/1999 (poi D.Lgs. n. 152/2006, in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. n. 284/2006 e poi dal D.Lgs. n. 4/2008) - Disciplina di cui al D.Lgs. n. 22/1997 ora D.Lgs. n. 152/2006 e sm.. La deroga prevista dall’art. 38 D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4, ha un proprio autonomo fondamento, nel senso che non dipende dalla deroga prevista dalla predetta lett. c) dell'art. 8 D.lgs. 22/1997, rispetto alla quale ha diversa e più ampia portata. Infatti, secondo la formulazione testuale delle disposizioni legislative, la deroga di cui all'art. 38 non è limitata ai rifiuti agricoli e tanto meno alle materie fecali e alle altre sostanze naturali non pericolose di cui all'art. 8, ma si estende anche alle miscele di lettiere e di deiezioni animali. Inoltre, non è corretta la conclusione, che, per escludere la sottrazione alla disciplina sui rifiuti di una utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, hanno utilizzato l'argomento - per se stesso esatto in relazione all'art. 8 - secondo cui "la esclusione delle materie fecali dalla disciplina di cui al D.Lgs. 5.2.1997 n. 22, prevista dall'art. 8 lett. c), opera a condizione che le stesse provengano da attività agricola e che siano riutilizzate nella stessa attività agricola". Infine, non appare sostenibile neppure una tesi restrittiva, secondo cui la deroga prevista dall'art. 38 andrebbe limitata soltanto alla fase finale della utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, cioè alla fase di applicazione sul terreno, mentre per le fasi precedenti del deposito in vasca impermeabilizzata e del trasporto a mezzo autobotte continuerebbe ad applicarsi la disciplina sui rifiuti, e in particolare quella che prescrive limiti qualitativi, quantitativi e temporali al deposito temporaneo, e che impone l'autorizzazione e l'obbligo dei formulari di identificazione dei rifiuti per il trasporto dei medesimi. Una simile tesi, infatti, e chiaramente incompatibile con l'ampia nozione di utilizzazione agronomica adottata dal legislatore (con la citata lett. n bis) dell'art. 2 D.Lgs. 152/1999 poi D.Lgs. 3.4.2006 n. 152 e s.m.), che comprende tutte le fasi della sua gestione, da quella della "produzione" a quella della "applicazione al terreno", incluse perciò le fasi intermedie del deposito e del trasporto. Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del 29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di Palmanova). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n. 38411
RIFIUTI - AGRICOLTURA - Effluenti di allevamento - C.d. fertirrigazione - Qualifica di rifiuto - Esclusione - Presupposti - Modalità di utilizzo - Giurisprudenza della Corte di Giustizia. Gli effluenti di allevamento possono sfuggire alla qualifica di rifiuti, se vengono utilizzati in modo certo, nello stesso processo produttivo e senza trasformazione preliminare, come fertilizzanti dei terreni nel contesto di una pratica legale di spargimento su terreni ben identificati, e se il loro stoccaggio è limitato alle esigenze delle operazioni di spargimento. Ha inoltre significativamente aggiunto che il fatto che tali effluenti non siano utilizzati sui terreni che appartengono allo stesso stabilimento agricolo che li ha prodotti, ma per il fabbisogno di altri operatori economici, e irrilevante al riguardo. (Corte di Giustizia sez. III, dell'8.9.2005 causa C-416/02 della Commissione contro Regno di Spagna; e nella causa C-12/03 sempre della Commissione contro il Regno di Spagna). Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del 29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di Palmanova). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n. 38411
RIFIUTI - AGRICOLTURA
-Utilizzazione agronomica - Diritto transitorio e nuova disciplina. In
tema di diritto transitorio, riguardante l’utilizzazione agronomica, la
nuova disciplina, D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, in seguito corretto e integrato
prima dal D.Lgs. 8.11.2006 n. 284 e poi dal D.Lgs. 16.1.2008 n. 4, si pone
in perfetta continuità normativa con la disciplina precedente. Pertanto, va
ribadito l’orientamento, secondo cui al fine di escludere l'applicabilità
della normativa sui rifiuti in caso di utilizzazione agronomica degli
effluenti di allevamento occorre che tale utilizzazione avvenga nel rispetto
delle condizioni indicate dal D.M. 7.4.2006 (Cass. Sez. III, n. 9104 del
15.1.2008, P.G. in proc. Manunta). Per cui, l’utilizzazione agronomica e
sempre soggetta alla previa comunicazione all'autorità competente, ferma
restando la competenza delle regioni per disciplinare i tempi e le modalità
della comunicazione, per emanare norme tecniche in ordine alle operazioni di
utilizzazione agronomica, nonché per definire i criteri e le procedure di
controllo, sulla base del prescritto decreto ministeriale di attuazione.
Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Michellut (annulla con rinvio sentenza del
29.11.2007 del Tribunale monocratico di Udine, sezione distaccata di
Palmanova).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza
n. 38411
RIFIUTI - Nozione di “rifiuto” e “disfarsi” - Res nullius - Esperimento della procedura prevista dagli artt. 927, 928 e 929 cod. civ. - Necessità - Esclusione. Sia la natura di "rifiuto" e sia il perfezionamento della ipotesi di "disfarsi" non sono subordinati all'espletamento della procedura prevista dagli artt. 927, 928 e 929 c.c., giacché questa riguarda la diversa ipotesi del ritrovamento di cose smarrite o l'ipotesi di cose già abbandonate dal proprietario (fattispecie in tema di veicoli abbandonati). (Conferma Corte d'appello di Lecce del 10.12.2007) Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Venuti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/10/2008 (Ud. 09/07/2008), Sentenza n. 38409
RIFIUTI - AGRICOLTURA - Attività agricola - Letame - Disciplina applicabile - Art. 185, comma 1. lett. c) D.Lgs. 152/2006 - Presupposti - Fattispecie. Ai sensi dell'art. 185, comma 1. lett. c) del D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, l'esclusione delle materie fecali dalla disciplina sui rifiuti, contenuta nella parte quarta dello stesso decreto legislativo, opera a condizione che dette materie provengano da attività agricola e che siano riutilizzate nella stessa attività agricola. La giurisprudenza è costante in tal senso sulla base della omologa norma oggi abrogata di cui all'art. 8, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 5.2.1997 n. 22 (v. Cass. Sez. III, n. 8890 del 10.2.2005, Gios; Cass. Sez. III, n. 37405 del 24.6.2005, Burigotto). Nella specie il letame depositato in un lagone, composto da materiale fecale palabile, rientra nella categoria riutilizzabile per la fertirrigazione, mentre il "liquame", cioè il materiale non palabile derivante da miscela di feci e urine animali, non poteva essere riutilizzato per la fertirrigazione. Pres. Altieri, Est. Onorato, Ric. Forti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3/10/2008 (Ud. 07/05/2008), Sentenza n. 37560
RIFIUTI - Discariche preesistenti all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 36/2003 - D.M. 3.8.2005 - Dir. 1999/31/CE - Disciplina applicabile - Piano di adeguamento - Prescrizioni - Inosservanza parte del gestore - Reato di cui all’art. 256, c.4°, D.Lgs. n. 152/2006 - Configurabilità. In fase di disciplina transitoria dettata dall’art. 17 del D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 (attuativo della cosiddetta Direttiva (discariche) del Consiglio 26.4.1999, 1999/31/CE), l’inosservanza da parte del gestore della preesistente discarica, in regime di proroga, delle prescrizioni contenute nel provvedimento di approvazione del piano di adeguamento approvato dall'autorità competente, integra il reato di cui all’art. 256, comma quarto, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non essendo esonerato né dall'obbligo di presentare entro sei mesi un piano di adeguamento alla nuova disciplina, né dall'obbligo di rispettare il piano di adeguamento con le relative prescrizioni. Presidente E. Altieri, Relatore P. Onorato, Ric. Boccini (annulla ordinanza, resa il 6.12.2007, con rinvio al Tribunale di Taranto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/10/2008 (Ud. 07/05/2008), Sentenza n. 37559
RIFIUTI - Discarica abusiva
- Nozione - Art. 256 d.lgs. n. 152/2006.
Secondo la legislazione vigente (art. 256 d.lgs. n. 152/2006; cfr. anche
l’abrogato art. 51, c. 3 d.lgs. n. 22/97, entrambi da leggere in correlazione
con il d.lgs. n. 36/2003) come univocamente interpretata dalla Suprema Corte
(cfr. Sezioni Unite n.12753 del 28 dicembre 1994; Sez. III n. 3968 del 12 aprile
1995; Sez. III, 8 novembre 1996, n. 9579; n. 6796 del 20 febbraio 2002), si ha
discarica abusiva tutte le volte in cui per effetto di una condotta ripetuta, i
rifiuti vengono scaricati in una determinata area trasformata di fatto in
deposito o ricettacolo di rifiuti con tendenziale carattere di definitività.
Giud. Branda - Imp. De Vuono -
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. II penale - 2 ottobre 2008, sentenza n.1061
RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Concetto. Nel concetto di smaltimento di
rifiuto devono essere comprese tutte le fasi della vita dello stesso, che
possono dividersi in: a) operazioni preliminari (conferimento, spazzamento,
cernita, raccolta e trasporto); b) operazioni di trattamento (trasformazione,
recupero, riciclo, innocuizzazione); c) operazioni di deposito (nel suolo o
sottosuolo) (Cass., Sezione III, n.1819 del 29/07/1999). Giud. Branda - Imp. De
Vuono -
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. II penale - 2 ottobre 2008, sentenza n.1061
RIFIUTI - Stoccaggio - Nozione. Lo stoccaggio consiste essenzialmente nel
deposito preliminare di rifiuti finalizzato al sollecito compimento di una delle
operazioni di smaltimento in senso stretto e deve essere comunque connotato
dalla assoluta separazione dei rifiuti dal suolo sottostante, in modo da evitare
ogni pericolo di inquinamento (cfr., rispettivamente, Cass. 9168 del 09/10/1997
e Cass. 13105 del 24/03/2003). Giud. Branda - Imp. De Vuono -
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. II penale - 2 ottobre 2008, sentenza n.1061
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Presupposti - Origine dei rifiuti. Per
aversi deposito temporaneo i rifiuti devono originare da una attivita' di
produzione svolta proprio in quel luogo (Cass. n. 13606 del 23/12/1998). Giud.
Branda - Imp. De Vuono -
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. II penale - 2 ottobre 2008, sentenza n.1061
RIFIUTI - Art. 257, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Causa di non punibilità - Ambito
di applicazione - Riferibilità al reato di cui all’art. 256 (realizzazione e
gestione di discarica non autorizzata) - Esclusione. La causa di non
punibilità di cui all’art. 257 co. 4 del d.lgs. n. 152/2007 si riferisce al
reato di cui al primo comma dello stesso articolo ed a quelli previsti da altre
leggi in cui l’evento di inquinamento concorre ad integrare la fattispecie; è
invece da escludere la riferibilità della predetta causa di non punibilità al
reato di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata previsto
dall’art. 256. Trattasi infatti di reato di pericolo (cfr. Cass. 39861 del
14/7/2004), la cui consumazione prescinde dall’accertamento sulla verificazione
in concreto dell’evento inquinante. Non è soltanto la lettera della norma ad
escludere l’applicabilità al reato previsto e punito dal’art. 256 della predetta
causa di non punibilità, ma anche la differente ratio legis sottesa alle due
disposizioni in confronto. Infatti, la ratio incriminatrice del reato di
gestione di discarica abusiva attiene al più vasto profilo della osservanza dei
sistemi di controllo, diretti ad assicurare alla Pubblica amministrazione, in
via preventiva, la verifica delle scelte di realizzazione e gestionali,
riguardanti anche l’individuazione dei siti e la correttezza delle linee-guida
da osservare in relazione ad un’attività che ha potenzialmente un notevole
impatto ambientale, non equiparabile perciò ad un singolo e circoscritto
episodio di inquinamento. Giud. Branda - Imp. De Vuono -
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. II penale - 2 ottobre 2008, sentenza n.1061
RIFIUTI - Impianti portuali di
raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico - Omessa
elaborazione ed applicazione dei piani di raccolta e gestione dei rifiuti
per tutti i porti - Inadempimento di uno Stato (Italia) - Direttiva
2000/59/CE. Non avendo provveduto ad elaborare ed adottare, per ciascun
porto italiano, piani di raccolta e gestione dei rifiuti, la Repubblica
italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli
artt. 5, n. 1, e 16, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 27 novembre 2000, 2000/59/CE, relativa agli impianti portuali di
raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 25/09/2008, causa
C-368/07
RIFIUTI - Piani di raccolta e gestione dei rifiuti - Obbligo di risultato - Quadro regolamentare idoneo - Requisiti di certezza del diritto. L'obbligo di elaborare piani di gestione dei rifiuti rappresenta un obbligo di risultato che non può essere adempiuto a mezzo di misure preparatorie o dirette all'elaborazione di piani ovvero alla predisposizione di un quadro regolamentare idoneo a realizzare tale obiettivo (v., in tal senso, sentenze 2/05/2002, causa C‑292/99, Commissione/Francia e 4/10/2007, causa C‑523/06, Commissione/Finlandia). Inoltre, è pacifico che i piani di raccolta e gestione dei rifiuti che gli Stati membri hanno l'obbligo di elaborare, conformemente all'art. 5 della direttiva, sono destinati ad assicurare un'efficace trasposizione della direttiva (sentenza 6/12/2007, causa C‑106/07, Commissione/Francia). Peraltro, l'elaborazione e l'applicazione dei piani di raccolta e gestione dei rifiuti non ancora definitivi non possono adempiere all'obbligo degli Stati membri di conformarsi all'art. 5, n. 1, della direttiva in maniera da soddisfare pienamente i requisiti di certezza del diritto (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 20). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 25/09/2008, causa C-368/07
RIFIUTI - ENERGIA - Centrale
termoelettrica - Incenerimento dei rifiuti - Pluralità di caldaie - Disciplina -
Dir. 2000/76/CE. Ai fini dell'applicazione della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull'incenerimento dei
rifiuti, qualora una centrale termoelettrica comprenda più caldaie, ogni caldaia
nonché le attrezzature ad essa connesse devono essere considerate quale impianto
distinto.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. IV, 11/09/2008, Proc. C‑251/07
RIFIUTI - Incenerimento dei rifiuti - Qualificazione di una centrale termoelettrica - Nozioni di "impianti di incenerimento" e di "impianti di coincenerimento" - Direttiva 2000/76/CE. Un impianto dev'essere qualificato «impianto di incenerimento» ovvero «impianto di coincenerimento», ai sensi dell'art. 3, punti 4 e 5, della direttiva 2000/76, in considerazione della sua funzione principale. Spetta alle autorità competenti individuare tale funzione sulla base di una valutazione degli elementi di fatto esistenti al momento dell'effettuazione della valutazione stessa. Nell'ambito di tale valutazione occorrerà tener conto, in particolare, del volume della produzione di energia o di prodotti materiali generati dall'impianto di cui trattasi rispetto al quantitativo di rifiuti inceneriti nell'impianto medesimo nonché della stabilità o continuità di tale produzione. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. IV, 11/09/2008, Proc. C‑251/07
RIFIUTI - Disciplina in materia di rifiuti - Rottami ferrosi - Eccezioni - D. Lgs. n. 152/2006 - Art. 14 D.L. 138/2002. In applicazione delle disposizioni del D. Lgs. 3.4.2006 n. 152, che, tra l'altro, ha abrogato l'art. 14 D.L. 138/2002 (art. 264, comma primo lett. l) anche i rottami ferrosi non si sottraggono alla qualificazione di rifiuto. Le eccezioni alla applicazione della disciplina in materia di rifiuti, derivante dalla classificazione di determinate sostanze quali materia prima secondaria, ai sensi degli art. 183, primo comma letto q), e 181, comma 13, o sottoprodotto, ai sensi dell'art. 183, comma primo letto n), del decreto legislativo, sono sempre subordinate alla condizione che il detentore non se ne sia disfatto. Pres. De Maio, Rel. Lombardi, Ric. Rolando. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/09/2008 (Ud. 25/06/2008) Sentenza n.35911
RIFIUTI - APPALTI - Gestione ed erogazione di servizi pubblici locali - Affidamento - Soggetti costituiti in forma diversa dalla società di capitali - Società in nome collettivo - Limitazioni - Esclusione - Sentenza Corte di Giustizia CE n. 357 del 18 dicembre 2008. A seguito della sentenza della Corte di giustizia CE n. 357 del 18 dicembre 2007 (in causa C-357/06), con la quale è stato stabilito che “l’art. 26 n. 1 e 2 della direttiva del Consiglio 92/50/CE osta a disposizioni nazionali, come quelle costituite dagli art. 113 comma 5 D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 198 comma 1 D.Lgs. n. 152 del 2006 (…), che impediscono ad operatori economici di presentare offerte, soltanto per il fatto che tali offerenti non abbiano la forma giuridica corrispondente ad una determinata categoria di persone giuridiche, ossia quella delle società di capitali”, si deve ritenere che l’art. 113 del T.u.e.l., secondo interpretazione conforme al diritto comunitario, non prescriva alcuna limitazione di ordine soggettivo in ordine alla gestione ed erogazione di servizi pubblici locali (nella specie, servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani). Il discrimine della forma societaria non opera nei riguardi della partecipante alla gara quando la stessa concerne la gestione del servizio, al cui affidamento può concorrere qualsivoglia soggetto, anche costituito in forma diversa dalla società di capitali (nella specie, società in nome collettivo). Pres. Santoro, Est. Lambretti - A. s.n.c. (avv.Flascassovitti) c. Comune di Campomarino (avv. Ruta) - (conferma, con diversa motivazione, TAR Molise, n. 966/2006) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 8 settembre 2008 (ud. 18 marzo 2008), sentenza n. 4242
RIFIUTI - Requisizione di cava successivamente adibita a discarica pubblica di rifiuti - Irreversibile trasformazione - Non restituibilità dell'area - Diritto del proprietario al risarcimento del danno. In materia di smaltimento di rifiuti, nel caso di requisizione di una cava e sua destinazione a discarica pubblica, l’area, oggetto di irreversibile trasformazione e conseguente acquisto a titolo originario dall'ente occupante per effetto dell'accessione invertita, non è restituibile al proprietario, il quale ha però diritto al risarcimento del danno conseguente alla perdita della proprietà. Presidente U. R. Panebianco, Relatore S. Del Core. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. I, 06/08/2008, Sentenza n. 21249
RIFIUTI - Abbandono e deposito incontrollato di rifiuti effettuato da terzi - Responsabilità proprietario dell’area per condotta meramente omissiva - Esclusione - Acquiescenza agevolatrice - Concorso nel reato del proprietario dell’area - Sussistenza. In tema di smaltimento di rifiuti non è sufficiente una condotta meramente omissiva da parte del proprietario del fondo ad integrare il concorso nel reato di abbandono o deposito di rifiuti effettuato da terzi, non essendo posto a suo carico alcun obbligo giuridico di intervenire per impedire la commissione dell'illecito, sempre che la consapevolezza del fatto non rivesta le caratteristiche proprie di una forma di acquiescenza, che abbia agevolato la commissione del reato da parte del terzo, configurandosi, perciò, quale concorso nella sua commissione. Pres. De Maio Est. Lombardi Ric. Marenco. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 29 luglio 2008 (Ud. 12/06/2008), Sentenza n. 31488
RIFIUTI - Nozione di “sottoprodotti” - Utilizzazione del materiale nel processo produttivo d’origine - Necessità - Esclusione - Processo di utilizzazione preventivamente individuato e definito - Necessità - Punto 2), art. 183, 1° c. lett. P), D. Lgs n. 152/06, come mod. dal D. Lgs n. 4/2008. Per l'attribuzione della qualifica di sottoprodotto occorre, secondo la definizione di cui al punto 2) dell'art. 183, primo comma lett. P), del D. Lgs n. 152/06, come modificato dal D. Lgs n. 4 del 2008, tra l'altro, che: "il loro impiego sia certo sin dalla fase di produzione integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito". Alla luce di tale definizione, pertanto, non è necessario che l'utilizzazione del materiale, da qualificarsi sottoprodotto, avvenga nello stesso processo produttivo da cui ha avuto origine, essendo, invece, sufficiente che il processo di utilizzazione, peraltro integrale, del sottoprodotto sia stato preventivamente individuato e definito. Pres. De Maio - Est. Lombardi - Ric. PM in proc. De Colle. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29 luglio 2008 (Ud. 12/06/2008), Sentenza n. 31462
RIFIUTI - Situazioni di emergenza - Ordinanze commissariali di necessità ed urgenza - Potestà legislativa regionale - Paralisi degli effetti dei provvedimenti commissariali - Illegittimità costituzionale - L. n. 225/1992 - Fattispecie: raddoppio del termovalizzatore di Gioia Tauro. Il legislatore regionale non può utilizzare la potestà legislativa per paralizzare - nel periodo di vigenza della situazione di emergenza ambientale - gli effetti di provvedimenti di necessità ed urgenza, non impugnati, emanati in attuazione di disposizioni di legge espressive di principi fondamentali. Le previsioni contemplate negli articoli 5 della legge n. 225 del 1992 e 107 del d.lgs. n. 112 del 1998 - le quali legittimano lo Stato ad adottare specifiche ordinanza di necessità ed urgenza per ovviare a situazioni di emergenza sono espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, che assume una valenza particolarmente pregnante quando sussistano ragioni di urgenza che giustifichino un intervento unitario da parte dello Stato. Detto intervento rinviene altresì, tenuto conto del campo d’intervento della legge regionale impugnata (l.r. Calabria n. 27/2007, con la quale la Regione ha disposto la sospensione temporanea dei lavori relativi al raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro, vanificando gli interventi posti in essere dal Commissario), un ulteriore titolo di legittimazione nella competenza legislativa in materia di tutela dell’ambiente, nel cui ambito si colloca il settore relativo alla gestione dei rifiuti (sentenze n. 284 del 2006; n. 161 e n. 62 del 2005; n. 312 e n. 96 del 2003). Pres. Bile, Red. Quaranta - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Calabria. CORTE COSTITUZIONALE - 16 luglio 2008, sentenza n. 277
RIFIUTI - URBANISTICA ED EDILIZIA - Impianto di riserva e messa in recupero - Effettiva destinazione urbanistica dell’area interessata - Parere della C.T.P.A. - Approvazione dell’impianto - Variante allo strumento urbanistico comunale - Erronea qualificazione dell’area - Conseguenze. L’effettiva destinazione urbanistica dell’area, destinata alla realizzazione (ovvero alla modificazione sostanziale) di un impianto per la messa in riserva e il recupero di rifiuti speciali non pericolosi, rientra tra gli elementi di cui la commissione tecnica, integrata quale conferenza di servizi con la partecipazione del Comune, deve tenere in considerazione nell’assumere il proprio parere. È bensì vero che l’approvazione dell’impianto - successiva al parere obbligatorio della C.T.P.A. - costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale (così l’art. 208, VI comma, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152): ma ciò, ovviamente, nella consapevolezza, da parte dell’Amministrazione, della necessità che tale variante debba essere introdotta. (Nella specie, l’autorizzazione era stata rilasciata sull’erroneo presupposto della qualificazione urbanistica D1 - zona produttiva di completamento - dell’area interessata, di fatto zona agricola E2). Pres. De Zotti, Est. Gabricci - Comune di Rivoli Veronese (avv.ti Coronin, Fantin e Zambelli) c. Provincia di Verona (avv.ti Gobbi e Curato). T.A.R. VENETO, Sez. III - 14/07/2008, n. 2002
RIFIUTI - Nozione di rifiuto - Coke da petrolio (pet - coke) commercializzato e
destinato alla combustione - Modifiche introdotte dal d. lgs. n. 4/2008 -
Esclusione dalla disciplina sui rifiuti - Condizioni. Il coke da petrolio (o
pet-coke), commercializzato e destinato alla combustione, può essere utilizzato
come combustibile solo alle condizioni previste dall'art. 293 digs. 3 aprile
2006 n. 152 (c.d. codice dell'ambiente) - che prescrive che negli impianti
disciplinati dal titolo I e dal titolo II della parte quinta (sulla tutela
dell'aria e la riduzione delle emissioni nell'atmosfera), inclusi gli impianti
termici civili di potenza termica inferiore al valore di soglia, possono essere
utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti
dall'Allegato X (sulla disciplina dei combustibili) alla parte quinta del
medesimo d.lgs. n. 152/2006, alle condizioni ivi fissate - e solo in tal caso
opera il disposto del precedente art. 185 che, nell'elencare le sostanze che non
rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del medesimo decreto,
contemplava (al primo comma, lett. i, prima della riformulazione della
disposizione ad opera del successivo decreto correttivo: art. 2, comma 22,
d.lgs. 16 gennaio 2008 n. 4) il coke da petrolio utilizzato come combustibile
per uso produttivo, sicché non trovava applicazione in particolare la disciplina
autorizzatoria della gestione dei rifiuti. Quest'ultima invece era - ed è
tuttora - pienamente operante ed applicabile ove il coke, commercializzato e
destinato alla combustione, risulti non soddisfare le condizioni di legge per
tale utilizzo, come nell'ipotesi in cui sia presente una quantità di zolfo
eccedente la soglia massima prevista dall'Allegato X cit., e richieda quindi un
trattamento per rientrare nei limiti della soglia di utilizzabilità". Presidente
G. De Maio - Relatore G. Amoroso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10/07/2008 (Ud. 09/05/2008), Sentenza n.
