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Giurisprudenza

 

 

Diritto Processuale

Procedure (e varie)

Processo e procedure di: penale, civile, amministrativo, comunitario...

 

 

2009

 

 Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni

2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000 - 1999-92

 

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DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Ricorso straordinario - Parere del Consiglio di Stato - Giurisdizione ai sensi dell’art. 234 CE. Il Consiglio di Stato, quando emette un parere nell’ambito di un ricorso straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi dell’art. 234 CE (sentenza 16/10/1997, cause riunite da C-69/96 a C-79/96, Garofalo e a.). Lenaerts (Pres.) Juhász (Rel.) - Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa) c. Regione Marche. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 23/12/2009, Sentenza C-305/08

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Violazione di disposizioni comunitarie - Giudici nazionali e rilievo d’ufficio - Presupposti e limiti. Il diritto comunitario, in via di principio, non impone ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio un motivo basato sulla violazione di disposizioni comunitarie, qualora l’esame di tale motivo li obblighi ad esorbitare dai limiti della lite quale è stata circoscritta dalle parti, basandosi su fatti e circostanze diversi da quelli che la parte processuale che ha interesse all’applicazione di dette disposizioni ha posto a fondamento della propria domanda (v. sentenze 14/12/1995, causa C-430/93, van Schijndel e van Veen; nonché 7/06/2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a.). Tale limitazione del potere del giudice nazionale è giustificata dal principio secondo il quale l’iniziativa di un processo spetta alle parti e che, pertanto, il giudice può agire d’ufficio solo in casi eccezionali in cui il pubblico interesse esige il suo impulso (v. citate sentenze van Schijndel e van Veen, punto 21, nonché van der Weerd e a., punto 35). Pres./Rel. Tizzano - Martín c. EDP Editores SL. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 17/12/2009, Sentenza C-227/08

 

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - DIRITTO PROCESSUALE - Norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale - Proprietari della aree coinvolte - Lesione diretta e attuale in assenza di atti applicativi - Inconfigurabilità. Le Norme Tecniche di Attuazione del Piano Paesaggistico Regionale, in assenza di atto applicativo, non comportano una lesione diretta e attuale della sfera giuridica dei privati proprietari delle aree coinvolte, salvo che l’interessato dimostri la diretta incidenza delle previsioni contestate sul bene di sua proprietà, anche senza l’interposizione di un atto applicativo (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. II, 4 dicembre 2006, n. 1035; T.A.R. Sardegna, Sez. II, 20 aprile 2009, n. 538). Pres. Panunzio, Est. Plaisant - M.G. (avv.ti Corda e Rossi) c. Regione Autonoma della Sardegna (avv.ti Carrozza, Cerulli Irelli e Contu) - TAR SARDEGNA, Sez. II - 14 dicembre 2009, n. 2054

 

DIRITTO PROCESSUALE - Sentenza - Pretese assistite da giudicato - Transazione - Validità - Esclusione - Indisponibilità - Presupposto della transazione - Res litigiosa - Artt. 1965 e ss. c.c.. La sentenza, analogamente al suo contenuto e agli effetti del giudicato, non rientra nella disponibilità delle parti e, di conseguenza, essa non può essere rimossa da ulteriori pattuizioni. Nemmeno è altrimenti configurabile in capo agli appellanti vittoriosi alcuna possibilità di transigere le proprie pretese assistite dal giudicato, giacché nel contratto di transazione disciplinato dagli artt. 1965 segg. del codice civile, la causa del negozio si fonda sul presupposto che la lite sia imminente ma non ancora pendente o, se pendente, non sia stata ancora decisa con sentenza passata in giudicato. Per la validità della transazione è, quindi, necessaria la sussistenza della res litigiosa, in quanto ciò costituisce non l'oggetto, ma il presupposto stesso della transazione (Cassazione civile , sez. III, 03 aprile 2003 , n. 5139). Inoltre, deve ritenersi che,ai sensi del 2° comma dell’art. 1974 cod. civ., quando nonostante l'intervenuta composizione transattiva della controversia, questa sia stata definita con sentenza passata in giudicato, senza che alcuna delle parti abbia invocato la transazione nel corso dell'iter processuale, la situazione così accertata diviene intangibile, in quanto il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, con la conseguenza che detta situazione non potrà essere rimessa in discussione in un successivo giudizio nel quale voglia farsi rivivere l'effetto dell'accordo transattivo che rimane vanificato. (cfr in tal senso, Cassazione civile , sez. II, 25 agosto 1988 , n. 3755). Pres. Zingales, Est. Barone - Comune di Acireale (avv.ti Figuera e Fonderico c. A. s.p.a. (avv. Scuderi) e altri (n.c.) - TAR SICILIA, Catania, Sez. I - 11 dicembre 2009, n. 2093

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Rinvio pregiudiziale - Art. 234 CE - Nozione di “giurisdizione nazionale” - Ricevibilità - Direttiva 85/337/CEE. In materia di rinvio giudiziale, per valutare se l’organo del rinvio possiede le caratteristiche di un giudice ai sensi dell’art. 234 CE, questione unicamente di diritto comunitario, si deve tener conto di un insieme di elementi, quali il fondamento legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente (v. sentenze 30/06/1966, causa 61/65, Vaassen-Göbbels e 18/10/2007, causa C-195/06, Österreichischer Rundfunk). Pres. Bonichot - Rel. Kuris - Umweltanwalt von Kärnten c. Kärnter Landesregierung. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 10/12/2009, Sentenza C-205/08

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Interpretazione del diritto comunitario - Pronuncia pregiudiziale - Competenze. Spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (v. sentenza 5/03/2009, causa C-545/07, Apis-Hristovich). Pertanto, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire. Pres. Bonichot - Rel. Kuris - Umweltanwalt von Kärnten c. Kärnter Landesregierung. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 10/12/2009, Sentenza C-205/08

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri - Applicazione ed interpretazione. I termini di una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto, nell’intera Comunità europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa. (v. sentenze 19/09/2000, causa C-287/98, Linster e 4/05/2006, causa C-290/03, Barker). Pres. Bonichot - Rel. Kuris - Umweltanwalt von Kärnten c. Kärnter Landesregierung. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 10/12/2009, Sentenza C-205/08

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Motivazione della sentenza di merito - Prove controverse e decisive - Valutazione - Limiti. La motivazione della sentenza di merito deve trattare solo le prove controverse e decisive, sicché è decisiva la prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza perché ne intacca la sua struttura portante. Pertanto, il riferimento a specifici atti del processo nel motivo di ricorso assume rilevanza solo se dimostri che il giudice abbia trascurato di esaminare fatti decisivi ai fini del giudizio, nel senso che se fossero stati convenientemente valutati avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata. (conferma Corte d'Appello di Firenze sentenza in data 1.07.2008) Pres. Onorato, Est Teresi, Ric. Fontani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9 dicembre 2009 (Ud 28.10.2009), Sentenza n. 46834

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Decisioni del giudice - Obbligo della motivazione - Motivazione per relationem - Art. 426 c.p.p.. L'obbligo generale della motivazione, imposto per tutte le sentenze dall'art. 426 c.p.p., richiede la sommaria esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata e va rapportato al caso in esame, alle questioni sollevate dalle parti e a quelle rilevabili o rilevate dal giudice. Tale obbligo è assolto quando il giudice esponga le ragioni del proprio convincimento a seguito di un'approfondita disamina logica giuridica di tutti gli elementi di rilevante importanza sottoposti al suo vaglio, sicché, nel giudizio d'appello, occorre che la corte di merito esponga compiutamente i motivi d'appello e, sia pure per implicito, le ragioni per le quali rigetti le doglianze dagli stessi avanzate. Quindi, il giudice d'appello è libero, nella formazione del suo convincimento, d'attribuire alle acquisizioni probatorie il significato ed il peso che egli ritenga giusti e rilevanti ai fini della decisione, con il solo obbligo di spiegare, con motivazione priva di vizi logici o giuridici, le ragioni del suo convincimento. E' pure consentita la motivazione per relationem, con riferimento alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso oppure non attengano a elementi rilevanti ai fini decisionali. (conferma Corte d'Appello di Firenze sentenza in data 1.07.2008) Pres. Onorato, Est Teresi, Ric. Fontani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09-12-2009 (Ud 28.10.2009), Sentenza n. 46834

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio d'appello - Elementi di prova e struttura motivazionale - Analisi e valutazione. Quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti e fondamento delle rispettive decisioni, le struttura motivazionale della sentenza d'appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo" (Cassazione Sezione I n. 8868/2000, Sangiorgi). Va, rilevato che nel giudizio d'appello "la sentenze di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione, e si pone dunque fuori dal pur legittimo ambito del ricorso alla motivazione per relationem" se si limita a riprodurre la decisione confermata dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntale le soluzioni adottata dal giudice di primo grado, e senza argomentare sull'inconsistenza o sulla non pertinenza di detti motivi" (Cassazione Sezione VI, n.6221/2006, Aglieri). (conferma Corte d'Appello di Firenze sentenza in data 1.07.2008) Pres. Onorato, Est Teresi, Ric. Fontani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/12/2009 (Ud 28.10.2009), Sentenza n. 46834

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sindacato di legittimità - Illogicità della motivazione - Elementi. Non è ravvisabile l'asserita illogicità della motivazione che, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da essere percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento [Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina). (conferma Corte d'Appello di Firenze sentenza in data 1.07.2008) Pres. Onorato, Est Teresi, Ric. Fontani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/12/2009 (Ud 28.10.2009), Sentenza n. 46834

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Legittimazione ad agire - Impianti di ampia percezione visiva - Rapporto di immediata contiguità - Limiti - Fattispecie: parco eolico. Ai fini della legittimazione ad agire, il rapporto di immediata contiguità tra i fondi dei ricorrenti e l’impianto di cui si contesta l’autorizzazione è necessariamente richiesto per la realizzazione di talune strutture di minore impatto visivo (es. edifici di qualche piano, tralicci isolati, etc.), mentre non lo è altrettanto per impianti di più ampia percezione visiva (nella specie, parco eolico) (cfr. TAR Sardegna, II, 3 ottobre 2006, n. 2083). Pres. Ravalli, Est. Santini - P.A. e altri (avv. Baldassarre) c. Comune di Ruffano (avv. Flascassovitti) e altro (n.c.) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 3 dicembre 2009, n. 2987

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Inadempimento - Valutazione - Scadenza del termine stabilito. L’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., sentenza 6/12/2007, causa C-456/05, Commissione/Germania). Pertanto, in assenza di una definita azione entro il termine, l’addebito mosso dalla Commissione è fondato.  Pres. Bonichot - Rel. Toader - Commissione europea c. Regno del Belgio. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VI, 3/12/2009, Sentenza C-475/08

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Normativa idonea a comportare oneri finanziari - Principio della certezza del diritto - Tutela del legittimo affidamento - Applicazione. Il principio della certezza del diritto, il cui corollario è il principio della tutela del legittimo affidamento, richiede, in particolare, che l’applicazione delle norme giuridiche sia prevedibile per coloro che vi sono sottoposti. Tale necessità, s’impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro (v. sentenza 10/09/2009, causa C-201/08, Plantanol). Pres. Skouris - Rel. Lenaerts - Aventis Pasteur SA c. OB. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. Grande 2/12/2009, Sentenza C-358/08

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Esistenza di un inadempimento - Criteri di valutazione - Inosservanza degli obblighi e dei termini prescritti da una direttiva - Ordinamento giuridico interno - Giustificazione - Esclusione. L’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (v., sentenze 27/10/2005, causa C-23/05, Commissione/Lussemburgo e 27/09/2007, causa C-115/07, Commissione/Repubblica ceca). Peraltro, uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini imposti da una direttiva (v., sentenze 10/04/2003, causa C-114/02, Commissione/Francia e 23/04/2009, causa C-321/08, Commissione/Spagna). Pres. Silva de Lapuerta - Rel. Malenovský - Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VII, 26/11/2009, Sentenza C-13/09

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Art. 395 c.p.c. - Revocazione - Presupposti - Errore di fatto - Nozione - Individuazione. Ai sensi dell'art. 395 c.p.c. possono impugnarsi per revocazione solo le pronunce costituenti l'effetto di un errore di fatto risultante da atti o documenti della causa, se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; l'errore di fatto deve consistere nel c.d. abbaglio dei sensi, cioè in una falsa percezione da parte dei giudice della realtà processuale, in una svista, quindi, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare l'esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti medesimi risulti invece positivamente accertato; tale errore di fatto non è ravvisabile in linea di principio quando è lamentata una presunta erronea valutazione degli atti e delle risultanze processuali o un'anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio (in quanto ciò si risolve in un errore di giudizio), nonché quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita; né è configurabile l'errore di fatto in ordine a documenti e ad atti processuali, ma solo nell'attività di lettura e di percezione del loro incontestabile significato letterale e logico da parte del giudice, giacché l'errore di interpretazione e di valutazione dei fatti è errore di diritto nei cui confronti è inammissibile la revocazione. Pres. Iannotta, Est. Montedoro - R. s.r.l. (avv.ti Boifava, Giacometti e de Portu) c. AMSA (avv.ti Mazzarelli e Manzi). CONSIGLIO DI STATO, Sez.V - 12 novembre 2009, n.7043

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Inosservanza degli obblighi e dei termini prescritti da una direttiva - Ordinamento giuridico interno - Giustificazione - Esclusione. Uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini prescritti da una direttiva (v. sentenza 28/06/2007, causa C-235/04). Pres. Lindh - Rel. Lõhmus - Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VII, 12/11/2009, Sentenza C-12/09

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Giudizio di ottemperanza - Vizi inficianti l’azione amministrativa - Specifica denuncia - Onere del ricorrente - Condanna della P.A. al pagamento di somme di denaro - Indicazione delle omissioni o degli errori di calcolo. Nel giudizio per l'ottemperanza è onere del ricorrente denunciare, con pertinenti e documentate censure, i vizi che inficiano l'azione amministrativa, non potendo la sua contestazione esaurirsi in una generica dichiarazione d'insoddisfazione per il risultato raggiunto, rispetto a quello che si prefigurava di conseguire. Pertanto, nel caso di sentenza di condanna della pubblica amministrazione al pagamento di somme di denaro, è onere del ricorrente, una volta in possesso del prospetto contenente i conteggi eseguiti dall'amministrazione, indicare le omissioni ovvero gli errori di calcolo che sarebbero stati commessi in suo danno dagli uffici, onde porre il giudice adito in condizione di verificare, attraverso il raffronto tra i prospetti elaborati dalle parti in causa, se il giudicato è stato effettivamente eseguito solo in parte.(Consiglio di Stato , sez. IV, 24 febbraio 1996, n. 172). Pres. f.f. Buonvino, Est. Taormina - B. s.p.a. (avv.ti Macchia e Vinti) c.Azienda Speciale Molise Acque (avv. Neri). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 6 novembre 2009, n. 6936

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Legittimazione ad agire - Localizzazione di un campo nomadi - Residenti nella zona interessata - Interesse diretto e immediato - Sussistenza. I residenti nella zona interessata dalla localizzazione del campo nomadi ovvero in aree limitrofe hanno un interesse diretto ed immediato a dolersi della delibera di approvazione del progetto per la realizzazione del nuovo villaggio nomadi che è ,indubbiamente , idonea ad incidere sulle condizioni di vita e di relazione nella zona dove hanno la propria residenza. Pres. Trotta, Est. Zaccardi - C.A. e altri (avv.ti Chinaglia, Palopoli e Chinaglia) c. Comune di Venezia (avv.ti Ballarin,Giulio Gidoni, ,Iannotta, , Morino, ,Ongaro, ,Paoletti e Venezian) - (Conferma TAR Veneto, n. 207/2009). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 4 novembre 2009, n. 6866

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Questione pregiudiziale sollevata innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee - Regolamento preventivo di giurisdizione - Ammissibilità. La preclusione alla proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione dopo che il giudice di merito abbia emesso una sentenza, anche soltanto limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale, non opera nel caso in cui il giudice, nel sollevare, con ordinanza, questione pregiudiziale alla Corte di giustizia delle Comunità europee, abbia esaminato, al solo fine di giustificare la rilevanza di tale questione, anche sotto il profilo pregiudiziale di rito relativo alla propria giurisdizione, senza tuttavia pronunciare alcuna statuizione al riguardo; sicchè, in siffatta ipotesi, è ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione (Cass. 26 giugno 2006, n. 8745). Pres. Carbone - Comune di Milano (avv.ti Santa Maria, Surano, Perfetti e Croff) c. S.A.M. e altri (avv.ti Nespor, De Cesaris e Angiolini). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unite civili - 3 novembre 2009, ordinanza n. 23200

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Pronuncia sull’istanza incidentale di sospensione - Regolamento preventivo di giurisdizione proposto con riguardo al giudizio principale - Ammissibilità. La pronuncia del tribunale amministrativo regionale sull’istanza incidentale di sospensione del provvedimento amministrativo impugnato con il giudizio principale non rende inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione , proposto con riguardo a tale giudizio, ancorchè nell’ordinanza che abbia provveduto sull’istanza di sospensione sia stata delibata la questione di giurisdizione (Cass. 12 aprile 2002, n. 5328). Pres. Carbone - Comune di Milano (avv.ti Santa Maria, Surano, Perfetti e Croff) c. S.A.M. e altri (avv.ti Nespor, De Cesaris e Angiolini) - CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unite civili - 3 novembre 2009, ordinanza n. 23200


DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Stati membri - Perseguimento delle infrazioni accertate - Obbligo - Finalità - Art. 31, nn. 1 e 2, Reg. n. 2847/93/CEE - Art. 1, nn. 1 e 2, Reg. n. 2241/87/CEE. L’art. 31, nn. 1 e 2, del regolamento n. 2847/93, che riprende gli obblighi previsti all’art. 1, n. 2, del regolamento n. 2241/87, impone agli Stati membri di perseguire le infrazioni accertate. Detta disposizione precisa, al riguardo, che le azioni promosse devono essere idonee a privare effettivamente i responsabili del beneficio economico derivante dalle infrazioni o produrre effetti proporzionati alla gravità delle infrazioni medesime, tali da fungere da deterrente per ulteriori infrazioni dello stesso tipo. Pres. Lindh (Rel.) - Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VII, 29/10/2009, Sentenza C-249/08

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Scadenza del termine - Inadempimento di uno Stato - Valutazione della Corte.
L’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (C.G.E. sentenze 2/06/2005, causa C-282/02, Commissione/Irlanda; C.G.E. 22/12/2008, causa C-189/07, Commissione/Spagna e 11/06/2009, causa C-564/07, Commissione/Austria). Pres. Lindh (Rel.) - Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. VII, 29/10/2009, Sentenza C-249/08

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - APPALTI - Scadenza del termine - Ricorso per inadempimento su un contratto che abbia già esaurito tutti i suoi effetti - Irricevibilità. In materia di appalti pubblici, un ricorso per inadempimento è irricevibile se, alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato, il contratto in questione aveva esaurito già tutti i suoi effetti (v., C.G.E. sentenze 2/06/2005, causa C-394/02, Commissione/Grecia; nonché 11/10/2007, causa C-237/05, Commissione/Grecia). Pres. Lenaerts - Juhász (Relatore) - Commissione delle Comunità europee c. Repubblica federale di Germania. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 29/10/2009, Sentenza C-536/07

 

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Responsabilità extracontrattuale della Comunità - Presupposti - Illiceità del comportamento - Effettività del danno - Nesso di causalità - Assenza di una condizione - Irricevibilità del ricorso - Regolamento n. 178/2002/CE. Il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità presuppone che siano soddisfatte varie condizioni, vale a dire l’illiceità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato. Quando una di queste condizioni non è adempiuta, il ricorso deve essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti (C.G.E. sentenze 29/09/1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE; Tribunale 13/12/1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione e 19/07/2007, causa T-344/04, Bouychou/Commissione). Pres. Vilaras - Rel. Prek - Bowland Dairy Products Ltd c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. V, 29/10/2009, Sentenza T-212/06