28229
RIFIUTI - Sottoprodotti - Coke da
petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo - Disciplina
applicabile e giurisprudenza - (c.d. filter-cake) - Rifiuto - Esclusione. In
tema di sottoprodotti, il pet-coke (o coke da petrolio), composto di carbone
solido con quantità variabili di impurità, costituisce una delle numerose
sostanze derivanti dal processo di raffinazione del petrolio (così Corte
giustizia Comunità europee, 15 gennaio 2004, n. 235/02). Parimenti il codice
dell'ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, recante "norme in materia
ambientale") - dopo aver posto, all'art. 183, primo comma, lett. a, la
definizione di rifiuto quale "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle
categorie riportate nell'Allegato A alla parte quarta del presente decreto
(recante l'elenco delle categorie di rifiuti) e di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi" - ha poi previsto (all'art. 185,
primo comma, lett. i) che non rientrano nel campo di applicazione della parte
quarta del d.lgs. n. 152/2006, tra l'altro, il coke da petrolio utilizzato come
combustibile per uso produttivo. Inoltre, è stato affermato (Cass, sez. III,
14/11/2003 - 3/2/2004, n. 3978) che la parte inorganica di petrolio grezzo che
si concentra a seguito della diminuzione della componente organica per la sua
trasformazione in combustibili pregiati (c.d. filter-cake), non ha natura di
rifiuto, atteso che dallo stesso si estraggono il vanadio ed il nichelio, e
rappresenta il prodotto di un razionale processo industriale. Presidente G. De
Maio - Relatore G. Amoroso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10/07/2008 (Ud. 09/05/2008), Sentenza n.
28229
RIFIUTI - Procedimento amministrativo - Effetti sostitutivi ed assorbenti rispetto ad altro procedimento afferente interessi differenti - Specifica previsione normativa - Autorizzazione ordinaria ex art. 27 d.lgs. n. 22/97 - Autorizzazione semplificata ex art. 33 - Valutazione della compatibilità dell’impianto con la normativa urbanistica - Differenza. Affinchè un determinato procedimento amministrativo afferente a peculiari e determinati interessi (svolgimento di attività di recupero rifiuti) possa produrre un effetto sostitutivo ed assorbente rispetto ad altri procedimenti amministrativi afferenti ad altri e diversi interessi (conformità dell’impianto alla normativa urbanistica e paesaggistica), è necessario che una norma di rango primario preveda esplicitamente ed inequivocabilmente tale effetto e contempli le forme organizzative idonee a concentrare in un unico modulo procedimentale la ponderazione di tutti gli interessi coinvolti. Per quanto riguarda la normativa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (vigente all’epoca della instaurazione della controversia, e poi abrogata dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), tale espressa previsione è ravvisabile nella procedura di autorizzazione “ordinaria” ex art. 27, nell’ambito della quale alla domanda di approvazione del progetto e di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto è allegata tutta la documentazione tecnica imposta dalla normativa vigente in materia di urbanistica, di tutela ambientale, di salute, di sicurezza sul lavoro ed igiene pubblica, ed il cui perfezionamento dà luogo ad un effetto sostitutivo ed assorbente di ogni altro visto, parere, autorizzazione e concessione di organi regionali, provinciali e comunali e costituisce - ove del caso - variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. Non altrettanto può dirsi, invece, per la procedura di autorizzazione “semplificata” ex art. 33, atteso che quest’ultima norma non contempla alcun effetto sostitutivo di visti, pareri, autorizzazioni e concessioni, onde il relativo titolo abilitativo autorizza il richiedente unicamente all’espletamento delle operazioni di recupero dei rifiuti, ferma restando la valutazione della compatibilità dell’insediamento produttivo con la normativa urbanistica. Pres. Sammarco, Est. Daniele - U.L. (avv. Mantero) c. Comune di Gabicce Mare (avv. Berti), riunito ad altri ricorsi - T.A.R. MARCHE, Sez. I - 10 luglio 2008, n. 733
RIFIUTI - Veicoli fuori uso - Impianti per il deposito e il trattamento - D.lgs. n. 209/03 - Divieto di localizzazione in territori sottoposti a vincolo paesaggistico - Preclusione assoluta - Inconfigurabilità - Autorizzazione. Il divieto di cui alla lett e) dell’allegato 1.1.1. al D.lgs. 209/03 (che preclude la localizzazione degli impianti per il deposito e trattamento dei veicoli fuori uso “nei territori sottoposti a vincolo paesaggistico …”) opera soltanto se non sia rilasciata “specifica autorizzazione” paesaggistica. In materia non si configura, pertanto, alcuna preclusione assoluta, atteso che il divieto costituisce l’esplicazione di un principio già esistente nella legislazione in materia di tutela paesaggistica. E’ poi naturale conseguenza di ciò che l‘autorizzazione segua e non preceda la localizzazione, in quanto il nulla - osta paesaggistico ha per oggetto, necessariamente, il progetto dell’impianto e non la scelta del sito che, investendo un ambito vincolato, rappresenta il presupposto che condiziona la realizzazione dell’insediamento all’esito di una positiva valutazione di compatibilità paesaggistica. Pres. Mariuzzo, Est. Stevanato - P.G. e altri (avv. Zancanella) c. Provincia Autonoma di Trento (avv.ti Mastragostino, Pedrazzoli e Falferi) - T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento - 9 luglio 2008, n. 164
RIFIUTI - Utilizzazione dei
rifiuti come combustibile per produrre energia - Operazione di recupero -
Allegato C alla parte quarta del d.lgs. n. 152/2006. L’Allegato C alla
parte quarta del D. lgs 152 del 2006, elenca espressamente tra le operazioni
di recupero dei rifiuti la loro utilizzazione come combustibile o come altro
mezzo per produrre energia (categoria R1). Pertanto l’utilizzazione del
rifiuto per produrre energia comporta la sottoposizione dell’impianto
realizzato alla normativa in materia di recupero dei rifiuti. Pres.
Mozzarelli, Est. Di Benedetto - D.D. e altri (avv.ti B. e G. Graziosi) c.
Provincia di Bologna (avv.ti Barone e Onorato), Comune di Medicina (avv.
Zorzella) e altri (n.c.) -
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 9 luglio 2008, n. 3296
RIFIUTI - Liquame zootecnico - Sottoprodotto - Art. 183 d.lgs. n. 152/2006.
Il liquame zootecnico (materia fecale) è elencato tra i rifiuti
nell’allegato D alla parte quarta del codice dell’ambiente, al punto 020106
- “feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti,
raccolti separatamente e trattati fuori sito” . I liquami, pertanto, ai
sensi del D. lgs 152 del 2006 non possono rientrare nella nozione di
sottoprodotto proprio perché indicati nella citata tabella dei rifiuti;
quando inoltre il loro utilizzo per produrre energia richiede la
trasformazione in biogas, e quindi una trasformazione tramite un successivo
processo produttivo, essi esulano dalla nozione generale di sottoprodotto di
cui all’articolo 183 dello stesso D. lgs, i cui requisiti devono ritenersi
cumulativi. Pres. Mozzarelli, Est. Di Benedetto - D.D. e altri (avv.ti B. e
G. Graziosi) c. Provincia di Bologna (avv.ti Barone e Onorato), Comune di
Medicina (avv. Zorzella) e altri (n.c.) -
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 9 luglio 2008, n. 3296
RIFIUTI - Liquame zootecnico - Art. 185 d.lgs. n. 152/2006 - Modifiche ex
d.lgs. n. 4/2008 - Liquami utilizzati per produrre biogas - Qualifica di
sottoprodotto - Condizioni. La sopravvenuta normativa di cui al D. lgs.
n. 4 del 2008, modificando l’articolo 185 del d.lgs. n. 152/2006, ha incluso
“potenzialmente” i liquami tra i sottoprodotti qualora utilizzati per
produrre biogas. Tuttavia, i liquami non sono inclusi automaticamente tra i
sottoprodotti, ma soltanto qualora siano soddisfatte le condizioni di cui
alla lettera p). Ciò richiede una specifica valutazione in ordine
all’impiego certo ed integrale dei liquami sin dalla fase di produzione e al
soddisfacimento dei requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a
garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissione ed impatti
ambientali qualitativamente diversi da quelli autorizzati per l’impianto
dove sono destinati ad essere utilizzati. Pres. Mozzarelli, Est. Di
Benedetto - D.D. e altri (avv.ti B. e G. Graziosi) c. Provincia di Bologna
(avv.ti Barone e Onorato), Comune di Medicina (avv. Zorzella) e altri (n.c.)
-
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 9 luglio 2008, n. 3296
RIFIUTI - Sottoprodotto - Liquami - Disposizioni comunitarie - Principio di
precauzione. Le disposizioni normative interne vanno interpretate
coerentemente con il diritto comunitario, prevalente sul piano della
gerarchia delle fonti, ed in particolare con l’interpretazione data dalle
sentenze della CEE che hanno efficacia vincolante erga omnes per i giudici
interni e per l’autorità amministrativa. Per quanto riguarda i liquami,
anche qualora ricorrano i presupposti per considerarli sottoprodotti (ma ciò
implica una puntuale valutazione tecnica sul rispetto dei presupposti di cui
alla lettera p dell’art. 185 del d.lgs. n. 152/2006, come modificato dal
d.lgs. n. 4/2008), occorre pertanto valutare l’ulteriore requisito, imposto
dal diritto comunitario, ossia “se per riutilizzo occorrono operazioni di
deposito che possono avere una certa durata, e quindi rappresentare un onere
per il detentore nonché essere potenzialmente fonte di quei danni per
l’ambiente che la direttiva mira specificamente a limitare, esso non può
essere considerato certo e nè prevedibile solo a più o meno lungo termine,
cosicchè la sostanza di cui trattasi deve essere considerata, in linea di
principio, come rifiuto (Corte di Giustizia CE, sez. III, 18 dicembre 2007,
causa C-263/05). Dette valutazioni andrebbero condotte nel rispetto del
principio precauzionale fondamentale in questa materia. Pres. Mozzarelli,
Est. Di Benedetto - D.D. e altri (avv.ti B. e G. Graziosi) c. Provincia di
Bologna (avv.ti Barone e Onorato), Comune di Medicina (avv. Zorzella) e
altri (n.c.) -
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 9 luglio 2008, n. 3296
RIFIUTI - Digestato residuo dalla trasformazione del biogas in energia -
Natura di rifiuto - Allegato D alla parte quarta del d.lgs. n. 152/2006 -
Post trattamento - Art. 183 d.lgs. n. 152/2006. Il digestato risultante
dalla trasformazione del biogas in energia costituisce rifiuto, ai sensi
dell’allegato D alla parte quarta del codice dell’ambiente (punto 19.06.06).
Esso non può essere considerato un sottoprodotto, ai sensi dell’art. 183 del
d.lgs. n. 152/2006, stante la necessità di un post trattamento. Pres.
Mozzarelli, Est. Di Benedetto - D.D. e altri (avv.ti B. e G. Graziosi) c.
Provincia di Bologna (avv.ti Barone e Onorato), Comune di Medicina (avv.
Zorzella) e altri (n.c.) -
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 9 luglio 2008, n. 3296
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Ordine di presentazione del progetto di bonifica - Destinatario - Proprietario del terreno. Il naturale destinatario dell’ordine di presentazione di un progetto di bonifica, non essendone revocabile in dubbio la natura ripristinatoria e non sanzionatoria, non può che essere il proprietario del terreno. Pres. De Zotti, Est. Perrelli - U.Z. (avv. Zambet) c. Comune di Nervesa della Battaglia (avv.ti Steccanella e Pinello) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 7 luglio 2008, n. 1951
RIFIUTI - Impianti di trattamento - Sospensione o revoca dell’autorizzazione - Motivazione - Sequenza procedimentale - Art. 210, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Diffida - Comunicazione di avvio del procedimento. Ai sensi dell’art. 210, c. 4, del d.lgs. n. 152/2006, nel testo antecedente alle modifiche ad esso apportate dal d.lgs. n. 4/2008, il provvedimento che dispone la sospensione o la revoca dell’attività di gestione di rifiuti non può prescindere dal motivare in ordine alle ragioni per le quali la diffida, che lo precede logicamente, non sia ritenuta sufficiente ad ottenere l’immediata rimozione delle irregolarità riscontrate e sia invece necessario disporre la sospensione o la revoca dell’autorizzazione. Nell’ambito della sequenza procedimentale indicata dal legislatore, inoltre, la sospensione dell’autorizzazione deve necessariamente essere preceduta dalla diffida, che ha lo scopo di rimettere l’interessato nelle condizioni di eliminare le violazioni riscontrate, evitando in tal modo l’adozione delle più gravi e maggiormente restrittive misure interdittive dell’attività e deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento volto a contestare i singoli episodi rilevati nel corso degli accertamenti, in relazione ai quali l’interessato deve essere messo nelle condizioni di fornire il proprio apporto procedimentale. La diffida peraltro può tener luogo anche della comunicazione di avvio del procedimento, ove contenga l’espressa indicazione di un termine entro il quale l’interessato può presentare memorie, ai fini del procedimento volto alla sospensione dell’autorizzazione. Tuttavia la comunicazione di avvio del procedimento deve essere rinnovata qualora, successivamente, vengano contestati nuovi e diversi episodi rispetto ai quali l’interessato non posto nelle condizioni di fornire il proprio apporto partecipativo presentando memorie e documenti prima dell’intervento del provvedimento di sospensione. Pres. De Zotti, Est. Mielli - E.E. (avv.ti Giuri, Rizzardi e Veronese) c. Provincia di Venezia (avv.ti Brusegan e De Benetti) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 7 luglio 2008, n. 1947
RIFIUTI - Impianti di trattamento - Sospensione o revoca dell’autorizzazione - Sequenza procedimentale - Art. 28, c. 4 d.lgs. n. 22/1997 - Preventiva diffida - Finalità - Indicazione del termine entro cui adeguarsi l’attività al contenuto dell’autorizzazione. Nell’art. 28, c. 4 del d.lgs. n. 22/1997 è condensato un rapporto di progressione logica necessaria tra il previo esperimento del potere di diffida e la conseguente ed eventuale irrogazione della sospensione e revoca dell’autorizzazione. Il provvedimento che dispone la sospensione o la revoca dell’attività pertanto, non può prescindere dal motivare in ordine alle ragioni per le quali la diffida non è ritenuta sufficiente ad ottenere l’immediata rimozione delle irregolarità riscontrate e sia invece necessario disporre la sospensione o la revoca dell’autorizzazione. Inoltre nell’ambito della sequenza procedimentale indicata dall’art. 28 del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, la diffida non risulta assolvere la mera funzione di una comunicazione di avvio del procedimento volto alla sospensione o alla revoca dell’autorizzazione, ma ha lo scopo di rimettere l’interessato nelle condizioni di eliminare le violazioni riscontrate evitando in tal modo l’adozione delle più gravi e maggiormente restrittive misure interdittive dell’attività, fermo restando che in ogni caso sono applicabili le sanzioni amministrative o penali previste dal Titolo V del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, per le infrazioni commesse. La sospensione dell’autorizzazione pertanto, salvo il caso in cui sia disposta per ovviare ad un’eventuale situazione di pericolo ambientale, non costituisce un esito automatico ed obbligatorio conseguente all’accertamento delle violazioni delle prescrizioni dell’autorizzazione, ma presuppone a sua volta la violazione delle prescrizioni contenute nella diffida, la quale a tal fine non può omettere di indicare un termine entro il quale la ditta interessata deve porre in essere tutte le misure volte ad adeguare l’attività al contenuto dell’autorizzazione con l’avvertimento che il mancato adeguamento può comportare la sospensione o la revoca dell’autorizzazione. Pres. De Zotti, Est. Mielli - E.E. (avv.ti Giuri, Rizzardi e Veronese) c. Provincia di Venezia (avv.ti Brusegan e De Benetti) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 7 luglio 2008, n. 1946
RIFIUTI - ACQUE - AGRICOLTURA - Allevamenti di bestiame - Acque reflue - Fertirrigazione - Disciplina applicabile - Utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento - Raccolta in vasca - Disciplina sui rifiuti - Autorizzazione - Necessità - Classificazione dello scarico - Ininfluenza. L'assimilazione delle acque reflue provenienti da imprese agricole o da allevamenti di bestiame a quelle domestiche si riferisce ai casi in cui vi sia uno scarico diretto tramite condotta. Solo in tale caso, ossia in mancanza di spandimento sul suolo degli effluenti derivanti dall'attività agricola o di allevamento del bestiame, era ed è applicabile la disciplina prevista per gli scarichi domestici, ricorrendo le altre condizioni previste dalla legge per l'assimilazione . La raccolta in vasca configura una vera e propria raccolta di rifiuti che doveva essere autorizzata. L'eventuale utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento riguarda la successiva fase del recupero zootecnico che è cosa diversa dallo scarico ed ha una propria disciplina distinta e separata da esso e prescinde da esso. L'eventuale utilizzazione agronomica dei reflui non esclude l'autorizzazione per lo stoccaggio nella vasca, in quanto la pratica della fertirrigazione prescinde dalle modalità di gestione delle acque reflue di un allevamento, sia che esse siano o no soggette alla normativa sui rifiuti o a quella sulle acque , ed in quest'ultimo caso indipendentemente dalla classificazione dello scarico come industriale o domestico. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Cornalba. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 4 luglio 2008 (Ud 20/05/2008), Sentenza n. 27071
RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n.
152/2006 - Deposito illecito di materiale proveniente da demolizione edile -
Responsabilità del proprietario per culpa in vigilando - Sussistenza. E’
correttamente attribuita a carico del proprietario del fondo, la
responsabilità, quanto meno sotto l’aspetto della culpa in vigilando,per il
deposito illecito di materiale di scarto proveniente dalla demolizione di un
muro di confine, effettuato da una ditta edile. E’ conseguentemente
legittima l’adozione nei suoi confronti del provvedimento ex art. 192 T.U.
n. 152/2006. Pres. Zuballi, Est. De Carlo - M.G. (avv. Alfani) c. Comune di
Montesilvano (avv. De Martiis) -
T.A.R. ABRUZZO, Pescara - 4 luglio 2008, n. 664
RIFIUTI - Detriti da lavorazione edile - Riempimento di un fosso di scolo
delle acque - Esclusione della qualità di rifiuto - Inconfigurabilità.
Il riempimento di un fosso di scolo delle acque in zona sottoposta a vincolo
idrogeologico non può certo essere ritenuta una forma di uso legittimo dei
detriti da lavorazione edile tale da impedire che gli stessi possano essere
considerati rifiuti. Pres. Zuballi, Est. De Carlo - M.G. (avv. Alfani) c.
Comune di Montesilvano (avv. De Martiis).
T.A.R. ABRUZZO, Pescara - 4 luglio 2008, n. 664
RIFIUTI - Fanghi - Registrazione quotidiana della quantità dei fanghi prodotti - Residuo di lavorazione non più soggetto ad alcun trattamento - Imposizione della registrazione in una fase intermedia del ciclo di trattamento - Irragionevolezza. La registrazione quotidiana della quantità di fanghi prodotta, a tenore delle disposizioni sui rifiuti, va ovviamente riferita al rifiuto vero e proprio, cioè al residuo di lavorazione inutilizzabile e non più soggetto ad alcun trattamento, che deve effettivamente essere eliminato. Sicchè non è ragionevole imporre l’obbligo di registrazione in una fase intermedia del ciclo di trattamento dei fanghi. Pres. Borea, Est. De Piero - Consorzio Depurazione Laguna s.p.a. (avv.ti De Pauli e Ponti) c. Provincia di Udine (avv. Perna) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 30 giugno 2008, n. 368
RIFIUTI - Olio accidentalmente
sversato - Inquinamento del terreno e delle acque sotterranee - Principio
«chi inquina paga» - Operazioni di recupero o smaltimento - Art. 1, lett. a)
Dir. n.75/442. In materia di gestione dei rifiuti, gli idrocarburi che
siano stati accidentalmente sversati e che siano all'origine di un
inquinamento del terreno e delle acque sotterranee non costituiscono un
prodotto riutilizzabile senza previa trasformazione. La direttiva 75/442
distingue la materiale realizzazione delle operazioni di recupero o
smaltimento - che essa pone a carico di ogni «detentore di rifiuti»,
indipendentemente da chi sia il produttore o il possessore degli stessi -
dall'assunzione dell'onere finanziario relativo alle suddette operazioni,
che la medesima direttiva accolla, in conformità del principio «chi inquina
paga», ai soggetti che sono all'origine dei rifiuti, a prescindere se
costoro siano detentori o precedenti detentori dei rifiuti o anche
fabbricanti del prodotto che ha generato i rifiuti (sentenza Van de Walle).
(Total)
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008,
Proc. C-188/07
RIFIUTI - INQUINAMENTO IDRICO -
Gestione dei rifiuti - Nozione di rifiuti - Principio “chi inquina paga” -
Detentore - Precedenti detentori - Produttore del prodotto causa dei rifiuti
- Idrocarburi e olio pesante - Olio pesante accidentalmente sversato in mare
a seguito di un naufragio - Convenzione sulla responsabilità civile per i
danni dovuti a inquinamento da idrocarburi - FIPOL - Direttiva 75/442/CEE.
Una sostanza come l’olio pesante venduto come combustibile, non
costituisce un rifiuto ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio
1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla decisione della
Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, nei limiti in cui è sfruttata o
commercializzata a condizioni economicamente vantaggiose e può essere
effettivamente utilizzata come combustibile senza necessitare di preliminari
operazioni di trasformazione. Tuttavia, idrocarburi accidentalmente sversati
in mare in seguito a un naufragio, che risultino miscelati ad acqua nonché a
sedimenti e che vadano alla deriva lungo le coste di uno Stato membro fino a
raggiungere queste ultime, costituiscono rifiuti ai sensi dell'art. 1, lett.
a), della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, nei
limiti in cui non possono più essere sfruttati o commercializzati senza
preliminari operazioni di trasformazione. Pertanto, ai fini
dell'applicazione dell'art. 15 della direttiva 75/442, come modificata dalla
decisione 96/350, allo sversamento accidentale di idrocarburi in mare
all'origine di un inquinamento delle coste di uno Stato membro: - il giudice
nazionale può considerare colui che ha venduto tali idrocarburi e noleggiato
la nave che li ha trasportati come produttore dei rifiuti in questione, ai
sensi dell'art. 1, lett. b), della direttiva 75/442, come modificata dalla
decisione 96/350, e, in questo modo, come «precedente detentore» ai fini
dell'applicazione dell'art. 15, secondo trattino, prima parte, di tale
direttiva se tale giudice, alla luce degli elementi la cui valutazione è di
sua esclusiva competenza, giunge alla conclusione che detto
venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che si verificasse
l'inquinamento determinato dal naufragio, in particolare se si è astenuto
dall'adottare provvedimenti diretti a prevenire un tale evento, come quelli
relativi alla scelta della nave; - qualora risulti che i costi connessi allo
smaltimento dei rifiuti prodotti da uno sversamento accidentale di
idrocarburi in mare non sono oggetto di accollo da parte del fondo in parola
o non possono esserlo a motivo dell'esaurimento del limite massimo di
risarcimento previsto per tale sinistro e che, in applicazione dei limiti
e/o delle esclusioni di responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno
Stato membro, compreso quello derivante da convenzioni internazionali,
impedisce che tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o dal
noleggiatore di quest'ultima, sebbene tali soggetti debbano essere
qualificati come «detentori» ai sensi dell'art. 1, lett. c), della direttiva
75/442, come modificata dalla decisione 96/350, un siffatto diritto
nazionale dovrà allora consentire, onde sia garantita una trasposizione
conforme dell'art. 15 di tale direttiva, che i costi in questione siano
sopportati dal produttore del prodotto che ha generato i rifiuti così
sversati. Sicché, conformemente al principio «chi inquina paga», tale
produttore può essere tenuto a farsi carico di tali costi solo se, mediante
la sua attività, ha contribuito al rischio che si verificasse l'inquinamento
prodotto dal naufragio della nave. (Total)
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008,
Proc. C-188/07
RIFIUTI - Qualifica di rifiuto - Elenchi - Valore indicativo - All. II, Dir. 75/442. Nonostante l'allegato II della direttiva 75/442 propone elenchi di sostanze e di oggetti qualificabili come rifiuti, tali elenchi, tuttavia, hanno soltanto un valore indicativo, posto che la qualifica di rifiuto discende anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine «disfarsi» (v. sentenza 7/09/2004, causa C‑1/03, Van de Walle). (Total) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
RIFIUTI - Prodotti e sottoprodotti - Utilizzo in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari - Nozione di rifiuto - Direttiva 75/442. Un bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo può costituire non un residuo, bensì un sottoprodotto, del quale l'impresa non ha intenzione di disfarsi, ma che essa intende sfruttare o commercializzare a condizioni per essa favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari (v. sentenza Palin Granit, nonché ordinanza 15/01/2004, causa C‑235/02, Saetti e Freudiani). Pertanto, non è assolutamente giustificato assoggettare alle disposizioni della direttiva 75/442 beni, materiali o materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa applicabile a tali prodotti. Tuttavia, tenuto conto dell'obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto al fine di limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere il ricorso a tale argomentazione relativa ai sottoprodotti alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e nell'ambito del processo di produzione. (Total) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
RIFIUTI - D.L. 23 maggio 2008,
n. 90 - Controversie attinenti la complessiva azione di gestione dei rifiuti
- Gestione commissariale - Competenza funzionale del Tar Lazio - Art. 3 d.l. n. 245/2005. L’art.