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Ricorso per risarcimento danni - Sistema di allarme rapido - Notifica supplementare - Deduzione di mezzi nuovi in corso di causa - Parere della Commissione privo di effetto giuridico - Modifica dell’oggetto della lite - Irricevibilità - Fattispecie - Reg. n. 178/2002/CE. L’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte, applicabile ai procedimenti dinanzi al Tribunale conformemente all’art. 53, primo comma, dello stesso Statuto, dispone che «la Corte è adita mediante istanza trasmessa al cancelliere» e che «l’istanza deve contenere (…) l’oggetto della controversia, le conclusioni ed un’esposizione sommaria dei motivi invocati». Parimenti, l’art. 44, n. 1, lett. c) e d), del regolamento di procedura prevede che il ricorso di cui all’art. 21 dello Statuto della Corte deve contenere l’oggetto della controversia, l’esposizione sommaria dei motivi dedotti e le conclusioni del ricorrente. Se è pur vero che l’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura consente, in determinate circostanze, la deduzione di mezzi nuovi in corso di causa, tale disposizione non può essere in alcun caso interpretata nel senso che autorizzi la parte ricorrente a presentare al Tribunale conclusioni nuove e a modificare, in tal modo, l’oggetto della controversia (v. sentenza del Tribunale 12/07/2001, causa T-3/99, Banatrading/Consiglio). Nella specie, il messaggio inviato con posta elettronica si limitava a esprimere il parere della Commissione in risposta ad una domanda. Pertanto, la domanda di risarcimento, fondata sul fatto che la Commissione, in risposta a una richiesta, ha espresso il suo parere sul testo di una notifica di informazioni supplementari, ai sensi dell’art. 50, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 178/2002, è irricevibile e deve essere respinta. Pres. Vilaras - Rel. Prek - Bowland Dairy Products Ltd c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. V, 29/10/2009, Sentenza T-212/06

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Domanda di pronuncia pregiudiziale - Decisione di rinvio - Adempimenti del giudice nazionale. Nell'ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale è necessario, da un lato, che il giudice nazionale definisca il contesto di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. Dall’altro, la decisione di rinvio deve indicare i motivi precisi che hanno indotto il giudice nazionale a interrogarsi sull’interpretazione del diritto comunitario e a ritenere necessaria la formulazione di questioni pregiudiziali alla Corte. In tale contesto, è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni comunitarie di cui chiede l’interpretazione e sul nesso che individua tra quelle disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui alla causa principale (v. sentenza 6/03/2007, cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica e a.). Pres./Rel. Rodrigues - Acoset SpA c. Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. ATO Idrico Ragusa ed altri. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 15/10/2009, Sentenza C-196/08

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Decisione in via pregiudiziale - Valutazione esclusiva del giudice nazionale - Cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali - Art. 234 CE. Nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali quale prevista dall’art. 234 CE, spetta unicamente al giudice nazionale, il quale è investito della controversia e deve assumersi la responsabilità della futura pronuncia giurisdizionale, valutare, alla luce delle peculiarità della causa dinanzi ad esso pendente, sia la necessità di una decisione in via pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che esso propone alla Corte (v, sentenze 7/01/2003, causa C-306/99, BIAO; 14/12/2006, causa C-217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio, nonché 2/04/2009, causa C-260/07, Pedro IV Servicios). Sicché, la facoltà di determinare le questioni da sottoporre alla Corte è riservata al giudice nazionale e le parti non possono modificarne il tenore (v. sentenze 9/12/1965, causa 44/65, Singer; 17/09/1998, causa C-412/96, Kainuun Liikenne e Pohjolan Liikenne, nonché 6/07/2000, causa C-402/98, ATB e a.). Inoltre, una modifica delle questioni pregiudiziali sotto il profilo sostanziale o una risposta alle questioni complementari citate dalle ricorrenti nella causa principale nelle loro osservazioni sarebbe incompatibile con il ruolo assegnato alla Corte dall’art. 234 CE e con l’obbligo della Corte di dare ai governi degli Stati membri e alle parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 del suo Statuto, tenuto conto del fatto che, in base alla suddetta disposizione, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio. Nella specie, poiché il giudice del rinvio non ha riconosciuto né la necessità né la pertinenza di una questione vertente sui motivi o sulle circostanze dell’esclusione delle ricorrenti nella causa principale dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico, la Corte non può dedicarsi ad un’analisi a tal proposito. Pres. Lenaerts - Rel. Lapuerta - Hochtief AG c. Közbeszerzések Tanácsa. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 15/10/2009, Sentenza C-138/08

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Giudice comunitario - Elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico - Valutazione - Potere discrezionale - Limiti. Le autorità comunitarie dispongono di un ampio potere discrezionale, segnatamente quanto alla valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi per determinare la natura e l’ampiezza delle misure che esse adottano, il sindacato del giudice comunitario deve limitarsi ad esaminare se l’esercizio di un tale potere non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o ancora se tali autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale. In un tale contesto, il giudice comunitario non può, infatti, sostituire la sua valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico a quella delle istituzioni cui il Trattato ha assegnato in via esclusiva tale compito (v. sentenza 18/07/2007, causa C-326/05 P, Industrias Químicas del Vallés/Commissione). Pres. Timmermans - Rel. Toader - Enviro Tech (Europe) Ltd c. Stato belga. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 15/10/2009, Sentenza C-425/08

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Autorità comunitaria - Valutazioni complesse - Potere discrezionale - Applicazione e limiti. Allorché un’autorità comunitaria è chiamata, nell’esercizio delle sue attribuzioni, a compiere valutazioni complesse, il potere discrezionale di cui gode si applica parimenti, in una determinata misura, alla constatazione degli elementi di fatto alla base della sua azione (v., in tal senso, sentenze 29/10/1980, causa 138/79, Roquette Frères/Consiglio e 21/01/1999, causa C-120/97, Upjohn). Inoltre, in tali circostanze, l’istituzione competente ha l’obbligo di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (sentenza 21/11/1991, causa C-269/90, Technische Universität München). Pres. Timmermans - Rel. Toader - Enviro Tech (Europe) Ltd c. Stato belga. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 15/10/2009, Sentenza C-425/08

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Autorizzazione di progetti che possono avere un notevole impatto sull’ambiente - Partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia ambientale - Punto 10, lett. l), all. II dir. 85/337/CEE suc. mod. dir. 2003/35/CE. I membri del pubblico interessato, a norma degli artt. 1, n. 2, e 10 bis della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, devono poter impugnare la decisione con cui un organo giurisdizionale, appartenente all’organizzazione giudiziaria di uno Stato membro, si è pronunciato in merito ad una domanda di autorizzazione di un progetto, a prescindere dal ruolo che hanno potuto svolgere nell’istruzione di detta domanda prendendo parte al procedimento dinanzi a detto organo e facendo valere la propria posizione in tale occasione. Pres./Rel. Bonichot - Djurgården-Lilla Värtans Miljöskyddsförening c. Stockholms kommun genom dess marknämnd. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 15/10/2009, Sentenza C-263/08

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Diritto comunitario - Interpretazione uniforme delle disposizioni - Testi redatti nelle altre lingue ufficiali - Divergenza tra varie versioni linguistiche - Criterio interpretativo. La necessità di un’applicazione e di un’interpretazione uniforme delle disposizioni di diritto comunitario esclude che, in caso di dubbio, il testo di una disposizione venga considerato isolatamente in una delle sue versioni, ma esige, al contrario, che esso sia interpretato ed applicato alla luce dei testi redatti nelle altre lingue ufficiali (sentenze 9/03/2006, causa C-174/05, Zuid-Hollandse Milieufederatie e Natuur en Milieu, nonché 29/01/ 2009, causa C-311/06, Consiglio Nazionale degli Ingegneri). Peraltro, la necessità di un’interpretazione del genere esige che, in caso di divergenza tra queste varie versioni linguistiche, la disposizione in questione venga intesa in funzione del sistema e delle finalità della normativa di cui essa fa parte (v., in tal senso, sentenza 7 dicembre 1995, causa C-449/93, Rockfon, Racc. pag. I-4291, punto 28). Pres./Rel. Bonichot - Djurgården-Lilla Värtans Miljöskyddsförening c. Stockholms kommun genom dess marknämnd. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 15/10/2009, Sentenza C-263/08

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Contrasto fra disposizioni legislative interne e disposizione della CEDU - Soluzione interpretativa - Poteri del giudice - Questioni di legittimità costituzionale - Art. 117 Cost.. In presenza di un apparente contrasto fra disposizioni legislative interne ed una disposizione della CEDU, anche quale interpretata dalla Corte di Strasburgo, può porsi un dubbio di costituzionalità, ai sensi del primo comma dell'art. 117 Cost., solo se non si possa anzitutto risolvere il problema in via interpretativa. (Corte costituzionale, dep. 24.7.2009 sentenza n. 239). Pertanto, al giudice comune spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ciò è permesso dai testi delle norme e qualora ciò non sia possibile, ovvero dubiti della compatibilità della norma interna con la disposizione convenzionale interposta, egli deve investire, il giudice delle leggi, delle relative questioni di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell'art. 117, primo comma, Cost." (Cost. Cost. sentenze nn. 348 e 349 del 20071). Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - DIRITTO URBANISTICO - Confisca - Funzione e applicazione - Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo - Art. 44, 2° c. T.U. sull'edilizia n. 380/2001. La confisca già prevista dall'art. 19 della legge n. 47/1955 ed attualmente collocata tra le "sanzioni penali" dall'art. 44, 2° comma del T.U. sull'edilizia n. 380/2001: "non tende alla riparazione pecuniaria di un danno, ma mira nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla Legge". Quindi, una "pena" ai sensi dell'art. 7 della Convenzione e la irrogazione di tale "pena" senza che sia stata stabilita l'esistenza di dolo o colpa dei destinatari di essa, costituisce infrazione dello stesso art. 7, una corretta interpretazione del quale "esige, per punire, un legame di natura intellettuale (coscienza e volontà) che permetta di rilevare un elemento responsabilità nella condotta dell'autore materiale del reato". (Corte europea dei diritti dell'uomo, 30.8.2007 ed il 20.1.2009, ricorso n. 75909/01 proposto contro l'Italia dalla s.r.l. "Sud Fondi" ed altri). Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo - Oggetto del sequestro - Art. 321 c.p.p.. Oggetto del sequestro preventivo di cui al primo comma dell'art. 321 c.p.p. può essere qualsiasi bene a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Cass.: n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992). Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure di cautela reale - Applicazione e limiti di valutazione.
In relazione alle misure di cautela reale deve ritenersi preclusa ogni valutazione sulla sussistenza, degli indizi di colpevolezza e sulla gravità degli stessi (Cass., Sez. Unite, 25.3.1993, n. 4] e la eventuale carenza dell'elemento soggettivo del reato può essere valutata soltanto allorquando emerga ictu oculi in modo evidente e si riverberi sulla componente materiale, incidendo sulla configurabilità stessa del reato. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Prodotti fitosanitari - Sostanza attiva clorotalonil - Modifica dell’iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE - Direttiva 2006/76/CE - Retroattività - Mancanza di periodo transitorio - Certezza del diritto - Legittimo affidamento - Principio della parità di trattamento. Il principio di certezza del diritto esige che una disciplina comunitaria vigente nei confronti dei singoli sia chiara e precisa affinché questi ultimi possano conoscere senza ambiguità i loro diritti ed i loro obblighi e possano agire di conseguenza (v. sentenza della Corte 9/07/1981, causa 169/80, Gondrand e Garancini). Inoltre, il principio della certezza delle situazioni giuridiche osta a che l’efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, salvo, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato (sentenza della Corte 25/01/1979, causa 98/78, Racke; v. altresì, per quanto riguarda l’efficacia retroattiva di una direttiva, sentenza della Corte 13/11/1990, causa C-331/88, Fedesa e a.). Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-380/06

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Controllo di legittimità - Giudice comunitario - Potere di ingiunzioni alle istituzioni - Art. 230 CE. Nell’ambito del controllo di legittimità fondato sull’art. 230 CE, non spetta al giudice comunitario rivolgere ingiunzioni alle istituzioni (sentenza del Tribunale 12/12/2006, causa T-155/04, SELEX Sistemi Integrati/Commissione). Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-380/06

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Annullamento parziale di un atto - Elementi separabili. L’annullamento parziale di un atto è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto. Tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto impugnato (v. sentenza della Corte 27 giugno 2006, causa C-540/03, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-5769, punti 27 e 28, e giurisprudenza ivi citata). Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-380/06

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Violazione del principio di parità di trattamento - Elementi. Il principio di parità di trattamento è violato soltanto qualora situazioni analoghe siano trattate in maniera differente o situazioni diverse siano trattate in maniera uguale, a meno che una disparità di trattamento sia oggettivamente giustificata (sentenza della Corte 28/06/1990, causa C-174/89, Hoche). Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-380/06

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Motivazione ex art. 253 CE - Requisiti. La motivazione prescritta dall’art. 253 CE deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione comunitaria da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato al fine di difendere i propri diritti e permettere al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo (v. sentenza del Tribunale 12/09/2002, causa T-89/00, Europe Chemi-Con (Deutschland) - Consiglio). Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-380/06

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Prodotti fitosanitari - Sostanza attiva clorotalonil - Iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE - Procedimento di valutazione - Direttiva 2005/53/CE - Ricorso di annullamento - Ricorso per carenza - Ricorso per risarcimento danni. Nell’ambito di un procedimento comportante una rivalutazione di un prodotto esistente sul mercato (in specie clorotalonil) in base ad una pratica presentata dal produttore interessato, quest’ultimo deve essere strettamente associato alla valutazione e può avvalersi del diritto di essere informato delle principali lacune della sua pratica che ostano all’autorizzazione del suo prodotto e l’osservanza di siffatte garanzie procedurali è soggetta al sindacato giurisdizionale. Alla luce dei principi della certezza del diritto e del buon andamento dell’amministrazione, al di là delle situazioni di urgenza, la Commissione non può rifiutare l’autorizzazione di un prodotto esistente sul mercato senza aver messo l’interessato in condizione di fornire i dati appropriati per colmare tali lacune ( sentenza del Tribunale 21/10/2003, causa T-392/02, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio). Tuttavia, occorre ricordare che il principio del rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e idoneo a sfociare in un atto lesivo impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista (sentenza della Corte 24/10/1996, causa C-32/95 P, Commissione/Lisrestal ). In ogni caso, è di giurisprudenza costante che un’irregolarità procedurale comporta l’annullamento di una decisione soltanto se si dimostra che, in mancanza della stessa, la detta decisione avrebbe potuto avere un contenuto diverso (sentenza del Tribunale 5/04/2006, causa T-279/02, Degussa/Commissione; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 29/10/1980, cause riunite 209/78 - 215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione). Nella specie, poiché la ricorrente non ha ottemperato al suo obbligo di presentare una pratica completa, il fatto che essa non sia stata consultata nella fase finale del procedimento, ossia al momento dell’invio dei progetti di direttiva e del rapporto di riesame al comitato, non poteva incidere sul contenuto della specificazione controversa, adottata in base alla pratica dell’altro notificante e che teneva conto della specificazione pubblicata dalla FAO nel febbraio 2005. Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-420/05

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Atti adottati nel corso della fase preparatoria - Provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica - Ricorso di annullamento - Art. 230 CE. Ai sensi dell’art. 230 CE, costituiscono atti che possono essere oggetto di un ricorso di annullamento, i provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica. In linea di principio, i provvedimenti intermedi, il cui obiettivo è quello di preparare la decisione finale, non costituiscono pertanto atti impugnabili. Tuttavia, gli atti adottati nel corso della fase preparatoria, che costituiscono di per sé il momento conclusivo di un procedimento speciale distinto da quello attraverso il quale la Commissione perviene ad adottare la decisione nel merito e che producono effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica, costituiscono anch’essi atti impugnabili (sentenza della Corte 11/11/1981, causa 60/81, IBM/Commissione e sentenza Österreichische Postsparkasse e Bank für Arbeit und Wirtschaft/Commissione). Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-420/05

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Rigetto della domanda di annullamento - Ricorso per risarcimento danni - Esclusione. La domanda di risarcimento danni deve essere respinta qualora presenti uno stretto legame con la domanda di annullamento, la quale sia stata essa stessa respinta (v. sentenza del Tribunale 4/07/2002, causa T-340/99, Arne Mathisen/Consiglio). Pertanto, la domanda di risarcimento deve essere respinta a causa del rigetto della domanda di annullamento alla quale risulta strettamente connessa. Pres. Meij - Rel. Vadapalas - Vischim Srl c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VI, 7/10/2009, Sentenza T-420/05

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Rinvio pregiudiziale - Organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi - Ammasso di olio d’oliva senza finanziamento comunitario - Art. 12 bis, Regolamento n. 136/66/CEE. Una società per azioni, le cui quote siano detenute, in misura maggioritaria, da produttori di olio d’oliva, frantoi per l’olio d’oliva e cooperative di oleicoltori e, per il resto, da enti finanziari, rientra nella nozione di organismo di cui all’art. 12 bis del regolamento del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136/66/CEE, relativo all’attuazione di un’organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi, come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 20 luglio 1998, n. 1638, che può essere autorizzato a concludere un contratto di ammasso privato di olio d’oliva ai sensi dello stesso articolo, purché siano rispettate le condizioni da quest’ultimo previste. Pres. Timmermans - Rel. Makarczyk - (Domanda pregiudiziale) Compañía Española de Comercialización de Aceite SA ed altre. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 01/10/2009, Sentenza C-505/07

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Competenze delle autorità nazionali in materia di concorrenza - Rinvio pregiudiziale - Contratto di ammasso privato di olio d’oliva - Art. 12 bis, Regolamento n. 136/66/CEE. Il «riconoscimento da parte dello Stato», di cui gli organismi a norma del citato art. 12 bis del regolamento n. 136/66, come modificato dal regolamento n. 1638/98, devono essere in possesso, può essere ottenuto nell’ambito di una richiesta di esenzione («autorizzazione») individuale presentata alle autorità nazionali competenti in materia di concorrenza, a condizione che dette autorità dispongano dei mezzi concreti per poter verificare l’idoneità dell’organismo richiedente ad effettuare l’ammasso privato dell’olio d’oliva nel rispetto dei requisiti di legge. Pres. Timmermans - Rel. Makarczyk - (Domanda pregiudiziale) Compañía Española de Comercialización de Aceite SA ed altre. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 01/10/2009, Sentenza C-505/07

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Autorità nazionali competenti in materia di concorrenza - Meccanismo di acquisizione e di ammasso di olio d’oliva - Rinvio pregiudiziale - Art. 12 bis reg. n. 136/66/CE. L’art. 12 bis del regolamento n. 136/66, come modificato dal regolamento n. 1638/98, non osta ad un meccanismo di acquisizione e di ammasso di olio d’oliva, concordato e finanziato privatamente, che non sia stato assoggettato al procedimento di autorizzazione previsto nella medesima disposizione. Inoltre, le autorità nazionali competenti in materia di concorrenza possono applicare il diritto nazionale della concorrenza a un accordo idoneo ad influenzare il mercato dell’olio d’oliva a livello comunitario, purché si astengano, da un lato, dall’adottare qualsiasi misura tale da derogare all’organizzazione comune del mercato dell’olio d’oliva o da violarla e, dall’altro, dall’adottare una decisione in contrasto con quella della Commissione delle Comunità europee o dal creare il rischio di un tale contrasto. Pres. Timmermans - Rel. Makarczyk - (Domanda pregiudiziale) Compañía Española de Comercialización de Aceite SA ed altre. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 01/10/2009, Sentenza C-505/07

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - DIRITTO AGRARIO - Concorrenza - Pratiche restrittive - Diritto comunitario e diritto nazionale - Mercato dell’olio d’oliva. Il diritto comunitario e il diritto nazionale in materia di concorrenza si applicano parallelamente, dato che essi prendono in considerazione le pratiche restrittive sotto aspetti diversi. Mentre gli artt. 81 CE e 82 CE le contemplano sotto il profilo degli ostacoli che ne possono risultare per il commercio tra gli Stati membri, le leggi nazionali, ispirandosi a considerazioni proprie di ciascuna di esse, considerano le pratiche restrittive in questo solo ambito. Inoltre, l’ambito di applicazione delle regole comunitarie di concorrenza non è identico a quello delle regole nazionali di concorrenza, la sola circostanza che, tramite l’art. 36 CE e il regolamento n. 26, il legislatore comunitario abbia operato una conciliazione tra gli obiettivi della politica agricola comune e la politica comunitaria della concorrenza non ha necessariamente come conseguenza che ogni applicazione del diritto nazionale della concorrenza entrerebbe in conflitto con l’art. 36 CE e il regolamento n. 26. Infine, le autorità nazionali competenti in materia di concorrenza possono applicare il diritto nazionale della concorrenza a un accordo idoneo ad influenzare il mercato dell’olio d’oliva a livello comunitario, purché si astengano, da un lato, dall’adottare qualsiasi misura tale da derogare all’organizzazione comune del mercato dell’olio d’oliva o da violarla e, dall’altro, dall’adottare una decisione in contrasto con quella della Commissione o dal creare il rischio di un tale contrasto. Pres. Timmermans - Rel. Makarczyk - (Domanda pregiudiziale) Compañía Española de Comercialización de Aceite SA ed altre. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 01/10/2009, Sentenza C-505/07

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Obbligo di motivazione ex art. 253 CE - Iter logico in forma chiara e inequivoca - Necessità. La motivazione prescritta dall’art. 253 CE deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’autorità comunitaria da cui l’atto controverso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato affinché possano difendere i loro diritti ed al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo (sentenza della Corte 19/09/2000, causa C-156/98, Germania/Commissione e sentenza del Tribunale 21/03/2002, causa T-231/99, Joynson/Commissione). Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Annullamento parziale di un atto comunitario - Elementi separabili dal resto dell’atto - Requisito della separabilità - Limiti. L’annullamento parziale di un atto comunitario è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento siano separabili dal resto dell’atto (sentenze della Corte 10/12/2002, causa C-29/99, Commissione/Consiglio e 30/09/2003, causa C-239/01, Germania/Commissione; sentenza 21/01/2003, causa C-378/00, Commissione/Parlamento e Consiglio). Tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto avrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (sentenza della Corte 24/05/2005, causa C-244/03, Francia/Parlamento e Consiglio; sentenze della Corte 31/03/1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione). Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Atto comunitario - Annullamento parziale - Presupposti e limiti - Giurisprudenza. L’annullamento parziale di un atto comunitario è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto (sentenze della Corte 10/122002, causa C-29/99, Commissione/Consiglio e 30/09/2003, causa C-239/01, Germania/Commissione; v. anche, in tal senso, sentenza 21/01/2003, causa C-378/00, Commissione/Parlamento e Consiglio). Tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (sentenza della Corte 24/05/2005, causa C-244/03, Francia/Parlamento e Consiglio; v. anche, in tal senso, sentenze della Corte 31/03/1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione). Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07


DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Diritto comunitario - Trasposizione o attuazione di una direttiva - Mancata prescrizione delle forme e i mezzi per il raggiungimento del risultato - Libertà di azione dello Stato - Commissione - Potere di controllo - Artt. 211 CE e 226 CE. Qualora una direttiva non prescriva la forma e i mezzi per raggiungere uno specifico risultato, la libertà di azione dello Stato membro quanto alla scelta delle forme e dei mezzi idonei al raggiungimento del detto risultato resta in via di principio totale. Ne consegue inoltre che, in assenza di norme comunitarie che prescrivano in modo chiaro e preciso la forma e i mezzi che devono essere impiegati dallo Stato membro, spetta alla Commissione, nell’ambito dell’esercizio del suo potere di controllo, segnatamente ai sensi degli artt. 211 CE e 226 CE, dimostrare adeguatamente che gli strumenti impiegati dallo Stato membro sono a tal riguardo in contrasto con il diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 7 novembre 2007, causa T-374/04, Germania/Commissione, Racc. pag. II-4431, punto 78, e la giurisprudenza ivi citata). Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di gas a effetto serra - Scambio di quote - Controllo di legittimità - Poteri del Tribunale - Valutazioni economiche ed ecologiche complesse - Poteri della Commissione - Principio di buona amministrazione. Nell’esercizio del potere di controllo del piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di gas a effetto serra, la Commissione gode di un margine di discrezionalità nei limiti in cui tale controllo implichi valutazioni economiche ed ecologiche complesse, realizzate in relazione all’obiettivo generale di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra tramite un sistema per lo scambio di quote valido in termini di costi e di efficienza economica (art. 1 e quinto ‘considerando’ della direttiva). Ne consegue che, nell’ambito del suo controllo di legittimità, il giudice comunitario svolge un pieno controllo di legittimità quanto alla corretta applicazione da parte della Commissione delle regole di diritto pertinenti. Il Tribunale non può, invece, sostituirsi alla Commissione quando quest’ultima deve svolgere in questo contesto valutazioni economiche ed ecologiche complesse. Il Tribunale deve per tale ragione limitarsi a verificare se la misura in questione non sia inficiata da errore manifesto o da sviamento di potere, se l’autorità competente non abbia palesemente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale e se le garanzie processuali, che rivestono un’importanza ancor più fondamentale in quest’ambito, siano state pienamente rispettate (v., in tal senso, sentenza 7/11/2007, Germania/Commissione; sentenze del Tribunale 11/09/2002, causa T-13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio e causa T-70/99, Alpharma/Consiglio; 21/10/03, causa T-392/02, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio). Tra le garanzie previste dall’ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi figura in particolare il principio di buona amministrazione, al quale si ricollega l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (sentenze del Tribunale 24 gennaio 1992, causa T-44/90, La Cinq/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 86; 29 giugno 1993, causa T-7/92, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II-669, punto 34, e 20 marzo 2002, causa T-31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, Racc. pag. II-1881, punto 99). Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07
 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento - Fattispecie: abolizione un regime di esenzione fiscale. I principi generali della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento non vietano in linea di principio ad uno Stato membro di abolire un regime di esenzione fiscale, applicabile a un prodotto come quello oggetto della causa principale, prima della data di scadenza di tale regime inizialmente prevista dalla normativa nazionale. In ogni caso, tale abolizione non è subordinata all’esistenza di circostanze eccezionali. Tuttavia, è compito del giudice del rinvio esaminare, nell’ambito di una valutazione globale effettuata in concreto, se i detti principi siano stati osservati nella causa principale tenendo conto del complesso delle pertinenti circostanza ad essa relative. Pres. Rosas - Rel. Caoimh - Plantanol GmbH & Co. KG c. Hauptzollamt Darmstadt. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 10/09/2009, Sentenza C-201/08

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto - Compiti del giudice del rinvio - Art. 234 CE. I principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto fanno parte dell’ordinamento giuridico comunitario. Pertanto, devono essere rispettati dalle istituzioni comunitarie ma anche dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive comunitarie (v., in tal senso, sentenze 3/12/ 1998, causa C-381/97, Belgocodex; 26/04/2005, causa C-376/02, «Goed Wonen», nonché 21/02/2008, causa C-271/06, Netto Supermarkt). Sicché, spetta unicamente al giudice del rinvio l’esame della conformità di siffatta normativa ai detti principi (v., in particolare, sentenze 11/05/2006, causa C-384/04, Federation of Technological Industries; 14/09/2006, cause riunite da C-181/04 a C-183/04, Elmeka, nonché 17/07/2008, causa C-347/06, ASM Brescia), mentre la Corte, nel pronunciarsi sul ricorso pregiudiziale ex art. 234 CE, rimane solo competente a fornire a tale giudice tutti gli elementi interpretativi attinenti al diritto comunitario che possano consentirgli di valutare questa conformità (v., sent. 18/12/1997, cause riunite C-286/94, C-340/95, C-401/95 e C-47/96, Molenheide e a.). Pres. Rosas - Rel. Caoimh - Plantanol GmbH & Co. KG c. Hauptzollamt Darmstadt. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 10/09/2009, Sentenza C-201/08

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Normativa idonea a comportare oneri finanziari - Principio della certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento - Criteri e limiti di applicazione. Il principio della certezza del diritto, il cui corollario è il principio della tutela del legittimo affidamento, richiede, da un lato, che le norme giuridiche siano chiare e precise e, dall’altro, che la loro applicazione sia prevedibile per coloro che vi sono sottoposti (sentenze 15/02/1996, causa C-63/93, Duff e a.; 18/05/2000, causa C-107/97, Rombi e Arkopharma, e 7/06/2005, causa C-17/03, VEMW e a). Tale necessità s’impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro (sentenza 29/04/2004, causa C-17/01, Sudholz). Pertanto, sussiste la possibilità di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento prevista per ogni operatore economico nel quale un’autorità nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative. Tuttavia, qualora un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, non può invocare il detto principio nel caso in cui il provvedimento venga adottato. Inoltre, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali (sentenze 15/07/2004, cause riunite C-37/02 e C-38/02, Di Lenardo e Dilexport, nonché 7/09/2006, causa C-310/04, Spagna/Consiglio). A tale proposito, per quanto riguarda l’affidamento che un soggetto passivo può fare sull’applicazione di un vantaggio fiscale, la Corte ha già statuito che quando una direttiva in ambito fiscale lascia ampio potere agli Stati membri, una modifica legislativa adottata in conformità con la direttiva non può essere considerata imprevedibile (v. sentenza 29/04/2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02, Gemeente Leusden e Holin Groep). Pres. Rosas - Rel. Caoimh - Plantanol GmbH & Co. KG c. Hauptzollamt Darmstadt. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 10/09/2009, Sentenza C-201/08

 

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Pronuncia pregiudiziale - Valutazione - Giudice nazionale - Competenza - Limiti - Art. 234 CE. Nell’ambito del procedimento previsto dall’art. 234 CE, in linea di principio spetta ai giudici nazionali, cui è sottoposta la controversia, valutare sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopongono alla Corte. Tuttavia, quest’ultima può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale, in particolare qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta da quest’ultimo non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale e non risponde quindi ad una necessità oggettiva per la soluzione di detta controversia (v., in particolare, sentenze 15 giugno 1999, causa C-421/97, Tarantik, Racc. pag. I-3633, punto 33, e 15 giugno 2006, cause riunite C-393/04 e C-41/05, Air Liquide Industries Belgium, Racc. pag. I-5293, punto 24). Pres. Lenaerts - Rel. Malenovský - Grandi Salumifici Italiani SpA c. Regione Emilia-Romagna. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 10/09/2009, Sentenza C-446/07

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Misure cautelari concesse dal G.A. - Atti adottati dal commissario ad acta - Regime di impugnazione. Il regime di impugnazione degli atti adottati dal commissario ad acta al fine di dare attuazione ad una misura cautelare concessa dal G.A., ai sensi dell'art. 21 penultimo comma l. 6 dicembre 1971, n. 1034, dipende dalla natura del potere concretamente esercitato dal Commissario e dalla capacità di sopravvivenza del provvedimento commissariale alla conclusione del giudizio di merito, di talché se il Commissario ad acta abbia agito stretto da rigidi vincoli derivanti dall’ordinanza cautelare, nella qualità di mero ausiliario del giudice della cautela, ed abbia per tale via emesso un atto univocamente destinato a disciplinare il rapporto controverso nelle more della decisione di merito, l’impugnazione di tale atto può avvenire esclusivamente per il tramite dell’incidente di esecuzione, davanti allo stesso Giudice della cautela, mentre ove abbia agito esercitando una discrezionalità amministrativa non incisa significativamente dalla misura cautelare, e quindi nella qualità di organo straordinario dell’Amministrazione, e sia pervenuto per tale via all’emissione, pur in pendenza del giudizio, di un provvedimento attributivo del bene della vita avente carattere definitivo, in quanto capace di sopravvivere alla sentenza di merito favorevole al ricorrente, l’unico rimedio consentito avverso il provvedimento commissariale è quello del ricorso ordinario, da proporsi nel termine decadenziale di cui all’art. 21 l. n. 1034 del 1971” (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 09 maggio 2006, n. 500). Pres. Giallombardo, Est. Valenti - N. s.r.l. (avv.ti Surdi e Surdi) c. Assessorato Reginale Territorio e Ambiente e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 9 settembre 2009, n. 1478

 

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Norme comunitarie - Diritto sostanziale e procedurale -Interpretazione e applicazione. Le norme comunitarie di diritto sostanziale vanno interpretate nel senso che non riguardano, di massima, situazioni consolidatesi anteriormente alla loro entrata in vigore, mentre le norme di procedura sono di applicazione diretta (v. sentenza del Tribunale 25/10/2007, cause riunite T-27/03, T-46/03, T-58/03, T-79/03, T-80/03, T-97/03 e T-98/03). Pres. Martins Ribeiro (relatore) - Cheminova Agro Italia Srl (ed altri) c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VIII, 03/09/2009, Sentenza T-326/07

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Principio di buona amministrazione - Legittimo affidamento. Il diritto di avvalersi della tutela del legittimo affidamento si estende a ogni singolo che si trovi in una situazione dalla quale risulta che l’amministrazione comunitaria, fornendo precise assicurazioni, abbia fatto sorgere in lui fondate aspettative. Costituiscono siffatte assicurazioni, quale che ne sia la forma con la quale esse vengono comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorevoli e affidabili (sentenza Convertitore energia eolica). Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in assenza di assicurazioni precise che l’amministrazione gli avrebbe fornito (sentenze della Corte 24/11/2005, causa C-506/03, Germania/Commissione e 22/06/2006, cause riunite C-182/03 e C-217/03, Belgio e Forum 187/Commissione). Pres. Martins Ribeiro (relatore) - Cheminova Agro Italia Srl (ed altri) c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VIII, 03 settembre 2009, Sentenza T-326/07

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Principio di proporzionalità in materia agricola - Controllo giurisdizionale - Parità di trattamento - Principio di buona amministrazione. Il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, richiede che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva, e che gli inconvenienti causati non debbono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 18/11/1987, causa 137/85, Maizena e a.). Tuttavia, in materia agricola, il controllo giurisdizionale del principio di proporzionalità è particolare, in quanto la Corte e il Tribunale riconoscono al legislatore comunitario un potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche che gli artt. 34 CE e 37 CE gli attribuiscono in tale settore (sentenza della Corte 5/05/1998, causa C-157/96, National Farmers’ Union e a.). Di conseguenza, solo una manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento (sentenza della Corte 12/07/2001, causa C-189/01, Jippes e a.; e 11/09/2002, causa T-70/99, Alpharma/Consiglio). Pres. Martins Ribeiro (relatore) - Cheminova Agro Italia Srl (ed altri) c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VIII, 03/09/2009, Sentenza T-326/07

 

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Inadempimento contrattuale - Risoluzione - Risarcimento del danno - Creditore - Prova della fonte negoziale o legale del diritto - Debitore - Onere della prova dell’avvenuto adempimento. Il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo, costituito dall'avvenuto adempimento. Giud. Agostinacchio. TRIBUNALE DI BARI, 8 luglio 2009, n. 2300

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Obbligo della motivazione - Ricorso in cassazione - Violazione dell'art.627, c.3 c.p.p. in relazione agli artt.324 e 325 c.p.p., 125 c. 3 c.p.p. e la mancanza assoluta di motivazione. Rientra nella questione di diritto l’inadempiuto obbligo della motivazione, onde il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di determinare il proprio convincimento di merito mediante un'autonoma valutazione della situazione di fatto relativa al punto annullato e con gli stessi poteri dei quali era titolare il giudice il cui provvedimento è stato cassato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, con la conseguenza che lo stesso giudice di rinvio resta vincolato al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, ovvero, ancora, all'esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo (Cass. sez. 1 del 15.1.2007, n. 7963; Cass. sez. 1 del 13.11.2007, n.43685). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Obbligo della motivazione - Ricorso in cassazione - "errores in iudicando" o "in procedendo" - Violazione dell'art.627, c.3 c.p.p. in relazione agli artt.324 e 325 c.p.p., 125 c. 3 c.p.p. e la mancanza assoluta di motivazione - Autonomo mezzo di annullamento - Art.606 lett.e) c.p.p.. Il ricorso per cassazione, a norma dell'art.325 c.p.p., può essere proposto soltanto per violazione di legge. Nel concetto di violazione di legge può comprendersi, però, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art.125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art.606 lett.e) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento (Cass. sentenza n.2/2004, Terrazzi). Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi, (Cass. sez. unite del 29.5.2008 sentenza n.25932 -Ivanov), secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro - Poteri del Tribunale del riesame - Interpretazione limitativa della cognizione incidentale - Fondamento. Nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una "plena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum causae", così da determinare una non consentita preventiva verifica della fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento. (Cass. sez. unite 29.1.1997, ric. P.M. in proc.Bassi). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Poteri del Tribunale del riesame - Interpretazione limitativa della cognizione incidentale - Fondamento - Fumus commissi delicti - Criterio di valutazione dell'antigiuridicità penale del fatto e degli atti processuali. L'accertamento, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono- in una prospettiva di ragionevole probabilità di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale del riesame non deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (Cass. pen. sez.3 n.40189/2006 - ric.Di Luggo). Il controllo non può quindi limitarsi ad una verifica meramente burocratica della riconducibilità in astratto del fatto indicato dall'accusa alla fattispecie criminosa, ma deve essere svolto attraverso la valutazione dell'antigiuridicità penale del fatto come contestato, ma tenendosi conto, nell'accertamento del "fumus commissi delicti", degli elementi dedotti dall'accusa risultanti dagli atti processuali e delle relative contestazioni difensive. (Cass. sez. un. n.23/1997, …al giudice del riesame spetta quindi il dovere di accertare la sussistenza del cd.fumus commissi delicti che, pur se ricondotto nel campo dell'astrattezza, va sempre riferito ad una ipotesi ascrivibile alla realtà fattuale e non a quella virtuale). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Reato ipotizzato dal p.m. - Prospettazione dell'accusa giuridicamente infondata - Poteri del Tribunale del riesame - Giudice cautelare e giudice di merito - Differenza. La verifica da parte del giudice del riesame del "fumus commissi delicti", ancorché limitata all'astratta configurabilità del reato ipotizzato dal p.m., importa che lo stesso giudice, lungi dall'essere tenuto ad accettare comunque la prospettazione dell'accusa, abbia il potere-dovere di escluderla, quando essa appaia giuridicamente infondata. Pur non potendosi, quindi interpretare in modo burocratico i poteri del giudice cautelare in relazione alla astratta configurabilità del reato ipotizzato, è assolutamente pacifico che egli non abbia poteri istruttori. L’unica differenza che corre tra giudice cautelare e giudice di merito è che il primo non ha poteri di istruzione e di valutazione probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma tuttavia conserva in pieno il potere di valutare in punto di diritto se sulla base delle prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il reato contestato. Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Regioni a statuto speciale - Disciplina urbanistica - Potestà legislativa esclusiva - Art.2 c. 2 DPR n. 380/2001 - Sentenza n.303/2003 Corte Costituzionale. L'art.2 comma 2 del DPR 380/2001 prevede che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano esercitano la propria potestà legislativa esclusiva (in materia edilizia) nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione. Con la sentenza n.303/2003 la Corte Costituzionale ha affermato che, in ordine all'attività urbanistico-edilizia, "lo Stato ha mantenuto la disciplina dei titoli abilitativi come appartenente alla potestà di dettare i principi della materia" e che " costituisce un principio dell'urbanistica che la legislazione regionale e le funzioni amministrative in materia non risultino inutilmente gravose per gli amministrati e siano dirette a semplificare le procedure e ad evitare la duplicazione di valutazioni sostanzialmente già effettuate dalla pubblica amministrazione". Costituisce altresì principio della materia "la necessaria compresenza nella legislazione di titoli abilitativi preventivi ed espressi..e taciti...libero il legislatore regionale di ampliarne o ridurne l'ambito applicativo". Pur spettando, in materia di legislazione edilizia, alle regioni a statuto speciale una competenza esclusiva in materia, la relativa legislazione deve (ex art.117 Cost., anche come modificato dalla Legge Costituzionale n.3/2001) comunque rispettare i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale e quindi in ogni caso deve essere interpretata in modo da non collidere con detti principi (Corte Cost. sent. n.187/1997; Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 28.2.1995 n.73; Cass. sez.3 9.12.2004, Garufi; Cass. sez.3, 11.1.2002 , Castiglia; Cass. sez.3 n.2017 del 25.10.2007, Giangrasso). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Bevacqua. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/06/2009 (Ud. 07/05/2009), Sentenza n. 26126

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Appello - Conferma della sentenza di primo grado - Integrazione delle motivazioni - Unico complesso corpo argomentativo. Nell'ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Allorché quindi le due sentenze concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella, precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (Cass. sez.1 n.8868 del 26.6.2000-Sangiorgi). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Bevacqua. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/06/2009 (Ud. 07/05/2009), Sentenza n. 26126