4, primo comma, del d.l. 23 maggio 2008, n. 90, facendo richiamo all’art. 3
del d.l. 30 novembre 2005, n. 254, estende la competenza esclusiva del
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, prima limitata alla
legittimità delle ordinanza adottate e dei conseguenti provvedimenti
commissariali, a tutte le controverse, anche in ordine alla fase cautelare,
comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti (nella
specie, il TAR era stato adito per la riconferma, ai sensi dell’art.4, comma
II D.L. n.90/2008, del provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. reso dal
Tribunale di Salerno). Pres. ed Est. Guadagno - Comune di Serre (avv.ti
Falce e Borriello) c. Commissario di Governo per l’Emergenza Rifiuti e altro
(Avv. Stato) -
T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. I - 19 giugno 2008, n. 1987
RIFIUTI - Fanghi destinati allo spargimento - Impianti di stoccaggio e condizionamento - L. R. Veneto n. 3/2000 - Poteri della Provincia - Adeguatezza del progetto sotto il profilo tecnico ambientale - Funzioni urbanistiche - Non competono alla Provincia. Dalla disciplina della presentazione dei progetti per la realizzazione di impianti di stoccaggio e condizionamento dei fanghi destinati allo spargimento e dell’istruttoria per la loro approvazione (artt. 22 e 23 l.r.Veneto n. 3/00) si desume che la Provincia ha il compito di valutare l’adeguatezza del progetto presentato sotto un profilo precipuamente tecnico-ambientale: non è invece questa, ma la conferenza (che non è certamente un organo collegiale della Provincia) a sostituirsi (art. 23, II comma) alle autorità altrimenti competenti, come il Comune, ad esprimersi su altri profili. Ne segue allora che, se la conferenza, sia pure indebitamente, non sia stata convocata, non per questo l’Amministrazione provinciale potrà ritenersi investita di funzioni che, per legge, non le appartengono, tra cui quelle in materia di piano regolatore. Pres. De Zotti, Est. Gabricci - M.P. (avv.ti Rizzardi, Varotto e Veronese) c. Provincia di Venezia (avv.ti Brusegan e De Benetti) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 18 giugno 2008, n. 1801
RIFIUTI - Abbandono di rifiuti (elemento soggettivo del reato) - Esclusione della responsabilità - Buona fede - Presupposti. In materia di abbandono di rifiuti, la presenza dei cartoni con l'indirizzo del produttore non è circostanza tale da escludere l'elemento psicologico del reato, tenuto conto che il reato contestato ha natura contravvenzionale. Per escludere la responsabilità nelle contravvenzioni è necessario che l'imputato provi di aver fatto quanto era possibile per osservare la legge e che quindi nessun rimprovero può essergli mosso neppure per negligenza o imprudenza. La buona fede acquista giuridica rilevanza solo se si risolva, a causa di un elemento estraneo all'agente, in uno stato soggettivo che sia tale da escludere anche la colpa. Sicché la buona fede può esentare da responsabilità penale soltanto se il soggetto abbia violato la legge per cause indipendenti dalla sua volontà: la violazione della norma deve apparire, cioè, determinata da errore inevitabile che si identifica con il caso fortuito o la forza maggiore. L'eventuale leggerezza nell'abbandono di quel materiale o il mancato controllo su coloro che effettuavano i trasporti per conto della ditta, evidentemente, non possono mandare esenti da responsabilità. Pres. Onorato Est. Amoresano Ric. Bidoggia ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 16 giugno 2008 (Ud. 15/04/2008), Sentenza n. 24331
RIFIUTI - Tettoia con copertura in amianto - Particelle d’amianto - Disciplina sui rifiuti - Nozione di rifiuti di amianto - Fattispecie: particelle di amianto staccate dalle lastre di copertura di un capannone - Art. 2, c. 1 lett. c) L. n. 257/1992 - D. Lgs n. 152/2006 - D. Lgs. n. 4/2008. La definizione di rifiuto deve essere improntata al criterio oggettivo della destinazione naturale all'abbandono, non rilevando l'eventuale riutilizzazione, sicché quando residuo abbia il suddetto carattere ogni successiva fase di smaltimento rientra nella disciplina sui rifiuti (cfr. Cass. sez. III, 11.5.2001 n. 19125). Pertanto, non possono farsi rientrare nella nozione di rifiuto le particelle di amianto staccate dalle lastre di copertura di un capannone per effetto del dilavamento dovuto alle acque piovane, trattandosi di un fenomeno estraneo alla volontà del detentore. Nella specie, è stato anche rilevato che la tettoia di copertura costituisce parte integrante del capannone industriale, sicché, fino al momento in cui le lastre di cemento amianto non vengono rimosse, sono prive di autonomia rispetto al fabbricato di cui fanno parte e, pertanto, non possono essere qualificate rifiuto. Tali rilievi, trovano rispondenza nella nozione di rifiuti di amianto, di cui all'art. 2, primo comma lett. c) della L. 27.3.1992 n. 257, ai sensi del cui disposto rientra in detta categoria "....qualsiasi sostanza o qualsiasi oggetto contenente amianto che abbia perso la sua destinazione d' uso e...". Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. P.M. in proc. Rapino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III, 4 Giugno 2008 (Cc. 23/04/2008), Sentenza n. 22245
RIFIUTI - Discariche - Localizzazione - Persona fisica - Legittimazione a
ricorrere - Presupposti - Vicinitas - Insufficienza - Prova del danno. La
legittimazione di una persona fisica ad impugnare atti di localizzazione di
discariche e di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti solidi urbani
non discende dalla mera vicinanza dell’abitazione ad una discarica, ma è
subordinata alla prova del danno che il ricorrente riceve nella sua sfera
giuridica o per il fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore
economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni
dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità di gestione
dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue
vicinanze (cfr. in argomento C.d.S., sez. VI, 18.07.1995, n. 754; C.d.S., sez.
V, 13.07.1998, n. 1088; C.d.S., sez. V, 31.01.2001, n. 358; C.d.S., sez. V,
16.4.2003, n. 1948 e più recentemente T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. I,
11.12.2006, n. 3216; T.A.R. Emilia Romagna - Bologna, sez. I, 26.11.2007, n.
3365; C.d.S., sez. VI, 13.09.2007, n. 5453). Pres. Calvo, Est. Fornataro -
Legambiente ONLUS e altri (avv. Dal Piaz) c. Provincia di Biella (avv. Scaparone).
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 26 maggio 2008, n. 1217
RIFIUTI - Impianti di smaltimento - Autorizzazioni - Competenza -Regione -
Artt. 196 e 210 d.lgs. n. 152/2006 - Prevenzione e riduzione integrata
dell’inquinamento - D.lgs. n. 59/2005 - Autorizzazione integrata ambientale -
Soggetto competente - Potere di individuazione in capo alla Regione - L.R.
Piemonte n. 44/2000 - Attribuzione del relativo potere alla Provincia -
Compatibilità con la normativa nazionale. Ai sensi degli artt. 196 e 210 del
d.lgs. n. 152/2006, è la regione, di regola, l’amministrazione competente ad
adottare le autorizzazioni necessarie per realizzare e gestire impianti di
smaltimento di rifiuti. Tuttavia (artt. 208, 210 e 213 d.lgs. n. 152/2006)
qualora l’impianto da realizzare rientri nel campo di applicazione della
disciplina, di derivazione comunitaria, in materia di prevenzione e riduzione
integrate dell’inquinamento, continua a trovare applicazione il D.L.vo 2005 n.
59, anche quando il procedimento amministrativo è finalizzato al rilascio di
un’autorizzazione unica.. In particolare , l’art. 2, comma 1 lett. i), del
d.lgs. n. 59/2005, la cui vigenza è fatta salva dai citati artt. 208, comma 2,
nonché 210, comma 2, e 213 del D.L.vo 2006 n. 152, rimette alla regione
l’individuazione dell’autorità competente ad adottare l’autorizzazione integrata
ambientale. Ne deriva la piena compatibilità con la normativa nazionale della L.
R. Piemonte n. 44/2000 - anteriore alla riforma costituzionale - , che
attribuisce alle Province la competenza a rilasciare le autorizzazioni in
materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti
comprendendo tale competenza, in base al citato art. 2, comma 1 lett. i), del
D.L.vo 2005 n. 59, anche il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.
Sicchè l’entrata in vigore del d.lgs. n. 152/2006, che ha mantenuto ferma la
disciplina del d.lgs. n. 59/2005, non ha determinato alcuna abrogazione della
legge regionale. Pres. Calvo, Est. Fornataro - Legambiente ONLUS e altri (avv.
Dal Piaz) c. Provincia di Biella (avv. Scaparone).
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 26 maggio 2008, n. 1217
RIFIUTI - Ampliamento di una discarica - Principio di autosufficienza nello
smaltimento dei rifiuti urbani - Artt. 182 e 201 d.lgs. n. 152/2006 - Effetti.
Il principio di autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non
pericolosi in ambiti territoriali ottimali, già posto dall’art. 5, v. 3 de.
d.lgs. n. 22/97, ribadito dall’art. 182, c. 3, nonché dal successivo art. 201,
del d.lgs. n. 152/2006, implica che la realizzazione o comunque l’ampliamento di
una discarica deve corrispondere alle esigenze dell’ambito territoriale ottimale
sul quale è collocata. Pertanto l’esercizio del potere discrezionale di
autorizzazione deve trovare concreta giustificazione nel conseguimento
dell’obiettivo dell’autosufficienza, con la conseguenza che il relativo
procedimento amministrativo deve fare emergere, sulla base di un’adeguata
istruttoria e di una completa ricostruzione della situazione fattuale, quali
siano le esigenze dell’ambito territoriale ottimale che giustificano la
realizzazione o l’ampliamento di una discarica, nel rispetto del principio di
autosufficienza (fattispecie riferita all’autorizzazione, sulla base di asserite
esigenze locali, all’ampliamento di una discarica utilizzata per il trattamento
di rifiuti provenienti da Province diverse). Pres. Calvo, Est. Fornataro -
Legambiente ONLUS e altri (avv. Dal Piaz) c. Provincia di Biella (avv. Scaparone).
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 26 maggio 2008, n. 1217
RIFIUTI - Impianti di smaltimento e recupero - Autorizzazione unica - Art.
208, c. 6, d. lgs. n. 152/2006 -Variante al P.R.G. L’art. 208, comma 6, del
D.L.vo 2006 n. 152 disciplina l’autorizzazione unica per i nuovi impianti di
smaltimento e di recupero dei rifiuti, prevedendo espressamente che
l’approvazione del progetto “sostituisce ad ogni effetto visti, pareri,
autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali,
costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la
dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.
Sicché, l’effetto di variante al P.R.G. deriva dalla stessa approvazione del
progetto. Pres. Calvo, Est. Fornataro - Legambiente ONLUS e altri (avv. Dal Piaz)
c. Provincia di Biella (avv. Scaparone).
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 26 maggio 2008, n. 1217
RIFIUTI - Autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di una discarica -
Garanzia trentennale - D.Lgs. n. 36/2003 - Autorizzazione subordinata al
rilascio di garanzia quinquennale - Illegittimità. Il D.L.vo 2003 n. 36
condiziona il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di
una discarica alla prestazione, da parte del richiedente, anche di una garanzia
per la gestione successiva alla chiusura dell’impianto, di durata almeno
trentennale. Poiché la materia della gestione dei rifiuti appartiene alla
legislazione esclusiva dello Stato, sicché in base all’art. 118 Cost. e al
principio di sussidiarietà verticale la distribuzione delle funzioni
amministrative in questa materia spetta allo Stato (cfr. in argomento Corte
Cost. sentenza 01.10.2003, n. 303) e il D.L.vo 2003 n. 36 non attribuisce alle
regioni il potere di ridurre, con proprie determinazioni, la durata delle
garanzie, deve ritenersi illegittimo il rilascio, da parte della Provincia, di
un’autorizzazione la cui efficacia sia subordinata alla prestazione di una
garanzia di durata quinquennale. Pres. Calvo, Est. Fornataro - Legambiente ONLUS
e altri (avv. Dal Piaz) c. Provincia di Biella (avv. Scaparone).
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 26/05/2008, n. 1217
RIFIUTI - Gestione
commissariale - Art. 5 L. n. 225/1992 - Potere di deroga alla legislazione
vigente - Onere motivazionale - Preventiva valutazione del nesso di
strumentalità tra l’esercizio del potere di deroga e l’attuazione degli
interventi - Deroga consentita con riferimento ad interi corpi legislativi -
Conseguenze - Fattispecie: Trasformazione degli ATO in Enti con personalità
giuridica. Una corretta interpretazione degli ambiti di legittima
esercitabilità del potere di deroga alla legislazione vigente, quale
riconosciuto al Commissario delegato dal Presidente del Consiglio dei
Ministri in sede di attuazione degli interventi emergenziali ex art. 5 della
legge 225/1992 impone la circostanziata individuazione ex ante delle
principali norme che, applicabili in via ordinaria, pregiudicherebbero
l'attuazione degli interventi stessi; con la conseguenza che l'onere di
motivazione, di cui il commissario deve farsi carico, deve obbligatoriamente
volgersi ad evidenziare, con valutazione preventiva, il nesso di
strumentalità necessaria tra l'esercizio del potere di deroga e l'attuazione
dei detti interventi (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 27 gennaio 1998
n. 96). Può quindi ragionevolmente sostenersi che: o le ordinanze
presidenziali, adottate ai sensi dell’art. 5 della legge 225/1992 recano una
puntuale indicazione delle norme suscettibili di deroga (con ciò consentendo
una immediata percezione delle esigenze sottese alla disposta derogabilità
di una particolare disposizione, in ragione del soddisfacimento del pubblico
interesse riveniente dal dichiarato stato emergenziale e dalla necessità di
attuare in conseguenti interventi); ovvero, laddove la derogabilità venga
consentita con riferimento ad interi corpi legislativi (quali, nella
fattispecie, la “legislazione ambientale”, genericamente richiamata nell’O.P.C.M.
del 1° giugno 2006), allora l’esigenza giustificativa in ordine alla
derogabilità di disposizioni normative di rango primario viene a transitare
sui provvedimenti attuativi, nei quali dovrà essere necessariamente
contenuta la motivata indicazione del nesso di strumentalità tra l'esercizio
della deroga e l'emergenza da soddisfare, così da giustificare il ricorso
alla deroga normativa.(Fattispecie relativa al decreto con il quale il
Commissario delegato per l’Emergenza rifiuti nella Regione Puglia, in
pretesa attuazione dell’art. 201del d.lgs. n. 152/2006 - ha trasformato le
Autorità di gestione in Enti con personalità giuridica, approvandone
contestualmente la convenzione istitutiva e lo statuto). Pres. De Lise, Est.
Martino - Comune di Cavallino (avv. Sticchi Damiani) c. Commissario Delegato
per l’Emergenza Ambientale in Puglia (Avv. Stato), Ministero dell’Interno e
altri (n.c.), Regione Puglia (avv. Volpe), Provincia di Lecce (avv.ti
Capoccia e Testi), A.N.C.I. (avv. Amati), Comune di Lecce (avv.ti De Salvo e
Ciulla), Comune di Lizzanello (avv.ti Marchello e Serafini) e altri (n.c.),
riunito ad altri ricorsi -
T.A.R. LAZIO, Sez. I - 19 maggio 2008, n. 4467
RIFIUTI - ATO - Trasformazione in Consorzi aventi personalità giuridica -
Coerenza con l’art. 201 del d.lgs. n. 152/2006 - Statuto - Trasferimento
coattivo immediato della proprietà degli impianti dal patrimonio comunale a
quello consortile - Subentro del Consorzio nella titolarità dei contratti di
affidamento della gestione in corso - Illegittimità - Artt. 198, c. 1, 202,
c. 4 e 204, cc 1 e 4 d.lgs. n. 152/2006. Mentre è coerente con l’art.
201, c. 2 del d.lgs. n. 152/2006 la trasformazione degli ATO in Consorzi
aventi personalità giuridica, è invece in contrasto con gli artt. 198, comma
1, 202, comma 4, e 204, commi 1 e 4, del Codice la previsione statutaria del
trasferimento coattivo immediato, all’atto cioè della creazione del nuovo
soggetto giuridico, della proprietà degli impianti di trattamento dei
rifiuti realizzati da Comuni dal patrimonio dell’ente locale a quello
consortile, nonché il subentro del Consorzio all’ente locale nella
titolarità dei contratti di affidamento della gestione in corso. Secondo il
Codice dell’Ambiente, alle Autorità d’ambito viene infatti trasferito
unicamente l’esercizio (e non la titolarità) delle attribuzioni degli enti
locali in materia di gestione integrata dei rifiuti (art. 198, comma 2, del
d.lgs. n. 152/2006). Pertanto, sebbene il conferimento della personalità
giuridica consenta loro di acquisire, in futuro, la titolarità di beni e
rapporti contrattuali (in primis, quelli relativi alla gestione dei servizi
che verranno dalle Autorità medesime affidati), nessuna ablazione di cespiti
patrimoniali o comunque di poste attive pertinenti al patrimonio degli enti
locali preesistenti, ovvero ancora di rapporti contrattuali, è configurabile
in assenza di una specifica disposizione normativa che tanto autorizzi.
Pres. De Lise, Est. Martino - Comune di Cavallino (avv. Sticchi Damiani) c.
Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia (Avv. Stato),
Ministero dell’Interno e altri (n.c.), Regione Puglia (avv. Volpe),
Provincia di Lecce (avv.ti Capoccia e Testi), A.N.C.I. (avv. Amati), Comune
di Lecce (avv.ti De Salvo e Ciulla), Comune di Lizzanello (avv.ti Marchello
e Serafini) e altri (n.c.), riunito ad altri ricorsi -
T.A.R. LAZIO, Sez. I - 19 maggio 2008, n. 4467
RIFIUTI - Criteri generali relativi all’organizzazione del servizio di
gestione integrata dei rifiuti - Vincolo per il legislatore regionale - Art.
201, c. 1 d.lgs. n. 152/2006. I criteri generali relativi
all’istituzione degli ATO e all’organizzazione del servizio di gestione
integrata dei rifiuti, di cui al d.lgs. n. 152/2006, rappresentano un
vincolo anche per il legislatore regionale, al quale è rimesso soltanto, per
quanto qui interessa, di disciplinare “le forme e i modi della cooperazione
tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che
gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali
è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze
delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il
controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti” (art. 201, comma
1, d.lgs. n. 152/2006). Pres. De Lise, Est. Martino - Comune di Cavallino
(avv. Sticchi Damiani) c. Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in
Puglia (Avv. Stato), Ministero dell’Interno e altri (n.c.), Regione Puglia
(avv. Volpe), Provincia di Lecce (avv.ti Capoccia e Testi), A.N.C.I. (avv.
Amati), Comune di Lecce (avv.ti De Salvo e Ciulla), Comune di Lizzanello
(avv.ti Marchello e Serafini) e altri (n.c.), riunito ad altri ricorsi -
T.A.R. LAZIO, Sez. I - 19 maggio 2008, n. 4467
RIFIUTI - Poteri regionali - Attuazione del disegno di riforma della
gestione integrata dei rifiuti - Codice dell’Ambiente - Atto di giunta -
Insufficienza. Il rilievo ordinamentale delle scelte organizzative
demandate alla Regione in ordine alla trasformazione degli ATO e
all’attuazione del disegno di riforma della gestione integrata dei rifiuti
disciplinato dal Codice dell’Ambiente (artt. 199-201) e la loro incidenza,
perlomeno con riferimento alla costituzione delle Autorità d’ambito, sulla
competenze degli Enti locali, porta ad escludere che alle stesse si possa
provvedere con mero atto della Giunta. Pres. De Lise, Est. Martino - Comune
di Cavallino (avv. Sticchi Damiani) c. Commissario Delegato per l’Emergenza
Ambientale in Puglia (Avv. Stato), Ministero dell’Interno e altri (n.c.),
Regione Puglia (avv. Volpe), Provincia di Lecce (avv.ti Capoccia e Testi),
A.N.C.I. (avv. Amati), Comune di Lecce (avv.ti De Salvo e Ciulla), Comune di
Lizzanello (avv.ti Marchello e Serafini) e altri (n.c.), riunito ad altri
ricorsi -
T.A.R. LAZIO, Sez. I - 19 maggio 2008, n. 4467
RIFIUTI - Smaltimento illecito di rifiuti - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Rapporti con il delitto di truffa - Concorso formale - Sussistenza - Art. 260 D.Lgs. n. 152/2006 - Art. 416 c.p.. In materia di smaltimento illecito di rifiuti, il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 53 bis del D.Lgs. n. 22 del 1997, oggi sostituito dall’art. 260 del D.Lgs. n. 152 del 2006) e il reato di truffa concorrono tra loro sia per la diversità delle condotte contemplate dalle distinte fattispecie sia per la diversità dei beni protetti, in particolare precisando che il primo ha ad oggetto la tutela dell’ambiente ed è configurabile a prescindere dalla messa in opera di artifici e raggiri al fine di percepire un ingiusto profitto con altrui danno. Presidente A. Grassi, Relatore M. Margherita. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, - 07/05/2008 (UD.11/03/2008) Sentenza n. 18351
RIFIUTI - Regione Campania - Cd. “emergenza rifiuti - Regime commissariale - Sottrazione ai sindaci del potere di ordinanza ex art. 50, c. 4 e 54, c. 2 del d.lgs. n. 267/2000 - Ragioni. Il regime commissariale di cui alla cd. “emergenza rifiuti” nella Regione Campania, ha determinato la sottrazione ai Sindaci dei poteri di ordinanza di cui agli articoli 50 comma 5 e 54, comma 2 del decreto legislativo n. 267/2000 e il loro affidamento ai prefetti “al fine di assicurare il perseguimento dell’obiettivo del superamento dell’emergenza ambientale … e piena effettività agli interventi ed alle iniziative del commissario delegato” (ordinanza del P.C.M. n. 3286 in data 9 maggio 2003) e, da ultimo, anche direttamente al Commissario delegato (cfr. ordinanza del P.C.M. n. 3345 del 30 marzo 2004), nell’ambito di un quadro di gestione dell’emergenza teso a superare la frammentarietà nelle varie attività di gestione dei rifiuti. Pertanto deve ritenersi che la normativa straordinaria che regola la situazione emergenziale non consenta iniziative isolate, non coordinate con il soggetto preposto alla gestione dell’emergenza nel suo insieme, ovvero con il commissario delegato cui sono attribuiti i poteri extra ordinem ed in capo al quale incombe la responsabilità di garantire la fuoriscita dall’emergenza, avuto unitario riguardo all’intero territorio commissariato. Pres. Guerriero, Est. Polidori - R. s.p.a. (avv. Cantore) c. Comune di Somma Vesuviana (avv. Di Palma) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 7 maggio 2008, n. 3518
RIFIUTI - Regione Puglia - L.r. n. 29/2007, art. 3, c. 1 - Divieto “relativo” di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi di provenienza extraregionale - d.lgs. n. 22/1997 - d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Non manifesta infondatezza - Rimessione alla Corte Costituzionale. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge della regione Puglia 31 ottobre 2007 n. 29 che limita lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti dal territorio extraregionale alle sole ipotesi in cui gli impianti di smaltimento “siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali”. La norma integra infatti un “divieto relativo” (Corte cost. 4 dicembre 2002 n. 505) che, sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost. 14 luglio 2000 n. 281; 19 ottobre 2001 n. 335; 4 dicembre 2002 n. 505; 21 aprile 2005 n. 161; 26 gennaio 2007 n. 12), contrasta con le previsioni: a) dell’art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, perché invade la competenza esclusiva attribuita dalla predetta norma allo Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale contenuti nel decreto legislativo n. 22 del 1997 (oggi trasfuso nel d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale); b) dell’art. 120, comma 1, della Costituzione in quanto limita in modo ingiustificato la libertà di circolazione delle cose tra le Regioni, in contrasto con il divieto, contenuto nella predetta norma, di qualunque misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni; c) dell’art. 41, comma 1, della Costituzione, in quanto incide, in modo ingiustificato, sia sulla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento (di fatto penalizzati dalla creazione ingiustificata di ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le Regioni), sia dei produttori di rifiuti (soggetti, in un settore in cui non è possibile o è assai difficile la programmazione della quantità di rifiuti da smaltire, ad un sistema di vincoli nella circolazione dei rifiuti che non solo non è sorretto da una corretta pianificazione ed è, quindi, fortemente passibile di inefficienze, ma, per di più, trasla, di fatto, sui singoli operatori del settore, l’onere di individuare e certificare il requisito della maggiore viciniorità che, al contrario, dovrebbe gravare, in sede di pianificazione, sull’autorità regionale). Pres. f.f. Durante, Est. Marzano - R. s.r.l. (avv.ti Di Natale e Mariani) c. Comune di Bari (avv.ti Dipierro e Minucci) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 24 aprile 2008, ordinanza n. 73
RIFIUTI - URBANISTICA ED EDILIZIA - Attività di discarica - Trasformazione permanente del suolo - Recupero ambientale - Rimodellamento del sito - Permesso di costruire - Necessità - Art. 3 dPR n. 380/2001. L’art. 3 del dPR n. 380/01, dettato in materia di interventi edilizi per cui è chiesto il permesso di costruire, indica al punto e.3 “la realizzazione di infrastrutture ed impianti anche per pubblici servizi che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato …” ed il punto e.7 “la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive ove comportino l’esecuzioni di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”. Non par dubbio che l’attività di discarica rechi di per sé una modifica dello stato dei luoghi e quindi necessiti di p.d.c.; anche quella di recupero ambientale, vale a dire spandimento di particolari rifiuti sul sito per il suo rimodellamento, comporta nella sua effettuazione trasformazione dello stato dei luoghi con conseguente necessita di p.d.c. Pres. Urbano, Est. Mangialardi - F. s.n.c. (avv.Palieri) c. Comune di Triggiano (avv. Gagliardi La Gala) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 22 aprile 2008, n. 1001
RIFIUTI - Attività di recupero
in regime semplificato - Divieto di prosecuzione dell’attività - Preventiva
diffida nella fase successiva all’avvio - Necessità - Art. 216, c. 4 d.lgs.
n. 152/2006. Il divieto di prosecuzione di attività di recupero
esercitata in regime semplificato deve essere preceduto da una diffida che
evidenzi le irregolarità riscontrate in sede di controllo e inviti
l’esercente a ripristinare le condizioni di esercizio in conformità alla
legge. Non può essere accolta la tesi secondo cui l’art. 216, c. 4 del
d.lgs. n. 152/2006 non rivesta una valenza generale, ma sia dettato
esclusivamente per il procedimento di avvio dell'attività di recupero,
atteso che il novum dell'articolo 216 è proprio quello di estendere la
portata del meccanismo di diffida, applicandolo anche in via preventiva alle
procedure semplificate, nelle quali il rapporto tra il momento dell'inizio
dell'attività e il momento del controllo si pone temporalmente in termini
diversi dal regime ordinario. Pres. Durante, Est. Adamo - N.F. (avv. Sechi)
c. Provincia di Bari (avv. Deramo) -
T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 21 aprile 2008, n. 951
RIFIUTI - Materiali litoidi provenienti da disalveo - Determinazione ministeriale che impone apoditticamente l’osservanza della normativa sui rifiuti - Contrasto con gli artt. 185 e 186 del d.lgs. n. 152/2006 - D.lgs. n. 4/2008. La determinazione ministeriale (nella specie, D.M. A.T.T. 3 luglio 2007) con il quale si stabilisce che "i materiali inerti da scavo e i materiali provenienti da operazioni di disalveo sono considerati rifiuti e pertanto devono essere gestiti ai sensi della vigente normativa sui rifiuti", è apodittica e contrasta con le prescrizioni di cui agli articoli 185 e 186 del d.lgs. 152/2006, anche nel testo risultante a seguito delle modifiche introdotte con il cd. secondo correttivo di cui al d.lgs. n. 4/2008. Tali disposizioni, infatti, fanno degli opportuni distinguo fra materiale inquinato e non, ai fini della loro qualificazione quali “rifiuti” e del loro conseguente utilizzo: se i materiali non sono contaminati ed hanno una destinazione ben definita, possono essere sottratti alla disciplina generale sui rifiuti. Pres. Turco, Est. Panunzio - Regione Autonoma Valle d’Aosta (avv. Gallo) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) - T.A.R. VALLE D’AOSTA - 16 aprile 2008, n. 33
RIFIUTI - Discariche di rifiuti - Normativa nazionale relativa alle discariche esistenti - Trasposizione non corretta - Inadempimento di uno Stato (Italia) - Direttiva 1999/31/CE - D.L.vo n.36/2003. Avendo adottato e mantenuto in vigore il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, così come modificato, che traspone nell’ordinamento nazionale le disposizioni della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, in quanto tale decreto legislativo non prevede l’applicazione degli artt. 2‑13 della direttiva 1999/31 alle discariche autorizzate dopo la data di scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva e prima di quella dell’entrata in vigore del detto decreto legislativo e in quanto esso non provvede alla trasposizione dell’art. 14, lett. d), i), della detta direttiva, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 2‑14 della direttiva 1999/31. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 10/04/2008, Causa C-442/06
RIFIUTI - Ordinanza di rimozione - Dolo o colpa - Necessità - Principio
della inesigibilità - Art. 50 c. 2° D.L.vo n. 22/1997, ora art. 255 c. 3° D.
L.gs. n. 152/2006.
Il principio della non esigibilità di una condotta diversa - sia che lo si
voglia ricollegare alla "ratio" della colpevolezza riferendolo ai
casi in cui l'agente operi in condizioni soggettive tali da non potersi da
lui "umanamente" pretendere un comportamento diverso, sia che lo si voglia
ricollegare alla "ratio" dell'antigiuridicita' riferendolo a
situazioni in cui non sembri coerente ravvisare un dovere giuridico
dell'agente di uniformare la condotta al precetto penale - non può trovare
collocazione e spazio al di fuori delle cause di giustificazione e delle
cause di esclusione della colpevolezza espressamente codificate, in quanto
le condizioni e i limiti di applicazione delle norme penali sono posti dalle
norme stesse senza che sia consentito al giudice di ricercare cause
ultralegali di esclusione della punibilità attraverso l' "analogia juris"
(Cass. n. 973/1993). Il reato di cui all'articolo 50 comma secondo decreto
legislativo n 22 del 1997, ora sostituito dall'articolo 255 comma terzo
decreto legislativo n 152 del 2006, può essere punito sia a titolo di dolo
che di colpa per negligenza, imprudenza, ecc.. La punibilità dell'agente è
esclusa solo dall'ignoranza incolpevole sull'esistenza dell'ordine ovvero
dall'errore incolpevole sul contenuto dell'ordine stesso e ciò anche a
seguito della nota sentenza della Corte Costituzionale n 364 del 1988. Se
invece l'errore è colposo residua una responsabilità dell'agente per colpa.
Pres. Grassi Est. Petti Ric. Clementi.
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 09/04/2008 (Ud. 11/03/2008), Sentenza
n.14747
RIFIUTI - Bonifica dell'area - Ordinanza di rimessione in pristino o di rimozione - Presupposti - Criterio generale della inesigibilità - Art. 14 D. L.vo n. 22/1997 oggi art. 192 c. 3° D. L.vo n. 152/2006 - Fattispecie. Ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 22 del 1997, ora sostituito dall'articolo 192 comma terzo decreto legislativo n. 152 del 2006, il proprietario o il possessore dell'area, era ed é tenuto a bonificare l'area solo se a suo carico sia configurabile quanto meno la colpa (Cfr. Consiglio di Stato sez. V 2/04/2001 n. 1904, Cass. sez. III, 2/07/1997, Gargani: Cass. 23/03/1998 Fiacco; Cass. 1°/07/2002, Ponzio). Pertanto, non può essere destinatario di un'ordinanza di rimessione in pristino o di rimozione ex articolo 14 citato, con sanzione penale in caso d'inosservanza, un soggetto se non viene individuato a suo carico quanto meno un profilo di colpa, per omessa recinzione del suolo, per omessa denuncia all'autorità, ecc, altrimenti si configurerebbe una responsabilità oggettiva. Nella specie, poiché la legittimità dell'ordinanza non è stata contestata e non è stata contestata neppure con la memoria difensiva, si deve presumere che sia stata accertata quanto meno la colpa del destinatario dell'ordinanza stessa, ovvero l'esistenza di una posizione di garanzia. Pres. Grassi Est. Petti Ric. Clementi. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 09/04/2008 (Ud. 11/03/2008), Sentenza n.14747
RIFIUTI - Impianti di compostaggio - Art. 1997 d.lgs. n. 152/2006 - Prescrizioni in ordine all’adozione di interventi di revisione e miglioria dell’impianto - Competenza - Provincia - Limiti del potere di ordinanza del sindaco. Ai sensi degli artt. 20 e 28 del d. lgs. 22/1997 e dell’art. 16 della L.R. 26/2003, nonché dell’art. 197 del d. lgs. 152/2006, il soggetto competente al controllo periodico su tutte le attività di gestione di un impianto per il trattamento dei rifiuti (nella specie, impianto di compostaggio) e, quindi, sia sul rispetto delle condizioni prescritte in sede di autorizzazione (sia dalla Provincia che dalla Regione), che sulla successiva conduzione dell’impianto, è la Provincia. A tale ente deve, quindi, ricondursi la competenza ad imporre eventuali interventi di revisione e miglioria degli impianti, aventi effetti permanenti e quindi per loro stessa natura in contrasto con la temporaneità e contingenza che caratterizzano, invece, quelli dettati dalla necessità di far fronte a quelle situazioni imprevedibili ed eccezionali che stanno alla base del potere di ordinanza del Sindaco quale soggetto preposto alla tutela della salute pubblica. Pres. Nicolosi, Est. Mara - E. s.r.l. (avv. Barilà) c. Comune di Terranova dei Passerini (avv. Romano) - T.A.R LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 aprile 2008, n. 792
RIFIUTI - Apparecchiature elettriche ed elettroniche - Direttiva 2002/95/CE - Restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose - Etere decabromodifenile (decaBDE) - Decisione della Commissione 2005/717/CE - Esenzione del decaBDE dal divieto di uso - Ricorso di annullamento - Competenze esecutive della Commissione - Violazione della disposizione di abilitazione - Misure sulla raccolta, trattamento, riciclo e smaltimento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). È annullato il punto 2 dell’allegato alla decisione della Commissione 13 ottobre 2005, 2005/717/CE, recante modifica, ai fini dell’adeguamento al progresso tecnico, dell’allegato della direttiva 2002/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Gli effetti del punto 2 dell’allegato alla decisione 2005/717 permangono sino a tutto il 30 giugno 2008. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 01/04/2008, Cause C‑14/06 e C‑295/06
RIFIUTI - D. lgs. n. 22/97 - Impianti mobili - Regime autorizzatorio
semplificato ex art. 28, c. 7 - Generali canoni di disciplina della gestione
di rifiuti ex art. 2 - Prescrizioni relative all’attività del gestore
dell’impianto - Legittimità. Gli impianti mobili di smaltimento o di
recupero beneficiano del regime autorizzatorio semplificato di cui all’art.
28, c. 7 del d.lgs. n. 22/97, in ragione del tenue e transitorio impatto con
l’ambiente, essendo essi “mobili” in senso funzionale, e cioè non solo
agevolmente amovibili ma anche connotati da un rapporto di precarietà,
quindi delimitato temporalmente, con l’area su cui vengono installati, in
corrispondenza delle c.d. «campagne di attività», che consistono
sostanzialmente in programmi di lavoro con cui l’impresa che gestisce
l’impianto comunica alla competente Amministrazione l’entità (in termini di
qualità e quantità della produzione) e la durata dell’utilizzazione del sito
da parte dei macchinari impiegati per l’attività di trattamento dei rifiuti.
Peraltro, l’autorizzazione all’uso dell’impianto mobile, costituendo una «species»
del «genus» dell’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di
smaltimento e di recupero dei rifiuti prevista dall’art. 28, comma 1, deve
tenere conto dei generali canoni di disciplina della gestione dei rifiuti
indicati dall’art. 2 del d.lgs. n. 22 del 1997 ed informarvi il proprio
contenuto, anche a mezzo di prescrizioni utili a fissare limiti e condizioni
all’attività di trattamento dei rifiuti oggetto del titolo abilitativo; il
che implica che l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto mobile non
riguarda solo le attrezzature tecniche in sé, ma si estende ad ogni aspetto
dell’attività di trattamento dei rifiuti suscettibile di incidere sui beni
rimessi alla cura dell’Amministrazione pubblica, quali regolati dalla
disciplina della materia. Pertanto, l’autorizzazione di cui all’art. 28,
comma 7, del d.lgs. n. 22 del 1997 ben può contenere prescrizioni che
regolino l’attività del gestore dell’impianto mobile, in coerenza con i
principi di cui al precedente art. 2 e nel rispetto della normativa tecnica
di settore. Pres. Papiano, Est. Caso - M.s.r.l. (avv.ti Capra, Cappellini,
Capra e Ferrari) c. Provincia di Piacenza (avv. Silva) e A.R.P.A. Emilia
Romagna (avv. Fantini). TT.A.R.
EMILIA ROMAGNA, Parma - 01/04/2008, n. 206
RIFIUTI - D. lgs. n. 22/97 - Impianti mobili - Autorizzazione ex art. 28, c. 7 - Stadi intermedi dell’attività di smaltimento o recupero - Necessità di separata autorizzazione - Esclusione. L’autorizzazione di cui all’art. 28, comma 7, del d.lgs. n. 22 del 1997 include l’intero ciclo di trattamento dei rifiuti di pertinenza dell’impianto mobile (escluse ovviamente, se ve ne sono, le autonome fasi di lavorazione anteriori o successive), sicché l’eventualità che gli stadi intermedi dell’attività si risolvano in operazioni soggette, in via ordinaria, ad un’autorizzazione ex art. 28, comma 1, non sdoppia l’iter in più separati procedimenti né dà luogo a distinti titoli abilitativi né ancora si determina per ciò solo la preclusione al rilascio dell’autorizzazione relativamente all’impianto mobile, per essere quello di cui al comma 7 assorbente dei titoli abilitativi di cui al comma 1, previa naturalmente l’adozione di tutte le prescrizioni allo scopo necessarie. Pres. Papiano, Est. Caso - M.s.r.l. (avv.ti Capra, Cappellini, Capra e Ferrari) c. Provincia di Piacenza (avv. Silva) e A.R.P.A. Emilia Romagna (avv. Fantini). T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma - 01/04/2008, n. 206
RIFIUTI - Ordinanza commissariale - Mero presupposto di legittimità dell’atto impugnato - Competenza funzionale del TAR Lazio ex art. 3, cc. 2 bis, 2 ter e 2 quater del d.l. 245/2005 - Operatività - Esclusione. La disciplina di cui all’’art. 3, commi 2 bis, 2 ter e 2 quater, del d.l. 245/2005 convertito in legge 27 gennaio 2006 n. 21, rappresenta una deroga al sistema ordinario di ripartizione degli affari di competenza dei Tribunali Amministrativi Regionale e dunque non è suscettibile di interpretazioni estensive o analogiche. Ne consegue che non è ravvisabile lo spostamento di competenza in favore del Tribunale romano, nell’ipotesi in cui siano impugnati atti (nella specie: ordine di sospensione dell’attività di recupero di rifiuti) di cui le ordinanze commissariali rappresentino un mero presupposto di legittimità. Pres. Donadono, Est. Buonauro - S. s.a.s.(avv. Sarro) c. Provincia di Napoli (avv. Scetta) e Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania (Avv. Stato). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 31/03/2008, n.1648
RIFIUTI - Gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani -
Determinazione della tariffa - Utente del servizio - Titolarità dell’interesse
al rispetto delle norme in materia di tariffa. Qualunque sia il soggetto al
quale è affidata la gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi
urbani, la determinazione della relativa tariffa e l’approvazione del piano
economico e finanziario che ne costituisce presupposto incidono sul patrimonio
dell'utente del servizio il quale, come titolare del diritto a disporre del suo
patrimonio, deve riconoscersi anche titolare di ogni interesse al puntuale
rispetto delle norme che disciplinano l'approvazione della tariffa (cfr.
Consiglio Stato, sez. V, 26 ottobre 2006 , n. 6400). Pres. Donadono, Est.
Buonauro - R.G. e altri (avv. Ambron) c. Comune di Procida (avv. Abbamonte) e S.
s.r.l. (avv. Parrella).
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 31 marzo 2008, n.1647
RIFIUTI - Art. 204 d.lgs. n. 152/2006 - Proroga delle gestioni in corso- Esclusione - Corretta interpretazione. Va escluso che l’art. 204 del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 preveda una proroga delle gestioni in corso fino alla istituzione ed organizzazione delle Autorità d’Ambito in materia di ciclo dei rifiuti (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, n. 7229/2007). Isolatamente considerata, la norma citata si presta a interpretazioni divergenti, a seconda che l’accento logico venga posto sull’uso del verbo continuare, o sulle preposizioni “fino alla”: nel primo caso, può apparire che la legge voglia estendere la durata delle gestioni anche al di là della loro scadenza naturale (“continuano a gestirlo”); nel secondo caso, può ritenersi che il legislatore abbia voluto al contrario porre un termine finale, oltre il quale le gestioni esistenti, ancorché affidate per una durata maggiore, debbano comunque cessare. Quest’ultima è l’interpretazione corretta, una volta calata la norma nel suo contesto. Essa non prolunga, a tempo potenzialmente indeterminato, la durata delle gestioni esistenti alla data del 29 aprile 2006, ma ne sancisce la cessazione, anche anticipata, al momento dell’istituzione e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d’Ambito. Pres. Donadono, Est. Corciuolo - I. s.p.a. (avv. Napolano) c. Comune di Pozzuoli (avv. Starace). T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 31 marzo 2008, n. 1641
RIFIUTI - APPALTI - Trasporto rifiuti prodotti da terzi - Iscrizione all’Albo per la movimentazione di merci su strada per conto terzi - Necessità - Esclusione - Sufficienza dell’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali - Art. 212 d.lgs. n. 152/2006 - Bando di gara - Aggravamento dei requisiti di partecipazione - Illegittimità. Il trasporto dei rifiuti, disciplinato da una normativa speciale di settore e per il quale è richiesta l’apposita iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, non necessita dell’ulteriore iscrizione all’Albo Nazionale presso il Ministero dei Trasporti per la movimentazione di merci su strada per conto terzi. In materia, la distinzione tra il trasporto in conto proprio e quello per conto terzi non rileva, giacché il comma 5 dell’art. 212, del d.lgs. n. 152/2006, attraverso l'espressa menzione di rifiuti “prodotti da terzi”, esclude chiaramente che il trasporto avvenga in conto proprio. Per conseguenza, un’ipotetica prescrizione, nel bando di gara, dell’aggiuntiva autorizzazione all'esercizio del trasporto per conto di terzi avrebbe arbitrariamente aggravato i requisiti di partecipazione in violazione sia della L. 7.8.1990, n. 241 sia dei principi comunitari che impongono di allargare la platea delle imprese partecipanti per garantire attraverso la concorrenza l’individuazione della migliore offerta al prezzo più conveniente per l’Amministrazione. Pres. Mariuzzo, Est. Tomaselli - A. (avv. Tita) c. Comprensorio n. 7 - Valle di Sole (avv. de Pretis). T.R.G.A. TRENTO - 28/03/2008, n. 81
RIFIUTI - Albo dei gestori ambientali - Domanda di iscrizione - Positiva verifica del possesso dei requisiti - Successiva iscrizione - Adempimento obbligatorio. Una volta constatato, nei confronti delle ditte che hanno presentato la domanda di iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, il possesso dei requisiti di moralità, di professionalità, di competenza tecnica e di capacità finanziaria richiesti per lo svolgimento delle attività la cui idoneità è subordinata a preventiva verifica, la successiva iscrizione al relativo albo professionale che attesta tale attitudine, costituisce un adempimento obbligatorio e quindi automatico che prescinde da ulteriori apprezzamenti discrezionali. Pres. Sammarco, Est. Manzi - S. s.r.l. e altri (avv. Lucchetti, Lucchetti e Paoletti) c. Consorzio Intercomunale Vallesina Misa (avv.Terzi). T.A.R. MARCHE, Sez. I - 26/03/2008, n. 222
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti -
C.d. "piazzole ecologiche" o "ecopiazzole" - Preventiva autorizzazione -
Necessità - Attività di raccolta differenziata - Art. 256, c. 1°, d. l.vo n.
152/2006. L'attività di gestione dei rifiuti operata dal Comune nelle
cosiddette "piazzole ecologiche" o "ecopiazzole", ove i rifiuti vengono
conferiti dai cittadini in modo differenziato, configura un deposito preliminare
in vista dello smaltimento o una messa in riserva in vista del recupero, con la
conseguente necessità della preventiva autorizzazione, la cui mancanza configura
il reato ora previsto dall'art. 256, comma primo, d. l.vo n. 152/2006. Detta
attività di raccolta differenziata non è qualificabile in termini di deposito
temporaneo, atteso che l'intero territorio comunale non può considerarsi "luogo
di produzione dei rifiuti" di tutti i cittadini, ma questo "si estende al
massimo sino a ricomprendere siti infrastrutturali collegati tra loro
all'interno di un'area delimitata", come indicato dall'art. 183 del citato
decreto. (Cass. Sez. III, 18/07/2005, n. 26379, PM/Zunino; 28/09/2005, n, 34665,
Rigetti; 12/12/2005, n. 45084, Marino; 26/01/ 2007, n. 10259, Zito). Pres.
Altieri, Est. Grillo, Ric. Castelli ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE Pen. Sez. III, 20/03/2008 (ud. 09/01/2008), Sentenza n.
12417
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Raccolta e smaltimento differenziato di
rifiuti urbani - Autorizzazione - Necessità. In materia di gestione dei
rifiuti, anche i Comuni quantunque investiti istituzionalmente dell'obbligo di
provvedere alla raccolta ed allo smaltimento di rifiuti urbani, devono operare
nella piena osservanza della normative in materia. Pres. Altieri, Est. Grillo,
Ric. Castelli ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE Pen. Sez. III, 20/03/2008 (ud. 09/01/2008), Sentenza n.
12417
PROCEDURE E VARIE - RIFIUTI - Area comunale adibita a centro raccolta rifiuti
ingombranti - Assenza di autorizzazione - Sequestro preventivo - Legittimità -
Fattispecie. In tema di sequestro preventivo - è incontroverso la verifica
delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del Tribunale e
della Corte, non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito,
dovendosi limitare alla verifica della compatibilità tra la fattispecie concreta
e quella legate ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria
dell'antigiuridicità penale del fatto (Cass. SS.UU., 7/11/1992, Midolini), ne
sono estensibili alle misure cautelari reali le condizioni generali per
l'applicabilità di quelle personali, indicate nell' art. 273 c.p.p., per cui è
preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di
colpevolezza, alla gravità di essi ed alla colpevolezza dell'indagato (Cass.
SS.UU., 23/04/1993, Gifuni). Nella specie è stata ritenuto legittimo il
sequestro di un’area comunale, delimitata da recinzione metallica con cancello,
adibita a centro raccolta rifiuti ingombranti e gestita senza le prescritte
autorizzazioni. Pres. Altieri, Est. Grillo, Ric. Castelli ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE Pen. Sez. III, 20/03/2008 (ud. 09/01/2008), Sentenza n.