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro conservativo - Presupposti ed effetti del provvedimento - Nozione di mobile o immobile dell'imputato - Disponibilità "uti dominus" - Irrilevanza - Reale titolarità dei beni - Art. 316 c.p.p. - Art. 324, c. 8°, c.p.. Ai fini della norma di cui all'art. 316 cpp, nella nozione di mobile o immobile dell'imputato, non è rilevante l'intestazione formale di essi ma la disponibilità "uti dominus" da parte dell'imputato e cioè il fatto che, indipendentemente dall'apparente titolarità del diritto in capo a terzi, quest'ultimo (ossia l'imputato) abbia di fatto la reale titolarità dei beni medesimi (Cass. Sez. VI del 02/04/03, Sent. n. 21940; Cass. Sez. VI del 16/04/08, sent. n. 27340; Cass. Sez. V del 20/12/2000, Sent. n. 6365). Inoltre, va disattesa l'ulteriore censura relativa all'asserita violazione dell'art. 324, 8° comma, c.p. secondo cui il giudice del riesame, nel caso di contestazione della proprietà, rinvia la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel contempo il sequestro. Pres. Onorato, Est. Gentile, Ric. Lancellotti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/06/2009 (Ud. 06/05/2009), Sentenza n. 26107

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo e sequestro conservativo - Procedimenti distinti a carico del medesimo soggetto - Contestazione della proprietà - Pretesa giuridica di identico diritto di proprietà del bene di un soggetto terzo - Procedimento di riesame - Art. 324 c.8° c.p.p.. La contestazione della proprietà prevista nella norma di cui al comma 8° dell'art. 324 cpp, attiene esclusivamente alla sussistenza di una reale ed effettiva controversia (già instaurata oppure instauranda) tra il titolare formale del bene oggetto di sequestro ed un soggetto terzo che vanta pretesa giuridica di identico diritto di proprietà del bene medesimo (Cass. Sez. III del 14/11/07, Sent. n. 41879; Cass. Sez. II dell'08/01/04, Sent. n. 221). Oltre a ciò, è perfettamente ammissibile la sussistenza sugli stessi beni del sequestro preventivo e sequestro conservativo, anche se tali misure vengono adottate in procedimenti distinti ed a carico del medesimo soggetto (Cass. Sez. VI del 30/01/96, Sent. n. 5602; Cass. Sez. V del 17/03/94, Sent. n. 886; Cass. Sez. VI del 20/10/92, Ord. n. 2867). Pres. Onorato, Est. Gentile, Ric. Lancellotti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/06/2009 (Ud. 06/05/2009), Sentenza n. 26107

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Lettura alternativa delle risultanze probatorie - Motivo di ricorso per cassazione - Esclusione - L. n. 46/2006. In tema di motivi di ricorso per cassazione, pur dopo la novella codicistica introdotta con la legge n. 46 del 2006 non hanno rilevanza le censure che si limitino ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di Cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di mera legittimità (Cass. pen. sez VI sent. 3/10/2006, n.36546). Pres. Onorato, Est. Marmo, Ric. Bisulca ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/06/2009 (Ud. 25/03/2009), Sentenza n. 25965

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Atti d'indagine preliminare - Omissione del deposito da parte del P.M. - Inutilizzabilità degli atti - Richiesta comunque di rinvio a giudizio - Validità. L'omissione del deposito di atti dell'indagine preliminare da parte del P.M. comporta l'inutilizzabilità degli atti stessi, ma non la nullità della successiva richiesta di rinvio a giudizio e del conseguente decreto che dispone il giudizio (Cass. 11.012007 n. 8049). Pres. Milo, Rel. Cortese, Ric. Gallitto. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. VI, 18/06/2009, (Ud. 15/04/2009), Sentenza n.25537

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Costituzione di parte civile - Decadenza “in limine litis" - Artt. 484, 491 c. 1, 492 e 79 c.p.p.. La costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza, “in limine litis", vale a dire fino a che non siano compiuti gli adempimenti relativi alla regolare costituzione delle parti. E' in tale fase infatti che bisogna stabilire quali siano le parti "legittimate" a stare in giudizio. L'art.79 è invece tassativo nel collegare il momento ultimo della costituzione di parte civile alla sola effettuazione degli adempimenti di cui all'art.484 c.p.p. La stessa successione cronologica degli adempimenti previsti nella fase degli atti introduttivi (libro VII, titolo II, capo II) attesta, quindi, in modo non equivoco, che il limite per la costituzione di parte civile è rappresentato dal controllo della regolare costituzione delle parti. Non hanno rilievo, quegli arresti giurisprudenziali che "spostano" la ritualità della costituzione della parte civile fino a che non sia dichiarato aperto il dibattimento ex art.492 (cfr. Cass.pen.sez.5 n.4972 del 13.12.2006). Né tantomeno hanno rilievo quelle decisioni che, operando una indebita "coincidenza" tra i due momenti, ritengono tempestiva la costituzione di parte civile "effettuata prima che siano compiuti gli adempimenti di cui all'art.484 cod. proc. pen., vale a dire prima della apertura del dibattimento" (cfr.Cass.sez.5 n.12718 del 27.10.2000). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Greco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 17/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 25133

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Costituzione di parte civile - Inosservanza del termine - Inammissibilità - Rilevabilità d'ufficio - Art.79 c.p.p. - Art.491, c. 1 c.p.p.. L'inosservanza del termine per la costituzione di parte civile, stabilito a pena di decadenza dall'art.79 c.p.p., comporta l'inammissibilità di detta costituzione, da rilevare anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, e, quindi, anche oltre il termine fissato dall'art.491, comma 1 c.p.p., riguardando il detto termine soltanto le eventuali nullità attinenti alle formalità della costituzione, le quali in tanto possono rilevare in quanto quest'ultima sia stata tempestiva ed abbia quindi consentito la valida instaurazione del rapporto processuale (Cass. Pen. sez. 30.10.1995 n.10714 - Lazzarino). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Greco.  CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 17/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 25133

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere realizzate - Terzi acquirenti in buona fede ed estranei al reato - Giurisprudenza - Art. 44 comma 2 D.P.R. 380/01. La confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere realizzate, prevista dall'art. 44 comma 2 D.P.R. 380/01, deve essere disposta anche nei confronti dei beni dei terzi acquirenti in buona fede ed estranei al reato, i quali potranno fare valere i propri diritti in sede civile, atteso che trattasi di una sanzione amministrativa a natura reale non personale applicata sul solo presupposto dell'accertamento giurisdizionale di una lottizzazione abusiva (Cass. 10916/2005; Cass. 38728/2004; Cass. 38727/2004; Cass. 4262/95). Tuttavia, si registra un orientamento parzialmente difforme in base al quale la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite non deve essere disposta nei confronti dei soggetti estranei alla commissione del reato e venuti in buona fede in possesso del terreno o dell'opera edilizia oggetto di abusiva lottizzazione (Cass. Sez. 3, 24/10/2008 n. 42741). Pres. De Maio, Est. Sarno, Ric. Gibertini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 24666

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Immobile abusivamente realizzato - Esecuzione di un decreto di sequestro preventivo - P.M. - Poteri - Art.655 c.p.p.. In materia edilizia, il provvedimento con cui, in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo di un immobile abusivamente realizzato, il P.M. ne ordini lo sgombero da persone o case, non può dirsi affetto da abnormità atteso che rientra nei poteri che la legge processuale (art.655 cod.proc.pen.) attribuisce al pubblico ministero per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali (Cass. Pen. sez. III, del 16.11.2007 n.47326). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Orlando ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 24662

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro d’immobile abusivo - Provvedimento di sgombero emesso dal P.M. - Controlli, verifiche e garanzie - Esecuzione dei provvedimenti - Rimedio dell'incidente di esecuzione e riesame ex art.322 c.p.p. - Funzioni e limiti - Art. 655 c.p.p. - Fattispecie. Il P.M. ha il potere di ordinare lo sgombero dell'immobile, laddove esso costituisca una “ineliminabile modalità di attuazione del sequestro medesimo”. Inoltre, a norma dell'art.655 c.p.p., compete al P.M. curare l'esecuzione dei provvedimenti. Tuttavia, il provvedimento di sgombero emesso dal P.M. è suscettibile, però di controllo, attraverso il rimedio dell'incidente di esecuzione, in relazione alla sua indispensabilità ai fini dell'attuazione della misura cautelare. In questi casi, il giudice deve accertare se le finalità cautelari del provvedimento di sequestro possano essere attuate con modalità diverse e tale accertamento, se motivato congruamente ed esente da vizi logici, non è censurabile in sede di legittimità. Nella specie, non c'è dubbio alcuno che, nell'ipotesi di immobili già ultimati, l'esigenza cautelare che il sequestro intende perseguire è che essi non vengano abitati per evitare l'aggravio (in modo apprezzabile ) del carico urbanistico. Infine, le censure riguardanti il fumus ed il periculum in mora non sono proponibili in sede di incidente di esecuzione (potendo essere sollevate solo con richiesta di riesame ex art.322 c.p.p.). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Orlando ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 24662

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Modifica dell'imputazione e contestazione - Modalità - Art. 516 c.p.p.. La modifica dell'imputazione di cui all'art. 516 c.p.p. e la contestazione possono essere effettuate dopo l'avvenuta apertura del dibattimento, e prima dell'espletamento dell'istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari. Pres. Onorato, Est. Mulliri, Ric. Bettanin. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 24640

 

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Diritto comunitario - Principi di proporzionalità e di certezza del diritto - Adozione di misure appropriate e meno restrittive. Il principio di proporzionalità è un principio generale del diritto comunitario che dev’essere rispettato tanto dal legislatore comunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali, in particolare nel settore della politica agricola comune. Tale principio esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non eccedano i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza 5/06/2008, causa C-534/06, Industria Lavorazione Carni Ovine). H. J. Nijemeisland contro Minister van Landbouw, Natuur en Voedselkwaliteit. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. V, 11/06/2009, Sentenza C-170/08

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Notifica - Strumenti e modalità della notifica - Nuova citazione all'imputato c/o il difensore ex art.161 c. 4°, c.p.p. - c.d. nullità a regime intermedio - Sanabilità - Termini - Artt. art.180, 170 e 157 c.p.p.. L'art.157 c.p.p. prescrive le modalità di consegna dell'atto, ma non lo "strumento" della notifica. Lo stesso art.170 c.p.p. prevede, infatti, che la notifica possa essere eseguita anche col mezzo degli uffici postali nei modi stabiliti dalle relative norme speciali. Nella specie, Correttamente, il Tribunale, all'udienza "rilevato che l'imputato non è stato reperito all'indirizzo indicato in D.C." disponeva "nuova citazione all'imputato c/o il difensore ex art.161 c. 4°, c.p.p.". Tale norma prevede, infatti, che "se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono sempre eseguite con consegna al difensore. E tale notifica al difensore fu effettuata dall'ufficiale giudiziario. Va, in ogni caso rilevato, che, trattandosi di nullità a regime intermedio (riguardando le modalità della notifica), essa risulta sanata, non essendo stata eccepita tempestivamente ex art.180 c.p.p. prima della deliberazione della sentenza. Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Di Lauro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/06/2009 (Ud. 06/05/2009), Sentenza n. 23972

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Corte di Cassazione - Sindacato di legittimità - Modifica dell’art.606 lett.e) c.p.p., dalla L. n. 46/06 - Nuove attribuzioni - Vizio di “motivazione” prova "omessa" o "travisata" - Onere della parte. Anche a seguito della modifica dell'art.606 lett.e) c.p.p., con la L. n. 46/06, il sindacato della Corte di Cassazione rimane di legittimità. La possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame", non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell'iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all'annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr. Cass. pen. sez.6 del 18.12.2006, n.752). Pur di fronte alla previsione di un allargamento dell'area entro la quale deve operare, non cambia la natura del sindacato di legittimità; è solo il controllo della motivazione che, dal testo del provvedimento, si estende anche ad altri atti del processo specificamente indicati. Tale controllo, però non può mai comportare una rivisitazione dell'iter ricostruttivo del fatto, attraverso una nuova operazione di valutazione complessiva delle emergenze processuali, finalizzata ad individuare percorsi logici alternativi ed idonei ad inficiare il convincimento espresso dal giudice di merito" (Cass. pen. sez.2 n.23419/2007-Vignaroli). Il vizio di prova "omessa" o "travisata" si verifica, quindi, quando da esso derivi una disarticolazione dell'intero ragionamento probatorio ed una illogicità della motivazione sotto il profilo della rilevanza e della decisività. E' onere della parte, poi, indicare espressamente nei motivi di gravame gli atti del processo da cui è desumibile il vizio. Tali atti vanno individuati specificamente (non rientrando nei compiti della Corte di legittimità la ricerca nel fascicolo processuale degli stessi), allegati o trascritti integralmente (non è consentita una indicazione "parziale" dell'atto, potendo il denunciato travisamento emergere solo dalla sua lettura integrale). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Di Lauro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/06/2009 (Ud. 06/05/2009), Sentenza n. 23972

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso in cassazione - Riproduzione dei motivi di appello - Inammissibilità. Il ricorso in cassazione è inammissibile quando riproduce sostanzialmente gli stessi motivi di appello scivolando nella genericità. Pres. Onorato, Est. Mulliri, Ric. Urso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/06/2009 (Ud. 24/02/2009), Sentenza n. 23730

DIRITTO PROCESSUALE - Ricorso in cassazione - Motivi dedotti in appello - Inammissibilità. Si deve considerare inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello, motivatamente esaminati e disattesi dalla corte di merito, "dovendosi i motivi stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso". Pres. Onorato, Est. Mulliri, Ric. Urso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/06/2009 (Ud. 24/02/2009), Sentenza n. 23730

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso in cassazione - Manifesta infondatezza - Declaratoria di inammissibilità - Dichiarazione delle cause di non punibilità - Esclusione - Art. 129 c.p.p.. Nel caso di manifesta infondatezza delle censure mosse nel ricorso s’impone, una declaratoria di inammissibilità che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione "e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. (come, nella specie, la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso). Pres. Onorato, Est. Mùlliri, Ric. Salerno. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/06/2009 (Ud. 24/02/2009), Sentenza n. 23725

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Fabbricato abusivo ultimato - Misura cautelare - Applicazione - Presupposto del periculum. Può tranquillamente, sussistere il periculum "ictu oculi" o il c.d. "fumus" anche quando il fabbricato, oggetto di misura cautelare, sia già ultimato senza alcuna necessità di dimostrare che il ricorrente avrebbe usato il fabbricato in maniera diversa dalle prescrizioni urbanistiche. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Ferraro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/06/2009 (Ud. 23/04/2009), Sentenza n. 23720

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari reali - Riesame dei provvedimenti - Poteri del giudice - Art. 321 c.p.p.. In sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al "fumus" del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata (Cass. n.23944/2008). Ne consegue che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell'elemento soggettivo del reato, purché lo stesso emerga "ictu oculi". (conf. Cass. n.21736/2007). Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Ferraro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/06/2009 (Ud. 23/04/2009), Sentenza n. 23720

 

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Pratica concordata - Informazioni scambiate con i loro concorrenti - Valutazione secondo le regole del diritto nazionale - Sufficienza di una sola riunione o necessità di una concertazione duratura e regolare. Nell’ambito dell’esame del nesso causale tra la concertazione ed il comportamento sul mercato degli operatori ad essa partecipanti, nesso che è necessario ai fini di dichiarare la sussistenza di una pratica concordata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, il giudice nazionale è tenuto ad applicare, salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire, la presunzione di causalità enunciata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui tali operatori, allorché restano attivi sul mercato, tengono conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 4/06/2009, Sentenza C-8/08

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Pratica concordata - Presunzione di un nesso causale - Presupposti. La presunzione di un nesso causale tra la concertazione e il comportamento sul mercato vale sempre, anche qualora la concertazione sia basata unicamente su una sola riunione tra gli operatori interessati, sempre che l’operatore partecipante alla concertazione sia rimasto attivo sul mercato. Per quanto concerne la valutazione del carattere anticoncorrenziale di una pratica concordata, occorre considerare in particolare gli scopi oggettivi che persegue nonché il contesto economico e giuridico nel quale si inserisce (v, in tal senso, sentenze 8/11/1983, cause riunite da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ International Belgium e a./Commissione, nonché 20/11/2008, causa C-209/07, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, non ancora pubblicata sulla Raccolta, punti 16 e 21). Inoltre, anche se l’intenzione delle parti non rappresenta un elemento necessario al fine di determinare la natura restrittiva di una pratica concordata, nulla vieta alla Commissione delle Comunità europee o ai giudici comunitari di tenerne conto (v., in tal senso, sentenza IAZ e a./Commissione). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 4/06/2009, Sentenza C-8/08

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - APPALTI - Pratiche concordate - Pregiudizio alla concorrenza - Distinzione tra le aventi oggetto anticoncorrenziale e effetto anticoncorrenziale. Quanto alla distinzione tra le pratiche concordate aventi un oggetto anticoncorrenziale e quelle aventi un effetto anticoncorrenziale, si deve ricordare che, al fine di stabilire se una pratica rientri nel divieto enunciato all’art. 81, n. 1, CE, l’oggetto e l’effetto anticoncorrenziale non sono condizioni cumulative, bensì alternative. Pertanto, l’alternatività di tali condizioni, espressa dalla disgiunzione «o», rende necessario innanzi tutto considerare l’oggetto stesso della pratica concordata, tenuto conto del contesto economico nel quale quest’ultima deve trovare applicazione (sentenza 30/06/1966, causa 56/65, LTM). Nel caso in cui, invece, l’analisi del tenore della pratica concordata non rivelasse un pregiudizio alla concorrenza di sufficiente entità, occorrerebbe prendere in esame i suoi effetti e, per poterla vietare, dovrebbero sussistere tutti gli elementi che comprovano che il gioco della concorrenza è stato di fatto impedito, ristretto o falsato in modo sensibile. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 4/06/2009, Sentenza C-8/08

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - APPALTI - Concorrenza all’interno del mercato comune - Pratica concordata - Differenza tra «infrazioni per oggetto» e «infrazioni per effetto» - Giurisprudenza. In tema di concorrenza, per valutare se una pratica concordata sia vietata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è superfluo prendere in considerazione i suoi effetti concreti laddove risulti che essa mira ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (v., in tal senso, sentenze 13/07/1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione; 21/09/2006, causa C-105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, nonché Beef Industry Development Society e Barry Brothers). La differenza tra «infrazioni per oggetto» e «infrazioni per effetto» verte sulla circostanza per cui talune forme di collusione tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, nocive al buon funzionamento del normale gioco della concorrenza. In tale contesto, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del rinvio, non occorre esaminare gli effetti di una pratica concordata una volta che sia stato accertato l’oggetto anticoncorrenziale di quest’ultima. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 4/06/2009, Sentenza C-8/08

DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Scambio di informazioni tra concorrenti - Trattato in materia di concorrenza - Interpretazione. In tema di concorrenza, in caso di scambio di informazioni tra concorrenti, occorre ricordare che i criteri del coordinamento e della collaborazione, costitutivi di una pratica concordata, vanno intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve determinare autonomamente la condotta che intende seguire sul mercato comune (v. sentenze Suiker Unie e a./Commissione; 14/07/1981, causa 172/80, Züchner; Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione e 28/05/1998, causa C-7/95 P, Deere/Commissione). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 4/06/2009, Sentenza C-8/08

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari reali e sequestro preventivo - Fase delle indagini preliminari - Presupposti - Fattispecie astratta prevista dalla legge come reato - Necessità - Mantenimento del sequestro - Elementi - Elementi sopravvenuti - Revoca del sequestro - Giudice del riesame. In tema di misure cautelari reali e di sequestro preventivo, l'ipotesi accusatoria deve corrispondere, per costante giurisprudenza di questa Corte, a una fattispecie astratta sicuramente prevista dalla legge come reato, sicché, quando nella fase delle indagini preliminari sia stato indicato un fatto inquadrabile nel reato per il quale è stato disposto il sequestro, in sede di riesame del provvedimento, l'ipotesi di reato, verificabile sotto il profilo probatorio soltanto nel giudizio di merito, deve essere valutata sul piano dell'astrattezza. Per il mantenimento del sequestro basta, quindi, la puntuale enunciazione di un'ipotesi di reato che renda necessaria la limitazione o l'esclusione della disponibilità delle cose che siano pertinenti a tale reato. Soltanto quando l'enunciazione sia manifestamente illogica oppure quando la configurabilità del reato appaia impossibile il giudice del riesame, cui è attribuita pienezza di cognizione che gli consente di prendere in considerazione anche elementi sopravvenuti, è tenuto a revocare il sequestro. Pres. Onorato Est. Teresi Ric. Carbone. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 07/04/2009), Sentenza n. 20153

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari reali - Sequestro preventivo - Presupposti - Mantenimento del sequestro - Elementi sopravvenuti - Revoca del sequestro - Poteri giudice del riesame. In tema di misure cautelari reali e di sequestro preventivo l'ipotesi accusatoria deve corrispondere a una fattispecie astratta sicuramente prevista dalla legge come reato, sicché, quando nella fase delle indagini preliminari sia stato indicato un fatto inquadrabile nel reato per il quale è stato disposto il sequestro, in sede di riesame del provvedimento, l'ipotesi di reato, verificabile sotto il profilo probatorio soltanto nel giudizio di merito, deve essere valutata sul piano dell'astrattezza. Per il mantenimento del sequestro basta, quindi, la puntuale enunciazione di un'ipotesi di reato che renda necessaria la limitazione o l'esclusione della disponibilità delle cose che siano pertinenti a tale reato. Soltanto quando l'enunciazione sia manifestamente illogica oppure quando la configurabilità del reato appaia impossibile il giudice del riesame, cui è attribuita pienezza di cognizione che gli consente di prendere in considerazione anche elementi sopravvenuti, è tenuto a revocare il sequestro. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Tavarilli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 07/04/2009), Sentenza n. 20151

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Immobile abusivamente costruito ed già ultimato - Sequestro preventivo - Presupposti. In materia edilizia è legittimo disporre il sequestro preventivo di un immobile abusivamente costruito la cui edificazione risulti già ultimata purché le conseguenze "ulteriori” rispetto alla consumazione del reato abbiano carattere antigiuridico e possano essere impedite per effetto dell'accertamento del reato e purché il pericolo presenti il requisito della concretezza. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Tavarilli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 07/04/2009), Sentenza n. 20151

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili - Autorizzazione - Impugnazione - Art. 23 bis L. n. 1034/1971 - Disposizioni di stretta interpretazione. Le disposizioni acceleratorie contenute nell’articolo 23 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella misura in cui derogano all’ordinario regime processuale, devono essere considerate di stretta interpretazione e non possono perciò essere applicate estensivamente al di fuori delle ipotesi specificamente individuate dal legislatore (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 30 luglio 2007, n. 9). (Fattispecie relativa all’impugnazione dell’autorizzazione alla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili ex art. 12, comma 1, del Dlgs. 29 dicembre 2003, n. 387). Pres. De Zotti, Est. Mielli - Comune di Rovigo (avv. Lembo) c. Provincia di Rovigo (avv.ti Bernecoli, Paparella, Sartori e Varvara), Regione Veneto (avv.ti Ligabue e Zanon) e altri (n.c.), riunito ad altri ricorsi. T.A.R. VENETO, Sez. III - 22/05/2009, n. 1539

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Valutazione della liceità di un intervento edilizio - Doveri del giudice penale - Elementi di natura extra-penale - Atto amministrativo. Il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione edificatoria. Anche nei casi in cui, nella fattispecie di reato sia previsto un atto amministrativo ovvero l'autorizzazione del comportamento del privato da parte di un organo pubblico, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica dell'atto o provvedimento amministrativo, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale, "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela" (nella specie, l'interesse sostanziale alla tutela del territorio), nella quale gli elementi di natura extra-penale convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo. E' la stessa descrizione normativa del reato che impone al giudice un riscontro diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la condotta criminosa, ivi compreso l'atto amministrativo (Cass., Sez. III, 21.1.1997, Volpe ed altri). Pres. E. Lupo, Rel. A. Fiale, Ric. Guardiano ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 20/05/2009 (Ud. 30/04/2009), Sentenza n. 21177

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Tribunale del riesame - Procedimenti incidentali - Riesame di provvedimenti di sequestro - Potere conoscitivo - Assenza - Accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti. Nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una "plena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meriturn causae", così da determinare una non-consentita preventiva verifica della fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento. L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale del riesame, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro. Pres. E. Lupo, Rel. A. Fiale, Ric. Guardiano ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 20/05/2009 (Ud. 30/04/2009), Sentenza n. 21177

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo - Presupposti.
In tema di sequestro preventivo, il "periculum in mora” va inteso in senso oggettivo come probabilità di danno futuro in conseguenza dell'effettiva disponibilità materiale o giuridica della cosa, che può derivare non solo dalla potenzialità della res oggetto del provvedimento cautelare di recare una lesione all'interesse protetto dalla norma penale, ma anche dalla semplice possibilità di contribuire al perfezionamento del reato, lasciando ovviamente alla sede di merito la possibilità di escluderlo in base alle successive risultanze. La legge (diversamente da quanto previsto dall'art. 275 c.p.p. per le misure di cautela personale) non impone la necessità di uniformarsi a criteri di proporzionalità ed adeguatezza, sicché non è possibile ipotizzare diversificazioni applicative del sequestro correlate a valutazioni di afflittività del vincolo di indisponibilità del bene ovvero, come prospettato in ricorso, al "bilanciamento" degli interessi cautelari con i pregiudizi derivanti agli indagati. Pres. E. Lupo, Rel. A. Fiale, Ric. Guardiano ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 20/05/2009 (Ud. 30/04/2009), Sentenza n. 21177

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Effetto estensivo dell'impugnazione a vantaggio dei soggetti non ricorrenti - Operatività - Limite. Ai sensi dell'art. 587 c.p.p. "nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato l'impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati". L'effetto estensivo dell'impugnazione quando maturi una causa di estinzione del reato nel corso del giudizio di gravame, opera a vantaggio dei soggetti non ricorrenti (Cass. pen. sez. III sent. 4/11/1997, n. 3621 Giampaoli). L'unica condizione preclusiva all'effetto estensivo dell'impugnazione è infatti costituita della natura strettamente personale del motivo di ricorso". (Cass. pen. sez. I sent. 24/03/2005, n. 15288). Pres. P. Onorato, Rel. M. Marmo, Ric. Ramacca ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/05/2009 (Ud. 25/03/2009), Sentenza n. 20243
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Permesso di costruire e DIA - Legislazione regionale in materia urbanistica - Ambito della rilevanza penale dell’art.22 DPR n. 380/01 T.U. Edilizia - Riserva di legge statale in materia di ordinamento penale. L'ambito della rilevanza penale, anche in tema urbanistico, non può essere modificato dalla legislazione regionale stante la riserva di legge statale in materia di ordinamento penale (artt. 25 e 117 Cost.). L'art.22 DPR n. 380/01 T.U.E., nel consentire alle Regioni di estendere o ridurre l'ambito della DIA, precisa che restano ferme le sanzioni penali di cui all'art. 44. Così come l'art.10, nel consentire alle Regioni di ampliare o restringere l'ambito del permesso di costruire precisa che la violazione di tali norme non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'art.44. Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso in cassazione per inadempiuto l'obbligo della motivazione - Obblighi del giudice di rinvio. La Cassazione risolve una questione di diritto quando giudica inadempiuto l'obbligo della motivazione, onde il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di determinare il proprio convincimento di merito mediante un'autonoma valutazione della situazione di fatto relativa al punto annullato e con gli stessi poteri dei quali era titolare il giudice il cui provvedimento è stato cassato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento: con la conseguenza che lo stesso giudice di rinvio resta vincolato al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, ovvero, ancora, all'esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo (Cass. sez. 1, 15.1.2007, n. 7963; Cass. sez. 1, del 13.112007, n.43685; Cass., Sez. 1^, 7/05/1998, Di Iorio; Cass. Sez. 6^, 7/02/1995, Grande). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Fatto punito contestualmente da una disposizione penale, regionale o delle province autonome - Si applica la disposizione penale - Criterio. In base al comma secondo dell'articolo 9 della legge n 689 del 1981, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome si applica la disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Somà. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 25/03/2009), Sentenza n. 20138

 

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Danno non patrimoniale - Risarcibilità - Presupposti. Con sentenza della Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, è stato esclusa l'autonomia della categoria del cosiddetto danno esistenziale, al contempo si è chiarito che nell'ipotesi in cui il fatto illecito si configuri come reato il danno non patrimoniale è risarcibile nella sua più ampia accezione di danno determinato da lesioni di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica; che la sofferenza morale cagionata dal reato non è necessariamente transeunte, ben potendo l'effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo, assumendo rilievo la sua durata ai fini della quantificazione del risarcimento; che, nell'ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, la formula “danno morale” non individua un'autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata; che, in conclusione, è compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore uomo si siano verificate. Pres. Preden, Rel. Amatucci, Ric. Icmesa s.p.a.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, Dep. 13/05/2009 (Ud. 7/04/2009), Sentenza n. 11059

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Revoca del decreto penale di condanna - Giudizio di opposizione - Verifica ope legis e non ope Iudicis - Art. 464, c. 3°, c.p.p. - Giudizio di legittimità - Genericità del motivo. La revoca del decreto penale di condanna, ex art. 464, comma terzo, c.p.p., è un antecedente immancabile del giudizio di opposizione che si verifica per il solo fatto della sua celebrazione, ope legis e non ope Iudicis [Cassazione Sezione V n. 38966/2005]. Inoltre, la genericità del motivo sul denegato riconoscimento dell'assoluto impedimento del difensore a presenziare al dibattimento non consente di enucleare una doglianza rilevante nel giudizio di legittimità. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. De Matteis. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19884

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio di legittimità - Manifesta infondatezza del ricorso - Preclusione alla possibilità di rilevare e dichiarare sopravvenute cause d' estinzione del reato. La manifesta infondatezza del ricorso, che preclude la possibilità di rilevare e dichiarare sopravvenute cause d' estinzione del reato [Cassazione S.U. n. 32/2000, De Luca], comporta l'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. De Matteis. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19884

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - Legittimazione nel processo per reati ambientali - Risarcimento del danno ambientale - Annullamento di atti illegittimi - Art. 318 d.L.vo n. 152/2006 - Art. 18 c. 5 L. n. 349/1986 - Art. 9 c. 3 D. L.vo n. 267/2000. L’art. 318 decreto legislativo n. 152 del 2006 ha abrogato, sia l'articolo 18 della legge n. 349 del 1986 in materia di risarcimento che in materia di la legittimazione degli enti territoriali, in aggiunta a quella dello Stato, sia l'articolo 9 comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000 che riconosceva alle associazioni ambientaliste un potere sostitutivo generale degli enti territoriali in caso di inerzia di questi ultimi nelle azioni a tutela dell'ambiente, ma non è stata esclusa per le associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 349 del 1986, la possibilità di intervenire nel giudizio per danno ambientale e di ricorrere in sede giurisdizionale per l'annullamento di atti illegittimi emessi nella stessa materia, ancorché da autorità diverse dal Ministero dell'Ambiente, in quanto il legislatore ha fatto espressamente salvo il comma 5 dell'articolo 18 della legge n 349 del 1986. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - DANNO AMBIENTALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - Risarcimento del danno - Associazioni ambientaliste - Legittimazione alla costituzione di parte civile per danni ambientali - Nuove regole - Applicazione - Art. 318 d.L.vo n. 152/2006. Anche dopo il decreto legislativo n. 152 del 2006, le associazioni ambientaliste sono legittimate alla costituzione di parte civile "iure proprio" nel processo per reati ambientali, dal momento che l'espressa previsione legislativa della possibilità di costituzione di parte civile per lo Stato e per gli enti pubblici territoriali non esclude l'applicabilità delle regole generali in materia di risarcimento del danno e di costituzione di parte civile (Cass. n 35393/2008; n.20681/2007; n.33887/2006). In ogni caso le nuove regole sulla costituzione di parte civile per danni ambientali, avendo natura processuale, si applicano solo alle costituzioni effettuate dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, ma restano salve quelle già ammesse in base alla precedente disciplina. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - DANNO AMBIENTALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - Costituzione di parte civile - Associazione ambientalista - Sede regionale - Legittimità - Presupposti - Accertamento - Potestà del giudice - Fattispecie: liquidazione del c.d. danno morale. La sede regionale di una associazione ambientalista, è legittimata a costituirsi parte civile se il bene leso si trova nell'ambito della regione (Cass. n 8699/1996). Anzi uno stabile collegamento di interessi con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della possibile sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale. Prima della legge istitutiva del Ministero dell'ambiente, il criterio della vicinitas era pacificamente utilizzato dalla giurisprudenza per riconoscere la legittimazione ad agire alle associazioni ambientaliste locali. Accertata la legittimazione ad agire iure proprio, alle associazioni ambientaliste spetta il diritto al risarcimento conseguente al danno ambientale, sia come titolari di un diritto della personalità connesso al perseguimento delle finalità statutarie, sia come enti esponenziali del diritto assoluto alla tutela ambientale. (Cass. n 35393/2008; n.38748/2004; n.33887/2006). L'accertamento della reale sussistenza del pregiudizio è rimessa alla valutazione del giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato. Nella fattispecie è stato liquidato soprattutto il danno morale, peraltro in misura assai modesta e la relativa liquidazione non è stata specificamente contestata nel ricorso, posto che il ricorrente si è soffermato soprattutto per negare in generale la legittimazione a costituirsi parte civile di Legambiente ed in particolare per negare la legittimazione alle articolazioni locali. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Impugnazione - Interesse concreto ad impugnare - Sussistenza - Necessità - Eccezione - Artt. 568, c. 4, 654, 652 e 653 c.p.p.. L'interesse richiesto dall'art. 568, comma 4, c.p.p., quale condizione d'ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente. Nei casi in cui si denunci la violazione di una norma di diritto formale sussiste un interesse concreto che renda ammissibile la doglianza solo se dalla violazione sia derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato praticamente favorevole [Cassazione SU 13 dicembre 1995, Timpani]. L'unica eccezione a tale regola di ordine generale è costituita dall'accertamento di un fatto materiale oggetto del giudizio penale conclusosi con sentenza dibattimentale che sia suscettibile, una volta divenuta irrevocabile quest'ultima, di pregiudicare, a norma e nei limiti segnati dall'art.654 c.p.p., le situazioni giuridiche coinvolgenti il medesimo soggetto in giudizi civili o amministrativi diversi da quelli di danno e disciplinari regolati dagli articoli 652 e 653 dello stesso codice. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Prescrizione del reato - Individuazione della disciplina più favorevole - Applicazione per intero - Obbligo - Applicazione mista della vecchia e della nuova disciplina - Esclusione. In tema di prescrizione del reato, una volta individuata la disciplina più favorevole riferibile alla fattispecie, questa deve essere applicata per intero non essendo consentito un'applicazione mista della vecchia e della nuova a seconda della convenienza per l'imputato, perché in tal modo si applicherebbe una terza disciplina, non prevista dal legislatore, diversa sia da quella precedente che da quella attuale (Cass. nn. 2126, 21744 del 2008). Pres. Onorato, Est. Petti, Ric.Cantatore. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19333

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Manifesta infondatezza del ricorso - Sopravvenute cause di estinzione del reato - Preclusione - Onere delle spese. La manifesta infondatezza del ricorso preclude l'applicazione di eventuali sopravvenute cause di estinzione del reato [Cassazione SU n. 32/2000, De Luca], sicché grava sul ricorrente l'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Soria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19332

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Reati edilizi o paesaggistici - Sospensione condizionale della pena - Subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato - Art. 165 c.p.. Anche in tema di reati edilizi o paesaggistici, il giudice può subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, a norma dell'articolo 165 c.p.. Pertanto, con la sentenza di condanna, può subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'opera abusiva e al ripristino dello stato dei luoghi, in quanto relativo ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato (Cass. n. 38071/2007; conf. Sez .Un. n. 714/1997; n. 18304/2003; n. 4086/2000). Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Bucciarelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19081

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Reati urbanistici e/o paesaggisti - Idoneità della sanatoria amministrativa ad estinguere il reato - Compiti del giudice penale. In materia di reati urbanistici o paesaggisti, rientra nei compiti del giudice penale stabilire se il reato si sia o no estinto ed a tal fine compete al giudice penale controllare l'idoneità della sanatoria amministrativa ad estinguere il reato. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Bucciarelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19081

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Certificato di conformità edilizia - Fase di accertamento - Effetti. In fase di accertamento della conformità edilizia di cui all'articolo 36 del d.P.R. n 380 del 2001 (già artt. 13 e 22 della legge n 47 del 1985) un certificato di conformità edilizia è idoneo ad estinguere il reato allorché sia subordinato all'esecuzione di determinate opere (Cass. n . 41567/2007; n. 291/2004; n. 42927/2002; n. 10601/2000; n. 41669/2001). Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Bucciarelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19081

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Legittimo impedimento del difensore - Rinvio del dibattimento per assoluta impossibilità a comparire - Giustificazione - Necessità - Concomitanza di altri impegni professionali non costituisce impedimento assoluto - Termine di prescrizione - Poteri del giudice - Fattispecie. La concomitanza dell'impegno professionale assunto dal difensore in un altro procedimento può essere riconosciuto quale legittimo impedimento a comparire all'udienza, quando il difensore dimostri non solo l'esistenza dell'impegno, ma anche le ragioni che rendono indispensabile l'espletamento della funzioni difensive in tale procedimento: tali ragioni debbono essere correlate alla particolarità dell'attività da presenziare, alla mancanza od assenza di un altro condifensore ed all'impossibilità di avvalersi di un sostituto - ai sensi dell'art. 102 cod. proc. pen. - sia nel procedimento al quale il difensore intende partecipare, sia in quello del quale si chiede il rinvio per assoluta impossibilità a comparire" (Cassazione Sezione VI, n. 48530/2003, 18/11/2003 - 18/12/2003, Levante) e che "il legittimo impedimento del difensore, previsto come causa di rinvio del dibattimento, deve comportare l'assoluta impossibilità a comparire, sicché la concomitanza di altri impegni professionali non costituisce impedimento assoluto, determinando solo delle scelte da parte del professionista che può attuarle anche avvalendosi della facoltà di designare un sostituto. Ne consegue che, dinanzi a una richiesta di rinvio motivata dalla contemporaneità di altri impegni professionali, il giudice ha il potere-dovere di bilanciare le esigenze della difesa con quelle di affermazione del diritto e della giustizia, potendo prevalere l'interesse pubblico all'immediata trattazione del procedimento per ragioni obiettive, come l'imminente scadenza del termine di prescrizione del reato o di custodia cautelare, la natura dei fatti oggetto del procedimento e altri" (Cassazione Sezione I n. 5978/2000, 13/03/2000 - 22/05/2000, Sgobba). Nella specie, il difensore aveva segnalato di essere impedito ma non aveva documentato l'impossibilità di designare un proprio sostituto. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Iammella.  CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19078

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso in cassazione - Manifesta infondatezza - Sopravvenute cause d'estinzione del reato - Preclusione - Altre conseguenze. La manifesta infondatezza del ricorso, che preclude l'applicazione di sopravvenute cause d'estinzione del reato [Cassazione SU n. 32/2000, De Luca], comporta l'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma equitativamente fissata. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Iammella.  CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19078

 

URBANISTICA ED EDILIZIA - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Reati edilizi - Trattamento sanzionatorio - Cognizione esclusiva del giudice del merito - Necessità di motivazione - Art. 133 c.p. - Fattispecie: attività edificatoria in spregio a quanto prescritto nel provvedimento in sanatoria. In materia di reati edilizi, il trattamento sanzionatorio rientra nella cognizione esclusiva del giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato anche con riferimento ad uno solo degli elementi di cui all'articolo 133 c.p.. Nella fattispecie, sia pure sinteticamente, si è dato conto del trattamento sanzionatorio sottolineando che i prevenuti avevano continuato nell'attività edificatoria in spregio a quanto prescritto nel provvedimento in sanatoria. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Aberharm. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19077

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Titolo abilitativo ritenuto valido dalla P.A. - Corretta interpretazione della norma - Poteri del giudice. Il giudice penale nel caso in cui l'estinzione del reato sia subordinata al rilascio di un atto amministrativo, in assenza del quale, l'estinzione non si verifica, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica dell'atto, ma deve accertare l'integrazione o meno della fattispecie penale estintiva, in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie tutela. E' la stessa descrizione normativa della fattispecie estintiva che impone al giudice un riscontro diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la sanatoria. Deve quindi riaffermarsi il principio in forza del quale il giudice penale non esercita alcun sindacato sull'attività della pubblica amministrazione allorché accerta (nella fattispecie conformemente all'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale e dalla stessa giustizia amministrativa) che per un determinato intervento occorre il permesso di costruire in luogo del diverso titolo ritenuto sufficiente dall'amministrazione. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Piparo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19076