12417
RIFIUTI - Competenza statale - Intervento regionale - Rispetto dei livelli
uniformi di tutela apprestati dallo Stato - Art. 19, c. 3, lett. b) L.P. Bolzano
n. 4/2006 - Rifiuti pericolosi - Esenzione dall’obbligo del formulario -
Illegittimità costituzionale - Contrasto con l’art. 193 d.lgs. n. 152/2006. Nel settore dei rifiuti, riconducibile alla più ampia materia della “tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema, accanto ad interessi inerenti in via primaria
alla tutela dell’ambiente, possono venire in rilievo interessi sottostanti ad
altre materie, per cui la «competenza statale non esclude la concomitante
possibilità per le Regioni di intervenire [...], così nell’esercizio delle loro
competenze in tema di tutela della salute», ovviamente nel rispetto dei livelli
uniformi di tutela apprestati dallo Stato (sentenza n. 62 del 2005; altresì,
sentenze n. 380 del 2007, n. 12 del 2007, n. 247 del 2006), che non possono in
alcun modo essere derogati o peggiorati (sentenza n. 378/2007). In applicazione
di tali principi, deve rilevarsi l’illegittimità costituzione dell’art. 19, c.
3, lettera b), della L.P. Bolzano 26 maggio 2006, n. 4, che, nella parte in cui
ha introdotto un’esenzione per i rifiuti pericolosi dall’obbligo del formulario
d’identificazione, contrasta con l’art. 193 del d.lgs. n. 152/2006, destinato in
ogni caso a prevalere. Il legislatore statale, invero, ha istituito un regime
più rigoroso di controlli sul trasporto dei rifiuti pericolosi, in ragione della
loro specificità (artt. 178, comma 1, e 184 del d. lgs. n. 152 del 2006) e in
attuazione degli obblighi assunti in àmbito comunitario, in base ai quali «per
quanto riguarda i rifiuti pericolosi i controlli concernenti la raccolta ed il
trasporto [...] riguardano l’origine e la destinazione dei rifiuti» (art. 5,
comma 2, della direttiva 91/689/CEE del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti
pericolosi), poiché «una corretta gestione dei rifiuti pericolosi richiede norme
supplementari e più severe che tengano conto della natura di questi rifiuti»
(quarto considerando della direttiva citata). Il formulario d’identificazione,
strumento indicato dall’art. 5, comma 3, della citata direttiva 91/689/CEE, in
mancanza del quale la legge statale, ove i rifiuti siano pericolosi, commina
sanzioni penali (art. 258, comma 4, del d. lgs. n. 152 del 2006), consente di
controllare costantemente il trasporto dei rifiuti, onde evitare che questi
siano avviati per destinazioni ignote. La relativa disciplina statale,
proponendosi come standard di tutela uniforme in materia ambientale, si impone
nell’intero territorio nazionale e non ammette deroghe. Pres. Bile, Red.Tesauro
- Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato) c. Provincia Autonoma di
Bolzano (avv. Ferrari) -
CORTE COSTITUZIONALE- 14 marzo 2008, n. 62
RIFIUTI - Art. 20, c. 2, L.P. Bolzano n. 4/2006 - Illegittimità costituzionale -
Esonero dall’iscrizione nell’Albo nazionale - Previsione di procedure
semplificate - Competenza statale. E’ costituzionalmente illegittimo l’art.
20, comma 2, della L.P. Bolzano 26 maggio 2006, n. 4. Nel disporre che «La
Giunta provinciale può, con riguardo all’obbligo e alle modalità d’iscrizione
nell’Albo nazionale, emanare ai sensi dell’articolo 32 norme in deroga, onde
consentire l’iscrizione con procedure semplificate per determinate attività
oppure l’esenzione dall’obbligo di iscrizione», esso ammette deroghe alla
disciplina contenuta nell’art. 212 del d.lgs. n. 152/2006, mentre l’adozione di
norme e condizioni per l’esonero dall’iscrizione ovvero per l’applicazione in
proposito di procedure semplificate attiene necessariamente alla competenza
statale, nell’osservanza della pertinente normativa comunitaria. Pres. Bile,
Red.Tesauro - Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato) c. Provincia
Autonoma di Bolzano (avv. Ferrari) -
CORTE COSTITUZIONALE- 14 marzo 2008, n. 62
RIFIUTI - Art. 24, cc. 1 e 2, L.P. Bolzano n. 4/2006 - Autorizzazione degli
impianti di smaltimento e recupero - Autorizzazione provvisoria alla messa in
esercizio - Illegittimità costituzionale -Art. 208 d.lgs. .n 152/2006 - Dir.
2006/12/CE. L’art. 24, commi 1 e 2, della L.P. Bolzano n. 4 del 2006
interviene in senso riduttivo sulla disciplina uniforme stabilita dal
legislatore statale nella materia ambientale, in ordine all’autorizzazione degli
impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, disciplina, cui «la legislazione
regionale deve attenersi, proprio in considerazione dei valori della salute e
dell’ambiente che si intendono tutelare in modo omogeneo sull’intero territorio
nazionale» (sentenza n. 173 del 1998; si vedano, altresì, le sentenze n. 194 del
1993, n. 307 del 1992). Le norme provinciali, invero, consentono la messa in
esercizio di un impianto di smaltimento o recupero di rifiuti prima che la sua
regolarità sia valutata, in contrasto con l’opposto principio espresso dall’art.
208 del d. lgs. n. 152 del 2006, il quale, pure nel testo modificato dall’art.
2, comma 29-ter, del d. lgs. n. 4 del 2008, disciplina l’autorizzazione unica
per i nuovi impianti senza prevedere alcuna forma di autorizzazione tacita,
neppure provvisoria, e ciò in ottemperanza alle prescrizioni delle pertinenti
direttive comunitarie, configurando queste ultime un sistema di autorizzazioni
previe (artt. da 9 a 11 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
2006/12/CE del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti e, prima, artt. da 9 a 11
della direttiva del Consiglio 75/442/CEE del 15 luglio 1975, relativa ai
rifiuti; art. 3 della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti
pericolosi; Corte di giustizia, sentenza 14 giugno 2001, in causa C-230/00,
Commissione c. Belgio). Pres. Bile, Red.Tesauro - Presidente del Consiglio dei
Ministri (Avv. Stato) c. Provincia Autonoma di Bolzano (avv. Ferrari) -
CORTE COSTITUZIONALE- 14 marzo 2008, n. 62
RIFIUTI - Terre e rocce da scavo - Art. 7, c. 1, L.P. Bolzano n. 4/2006 -
Sottrazione alla nozione di rifiuto di taluni residui - Illegittimità
costituzionale - Dir. 2006/12/CE - Sent. Corte di Giustizia CE 18 dicembre 2007.
Alla luce dei principi espressi dalla Corte di giustizia - da ultimo ribaditi
nella sentenza 18 dicembre 2007, in relazione all’esclusione delle terre e delle
rocce da scavo destinate all’effettivo riutilizzo per reinterri, riempimenti,
rilevati e macinati dall’ambito di applicazione della disciplina nazionale sui
rifiuti, ad opera dell’art. 10 della legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in
campo ambientale) e dell’art. 1, commi 17 e 19, della legge 21 dicembre 2001, n.
443, recante «Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti
produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività
produttive» (Corte di giustizia, sentenza 18 dicembre 2007, in causa C 194/05,
Commissione c. Repubblica italiana) - deve ritenersi che l’art. 7, c. 1, lettera
b) della L.P. Bolzano n. 4/2006 si ponga in contrasto con la direttiva
2006/12/CE. Ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera a), della direttiva
2006/12/CE, infatti, si intende per rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto che
rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi
o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi». Le «terre e rocce» di cui al
capitolo 17, sezione 17 05, del catalogo europeo dei rifiuti contenuto nella
decisione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 (Decisione della Commissione che
sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti
conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del
Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che
istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo
4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti), vanno
qualificate come «rifiuti», ai sensi della direttiva sopra citata, se il
detentore se ne disfa ovvero ha l’intenzione o l’obbligo di disfarsene. L’art.
7, comma 1, lettera b), della L.P. Bolzano n. 4/2006, sottraendo alla nozione di
rifiuto taluni residui (terre e le rocce da scavo ed i residui della lavorazione
della pietra non contaminati, destinati all’effettivo utilizzo per reinterri,
riempimenti, rilevati e macinati) che invece, in base a quanto esposto,
corrispondono alla definizione sancita dall’art. 1, lettera a), della direttiva
2006/12/CE, si pone in contrasto con la direttiva medesima, la quale funge da
norma interposta atta ad integrare il parametro per la valutazione di conformità
della normativa regionale all’ordinamento comunitario, in base all’art. 117,
primo comma, della Costituzione. Pres. Bile, Red.Tesauro - Presidente del
Consiglio dei Ministri (Avv. Stato) c. Provincia Autonoma di Bolzano (avv.
Ferrari) -
CORTE COSTITUZIONALE- 14 marzo 2008, n. 62
RIFIUTI - Piani di ricezione e di trattamento dei rifiuti delle navi ed i residui di carico - Inadempimento di Stato (Grecia) - direttiva 2000/59/CE. Omettendo di statuire, attuare ed approvare i piani di ricezione e di trattamento dei rifiuti di sfruttamento delle navi e dei residui di carico, la repubblica ellenica ha mancato agli obblighi che gli incombono ai sensi degli articoli 5, paragrafo 1, e 16, paragrafo 1, della direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2000, sugli impianti di ricezione portuali per i rifiuti di sfruttamento delle navi ed i residui di carico. (Testo Uff. En omettant d’établir, de mettre en œuvre et d’approuver les plans de réception et de traitement des déchets d’exploitation des navires et des résidus de cargaison, la République hellénique a manqué aux obligations qui lui incombent en vertu des articles 5, paragraphe 1, et 16, paragraphe 1, de la directive 2000/59/CE du Parlement européen et du Conseil, du 27 novembre 2000, sur les installations de réception portuaires pour les déchets d’exploitation des navires et les résidus de cargaison). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. III, 13/03/2008, C ‑ 81/07
RIFIUTI - Albo Nazionale delle Imprese di gestione rifiuti - Prestazione delle garanzie finanziarie - Termine decadenziale ex D.M. 23 aprile 1999 - Disciplina previgente. Il comma 3 dell’art. 2 del D.M. 8 ottobre 1996, secondo il quale “l’efficacia dell’iscrizione all’Albo decorre dalla data del provvedimento di accettazione della garanzia finanziaria”, è stato soppresso solo con il decreto 23 aprile 1999 (art. 1, punto 1); la norma doveva pertanto ritenersi ancora in vigore pur dopo l’emanazione del D.M. Ambiente 28.4.1998 n. 406, che diversamente dalla precedente disciplina, ha introdotto un termine decadenziale dalla iscrizione all’Albo, entro il quale deve essere prestata la garanzia finanziaria richiesta. (Fattispecie relativa alla trasmissione, oltre i termini di cui al D.M. 406/1998, ma prima della pubblicazione del D.M. 23 aprile 1999, di una polizza con decorrenza del 10 marzo 1999 - termine ultimo, ex art. 23, 3° comma, dei novanta giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del 1998). Pres. Varrone, Est. Romeo - P.G. (avv.ti Vantaggiato e Bonsegna) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) - (Annulla T.A.R. Puglia, Lecce, n. 5318/2001). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 11/03/2008 (Ud. 14/12/2007), sentenza n. 1016
RIFIUTI - Tariffe Tarsu - Determinazione - Giurisdizione - G.A. Le cause in
materia di determinazione delle tariffe TARSU competono al giudice
amministrativo (cfr., da ultimo, Cassazione, Sezioni Unite, 22 marzo 2006, n.
6265), conformemente alla natura autoritativa del potere all’uopo esercitato
dall’Amministrazione. Pres.f.f. Scano, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv. Segneri)
c. Comune di Quartu Sant’Elena (avv. Murgia) -
T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 11 marzo 2008, n. 411
RIFIUTI - Tariffa Tarsu - Determinazione - Natura della delibera - Atto generale
- Motivazione analitica - Necessità - Art. 69, c. 2 d.lgs. n. 507/93. Se è
vero che la deliberazione con cui sono state determinate le tariffe Tarsu ha
natura di atto generale, è altrettanto vero che sulla disciplina generale di cui
all’art. 11 della legge 241/1990 prevale, per il suo carattere di specialità e
maggiore garanzia procedimentale, la norma di cui all’art. 69, comma 2, del
decreto legislativo 507/1993, secondo cui l’Amministrazione, quando ridetermina
le tariffe, deve dar conto delle “ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe,
i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi di servizio discriminati in
base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che
hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo”:
tale disposizione comporta l’obbligo per l’Amministrazione di motivare
analiticamente le scelte espresse nelle relative deliberazioni. Pres.f.f. Scano,
Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv. Segneri) c. Comune di Quartu Sant’Elena (avv.
Murgia) -
T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 11 marzo 2008, n. 411
RIFIUTI - Determinazione della tariffa Tarsu - Rilevanti differenze tra locali
ad uso abitativo e locali ad uso alberghiero - Illogicità. In mancanza di
specifica motivazione sul punto, deve ritenersi illegittima, in quanto illogica,
la determinazione della tariffa Tarsu in cui siano previste rilevanti differenze
tra locali ad uso abitativo e locali ad uso alberghiero. Tali differenze
finiscono per sganciare le due tipologie di tariffa dalla capacità di produzione
di rifiuti, per ricollegarle, invece, ad altri criteri non contemplati dalla
legislazione vigente. Pres.f.f. Scano, Est. Plaisant - S. s.p.a. (avv. Segneri)
c. Comune di Quartu Sant’Elena (avv. Murgia) -
T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 11 marzo 2008, n. 411
RIFIUTI - Erba di sfalcio proveniente da sito contaminato - Assenza di
accertamenti sulla pericolosità - Ordinanza di smaltimento in discarica -
Illegittimità. In assenza di specifico accertamento che qualifichi come
pericolosa l’erba di sfalcio proveniente da sito inquinato, è illegittima,
perché priva di fondamento, l’ordinanza che ne imponga la rimozione urgente, con
smaltimento nelle modalità prescritte dal d.lgs. n. 22/97. Il prodotto vegetale
può infatti essere diversamente utilizzato e non deve necessariamente essere
smaltito in discarica. Pres. Tosti, Est. Flaim - Fallimento F. s.p.a. (avv.
Lauro) c. Comune di Elmas e Sindaco del Comune di Elmas (avv. Doglio) -
T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 11 marzo 2008, n. 396
RIFIUTI - Ditta di trasporto rifiuti - Ordinanza ex art. 207 d.lgs. n. 267/2000
- Divieto di parcheggiare i mezzi in aree prive di pavimentazione - Legittimità
- Art. 178 d.lgs. n. 152/2006, cc. 2 e 3. E’ legittima l’ordinanza, emessa
dal dirigente del Comune nell’esercizio ordinario del potere di vigilanza ex
art. 207 del d.lgs. n. 267/2000, con la quale è fatto divieto ad una ditta di
trasporto rifiuti di parcheggiare gli automezzi in aree prive di pavimentazione,
al fine di prevenire le infiltrazioni nel terreno del percolato, misto alle
acque meteoriche, che potrebbe precipitare senza alcun controllo dagli automezzi
carichi di rifiuti. Tale interesse è infatti tutelato, fra l’altro, dall’art.
178 D.lgs. n. 152/2006, cc. 2 e 3. Pres. ed Est. Onorato - S.A. (avv. Rea) c.
Comune di Marigliano (avv. Tramontano) e ASL Napoli n. 4 (avv.ti Peluso e De
Biase) -
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 4 marzo 2008, n. 1073
RIFIUTI - Attività di recupero di rifiuti non pericolosi - Istanza per il rinnovo della iscrizione nel registro provinciale delle imprese - Legittimi titolari del potere di rappresentanza - Soggetti privi del potere - Atti di esclusione dei concorrenti - Sentenza di riabilitazione civile - Ininfluenza. Non possono ritenersi validamente costituiti in giudizio ed essere considerati legittimi titolari del potere di rappresentanza di una società, l’amministratore unico di una società dichiarata fallita e il procuratore generale nominato con procura generale conferita da un soggetto privo del relativo potere. Per cui, è irrilevante la sentenza di riabilitazione civile, atteso che tale pronuncia non può sanare la nullità delle precedenti deliberazioni relative alla sua nomina ad amministratore unico della società. Pres. Santoro - Est. Marchitiello - Tersan Puglia & Sud Italia S.p.A. (Avv. Paccione) c. Provincia di Bari (avv. Lorusso) (dichiara inammissibile l’appello - T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, sezione III, il 28 gennaio 2004, n. 238). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 04/03/2008 (Ud. 26/10/2007), Sentenza n. 887
RIFIUTI - Abbandono -
Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Proprietario dell’area interessata - Passiva
tolleranza dell’altrui abbandono - Responsabilità - Esclusione. L’art. 192
del D.L.gs. n. 152/06, in caso di abbandono e deposito di rifiuti, attribuisce
l’obbligo del recupero smaltimento e ripristino dello stato dei luoghi
all’autore dell’abuso, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti
reali o personali di godimento dell’area ai quali tale violazione sia imputabile
al titolo di dolo o di colpa. La norma non permette un’interpretazione estensiva
volta a rinvenire il dolo o la colpa nella mera conoscenza di un fatto cui altri
siano responsabili, sicchè non può farsi derivare alcun nesso eziologico dal
fatto che i proprietari dell’area interessata abbiano conosciuto e passivamente
tollerato, nel tempo, il protrarsi dell’abbandono dei rifiuti. Pres. Santoro,
Est. Metro - R.V. e altro (avv.ti Longo e Scoca) c. Comune di Porcia (avv.
Giampietro) e altri (n.c.) - (Annulla TAR Friuli Venezia Giulia n. 261/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 4 marzo 2008 (Ud. 26/10/2007), sentenza n. 807
RIFIUTI - Tariffa di igiene ambientale - Riscossione del tributo - Natura tributaria - Controversie - Giurisdizione - Giudice Tributario - Art. 19, D. L.vo n. 504/1992 - Art. 3 bis, L. n. 248/2005 - Art. 12, L. n. 448/2001. In tema di riscossione del tributo inerente alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ai sensi dell’art.19 del Decreto Legislativo del 20 dicembre 1992, n. 504, le controversie relative all’esercizio della tutela, protezione ed igiene ambientale dovuto alle Provincie sono devolute alla giurisdizione del giudice tributario. Giud. Scarpa - Provincia di Salerno c. Comune di Montecorice. TRIBUNALE DI SALERNO, Decreto del 3/03/2008
RIFIUTI - Abbandono - Tributo per il deposito in discarica dei R.S.U. - Imputazione a carico del proprietario dell’area - Legittimità - Art. 4, c. 4 L.R. Basilicata n. 5/2005. E’ legittima l’imputazione, a carico del proprietario dell’area interessata da abbandono di rifiuti, del pagamento del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi urbani di cui all’art. 4, comma 4, L.R. Basilicata n. 5/2005, in quanto il comma 5 di tale norma statuisce che il proprietario dei terreni, sui quali sono stati abbandonati i rifiuti, è tenuto in solido al pagamentodel predetto tributo, se non dimostra di aver denunciato alle Autorità Amministrative competenti, tale abbandono di rifiuti, “prima della constatazione delle violazioni di legge”. Pres. Camozzi, Est. Mastrantuono - Agenzia del Demanio, Filiale Basilicata (Avv. Stato) c. Comune di Lagonegro (n.c.) - T.A.R. BASILICATA, Sez. I - 1 marzo 2008, n. 44
RIFIUTI - INQUINAMENTO - ACQUE - Disastro ambientale - Nozione - Art. 434 c.p. - Fattispecie: accumulo sul territorio e sversamento nelle acque di ingenti quantitativi di rifiuti speciali altamente pericolosi. Per configurare il reato di “disastro” è sufficiente che il nocumento metta in pericolo, anche solo potenzialmente, un numero indeterminato di persone. Infatti, il requisito che connota la nozione di "disastro" ambientale, delitto previsto dall'art.434 c.p., è la "potenza espansiva del nocumento" anche se non irreversibile, e l'"attitudine a mettere in pericolo la pubblica incolumità". Nella specie, i Giudici hanno evidenziato una imponente contaminazione di siti realizzata dagli indagati mediante l'accumulo sul territorio e lo sversamento nelle acque di ingenti quantitativi di rifiuti speciali altamente pericolosi. Tali condotte hanno insita una elevata portata distruttiva dello ambiente con conseguenze gravi, complesse ed estese ed hanno una alta potenzialità lesiva tanto da provocare un effettivo pericolo per la incolumità fisica di un numero indeterminato di persone idonee a confermare gli arrestati domiciliari a un imprenditore per lo smaltimento illecito di rifiuti speciali pericolosi. Pres. Onorato, Est. Squassoni, Ric. Agizza, (conferma Ordinanza del 03/08/2007 Trib. Libertà di Napoli). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 29/02/2008 (Ud. 16/01/2008), Sentenza n. 9418
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Disastro ambientale - Nozione - Art. 434 c.p.. Il termine “disastro” (nella specie ambientale) implica che esso sia cagione di un evento di danno o di pericolo per la pubblica incolumità "straordinariamente grave e complesso", ma non "eccezionalmente immane" (Cassazione Sez. V, n° 40330/2006). Pertanto, "è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente, un numero indeterminato di persone" (Cassazione Sezione 5 sentenza 11486/1989). Pres. Onorato, Est. Squassoni, Ric. Agizza, (conferma Ordinanza del 03/08/2007 Trib. Libertà di Napoli). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 29/02/2008 (Ud. 16/01/2008), Sentenza n. 9418
RIFIUTI - Gestione illecita di rifiuti e ipotesi di reato di disastro innominato - Elementi. Quando la durata in termini temporali e l'ampiezza in termini spaziali delle attività di inquinamento (in specie gestione illecita di rifiuti), giustificano la sussunzione della fattispecie concreta nella contestata ipotesi di reato di disastro innominato; questo delitto comporta un danno, o un pericolo di danno, ambientale di eccezionale gravità non necessariamente irreversibile, ma certamente non riparabile con le normali opere di bonifica. Pres. Onorato, Est. Squassoni, Ric. Agizza, (conferma Ordinanza del 03/08/2007 Trib. Libertà di Napoli). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 29/02/2008 (Ud. 16/01/2008), Sentenza n. 9418
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti speciali non pericolosi - Responsabilità del produttore - Art. 178, 3° c., D.Lgs. n. 152/2006. Il produttore/detentore di rifiuti speciali non pericolosi, qualora non provveda all'autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il pubblico servizio, può consegnarli ad altri soggetti ma, in tal caso, ha l'obbligo di controllare che si tratti di soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento; ove, per contro, tale doverosa verifica sia omessa, il produttore/detentore risponde, a titolo di concorso con il soggetto qualificato, nella commissione del reato di illecita gestione L'art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 22/1997 già prevedeva la responsabilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti "coinvolti", a qualsiasi titolo, nei ciclo di gestione non soltanto dei rifiuti ma anche degli stessi "beni da cui originano i rifiuti" e l'art. 178, 3° comma, del D.Lgs. n. 152/2006 ha puntualmente ribadito il principio di "responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti". Pertanto in tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie, gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti. Pres. Postiglione Est. Fiale Ric. Zanatta. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 25/02/2008 (ud. 7/11/2007) Sentenza n. 8367
RIFIUTI - Impianti di trattamento - Regione Veneto - Art. 24. c. 4 L.r. 3/00 - Inutile decorso del termine finale per l’inizio dei lavori e la messa in esercizio dell’impianto - Conseguenze - Decadenza dall’autorizzazione. L’ art. 24, IV comma, della l.r. Veneto n. 3/00, stabilisce, per gli impianti di trattamento dei rifiuti, un’ipotesi di decadenza ex lege, che consegue per effetto del compimento dei termini stabiliti, anche convenzionalmente, per l’inizio dei lavori e la messa in esercizio dell’impianto, a prescindere dall’esistenza di giustificati motivi di ritardo, i quali assumono rilievo soltanto se l’interessato abbia tempestivamente presentato una motivata istanza di proroga. Poiché la decadenza è automatica, ad essa segue soltanto un atto d’accertamento; né si richiede che il provvedimento d’approvazione del progetto contenga una clausola risolutiva espressa, giacché la norma si riferisce soltanto all’indicazione, in quello, del diverso maggior termine eventualmente disposto in ragione delle caratteristiche dell’intervento. La decadenza riguarderà tutte le approvazioni esistenti, senza che si possa distinguere tra quelle antecedenti e quelle successive all'entrata in vigore della legge: fermo ovviamente restando che, per effetto del principio d’irretroattività, il termine inizia a decorrere, per le autorizzazioni in corso, con la vigenza della disposizione. Pres. De Zotti, Est. Gabricci - S. s.r.l. (avv.ti Orsoni, Sartori e Benvenuti) c. Regione Veneto (avv.ti Morra e Zanon) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 25 febbraio 2008, n. 446
RIFIUTI - ACQUE - Materiali di scavo di fondali marini - Smaltimento
alternativo in conformità a predeterminate modalità - Attività soggetta ad
autorizzazione - Progetti sottoposti a VIA in sede statale - Art. 35, D. Lgs. n.