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Apposizione dei sigilli - Funzione - Custode giudiziario - Responsabilità - Configurabilità - Presupposti - Art. 349 cod. pen.. In linea generale, con l'apposizione dei sigilli, si attua una custodia meramente simbolica mediante la quale si manifesta la volontà dello Stato di assicurare cose, mobili o immobili, contro ogni atto di disposizione di persone non autorizzate. Pertanto, il fatto costitutivo del reato di cui all'art. 349 cod. pen. consiste in qualsiasi atto che renda vana la predetta volontà e di esso risponde, "da solo o in concorso con altri, il custode giudiziario della cosa sottoposta a sequestro, il quale ha il dovere giuridico di impedire che il fatto si verifichi. In tal caso, si verte in ipotesi di responsabilità personale diretta, non oggettiva, e incombe sul custode l'onere della prova degli eventuali caso fortuito o forza maggiore, quali cause impeditive dell'esercizio del dovere di vigilanza e custodia (Cass. sezione III, n. 2989/2000, Capogna). Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Santoro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19075

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Principio della responsabilità penale - Nozione. Il principio della responsabilità penale comporta che un soggetto può essere ritenuto autore nel reato solo se ha dato un contributo causale, a livello ideativo preparatorio o esecutivo, alla commissione del fatto criminoso o anche se ha dato un apporto causale qualificato di ordine psicologico alla commissione del fatto. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Santoro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19075

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Difensore - Legittimo impedimento a comparire all'udienza - Presupposti - Impossibilità di avvalersi di un sostituto - Art. 102 cod. proc. pen. - Impedimento assoluto - Giurisprudenza. La concomitanza dell'impegno professionale assunto dal difensore in un altro procedimento può essere riconosciuto quale legittimo impedimento a comparire all'udienza, quando il difensore dimostri non solo l'esistenza dell'impegno, ma anche le ragioni che rendono indispensabile l'espletamento delle funzioni difensive in tale procedimento: tali ragioni debbono essere correlate alla particolarità dell'attività da presenziare, alla mancanza od assenza di un altro condifensore ed all'impossibilità di avvalersi di un sostituto - ai sensi dell'art. 102 cod. proc. pen. - sia nel procedimento al quale il difensore intende partecipare, sia in quello del quale si chiede il rinvio per assoluta impossibilità a comparire (Cassazione Sezione VI, n. 48530/2003, 18/11/2003 - 18/12/2003, Levante). Inoltre, il c.d. legittimo impedimento del difensore, previsto come causa di rinvio del dibattimento deve comportare l'assoluta impossibilità a comparire, sicché la concomitanza di altri impegni professionali non costituisce impedimento assoluto, determinando solo delle scelte da parte del professionista che può attuarle anche avvalendosi della facoltà di designare un sostituto. Ne consegue che, dinanzi a una richiesta di rinvio motivata dalla contemporaneità di altri impegni professionali, il giudice ha il potere-dovere di bilanciare le esigenze della difesa con quelle di affermazione del diritto e della giustizia, potendo prevalere l'interesse pubblico all'immediata trattazione del procedimento per ragioni obiettive, come l'imminente scadenza del termine di prescrizione del reato o di custodia cautelare, la natura dei fatti oggetto del procedimento e altri" (Cassazione Sezione I n. 5978/2000, 13/03/2000 - 22/05/2000, Sgobba). Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Santoro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 07/05/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 19075

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Provvedimento amministrativo - Mancata indicazione del termine e dell’autorità presso la quale è possibile proporre ricorso - Riconoscimento del beneficio dell’errore scusabile - Presupposti. La circostanza che il provvedimento non rechi la indicazione del termine e della autorità alla quale è possibile proporre ricorso costituisce una mera irregolarità dell’atto impugnato la quale non è revocabile in dubbio possa costituire presupposto per la concessione del beneficio dell’errore scusabile in sede processuale. Tuttavia, a tale scopo, non è sufficiente la buona fede dell’interessato od altri elementi di rilievo soggettivo, occorrendo invece una situazione di obiettiva incertezza (da cui possono conseguire difficoltà nell’esercizio del diritto di difesa e quindi una diminuzione di tutela), dovuta alla novità della questione, alla difficoltà dell’interpretazione delle norme, alle oscillazioni della giurisprudenza, a comportamenti fuorvianti dell’Amministrazione, e, quindi, a cause comunque non imputabili alla parte che invoca il beneficio ma tali da indurre l’interessato stesso in errore (cfr. anche Cons. Stato, V, 21 settembre 2005, n. 4934), con apprezzabile incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell’atto (cfr., per tutte, CGA 8 ottobre 2003, n. 327). In caso contrario, tale inadempimento si risolverebbe in una assoluzione indiscriminata dal termine di decadenza (Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009, n. 1460, IV, 19 febbraio 2007, n. 872 e IV, 20. dicembre 2005, n. 7219). Pres. Adamo, Est. La Greca - G.C. e altro (avv.ti Sireci e Treppiedi) c. Comune di Ficarazzi (n.c.). T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. III - 05/05/2009, n. 857

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - V.I.A. - All. II dir. n. 85/337 e s.m. - Mancata sottoposizione di un progetto alla VIA - Motivazione - Obbligo. Nell’ipotesi in cui la decisione di uno Stato membro di non sottoporre un progetto rientrante nell’allegato II della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, ad una valutazione dell’impatto ambientale, in conformità agli artt. 5 e 10 della citata direttiva, indichi i motivi su cui essa si basa, tale decisione è sufficientemente motivata qualora la motivazione che essa contiene, unitamente agli elementi che sono già stati portati a conoscenza degli interessati, ed eventualmente completati dalle ulteriori informazioni necessarie che l’amministrazione nazionale competente è tenuta a fornire a detti interessati, su loro richiesta, siano tali da consentire a questi ultimi di valutare l’opportunità di presentare un ricorso avverso tale decisione. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 30/04/2009, proc. n. C-75/08

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - V.I.A. - Valutazione dei progetti idonei ad avere un impatto ambientale importante - Sottoposizione alla VIA - Discrezionalità per progetti di cui al suo allegato II Dir. n. 85/337 succ. mod. dalla dir. n. 35/2003 - Esame specifico della questione - Necessità - Obbligo di motivazione e comunicazione - Diritto fondamentale attribuito dal diritto comunitario - Valutazione dell’opportunità di presentare ricorso - Sindacato giurisdizionale. Ai sensi della direttiva 85/337 (come succ. mod. dalla direttiva 2003/35), i progetti di cui al suo allegato II devono essere assoggettati a valutazione solo qualora possano avere un impatto ambientale importante e la direttiva 85/337 conferisce agli Stati membri, a tal proposito, un margine discrezionale. Tuttavia, tale margine discrezionale trova il proprio limite nell’obbligo di tali Stati, enunciato all’art. 2, n. 1, della direttiva 85/337, di sottoporre ad una simile valutazione i progetti idonei ad avere un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione (v., in tal senso, sentenze 24/10/1996, causa C-72/95, Kraaijeveld, e 23/11/2006, causa C-486/04, Commissione/Italia). Risulta quindi inevitabilmente dagli obiettivi della direttiva 85/337 che le autorità nazionali competenti, investite di una domanda di autorizzazione di un progetto rientrante nell’allegato II di tale direttiva, devono svolgere un esame specifico della questione se, tenuto conto dei criteri di cui all’allegato III della direttiva stessa, si debba procedere ad una VIA. Inoltre, l’efficacia del sindacato giurisdizionale, che deve poter riguardare la legittimità della motivazione della decisione impugnata, comporta, in via generale, che il giudice adito possa richiedere all’autorità competente la comunicazione di tale motivazione. Tuttavia, trattandosi più specificamente di assicurare la tutela effettiva di un diritto fondamentale attribuito dal diritto comunitario, bisogna anche che le persone interessate possano difendere tale diritto nelle migliori condizioni possibili e che ad esse sia riconosciuta la facoltà di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice. Ne deriva che in una tale ipotesi l’autorità nazionale competente ha l’obbligo di fare loro conoscere i motivi sui quali è basato il suo rifiuto, vuoi nella decisione stessa, vuoi in una comunicazione successiva effettuata su loro richiesta (v. sentenza 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a., Racc. pag. 4097, punto 15). Tale successiva comunicazione può assumere la forma non solo di un’enunciazione espressa dei motivi, ma anche della messa a disposizione di informazioni e di documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 30/04/2009, proc. n. C-75/08

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - V.I.A. - Allegato II, Direttiva 85/337/CEE mod. dalla Dir. 2003/35/CE - Interpretazione autentica. L’art. 4 della direttiva 85/337 deve essere interpretato nel senso che esso non richiede che la decisione secondo la quale non è necessario che un progetto rientrante nell’allegato II della citata direttiva sia sottoposto ad una VIA contenga essa stessa le ragioni per le quali l’autorità competente ha deciso che questa non era necessaria. Tuttavia, nell’ipotesi in cui una persona interessata lo chieda, l’autorità amministrativa competente ha l’obbligo di comunicarle i motivi per i quali tale decisione è stata assunta, ovvero le informazioni e i documenti pertinenti in risposta alla richiesta formulata. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 30/04/2009, proc. n. C-75/08

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Translatio iudicii - Sentenza C.C. n. 77/2007 - Termine per la riassunzione innanzi al giudice competente - Sei mesi - Applicazione analogica dell’art. 50 c.p.c.- Fissazione del termine da parte del giudice a quo - Esclusione. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 77 del 2007, gli effetti sostanziali e processuali della domanda rivolta ad un Giudice che si sia dichiarato sfornito di giurisdizione restano salvi nel processo di riassunzione di fronte al Giudice ritenuto competente, così come succede, in forza dell’art. 50 c.p.c., nel caso in cui il processo civile venga riassunto a seguito di declinatoria della propria competenza da parte del Giudice ordinario. Perché ciò accada è necessario, tuttavia, che la translatio iudicii avvenga entro un dato termine -oltre il quale gli effetti dell’originaria domanda non possono più ritenersi conservati- , che, allo stato attuale deve ritenersi quello di sei mesi dalla comunicazione della sentenza stabilito dal citato articolo 50 c.p.c. Non è condivisibile l’impostazione per cui nella propria pronuncia declinatoria il giudice che sia stato adito per errore dovrebbe fissare un termine di riassunzione alla parte attrice, in quanto, così facendo, il Giudice a quo vincolerebbe a tale osservanza anche il Giudice ad quem, appartenente ad un ordine giurisdizionale diverso. Vero è che, così potrebbero anche essere incoraggiate, in ipotesi, elusioni del termine decadenziale di sessanta giorni previsto dall’art. 21 L. 1034\1971 per l’instaurazione dell’ordinario giudizio di legittimità davanti al Giudice Amministrativo, tuttavia, allo stato, non risulta che il legislatore sia intervenuto a disciplinare -così come auspicato dal Giudice delle leggi nella pronuncia citata- la materia, sicchè all’interprete altro non è dato che applicare in via analogica l’art. 50 c.p.c. Pres. Giallombardo, Est. Sinatra - A.E. (avv. Dell’Oglio) c. A.U.S.L. n. 6 di Palermo (n.c.). T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 29/04/2009, n. 792

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Provvedimento di sequestro - Impugnazione in cassazione - Limiti - Manifesta illogicità - Esclusione - Art. 325 c.p.p.. A norma dell'articolo 325 c.p.p. il provvedimento di sequestro può essere impugnato in cassazione solo per violazione di legge processuale o sostanziale, nella quale violazione può anche includersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, ma non la manifesta illogicità della stessa (cfr. Cass. 28/01/2004, Ferrazzi). Pertanto, presunti erronei apprezzamenti delle risultanze processuali non possono essere censurati in sede di diritto. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Bornigia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/04/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 17862

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Ricorso proposto da una persona fisica o giuridica - Destinatario direttamente e individualmente interessato dalla decisione - Subordine alla ricevibilità del ricorso - Art. 230, 4° c., CE. Il criterio che subordina la ricevibilità di un ricorso proposto da una persona fisica o giuridica avverso una decisione di cui non è il destinatario alla condizione che sia direttamente e individualmente interessata da tale decisione, posto dall'art. 230, quarto comma, CE, costituisce un'eccezione di irricevibilità di ordine pubblico che i giudici comunitari possono esaminare in qualsiasi momento, anche di ufficio (si veda: ordinanza 5/07/2001, causa C-341/00 P.; Sentenza 29/11/2007, causa C-176/06 P). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez.II, 23/04/2009, causa C-362/06 P

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - AREE PROTETTE - Classificazione dei siti naturali in zone speciali di conservazione (ZSC) - Impugnazione - Ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da persone fisiche o giuridiche avverso tale decisione - Art. 230, 4° c., CE. La tutela giurisdizionale delle persone fisiche o giuridiche che, in ragione delle condizioni di ricevibilità proposte dall'art. 230, quarto comma, CE, non possono impugnare direttamente gli atti comunitari del tipo della decisione controversa deve essere garantita in modo efficace mediante il ricorso dinanzi ai giudici nazionali. Questi, conformemente al principio di leale collaborazione sancito dall'art. 10 CE, sono tenuti, per quanto possibile, ad interpretare ed applicare le norme di procedura nazionali che disciplinano l'esercizio delle azioni in maniera da consentire alle dette persone di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all'applicazione nei loro confronti di un atto comunitario quale quello su cui verte la presente controversia, eccependone l'invalidità e inducendo così i giudici a interpellare a tale proposito la Corte mediante questioni pregiudiziali (sentenza 22 marzo 2007, causa C-15/06 P, Regione Siciliana/Commissione; Racc. pag. I-2591, punto 39). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez.II, 23/04/2009, causa C-362/06 P

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Emissioni in atmosfera - Garanzia nei confronti dell'interesse collettivo alla salute e alla incolumità - Condotta attiva e omissiva - Art. 674 c.p. - Configurabilità del reato - Art. 40 cpv. c.p. - Obbligo di risultato - Principio di equivalenza tra causalità omissiva e causalità attiva - Fattispecie. Il soggetto al quale l'ordinamento attribuisce una posizione di garanzia nei confronti dell'interesse collettivo alla salute e alla incolumità, come il titolare di una impresa potenzialmente pericolosa, deve evitare di mettere a repentaglio quell'interesse, ovverosia ha l'obbligo di evitare ogni evento di pericolo. Su questa base, la disposizione incriminatrice contenuta nell'art. 674 c.p., come integrata dall'art. 40 cpv. c.p., pone a carico non solo ogni condotta attiva (generalmente dolosa), ma anche ogni condotta omissiva (in genere colposa) che provochi l'evento pericoloso. Quello che conta, secondo la "ratio" dell'istituto, è il risultato da evitare, non la condotta, sicché il legislatore si preoccupa di imporre al titolare della posizione di garanzia soltanto un obbligo di risultato, indipendentemente da ogni vincolo di comportamento. In questo senso, il principio di equivalenza tra causalità omissiva e causalità attiva si applica ai reati causali puri, caratterizzati dalla rilevanza dell'evento e dalla indifferenza della condotta. Nella specie era stata versata nell'atmosfera in Porto di Reggio Calabria e nelle aree circostanti di pubblico transito, nonché nelle vicine aree private, polveri di cemento derivanti dall'attività esercitata, atte ad imbrattare le civili abitazioni site nella zona adiacente il porto e a molestare le persone residenti in detta zona. Pres. Altieri, Est. Onorato, Ric. Del Balzo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 17/04/2009 (Ud. 18/12/2008), Sentenza n. 16286

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Art. 674 c.p. - Evento “versamento, emissione” e condotta attiva o omissiva - Qualificazione - Fattispecie: scarico del "clinker". L'ipotesi del "versamento" è strutturalmente omologa a quella della "emissione", giacché il significato della norma incriminatrice non sarebbe cambiato se il legislatore avesse punito non chiunque "versa", ma chiunque "provoca versamenti" (così come del resto non sarebbe cambiato se invece che punire chiunque "provoca emissioni" avesse punito chiunque "emette"). In entrambi i casi, insomma, è ravvisabile un evento (versamento, emissione) distinguibile dalla condotta che lo provoca, e questa condotta può essere sia attiva che omissiva. Fattispecie: scarico del "clinker" (una sostanza sabbiosa utilizzata per la produzione del cemento) dalle navi trasportatrici ai silos, e dai silos alle autocisterne utilizzate per il trasporto successivo, immettendo nell'atmosfera sottilissime polveri, che depositandosi all'esterno e all'interno delle abitazioni limitrofe cagionavano agli occupanti fastidi fisici tali da compromettere significativamente l'esercizio delle normali attività quotidiane. Pres. Altieri, Est. Onorato, Ric. Del Balzo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 17/04/2009 (Ud. 18/12/2008), Sentenza n. 16286

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Indagini preliminari - Misure cautelari reali - Sequestro preventivo - Riesame del provvedimento - Limiti - Mantenimento del sequestro - Enunciazione manifestamente illogica - Revocare il sequestro. In tema di misure cautelari reali e di sequestro preventivo, l'ipotesi accusatoria deve corrispondere a una fattispecie astratta sicuramente prevista dalla legge come reato, sicché, quando nella fase delle indagini preliminari sia stato indicato un fatto inquadrabile nel reato per il quale è stato disposto il sequestro, in sede di riesame del provvedimento, l'ipotesi di reato, verificabile sotto il profilo probatorio soltanto nel giudizio di merito, deve essere valutata sul piano dell'astrattezza. Per il mantenimento del sequestro basta, quindi, la puntuale enunciazione di un'ipotesi di reato che renda necessaria la limitazione o l'esclusione della disponibilità delle cose che siano pertinenti a tale reato. Soltanto quando l'enunciazione sia manifestamente illogica oppure quando la configurabilità del reato appaia impossibile il giudice del riesame, cui è attribuita pienezza di cognizione che gli consente di prendere in considerazione anche elementi sopravvenuti, è tenuto a revocare il sequestro. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Schembri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/04/2009 (Ud. 12/02/2009), Sentenza n. 15734

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Mancanza assoluta di motivazione o motivazione meramente apparente - Violazione di legge - Nozione - Ordinanza - Motivazione - Necessità - Art.125 c.p.p. - Manifesta illogicità della motivazione - Autonomo mezzo di annullamento dall'art.606 lett.e) c.p.p. - "Errores in iudicando" o "in procedendo" - Giurisprudenza. Nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art.125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art.606 lett.e) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento (Cass. sezioni unite sentenza n.2/2004, Terrazzi). Inoltre, nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. (Cass. Sez.Un. 29.5.2008 sentenza n.25932, Ivanov). Pres. Onorato Est. Amoresano Ric. Comunale ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/04/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 15721

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - DIRITTO URBANISTICO - Sequestro d'urgenza ordinato dal P.M. o disposto d c.p.p. alla P.G. - Criteri e limiti - Art. c. 3 bis 321 c.p.p. - Sequestro con efficacia ex nunc - Decisione nei dieci giorni - Mancata trasmissione degli atti processuali nel termine - Art. 324 c. 3 c.p.p. - Inefficacia del sequestro - Esclusione - L. n. 332/1995 - Art. 309 c. 9 e 10 c.p.p.. In materia di sequestro d'urgenza ordinato dal pubblico ministero o disposto dalla polizia giudiziaria l'inosservanza del termine di 48 ore stabilito dall'art. 321, comma 3 bis, non preclude al giudice il potere, attribuitogli in via ordinaria, di imporre ugualmente il vincolo reale per cui è possibile che il giudice neghi la convalida e disponga autonomamente il sequestro con efficacia ex nunc, stante la netta distinzione tra i due provvedimenti. Pertanto, la mancata trasmissione degli atti processuali nel termine fissato dall'articolo 324 terzo comma non determina l'inefficacia del sequestro e ciò perché in tema di misure cautelari reali tale sanzione consegue soltanto alla mancata decisione nei dieci giorni e non anche alla mancata trasmissione nel termine previsto degli atti perché, a causa dell'omesso coordinamento dopo l'emanazione della novella di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 332, il richiamo all'art. 309, commi 9 e 10, deve intendersi riferito al testo previgente di dette norme. Pres. Onorato Est. Petti Ric. Bianchi e altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/04/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 15717

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Responsabilità penale - Configurabilità - Emissione di onde elettromagnetiche - Art. 674 C.P - Responsabilità oggettiva in campo penale - Limiti - Cooperazione colposa - Concorso di persone nel reato - Presupposti - Fattispecie. Il nostro ordinamento giuridico prescrive che la responsabilità penale è personale in conseguenza di dolo o colpa, e non prevede alcun caso di responsabilità penale obiettiva. Nella specie, appare contra "ius" attribuire ai singoli soggetti che gestiscono impianti una sorta di responsabilità oggettiva in campo penale per il fatto che gli impianti, nel loro complesso, provocano la emissione di onde, che solo per effetto della loro sinergia superano i limiti prefissati. A meno che ... fosse ipotizzabile un concorso fra i vari soggetti, e cioè una consapevole volontà di concorrere con gli altri al superamento dei limiti suddetti o, comunque, una sorta di cooperazione colposa. Il che presupporrebbe una esplicita previsione normativa, che vada al di là della semplice fattispecie contravvenzionale ... di cui all'art. 674 C.P., a nulla rilevando che, in caso di compresenza di più sorgenti generatrici di campi elettromagnetici che concorrano al superamento dei limiti di esposizione, sia prevista (si veda la tabella C allegata al D.M. 10.9.1998 n. 381) una "riduzione a conformità" secondo certe formule matematiche. Invero è evidente che tali prescrizioni ... non possono che avere rilievo esclusivamente ai fini della irrogabilità delle sanzioni amministrative e non possono avere l'effetto di personalizzare una responsabilità, che si configura essenzialmente come oggettiva» (Cass. Sez. I, 30 gennaio 2002, n. 8102, Suraci). In ogni caso, anche a prescindere da queste considerazioni, il concorso di persone nel reato presuppone condotte poste in essere di comune accordo, ossia una volontà consapevole di concorrere con altri al superamento dei limiti. Pres. Pres. Lupo, Est. Franco, Ric. Abbaneo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/04/2009 (Ud. 09/01/2009), Sentenza n. 15707

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Sequestro preventivo - Mantenimento fino alla definitività della sentenza - Presupposti. Con la sentenza di condanna non definitiva, il bene sequestrato per esigenze cautelari può essere mantenuto sotto il vincolo fino alla sentenza definitiva. E ciò vale anche nel caso di reati edilizi per i quali, la cessazione della permanenza non fa venir meno, di per sé, il pericolo che possa essere reiterato l'abuso edilizio, giacché il sequestro cautelare può essere disposto, non solo, per evitare l'aggravamento del medesimo reato, ma anche, per prevenire l'agevolazione di altri reati, anche della stessa specie. (Cass. Sez. III 20.2.97, Lieto; Cass. Sez. III 16.7.93, D'Antuono). Pres. Lupo, Est. Mulliri, Ric. Loffredo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/04/2009 (Ud. 09/01/2009), Sentenza n. 15705

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Abusi edilizi - Sequestro - Dissequestro - Cessazione delle esigenze cautelari - Necessità - “Definitività" della sentenza. Ai fini dell'individuazione del momento in cui il bene sequestrato per abusi edilizi debba essere restituito, si deve fare riferimento alla "definitività" della sentenza (Cass. Sez. III, 21.10.03, Cotena; Cass. Sez. III 27.9.00, Cimaglia). Il fatto che non sia stata disposta la confisca non determina automaticamente il dissequestro e la restituzione del bene ma solo, semmai, il perdurare della regola generale secondo cui il bene resta in sequestro fino al cessare delle esigenze cautelari (at. 321 co. 3). Pres. Lupo, Est. Mulliri, Ric. Loffredo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/04/2009 (Ud. 09/01/2009), Sentenza n. 15705

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari - Sequestro preventivo e confisca - Mantenimento fino alla definitività della sentenza - Finalità cautelari - Normativa vigente - Applicazione - Art. 321 co. 3 c.p.p.. Il legislatore ha fissato l'immediata esecutività per le sole sentenze di proscioglimento mentre, per quelle di condanna, il sequestro deve essere mantenuto quando è disposta la confisca (art. 323 c.p.p., comma 3), (Cass. sez. III 14.12.07, Oriente). Argomentando a contrario, non si può tuttavia, trarre da ciò la convinzione che, in caso di mancata pronuncia sulla confisca, il bene debba essere comunque restituito anche nella eventualità in cui la sentenza di condanna non sia ancora definitiva, giacché, in tale ipotesi, subentra la regola generale di cui all'art. 321 co. 3 c.p.p. secondo cui le cose sequestrate per finalità cautelari vanno restituite allorché siano venute meno le esigenze che hanno determinato l'imposizione del vincolo. Pres. Lupo, Est. Mulliri, Ric. Loffredo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/04/2009 (Ud. 09/01/2009), Sentenza n. 15705

 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Lodo arbitrale - Efficacia di sentenza - Effetti processuali - Autorità di cosa giudicata ex art. 2909 c.c. - Esclusione - Rimedio del ricorso per ottemperanza - Applicabilità - Esclusione. Se anche il lodo ha efficacia di sentenza, tale assimilazione del lodo alla sentenza investe solo gli effetti processuali della decisione ed il relativo regime di impugnazione, ma non è idonea a far acquisire al lodo l’autorità di cosa giudicata ex art.2909 c.c. ancorchè non più impugnabile per nullità. Con riguardo al lodo arbitrale e al decreto di determinazione dei compensi spettanti agli arbitri, non è applicabile pertanto lo speciale rimedio del ricorso per ottemperanza, ma deve ritenersi consentito l’utilizzo di distinte procedure, come la richiesta di emissione di decreto ingiuntivo. Pres. Onorato, Est. Nunziata -G.D.R. e altro (avv.ti D’Alessandro e Di Rienzo) c. Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d’Oranges, Andreottola, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci e Romano) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. V- 14/04/2009, n. 1967

 

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Fenomeno di randagismo - Risarcimento del danno - Responsabilità della ASL - Sussistenza - Ente comunale - Esclusione - Configurazione giuridica - D.lgs. n. 502/1992 - Art. 6 L.R. Puglia 3/04/1985, n. 12 - Legge-quadro 14/08/1991, n. 28 - L.R. Campania 24/11/2001, n. 16 - Fattispecie. In seguito al riordino del servizio sanitario conseguente al d.lgs. n. 502 del 1992, risulta reciso il «cordone ombelicale» fra Comuni e USL (così Corte cost., 24/06/2003, n. 220) con la trasformazione delle unità sanitarie locali in aziende sanitarie locali e con il mutamento della configurazione giuridica di queste ultime, non più strutture operative dei comuni, ma aziende dipendenti dalla regione, strumentali per l'erogazione dei servizi sanitari di competenza regionale. In tale prospettiva - con riferimento ad una controversia di risarcimento danni verificatisi successivamente alla soppressione delle USL e fondata sull'omessa vigilanza sui cani randagi, affidata dall'art. 6 della L.R. 3 aprile 1985, n. 12, regione Puglia alla competenza dei servizi sanitari delle unità sanitarie locali - è stato affermato (con sentenza del 7/12/2005, n. 27001) il principio, applicabile mutatis mutandis anche al caso secondo cui la legittimazione passiva spetta alla locale azienda sanitaria, succeduta alla USL, e non al Comune, sul quale, perciò, non può ritenersi ricadente il giudizio di imputazione dei danni dipendenti dall’evento. Nella specie, il risarcimento danni conseguente al fenomeno di randagismo è regolato nell'ambito della legge-quadro 14 agosto 1991, n. 28 e da leggi regionali; in particolare la legge 24 novembre 2001, n. 16 della regione Campania che ha affidato le relative competenze ai servizi veterinari delle A.S.L. (che, a mente dell'art. 5 lett. c) della legge regionale, «attivano il servizio di accalappiamento dei cani vaganti ed il loro trasferimento presso i canili pubblici»). Ne consegue, inoltre, che la locale azienda sanitaria deve essere considerata soggetto giuridico autonomo rispetto al Comune di Pozzuoli. Pres. Varrone, Rel. Ambrosio, Ric. Comune di Pozzuoli. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 03/04/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 8137

 

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Giudice di pace - Giudizio di equità - Determinazione del valore della causa - Art. 113 c.p.c. - Artt. 10, 11, 12, 13, 14, 16 e 17 c.p.c. Per determinare il valore di una causa incardinata dinanzi al giudice di pace, al fine di stabilire se debba essere decisa secondo equità, ai sensi dell'art. 113 c.p.c., in quanto non eccedente l'importo di euro 1.100,00 (in precedenza, lire 2.000.000), occorre avere riguardo alle norme che disciplinano la competenza per valore contenute negli articoli da 10 a 14 e 16, 17 c.p.c. (Cass. civ., Sez. II, 28/08/2000, n. 11203; Cass. civ., Sez. III, 22/01/2003, n. 968).Pres. Varrone, Rel. Ambrosio, Ric. Comune di Pozzuoli. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. III, 03/04/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 8137  

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Giudice di pace - Giudizio di equità - Regole sostanziali da applicare alle controversie - Corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato - Ricorso per cassazione. Il giudizio di equità attiene alle regole sostanziali da applicare alla controversia, restando fermo l'obbligo di osservanza delle norme processuali. In particolare costituisce ius receptum che il giudizio di equità ex art. 113 co. 2 c.p.c. non può sottrarsi all'osservanza del principio di carattere processuale espresso dall'art. 112 c.p.c. non solo con riferimento alla domanda, ma anche alle eccezioni sulle quali il giudice non può pronunciarsi d'ufficio qualora si tratti di eccezioni in senso proprio. Pertanto l'inosservanza da parte del giudice del principio procedimentale di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 c.p.c.) integra un vizio della sentenza denunciabile con il ricorso per cassazione (Cass. civ., Sez. III, 03/09/1998, n. 8762; conf., con riguardo al giudizio di equità del conciliatore, Cass. 4/05/1992 n. 5240). Pres. Varrone, Rel. Ambrosio, Ric. Comune di Pozzuoli. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. III, 03/04/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 8137  

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Giudice di pace - Legitimatio ad causam - Rapporto sostanziale effettiva titolarità attiva o passiva - Verifica d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio - Ricorso in cassazione - Deducibilità. Mentre il difetto (o la sussistenza) di effettiva titolarità attiva o passiva del rapporto sostanziale non può essere dedotto come motivo di ricorso per cassazione contro le sentenze emesse dal giudice di pace ai sensi dell'art. 113 co. 2 c.p.c., comportando una disamina ed una decisione attinente al merito della controversia, il controllo circa la legitimatio ad causam, esercitabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, si risolve nell'accertare se, secondo la prospettazione del rapporto controverso data dall'attore, questi ed il convenuto assumano, rispettivamente, la veste di soggetto che ha il potere di chiedere la pronuncia giurisdizionale e di soggetto tenuto a subirla, onde il relativo difetto (di legitimatio ad causam appunto) è deducibile come motivo di ricorso per cassazione avverso le sentenze emesse secondo equità dal giudice di pace, risultando detto giudice tenuto (come detto) all'osservanza delle norme processuali ed alla verifica in specie della regolare costituzione del relativo rapporto (cfr. Cass. civ., Sez. I, 20/11/2003, n. 17606; Cass. civ., Sez. III, 01/03/2004, n. 4121). Pres. Varrone, Rel. Ambrosio, Ric. Comune di Pozzuoli. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 03/04/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 8137

 

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Procedimento per inadempimento - Risarcimento nei confronti dello Stato - Termine di prescrizione - Domanda di pronuncia pregiudiziale ex art. 234 CE - Diritto comunitario e disciplina nazionale. Il diritto comunitario non richiede che, quando la Commissione delle Comunità europee avvia un procedimento per inadempimento ex art. 226 CE, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento nei confronti dello Stato che si sia reso responsabile di una violazione del diritto comunitario, previsto dalla normativa nazionale, sia interrotto o sospeso durante tale procedimento. Inoltre, il diritto comunitario non osta a che il termine di prescrizione di un’azione di risarcimento nei confronti dello Stato, basata sulla carente trasposizione di una direttiva, inizi a decorrere dalla data in cui i primi effetti lesivi di detta scorretta trasposizione si siano verificati e ne siano prevedibili altri, anche qualora tale data sia antecedente alla corretta trasposizione della direttiva in parola. Infine, il diritto comunitario non osta all’applicazione di una disciplina nazionale, la quale prevede che un soggetto non possa ottenere il risarcimento del danno di cui abbia omesso, dolosamente o colposamente, di evitare la realizzazione mediante le azioni in giudizio a sua disposizione, a condizione che si possa ragionevolmente esigere dal soggetto leso l’utilizzo dell’azione in parola, il che spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce del complesso delle circostanze della causa principale. La probabilità che il giudice nazionale proponga una domanda di pronuncia pregiudiziale ex art. 234 CE o l’esistenza di un ricorso per inadempimento pendente dinanzi alla Corte non possono costituire, di per sé, un motivo sufficiente per concludere che non sia ragionevole far ricorso a un’azione in giudizio. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. Grande, 24/03/2009, Sentenza C-445/06

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Causa di inammissibilità del ricorso - Condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende - Presupposto - Art. 616 c.p.p. - C. Cost. n. 186/2000. Nei casi in cui non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell'art. 616 c.p.p., va condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata (Corte Costituzionale 13/6/2000, sentenza n. 186). Pres. De Maio, Est. Gazzara, Ric. Varetton. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 20/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12478

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - INQUINAMENTO IDRICO - Tutela della salute pubblica - Rifiuto di atti d’ufficio - Art. 328 c. 1° c.p. - Natura - Reato di pericolo - Art. 444 c.p. - Fattispecie. Il reato di cui all'art. 328 comma primo c.p. è un reato di pericolo, che si perfeziona ogni qual volta venga denegato un atto non ritardabile, incidente su beni di valore primario tutelati dall'ordinamento, indipendentemente dal nocumento che in concreto possa derivarne (Cass. Sez. 6, 19-9-2008 n. 38386; Cass. Sez. 6, 4-7-2006 n. 34066). Nella specie, è immune da vizi logici e giuridici, il giudizio espresso dai giudici di merito, secondo cui la mancanza di una concreta pericolosità delle acque, risultante dall'accertamento ex post compiuto dal perito, può rilevare esclusivamente ai fini dell'imputazione di cui all'art. 444 c.p. (per la quale, infatti, il prevenuto è stato assolto), ma non vale di per sé ad elidere la potenziale pericolosità delle stesse acque, rivelata dai risultati delle analisi all'epoca compiute, e il conseguente dovere, per le autorità preposte per legge alla tutela della salute pubblica, di intervenire senza ritardo e in modo adeguato onde rimuovere le cause dell'inquinamento. Pres. De Roberto, Est. Matera, Ric. Sodano. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. VI, 19/03/2009 (Ud. 12/02/2009), Sentenza n. 12147

 

DIRITTO PROCESSUALE - Misure cautelari reali - Sequestro preventivo - Valutazione sul piano dell'astrattezza - Mantenimento del sequestro e revoca del sequestro - Procedura e limiti. In tema di misure cautelari reali e di sequestro preventivo l'ipotesi accusatoria deve corrispondere, a una fattispecie astratta sicuramente prevista dalla legge come reato, sicché, quando nella fase delle indagini preliminari sia stato indicato un fatto inquadrabile nel reato in relazione al quale è stato disposto il sequestro, in sede di riesame del provvedimento, l'ipotesi di reato, verificabile sotto il profilo probatorio soltanto nel giudizio di merito, deve essere valutata sul piano dell'astrattezza. Per il mantenimento del sequestro basta, quindi, la puntuale enunciazione di un'ipotesi di reato che renda necessaria la limitazione o l'esclusione della disponibilità delle cose che siano pertinenti a tale reato. Soltanto quando l'enunciazione sia manifestamente illogica oppure quando la configurabilità del reato appaia impossibile il giudice del riesame, cui è attribuita pienezza di cognizione che gli consente di prendere in considerazione anche elementi sopravvenuti, è tenuto a revocare sequestro. Pres. Lupo, Est. Teresi, Ric. Tenzon. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10709

DIRITTO PROCESSUALE - Sequestro preventivo e sequestro probatorio - Riesame dei provvedimenti - Ricorso per cassazione - Limite - Impugnazione vizi della motivazione - Posizione della giurisprudenza - Nozione di violazione di legge - Art. 606 c.p.p. - Art. 325, c. 1, c.p.p.. Avverso l'ordinanza emessa in sede di riesame dei provvedimenti di sequestro preventivo e di sequestro probatorio il ricorso per cassazione è proponibile solo per violazione di legge, sicché non possono essere dedotti con tale mezzo d'impugnazione vizi della motivazione, "non rientrando nel concetto di violazione di legge, come indicato negli artt. 111 della Costituzione e 606, lett. B e C, c.p.p., anche la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste come motivo di ricorso dall'art. 606, lett. E, c.p.p." [Cassazione Sezione VI, n. 24250/2003, De Palo]. Contra: In tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325, comma 1, c.p.p., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta [Cassazione Sez. Un. n. 5876/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua]. Pres. Lupo, Est. Teresi, Ric. Tenzon. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10709

 

DIRITTO PROCESSUALE - Procedimento di riesame - Celerità del procedimento - Notifica a mezzo fax al difensore - Artt. 148 e 149 c.p.p. In tema di procedimento di riesame, nell'ipotesi in cui non sia possibile eseguire la notificazione dell'avviso dell'udienza all'indagato, l'atto è validamente notificato anche a mezzo fax al difensore, poiché in tale ipotesi quest'ultimo non svolge il ruolo di domiciliatario, ma riceve la notificazione nel ruolo proprio (Cass. n 2586 del 2007). Pertanto, per la celerità del procedimento la notificazione al difensore può essere legittimamente effettuata a mezzo fax a norma degli artt. 148 e 149 c.p.p. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Stirpe. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10708

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Concetto di violazione di legge - "errores in iudicando" o “in procedendo" - Motivazione e manifesta illogicità della motivazione - Artt. 125, 324 e 606 lett.e) c.p.p.. Nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art.125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art.606 lett.e) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento (Cass. sent. n.2/2004, Terrazzi). Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalle stesse sezioni unite con la sentenza n.25932 del 29.5.2008-Ivanov, secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli "errores in iudicando" o “in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Sgariglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/06/2009 (Ud. 06/05/2009), Sentenza n. 23722

 

DIRITTO PROCESSUALE - Contravvenzioni urbanistiche - Sospensioni del processo e della prescrizione - Concessione in sanatoria previo ottenimento dell'autorizzazione paesaggistica - Artt. 44 e 38 L. n. 47/1985 e s.m. - Art. 39, 8° c., L. n. 724/1994. Le sospensioni del processo e della prescrizione - ai sensi degli artt. 44 e 38 della legge n. 47/1985 - si applicano a tutti i procedimenti relativi alle contravvenzioni urbanistiche ed a quelle connesse indicate dall'art. 38 della stessa legge, e quindi anche alle violazioni dei vincoli paesistici previsti dalle legge n. 431/1985, poiché l'art. 39, 8° comma, della legge n. 724/1994 prevede l'estinzione pure del reato riferito a tali violazioni in caso di rilascio della concessione in sanatoria previo ottenimento dell'autorizzazione paesaggistica [vedi Cass., Sez III: 13.11.1995, n. 11085; 3.10.1996, n. 1296 (cam. cons.); 3.2.1999, n. 2289]. Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric. Maresca. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9921

 

DIRITTO PROCESSUALE - Inammissibilità originaria del ricorso - Effetti. La inammissibilità originaria del ricorso: a) non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione del reato scaduta in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto di gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca); b) non consente altresì di computare la sospensione del procedimento di cui agli artt. 39 legge n. 724/1994 e 38 della legge n. 47/1985 e di tenere conto di vicende successive alla pronunzia della sentenza impugnata. Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric. Maresca. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9921

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Inammissibilità dell'impugnazione - Sussistenza di cause di non punibilità - Preclusione - Art. 581 c.p.p. - Art. 129 c.p.p.. L’inammissibilità dell'impugnazione, qualunque ne sia la causa, e cioè originaria, per la mancanza nell'atto di impugnazione dei requisiti prescritti dall'art. 581 c.p.p. (Cass. sez. un. 11.11.1994, Cresci) o derivante dall'enunciazione di motivi non consentiti e dalla enunciazione di violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello (Cass. sez. un. 30.6.1999, Piepoli) o, infine, derivante dalla manifesta infondatezza dei motivi di ricorso che ricorre nella fattispecie in esame (Cass. sez. un. 22.11.2000, De Luca), preclude l'esame della sussistenza di cause di non punibilità, ai sensi dell'art. 129 c.p.p.. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Rossi Alfieri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9850