152/1999 (oggi art. 109, D. L.vo n. 152/2006). L’art. 35 del D. Lgs. n.
152/1999 (oggi trasfuso nell’art. 109 del D. L.vo n. 152/2006) consente
l’immersione deliberata in mare di materiali di scavo di fondali marini, quando
è dimostrata, nell'ambito dell'istruttoria, l'impossibilità tecnica o economica
del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero ovvero lo smaltimento
alternativo in conformità a predeterminate modalità. Pertanto, non sussiste un
assoluto divieto di scarico in mare di materiale dragato, in quanto tale
attività è soggetta ad autorizzazione. Pres. Ruoppolo - Est. Chieppa - Società
Italiane Condotte d'Acqua SpA in proprio e quale capogruppo mandataria
dell’A.T.I. con Impregilo spa, Siemens spa e Sirti spa (avv. Sanino) c.
Ministero delle Infrastrutture, Autorita' Portuale di Genova, SIIT - Servizi
Integrati Infrastrutture e Trasporti Lombardia, Liguria (Avvocatura Generale
dello Stato) ed altri (riforma T.A.R. Lazio, Sezione III ter, n. 4242/07
pubblicata il 10-5-2007).
CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 20/02/2008 (Ud.
11/12/2007), Sentenza n. 588
RIFIUTI - APPALTI - ACQUE - Appalto integrato per la progettazione esecutiva - Variabili non predeterminabili prima dell’aggiudicazione - Effetti - Scavo marino - Art. 109 D. Lgs. n. 152/2006 - Esame dei materiali - Necessità - Autorizzazione allo smaltimento successiva all’aggiudicazione della gara. L’autorizzazione alla movimentazione dei materiali di scavo marino, nell’ambito dei lavori per la realizzazione di un terminal portuale, può rendersi necessaria solo all’esito dell’esame dei materiali, ove questi risultino non idonei al previsto riempimento di una cala e debbano pertanto essere trattati come rifiuti. La movimentazione e la destinazione finale dei materiali in questione, infatti, sono attività complesse, influenzate da una serie di variabili non predeterminabili al momento dell’espletamento della gara, sicché l’eventuale autorizzazione non può essere pretesa anteriormente all’aggiudicazione. Pres. Ruoppolo - Est. Chieppa - Societa' Italiane Condotte d'Acqua SpA in proprio e quale capogruppo mandataria dell’A.T.I. con Impregilo spa, Siemens spa e Sirti spa (avv. Sanino) c. Ministero delle Infrastrutture, Autorita' Portuale di Genova, SIIT - Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti Lombardia, Liguria (Avvocatura Generale dello Stato) ed altri (riforma T.A.R. Lazio, Sezione III ter, n. 4242/07 pubblicata il 10-5-2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 20/02/2008 (Ud. 11/12/2007), Sentenza n. 588
RIFIUTI - Inerti provenienti da attività di demolizione di fabbricati - Attività
di recupero - Procedure semplificate - Controllo della competente autorità -
Necessità - D.L.vo n. 152/2006. I rifiuti inerti provenienti da attività di
demolizione di fabbricati possano essere avviati ad attività di recupero anche
con procedure semplificate, ma previo controllo della competente autorità, (che
nella ipotesi in esame è mancato). Pres. Lupo, Est. Squassoni, Ric. Baruzzi.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 19/02/2008 (Ud. 15/01/2008), Sentenza n.
7465
RIFIUTI - URBANISTICA E EDILIZIA - Demolizione di edifici - Residui di attività di demolizione - Reimpiego e operazioni di recupero - Disciplina delle materie prime secondarie - Trasformazione in prodotti finiti del processo cui sono destinati - Necessità - Art.181 D.L.vo n. 152/2006. I rifiuti da demolizione di edifici presentano caratteristiche di disomogeneità in quanto sono rappresentati da una congerie di materiali di vario tipo che necessitano, prima del loro nuovo uso, di preventivi trattamenti (vagliatura, cernita, separazione, rimozione di eventuali sostanze inquinanti, recupero di metalli e composti metallici, frantumazione etc.). In particolare, i residui di attività di demolizione richiedono, prima del loro reimpiego, operazioni di recupero, per cui sono disciplinati dalla normativa sui rifiuti (oggi D. L.vo n.152/2006 e s.m.). Inoltre, non può applicarsi neanche la disciplina delle materie prime secondarie che, a sensi dell'art.181 D.L.vo 152/2006, diventano tali all'esito delle operazioni di recupero tra le quali sono espressamente incluse la cernita e la selezione; i materiali, pur riutilizzabili, conservano la loro qualifica di rifiuti finché non costituiscono prodotti finiti del processo di trasformazione cui sono destinati. Pres. Lupo, Est. Squassoni, Ric. Baruzzi. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 19/02/2008 (Ud. 15/01/2008), Sentenza n. 7465
RIFIUTI - Attività di recupero e smaltimento - Responsabilità del produttore e
del detentore - Casi di esclusione - Limiti - Mancata ricezione del formulario -
Comunicazione alla provincia - Art. 188 l d. l.vo n 152/2006. Il detentore o
produttore di rifiuto può essere esentato da responsabilità solo se consegna il
rifiuto al servizio pubblico di raccolta o a soggetti autorizzati all'attività
di recupero e smaltimento. In quest'ultimo caso la responsabilità del produttore
è esclusa a condizione che il soggetto privato al quale viene consegnato il
rifiuto sia autorizzato al recupero ed allo smaltimento proprio di quel tipo di
rifiuto; che il detentore abbia ricevuto il formulario controfirmato e datato in
arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data del conferimento del rifiuto
al trasportatore ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a
dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario (cfr
articolo 10 comma secondo del decreto Ronchi e 188 del decreto legislativo n 152
del 2006). La mancanza di una sola delle anzidette condizioni rende il
produttore del rifiuto responsabile dell'illecito smaltimento in forza del
principio generale desunto dalla normativa comunitaria in base al quale tutti i
soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti rispondono solidalmente del
corretto smaltimento. Pres. Lupo Est. Petti Ric. Fontebasso.
CORTE DI CASSAZIONE SEZ. III, 19/02/2008 (Ud. 15/01/2008), Sentenza n. 7461
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Assenza di autorizzazione per il rifiuto specifico - Conseguenze - Autorizzazione personale al recupero o allo smaltimento - Prescrizioni amministrative - Conoscenza del tipo di rifiuto - Necessità - Art. 188 l d. l.vo n 152/2006. In materia di smaltimento dei rifiuti, il produttore del rifiuto non può consegnarlo a chicchessia ma deve conferirlo o al servizio pubblico o ad un soggetto privato che sia però autorizzato a smaltire quel particolare tipo di rifiuto, a nulla rilevando che il consegnatario possa essere autorizzato a smaltire altri rifiuti giacché l'assenza di autorizzazione per il rifiuto specifico conferito equivale a mancanza di autorizzazione, (Cass n 18038 del 2007). E ciò perché l'autorizzazione è personale e viene rilasciata a seguito dell'accertamento della capacità del soggetto e dell'idoneità dei mezzi di cui lo stesso dispone per lo smaltimento o il recupero del particolare rifiuto oggetto dell'autorizzazione come si desume dagli artt 27 e 28 del decreto Ronchi (ora artt. 208 e segg. del decreto legislativo n 152 del 2006). In particolare nell'autorizzazione devono essere indicate, tra l'altro, le prescrizioni per garantire i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare; i requisiti tecnici con particolare riferimento alle compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto al progetto approvato ecc... . Pertanto, appare evidente che l'amministrazione non può imporre alcuna prescrizione se non è a conoscenza del particolare tipo di rifiuto del quale si chiede l'autorizzazione al recupero o allo smaltimento. Pres. Lupo Est. Petti Ric. Fontebasso. CORTE DI CASSAZIONE SEZ. III, 19/02/2008 (Ud. 15/01/2008), Sentenza n. 7461
RIFIUTI - Illecito smaltimento di rifiuti - Obbligo di diligenza imposto al detentore di rifiuti - Violazione - Buona fede - Esclusione - Fondamento. In tema di illecito smaltimento di rifiuti, non si può parlare di buona fede allorché viene violato un obbligo di diligenza imposto al detentore di rifiuti. Sicché sussiste, il dovere del produttore/detentore di chiedere esplicitamente al soggetto al quale conferisca i propri rifiuti il possesso dell'autorizzazione a gestirli. L'ignoranza della legge penale scusa l'autore dell'illecito soltanto se incolpevole a cagione della sua inevitabilità (Corte Costituzionale 23 marzo del 1988 n 364). Pres. Lupo Est. Petti Ric. Fontebasso. CORTE DI CASSAZIONE SEZ. III, 19/02/2008 (Ud. 15/01/2008), Sentenza n. 7461
RIFIUTI - Attività di recupero - Richiesta di autorizzazione alla prosecuzione presentata oltre un anno dalla scadenza della precedente autorizzazione - Natura giuridica - Rinnovo - Esclusione - Nuova domanda - Fondamento. La richiesta di prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti, presentata oltre un anno dalla scadenza quinquennale dell’autorizzazione non può essere configurata come rinnovo, ma va giuridicamente inquadrata quale nuova domanda d’inizio d’attività. Nel silenzio della legge, il termine massimo per il rinnovo di un’autorizzazione va individuato in quello della sua naturale scadenza non potendo farsi riferimento ad un limite temporale indeterminato secondo un’interpretazione che la normativa di cui all’art. 216 D.Lgs. n. 152/2006, Dir. C.E. 5.4.2006 e L. n. 241/1190 non sembra consentire. Pres. Piscitello, Est. Fina - F.N. s.n.c. (avv. Migani) c. Provincia di Rimini (avv. Morra) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 14 febbraio 2008, n. 220
RIFIUTI - Gestione di rifiuti speciali non pericolosi - Rottami ferrosi -
Conferimento a terzi non autorizzati allo smaltimento - Responsabilità di tutti
i soggetti "coinvolti"- Obbligo di verifica dell'autorizzazione - Omissione -
Effetti - Concorso di colpa nel reato - Fattispecie - D.L. n. 152/2006. Il
produttore/detentore di rifiuti speciali non pericolosi, qualora non provveda
all'autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il
pubblico servizio, può, Decreto Legislativo n. 22 del 1997, ex articolo 10
consegnarli ad altri soggetti ma, in tal caso, ha l'obbligo di controllare che
si tratti di soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento. Il
Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 178, comma 3, ha puntualmente
ribadito il principio di "responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i
soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel
consumo di beni da cui originano i rifiuti. Sicché ove, tale doverosa verifica
sia omessa, il produttore/detentore risponde, a titolo di concorso con il
soggetto qualificato, nella commissione del reato di cui all'articolo 51, comma
1, dello stesso Decreto Legislativo (Cass., Sez. 3, 17.4.2003, n. 16016,
Battaglino). Nella fattispecie in esame l'imputato era gravato dall'obbligo di
controllare se il soggetto al quale consegnava i rottami ferrosi fosse
effettivamente autorizzato, ai sensi delle disposizioni vigenti, allo
smaltimento e/o al recupero dei rifiuti conferiti. Pres. Postiglione - Est.
Fiale - P.M. Montagna - Ric. G..
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 11 Febbraio 2008, Sentenza n. 6420
RIFIUTI - Corretta gestione dei rifiuti - Responsabilità dei soggetti
coinvolti - Concetto di "coinvolgimento" - Art. 188, D. L.vo n. 152/2006. In
tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta
effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie gravano su
tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo
dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche
a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione
nella realizzazione degli illeciti. (C. Cass. Sez. 3, 24.2.2004, n. 7746, Turati
ed altro). Il concetto di "coinvolgimento" trovava specificazione nelle
disposizioni poste dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 10 ed
attualmente Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 188 (fatte salve le
ipotesi di concorso di persone nel reato), comunque anche la mera osservanza
delle condizioni di cui all'articolo 10 non vale ad escludere la responsabilita'
dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano "resi
responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una
compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti
commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti" (Cass., Sez. 3,
6.2.2000, n. 1767, Riva). Pres. Postiglione - Est. Fiale - P.M. Montagna - Ric.
G..
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 11 Febbraio 2008, Sentenza n. 6420
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Delega di funzioni" al dipendente - Modalità
- Responsabilità penale. Anche in materia di rifiuti, il sistema della
responsabilità penale, "risulta ispirato ai principi di concretezza e di
effettività, con il rifiuto di qualsiasi soluzione puramente formale ed
astratta" (vedi Cass., Sez. 3 20.10.1999, n. 11951, P.M., in proc. Bonomelli).
Pertanto, anche la "delega di funzioni" al dipendente, in materia ambientale
perviene a conclusioni analoghe a quelle elaborate in tema di sicurezza sul
lavoro, affermando la rilevanza della delega in presenza di precisi requisiti
(vedi Cass., Sez. 3, 24.9.1990, Manghi): 1) la delega deve essere puntuale ed
espressa, senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri residuali di
tipo discrezionale (Cass., Sez. 3, 22.6.1998, Moscatelli); 2) il soggetto
delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo
svolgimento del compito affidatogli (Cass., Sez. 3, 14.5.2002, Saba); 3) il
trasferimento delle funzioni deve essere giustificato in base alle dimensioni
dell'impresa (Cass., Sez. 3, 14.5.2002, Saba) o, quanto meno, alle esigenze
organizzative della stessa (vedi Cass., Sez. 3, 29.5.1996, Bressan); 4)
unitamente alle funzioni devono essere trasferiti i correlativi poteri
decisionali e di spesa; 5) l'esistenza della delega deve essere giudizialmente
provata in modo certo. Pres. Postiglione - Est. Fiale - P.M. Montagna - Ric. G..
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 11 Febbraio 2008, Sentenza n. 6420
RIFIUTI - Attività di
trasporto, conferimento e smaltimento dei rifiuti - Affidamento a terzi non
abilitati - Responsabilità del detentore - Sussistenza.
Grava l’obbligo in
capo al soggetto che affida propri rifiuti ad altre persone per la smaltimento
di accertarsi che le stesse siano affidabili, munite delle necessarie
autorizzazioni e competenze per l'espletamento dello incarico. Nella specie,
inoltre, non si può parlare di buona fede in quanto è stato violato l’obbligo di
diligenza imposto al detentore di rifiuti che nella serie causale di eventi non
è stato suffragato da un fatto sopravvenuto, assolutamente anormale ed
eccezionale, e di tale incisività da essere da solo sufficiente alla produzione
dell'evento. Pres. Grassi, Est. Squassoni, Ric. Cestaro.
CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 07/02/2008 (Ud. 19/12/2007), Sentenza n. 6101
RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Accertamento del dolo o
della colpa - Contraddittorio con i soggetti interessati. La riforma del
2006, in riferimento alla previgente disposizione di cui all’art. 14 del d.lgs.
n. 22/97, ha precisato che l’accertamento circa la sussistenza del dolo o della
colpa in relazione all’abbandono dei rifiuti debba avere luogo “in base agli
accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai
soggetti preposti al controllo”. Ne deriva che: 1) l’applicazione delle
disposizioni di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 è possibile unicamente a
carico dei responsabili diretti dell’abbandono (ove individuati), ovvero a
carico del proprietario o del titolare di diritti reali o personali di godimento
sull’area; 2) in tale seconda ipotesi, l’applicazione delle rigorose previsioni
di cui all’art. 192 cit., sarà possibile solo laddove sia dimostrata in capo al
proprietario o al titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area
una condotta dolosa o colposa; 3) in ogni caso l’accertamento in ordine alla
sussistenza di una condotta dolosa o colposa deve avvenire in pieno
contraddittorio con i soggetti interessati. Pres. Ravalli, Est. Contessa -
Consorzio speciale per la bonifica di Arneo (avv. Distante) c. Comune di Latiano
(n.c.) -
T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 7 febbraio 2008, n. 375
RIFIUTI - Responsabilità del gestore di una discarica - Controllo del materiale conferito - Dati cartacei - Criterio della massima diligenza. Il gestore di una discarica, in considerazione della particolare responsabilità connessa al tipo di attività esercitata per i pericoli che della medesima derivano per l'ambiente e la salute delle persone, deve esercitare la massima diligenza nel controllo del materiale conferito, facendosi eventualmente coadiuvare da adeguate figure professionali, se non sia dotato egli stesso delle necessarie cognizioni tecniche, mentre non può esimersi da responsabilità tacendo riferimento alle risultanze dei dati meramente cartacei. Pres. Grassi, Est. Lombardi, Ric. Macor. CORTE DI CASSAZIONE Pen. Sez. III, 6/02/2008 (Ud. 19/12/2007), Sentenza n. 5797
RIFIUTI - Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti - Regime autorizzatorio
- Disciplina previgente ex artt. 27 e 28 D.Lgs. n. 22/97 - Disciplina vigente ex
artt. 208-210 d.lgs. n. 152/2006 - Disciplina transitoria - Ambito di
applicazione. In materia di impianti per lo smaltimento e/o il recupero di
rifiuti, la precedente legge di settore prevedeva un sistema di doppia
autorizzazione: una autorizzazione alla realizzazione degli impianti (art. 27
d.lgs. n. 22/97) ed una autorizzazione all’esercizio delle operazioni di
smaltimento e di recupero (art. 28 l. cit.). Il decreto legislativo n. 152 del
2006 ha sostituito a questo sistema un’autorizzazione unica valevole sia per la
realizzazione che per la gestione degli impianti di smaltimento o recupero dei
rifiuti (art. 208). Nel fare ciò sono state dettate talune disposizioni di
natura transitoria che, a seconda dello stato della situazione autorizzatoria in
corso, individuassero la disciplina applicabile. In questo quadro, l’art. 210
sovviene la specifica esigenza di consentire ai soggetti che già avevano
conseguito, sotto la legge precedente, la doppia autorizzazione alla
realizzazione dell’impianto ed all’esercizio dell’attività, od almeno già
ottenuto la prima delle due, di ottenere il rilascio, la modifica o il rinnovo
della seconda autorizzazione senza l’inutile duplicazione della prima “fase”
autorizzatoria che sarebbe derivata dal ricorso al procedimento proprio della
nuova autorizzazione unica, ma avvalendosi di una procedura (quella ex art. 210)
che sostanzialmente corrisponde a quella che la l. n. 22/97 stabiliva per
l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero
(art. 28 l. n. 22/97). L’applicazione dell’art. 210, presuppone, in ogni caso,
il possesso, in conformità all’art. 27 della legge n. 22/97, dell’autorizzazione
(alla realizzazione) dell’impianto di smaltimento e recupero, sicché, qualora si
trattasse, invece, di conseguire, modificare o rinnovare anche la stessa
autorizzazione dell’impianto, cioè di intervenire non soltanto sul piano del
secondo, ma anche del primo dei titoli abilitativi previsti nel sistema della
legge 22/97 di doppia autorizzazione, non vi sarebbe ragione alcuna per non
applicare il nuovo procedimento di autorizzazione unica, che assorbe i due
momenti prima disciplinati negli artt. 27 e 28 della legge 22/97. Questa
ricostruzione è avvalorata dal fatto che espressamente il legislatore ha
assoggettato alla nuova procedura di autorizzazione unica, oltre ai procedimenti
già in corso per il rilascio della autorizzazione alla realizzazione di un nuovo
impianto (art. 208, co. 16, con la sola eccezione che la procedura di VIA sia
stata già completata), anche gli stessi impianti già autorizzati, quando
interessati da modifiche sostanziali che li rendano difformi dal titolo
abilitativo già posseduto (art. 208, co. 20). Il quadro che se ne ricava è
chiaro nel sussumere nell’art. 208 d.lgs. 152/06 tutte le ipotesi in cui si
faccia questione della vecchia autorizzazione dell’impianto, conservandosi, in
via meramente transitoria, una disciplina abilitativa analoga a quella di cui
all’abrogato art. 28 l. 22/97 per il solo caso dell’impianto già autorizzato,
per il cui esercizio sia stata presentata, prima dell’avvento della nuova legge,
istanza volta ad ottenere, variare o rinnovare (soltanto) la relativa
autorizzazione alla gestione. Pres. Guida, Est. Guarracino - C. s.r.l. (avv. ti
Lentini e Scotti) c. Regione Campania (avv. Miani), Comune di Marigliano (avv.
Romano), ASL Napoli 4 (avv.ti Peluso e Di Biase), Amministrazione Provinciale di
Napoli (avv. ti Di Falco e Cosmai), Comitato per la Tutela del Diritto alla
Salute (avv. Biamonte) e altro (n.c.) -
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 6 febbraio 2008, n. 566
RIFIUTI - Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti - Elementi relativi alla
compatibilità ambientale del progetto - VIA - Possibili esiti differenti.
Sia nel sistema del d.lgs. 22/97 che del d.lgs. 152/06 l’acquisizione e la
valutazione di tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto per
la realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti con le esigenze
ambientali concorre con la eventuale necessità di acquisizione della valutazione
di compatibilità ambientale e non esclude, per la diversità del relativo
giudizio, che possa giungersi ad esiti diversi (nella specie, il parere
igienico-sanitario dell’ASL è risultato opposto alle conclusioni rese dall’ARPA
nel corso del diverso procedimento relativo alla valutazione di impatto
ambientale). Pres. Guida, Est. Guarracino - C. s.r.l. (avv. ti Lentini e Scotti)
c. Regione Campania (avv. Miani), Comune di Marigliano (avv. Romano), ASL Napoli
4 (avv.ti Peluso e Di Biase), Amministrazione Provinciale di Napoli (avv. ti Di
Falco e Cosmai), Comitato per la Tutela del Diritto alla Salute (avv. Biamonte)
e altro (n.c.) -
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 6 febbraio 2008, n. 566
RIFIUTI - Gestione di Rifiuti -
Fattispecie di cui all’art. 256 D.Lgs. n. 152/2006 - Necessaria preventiva
autorizzazione per ciascuna fase di gestione dei rifiuti - D.M. 5/12/1998, All.
5 - D.M. 5/04/2006 - Fattispecie: illecite attività di gestione di rifiuti,
attività' di stoccaggio e infruttuoso decorso dei termini per l'adeguamento
degli impianti. Il D.Lgs. n. 152/ 2006 all’art. 256 prevede numerose ipotesi
di reato con riferimento a ciascuna delle attività di gestione di rifiuti
specificamente menzionate. Richiamando il principio della necessaria preventiva
autorizzazione per ogni fase dello smaltimento dei rifiuti, ove non ricorrano le
condizioni per accedere a procedure semplificate, in difetto della stessa si
configura il reato di gestione dei rifiuti non autorizzata. (Nel caso di specie
il PM ricorrente con la richiesta di misura cautelare ha ipotizzato a carico
dell'indagato distinte fattispecie criminose per illecite attività di gestione
di rifiuti e, in particolare, ha indicato un'attività' di stoccaggio di un
ingente quantitativo di rifiuti dopo l'emissione da parte della Provincia di
Campobasso del provvedimento che vietava la prosecuzione del recupero dei
rifiuti su alcune aree nonché altra distinta attività di recupero dei rifiuti
esercitata dopo l'infruttuoso decorso dei termini per l'adeguamento degli
impianti con cui veniva svolta da parte della società attività di recupero, già
autorizzata alle norme tecniche di cui al D.M. 5 dicembre 1998, allegato 5 come
modificato dal D.M. 5 aprile 2006. Sicché, è stato ipotizzato non solo
l'illecito stoccaggio di rifiuti ma anche l'illecita attività di recupero non
più autorizzata a seguito dell'emissione del provvedimento della Provincia
svolta sulle altre particelle catastali menzionate nell'imputazione). Pres.
Vitalone, Rel. Teresi. CORTE DI CASSAZIONE, Pen. Sez. 3, 31/01/2008
(20/12/2007), Sentenza n. 4980
RIFIUTI - Traffico illecito dei
rifiuti - Sequestro preventivo dei mezzi di trasporto - Provvedimento ablatorio
- Soggetto indagato/imputato di più reati - Necessità di analisi di tutti i
reati per l'astratta configurabilità dei presupposti - Esclusione - Legittimità
provvedimento ablatorio Fattispecie - Art. 416 c.p.. Nell’ipotesi in cui un
soggetto e' indagato o imputato di piu' reati, ai fini della legittimita' del
provvedimento ablatorio, non e' necessario che il giudice si soffermi ad
analizzare l'astratta configurabilita' di tutti i reati attribuiti
all'inquisito, essendo sufficiente che esamini quello o quelli per i quali il
provvedimento ablatorio e' stato disposto. (Nel caso di specie è emersa la non
rilevanza dell'omessa motivazione in ordine all'astratta configurabilita' anche
del delitto di cui all'art. 416 c.p. sulla legittimita' del sequestro preventivo
dei mezzi di trasporto utilizzati per il traffico dei rifiuti, in quanto essi
sono stati sequestrati con riferimento all'art. 53 bis decreto Ronchi e non con
riguardo al delitto di cui all'art. 416 c.p..) Pres. Vitalone, Rel. Petti, Pm
Izzo.
CORTE DI CASSAZIONE Pen., Sez. 3, 30/01/2008 (12/12/2007), Sentenza n..
4746
RIFIUTI - Trasporto e smaltimento illecito di rifiuti - Sequestro - Tribunale
del riesame - Valutazione di configurabilità del reato - Necessità -Valutazione
analitica di tutti gli indizi - Esclusione - Posizione apicale - Reponsabilità -
Configurazione. Il tribunale del riesame non deve procedere ad una
valutazione analitica di tutti gli indizi per dimostrare la fondatezza
dell'accusa ma deve accertare solo la configurabilita' del reato per il quale e'
stato disposto il sequestro ed il rapporto di pertinenzialita' tra tale reato e
l'oggetto del sequestro. (Cass., Sez. un 25/03/1993 Girunni; 23/02/2000,
Mariano). (Nella specie, il ricorrente effettuava diversi trasporti di rifiuti
ponendo in essere un’attivita' illecita che veniva eseguita mediante la
sostituzione dei formulari. Inoltre, è stata individuata la responsabilità
dell'indagato, che per la sua posizione apicale, non poteva ignorare che in
realtà nella zona (marchigiana) non veniva effettuata alcuna operazione di
recupero e che le soste degli automezzi nelle sedi delle altre società coinvolte
nel procedimento erano finalizzate alla sostituzione dei formulali
d'identificazione dei rifiuti per potere giustificarne lo smaltimento in una
discarica sita in una regione diversa da quella di provenienza dei rifiuti).
Pres. Vitalone, Rel. Petti, Pm Izzo.
CORTE DI CASSAZIONE Pen., Sez. 3,
30/01/2008 (12/12/2007), Sentenza n. 4746
RIFIUTI - Trasporto illecito di rifiuti - Confisca del mezzo - Obbligatorietà
(ipotesi) - Buona fede ed estraneità al reato - Artt. 256, 259 e 260 D. Lgs. n.
152/2006. La confisca del mezzo di trasporto non viene espressamente
prevista dall'art. 260 del D. Lgs. n. 152 del 2006, cosi' come non era
espressamente prevista dall'art. 53 bis, del Decreto Legislativo n. 22/1997
(c.d. Decreto Ronchi) perche' il delitto di cui alla norma citata non presuppone
necessariamente l'uso di un mezzo di trasporto, in quanto puo' essere compiuto
anche mediante attivita' diverse dal trasporto di rifiuti, come ad esempio per
mezzo di un'attivita' d'intermediazione o commercio. Tuttavia, allorche'
quest’ultimo viene commesso anche mediante il trasporto, la confisca del mezzo
di trasporto diventa obbligatoria, perche' tale misura di sicurezza e'
espressamente prevista dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 259, (gia' art. 53 del
Decreto Ronchi), il quale contiene un riferimento esplicito a tutte le ipotesi
di cui all'art. 256, compresa quella del trasporto, senza operare alcuna
distinzione in merito all'attivita' di gestione illecita per la quale i rifiuti
sono trasportati. Ciò nonostante, il mezzo trasporto, non essendo cosa
intrinsecamente pericolosa, non puo' essere obbligatoriamente confiscato se
appartiene a persona estranea al reato che sia pero' in buona fede. Pres.
Vitalone, Rel. Petti, Pm Izzo.
CORTE DI CASSAZIONE Pen., Sez. III, 30/01/2008
(12/12/2007), Sentenza n. 4746
RIFIUTI - Trasporto illecito di rifiuti - Ipotesi di confisca obbligatoria
del mezzo - Disciplina applicabile - Artt. 260, 259, 256, 258, D.Lgs. n.
152/2006 - Art. 240, c. 3 c.p.. Nelle ipotesi di trasporto illecito di
rifiuti di cui all'art. 256, del D.Lgs. n. 152 del 2006, la confisca del mezzo
va disposta, non solo nell’ipotesi di trasporto di rifiuti senza formulario o
con formulario con dati incompleti o inesatti ovvero con uso di certificato
falso, ma anche, per le attivita' organizzate per il traffico illecito dei
rifiuti allorche' tali attivita' siano compiute utilizzando mezzi di trasporto.
Di fatto, sarebbe stato, irrazionale prevedere la confisca obbligatoria del
mezzo di trasporto nell'ipotesi contravvenzionali di cui al D.Lgs. n. 152 del
2006, artt. 259 e 256, 258, ed escluderla nell'ipotesi delittuosa di cui
all'art. 260, che assorbe la contravvenzione di trasporto illecito e si
riferisce al traffico di ingenti quantitativi. Da cio' consegue, allorche' l'attivita'
organizzata finalizzata al traffico illecito di rifiuti sia commessa mediante
una delle condotte per le quali e' prevista la confisca obbligatoria del mezzo,
questo deve essere confiscato, se non appartenente a persona estranea al reato
che sia in buona fede. Invero, anche nella confisca obbligatoria prevista dalla
legislazione speciale, in mancanza di espressa deroga da parte del legislatore,
si applica il principio generale di cui dell'art. 240, comma 3 c.p., in forza
del quale "la disposizione della prima parte e del numero uno del capoverso
precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato".
Pres. Vitalone, Rel. Petti, Pm Izzo.
CORTE DI CASSAZIONE Pen., Sez. III,
30/01/2008 (12/12/2007), Sentenza n. 4746
RIFIUTI - PROCEDURE E VARIE - Sequestro preventivo finalizzato alla confisca
- Obbligo di motivazione - Esclusione. Il sequestro preventivo finalizzato
alla confisca, quando questa e' obbligatoria, non richiede alcuna motivazione
perché la finalità cautelare è insita nella confisca, in quanto l'obbligatorietà
della confisca comporta implicitamente l'accertamento della natura di corpo del
reato o di cosa pertinente al reato. In ogni caso anche ai fini della
motivazione della confisca facoltativa è sufficiente il riferimento alle
finalità della norma (Cass. 17/03/1995, Franceschini). Pres. Vitalone, Rel.
Petti, Pm Izzo.
CORTE DI CASSAZIONE Pen., Sez. III,
30/01/2008 (12/12/2007), Sentenza n. 4746
RIFIUTI - Attività di tiro al piattello - Rifiuti speciali non pericolosi - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata - Imprese e/o responsabili di enti - Responsabilità associazione sportiva - Sussiste - Rifiuti prodotti da impresa (ex art. 256 c.2, D.Lgs. 152/06) - Fattispecie: Immissione nelle acque di un fiume. I rifiuti prodotti dall'attività di tiro a piattello, sono da considerarsi non come rifiuti prodotti ex articolo 255, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, bensì come rifiuti prodotti da impresa, ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2. Fattispecie: immissione nel fiume (Volturno) di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da residui di piattelli di carta e di plastica. Pres. Grassi, Est. Gentile, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE 30/01/2008 (Ud. 19/12/2007), Sentenza n. 4733
RIFIUTI - Amianto - Natura di rifiuto pericoloso - Deposito incontrollato.
La presenza di una considerevole quantità di eternit, materiale contenente
amianto, rinvenuta sul suolo all’interno di capannoni e nelle immediate
vicinanze, in condizioni di corrosione e degrado, integra certamente la
sussistenza di un deposito incontrollato di rifiuti pericolosi. Non può infatti
mettersi in dubbio che i frantumi di eternit, a causa dell’affioramento delle
fibre di amianto, costituiscano tecnicamente “rifiuti pericolosi”, come peraltro
costantemente affermato dalla Suprema Corte (ex pluribus, sentenza 26 ottobre-29
novembre 2006, n.39360, Lo Bello (rv 345464) e la recentissima decisione del 27
Marzo 2007, n. sezionale 00959/2007, Bertuzzi ed altri, non ancora massimata).
D’altro canto, ai fini della configurabilità del reato di abbandono e deposito
incontrollato di rifiuti sul suolo, è sufficiente che la contaminazione
costituisca, in una valutazione che tenga conto del dato logico e
dell'esperienza comune, una conseguenza inevitabile o altamente probabile,
atteso che la disciplina di cui all’art. 14 del DLvo 22/97 costituisce una norma
di chiusura che persegue la finalità di impedire che per effetto della raccolta
e dell'accumulo sul suolo di rifiuti possa derivare una danno all'ambiente (cfr.
Cass. Sez. 3, n. 38689 del 9/7/2004). (Nella specie, i materiali provenienti
crollo dei tetti in cemento amianto giacevano sul terreno lunghissimo tempo, per
cui il deposito, avendo superato abbondantemente il periodo di un anno, non
poteva qualificarsi come temporaneo ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6,
comma 1, lett. m). Pres. Gallo, Est. Branda - Ric. Naso.
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. Penale II - Ordinanza del 30 gennaio 2008
RIFIUTI - Amianto - Art. 674 c.p. - Integrazione del reato - Superamento dei
valori di cui al D.M. 6 settembre 1994 - Necessità - Esclusione - Ragioni.
In tema di amianto, quando la situazione di pericolosità è collegata ad un
deposito irregolare, il reato previsto dall’art. 674 c.p. risulta integrato
dalla prova che la dispersione di fibre di amianto vi sia stata, a nulla
rilevando il mancato superamento dei valori di cui al D.M. 6 settembre 1994 o
della normativa successivamente intervenuta. Tali valori, infatti, operando con
riferimento al rispetto, da parte dell’imprenditore, dei limiti posti a tutela
delle persone che vengono professionalmente a contatto l'amianto e le fibre di
amianto, hanno riguardo esclusivamente allo svolgimento di attività autorizzate
e regolamentante. Diverso è il discorso per la dispersione delle fibre
nell'ambiente circostante, dispersione che assume carattere di incontrollata
pericolosità e riguarda una platea non limitata di possibili destinatari.: le
cautele previste dalle norme in questione, relative alla formazione delle
persone che possono venire a contatto con l’amianto, la predisposizione di
strumenti e di abbigliamento atti a ridurre il pericolo che le fibre possano
venire respirate, la predisposizione di attività di decontaminazione, restano
escluse nelle situazioni in cui difetti qualsivoglia autorizzazione ed in
costanza di un pericolo rivolto alla generalità dei soggetti che abitano nelle
vicinanze. Pres. Gallo, Est. Branda - Ric. Naso.
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. Penale II - Ordinanza del 30 gennaio 2008
RIFIUTI - Sequestro dell'area - Intervenuto fallimento - Rapporti -
Incompatibilità - Esclusione. L’incompatibilità della misura del sequestro
con l’intervenuto fallimento (cfr. Sezioni Unite, sent. n.29951 del 2004) è
correlata al fatto che il conseguente effetto di "spossessamento", comporta la
sottrazione al fallito della disponibilità del proprio patrimonio e la sua
devoluzione al pubblico ufficio fallimentare, privando il soggetto, in ipotesi
autore del reato, della disponibilità della cosa. Tuttavia, il giudice - a
fronte di una dichiarazione di fallimento - ben può disporre l'applicazione, il
mantenimento o la revoca del sequestro previsto dal 1° comma dell'art. 321
c.p.p., senza essere vincolato dagli effetti di cui all'art. 42 L.F.; lo stesso
giudice, nel discrezionale giudizio sulla pericolosità della res, dovrà
effettuare una valutazione di bilanciamento (e darne conto con adeguata
motivazione) del motivo della cautela e delle ragioni attinenti alla tutela dei
legittimi interessi dei creditori, anche attraverso la considerazione dello
svolgimento in concreto della procedura concorsuale. E’ ovvio che la misura non
potrà essere revocata allorquando l’intervenuto fallimento (e spossessamento) è
inidoneo a scongiurare comportamenti penalmente illeciti o reiterazioni di
condotte criminose. (Nel caso di specie, il Tribunale del riesame, nel
confermare il provvedimento di sequestro, ha ritenuto prevalenti le esigenze di
tutela della salute dei cittadini, a rischio per l’esposizione alle polveri
dell’amianto, nel giudizio di bilanciamento con gli interessi meramente
economici della massa dei creditori). Pres. Gallo, Est. Branda - Ric. Naso.
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. Penale II - Ordinanza del 30/01/2008
RIFIUTI - Deposito incontrollato - Intervenuto fallimento - Responsabilità del
curatore fallimentare - Configurabilità. Secondo la giurisprudenza della
Suprema Corte, la responsabilità penale per il reato di deposito incontrollato
di rifiuti è configurabile sia nei confronti del soggetto cui compete la
gestione diretta dell'area occupata dai rifiuti, sia nei confronti del soggetto
che dispone dell’area, almeno sotto il profilo della "culpa in vigilando" (cfr.
Cass. Sez. 3, n. 21677 del 26/1/2007 ) . Poiché l’articolo 31 della legge
fallimentare attribuisce al curatore “l'amministrazione del patrimonio
fallimentare sotto la direzione del giudice delegato”, ne deriva che il
curatore, quale custode e amministratore dei beni, ha il dovere di interrompere
il continuo accumularsi di rifiuti pericolosi contenenti amianto, protrattosi
anche nel corso della amministrazione del compendio fallimentare. In altri
termini, la violazione da parte dei privati delle norme in materia di abbandono
e deposito incontrollato di rifiuti non può perdere il carattere di illiceità
sul presupposto che neppure le autorità e gli enti aventi competenza sul sito e
sugli immobili hanno saputo riportare nell'ambito della legalità una situazione
gravemente compromessa, cui i privati hanno dato origine: pur nella
consapevolezza delle difficoltà che si collegano alla sanatoria di una realtà
tanto complessa, quella prospettata dal curatore costituisce una vera inversione
dei principi di responsabilità che non può essere in alcun modo condivisa (cfr.
per un caso analogo, la recente sentenza della Suprema Corte n. 22826 del 2007,
sul caso FIBRONIT). Pres. Gallo, Est. Branda - Ric. Naso.
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. Penale II - Ordinanza del 30 gennaio 2008
RIFIUTI - Sequestro del sito - Cessazione della permanenza del reato -
Esclusione. In tema di reati ambientali di natura permanente, anche dopo
l'entrata in vigore degli artt. 242 e 257 del D.Lgs. n. 152 del 2006 che ha
abrogato (art. 264, comma primo lett. i) il D.Lgs. n. 22 del 1997 - la
permanenza non cessa per effetto del sequestro del sito inquinante, preordinato
all'eliminazione del danno, ma persiste fino agli interventi di messa in
sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, condotte riparatorie -
queste - previste anche dal nuovo testo unico (art. 247 D.Lgs. n. 152 del 2006)
che, ove poste in essere prima della pronuncia giudiziale, fanno venire meno la
punibilita' del reato." (Cass.Pen. , Sez. I n. 29855/2006). Pres. Gallo, Est.
Branda - Ric. Naso.
TRIBUNALE DI COSENZA, Sez. Penale II - Ordinanza del 30 gennaio 2008
RIFIUTI - Importazione di rifiuti di legname per pannelli truciolati -
Determinazione delle spese amministrative - Modalità attuative del contributo -
Trasporto su strada e utilizzo del treno - Differenziazione - Legittimità -
Fondamento - D.M. n. 370/1998 - Regolamento CE n. 259/1993. Le modalità
attuative del contributo che pone a carico del notificatore le spese
amministrative approvate (nella specie dalla Provincia di Ferrara) non sono
discriminatorie per il trasporto su gomma rispetto a quello su rotaie. In
quanto, la lamentata differenziazione non è, il frutto di una scelta
discriminatoria, ma la coerente conseguenza del fatto che in caso di utilizzo
del treno, l’unità fisica del vettore consente di considerare realizzato un
unico trasporto. Lo stesso trattamento si applicherebbe, del resto, anche al
trasporto su strada che avvenga utilizzando un camion composto da più rimorchi.
Pres. Ruoppolo - Est. Giovagnoli - FALCO s.p.a Industria Pannelli Truciolari
(Avv.ti Paolucci e Roffi) c. Ministero dell’Ambiente, il Ministero delle
Attività Produttive ed altri, (conferma TAR LAZIO - Roma, Sezione II, del 17
giugno 2002, n. 5544) - (Conf. C.d.S. 2008 n.222).
CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 29/01/2008 (Ud. 30/10/2007), Sentenza n. 223
RIFIUTI - Spedizioni di rifiuti - Reg. CE n. 259/1993 recante le prescrizioni
per la determinazione delle modalità di prestazione della garanzia finanziaria
per il trasposto transfrontaliero di rifiuti. Le spedizioni di rifiuti sono
soggette a notifica preliminare alle autorità competenti affinché queste siano
debitamente informate, in particolare del tipo, dei movimenti e dello
smaltimento o del ricupero dei rifiuti, in modo che dette autorità possano
prendere le misure necessarie per la protezione della salute umana e
dell'ambiente, con la possibilità di sollevare obiezioni motivate nei confronti
della spedizione. (Regolamento CE n. 259/1993). Pres. Ruoppolo - Est. Giovagnoli
- FALCO s.p.a Industria Pannelli Truciolari (Avv.ti Paolucci e Roffi) c.
Ministero dell’Ambiente, il Ministero delle Attività Produttive ed altri,
(conferma TAR LAZIO - Roma, Sezione II, del 17 giugno 2002, n. 5544)
- (Conf. C.d.S. 2008 n.222).
CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 29/01/2008 (Ud. 30/10/2007), Sentenza n. 223
RIFIUTI - Abbandono - Obbligo di rimozione - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 -
Proprietario dell’area interessata - Elemento soggettivo. L’articolo 192 del
D. lgs. 152 del 2006 dispone che l’obbligo di procedere alla rimozione dei
rifiuti può gravare, in solido con il responsabile, anche a carico del
proprietario e del titolare di diritti reali o personali di godimento solo se
tale violazione sia anche a loro imputabile a titolo di dolo o colpa, in base
agli accertamenti effettuati,in contraddittorio con i soggetti interessati, da
coloro che sono preposti al controllo. Tale disposizione ha sostanzialmente
recepito, in sede di codificazione, lo stesso principio contenuto nel previgente
articolo 9 del D.P.R. 10/9/1982, n. 915, nonché dell’articolo 14 del decreto
legislativo 5/2/1997, n. 22. In relazione a queste ultime disposizioni, di
analogo contenuto rispetto all’art. 192 citato, la giurisprudenza è consolidata
nel senso di richiedere un coinvolgimento doloso o colposo del proprietario per
poter configurare una sua responsabilità solidale con la responsabilità di colui
che ha effettivamente abbandonato i rifiuti. Pres. Mozzarelli, Est. Di Benedetto
- B.L. (avv.ti Bernardi e Preti) c. Comune di Imola (avv. Gotti) -
T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. II - 22 gennaio 2008, n. 78
RIFIUTI - Utilizzazione
come combustibile delle vinacce residuate dalla vinificazione - Nozione di
rifiuto - Rientra - Limiti di emissione - D.M. 5/2/1998. L’utilizzazione
come combustibile delle vinacce residuate dalla vinificazione rientra nella
nozione di rifiuto come emergente dall’art. 14 del d.l. 138/2002, convertito con
L. 178/2002. Si tratta infatti di beni riutilizzati dopo un processo di
trasformazione non meramente meccanica (posto che l’estrazione di un soluto -
sostanze zuccherine e vari composti organici ed inorganici idrosolubili - con un
solvente - acqua - implica elementi di trasformazione chimico fisica) e
destinati ad operazioni di smaltimento e di recupero, secondo gli allegati B e C
del decreto legislativo n. 22/1997 (cfr. in particolare per le operazioni di
smaltimento l’allegato B del d.lgs 22/1997 e per le operazioni di recupero
l’allegato C, punto R1, riguardante la utilizzazione principale del rifiuto come
combustibile o come altro mezzo per produrre energia). Ai fini della
regolamentazione delle emissioni in atmosfera, trovano pertanto applicazione le
disposizioni di cui al D.M. 5/2/1998 e non i minori limiti di cui al d.P.C.M.
8/3/2002 e ss. mm. Pres. Barbagallo, Est. Trovato - Ass. Reg. Territorio e
Ambiente (Avv. Stato) c. T.s.r.l. (avv.ti Immordino) - (Riforma TAR SICILIA,
Palermo, n. 158/2006) -
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 21 gennaio
2008, n. 2
RIFIUTI - Carcasse di pneumatici ed altri rifiuti provenienti da autoveicoli - Gestione senza autorizzazione - Rifiuti speciali non pericolosi - Responsabilità penale - Configurazione - Art. 51, c 1, D. L.vo n. 22/1997 (oggi art. 256, D. L.vo n. 152/2006) - Art. 208, D. L.vo n. 152/2006 - Art. 216, D. L.vo n. 152/2006. Configura la fattispecie prevista dall’articolo 51, comma 1, Decreto Legislativo n. 22 del 1997, (oggi trasfuso nell'art. 256, D. L.vo n.152/2006) la gestione, senza la prescritta autorizzazione, di rifiuti speciali non pericolosi consistenti in carcasse di pneumatici, camere d'aria tagliate, cerchioni per autovetture ed altri rifiuti provenienti da autoveicoli. Nella specie, mancava sia l'autorizzazione prescritta dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 28 (attualmente del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 208), sia la richiesta, per l'ottenimento dell’autorizzazione alla procedura semplificata di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 33 (attualmente del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 216), stante la possibilità di avviare al recupero pneumatici usati utilizzando tale procedura. Pres. Lupo, Est. Fiale, P.M. De Nunzio, Ric. C.. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 17/01/2008, Sentenza n. 2489
RIFIUTI - Incenerimento a terra di rifiuti speciali - Assenza di idonea
autorizzazione - Responsabilità - Individuazione - Fattispecie - Art. 51, c. 1,
D.L.vo n. 22/1997 - Art. 674 c.p.. L’incenerimento a terra in assenza di
idonea autorizzazione di rifiuti speciali quali legname, bancali in legno,
plastica varia, gomme, polistirolo, cartoni, materiale edile ed altro,
provocando fumi atti a molestare le persone configura i reati previsti dal
Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51, comma 1, e dall’articolo 674
c.p.. Nella specie, inoltre, non assume rilievo, il ruolo svolto all'interno del
cantiere dove il fatto e' avvenuto - se cioe' commesso dal titolare di una
propria impresa o invece dal dipendente della ditta - come anche non rileva lo
svolgere - o meno - professionalmente la contestata attivita', posto che il
precetto contenuto nel Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51, comma 1,
si rivolge indistintamente a "chiunque effettua una attivita' di raccolta,
recupero, smaltimento" (Cass. Sez. 3, n. 21925 del 2002 Rv 221959 nonche', sul
carattere solo eventualmente abituale della attivita' stessa, Cass. Sez. 3, n.
13456 del 2006 Rv 236326). Pres. Lupo - Est. Mancini - Ric. D.I.. (Dich. Inamm.
ric. - Tribunale di Macerata sede distaccata di Civitanova Marche con sentenza
del 26.6.2006).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione III 17 Gennaio 2008, Sentenza n. 2480
RIFIUTI - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Emissioni inquinanti nell'atmosfera -
Combustione a terra di rifiuti speciali - Intollerabilià del fumo e dell'odore -
Segnalazione ai C.C. da parte di cittadini - Art. 674 c.p. - Configurabilità.
In tema di emissioni inquinanti nell'atmosfera, la segnalazione ai Carabinieri
da parte di cittadini del fatto che siano stati investiti ed evidentemente
molestati, dalle emissioni, provocati dall’incenerimento a terra di rifiuti
speciali quali legname, plastica varia, materiale edile ed altro in assenza di
idonea autorizzazione, configura ampliamente la contravvenzione di cui
all'articolo 674 c.p.. Pres. Lupo - Est. Mancini - Ric. D.I.. (Dich. Inamm. ric.