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Attività ispettive di vigilanza - Indizi soggettivi di reati - Operazioni di prelievo disposte dal magistrato - Garanzie difensive. In materia di attività ispettive di vigilanza, soltanto se le operazioni di prelievo siano state eseguite su disposizione del magistrato o se sia stato individuato un soggetto determinato, indiziabile di reati, trovano applicazione le garanzie difensive previste dal c.p.p. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Nizzetto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9489

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Attenuanti generiche - Funzione - Concessione o il diniego - Potere discrezionale del giudice di merito. Le attenuanti generiche hanno lo scopo di adeguare la pena in senso favorevole al reo in considerazione di particolari circostanze o situazioni che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere, sicché le stesse possono essere riconosciute quando siano provati elementi favorevoli all'imputato. La concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti di fare emergere sufficientemente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo. Il giudice, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive, non è tenuto a un'analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, valutando globalmente i dati processuali, è sufficiente che indichi quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Nizzetto. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9489

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - RIFIUTI - Trasporto rifiuti automezzi utilizzati - Istanza di dissequestro - Rigetto - Valutazioni del consulente di parte - Natura probante - Esclusione - Assimilazione ai rilievi difensivi. L’inefficacia probante delle valutazioni del consulente di parte, assimilabili ai rilievi difensivi, rende, legittimo il rigetto dell'istanza di dissequestro (nella specie: istanza di dissequestro, basata solo sulla consulenza di parte che evidenziava la natura occasionale e non preventivabile della produzione dei fanghi in esubero costituenti oggetto dei trasporti (eccezionalmente) di rifiuti non pericolosi effettuati con propri automezzi). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Bertolino. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/03/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 9465

 

DIRITTO PROCESSUALE - Ingiunzione a demolire - Inottemperanza - Scadenza del termine - Effetto ablatorio - Notifica - Effetti - Trascrizione nei registri immobiliari - Art. 31 c. 3 DPR 380/01 - Poteri e compiti del giudice. L'effetto ablatorio, dell’art. 31 comma 3 DPR 380/01, si verifica ope legis alla inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione di demolire, mentre la notifica dell'accertamento formale dell'inottemperanza si configura solo come titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari... (Cass. pen. sez. n.4962/2008). Evidente corollario dei principi sopra esposti è che il giudice che dispone il dissequestro di un immobile abusivo, dopo che il responsabile dell'abuso non ha ottemperato nel termine di legge all'ingiunzione comunale di demolire, e quindi dopo che si è verificato l'effetto ablativo a favore dell'ente comunale, deve disporre la restituzione dell'immobile allo stesso ente comunale e non al privato responsabile , che per avventura sia ancora in possesso del bene. Per individuare l'avente diritto alla restituzione, infatti, non è sufficiente il favor possessionis, occorrendo invece la prova positiva dello ius possidenti, che non compete più al privato ottemperare. Il giudice quindi è tenuto a verificare se, per il decorso del termine di novanta giorni, senza che sia stato ottemperato all'ordinanza di demolizione, si sia verificato l'effetto ablatorio. Sarebbe conseguentemente illegittimo disporre la restituzione dell'immobile al privato in presenza di siffatto intervenuto effetto ablatorio. Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. PM in proc. Mancini ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 14/01/2009), Sentenza n. 9186

 

DIRITTO PROCESSUALE - Tribunale del riesame - Provvedimenti in materia di misure cautelari reali - Impugnazione in sede di legittimità - Limiti - Art. 325, 1° c., c.p.p. (violazione di legge) - Fattispecie: decreto di sequestro preventivo. I provvedimenti in materia di misure cautelari reali possono essere impugnati in sede di legittimità esclusivamente per violazione di legge ex art. 325, primo comma, c.p.p.. In detta materia inoltre il tribunale del riesame deve esclusivamente verificare la sussumibilità del fatto per cui si procede, secondo la prospettazione della pubblica accusa e, cioè, alla luce degli elementi emersi dalle indagini offerti dal P.M., nella fattispecie di reato ipotizzata, sia pur tenendo conto degli elementi prodotti dalla difesa dell'indagato, è preclusa a detto organo giudicante la verifica della effettiva colpevolezza dell'imputato, il cui accertamento è riservato al giudice di merito. Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Pinzari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9192

 

DIRITTO PROCESSUALE - Riesame e giudizio di cognizione - Autonomia dei procedimenti - In sede di riesame la verifica della sussistenza del fatto reato è preclusa. Per l'assoluta autonomia rispetto al giudizio di cognizione, è precluso in sede di riesame la verifica della sussistenza del fatto reato, potendo il giudice in questa sede accertare unicamente se il fatto contestato sia configurabile quale fattispecie astratta di reato (Cass. S.U. 4.5.2000, n.7 e 7.11.1992, n.6). Pres. Onorato, Est. Sarno, Ric. Corvino ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 9177

 

DIRITTO PROCESSUALE - Concetto di violazione di legge. Nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art.125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art.606 Iett.e) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento (Cass. sez. unite sentenza n. 2/2004, Terrazzi). Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi, secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Cass. sez. unite sentenza n. 25932 del 29.5.2008, Ivanov). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Pisani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/02/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 8850

 

DIRITTO PROCESSUALE - Sequestro preventivo - Funzione - Scadenza del termine - Effetti - Art.407 comma 3 cod. proc. pen. Il pubblico ministero può chiedere al giudice l'applicazione del sequestro preventivo anche dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari, purché tale richiesta non sia fondata sul risultato di atti di indagine compiuti dopo la scadenza del medesimo termine, in quanto la sanzione di inutilizzabilità di cui all'art.407 comma 3 cod. proc. pen. concerne solo gli atti di indagine aventi efficacia probatoria, nel cui ambito non sono compresi i sequestri preventivi che mirano ad impedire la prosecuzione della condotta vietata (Cass. sez.3 n.27153 del 10.4.2003). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Pirozzi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/02/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 8847

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso di legittimità - Difetto di motivazione - Elementi. In ambito del ricorso di legittimità, è possibile parlare di difetto di motivazione solo in presenza di una totale mancanza grafica delle ragioni che dovrebbero sostenere la decisione, ovvero quando la motivazione, pur presente, sia parziale e non risponda a requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità. Pres. Vitalone, Est. I.Mùlliri, Ric. Ferretti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/02/2009 (Ud. 20/11/2008), Sentenza n. 8839

 

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Giudizio di equità del giudice di pace - Risarcimento del danno non patrimoniale - Valori della persona umana costituzionalmente protetti - Prova del pregiudizio subito - Art. 2059 c.c.. Nel giudizio di equità del giudice di pace, venendo in rilievo l'equità cd. formativa o sostitutiva della norma di diritto sostanziale, non opera la limitazione del risarcimento del danno non patrimoniale ai soli casi determinati dalla legge, fissata dall'art. 2059 c.c., sia pure nell'interpretazione costituzionalmente corretta di tale disposizione. Ne consegue che il giudice di pace, nell'ambito del solo giudizio d'equità, può disporre il risarcimento del danno non patrimoniale anche fuori dei casi determinati dalla legge e di quelli attinenti alla lesione dei valori della persona umana costituzionalmente protetti, sempre che il danneggiato abbia allegato e provato (anche attraverso presunzioni) il pregiudizio subito, essendo da escludere che il danno non patrimoniale rappresenti una conseguenza automatica dell'illecito (Cass. civ., Sez. III, 27/07/2006, n. 17144). Pres. Fantacchiotti - Rel. Ambrosio. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 25/02/2009, Sentenza n. 4493

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Le sentenze di equità del giudice di pace - Ricorso in cassazione - Presupposti e limiti - Sistema delle garanzie giurisdizionali. Le sentenze del giudice di pace, pronunciate secondo equità nelle controversie di valore non superiore a quello indicato nel comma 2 dell'art. 113 c.p.c. sono ricorribili per cassazione (se pronunciate prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 2-2-2006 n. 40) per violazione delle norme processuali ai sensi dell'art. 360 co. 1, nn. 1, 2 e 4 c.p.c. (in quest'ultimo caso anche con riferimento alle ipotesi di inesistenza della motivazione), nonché ai sensi del n. 5 dell'art. 360 citato, quando l'enunciazione del criterio di equità adottato sia inficiata da un vizio che, attenendo ad un punto decisivo della controversia, si risolva in un'ipotesi di mera apparenza, ovvero in un'ipotesi di radicale ed insanabile contraddittorietà della motivazione (Cass. civ., Sez. Unite, 15/10/1999); mentre, a seguito della sentenza n. 206 del 2004 della Corte costituzionale, la censura di violazione della legge sostanziale ai sensi del n. 3 del cit. art. 360 è consentita soltanto in caso di inosservanza o falsa applicazione della costituzione e delle norme comunitarie (di rango superiore a quelle ordinarie) e dei principi informatori della materia. Rientra tra questi la norma dell'art. 2697 c.c., regolante la distribuzione dell'onere della prova tra le parti, la quale, sebbene collocata nel codice sostanziale, costituisce principio informatore del sistema delle garanzie giurisdizionali (Cass. civ. sez. III 27-7-2006, n. 17144). L'attenuazione della rigida applicazione delle regole di diritto, che è propria del giudizio di equità, non può, infatti, spingersi, senza porsi in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., sino ad escludere l'onere probatorio a carico della parte istante, operando solo nel senso di ridurre, anche sensibilmente, - il grado di persuasività degli elementi addotti necessari per l'accoglimento della domanda (Cass. civ., Sez. I, 24/08/1998, n. 8397; nello stesso senso Cass. civ. sez. II 16-5-2006, n. 11413).Pres. Fantacchiotti - Rel. Ambrosio. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 25 febbraio 2009, Sentenza n. 4493

 

DIRITTO PROCESSUALE - Sequestro preventivo - Ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di riesame per vizio di motivazione - Inammissibilità - Art. 606 c.p.p.. Il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di riesame in tema di sequestro preventivo ammissibile solo per violazione di legge, e solo la totale mancanza di motivazione, come pure la motivazione soltanto apparente, sono deducibili sempre sotto il profilo della violazione di legge (art. 606, 1° comma, lett. c) c.p.p. e non già di quello del vizio di motivazione (art. 606, 1° comma, lett. e), che non è ammissibile (Cass., sez. VI, 18/10/1999, Albanese). Pres. Altieri, Est. Amoroso, Ric. Di Pierdomenico. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/02/2009 (Ud. 21/01/2009), Sentenza n. 8082

 

PROCEDURE E VARIE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Reato urbanistico per sanatoria - Art. 578 c.p.p. - Applicabilità - Esclusione. Presupposto per l'applicazione dell'art. 578 c.p.p. - ove è previsto che, quando è stata pronunciata condanna dell'imputato al risarcimento dei danni cagionati dal reato, il giudice dell'impugnazione che dichiari estinto il reato decide tuttavia sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili - è che l'estinzione del reato sia stata dichiarata per amnistia o per prescrizione, non potendosi estendere tale presupposto, in via analogica, all'estinzione del reato urbanistico per sanatoria (Cass., Sez. III, 30.5.1995, n. 6198). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Puddu ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3593


PROCEDURE E VARIE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Reato urbanistico e condanna generica al risarcimento del danno in favore della parte civile - Artt. 539 e 651 c.p.p. - Operatività. La facoltà, del giudice penale di pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno, prevista dall'art. 539 c.p.p., non incontra restrizioni di sorta in ipotesi di incompiutezza della prova sul "quantum", bensì trova implicita conferma nei limiti dell'efficacia della sentenza penale nel giudizio civile per la restituzione e il risarcimento del danno fissati dall'art. 651 c.p.p., escludendosi, perciò, l'estensione del giudicato penale alle conseguenze economiche del fatto illecito commesso dall'imputato (Cass. pen., Sez. IV, 26.1.1999, n. 1045). Sicché, ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile, non é necessario che il danneggiato dia la prova della effettiva sussistenza dei danni e del nesso di causalità tra questi e l'azione dell'autore dell'illecito, ma è sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose: la suddetta pronuncia, infatti, costituisce una mera "declaratoria iuris", da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione (Cass. pen.: Sez. I, 18.3.1992, n. 3220; Sez. IV, 15.6.1994, n. 7008; Sez. VI, 26.8.1994, n. 9266; Cass. civ., Sez, III, 11.1.2001, n. 329). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Puddu ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3593

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Causa di inammissibilità del ricorso senza versare in colpa - Condanna del ricorrente - Spese del procedimento e versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende - artt. 607, 615 e 616 c.p.p.. Quando non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata. (si veda anche: Corte Costituzionale 13.6.2000, sentenza n. 186). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Cena. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3583

 

PROCEDURE E VARIE - Ricorso in Cassazione - Motivi aspecifici - Nozione - Inammissibilità - Art. 591 c. 1 lett. c) - Fattispecie. Si considerano aspecifici i motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame. La mancanza di specificità del motivo invero deve essere apprezzata, non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità conducente a mente dell'articolo 591 comma 1 lett. c) all'inammissibilità (Cass. 18/09/1997 Ahemtovic; Cass. sez II, 6/05/2003 Curcillo). Nella fattispecie la ricorrente si limita a riproporre censure già avanzate alla sentenza di primo grado e puntualmente respinte dalla corte territoriale senza indicare in maniera specifica i vizi del ragionamento del giudice censurato. Pres. Altieri, Est. Petti, Ric. Pistelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/01/2009 (Ud. 17/12/2008), Sentenza n. 3475

 

DIRITTO PROCESSUALE - Concetto di violazione di legge - Mancanza assoluta di motivazione - Motivazione meramente apparente - Artt. 125 c.p.p.. Nel concetto di violazione di legge, può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'articolo 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo d'annullamento nell'articolo 606 lett. e) né tanto meno il travisamento del fatto o della prova non risultante dal testo del provvedimento o da altri atti specificamente indicati. Pres. Altieri, Est. Petti, Ric. Criscuolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/01/2009 (Ud. 17/12/2008), Sentenza n. 3445

 

PROCEDURE - Ricorso in Cassazione - Inammissibilità del ricorso - Prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata - Preclusione di rilevazione e dichiarazione. L'inammissibilità del ricorso, impedendo in radice la costituzione del rapporto processuale di impugnazione, preclude la rilevazione e la dichiarazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata (Cass. Sez. Un. n. 32 del 21.12.2000, De Luca). Pres. Grassi, Est. Onorato, Ric. Cavalli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2009 (Ud. 04/11/2008), Sentenza n. 1824

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso per cassazione - Impugnazione - Concetto di violazione di legge - "errores in iudicando" o "in procedendo" - Artt. 325, 125, 606 c.p.p.. A norma dell'art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione può essere proposto soltanto per violazione di legge. Nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art. 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art. 606 c.p.p., lett. e), ne' tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento, (Cass. sentenza n. 2/2004, Terrazzi). Inoltre, nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Cass. sentenza n. 25932 del 29.5.2008, Ivanov). Pres. Vitalone, Est. Amoresano, Ric. Zaccari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 22/01/2009 (Ud. 11/12/2008), Sentenza n. 2877

 

PROCEDURE - URBANISTICA ED EDILIZIA - Dissequestro dell'immobile abusivo - Avente diritto alla restituzione - Individuazione - Poteri del giudice - Artt. 2643 ss. Cod - Trascrizione immobiliare - Funzione. Il giudice penale che decide sul dissequestro dell'immobile abusivo resta estraneo al regime di pubblicità dichiarativa della trascrizione immobiliare, che è disciplinato dagli artt. 2643 ss. cod. civ. al solo fine di dirimere eventuali conflitti tra più soggetti aventi causa da un medesimo dante causa. In altri termini, il provvedimento giudiziale sulla restituzione dell'immobile abusivo non ha nulla a che vedere con le esigenze di certezza nella circolazione dei beni nel mercato, che ispirano l'istituto della trascrizione. Per individuare l'avente diritto alla restituzione, non è sufficiente il "favor possessionis", occorrendo invece la prova positiva dello "jus possidendi", che non compete più al privato inottemperante. Pres. Grassi, Est. Onorato, Ric. P.M. in proc. Ercoli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2009 (Ud. 21/10/2008), Sentenza n. 1819

 

PROCEDURA E VARIE - RIFIUTI - Decreto di sequestro probatorio - Motivazione "per relationem" - Legittimità - Procedimento incidentale di riesame - Artt. 257, 324 cpp. - Fattispecie - Art. 260 D.L.vo 152/06. E’ legittimo, il decreto di sequestro probatorio del PM rinvia - ad integrazione della motivazione sulla sussistenza dell'ipotesi di reato contestato in atti - ai rilievi ed agli accertamenti contenuti nell'informativa redatta dalla PG operante (nella specie, Corpo Forestale Regionale e Provinciale di Udine). Trattasi di motivazione "per relationem" che fa riferimento ad atto conoscibile (l’informativa di p.g.) da parte dell'interessato e di fatto conosciuto integralmente dal ricorrente nel procedimento incidentale di riesame promosso dallo stesso ex artt. 257, 324 cpp; con conseguente ed integrale rispetto del diritto di difesa [conforme Cass. Sez. V Sent. n. 2108 dell' 08/06/2000; Cass. Sez. IV Sent. n. 31080 del 18/09/02; Cass. Sez. VI Sent. n. 28051 del 22/06/04]. Fattispecie: decreto di sequestro probatorio disposto con decreto del PM avente per oggetto 22 containers contenenti 25 tonnellate di carta da macero ciascuno; il tutto in ordine al delitto di cui all'art. 260 D.L.vo 152/06. Pres. De Maio Est. Gentile Ric. Scalia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/01/2009 (Ud. 05/11/2008), Sentenza n. 617

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - DIRITTO SANITARIO - ALIMENTI - Analisi effettuate sul campione di sostanza alimentare - Istanza di revisione - Decorrenza del termine. In materia alimentare il mancato invio dell'avviso del risultato delle analisi effettuate sul campione di sostanza alimentare non integra una violazione del diritto di difesa, atteso che tale comunicazione rileva al solo fine della decorrenza del termine per la presentazione dell'istanza di revisione, decorrente, in assenza del predetto avviso, dall'atto successivo avente valore equipollente (Cass. sez. 3, sent. 8/03/2006, n. 11567). Pres. De Maio, Est. Marmo, Ric. Licciardi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/01/2009 (Ud. 23/10/2008), Sentenza n. 391

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - CONSUMATORI - DIRITTO SANITARIO - ALIMENTI - Vendita di prodotti alimentari invasi da parassiti - Reato di frode in commercio - Art. 515 c.p. - Art. 1510 c.c - Art. 5, lett. G L. n. 283/1962. In materia di tutela penale degli alimenti, il reato deve ritenersi consumato nel luogo di immissione al commercio della merce. Nella specie, la competenza in ordine al reato di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. G si radica nel momento e nel luogo dove il prodotto venga posto in vendita al pubblico. Tale principio risulta del resto applicato anche in relazione al reato più generale di frode in commercio di cui all'art. 515 c.p., in quanto è stato ritenuto che tale reato si consuma non nel luogo in cui il venditore si libera della propria obbligazione ai sensi dell'art. 1510 c.c. con la consegna della merce al vettore o spedizioniere, ma in quello in cui avviene la materiale consegna della stesa merce all'acquirente. È infatti al momento suddetto che l'acquirente, ottenuta la disponibilità della cosa, viene a trovarsi nella possibilità di verificare la corrispondenza di essa a quella pattuita o dichiarata dal venditore (Cass. pen. sez. 1, 19/02/2003, sent. n. 8383). Fattispecie: grano tenero francese invaso da parassiti appartenenti alla classe dei coleotteri e, in particolare, alla specie "Rhizopherta Dominica" ed "Elaterio dei cereali". Pres. De Maio, Est. Marmo, Ric. Licciardi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/01/2009 (Ud. 23/10/2008), Sentenza n. 391

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Reato estinto per amnistia o per prescrizione - Responsabilità civile dell'imputato - Parte civile - Restituzioni o risarcimento dei danni cagionati dal reato - Effetti - Art. 578 c.p.p.. In base al disposto contenuto nell'art. 578 c.p.p., "quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di Cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, nonostante l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione". Sicché, i motivi di ricorso vanno analiticamente esaminati ai fini della responsabilità civile dell'imputato. Pres. De Maio, Est. Marmo, Ric. Licciardi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 09/01/2009 (Ud. 23/10/2008), Sentenza n. 391

 

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