- Tribunale di Macerata sede distaccata di Civitanova Marche con sentenza del
26.6.2006).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione III 17 Gennaio 2008, Sentenza n. 2480
RIFIUTI - Acque reflue - Abbandono e deposito incontrollato - Impianto di depurazione - Reflui fuoriusciti dal tronco di fognatura - Sversamento su suolo e sottosuolo - Omessa manutenzione - Responsabilità del sindaco - D. L.vo n. 22/1997 - D. L.vo n. 152/2006 - Art. 107, D. L.vo n. 267/2000. Si configura la responsabilità del sindaco di un comune, che consenta, omettendo di disporre una corretta attività di manutenzione, che i reflui fuoriusciti dal tronco di fognatura a monte dell'impianto di depurazione invadessero ed impregnassero suolo e sottosuolo circostanti. Il vigente ordinamento degli enti locali (Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 107, e successive modificazioni) prevedendo la delega di autonomi poteri organizzativi ai dirigenti amministrativi dell'ente non esclude comunque il dovere di controllo in capo alla figura politicamente ed amministrativamente apicale del comune (in tal senso Cass. Sez. 3, n. 28674 del 2004 Rv. 229293). Pres. Lupo, Rel. Mancini, Ric. G.C.. (conferma Trib. di Foggia Sez. Dist. di Trinitapoli, Sentenza del 31/05/2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione III, 17/01/2008, Sentenza n. 2478
RIFIUTI - Discarica non autorizzata - Realizzazione e gestione di discarica
abusiva - Reato non configurabile in forma omissiva - Limiti - Concorso o
compartecipazione agevolatrice. Non è configurabile il reato di
realizzazione o esercizio di discarica abusiva rispetto alla condotta di chi,
avendo la disponibilità di un'area sulla quale altri abbiano abbandonato
rifiuti, si limiti a non attivarsi affinché questi ultimi vengano rimossi,
purché non risulti accertato il concorso, a qualunque titolo, del possessore del
fondo con gli autori del fatto (non sussistendo una posizione di garanzia in
capo allo stesso), ovvero una condotta di compartecipazione agevolatrice (anche
per negligenza). Pres. Lupo, Est. Fiale, P.M. De Nunzio, Ric. M.P. ed altri.
(annulla con rinvio Corte di Appello di Reggio Calabria sentenza 25.10.2006).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione III, 17 gennaio 2008, Sentenza n. 2477
RIFIUTI - Discarica abusiva - Confisca dell'area comune - Individuazione dei
soggetti - Art. 256, c. 3, D. L.vo n. 152/2006. Ai sensi dell’art. 256,
comma 3, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, la confisca dell'area - in
caso di comproprietà indivisa - deve essere confermata nei confronti della quota
ideale del reo (demandandosi alla fase esecutiva la individuazione concreta di
tale quota) e, quanto alle quote dominicali residue, allorché venisse ravvisata
la corresponsabilità di tutti i comproprietari, dovrà essere disposta la
confisca dell'intera area; mentre, in caso di responsabilità limitata ad alcuni
soltanto dei comproprietari, la confisca medesima dovrà essere limitata alle
sole quote dei soggetti condannati. Pres. Lupo, Est. Fiale, P.M. De Nunzio, Ric.
M.P. ed altri. (annulla con rinvio Corte di Appello di Reggio Calabria sentenza
25.10.2006).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione III, 17/01/2008, Sentenza n. 2477
RIFIUTI - Discarica non autorizzata - Realizzazione e gestione - Nozione -
Art. 256, c. 3, D. L.vo n. 152/2006 (ex art. 51,c.3 del D. L.vo n.22/1997).
Ai sensi del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51, comma 3, (oggi
trasfuso nel Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 256, comma 3)
la realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso diverse attività.
Ad esempio, attraverso il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze
oggettivamente destinate all'abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale,
del sito degradato dalla presenza dei rifiuti, oppure, con un vero e proprio
allestimento a discarica di un'area, con il compimento delle opere occorrenti a
tal fine: spianamento del terreno, apertura dei relativi accessi, recinzione,
etc.. Inoltre, secondo un'interpretazione giurisprudenziale, potrebbe integrare
il reato di discarica abusiva anche un unico conferimento di ingenti quantità di
rifiuti che faccia però assumere alla zona interessata l'inequivoca destinazione
di ricettacolo di rifiuti, con conseguente trasformazione del territorio (Cass.,
Sez. 3, 4.11.1994, Zagni). Mentre, la gestione di una discarica di rifiuti si
identifica in una attività autonoma, successiva alla realizzazione, che può
essere compiuta dallo stesso autore di quest'ultima o da altri soggetti, e che
consiste nell'attivazione di un'organizzazione, articolata o rudimentale, di
persone e cose diretta al funzionamento della discarica medesima (vedi Cass.:
Sez. 3, 11.4.1997, Vasco). Pres. Lupo, Est. Fiale, P.M. De Nunzio, Ric. M.P. ed
altri. (annulla con rinvio Corte di Appello di Reggio Calabria sentenza
25.10.2006).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione III, 17/01/2008, Sentenza n. 2477
RIFIUTI - Discarica abusiva - Confisca dell'area - Decisione emessa ai sensi
sell’art. 444 c.p.p., Effetti - Obblighi di bonifica o di ripristino dello stato
dei luoghi - Art. 256, c. 3, D. L.vo n. 152/2006. Ai sensi del Decreto
Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51, comma 3, (disposizione testualmente
riprodotta nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 3),
"alla sentenza di condanna o alla decisione emessa ai sensi dell'articolo 444
c.p.p., consegue la confisca dell'area sulla quale e' stata realizzata la
discarica abusiva, se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato,
fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi". Ne
consegue che, il soggetto responsabile, o compartecipe nel reato per dolo o
colpa, oltre a subire la pena e la conseguente confisca obbligatoria del sito,
resta altresi' obbligato alla bonifica ed al ripristino dello stato dei luoghi
secondo le prescrizioni di legge. Pres. Lupo, Est. Fiale, P.M. De Nunzio, Ric.
M.P. ed altri. (annulla con rinvio Corte di Appello di Reggio Calabria sentenza
25.10.2006).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione III, 17/01/2008, Sentenza n. 2477
RIFIUTI - Confisca dell'area comune interessata dalla discarica - Ratio
- Limiti - Diritto del terzo estraneo al reato - Art. 256, c. 3, D. L.vo n.
152/2006. La confisca prevista nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006,
articolo 256, comma 3, non può essere disposta dal giudice - in caso di
comproprietà indivisa dell'area - nei confronti di quei comproprietari che non
siano responsabili, quanto meno a titolo di concorso, del reato di discarica
abusiva, non potendo applicarsi la misura di sicurezza, ablativa della
proprietà, in danno di persone che non hanno commesso alcun illecito penalmente
rilevante e non avendo l'area medesima natura intrinsecamente criminosa (Cass.,
Sez. 3, 26.2.2002, n. 7430, Dessena). Tuttavia, la restituzione dell'intero
bene, ad uno o più titolari della comproprietà indivisa rimasti estranei al
reato, consentirebbe anche al proprietario condannato di riacquistare la piena
disponibilità dell'immobile, con evidente elusione della "ratio" della
norma, che va individuata nell'opposta esigenza di evitare che l'area
interessata rimanga nella disponibilità del proprietario il quale la abbia già
utilizzata come strumento del reato. Pertanto, affinché, il diritto del terzo
estraneo al reato non venga sacrificato, la quota di spettanza di esso estraneo
potrà essergli restituita come proprietà singolare sulla quale il reo non abbia
diritto di disporre (Cass., Sez. 3, 21.2.2006, n. 6441, Serra). Pres. Lupo, Est.
Fiale, P.M. De Nunzio, Ric. M.P. ed altri. (annulla con rinvio Corte di Appello
di Reggio Calabria sentenza 25.10.2006).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione III, 17/01/2008, Sentenza n. 2477
RIFIUTI - INQUINAMENTO IDRICO - Rifiuti liquidi derivanti da attività ospedaliera - Disciplina applicabile - Individuazione - D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Testo unico ambientale). La disciplina applicabile allo smaltimento dei rifiuti allo stato liquido derivanti da attività ospedaliera continua ad essere quella relativa agli scarichi di cui alla sez. II°, parte terza, del D.Lgs. n. 152 del 2006 e non quella in materia di smaltimento di rifiuti liquidi di cui alla parte quarta del predetto decreto, non rivestendo alcun valore innovativo l’art. 185 del richiamato decreto legislativo che per i “rifiuti liquidi costituiti da acque reflue” prevede l’applicazione della disciplina sui rifiuti, ciò in quanto l’art. 227 del medesimo decreto dichiara applicabile ai rifiuti liquidi ospedalieri la disciplina in materia di scarichi, richiamando l’art. 6 del d.P.R. 15 luglio 2004, n. 254 che rinvia all’abrogato D.Lgs. n. 152 del 1999 sulle acque. (Nella specie, si trattava di reflui provenienti dal lavaggio delle apparecchiature utilizzate per gli esami di laboratorio, contenenti residui biologici miscelati con i reagenti chimici utilizzati per le analisi, reflui convogliati direttamente nell’impianto di depurazione dell’ospedale che recapitava, dietro regolare autorizzazione, nella rete fognaria comunale). Presidente E. Papa, Relatore A. Ianniello - Ric. Canaletti. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 16/01/2008 (Ud. 29/11/2007), Sentenza n. 2246
RIFIUTI - Situazioni di
emergenza - Ordinanze commissariali - Compentenza funzionale del TAR Lazio -
Art. 2, cc. 2bis, ter e quater D.l. 30/11/2005 - Trasferimento della
controversia nella sede competente - Procedura applicabile - Riproposizione del
ricorso. A tenore delle disposizioni di cui all’art. 2, cc. 2bis, ter e
quater del D.L. 30 novembre 2005 (convertito, con modificazione dalla L. n.
21/2006), le ordinanze rese dal Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti
nella Regione Campania appartengono alla competenza funzionale del TAR Lazio -
sede di Roma (cfr. sent. Corte Cost. n. 237 del 26 giugno 2007). Ai fini del
trasferimento della controversia nella sede competente, non può essere
utilizzato l’ordinario meccanismo previsto per l’ipotesi di incompetenza
territoriale, ostandovi ilo disposto letterale della norma che parla di
“riproposizione” de “il ricorso”. Il giudizio va pertanto definito nel merito,
restando salva, in capo al ricorrente, la possibilità di riproporre il ricorso
innanzi al Tar competente. Pres. Guida, Est. Guarracino - Comune di Lusciano
(avv. Sperino) c. Commissario di Governo Emergenza Rifiuti Campania (avv.
D’Amico) -
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 15 gennaio 2008, n. 208
RIFIUTI - Smaltimento non autorizzato o difforme - Circostanza
dell'illegittimità - Ininfluenza - Nozione di “ingente quantitativo” - Criteri
di calcolo. In materia di rifiuti, la nozione di ingente quantitativo deve
essere riferita al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso
una pluralità di operazioni anche se queste ultime, considerate singolarmente,
potrebbero essere di entità modesta (Cass. Sez. 3 n. 12433 del 15.11.2005 PM in
proc. Costa). Sicché, rientra nella nozione di ingente quantità l'intero
quantitativo dei rifiuti illegittimamente smaltito indipendentemente dalla
circostanza che l'illegittimità derivi da mancanza di autorizzazione o da
difformità.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dell' 8/01/2008, Sentenza n. 358
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Dolo
specifico - Ingiusto profitto - Semplice riduzione dei costi aziendali -
Configurabilità - Art. 53 bis D. Lgs 22/97 trafuso nell’art. 260 D. Lgs. n.
152/2006. Per la configurabilità del reato di cui al Decreto Legislativo n.
22 del 1997, articolo 53 bis (attività organizzate per il traffico illecito di
rifiuti) (oggi riprodotto integralmente nell’art. 260 D.lgs. n. 152/2006), è
necessario il dolo specifico (Cass. Sez. 3, 6.10.2005 n. 40827). Inoltre il c.d.
“ingiusto profitto” è configurabile anche nella semplice riduzione dei costi
aziendali (Sez. 4, 2.7.2007 n. 28158). Pres. Grassi Est. Sarno Ric. Putrone ed
altro.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dell' 8/01/2008, Sentenza n. 358
RIFIUTI - Attività organizzata di gestione dei rifiuti - Nozione di condotta
abusiva - Presupposti - Art. 260 D. L.vo n. 152/2006. In tema di rifiuti, la
nozione di condotta abusiva comprende anche quelle attività che per le modalità
concrete in cui si esplicano risultano totalmente difformi da quanto
autorizzato. Il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei
rifiuti - idoneo ad integrare il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 22 del
1997, articolo 53 bis, (oggi riprodotto nell’art. 260 D.lgs. n. 152/2006) -
sussiste qualora essa si svolga continuativamente nell'inosservanza delle
prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorchè tali
autorizzazioni manchino del tutto (cosiddetta attività clandestina), ma anche
quando esse siano scadute o palesemente illegittime e comunque non commisurate
al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli
autorizzati, (Cass. Sez. 5 11.10.2006 n. 40330 ric. Pellini).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dell' 8/01/2008, Sentenza n. 358
RIFIUTI - Eccezione di illegittimità costituzionale dell'articolo 53 bis del
DLgs 22/97 (oggi art. 260 D.lgs. n. 152/2006) - Infondatezza. L'eccezione di
illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53
bis, - testualmente riprodotto dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo
260 è infondata. La Corte Costituzionale ha più volte evidenziato che anche per
i reati ascritti alla categoria di quelli formali o di pericolo presunto
l'accertamento in concreto dell'offensività specifica della singola condotta è
devoluta in ogni caso al sindacato del Giudice penale e che la mancanza di
offensività in concreto lungi dall'integrare un vizio di legittimità
costituzionale implica una valutazione rimessa al giudice (così C. Cost. n.
247/97).Pres. Grassi Est. Sarno Ric. Putrone ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dell' 8/01/2008, Sentenza n. 358
RIFIUTI - Reato di cui al art. 260 D.lgs. n. 152/2006 - Natura di pericolo
presunto. Il reato di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53
bis, (oggi trafuso nell’art. 260 D.lgs. n. 152/2006) ha natura di pericolo
presunto e non di danno (Cass. Sez. 3 16.12.2005 n. 4503).Pres. Grassi Est.
Sarno Ric. Putrone ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dell' 8/01/2008, Sentenza n. 358
RIFIUTI - Reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata -
Configurabilità - Presupposti - D.L.vo n 152/2006 - D.Lgs. n. 22/1997, art. 51,
c. 3. In tema di gestione di rifiuti, ai fini della configurabilità del
reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, di cui al D.Lgs.
5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, comma 3, (oggi trafuso nel D.L.vo n 152/2006) è
necessario l'accumulo, più o meno sistematico ma comunque ripetuto e non
occasionale, di rifiuti in un'area determinata, la eterogeneità dell'ammasso dei
materiali, la definitività del loro abbandono ed il degrado, anche solo
tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in
questione (sez. 3, 17.6.2004 n. 27296, Micheletti, RV 229062; conf. sez. 3,
8.9.2004 n. 36062, Tomasoni; RV 229484).Pres. Grassi Est. Sarno Ric. Putrone ed
altro.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 7 Gennaio 2008, Sentenza n. 203
RIFIUTI - Discarica abusiva - Scriminante dello stato di necessità -
Esclusione - Fattispecie. La scriminante dello stato di necessità opera solo
allorché la condotta illecita sia diretta ad evitare un danno grave alla
persona, da intendersi nella sua accezione fisica e morale, ma non patrimoniale.
Nella specie, non può essere invocato lo stato di necessità della sua azione per
fini sociali e di mercato relativi ai dipendenti della sua azienda. Nella specie
era stato effettuato un deposito incontrollato di un ingente quantitativo di
rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da fanghi e scarti provenienti dalla
lavorazione del marmo realizzata una discarica non autorizzata dei predetti
rifiuti, violati i sigilli apposti dall'autorità giudiziaria per impedire la
prosecuzione dell'attività illecita effettuazione uno scarico di acque reflue
industriali derivanti dalla lavorazione del marmo senza la prescritta
autorizzazione.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 7 Gennaio 2008, Sentenza n. 203
RIFIUTI - PROCEDURE E VARIE - Discarica abusiva - Violazione di sigilli -
Tutela e funzione - Art. 349 c.p.. Il delitto di violazione di sigilli
previsto dall'art. 349 c.p., (nella specie in discarica abusiva), si consuma non
soltanto con la distruzione materiale dei sigilli, ma anche con ogni altra
condotta diretta a violare il vincolo di indisponibilità sotteso allo loro
apposizione, atteso che la norma in questione tutela non solo l'integrità
materiale ma anche quella funzionale dei sigilli. (Cass. sez. 3, 200226185,
Spini; conf. Cass. sez. 3, 200437898, Priolo; Cass. sez. III, 2003/16000,
Carpanese).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 7 Gennaio 2008, Sentenza n. 203
RIFIUTI - Deposito e smaltimento di rifiuti da parte di terzi - Responsabilità
del proprietario dell’area - Comportamento attivo - Criteri d’individuazione -
Fattispecie: smaltimento definitivo di macerie provenienti da demolizioni e
materiale per scarto prodotto dei cantieri. La responsabilità del
proprietario dell’area destinata a deposito e smaltimento di rifiuti può essere
desunta dal comportamento attivo, consistente, di fatto, nel fare depositare,
almeno in parte, i materiali di risulta da demolizioni e gli scarti di cantiere
(plastica, tondini, legni, sacchetti etc.), e fare spianare gli stessi in una
depressione e ricoprire il tutto con terreno naturale. Nella pratica, anche solo
lo spianamento e copertura con terreno naturale integra il reato di cui al
Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51 comma 1, in quanto lo
smaltimento dei rifiuti non si ha soltanto col deposito di essi "sul suolo" ma
anche "nel suolo", come viene anche indicato nell'allegato "B" (allegato 4) del
Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 che ha trovato continuità normativa
nel Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, allegato B parte quarta (allegato
18), che descrive le attività di smaltimento.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 7 Gennaio 2008, Sentenza n. 177
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Gestione dei rifiuti non pericolosi - Limiti
- Art. 183 n.3/2 D. L.vo n. 152/2006. In materia di gestione dei rifiuti,
sia il Decreto Legislativo n. 22/97, articolo 6, n. 3, lettera m, che il
successivo Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 183 n. 3/2, lettera m,
escludono la possibilità di deposito temporaneo quando i rifiuti non pericolosi
superano i 20 mc.
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 7 Gennaio 2008, Sentenza n. 177
RIFIUTI - URBANISTICA E EDILIZIA - Attività di gestione di rifiuti non
autorizzata - Autorizzazione in materia edilizia - Inapplicabile per la gestione
di rifiuti - Art. 256 c. 4, D.L.vo n.152/2006. La norma che prevede che le
pene di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, commi 1, 2 e
3, sono ridotte della metà nel caso di inosservanza delle prescrizioni contenute
o richiamate nelle autorizzazioni, fa riferimento esclusivamente alle
autorizzazioni in materia di gestione dei rifiuti. (Nella specie il giudice non
ha ritenuto applicabili i benefici di cui al comma 4 dell’art. 256, D.L.vo
n.152/2006, in quanto l'autorizzazione al riempimento con terreno naturale della
depressione era semplicemente un'autorizzazione in materia edilizia).
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 7 Gennaio 2008, Sentenza n. 177
RIFIUTI - Gestione integrata dei rifiuti urbani - D.lgs. n. 152/2006 -
Regione Siciliana - Gestione commissariale - D.L. 15/2003 - Trasferimento di
funzioni dal Comune alla Società d’ambito - Tariffa del servizio - Poteri
coattivi di imposizione e riscossione - Titolarità - Società d’ambito - Natura
della T.I.A. - Corrispettivo del servizio - D.lgs. n. 152/2006, art. 283 -
Traslazione sugli utenti dei costi organizzativi. In tema di gestione integrata
dei rifiuti urbani, le disposizioni di cui al d. lgs. n. 152/2006 (cfr. art.
283, ai sensi del quale la T.I.A., che costituisce un corrispettivo del servizio
di gestione dei rifiuti urbani, è determinata dalle Autorità d'Ambito, ma
applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata
dei rifiuti), unitamente alle previsioni di cui alla gestione commissariale
nella Regione Sicilia (cfr. d.l. n. 15/2003, convertito con l. n. 62/2003, e
successivi provvedimenti adottati dal Commissario per la gestione
dell’emergenza) , hanno realizzato un vero e proprio trasferimento di funzioni
dal Comune all’Ente pubblico appositamente costituito (società d’ambito), con
relativo mutamento nella titolarità del potere. Il comune non ha pertanto la
possibilità giuridica di riacquisire il servizio, sottraendosi alla società
d’ambito e gestendolo in proprio; non ha più funzioni impositive e non può
determinare la tariffa del servizio; non ha poteri di regolamentazione autonoma
dello stesso, disponendo per il proprio territorio un’organizzazione difforme da
quella dell'ambito; esercita obbligatoriamente "nella" società d'ambito, come
socio nell'Assemblea, le funzioni residuali che gli permangono per effetto
dell'art. 23 del d-.lgs. 22/97. Sono state trasferite alla società d'ambito
anche le risorse e le funzioni amministrative dell'Ente, nonché la titolarità
dei poteri coattivi di imposizione e riscossione della tariffa. Quest’ultima
riflette i costi di gestione ed è il prodotto della traslazione sugli utenti dei
costi organizzativi dell'ente deputato al servizio. Pres. f.f. ed Est. Salamone
- Assoutenti (avv.ti Faraci e Segreto) c. E.E. s.p.a. (avv. Bonura), riunito ad
altri ricorsi - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. III - 4 gennaio 2008, n. 52
RIFIUTI - Albo dei gestori ambientali - Iscrizione secondo le procedure
ordinarie - Attività di raccolta e trasporto di rifiuti sottoposti alle
procedure semplificate - Art. 212 D. Lgs. n. 152/2006 - Comunicazione di cui al
c. 18 - Necessità - Esclusione - Condizioni. L’innovativo quadro normativo
introdotto dall’articolo 212 del D.L. vo n. 152 del 2006 è chiaro nel prevedere
che chi risulta iscritto all’Albo dei gestori ambientali secondo le procedure
ordinarie può effettuare attività di raccolta e trasporto di rifiuti sottoposti
alle procedure semplificate, senza dover effettuare la comunicazione di cui al
comma 18 dello stesso articolo, e quindi senza dover iscriversi secondo la
procedura semplificata, purché risultino soddisfatte due condizioni: a) che i
rifiuti siano effettivamente avviati al recupero ed al riciclaggio; b) che i
rifiuti avviati alle operazioni suddette siano della stessa categoria, classe e
tipologia di rifiuti per i quali le imprese sono iscritte secondo la procedura
ordinaria. Pres. Camozzi, Est. Buscicchio - D. s.p.a. (avv.ti Contieri e Macri)
c. Comune di Venosa (avv. Araneo) -
T.A.R. BASILICATA, Sez. I - 2 gennaio 2008, n. 3
RIFIUTI - Albo dei gestori ambientali - Gara di appalto - Categoria 4,
classe C - Categoria 2, classe E - Equivalenza ai fini dell’aggiudicazione di
gara d’appalto - Possibilità. L’iscrizione nella categoria 4, classe C, può
legittimamente essere ritenuta equivalente, in sede di aggiudicazione, alla
classe E, categorie 2 e 4 , atteso che la quantità di rifiuti prevista per la
categoria 2 classe E sommata a quella prevista per la categoria 4 classe E è
comunque inferiore a quella autorizzata a trattare per la categoria 4 classe C.
Pres. Camozzi, Est. Buscicchio - D. s.p.a. (avv.ti Contieri e Macri) c. Comune
di Venosa (avv. Araneo) -
T.A.R. BASILICATA, Sez. I - 2 gennaio 2008, n. 3
RIFIUTI - Spazzamento - Albo dei gestori ambientali - Dotazione di mezzi
- Iscrizione alla categoria 1 classe D - Idoneità all’aggiudicazione di gara
d’appalto il cui bando richieda l’iscrizione alla classe E, categoria 1. Ai fini
dello svolgimento dell’attività di spazzamento, la dotazione di veicoli
richiesta dall’allegato C della deliberazione dell’Albo Nazionale delle Imprese
che effettuano la gestione dei rifiuti (oggi: Albo dei Gestori Ambientali) 30
gennaio 2003, per la categoria 1 classe D (8 veicoli a motore a tre o quattro
ruote) è superiore a quella richiesta per la categoria 1 classe E (5 veicoli a
motore a tre o quattro ruote). E’ evidente pertanto che l’iscrizione nella
categoria 1 classe D non può essere causa di esclusione dalla gara di appalto il
cui bando richieda l’iscrizione alla categoria 1 classe E. Pres. Camozzi, Est.
Buscicchio - D. s.p.a. (avv.ti Contieri e Macri) c. Comune di Venosa (avv.
Araneo) -
T.A.R. BASILICATA, Sez. I - 2 gennaio 2008, n. 3
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